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Luigi Tenco

Luigi Tenco, nato nel 1938 a Cassine, un paesino in provincia di Alessandria, è stato
un cantautore, attore, poeta, compositore e polistrumentista italiano.
Fu uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese” insieme a De André, Bruno Lauzi, Gino
Paoli e tanti altri artisti, che rinnovarono profondamente la musica leggera italiana a partire dagli
anni sessanta.
In mezzo ad un clima famigliare teso, nel 1948 sua madre Teresa, si trasferisce a Genova, in una
piccola villetta allora di proprietà del padre acquisito Giovanni, ma non ci restò molto, anzi, si
trasferì svariate volte.
Al termine delle scuole medie, nel 1951 Tenco si iscrisse al Liceo Classico per poi lasciarlo l’anno
dopo e trasferirsi al Liceo Scientifico, dove conseguì la maturità da privatista nel 1956.
Fu grazie alla sua insegnate di ripetizioni Sandra Novelli che il ragazzo iniziò ad appassionarsi allo
studio del pianoforte, che si rivela un suo talento naturale. Successivamente inizierà a suonare,
come autodidatta, la chitarra, il clarinetto e il saxofono.
Tuttavia la sua passione per la musica non fu vissuta molto bene in famiglia, per ciò nel 1956, per
assecondare il desiderio della madre decide d’iscriversi alla facoltà d’ingegneria Elettrotecnica. Due
anni dopo lascia questa facoltà per tentare la facoltà di scienze Politiche, ma dura ben poco, nel
1960 lascia definitivamente gli studi per dedicarsi alla musica.
La sua passione per la musica, incomincia nel 1953 quando fondò il gruppo musicale Jelly Roll Boys
Jazz Band. Dopo la maturità entrò
come sassofonista nel Modern Jazz Group, del
pianista Mario De Sanctis, che vedeva fra i
componenti anche un giovanissimo Fabrizio De
André alla chitarra elettrica, con il quale ebbe
una breve amicizia a causa di alcune divergenze
artistiche avvenute tra i due.
Nel 1957, Tenco fu chiamato da Marcello
Minerbi nel Trio Garibaldi e proprio per loro
scrisse la sua prima canzone: la sigla di apertura
dell'orchestra. Seguì, nel 1958, la costituzione del
gruppo I Diavoli del Rock, con Graziano Grassi
alla batteria, e Gino Paoli alla chitarra.
Nel 1959 si trasferisce a Milano ospite dell’amico
Piero Ciampi e del musicista e arrangiatore
Gianfranco Reverberi che lavora per la casa
discografica Dischi Ricordi con cui otterrà il suo
primo contratto discografico. Così, nell’estate del
1961 partì per la sua prima tournée in Germania,
in compagnia di artisti come Giorgio Gaber e
Adriano Celentano e nell’autunno dello stesso
anno viene pubblicato il suo primo 45 giri, “I miei
giorni perduti”.

Nel novembre del 1962 è la volta del debutto a 33 giri, “Luigi Tenco”, contenente il brano “Mi sono
innamorato di te”, prima canzone che rappresenta tutto il suo universo musicale e poetico. A soli
24 anni è un poeta maturo, profondo. Le sue liriche sono influenzate dai poeti dell’esistenzialismo
francese: l’angoscia, la solitudine e il senso di smarrimento pervadono la sua opera, la sua vita e in
definitiva il suo personaggio.
Nel 1963 ruppe l’amicizia con Gino Paoli a causa della relazione che Paoli aveva con Stefania
Sandrelli, vecchia fiamma anche di Tenco.
Nel 1965 dopo vari rinvii per motivi di studio, fu chiamato per il servizio militare obbligatorio
nei Lupi di Toscana di Scandicci; dichiaratosi antimilitarista convinto, riuscì a terminare il servizio
grazie a vari ricoveri ospedalieri dovuti a una forma di ipertiroidismo, riuscendo a congedarsi nel
marzo 1966.
Successivamente si trasferì a Roma dove firmò un contratto con la RCA Italiana. Nella capitale,
inciderà il brano “Un giorno dopo l'altro”, che diventerà la sigla dello sceneggiato televisivo Il
commissario Maigret. Altri successi dell'epoca furono “Lontano, lontano”, “Uno di questi giorni ti
sposerò”, “E se ci diranno” e “Ognuno è libero”. Sempre a Roma conobbe anche la cantante italo-
francese Dalida, con la quale ebbe una relazione, forse contemporanea a quella con un'altra
ragazza, di nome Valeria, la quale, incinta, perse il figlio dopo che fu investita da un'automobile.

«Canterò finché
avrò qualcosa da
dire e quando
nessuno vorrà più
ascoltarmi bene,
canterò soltanto in
bagno facendomi
la barba ma potrò
continuare a
guardarmi nello
specchio senza
avvertire disprezzo
per quello che vedo.»

Nel 1967 si presentò al Festiva di Sanremo con la canzone “Ciao Amore Ciao”, che viene eseguito
in due versioni separate, una cantata da Tenco e l’altra cantata in coppia con Dalida. Il brano di
Tenco non venne apprezzato dalle giurie del Festival e non fu ammesso alla serata finale,
classificandosi al dodicesimo posto.
Sconfortato dalla notizia, Tenco, decise di ritirarsi in albergo, mentre Dalida, che prese la
situazione con più filosofia, lo invitò ad un brindisi, ma lui ovviamente se ne andò contrariato.
Alcune ore più tardi Dalida decide di andare a controllare come stava Tenco; lo trovò nella sua
camera d’albergo, sdraiato a terra immobile, vestito con l’abito scuro e una camicia bianca un po’
sbottonata, con un foro di proiettile alla testa. Il 27 gennaio ’67, l’Italia perse uno dei più grandi
cantautori italiani fino ad ora.
Vedrai Vedrai

Il testo parla della sofferenza di Tenco, che non riesce a dare alla madre ciò che
meriterebbe. Una rabbia scaturita da promesse disattese e dalla continua fiducia che,
nonostante tutto, gli viene concessa.

“Tu non guardarmi con quella tenerezza, come fossi un bambino che ritorna deluso”

Infatti, preferirebbe essere rimproverato, attaccato per la sua inconcludenza invece di


trovare sempre accanto una persona comprensiva che gli continua a parlare con tenerezza
come quando era bambino.

“Preferirei sapere che piangi, che mi rimproveri di averti delusa”


Il protagonista, quindi, ripete sempre la solita promessa:

"...vedrai, vedrai, vedrai che cambierà..."

senza dare certezze su tempi e modalità confessando, quindi, l’insicurezza su queste parole
ripetute ormai chissà quante volte.

Testo Vedrai Vedrai:

Quando la sera me ne torno a casa


Non ho neanche voglia di parlare
Tu non guardarmi con quella tenerezza
Come fossi un bambino che ritorna deluso
Sì, lo so che questa non è certo la vita
Che ho sognato un giorno per noi
Vedrai, vedrai
Vedrai che cambierà
Forse non sarà domani
Ma un bel giorno cambierà
Vedrai, vedrai
Non son finito sai
Non so dirti come e quando
Ma vedrai che cambierà

Preferirei sapere che piangi


Che mi rimproveri di averti delusa
E non vederti sempre così dolce
Accettare da me tutto quello che viene
Mi fa disperare il pensiero di te
E di me che non so darti di più
Vedrai, vedrai
Vedrai che cambierà
Forse non sarà domani
Ma un bel giorno cambierà
Vedrai, vedrai
No, non son finito sai
Non so dirti come e quando
Ma un bel giorno cambierà

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