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Andrea Ottavini – DIPLOMA LIZARD DI CANTO

GUIDA ALL’ASCOLTO
CLAUDIO BAGLIONI E “OLTRE”

1. IL CANTAUTORE DEI BUONI SENTIMENTI E NON SOLO…


Claudio Baglioni nasce il 16 Maggio del 1951 a Roma ed è considerato uno dei più grandi cantautori italiani di
sempre, vuoi per le sue particolarità timbriche e notevole tecnica vocale, vuoi per la complessità armonica e
strutturale dei suoi brani che tuttavia non mina la loro immediatezza e la loro incredibile carica emotiva, vuoi per
il suo carattere gentile ed il suo impegno nel sociale. Impossibile inquadrare un genere di riferimento per la sua
musica visto che nell’arco della sua vasta discografia (ben 16 album in studio con oltre 55 milioni in totale di
copie vendute in tutto il mondo) ha toccato una grande quantità di stili musicali, dal pop melodico italiano degli
esordi, al rock, al folk, alla world music (influenzato da Peter Gabriel), alla musica latina e così via.

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Parliamo quindi di un artista completo, poliedrico, eclettico ed anche polistrumentista (fra i vari, i principali sono
il pianoforte e la chitarra) che nel corso della sua lunga carriera (tutt’ora piena di attività) ha saputo costantemente
reinventarsi mantenendo però la sua dote innata del saper raccontare storie coinvolgenti con testi e melodie che
hanno fatto sognare e cantare milioni di persone.
Esordisce sulle scene musicali
quasi in sordina, nel 1964,
quando appena 13enne partecipa
e vince svariati concorsi canori.
La svolta avverrà nel ’68 quando
incontrerà Antonio Coggio,
produttore e pianista, che sarà
suo storico collaboratore negli
anni a venire, presentatogli da
Teddy Reno che l’aveva notato
in una emozionante
interpretazione di Georgia on my
mind di Ray Charles al Festival
Degli Sconosciuti. L’anno
successivo, dopo svariati
provini, ottiene il suo primo
contratto discografico con la
RCA Italiana, di durata
quinquennale, firmato dal padre di Baglioni poiché Claudio era ancora minorenne all’epoca. Il tutto porterà l’anno
successivo alla pubblicazione del suo primo 45 Giri, “Una Favola Blu/Signora Lia”, brani con i quali parteciperà a
“Un disco per l’estate” ed alla sezione giovani del “Festivalbar”. Qualche mese dopo uscirà il suo primo album,
“Claudio Baglioni”, ristampato nel ’71 come “Un cantastorie dei nostri giorni” che includerà anche degli inediti
non presenti nella precedente edizione.
Nel 1972 esce “Questo piccolo grande amore”, concept album che conquisterà pubblico e critica vendendo oltre
900.000 copie e rimanendo in testa alle classifiche per 15 settimane. Ad impreziosire il tutto, la title track
dell’album verrà nominata “canzone italiana del secolo”. Baglioni si consacra quindi come cantautore dei buoni
sentimenti e romantico.
Nel 1973 sposa Paola Massari e subito dopo il matrimonio uscirà
“Gira che ti rigira amore bello”. E’ un periodo di grandi successi
per il cantautore romano che pubblicherà nel 1974 “E tu…” da cui
sarà estratto il singolo omonimo che rimarrà primo in classifica per
14 settimane e con il quale vincerà anche il Festivalbar.
Dal ’75 al ’78 usciranno altri 3 importanti album: “Sabato
pomeriggio”, “Solo” ed “E tu come stai?”; quest’ultimo album sarà
il primo sotto contratto con la CBS, firmato per ben 1 miliardo di
lire.
Altra curiosità che però delinea un meraviglioso profilo
solidaristico del cantautore è che nel 1975 fonda la Nazionale
Cantanti di calcio, attiva in ambito solidale, insieme a Mogol,
Paolo Mengoli e Gianni Morandi.
Gli anni ’80 sono anche questi un trionfo per Claudio Baglioni: nel 1981 esce un altro disco di grande successo
che è “Strada Facendo” che gli frutta molti premi tra cui quello di Miglior Cantautore assegnato dall’Associazione
Critici Discografici. Il successo di “Strada Facendo” confluisce e viene ampiamente riconfermato nell’ ’85 con
uno dei capolavori baglioniani, “La Vita è Adesso”, che vende 1.200.000 copie nei primi sei mesi e rimarrà ai
vertici delle classifiche per ben 27 settimane.

