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Cos'è la magia?

Teorie e pratiche magiche nei


Kestoi di Giulio Africano, nell'Elenchos attribuito
a Ippolito e nei Papiri Magici.

Facoltà di Lettere e Filosofia

Dipartimento di Storia Cultura e Religioni


Corso di laurea in Scienze Storiche

Giuliano Luigi De Conti Rivara

Matricola 1764311

Relatore Correlatore

Alberto Camplani Alessandro Saggioro

A.A. 2017-2018
Indice

1. Introduzione 2
2. Spunti teorici sulla magia 7
3. Giulio Africano 11
4. L’Elenchos 18
5. I Papyri Graecae Magicae. 23
6. Teorie e concezioni sul magico 26
7. Pratiche magiche comuni nelle fonti. 58
8. Conclusioni. 150
9. Bibliografia 164

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1. Introduzione.

Questo lavoro nasce di una curiosità personale. Quando mi sono trovato davanti
alla figura di Giulio Africano, il primo cristiano che scrisse un’opera tecnica profana,
autore cristiano di gran livello intellettuale, come dimostrano la sua Cronografia e le
lettere a Origene e ad Aristide, che faceva ricorso a procedure facilmente definibili
come magiche, ho deciso subito che la mia tesi avrebbe riguardato questo argomento.
Inizialmente pensavo che la ricerca poteva concentrarsi sull’analisi del concetto e le
pratiche magiche nei Cesti, ma subito mi sono trovato con l’imponente opera di Francis
Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, e mi son reso conto che
quella problematica era già stata risolta di maniera pregevole. Dopo ho pensato ad
analizzare il testo dell’Africano dal punto di vista della letteratura scientifica, ma
quando ho letto l’edizione italiana dei Cesti di Antonio Sestili, con il suo
incredibilmente dettagliato corredo di note esplicative su queste tematiche,
nuovamente mi son trovato con un pregevole lavoro di erudizione e di discussione
bibliografica.
Un po’ disorientato, mi son reso conto di due elementi comuni a tutti i due lavori:
l’analisi che facevano era fondamentalmente diacronica, e dentro tradizioni culturali
più o meno chiuse. Thee metteva l’Africano nella lunga linea di autori cristiani antichi
che avevano riflettuto sulla magia, evidenziando così gli elementi comuni e le
particolarità del nostro autore, e Sestili collocava l’Africano nella lunga linea della
trattatistica scientifica e tecnica antica, da Ippocrate e Teofrasto alle sillogi bizantine di
veterinaria, strategia militare e agricoltura. Così ho intravvisto uno spazio di ricerca:
un’analisi sincronica sul concetto e le pratiche magiche nell’epoca dell’Africano, cioè
con autori attivi nel primo terzo del III secolo d.C., coincidente con le età dei Severi.
L’ottica sarebbe stata ampia, senza distinzione tra cristiani, ebrei e pagani, includente
testi filosofici, magici e tecnici. Questa ottica viene giustificata perché, come vedremo
nel capitolo seguente, la definizione dei concetti di magia, scienza e religione è uno dei
problemi cardine del pensiero occidentale, e risulta fortemente variabile a seconda dei
contesti e degli interessi degli autori. La costruzione di un discorso che metta i limiti su
questi concetti anche è centrale per la definizione identitaria e la classificazione
dell’attività pratica e letteraria di gruppi e autori, e nell’epoca imperiale aveva anche
una carica politica importante, perché le pratiche magiche erano già considerate
punibili ed illegali, e nel caso dei padri della chiesa, il sospetto di magia risulta
fondamentale per distinguere l’ortodossia dall’eresia e dal paganesimo. In ogni caso la
mia idea non è originale. Daniel Ogden ha scritto una riflessione sulla magia ai tempi
dei Severi (Magic in the Severan period, In Simon Swain, Stephen Harrison, Jas Elsner
(ed.), Severan Culture), ponendo l’attenzione su alcuni testi dei PGM, ma soprattutto
su fonti letterarie come l’Africano, Filostrato, Origene o Cassio Dione.
La ricerca in ogni caso, ha come centro l’Africano, perché lui è cristiano e i Cesti hanno
un contenuto che deriva dal sapere profano contemporaneo, fondamentalmente
prodotto da pagani. È un caso liminale, che unisce entrambi i mondi, ma è ovvio che
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non si possono separare autori cristiani e pagani in un’analisi diacronica, perché gli
intellettuali cristiani e pagani avevano un’educazione comune e anche momenti di
convivenza. L’analisi non va mirata a cercare contatti o influenze tra autori, non solo
perché le mie competenze filologiche sono limitate, ma anche perché qui si propone di
fare un’indagine storica, che vada oltre i testi. L’idea è rintracciare tutte le sfumature,
diversità e similitudini che si possano trovare nel momento storico scelto, cercando di
approcciarsi ai diversi universi mentali che troviamo dentro il contesto dell’Impero
Romano. Così, ho fatto un elenco di opere e autori riferibili all’ inizio del III secolo d.C.
(anche con autori e testi di datazione dubbia), che includeva le seguente opere: I Cesti
di Giulio Africano, l’Elenchos attribuito a Ippolito, il Contro Celso di Origene, le
Pseudo-Clementine, i trattati farmacologici di Galeno, la Vita di Apollonio di Tiana di
Filostrato, il Libro delle leggi dei Paesi di Bardesane, il Romanzo di Alessandro dello
Pseudo-Callistene, la Storia Varia e il Sulla natura degli animali di Claudio Eliano, le
Etiopiche di Eliodoro, i frammenti di Ulpiano, le tavolette di maledizione che fossero
riferibili alle date selezionate, gli Stromateis di Clemente Alessandrino, le Vite e
Dottrine dei Filosofi Illustri di Diogene Laerzio, le opere di Tertulliano, la Storia
dell'Impero dalla morte di Marco Aurelio di Erodiano, la Storia Romana di Cassio
Dione, la Confessione di San Cipriano, il Talmud Ebraico, I PGM, I PDM, e il Decreto
di Q.Emilio Saturnino ( P.Yale 199).
Come si vede, l’ampiezza delle fonti e il lavoro eccedeva ben oltre le mie capacità e i
tempi per la lavorazione di una tesi di laurea magistrale, così che ho deciso di scegliere
due fonti da porre a confronto con i Cesti. La tesi ovviamente, dall’ambizione di una
ricerca sui concetti e pratiche magiche di un’epoca viene ridotta a un confronto tra tre
fonti sull’argomento. I criteri di scelta sono stati semplici: Ho cercato un autore
cristiano che includa discorsi sulla magia e riferimenti a pratiche più o meno magiche,
con una datazione più o meno sicura, un testo più o meno completo e che abbia avuto
possibilità di conosce l’opera dell’Africano, e un testo pagano che includa gli stessi
argomenti. Finalmente, sono arrivato a scegliere l’Elenchos, che contiene tutti i criteri
stabiliti e il suo capitolo sulla magia è ben più maneggevole che il Contro Celso di
Origene, e ha una datazione più sicura che le pseudo-Clementine. Avendo scelto un
testo cristiano che pone enfasi sul concetto di magia, ho pensato che era meglio
scegliere i Papiri Magici Greci, invece che un testo di stampo tecnico come quelli di
Galeno o Eliano. Questa scelta pone delle difficoltà metodologiche per due motivi: Il
primo, è che i PGM sono di un contesto egiziano, lontano da quello dell’autore
dell’Elenchos, che era romano, e soltanto conosciuto per brevi periodi dall’Africano.
Comunque, questo comporta il vantaggio anche di ampliare l’ambito geografico della
ricerca. Il secondo problema è quello della datazione. La grande maggioranza dei
papiri pervenuti sono databili tra la fine del III secolo d.C. e il IV secolo d.C., cioè fuori
i margini cronologici della ricerca. Questo problema viene superato sulla base del fatto
che i PGM sono raccolte tardive di saperi più antichi, e questo fa molto probabile che le
idee e pratiche descritte nei papiri siano state circolanti nel periodo di ricerca scelto.
Si propone che i tre testi costruiscano tre discorsi sulla magia completamente
diversi: L’Africano semplicemente non fa rifermento all’idea di magia nella sezione

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pragmatica dei Cesti, e presenta tutto il suo sapere come un sapere naturale segreto e
utile. Lui non suggerisce di fare magia, ma di usare tecniche naturali che creano artifici
utili, e invocazioni e preghiere magiche hanno spazio nei Cesti soltanto nell’ambito di
citazioni letterarie attribuite (falsamente) a Omero. L’Elenchos nega l’esistenza della
magia come realtà fattuale, ritenendola un mero trucco ingannevole presentato come
miracolo. I maghi fanno finta di invocare demoni e dei, ma in realtà utilizzano trucchi
psicologici, effetti speciali e tecniche naturali e artificiali, che sono dello stesso tipo di
quelle che l’Africano propone. I PGM presentano i maghi come tali, ma sono una
figura portatrice di un sapere venerabile e occulto sulla divinità. Il sapere magico è
attribuito a sacerdoti egiziani, a profeti ebraici, a maghi persiani e filosofi greci, e si
trova nelle biblioteche dei templi egiziani, ed è sempre segreto e proibito alle masse. I
maghi sono iniziati ai misteri sacri per avere accesso al potere del dio supremo o altre
divinità tradizionali, che permette loro di invocare demoni, conoscere il futuro e il
passato, creare e spegnere passioni amorose, portare fortuna a un negozio o vittoria a
un condottiero o atleta, guadagnarsi l’amicizia dei potenti, prevenire malattie, ma
anche inviarle, avere sogni premonitori, inviare messaggi in sogni o impedire di
dormire fino alla morte, proteggersi contro animali, veleni e procedure magiche,
controllare gli elementi della natura a piacere, farsi invisibile. La magia non è inganno,
non è sacrilega, non è illegale, è un’arte sacra.
Rispetto alle pratiche descritte dai testi, si propone che queste risentano con forza
dell’approccio alla magia, ma ciò non impedisce che ci siano elementi comuni
importanti. L’Africano, con eccezione di una procedura, la cui attribuzione è dubbia,
mai suggerisce di invocare divinità o usare nomi segreti, e mai attribuisce una sua
procedura a una forza non collegabile direttamente agli ingredienti usati o alle parole
dette con una logica simpatetica. Il sapere dell’Africano è da collegare con la tradizione
di sapere naturalistico e simbolico pseudo-democritea e anche con i saperi tecnici
comuni che circolavano nella sua epoca. Comunque, la sua descrizione
dell’invocazione che avrebbe fatto Odisseo e che si sarebbe persa nel testo canonico
dell’Odissea, ha forti sintonie con le invocazioni sincretiche dei PGM. L’Africano,
quando immagina una procedura di negromanzia, non è molto lontano a quello che
riportano i PGM.
I PGM, invece, quasi mai ci riportano procedure che soltanto si basino sul potere
attribuito agli ingredienti o alle nude parole, se non in qualche procedura isolata (ad
esempio, le “ricette giocose di Democrito”, gli incantamenti attribuiti a Filinna e Sira, o
una ricetta di produzione di oro alchemico), ma comunque testimonia che procedure
nella scia della tradizione che riprende l’Africano sono considerate come parte del
sapere magico accettabile. In ogni caso, la maggioranza delle procedure si basano su
sacrifici, invocazioni, inni, nomi segreti indecifrabili, disegni simbolici, crittogrammi.
L’Elenchos è l’unico che unisce nella sua immagine di mago, il livello tecnico
pragmatico di logica naturalistica al quale si appella l’Africano con quel livello
religioso e iniziatico che è alla base dei PGM, e lo fa così per negare questo
collegamento tra magia e divinità. L’Elenchos mostra una conoscenza tecnica

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importante e allo stesso tempo riporta invocazioni e inni alla divinità che non sono
lontani da quelli trovati nei PGM, anche se la sua complessità teologica è minore.
Per dimostrare tutto questo, il lavoro si organizza in varie sezioni:
a) Una piccola introduzione teorica che abborda il problema del concetto di magia,
per chiarificare quali sono gli elementi di base che si considerano per costruire il
lavoro.
b) Una sezione dove ogni autore e ogni testo è descritto nel suo contenuto generale
e nelle sue intenzioni, e si presentano i principali problemi interpretativi collegati alle
fonti.
c) L’analisi dei passi delle fonti che sviluppano un discorso sulla magia o nel caso
dell’Africano, della sua assenza, con speciale enfasi sulla caratterizzazione del sapere e
le sue capacità, la caratterizzazione del mago, la spiegazione causale dei suoi poteri.
Ogni testo va analizzato separatamente.
d) L’analisi delle procedure “magiche” che si trovano fonti. La selezione dei passi
dei PGM si è fatta cercando le procedure che siano più avvicinabili a quelle riportate
dall’Africano e dall’Elenchos. I passi sono stati accomunati cercando di accostare tutti
passi simili commentabili. Le sezioni sono le seguenti:
1. “Rituali complessi”, accomuna tutte le procedure che non siano direttamente
classificabili nelle altre sezioni e normalmente mostrano procedure che implicano
più passi e diversi tipi di rituali. Si includono nella sezione:
-L’analisi di tutti i passi che l’Africano collega a un pentagono con note musicali
(“Pentagon pasages”), e anche i passi comparabili dei Cesti e i PGM.
-L’analisi dettagliata dell’invocazione dei morti realizzata da Odisseo attribuita a
Omero in Cesti XVIII, messa a confronto con le informazioni che ci danno i PGM.
-L’analisi delle invocazioni ad Asclepio e a Ecate che ci riporta l’Elenchos,
includendo anche i trucchi collegati per ingannare gli spettatori, confrontando
l’invocazione ad Asclepio con elementi della tradizione religiosa antica, e
l’invocazione a Ecate con le invocazioni alla dea presenti nei PGM e la tradizione
magica e religiosa antica.
- Il confronto tra l’elenco di procedure che utilizzano i maghi dell’Elenchos per
sorprendere e spaventare gli spettatori, che sembrano quasi effetti speciali di teatro,
con i pochi passi paralleli dei PGM, con speciale enfasi nei Δημοκρίτου παίγνια e i
frammenti del PGM CXXVII, che riportano procedure giocose, sessuali e salutari.
2. Procedure terapeutiche, protettive e portafortuna. In questa sezione vengono
incluse tutte le procedure orientate a questo fine e che la sua realizzazione sia
relativamente semplice, siano amuleti, incantamenti o droghe. Le procedure
analizzate includono:
-Procedure portafortuna e per garantire vittoria, come gli amuleti di pietra di
gallo che suggerisce l’Africano, o un dente di iena suggerito in PGM CXXIII, ma
anche amuleti che invocano divinità, invocano angeli o utilizzano versi omerici
consacrati, tutti descritti nei PGM.
-Procedure collegate alla fertilità, che includono amuleti per favorire il latte,
procedure astrologiche per influire nel sesso dei puledri, amuleti che aumentano la

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fertilità a base di erbe, o rimedi contro l’aborto, tutte presenti in Cesti. Tutto va
messo a confronto con i contracettivi che i PGM suggeriscono.
-Procedure per guarire malattie e prevenire il male. Nel testo dell’Africano
troviamo amuleti fatti con corno di cervo, con sassolini presi da rondini e anche con
occhi di rana o avvoltoio, una lamella con una parola che potrebbe essere ebraica
contro gli scorpioni, oltre l’uso di teste di animali per guarire malattie, mentre i
PGM suggeriscono formule apotropaiche e amuleti basati in historiolae, testi
omerici, segni magici e nomi divini.
3. Procedure tintorie, metallurgiche e alchemiche. È risaputo che l’alchimia
antica è fortemente collegata sia alle procedure tintorie che alle procedure
metallurgiche, e per questa ragione vengono considerate le ricette di tinture di tela e
di cambio di colore del mantello dei cavalli che ci riporta l’Africano, l’unica
procedura alchemica che è contenuta nei PGM, e le ricette di inchiostri utilizzati in
vari rituali nei PGM. Anche si fa un accostamento tra i preparati incendiari che
troviamo nei Cesti en nell’Elenchos attribuiti ai maghi.
e) Conclusioni.

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2. Spunti Teorici sulla magia1.

Il problema della distinzione tra le sfere della magia, la scienza e la religione è una
delle questioni teoriche centrali dell’antropologica degli ultimi 150 anni, ma si può dire
che è anche uno dei problemi culturali centrali dell’occidente fin dalla nascita del
concetto di magia nella Grecia dei secoli V e IV a. C. L’idea di magia è uno dei frutti del
convulso momento storico e politico che vide la nascita della sofistica, la filosofia e la
medicina2. Il concetto di magia proviene dalla parola persiana μαγεία, che indicava un
gruppo di sacerdoti persiani, nominati, ad esempio, in Erodoto. Nel V secolo a.C., la
parola cambia significato, e si avvicina ad altri concetti greci che indicano personaggi
che noi oggi denomineremo stregoni, i γόης. Dal secolo IV a.C., il concetto di magia
acquisisce una connotazione negativa, collegata all’inganno, l’ignoranza e la frode,
all’impietà, la negazione della divinità e la cattiveria. La svolta va motivata
giustamente perché in quell’epoca si vede la nascita della medicina ippocratica, che
scollega la malattia dell’azione divina e la considera un risultato di forze naturali, e allo
stesso tempo, la nascita di una teologia filosofica, che questiona la mitologia
tradizionale, le idee della punizione divina, della divinità imperfetta e vendicatrice e la
nozione tradizionale di sacrificio. Uno dei testi più antichi che dispiega questa
distinzione tra quello che oggi chiameremo scienza, religione e magia è giustamente un
trattato ippocratico sull’epilessia, il De Morbo Sacro, ma nozioni simili anche si trovano
nelle Leggi di Platone. L’autore di questo trattato medico, per introdurre il problema,
spiega che i personaggi che hanno considerato l’epilessia un “male sacro”, sono un
gruppo di stregoni malvagi e falsari, che non sapendo come guarire la malattia,
dicevano che era prodotta come risultato di una punizione divina, proponendo
purificazioni e rituali mediati da loro come cura. Il medico sottolinea che considerare
che un dio può contaminare un uomo è empio, perché le divinità sono esistenze pure e
incorruttibili. I maghi, oltre questo, dicono di avere grandi poteri sulla natura, ed
essere capaci di attuare sulla volontà divina, e per questo, sono considerati oltre che
falsari ignoranti, persone che negano che gli dei abbiano potere o esistano veramente,
perché propongono che l’uomo può dominare o controllare la divinità.

1 Per un panorama sulle nozioni teoriche sulla magia e la sua applicazione al mondo antico, si veda: Dereck Collins,
Magic in the Ancient Greek World, Oxford, Blackwell Publishing, 2008, Esther C García Tejedor, Formas marginales de la
racionalidad en las ciencias ocultas, Departamento de Filosofía de la Facultad de Filosofía de la U.N.E.D. 2002, Raquel
Martín-Hernández, El Orfismo y la Magia, Universidad Complutense de Madrid, Madrid, 2006, H.S. Versnel, Some
Reflections on the Relationship Magic-Religion, Numen Vol. 38,II, Brill, 1991, Georg, Luck, Arcana Mundi: Magia y Ciencia
Ocultas en el Mundo Griego y Romano, Madrid. Editorial Gredos, 1995. Bernd-Christian Otto, Michael Stausberg, (Eds.),
Defining Magic. A reader, Equinox Publishing, Sheffield, 2013, Cristopher Hoffmnann, Fiat Magia, In Paul Mirecki, Marvin
Meyer,(Eds.), Magic and Ritual in the Ancient World, Brill, Leiden, 2002, Kimberly Stratton, Magic Discourse in the Ancient
World, in Bernd-Christian Otto, Michael Stausberg (Eds.), Defining Magic. A reader, Equinox Publishing, Sheffield, 2013.

2Su questo problema, si veda: Fritz Graf, Magic In the Ancient World, Harvard University Press, Cambridge,
Massachusetts, and London, 1997, Geoffrey Lloyd, Demystifying Mentalities, Cambridge University Press, Cambridge,
U.K, 1990. Geoffrey Lloyd, Magia, Ragione, Esperienza: Nascita e forme della Scienza Greca, Editore Boringhieri, Torino, 1982
7
Non sempre in occidente queste distinzioni tra magia, scienza e religione hanno
questo senso, dipendono del contesto, l’autore e il momento storico, ma questo
triangolo concettuale ritorna più volte, e le opposizioni tra magia e religione e tra
scienza e magia acquisiscono nuovi contenuti. Soltanto a modo di esempio, si può
ricordare che padri della chiesa faranno leva sulla distinzione tra magia e religione, e
con qualche eccezione (come l’autore dell’Elenchos), non considereranno la magia
qualcosa di falso nella pratica, ma invece la definiranno una sovversione della vera
religione e aggiungeranno come caratteristica centrale il collegamento magia-demonio,
inteso come incarnazione del male. In altro tempo, l’illustrazione farà leva
sull’opposizione magia -scienza, opponendo l’idea di razionalità scientifica moderna al
mondo tradizionale, dominato dall’ignoranza, la religione e la superstizione.
L’antropologia evoluzionista3 del XIX secolo si inserisce in questa logica, distinguendo
nettamente magia, scienza e religione. Autori come Frazer o Taylor, definiscono la
magia come falsa scienza, un sapere sulla realtà che si costruisce su relazioni di
causalità spurie. Il pensiero magico identificherebbe analogie tra gli oggetti che li
permettono di manipolare la realtà, in una logica simpatetica, e anche crede che le cose
hanno vincoli invisibili manipolabili, che le cose che hanno avuto contatto fisico
continuano a essere unite alla distanza e nel tempo, in una logica di contiguità. La
magia attua di maniera coercitiva sulla natura e le forze considerate sacre e si impone
su di esse. Questa antropologia, nella sua logica evoluzionistica, considera che il
pensiero magico corrisponde a uno stadio primitivo dello sviluppo umano, e che la
magia, al dimostrarsi infondata nella pratica e incapace di risolvere i problemi
dell’uomo con le forze considerate sacre, da passo alla religione, che stabilisce forme di
mediazione tra l’individuo e la divinità e si basa su una relazione di sottomissione alle
forze sacre. L’ultimo stadio sarebbe quello delle società moderne, dominate dalla
scienza e il razionalismo. Oggi, queste teorie sono considerate frutto della proiezione
dei pregiudizi razionalistici e cristianizzanti propri della mentalità degli intellettuali
europei del momento, e hanno nullo riscontro empirico nella storia, ma i concetti di
magia simpatetica e di contagio o di contiguità hanno ancora applicabilità concreta.
Lungo la prima metà del XX secolo, sorgono svariate critiche a queste descrizioni e
si son proposte diverse alternative, anche se in vari casi, ripropongono alcuni dei
concetti utilizzati.
Molto rilevante fu la figura di Evans-Pritchard, che a partire di lunghe ricerche di
campo, che includono l’analisi dei concetti di causalità, disgrazia e magia presso di
Azande, una tribù africana, critica all’utilizzo di categorie occidentali o contemporanee
per lo studio delle società non occidentali o antiche, e per questo, questiona l’utilizzo
delle categorie di magia, scienza e religione. Nel linguaggio antropologico
contemporaneo, questa distinzione di approccio nell’interpretazione dei fenomeni

3Alcuni testi fondamentali dell’antropologia sulla magia utilizzati in questa sezione: James George Frazer, La rama
dorada: magia y religión. Fondo de Cultura Económica, México 1981, in particolare, Pp. 33-71. Marcel Mauss, Henry,
Hubert, Esbozo de una teoría de la magia, in: Sociología y Antropología, editorial Tecnos, Madrid, 1999, Bronislaw
Malinowski, Magia Ciencia y Religión y otros ensayos, Editoial Planeta-Agostini, Barcelona, 1993, Stanley J. Tambiah, Magic,
Science, Religion, And the Scope of Rationality, Cambridge Univesity Press, Cambirdge, U.K., 1990.
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culturali sarà definita come la distinzione tra posizione emic e posizione etic4. La prima
posizione cercherà di spiegare i fenomeni culturali e sociali utilizzando i concetti,
discorsi e visioni propri degli individui e la cultura che si studia. La seconda invece,
spiega i fenomeni valendosi dei concetti e teorie che sono esterni alla realtà culturale
studiata, molte volte derivate da strutte di pensiero considerate “scientifiche”.
Entrambi approcci creano conoscenze antropologiche di diverso contenuto, e
rispondono a interessi diversi, ma questo non significa che la comprensione di un
fenomeno culturale non possa essere abbordata dalle due prospettive.
Altre teorie cercano di situare storicamente e contestualizzare socialmente l’idea di
magia, come quelle proposte da Durkheim o Mauss e Hubert, e definite “sociologiche”.
Durkheim, che fa sua l’opposizione tra magia e religione, sottolinea che la magia è una
pratica rituale che risulta rifiutata socialmente, marginale, individuale, straniera,
considerata immorale, e che l’idea di magia va usata come etichetta che squalifica
determinate pratiche e credenze. Mauss e Hubert anche si appropriano elle distinzioni
tra religione, magia e scienza evoluzionistiche e analizzano di forma separata il rituale,
il personaggio del mago e le rappresentazioni sociali sulla magia. Si pone molta enfasi
nelle forme di conoscenza sociale che danno un senso al fenomeno magico: i
meccanismi simpatetici e di contagio che tendono a non essere coscienti, l’immagine
sociale del mago che viene riconosciuto come tale, l’attribuzione di potere e capacità di
azione a oggetti, parole e forze sovrannaturali. La magia va definita socialmente, cioè
anche contestualmente e storicamente. Socialmente si distingue al mago di altri uomini
sacri, socialmente si ammette o no l’esistenza dei poteri magici, socialmente si
riconosce che il mago, le sue parole, i suoi rituali, gli oggetti, hanno capacità magiche.
Utilizzando concetti che ricordano l’evoluzionismo, Levy-Bruhl cerca di
caratterizzare le strutture mentali dei “primitivi”, costruendo una tipologia definita
prima come mentalità prelogica e più tardi come mentalità mistica, che ha le sue
proprie logiche interne di coerenza. L’individuo si percepisce come non distinto dal
contesto, in constante interrelazione con le forze naturali e sovrannaturali, alle quali si
sente unito fisicamente. Questa mentalità fa ricorso non ai principi della logica formale
(i principi della non contraddizione e dell’identità), ma alla memoria, ai sensi,
all’emozione e all’immaginazione. Levy- Bruhl propone che queste logiche non sono da
collegare a uno stadio evolutivo dell’umanità, ma come proprie di determinati contesti
culturali, e più avanti, sollecitato da Evans-Pritchard, riconoscerà che i concetti
utilizzati nelle sue prime opere sono inadeguati, e che le caratteristiche di questa
mentalità possono essere considerati come sempre presenti nella psicologia umana.
Queste analisi che s’incentrano sempre di più sulle categorie psicologiche e mentali
degli individui, portano sempre di più alla costruzione di analisi psicologici e
linguistici sul fenomeno della magia. Su questa scia, Malinowski, nei suoi studi di
campo sulle popolazioni della Melanesia, oltre sviluppare interpretazioni
funzionalistiche dei sistemi sociali, sviluppa una serie di teorie psicologiche per

4Su questo argomento, si veda la sintesi proposta in: Francisco Meza Castillejo, Visión emic y etic desde la antropología. In
Exegesis, Vol. 4 Núm. 4, 2013.

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spiegare il ruolo della magia in queste società. Malinowski riconosce che queste
popolazioni hanno una serie di procedure tecniche ben stabilite e funzionanti, che si
usano in parallelo a una serie di procedure rituali che si potrebbero considerare
magiche, e che aiutano ad assicurare i risultati positivi della navigazione, la caccia, la
pesca e l’agricoltura. Sebbene sapere tecnico e magico hanno gli stessi fini pragmatici,
appartengono a due sfere della realtà completamente diverse. La magia è una pratica
sacra, che funziona sull’emozione, il desiderio e l’associazione di idee, non con la logica
formale. La magia serve a soddisfare i desideri di sicurezza immediati prodotti
dall’incertezza della vita quotidiana, aiutando a eliminare lo stress di tutti i giorni.
Utilizzando questi modelli, Stanley Tambiah propone che nelle diverse società, c’è
una distinzione fondamentale tra due ordini della realtà: L‘ordine della causalità e
l’ordine della partecipazione, che si basano su strutture di pensiero, e di linguaggio
diverse. Il mondo della causalità utilizza le categorie, regole e metodologie della
scienza empirica, del ragionamento matematico e della logica formale, dove
l’osservatore prende distanza e si astrae dal mondo, misurando e dividendo la realtà. Il
mondo della partecipazione è un mondo ritualizzato, mitico, estetico. L’universo è
interconnesso, contiguo, e si interpreta iconicamente e simbolicamente. Il rituale
magico, cha appartiene all’ordine della partecipazione, funziona attraverso procedure
analogiche e metaforiche verbali e non verbali che li consegnano un valore
performativo. Sono procedure basate in immagini, metafore, e l’imitazione che
permettono di produrre quello che si desidera, di creare e trasformare la realtà.

Questo lavoro fa leva un po’ su tutte le nozioni accennate sopra, ma non con la
stessa enfasi. Le logiche simpatetiche e di contagio sono applicabili ai discorsi e le
procedure che troviamo nelle fonti, la distinzione tra una sfera della vita profana di
pensiero logico e una sacra con altri meccanismi di pensiero, più prossimi alla
“mentalità della partecipazione” è giustamente una delle differenziazioni che le fonti
fanno sulle procedure e la sua considerazione come magiche o non magiche.
Il nostro interesse è giustamente indagare sui diversi concetti di magia, scienza e
religione usati nel momento storico scelto, cercando di notare le sfumature e distinzioni
che si fanno tra i concetti. Cercare di rilevare le diverse rappresentazioni sul mago, sui
suoi rituali e su che base e per che ragione si attribuisce un potere speciale a lui. Per
questa ragione, questo lavoro cerca di dare il maggior peso possibile ai concetti e
discorsi che le fonti sviluppano attorno alle tematiche scelte, ma anche è cosciente che il
triangolo magia-scienza religione con distinzioni tra i concetti era operativo all’epoca, e
che una determinata definizione di magia o scienza non necessariamente era condivisa.
Oltre quello, anche si deve notare che la comprensione di determinati concetti altrui
implica anche una traduzione a termini che siano comprensibili a chi analizza e a chi
legge, e per questa ragione, è necessario a volte andare oltre i concetti descritti dalle
fonti e collegarli ai nostri concetti moderni.

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3. Giulio Africano.

3.1 Vita e opera.

L’Africano vive i suoi anni di produzione intellettuale nel contesto severiano. Si è


molto discusso sulla politica religiosa dei severi, e del ruolo che hanno avuto i cristiani
nella cultura e la politica del tempo5. Sembra che in generale, dopo le persecuzioni del 202-
203, la cui attribuzione all’imperatore Settimio Severo è discutibile, e con l’eccezione di
persecuzioni locali non dipendenti dalla volontà imperiale, i Severi abbiano applicato una
sempre maggiore tolleranza di fatto ai cristiani, i quali ebbero una sempre maggiore
presenza pubblica, una maggiore organizzazione e una progressiva integrazione allo stato.
Dalla fine del regno di Settimio Severo, e soprattutto durante il regno di Alessandro
Severo, si sviluppa una concezione universalistica e integratrice della religione, con un
componente orientalizzante, in linea con l’enoteismo che in quell’epoca filosofi ed
intellettuali pagani difendevano, soprattutto per azione delle donne della casa imperiale.
Personaggi come Ippolito, Origene o lo stesso Africano ebbero rapporti con la casa
imperiale, troviamo senatori cristiani e una crescente presenza di cristiani nel ceto
equestre.
Abbiamo poche informazioni sulla vita dell’Africano, e la cronologia dei fatti ha molto
di congetturale. Comunque, la sua vita si può ricostruire più o meno così6:
Sarebbe nato ad Aelia Capitolina, la Gerusalemme ricostruita dall’imperatore Adriano.
Anche se Vieillefond avrebbe proposto un’origine ebraica dell’Africano, gli autori più
recenti pensano che fosse un cristiano nato in una famiglia elitaria di origine asiatica o
palestinese. Il principale argomento è che un ebreo mai chiamerebbe la sua patria col
nome romano senza nominare al meno quello originario, e al contrario, l’Africano si
avrebbe sentito come parte della romanità. La data di nascita non è certa, ma si ipotizza tra
il 160 e il 180 d.C. Dopo lo troviamo nel regno di Edessa, nella corte dei re Abgar VIII e
Abgar IX, come precettore del figlio del figlio del re Abgar IX. La corte era una corte aperta

5 Si veda sull’argomento: Enrico dal Covolo, La politica religiosa di Alessandro Severo, in Salesianum, vol. 49, 1987., Fabronia
Elia, I Severi e la questione cristiana: sincretismo religioso o realismo politico? in QCSCM, II, 2, 1979, 539-563, Marta Sordi, I
rapporti fra il cristianesimo e l'impero dai Severi a Gallieno, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, Walter de
Gruyter, Berlin - New York 1979, pp. 341-374, Enrico dal Covolo, I Severi e il cristianesimo. Ricerche sull'ambente. storico-
istituzionale delle origini cristiane tra il secondo e il terzo secolo, Editrice LAS, Roma 1987. Narciso Santos Yanguas, El
cristianismo en el marco de la crisis del siglo III en el imperio romano, Universidad de Oviedo, Oviedo, 1996.
6 Per i dati bibliografici dell’Africano e il giudizio sulla sua figura, si veda: Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio

Africano, Dante Alighieri, Roma, 2016, Pp. 7-16, Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard,
(Eds.) Willam Adler (Trad.). Iulius Africanus, Cesti. The Extant Fragments, Walter De Gruyter, Berlin, 2012. Pp. XXVII-
XXXII, Martin Wallraff, Umberto Roberto and, for the Oriental Sources, Karl Pinggera(Eds), William Adler ( Trad.), lulius
Africanus Chronographiae. The Extant Fragments, De Gruyter, Berlino, 2007, William Adler, The Cesti and Sophistic Culture in
the Severan Age, in Martin Wallraff e Laura Mecella (Eds.) Die Kestoi des Julius Africanus und ihre Überlieferung, De
Gruyter, Berlino, 2009, Tiziana Rampoldi, I 'kestoi' di Giulio Africano e l'imperatore Severo Alessandro, ANRW, 2, 34, 3, 1997
p. 2451-2470. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, J. C.B. Mohr (Paul Siebeck), Tiibingen
1984. William Adler, Sextus Julius Africanus And The Roman Near East In The Third Century, The Journal of Theological
Studies, new series, vol. 55, N°. 2 ,2004. pp. 520-550. Umberto Roberto, Giulio Africano e Roma., in M. Cassia et alii, Pignora
amicitiae. Scritti di storia antica e storiografia offerti a Mario Mazza, Catania 2012, pp. 269-288.
11
agli intellettuali del momento e tollerante religiosamente, anche se non è sicuro che il re
fosse cristiano. La datazione della presenza dell’Africano non è chiara, ma il re Abgar VIII
governò tra il 177 e il 212 d.C. e suo figlio, fino il 213-214. Dal 198 d.C. il regno era vassallo
di Roma. Si ipotizza che l’Africano abbia fatto legami con i severi in questo soggiorno,
perché Settimio Severo era vicino al re Abgar, ma si è scartata l’ipotesi che indicava che
l’Africano sarebbe arrivato a Edessa nella campagna di Settimio in oriente. Il più probabile
è che l’Africano fosse a Edessa attorno il 212-213.
Nelle Chronographiae, l’Africano racconta che fece dei viaggi nell’Oriente, visitando
il Monte Ararat, il Mare Morto, la tenda di Giacobbe a Edessa, e dai Cesti XVIII sappiamo
che conosceva la biblioteca di Nissa, nella Caria. Si pensa che in questo primo periodo i
viaggi in oriente fossero una delle sue principali occupazioni, e questo ci indica che aveva
una fortuna da spendere. Si ipotizza anche che nella corte di Abgar conobbe il pensatore
cristiano Bardesane, ma non è sicuro che a persona che lui cita nei Cesti sia questo
intellettuale.
In questi anni, non si sa bene chiaro quando, ma sembra che dopo il 2157, anche
soggiorna ad Alessandria, dove conobbe a Eracla, il famoso pensatore e filosofo cristiano
discepolo di Ammonio Sicca e di Origene. Non sappiamo se in quel momento abbia
conosciuto Origene.
Nel 221, partecipa in un’ambasceria a Roma a nome del villaggio palestinese di
Emmaus, che chiedeva all’imperatore essere rifondato come polis. L’ambasciata ebbe
successo, essendo Emmaus rinominata come Markia Aurelia Antoniane Nikopolis, mostrando
che l’Africano collabora alla romanizzazione del vicino oriente e aiutava al miglioramento
dello status e l’economia di quel villaggio e la sua élite. Per quello che sappiamo, la sua
Cronografia arrivava fino all’anno 220-221, cioè fu composta in questi anni di viaggi e
ambascerie. Anche sappiamo che pochi anni dopo l’Africano fosse a Roma nella corte di
Alessandro Severo, perché lui si descrive come chi disegna o allestisce la biblioteca presso
il Pantheon, che fu ultimata attorno al 227-228 d.C. L’ultimo elemento che sappiamo della
biografia dell’Africano, e che tra il 240 e il 248 d.C inviava la sua famosa lettera a Origene,
dove nega che la storia di Susanna sia un testo valido nel canone del libro di Daniele. È
probabile che la sua morte sia da datare tra il 240 e il 250, anche se l’opera agiografica
attribuita a Simone Logoteta, del S XI, e Psello nella stessa epoca, dicevano che era vivo
mentre Decio regnava (fino il 251).
La prima opera che abbiamo dell’Africano è la Chronographia. È tramandata soltanto
attraverso citazioni di cronografi posteriori, ma ha un’importanza molto grande per la
storia della storiografia cristiana, perché è alla base di tutte le cronografie posteriori,
includendo quella attribuita al suo contemporaneo Ippolito di Roma (anche se ci sono seri
dubbi su quell’attribuzione, come vedremo). È uno dei primi tentativi riusciti di
armonizzare la storia biblica e la concezione cristiana della storia universale come storia
della salvezza, con le logiche cronologiche e storiografiche tipiche della storiografia greca e
romana. L’Africano unifica la storia degli ebrei, con quella dei cristiani, facendoli eredi
legittimi di quella storia. Quest’operazione ha lo scopo di dimostrare l’antichità storica

7Altra ipotesi suggerisce che questo viaggio sarebbe stato prima della conversione di Eracla, cioè molti anni prima del
215 d.C.
12
della dottrina cristiana, e questa antichità è considerata un segno di superiorità rispetto
alla cultura pagana. La Chronographia utilizza l’idea tradizionale biblica di 6000 anni di
durata del mondo, fissando la creazione 5500 anni prima della nascita di Cristo, e ponendo
la parusia 279 anni nel futuro. Recepisce la logica della traslatio imperii, sottolineando la
sincronia temporale che c’è tra l’Impero Romano e la venuta di Cristo, e anche include
riferimenti alle scoperte tecniche e di conoscenza che si perdono nel passato mitico.
L’Africano fa digressioni dove racconta piccoli aneddoti curiosi o descrive resti di quel
passato che lui ha visto, nella linea classica della storiografia autoptica.

La Lettera ad Aristide, incompleta e di datazione incerta, situa all’Africano nell’ambito


della critica letteraria e l’analisi storico-culturale dei testi biblici. Il nostro autore propone
la soluzione classica al problema delle due diverse genealogie di Giuseppe, e quindi di
Cristo, che tramandano i vangeli di Luca e di Matteo: che Giuseppe fosse figlio di
Giacobbe per natura, e grazie alla istituzione Ebraica del Levirato, sia figlio di Heli per la
legge. L’Africano riconosce che non ci sono prove nei testi a questa ipotesi, ma lui la
considera una riflessione di buon senso, provando la sua conoscenza del contesto sociale e
culturale ebraico, anche se questo non basta per indicare che lui fosse ebreo di origine.

La seguente opera nella lista cronologica sono i Cesti, che commenteremo più in
dettaglio nella sezione successiva, così che ci occuperemo brevemente della Lettera ad
Origene. Databile nella decade del 240 d.C., l’Africano, con un tono paterno e di amicizia,
questiona l’autenticità della storia di Susanna con argomenti storici e filologici: Daniele in
quel testo profetizza in un modo inusuale, la storia finalizza in modo ridicolo, utilizza
giochi di parole che solo hanno senso in greco, cosa che non avrebbe senso considerando
che il testo originale era in ebraico, il testo non è presente nelle versioni ebraiche del libro,
la sua storicità è inverosimile e lo stile che utilizza non è come quello che si utilizza nel
resto del libro. L’Africano dimostra in questa lettera un accurato livello di conoscenza su
queste materie, anche se Origene rimprovera all’Africano la concisione della lettera, ma
soprattutto un atteggiamento troppo filologico e letterario, distaccato dalla fede, come se
la scritture possano essere trattate come un’opera letteraria qualsiasi.

Finalmente, vengono attribuiti all’Africano altre opere, ma non abbiamo maggiori


evidenze sulla sua natura o autenticità: Un testo “Sulle settimane”, altro “Sulli
avvenimenti in Persia”, una “Passione di Sinforosa” e i “Fasti Olimpionicarum”, indicando
che alla sua figura vanno collegati testi di cronologia, storiografia e anche agiografia. A
partire della sua opera, l’Africano oggi è considerato un tipico intellettuale di élite
dell’epoca. Un uomo orientale, che approfitta la sua fortuna per viaggiare e conoscere il
mondo, per studiare e parlare con i grandi intellettuali contemporanei, mantenendosi
sempre vicino ai potenti. È un esponente della seconda sofistica, uno che è esperto in
retorica, in letteratura, in filosofia, ma anche che conosce il mondo naturale e fisico e può
fornire consigli medici e astronomici. Si presenta come una specie di enciclopedia viva,
capace di dare il kwon how politico, letterario e scientifico ai potenti che lo accettino al suo
servizio. L’Africano è capace di scrivere testi pragmatici, pratici, ma che allo stesso tempo
siano divertenti e belli, seguendo tutte le regole estetiche che la letteratura elitaria

13
utilizzava. Anche è capace di applicare il suo sapere ai problemi intellettuali del
cristianesimo contemporaneo. Per questo l’Africano viaggia, si fa di uno spazio in una
corte orientale colta e tollerante, rappresenta un borgo della sua zona di fronte
all’imperatore e finisce nella corte imperiale come un esperto in oriente e in questioni
militari, culturali, mediche, metrologiche, veterinarie e letterarie.

