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Fabio Minghi

&
Paolo Audino
Presentano

DECENNI DI RICORDI
Monologhi e canzoni dagli anni ’70 ad oggi,
omaggio a Amedeo Minghi

con
Antonella Zema (narratrice)
Antonio Gagliano (pianoforte)
Aldo Pacifici (chitarra)

Special Guest
Rosalia Misseri Misros

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DECENNI DI RICORDI

Si alza il sipario. Sullo sfondo i due musicisti


Aldo e Antonio. Dal buio, occhio di bue su
Antonella:
“Era il 1976: dalla filodiffusione (qualcuno in
sala se ne ricorderà…) il canale sintonizzato
sulla musica leggera, diffondeva le note di un
cantautore che con un timbro particolare di
voce, cantava quanto la sua donna fosse tutto
per lui, che sapeva delle sue lacrime, che
poteva vederlo piangere... perché lei era
L’IMMENSO. Quel cantautore si chiamava
Amedeo Minghi ed era destinato a lasciare un
segno nella cultura popolare italiana…”
Si spegne il riflettore su Antonella ed entra
Fabio che canta:
1)L’Immenso; Antonio al pianoforte
2)Cantare è d’amore (base)
3)Di giorno in giorno (base)

Alla fine del primo blocco dei brani di Amedeo


Minghi, Fabio esce dal palco ed entra Antonella
che legge la strofa de L’Angelo Nero:

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Sono un angelo caduto per terra
Dimenticato qui
Ho perso le ali nell'ultima guerra
Mi son sporcato così
Sono un angelo vestito di nero
Se guardi in fondo ai miei occhi
Puoi vedere il male del mondo intero
Basta che non mi tocchi
Ma per favore tu non darti pensiero
E se potessi andar via
Preferisco volare nel cielo, lassù…
esplodere!

Entra Paolo che inizia a cantare dopo che è


uscita Antonella:

4)L’Angelo nero (base)


5)Pane (base)
6)Impreparato (base)

“L’angelo nero, il primo brano che avete sentito,


fa parte del mio cd Strettamente Personale,
uscito nel 2019 in cui dopo circa 20 anni di
collaborazione con Amedeo Minghi, canto per la
prima volta delle canzoni scritte interamente da
me. Angeli neri siamo tutti noi che viviamo su
questa terra, convinto come sono a volte, che
l’inferno sia qui ma per fortuna, tuttavia, la vita
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spesso anche ci sorride, come ci insegnano gli
uccellini di Pane, uscita sulle piattaforme
digitali, all’indomani del lockdown, dedicata al
risveglio della primavera e dalla parte degli
animali. Il singolo è legato ad una campagna di
sensibilizzazione che ha per testimonial Enzo
Salvi! La terza è una denuncia precisa, la mia da
cantautore… impreparato, d’altronde nasciamo
tutti impreparati alla vita!”

Buio sul palco. Esce Paolo.

Antonella sul palco:


“Non comprendersi è terribile. Non
comprendersi abbracciandosi. Ma per quanto
strano, è altrettanto terribile, capirsi in tutto. Ci
feriamo comunque e, segnato da una precoce
conoscenza, l’animo tuo soave, io con
l’incomprensione non offenderò, né ucciderò
con l’incomprensione. Forse siamo codardi
solamente allorché i nostri gusti adattiamo a
quanto più accessibile, più semplice. E in
segreto aspirando a ribellarmi alla mia anima
raggelata, confuso in un mezzoamore, vago
anelando amore non corrisposto. Ti distinguo a
fatica: che cosa ha combinato l’acqua intorno!
Ci troviamo disgiunti dal ghiaccio, su sponde di
ghiaccio diverse…
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Entra Fabio che canta:

7)Distanti insieme (base)


8)I ricordi del cuore (base)
9)Decenni (base)

Buio. Esce Fabio, entra Paolo.

“Vorrei chiamare con me sul palco una


straordinaria artista, una grande protagonista
di quel periodo fortunato in cui anche da noi si
è cominciato a produrre dei bei spettacoli
musicali quali “Notre Dame de
Paris” di Riccardo Cocciante… dove lei
interpretava il ruolo di Esmeralda o la Tosca
nella versione di Lucio Dalla che la vedeva
sempre nel ruolo principale: Rosalia Misseri, in
arte MisRos!”
Parlano a braccio con Rosalia delle sue
esperienze artistiche, chiedendole di
raccontare al pubblico almeno uno dei ricordi
più belli che porta nel cuore.
Paolo scherzosamente: “…e come mai, dopo
tutto quello che ci hai raccontato, hai deciso di
cantare anche con me, chi te l’ha fatto fare?”
poi cantano insieme:
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10) Non sparire (base)
11) Brivido felino (base)
Paolo ringrazia Rosalia e la lascia da sola sul
palco a raccontare di Lucio Dalla, altro
cantautore che ha lasciato un segno
profondissimo nella musica italiana attraverso
le sue canzoni e che per imporsi in definitiva
proprio come Amedeo Minghi, ha impiegato
del tempo ma poi è stata un’onda
inarrestabile.
Invita Antonio ad accompagnarla al pianoforte
e canta:

12) Tu non mi basti mai; Antonio al


pianoforte
13) Anna e Marco; Antonio al pianoforte
14) La sera dei miracoli; Antonio al
pianoforte

Rosalia presenta la sua canzone dedicata a


Lucio Dalla, raccontando del percorso artistico
vissuto insieme a lui:
15) Lucio dei miei occhi (base)
Entrano Fabio e Antonella sul palco. Il primo a
destra in silenzio, il secondo a sinistra.
Antonella legge:
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“Parole, ricche di dolore: “Sono undici mesi ma
per me sono undici minuti: è successo un
momento fa. Mi sono svegliato e lei, non c’era
più. Gli artisti e i poeti cantano i loro amori ma
anche i loro dolori. È purtroppo tutto nella
norma e fa parte della vita: ma è troppo presto,
non ce la faccio ancora”. Un dolore
indescrivibile per il cantante che perde la
compagna di una vita, da quarant’anni vicino a
lui, madre delle sue due figlie. La canzone “Non
ti lascerò mai” è dedicata proprio a Elena: “È
una canzone d’amore dedicata a lei, come tutte
le canzoni della mia carriera. Mia moglie ha
ascoltato questo brano e le piaceva molto, e
c’era già questa frase, che poi è anche
diventata il titolo: IO NON TI LASCERO’ MAI la
vita è davvero strana… Io ci ho poi lavorato
intorno e l’ho finita: glielo dovevo”. Glielo
dovevamo…

Antonella volge le spalle al pubblico ed esce,


resta Fabio che canta:

16) Io non ti lascerò mai (base)


17) Cacciatore (base)
18) 1950 (base)

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Buio. Esce Fabio ed entra Paolo che canta:
19) Silenziosamente (base)
20) Bionda tinta salgono Emanuela Petroni
e Paul Polidori, protagonisti del video
omonimo.

Parlano a braccio al termine dell’esibizione,


del singolo per l'estate del 2021 dal titolo
"Bionda Tinta", rilasciato sulle piattaforme
digitali e sui digital store, legato a una
campagna contro il body shaming.

Escono gli ospiti.

Paolo resta sul palco e canta:

21) Le tue scarpe nuove (base) entra


Antonella ruolo disturbatrice che balla.
Buio. Esce Paolo dal palcoscenico; entra
Antonella:

“Mi disperdo nel tutto.


Questo è il mio caso: ho perduto ogni facoltà di
pensare o di parlare coerentemente su
qualsiasi cosa.
In un primo tempo mi divenne gradualmente
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impossibile trattare temi sia elevati sia comuni
e formulare quelle parole, di cui ognuno suole
servirsi correntemente senza stare a pensarci.
Provavo un inspiegabile disagio solo a
pronunciare le parole «spirito», «anima» o
«corpo». Trovavo impossibile, nel mio intimo,
esprimere un giudizio su fatti qualsiasi, o quel
che vogliate. E ciò non per qualche sorta di
prudenza, e difatti conoscete la mia franchezza
che giunge a sconfinare con la leggerezza: ma
le parole astratte, di cui la lingua, secondo
natura, si deve pur valere per recare a giorno
un qualsiasi giudizio, mi si sfacevano nella boc-
ca come funghi ammuffiti.
Le idee che mi fluivano nella bocca assunsero di
colpo una così labile colorazione e
traboccarono le une nelle altre in modo tale
che, portata in qualche modo penosamente a
termine la frase, come mi avesse colto un
malessere, e davvero pallido in volto e con un
forte senso di oppressione alla fronte, questa
infezione si dilatò via via, come una ruggine che
si attacchi all’istante.
Anche nelle conversazioni familiari e
domestiche, ogni giudizio, di quelli che si danno
per solito alla leggerezza e con ignara sicurezza,
divenne per me a tal punto problematico, che
dovetti smettere di partecipare a tali discorsi.
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Mi riempiva di un'inspiegabile irritazione, che a
fatica dovevo per forza dissimulare, udire
affermazioni quali: la tal cosa è andata bene o
male a questo o quello; il giudice x è un uomo
malvagio, il predicatore y è uomo buono; il
fittavolo x y è da compiangere, i suoi figli sono
degli scialacquatori; un altro va invidiato,
perché le figlie sono econome; una famiglia è in
ascesa, un'altra è in via di declino. Tutto ciò mi
pareva indimostrabile, falso, lacunoso al
massimo. Il mio spirito mi induceva a vedere
ogni cosa che comparisse in siffatti discorsi,
vicina in modo inquietante: come una volta
avevo visto in una lente di ingrandimento una
zona della pelle del mio mignolo, e mi era parsa
una pianura con solchi e buche, così ora mi
accadeva con gli uomini e le loro azioni. Non
riuscivo più a coglierli con lo sguardo
semplificatore dell'abitudine. Ogni cosa mi si
frazionava, e ogni parte ancora in altre parti, e
nulla più si lasciava imbrigliare in un concetto.
Una per una, le parole fluttuavano intorno a
me; diventavano occhi, che mi fissavano e nei
quali io a mia volta dovevo appuntare lo
sguardo. Sono vortici, che a guardarli io
sprofondo con un senso di capogiro, che
turbinano senza sosta, e oltre i quali si approda
nel vuoto…”
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Al termine dalla lettura, entra Fabio:

22) La vita mia (base)


23) Sottomarino (base)

Finale serata: entra Antonella che legge


l’ultimo dei monologhi

“Durante i miei concerti, riconosco dei volti,


intravedo dei sorrisi, delle mani alzate e a
ciascuno di questi sconosciuti che mi sono
diventati così familiari e necessari dò tutto
quello che la musica mi permette di offrire
loro. In quel momento siamo insieme,
straordinariamente e anche violentemente
insieme. Quando io sono sul palco e loro in
sala, siamo in comunione, ci attraversa lo
stesso amore. Null’altro in un diverso incontro,
al di fuori della musica, potrebbe alimentare la
stessa verità. È sbagliato pensare che
l'emozione dell'attimo possa essere trasposta
in altri luoghi e in altri istanti. Anche quando la
tentazione di fare eccezione alla regola è forte,
bisogna resistere, a rischio di andare incontro a
cocenti delusioni.
Credo io, che il caso non esista. Un incontro è
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un tiro di dadi che è per forza vincente. Trionfa
su talmente tante incertezze che si rivela la
dimostrazione di un destino, al posto di quella
esplorazione a tastoni, quell'esercizio da talpa,
quella ricerca cieca di una combinazione
vincente alla quale si vorrebbe farci credere.
Esclamare, stupiti, «che caso!» è dimostrare
che il caso non esiste. Il caso rivela quello che
l'abitudine e la nostra incredulità patologica ci
nascondono.
I legami segreti tra gli esseri e il mondo.
Mi fa venire in mente l'iris. Un giardiniere
capirebbe subito. Non c'è pianta più
commovente dell'iris. Lo ammiri in riva allo
stagno, unico, ma se cerchi di coglierlo, allora
scopri che non nasce da una radice ma da un
rizoma, una specie di cordone ombelicale che
corre sottoterra, si lancia alla conquista del
suolo e, all'improvviso, sceglie di riapparire in
superficie e di sbocciare in un altro fiore.
E così, nonostante le apparenze, l'esistenza di
un’iris non deve nulla al caso…ma a quella vena
sotterranea, invisibile, che lega quel fiore a un
altro iris, situato a volte a centinaia di metri.
Tra queste piante, e anche tra molte erbacce,
esiste una rete infinita di arterie e di rizomi in
cui circolano la linfa, la forza e la vita.
E lo stesso con le stelle! ...un matematico, solo
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con i calcoli, stabilì l'esistenza di una stella, di
un astro invisibile ai nostri occhi; senza quella
stella, nessuna luna e nessun pianeta potrebbe
trovare il proprio punto di equilibrio.
Cadrebbero tutte in un immenso caos e, con
loro, tutte le galassie.
Il caso è, irrealtà, il rizoma che si rivela, la
stella-diapason del cosmo! E la potenza della
vita che si afferma, con una forza e
un’ostinazione senza uguali. È ciò che svela i
veri collegamenti, che altri chiamano destino,
dio, o divina provvidenza.
Da quando avevo sposato la musica, di città in
città, di concerto in concerto, incrociavo molta
più gente di quanta ne conoscessi. C'erano le
ore in aereo, le ore in taxi e in più le ore
necessarie e vitali in cui ritrovavo il pianoforte
e mi ponevo di fronte alla canzone cui stavo
lavorando. Una solitudine che, però, di rado era
un deserto. Era popolata da tanti incontri
preziosi con la musica e i suoi autori, anche se
nati due o tre o secoli prima, ma anche incontri
con paesi, sguardi, altre anime con le quali
condividevo la meraviglia di momenti
privilegiati. La loro presenza, anche se lontana,
mi nutriva come un fiume alimentato da
migliaia di affluenti. Quando penso a loro, a
coloro che amo, scatta una sorta di simbiosi, un
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fenomeno medianico, come se io diventassi lo
sguardo, il paesaggio, la musica, il battito
stesso del cuore e del pensiero di chi mi è caro.
Non importa la distanza che ci separa, ci sono
persone che non ci lasciano mai e che non si
lasciano mai. Le nostre anime sono gemelle e
sempre, sempre, in un movimento di libertà…”
Amedeo Minghi, monologo Vissi così, dalla
quarta serata dello spettacolo andato in scena,
spesso sold out, dal titolo di canzone in
canzone”.
Antonella poi racconta la nascita di questo
spettacolo invece, della scrittura della canzone
che ne dà il titolo e viene proiettato il video,
mentre entra Fabio che canta:

27) Decenni di ricordi.


Al termine della canzone, Fabio resta sul palco.
Sale tutto il cast dello spettacolo e ringrazia.
Applausi, sipario.

Prevedere dei bis a scelta del proprio


repertorio, decidendo se cantarli su base o
pianoforte:
28) Un uomo venuto da lontano
29) Sopravvivo (base)
30) Vita
31) Vattene amore
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