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Il 1986 è famoso per il suo tour sperimentale, “Assolo”, in cui si esibisce accompagnato solo da se stesso
attraverso il MIDI, novità tecnologica importantissima, suonando quindi egli stesso tutti gli strumenti
contemporaneamente.
L’8 Settembre del 1988 accade però un evento destinato a cambiare le carte in tavola: infatti Baglioni partecipa
come rappresentante italiano allo Human Rights Now! insieme con altri artisti impegnati nel sociale di fama
internazionale tra cui Youssou N’Dour, Tracy Chapman, Sting, Peter Gabriel e Bruce Springsteen. L’esibizione di
Baglioni viene aspramente contestata dal pubblico e ne segnò il successo commerciale degli anni ’90. A tutto ciò
si aggiungono altri due eventi che devastano emotivamente il cantautore: la separazione dalla moglie ed un
terribile incidente d’auto durante le registrazioni del suo successivo album.
E’ così che nel 1990 si colloca un disco che fa da
spartiacque nella carriera di Baglioni e che è
considerato non solo uno dei massimi capolavori
della discografia baglioniana, ma anche della
musica italiana. Questo disco è “Oltre”, pubblicato
il 16 Novembre del 1990, dopo infiniti ritardi e
rinvii, e che vede la partecipazione di grandissimi
ospiti tra cui Pino Daniele, Paco De Lucia,
Youssou N’Dour e la straordinaria Mia Martini.
Da qui, le pubblicazioni di Baglioni si diradano.
Seguiranno ad “Oltre” altri 2 album che formano
appunto una trilogia con il precedente: “Io sono
qui” (1995) e “Viaggiatore sulla coda del tempo”
(1999).
Nel 2003 Carlo Azeglio Ciampi lo nomina Commendatore della Repubblica e nello stesso anno pubblica “Sono
io, l’uomo della storia accanto”. Negli anni continuano i tour, escono raccolte con brani più o meno inediti tra cui
registrazioni di brani scritti per altri (tra cui “Amore Amore un corno” scritta per Mia Martini) fino all’Ottobre
2013 quando esce finalmente un nuovo e tutt’ora ultimo album, “ConVoi”, anticipato dall’omonimo singolo.
Seguirà poi nel 2015 il progetto “Capitani Coraggiosi” con Gianni Morandi in cui i due cantanti si alternano
interpretando i classici del loro repertorio. La lunga tournée sarà immortalata nel doppio disco live “Capitani
Coraggiosi – Il Live”.
2. DISCOGRAFIA ESSENZIALE
1970 – Claudio Baglioni (ristampato nel 1971 come Un
Cantastorie dei Nostri Giorni) – La prima edizione venne
ritirata dal mercato pochi mesi dopo la sua uscita per via dello
scarso successo. Venne ristampato poi a seguito del crescente
successo di Baglioni. Include brani celebri tra cui “Signora
Lia” e “Notte di Natale”.
1972 – Questo Piccolo Grande Amore – Pietra miliare di
Claudio Baglioni, opera rock romantica in cui oltre alla title
track (nominata canzone italiana del secolo proprio nel ’72) vi
sono tantissimi capolavori: “Una faccia pulita”, “Con tutto
l’amore che posso”, “Quanto ti voglio” e “Porta Portese”
(simpatico brano sullo stile degli stornellatori romani)
1973 – Gira che ti rigira/amore bello – Altro concept album simile al precedente che narra la storia del rapporto
tra il narratore e la sua partner, Simona, con tutte le (tragiche) vicissitudini che ne fanno parte. Anche qui, celebri
brani sono “W l’Inghilterra”, “Io me ne andrei” ed “Amore bello”.