3.2 I Cesti8.

I Cesti sono databili attorno al 230 d.C. Grazie al frammento del Papiro di Ossirinco
412, sappiamo che l’Africano aveva aiutato Alessandro Severo a disegnare o allestire o
costruire la biblioteca del Pantheon, la cui datazione è del 227-228 d.C.. Come l’autore
parla dei parti come mai sconfitti dai romani, l’opera non potrebbe essere stata scritta oltre
il 233, perché in quegli anni Alessandro Severo propagandava le tregue con i parti come
vittorie.
Era un testo molto lungo: le fonti bizantine parlano di 24 libri (anche se sembra ci sono
state versione più brevi, perché Psello parla di 9 libri), cifra confermata per il frammento di
Ossirinco, che dice Cesti XVIII. Oggi rimane tra il 6% e il 12% del totale dell’opera,
tramandata da diverse vie: il frammento di Cesti XVIII, in trasmissione diretta, attraverso
un frammento probabilmente copiato attorno il 250-260 d.C. Il libro VII, dei Cesti,
trasmesso in una collezione militare bizantina databile attorno al IX secolo. La parte inziale
di questo libro è anche presente il altra silloge, l’Apparatus Bellicus, databile attorno al XI
secolo e con copie rinascimentali, con una complessa dipendenza tra i manoscritti e che
include passi di dubbia attribuzione all’Africano. Altri passi sono presenti nell’Hippiatrica,
una collezione di testi di medicina veterinaria su cavalli, che ha varie recensioni, essendo
la più antica databile a metà del X secolo. Non tutti i passi sono di certa attribuzione
comunque. La sezione su pesi e misure è presente in quattro versioni, databili dal IV
secolo in poi, ma i quattro manoscritti hanno differenze importanti e ci sono diverse
proposte di collegamento. Molto problematiche sono le citazioni trovate in altra silloge
tecnica bizantina del secolo X, la Geoponica, che versa su agricoltura, che nei margini
attribuisce all’Africano una quarantina di frammenti, ma la sua attribuzione è molto
dubbia. La silloge, che sembra rielaborare un trattato tardoantico (Cassiano Basso), cha a
sua volta rielabora un testo del IV secolo d.C (Anatolio di Berito), che potrebbe citare
l’Africano. La catena di trasmissione è poco chiara e sembra che le attribuzioni di

8Per la discussione sulla natura, scopo e caratteristiche dei Cesti si veda: Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio
Africano, Dante Alighieri, Roma, 2016, Pp. 7-16, Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard,
(Eds.) Willam Adler (Trad.). Iulius Africanus, Cesti. The Extant Fragments, Walter De Gruyter, Berlin, 2012. Pp. XXVII-
XXXII, Martin Wallraff, Umberto Roberto and, for the Oriental Sources, Karl Pinggera(Eds), William Adler ( Trad.), lulius
Africanus Chronographiae. The Extant Fragments, De Gruyter, Berlino, 2007, William Adler, The Cesti and Sophistic Culture in
the Severan Age, in Martin Wallraff e Laura Mecella (Eds.) Die Kestoi des Julius Africanus und ihre Überlieferung, De
Gruyter, Berlino, 2009, Tiziana Rampoldi, I 'kestoi' di Giulio Africano e l'imperatore Severo Alessandro, ANRW, 2, 34, 3, 1997
p. 2451-2470. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, J. C.B. Mohr (Paul Siebeck), Tiibingen
1984. Maria Rosa Petringa, Terapie veterinarie e pratiche magiche nei Cesti di Giulio Africano, In Pallas, N° 101, 2016.
https://journals.openedition.org/pallas/3784 , Francesco Corsaro, La veterinaria nei Cesti di Sesto Giulio Africano,
In Orpheus, 27, p. 23-38, 2006, Francesco Corsaro, La scienza medica nei Cesti di Sesto Giulio Africano, in La cultura scientifico-
naturalistica nei Padri della Chiesa (I-V sec.), XXXV Incontro di studiosi dell’antichità cristiana (Roma, 4-6 maggio 2006), Roma,
p. 513-524. 2007.
14
frammenti a autori hanno avuto molte alterazioni e corruzioni nel passare del tempo.
Alcuni pochi passi africanei sono trasmessi nella letteratura alchemica, così nel Papyrus
Graecus Holmiensis, testo che include parecchie procedure di tintura, metallurgia e
lavorazione di pietre preziose, troviamo una ricetta di tintura attribuita all’Africano, e
Zosimo e Olimpiodoro lo citano, mentre in alcuni manoscritti bizantini è considerato
un’autorità nella materia. Due passi dell’Africano sono tramandati in un elenco di ricette
di antidoti dentro una silloge bizantina di testi medici, che include testi di farmacopea di
Galeno, Dioscoride, Pseudo-Dioscoride e Filumeno, e in alcune copie bizantine di
Dioscoride.
Il testo viene intitolato Cesti, in greco Κεστοί, ricami, intrecci, e il suo senso non è
del tutto chiaro. Il nome è un concetto omerico, che indicava un capo ricamato che
indossava Afrodite, la cui forma non è chiara: si è proposto una cintura, un accessorio che
si appende, o anche una veste ricamata che si usava nel petto. L’oggetto va nominato a
proposito degli intrighi di Era contro Zeus per favorire gli Achei. La dea decide di
ingannare Zeus, e per quello si trucca, si profuma, si mette il miglior abito, e inganna
Afrodite chiedendo qualcosa che li permetta di risolvere i problemi coniugali di Teti e
Oceano. La dea dell’amore consegna a Era il suo κεστός, che contiene, in parole di Omero,
tutti gli incanti amorosi, la seduzione, il desiderio, le belle parole che seducono. Dopo, Era
convince Ipno di addormentare Zeus quando preso del desiderio, si unisca a lei. Nella
letteratura posteriore, il cesto di Afrodite sarà considerato un’oggetto magico. Sembra che
l’Africano usi il concetto per indicare la varietà della sua opera, la sua bellezza e incanto
formale, ma anche potrebbe servire a sottolineare l’erudizione letteraria dell’autore. Il
concetto anche porta con sé l’idea di una meraviglia, un oggetto miracoloso e la sua
applicazione astuta o furba, tematiche affini al contenuto dell’opera e del discorso che
l’autore utilizza per descrivere il contenuto del testo.
Se osserviamo quello che rimane e i commenti che fa Psello, i Cesti contengono
veramente un po’ di tutto: indicazioni militari pratiche e stratagemmi, tecniche di caccia,
medicina veterinaria e umana contro un grande numero di malattie, antidoti, amuleti di
protezione e curativi, contraccettivi, cosmetici, procedure afrodisiache e per guarantire la
fecondazione o il sesso del bambino, istruzioni per produrre tinture per tessuti e capelli,
meraviglie di agricoltura, contraffazione di vino e olio, produzione di veleni, riflessione
filologiche e letterarie, racconti mitici ed exempla storici, elenchi di pesi e misure,
indicazioni per il calcolo di distanze, ricette per divertirsi e sfruttare meglio il simposio,
preparati incendiari, e tanto altro.
Le letture a questa enorme mole abbastanza inorganica di conoscenza sono varie, e
per questo procediamo a sintetizzare le principali idee.
Fino alla scoperta di Cesto XVIII nei papiri di Ossirinco, c’erano dubbi sull’identità
dell’autore. Il contenuto dell’opera sembrava troppo vicino al sapere e alla mitologia
pagane e mancava ogni indicazione di una visione cristiana del mondo, e per questo si
discuteva se magari i Cesti potevano essere attribuiti a un altro Africano che fosse pagano,
o che l’Africano fosse un pagano convertito e che avesse scritto l’opera prima della
conversione. Cesti XVIII conferma l’autore, e anche conferma la datazione dell’opera come
posteriore a quella della Chronographia, confutando le due tesi.

15
Bjorck, che lavora soprattutto sull’Hippiatrica, considera che i Cesti sono una specie
di pastiche di saperi presi da altre fonti, proprio del contesto sincretico filosofico e
religioso della sua epoca. Avendo saperi tanto dispersi e di diversa applicabilità, lui
propone risolvere il rompicapo del significato testo attribuendo all’Africano un forte senso
dell’ironia e dell’umorismo. I Cesti, in una parte importante, sarebbero un testo che
parodia la polimatìa vana del momento, il sapere ampio, ma di tavolino, mostrato con
pesante retorica. Comunque, avrebbe altre facce, come una dimensione pittoresca, di
curiosità e anche utilità. Altri autori, come Edelstein o Rampoldi, riconoscono l’elemento
ironico in alcune sezioni del testo (in particolare nell’uso dei riferimenti mitologici pagani),
ma non lo considerano predominate. La critica più usuale a questa lettura, è che i lettori
dell’Africano che ci hanno lasciato commenti, soprattutto studiosi bizantini, non hanno
mai percepito questa intenzione umoristica.
Vieillefond propone che l’opera sarebbe una grande opera miscellanea molto curata
esteticamente, diretta ai suoi connazionali ebrei nella diaspora. L’Africano cercherebbe di
mostrare i suoi interessi sincretici e l’ampiezza del suo sapere, includendo elementi
interessanti, ludici, pragmatici, scientifici e letterari.
Sordi e Rampoldi, invece, sottolineano il contesto politico-militare dell’impero sotto
Alessandro Severo, e considerano l’opera fondamentalmente un testo di tecnica e tattica
militare mirato ad aiutare i romani a vincere nel conflitto con i persiani. Un’opera erudita
ampia e retorica, ma che permetta all’imperatore di contrastare quello che si pensava era la
maggiore minaccia esterna all’impero.
Corsaro, invece, pensa che i Cesti non si possono giudicare globalmente per i
frammenti sopravvissuti di stampo militare. Il resoconto di Michele Psello (che
commenteremo più avanti) ci parala di un testo che va ben oltre un’opera con elementi
curiosi e divertenti, ma soprattutto pragmatica e con scopo militare. Corsaro pensa che i
Cesti sono una specie di grande enciclopedia del sapere contemporaneo, di facile
consultazione e diretta a un pubblico ampio. L’Africano sarebbe il primo scrittore cristiano
di argomenti tecnici, scientifici e profani, sintetizzando lo stato dell’arte in queste materie,
unendo con il suo stile tipico di sofista, tradizioni antichissime tramandate di generazione
in generazione con la lettura di autori come Plinio, Dioscoride, Eliano, e la tradizione
pseudo-democritea. Un cristiano che è trascinato dalla liminale scienza della sua epoca,
nel contesto tollerante e aperto che si viveva sotto i severi.
Su questa linea troviamo anche autori come Petringa o Thee, che sottolineano
l’importanza della tradizione intellettuale della simpatia cosmica e naturale, che va
applicata sistematicamente con lo scopo di offrire a un vasto pubblico una ampia varietà
di procedure utili. Come nella pratica quotidiana contemporanea erano usate
profusamente procedure considerate magiche e superstizione da certe élite intellettuali,
l’Africano gli dà ampio spazio. Autori come Adler o Stramaglia, senza tralasciare questo
punto, sottolineano il posizionamento sociale dell’Africano come un intellettuale di ampi
interessi e conoscenze, presentandosi come un esperto in scienze profane, un retore, un
letterato. I Cesti devono essere ampi e variegati, ma anche interessanti, stupefacenti. Sono
un’opera con una forte intenzione paradossografica, e una curata attenzione al linguaggio,
il vocabolario e le figure retoriche. Un testo in più dentro la tradizione enciclopedica e

16
tecnica contemporanea, che celebra il sapere universale dell’autore, la sua conoscenza
letteraria e anche di prima mano del mondo, fatto da un tipico intellettuale dell’epoca. Alla
fine, penso che la descrizione che fa l’Africano del contenuto del libro VII nel proemio a
Cesti VII, sia la miglior ricetta per inquadrare l’opera: “Gli effetti delle azioni, successi e
sconfitte, cambiamenti e guarigioni, sono regolati dalla ragione o dalla legge, e dal destino
o dalla sorte. È bene conoscere ciascuno di quegli effetti, raccogliendo da tutti una
molteplice vantaggiosa utilità: Una terapia contro le malattie, o una dottrina segreta o un
bel racconto”.

17
4. L’Elenchos.

4.1 La questione ippolitea9.

Dalla scoperta dell’Elenchos (170 anni fa) fino ad oggi, la storiografia ha discusso
molto sull’identità dell’autore dell’opera. Per parecchi anni, sembrava identificato con
certa sicurezza con Ippolito, santo e padre della chiesa con varie opere attribuite e
sopravvissute in tradizione diretta e indiretta, ma che fino al ritrovamento dell’Elenchos
poco conosciuto nella sua biografia. Oggi, invece, il meglio che si può dire è che non
sappiamo il nome dell’autore dell’Elenchos, che il suo autore non è Ippolito, e che le
opere che costituiscono il corpus ippoliteo sono da distribuire in più autori, perché le
notizie e le riflessioni che permettevano di riferire tutte le opere a Ippolito sono oggi
tutte questionate seriamente.
Cominceremo con quello che l’autore dell’Elenchos ci dice di sé stesso, che è l’unica
cosa più o meno sicura che abbiamo. Non sappiamo il suo nome, luogo di nascita o
maestri. Scriveva in greco, ma magari poteva parlare in latino, e sembra abbastanza
colto. Era adulto e membro della comunità cristiana sotto papa Zeffirino (199-217 d.C.),
che lui critica con forza, ma il suo principale avversario sarà il suo successore Callisto
(217-222 d.C.). La fine del II secolo d.C. vide il consolidamento dell’autorità del
vescovo di Roma sopra i capi dei diversi gruppi della comunità cristiana (presbiteri),
processo che normalmente si data sotto papa Vittore (189-199 d.C.), anche se autori
come Brent propongono che la chiesa romana mantenga la sua originaria
organizzazione presbiteriale fino al meno il 235 d.C. (Tesi questionata da autori come
Prinzivalli). In ogni caso, la coesione della comunità cristiana nella dottrina, la liturgia
e l’organizzazione era bassa, e il principale problema dottrinale girava attorno al
problema del rapporto tra Padre e Figlio. L’autore dell’Elenchos sosteneva la teologia
del logos (che considera il Logos derivato dal Padre, e nel caso dell’Elenchos,
subordinato a lui) contro le diverse correnti monarchiane, in particolare il
monarchianismo modalista (che considera che il figlio sia soltanto una modalità di
manifestazione del padre, mantenendo l’unità di Dio). Secondo l’autore dell’Elenchos,
questo monarchianismo fu tollerato, se non sostenuto, da Zefirino e Callisto, e le
critiche dell’autore ai papi mostrano che c’erano anche differenze sull’idea di comunità
cristiana, la data pasquale o il canone dei vangeli.

9 Su questo argomento si veda: Allen Brent, Hippolytus and The Roman Church in the Third Century: Communities in Tension
Before the Emergence of a Monarch-bishop. Vigiliae Christianae, Supplements. Leiden, Brill, 1995, Ps. Ippolito, Confutazione
di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto Cosentino, Citta Nuova, 2016, Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizone a
cura di Aldo Magris, Brescia, Morcelliana, 2012. Claudio Moreschini, Storia del Pensiero Cristiano Tardo-Atico, Bompiani,
Milano, 2013, M. David Litwa, (Trad.) Refutation of All Heresies. Translated with an Introduction and Notes. Writings from
the Greco-Roman world, N° 40. SBL Press, Atlanta , 2015, Emanuala Prinzivalli, Ippolito, Enciclopedia dei Papi, vol. I,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondata da G.Treccani, 2000. http://www.treccani.it/enciclopedia/ippolito-antipapa-
santo_%28Enciclopedia-dei-Papi%29/. Enrico. Dal Covolo, Ancora sulla «statua di sant’Ippolito. Per una «messa a punto» dei
rapporti tra i Severi e il cristianesimo, Augustinianum 32, 1992. Emanuele Castelli, La cattedra della Chiesa e il trono del vescovo
tra II e III secolo a Roma: ricerche sul contesto storico della “statua d’Ippolito”, Annali di Storia dell'Esegesi, Vol. 27, 2010, Pp.
35-50
18
L’autore dell’Elenchos critica a Zefirino, definendolo ignorante e corrotto, colpevole
di dare spazio ai monarchiani con le sue dichiarazioni ambigue. Il suo successore,
Callisto, continua la politica di Zefirino, e scomunica tanto a Sabellio, principale leader
monarchiano modalista, come all’autore dell’Elenchos, accusandolo di diteismo.
quest’ultimo resiste e adotta una posizione scismatica. Altre differenze importanti si
trovano nell’ambito dell’ecclesiologia, dove l’autore dell’Elenchos aveva una concezione
di chiesa rigorista, di comunità di puri e sosteneva una teologia che si può considerare
di élite intellettuale. Per questo, accuserà a Callisto di lassismo, giacché il papa pensava
a una Chiesa misericorde, aperta, senza maggiori distinzioni, accettando nella Chiesa
peccatori pentiti e anche permettendo il concubinato tra servi cristiane e nobildonne
romane, se crediamo le accuse del nostro autore.
L’autore dell’Elenchos anche dice di aver scritto altre opere, come un testo
antieretico breve, la cui identificazione non è chiara, un testo su Cristo Logos, e tra le
opere che sono sopravvissute, un testo contro Platone, anche chiamato “Sull’essenza
dell’Universo”, che dopo fu attribuito a Flavio Giuseppe, ma anche a Ireneo, Gaio o
Giustino, e un Compendio dei Tempi o Chronicon, che riprende il lavoro cronologico di
Giulio Africano, avendo in comune con questo il fatto di stabilire la durazione del
mondo in 6000 anni, la mancanza di più di due secoli per l’avvento della parousia,
l’importanza data alle descrizioni geografiche e l’inclusione di eventi di storia profana,
ma i calcoli cronologici nel dettaglio non coincidono. Queste che sono le uniche opere
del corpus ippoliteo che vanno ricondotte all’autore dell’Elenchos con una certa
sicurezza.
La tradizione manoscritta ci tramanda come di Ippolito testi eresiologici, come il
Contro Noeto, e testi esegetici, come “Su Cristo e l’Anticristo”, il “De Daniele” o il” Sul
Cantico dei Cantici”. Informazioni su Ippolito troviamo dal IV secolo d.C. in poi, nella
storia ecclesiastica di Eusebio, che dice che nel periodo dei Severi era capo di una
chiesa senza identificarla, e attribuisce a lui un computo pasquale a partire del regno di
Alessandro Severo, un testo Sulla Pasqua, opere esegetiche come “Sull’Esamerone”,
“Sul Cantico dei Cantici”, “Su parti di Ezechiele”, e anche trattati antiereticali come un
“Contro Marcione”, e un “Contro tutte le Eresie”. Il Cronografo del 354 ci parla di un
Ippolito presbitero e martire, il Catalogo Liberiano dice che il presbitero Ippolito fu
deportato in Sardegna con il vescovo Ponziano nel 235 d.C., e la Depositio Martyrium
dicono che Ponziano fu sepolto nel cimitero di Callisto e Ippolito nella via Tiburtina,
ma senza datare il fatto. Gli epigrafi ordinati da papa Damaso dicono che Ippolito fu
parte dello Scisma Novaziano, ma che morì martire in comunione con la chiesa,
spostando la sua morte parecchio tempo. Eusebio non cita che fosse martire, e le note
martirologiche non indicano che fosse scrittore. Girolamo, che utilizza Eusebio e lavorò
per Damaso, nel De Viris Illustribus definisce a Ippolito vescovo, aggiunge alle opere
citate da Eusebio opere esegetiche sull’Esodo, la Genesi, la resurrezione, l’Apocalisse,
Isaia, i Salmi, I Proverbi, l’Ecclesiaste. Anche cita nelle sue lettere un Ippolito martire, e
gli attribuisce altre opere esegetiche su Matteo e sulle Benedizioni dei patriarchi.
Le fonti finora non ci permettono di capire se l’ Ippolito martire e l’Ippolito di
Eusebio fossero la stessa persona, ma grazie ai dati forniti dall’Elenchos si può fare. Su

19
che basi possiamo identificare l’autore dell’Elenchos con Ippolito? con l’epigrafe del III
secolo d.C. che si trova alla base della supposta Statua di Sant’Ippolito trovata nel XVI
secolo a Roma e restaurata da Pirro Ligorio. L’epigrafe registra un computo pasquale
datato con Alessandro Severo, oltre nominare i seguenti testi: Sui Salmi, Sulla
Ventriloqua, In difesa del Vangelo di Giovanni e dell'Apocalisse, Sui carismi tradizione
apostolica, Cronache, Contro i greci, contro Platone e sull'universo, Protrettico a
Severina, Dimostrazione dei tempi di Pasqua e ciò che è nella tavola, Odi su tutte le
scritture, Su Dio e la resurrezione della carne, Sul bene e da dove viene il male. Per
questo, si è pensato che come ci sono coincidenze tra l’elenco epigrafico, le opere
elencate da Eusebio e anche alcune delle opere che l’Elenchos nomina, si procede a
unificare tutto sotto la figura di Ippolito.
Questa soluzione al problema ebbe un primo colpo quando a metà del secolo
scorso, P. Nautin propose che il Contro Noeto e altri testi attribuiti a Ippolito sono
teologicamente diversi all’Elenchos, soprattutto nella cristologia, e propone che l’autore
non fosse né l’esegeta né il martire romano, ma un tale Giuseppe o Giosippo, come è
nominato in alcune fonti bizantine. Fu aspramente criticato nel suo momento e oggi,
sebbene si riconosce che questa tesi sia centrale nello sviluppo della questione, si pensa
la proposta di un Giosippo va accantonata perché è soltanto l’attribuzione
pseudoepigrafa del “Sulla Natura dell’Universo” a Flavio Giuseppe. L’altro colpo
all’unità del corpus ippoliteo sono stati i lavori di Guarducci, che nel 1975 ha mostrato
che la “statua di Sant’Ippolito” in origine era di una donna seduta in cattedra con un
rotolo in mano, e propone identificarla come la filosofa epicurea Temista di Lampsaco.
Il significato della statua è discusso. Autori come Dal Covolo, che segue Guarducci,
propongono che fosse un regalo della comunità cristiana alla nuova biblioteca presso il
Pantheon, che fu pianificata, come sappiamo, da Giulio Africano, nel contesto della
politica di tolleranza e sincretismo culturale della famiglia imperiale, negando che si
trovasse originalmente nella zona del Verano. Altri pensano che era un’oggetto interno
della comunità dell’autore dell’Elenchos, e la filosofa sarebbe stata risignificata
simbolicamente come la Sophia/Logos, come propone Brent, o come propone Castelli,
rappresenterebbe la chiesa, rappresentata come l’anziana con rotolo in mano e seduta
in cattedra che compare nelle visioni del Pastore di Erma.
Autori italiani come Simonetti, seguendo la linea interpretativa di Nautin, e anche
con le evidenze che apportava Guarducci, proposero che si poteva pensare magari a
due Ippoliti, uno esegeta di origine orientale, al quale attribuire il Contro Noeto o il De
Daniele, e uno romano, che sarebbe l’autore dell’Elenchos e delle opere della statua, i
quali le fonti del IV secolo d.C. avrebbero confuso. In ogni caso, l’ipotesi dei due
Ippoliti oggi si è moderata, anche per le critiche che fece Brent, che nota che non si può
pensare alle opere della statua come blocco, ma come un elenco di opere che
interessavano alla comunità dell’autore dell’Elenchos. Anche se la proposta di Brent di
ritardare il consolidamento della struttura monarchica della chiesa romana fino la metà
del III secolo d.C., non abbia avuto molto successo, l’idea di fare Ippolito esegeta un
cristiano orientale che prese a carico la comunità dell’autore dell’Elenchos e la portasse
a riconciliarsi sotto Ponziano è suggestiva, perché spiegherebbe perché anche nella

20
statua troviamo titoli di opere di Ippolito esegeta. In ogni caso, oggi l’identità esatta del
nostro autore ci sfugge, e sembra che soltanto le opere che l’autore dell’Elenchos
nomina come sue siano da attribuire a lui.

4.2 L’Elenchos10.

L’Elenchos, composto tra i 220 e il 235 d.C., è un testo di grande erudizione che si
struttura in 10 libri, dei quali abbiamo perso i libri II, III e una buona porzione del IV. Si
organizza in tre parti diverse ma complementari: La prima (Libri I-IV), consiste
nell’esposizione critica delle dottrine filosofiche dei “pagani”, incluse idee attribuite a
brahmani e druidi, le dottrine religiose “pagane”, le dottrine astrologiche e le pratiche dei
maghi. La seconda parte, tra i libri V e IX, descrive diverse eresie, seguendo un criterio
cronologico approssimativo: i Nasseni, Sethiani e altri culti collegati al serpente, lo
gnosticismo originario di Simone e Valentino, gli Gnostici più recenti come Taziano,
Ermogene, Apelle e altri (anche se come è usuale, il concetto di gnosticismo dell’Elenchos è
assai vago) e finalmente gli eretici recenti, come Noeto, il nemico dell’autore a Roma
Callisto e gli Elcasaiti. Il libro X fa un sommario dell’opera e soprattutto propone la “vera
dottrina”, una sintesi della dottrina cristiana che si considera valida, anche se la sua
versione della dottrina del logos non era consensuale a Roma. Il libro conclusivo ha
intenzioni protrettiche, esortando a cristiani e pagani a seguire la vera dottrina e
convertirsi.
Quest’opera eresiologica si basa in una doppia argomentazione: Che gli eretici non
prendono le sue dottrine dal Vangelo e la parola di Dio, ma copiano le idee della filosofia
greca, idee considerate lontane dalla vera comprensione del mondo e di Dio in quanto
tendente a divinizzare a adorare la creazione, non al vero creatore. L’eresia è definita come
non cristiana, frutto di un esercizio intellettuale disonesto, fatto con cattiveria e con molti
errori e deviazioni. L’eretico è un plagiario, un cattivo plagiario, la versione più degradata
del sapere di Dio.
L’Elenchos è un’opera che sembra che già da mano dell’autore era organizzata per
essere di facile consultazione, nel modello dei testi scientifici ed eruditi di epoca
ellenistica. Ogni libro ha un sommario e una ricapitolazione, oltre una premessa che
mantiene la coesione interna. Sembra che le opere con dieci libri erano un formato usuale
per questo tipo di testo, che permetteva di fare una pila di 4-3-2-1 rotoli.
L’Elenchos ha come base una teoria di trasmissione sempre più degradata della dottrina
del vero Dio. Gli ebrei, il popolo di Dio, hanno una rivelazione originaria, che hanno
degradato al non riconoscere Cristo come figlio di Dio e Messia, e per questa ragione la
rivelazione della verità divina appartiene per diritto ai cristiani. I pensatori greci hanno
conosciuto parte di questo antico sapere ebreo attraverso la mediazione delle culture
orientali, ma il suo sapere tende al materialismo e all’adorazione della creazione. A queste

10Sul contenuto e caratteristiche dell’Elenchos si veda: Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto
Cosentino, Citta Nuova, 2016, Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizone a cura di Aldo Magris, Brescia, Morcelliana,
2012. Claudio Moreschini, Storia del Pensiero Cristiano Tardo-Atico, Bompiani, Milano, 2013, M. David Litwa, (Trad.)
Refutation of All Heresies. Translated with an Introduction and Notes. Writings from the Greco-Roman world, N° 40. SBL
Press, Atlanta , 2015.
21
idee attingono gli eretici, e le hanno degradate ancora di più. L’Elenchos crea una
cronologia approssimativa delle eresie, che serve anche a collegarle. Anche se i confronti e
gli accostamenti tra filosofi ed eretici sono molto eruditi, all’occhio moderno molti dei
collegamenti sembrano fantasiosi e forzati.
Sembra che l’autore dell’Elenchos abbia avuto influenze diverse. Da una parte, utilizza
il materiale che aveva compilato Ireneo sugli eretici, che includeva anche collegamenti tra
la filosofia pagana e l’eresia, ma Ireneo confuta l’eresia accusandola di interpretare male il
messaggio apostolico. Le critiche alla filosofia greca che l’autore esprime come proprie
anche si trovano in autori come Clemente Alessandrino e Tertulliano, e anche Clemente
sostiene l’idea che i filosofi greci abbiano attinto della vera sapienza ebraica. La differenza
è che l’autore dell’Elenchos non accetta che la filosofia greca possa avere qualche elemento
di verità, cosa che era accettata da Clemente. Giustino nelle sue apologie anche elabora
questa teoria del “furto degli eleni”, dicendo che autori come Platone avevano deformato e
frainteso le dottrine di Mosè, il più antico pensatore.
Finalmente, la conclusione dell’Elenchos va diretta a pagani e cristiani amanti della
verità. Sebbene l’autore critica il pensiero filosofico pagano, la struttura dell’opera, il
linguaggio (che include parecchie metafore e vocabolario che sono propri del mondo
pagano, come considerare l’eresia un’Idra, o considerare che aveva risolto il “labirinto
delle eresie”) e i contenuti, servono a indicare al pubblico che i cristiani conoscevano il
pensiero filosofico (anche se tutto indicherebbe che l’autore abbia utilizzato soprattutto
manuali di filosofia) ed erano capaci di utilizzare le stesse forme di espressione che erano
usate dalle élite intellettuali contemporanee.

22
5. I Papyri Graecae Magicae.

5.1 Natura e caratteristiche della collezione dei PGM11.

I PGM sono l’unione di una grande massa di materiali diversi, la grande maggioranza
databile tra i III e il IV secolo d.C., essendo quelli anteriori a queste date pochi e
abbastanza frammentari, e quelli più recenti quasi sempre amuleti e pratiche sciolte, a
volte molto frammentarie. Le tipologie testuali sono abbastanza diverse: troviamo amuleti
sciolti e incantamenti isolati, ma anche collezioni di procedure magiche, che includono
elementi culturali egiziani, greci, ebrei, e sono scritti in greco, demotico e copto. I PGM
sono soltanto una piccola parte del materiale magico che doveva esistere, e sono il frutto di
un lavoro di preservazione fatto da gruppi di intellettuali tardoantichi, la cui
identificazione non è chiara, ma si pensa che includeva filosofi, teologi, astrologi e
alchimisti di diverse sensibilità religiose, magari neopitagorici, neoplatonici, ermetici o
gnostici. Buona parte dei testi trovati nei PGM sono stati trovati a caso nel XIX secolo nel
Fayuum o a Tebe, e dopo comprati e rivenduti alle principali collezioni europee. Il blocco
della cosiddetta Collezione Anastasi sembra derivasse da una tomba o una biblioteca
templare tebana. Si ipotizza che la collezione apparteneva a un bibliofilo egiziano, che
autori come Betz immaginano come un nobile egiziano ellenizzato, sacerdote, scriba, mago
e studioso di libri e monumenti.
Il mondo religioso dei PGM è uno dove troviamo le divinità egiziane ellenizzate e
identificate con quelle greche, con aggiunte anche ebraiche e mesopotamiche, in un
processo di incrocio complesso. Gli dei del panteon greco sembrano capricciosi e
pericolosi, come nella vecchia mitografia, ma anche osserviamo tendenze a unificare le
divinità delle diverse tradizioni e a dare valenza cosmica alle sue entità, collegandole ai
fenomeni celesti, astrali e al destino umano.
L’invocazione della divinità, gli spiriti e i demoni è un negozio mondano. Serve a
risolvere i problemi del mondo: salute, ricchezza, conoscenza, amore. Permette alle
persone di risolvere le crisi della vita e anche dare una sensazione di controllo sulla sua
esistenza. Il mago può essere un santo e colto uomo che abita in un tempio, o magari un
personaggio girovago che si è fatto a sé stesso, prendendo quello che li serve delle diverse
tradizioni, anche se magari non le comprende bene. In ogni caso, il mago ha un rimedio
per ogni problema, garantito dal suo sapere mistico e iniziato che gli dona il controllo
delle forze invisibili.
Il sapere dei PGM, in molte occasioni, si concepisce a sé stesso come il risultato di una
lunga tradizione religiosa egiziana che si trova in antichi documenti. Da queste tradizioni
deriva la sua conoscenza dei nomi segreti delle divinità, che li permette di invocare,

11Sulle caratteristiche dei PGM, si veda: Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the
Demotic Spells, Chicago-Londra, The University of Chicago Press, 1986, William Brashear, The Greek Magical Papyri: an
Introduction and Survey; Annotated Bibliography (1928-1994), In Aufstieg und Niedergang der römischen Welt (ANRW),
Volume II 18,5 Berlin & New-York, Haase, Wolfang, 1995 e quella spagnola, Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en
papiros griegos.Editorial Gredos, Madrid, 1987.
23
minacciare o anche prendere il posto delle divinità per i fini necessari. Anche da questa
origine sono derivate le indicazioni temporali, astrologiche, spaziali e gli ingredienti dei
rituali. Non a caso, anche se le procedure sono diverse nei rituali, i testi magici scritti in
demotico hanno uno stile simile a quelli in greco, e anche abbiamo papiri che sono stati
scritti in greco e demotico.
La produzione dei testi dei secoli III e IV d.C. sembra che fosse un processo complesso
di selezione, interpolazione e copiatura delle fonti che si trovavano. Tematiche, formule e
rituali si accostano e si producono manuali che danno istruzioni per una grande varietà di
procedure, creando una specie di pastiche derivante di diverse fonti, arrivando anche ad
interpolare le ricette per indicarne le variazioni trovate in altri testi. Sebbene la tradizione
si presenta a sé stessa come rigida e inalterata, i testi mostrano che c’era grande variabilità
e spazio per la creatività. A volte anche troviamo errori nelle indicazioni, le traduzioni e i
testi. È da notarsi che sebbene le procedure descritte nei PGM hanno riscontro nei resti
archeologici trovati (amuleti, maledizioni e gemme magiche) di maniera generica, mai
troviamo corrispondenza esatta tra le pratiche e gli oggetti.
Seguendo Brashear, si possono sottolineare alcune caratteristiche degli elementi
sincretici dei PGM. Oltre il contesto egiziano di base, troviamo lunghi inni di invocazione
alle divinità greche (principalmente, ma anche divinità egiziane, persiane e babiloniche)
inclusi nei rituali. Sebbene hanno elementi di contatto con le diverse tradizioni della
religiosità pagana, ricordando gli oracoli caldei, gli inni orfici, gli inni della poesia classica
o gli oracoli citati da Porfirio, sembra che fossero creati dai maghi, adattandoli ai suoi fini.
Anche i maghi recepiscono elementi della tradizione gnostica, come il racconto
cosmogonico basato nella risata di Dio che si trova nel PGM XIII, ma normalmente non si
va oltre qualche nome divino, come Iao, Ogodoas o i Sette Arconti. Lo stesso succede con
la religione babilonese, il cui influsso si nota nell’identificazione di Ereschigal con la
grande dea Hecate-Selene-Persefone-Artemide, o l’uso di Baal come nome magico. Molto
poco invece, quello che rimandi allo zoroastrismo e alle religioni iraniane, oltre nomi di
maghi persiani come Zoroastro, Ostane o Astrasimpco. Lo stesso succede con gli elementi
latini, non si va oltre un amuleto cristiano in latino e nomi latini di clienti, vittimi e maghi.
Nel caso della cultura ebraica, non è chiaro quale sia il meccanismo di sincretismo
(appropriazione da parte dei maghi? Una tradizione magica ebraica?), ma sembra che
abbia una certa importanza: Mosè è considerato una delle grandi autorità magiche, nomi
come Iao, Sabaoth o Adonai sono tra i nomi divini più diffusi, Abramo, Giacobbe e Isacco
sono considerati divinità invocabili, e si invocano in molti casi angeli, arcangeli, cherubini,
serafini, i cui nomi hanno sempre un sapore ebraico. Tra le voces magicae, elenchi di parole
complicate e a volte impronunciabili che non hanno significato chiaro, ma alle quali si
attribuisce un potere divino, troviamo nomi e parole aramaiche ed ebraiche, ma soanche
parole greche che sono state modificate per ricordare il suono di queste lingue
Le voces magicae come fenomeno culturale sono molto antiche, si trovano anche in
testi assiri del secondo millenio a.C., ma quelle usate usualmente nei PGM non sono
attestate prima del II secolo d.C. Oltre il suo significato mistico, questi elenchi hanno una
certa musicalità e ritmo, e cercano di attingere, sia veramente o imitando soltanto, i suoni e
concetti di un linguaggio straniero considerato portatore di un certo sapere mistico (ebreo,

24
egiziano, aramaico ad esempio) e abbondano gli hapax, i palindromi, e l’alterazione delle
parole per favorire l’allitterazione. Anche a volte sono disposte creando figure nei testi,
tagliando le frasi per formare ali, triangoli invertiti o cuori. A volte, questi giochi testuali
vengono accompagnati con segni e disegni. Si utilizzano segni sia di derivazione alfabetica
(lettere girete, alterate), come di derivazione magari geroglifica, ma anche sono alcuni
totalmente fantasiosi. Anche si fanno disegni di divinità, mostri, demoni o di determinati
icona collegate a loro.
Altra strategia rituale consiste nell’uso di Historiolae, piccoli racconti mitici, molte
volti fatti ad-hoc, inseriti nell’incantamento. Una forza sovrannaturale mitica che viene
attivata e portata al presente al raccontare la storia. Serve come indicazione al potere
divino di attuare come aveva fatto nel passato mitico o come allegoria performativa
dell’effetto desiderato.
Finalmente, si deve notare che nei PGM sono confluiti anche testi la cui connessione
con la magia è discusso, perché oggi non sembrerebbero magici ma collegati alla religione
ufficiale, ma anche si può pensare che nella vita quotidiana magari la distinzione non
esisteva. Abbiamo diversi frammenti di elenchi domande e risposte che sembrano siano
parte di processi di divinazione basati nell’azzardo che erano realizzati nei templi della
religione ufficiale o qualche frammento letterario dove compaiono maghi e invocazioni.12

12 Sui contenuti dei PGM torneremo nel capitolo rispettivo sui discorsi sulla magia
25
6. Teorie e concezioni sul magico.

In questa sezione si analizzeranno i passi delle fonti che costruiscano un discorso sulla
magia, definendola e caratterizzandola. Si cercherà di capire quali sono i limiti attribuiti al
magico, le capacità che vengono attribuite alle pratiche “magiche” e gli eventuali elementi
di spiegazione circa funzionamento di queste. Si proporrà un breve elenco dei tipi di
pratiche descritte e una caratterizzazione delle loro logiche, che verrà approfondita nella
sezione sulle pratiche magiche. Si farà tutto questo perché nei PGM i passi dove
esplicitamente si definisce la magia sono molto scarsi, e invece le pratiche stesse
permettono di dedurre ed ipotizzare alcuni elementi della teoria su cui sono basate.

6.1 Magico e non magico secondo Giulio Africano

Prima di tutto, si deve notare che il concetto di magia come tale non si trova nei Cesti.
Non troviamo i vocaboli usuali per descrivere la magia all’ epoca, cioè Μαγεία o
Γοητεία13. Nel caso di concetti vicini al mondo della magia, troviamo il concetto di
Φάρμακον nella descrizione di una droga per spaventare i cavalli nemici a base di fiele di
tartaruga14. Il problema è che Φάρμακον è un concetto molto ambiguo, che ha valenze che
vanno dalla farmacopea all’alchimia, passando per la magia. Può significate medicina,
droga, veleno, filtro amoroso, incantesimo e anche tintura15. Questa ambiguità la troviamo
anche nella legislazione romana dell’epoca dell’Africano, che dal I sec. a.C. perseguita le
pratiche magiche sotto la categoria di veneficium, cioè la produzione e utilizzazione di
veleni, cha va estesa ai filtri amorosi, le tavolette di maledizione e, più tardi, diverse
pratiche rituali che vengono etichettate come magia16. Per queste ragioni, non possiamo
sapere con sicurezza quale sia il significato attribuito dall’Africano al concetto. Troviamo
nei Cesti anche il concetto di incantesimo ἐπαοιδή, e di invocazione, ἐπίρρησις, ma in un
contesto molto particolare, cioè nel discorso magico che l’Africano attribuisce a Odisseo in
Cesti XVIII, dove si riporta una supposta parte perduta dell’Odissea, dove l’eroe invoca
divinità greche, ebree ed egiziane per entrare nel mondo dei morti. Così, il concetto va
contestualizzato in un discorso letterario17, non pragmatico, anche se troviamo qualche
incantesimo in altre sezioni dei Cesti18.

13 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, (Eds.) Willam Adler ( Trad.). Iulius Africanus,
Cesti. The Extant Fragments, Walter De Gruyter, Berlin, 2012. Pp. XXVII-XXXII.
14 Cesti VII, 11, 16-35. Il passo verrà analizzato dopo, nella sezione di droghe.

15 Si veda, ad esempio, l’entrata del Liddel Scott Jones on line:

http://www.perseus.tufts.edu/hopper/morph?l=fa%2Frma%5Ekon&la=greek&can=fa%2Frma%5Ekon0#lexicon. Visitato
il 23/09/2018 alle 12.57. Per una panoramica storica, John Scarborough, The Pharmacology of Sacred Plants, Herbs, and Roots,
in C.A. Faraone & D. Obbink, Magika Hiera, Oxford University Press, New York, 1991,
16Per un buon riassunto della legislazione contro la magia nell’antichità, si veda C. R Phillips, (1997). Nullum Crimen sine

Lege: Socioreligious Sanctions on Magic, in, C. A. Faraone, D. Obbink, (Eds.) Magika Hiera: Ancient Greek Magic and
Religion. Oxford University Press, Oxford, 1997.
17 Thee suggerisce che tutto il frammento del P.Oxy 412 fosse una specie di climax letterario per Cesti XVIII, ma preferisce

alla fine giudicare il senso del testo come incerto. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Pp.
293-94. Comunque, su questo problema torneremo più avanti.
18 Il problema degli incantesimi verrà trattato nel capitolo seguente.

