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ANGIOSPERME: FRUTTI SECCHI

INDEISCENTI
ACHENIO (ov. monocarpellare, monospermo, pericarpo sottile): frequente ad es. nelle
Ranunculaceae
CIPSELA (ov. bicarpellare, infero, monospermo): tipico delle Asteraceae (=
Compositae), molto spesso associata all’achenio.

NOCE o NUCULA (ov. pluricarpellare, supero o infero, di solito monospermo, pericarpo


tenace): molto diffuso in varie famiglie, ad es.: Fagaceae, Corylaceae, Cannabaceae,
Valerianaceae, Cyperaceae
CARIOSSIDE (ov. bicarpellare, supero): tipico della Fam. Gramineae (o Poaceae)

SAMARA: (ov. supero o infero) nucula (o achenio) con ala membranacea per il
trasporto aereo, fam. Ulmaceae, Oleaceae, Betulaceae
achenio (ov. monospermo, pericarpo sottile): frequente nelle Ranunculaceae,
Rosaceae, ecc.

schizocarpo ( ov. sincarpico, pluricarpellare, supero o infero): frutto polispermo che a


maturità si divide in porzioni, ciascuna corrispondente a un carpello; Umbelliferae
(diachenio); Malvaceae (poliachenio);

tetrachenio ( ov. bicarpellare, supero): ovario che a maturità si divide in 4 porzioni,


ognuna corrispondente a metà carpello; tipico della fam. Labiatae (o Lamiaceae).

acheni derivanti da frutti complessi nei quali entrano anche parti extracarpellari.

L’achenio, come frutto singolo o come parte di schizocarpo/ tetrachenio/ frutto


complesso è una categoria assai ampia e diversificata nella quale ricadono
molti reperti comuni nei siti archeologici.
Nell’applicazione pratica, molto spesso i termini di achenio e di nucula sono
usati in modo alternativo
Ranunculus arvensis:
acheni spinescenti

R. subg. Batrachium

Ranunculus - achenio subfossile


ACHENIO comparato con un achenio attuale

R. sardous: ovari in maturazione


Acheni di Rosa -
Rosaceae, contenuti
all’interno del
cinorrodio: di solito
determinabili solo a
livello di genere
Gli acheni di
Potentilla, ad
un’osservazione non
accurata, possono
essere confusi con
quelli di Fragaria e
con quelli di Ficus.

Acheni di Potentilla (Rosaceae)


Fe- XV sec. d.C. Il ricettacolo
convesso e carnoso
porta esternamente
i veri frutti = acheni

Fragaria x ananassa
fragolone
Fragaria vesca
fragolina
Ficus carica

Acheni: spesso numerosissimi nei


siti archeologici italiani e del
bacino del Mediterraneo fin dal
Neolitico. Possibili indicatori di
latrina
(foto: Modena - 15-45 d.C.)
Il Fico è il terzo fruttifero associato
agli albori dell'orticoltura nel bacino
del Mediterraneo (vite e olivo). Il In Italia, il Fico è ritenuto
fico sembra aver fatto parte della spontaneo nella fascia
produzione agricola in questa area mediterranea e nelle isole,
almeno dall’inizio dell’Età del coltivato e spontaneizzato
Bronzo. al Nord dove cresce
I più antichi reperti carpologici in spesso in ambienti
Emilia Romagna sembrerebbero antropizzati, anche nei
risalire all’età del Bronzo (Monte cortili dei centri storici
Leoni), con qualche dubbio connesso delle città padane.
allo stato di conservazione, non
carbonizzato a differenza di quello
degli altri reperti.

Il fico è una legnosa buona e veloce produttrice, che inizia a


fruttificare appena 3-4 anni dopo essere stata piantata.
Il fico è considerato dioico ed ha fecondazione incrociata. Nella
condizione selvatica dipende totalmente dalla riproduzione per
seme, mentre in coltura è propagato per via vegetativa. Può anche
essere innestato. Ovviamente le piante che vengono propagate sono
quelle femminili.

Le attuali cultivar sono partenocarpiche e sono state selezionate per


la loro capacità di produrre dolci e grandi “frutti” senza
impollinazione; una sola mutazione determina il passaggio alla
partenocarpia sotto domesticazione, fatto assai vantaggioso
quando manca l’impollinatore.