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1974 – E tu… - Quarto album del cantautore romano, pubblicato in un periodo di forte crisi per Baglioni poiché il
precedente album, costruito per bissare il successo di Questo piccolo grande amore, apparentemente sembrò non
solo di non aver avuto il successo sperato, ma attrasse molte critiche da parte dei fan. Claudio decide quindi di
andare a Parigi a registrare un’opera rock ma sulle prime si risolse in un nulla di fatto. Il fortuito incontro
con Vangelis, tastierista degli Aphrodite’s Child all’epoca, lo convinse a lavorare ad un disco insieme che è stato
appunto E tu. Anche qui abbiamo un classico del repertorio baglioniano che è A modo mio.
1975 – Sabato Pomeriggio – Dopo la collaborazione con Vangelis, il cantautore si avvale della collaborazione di
Bacalov per la realizzazione di questo concept album che mostra uno stato d’animo (che è quello dell’attesa) da
vari punti di vista. Brani più importanti oltre alla title track sono Doremifasol e la particolarissima Poster.
1977 – Solo – Primo album in cui Baglioni firma anche le musiche. Brani importanti la title track ed il singolo
Quante Volte, ballata che strizza l’occhio alla disco anni’70 che sul finale esplode in uno straziante crescendo
vocale e degli archi per poi riprendere con gli assoli nella parte disco.
1978 – E tu come stai? – Ottavo album in studio del cantautore romano e secondo in cui firma testi e musiche.
Brani importanti la title track, classico del repertorio baglioniano, Con te ed Ancora la pioggia cadrà.
1981 – Strada Facendo – Capolavoro della discografia baglioniana alterna delicati e sognanti intermezzi
(contrassegnati da un solo numero, registrati in mono) a brani rock importanti, tra cui Via e Strada Facendo, anche
quest’ultima pietra miliare e favorita dei fan del cantautore romano. Tutti gli intermezzi insieme formano il brano
’51 Montesacro.
1985 – La vita è adesso – Forse il maggior successo discografico di Claudio Baglioni (ben 4 milioni di copie
vendute) dopo Questo piccolo grande amore. Realizzato ad Oxford, si avvale dell’aiuto dell’arrangiatore e
pianista Celso Valli, e vede la partecipazione di grandi ospiti, tra cui la London Symphony Orchestra che ha
registrato presso gli studi di Abbey Road, ed Hans Zimmer. I brani si susseguono raccontando i vari momenti
della giornata. L’album abbonda di grandissimi classici: La vita è adesso, Uomini persi, Amori in corso, E adesso
la pubblicità e Notte di note, note di notte.
1990 – Oltre - L’album della svolta artistica di Claudio Baglioni ed uno dei dischi più importanti della musica
italiana. Concept album registrato in ben 7 studi di registrazione diversi, ha avuto una gestazione molto travagliata
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e si avvale di collaborazioni stellari: Paco de Lucia, Mia Martini, Pino Daniele, Youssou N’Dour e fra i musicisti
anche un giovane Steve Ferrone, futuro batterista dei Pooh, sostituto di D’Orazio. Anche qui gli arrangiamenti
sono curati da Celso Valli e Baglioni firma al solito testi e musiche. E’ l’album con il maggior numero di brani di
successo del cantautore: Dagli il via, Io dal mare, Vivi, Acqua dalla luna, Tamburi Lontani, Noi no e Mille giorni
di te e di me.
1995 – Io sono qui – Secondo della trilogia cominciata da Oltre, rappresenta il vertice della maturità artistica di
Claudio Baglioni. Meno hit del precedente album e più immediato è ideato seguendo una sorta di percorso
cinematografico (curioso che sia stato pubblicato proprio nel 100enario dalla nascita del cinema). Tantissimi
riferimenti all’interno del disco, tra cui uno alla suite “Alan’s Psychedelic Breakfast” dei Pink Floyd. Ancora
suonati nei live ci sono Le vie dei Colori e Fammi andar via.
1999 – Viaggiatore sulla coda del tempo – Anticipato dal singolo Cuore Di Aliante (usato anche nello spot
dell’all’epoca Omnitel) è la conclusione della trilogia sviluppata nei due precedenti album. Anche questo è un
concept album in cui un artista è in cerca di una parte di se, sempre in lotta con il tempo, nell’impossibilità di
trattenere i ricordi e di afferrare l’adesso.
2003 – Sono io, l’uomo della storia accanto – Album del ritorno di Baglioni ad uno stile meno criptico e più
immediato in cui la tematica centrale è l’amore in tutte le sue sfaccettature.
2009 – Q.P.G.A. – Ampliamento e rivisitazione dello storico Questo piccolo grande amore. Ai brani originali
(riarrangiati per l’occasione) si aggiungono ben 37 inediti che vanno a completare tutti quei buchi di trama che
c’erano nel disco originale. Alla realizzazione del disco hanno partecipato oltre 70 ospiti di fama internazionale.
2013 – ConVoi – All’attivo, ultimo album in studio (il sedicesimo) del cantautore.