26
In linea di massima, si potrebbe dire che nei frammenti dell’opera che sono arrivati
fino a noi, le pratiche suggerite non sono considerate pratiche magiche tout court, ma,
come vedremo, come un sapere occulto sulla natura, che si muove sul confine ambiguo tra
sapere tecnico e visione magica del mondo19. Questo risulta molto interessante, perché ci
parla della variabilità dei limiti del concetto di magia, che è il nocciolo di questo lavoro.
Come abbiamo accennato negli spunti teorici, il concetto di magia nella ricerca storica
deve analizzarsi a partire del vocabolario che le fonti ci tramandano, ma anche è risaputo
che limitarsi a riportare l’uso concettuale delle fonti limita le nostre capacità di riflessione,
risultando utile utilizzare contemporaneamente l’idea di magia come un concetto di
secondo ordine applicato dallo storico ai testi per fare confronti20. In questo senso, è
chiaro che la categoria di magia viene imposta dal nostro studio al testo21. Questo è
assolutamente vero, ma ci sono due considerazioni che giustificano il suo utilizzo: la prima
è che soltanto in questa maniera possiamo provare a mettere il testo dei Cesti nel contesto
della magia antica, e non limitarci soltanto al contesto della farmacopea e delle
enciclopedie antiche sulla natura o di curiosità22, l’altra è che troviamo ricette e descrizioni
di pratiche che nell’epoca dell’Africano sarebbero state considerate come magia o riferibili
al mondo dei maghi e stregoni23: uso di amuleti e incantesimi, preparazioni con ingredienti
animali, vegetali e minerali che producono effetti sorprendenti, procedure con scopi erotici
o di procreazione, elaborazione di veleni e antidoti.
Prima di cominciare con la visione dell’Afriano sul suo lavoro, credo valga la pena
di soffermarsi sul riassunto che fa Michele Psello24 del contenuto dell’opera. Questa
testimonianza risulta interessante perché, da una parte, è l’unico testo che ci permette di
avvicinarci al contenuto generale dei Cesti oltre ai passi pervenuti, permettendoci di
rafforzare il sospetto della presenza nell’opera di numerose pratiche che i contemporanei
avrebbero considererato magiche, d’altro canto, perché il discorso di Michele Psello è un
caso di applicazione del concetto di magia ai Cesti, il quale mostra la mentalità e i
pregiudizi di uno studioso bizantino del S. XI.

19 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, Willam Adler. (Eds.) Iulius Africanus, Cesti. The
Extant Fragments. Pp. XXVII-XXXII. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, J. C.B. Mohr (Paul
Siebeck), Tiibingen 1984. Una sintesi storiografica su questo si trova anche in Luciano Bossina, I Cesti di Giulio Africano,
«Adamantius» 18, 2012, Pp. 307-316
20 Questo approccio è proposto in Kimberly Stratton, Magic Discourse in the Ancient World, ma ha anche riscontri con

quello proposto da autori come Versnel e Hoffman, si veda Cristopher Hoffmnann, Fiat Magia, e H.S. Versnel, Some
Reflections on the Relationship Magic-Religion
21 L’uso del concetto di magia come forma di analisi del contenuto dei Cesti, elencando le pratiche considerabili magiche

fu sviluppato in dettaglio da Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Pp. 193-199
22 Questo atteggiamento è quello che ha primeggiato nei pregevoli commenti che ha fatto Antonio Sestili nella sua

edizione dei Cesti.


23 Per i paralleli tra queste procedure e quelle descritte da l’eresiologo che scrisse l’Elenchos e nei PGM si veda il capitolo

successivo.
24 Monaco, politico e scolaro bizantino del S XI, che ebbe importanti ruoli nella corte imperiale tra il 1040 e il 1070, oltre

essere un autore prolifico: scrisse opere storiografiche, un imponente epistolario, commenti filosofici a testi classici, testi
di grammatica, retorica e poesia, trattati tecnici di ogni tipo. Wallraff lo definisce un uomo brillante e curioso, interessato
alle conoscenze sul mondo naturale e oltre, ma cosciente dei pericoli di avvicinarsi troppo ai saperi considerati magici
nella sua epoca. Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, (Eds.) Willam Adler (Trad.).
Iulius Africanus, Cesti. The Extant Fragments, Pp. LXXVIII-LXXXIV.
27
Il testo25, che è molto riassuntivo, comincia con il mettere a contrasto la
procreazione naturale attribuita a Dio e la Natura, con la “procreazione artificiale (o
tecnica)” (τεχνική γέννεσις: poco dopo si usa l’espressione γέννεθήσεται τεχνικῶς)
proposta dall’Africano, che consiste nell’applicare sangue di lepre sul membro maschile
per ottenere un bambino, mentre l’applicazione di grasso d’oca permette di ottenere una
bambina. Dopo si nomina un “metodo artificiale” dell’Africano (τεχνικῇ μεθόδῳ) per
favorire la produzione di latte materno e un unguento per evitare gli indurimenti. Parla
quindi di un amuleto contraccettivo (ἀτόκιον περιάπτων) fatto con il cervello di una rana
messo in un pezzo di lino, e dell’uso di una pietra di Gage26 per favorire il parto.
Finalmente si dice che fece anche altre miscele (μίγματα), impiastri (ἐμπλάστρα) e artifici
(τεχνάσματα) per favorire la procreazione.
Dopo questo, Psello dice che l’Africano ha fatto un prodotto emostatico con gelso
che si appende27 quando gli astri sono sottoterra e che permette di ottenere il potere
(δύναμιν) con una formula magica segreta (ἐπωδῇ ἀπορρήτῳ). Si parla di una tintura di
capelli, una sostanza per avere una bella voce con erbe, dei poteri ossidanti sull’oro della
saliva dei cani con rabbia e di un antidoto (ἀντιπαθές) contro morsicature. Psello ci lascia
nella curiosità rispetto alle cose bizzarre o meravigliose (παράδοξα) che l’Africano direbbe
sugli scorpioni28. Anche l’Africano, secondo Psello, proporrebbe un mezzo per svelare i
ladri usando lingue di girini di rane impastate con farina. Amministrato al ladro, da solo si
manifesterebbe colpevole. Psello passa poi alla descrizione dei παράδοξα riguardanti
l’agricoltura: innesti tra gelsi e pioppi, o la produzione di pesche con disegni attraverso
un’operazione sul gheriglio del nocciolo. Quindi Psello descrive come l’Africano ponga
termine a pestilenze con succo di balsamo o con il cattivo odore di concerie, per passare a
elencare la produzione di vini con nardo, fiori di lentisco e altra droga (φάρμκον) e la
produzione di zaffiri, smeraldi e sardoniche.
Psello dice che l’Africano cura morsicature di aspidi e la cataratta degli occhi “non
con rimedi conosciuti, ma con amuleti ed incantesimi”, (οὐ τοῖς ἐγνωσμένοις φαρμάκοις
ἀλλὰ περειάπτοις τισὶ καὶ ἐπᾴσμασιν)29, per poi dire che l’Africano dice che può far
urinare, defecare e ridere a volontà con i suoi rimedi. Psello descrive come artificiale o
meglio magica (τεχνικήν ἤ μᾶλλον γοητικήν30) la capacità dell’Africano di fare
fertilissimi o sterili i terreni. Quindi espone come l’Africano produce la pietra selenita,
mantiene la sobrietà di chi beve molto, fa dimagrire, prende rimedi dalla tartaruga, dai
genitali degli orsi e da altri animali, elimina insetti, crea trucco per gli occhi, descrive il
comportamento del gorgonio, che si drizza e guarda con curiosità chi si accoppia
sessualmente nelle sue vicinanze, fa vergine di nuovo una donna, addormenta un
parassita e ride su questo, impedisce i sogni, cambia il colore degli occhi, arresta le varici,

25 Cesti, IX sezione, 1. Corrisponde alle Letture Curiose di Psello.


26 Secondo Sestili, sarebbe una lignite. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, Dante Alighieri, Roma, 2016,
Pp.544.
27 Il termine περιάπτoν va reso come l’atto di appendere da Thee, mentre Sestili lo traduce come amuleto. Antonio Sestili

(Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 281, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 186.
28 Sestili traduce che Psello parla di rimedi contro gli scorpioni. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P.

281
29 Cesti, IX sezione, 31-32.

30 Cesti, IX sezione, 34.

28
illumina la notte, accende e spegne passioni amorose, cambia il colore dei cappelli. Psello
finisce il riassunto dicendo che l’Africano dettaglia cose simili che racconta come
meraviglie (τερατολογεῖ)31 nei Cesti.
Il commento di Psello, sebbene molto critico, è stato scritto da una persona che ha
avuto accesso a un’opera molto più completa rispetto a quella che abbiamo noi32. Ci
informa che i Cesti contenevano procedure molto variegate, che si muovono all’interno del
campo del sapere tecnico antico riguardante la medicina, l’agricoltura, la produzione di
tinture e metalli e la paradossografia. Spiccano le procedure contracettive, per favorire la
fertilità, controllare il sesso dei bambini, facilitare i parti, produrre afrodisiaci, le pratiche
mediche a base di ingredienti animali e vegetali, ma anche l’uso di amuleti e incantesimi
con fini terapeutici, gli antidoti, meccanismi per trovare colpevoli, meraviglie agricole,
produzione di tinture e di pietre preziose che confinano con l’alchimia, cosmesi, e anche
pratiche giocose o divertenti. L’interessante è che molte delle procedure hanno paralleli
nella letteratura enciclopedia antica, come Plinio il vecchio (che descrive un contraccettivo
simile, ma con altri ingredienti33), Dioscoride (che descrive gli usi terapeutici del litargirio,
che l’Africano usa come tintura, descrive la selenita, o le proprietà piante nominate
dall’Africano34), o la letteratura bizantina sull’agricoltura35. Anche le procedure hanno
paralleli con la tradizione pseudo-democritea36, testi attribuiti falsamente a Democrito, a
volte ricondotti a un misterioso filosofo egiziano del III o II sec. a.C., Bolo di Mende, che si
presentano come depositari di un sapere occulto e sorprendente sulla natura. In questa
tradizione, che viene tramandata da citazioni in enciclopedie bizantine come la Geoponica,
ma anche da Plinio il vecchio, Columella, Vitruvio, e altri, troviamo procedure
metallurgiche e alchemiche37, mediche, veterinarie, botaniche, giocose38, militari39, tutte

31 Sestili legge che l’Africano afferma inverosimilmente. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, P. 285
32 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, Willam Adler. (Eds.) Iulius Africanus, Cesti. The
Extant Fragments. Pp. XXVII-XXXII
33 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, P. 544

34 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, P. 545-555

35 La Geoponica, che conserva vari passi attribuiti all’Africano.

36 Per una panoramica, si veda Paul, Keyser, Georgia Irby Massie, (Eds.), The Encyclopedia of Ancient Natural Scientists,

The Greek Tradition and its Many Hairs, Routlege, Londra e New York, 2008, Pp. 236-239, anche Georg Luck. Witches and
sorcerers in ancient literature, In Bengt Ankarloo, Stuart Clark ( Ed.) Witchcraft and Magic in Europe, Ancient Greece and Rome
( Vol 2), University of Pennsylvania Press, Filadelfia, 1999. Il problema dell’identità di Bolo di Mende viene analizzato in
Jack Lindsay, Le Origini dell'Alchimia nell'Egitto greco-romano, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001, pp. 103-123, anche in
Jackson Hershbell, “Democritus and the Beginnings of Greek Alchemy”, Ambix Nº34, 1987, in Allen Debus (Ed.) Alchemy and
Early Modern Chemistry; Papers from Ambix, The Society for the History of Alchemy and Chemistry, U.K.,2004.
37 Il φυσικὰ καὶ μυστικά, il testo alchimico più antico arrivato a noi, databile attorno al S I a.C. Ha una pregevole

edizione a cura di Matteo Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio, edizione critica del testo
greco, traduzione e commento, Arché, Milano, 2011. Anche si analizza il problema in, Jack Lindsay, Le Origini dell'Alchimia
nell'Egitto greco-romano, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001.
38 Le “Ricette Giocose di Democrito”, che troviamo nella raccolta di Papiri Magici Greci, in particolare PGM VII, 167-186.

Il testo, oltre divertimenti di simposio, παίγνια, include anche preparati afrodisiaci e apotropaici. Altre ricette di questo
papiro sono vicine ad alcune ricette che troviamo qua elencate e nei Cesti, in particolare le linee 193-214. Comunque
questo verrà analizzato nel seguente capitolo.
39 Wheeler propone che attraverso i frammenti di citazioni riconducibili a autori pseudo democritei come Nepualio,

Panfilo di Alessandria, uno pseudo Zoroastro, Alessandro di Mindo e Bolo di Mende, che troviamo in autori come
Plinio, Galeno, Columella, o Nicandro, rispetto all’antipatia tra lupi e cavalli, o tra cavalli e la pianta Achemenis, o la
storia dell’albero Persico, si può pensare che la tradizione pseudo-democritea include anche la tattica militare. Everett
Wheeler, Cambyses and the Persea Tree: Magic in Damocritus' Tactica and Julius Africanus' Kestoi, in Donum Amicitiae,
29
basate sulla descrizione e classificazione di simpatie e antipatie tra le sostanze. I paralleli
tra la tradizione pseudo-democritea e i Cesti sono ben stabiliti dalla bibliografia40, e nel
caso del commento di Psello, si riscontrano, secondo Sestili41, paralleli nell’uso delle lingue
di rana per delazioni di diverso tipo. Altro punto di contatto tra la tradizione pseudo-
democritea e i Cesti si trova in un frammento della Geoponica (un’enciclopedia bizantina
di agricoltura) che ci dice che i seguaci di Democrito e l’Africano affermano che l’uva
rimane completamente matura per sei giorni42. Oltre questo, nel passo di Psello troviamo
una procedura per un prodotto emostatico che include un composto erbale, un amuleto
appeso in un momento specifico del giorno e anche un incantesimo verbale, una
combinazione che un autore contemporaneo all’Africano come Galeno considererebbe
tipicamente magica e propria di gente ignorante superstiziosa43, e anche un accenno a
qualcosa che potrebbe essere magia erotica nella frase “accende e spegne passioni
amorose”(Ἔρωτας δὲ καὶ ἀνάπτει καὶ σβέννυσι44), anche se il riferimento non è sicuro.
Molto interessante risulta l’opposizione che fa Psello tra lo svolgersi naturale della
riproduzione e quello artificiale proposto dall’Africano. Non soltanto sembra opporre
qualcosa di giusto o corretto a qualcosa di illecito o fuori norma, ma anche mette su un
piano diverso dal naturale la τέχνη dell’Africano. In questo, credo Psello mostri un topos
usuale della letteratura tecnica antica, che considera a sé stessa come meravigliosa, come
un θαῦμα, la quale, per operare meraviglie, opera contro la natura, παρὰ φύσιν45. Anche
se l’idea di attuare “contro natura” ha diverse possibili letture,46, sembra che il sapere
tecnico antico abbia un componente liminale con quello dello spettacolo e anche con
quello della magia, perché permette di fare cose inattese e non comprensibili per chi non
ne sia competente, e in molti casi, è capace di mantenere occulta la causa naturale che
permette di fare le cose contro-natura47. Sebbene queste considerazioni siano riferibili alla
maniera nella quale Psello imposta il sapere dell’Africano, credo che i Cesti seguano
logiche simili, come vedremo più avanti.

Studies in Ancient History published on occasion of the 75th Anniversary of Foundation of the Department of Ancient
History of the Jagiellonian University, E. Dabrowa, Cracovia, 1997.
40 Su questo argomento ci dilungheremo nel commento dei passi dei Cesti e della pratiche. Si veda: Martin Wallraff,

Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, Willam Adler. (Eds.) Iulius Africanus, Cesti. The Extant Fragments,
Pp. XXVII-XXXII, Anne McCabe, Julius Africanus and the Horse Doctors, Die Kestoi des Julius Africanus und ihre
Überlieferung p. 345-374.
41 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.551.

42 Cesti, IX, n° 5. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.287.

43 Sull’attitudine di Galeno, si veda Paul Keyser, Science and Magic in Galen's Recipes (Sympathy and Efficacy), Studies in

Ancient Medicine, N° 16, Brill, Leiden, New York, 1997.


44 Cesti, IX sezione, 49.

45 Quest’idea proviene del trattato pseudo-aristotelico I Problemi Meccanici, ma si trova anche in altri trattati di

meccanica antica e tardoantica


46 Schiefsky propone 3 letture: quello inspiegabile, sovrannaturale, che veramente o in apparenze infrange le leggi

naturali, quello che attua contro le norme naturali usuali, o quello che è capace di forzare alla natura di attuare diverso
dal solito, e considera che nella trattatistica tecnica meccanica primeggiano le ultime due. M.Schiefsky, Art and nature in
ancient mechanics. In Bensaude-Vincent, B., Newman, W.R (Eds.). The Artificial and the Natural: An Evolving Polarity,
Cambridge: Massachusetts Institute of Technology Press. 2007
47 Su questo atteggiamento, si veda Jean Pierre Vernant, Mito y Pensamiento en la Grecia Antigua. Barcelona, España,

Editorial Ariel, 1985. Pp. 280-300, e Giuseppe Cambiano, Automaton, Studi Storici, Anno 35, Nº3, 1994.
30
Finalmente, si noti che Psello continuamente interpreta il testo dell’Africano
nell’ambito della magia. Parla esplicitamente dei concetti di amuleto, incantesimo,
meraviglia, contrastando le procedure dell’Africano con quelle usuali, arrivando a definire
γοητική, magica48, una procedura per cambiare la fertilità dei terreni. È chiaro che per lo
studioso bizantino, il testo risulta interessante e curioso, ma anche deve mostrarsi lontano
e critico vero un contenuto che sembra non legittimo49.
Finita l’analisi della testimonianza di Psello, volgiamo l’attenzione al testo dei Cesti. Il
primo cenno sul magico (idee e prassi) sulle idee sull’opera e il magico, la lo troviamo nel
proemio a Cesti VII:

“Gli effetti delle azioni, successi e sconfitte, cambiamenti e


guarigioni, sono regolati dalla ragione o dalla legge, e dal destino o
dalla sorte. È bene conoscere ciascuno di quegli effetti, raccogliendo
da tutti una molteplice vantaggiosa utilità: Una terapia contro le
malattie, o una dottrina segreta o un bel racconto (…) (κατὰ λόγον ἢ
νόμον ἢ εἱμαρμένην ἢ τύχην αἱ τῶν πραγμάτων ἐκβάσεις,
ἐπιγοναὶ καὶ φθοραί, ἀλλοιώσεις καὶ ἰάματ<α> · ὧν ἕκαστον
καλὸν εἰδέναι, συναγαγόντας ἐκ πάτνων ὠφέλειαν ποικίλην
καρπουμένην, θεραπείαν παθῶν ἢ ἱστορίαν ἀπόρρητον ἢ λόγου
κάλλος (…)”50

L’Africano fa un elenco degli elementi che regolano l’attuare umano e i suoi


risultati: la ragione, la legge, il destino e la sorte. Sono elementi tradizionali del pensiero
politico e storiografico antico, che pondera le capacità umane in un contesto di fortuna
variabile. Comunque, per il nostro tema risulta più importante la frase seguente, dove si
dice che i Cesti colgono dagli effetti dell’azione umana una vantaggiosa utilità (Thee
traduce “fruttuosi aiuti”51) che implica tre cose: terapie contro malattie, dottrine (Thee
traduce racconti52) segrete, e racconti belli. Questa descrizione del contenuto dell’opera ci
dice in una frase la proposta offerta dall’Africano con questo capitolo dei Cesti (anche se
più avanti dice che pensa che questi tre scopi li ha raggiunti in tutta l’opera): cercando
l’utilità, si mostrano terapie mediche, letteratura bella, divertente, e anche saperi occulti.
Per Adler, questa dichiarazione risulterebbe tipica di un intellettuale della seconda

48 Sebbene goetia e mageia sono parole che possono attuare come sinonimi, dall’epoca imperiale in poi alcune élite
intellettuali cercano di distinguere i concetti, collegando la mageia alle pratiche sapienziali e rituali dei sacerdoti
dell’impero persiano e anche a certe pratiche rituali e mistiche elitarie, come la teurgia, e la goetia alle pratiche falsarie e
superstiziose elaborate da personaggi di livello sociale basso, dando al concetto un senso più negativo. Cfr. Jose Luis
Calvo Marínez, La magia como religión y ciencia en el helenismo tardío, Jesús Peláez (Ed.) El dios que hechiza y encanta, magia
y astrología en el Mundo Clásico y Helenístico. Córdoba, ediciones El Almendro, 2002.
49 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, (Eds.) Willam Adler (Trad.). Iulius Africanus,

Cesti. The Extant Fragments, Pp. LXXVIII-LXXXIV


50 Cesti VII, proemio. Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto

Giulio Africano Pp.125.


51 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 105

52 Ídem.

31
sofistica53: un uomo che conosce un po’ di tutto, anche cose meravigliose, si esprime con
bellezza, diverte, ha esperienze di vita, e si vanta di tutto questo nella sua opera. A mio
parere, la frase è da collegare con il concetto di Κεστοί che intitola l’opera. Come abbiamo
visto, il concetto è un riferimento letterario omerico, che indica l’oggetto ricamato che
porta Afrodite e ha dentro di sé il potere della seduzione e l’incanto e che fu consegnato a
Era con un pretesto falso e per ingannare a Zeus. Il titolo ha molte valenze: riporta l’opera
e l’autore al mondo colto delle citazioni omeriche, si riferisce a un oggetto, cioè a uno
strumento utilizzabile per determinati scopi, si collega a un episodio di inganni, furbizie e
stratagemmi tra gli dei, è un oggetto dai poteri miracolosi e considerato magico nella
letteratura imperiale, ed è un oggetto bello da guardare, variegato, complesso. Il titolo di
Cesti porta con sé la valenza letteraria e sublime dell’opera, la valenza utilitaria,
strumentale e intelligente del contenuto e anche i riferimenti ai saperi meravigliosi e
“magici” che vi si trovano. Il proemio appena commentato credo che faccia lo stesso.
Il collegamento con il meraviglioso e il magico nel proemio si trova nell’ idea di
“dottrina o storia segreta” (ἢ ἱστορίαν ἀπόρρητον). Per questa lettura, il concetto di
segreto, ἀπόρρητος è centrale e storicamente va collegato al contesto delle religioni
misteriche54. Il senso di segreto, prima di tutto, si collega alla divisione sociale tra iniziato e
non iniziato propria di questi culti, assimilata dalle cerchie di maghi greco-egiziani che
stanno dietro i PGM. Il conoscere qualcosa di segreto, sia religioso, tecnico o magico,
porta con sé una coscienza di distinzione sociale e culturale. È un modo per dare autorità
anche al sapere che si porta e mantenerlo lontano da chi è considerato privo delle capacità
di capirlo e/o usarlo correttamente. Serve anche per proteggere il mago contro la
legislazione che perseguita la magia. In particolare, il concetto di segreto va collegato agli
epiteti e nomi segreti della divinità, che nel caso dei papiri magici permettono al mago di
controllare il potere divino. Questi nomi segreti sono interpretati come appartenenti al
linguaggio divino che serve per nominare veramente gli dei, e questo nome divino
rappresenterebbe l’essenza divina. Nel caso dei Cesti, un testo enciclopedico pragmatico e
indirizzato a un pubblico elitario, ma non chiuso, credo che il concetto di segreto è lì per
denotare l’originalità, profondità e autorità del sapere. Così come il mago o l’iniziato
hanno un sapere particolare che li distingue e permette loro di fare cose che un profano
non può, così l’Africano propone maniere inaudite di risolvere i problemi proposti.
Torniamo alla posizione liminale del sapere tecnico e sulla natura nell’epoca, messo al
servizio della retorica del nostro autore55. Nel caso dei Cesti, questo sapere segreto
conterrebbe le relazioni simpatetiche e antipatetiche delle sostanze naturali, sulla scia della
tradizione pseudo-democritea, non quella dei culti misterici. Un sapere più profondo e
vero sulla natura, che controllato e utilizzato con intelligenza diverte, sorprende e risolve i
problemi umani. Questa concezione di sapere si può collegare con il sapere meccanico e

53 William Adler, The Cesti and Sophistic Culture in the Severan Age, in Martin Wallraff e Laura Mecella (Eds.) Die Kestoi
des Julius Africanus und ihre Überlieferung, De Gruyter, Berlino, 2009.
54 Per l’etimologia e valenze del concetto nel contesto delle religioni misteriche e nei testi magici si veda: Raquel Martín-

Hernández, El Orfismo y la Magia, Tesis de la Universidad Complutense de Madrid, Facultad de Filología, Departamento
de Filología Griega y Lingüística Indoeuropea, 2006. Pp. 146-186.
55 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, (Eds.) Willam Adler (Trad.). Iulius Africanus,

Cesti. The Extant Fragments, Pp. XXVII-XXXII.


32
anche al vocabolario dello stratagemma militare56. Il tecnico, meccanico o militare, è astuto,
abile, ha infinite risorse, domina il mondo con la sua μῆτις. La macchina forza la natura a
fare quello che il meccanico vuole e sorprende chi osserva e non capisce come funziona, lo
stratega forza il nemico a mettersi in posizione di svantaggio e lo sorprende con azioni
inaspettate.
Questo collegamento tra segreto e stratagemma si trova di nuovo più avanti nei
Cesti, nel capitolo due di Cesti VII, “Sull’annientamento dei nemici”. Dopo un elenco di
exempla storici greci che mostrano come i fattori che possono fare perdere una battaglia
sono molti e imprevedibili, l’Africano sottolinea che non sempre è utile lottare a campo
aperto ma “occorre combattere i nemici con molti altri stratagemmi, anche quelli più
segreti (Thee traduce arti sconosciute) (ἀλλὰ γὰρ πολλαῖς τισι κατὰ τῶν πολεμίων καὶ
ταῖς λανθανούσαις τέχναις στρατηγητέον57)”. Nuovamente troviamo il concetto di un
sapere tecnico occulto, segreto, non conosciuto, non visto (λανθάνω) che va applicato
all’arte militare per conformare uno stratagemma. Il capitolo continua elencando diversi
stratagemmi già conosciuti nella letteratura e come contrastarli, ma alla fine,
immaginandosi guidando un esercito, l’Africano aggiunge qualcosa di nuovo:

“Li arresti una distruzione senza l’uso di armi, la morte senza


battaglia! Vinciamoli con l’alleanza dell’aria e con l’aiuto dell’acqua!
Le nostre armi contro di loro siano gli elementi naturali! Guido uno
schieramento segreto, combatto una battaglia invisibile. Cada ogni
nemico per avere respirato, bevuto, mangiato! Gli rendo pericolose
tutte le cose (…) L’aria, alleandosi ai Lacedemoni, svuotò Atene
piena di abitanti (…) Coloro che vincono guerre siffatte,
attribuiscono le vittorie a divinità particolari. Imitiamo anche noi
quelle divinità! E la fortuna obbedisce spontaneamente alla nostra
arte(…)Κατασχέτω αὐτοὺς δίχα σιδήρου φθορά, δίχα μάχης ἡ
τελευτή. Nικήσωμεν αὐτοὺς ἀέρι συμμάχῳ καὶ ὕδατι βοηθῷ· μετὰ
τῶν στοιχείων κατ'αὐτῶν ὁπλισώμεθα. Ἀπορρήτου παρατάξεως
στρατηγῶ, ἀσυμφανεῖ μάχῃ χρῶμαι. Πεσέτω πολέμιος πᾶς,
ἀναπνεύσας, διψῶν, ἢ φαγών· ἐπικίνδινα αὐτῷ πάντα ποιῶ (…)
Ἐκένοσε τὰς Ἀθήνας πεπληρωμένας Λακειδαιμονίοις ἀὴρ
συμμαχῶν,(...) Ἀνατιθέασιν οἱ νικῶντες τοὺς τοιοὺτους πολέμους
ἰδίοις θεοῖς. Ἐκείνους καὶ ἡμεῖς μιμησώμεθα τοὺς θεούς·
αὐτόματος τύχη ὑπὸ τῆς ἡμετέρας τέχνης γίνεται”58

56 Sul vocabolario della tattica e lo stratagemma antichi, si veda Everett Wheeler, Stratagem and the Vocabulary of Military
Trickery, Mnemosyne, Supplements, Volume: 108, Brill, Leiden, 1988. Sul concetto di μῆτις applicato al sapere tecnico, si
veda veda Jean Pierre Vernant, Mito y Pensamiento en la Grecia Antigua. Barcelona, España, Editorial Ariel, 1985.
57 Cesti VII, 2, 18-19, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto

Giulio Africano P.135, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 110.

58Cesti VII, 2, 50-59, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto
Giulio Africano P.136-139, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 112.
33
Il testo non soltanto ci mostra l’atteggiamento retorico un po’ esagerato
dell’Africano rispetto allo stratagemma che sta introducendo (Una ricetta per produrre
cibo avvelenato per le truppe nemiche59), ma anche per le associazioni di concetti utilizzati
per definirlo, che ci riportano agli elementi prima spiegati. Così, l’Africano si vanta di
vincere senza armi, con l’alleanza dell’aria e l’acqua, elementi naturali (στοιχεῖον60) che si
trasformano nelle sue armi. E queste armi si trasformano in un esercito segreto
(ἀπόρρητος) in una battaglia che non si vede (Thee traduce come “non vista”, cosa che a
me fa più senso). L’Africano dopo passa agli exempla storici, ricordando come le pesti
hanno aiutato i lacedemoni contro gli ateniesi, e dopo collega questo alle credenze nel
sovrannaturale: chi vince una battaglia in circostanze come quelle dei lacedemoni, dice
l’Africano, attribuisce la vittoria a una certa divinità, e lui si dice capace di imitarla
(μιμησώμεθα τοὺς θεούς), ottenendo che la fortuna obbedisca spontaneamente alla sua
arte (αὐτόματος τύχη ὑπὸ τῆς ἡμετέρας τέχνης γίνεται). Il racconto descrive così un
ampio cerchio che comprende tutto quello di cui si è parlato prima: uso di forze naturali,
modi di battaglia segreti, non visti, riferimenti storici, imitazione della divinità, tecnica che
fa attuare la fortuna da sola, spontaneamente (αὐτόματος). La tecnica dei Cesti è capace di
fare qualcosa che normalmente si attribuisce agli dei, scatenando una peste sul nemico. È
uno stratagemma proprio, originale, non conosciuto da altri né dal nemico, e si attua senza
essere visto. È capace di manipolare le forze naturali e la fortuna, facendo che da sole,
automatos, si trasformino in alleate di lui, indicando che il suo sapere sulla natura innesca
meccanismi interni, “automatici” che producono il risultato. L’Africano approfitta delle
valenze storiche e mitiche della sua proposta di stratagemma, ma la sua procedura
sorprendente funziona in maniera naturale, anche se occulta.
Più avanti in Cesti VII, troviamo un capitolo sull’addestramento dei cavalli. Si
descrive come i cavalli hanno virtù e vizi come gli uomini, e si afferma che l’arte dei
domatori di cavalli (Τέχναι μὲν οὖν πωλοδαμνῶν61) frena o corregge quei vizi. Come
prima fece l’Africano con gli stratagemmi, si descrivono alcuni metodi degli addestratori,
come usare la museruola, controllare il cibo, la castrazione, la frusta. Dopo, per introdurre
il metodo dell’Africano, che consiste in una iscrizione incisa nello zoccolo sinistro del
cavallo62, si descrive il caso di un cavallo che comunque non vuole obbedire, e si dice che:

“Poiché contro tali vizi sono inefficaci le percosse, le minacce,


l’abilità e il cibo, i difetti della natura siano corretti dalla scienza della
natura. (Ἐπεὶ τοίνυν ἀσθενὴς πρὸς τὰ τοιαῦτα πληγὴ καὶ ἀπειλὴ
καὶ τέχνη καὶ τροφή, κακία φύσεως τέχνῃ φύσεως
διορθούσθω)63”.

59 Sulla procedura, si veda il capitolo seguente.


60 Da notare che nella fisica antica, il plurale, στοιχεῖα si utilizza per definire i quattro elementi che conformano la
materia: acqua, aria, terra e fuoco. Si veda The Liddel Scott Online,
http://www.perseus.tufts.edu/hopper/morph?l=stoixeion&la=greek#lexicon, visto il 29/09/2018 alle 17:11.
61 Cesti VII, 6, 14, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio

Africano P.152, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 120.
62 Ne parleremo dopo nella sezione sulle pratiche.

63 Cesti VII, 6, 23-24, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto

Giulio Africano P.154-155, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 120
34
L’Africano non usa la τέχνη del domatore di cavalli, ma un’altra, la τέχνη φύσεως.
Questa denominazione di arte o scienza della natura, ha una valenza importante. Il
vocabolario tecnico posteriore lo utilizzerà come sinonimo di magia64, e nel sapere
enciclopedico antico e tardoantico va collegato a incantesimi, amuleti e rimedi simpatetici
e antipatetici di diverso tipo. Possiamo anche collegarlo alla tradizione alchemica, come
suggerito da Thee, che cita a piede di pagina i testi alchemici del Papyrus Graecus
Holmiensis tradotti da Berthelot e Ruelle65. In particolare, la frase κακία φύσεως τέχνῃ
φύσεως διορθούσθω, a me ricorda la frase cardine del Physika kai Mystika, che sintetizza
tutto il sapere alchemico in poche parole secondo l’autore del testo: “La natura si compiace
della natura, la natura vince la natura, la natura domina la natura (ἡ φύσις τῇ φύσει
τέρπεται, καὶ ἡ φύσις τὴν φύσιν νικᾷ, καὶ ἡ φύσις τὴν φύσιν κρατεῖ66)”. Sebbene il tono
e la terminologia siano diversi, credo che entrambe le frasi hanno un punto di
collegamento: entrambi i sapienti possiedono un sapere sulla natura che permette di
modificare la natura stessa. Se lo Pseudo-Democrito collega l’idea di natura alle proprietà
occulte dei materiali che permettono la sua trasformazione in altri67, l’Africano qua
conosce una formula e una procedura che permette la correzione del difetto nella natura
del cavallo. D’altro canto, la frase dello Pseudo-Democrito è una delle attestazioni
occidentali più antiche che abbiamo rispetto a una concezione di simpatia universale, cioè
quella che sostiene l’esistenza di legami segreti tra gli oggetti, le persone, gli dei e gli astri
che si possono manipolare per ottenere il risultato desiderato.
L’Africano ci tramanda due riflessioni diverse e contradittorie per spiegare il potere
di determinate sostanze naturali a utilizzare per trarre vantaggio e utilità. In Cesti VII, 3
riflette sull’utilizzo di pietre stomacali la carne e le ossa di galli vittoriosi68 per migliorare
la resitenza fisica e il valore di soldati, gladiatori e atleti. Cosí l’Africano spiega il suo uso:
“Si trovano anche nel gallo vittorioso nel combattimento, dopo
essere stato immolato, e ciò dimostra che la causa della superiorità
non è il valore dell’uccello, ma la natura della pietra.”
εὑρίσκεσθαι δὲ ἐν κατατυθέντι τῷ νικήσαντι, ὡς οὐχὶ τῆς
ἀρετῆς τοῦ ὄρνιθος, ἀλλὰ τῆς φὺσεως τοῦ λίθου αἰτίας τοῦ
κρατεῖν γεγενημένης”69

64 Sestili lo afferma seguendo Vieillefond, in particolare a partire delle testimonianze presenti in autori tardoantichi come
Apsirto, Pelagonio, o la Geoponica. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.353-362. Nella stessa linea
Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 272.
65 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 287.

66Pseudo-Demócrito, Phisiká Kai Mystiká, 3. Matteo Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario

di Sinesio, edizione critica del testo greco, traduzione e commento, Arché, Milano, 2011
67 Normalmente si considera che il processo alchemico antico si può capire come un processo di cambio qualitativo della

materia, che attraverso l’interazione degli ingredienti e le sue proprietà (nature) va modificando il suo stato e colore
(nella successione nero, bianco, giallo, viola), fino ad arrivare alla “creazione dell’oro”. Lindsay, Jack, Le Origini
dell'Alchimia nell'Egitto greco-romano. p.122
68 Sulla procedura in specifico parleremo nel capitolo 7.

69 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.146-147

35
L’Africano non attribuisce il potere delle pietre alle caratteristiche del gallo, invece,
il gallo porta con sè una pietra che per la sua natura (τῆς φύσεως τοῦ λίθου) dà forza e
vigore al gallo, e che dopo può essere utilizzata dagli uomini per lo stesso scopo.
Ma può essere anche esattamente al contrario. Nel caso che un lottatore mangi un
gallo vittorioso e dopo bruci le sue ossa, l’Africano attribuisce l’effetto positivo alle qualità
particolari del gallo:
“L’uccello non più annunciatore del giorno, ma della vittoria
futura, rendendo erede della propria invincibilità colui che lo ha
mangiato trasmette all’uomo il proprio valore”.
Ὁ ὄρνις, οὐκ ἔθ' ἡμέρας ἀλλὰ νίκης ἐσομένης ἄγγελος
διάδοχον ἀηττησίας τῆς ἑαυτοῦ τὸν φαγόντα ποιῶν, ἐς τὸν ἄνδρα
ᾖ ἀρετῇ μετοικεῖ”70

Cosí, vediamo che l’Africano ammette non soltanto che ci sono proprietà occulte
delle sostanze naturali che si possono usare, ma anche che certi rituali possono trasmettere
qualità particolari degli individui. In ogni caso, la base è la trasferenza di proprietà da un
animale all’uomo in una logica di contagio o contiguità71.
Uno dei momenti più interessanti dei Cesti è il capitolo che spiega come evitare i
problemi che causa il sonno agli eserciti attraverso un amuleto fatto con la testa o le ali di
un pipistrello72. Prima si fa una descrizione degli effetti del sonno sugli uomini e sulla
natura, nominando episodi omerici e mitologici vari, oltre che esempi di stratagemmi
militari che cercano di approfittarne73. E dopo l’autore introduce la sua ricetta, con altro
testo retorico e mitologico:
“Abbiamo compassione della sorte degli uomini; consoliamola
dunque delle difficoltà, causate da sonni inopportuni, con le
sofferenze degli dei. Il re della Frigia trovò Sileno addormentato e lo
incatenò. Un altro grande personaggio ebbe la stessa fortuna con un
satiro. Ma io non mi ritengo indegno di essere considerato pari a
quelli. Essi infatti si sono impadroniti di divinità terrestri e umili che
dormivano, invece io cerco di impadronirmi di colui che li ha
incatenati. Io intendo sottomettere il Sonno alla mia scienza, affinché
questo padrone e doma-tori di ogni cosa abiti soltanto presso di me.
Veglino insieme a me il re che delibera, il soldato che monta di
guardia e il comandante affaticato dopo il combattimento. Io mi
schiero contro di te Sonno; come tu lotti contro tutti, cosi anche io
lotterò contro te con l’astuzia. Τὴν ἀνθρώπων ἐλεοῦμεν τύχην·
παραμυθησώμεθα τὰς ἐξ ὕπνων ἀκαίρων ἐπηρείας δαιμονίῳ

70 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.148-149.


71 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Pp. 243-244.
72 Si veda il capitolo seguente per l’analisi della procedura

73 Su questo passo, autori come Rampoldi o Bjorck notano un sottile uso dell’ironia e l’umore, con un Africano che ride

sopra le sventure mitiche di quelli sottomessi al sonno. Comunque, la prima considera che alla fine dei conti i Cesti è un
manuale militare pragmatico, mentre il secondo propone che l’opera fosse una parodia delle scienze dell’epoca. Tiziana
Rampoldi, I 'kestoi' di Giulio Africano e l'imperatore Severo Alessandro, ANRW, 2, 34, 3, p. 2451-2470, 1997
36
πάθει. Σιληνόν εὗρεν καθεύδοντα καὶ ἔδησεν βασιλεύς ὁ Φρύξ·
καὶ σάτυρον δὲ ἂλλος ἐυτιχὴς ἡγεμών. Οὐκ ἀπαξιῶ δὲ ἐμαυτὸν
τῆς πρὸς ἐκείνους ἰσοτιμίας. Περιγείους ἐκεῖνοι δαίμονας καὶ
παπεινοὺς εἶλον κεκοιμημένους· ἐγὼ λαβεῖν τὸν ἐκεὶνους
δήσαντα ζητῶ·Ὕπνον γενέσθαι θέλω τῆς ἐμῆς ἐμπειρίας ἥττονα,
ἵνα παρ'ἐμοὶ μόνῳ ἄναξ καὶ πανδαμάτωρ οὗτος οἰκῇ.
Συναγρυπνείτω μοι καὶ βουλευόμενος βασιλεὺς καὶ στρατιώτης
φρουρῶν καὶ ἀριτεὺς ὁ καμών. Ἀντιτάττομαί σοι Ὕπνε· ὡς σὺ
κατὰ πάντων, οὕτος κἀγὼ κατὰ σοῦ στρατηγήσω”74.