Esiste tuttavia un secondo gruppo di fichi, il tipo Smirne, che


richiede l’impollinazione per fruttificare.
La partenocarpia è una forma di sviluppo
dei frutti in assenza della fecondazione,
per cui essi risultano essere privi di semi
La biologia riproduttiva del fico è molto complessa ed è
basata su:

- un’infiorescenza assai specializzata (siconio);

- la presenza di due forme sessuali: la morfo-forma femminile è il


“vero fico”, la morfo-forma maschile è il caprifico;

- una strettissima “simbiosi” fra pianta e impollinatore, Blastophaga


psenes .

maschio
femmina
I siconi del “vero fico” contengono solo fiori femminili, con lungo
stilo, mentre il caprifico produce fichi spugnosi e cattivi contenenti
fiori maschili e fiori femminili a stilo corto. Questi ultimi non
fruttificano, ma servono all’insetto femmina per ovodepositare e
per allevare le larve.
Esse non sono in grado di
collocare le uova nei fiori
femminili del “vero fico”
dal lungo stilo, per cui i
siconi non ospitano larve
anche se visitati dagli
insetti femmina.

Sezione di un siconio di caprifico: i fiori staminati sono rossi


e quelli pistillati, a sinistra, sono biancastri

Il “vero fico” fruttifica di solito nella tarda estate. Il caprifico fruttifica tre
volte durante l’anno: a fine inverno produce le mamme, durante l’estate i
profichi, in autunno i mammoni. Tutti e tre ospitano il ciclo vitale
dell’insetto. Molte femmine dell’insetto emergono dai profichi prodotti in
estate e sono attratte in particolare dai siconi dei “veri fichi”. Entrano in
essi attraverso l’ostiolo, rimanendo intrappolate, impollinano e subito dopo
muoiono.
In condizioni “naturali”, se l’impollinazione non avviene i fichi
“buoni” non giungono a maturazione e cadono dalla pianta: da qui
l’importanza della partenogenesi, attraverso la quale le piante
fruttificano comunque anche in assenza dell’impollinatore.

I fichi Smyrna-type subiscono un’impollinazione artificiale nota


come “caprificazione”: rametti con profichi maturi sono raccolti su
caprifichi spontanei all’inizio dell’estate e sospesi sugli alberi di fico
in coltura. L’insetto impollinatore è così portato vicino ai siconi
femminili.

La caprificazione era nota e praticata dai Greci e Romani e


probabilmente anche molto prima dei tempi classici.
Fig Cultivation Predates Cereal Domestication
Krislev, M.E., Hartmann, A. and O. Bar-Yosef. 2006.
"Early Domesticated Fig in the Jordan Valley.“
Science 312 (5778): 1273-1275.
The remains of parthenocarpic fig syconia (edible figs) have been discovered in
archeological sites of the Jordon Valley that date back to 11,400 years bp. The
carbonized syconia are clearly parthenocarpic because the drupelets are without
embryos or seeds.

Wild populations of Ficus carica are gynodioecious with male trees (caprifigs) and
female trees. Edible figs are produced on female trees only if they are pollinated
by fig wasps (Blastophaga psenes) from the syconia of male trees.

The male syconia contain wasps and pollen, and are generally not eaten. They
were named "caprifigs" because they were commonly fed to goats. If pollinated,
seeds develop inside the druplets within syconia on female trees. Without
pollination, the immature figs are shed by the female trees.
Parthenocarpy is produced by a single domant mutant gene. Female trees
expressing this gene retain their developing figs to maturity, even though they are
not pollinated and contain no seeds.

Parthenocarpic trees must be propagated by cuttings because they do not


produce seeds. They produce sweet fig fruits without the need for male trees that
carry symbiotic fig wasps within their syconia.

This is very advantageous to farmers in regions where the wild caprifigs and
natural pollinator wasps do not occur.

The presence of parthenocarpic figs in ancient settlements indicates that people


recognized these rare parthenocarpic trees and propagated them by planting
branches.

Evidence of such activity may mark one of the earliest forms of agriculture. Fig
trees could have been the first domesticated plant of the Neolithic Revolution,
which preceded cereal domestication by about 1,000 years.
Sezione
trasversale

schizocarpo
Diachenio (Umbelliferae)
= 2 mericarpi

I reperti sono, con poche eccezioni,


costituiti dai mericarpi
Heracleum mantegazzianum

Conium maculatum

Daucus carota
Coriandrum sativum L.
mericarpo - 3,1 mm - FE XV sec. d.C.

Ammi majus
1,59 mm

Petroselinum
sativum Hill
mericarpo - 3,16 mm Anethum graveolens:
faccia dorsale e faccia
ventrale
Vescovado - Mo XII sec. d.C.
Caratteri importanti per il riconoscimento delle Umbelliferae,
conservati/ visibili anche nel subfossile, sono:
- forma e taglia del mericarpo
- caratteristiche delle creste dorsali e delle creste laterali
- caratteristiche delle vallecolae
- spine, squame e pelosità (di rado)
- vittae (non sempre ben visibili)

Eryngium: mericarpi con squame Torilis: Mericarpi con spine


DIACHENIO - ALCUNI ESEMPI

Coriandrium sativum L.
il coriandolo
Coriandrum sativum:
il genere Coriandrum include la pianta
coltivata C. sativum e la spontanea C.
tordylium. Quest’ultima vive nel sudest
dell’Anatolia e nord Libano.

