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05 Teatro Musicale PDF
05 Teatro Musicale PDF
G. Pieranti
Fig. 1
Caravaggio,
Concerto, 1595. Olio
su tela, 87,9x115,9 cm.
Museum of Art, Roger Fund.
OBIETTIVI
• Conoscenza dell’origine e dell’evoluzione del melodramma fino a Mozart.
• Favorire le abilità trasversali dello studente in senso interdisciplinare attraverso un argo-
mento che permette intensi collegamenti tra poesia, musica, arte e spettacolo.
• Acquisizione della terminologia musicale di base.
Melodramma, opera in musica, opera liri- stica parola e musica (dalla tragedia classica
ca o soltanto opera, sono alcuni dei termini al dramma liturgico medioevale), in nessuna
con i quali si intende una forma di spettaco- di queste forme si può rintracciare una so-
lo nella quale l’azione teatrale viene realiz- stanziale continuità con il melodramma
zata attraverso la musica, la poesia, la reci- moderno, se non l’elemento rituale della fe-
tazione, l’arte scenografica e, non raramen- sta, religiosa civica aristocratica o principe-
te, anche la danza. Sebbene si abbiano pre- sca, nella quale diversi linguaggi espressivi,
cedenti di rappresentazioni sceniche in cui prima separati, collaborano alla messa in
si trovano fusi in un’unica espressione arti- scena dello spettacolo celebrativo.
vata da un uso continuato dello stile reci- diffondendosi fuori Firenze in città come
tativo, fin dai primi melodrammi si ebbe Mantova, Bologna, Venezia, Parma, l’ope-
cura di rompere la declamazione con bre- ra teatrale si andò affrancando dal model-
vi momenti di canto dalla musicalità diste- lo originario e assunse caratteristiche loca-
sa, melodiosa elegante e semplice che suc- li peculiari. Ad esempio, a Roma l’opera
cessivamente prese il nome di aria. Sempre (si ricordino prima di tutto Sant’Alessio del
per ottenere una rappresentazione dram- 1632 di Giulio Rospigliosi, poi Clemente
maturgicamente varia ai recitativi e alle IX, e la più tarda Tancia ovvero il podestà
arie si aggiungevano anche cori, danze e di Colognole del 1657 di Jacopo Melani
passaggi solo strumentali. L’orchestra degli su libretto di Moniglia) si distingue per la
esordi è, eccezzion fatta per alcune scene, ricercatezza della linea melodica che
affidata a pochi strumenti che dovevano comporta la predilezione di arie e duetti,
sostenere e accompagnare il canto come il per l’uso frequente del coro e della danza
clavicembalo e il chitarrone. e soprattutto per la tendenza alla mistione
dei generi comico e patetico e alla spetta-
Diffusione del melodramma colarità che si avvale del sapere di artisti
e Monteverdi come il Bernini.
Ma è con Claudio Monteverdi (1567-
Agli esperimenti di dramma in musica di 1643) che il melodramma segna una nuo-
Peri e Caccini ne seguirono altri fedeli al- va importante tappa di evoluzione.
lo stile recitativo della Camerata de’ Bardi, Il grande compositore, che probabilmen-
come la Dafne (1608) e la Flora (1628) di te aveva assistito allo spettacolo fiorentino
Marco da Gagliano (1582-1643); tuttavia, del 1600, fece rappresentare nel 1607, a
A destra Fig. 7
Bernardo Strozzi,
Frontespizio di un’edizione
(Venezia, 1609) dell’Orfeo,
di Claudio Monteverdi.