3. “OLTRE” – UN MONDO UOMO SOTTO UN CIELO MAGO


“In pratica c’è tutta una procedura molto complicata per lavorare con Claudio. In una primissima fase lui mi
portò a sentire – poi stavamo insieme ad Ansedonia in una casa – solo la parte musicale, ma scriveva tutte cose
cortissime, di venti secondi. Ma tipo… fai conto… centoventi, centocinquanta al pianoforte, e un altro centinaio
alla chitarra. Brevissime cose musicali di venti secondi, massimo trenta. Dopo, cominciammo a scegliere, fra tutti
questi pezzi, quelli che ci piacevano, e a dargli una definizione nelle varie strutture della canzone. Cioè: questo
brano di trenta secondi è bello come strofa, questo come inciso, questo come ponte. Tra l’altro in quella fase, al
di là del lavoro, ho imparato molto: eravamo in due. Dopodiché provavamo a montare tutti questi pezzi in tutti i
modi, fino ad arrivare alla fase dei pezzi finiti, che poi erano molto più di venti (poi ne verranno scelti venti). La
fase del testo, per il suo modo di lavorare, arrivava proprio alla fine e, una volta che tutto il disco musicalmente
era finito, lui per ben tre volte scrisse tutti i testi: non gli piacevano e li buttò, e li riscrisse daccapo.”
Questo estratto dell’intervista con Pasquale Minieri (noto collaboratore di
Baglioni) riportata nel libro “Oltre – Storia e analisi del capolavoro di Claudio
Baglioni” di Filippo Maria Caggiani fa capire un po’ il livello di ricerca a
livello musicale e la maniera particolare in cui i brani di questo album
venivano composti. Il disco ha richiesto ben 3 anni di lavoro ed era uno dei
più attesi all’epoca dopo il successo di La vita è adesso. Baglioni, in quel
periodo, stava attraversando un periodo di forte crisi cominciata dopo l’aspra
contestazione della sua esibizione da parte del pubblico (anche con oggetti
tirati sul palco) durante lo Human Rights Now! organizzato da Amnesty
International. Il cantautore romano era stato scelto come rappresentante per
l’Italia e si esibì all’evento in compagnia di grandi artisti della scena rock e
blues, tra cui Sting, Bruce Springsteen, Tracy Chapman e Peter Gabriel. Ciò
non andò giù alla critica ed al pubblico che lo ritenne inadeguato per il tipo di evento. A questo evento seguì il
duro colpo sentimentale con la separazione da sua moglie. Tutto ciò è importante per capire come si colloca Oltre
all’interno della discografia baglioniana. E’ lo spartiacque fra il prima ed il dopo, inizio di una trilogia del tempo
di cui Oltre è il passato, Io sono qui il presente e Viaggiatore sulla coda del tempo il futuro.

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L’album (un doppio album) è fortemente influenzato da Peter Gabriel e dal pop rock internazionale vuoi perché è
stato registrato in ben 7 studi di registrazione diversi fra Inghilterra e Francia, vuoi per via dei musicisti che hanno
registrato gli arrangiamenti del disco (tra cui figurano i notissimi Steve Ferrone alla batteria e Tony Levin al
basso) ed anche per gli ospiti che si alternano all’interno dei brani.
Curioso come il disco suoni “più piano” della maggior parte dei dischi usciti in commercio. Il motivo è duplice: il
primo è che originariamente il disco era pensato per essere esclusivamente su vinile. Il secondo è che Baglioni non
aveva mai pensato a questo album come ad un disco da ascoltare di sfuggita ma come un opera da ascoltare
davvero tanta è la profondità dei testi contenuti in essa. Ciò giustifica anche la totale assenza di un remaster
all’attivo tanta è la volontà del cantautore di mantenere Oltre un album da ascoltare senza distrazioni.

Il disco è un concept album che narra la storia di Cucaio, personaggio in cui Baglioni riversa molto delle sue
esperienze e della sua storia. La vicenda comincia idealmente dalla fine, o meglio, da poco prima della fine, con il
brano “Dagli il via”. Cucaio sta scappando (lo si capisce dai primi secondi del disco in cui si sentono i respiri di
un uomo che corre) e si presenta ricordando tutti i momenti del suo viaggio. Il brano è di stampo rock e si capisce
da subito che Baglioni si vuole assolutamente scrollare di dosso la sua nomea di cantautore dei buoni sentimenti:
la melodia vocale è serrata sulle strofe e sul ritornello sfocia in un’apertura da rock da stadio. Dopo aver
presentato il personaggio, la scena si sposta e torna indietro alla nascita di Cucaio con il brano “Io dal mare”.
L’atmosfera cambia drasticamente ed un delicato arpeggio delle tastiere fraseggia con le chitarre che
accompagnano. La voce è onirica, sognante, delicata che parla del mare come luogo di origine dell’umanità intera
e quindi dello stesso Cucaio. Il brano, a partire dal bridge impenna, la melodia si apre e l’atmosfera diventa
sempre più intensa fino al meraviglioso assolo di Pino Daniele che chiude il brano. Cucaio cresce ed ormai
ragazzino comincia ad interrogarsi sui perché del mondo (Naso di Falco). Il brano risente molto delle influenze
world music e progressive di Peter Gabriel in cui la sezione ritmica la fa da padrona. Baglioni introduce il brano
con una parte tutta in registro grave in cui il piccolo Cucaio sogna di poter volare e di vedere il mondo dall’alto.
Improvvisamente il tema cambia e cominciano le domande, alcune quelle di un semplice bambino (perché il cielo
è azzurro? Si può scavare un pozzo per arrivare al centro della terra?), altre dal carattere più importante e
polemico (Chi ha insozzato il vento a Chernobyl? Chi ha assetato Napoli?). Queste domande non hanno risposta e
Cucaio sa che dovrà viaggiare per trovare risposta a questi interrogativi ed è così che il tema iniziale del sogno si
va ad unire alla melodia del ritornello creando un muro di suono emozionante sulle parole “dove il sogno è ancora
libero”.