Il coriandolo è un’erba annuale e, a


seconda del clima, si coltiva come
un’erba estiva o invernale.
Le foglie sono assai suddivise, quelle
superiori più profondamente delle
inferiori, con foglioline talora quasi
filiformi: la pianta appare avere
eterofillia. Le foglie inferiori hanno il L’infiorescenza è un’ombrella
picciolo, mentre quelle superiori hanno composta con 8 raggi primari e
picciolo ridotto a guaina. Le foglie costituisce uno pseudanzio.
hanno un bel colore verde brillante e
durante il periodo della fioritura I fiori sono bianchi o bianco-rosati. La
possono virare verso il rosso e il specie è autoimpollinata.
violetto.
I frutti sono da sferici a ovati, con un diametro fino a 6
mm. Il frutto è uno schizocarpo che però non si
suddivide spontaneamente a maturità nei due
mericarpi.
Ogni mericarpo ha 6 costolature longitudinali ondulate
che si alternano con altre 5 costolature.

Nel lato convesso hanno 2 vittae longitudinali che


contengono l’olio essenziale di cui è ricco il frutto
maturo.
Un mericarpo di
coriandolo
Ora la manna era simile al seme del coriandolo e aveva
l'aspetto della resina odorosa (Numeri 11. 7)
In tutte le parti della pianta sono presenti canali schizogeni ricchi di sostanze che
impartiscono alla pianta un tipico odore simile a quello della cimice. Infatti il nome
della pianta deriva dal greco ‘korion’, che indica l’insetto. L’odore sgradevole è dovuto
alla presenza di composti aldeidici che scompaiono durante la maturazione del frutto.
L’origine della specie coltivata Coriandrum sativum è ancora incerta.

Oggi la pianta si trova in Europa allo stato rinselvatichito e ciò dimostra


che è capace di competere con altre piante spontanee nelle aree
coltivate.

Ciò, insieme al fatto di possedere un prolungato periodo di fioritura e di


fruttificazione, potrebbe sostenere l’ipotesi che essa stessa sia una pianta
secondariamente coltivata, originatasi da una pianta spontanea.

Il centro d’origine potrebbe trovarsi nell’Asia Centrale, nel Vicino Oriente e


in Abissinia, che sono anche i centri di formazione di diverse forme di
coriandolo.
Le informazioni archeobotaniche e letterario-storiche ci dicono:

- I più antichi frutti di coriandolo vengono dalla cava di Nahal Hemar in


Israele e sono datati al 6000 a.C.

- il Coriandolo è citato in un papiro egizio datato 1550 a.C., che elenca una
serie di piante medicinali. Altre citazioni sembrano arretrare il coriandolo
al tempo della 5° dinastia - 2500 a.C. Oltre 1 litro di frutti sono stati
rinvenuti nella tomba di Tutankhamun. La letteratura egizia cita varietà di
coriandolo che giungevano dall’Asia.

- Gli ebrei conoscevano il coriandolo già prima di recarsi in Egitto, intorno


al 2000 a.C., anche se il nome con cui è citato nella Bibbia “gad” per altri
AA si riferisce a una specie di Artemisia.
- Coriandolo è citato nella letteratura sanscrita come ‘dhanayaka’ o
‘kusthumbari’, probabilmente in data assai più recente del 5000 a.C. citato
da alcuni AA.

- In Cina il coriandolo è ricordato come “verdura” in un libro di agricoltura


del V sec. a.C. e viene chiamato con un nome persiano: probabilmente fu
introdotto in Cina dalla Persia.

- Nella documentazione assira risalente al periodo di Assurbanipal (VII sec.


a.C.) è riportata la coltura del coriandolo;

- Gli AA classici greci e romani (ad es. Aristofane, Teofrasto, Ippocrate,


Plinio e Columella) scrivono di questa pianta. In particolare al I sec. d.C. si
ricorda come particolarmente pregiato quello egiziano (e forse con
cognizione di causa, poiché altri AA più tardi - XII sec. d.C. ricordano campi
fioriti di coriandolo sulle rive del Nilo).
In Europa i Romani sparsero il coriandolo in tutti i paesi da essi
conquistati, tanto che i frutti di coriandolo nei siti archeologici europei
sono considerati
indice della romanizzazione dei territori

La dispersione romana è supportata anche dai nomi della pianta, simili


in tutti i paesi europei (in Russia invece il nome più vecchio deriva da
quello persiano, a suggerire che il coriandolo vi arrivò attraverso il
Caucaso o attraverso i paesi intorno al Mar Caspio).