Il testo continua con i paralleli mitici, segnalando altri casi di divinità (definite
dall’Africano demoni, δαιμονίῳ si legge nel testo) che sono state messe nei guai dal sonno,
come Sileno catturato dal re della Frigia Mida o un satiro da “un grande personaggio”. In
questo punto, Sestili75 suggerisce che il “grande personaggio” dietro la cattura del satiro
sarebbe Apollonio di Tiana, che secondo Filostrato, contemporaneo dell’Africano e anche
cortigiano dei severi76, avrebbe risolto i problemi che creava l’essere mitico facendolo
dormire con vino. Se veramente l’Africano pensa ad Apollonio, la frase seguente, nella
quale lui dice che potrebbe essere paragonato a quelli, avrebbe un senso utile per la nostra
indagine. La Vita di Apollonio di Tiana di Filostrato cerca, sin dall’inizio, di respingere la
lettura di Apollonio come mago, presentandolo invece come un uomo saggio, un filosofo
pio che conosce meglio di nessuno il mondo naturale e il mondo divino. Apollonio per
Filostrato è un uomo divino, e per questa ragione può fare i miracoli che li vengono
attribuiti77. Se l’Africano effetiavemente si sta paragonando ad Apollonio si Tiana, si
potrebbe leggere tra le righe che sta cercando di mostrarsi con un uomo sapiente che è
capace di fare miracoli grazie al suo sapere. Evidentemente, non credo che l’Africano si
pensi nei Cesti come un uomo divino, ma con questo parallelo tra persoanggi servirebbe a
segnalare la distinzione tra il sapiente e il mago, e al riconoscimento delle capacità
apparentemente miracolose del sapiente. In questo, si deve ricordare la proposta di Adler
di situare all’Africano dentro della seconda sofistica78 e il ruolo centrale che ha Filostrato
nel definire l’identità di questo movimento79. Otre questo, il paragone dell’Africano con
“il re della Frigia” e il “grande personaggio”, ha un’altra funzione: permette l’esaltazione
retorica della procedura, giacché questa li permetterebbe di dominare il sonno, colui che

74 Cesti VII, 17, 22-32, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto
Giulio Africano P.184-187, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 136-137.
75Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.418.

76 Comunque, la datazione è complicata. Sappiamo che Filostrato lascia la corte nel 217, e che l’Africano si presenta a

Roma varie volte dopo il 221. La vita di Apolonio di Tyana non ha datazione chiara, soltanto che fu composta mentra
Filostrato era nella corte, ma finita dopo il 217. Alberto Bernabé. Filostrato, Vida di Apolonio de Tiana, traducción,
introducción y notas de Alberto Bernabé, Editorial Gredos, Madrid, 1992
77 Su questa lettura della figura di Apollonio, si veda l’Introduzione alla traduzione della Vita di Apollonio di Tyana

dell’editoriale Gredos, fatta da Alberto Bernabé. Filostrato, Vida di Apolonio de Tiana, traducción, introducción y notas de
Alberto Bernabé, P.18-22. Un buon riassunto del problema in Claudio Moreschini, Storia del Pensiero Cristiano Tardo-Atico,
Bompiani, Milano, 2013 Pp.56-66.
78 William Adler, The Cesti and Sophistic Culture in the Severan Age, in Martin Wallraff e Laura Mecella (Eds.) Die Kestoi

des Julius Africanus und ihre Überlieferung.


79 Filostrato, Vida di Apolonio de Tiana, traducción, introducción y notas de Alberto Bernabé, P.16

37
ha dominato le divinità/demoni che questi personaggi hanno dominato. Il padrone di tutte
le cose viene sottomesso alla pratica, arte o scienza (ἐμπειρία) dell’Africano. Di nuovo
troviamo l’esaltazione retorica della capacità della tecnica e il sapere, che dopo viene
rafforzata con una dichiarazione di guerra al sonno stesso. Sestili traduce che la guerra
sarà con l’astuzia, cosa che si collega con il nostro discorso sul sapere tecnico e militare. Il
contenuto del testo anche può ricordare un testo magico di invocazione di un demone,
dove il mago assoggetta l’essere divino utilizzando i nomi segreti della divinità
superiore80, ma come Thee chiarisce81, l’Africano non invoca al Sonno per utilizzarlo a
piacere, ma cerca di “assoggettarlo” lottando contro i suoi poteri con l’amuleto che
propone. Neanche l’Africano invoca divinità supreme e nomi segreti per questo
obbiettivo, e per questo l’assoggettamento del sonno si deve capire come un dispositivo
retorico e non un’invocazione.
Dopo la descrizione dell’uso della testa e le ali di pipistrello per evitare il sonno,
altra disgressione retorica compare:
“Tu sei figlio della Notte, oh Sonno, e un uccello della notta vince te;
tu sei alato, e anche io ti impedisco di agire con l’aiuto di un altro
uccello alato. Νυκτὸς εἶ τέκνον ὦ Ὕπνε·νυκτὸσ ὄρνις σε νικᾷ · εἰ
καὶ πετρόεις τυγχάνεις, προλαμβάνω σε κἀγὼ ἄλλῳ πτερῷ”82.

L’uso di analogie tra il Sonno e il pipistrello può avere nuovamente una funzione di
abbellimento retorico, ironizzando sulla sconfitta del sonno, ma anche presenta elementi
tipici della logica magica simpatetica, nella quale cose che abbiano qualche similitudine o
anche opposizione (sia questa simbolica, come collegata alla mitologia, come derivata
dell’interpretazione di osservazioni più o meno empiriche) hanno capacità di collegarsi e
influenzarsi. Sebbene la già nominata tradizione pseudo-democritea è basata su una
ricerca cosciente di questi legami segreti, questa logica di pensiero si trova alla base delle
maledizioni antiche e in alcuni casi le defixiones fanno esplicita questa logica83.

80 Ad esempio, Thee critica i paralleli fatti con la cosiddetta Liturgia di Mitra, PGM IV, 555-75, dove il mago si mostra
senza paura di fronte alle divinità e risulta capace di cambiare la sua attitudine attraverso suoni e voces magicae. Altre
pratiche coattive che dicono di sottomettere divinità e demoni li troviamo nel PGM IV 2241-2355, un’invocazione
coattiva a Selene per una maledizione o il PGM XVI, dove si invoca e sottomette il demone di uno morto per fini erotici,
con diverse Voces Magicae.
81 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, pp. 290-91

82 Cesti VII, 17, 44-45, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto

Giulio Africano P.186-187, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 136-137.
83 Ad esempio, PGM IV, 1497-1565, una maledizione erotica a base di mirra, in particolare: “Come io faccio ardere te

completamente [si riferisce alla mirra usata nel rituale], e sei forte, cosi brucia completamente il cervello di quella che amo, tizia,
accendi e trasforma le sue viscere, falla sudare sangue fino a quando venga a me, tizio figlio di tizia”. Jose Luis Calvo Martínez,
Textos de magia en papiros griegos.Editorial Gredos, Madrid, 1987. Sebbene questo papiro sia probabilmente del IV sec.
d.C., pratiche simili sono attestate in testi letterari ellenistici, come l’Idilio II di Teocrito databile nel III sec. a.C. dove la
protagonista Simeta realizza un rituale magico per riportare a lei l’amato Delfi, che la ignorava, e dove si utilizzano
abbondantemente analogie, basti nominare una:” Come questa cera con l’aiuto della dea io sciolgo, cosi di amore si sciolga Delfi
di Mindo, e come gira questo rombo di bronzo per opera di Afrodite, così giri lui la mia porta”. Teocrito, Idilio II, 28-38, Autori
Vari, Bucólicos Grieogos, Introducciones, Traducciones Y Notas Por Manuel García Teijeiro y M.A Teresa Molinos Tejada,
Editorial Gredos, Madrid, 1986. Il passo si trova ben commentato in Mattew Dickie, Magic and magicians in the Greco-
Roman World, Routledge, Londra e new York, 2001. Pp.96-103. Anche le tavolette di maledizione dell’epoca dell’Africano
invocano le similitudini per rafforzare la maledizione, ad esempio, in SGD 33, Lopez Jimeno 227, una maledizione
Ateniese del III sec. d.C. Dove dopo invocare a Tifone, si dice: “(…) Cosí come questi nomi sono freddi, cosi anche si geli il
38
Uno degli elementi caratterizzanti della magia antica è l’appello, attraverso diversi
meccanismi, al potere di demoni e divinità. Sebbene il pensiero pagano svilupperà diversi
meccanismi per distinguere tra magia, scienza e religione, e anche una legislazione contro
la magia vista come pericolosa, l’associazione tra la magia e il demonio, inteso come
incarnazione del male, sarà uno degli elementi tipici del pensiero patristico sulla magia84.
Con questo meccanismo di pensiero, la concezione di magia come percolo sociale verrà
applicata, oltre alle pratiche che già le élites politiche e culturali pagane identificavano
così, anche alle pratiche religiose dei gruppi definiti come eretici (una tipica strategia
eresiologica fa derivare una grande quantità di eresie dal personaggio di Simon Mago) e
alle pratiche religiose proprie della religione dello stato pagano. Come nota Thee, il
concetto di magia demoniaca si trova nel pensiero dell’Africano, ma ha quasi nulla
presenza nei Cesti, essendo un caso eccezionale nel panorama della patristica. I passi
collegati al problema sono pochi e brevi. Abbiamo visto come l’Africano considera demoni
Sileno e il satiro che nomina. Demone è un concetto che ancora nell’epoca dell’Africano ha
diverse valenze, può indicare il diavolo nella letteratura patristica, definire l’anima umana
seguendo un vocabolario platonico, indicare spiriti che incarnano forze naturali o esseri
mitologici, come sembra che fosse in questo caso, ma anche indicare gli spiriti dei morti
che non sono in pace o un eroe in un culto locale85. In altro passo, l’Africano, parlando
della virtù profetiche dei cavalli (ἵππων μαντικήν), dopo ricordare Omero come uno che
li conosceva e lamentarsi che i generali non conoscano questa utilissima virtù, ci dice che i
cavalli segnalano gli attacchi nemici, predicono le uccisioni, notano truppe in agguato e
anche gli spiriti/demoni:

“E non hanno soltanto scoperto i malfattori; credimi: vedono anche


gli spiriti e so che molti nei trivii hanno nitrito, sono caduti e con la
loro voce hanno annunciato il pericolo” Καί οὐκ ἀνθρώπους
πονηρούς ἔδειξαν μόνον· πίστευσον λέγοντι, ὁρῶσι καὶ δαίμονας,

nome, l’anima, la furia, la conoscenza, il ragionamento, il maleficio, la mente, il sapere, il ragionamento di Giuliano. Che rimanga
sordo, muto, stordito, che non si irriti (…) che non abbia assolutamente nessuna forza contro nessuno” Prima soltanto lo facevano
nel rituale, nel quale la tavoletta di piombo, materiale freddo, oscuro e legato all’Ade per questo era iscritta solo con in
nomi delle vittime, attraversata da un chiodo come atto di legatura e lasciata in un tempio di divinità ctonia, in un pozzo,
bagno pubblico o fogna, o in una tomba) Si veda: Amor Lopez Jimeno, Textos griegos de maleficio, Akal, Madrid, 2001.
Anche i diversi contributi sulla tematica in C. A. Faraone, D. Obbink, (Eds.) Magika Hiera: Ancient Greek Magic and
Religion. Oxford University Press, Oxford, 1997.
84 Si è parlato di un processo di demonizzazione della magia, che ha elementi elaborati nel pensiero pagano, ma che si

sviluppa soprattutto nel pensiero cristiano dal secolo II in poi. Valerie Flint, The demonisation of magic and sorcery in late
antiquity. Cristian redefinitions of Pagan relions, in In Bengt Ankarloo, Stuart Clark (Ed.) Witchcraft and Magic in Europe,
Ancient Greece and Rome (Vol 2), University of Pennsylvania Press, Filadelfia, 1999, Naomi Janowitz, Magic in the Roman
World. Pagans, Jews and Christians. New York: Routledge, 2001. Thee passa rivista ai principali passi patristici sulla
magia, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Peter Brown analizza i fenomeni sociali dietro
le accuse di magia. Peter Brown, Sorcery, Demons, and the Rise of Christianity from Late Antiquity into the Middle Ages, in
Mary Douglas (ed). Witchcraft Confessions and Accusations, Routledge, 2013
85 Sul problema della demonologia antica, si veda: Georg Luck, Arcana Mundi. Magic and the Occult in the Greek and Roman

Worlds A Collection of Ancient Texts, The Johns Hopkins University Press, Baltimore, 2006 Pp. 207-220.
39
καὶ οἶδα πολλοὺς ἐν τριόδοις χρεμετίσαντας καὶ πεσόντας καὶ
κηρύξαντας τῇ φωνῇ τὴν απειλήν.86.

Seguendo a Thee e Sestili87, il passo non solo mostra che l’Africano collega i demoni con
situazioni di pericolo e/o cattive, ma anche rimanderebbe alla presenza di divinità
malefiche o collegate alla magia, in tanto gli incontri di strade, i trivii, sono collegati a
divinità infere e direttamente associate alla magia come Ecate nella tradizione religiosa
pagana.
L’Africano anche dimostra certa scomodità con la prassi rituale magica
contemporanea, anche se per lui è una tematica sucuramente interessante. In Cesti XVIII,
che descrive un supposto passo perduto dell’Odissea, dove l’eroe per entrare negli inferi e
parlare con Tiresia, fa un’invocazione sincretica che include divinità egiziane, greche, il
dio ebreo e anche nomi divini tipici della pratica magica, come Abrasax o Ablanatho88.
L’interessante per ora, è la spiegazione che da l’Africano sul perché questo suo
“ritrovamento” non sia parte del canone dell’Odissea:

“Trovandosi dunque la parte superflua in queste condizioni, o il


poeta stesso, per riguardo al prestigio dell’argomento trattato, ha
sottaciuto il resto dell’invocazione, oppure i Pisistratidi, raccogliendo
gli altri poemi omerici, hanno soppresso questi versi, giudicandoli
qui estranei al disegno del poema (…) Εἴτ' οὖν οὕτως ἔχον ἀυτὸς ὁ
ποιητὴς τὸ περίεργον τῆς ἐπιρρήσεως τὰ ἄλλα διὰ τὸ τῆς
ὑποθέσεοως ἀξίωμα σεσιώπηκεν, εἴθ'οἱ Πεισιστρατίδαι τὰ ἄλλα
συνράπτοντες ἔπη ταῦτα ἀπέσχισαν , ἀλλότρια τοῦ στοίχου τῆς
ποιήσεως ἐκεῖ ἐπικρίναντες”89

Cesti XVIII, e in particolare questa spiegazione, sono stati sempre un problema per
gli interpreti. Come un uomo colto, che conosce l’epica e la retorica, ed è capace di
analizzare la Bibbia con criterio filologico preciso, ci presenta questo testo evidentemente
non Omerico come Omerico? Alcuni hanno proposto che il testo sia una specie di scherzo
letterario o di atto ironico, altri, che magari l’Africano semplicemente ha creduto alle copie
dell’Odissea che lui cita come fonti del testo90 o più di recente, che il frammento fosse
un’aggiunta dell’Africano per una nuova edizione91. Seguendo quest’ultima
interpretazione, Ahuvia Kahane92 propone che l’Africano cerca di immaginare l’entrata di

86 Cesti VII, 8, 11-14, Traduzione di Antonio Sestili, su testo greco di Viellefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto

Giulio Africano P.158-159, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 122.
87 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.364, Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of

Magic, P. 122.
88 La pratica la analizzeremo nel capitolo seguente. Cesti XVIII, Pap. Oxy 412, Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio

Africano Pp 266-273.
89 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano P.270-271.

90 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, Pp. 536-538.

91 Martin Wallraff, Carlo Scardino, Laura Mecella, Christophe Guignard, (Eds.) Willam Adler (Trad.). Iulius Africanus,

Cesti. The Extant Fragments, Pp. XXXIII-XXXIX.


92Kahane, Ahuvia.The Literary Charms of P.Oxy.412, in Hyperboreus, Vol. 3, 1997, p. 319-335.

40
Odisseo agli inferi attraverso un’invocazione magica contemporanea, unendo il suo
mondo e i suoi interessi con un testo considerato iconico. Per fare questa operazione,
L’Africano utilizza un argomento filologico che sembra indicare che lui conoscerebbe
meglio il testo che Omero stesso, in un atto si estrema trasgressione letteraria. L’Africano
noterebbe l’impossibilità dell’unione tra il mondo omerico e il mondo magico del suo
tempo, e per questo fa questo esercizio di giustificazione, immaginando le ragioni
dell’eliminazione del” testo originale”. E in queste ragioni, troviamo un accenno sull’idea
di magia dell’Africano: Da una parte, lui la considera degna di essere inclusa nell’epica, e
per questo fa questa operazione filologica, d’altra parte attribuisce a Omero e ai Pisistratidi
ragione contrarie. Il testo è eloquente. L’Africano definisce l’azione di Odisseo ἐπίρρησις,
invocazione, incantesimo, usando vocabolario tecnico specifico, ma soprattutto dice che il
testo è περίεργον, cioè superfluo, eccessivo, inutile, esagerato, ma questo concetto ha
anche valenza di magico o superstizioso. Per questo, Omero “tace” i versi, perché non
sono all’altezza del prestigio dell’argomento. Per i Pisistratidi, l’argomento è filologico:
avrebbero considerato i versi fuori il disegno o disposizione del poema. In questa
spiegazione, l’Africano si fa carico della sanzione sociale sulla magia, riconosce, anche se
solo indirettamente e attraverso un artificio filologico, che un’invocazione come quella
descritta non è qualcosa che possa entrare nell’epica. Seguendo questa logica, una pratica
d’invocazione dei morti che ben potrebbe trovarsi nei PGM, solo si mostra nei Cesti dentro
di una ricostruzione letteraria e riconoscendo che è qualcosa di scomodo, mentre le parti
pragmatiche non sono considerate magiche, ma ricette utili, segrete e interessanti.
L’unico collegamento esplicito fra il concetto di magia e le forze sovrannaturali
negative attribuibile all’Africano, non si trova nei Cesti, ma nella Chronographia. In quel
frammento, che troviamo citato nella Cronografia di Giorgio Syncello, l’Africano
commenta il racconto dell’unione tra gli angeli e le donne, che trasmette una serie di
conoscenze all’umanità, e dà luogo alla nascita di una razza di giganti che sarà distrutta da
Dio per la sua empietà nel Diluvio Universale:

“But let us suppose they refer to 'angels' Then it was they who
transmitted knowledge about magic and sorcery, as well as the
numbers of the motion of astronomical phenomena, to their wives,
from whom they produced the giants as their children; and when
depravity came into being because of them, God resolved to destroy
every class of living things in a flood (…) Ei δε έπ' αγγέλων νοοΐτο
έχειν τούτους, των περί μαγείας και γοητείας, έτι δε αριθμών
κινήσεως των μετεώρων ταΐς γυναιξί την γνώσιν παραδεδωκέναι,
ίο αφ' ων έποιήσαντο παΐδας τους γίγαντας, δι' ους της κακίας
επιγενόμενης έγνω παν άφανίσαι ζώων γένος ό θεός εν
κατακλυσμῷ”93

93Cronografia, F23, 7-11, in Martin Wallraff, Umberto Roberto and, for the Oriental Sources, Karl Pinggera(Eds), William
Adler ( Trad.), lulius Africanus Chronographiae The Extant Fragments, De Gruyter, Berlino, 2007.
41
Si noti che l’Africano usa μαγείας και γοητείας per nominare il sapere che gli
angeli avrebbero dato agli uomini, oltre la conoscenza del numero e il movimento degli
astri, che dobbiamo pensare come astrologia e astronomia insieme, perché la divisione
nell’antichità non era netta94. L’unione tra angeli e donne produce i giganti che avrebbero
portato il mondo alla depravazione, fino al diluvio. Thee95 utilizza questo passo per
sostenere che l’Africano non si discosta della visione negativa e demoniaca sulla magia che
è comune tra i padri della chiesa. L’interessante in questo caso, è che questa coscienza
sull’idea di magia come appartenente alla sfera del peccato, implica che i Cesti fossero
concepiti completamente fuori la sfera della magia per evitare questo collegamento. Come
abbiamo visto, il testo mai utilizza quel concetto, e sebbene giochi con la retorica tra mito,
divinità e poteri naturali, le ricette dei Cesti si collocano, nel suo discorso, nell’ambito di un
sapere scientifico-naturale, anche se gli effetti sembrino esagerati e le procedure abbiano
qualche elemento in comune con procedure magiche. Il sapere dell’Africano è segreto,
sorprendente, miracoloso magari, ma sempre “naturale”.

6.1 La magia come tecnica dell’inganno nell’Elenchos.

L’Elenchos utilizza come strategia di confutazione dell’eresia il collegamento magia-


eresia, seguendo un topos usuale dell’eresiologia che si rintraccia fino la storia di Simon
Mago, e che troviamo anche in Ireneo di Lione96. Così, si citano Simon mago, definito
esperto in questi arti (μαγείας ἔμπειρος), e i suoi discepoli sono capaci di fare filtri di
amore, incantesimi, e inviare sogni terrificanti. Anche Marco il valentinano è definito allo
stesso modo, e i seguaci di Carpocrate sono accusati quasi delle stesse cose che i seguaci di
Simon mago. Gli Elcasaiti sono accusati di credersi astrologhi, veggenti e maghi. Oltre
questo, l’autore dell’Elenchos inserisce queste accuse nel suo sistema generale di
confutazione, che come abbiamo visto, accusa di plagio agli eresiarchi: tutte le sue idee
non sono cristiane, ma rubate dalla filosofia greca. Tra le fonti non cristiane dell’eresia si
troverebbero le pratiche dei maghi. Per questo, l’autore dedica a questo argomento parte
del libro IV, dove troviamo un ampio numero di descrizioni di questo tipo:

“Inoltre, il pavimento presenta un’apertura, ovviamente nascosta,


sulla quale è appoggiato il calderone, che ha il fondo di vetro, mentre
tutto il resto è di pietra. Sotto quell’apertura c’è nascosto alla vista,
un vano, nel quale i complici del mago, d’accordo con lui, appaiono
indossando i travestimenti delle divinità e dei demoni che il mago
intende mostrare. Le persone ingannate, vedendo quelli, vengono
colpite, a causa del trucco disonesto dei maghi, e prestano fede in
seguito a tutte le cose che verranno dichiarate da quello. (χει δὲ καὶ
στόμιόν τι τὸ ἔδαφος λεληθός, ᾧ ἐπικειμένη ἡ λεκάνη τὸν μὲν

94 Si veda come introduzione ai principali problemi Georg Luck, Arcana Mundi. Magic and the Occult in the Greek and
Roman Worlds A Collection of Ancient Texts Pp. 371-386.
95 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, 449-465.

96 Atlanta, SBL Press, 2016., P.565.

42
πυθμένα ἔχει ὑαλοῦ<ν>, αὐτὴ δέ ἐστι πετρίνη. ὕπεστι δὲ οἶκος
λεληθώς, εἰς ὃν συμπορευόμενοι οἱ συμπαῖκται σχήματα ὧν ἂν
βούληται δεικνύναι ὁ μάγος θεῶν καὶ δαιμόνων ἐνδυσάμενοι
ἐμφαίνουσιν. οὓς καθορῶν ὁ πλανώμενος, τὸ πανούργημα
καταπέπληγε τοῦ μάγου καὶ λοιπὸν πάντα πιστεύει τὰ ὑπ’ αὐτοῦ
ῥηθησόμενα) 97.

Questo testo ci mostra l’atteggiamento del nostro autore rispetto alla magia: una
messa in scena che cerca di ingannare lo spettatore. Il mago non realizerebbe vere
invocazioni di demoni, ma trucchi disonesti, τὸ πανούργημα. Il capitolo IV è pieno di
descrizioni di rituali magici che veramento producono un’effeto “micoloso” perchè uano
miscele di chimici, sceneggiature mirate, discorsi ad hoc, sistemi segreti e complici e
aiutanti98. L’idea della magia come inganno tecnico e la necessità di queste descrizioni nel
testo eresiologico, viene teorizzata alla fine del capitolo descrittivo, e posta in questi
termini:

“Questi e innumerevoli altri trucchi simili a questi vengono messi


in atto dai maghi; tali trucchi, portati a compimento commisurando
con attenzione le parole pronunciate e facendo leva
sull’immaginazione ricca di fantasia dei creduloni, arrivano a
persuadere gli sciocchi. Gli eresiarchi, atterriti dall’arte di costoro, li
hanno imitati, in parte tramandando tali tecniche come dottrine
ricevute nella segretezza e nell’oscurità, in parte persino
trasformandole per spacciarle come idee proprie. Per questo motivo
volendo mettere in guardia un gran numero di persone, con il
maggior zelo possibile siamo stati impegnati a non tralasciare
nemmeno una sola delle forme usate nei confronti di coloro che sono
disposti a farsi trascinare dell’errore. Non senza ragione ci siamo
lasciati trasportare in alcune delle trame segrete dei maghi, anche se
non sembrava del tutto necessario per adempiere la richiesta iniziale:
credevamo fosse utile rivelare tali trame al fine di fornire una difesa
contro l’arte scellerata e priva di qualsivoglia fondamento di questi
maghi (…) Ταῦτα μάγων ἔργα καὶ τοιάδε μυρία, ἃ τῇ τῶν ἐπῶν
συμμετρίᾳ καὶ τῶν ἀξιοπίστως δρωμένων ἔργων φαντασίᾳ πείθει
τοὺς ἄφρονας. ὧν τὴν τέχνην καταπλαγέντες οἱ αἱρεσιάρχαι
ἐμιμήσαντο, τὸ μὲν ἐν ἀποκρύφῳ καὶ σκότῳ παραδιδόντες τὰ
δοκούμενα, τὸ δὲ καὶ παραφράζοντες ὡς ἴδια. 2. τούτου χάριν,
ὑπομνῆσαι θέλοντες τοὺς πολλούς, περιεργότεροι ἐγενήθημεν,
πρὸς τὸ μὴ καταλιπεῖν τινα τόπον τοῖς ἐθέλουσι πλανᾶσθαι,

97 L’autore sta descrivendo una procedura di lecanomanzia, divinazione con un calderone di acqua. Elenchos, IV, 35,2, Ps.
Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 209., David Litwa (Trad.)
Refutation of All Heresies, Pp. 154.
98 Commenteremo alcuni dei rituali e tecniche nel capitolo seguente.

43
ἀπηνέχθημέν τε οὐκ ἀλόγως εἴς τινα τῶν μάγων ἀπόρρητα, ἃ
πρὸς μὲν τὸ προκείμενον οὐ πάνυ ἀναγκαῖα ἦν, πρὸς δὲ τὸ
φυλάσσεσθαι [καὶ] τὴν τῶν μάγων πανοῦργον καὶ ἀσύστατον
τέχνην εὔχρηστα <ἐ>νομίζετο”.99

Secondo il nostro autore, i maghi basano il suo lavoro (μάγων ἔργα) nell’ uso
mirato del linguaggio (ἐπῶν συμμετρίᾳ) e nella stimolazione dell’immaginazione
attraverso “effetti speciali” (τῶν ἀξιοπίστως δρωμένων ἔργων φαντασίᾳ) per ingannare
lo spettatore che è definito come sciocco, stupido (ἄφρων). Il mago manipola la psicologia
del cliente e si guadagna la sua fiducia con queste tecniche soprendenti. È interessante
notare che nell’Elenchos, questa lettura dell’azione dei maghi e degli eretici è applicata alla
descrizione e critica dell’utilizzo di tecniche retoriche e sofistiche da parte di personaggi
come Callisto, il suo grande nemico a Roma100. Questa lettura sulla magia non è
innovativa, è un tipo di lettura che comincia la sua storia con nascita della distinzione tra
magia, scienza e religione nel V secolo a.C., dove autori come Platone e Ippocrate
caratterizzano i maghi come truffatori, e che nel II secolo d.C. trova un importante
sviluppo in Luciano, con il comico Φιλοψευδεῖς ἢ Ἀπιστῶν, Gli amanti della menzogna, e
soprattutto la acida critica del Ἀλέξανδρος ἢ Ψευδόμαντις, Alessandro il Falso Profeta,
che ha riscontri con le descrizioni che fa l’autore dell’Elenchos101, e anche nelle critiche che
fa Ireneo a personaggi come Simon Mago e Marco il mago. Per il nostro autore, gli
eresiarchi si sono meravigliati (καταπλαγέντες) con questa arte (τέχνη) e la hanno
imitato, trasformando le tecniche magiche in dottrina segreta (ἀπόκρυφος), utile a
ingannare l’ignorante. Per questa ragione l’autore decide di spiegare in dettaglio queste
strategie, per mettere in guardia chi potrebbe essere ingannato. Alla fine, l’autore
riafferma che questo è un’arte scellerato, ingannevole, e senza fondamento (πανοῦργον
καὶ ἀσύστατον τέχνην)
Questa logica di mostrare, spiegare in dettaglio per prevedere chi potrebbe essere
ingannato, si trova in altri momenti del testo. Così, dopo spiegare i trucchi dei maghi per
aprire i sigilli delle lettere e dopo risigillarle, il nostro autore ci informa:
“Avevo esitato a riferire questi loro trucchi nel libro, perché
percepivo che qualche disonesto, cogliendo l’occasione, avrebbe
potuto tentare di usarli. Ora tuttavia la sollecitudine per quei tanti

99 Elenchos, IV, 42, 1-3. Traduzione in Italiano presa da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto
Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 213. Edizione del testo greco presa da David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp.
160-161. La traduzione Inglese riporta: 42. 1. These magic tricks and ten thousand like them—by the elegance of the
magician’s poetry and the simulation of credible special effects— convince the dim-witted. Struck with wonder at their
art, the chief heretics copied it, both by handing on the teachings under cover of darkness and by adapting them as their
own. 2. for this reason, since i wanted to admonish common folk, i have been rather overelaborate so as not to leave an
opportunity to those who wish to deceive. I have not unreasonably delved into some of the magicians’ secrets, which—
although not quite necessary for my purpose—are still thought useful for guarding against their crafty and inconsistent
art.
100 Sulla critica alla sofistca nell’Elechos, si veda: Jared Secord, Medicine and Sophistry in Hippolytus’ Refutatio, In Studia

Patristica, N° 65, 2011, 217–24


101 Così commenta Cosentino, rispetto al trucco del cranio parlante che si scioglie, le strategie per sciogliere e ricostituire i

sigilli delle lettere o come si utilizzano fogli scritti con tinte speciali per divinazione e anche simulate invocazioni di
demoni.
44
giovani che potrebbero essere salvati mi ha spinto a insegnarli e
renderli pubblici, per sicurezza. Infatti, anche se qualcuno potrebbe
usarli per istruirsi nel male, allo stesso modo qualcun altro,
imparandoli potrà starvi lontano. Gli stessi maghi, corruttori della
vita, si vergognano di usare tali tecniche. Coloro che hanno appreso
tali pratiche, dal momento che sono state denunciate in anticipo da
noi, forse verranno trattenuti dalla loro follia. ταύτας δὲ ὤκνουν τὰς
μηχανὰς κατ(α)τάξα(ι) ἐν τῇ βίβλῳ, ἐννοῶν μήποτέ τις
κακοῦργος ἀφορμὰς λαβὼν ἐπιχειρήσει· νῦν δὲ ἡ πολλῶν
δυναμένων σωθῆναι νέων φροντὶς ἔπεισε διδάξαι καὶ προειπεῖν
φυλακῆς ἕνεκεν· ὡς γὰρ χρήσεταί τις αὐταῖς πρὸς κακοῦ
μάθησιν, οὕτως τις ἕτερος μαθὼν φυλάξεται. καὶ αὐτοὶ δὲ οἱ τοῦ
βίου λυμεῶνες μάγοι αἰσχυνθήσονται τῇ τέχνῃ χρώμενοι·
μαθόντες γὰρ ἀφ’ ἡμῶν ταῦτα προ … ἐμποδισθήσονται τυχὸν τῆς
ἀπονοίας”102.

L’autore dell’Elenchos ci informa che queste descrizioni dettagliate dei trucchi


(μηχανάι) potrebbero essere malusate da gente disonesta (κακοῦργοι), collegando la
pratica magica con l’inganno e il male, ma alla fine pensa che potrebbe essere utile per la
salvezza di altri. Dopo ripete l’argomento, e accusa i maghi di essere corruttori della vita
(οἱ τοῦ βίου λυμεῶνες μάγοι) e di vergognarsi loro stessi dell’uso di queste τέχνη.
Tornano i concetti usuali di inganno, disonestà, male, vergogna.
Rispetto alle pratiche stesse, nella descrizione di un rituale per ottenere un vaticinio
utilizzando un medium e invocando Phren, definito demone dal nostro autore, ma che è
da identificare con il dio egiziano Ra. Parte della tecnica consiste in trasmettere parte del
vaticinio al medium, un povero servo che è complice ma anche vittima del mago e in
questo caso viene spaventato attraverso uno strumento particolare:
“Lo strumento che è stato posto accanto alle orecchie di quel servo
è uno strumento naturale, la trachea di una gru dal collo lungo, di
una cicogna, di un cigno. Se nessuno di questi strumenti è a portata
di mano, esiste anche un altro strumento artificiale: vengono adattati
allo scopo alcuni flauti di rame, in numero di dieci, che sono montati
gli uni sugli altri, e che terminano in un punto più stretto; attraverso
questi flauti si parla nell’orecchio in cui si desidera. E il servo,
udendo tali cose con aria terrorizzata, come se fossero pronunciare
dai demoni, quando gli viene ordinato, le riferisce. Esiste anche
un'altra modalità; dopo aver messo attorno a un bastoncino una pelle
umida e averla legata bene, si adatta alla forma del bastoncino;
strappato via il bastoncino, si verrà che la pelle assuma la forma di
un flauto; cosi si ottiene un risultato simile al precedente. Qualora

Elenchos, IV, 34, 3-4. Traduzione in italiano presa da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da
102

Augusto Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 208. Edizione del testo greco presa da David Litwa (Trad.) Refutation of All
Heresies, Pp. 152-153.
45
nessuno di questi strumenti sia a portata di mano, preso un libro e
srotolatolo per quanto è necessario, si ottiene lo stesso risultato (Τὸ
δὲ τοῖς ὠσὶ παρατεθὲν ὄργανόν ἐστι φυσικὸν ὄργανον, τῶν
μακροτραχήλων γεράνων ἢ πελαργῶν ἢ κύκνων ἀρτηρία. ὧν εἰ
μηδέτερον παρ<ῇ,> ἔστι καὶ ἕτερα τέχνης ὄργανα· αὐλίσκοι γάρ
τινες χάλκεοι τὸν ἀριθμὸν δέκα εἰς ἀλλήλους χωροῦντες, εἰς
στενὸν ἀπολήγοντες εὐάρμοστοι γίνονται· δι’ ὧν πρὸς τὸ οὖς ὅσα
θέλει φθέγγεται. καὶ ταῦτα ὁ παῖς κατακούων, ἐμφόβως ὡς ὑπὸ
δαιμόνων λαλούμενα κελευσθεὶς ἀποφθέγγεται. εἰ δὲ καὶ σκῦτός
τις ῥάβδῳ περιθεὶς ὑγρόν, ξηράνας καὶ συναγαγὼν προσαρμόσῃ
<καὶ> ἀποσπάσας τὴν ῥάβδον αὐλίσκου δίκην τὸ σκῦτος
ἐργάσηται, τὸ ὅμοιον ποιεῖ. εἰ δέ τι τούτων μὴ παρῇ, βίβλον
λαβὼν <καὶ> ἐπισπασάμενος ἔνδοθεν ὅσον χρῄζει ἐπὶ μῆκος
ἐκτείνας τὰ ὅμοια ἐνεργεῖ.)103

Del paragrafo, sono rilevanti per la nostra discussione i concetti che definiscono gli
oggetti utilizzati per simulare le voci demoniache che trasmettono il messaggio. Quando si
utilizza la trachea di un uccello, va definita “strumento naturale” φυσικὸς ὄργανον,
connotando che si utilizza un elemento prodotto dalla natura, ma quando questo non si
trova, si utilizza uno “strumento artificiale”, τέχνη ὄργανον, un manufatto, che ha diverse
possibilità: un complicato flauto di bronzo, una pelle arrotondata attorno a un bastoncino,
un pezzo di rotolo. L’interessante è che la pratica magica, concepita come inganno,
dipenda da strumenti che possono essere naturali o artificiali. La terminologia, sebbene
sembra molto descrittiva, differenziando semplicemente la trachea di un uccello da un
flauto, coincide con quella che utilizza l’Africano per descrivere alcune delle sue
procedure. Non credo che Ippolito abbia in mente le ambiguità terminologiche che
troviamo nell’Africano, ma l’uso dei concetti ci parla di una procedura tecnica che risulta
efficace nell’ottenere lo scopo. Anche si deve sottolineare la presenza di diverse possibilità
per ottenere il risultato desiderato. Secondo Kelhoffer, è una delle caratteristiche tipiche
dei PGM e del sapere magico104, ma possiamo aggiungere che anche è tipica della
letteratura tecnica medica, alchimica e veterinaria.
Molto tipico dell’immaginario magico e astrologico risulta la credenza di una
simpatia universale che unisce tutto105. L’autore dell’Elenchos riporta la variante
astrologica di questa teoria come parte della sua confutazione dell’astrologia106:

103 Elenchos, IV,28,9-10. Traduzione in Italiano presa da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da
Augusto Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 202-203. Edizione del testo greco presa da David Litwa (Trad.) Refutation of All
Heresies, Pp. 142.
104 James Kelhoffer, Hippolytus’ and magic: an examination of Elenchos iV 28–42 and Related Passages in light of the Papyri

graecae magicae. ZAC N° 11 , 2008, Pp. 517–48.


105 Sull’importanza delle “Catene Verticali di Simpatia” universali nell’occultismo in generale e in particolare

nell’astrologia e la radizione magiche antiche, si veda: Esther C García Tejedor, Formas marginales de la racionalidad en las
ciencias ocultas
106 L’autore dell’Elenchos segue di vicino la critica all’astrologia fatta sa Sesto Empirico, in particolare il libro V del suo

Adversus mathematicos, dedicato a confutare l’astrologia.


46
“Le parti sottostanti sento compassione verso la testa, e la testa
verso le parti sottostanti, cosi avviene anche per le cose terrene con le
cose sopralunari. κεφαλῇ τὰ ὑποκείμενα μέρη συμπά(σχ)ει καὶ
τ[οῖς ὑποκει]μένοις ἡ κεφαλή, οὕτω καὶ τοῖς ὑπερσεληναίοις τὰ
ἐπίγεια.”107

Senza questo principio di simpatia, non si può sostenere l’influenza astrale nel mondo
terreno e questa logica serve all’autore a collegare direttamente l’astrologia con l’eresia108.
Alcune pagine dopo, l’autore dell’Elenchos ci dà il suo giudizio sull’astrologia: sono
tecniche futili e ingannatrici (ματαίαν τὴν τέχνην καὶ πλανᾶν109) e una dottrina senza
fondamento (ἀσύστατος110), cioè l’astrologia va qualificata dallo stesso modo della magia.

6.2 Principali meccanismi del magico nel PGM.

Prima di discutere i passi dei PGM che fanno un discorso sulla magia o sui maghi e ci
permettono di evidenziare la concezione di magia che troviamo nei PGM, si possono fare
alcune considerazioni generali che derivano dalle pratiche stesse e che son ben conosciute
dagli studiosi111. Si deve sottolineare che i PGM sono una collezione di testi di diversa
epoca e origine, e include materiale molto diverso. Seguendo la classifica di Luis Calvo
Martínez, i PGM includono:

a) Materiale vario più o meno collegato alle pratiche magiche:

L’esempio più palese è il papiro XXXIV, che sembra il frammento di un romanzo dove
un mago descrive i suoi poteri e dichiara di non poter trovare una pozione amorosa112, o il
papiro XXIX, un canto di lavoro che dice di calmare i venti e le acque per favorire la
navigazione. Lungo la collezione troviamo elenchi di domande sul futuro, che sembrano
siano da collegare con tecniche oracolari basate nell’azzardo e che erano praticate anche
nel contesto della religione pagana ufficiale. La domanda è numerata, e con questo
numero, si fa qualche rituale basato nell’azzardo che da il numero della risposta, che si
deve cercare in un elenco di risposte già pronte. Altro sistema di divinazione di questo

107 Elenchos, IV, 1, 2. Traduzione in Italiano presa da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto
Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 171 Edizione del testo greco presa da David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 94
108 Su questo punto, si veda Giulia Sfameni Gasparro, I rischi dell’Hellenismòs: astrologia ed eresia nella Refutatio omnium

haeresium, in G. Aragione, E. Norelli (edd.), Des évêques, des écoles, et des hérétiques. Actes du colloque international sur la
‘Réfutation de toutes les hérésies’, Genève 13-14 juin 2008, Éditions du Zèbre, Lausanne 2011, 189-217.
109 Elenchos, IV, 2, 2. Traduzione in Italiano presa da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto

Cosentino, Citta Nuova, 2016, p. 172. Edizione del testo greco presa da David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 94
110 Idem.

111 Per questa sezione, seguo le introduzioni a due edizioni dei PGM, quella inglese, Hans Dieter Betz (éd.), The Greek

Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, Chicago-Londra, The University of Chicago Press, 1986, e quella
spagnola, Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 7-52, oltre la completa introduzione che si trova
in William Brashear, The Greek Magical Papyri: an Introduction and Survey; Annotated Bibliography (1928-1994), In Aufstieg
und Niedergang der römischen Welt (ANRW), Volume II 18,5 Berlin & New-York, Haase, Wolfang, 1995.
112 Il testo lo discuteremo in dettaglio più avanti.