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“Io lui e la cana femmena” è un brano scanzonato ed allegro dedicato appunto ai cani di Cucaio, un maschio
(arcano signorino, taciturno, angoloso) ed una femmina (culona, pallosa, civetta ed esagerata). Lui li osserva
allegro e tratteggia le loro qualità attraverso dei simpatici aneddoti. L’arrangiamento è semplice, accompagnato da
una fisarmonica e dal contrabbasso pizzicato in mezzo ai quali irrompono di tanto in tanto dei fiati. Sul finale,
Baglioni/Cucaio riflette sulla possibilità che uomini ed animali possano essere uguali e a quanto sarebbe bello
potere “andarsi a bere un bicchiere insieme” e ciucchi rotolare fino al mare per ululare al blu. Segue la ballata jazz
“Stelle di Stelle”, interpretata con Mia Martini. Cucaio siede al tavolo di un locale ed ascolta il malinconico canto
di una cantante. La riflessione è sulle stelle, all’inizio, che sono gli artisti, che bruciano della loro stessa passione.
Con l’ingresso di Mia Martini che si interseca e si insinua nei pensieri di Cucaio, il canto diventa più emozionante
ed il protagonista si chiede se potrà essere in salvo dalle problematiche della vita attraverso la sua identità d’artista
e con l’amore. “Vivi” è un brano che si suddivide in due momenti: quello descrittivo delle strofe in cui Cucaio
ricorda gli aneddoti di un amore passato ormai perduto contrapposto al ritornello in cui, quasi arrabbiato, si
convince che quell’amore possa riaccendersi e possa tornare forte e divampante come gli elementi naturali.
L’arrangiamento, anche qui, è molto legato al rock: tempo dritto in 4/4, tastiere di riempimento, chitarre distorte e
basso in ottavi, il tutto con la melodia vocale che resta su tinte scure e ariose nella strofa mentre si apre sul
ritornello e si incattivisce anche grazie alle distorsioni di Baglioni. “Le donne sono” è un brano più disteso, che
spezza un attimo la tensione accumulata con gli ultimi due brani, in cui si parla delle esperienze del protagonista
con diverse donne. Baglioni dice che però questo è un brano che parla più degli uomini che delle donne, forse ad
intendere che uomini e donne possono essere molto più simili di quanto possa sembrare in apparenza. “Domani
mai” vede la partecipazione di Paco De Lucia alla chitarra acustica, ed è un brano che parla di sesso e passione. Il
ritmo latineggiante ed ondeggiante delle strofe sta quasi a rimandare all’ondeggiare dei due amanti nel momento
del rapporto. Tuttavia sul ritornello il ritmo ed il brano letteralmente si incendiano mostrando la drammaticità di
un rapporto in cui i due non riescono a completarsi e ad incontrarsi ma ogni giorno continuano ad amarsi
fisicamente per cercare “di far vivere altri due”, inutilmente poiché i due non riescono mai ad uscire dalle loro
forti individualità. Il brano vede anche la presenza di un bellissimo mi5 della voce sul finale. Cucaio si ritrova
quindi a diventare un mago prestigiatore all’interno di un circo: questa è la tematica di “Acqua dalla luna”, brano
rock in cui il testo è ricco di immagini immaginifiche e quasi nonsense che immettono, anche grazie alla melodia
vocale scura, in un’atmosfera circense e magica. Curioso che in questo caso il pre-ritornello sia l’apice
dell’apertura melodica del brano mentre il ritornello sia il suo esatto opposto. Il primo disco si chiude con uno dei
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brani più intensi ed emotivamente sconvolgenti dell’album: “Tamburi Lontani”. Il brano è il più autobiografico di
Oltre e tratta appunto della tematica della solitudine di Cucaio/Baglioni, della separazione dalla moglie e dalla
famiglia. In tutto il brano permea un’atmosfera pesante, quasi opprimente, con la voce che cerca di ergersi sempre
più in alto, disperatamente, fino alla fine in cui l’atmosfera diventa di speranza e la voce, sostenuta dall’orchestra
e dalla band, riesce finalmente ad uscire completamente, sfidando la vita dura e promettendo “Giuro, amico mio,
che gliela metteremo ancora lì a questa vita che va via così senza aspettarci”. Il tamburo, che all’inizio si sente in
lontananza e che alla fine viene anche rifatto dalla voce, simboleggia il battito del cuore che prende sempre più
forza (quella dell’amore) e che getta un ponte con tutte le altre persone.
Il secondo disco si apre con la celebre “Noi no”,
brano dal sapore corale, in cui Cucaio si scaglia
contro i prepotenti che pensano di poter fare
quello che vogliono delle vite degli altri. Il
ritornello, semplice ed incisivo, viene prima
presentato solo accompagnato da dei cori in
lontananza (quasi fosse un esercito o una folla) e
poi successivamente sempre più carico ed
avvolgente. In “Signora delle ore scure” Cucaio
sogna di essere un pittore e di innamorarsi di un
quadro che rappresenta una donna ideale di cui
però si renderà poi conto della sua non esistenza.
Il brano è cupo ed onirico, governato dal
pianoforte e dal basso che creano degli squilibri
all’interno di un brano sostanzialmente dritto.
“Navigando” spezza ancora l’atmosfera: l’accompagnamento scanzonato con la fisarmonica e le sonorità world
music figlie di Peter Gabriel incorniciano di nuovo un brano in cui si analizza (stavolta in maniera meno
drammatica) il rapporto con un'altra donna, visto come un continuo navigare in mezzo alle emozioni. Cambia di
nuovo l’atmosfera e in “Le Mani e l’anima”, brano dal sapore etnico arricchito dai cori e dai fraseggi africani di
Youssou N’Dour, Cucaio vive l’esperienza dell’essere un “vucumprà”, un immigrato che dopo una traversata
devastante si ritrova ad approdare in un nuovo continente ed implora di aiutarlo, di salvarlo, di fare quello che
vogliono di lui purché gli lascino le mani e l’anima. “Mille giorni di te e di me” è forse una delle ballad più belle
di tutto l’album: il pianoforte introduce il brano con una melodia malinconica, il ritmo è anche qui serrato ma non
veloce ed al di sopra di tutto questo si snoda una sinuosa melodia vocale dalla grande escursione tonale in cui
Cucaio continua a ripensare alla fine della sua storia d’amore però stavolta in maniera maggiormente disincantata
pensando più al futuro che al passato. Con “Dov’è dov’è” l’album entra nelle battute finali: una batteria con il
rullante aperto e spanciato da un gated reverb figlio degli anni ’80 ed il pizzicato degli archi accompagnano la
crisi di Cucaio che si vede privato della sua privacy divenuto ormai una celebrità. Vorrebbe scappare ma
continuano a trovarlo. Il brano è anche autobiografico riferendosi al periodo di uscita dalle scene di Baglioni
precedentemente a questo album, costantemente vittima di paparazzi e scoop scandalistici. “Tieniamente” è la
goccia che fa traboccare il vaso: la strage degli studenti di piazza Tienanmen del Giugno 1989 (raccontato con un
brano pianistico sognante e malinconico) fa rifiutare l’esistenza di un dio su questa terra a Cucaio in “Qui dio non
c’è”, brano in 5/4, armonicamente ardito in cui l’arrangiamento è nervoso ed a tratti caotico. Il brano è concluso su
un lungo assolo di violino, sempre in 5/4, in cui si palesa tutto il dramma vissuto dal protagonista che decide di
fuggire. “La piana dei Cavalli Bradi”, idealmente collocata dopo “Dagli il via”, è una ballata mid-tempo intensa in
cui Cucaio si lascia tutto alle spalle col desiderio di voler essere libero e finalmente di voler ritrovare la serenità in
una vita che troppo spesso ha cambiato percorso. Raggiunge la Piana dei Cavalli Bradi e qui finalmente ha modo
di riflettere sul passato e finalmente di andare oltre: è questa la tematica che permea “Pace”, conclusione
dell’album, in cui una melodia intensa, accompagnata dalla band e dall’orchestra in maniera sempre più piena e
trionfale, racconta della serenità e della pace finalmente raggiunta. Cucaio oltre che con se stesso fa pace con il
passato e con tutti gli uomini con cui aveva avuto a che fare, arrivando a capire che la pace è l’unico modo per
essere liberi, morale sintetizzata nell’ultimo verso parlato del brano: “ora sono libero…un uomo…oltre…”.