Oggi si tende a ritenere su basi archeobotaniche, sistematiche, e


linguistiche che il centro d’origine del Coriandolo sia il Vicino Est.
Arab kuzbara, kuzbura Japanese koendoro
Armenian chamem Malay ketumbar
Chinese yuan sui, hu sui Persian geshnes
Czech koriandr Polish kolendra
Danish koriander Portugese coentro
Dutch koriander Rumanian coriándru
English coriander, collender, chinese Russian koriandr, koljandra, ki nec,
parsley kinza, vonju ee zel’e, klopovnik
Ethiopian (Amharic) dembilal Sanskrit dhanayaka, kusthumbari
French coriandre, persil arabe Serbokroatian korijander
Georgian (Caucasus) kinza, kindza, kindz Spanish coriandro, cilantro,
German Koriander, Wanzendill, cilandrio, culantro
Schwindelkorn Swiss Chrapfechörnli, Böbberli,
Greek koriannon, korion Rügelikümmi
Hindi dhania, dhanya Turkish kisnis
Hungarian coriander
Italian coriandolo
Coriandrum sativum è forse una delle più vecchie aromatiche, usata in
cucina, come pianta medicinale (digestiva), nei profumi, cosmetici ed anche
nei riti esoterici, da cui la presenza nelle tombe egizie.

Aveva fama di afrodisiaco e


come tale è ricordato dalla
principessa Scheherazade nelle
“Mille e una notte”.

Nel mondo europeo e mediterraneo si utilizzavano e si utilizzano i frutti


(anche in India); presso altri popoli, come in Messico e in vari paesi
asiatici, si usano le foglie aromatiche (come il comune prezzemolo) sotto
il nome di “cilantro”.
Ius in pisce aurata assa: piper, coriandrum, mentam aridam, apii semen, cepam,
uvam passam, mel, acetum, vinum, liquamen et oleum.

Salsa per l’orata ai ferri: pepe, coriandolo, menta secca, semi di sedano,
cipolla, uva passa, miele, aceto,vino, liquamen e olio

Mentha spicata L.:


mentastro o menta romana
Poliachenio (Malvaceae)

Malva

frutto
parziale

I mericarpi delle malvaceae sono


riconoscibili se si è preservato il pericarpo.
Callitriche: achenio

Sagittaria: acheni (Alismataceae)

Alisma plantago
aquatica (in alto
il poliachenio, in
basso il seme)
Rosmarinus Hyssopus
officinalis officinalis

Lycopus europaeus

Ajuga Satureya
reptans hortensis

tetrachenio
Mericarpi di tetrachenio
Salvia officinalis (Labiatae)
Taraxacum
CIPSELA officinale

Cirsium arvense

frutto secco indeiscente, tipico della


fam. Asteraceae

pappo
Carthamus
tinctorius

Le cipsele delle
Asteracee sono
fra loro diverse
e attraverso
esse si può
identificare la
specie
Carduus
nutans

Picris
hericioides

Helianthus
annus
(girasole)
insalate dell’orto
(cicoria, lattuga)
Cichorium intybus,
Lactuca sativa
Rispetto alle lattughe sopportano
meglio l’inverno e presentano un
gusto amaro - Plinio, Liber XIX Cichorium intybus - forma spontanea

Lactuca sativa Indivia: una forma coltivata della cicoria


Cichorium intybus
Lactuca sativa
NOCE - NUCULA
Castagna - FE XI sec. d.C.

Castanea sativa
(Fagaceae)

nucule

seme Nucule e cupula


Quercus: solo in presenza di cupule ben
conservate è possibile arrivare alla specie. Resti
stili
I reperti più comuni sono: cotiledoni (quasi
sempre carbonizzati), pericarpo, cicatrici.

cupola
Quercus sp.: 5 mm

nucule

Quercus robur
Fagus
sylvatica

cupola
Corylus
(Corylaceae)

brattee

Mo- 15-45 d.C.

frammento nucula -
16,32 mm FE XV sec.

seme
Cyperaceae

Eleocharis achenio - 2,8 mm Carex hirta L.


palustris/uniglumis achenio - 3,1 mm

Carex otrubae

Schoenoplectus Carex vesicaria Bolboschoenus


Cladium mariscus Eleocharis
supinus (L.) Palla maritimus
2,06 mm multicaulis
achenio - 1,3 mm 1,94 mm
Polygonum lapathifolium L. - Typha
Polygonaceae latifolia/angustifolia
Valerianella dentata - Valerianaceae

Verbena officinalis
- Verbenaceae
Najas minor
Zanichellia palustris subsp. polycarpa
Triticum
durum (grano
duro - 4n)

Triticum
aestivum
(grano
CARIOSSIDE tenero- 6n)

Triticum
aestivum
/durum
Betula
(Betulaceae)

SAMARA

Fraxinus
excelsior
(Oleaceae)

Ulmus
(Ulmaceae)

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