Mantova, alla corte dei Gonzaga, la sua pri- una rivisitazione aggiornata della Roma
ma opera, Orfeo su libretto di Alessandro imperiale, descrive sentimenti, psicologie,
Striggio; in essa Monteverdi riversò tutta l’e- rapporti sociali e valori della società sei-
sperienza che egli aveva raccolto nell’atti- centesca piuttosto che di quella di Nerone.
vità precedente di madrigalista orientato “L’estetica del melodramma vi è compiuta-
verso una concezione della musica non mente fondata: l’efficacia drammatica del-
astratta nelle sue formule scolastiche ma le arie ormai pienamente organizzate e del
come espressione delle passioni umane. ricco movimento orchestrale è nutrita da
L’Orfeo, pur avendo come modello lo sti- una musicalità copiosamente irruente e
le recitativo dell’opera fiorentina, presenta- istintiva. La potenza della caratterizzazio-
va alcuni elementi innovativi come l’ac- ne psicologica e passionale giunge ad un
centuata espressività della musica, le im- impressionante realismo. La schiettezza ir-
portanti inserzioni madrigalistiche, la pre- resistibile dell’ispirazione musicale non
senza di brani di canto virtuosistico, una permette che si formi alcuna convenzione,
certa varietà data anche da cori e passaggi alcuna retorica” (M. Mila).
di danze, e l’uso e l’importanza che assu- L’opera con Monteverdi, nella sua ricchez-
meva l’orchestra, ormai non più limitata za e varietà, diviene spettacolo sensibile alle
solo all’ accompagnamento delle voci. esigenze di un pubblico più vasto e meno
All’Orfeo seguì l’Arianna (1608) su testo selezionato di quello della corte, come il
di Rinuccini, di cui non ci rimane altro che pubblico veneziano che in quegli anni co-
lo straordinario Lamento pubblicato poi se- mincia a interessarsi al genere e a frequenta-
paratamente, nel Sesto Libro dei Madrigali re i teatri a pagamento che allestiscono
del 1614. drammi in musica. Nel carnevale del 1637,
Le due opere più importanti di Monte- infatti, una compagnia di musicisti affitta a
verdi che ci sono arrivate risalgono all’ulti- Venezia il Teatro di San Cassian, di proprietà
mo periodo della sua vita e sono Il ritorno della famiglia Tron e destinato alla comme-
di Ulisse in patria e L’Incoronazione di dia dell’arte, per allestirvi l’Andromeda,
Poppea, su libretto di Gian Francesco Bu- dramma di Benedetto Ferrari con la musica
senello, rappresentate a Venezia rispettiva- di Francesco Manelli, oggi perduta. Era la
mente nel 1640 e 1642. La prima è un’o- prima rappresentazione pubblica della storia
pera vivace sia nei movimenti scenici che dell’opera. L’anno dopo gli stessi musicisti
nell’azione e nella musica, in cui la varietà producono in proprio e mettono in scena La
degli affetti è un elemento decisivo, segno Maga fulminata e nel 1639 passano al Teatro
di una volontà essenziale di divertire e far di San Giovanni e Paolo, una sala di com-
partecipare il proprio pubblico. L’Incoro- medie riadattata dai proprietari per destinar-
nazione di Poppea ha nella trama di carat- la appositamente all’opera. Da questo mo-
tere storico parte della sua originalità, per- mento nasce la stagione lirica pubblica, lo
ché i personaggi, non essendo mitologici o spettacolo impresariale che si diffonderà in
leggendari, ma realmente vissuti, potevano tutta Italia e che determinerà una trasforma-
essere rappresentati con inconsueto reali- zione dei modi di produzione e fruizione del
smo e attualità. L’opera, infatti, attraverso melodramma in senso commerciale.
Fig. 8 Con il trasferimento del melodramma dal- vata” (M. Baroni, in Storia della Musica,
Marco Ricci, la corte al teatro, si ha la nascita di un’im- Einaudi, Torino, 1988).
Prova d’opera, presa legata a questo tipo di spettacolo che Per la portata storica di tale evento, se si
1709 circa.