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4. TAMBURI LONTANI – ANALISI TECNICA E
MUSICALE
“Tamburi Lontani” è la traccia che chiude la prima metà di Oltre ed
è una delle punte di diamante dell’intera opera sia dal punto di vista
vocale che dal punto di vista armonico. Nel brano il protagonista
affronta la propria solitudine, dapprima subendola, ricordando i
momenti passati con il padre e la difficile separazione con la sua
compagna, per poi riprendersi in mano, recuperando la speranza di
poter finalmente cambiare le cose e di non farsi sopraffare dalla
vita. A livello di arrangiamento il brano, oltre alla classica
formazione da band, dà grandissima rilevanza all’orchestra ed in particolar modo alla sezione dei fiati, utilizzata
all’interno di tutto l’album come motrice di emozioni.
(0,00 – 0,30)
L’introduzione del brano è solenne, lenta, in 4/4, e viene presentata la prima delle progressioni portanti del brano,
solamente dagli ottoni accompagnati da quello che sembra essere un cembalo o un charleston che si sposta fra
destra e sinistra all’interno del mix (quasi un orologio che ticchetta), in lontananza, ai quali si aggiungono a 0,15
un tamburo lontano (un timpano) e gli archi a rinforzare già gli accordi degli ottoni.
La progressione, in Sol, si muove in questo modo:
| G – Am7 | G/B | C – G/D | A7/E – D7 |
Quindi una progressione tonale che armonizza seguendo i canoni dell’armonia classica la scala di Sol dal primo al
quinto grado utilizzando sul sesto l’accordo di La7 in funzione di dominante della dominante.
| I – IIm7 | I | IV – I | V del V (Sol) – V7 |
(0,31 – 1,00)
Sul tappeto creato nella sezione precedente la melodia vocale entra, magistralmente introdotta da due colpi di
timpano. Baglioni, con la melodia tutta sul grave, ariosa e disincantata, ci parla della solitaria natura umana che
nulla può contro il tempo che passa e contro ciò che esso porta nella vita di ciascuno (Ognuno ha il suo tamburo,
un solo ritmo e un canto della comune solitudine che noi mettemmo insieme a starci un poco accanto su questa
via dell’abitudine. Il tempo vince sempre, il tempo, lui soltanto si muove e noi restiamo immobili…).