47
tipo è l’ homeromanteion del papiro VII, un elenco di frammenti omerici che possono servire
di risposta a domande sul futuro, magari estratti con un procedimento di azzardo.
Più vicino al magico, ma non tipico dei PGM, sono le “Ricette Giocose di
Democrito” del papiro VII113, un elenco di piccole procedure giocose e medicinali che
sembra sono da collegare con la tradizione pseudo-democritea di Bolo di Mende114, che
deriva dalla combinazione della teoria della simpatia universale con l’osservazione degli
effetti empirici di certe sostanze naturali. In collegamento a questa tradizione, nel papiro
XII, troviamo una ricetta per la lavorazione dell’oro che si potrebbe definire alchemico.
Ci sono anche testi di appoggio alla pratica magica, sotto la forma di elenchi di
giorni fasti e nefasti e identificando anche giorni particolarmente favorevoli per diversi tipi
di rituali. Così nel papiro VII, righe 155-170, troviamo un elenco che presenta il numero
del giorno del mese, indicando se è adatto o no per la divinazione e il momento del girono
più propizio. Altro elenco dello stesso papiro,( righe 273-305), usando i mesi del calendario
egiziano elenca i giorni nefasti, e dopo collega la posizione della luna secondo i segni
zodiacali a una pratica magica particolare, ad esempio, la luna posizionata in cancro è la
migliore per fare amuleti115. Quello che ci dice questo testo, è che la tradizione magica ha
un componente astrologico importante, denotando, secondo Calvo Martínez, l’influsso
delle tradizioni religiose egiziana e babilonese in queste procedure. Seguendo la logica
della simpatia universale, si collegano le fasi della luna a determinate procedure magiche.
Oltre questo, si deve ricordare che la luna, Selene, va omologata nei rituali magici alla dea
Ecate, che ha un ruolo di primo livello nelle pratiche magiche e nell’immaginario antico
della magia116. Tra i testi che si possono classificare come di appoggio, troviamo un
glossario di parole chiave che indicano ingredienti magici (PGM XII, 20), che
commenteremo più avanti. Finalmente, troviamo amuleti cristiani tardo-antichi, che
invocano Cristo, Dio con diversi nomi (alcuni in comune con la tradizione magica pagana),
santi locali e personaggi dell’Antico Testamento. I demoni sono definiti come parte delle
schiere di Satana.

b) Materiale propriamente magico:

I PGM presentano diversi tipi di procedure magiche per diversi scopi. Hanno forma
di ricetta, e vanno attribuite a maghi famosi, a volte simulando epistole tra maghi, si
dicono trovate in un tempio antico o copiate o tradotte da antichissimi testi egiziani.
Queste procedure uniscono azioni e parole e cercano conoscere, fare e ottenere quello che
le leggi naturali e umane non permettono. Le fonti fondamentali del potere magico sono
l’unione mistica del mago con la divinità solare considerata suprema, con tratti di
iniziazione misterica, e l’invocazione dell’azione della divinità, demoni o angeli attraverso
l’uso rituale di oggetti considerati in simpatia con quegli esseri divini e la recitazione dei
nomi segreti della divinità, oltre giochi di parole, anagrammi, elenchi di vocali e disegni.

113 Nella sezione seguente discuteremo alcune delle ricette.


114 Mattew Dickie, Magic and magicians in the Greco-Roman World, Pp. 113-119.
115 Troviamo un elenco molto simile, ma meno completo e con altri attribuzioni, in PGM III 275-81

116 Ecate è invocata nei PGM in varie occasioni, ad esempio in PGM IV, 2242–358, 2522–67, 2786–870 e l’Elenchos ci

tramanda un’invocazione a Ecate in IV, 35, 5, che commenteremo nella sezione seguente.
48
Sotto questa logica, ci sono pratiche per ottenere il potere divino, la δύναμις,
πνεῦμα o ἀπόρροια che si sintetizza nella rivelazione del nome segreto del dio
supremo117. Cosi, troviamo la lunga descrizione del viaggio astrale del mago in un contesto
misterico (dopo un rituale di sacrificio di uno scarabeo) nella cosiddetta “Liturgia di
Mitra” nel PGM IV 475-834, o la descrizione dell’’ascensione del mago che troviamo nel
PGM XIII, 1-235 attribuita ad altro testo, la Monade di Mosè, che oltre descrivere un
complesso processo di purificazione, include anche il racconto del processo creativo
dell’universo attraverso le risate del dio supremo.
Altra procedura per ottenere una fonte di potere magico è l’invocazione di un
angelo o demone al servizio del mago. Il rituale più complesso si trova in PGM I, 44-196 e
include purificazioni, l’apparizione mistica di un amuleto, la caduta di una stella, la
rivelazione del nome dell’angelo e finalmente l’arrivo del servitore angelico118. Anche
abbiamo l’invocazione della “Vecchia serva di Apollonio di Tiana” in PGM XI, e diverse
pratiche coattive contro divinità come Ecate/Selene o Afrodite. Nel caso che si chieda
l’intervento limitato di un demone inferiore, normalmente si minaccia il demone
pretendendo di essere un’entintà superiore a lui grazie all’uso dei nomi segreti della
divinità, conosciuti nei rituali di unione mistica già descritti.
Il potere ottenuto dalla divinità attraverso questi rituali può avere applicazioni
molto concrete: ottenere fortuna, salute, vittorie sportive o giudiziarie, protezione contro
altri maghi o animali pericolosi. Nelle pratiche collegate ai beni materiali e la fortuna, si
invocano divinità come l’Orsa Maggiore, che si collega al movimento del destino, ma
anche Selene, Artemide, o Ermes, quest’ultimo considerato portatore di successo e buona
fortuna. Troviamo anche numerose ricette di amuleti per la buona fortuna, a volte
utilizzando soltanto l’oggetto adeguato iscritto con l’invocazione utile, altre volte si
aggiungono sacrifici, orazioni, suppliche al dio supremo. Anche troviamo la consacrazione
di statue con sacrifici e suppliche varie.
I maghi anche desiderano conoscere il passato, il presente e il futuro. Questo è
anche garantito dalla conoscenza dei nomi segreti del dio da parte del mago, ma troviamo
pratiche specifiche di comunicazione con Apollo-Elios per ricevere oracoli, come troviamo
in PGM II, un complesso rituale notturno con invocazioni, preghiere, sacrifici cruenti e
non cruenti, incensi e iscrizioni con nomi magici, che cerca che il dio stesso compaia in un
trono, o in caso di mancata risposta, sia inviato un demone profetico. In altri papiri, con
procedure simili, si chiedono a divinità come Elios o Ermes l’invio di rivelazioni nel sonno.
Il PGM IV sugerisce una procedura rituale per ottenere vaticini attraverso un medium, un
giovane “puro” che viene posseduto dalla divinità o un demone dopo il rituale, che oltre
invocare le forze divine, cerca di proteggere il medium con amuleti di vario tipo. Il mago
anche può chiedere la visione con l’uso di strumenti come lampade, piatti e pentole piene
d’acqua u olio, come troviamo nei PGM IV e V.

117 Questo ci parla che i PGM aderiscono implicitamente alla teologia enoteista pagana, che crea una struttura gerarchica
sacra, identificando un dio Supremo, diversi dei celestiali identificabili con il panteon classico e pianete e stelle, e demoni
mediatori tra questi dei e il mondo terrenale. Questa visione risulta tipica delle elites imperiali dal secondo secolo in poi.
Si veda. Kayle Fraser, Magic in Roman Antiquity: The Imperial Period.In David Collins (Ed.), The Cambridge History of Magic
and Witchcraft in the West. Cambridge University Press, Cambridge and New York, 2015. Pp. 130-135.
118 Parte del testo verrà commentato più avanti.

49
Finalmente, il mago realizza diversi rituali di sottomissione, cioè malefici contro le
persone che interessano al cliente. Le più comuni sono con fini erotici (che normalmente
obbligano la vittima ad amare il cliente facendola patire dolori, fame, sete, insonnia o
pazzia) ma anche troviamo pratiche che cercano di rompere amicizie, di evitare la vittoria
dell’opponente nelle gare sportive, di impedire alla vittima di testimoniare in giudizio, o
direttamente produrre danno fisico o uccidere la vittima. Normalmente in queste
procedure si invocano le divinità infernali attraverso sacrifici e inni, si utilizzano i nomi
segreti del dio e giochi di vocali, e si fa l’iscrizione di una tavoletta119, che va attraversata
da chiodi e dopo lasciata in tombe, pozzi, cloache, fiumi, tutti posti considerati in
comunicazione con l’Ade. In molti casi, si utilizzano anche figurine di cera o di argilla che
rappresentano la vittima e che sono attraversate con aghi. La logica della procedura
normalmente cerca di obbligare al demone di uno morto con violenza o prematuramente
ad attuare attraverso il rituale e le invocazioni alle divinità infere. Nel caso delle
maledizioni erotiche, le invocazioni possono essere a Eros e Afrodite, e risulta comune
l’uso di rituali collegati al fuoco, come fondere cera o bruciare incensi. La procedura, oltre
invocare le forze divine adatte con i meccanismi derivati dal potere divino del mago,
realizza una serie di azioni simpatetiche con l’obbiettivo di rafforzare la pratica. Anche
troviamo casi nel quale si aggiungono i cappelli o un pezzo del vestito della vittima,
perché si considera che questi elementi portino con sé parte dell’essenza della vittima e
siano utili all’operato del demone invocato.

Un primo approccio ai discorsi sulla magia nei PGM lo possiamo fare attraverso
l’introduzione di un glossario magico che indica i veri ingredienti da usare quando si ha in
mano un testo magico, che troviamo in PGM XII, 401-444, databile attorno al IV secolo
d.C.:
“Interpretations which the temple scribes employed, from the holy
writings, in translation. Because of the curiosity of the masses they
[i.e., the scribes] inscribed the names of the herbs and other things
which they employed on the statues of the gods, so that they [i.e., the
masses], since they do not take precaution, might not practice magic,
[being prevented] by the consequence of their misunderstanding. But
we have collected the explanations [of these names] from many
copies [of the sacred writings], all of them secret. Ἑρμηνεύματα ἐκ
τῶν ἰερῶν μεθηρμηνευμένα, οῖς ἐχρῶντο οἱ ἱερογραμματεῖς, διὰ
τὴν τῶν πολλῶν περιεργίαν τὰς βοτάνας καὶ ἂλ[λ]α, οῖς ἐχρῶντο,
εἰς θεῶν εἴδωλα ἐπέγραψαν, ὅπως μὴ εὐλαβούμενοι
περιεργάζωνται μηδὲν διὰ τὴν ἐξακολούθησιν τῆς ἁμαρτίας.

119Normalmente di piombo. Tavolette come queste si sono trovate a centinaia in tutto il mediterraneo e datate in tutte le
epoche dell’antichità, anche se solo poche hanno iscrizioni simili a quelle dei PGM. Comunque, il rituale generale
illustrato nei PGM sembra essere abbastanza standard. Si veda: Amor Lopez Jimeno, Textos griegos de maleficio,. Anche i
diversi contributi sulla tematica in C. A. Faraone, D. Obbink, (Eds.) Magika Hiera: Ancient Greek Magic and Religion.
50
ἡμεῖς δὲ τὰς λὺσεις ἠγάγομεν ἐκ τῶν πολλῶν ἀντιγράφων καὶ
κρυφίμων πάντων120.
Il testo riporta le Ἑρμηνεύματα, interpretazioni o anche simboli121 utilizzati dagli
ἱερογραμματεῖς , denominazione tecnica dei sacerdoti specializzati nella copiatura di testi
sacri e magici nei templi egiziani. L’autore dice cha riporta in traduzione queste
interpretazioni, cosa che serve a sottolineare che la fonte di questo sapere è direttamente
l’antichissima tradizione religioso-magica egiziana. Si stabilisce così una fonte considerata
autoritativa che rassicura al lettore di ricevere le parole chiave adeguate all’interpretazione
di altri testi o ricette magiche122. Il testo intende che i nomi delle erbe e ingredienti usati dai
sacerdoti furono celati per evitare che i curiosi gli utilizzino. Tra quest’idea troviamo
l’importanza dei rapporti simpatetici tra le sostanze, i cieli e le divinità, che deve essere
conosciuta soltanto dagli esperti, e il conseguente annullamento delle pratiche all’usare gli
ingredienti sbagliati. Si sottolinea che sapere magico è materia di iniziati, di una cerchia
elitaria che si protegge con il segreto, cosa ribadita dall’autore, che ci informa che ha preso
queste parole da “molte copie, tutte segrete” (ἐκ τῶν πολλῶν ἀντιγράφων καὶ κρυφίμων
πάντων). Sebbene il concetto non è lo stesso, ci riporta alla stessa valenza del concetto di
ἀπόρρητος che abbiamo commentato nei Cesti. Si deve notare comunque, che con
eccezione di un paio di ingredienti nominati nell’elenco, i PGM non fanno uso di questi
“nomi chiave” e indicano invece gli ingredienti già “decodificati” senza mostrare interesse
in celare le sue caratteristiche e per questa ragione, la vera utilità di queste interpretazioni
sacerdotali non è chiara123.
Il collegamento della magia ai templi egiziani, a sacerdoti e scribi sacri, a un ambito
religioso elevato e accessibile soltanto agli iniziati si trova anche nell’introduzione e nella
conclusione di una pratica per invocare un angelo/demone al servizio del mago che
troviamo in PGM I, 42-195, databile attorno al III sec. d.C.:

120Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P. 167. Il testo greco va
ripreso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Teubner, Stuttgart Verlag B. G 1973. La traduzione spagnola del
passo dice: “ Interpretaciones traducidas procedentes de los templos de las que se servian los escribas sagrados.Por causa de la
eficacia mágica de la mayoría, estos adscribieron las plantas y demás objetos que utilizaban a imágenes de dioses, con el fin de no
ejecutar nada descuidadamente por causa de los errores que suelen acompañar. Nosotros hemos deducido las soluciones a partir de
muchas copias y escritos secretos”. Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos., P.274.
121 Si veda l’entrata rispettiva del Liddell Scott Jones.

122 Molto di è discusso sulle strategie che i PGM utilizzano per denotare la validità, utilità e accuratezza delle sue

procedure. Si è parlato di marketing magico, diretto a convincere al pubblico ellenizzato compratore dei testi e clienti dei
maghi, cioè che i sacerdoti egiziani si avrebbero appropriato dello stereotipo greco-romano sulla magia Egiziana e per far
funzionare il mercato avrebbero compiaciuto le aspettative dei clienti, ma io preferisco la visione di autori come Fraser e
Betz, che parlano, invece, di meccanismi di produzione e assicurazione della tradizione. Se veda Hans Dieter Betz, The
Formation of Authoritative Tradition in the Greek Magical Papyri" in Ben E. Meyer and E.P. Sanders (Eds.) Jewish and
Christian Self-Definition III, Philadelphia, 1983. Kayle Fraser, Magic in Roman Antiquity: The Imperial Period.
123 Si veda Lynn Lidonnici, Beans, Fleavort, and the Blood of a Hamadryas Baboon: Recipe Ingredients in Greco-Roman Magical

Materials In Paul Allan Mirecki, Marvin Meyer (Eds.) Magic and ritual in the ancient world, Brill, Leiden ; Boston ; Köln
2001. L’autore propone che questo testo potrebbe servire a fare praticabili le procedure magiche in un contesto non
egiziano e lontano del controllo dei sacerdoti egiziani, contradicendo l’introduzione che parla di un’azione dei sacerdoti
egiziani per celare il suo sapere (e cosi, l’introduzione potrebbe non corrispondere all’elenco veramente) e indicando
un’appropriazione greco-romana del sapere magico. Se invece si leggono le colonne di equipollenza all’inversa,
indicherebbe che i nomi di ingredienti comuni nei PGM sono in verità ingredienti speciali e rarissimi (includendo parti
corporali delle divinità) solo prodotti dai sacerdoti dei templi egiziani, e risponderebbe al paradigma del marketing
magico appena commentato.
51
“The spell of Pnouthis, the sacred scribe, for acquiring an assistant:" .
. . Pnouthios to Ketyx, a god[-fearing man], greetings. As one who
knows, I have prescribed for you [this spell for acquiring an
assistant] to prevent your failing I as you carry out [this rite]. After
detaching all the prescriptions [bequeathed to us in] countless books,
[one out of all . . . ] I have shown you this spell for acquiring an
assistant [as one that is serviceable] to you . . . for you to take this
holy [assistant] and only . . . friend of aerial I spirits [that move] . ..
having persuaded me with god-given spells . . . but [now] I have
dispatched this book so that you may learn thoroughly. For the spell
of Pnouthis [has the power] to persuade the gods and all [the
goddesses]. And [I shall write] you from it about [acquiring] an
assistant. (....) Therefore share these things with no one except [your]
legitimate son alone when he asks you for thce magic poewers
imparted [by] us. Farewell124.
[πνού]θεοως ἱερογραμματέως πάρεδρος· .. Πνούθιος Κήρυκι
σε[βαζομένῳ τ]ὸν θεὸν χαίρειν. εἰδὼς προσέταξα σοι [τό]νδε [τὸν
πάρεδρον] πρὸς τὸ μὴ διαπὶπτειν ἐπιτελ[οῦν]τα [τή]νδε [τὴν
πρᾶξ]ιν. παρελόμενος τὰ πάντα καταλει[πόμενα ἡμῖν ἐν] βίβλοις
μυρίαις συντάγματα [ἐ]ν πάν[των] ληα............ <ὑπηρετ> οῦντά σοι
τόνδε τὸν πάρεδρον ἐπέιδε[ξ]α ασο [... πάρεδρον] ἅγιον τόνδε
λαμβάνειν ὑμᾶς καὶ μόνον αι ............ τος, ὦ φίλε ἀερίων
πνευμάτων χωρουμ[ένων]... με λόγοις θεολογουμένοις πείσαντες
εσομ [....... νῦ]ν δὲ ἀπέπεμψα τήνδε τὴν βίβλον, ἵν' ἐκμάθης [ἔχει
γὰρ δύναμι]ν Πνούθεοως λόγος πείθειν θεοὺς καὶ πάσας τὰ[ς
θεάς συγγράφω] δέ σοι ἐντεῦθεν περὶ τῆς παρέδρου λ [ήψεως (…)
Ταῦτα οῦν μηδενὶ παραδίδου, εἰ μὴ μόνῳ σου ἰσχινῷ υἱῷ σου
ἀξιοῦντι τα [παρ'] ἡμῶν ῥηθέντα ἐνεργ[ή]ματα διευτύχει.

Prima si deve notare che il supposto autore della procedura, Pnutis, è definito
ἱερογραμματής, ciòe un sacerdote egiziano esperto in testi magici. In questo caso,
Pnutis scrive a Keryx, un altro mago, definito, secondo la congettura di Preisendanz,
un uomo “timoroso del dio” o “adoratore del dio”(σε[βαζομένῳ τ]ὸν θεὸν). Il testo
ricrea uno scambio epistolare tra due personaggi che, si può ipotizzare, nel contesto

124Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P. 4 e 8. Il testo greco è
ripreso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I. Pp. 4-12, La traduzione spagnola dei passi dice: Carta de Pnutis a
Cérix conteniendo una práctica compleja para conseguir un demon asesor . «l asesor del escriba sagrado Pnutis. Pnutis saluda a
Cérix que adora al dios. Como iniciado, he designado para ti este asesor (libro) para que no cometas errores cuando celebres esta
(práctica) sagrada. Dejando aparte todas las prescripciones que se nos han transmitido en innumerables libros, te he mostrado una
sola, entre todas las que describen cómo captar a este asesor para tu servicio, (con el deseo de que) captéis a este santo (asesor) y
solamente. .. oh amigo de los espíritus aéreos que circulan, que me habéis convencido con palabras llenas de divina sabiduría.. . pero
ahora te he enviado ........este libro para que aprendas del todo. Pues la palabra de Pnutis tiene poder para convencer a los dioses y a
todas las diosas. (...) Así pues, no comuniques a nadie estos secretos, excepto a tu hijo carnal exclusivamente cuando te reclame los
poderes (mágicos) que te han sido expli- cados por nosotros. Que te vaya bien. Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en
papiros griegos., P.4-8
52
della letteratura magica erano famosi e l’interlocutore è definito per la sua religiosità,
indicando che in questi contesti magia e religione non erano in tensione come
penserebbe il lettore moderno, o anche alcuni filosofi pagani e cristiani contemporanei
al testo125. Pnutis si considera uno esperto in questi temi, che conosce, un iniziato
(εἰδὼς), nella stessa linea di sapere iniziatico e misterico già notata. Il sapere di Pnutis
deriva di molti libri (si potrebbe pensare che questi si troverebbero nelle biblioteche dei
templi che Pnutis conosce) che lui sintetizza per l’amico. Il πάρεδρος viene definito
ἅγιον, santo, e si nomina un “amico degli spiriti aerei” (φίλε ἀερίων πνευμάτων),
probabilmente Keryx stesso, che avrebbe convinto Pnutis di rivelare questo con parole
date da Dio o con saggezza divina (με λόγοις θεολογουμένοις πείσαντες). Il contesto
della ricetta ci riporta al mondo degli iniziati e del sapere sacro, non invano, le parole
di Pnutis hanno la capacità di convincere alle divinità (Πνούθεοως λόγος πείθειν
θεοὺς καὶ πάσας τὰ[ς θεάς), garantendo il successo della pratica. Il potere del mago
va collegato così alla conoscenza e uso di un linguaggio, il linguaggio divino, che
compare più avanti nelle lunghe invocazioni di voces magicae impronunciabili che sono
l’espressione della conoscenza dei nomi e degli attributi segreti delle divinità. Nella
conclusione della lettera, troviamo indicazione espressa di mantenere la procedura in
segreto, essendo permesso soltanto trasmetterla al figlio carnale, indicando che l’autore
immagina che questi saperi si trasmettono di padre in figlio. Non è l’unico caso nella
letteratura magica antica. Nel testo alchemico dello Pseudo-Democrito126, l’autore
racconta che il maestro muore d’improvviso, senza testamento, assicurandosi che i libri
con i segreti dell’alchimia sarebbero solo mostrati al figlio quando fosse maggiorenne.
I discepoli, un po’ disperati, registrarono il tempio senza trovare niente, e continuarono
lavorando da soli, fino quando una colonna si squarciò e si trovarono i libri, che
confermarono il successo dei lavori e studi dei discepoli, e anche rivelò l’aforismo
centrale di tutta la pratica alchemica, che già abbiamo commentato prima.
Nei PGM si utilizza il concetto di μαγεία, non in troppi casi, ma si trova.
L’interessante è che il suo significato è diverso a quello usuale nell’epoca. Come
avevamo visto, al dire magia e mago, si poteva pensare in un’arte dell’inganno, in
un’arte sacrilego e collegato ai poteri dei demoni negativi o, in ambito cristiano,
significare eresia e adorazione del demonio. Ma qua no, si resistono queste idee,
portando di nuovo il concetto all’ambito della religione misterica e degli iniziati che
conoscono la divinità127.
In PGM IV, 2448-2455128, si attribuisce al “profeta” Pacrate un incantesimo erotico
basato in un rituale con incenso 129:

125 Fraser attribuisce al neopitagorismo e il neoplatonismo la distinzione teologica tra magia e religione in contesto
pagano, che va consolidata con il consolidarsi dell’enoteismo. Se in epoca classica greca e repubblicana romana la magia
era temuta e perseguitata per essere considerata un pericolo sociale, in età imperiale si costruisce l’immagine del mago
come chi realizza rituali volutamente sacrileghi che si rivolgono alle divinità infernali e cattive, in opposizione al culto
delle divinità celesti e al dio supremo. Kayle Fraser, Magic in Roman Antiquity: The Imperial Period.
126 Pseudo-Demócrito, Phisiká Kai Mystiká, 3, Matteo Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di

Sinesio, edizione critica del testo greco, traduzione e commento.


127 L’idea di resistenza si propone in Kayle Fraser, Magic in Roman Antiquity: The Imperial Period.

128 La traduzione spagnola recita: Sahumerio. Lo mostró Parates, el profeta de Heliópolis, manifestando al rey Adriano la fuerza de

su magia divina. Pues sedujo en una hora, hizo enfermar en dos horas, mató en siete horas y envió sueños al propio rey demostrando
53
“Pachrates, the prophet of Heliopolis, revealed it to the emperor
Hadrian, revealing the power of his own divine magic. For it
attracted in one our, to made someone sick in 2 hours, it destroyed in
7 hours, sent the emperor himself dreams as he thoroughly tested the
whole truth of the magic within his power. And merveling at the
prophet, he ordered double fees to be given to him. Παχράτες, ὁ
προφήτης Ἡλιουπόλεως, Ἁδριανῷ βασιλεῖ επιδεικνύμενος τήν,
δύναμιν τῆς θείας αὐτοῦ μαγείας. ἤξεν γὰρ μονόωρον,
κατέκλινεν ἐν ὥραις β', ἀνεῖλεν ἐν ὥραις ζ', ὀνειρπόμπησεν δὲ
αὐτὸν βασιλέα ἐκδο<κ>ιμ<ά>ζοντος αὐτοῦ τὴν ὅλην ἀλήθειαν τῆς
περὶ αὐτόν μαγείας καὶ θαυμάσας τὸν προφήτην διπλᾶ ὀψώνια
αὐτῷ ἐκέλευσεν δίδοσθαι”

Pancrate è definito come profeta di Eliopoli, προφητης Ἡλιουπόλεως, (Luciano nel


Philopseudes lo chiama, in consonanza con altri personaggi dei PGM, ierogrammateus) e si
sottolinea come è capace di meravigliare all’imperatore Adriano con il potere della sua
magia divina, δύναμιν τῆς θείας αὐτοῦ μαγείας. Il sapere di Pancrate, anche se serve a
fini malefici che erano proibiti dalla legge contemporanea, come inviare malattie, uccidere
o produrre incantesimi amorosi, oltre inviare sogni e visioni, è definito come un sapere
divino e riconosciuto dallo stesso imperatore. La storiella, che serve, come sempre, a
indicare che la pratica che viene dopo proviene da una fonte valida e riconosciuta,
costruisce un discorso nel quale la magia, anche quella con scopi malefici, è praticata da
uomini religiosi ed è considerata divina. Il messaggio è che la magia è una pratica derivata
da una pratica religiosa legittima. L’idea della magia come divina si trova anche nella
procedura di Pnutis per l’invocazione del πάρεδρος, per esempio, il rituale d’invocazione
va definito come “sacra captazione”130 (ἡ ἰερὰ λῆψις) e dopo un lunghissimo elenco delle
cose che può fare il demone131 si nomina a Keryx come “benedetto iniziato nella sacra
magia” (ὦ μα[κάρι]ε μύστα τῆς ἱερᾶς μαγείας )132. Allo stesso modo, in una tavoletta
coattiva a Selene/Ecate che troviamo in PGM IV, linee 2243-2355, il mago per invocare il
potere della dea, si identifica con una forza divina superiore a Ecate, Ermes-Toth: “as
Hermes, The Elder, chief of all magicians, I Am Isis' father”. (ὡς μάγων ἀρχηγέτης,

toda la verdad de su magia; y lleno de admiración hacia el profeta mandó que le duplicaran los honorarios. Jose Luis Calvo
Martínez, Textos de magia en papiros griegos., P.163.
129 Il personaggio, oltre essere nominato nei PGM, è riferito come Pancrate nel Philospseudes di Luciano, opera nella

quale un tale Arignoto, un filosofo neopitagorico si presenta come discepolo suo e lo descrive, raccontando la sua
iniziazione e anche l’episodio che è alla base della ballata di Goethe, dopo ripresa da Disney, dell’apprendista stregone.
Si veda Mattew Dickie, Magic and magicians in the Greco-Roman World, Pp. 205 e seguenti, Fulvio De Salvia, La Figura del
mago Egizio nella tradizione letteraria Greco-romana. In Alessandro Roccati; Alberto Siliotti; La Magia in Egitto ai tempi dei
faraoni : atti, convegno internazionale di studi, Milano, 29-31 ottobre 1985, Verona, Rassegna internazionale di
cinematografia archeologica : Arte e natura libri, 1987. Anche Santiago Montero, Diccionario de Adivinos Magos y
Astrólogos de la Antigüedad, Editorial Tootta, Madrid, 1997.PP. 234-235
130 PGM I, 96. Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I. Pp 8

131 Faremo riferimento su questo più avanti.

132 PGM I, 128. Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I. Pp 8

54
Ἑρμῆς ὁ πρέςβυς, Ἴσιδος πατήρ ἐγώ)133, identificando il dio, e lui stesso, direttamente
come il leader, la guida dei maghi. Il mago si identifica con una figura celeste mediatrice
per fare il suo lavoro malefico. Da questo si può notare che esiste l’idea di un collettivo dei
maghi, che i maghi si identificano come un gruppo nella società. Troviamo un piccolo
riferimento a quest’idea di maghi al plurale, come gruppo, nella descrizione dell’utilità di
un altro demone paredros, questa volta risultato di una procedura attribuita al re Pitis, e
che permette evocare da un cranio l’anima di un morto.134 Nuovamente la ricetta ha forma
epistolare, questa volta diretta a Ostane, uno dei più famosi maghi persiani135. Oltre questo
riferimento di autorità, la ricetta ci informa che “Most of the magicians, who carried their
instruments with them, even put them aside and used him as an assistant (πλεῖστοι δὲ
τῶν μάγων παρ'ἐαυτοῖς τὰ σκεύη βαστάξαντες καὶ ἀποθέμενοι ἐχρήσαντο αὐτῷ
παρέδρῳ)136”. Per sottolineare le capacità di questo demone paredros, si dice che molti
maghi che prima portavano con loro materiali e utensili, ora non lo fanno più perché
questo demone fa le stesse cose più facilmente. Il messaggio è che la procedura è
approvata dai maghi come gruppo, oltre derivare da un personaggio prestigioso e
autorevole.
Un ultimo elemento a commentare risulta quello dei limiti della magia, le capacità
attribuite ai rituali. Se prima abbiamo visto che i rituali dei PGM hanno moltissime
applicazioni pragmatiche, in alcuni casi troviamo elenchi che descrivono le capacità del
mago o di un demone assistente e ci indicano anche come il mago vuole rappresentare le
sue capacità. L’interessante è che troviamo elementi comuni nelle diverse descrizioni, e
anche con la performance di Pancrate davanti Adriano. Così, Pnutis fa un lunghissimo
elenco delle cose che può fare il suo paredros137: invia sogni, unisce uomini e donne,
distrugge, crea venti, trasporta minerali, rompe catene, apre porte, ti fa invisibile, dona
cibo (non pesci o carne di maiale), accende fuoco, crea banchetti spettacolari (con illusioni
anche), costruisce navi, invoca schiere di demoni, controlla cani e bestie, può trasformarsi
in qualsiasi animale, fa volare, congela fiumi, fa scendere gli astri, accende luci, fa il caldo
freddo e viceversa, da ricchezze, vede il futuro, dopo la morte del mago curerà il suo
corpo e porterà in cielo la sua anima. In PGM XIII, 235-342, si spiegano dettagliatamente
le formule e oggetti da utilizzare dal mago che si ha consacrato al dio e ha ricevuto il nome
del dio supremo con il rituale della Monade di Mosè. Così, il mago può realizzare
incantesimi amorosi, separare coppie, eliminare l’erisipela, convulsioni e fratture, uccidere
uccelli, controllare o uccidere serpenti, eliminare la collera delle autorità, cacciare via

133 PGM IV, 2289-2290, Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P. 79.
Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I. Pp 142. Calvo Mártinez non traduce “Ermes il vecchio”, ma “l’ambasciatore
di Ermes” Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos., P.158.
134 PGM IV, 2005-2140 .Su Pitis, si veda Santiago Montero, Diccionario de Adivinos Magos y Astrólogos de la Antigüedad, Pp

245-246.
135 Ostane, mago nominato da Erodoto nella corte di Serse, ma anche definito come uno dei principali diffusori dell’arte

magico da Plinio, e al quale si attribuiscono testi su demoni, astronomia, proprietà occulte di piante, animali e pietre,
ricette alchemiche, simpatie e antipatie. Santiago Montero, Diccionario de Adivinos Magos y Astrólogos de la Antigüedad pp.
231-32
136 PGM IV, 2082-2084. Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P. 74.

Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I. Pp 136


137 PGM I,95-130 e dopo 170-180

55
demoni dal corpo delle persone, evitare veleni, far uscire il sole, farsi invisibile, ricevere
oracoli da Elios, usare un coccodrillo come barca, rompere catene o legature, spegnere
fuoco o farlo durare, rianimare un cadavere, inviare sogni, impedire alle donne di amare
altro uomo, aprire porte o sigilli.
Questi inventari di cose che il mago o il suo paredros può fare coincidono più o meno
con i problemi che le procedure rituali dei PGM dicono di risolvere: Influire su altre
persone, in particolare a livello erotico, volo, invisibilità, controllare gli elementi della
natura e gli animali, portare ricchezza e fortuna, conoscere il futuro, difendersi contro il
male e la malattia. Si deve notare che fin dall’epoca classica si trova l’immagine letteraria
di personaggi che controllano i venti, fanno scendere la luna o controllano il sole, volano o
camminano nell’acqua, dominano le bestie, invocano spiriti, animano essere inanimati, tra
altre cose, indicando che i maghi dei secoli III e IV d.C. anche includono nella sua propria
rappresentazione idee comuni nella letteratura greco-romana138. In questo punto, credo
che risulta valido commentare il problematico PGM XXXIV139. È un testo molto
frammentario, che Bonner e Dodds datano attorno ai secoli II-III d. C., che comincia
descrivendo i poteri di un mago. Il mago dice di essere capace di far scendere la luna,
mantenere la notte o il giorno a piacere, volare o attraversare i mari senza nave. Sono gli
usuali poteri del mago, ma dopo il mago si lamenta di non trovare una droga amorosa
(ἐρωτικόν Φάρμακον), perché non è prodotta dalla terra, che teme gli dei, ma lui prega a
chi la abbia di dargliela a provare. Come è ben noto dagli studiosi, questa descrizione dei
poteri di un mago ha un elemento che va chiaramente contro quelle che abbiamo visto
prima, dove la magia erotica è ben presente e i maghi si presentano fiduciosi dai suoi
poteri e saperi. Anche le forme verbali che si utilizzano sono poco usuali per un testo
magico tecnico, dove i poteri non sono definiti in prima persona. Così, è comunemente
accettato che questo testo sia un frammento di un romanzo greco e non un testo magico.
Comunque, noi lo consideriamo un testo perfettamente valido per la nostra analisi, in
quanto risulta un piccolo testimone delle sfumature del concetto di magia e dell’idea di
mago nell’epoca scelta per il nostro studio, anche se il testo non appartiene alla tipologia
di testi magici prima analizzati. È una visione esterna, non prodotta da chi si considera
mago, ma per questo risulta utile alla nostra analisi. Il testo riprende i luoghi comuni sui
maghi, ma decide di innovare presentando il personaggio come afflitto dalle pene d’amore
e impotente di fronte a questo. Si sottolinea che i filtri di amore non esistono perché la
terra teme gli dei, cioè sono preparati empi e banditi nella ricostruzione letteraria della
magia che fa il testo. Dopo di questo, rimangono due righe di testo, dove secondo Dodds,

138 Non posso fare un elenco esaustivo, ma si possono nominare la descrizione che fa Ippocrate dei maghi, nel Sulla
malattia sacra, 1, 10-46, la descrizione delle cose che imparerebbe un discepolo da Empedocle nel frammento 101,
l’immagine delle streghe della Tessaglia e in particolare Ericto nella Farsalia di Lucano (Farsalia, 6, 413-830) le descrizioni
dei maghi che troviamo nel Philopseudes di Luciano, come il gia nominato Pancrate, o nei capitoli 10-13 e 14-17, un
mago Iperboreo che fa un incantesimo amoroso e uno babilonico che controlla i rettili. In ambito cristiano, troviamo le
descrizioni dei poteri di Simon mago nelle Pseudo-Clementine, o i trucchi magici che si descrivono nell’Elenchos.
139 La bibliografia che seguo è C.Bonner, A Papyrus Describing Magical Powers, in Transactions of the American

Philological Association, N° 52, 1921, E.R. Dodds. A Fragment of a Greek Novel. P Mich. INV N°5, in Studies in Honour of
G.Norwood, Toronto, University of Toronto Press, 1952 ("Phoenix", Suppl. 1) e Antonio Stramaglia
Innamoramento in Sogno o storia di fantasmi? PMich inv. 5 = PGM 2 XXIV (pack2 2636) + Ppalaurib inv. 152, Zeitschrift für
Papyrologie und Epigraphik, N° 88, 1991
56
si deve interpretare che il cliente del mago ha una figlia che si è innamorata di una bella
immagine o apparizione (καλὸν εἴδωλον). Dodds propone che si tratterebbe di un caso di
innamoramento in sogno, che la madre vorrebbe eliminare con l’aiuto del mago. Questo
sarebbe un motivo orientale che troviamo ad esempio, nelle Efesiache di Senofonte Efesio.
Stramaglia, invece, considera che la figlia si sarebbe innamorata di un fantasma,
proponendo come caso parallelo una storia che si trova in Flegonte di Tralle. In qualsiasi
caso, a noi questo frammento serve a illustrare tutte le sfumature che può avere la
descrizione dei poteri di un mago, anche se il testo si basa in idee tipiche della cultura
letteraria antica.

57
7. Pratiche magiche comuni nelle fonti.

7.1 Rituali complessi.

Sotto il nome di “rituali complessi”, ho raggruppato una serie di procedure che


combinano procedure rituali diverse, ad esempio amuleti, segni magici, pozioni, tinture,
invocazioni e incantesimi in proporzione diversa o la cui classificazione risulta poco
intuitiva nelle altre categorie elencate sotto. Per l’organizzazione di questo capitolo, ho
deciso di descrivere prima le procedure dell’Africano, dopo quelle che descrive Ippolito e,
nel caso dei PGM, considerando la vastezza del materiale e la sua diversità, riporto le
procedure che penso hanno più elementi comuni con quelle presentate dagli autori
cristiani.

7.1.1 Sapere tecnico e magico nei “Pentagon Passages” dei Cesti.

Possiamo cominciare con le ricette per la produzione di veleni e droghe di uso


teoricamente militare che troviamo in Cesti VII, 2, 60-133. La prima permette di produrre
pani avvelenati usando gli “animali che si trovano disegnati alla fine dell’opera, nel
pentagono n°1, dove sulla medesima linea, si trovano segni della proslambanomene della
tonalità lidia, vale dire la zeta incompleta e il tau rovesciato. ζῷα ἅπερ ἀνάγραπτα ἐπὶ
τέλει κεῖται, ἐν πενταγώνῳ <α'>, ᾧ κατὰ γραμμοειδὲς ἔγκειται Λυδίου τρόπου
προσλαμβανομένου σημεῖα, ζῆτα ἐλλιπές καί ταῦ ὕπτιον”140. Questi animali, che
secondo Sestili sono indicati come rospo e vipera in una glossa di uno dei manoscritti141,
vengono sigillati in un vaso affinché si uccidano tra di loro. I resti vengono polverizzati e
mescolati con l’acqua dell’impasto del pane o messi nelle teglie dove va cotto, e dopo
offerto al nemico. L’Africano descrive eloquentemente l’azione del veleno come se fosse
capace di scatenare una malattia infettiva, una “peste” (λοιμοῦ τέχνῃ), cosa che non
sembra possibile, come nota Thee, perché la cottura dei pani ucciderebbe i batteri142. Prima
di passare alla seconda ricetta, l’Africano presenta la peste come un’azione delle Erinni
contro i barbari, che sono giustamente uccisi. È usuale nei Cesti l’uso di riferimenti
mitologici per abbellire il racconto, che servono all’autore per collegarsi al mondo
letterario colto dell’epoca.
Dopo questo, l’Africano suggerisce una forma di avvelenare le acque usate dei nemici,
che segue lo schema già presentato: “prendi le tre specie di animali che si trovano nel
pentagono n° 2, vicino ai segni della hypate delle hypati, vale a dire gamma rivoltato e
gamma diritto (Τρισσὰ γένη ζῴων ἅπερ ἐν πενταγώνῳ δευτέρῳ κεῖται, πρὸς σημείοις
ὑπάτης ὑπάτων, γάμμα ἀπεστραμμένον καί γάμμα ὀρθόν)”143. Gli animali, uno dei
quali sarebbe un serpente acquatico chiamato Fisalo secondo una glossa144, devono essere

140 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.138-139.


141 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.315-316.
142 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 226.

143 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.140-141.

144 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.335, Thee nota che il concetto di φύσαλος è nominato nel

Philopseudes come un rospo velenoso, e in Eliano come un pesce velenoso.