Collezione privata. richiede prodotti capaci di incontrare il gu- può dire che l’opera, intesa come il primo
sto di un pubblico socialmente più ampio e dramma interamente cantato di cui posse-
variegato e sempre più esigente. diamo la partitura, nasce a Firenze nel
Le leggi del mercato orientano non solo 1600 con la messa in scena dell’Euridice
le scelte dei temi e dei toni del repertorio, di Rinuccini e Peri, il teatro d’opera, inve-
determinando un distacco dalla tradizio- ce, nasce a Venezia nel 1637 con l’istitu-
ne mitologica per aprire a influenze co- zione di teatri pubblici su base imprendi-
miche, epiche e romanzesche, ma influi- toriale. Tale innovazione, infatti, procurò
scono anche sugli allestimenti, meno fa- al nuovo genere non solo “quella stabilità,
stosi e imponenti, e sulla stessa struttura quella continuità quella regolarità e fre-
dell’opera, che verrà incontro alle esigen- quenza, insomma quella solidità economi-
ze di contenimento dei costi, limitando ca ed artistica che ne fece lo spettacolo
gli esecutori, favorendo il canto solistico e dominante d’Italia e d’Europa per i secoli
quindi “appellandosi più direttamente al- a venire”, ma influì anche sulla struttura
le ragioni del personaggio, della situazio- dello spettacolo, modificando radicalmen-
ne drammatica, del virtuosismo interpre- te il modo “di intendere, fare, percepire il
tativo, e alle lusinghe di un’invenzione teatro musicale” (L. Bianconi, Il Seicento,
musicale concisa e perennemente rinno- Edt, Torino, 1983).
L’evoluzione del teatro d’opera italiano aprì a caratteri nuovi, caratteristici di espe-
rienze teatrali regionali, come il virtuosi-
L’opera veneziana della seconda metà del smo e la magnificenza scenografica; dal
Seicento, che ha in Francesco Cavalli (1602- punto di vista strutturale comunque, l’ope-
76) e Giovanni Legrenzi (1626-1690) i suoi ra veniva fissandosi attorno a schemi for-
maggiori rappresentanti, risente pertanto di mali ripetitivi che avevano il centro di gra-
queste nuove esigenze e si afferma nel pa- vità nell’aria, sempre più staccata dal reci-
norama europeo per la verosimiglianza degli tativo ormai convenzionale e che trova pie-
affetti, la coerente caratterizzazione dei per- no sviluppo in Alessandro Scarlatti (1660-
sonaggi, la varietà delle trame e la mistione 1725), il più importante compositore di
dei generi, l’invenzione melodica piacevole melodrammi tra Seicento e Settecento.
e la struttura non tediosa dell’opera. Autore di almeno sessantasei opere (si ri-
Con Alessandro Stradella (1644-1682) e cordi almeno La Griselda su testo di Apo-
Antonio Cesti (1623-1669), tale modello si stolo Zeno del 1721 e Il trionfo dell’onore
Fig. 10
Bozzetto di scenografia per
l’opera Il pomo d’oro
di Antonio Cesti.
del 1718), Scarlatti fu il punto di riferimen- c. L’orchestra, di solito basata sugli archi, si
to per almeno due generazioni di compo- arricchisce dei fiati per esigenze dram-
sitori che trovarono, nella sua concezione matiche e viene impiegata per la “sinfo-
musicale e teatrale, un modello insupera- nia avanti opera” che si regolarizza nello
bile da imitare. schema tripartito allegro-adagio-allegro.
Lo stile di Scarlatti, che prese il nome di Per cinquant’anni questi furono gli ele-
opera napoletana e all’estero fu ricono- menti costitutivi della struttura del melo-
sciuto come lo stile italiano per eccellenza, dramma italiano, all’interno dei quali furo-
presenta alcuni caratteri di grande novità. no inserite nel corso degli anni variazioni
a. L’artista introduce l’aria col da capo a anche importanti, ma senza mai intaccare
struttura tripartita (ABA, le prime due par- il sistema formale di fondo. Musicisti di
ti, cioè, presentano due temi diversi, men- grande talento dell’epoca, quali Francesco
tre la terza è una ripetizione variata con Durante (1684-1755), Niccolò Porpora
abbellimenti ornamentali, la “coloritura”, (1686- 1768), Giovanni Battista Pergolesi
del primo tema); essa è l’asse portante del- (1710-1736), Giovanni Bononcini (1670-
l’opera per consistenza e ampiezza e si ar- 1747), Antonio Vivaldi (1678-1741), per
ricchisce di risorse espressive, sentimenta- citare i nomi più noti, diffusero e, in un
li e musicali nuove. certo senso, imposero nei teatri di tutta Eu-
b. Al recitativo secco accompagnato dal so- ropa il modello stilistico del melodramma
lo basso continuo convenzionale e con il italiano, applicandolo sostanzialmente
solo fine di rendere comprensibili i dia- immutato alle diverse tipologie dell’opera
loghi, Scarlatti aggiunge anche il recitati- in musica diffuse all’inizio del Settecento:
vo accompagnato, cioè un recitativo sor- l’opera seria, l’opera comica o buffa e gli
retto da altri strumenti d’orchestra; intermezzi.