(1,01 – 1,36)
L’improvvisa salita della voce porta alla seconda sezione del brano: finalmente si inserisce il resto dell’orchestra
che si muove su una lunga progressione su cui la voce, sempre più dolente, continua a riflettere sull’implacabilità
del tempo e sull’impossibilità di poter tornare indietro per cambiare il corso degli eventi attraverso meravigliose
metafore di immagini sfuggenti (alberi che sfilano come persone care, fantasmi della strada):
| C – F#dim/A | G/B – Em | Am7 – Gmaj7 | F#dim – Bsus4 – B7 |
| C – D/C | G/B - Em | F/A | G/B | C – Am7 | D |
La progressione, per quanto sembri essere una modulazione alla relativa minore di Sol maggiore, complice
l’utilizzo del Si7 come dominante secondaria del sesto grado di sol in realtà non si sposta minimamente dalla
tonalità d’impianto del brano.
| IV – VIIdim* | I/III – VIm | IIm7 – Imaj7 | VIIdim* – (Vsus4 – V7) del VI(Sol) |
| IV – V | I – VIm | IV del IV(Sol) | V del IV(Sol) | IV – IIm7 | V |
*Nella prima battuta l’accordo diminuito ha funzione di dominante principale poiché, preso l’accordo di V (D7),
omettendo la tonica abbiamo la triade diminuita (Fa#-La-Do con Re omesso). Nella quarta battuta invece

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l’accordo diminuito potrebbe essere giustificato in una cadenza d’inganno in tonalità di Mi minore (IIdim – V - VI)
in cui però il VI grado viene utilizzato come IV della tonalità d’impianto del brano.