58
schiacciati, prendendo il liquido risultante per farlo bollire fino a quando sia assorbito il
grasso, e finalmente versare il decotto nel posto dove i nemici attingono l’acqua.
L’Africano descrive dettagliatamente gli effetti del veleno: gonfiamento dei corpi,
apparizioni di tumori dolorosi, rallentamento del corpo e un effetto psicologico: i tumori e
il gonfiore impedirebbero di indossare le armature, e i nemici, non riconoscendosi più
come loro erano né come soldati, sarebbero invasi da un sentimento di ripugnazione e
odio verso sé stessi. Oltre quello, si possono usare olio di pesce, porpora marina e il
titimallo (una pianta del genere euforbia conosciuta da Teofrasto, Dioscoride e Plinio145)
per avvellenare le fonti d’acqua nemiche. L’autore, seguendo la sua abitudine di citare
anche exempla suppostamente storici, ricorda che i Farisei146 avevano lasciato ai solsati
romani un banchetto dove il vino era avvelenato con calce, causando una strage, e
suggerisce anche usare salnitro, osso o cicuta per ottenere lo stesso effetto.
L’Africano arriva al climax di questa sezione dicendo “utilizziamo contro i nemici l’aria
e il vento (φέρε δὴ καὶ ἀέρι κατ'αὐτῶν καὶ ἀνέμῳ χρησώμεθα)”147, riprendendo il
discorso introduttivo al passo che fa leva sull’idea dell’utilizzo degli elementi della natura
come schieramento secreto148.L’Africano propone come ingredienti un serpente tessalo, il
Trisso, e il serpente conosciuto come Leone149. Tutti i due sono “(…) più avanti nel
pentagono n° 3, i cui segni sono quelli della parypate delle Hypati, vale dire il beta
incompleto e gamma rovesciato (ὅς ἑξῆς γέγραπται ἐν πενταγώνῳ τρίτῳ οὖ σημεῖά
ἐστιν παρυπάτης ὑπάτων, βῆτα ἐλλιτὲς καὶ γάμμα ὕπτιον)150”. I due serpenti devono
essere rinchiusi ermeticamente in un vaso e lasciati sotto un sole rovente. Il vaso si apre
sotto un vento che soffia contro i nemici, portando contro di loro un veleno che sarebbe
capace di far cadere cavalli, uomini e anche gli uccelli che volano nelle vicinanze. Sestili,
seguendo a Vieillefond, nota che questa descrizione degli uccelli che cadono sarebbe da
collegare con le descrizioni letterarie del lago dell’Averno che troviamo in autori come
Plinio, Lucrezio, Varrone (che segue Timeo) e Virgilio, indicando nuovamente l’abitudine
dell’Africano di fare riferimenti letterari ed eruditi nella sua opera. Poco dopo, l’Africano
spiega le contromisureda prendere in caso di un cambio di orientamento del vento che
lascerebbe in pericolo di avvelenamento il proprio esercito, riferendosi all’aria avvelenata
come peste. Thee151 nota anche che la descrizione dell’efficacia della procedura sembra
molto esagerata, tanto da collocarsi fuori dell’idea di causalità naturale, ma il testo
dell’Africano non fa nessuna distinzione tra questa procedura e quella anteriore, che,
anche se esagerata, ricorda altre descrizioni dell’azione del veleno di serpenti nel corpo
umano e sembra più plausibile. Thee suggerisce che probabilmente l’Africano descrive in

145 Sul titimallo e la sua presenza nella botanica antica, si veda Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano
Pp.338-339.
146 Alcuni commentatori del testo, come Leopardi, notano che i farisei non sono presenti nelle collezioni di stratagemata e

correggono Larisei, ma Vieillefond pensa che fariseo va inteso come ebreo nazionalista e riferito alle guerre tra ebrei e
romani nei secoli I e II d.C. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 338-339
147 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.142-143

148 Passo che abbiamo commentato nella sezione anteriore.

149 Sestili dice che il Trisso non è ben identificabile, una glossa in un manoscritto dice che sarebbe un serpente tipico

dell’Asia. Il Leone è nominato da Nicandro. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.338-339
150 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.142-143

151 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 226.

59
maniera piatta e razionalista un sapere tecnico che potrebbe avere tra delle sue fonti anche
qualche sapere magico.
Altro preparato presuntamente tossico che segue una logica simile è lo “spaventa
cavalli (ταράξιππον)”, citato in Cesti VII, 11, 15-45. Da notare che il concetto è un epiteto
di Poseidone che troviamo nominato da Pausania e da Dione di Prusa152, e personifica i
pericoli nelle gare di carri, in particolare quando i cavalli sono presi dalla paura
improvvisamente, situazione nominata in alcuni miti antichi, e contro la quale si cerca
protezione in Poseidone153. Io aggiungerei che i pericoli delle gare di cavalli, al meno dal
secondo secolo dopo Cristo in poi, erano anche attribuiti all’azione di maghi e stregoni.
Abbiamo parecchie defixiones indirizzate contro aurighi e i suoi cavalli, e autori cristiani
come Giovanni Crisostomo consideravano che la magia aveva un ruolo centrale in queste
gare154. Nuovamente troviamo che l’Africano collega una delle sue ricette non solo al
mondo colto della mitologia antica, ma anche a un mondo che si collega simbolicamente
con la magia e l’occulto. Il testo comincia ricordando come i sibariti furono sconfitti dai
crotoniati con l’aiuto di un flautista, il quale aveva fatto suonare prima della battaglia una
canzone di festa sibaritica e con questo aveva fatto alzarsi i cavalli sulle loro gambe
posteriori, perché al suono di quella canzone i cavalli erano erano abituati a danzare nelle
feste di quel popolo. Un racconto che troviamo in autori come Plinio, Eliano o Ateneo, e
che mostra come l’Africano attinge a saperi enciclopedici naturali, aneddoti curiosi e
moralizzanti e stratagemmi militari. Più avanti, l’Africano ricorda che molti invocano
Posidone spaventa-cavalli e fanno sacrifici a lui nelle battaglie, ma lui ha “scoperto
personalmente una droga più efficace della preghiera (Καὶ ἡμεῖς δὲ εὕρομεν φάρμακον
εὐχῆς ὀξύτερον)”155. Quest’opposizione ci mostra che l’Africano ha un atteggiamento
distaccato e lontano dalle divinità pagane tradizionali, come ben nota Thee156, e, invece,
suggerisce metodi alternativi “pragmatici”, che sono definiti come creati da lui o al meno
sperimentati in prima persona. Sottolineare che le procedure sono effettive ponendo la
propria esperienza come esempio è una strategia per guadagnare autorevolezza di fronte
al lettore che risulta tipica della letteratura tecnica e della storiografia antica. La droga
viene introdotta nuovamente in un pentagono “(…) la cui immagine è disegnata alla fine
dell’opera, nel pentagono n°8, al di sopra il quale si trovano i segni della parhypate delle
mesai, vale dire rho e sigma rovesciato (οὖπερ ἐπὶ τέλει πενταγώνῳ η’τὸ εἶδος
ἐγγέγραπται, ᾧ σημεῖα ὑπέρκειται παρυπάτης μέσων, ῥῶ καὶ σίγμα ὕπτιον)157”. La
tattica consiste in collocare la droga158 in siringhe e darle alla fanteria leggera. Quanto il
nemico carica, la fanteria deve resistere con gli scudi per cosi dar tempo alla fanteria
leggera di lanciare la droga ai cavalli, che sentendo il veleno, impazziscono e s’impennano,

152 Così ci Indica l’entrata del Liddel-Scott Jones,


http://www.perseus.tufts.edu/hopper/morph?l=%CF%84%CE%B1%CF%81%E1%BD%B1%CE%BE%CE%B9%CF%80%C
F%80%CE%BF%CE%BD+&la=greek#lexicon, visto il 31/10/2018.
153 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.370-372.

154 Su questo argomento, si veda Mattew Dickie, Magic and magicians in the Greco-Roman World, Pp. 282-287.

155Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 162-163.

156 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Pp. 285-292.

157 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.162-163.

158 Sestili nota che la droga, secondo alcuni manoscritti, è un preparato di euforbia. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto

Giulio Africano Pp.370-372.


60
facendo cadere i cavalieri nemici. Dopo questo, l’Africano elenca anche altre sostanze che
hanno effetti simili, come il fiele di tartaruga marina, o una miscela di mirra, zafferano e
giglio. Si definiscono letali per i cavalli il succo di elleboro, i morsi delle tarantole e
salamandre, la resina di edera, il succo di storace, e cattivo il fumo di un panno intriso di
liquido mestruale. Questo elenco di droghe alternative contro i cavalli, che come abbiamo
notato prima, è una struttura che risulta abbastanza tipica dell’Africano, ma anche tipica
della letteratura tecnica e magica antiche. Sestili159, nota che sebbene il fiele è un
ingrediente tipico nella letteratura farmacologica e veterinaria antica, non è attestato
altronde questo uso del fiele di tartaruga marina, mentre nel caso dello zafferano la mirra,
il giglio e l’edera, sono ingredienti ben noti nella farmacopea antica, nominati da
Teofrasto, Plinio, Dioscoride e Scribonio Largo. L’elleboro è utilizzato nella veterinaria
antica fin da Columella. Sulla salamandra, descritta da Aristotele, Ovidio, Nicandro,
Plinio, Dioscoride, è interessante notare che non soltanto è definita velenosissima, ma
anche se la ricorda per le sue proprietà afrodisiache, si discute sulla sua supposta capacità
di spegnere il fuoco, parti del suo corpo sono deputate come antidoto universale e Plinio
fa derivare parte di queste idee dai Magi persiani. Finalmente, l’ingrediente più vicino al
mondo della magia è il sangue mestruale, che tradizionalmente è collegato a tabù religiosi
e all’idea di impurità, e del quale Plinio sottolinea che popolarmente era considerato un
liquido invincibile e malefico, capace di guarire ulcere, produrre aborti, alterare il sapore
del mosto, dannare le coltivazioni e le api, ma anche proteggere i campi contro la grandine
e uccidere insetti nocivi.
Altro elemento che ha effetti sui cavalli, sebbene non presentato tra i pentagon passages,
ma che ha certe analogie con lo spaventa-cavalli è una tecnica per danneggiare e
immobilizzare i cavalli nemici presente in Cesti VII, II, 4. Comunque, l’interpretazione che
proporrò non è sicura perché il passo deriva della trattatistica militare bizantina e la sua
attribuzione all’Africano non è sicura.

“Lavorando alla composizione di questo libro, ho letto sulla Storia


Naturale di Nettuniano che, se si getta davanti a una quadriga un
astragalo del piede anteriore destro di un lupo, il carro si arresta. Se
dunque un astragalo arresta quattro cavalli, quale risultato maggiore
si otterrà, quando ne daremo nello schieramento uno ciascuno ad
alcuni frombolieri? Quando questi frombolieri li avranno scagliati
contro la cavalleria dei nemici, ogni astragalo non danneggerà
soltanto un cavallo, ma tutti quelli che passeranno accanto ad esso.
Φιλοπονῶν περὶ τὴν τοῦ παρόντος συγγράμματος ἔκθεσιν,
ἀνέγνων ἐν τοῖς Νεπτουνιανοῦ "Φυσικοῖς" ὅτι λύου ἀστράγαλος
δεξιοῦ ποδὸς τοῦ ἐμπροσθίου ῤιφεις πρὸ τετραόρου ἵστησι τὸ
ἇρμα. Εἴπερ οὖν τέσσαρας ἵστησι, πόσῳ μᾶλλον ὅτ' ἐν παρατάξει
καθ' ἕνα δώσομεν ὀλίγοις σφενδονήταις; Tούτους ῥιψάντων
αὐτῶν εἰς τὴν τῶν πολεμίων ἵππον, οὐ μόνον ὁ εἶς ἀστράγαλος

159 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.372-378.


61
ἵππον, ἕνα κακοποιήσει, ἀλλ' ὅσους <ἄν> συμβῇ δι'αὐτοῦ
παριππάζειν”160.

Un primo elemento a sottolineare, è che l’Africano cita un testo come fonte, una Storia
Naturale, (“Φυσικοῖς”), attribuita a un tale Nettuniano, che non conosciamo. Alcuni
propongono identificarlo con Nepualio, un autore non meglio conosciuto al quale viene
attribuito un testo su simpatie e antipatie, sembra collegato con Bolo di Mende161. Se
l’identificazione è giusta, questa procedura è da collocare nella tradizione pseudo-
democritea. La ricetta suggerisce che l’astragalo, un osso del piede del lupo, può arrestare
una quadriga. L’Africano dettaglia che deve essere del piede anteriore destro, dettaglio già
osservato in altre procedure e che continueremo a trovare nell’Africano e anche in alcuni
frammenti dei PGM. Sestili162 nota che non è possibile che ci sia un astragalo di piede
anteriore, perché anatomicamente sono ossa dei piedi posteriori dei quadrupedi, e
propone che ci sia un errore di copiatura. In ogni caso, la procedura funziona attraverso
un meccanismo diverso allo spaventa-cavalli. Se questo funziona perché si manipolano
sostanze che sono considerate tossiche per i cavalli, l’astragalo di lupo funziona per
antipatia: un contrasto stabilito tra lupi e cavalli che troviamo nella letteratura naturalistica
antica163: ad esempio, Eliano racconta che, se un cavallo calpesta le orme di un lupo, si
paralizza, e lo stesso succede se uno lancia un astragalo di lupo e il cavallo lo calpesta.
Plinio anche riferisce che i cavalli diventano narcotizzati se clapestano le orme di un lupo,
notizia che anche troviamo nella Geoponica. Nel caso di questa procedura, come succede
con lo spaventa-cavalli, il nostro autore propone un utilizzo tattico di questo sapere, anche
se non è che sembri molto pratico. Questo utilizza si presenta retoricamente,
domandandosi che succederebbe se i frombolieri sparassero questi astragali ai nemici, con
il risultato evidente (per l’Africano) di causare danni massivi alla cavalleria nemica.
In PGM VII, 430-458 troviamo una “procedura para immobilizzare tutto, che funziona
anche su carri (Κάτοχ[ος παντ]ὸς πράγματος καὶ ἐπί ἀρμάτων ποιῶν)164”, che ci serve
come confronto per notare le importanti differenze di visione di mondo che ci sono tra i
PGM e l’Africano. La procedura dice di tagliare o separare (διάκοπος), inviare malattia
(κατακλιτ[ικ]ὸν), colpire (κατακοπτικὸν), distruggere (ἀναιρετικὸν) e abbattere
(ἀναστρεφόμενον). Cioè, può essere usata come lo “spaventa-cavalli” dell’Africano. Ma il
suo meccanismo è completamente diverso, perché si basa in una formula che “scongiura
demoni e li obbliga (ὁρκίζει δαίμονας, και εἰσκρίνει)”. La procedura utilizza una
tavoletta di piombo presa da un bagno pubblico, che va consacrata con diverse erbe e
dopo si lascia appesa con una corda su un corso di acqua. Nella tavoletta si scrive
un’invocazione a Osiride con un lungo elenco di voces magicae, e quando se la lascia sulla
corrente si deve usare la “formula orfica” ασκει και τασκει, versione leggermente
modificata degli Ephesia Grammata, una frase magica molto antica che si trova in diverse

160 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.212-215.


161 Su Nepualio, https://referenceworks.brillonline.com/entries/brill-s-new-pauly/nepualius-e820370. Antonio Sestili
(Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, Pp.442.
162 Idem, Pp.343.

163Idem, .368-369. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 211-217.

164 Testo greco preso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Pp. 19

62
fonti magiche e non magiche dal IV secolo a.C. in poi165. La scrittura nella tavoletta si deve
fare con uno stilo di bronzo, dettaglio che troviamo in altre occassioni nei PGM e
nell’Africano166, ma è l’unico punto di incontro che troviamo, perché nell’Africano non si
trovano né voces magicae, né invocazioni a demoni che siano presentate come procedure
valide per ottenere uno scopo pragmatico.
Altri passi che presentano gli ingredienti della procedura in un pentagono servono alla
produzione di amuleti di diversa natura. Così, in Cesti VII, 17, 32-55, si descrive un
amuleto per produrre insonnia usando le parti del corpo di un pipistrello, che viene
descritto, con evidente poca precisione, come uccello di ali membranose e oviparo che
allatta i suoi cuccioli,lasciando indovinare al lettore prima di rimandarlo alla fine
dell’opera: “nel pentagono n° 9, accanto ai segni della lichanos enarmonica delle mesai della
tonalità lidia, vale dire pi e sigma rivoltato (ἐν πενταγώνῳ θ', πρὸς σηεμείοις μέσων
ἐναρμονίου πρόπου τοῦ Λιδίου, πί καὶ σίγμα ἀπεστραμμένον)”167. L’Africano assicura
che portando come amuleto (si utilizza il verbo περιαψσάμενον) la testa disseccata di un
pipistrello in un sacchetto di cuoio, non si potrà dormire. Le ali tagliate dall’animale
ancora vivo, utilizzate come cucchiai per bere ogni tanto, garantiscono brevi periodi di
insonnia, ma se si esagera rendono insonne permanentemente. È interessante che
l’Africano suggerisca un uso “scherzoso” di una testa appena tagliata da un pipistrello
ancora vivo: cucita al guanciale della vittima, gli impedisce di dormire. Questo capitolo
rende molto bene la struttura e logica dei Cesti. Come abbiamo visto nella sezione
anteriore, questo capitolo comincia descrivendo situazioni militari e mitiche nelle quali il
sonno ha creato guai a chi cadeva sotto il suo effetto. Questi racconti permettono
all’Africano di presentarsi come un erudito di letteratura e storia che è capace di
impadronirsi del sonno e usarlo a suo favore, e solo dopo aver fatto questo, descrive il
pipistrello come animale e il suo uso contro il sonno. La disgressione che suggerisce l’uso
della procedura come uno scherzo tra amici, collega l’Africano con la tradizione pseudo-
democritea dopo recepita anche nei PGM nei παιγνία attribuiti a Democrito che
commenteremo più avanti. Il capitolo continua con le analogie pseudo simpatetiche che
collegano il pipistrello al sonno, che già abbiamo commentato, nuovi riferimenti mitici e
finisce con l’indicazione del pentagono n°9 dove si trova il pipistrello.
È interessante confrontare questo passo con alcune sezioni dei PGM dove il pipistrello
è l’ingrediente centrale delle procedure. Il collegamento tra pipistrelli e insonnia si trova in
alcune procedure magiche, ma nuovamente, la maniera nella quale i PGM approfittano
questo collegamento è molto diversa, ritrovandosi la distanza di visione di mondo che
abbiamo già accennato nel confonto tra lo spaventa-cavalli con una maledizione che si
presenta come capace di abbattere un carro di guerra.
Una prima procedura la troviamo ijn PGM VII, 652- 661, un “Incantesimo che produce
insonnia attraverso un pipistrello (Ἀγρυπνεη[τι]κὸν διà νικτερίδος)”168. La procedura
utilizza le ali del pipistrello, che l’Africano suggerisce usare come cucchiaio per avere

165 Sugli Ephesia Grammata e il suo collegamento con l’orfismo, oltre un commento delle principali fonti sulla frase, si
veda: Raquel Martín-Hernández, El Orfismo y la Magia, Pp. 359-391.
166 Le procedure che lo utilizzano saranno commentate più avanti.

167 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.188-189.

168 Testo greco preso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Pp. 30

63
periodo di insonnia brevi, ma qua sono utilizzate come base per scrivere un elenco di voces
magicae basate nell’allitterazione che si iscrivono facendo un rettangolo con il testo. Il testo
deve essere scritto con sangue di mucca nera, capra o asino. Se l’Africano semplicemente
attribuisce all’animale la capacità di togliere il sonno a chi lo utilizza, facendo una serie di
paralleli eruditi tra il mammifero e il mito del sonno, questa procedura, sebbene sembra
conoscere il collegamento antipatetico tra sonno e pipistrelli, lo utilizza come base per una
procedura complessa, che include sangue di certi animali come inchiostro e l’iscrizione di
parole magiche specifiche per ogni ala per ottenere lo scopo desiderato.
Simile situazione troviamo in PGM XII, 376-394169, una “maledizione per produrre
insonnia” (Ἀγρυπνεητικóν). Si utilizza un pipistrello femmina vivo, scrivendo con
inchiostro di mirra sulla sua ala sinistra “i sette nomi del dio” e la maledizione, che chiede
che la vittima perda il sonno fino quando acconsenta unirsi col mago o cliente. Il
pipistrello si lascia libero dopo l’iscrizione. Il testo, alcune righe dopo, dettaglia
l’iscrizione, indicando che si deve disegnare una figura femminile con lunghi cappelli
arricciati, con uno scettro in mano e seduta in uno sgabello, che ricorda l’iconografia delle
divinità egiziane, e nel testo, invocare alla “grande dea”. I nomi divini sono variate Voces
Magicae, ma anche il nome di Gesù e Amone. La maledizione chiede alla divinità che la
vittima perda il sonno di giorno e di notte, fino alla sua morte. Il mago avverte che la
maledizione si completa nella luna calante e che la vittima morirebbe in meno di sette
giorni da quel momento. Comunque, la maledizione si può cancellare se non si libera il
pipistrello, si lavano con acqua i segni e l’iscrizione e si libera l’animale. Come si vede, la
maledizione si effettua con la combinazione dell’animale collegato all’insonnia (in questo
caso vivo), l’inchiostro, la figura disegnata e l’invocazione con voces magicae, e si ipotizza
mobilita i poteri della dea lunare, perché l’effetto si scatena nella fase calante della luna.
Una terza procedura la troviamo in PGM IV, 2943-2966, “Incantesimo amoroso che
produce insonnia (Ἀγωγὴ Αγρυπνςτικὴ)” 170 La procedura suggerisce prendere gli occhi
di un pipistrello femmina senza ucciderla, mentre l’Africano suggerisce di togliere le ali
del pipistrello ancora vivo, anche se non ci informa del sesso dell’animale. Il papiro ordina
di fare un cane di cera o farina, e collocare gli occhi del pipistrello nella figurina
rispettando la posizione originale che avevano nel pipistrello. Dopo, chiede di attraversare
gli occhi con un ago, di maniera di collocare una “entità magica (οὐσία)” attraverso gli
occhi. Le entità magiche sono lo spirito o anima di una persona o animale sacro che rimane
nelle vesti, cappelli, unghie u oggetti che sono stati in contatto con la persona o animale171.
Il suo utilizzo è un tipico caso di quello che si chiama magia contagiosa o di contatto nella
vecchia terminologia frazeriana. Nel caso di questa ricetta non è chiaro, ma potrebbe
essere un oggetto collegato alla vittima di questo incantesimo. Dopo di questo, si deve
mettere la figurina in una ciotola nuova, sigillarla con un papiro o tavoletta172 usando un
anello con dei coccodrilli iscritti e lasciarla in un incrocio di strade. Non a caso, la ciotola

169 Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, P. 82.


170Testo greco preso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I, Pp. 166
171 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp 58.

172 Il testo greco dice πιττακὶζω, letteralmente collocare un’etichetta, e i traduttori differiscono sulla lettura. Hans Dieter

Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, Pp. 94
64
porta un’iscrizione a Ecate, la dea dei trivi di triplice natura e simboleggiata con i cani173,
che viene invocata tre volte con due elenchi di voces magicae, chiedendo che la vittima
abbia insonnia, soltanto pensando nel mago o nel cliente del mago. Come si vede, la
procedura è ancora più complessa di quella prima. Oltre gli occhi di pipistrello, utilizzati
probabilmente per il suo collegamento all’insonnia, si modella un cane di cera, collegato
alla dea Ecate che va invocata, si include un’entità magica, si sigilla tutto con un anello
specifico, si scrive un’invocazione alla dea con parole magiche segrete, si colloca tutto in
un crocevia. Nuovamente, siamo lontani dell’azione quasi spontanea e “naturale” che
propone l’Africano, e ci troviamo davanti a un rituale ben articolato per richiedere l’azione
di Ecate.
Altro amuleto suggerito dall’Africano lo troviamo in Cesti VII, 9. È per evitare che i
cavalli si spaventino, basato in una coda di lupo tagliata dall’animale vivo e appesa
all’orecchio destro, che come è usuale, è “disegnata nel pentagono n°7, al di sopra del
quale si trovano i segni della hypate delle mesai, vale dire sigma e sigma (κεῖται δὲ ἐν
πενταγώνῳ ἑβδόμῳ, ᾧ σημεῖα ὑπερκεῖται ὑπάτης μέσων, σίγμα καὶ σίγμα)”174. Siamo
di fronte a un altro caso di amuleto basato in qualche modo in simpatie “naturali”. Il
rapporto tra cavallo e lupo, in molti casi è antipatetico175, ma in altri casi, come questo o
quello di un amuleto per favorire la velocità dei cavalli, può proteggere o favorire il
cavallo. Oltre quest’applicazione delle simpatie e antipatie, è da notare che l’amuleto va
posizionato in un punto ben specifico, nell’occhio, perché l’Africano sta pensando a
qualcosa che veda il cavallo, come un’ombra o qualcosa fuori del comune, e in un lato
particolare del cavallo. Tipico delle procedure magiche, come abbiamo visto in questa
sezione e di varie procedure suggerite dell’Africano (come quella del pipistrello per
impedire dormire a modo di scherzo), è che l’ingrediente venga preso mentre l’animale è
ancora vivo, che sembra è un accorgimento per mantenere le proprietà attribuite
all’animale. Collegati a questo passo, ma senza essere inquadrati dentro del sistema dei
pentagoni e delle note musicali, sono alcuni accorgimenti che l’Africano suggerisce per
migliorare la velocità dei cavalli che troviamo nel passo successivo, Cesti VII, 10,

“La velocità dei cavalli diminuisce o cresce [Lacuna del testo] I


piedi di lupo costituiscono un bene preziosissimo per i conduttori di
carri; anche un astragalo del medesimo animale, appeso come
amuleto, ostruisce le narici del cavallo di corsa. Tuttavia, questo uso
è raro, perché può provocare ferite e contusioni. Ma abbiamo
scoperto che il lupo può in altro modo contribuire alla velocità del
cavallo, senza che questo subisca nessun danno. Tolti infatti i canini a
un lupo ancora vivo, si fissano attorno al collo del cavallo, ottenendo
così un doppio risultato: costituiscono un aiuto insospettabile e un

173 Più avanti analizzremo un gruppo di invocazioni a Ecate e i suoi diversi epiteti. Si veda Prierre Grimal, A Concise
Dictionary Of Classical Mythology, Blackwell publishing, Oxford, 1990.P. 171
174 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.160-161.

175 Sestili nota come nella letteratura scientifica antica, in particolare Eliano e Plinio raccontano come i cavalli vengono

paralizzati se toccano le impronte o certe ossa di lupo, si veda Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano
Pp.368.
65
abbellimento dei finimenti da corsa. E sarebbe veramente bello, se si
potessero appendere alla quadriga intera; tuttavia, anche se portasse
questo collare soltanto il cavallo leader, sarebbe sufficiente a rendere
più veloci i compagni di corsa. Ἵππων τάχος ἀμβλύνεται καὶ αὔξει·
[testo espunso] Λύκος ἀντιπαθὲς ἑκάστη ἵσταται καὶ ναρκᾷ τὼ
πόδε θᾶττον δέ αὐτοῦ χθονι ὑπὸ λύκου γίγνεται...
Περισπούδαστον ἱππόταις κτῆμα λύκου πόδες, καὶ ἀπαρτηθεὶς
δὲ ἀστράγαλος τοῦ αὐτοῦ θηρίου ἐπιστομίζει τρέχοντα. Σπάνιον
μὲν οὖν, τὸ τρωθῆναι καὶ ἄραιῶσαι συμβῆναι δυνάμενον.
Εὕρομεν δ' ετέρως τὸν λὺκον συνεργῆσαι δυνάμενον εἰς ὠκύτητα,
δίχα τῆς τοῦ ἵππου βλάβης. Ὁι γάρ τοι κυνόδοντες ζῶντος
ἐξαιρεθέντες τοῖς περιπεδαίοις συμπλέκονται καὶ εἰς ἀμφότερα
συμβὰλλονται· ἀνύποπτός τε εἶναι βοήθεια καὶ φαλάρον κόσμος
ἐναγωνίων. Καλὸν μὲν οὖν, εἰ τῷ τετραόρῳ τις παντὶ
προσατησειεν· εἰ δ' οὖν, κὰν ὀ ἠγεμὼν μὸνος ἵππος τὸ περίθεμα
ἕχων τοῦτο θάττονας ποιῆδαι τοὺς συντρέχοντας ἀρκεῖ.”176

Come abbiamo visto prima, l’idea di un’antipatia tra cavalli e lupi era
qualcosa presente nella letteratura antica sulla natura, e l’Africano approfitta
quetes idee per suggerire che si poteva paralizzare e danneggiare la cavalleria
nemica dando ai frombolieri degli astragali di lupo. In questo passo, con
un’inversione curiosa, i piedi o astragali di lupo sono usati dai conduttori di
carri per aumentare la velocità dei cavalli. Non è chiaro a cosa attribuire questo,
se la procedura cerca di trasferire la velocità e forza del lupo ai cavalli per
contagio, o in qualche modo la relazione antipatetica permetta potenziare la
velocità dei cavalli. Magari i cavalli cercano di fuggire dalla presenza del lupo?
In ogni caso, l’Africano prima mostra un uso tradizionale, ma non molto
comune, di collocare nelle narici del cavallo questo amuleto (di astragalo di
lupo. Il problema è che questa procedura presenta rischi per i cavalli. Se nella
procedura per fermare i cavalli si cita un’opera di Storia Naturale, qua si cita
qualcosa che potremmo nominare “tradizione” e dopo la sua propria scoperta
che supera la tradizione. Così, lui presenta un altro amuleto senza rischi, fatto
con i canini di lupo, tolti con l’animale ancora vivo e appesi al collo del cavallo.
È interessante che l’Africano, oltre indicare la sua utilità, metta l’accento su altre
due caratteristiche vantaggiose, una è che sono insospettabili (ἀνύποπτος),
indicando che gli aurighi fossero sospetti di utilizzare magia o accorgimenti
considerati illegittimi per vincere le gare, l’altra è che aiutano all’abbellimento
della quadriga. Finalmente, la logica di contagio propria di questi oggetti
permette di dare velocità a tutti i cavalli della quadriga appendendo un solo
canino al cavallo leader.

176 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.160-161


66
Come avevamo visto nella sezione dei discorsi, l’Africano, in Cesti VII, 6, 25-35,
propone una procedura per addomesticare un cavallo quando l’addestramento
tradizionale si dimostri inefficace. La sua “scienza della natura” (φύσεως τέχνη) è la
seguente:

“Renda docile questo animale anche un’iscrizione, che esso


non temerà, non sospetterà, ma, portandola, sarà addomesticato.
Nella concavità dello zoccolo del piede anteriore sinistro, incidi con
la mano sinistra, con uno stile di bronzo, il giorno sedicesimo della
luna, la minaccia di una prescrizione latina. Questa formula incisa
produce necessariamente l’obbedienza; essa si trova nel pentagono
n°6, dove sono iscritti i segni della lichanos diatonica delle hypti, vale a
dire phi e digamma. (Ἠμερωσάτω αὐτὸν καὶ γραφή, ἥν οὐ
φοβηθήσεται, ἥν οὐχ ὐποπτεύσει, ἥν φοβῶν δαμασθήσεται. κοίλῳ
ὀπλῆς προτέρου ποδός εὐωνύμου, χειρὶ ευωνύμῳ ἐγχάραττε
γραφίῳ χαλκῷ, σελήνης ἐκκαιδεκαταίας, Ῥωμαίας προρσταγῆς
ἀπειλήν· ἀνάγνκην ἔχει πειθαρχίας ἡ γραφή· κεῖται δὲ ἐν ς'
πενταγώνῳ, ὥπερ ἑγγέγραπται ὑπάτων διατόνου σημεῖα, φῖ καὶ
δίγαμμα.”

Come ben nota Thee177, la procedura ha parecchi elementi collegabili a pratiche


magiche usuali nell’epoca, come alcuni amuleti per favorire la vittoria in gare di carri che
troviamo nel PGM VII178, o alcune pratiche attribuite ad autori tardoantichi come Apsirto o
Pelagonio che troviamo nel Corpus Hippiatricorum Graecorum,179. L’Africano prescrive una
procedura specifica: l’uso di uno stilo di bronzo per incidere la formula nello zoccolo
sinistro, usando la mano sinistra e facendolo in un giorno determinato collegato alla luna.
L’iscrizione suggerita dall’Africano, come sempre, presentata in un pentagono
accompagnato da due segni musicali, non è conservata, ma nel Codice Ippiatrico di
Cambridge180, troviamo il seguente crittogramma: φε/ δολει/ κεσο/ φεε/ αελφχσθπψλν.
Vieillefond, facendo ricorso a un sistema crittografico semplice, propone che l’ultima
parola sarebbe θεοφυλακτον, e sarebbe parte dell’invocazione. Anche propone che
l’iscrizione potrebbe essere decifrata e traslitterata come DEFOREASEKODEE, che magari
sarebbe defore aseco de e (quo), che potrebbe tradursi come “essere sul punto di voler fallire/
tagliato fuori da (essere?) un cavallo”. Tutta questa proposta va considerata come
ipotetica, e io mi limito, come Thee, a segnalare che l’iscrizione non ha un significato
chiaro. In ogni caso, non risulta strano che nelle procedure veterinarie suggerite dal nostro
autore si trovino amuleti e formule, e neanche risulta strano che ci siano paralleli con i
PGM. Il sapere antico sulle proprietà medicinali di pianti e animali ha sempre avuto
spazio per questo tipo di pratiche, ben attestate in autori come Plinio il Vecchio e nei

177 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic pp.272-273
178 Lo commenteremo un po’ più avanti.
179 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.355

180 Cosí lo suggerisce Vieillefond, seguito da Thee. Cf. Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic

pp.272-273
67
trattati di ippiatrica bizantina181, ma anche, come avevamo visto, è ben attestata anche la
vicinanza tra l’ambito della magia e l’ambito delle gare di carri. In PGM VII, 390-394, si
suggerisce una “formula per ottenere la vittoria in una gara (Νικητικόν δρομέως)” che
dice:

“Escribe en sus grandes uñas dibujando con un estilo de


bronce estos signos (signos), escribe: dame éxito, encanto amoroso,
fama, suerte en el estadio. (Después, lo que desees.) Γράφων ἐπὶ
τοὺς μεγάλους ὄνυχας αὐτοῦ γράφων καλκῷ γραφείῳ τοὺς
χαρακτῆρας τούτους· (segni) γράφε· 'δος μοι ἐπιτυχίαν
ἐπαφροδισίαν, δόξαν, χάριν ἐν τῷ σταδίῳ' καὶ τὰ κοινά, ὄσα
θέλεις” 182

Sebbene non si specifica né lo zoccolo né la mano da usare, si indica una iscrizione


con segni magici (fatti da righe e piccoli cerchi, alcuni hanno forma di asterisco e altri
sono difficili da descrivere183) da incidere con uno stilo bronzeo, alla stessa maniera che
l’iscrizione suggerita l’Africano. La differenza si trova nella versatilità della procedura,
prechè questa dei PGM anche garantisce successo, attrattivo sessuale e fama (ἐπιτυχίαν
ἐπαφροδισίαν, δόξαν, χάριν ἐν τῷ σταδίῳ). Altro testo in questa linea è il “Meraviglioso
mezzo di Ermes per ottenere la vittoria, che devi portare nei tuoi sandali (Νικητικόν
θαυτμαστόν τοῦ Ἑρμοῦ, ὅ ἔχε ἐν τοῖς πεδίλοις)”, che troviamo in PGM VII, 920-924.:

“Toma una lámina de oro, escribe con un estilo de bronce y


cuélgasela al que quieras. Mira qué consigue en un barco o en un
caballo y te asombrarás. Éstos son los signos: (Signos.) Tout, dale
victoria, poder, fuerza, al que lo lleva. λαβοὼν λεπίδα ἡλιακὴν
γράψον χαλκῷ γραφείῳ καὶ περίθου, ᾦ ἂν βούλῃ καὶ ὅρα, τί ποιεῖ
πλοιῷ, ἵππῳ, καὶ εκπλαγήσει. Εἰσὶν δὲ οἱ χαρακτῆρες (segni)
Θωούθ, δὸς νίκην, ἰσχὺν, δύναμιν τῷ φοροῦντι' “184

La procedura non è molto ellaborata: una lamella di oro scritta con uno stilo di
bronzo, da appendere dove si voglia, in una nave o in un cavallo, anche se il titolo la
colloca nei sandali di chi vuole la vittoria. I segni, riprodotti da Betz185, sono quindici, e
troviamo piccoli cerchi aggruppati difficili da descrivere, uno in forma di asterisco, ma
anche due segni che ricordano un tre contemporaneo, due epsilon invertite tonde, due
kappa, una ipsilon maiuscola tonda, una eta maiuscola, un mi corsivo, un chi con dei puntini
e un pi maiuscolo quadrato con un cerchio nel centro. L’invocazione è semplice, chiede a
Ermes/Thot di dare potere, vittoria e forza al portatore. Come si vede, questa procedura,

181 Si vedano gli eruditi commenti di Sestili rispetto al passo, veda Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano
Pp. 353-362.
182 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos , Pp. 214-215

183 Sono riprodotti nel testo di Betz, Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic

Spell, PP. 128


184 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos , Pp. 235., testo greco preso da Karl

Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I, Pp. 40


185 Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spell, PP. 142.

68
oltre utilizzare i charakteres, aggiunge un elemento che non troviamo nell’Africano: una
semplice invocazione a Ermes, dio collegato alla buona fortuna.

L’Africano suggerisce due procedure da utilizzare in interventi su ferite di guerra:


una per aiutare nelle procedure di amputazione o interventi chirurgici e altra per favorire
l’intervento del medico su una ferita. L’Africano, in Cesti VII, 4, comincia notando che
molti feriti hanno paura degli interventi chirurgici, temendo più il dolore dell’intervento
che i mali della ferita non trattata, e per questa ragione suggerisce di calmare il paziente e
aumentare la sua fiducia nella procedura. L’Africano suggerisce che la procedura si deve
fare velocemente e con una lama molto affilata, per evitare dolori inutili al paziente, e
dopo questo un’assistente deve applicare sull’incisione una placca o blocco (πλίνθος), la
quale “si trova nel pentagono n°4, dove sono scritti, a forma di piramide, i segni per la
nota vocale e strumentale della lichanos enarmonica delle hypati, vale dire alfa rovesciata e
gamma rivoltata che ha dietro una linea (ἡπερ ἐν πενταγωνῳ δ' κεῖται, ᾧ κατὰ τὸ
πυραμοιδὲς ἔγκειται σηεμεῖα λέξεώς τε καὶ κρούσεως υπάτων ἐναρμονίου, ἄλφα
ὕπτιον καὶ γάμμα ἀπεστραμμένον ὄπισθεν γραμμήν ἔχον) ”. Thee186 nota che non è
chiaro se in questo caso la placca va usata come amuleto, nella tradizone dell’uso medico
di lamelle di piombo o amuleti fatti di lamelle di oro contro ferite che ricorda Plinio, o se è
parte di una procedura medica per favorire effettivamente la cicatrizzazione. Dopo, in
Cesti VII, 5, propone un rimedio per alleviare il dolore di chi è ferito dal ferro:

“Bisogna ungere con grasso il ferro che ha provocato la ferita, poi


percuotere con esso la ferita stessa. Quindi dobbiamo pronunciare
per tre volte “tata” e, mentre sputiamo, ripetere la formula latina che
è scritta nel pentagono rappresentato al n° 5 di fronte ai segni della
lichanos cromatica, vale dire alfa rovesciata che ha dietro una linea, e
gamma rivoltata, che ha dietro due linee. In questo modo il dolore
cesserà; allora i medici curino senz’altro la ferita, dal momento che il
paziente stesso si affiderà molto volentieri alle loro mani. (τὸν
πρόσαντα σίδηρον ἀλεῖψαι προσήκει, εἶτ' ἐπικροῦσαι αὐτὸν τῷ
τραύματι · λέγωμεν <δὲ> τὰ τὰ τρίς, ἅμα τε ἐπιπτύοντες Ῥεμαῖαν
τινὰ ῥῆσιν ἥ ἐν τῷ ἐκκειμένῳ πενταγώνῳ <ε'> ἔγκειται πρὸς τὰ
σημεῖα χρωματικῆς, ἄλφα <ὕπτιον ὄπισθε γραμμήν ἔχον καὶ
γάμμα> ἀπεστραμμένον ὄπισθε β' γραμμὰς ἔχον. Ἡ μὲν οὖν
ἀλγηδὼν παύσεται· τὸ δὲ τραῦμα ἰατρῶν παίδες θεραπευέτωσαν,
τοῦ κάμνοντος ἐαυτὸν εὐχερῶς ἐς τὴν ἐπάφησιν αὐτῶν
χορηγοῦντος)”

La procedura è una di quelle che include più elementi propri della pratica magica
terapeutica antica, in particolare quella per animali, come quella che si trova nel
tardoantico Corpus Hippiatricorum Graecorum187 o nella tradizione della trattatistica

186 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, Pp. 210
187 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano Pp.353-362.
69
sull’agricoltura latina, da Catone il vecchio in poi188. Include il colpire la ferita con il ferro
che la ha prodotto, l’uso di onomatopeie ripetute 3 volte, lo sputo, una formula latina, che
tristemente non conosciamo, e l’usuale pentagono. Thee189 nota che la ripetizione di suoni
onomatopeici è una delle maniere nelle quali i maghi invocano il potere rituale contenuto
nelle parole, ma questo semplice “tata” è ben lontano dalle elaborate voci magiche e
invocazioni dei PGM. Risulta curioso che si usi una formula latina invece di una in lingua
orientale, più tipica dell’immaginario magico antico, che collega le lingue straniere alla
pratica magica, ma magari l’Africano riproduce qualche procedura tipica del sapere
medico popolare dell’esercito romano. Il colpire la ferita con lo strumento che l’ha
prodotta probabilmente è da collegare con una logica d’inversione: usare l’elemento che
ha aggredito come elemento per la guarigione. Finalmente, credo che l’elemento centrale
di questa ricetta è che non sostituisce le cure mediche, ma aiuta al ferito a non avere
dolore, cioè utilizza gli effetti psicologici positivi che ha la realizzazione di un piccolo
rituale prima dell’intervento190. In tutti i due casi, risulta centrale la preoccupazione che ha
l’Africano per lo stato psicologico di chi deve ricevere cure mediche, e se nel primo caso
sottolinea che si deve calmare e convincere al ferito di accettare l’intervento senza paura,
nel secondo caso cerca di produrre uno stato positivo nel ferito (che va collegato alla
diminuzione del dolore) che facilita l’intervento dei medici.