giore ricchezza tematica e una più sottile della luna (1750), Niccolò Piccinni (1728-
analisi dei personaggi; inoltre, il melo- 1800) autore de La Cecchina ovvero la
dramma comico assorbì da esperienze buona figliola (1760) anch’essa su libretto
teatrali francesi di successo, quale la di Goldoni, e poi l’enorme produzione di
comédie larmoyante (‘commedia lacrime- Giovanni Paisiello (1740-1816) che ha ne
vole’), elementi patetici e sentimentali che Il barbiere di Siviglia (1782), Nina pazza
trasformarono profondamente il genere, per amore (1789) e La bella molinara
orientandolo verso quella che sarà la com- (1788) i suoi capolavori; infine Il matrimo-
media borghese ottocentesca. Esempi di nio segreto (1792) di Domenico Cimarosa
Figg. 15 e 16 questo processo evolutivo dell’opera buffa (1749-1801) con il quale, come sostiene
Illustrazioni da frontespizi si possono trovare in Baldassarre Galuppi Massimo Mila, si “conclude il secolo che
di alcuni drammi musicali (1706-1785) che collaborò con Goldoni in muore: la gaiezza settecentesca è ormai
di Carlo Goldoni.
Venezia, Biblioteca una ventina di opere fra cui soprattutto Il tutta permeata di malinconia e di patetica
di Casa Goldoni. filosofo di campagna (1754) e Il mondo sensibilità”.
Il teatro musicale italiano entusiasmò tut- sica con grande spazio assegnato alla dan-
ta Europa e impose il suo modello formale, za) in Francia.
la sua concezione drammaturgica e i suoi In Germania nasce, nei primi del ‘700, il
meccanismi narrativi al punto che rappre- Singspiel, un genere di teatro che alterna re-
sentò sempre, per i compositori stranieri, il citazione e canto, che grazie a Georg Phi-
modello di riferimento da emulare o da evi- lipp Telemann (1681-1767) si affermò come
tare. È assai significativo che i tedeschi prodotto caratteristico e tipicamente tedesco
Johann Adolf Hasse (1699-1783) e Georg ed ebbe un grande successo fino a Mozart,
Friedrich Haendel (1685-1759) abbiano che lo adottò per Il Ratto dal Serraglio e Il
conteso a Scarlatti il primato nell’opera in flauto magico. La paternità del Singspiel è da
stile italiano, mantenendo spazi di origina- ricercarsi nella ballad opera inglese che pre-
lità creativa e apportandovi delle importanti sentava anch’essa un misto di recitazione e
novità o che, come abbiamo già ricordato, canto di carattere comico-satirico: è grande
sia stato il boemo Gluck a operare la più im- l’importanza di The Beggar’s Opera (‘L’opera
portante riforma del melodramma italiano e del mendicante’) del 1728 su testo di John
che le opere di Mozart segnano il punto più Gay e musica di diversa provenienza (da
alto dell’arte del opera del settecento. Haendel a Purcell) che sarà rielaborata nel
Certamente il prepotente dilagare dell’o- 1928 da Kurt Weill e Bertolt Brecht ne L’o-
pera italiana determinò anche forme di pera da tre soldi, poiché per i temi realistici
ostilità e rentativi di dar vita a opere locali e quotidiani affrontati e l’esecuzione affidata
alternative che soddisfacessero le specifi- a musicisti non professionisti, l’opera si po-
che esigenze soprattutto linguistiche della neva in polemica con l’egemonia della tra-
nazione, magari rifacendosi a tradizioni di dizione classicheggiante italiana.