(1,37 – 2,30)
Il ritornello è una lunga scalata di note sostenuta dall’orchestra che aumenta di volume ed intensità ed ogni nuova
tensione armonica (non a caso prodotta dalle melodie degli ottoni che in tutto il brano la fanno da padroni) dà
nuovo slancio alla voce che partendo ariosa dal grave ad ogni nuova salita va ad intensificarsi e ad assumere un
carattere drammatico e che non scenderà se non dopo un lungo acuto (fa#4, coperto e vibrato sul finire che poi
viene legato e proiettato al semitono sopra il tutto senza riprendere fiato). La fine della frase riporta il tutto
all’atmosfera malinconica e calma iniziale. Baglioni ricorda il rapporto con il padre che il tempo gli ha portato via.
La progressione armonica qui è molto colorata ed armonizza in un primo momento la scala diatonica di sol
discendente in modo tale da rendere la lunghissima successione di accordi molto dinamica, in contrasto con
l’andamento solenne che fino ad ora ha permeato il brano, dando spunto per una melodia vocale in costante
evoluzione, ascendente, teatrale e drammatica:
| G – D/F# | Em – G/D | C – G/B | Am7 – G |
| D/F# - C/E | Dm – Cmaj7 |
Analizzando i gradi armonici:
| I – V | VIm – I | IV – I | IIm7 – I |
| V – IV | Vm (interscambio modale con ton. Sol eolio) – IVmaj7 |
Improvvisamente, un accordo di Sisus2 incomincia la seconda parte della progressione, drammatica, su cui viene
tenuto l’acuto:
| Bsus2 – F#/A# | F#m/A – Bsus4/F# - B/F# |
| Em | A#dim | G/B | C – C#dim | G/D | C/D – Cm/D |
Sfruttando il si raggiunto scendendo dalla prima parte della progressione, Baglioni sfrutta il movimento cromatico del
basso per modulare temporaneamente in mi minore, ma da cui si allontana dopo poco attraverso il IV alterato con il
quale torna in sol. La dominante, espressa con gli slash chord nell’ultima battuta confermano il ritorno alla tonalità
d’impianto del brano.
Mod. temp. Mim [ | Vsus2 – V del V (Mim) | II – Vsus4 – V |
| Im | #IVdim | ] I | IV - #IVdim | I | V11 – V11b9 |
(2,31 – 4,30)
Baglioni, armonicamente e strutturalmente fa un esatto copia e incolla di tutto ciò che è stato esposto fino ad ora
ripartendo dalla strofa. L’arrangiamento, però, è più asciutto e più dinamico. Entrano la batteria, con il rullante sul
bordo, le congas ritmiche (a sinistra) ed il contrabbasso, inizialmente accompagnati da corno e tuba solamente (a
destra il primo ed a sinistra la seconda) che a 2,45 vengono raggiunti da tutta la sezione degli ottoni, più dinamica
rispetto alla prima esposizione della strofa, e poi a 3,15 dai legni. A 3,26 due flauti a destra duettano un brevissimo e
delicato ostinato per quarte parallele. A 3,34, sul finire della voce, un fill di batteria sui tom immette nel ritornello.
Anche qui armonicamente tutto come nella precedente esposizione, ma stavolta il brano comincia ad impennare ed ad
aprirsi: Baglioni, in tutta questa seconda parte riflette sulla difficile relazione con sua moglie dalla quale si separerà,
lasciandole un figlio (e il giorno di lasciarmi ti lasciai…credi, figlio mio…mi mancano i tuoi baci che non ho, e sono i
soli baci che io so, piccolo figlio). La voce è un crescendo d’intensità in tutta questa sezione, meno ariosa anche sulla
strofa, che sull’acuto del ritornello diventa un appello accorato e dirompente verso il figlio spiegandogli di non averlo
abbandonato di sua volontà e palesandogli il sentimento di forte mancanza che prova nei suoi confronti.

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(4,31 – 5,51)
Un fill di batteria dà lo slancio ad una improvvisa modulazione e la tonalità passerà da Sol a La, mantenendo però
l’esatta progressione del ritornello, senza alcuna variazione. Anche a livello di mix cambia poco se non che la batteria
e le congas diventano molto più presenti ed il brano, da solenne che era partito, diventa dinamico ed acquista una
connotazione più di speranza che di malinconia. Baglioni a questo punto si riferisce al suo cane (E tu compagno dalle
orecchie a punta), suo unico compagno con cui lui metaforicamente “si confida” e con cui condivide la “malattia di
vivere”. Ma in questo Cucaio/Baglioni non si rassegna e promette che l’avrà vinta su di essa e sul tempo: l’acuto, che
con la modulazione tocca un sol#4, a piena voce e vibrato, viene proiettato poi su un si4 che riscenderà sul la4, tenuto
lungo, e che finirà la lunghissima frase senza prendere un attimo di respiro. A 4,38 la frase finale del ritornello è
trionfale e sfrutta la tensione accumulatasi in questo lungo climax per dare slancio ad un do#5 coperto di grandioso
effetto per poi riscendere ed immettersi nel finale in cui la voce imita chiaramente il suono del tamburo quasi a
simboleggiare un ritorno alla vita e all’amore. Il finale riprende la progressione iniziale, in La questa volta, in cui il
mix si asciuga tornando alla situazione iniziale in cui solo gli ottoni accompagnano la fine di questa lunga traversata e
che concludono il brano su uno splendente accordo di La maggiore.

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