Come si vede, tecnicamente le procedure prima spiegate potrebbero classificarsi come


di produzione di droghe, amuleti e incantesimi, ma l’Africano costruisce attorno queste
ricette un dispositivo testuale che praticamente non ha paralleli tra i testi contemporanei e
che in qualche senso ci rimanda al mondo dell’occulto e del magico. Gli ingredienti,
secondo i Cesti, sono disegnati alla fine dell’opera dentro di un pentagono che ha anche
due note musicali iscritte, espresse con lettere dell’alfabeto alterate. Per noi moderni,
sembra automatico assumere che sono degli esempi di “cerchi magici”, ma il suo
significato è poco chiaro. Vieillefond e Thee li disegnano non come un pentagono normale,
ma come un pentagono stellato, anche se non conosciamo che forma avevano nell’opera
originale, oggi perduta. Sestili, citando a Vieillefond e a Scholem191, ricorda che le stelle a
cinque o sei punte sono simboli apotropaici o profilattici tipici del mediterraneo, e per
questo potrebbero avere un ruolo di protezione simbolica degli ingredienti o di assicurare
il suo potere, ma come ben nota Thee192, nel testo non troviamo indicazioni che supportino
quest’idea. Non abbiamo neanche indicazioni che mostrino che quando si prepara il
veleno, l’amuleto o l’iscrizione si deva fare su un pentagono per garantire migliore effetti.
Sebbene non troviamo pentagoni nei PGM, si troviamo alcuni riferimenti rituali a figure
geometriche, che in ogni caso servono a indicare la distanza concettuale e rituale che esiste
tra l’uso dell’Africano di queste figure e quello che troviamo nei PGM. Così, in PGM XIII,

188 Idem, P. 368-359.


189 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 267-268
190 E ben noto dalle ultime teorie psicologiche sulla magia, che le pratiche rituali hanno un effetto psicologico sugli

spettatori per via della sua performatività. Si veda Stanley Tambiah, Magic, Science, Religion, And the Scope of Rationality,
Cambridge Univesity Press, Cambirdge, U.K., 1990, Bernd-Christian Otto, Michael Stausberg (Eds.), Defining Magic. A
reader, Equinox Publishing, Sheffield, 2013.
191 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.316-317.

192 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 200-208

70
38-40, si nomina una “tavoletta di natron tetragonale” (νύτρον τετράγωνον), come parte
degli elementi da usare nel rituale di consacrazione del mago attribuito alla “Monade di
Mosè”, dove verrà iscritto il “grande nome con le sete vocali” (εὶς ὃ γράψει[ς] τὸ μέγα
ὄνομα ταῖς ἐπτὰ φωναῖς) che, accanto ad altri simboli servirebbe per garantire la
comunicazione con la divinità. Nello stesso papiro, ma nella riga 760, che cita una seconda
versione dello stesso testo attribuito a Mosè, si descrive l’elaborazione di un ettagramma
(ἑπταγραμμάτον), accompagnato di una lunga invocazione al dio supremo, ma non si
dice niente di specifico sulla figura. Il testo è pieno di riferimenti numerologici, dove
magari possiamo inserire il riferiemento a questo ettagramma: si parla di sette vocali, di
nomi segreti di nove, quattordici e ventisei lettere o di ventotto luci di luna.

Rispetto alle note musicali, Sestili,193 seguendo a Thee194 e Vieillefond, nota che le
indicazioni musicali usate formano parte di due scale musicali di riferimento diverse e che
non si usavano unite nella pratica musicale usuale, e per questa ragione non si potrebbe
pensare a un riferimento mistico al pitagorismo. Viellefond, fedele alla sua tesi della
supposta origine ebraico dell’Africano, propone che questi segni musicali siano nominati
perché sono esemplificati con lettere dell’alfabeto rovesciate o alterate, e per questo li
collega con la mistica ebraica della qabbalah, nella quale si valorizzano, contabilizzano e
traspongono le parole dell’alfabeto ebraico e della Bibbia, come una maniera di penetrare
nei segreti della divinità e di farsi con il potere sacro contenuto nelle parole, che sono
l’istrumento con il quale Dio avrebbe creato il mondo195. Sebbene è una speculazione
interessante, non ha molti elementi di prova, soprattutto essendo dubbia la tesi di
Vieillefond sull’origine dell’Africano. Oltre questo, questa proposta collega i Cesti alla
logica della magia basata sul potere della parola e dei nomi segreti della divinità, che
deriva normalmente da esperienze mistiche ed iniziatiche, sia nella tradizione ebraica che
nella tradizione del Papiri Magici, cosa che non coincide con il discorso e la pratica magia
dell’Africano che abbiamo analizzato nel capitolo anteriore. Nel caso dei PGM, anche
troviamo procedure più o meno complesse che fanno ricorso ai nomi segreti della divinità
e anche ad aggruppamenti di lettere e parole che ricordano vagamente i geroglifici,
includono lettere greche rovesciate e magari sono da collegare con i segni astrologici
egiziani: i Charachteres196, indicandoci che la pratica di “giocare” con parole e lettere come
un modo per rappresentare forze divine o cercare di comunicarsi e invocare demoni e
divinità anche si trova nella magia greco-egiziana. In ogni caso, non si trovano prove che
permatteno di collegare le notazioni musicali musicali africanee a questi simboli, oltre il
ricorso a lettere greche rovesciate, e i charakteres sono riferibili ad un contesto rituale
mistico e iniziatico che non coincide con il discorso dell’Africano sul suo sapere.

7.1.2. L’invocazione sincretica di Odisseo. Religiosità e magia nei Cesti

193 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp.319 e seguenti.
194 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P. 200-208
195 Una buona introduzione alle diverse forme della qabbalah si trova in Gershom Scholem, Le grandi Correnti della Mistica

Ebraica, Il melangolo, Genova, 1982.


196 Sui Characteres, si veda Kayle Fraser, Magic in Roman Antiquity: The Imperial Period, anche William Brashear, The Greek

Magical Papyri: an Introduction and Survey; Annotated Bibliography (1928-1994). Anche Derek Collins, Magic in the Ancient
Greek World. Oxford, Blackwell, 2008, Pp 73-78.
71
Dentro questo gruppo di “pratiche complesse” nominate dall’Africano, non si può
tralasciare il Pap. Oxy. 412. Si deve notare che in questo caso l’invocazione magica è
collocata nell’ambito di una critica testuale: il supposto ritrovamento di un frammento
“perduto” dell’Odissea. Non abbiamo maggiore informazione su Cesti XVIII, nè sappiamo
dove era inserito questo frammento, ma penso che la sua presenza nel testo dell’Africano
non abbia la stessa funzione che le ricette finora analizzate in Cesti VII. Come avevamo
visto, il proemio di Cesti VII dice che il libro ha come scopo di presentare un sapere utile
che unisce terapie, saperi segreti e racconti belli, mentre questo frammento di Cesti XVIII
sembra abbordare soltanto l’ultima parte di questa dichiarazione. Per questa ragione, la
procedura magica, sebbene indica che l’Africano aveva modo di conoscere una procedura
più o meno contemporanea per invocare le anime dei defunti, non va presentata
dall’Africano come un rituale da imitare per ottenere l’obbiettivo desiderato, come una
“ricetta”, ma come una curiosità filologica.
Il testo inzialmente segue, più meno da vicino, il testo omerico, descrivendo come
Odisseo invoca i morti e dopo taglia la gola alle bestie sacrificali e fa scorrere il sangue,
attraendo una folla di anime, che lui mantiene lontano con la spada mentre pronuncia:

“O fiumi e terra e voi due che sottoterra i morti uomini punite, chi
trasgredì giuramenti, siate voi testimoni ed esaudite la nostra
invocazione; io sono giunto per chiedere come potrò giungere nella
terra di Telemaco, che lasciai ancora in grembo alla nutrice, mio
figlio: tale dunque fu l’ottimo incantesimo.
(Egli pronuncia la preghiera magica adatta).
Ascoltami o fertile Anubi, propizio e protettore [testo espunto] vieni,
Hermes rapitore, qui, Zeus ctonio bella chioma, garantendo voi il
successo, esaudite questa preghiera magica. Qui Hades e Terra,
Helios Titano, fuoco eterno, vieni, e Jahveh, Phtah e Phre protettore
della legge, e Nephto moto onorato e Ablanatho molto ricco, che
porti nella cintura un serpente di fuoco, che scuoti la terra, dalla testa
di Ibis e Abraxas, acclamata divinità del nome cosmico, che governi
l’asse del mondo e il coro delle stelle e la luce fredda delle orse, vieni
anche Phren, per me superiore a tutti gli dei per la tua temperanza.
[Testo espunto]
Nascita e Morte e Fuoco della bella fiamma, vieni Iside ctonia e
celeste, che i sogni governi e Sirio che ……………………….
Queste cose io dissi io stando preso la fossa; ricordavo bene, infatti, i
suggerimenti di Circe, che conosce tutti i veleni ce la terra produce
(…)
([ὧ ποτα]μοὶ καὶ γαῖα καὶ οἵ ὕπενερθε κάμοντας
[ἀνθρώ]πους τ[ί]νεσθον, ὅτις κ'ἐπ[ι]ορκον ὁμόσσῃ,
[ὑμεῖς] μάρτυροι ἔστε, τελειτε δ'ἄμμιν ἀοι[δή]ν·
[ἦλθον] χρησόμενος ῶς ἄν εἰς γαῖαν ἱκάνω
[Τηλεμ]άχου γε, ὃυ ἒλειπον ἐπὶ κόλποισι τ[ιθή]νης,

72
[τέκνο]ν ἐμόυ· τοίη γάρ ἀρίστη ἧν ἐπαοιδ[ή]
(ἅ δεῖ ἐπᾷσαι λέγει)
[κλῦθί]μοι, εὐμειδὴς καὶ ἐπίσκοπος, εὔσπο[ρ'Ἄν]ουβι
[ἔλθ' Ἑρ]μῆ, ἅρπαξ, δεῦρ' εὐπλόκαμε χθόνιε Ζεῦ,
[κῦρσ]αι δωσάμενοι κρηήνατε τήνδ' ἐπαοιδήν·
[δεῦρ' Ἄιδ]η η καὶ Χθων, πῦρ ἄφθιτον, Ἥλιε Τιτάν,
[ἐλθὲ καὶ] Ἰαά καὶ Φθᾶ καὶ Φρῆ νομοσὼσω[ν]
[καὶ Νεφ]θώ πολύτιμε καὶ Αβαλανθὼ πολύολβε
[πυρσ]οδρακοντόζων', ἐρυσίχθων, ἰβικαρείη,
[Ἀβραξ]ᾶ, περίβωτε τὸ κοσμικὸν οὔνομα δαίμων,
[ἅξονα] καὶ χορίον καὶ φῶτα νέμων παγέρ' Ἄρκτων,
[ἐλθὲ κ]αὶ ἐνκρατείᾳ πάντων προφερέστερ' ἐμοί, Φρήν
[Καὶ Γε]νεὰ καὶ Ἀπηβιοτὰ καὶ Πῦρ καλλιαθές
[ἔλθ' Ἶσι]ς Χθονία καὶ οὐρανία ὀνείρω[ν]
[ἤ μεδέει]ς καὶ Σείρι' ὄς.....
[Καὶ τὰδ]ε μὲν παρὰ βόθρον ἐγών ἤüσα παραστάς·
[εὖ γὰρ] ἐμεμνήμην Κίρκης ὐποθημοσυνά[ω]ν
[ἣ τὰσα φ]άρμακα οἶδεν ὅσ[α] τρέφει εὐρεῖα χθών)

Per l’analisi dell’invocazione, prima di tutto si deve notare che, in genere, le


invocazioni alle divinità nelle procedure magiche non sono molto diverse alle invocazioni
che si fanno nelle procedure religiose ufficiali greco-romane. Seguendo Fritz Graf197, in
alcuni testi del PGM IV si utilizza il concetto di preghiera (εὐχή) quasi come sinonimo di
quello di incantesimo (ἐπαοιδή) e in generale la struttura della preghiera greca standard
non si discosta molto di quella dell’invocazione della divinità nella magia. La struttura
della preghiera include tre parti: la prima è l’invocazione della divinità indicando epiteti e
specificando il ruolo mitico e religioso della divinità per catturare la sua attenzione, la
seconda è una parte narrativa che identifica chi fa la preghiera e le sue credenziali
religiose, che può essere ridotta al minimo, e terza è la petizione alla divinità.
In questo caso specifico, troviamo una prima invocazione ai Fiumi, alla Terra e agli
dei Inferi come testimoni, citando un’invocazione che minaccia chi non rispetti una tregua,
che si trova nell’Iliade II, 278-80198, dopo troviamo la ragione della procedura, cioè la
petizione alla divinità: conoscere come tornare in Itaca. Dopo il chiarimento dell’autore,
che indica che comincia l’incantesimo di Odisseo, troviamo nuovamente una lunga serie di
invocazioni a diverse divinità. Sembra che ci fossero due preghiere diverse, ma in ogni
caso considerando la procedura come una, la struttura non è proprio tipica. Se isoliamo la
prima preghiera dalla seconda, invece, la prima preghiera ha una struttura classica di
invocazione con epiteti, una minima parte narrativa e alla fine la petizione.

197 Fritz Graf, Prayer in Magic and religious Ritual, in C.A. Faraone & D. Obbink, Magika Hiera, Oxford University Press,
New York, 1991
198 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano P.534., anche Kahane, Ahuvia.The Literary Charms of P.Oxy.412

73
La bibliografia stabilisce cha la logica dell’invocazione di Odisseo è quella tipica
dell’invocazione sincretica usata dalla magia imperiale contemporanea199, e per questo, ho
cercato le divinità elencate nella ἐπίρρησις africanea nei testi dei PGM, ponendo l’accento
soprattutto sulle funzioni ed epiteti delle divnitè invocate, per vedere fino a che punto
entrambi testi facciano riferimento allo stesso immaginario religioso200. Cominciamo con
una nota concettuale. Il testo stesso utilizza la parola tecnica per indicare incantesimo,
ἐπαοιδ[ή] (anche si utilizza il concetto di canzone/incantesimo ἀοι[δή]ν), e anche il verbo
cantare o dire un incantesimo. Sestili traduce il concetto incantesimo come “preghiera
magica”, cercando di rendere il tipo di testo che abbiamo di fronte, mentre che Thee201
sceglie come concetto “canzone” (song), senza andare verso l’ambito della magia.
Rispetto alle divinità invocate, si comincia con Anubi, qua definito protettore,
propizio, fertile. Nei PGM si menziona quattro volte, e in tre delle occasioni va collocato in
un contesto infernale. Così, in PGM IV 340 e in PGM IV 1465, nel contesto di
un’invocazione di diverse divinità infere, va definito come possessore delle chiavi di chi è
nell’Ade e guardiano, e inPGM XVII va collegato alla terra, al mondo sotterraneo, ma
anche ai cieli e si nomina il cane, tipico animale che lo rappresenta. Finalmente,in PGM VII
545 e seguenti, in una procedura di divinazione con una pentola piena d’acqua, è definito
il servitore di tutti gli dei, e va invocato con Osiride e Iside, altre divinità affini con il
mondo dei morti. Sebbene Anubi non va collegato direttamente agli inferi nel testo
africaneo, con eccezione del concetto ἐπίσκοπος, guardiano, protettore, vigile, che
potrebbe essere collegabile al suo ruolo di protettore delle tombe202, l’invocazione è una
per entrare all’Ade, cioè è pienamente in linea con gli epiteti usati nei PGM.
Hermes viene chiamato soltanto rapitore, ἅρπαξ, ma è saputo che questa divinità
aveva il ruolo di portare le anime dei morti all’Ade203 e può collegarsi allo scopo
dell’incantesimo. Nei PGM va nominato in quindici procedure diverse. In alcuni casi204 è
definito come autore di procedure magiche e di nomi segreti, e va nominato come Hermes
Trismegisto, forma sincretica egiziana ed ellenistica che identifica Hermes con Thot, dio
egiziano lunare, collegato alla giustizia, alla scrittura, alla scienza, alla medicina, alla
magia, al viaggio dei morti all’oltretomba e al sapere sacro205, ma Trismegisto nella tarda
antichità era anche descritto come un uomo divinizzato molto antico che conosce i segreti
dell’universo. In altre procedure, come in PGM V 400 e seguenti, o in PGM XVI,B, Hermes
è definito come signore dell’universo, occhi di Helios, luce dell’universo e lampada dei
morti, guida dell’anima e degli astri, creatore delle parole, medico e profeta. Hermes è

199 Kahane, Ahuvia.The Literary Charms of P.Oxy.412


200 Sebbene i testi dei PGM sono normalmente posteriori all’epoca dell’Africano, la grande maggioranza è del secolo IV o
di fine secolo III, è molto probabile che i concetti e concezioni siano anteriori.
201 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic, P.180-182.

202 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, Editoriale Aldebaran, Madrid, 2001. P. 21-23, George Hart, The

Routledge Dictionary of Egyptian Gods and Goddesses, Routledge, New York, 2005, Pp. 25-28.
203 Prierre Grimal, A Concise Dictionary Of Classical Mythology, Blackwell publishing, Oxford, 1990.P. 199.

204 Cosí in PGM IV 885 e ss o 1445 e ss.

205 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, P.227-229., George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and

Goddesses, Pp. 156-159. Su Ermes Trismegisto, e l’Ermetismo si veda Brian Copenhaver ( Ed.). Corpus hermeticum y
Asclepio, Madrid, Editorial Siruela, 2000. Anche Garth Fowden, The Egyptian Hermes: A Historical Approach to the Late
Pagan Mind. Princeton University Press, Ney Yersey, 1993, Pp. 22-28.
74
invocato in procedure contro ladri, per ottenere fortuna e vittoria o rivelazioni sul futuro.
In sintesi, i PGM ci mostrano un Ermes molto più complesso e variegato che questo Ermes
rapitore dell’Africano.
Odisseo dopo invoca Zeus, definito Ctonio206 (χθόνιε), in linea con lo scopo
dell’incantesimo, ma nei PGM, è nominato 9 volte senza mai essere definito così. In PGM
V, 1-5 e 470 e seguenti, Zeus è invocato come Dio invincibile, creatore, e invocato
unitamente a Helios, Serapide, Mitra, Iao o Adonais, indicando una certa sovrapposizione
tra divinità supreme. Nello stesso papiro è invocato in procedure di divinazione, per
rompere legature, inviare sogni e ottenere invisibilità. Anche è invocato contro il male di
testa207.
Dopo Zeus, sono elencati Hades, Terra, Helios Titano, unico con il breve epiteto di
“fuoco eterno o immortale” (πῦρ ἄφθιτος). Hades nei PGM è nominato in quattordici
procedure208, ma sempre ha il senso di luogo fisico, dello spazio dove stanno le anime dei
morti e non viene personalizzato. La Terra è nominata soltanto in senso generico, mentre
Helios è nominato in ventisette procedure diverse e normalmente è invocato descrivendo
il movimento del sole nel cielo, sottolineando i suoi cappelli dorati, collegandolo al fuoco e
all’oro, ma anche è definito come dio creatore209, datore di vita ed è omologato anche a Fre,
Serapide, Zeus o Mitra. Normalmente è situato nel cielo e collegato al movimento delle
stelle, ma anche è considerato signore ultimo degli inferi, ed è lecito chiedergli di inviare
un demone al mago210. Magari l’Africano o la sua fonte seguono questa logica e per questo
si invoca una divinità celeste e solare che inizialmente potrebbe sembrare fuori posto.
Il seguente blocco di divinità invocate solo nominandole è quello di Iaa (Jahveh
nella traduzione di Sestili), Phtah e Fre, chiamato “protettore della legge” (νομοσὼσω[ν]).
Iaa non ha altri riscontri nei PGM, ma la forma Iao è molto comune, nominato più di
cinquanta volte senza contare le ripetizioni tipiche dei rituali. Soprattutto si trova in
elenchi di voces magicae211 ed è definito come dio supremo212. Iao è invocato in procedure
molto diverse, come petizioni di demoni, formule protettive, incantamenti amorosi e di
sottomissione, procedure che propiziano la fortuna, divinazione attraverso lampade,
petizioni di oracoli attraverso un medium, petizioni di sogni, legature malefiche. Phtah
invece è presente sotto la forma di Fta, presente in undici procedure e nominato
normalmente tra le voces magicae senza maggior identificazione, con eccezione di un
incantesimo amoroso basato sul bruciare mirra e invocazioni al fuoco, dove è nominato
come “chi ha potere sul fuoco”213, non sembrando essere troppo collegato al nostro
argomento. Nella religione egiziana, Pthah ha due caratterizzazioni, una come dio

206 Sui culti a Zeus Ctonio, si veda Walter Burket, Greek Religion: Archaic and Classical, Blackweel publishing, Maiden,
Oxford, Victoria, Pp. 380 e seguenti.
207 PGM VII, 200

208 Così in PGM I, 180 e 315, PGM IV, 245, 345, 1465, 1965, 2315, 2905, PGM XII, 240, PGM XIII, 795, PGM XVI e LXII 30.

209 PGM IV 440, 1180, 1280, PGM VII, 530, PGM XIII

210 PGM IV 440 e 1930.

211 Normalmente collegato a nomi come Ablatanalba, Abrasax, Sabaot, Adonais o con nomi di angeli, e anche con

divinità egiziane come Fre, Osiride, Serapide, nel caso dei PGM XIV e PGM XXII.
212 PGM XIII 1022 e seguenti, PGM XII, 285, XII, 75. PGM IV, 1200, Nel PGM V, 460 e seguente va identificato come Zeus,

oltre che come dio supremo, mentre che nel PGM III 210 e ss. è identificato con Helios
213 PGM IV, 1585.

75
creatore, della rigenerazione e la fertilità nella tradizione di Memphis, ma anche patrono
dell’arte e l’artigianato, essendo identificato con Efesto nel periodo greco romano; l’altra
come dio che unifica fertilità e rituali funerari, identificato con Sokar e Osiride che ebbe
una certa popolarità nel periodo ellenistico214. Magari quest’identificazione è quella che è
dietro la presenza di Phtah in questa invocazione. Nel caso di Fre, Phre, Fren, o Phren,
definito “protettore della legge” e più avanti “superiore a tutti gli dei per la tua
temperanza” ([ἐλθὲ κ]αὶ ἐνκρατείᾳ πάντων προφερέστερ' ἐμοί), è nominato in otto
procedure nei PGM, nuovamente tra le voces magicae e con altre divinità egiziane come
succedeva con Iao. Seguendo a Calvo Martínez, Fre sarebbe l’ellenizzazione del nome del
dio solare Ra/Re con l’articolo egiziano anteposto215. Ra è un dio solare, centrale nella
cosmogonia di Heliopoli, considerato padre degli dei, e oltre illuminare il mondo, dà
anche luce al mondo sotterraneo, che visita tutte le notti. In testi tebani dell’Impero Nuovo
va assimilato a Osiride. Anche è collegato alla fertilità ed è la base dell’autorità dei
faraoni216.
Dopo vengono il “molto onorato” (πολύτιμε) Nephto, il cui nome non si trova nei
PGM, e del quale non ho trovato indicazioni sul suo significato, e Ablanatho, definito
ricco, che ha un serpente di fuoco nella cintura, che scuote la terra e ha la testa di Ibis
(πολύολβε [πυρσ]οδρακοντόζων', ἐρυσίχθων, ἰβικαρείη). Quest’ ultima indicazione ci
riporta a Thot-Hermes, che è tradizionalmente rappresentato così217, anche se il nome
Ablanatho non trova riscontri nelle divinità egiziane né anche nei PGM, dove invece
troviamo il palindromo Ablanathalba, che ricorda abbastanza il nome di questa divinità.
Ablanathalba, parte delle voces magicae in ben sei procedure, e altra versione, Ablathanalba
si trova in due occasioni. Non è chiaro che tipo di divinità rappresenti, ma in PGM LIX è
definito come un dio che sottomette, ed è collegato con Abrasax, Iao e Adonais218.
Più tardi troviamo Abraxas, un “demone di nome cosmico” (τὸ κοσμικὸν οὔνομα
δαίμων), governatore dell’asse del mondo, delle stelle e della luce delle Orse. Questa
descrizione cosmica di questa divinità non si trova nei PGM direttamente, ma in PGM III,
210, una pratica per ricevere oracoli da Helios, Abraxas è una divinità che si rallegra con
l’uscita del sole ed è identificato con un arcangelo. L’asse del cosmo in PGM VII 635 va
messo sotto l’autorità dell’Orsa, che nel testo africaneo è sottomessa ad Abraxas, ma in
quel papiro non è nominato tra le voces magicae presenti. Nella descrizione dell’ascensione
del mago in PGM IV 475-830, si nominano i sette guardiani dell’asse dello zodiaco, tutti
salutati con il suo nome segreto, ma nessuno è chiamato Abraxas. Il nome Abraxas nei
PGM non è molto comune, compare soltanto tre volte, due volete incluso nei nomi segreti
delle divinità invocate, e una collegata a Iao e Sabaot e considerato il “grande padre”.
Molto più comune è la forma Abrasax, nominata in trentasei procedure diverse, con scopi

214 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, P.176-179, George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and
Goddesses, Pp. 128-131.
215 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 17. Stesso ci informa Korshi Dosoo, Rituals of Apparition

in the Theban Magical Library, Thesis to achive the degree of Doctor of Philosophy, Department of Ancient History,
Faculty of Arts Macquarie University, Sydney, 2014. P. 310.
216 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, P.183-184, George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and

Goddesses, Pp. 133-135.


217 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, P.227-229

218 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 17

76
diversi come divinazione, invocazione di demoni di defunti, comunicazione oracolare con
divinità solari, produzione di maledizioni erotiche con figurine e fili, esorcismo,
sottomettere nemici o la stessa Core, placare l’ira dei governanti e guadagnare la
venevolenza delle giurie. In molte occasioni Abrasax si trova nell’elenco di nomi segreti
delle divinità e collegato con nomi come Iao, Ablathanalba, Adonais o Sabaot. Un
elemento interessante è che questo nome va collegato al numero 365 in varie occasioni: si
indica di fare 365 nodi su una figurina mentre si dice “Abrasax trattieni” in un incantesimo
amoroso219, in un’invocazione a Hermes per molteplici usi si dice che il grande Dio ha un
nome di sette lettere che è equivalente ai 365 giorni dell’anno, Abrasax, e poche righe dopo
si utilizza quel numero in un elenco di voces magicae220, mentre in altra occasione si parla
dei “365 nomi del grande dio” in una procedura per inviare sogni221. Questo collegamento
tra il numero 365 e il nome Abrasax è attestato nelle descrizioni che eresiologhi come
Ireneo e nell’Elenchos222 fanno dello gnostico Basilide. Il Santo libro del Grande Spirito
Invisibile o Vangelo copto degli Egiziani, databile tra il secolo III e IV223 d.C. e trovato a
Nag Hammadi, nomina Abrasax come uno eone presente nel mito cosmogonico gnostico,
ma non lo collega con il numero 365. Si può concludere che il nome di Abrasax ci mostra
che l’Africano raccoglie un elemento tipico della pratica magica contemporanea e anche ci
permette di tracciare un collegamento tra il sapere magico di ambito letterario
dell’Africano, con le procedure magiche che triviamo nei manuali dei PGM, con i resoconti
che i cristiani facevano di certi eretici consideratici gnostici.
L’invocazione prosegue invocando la Nascita, la Morte e il Fuoco, che non sono
nominanti nei PGM come divinità. Nel caso di Iside, l’invocazione di Odisseo la chiama
“ctonia e celeste” (Χθονία καὶ οὐρανία) Questa caratterizzazione sembra che derivi dalla
duplicità di identificazioni che aveva Iside nel mondo greco-romano: Demetra e
Giunone224. Nella tradizione egiziana rappresenta la magia, la fedeltà coniugale ed è
pensata come Grande Madre, fino ad essere pensata come dea primordiale a Tebe. Nel
celebre mito di Osiride e Iside, ben conosciuto nell’Impero Romano, la dea concepisce
Horus dopo riunire e imbalsamare le parti del corpo dell’amato Osiride e praticare il
rituale funerario per eccellenza: la apertura degli occhi e della bocca per garantire la sua
immortalità. Nei PGM, Iside va nominata in ventuno procedure diverse, mirate a ottenere
prognosi, o a realizzare incantesimi erotici con aiuto di morti, amuleti di protezione,
petizioni di sogni, separazioni di coppie. In alcuni casi il ruolo di Iside è soltanto nominare

219 PGM IV, 330. In PGM VII, 450 si fanno 365 nodi su una maledizione di piombo mentre si dice la parte iniziale delle
Ephesia Grammata leggermente variata: si pasa di “ασκι(ον) κατασκι(ον)” a ασκει και τασκει, ma non si nomina
Abraxas
220 PGM VIII, 45., PGM VIII, 60

221 PGM XII, 140. Nella Monade di Mosè (PGM XIII, 101) invece, si chiede di incidere un telo con i 365 degli dei.

222 Elenchos, VII, 26, 6. Li si dice: “In these accounts they even claim that there are 365 heavens and that their great Ruler

is abrasax, whose name contains the numerical value 365. Thus, we can be sure, the number of his name contains
everything, and for this reason the year consists of this number of days” (David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies).
Litwa cita come testo paralello l’Adversus Haereses di Ireneo, in particolare 1.24.3, 5, 7
223 Il testo si trova on line con qualche commento nel seguente website: http://gnosis.org/naghamm/goseqypt.html,

Anche si veda James Robinson (Ed.), The Nag Hammadi Library, HarperCollins, San Francisco, 1990.
224 Per una sintesi della posizione di Iside nella religione egiziona e antica, Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia

Egipcia, p. 102-104., George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and Goddesses, Pp. 79-83. Sebbene Demetra è
caratterizzata come dea olimpica, è attestato in Pausania (III,1,5) che era anche definita come ctonia in città come Sparta.
77
Horus come “figlio di Iside”225 o a Hermes come il padre di lei226. In altri casi si chiede al
mago di indossare una cinta o diadema di Iside227. Più interessante per la storia della
magia, è la presenza di Iside in piccole storie mitiche collegate a rituali magici. Così, viene
attribuita a Ermes una procedura per attrarre fortuna a una casa, che l’avrebbe creata per
aiutare a Iside quando vagava cercando il corpo del marito ucciso228, in altra procedura per
ricevere un oracolo si afferma che Ermes e Iside avrebbero usato 29 lettere magiche per
trovare osiride229, un incantesimo amoroso chiede che la vittima ami il cliente come Iside
amava a Osiride230, e altra procedura di divinazione si include una formula che avrebbe
scritto e detto dalla dea quando componeva il corpo di Osiride231. L’invocazione di
Odisseo conclude all’improvviso con il nome della stella Sirio, che nella tradizione
egiziana è impersonata da Sothis232, e ha un importante ruolo di fertilità perché la sua
apparizione indica l’arrivo delle crescite del Nilo e l’inizio del nuovo anno. Sothis col
passare del tempo tende a confondersi con Iside sempre di più, e per questo non sembra
casuale che venga nominata dopo quella dea, anche se in epoca ellenistica anche c’era una
versione maschile di Sirio collegata ad Anubi. Sirio nei PGM compare in due occasioni.
Nella prima, compare nei rituali di consacrazione del mago della Monade di Mosè si
chiede disegnare un coccodrillo con testa di falco in un papiro, e si spiega il senso di
questo simbolo collegandolo al movimento delle stelle e in particolare al momento quando
compare Sirio o Sothis nel cielo233. Nella seconda, in una procedura per avere libertà,
inviare sogni o farsi invisibile si chiede di invocazione il grande dio “in Sirio” davanti
un’immagine di Sarapis234.
A modo di sintesi, credo che si possa affermare che l’invocazione nomina le
divinità con un sincretismo che ha riscontri nei PGM, che la maggioranza delle divinità
invocate da Odisseo sono presenti nei PGM in invocazioni di demoni o rituali collegati al
mondo dei morti, anche se non i tutti i casi il collegamento tra le divinità e quel mondo sia
tanto chiara. Risulta significativo, a mio avviso, che i PGM più antichi che nominano
Abraxas/Abrasax sono databili tra i secoli II e III d.C.235, giustamente l’epoca dell’Africano
e l’Africano raccolga questo nome, che è anche nominato dall’eresiologia della
generazione anteriore e contemporanea e attribuito allo gnosticismo. Gli attributi specifici
delle divinità non coincidono quasi mai, e i punti di contatto sono troppo generici per
affermare che l’Africano e i PGM abbiano una fonte in comune più specifica che l’universo
religioso sincretico tipico dell’Impero Romano236 .

225 In diversi occasioni a lungo i PGM III, IV e XXXVI.


226 PGM IV 2190
227 Nel primo caso, PGM VII, 25, VIII, 65, nel secondo caso, PGM IV, 3140.

228 PGM IV 2375

229 PGM XXIV, 9.

230 PGM XXVI, 290.

231 PGM VII, 1000

232 George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and Goddesses, Pp. 151-152, Elisa Castel, Gran Diccionario de

Mitologia Egipcia, P.220-221.


233 PGM XIII, 389.

234 PGM V, 475.

235 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 17

236 La stessa ragione spiega la vicinanza tra certe pratiche rituali magiche e pratiche rituali della religione ufficiale. Si

veda Fritz Graf, Prayer in Magic and religious Ritual.


78
7.1.3. Trucchi e invocazioni di Asclepio ed Ecate nell’Elenchos e nei PGM.

L’Elenchos ci riporta due descrizioni di rituali praticati dai maghi, nelle quali oltre
svelare come i maghi ingannavano i suoi clienti, anche riporta due invocazioni di divinità
greche, una di Asclepio e altra di Ecate. Quella di Asclepio è messa tra una serie di trucchi
con fuoco:
“Mostrerò altre pratiche che questi buontemponi infantili credono
siano grandi trovate. Si mette un calderone pieno di pece su carboni
ardenti; quando bolle nella parte superiore, si pongono le mani su di
esso, ma non si bruciano, come non si bruciano nemmeno quando
addirittura camminano sui carboni ardenti a piedi nudi. E ancora,
posta una piramide di pietra su un focolare, la si fa bruciare sul
fuoco: dalla bocca della piramide sgorga molto fumo e qualcosa di
fiammeggiante. Poi, posto un panno di lino su una pentola d’acqua,
gettandovi sopra una grande quantità di carboni ardenti, il mago
riesce a mantenere il panno di lino senza che si bruci. Avendo poi
fatto in modo che nella casa ci sia buio fitto, afferma di poter far
entrare dei o demoni, e se qualcuno lo richieda gli può mostrare
Asclepio, che egli invoca con le seguenti parole:
“Il figlio una volta morto, il figlio immortale di Apollo
Io imploro perché venga come assistente alle mie libagioni
Egli che, una volta che le innumerevoli tribù di morti fugaci
Nelle sempre tristi case dell’ampio Tartaro,
la corrente navigando sulla quale non si fa più ritorno, e lo scroscio
egli accanto al lago, mentre gemeva e si lamentava
della sorte inesorabile, l’aveva strappato via dalla cupa Persefone
o se tu frequenti la sede della sacra Tricca, oppure l’amabile
pergamo o ancora la Ionia Epidauro
suvvia, o beato, ti chiama il capo dei maghi a farti presente qui”.
Dopo che ha detto queste cose ridicole, appare un Asclepio
fiammeggiante sul pavimento. Poi, messa in mezzo una pentola
piena d’acqua, egli invoca tutti gli dei, e quelli sopraggiungono.
Infatti, chi si trova lì, se guarda attentamente nella pentola, riesce a
vederli tutti, persino Artemide che conduce con sé i cuoi cani
latranti237 (…) Ταῦτα μὲν οὕτως παίζεται· ἕτερα δέ, ἃ καὶ [οἱ] αὐτὰ
οἱ παιζόμενοι ὡς μεγάλα νομίζουσιν, ἐκθήσομαι. πίσσης λέβητα
μεστὸν ἐπ’ ἀνθράκων καιομένων τιθέντες, ἐπὰν βράσῃ,
καθιέντες τὰς χεῖρας οὐ καίονται. ἀλλὰ καὶ ἐπὶ ἀνθράκων πυρὸς
περιπατοῦντες γυμνοῖς ποσὶν οὐ καίονται. ἀλλὰ καὶ πυραμίδα
λιθίνην θεὶς ἐπὶ πυρὰν καίεσθαι ποιεῖ, ἔκ τε τοῦ στόματος πολὺν

Elenchos, IV, 32,2 e 33, 1. Testo in italianio da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto
237

Cosentino.
79
καπνὸν προφέρει καὶ πυρώδη· εἶτα καὶ σινδόνα ἐπιθεὶς ἐπὶ
λεκάνῃ ὕδατος, πολλοὺς ἐπιβαλὼν ἄνθρακας καιομένους,
ἄκαυστον φυλάττει τὴν σινδόνα. 3. σκότος δὲ ἐν οἴκῳ ποιήσας,
ἐπεισάξειν φάσκει θεοὺς ἢ δαίμονας· καὶ <εἰ φέρε> εἰπεῖν ἀπαιτεῖ
<τι>ς Ἀσκληπιὸν δεικνύναι, ἐπικαλεῖται οὕτως λέγων·
Ζῆνα, πάλαι φθίμενον πάϊν ἄμβροτον Ἀπόλλωνος, κικλήσκ<ω
λ>οιβαῖσι μολεῖν ἐπίκουρον ἐμαῖσιν· ὅς ποτε καὶ νεκύων
ἀμενηνῶν μυρία φῦλα, Ταρτάρου εὐρώεντος ἀεικλαύστοισι
μελάθροις δύσνοστον πλώοντα ῥόον κελάδοντ’ <ἀ>διαύλου
<Κωκυτοῦ, πρὸς> ἅπασιν ἴσον τέλος ἀνδράσι θνητοῖς, λίμνῃ πὰρ
γοόωντα καὶ ἄλλιτα κωκύοντα, αὐτὸς ἀμειδήτοιο ἐρύσαο
Φερσεφονείης· εἴτ’ ἐφέπεις Τρίκ<κ>ης ἱερῆς ἕδος, εἴτ’ ἐρατεινὴν
Πέργαμον, εἴτ’ ἐπὶ τοῖσιν <Ἰ>αονίαν Ἐπίδαυρον, δεῦρο, μάκαρ,
καλέει σε μάγων <πρόμος> ὧδε <παρεῖναι>.
Ἐπὰν δὲ χλευάζων λήξῃ, φαίνεται κατὰ τοῦ ἐδάφους πυρώδης
Ἀσκληπιός. εἶτα θεὶς ἐν μέσῳ λεκάνην πλήρη ὕδατος, πάντας
καλεῖ τοὺς θεοὺς καὶ παραγίνονται· ἐγκύψας γὰρ ὁ παρών, ἐν τῇ
λεκάνῃ ὄψεται πάντας καὶ τὴν Ἄρτεμιν ἅμα σκύλακας
ὑλακτοῦντας ἄγουσαν238.

Questa descrizione più avanti nel testo sarà smontata con una serie di spiegazioni
su come il mago può manipolare elementi bollenti senza scottarsi e far bruciare una
piramide di pietra239, ma per ora, notiamo nuovamente la definizione dei maghi e la magia
che già avevamo visto nel capitolo precedente. I maghi sono “buontemponi infantili”,
mentre Litwa traduce “those who are toyed with find grand” (ἃ καὶ [οἱ] αὐτὰ οἱ
παιζόμενοι ὡς μεγάλα νομίζουσιν, ἐκθήσομαι). La magia è soltanto un gioco infantile
creduto una grande trovata, e il concetto greco utilizzato (παιζόμενοι) è simile a quello
utlizzato per riferire gli scherzi dell’Africano e quelli attribuiti a Democrito. Il testo
presenta un rituale magico articolato che include diverse tappe e un’invocazione alla
divinità. Il mago vuole dimostrare i suoi poteri e per questo presenta la pece bollente che
non lo brucia o cammina su carboni ardenti. Dimostrazioni di questo tipo sono invece del
tutto assenti nei PGM e Kelhoffer240 segnala che è molto probabile che questo testo sia una
versione sintetizzata e semplificata di un rituale complesso, utile a smascherare le
procedure del mago e che potrebbe derivare di un testo che cerca di confutare le pratiche
dei maghi, come quello che avrebbe scritto il filosofo Celso241 e che avrebbe aiutato al suo
amico Luciano di Samosata a scrivere il suo Alessandro o il falso profeta. Un’invocazione
diretta ad Asclepio anche è una rarità nel contesto dei PGM, soltanto si trova una

238 David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, P. 148.


239 Quest’ultima procedura la commenteremo nel capitolo su pratiche alchemiche.
240 James Kelhoffer, Hippolytus’ and magic: an examination of Elenchos IV 28–42 and Related Passages in light of the Papyri

graecae magicae.
241 Non è sicuro che questo Celso fosse lo stesso che scrisse Il Discorso Vero contro i cristiani che sarebbe confutato da

Origene nel Contro Celso. Joseph Trigg, Origen, Routledge, Londra e New York, 2002, Pp. 52-53
80
procedura di evocazione ad Asclepio per vaticini242, nella quale si uccide una lucertola in
olio di Lirio, si sommerge in quest’olio un anello con una figurina di Asclepio di Memphis
iscritta, che dopo serve per chiedere alla Orsa che venga il dio con l’aiuto di una breve
invocazione, qualche parola magica e un po’ di incenso che fa fumo. L’invocazione che
l’Elenchos riporta sembra essere più vicina alla struttura delle preghiere della religione
ufficiale, lodando l’azione del dio come salvatore in una maniera poetica e simbolica243 e
nominando i luoghi di culto del dio. Molto poco comune è nei PGM che il mago invochi
gli dei indentificandosi come “capo dei maghi” (μάγων <πρόμος>). Le strategie usuali
sono che il mago dica di sapere i nomi segreti della divinità, indicando un sapere
iniziatico, o si identifichi direttamente con altra divinità superiore. L’unico caso che mi
risulta, non è esattamente uguale e si trova in PGM IV, linee 2243-2355, dove il mago si
identifica con Ermes Trismegisto, che è definito il leader o conduttore dei maghi, cioè è la
divinità la che vene definita così. Il mago, più che identificarsi come leader dei maghi, si
identifica con la divnità che ha questo epiteto. Più usuale nei PGM è la lecanomanzia,
procedura di divinazione e invocazione della divinità attraverso un calderone o piatto con
acqua. Troviamo una articolata pratica di questo tipo in PGM IV 155-290, che permette
invocare nell’acqua del piatto o pentola la divinità che il mago desidera, dopo aver
ricevuto il potere di Elios-Tifone. Anche se questa parte previa non compare nell’Elenchos,
i concetti per descrivere l’atto di divinazione sono molto vicini. Se l’Elenchos dice che “Se
guarda attentamente nella pentola, riesce a vedere tutti [s’intende gli dei] (ἐγκύψας γὰρ ὁ
παρών, ἐν τῇ λεκάνῃ ὄψεται πάντας) Il testo dei PGM, di conto suo, promette che “lo
vedrai attraverso il piatto (…) contemplando il dio nell’acqua” (σκεψῃ διὰ λεκάνης
αὐτόπτου (...) θεωρῶν τόν θεὸν εν τῳ ὕδατι). Finalmente, l’Elenchos nota che anche si
può vedere la dea Artemide con i suoi cani, indicando che in questo caso si descrive
Selene-Ecate-Artemide244, identificazione che troviamo in una lunga procedura coattiva
alla dea nel PGM IV245.
L’altra invocazione riportata dall’Elenchos è una dedica a Ecate, che si trova dopo
una spiegazione di come il mago crea la visione delle divinità nel calderone, e che come
quella ad Asclepio, va riportata nel contesto di un rituale più elaborato che viene smontato
e criticato come inganno.