spettacolo preesistenti, come il mask (com- Nella Francia del Seicento l’opposizione
posizione che metteva insieme recitativo, all’egemonia dell’opera italiana si caricò
dialogo, musica e danza) in Inghilterra, o il anche di valenze politiche frondiste: fu pa-
ballet de cour (mescolanza di poesia, mu- radossalmente un italiano naturalizzato
nel Teatro della Spelta di Modena, costruito da Gaspare Vigarani nel 1654, o in quello
di San Giovanni e Paolo a Venezia, ma la soluzione presentava dei problemi di visibilità
nei palchetti laterali, a cui si cercò di ovviare in vari modi: scalando i palchetti in lieve
aggetto, come nel Teatro Formagliari di Bologna (1641) o nel Falcone di Genova; op-
pure rivedendo proprio la forma a U e derivandone piante mistilinee, come nel Teatro
dell’Accademia degli Immobili (1656), oggi Teatro della Pergola a Firenze, opera di Fer-
dinando Tacca, o nel Teatro della Fortuna di Fano (1667), realizzato su progetto di Gia-
como Torelli.
Comunque, poiché il melodramma costituiva ormai la destinazione principale dell’atti-
vità del teatro, esso poneva urgentemente soprattutto problemi di resa acustica, piutto-
sto che di visibilità, problemi che furono sempre presenti, ma che non limitarono la crea-
tività e la qualità estetica, nelle opere dei Bibiena, una dinastia di architetti e scenografi
operanti tra il 1680 e 1780 circa, massimi interpreti della sala teatrale barocca. Tra le ope-
re più significative si possono ricordare di Francesco Bibiena il Grosse Hoftheater
(1704) di Vienna, il Teatro Filarmonico di Verona (1731), di Antonio, invece, lo straor-
dinario Teatro Scientifico di Mantova (1767-1769) e quello dei Quattro Cavalieri di Pa-
via (1771); anche se non si può delineare un tipo unico di teatro bibienesco, si posso-
no riconoscere nella grande varietà delle loro opere, alcuni elementi importanti quali
l’abbandono della pianta ad U per forme più aperte (a campana o a ferro di cavallo), l’i-
spessimento dell’arcoscenico fino a contenere i palchetti di proscenio, la ricca decora-
zione lignea o a stucco.
L’Illuminismo, nella sua ampia opera di riforma, si interessò anche di architettura tea-
trale: il modello barocco dei Bibiena fu oggetto di critiche perché poco funzionale e in
sostanza poco “classico” per gli esperti dell’Encyclopedie, che, invece, sostenevano i ra-
zionali e composti canoni costruttivi greco-latini, mediante un ritorno all’assise a gra-
doni e alla pianta semisferica. L’attenzione maggiore ai problemi di acustica affrontati
con rigore scientifico, la riflessione sulla funzionalità dell’edificio teatrale, un diverso ca-
none estetico, condussero ad una messa in discussione di alcuni elementi costruttivi
fondamentali del teatro. Si viene così ad imporre, come acusticamente ideale, la pian-
ta ellittica della sala, con il boccascena in posizione ortogonale rispetto all’asse mag-
giore dell’ellisse apparsa già nella ricostruzione del Teatro di Tordinona ad opera di C.
Fontana (1696) e poi variamente interpretata nel Teatro Regio (1740) e nel Carignano
di Torino (1752), nel San Carlo di Napoli (1737), e nel La Fenice di Venezia (1792) fi-
no ad arrivare al Teatro alla Scala di Milano (1778), opera di Giuseppe Piermarini,
perfetta sintesi di due secoli di ricerca architettonica, in cui si sanziona definitivamente
la pianta della sala a forma di ferro di cavallo come la migliore per visualità e acu-
stica. Il teatro milanese si affermerà come un esempio sul quale si conformerà la tipo-
logia media dell’architettura teatrale dell’ottocento fino all’Opéra Garnier di Parigi
(1876), quando, sulla spinta di altre originali proposte provenienti da varie parti del-
l’Europa, cesserà la sua forza di modello.