Poi il mago fa bruciare un demone, tracciando sul muro una forma


qualsiasi, e poi di nascosto unge una miscela fatta in questo modo:
asfalto di Sparta e Zacinto; nel momento in cui il mago, che si
atteggia di profeta, muove la lampada verso la parete, la miscela,
dopo aver brillato brucia. Così attraverso questi sotterfugi, fa

242 PGM VII 630-640.


243 L’idea di salvare le anime che andavano verso l’Ade e la morte si trova anche in un Discorso Sacro di Elio Aristide
(XLIX, 4) dove si dice che un coro di ragazzi rispondeva: “they [.yc., the school children] read and sang the following
words, responding sweetly: “From sharp-sighted death he rescued many who had advanced right to the gates of Hades
whence none return.”(…). Si veda il N° 597 in Emma Edelstein, Ludwig Edelstein, Asclepius, A Collection And
Interpretation of the Testimonies, n° 1, Oxford University press, Londra, 1945, Pp. 332-333.
244 David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, P. 149.

245 In particolare, PGM IV, 2525, IV, 2720, IV 2815.

81
sembrare che un’ardente Ecate stia correndo attraverso l’aria.
Nascosto un qualche complice in un luogo che preferisce, catturando
con questo trucco quei poveretti ingannati riesce a convincerli,
sostenendo che mostrerà loro un demone fiammeggiante che passa a
cavallo attraverso l’aria. Poi li esorta subito a stare attenti, con gli
occhi fissi fino a quando non vedranno una fiamma nell’aria. Poi si
dovranno mettere un velo sul volto finché lui non li chiamerà; dopo
aver dato loro queste istruzioni, in una notte senza luna, in versi
parla con queste parole:
Bombo infernale, terrosa e celeste, vieni,
tu trivia, tu portatrice di luce, tu portatrice di oscurità,
nemica della luce, ma amica e compagna della notte,
tu che gioisci del latrato dei cagnolini e del rosso sangue,
tu che avanzi verso i cadaveri attraverso le tombe dei morti,
tu che agogni il sangue, tu che apporti paura ai mortali,
tu che sei Gorgo, Mormo, Luna e molte altre forme,
vieni, propizia ai nostri riti sacrificali!
Mentre quello pronuncia queste parole, si vede un fuoco trasportato
attraverso l’aria, e quelli inorridiscono per l’incredibile visione, si
coprono gli occhi, si gettano a terra senza poter proferir parola. Ma la
grandezza del trucco consiste in questo: il complice che è nascosto
come ho spiegato, quando sente che il mago ha finito di pronunciare
l’incantesimo, avvolto un nibbio o un avvoltoio con della stoppia, lo
lascia volar via dopo avergli appiccato il fuoco. Quell’uccello
spaventato dalla fiamma, si solleva verso l’alto e vola a una certa
velocità, quegli sciocchi che lo vedono si nascondono, convinti di
vedere un’apparizione divina (…)
Δαίμονα δὲ ποιεῖ καίεσθαι, ἐν τοίχῳ διατυπώσας σχῆμα ὃ
βούλεται· εἶτα λαθραίως ἐπιχρίει φαρμάκῳ μεμιγμένῳ τῷδε τῷ
τρόπῳ· … λακωνικῷ καὶ ἀσφάλτῳ Ζακυνθίᾳ· εἶτα ὡς
ἀποφοιβάζων τὴν λαμπάδα προσφέρει τῷ τοίχῳ, τὸ δὲ φάρμακον
ἐκλάμψαν καίεται. Ἑκάτην δὲ δοκεῖν ἔμπυρον διατρέχειν ἐν ἀέρι
οὕτω τεχνάζεται· συμπαίκτην τινὰ κρύψας ἐν τόπῳ ᾧ βούλεται,
παραλαβὼν τοὺς πλανωμένους πείθει λέγων δείξειν
διϊππεύουσαν δι’ ἀέρος ἔμπυρον τὴν δαίμονα. οἷς παραγγέλλει
τὰς ὄψεις ταχὺ φυλάσσεσθαι ἡνίκα ἴδωσιν ἐν ἀέρι τὴν φλόγα,
καλυψαμένους τε ἐπὶ πρόσωπον πίπτειν, ἕως αὐτὸς καλῇ. καὶ
ταῦτα διδάξας, ἐν ἀσελήνῳ νυκτὶ δι’ ἐπῶν οὕτως φθέγγεται·
νερτερίη, χθονίη τε καὶ οὐρανίη μολὲ Βομβώ·
εἰνοδίη, τριοδῖτι, φαεσφόρε, νυκτεροφοῖτι,
ἐχθρὴ μὲν φωτός, νυκτὸς δὲ φίλη καὶ ἑταίρη,
χαίρουσα σκυλάκων ὑλακῇ τε καὶ αἵματι φοινῷ,
ἂν νέκυας στείχουσα κατ’ ἠρία τεθνηώτων,

82
αἵματος ἱμείρουσα, φόβον θνητοῖσι φέρουσα,
γοργὼ καὶ Μορμὼ καὶ Μήνη καὶ Πολύμορφε·
ἔλθοις εὐάντητος ἐφ’ ἡμετέρῃσι θυηλαῖς.
Ταῦτ’ εἰπόντος αὐτοῦ πῦρ δι’ ἀέρος βλέπεται φερόμενον, οἱ δὲ
φρίξαντες τὸ παράδοξον τῆς θέας, καλύψαντες τοὺς ὀφθαλμοὺς
ἐπὶ γῆς ῥιπτοῦνται ἄναυδοι. τὸ δὲ τῆς τέχνης μέγεθος τοῦτον ἔχει
τὸν τρόπον· ὁ συμπαίκτης, ὃν ἔφην κεκρυμμένον, ἡνίκα ἀκούσῃ
παυσαμένης τῆς ἐπαοιδῆς, ἔχων ἰκτῖν’ ἢ γῦπα περιειλημ<μ>ένον
στυπείῳ, ἀνάψας ἀπολύει. 2. ὁ δὲ ὑπὸ τῆς φλογὸς ταρασσόμενος
εἰς ὕψος ἐπαίρεται καὶ ὀξυτέραν τὴν πτῆσιν ποιεῖται· ὃ ἰδόντες οἱ
μάταιοι ὥς τι θεῖον ἑωρακότες κρύπτονται.246

Questa descrizione viene subito dopo la spiegazione dell’inganno della


lecanomanzia che abbiamo commentato nel capitolo precedente. In questo caso troviamo
di nuovo l’utilizzazione del fuoco come mezzo per impressionare lo spettatore, mostrando
una figura infuocata, presentata dal mago come demone (Δαίμονα reca il testo) creata con
un preparato incendiario che compare avvicinando una lampada. Dopo, il mago mostra
agli spettatori una Ecate infuocata creata con un uccello che porta addosso una stoppa con
fuoco, dopo aver creato suspense e invocare alla dea attraverso i suoi epiteti più
conosciuti, risultando nel terrore generalizzato degli spettatori di fronte alla visione
(φρίξαντες τὸ παράδοξον τῆς θέας), che si gettano per terra incapaci di proferir parola. La
presenza di un demone che si brucia al contatto del fuoco di una lampada non ha riscontri
nei PGM, e l’unica descrizione che collega una lampada con l’apparizione di un essere
divina, è un’epifania divina che troviamo in PGM IV 1105-1110, una pratica di licnomanzia
molto elaborata che invoca il dio supremo solare Iao/Marmaratoth/Horus/Baal per una
visione diretta247:

“(…) verás todas las cosas amplificadas, y una luz muy grande
dentro; pero la lámpara no se ve en absoluto. Y verás al dios sentado
en una urna, envuelto en rayos, saludando con la diestra extendida y
en la izquierda sosteniendo un látigo, levantado por las manos de
dos ángeles y doce rayos alrededor de éstos (…) καὶ ἀνοίξας ὄψῃ
πάντα ἀχανῆ καὶ μεγίστην αὐγὴν ἔσω, τόν δὲ λύχνον οὐδαμοῦ
φαινόμενον. τὸν δὲ θεὸν ὄψῃ ἐπὶ κιβωρίον καθήμενον, ἀκτινωτόν,
τὴν δεχιὰν ἀνατεταμένην ἀσπαζόμενον, τῆ δὲ ἀριστερᾷ
κρατοῦντα σκῦτος, βασταζόμενον ὑπὸ β' ἀγγέλων ταῖς χερσὶν καὶ
κύκλῳ αὐτῶν ακτῖνας ιβ)”248.

246 Elenchos, IV, 35, 1-4 e 36, 1. Testo in italiano da Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto
Cosentino., testo in greco preso da David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, P. 152, 154 e 156
247 Su questo rituale, e le invocazioni, si veda: Flor Herrero Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos

Griegos, Thesis of the PhD Program: Estudios Avanzados en Humanidades, Facultad de Filosofía y Letras, Universidad
de Málaga, 2016., Pp.227-244.
248 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 130. Il testo greco è ripreso da Karl Preisendanz, Papyri

Graecae Magicae I. Pp 110


83
In questo caso, la fiamma della lampada si trasforma in una grande luce e la
lampada scomparisce. Il dio si vede seduto, con raggi di luce, angeli, salutando e con una
frusta in mano. Anche se nel rituale dei PGM si includono invocazioni che riprendono le
forme degli inni e preghiere tradizionali e per questo sono vicine nella struttura
all’invocazione dell’Elenchos, il contesto del rituale è diverso, perché i PGM non sembrano
prevedere un pubblico, e si limitano a descrivere gli elementi dell’epifania per indicare al
mago il successo della procedura. La visione divina anche risulta diversa. Non è un
demone in fiamme che compare improvvisamente, ma la divinità manifestandosi come fu
chiesto dal mago: “facendo la luce in larghezza, profondità, lunghezza, altezza, bagliore, e
splenda quello che è dentro (γενέσθω φῶς πλάτος, βάθος, μῆκος, ὕψος, αὐγή, καὶ
διαλαμψάτω ὁ ἔσωθεν)”249. Questa epifania indicherebbe la possibilità del mago di
accedere al sapere del presente, del passato e del, futuro, ed è risultato dell’invocazione
della divinità solare attraverso il rituale di φωταγωγία, che invoca e trattiene la luce che si
espande dalla fiamma della lampada250.
Troviamo indicazioni di epifanie di Ecate molto più vicine a quella dell’Elenchos
negli Oracoli Caldaici e perciò nei contesti della teurgia251. Nel frammento 146, si parla così
di una Ecate invocata:

“Habiendo invocado así, contemplarás o un fuego que


semejante a un niño se apresura a saltos sobre la onda de aire, o
también un fuego sin forma desde donde se lanza una voz, o una luz
exuberante que se enrolla silbando en torno al campo; pero también,
un caballo de aspecto más resplandeciente que una luz, o incluso un
niño subido sobre el dorso de un caballo, inflamado o cubierto de oro
o, por el contrario, desnudo, o, incluso disparando el arco y erguido
sobre el lomo ”252

L’Ecate della teurgia si manifesta come nei trucchi dei maghi, nel fuoco, in questo
caso come un bambino con movimenti altalenanti, o senza forma, ma anche come luce o
un cavallo abbagliante o infuocato. Sappiamo che la teurgia ebbe il suo massimo sviluppo
dalla seconda metà del III secolo d.C. in poi, ma questi oracoli cominciarono a circolare già
nel secondo secolo e sembrano avere elementi di contatto con i movimenti gnostici253. Non
risulterebbe strano in questo caso, che un trattato eresiologico presenti un’invocazione a

249 PGM IV, 970. Testo preso da Flor Herrero Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos
Griegos.Pp.228
250 Su questo rituale si veda Flor Herrero Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 228-

230. Anche Korshi Dosoo, Rituals of Apparition in the Theban Magical Library, Pp. 349-353.
251 Korshi Dosoo, Rituals of Apparition in the Theban Magical Library, P.353-54. Sulla teurgia si veda: Luck, Georg, Arcana

Mundi: Magia y Ciencia Ocultas en el Mundo Griego y Romano, Madrid. Editorial Gredos, 1995, Pp. 51-77., Eric Dodds, Los
Griegos y lo Irracional, Madrid, Alianza Editorial, 1997, Pp. 265 y ss.
252 Testo preso da: Francisco García Bazán (trad.), Oráculos Caldeos, con Una Selección De Testimonios De Proclo,

Pselo Y M. Itálico, Numenio De Apamea, Fragmentos y Testimonios. Madrid, Editorial Gredos, 1991. P. 90.
253 Un’introduzone a questa tematica, Francisco García Bazán (trad.), Oráculos Caldeos, con Una Selección De Testimonios De

Proclo, Pselo Y M. Itálico, Numenio De Apamea, Fragmentos y Testimonios. Pp.9-43.


84
Ecate di queste caratteristiche, visto il naturale collegamento che l’opera fa tra magia,
pensiero pagano e gnosticismo. Nel caso dei PGM, le epifanie di Ecate non sono descritte
come l’improvviso comparire della divinità infuocata, ma gli epiteti e descrizioni che
troviamo nelle invocazioni a Ecate parlano di una dea che si presenta con spiriti infuocati
o la descrivono con la testa con fiamme254.
Oltre il rituale e le epifanie, risulta centrale nel brano dell’Elenchos l’invocazione
della dea. La base dell’invocazione sono gli epiteti, e questi sembrano coincidere con quelli
della tradizione religiosa su Ecate255. La dea è ctonia e celeste (χθονίη τε καὶ οὐρανίη) ed
Esiodo descrive come la dea aveva privilegi in terra e in cielo256; è una dea triforme e
collegata a trivi (τριοδῖτι), ai punti di unione delle strade e gli incroci (νερτερίη), cosa che
è testimoniata fin dai frammenti di Sofocle257 ma anche in parecchie rappresentazioni
scultoree258 e gli stessi epiteti vengono usati nell’invocazione orfica alla dea, che è parte
dell’inno a Museo259 o nei Fasti di Ovidio260. Altro segno tipico della dea è la torcia, che
troviamo nelle rappresentazioni pittoriche nei vasi261 ma anche in frammenti di
Bacchilide262 e nell’Inno Omerico a Demetra n° 2263 e da qui l’epiteto di portatrice della luce
(φαεσφόρε). La notte va anche collegata alla dea nell’invocazione (νυκτεροφοῖτι, più
avanti νυκτὸς δὲ φίλη καὶ ἑταίρη, amica e compagna della notte), ed Ecate va definita
figlia di Nyx nello stesso inno Orfico e nello stesso frammento bacchilideo, ma anche nelle
Argonautiche di Apollonio Rodio264. Il collegamento di Ecate ai cani (l’Elenchos dice che
gode i cani che latrano e anche il sangue, ὑλακῇ χαίρουσα σκυλάκων ὑλακῇ τε καὶ
αἵματι φοινῷ,) è anche molto antico. Si trova in rappresentazioni vascolari ateniesi del
sesto secolo a.C.265, ma anche sono nominati cani abbaiando da Ovidio266 o in Apollonio
Rodio267. Rispetto al sangue, sacrifici con sangue a questa dea e altre divinità infernali sono
nominati dagli stessi autori che nominano i cani, ma anche gli troviamo nella Medea di
Seneca268 o nell’Eneide virgiliana269. Invece, quest’immagine della dea che si muove verso i
cadaveri e attraverso le tombe non ha riscontro esatto. Ecate è chiaramente una divinità
ctonia, e già gli inni omerici la mettono a fianco di Persefone270, e risulta invocata nei rituali

254 Si veda più avanti.


255Seguo l’elenco di testimoni su Ecate che si trova nell progetto Theoi http://www.theoi.com/Khthonios/Hekate.html,
http://www.theoi.com/Khthonios/HekateGoddess.html#Night, http://www.theoi.com/Cult/HekateCult.html Visitato il 5
dicembre del 2018 alle 17:58.
256 Esiodo, Theogonia 404 e seguenti

257Fr.535.2, si veda l’entrata nel Liddel Scott Jones online.


http://www.perseus.tufts.edu/hopper/morph?l=einodih&la=greek#lexicon
258 Prierre Grimal, A Concise Dictionary Of Classical Mythology, P. 171

259 Anche chiamato Inno Orfico a Ecate n° 1. http://www.theoi.com/Text/OrphicHymns1.html

260 Ovidio, Fasti 1. 141

261 Esempi dai secoli sesto al quarto avanti Cristo in http://www.theoi.com/Khthonios/Hekate.html

262 Bacchilide, frammento 1B

263 Inno Omerico n° 2 a Demetra 19 e seguenti.

264 Apollonio Rodio, Argonautica III. 840

265 http://www.theoi.com/Gallery/T16.5.html

266 Ovidiio, Metamorfosi, 14. 369

267 Apollonio Rosio, III. 529, 861, IV. 829

268 Seneca, Medea 670 - 843

269 Virgilo, Eneide 6. 257

270 Inno Omerico n° 2 a Demetra 19 e seguenti.

85
negromantici sceneggiati da Virgilio, Valerio Flacco, Seneca e Stazio271, con un forte
collegamento alle anime dei morti, ma nel testo dell’Elenchos la descrizione collega la dea
non con gli spiriti dei morti, ma con cadaveri e tombe, ricordando più da vicino le
immagini di streghe letterarie latine come l’Erictho di Lucano272 o Canidia e Sagana di
Orazio273, che facevano i suoi rituali nei cimiteri e cercavano resti di cadaveri per pozioni e
sacrifici. Gli epiteti che troviamo nella letteratura poetica e religiosa antica nonci danno
questa versione di Ecate, ma abbiamo qualche riscontro nei PGM274. L’identificazione con
Gorgo, Bombo275, Mormo e la Luna va collegata non soltanto alla molteplicità di
identificazioni di questa dea, ma anche il ruolo attribuito di inviare apparizioni
fantasmagoriche276.
Quest’invocazione, oltre raccogliere quello che sembra un sapere religioso diffuso
con qualche accento a certe immagini sulle streghe, può essere messa a confronto
efficacemente con le invocazioni a Ecate che troviamo nei PGM.Come vedremo, sebbene il
contesto e la pratica rituale siano diversi, e l’Ecate dei PGM risulti teologicamente più
complessa, diventando una Grande Dea cosmica che domina la creazione e gli inferi277,
anche troviamo molti elementi comuni.
Una prima procedura che possiamo commentare è in PGM 2245-2355, definita
semplicemente come “Tavoletta con invocazione coattiva a Selene per maledizione”. La
procedura non ha quasi nessuna indicazione rituale, oltre un amuleto di difesa per il mago
e la presenza di un rhombos, ma riporta un lunghissimo testo indirizzato alla divinità che
utilizza diversi dispositivi per la sua invocazione: salutazione, dimostrazione della
conoscenza dei misteri e nomi proibiti della dea, uso di una miriade di epiteti in verso,
minacce di caos cosmico contro la dea, ma anche elogi alla stessa e calunnie contro la
vittima278.

Saludos, sagrada luz, que gobierna el Tártaro, que golpea con luz,
saludos, sagrado rayo (de luz), que, proveniente de las tinieblas,
orbita,
que perturbas todas las cosas con consejos absurdos.
Te llamaré y tú escucharás mis sagradas liturgias,
pues la estremecedora necesidad se extiende bajo tu presencia;
tú que estás encadenada tres veces, libérate, ven, bufa con ira

271 http://www.theoi.com/Khthonios/HekateGoddess.html#Night
272 Lucano Farsalia, 6, 413-830
273 Orazio, Satire, 1, 8. Nell’Epodo 5 Canidia tenta di fare un sacrificio umano.

274 Nei PGM, in PGM IV, 2865-2870 troviamo un’immagine simile a questa, che commenteremo più avanti.

275 Secondo Litwa, l’epiteto Bombò riferito a Ecate nell’invocazione riportata dall’Elenchos, potrebbe correggersi a Baubò,

Βαυβώ. David Litwa ( Trad.) Refutation of All Heresies, P. 155.


276 Si veda Jame. Fontenrose, Python. A Study of Delphic Myth and its Origins. Berkeley and Los Angeles, University of

California Press, 1959 pp 115-119.


277 Sotto questa concettualizzazione Herroro Valdes accomuna le diverse pratiche magiche indirizzate a divinità

femminili che vengono collegate nei PGM e che tendono a identificarsi o collegarsi. Possiamo elencare cosi a Artemide,
Selene/Mene/Actiofi, Ecate, Proserpina/Core, Dione, Eresquigal, Nebutosualeth, Iside o Afrodite. Flor Herrero Valdés,
Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 461-474.
278 Per un analisi dettagliato della procedura, si veda Herrero Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos

Mágicos Griegos, Pp. 484-511.


86
a fulano; pues Cloto hilará sus hilos para ti.
Asiente, bienaventurada, antes de que a ti, odiosa, te obligue,
antes de que pongas en guardia tus nudillos empuñando la espada
y antes de que la rabia te haga delirar, perra con aspecto de
muchacha.
Tales cosas harás, tanto si quieres como si no,
pues conozco tu luz hasta la medida de un punto/en gran detalle
y mistagogos de tus bellos rituales,
ministro y testigo soy, muchacha;
y del de doble género, de este, no es posible escapar,
tales cosas harás, tanto si quieres como si no.
A ti te suplico esta noche señalada
en la que tu luz se va la última,
en la que el perro ha abierto la boca y no la cierra,
en la que el cerrojo del Tártaro/abismo está abierto,
en la que Cérbero se aproxima rabioso, armado con el trueno.
Levántate, tú que del alimento helíaco
necesitas, Mene, guardiana de los muertos,
te suplico, extranjera sino rayo, muchacha,
te suplico, astuta y persuasión,
empenachada, que desenvaina espadas, la que se encarga del ánimo,
curadora, anticipadora sino rayo, de gran fama,
punto de giro, de pies ligeros, valiente, purpúrea,
oscura, Brimo, inmortal, propicia,
Persia, pastoril/costumbrista, Alcíone, de dorada corona,
embajadora/anciana, brillante, marina, ídolo,
imagen mental, que trae a la luz, que gobierna la barca, de disparo
certero,
auto-engendrada, que llevas la mitra, varonil, líder de ejércitos,
Dodónica, Ídica, de reciente sufrimiento, loba,
grabada en estelas, letal, osa, feroz, de agudo grito,
Tasia, Mene, que produce calamidad, de bella disposición,
la salvadora de madera de sauco, que abarca toda la tierra, perra,
Clotea, que otorgas todos los dones, extensa, gloriosa,
señora, socorro, brillante, de lejano objetivo,
vigorosa, sagrada, día, inmortal,
de claro tono, de cabellos brillantes, abundante, sagrada,
de dorado rostro, que alegras el corazón de los hombres,
Minoica, protectora de los nacimientos,
Tebana, paciente, sutil, malvada,
con rayos por cabellos, flechadora, muchacha,
que estás llena de engaño y salvadora a través del miedo.
En verdad te conozco puesto que el líder de todos los magos,

87
el embajador de Hermes, el padre de Isis yo soy.
Escucha eeoo {Forba, Brimo, Sechmet,
Nebutosualeth,} pues este es tu símbolo:
escondí tu sandalia y tengo en mi poder tu llave,
he abierto las cerraduras del señor del Tártaro, de Cérbero del
abismo
y la noche prematura he sumido en la oscuridad.
Giro la churinga para ti, no toco los címbalos.
Mírate a ti misma, Nilótida, otorga gracia,
si te sorprendiera que el reflejo del espejo es igual que tú misma,
antes de que lances de tus ojos la negra luz.
Lo que debes hacer, de esto no debes huir.
Tales cosas harás para mí, tanto si quieres como si no.
Yegua, muchacha, serpiente, lámpara, destello,
estrella, leona, loba, aeeoo eeee,
un recipiente antiguo, un cernedor es mi símbolo,
y un fragmento de coral, sangre de tórtola,
uña de camello y pelo de una vaca virgen,
semen de Pan, fuego de un proyectil del sol,
tusílago, vethusa, amor de niño, áris,
el cuerpo de una mujer blanca con las piernas separadas,
el sexo visible de una esfinge negra,
todas estas cosas son símbolo de mi espíritu.
La cadena de toda necesidad va a saltar en pedazos
y ocultará tu luz Helios en el sur
y Tetis aligerará tu tierra habitada,
Eón la sacudirá, el cielo se conmoverá,
Crono temiendo que tu intención haya sido forzada,
ha huido al Hades como guardián de los muertos,
las Moiras arrojan tu hilo sin cortarlo,
si no fuerzas el dardo alado de mi
magia a que corra con presteza hasta el objetivo.
Pues no puede huir del destino de mis palabras
lo que tiene que ocurrirte: no te obligues a ti misma
otra vez a oír desde el principio tus símbolos.
Tales cosas harás, tanto si quieres como si no,
antes de que te detenga el destino de una luz vana.
Haz lo que digo, señora del Tártaro, doncella;
Até tu pelo/órbita con las cadenas de Crono
y tengo sujetos tus pulgares con la fuerza de la atadura.
No llega mañana si no sucede lo que quiero,
aceptaste unirte a Hermes, el jefe de los dioses,
para esta práctica: sí, te tengo.

88
Escucha, tú que contemplas y eres contemplada:
yo te miro y tú me miras, además luego también yo
diré tu señal: la sandalia de bronce
de la señora del Tártaro, la corona, la llave, el caduceo,
la churinga de hierro y el perro oscuro,
el cerrojo de tres huecos, el hogar encendido,
tiniebla, abismo, llama, sello del Tártaro,
Erinia que asustas a los démones monstruosos;
¿Has entrado, estás presente? Irrítate, doncella,
con fulano, enemigo de los dioses celestiales,
de Helios, de Osiris y de su esposa Isis.
Como te digo, lleva un mal a este,
porque conozco de ti los más bellos y grandes, Core
los sagrados nombres por los cuales el cielo se ilumina
y la tierra bebe rocío y se queda preñada,
a partir de los cuales el cosmos se expande y se abandona.
Χαῖρ’ ἱερὸν φῶς, ταρταροῦχε, φωτοπλήξ,
χαῖρ’ ἱερὰ αὐγὴ ἐκ σκότους εἰλημμένη,
ἀναστατοῦσα πάντα βουλαῖς ἀστόχοις.
καλέσω καὶ ἀκούσῃ μου τῶν ἱερῶν λόγων
φρικτῆς ἀνάγκης παντότε σοι ὑπεστρωμένης·
δεθεῖσα τρίς, λύθητι, ἐλθέ, βρίμασον
τὸν δεῖνα· Κλωθὼ γὰρ ἐπικλώσει σοι λίνα.
νεῦσον μάκαιρα, πρὶν στυγνήν σε καταλάβω,
πρὶν τοὺς ξιφήρεις ἀναλάβῃς σου κονδύλους,
πρὶν ἠδὲ λυσσῇς, ἰσοπαρθένος κύων.
τὸ δε(ῖ)να ποιήσεις, κἂν θέλῃς κἂν μὴ θέλῃς,
ὅτι οἶδά σου τὰ φῶτα πρὸ<ς> στιγμῆς μέτρον
καὶ τῶν καλῶν σου μυσταγωγὸς πραγμάτων
ὑπουρ<γος> εἰμι καὶ συνίστωρ, παρθένε.
τὸ διγενές δε τοῦτ’ οὐκ ἔξεστι φυγεῖν,
τὸ δ(εῖνα) ποι<ή>σεις, κἂν θέλῃς κἂν μὴ θέλῃς.
ἐνεύχομαί σοι τήνδε νύκτα κυρίαν,
ἐν ᾗ τὸ σὸν φῶς ὕστατον χωρίζεται,
ἐν ᾗ κύων κέχηνε κοὐ κλείει στόμα,
ἐν ᾗ τὸ κλεῖθρον ἠνέῳχε ταρτάρου,
ἐν ᾗ προλυσσᾷ Κέρβερος κεραύνοπλους.
ἔγειρε σεαυτήν, ἡλιωτίδος τροφοῦ
χρῄζουσα Μήνη, νερτέρων ἐπίσκοπε,
ἐνεύχομαί σοι, ξένη δ’ αὔγη, παρθένε,
ἐνεύχομαί σοι, δαιδάλη καὶ π<ε>ιθόη,
λοφαίη, ὁλκῖτι φασγάνων, θυμάντρια,
παιωνία, προμηθής δ’ αὐγὴ, πολυκλείτη

89
νύσσα, ποδάρκη, ἀλκίμη, πορφυρέη,
σκοτείη, Βριμώ, ἄμβροτε, ἐπήκοε,
Περσία, νομαῖε, ᾿Αλκυόνη, χρυσοστεφή,
πρέσβειρα, φαεννώ, πελαγίη, εἰδωλίη,
ἰνδαλίμη, δείκτειρα, βαριδοῦχε, εὔστοχε,
αὐτοφυής, μιτρίη, ἀνδρείη, στρατηλατί,
Δωδωνίη, ᾿Ιδαῖα, νεοπενθής, λυκώ,
στηλῖτι, οὐλοή, ἀρκιη, χαροπή, ὀξυβόη,
Θασία, Μήνη, πήματη{ν}, καλλισμένη{ν}
ἀκτῖνας ἡ σώτειρα, πανγαίη, κύων,
Κλωθαίη, πανδώτειρα, δολίχη, κυδίμη,
ἄνασσα, ἀρηγέ, ἀγλαή, εὐρύστοχε,
αἰζηίη, ἀγία, ἡμέρη, ἀφθίτε,
λιγεῖα, λιπαροπλόκαμε, θαλία, ζαθεη
χρυσῶπι, τερψίμβροτε, Μινῴα, λοχιάς,
Θηβαία, τλητή, δολόεσσα, ἀτασθάλη,
ἀκτινοχαῖτι, ἰοχέαιρα, παρθένε,
δόλου γέμουσα καὶ φόβου σωτηρίη.
ἦ σ’ οἶδα, πάντων ὡς μάγων ἀρχηγέτης,
Ἑρμῆς ὁ πρέσβυς, Ἴσιδος πατὴρ ἐγώ.
ἄκουσον ηω {φορβα βριμω σαχμι
νεβουτο σουαληθ}, τοῦτο γάρ σου σύμβολον·
τὸ σάνδαλόν σου ἔκρυψα καὶ κλεῖδα κρατῶ,
ἤνοιξα ταρταρούχου κλεῖθρα {ταρταρου} Κερβέρου
καὶ νύκτα τὴν ἄωρον παρέδωκα σκότει.
ῥόμβον στρέφω σοι, κυμβάλων οὐχ ἅπτομαι.
ἄθρησον εἴς σε, Νειλωῖτι, δὸς χάριν,
κάτοπτρον ἣν ἰδοῦσα σαυτὴν θαυμάσεις,
πρὶν ἢ μέλαν φῶς ἐκπτύσῃς ἀπ’ ὀμμάτων.
ὃ δεῖ σε ποιῆσαι, τοῦτο δεῖ σε μὴ φυγεῖν,
τὸ δεῖνα {μοι} ποιήσεις, κἂν θέλῃς κἂν μὴ θέλῃς.
ἵππος, κόρη, δράκαινα, λαμπάς, ἀστραπή,
ἀστήρ, λέων, λύκαινα, αηω ηη,
σκεῦος παλαιόν, κόσκινόν μου σύμβολον
καὶ ψωμὸς εἷς κόραλλος, αἷμα τρυγόνος,
ὄνυξ καμήλου καὶ βοὸς θρὶξ παρθένου,
Πανὸς γόνος, πῦρ ἡλιωτίδος βολῆς,
χαμαίλυκον, νήθουσα, παιδέρως, ἄρις,
γλαυκῆς γυναικὸς σῶμα διεσκελισμένον,
σφιγγὸς μελαίνης ἡ φύσις θεωρουμένη,
ἅπαντα ταῦτα σύμβολόν μου πνεύματος.
ὅλης ἀνάγκης δεσμὰ συρραγήσεται,
καὶ κρύψει σὸν φῶς Ἥλιος πρὸς τὸν νότον,

90
Τηθύς τε τὴν σὴν κουφίσει οἰκουμένην,
Αἰὼν κραδαίνει, κινηθήσετ’ οὐρανός,
Κρόνος φοβηθείς τὸν βεβιασμένον σου νοῦν
πέφευγ’ εἰς Ἅιδην νερτέρων ἐπίσκοπος,
Μοῖραί σου τὸν ἀνέκλ<ε>ιπτον ῥίπτουσι μίτον,
ἂν μὴ μαγείης τῆς ἐμῆς ἀναγκάσῃς
βέλος πετηνὸν ταχύτατον τέλος δραμεῖν.
οὐ γὰρ φυγεῖν ἔξεστι μοῖραν μου λόγων,
ὃ δεῖ {σε} γενέσθαι μὴ σα<υ>τὴν ἀναγκάσῃς
ἄνωθεν εἰς ἄνωθεν ἀκούειν συμβόλων.
τὸ δεῖνα ποιήσεις, κἂν θέλῃς κἂν μὴ θέλῃς,
ἀχρ<ε>ίου φωτὸς πρίν σε μοῖρα καταλάβῃ.
ποίησον ὃ λέγω, ταρταροῦχε, παρθένε·
ἔδησα δεσμοῖς τοῖς Κρόνου τὸν σὸν πόλον
καὶ σφιγγανάγκῃ ἀντίχειρά σου κρατῶ.
οὐ γείνεται αὔριον, εἰ μὴ γένηται ὃ βούλομαι
ἔνευσας Ἑρμῇ, τῷ θεῶν ἀρχηγέτῃ,
εἰς τήνδε {τὴν} πρᾶξιν συμβαλεῖν· σ’ ἦ μὴν ἔχω.
ἄκουσον ἡ θεωροῦσα καὶ θεωρουμένη·
βλέπω σε καὶ βλέπεις με, εἶτα κἀγώ σοι
ἐρῶ σημεῖον· χάλκεον τὸ σάνδαλον
τῆς ταρταρούχου, στέμμα, κλείς, κηρύκ<ε>ιον,
ῥόμβος σιδηροῦς καὶ κύων κυάνεος,
κλεῖθρον τρίχωρον, ἐσχάρα πυρουμένη,
σκότος, βυθός, φλὸξ ταρτάρου σημάντρια
φοβοῦσ’ Ἐριννῦς, δαίμονας τεραστίους·
εἰσῆλθας, ἥκεις; ὀργίσθητι, παρθένε,
τῷ δεῖνα, ἐχθρῷ τῶν ἐν οὐρανῷ θεῶν,
Ἡλίου Ὀσίριδος καὶ συνεύνου Ἴσιδος.
οἷον λέγω σοι, εἴσβαλ’ εἰς τοῦτον κακόν,
ὅτι οἶδά σου τὰ καλὰ καὶ μεγάλα, Κόρη,
ὀνόματα σεμνά, οἷς φωτίζετ’ οὐρανός
καὶ γαῖα πίνει τὴν δρόσον καὶ κυοφορ<εῖ>,
ἐξ ὧν ὁ κόσμος αὔξεται {τε} καὶ λείπεται.279
L’Ecate di quest’invocazione ha una grande quantità di ruoli e identificazioni, e
come si vedrà, questo rituale propone diversi concetti teologici e punta sulla coazione
della dea, cosa non vista nel rituale del testo antiereticale. Prima Ecate va identificata alla
luce (ἱερὸν φῶς) ma anche proveniente dalle tenebre (σκότους εἰλημμένη,), struttura che
in altra forma troviamo anche nell’Elenchos. Anche va identificata con la governatrice del
tartaro (ταρταροῦχε), cioè Proserpina, e si dice che ha un potere caotico. L’invocazione
richiede che la dea scagli la sua ira contro la vittima, perché la dea ascolterà, cioè sarà

Testo spagnolo e in greco preso da Flor Herroro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos,
279

Pp. 475-483.
91
coatta dal “sacro discorso” (ἱερός λόγος) del mago, che si puè pensare come un sapere
sacro segreto e proprio di iniziati nei misteri. Cloto, la moira che fila il filo del destino
lavorerà per la dea, cioè il rituale necessariamente porterà la dea all’azione. La dualità
della divinità nuovamente torna, essendo beata (μάκαιρα) e odiosa (στυγνήν), ma si mette
l’accento sull’aspetto negativo della dea al nominare il suo delirio rabbioso (ἠδέ λυσσῇς), e la sua
forma di cagna-ragazza (ἰσοπαρθένος κύων), concetti anche presenti nell’Elenchos nel
nominare i cani e la paura che crea Ecate. Nel paragrafo seguente, il principio coattivo
basato nella conoscenza iniziatica dei segreti della dea torna di nuovo. Il mago è
μυσταγωγὸς, leader di un culto misterico e dei suoi rituali, e per questa ragione che
conosce la luce della dea.
Dopo si passa a una supplica che descrive simbolicamente il momento del rituale280:
di notte, con la luna calante, nel momento dell’apertura delle porte infernali, alla presenza
di Cerbero o la stessa dea. Dopo questo, la dea viene per prima volta nominata come Mene
(Μήνη), divinità figlia di Selene ma molte volte sinonimo di Selene stessa281. Gli epiteti
sono abbastanza elaborati: ha bisogno dell’alimento del sole (ἡλιωτίδος τροφοῦ), perché la
luna riflette la luce solare, è guardiana dei morti (νερτέρων ἐπίσκοπε), è astuta e
persuade, (δαιδάλη καὶ πειθόη) e dopo si continua con una miriade di epiteti che
combinano diversi aspetti collegabili ad altre dee282: guerra e caccia, ricordando Artemide
(ad esempio che scaglia frecce, ἰοχέαιρα o spara con certezza, εὔστοχε), aspetti lunari e
solari (come di aurea corona, χρυσοστεφή, brillante, φαεννώ, raggio, αὔγη), aspetti
apolinei, (come lupa e orsa, λυκώ, ἀρκιη o peania παιωνία), epiteti propri di Ecate e
infernali, (come Brimo, Βριμώ, oscura, σκοτείη, cagna κύων, che produce disgrazia
πήματη, ragazza παρθένε), epiteti propri di ninfe (come marina, πελαγίη), epiteti
collegati ad aspetti della psiche che domina la dea (come patrona dell’animo, θυμάντρια,
paziente, τλητή, immagine mentale, ἰνδαλίμη, di recente sofferenza, νεοπενθής), attributi
collegati al dio supremo (come immortale, ἀφθίτε, autogenerata, αὐτοφυής, propizia,
ἐπήκοε, di bella disposizione, καλλισμένη, gloriosa, κυδίμη, donatrice di ogni bene,
πανδώτειρα, signora, ἄνασσα, incommensurabile, πανγαίη, governatrice della nave,
βαριδοῦχος), va parallelizzata a personaggi mitologici minori come Alcínoe, e l’elenco
finalizza tornando sugli attributi di Ecate e della divinità suprema (Piena di inganno e
salvatrice attraverso la paura δόλου γέμουσα καὶ φόβου σωτηρίη).
Il testo continua con altre petizioni, dove il mago ribadisce la sua conoscenza della
dea e si identifica con Ermes Trismegisto, padre di Iside e leader dei maghi, passo che già
abbiamo commentato. Si invocano nuovi epiteti sincretici della dea (Forba, Brimo,
Sechmet, Nebutosualeth) e il mago ribadisce che controlla gli oggetti sacri della dea,
costringendola: ha nascosto il sandalo, ha preso la chiave del Tartaro e lo ha lasciato
aperto, ha portato la notte assoluta, gira il rhombos. Chiama alla dea Nilotida, indicando un
sincretismo egiziano, magari con Anuket283 e comincia a dare simboli (σύμβολον), oggetti
rituali magari codificati e attributi della dea che riprendono quanto detto prima: ragazza
(κόρη), cavalla (ἵππος,), serpente (δράκαινα), lampada (λαμπάς), stella (ἀστήρ), leona

280 Flor Herroro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 492-493.
281 http://www.theoi.com/Titan/Selene.html
282 Flor Herroro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 494-496.

283 Idem, P. 500.

92
(λέων), lupa (λύκαινα), vocali sciolte ripetute, fuoco solare, corallo, sangue di tortora,
antico vaso, e anche simboli di connotazione sessuale come seme di Pan, una donna bianca
con le gambe aperte e il sesso di una sfinge nera.
L’invocazione riprende il tono coattivo, minacciando alla dea con lo scatenarsi di
divnità che sconvolgono il giorno, i mari, la terra, i cieli e lo stesso destino284, se la dea non
compie la petizione. La dea è definita nuovamente come Persefone (signora del Tartaro e
ragazza, ταρταροῦχε, παρθένε) e si aggiunge che ora è legata con le catene di Crono e dai
pollici (ἔδησα δεσμοῖς τοῖς Κρόνου τὸν σὸν πόλον καὶ σφιγγανάγκῃ ἀντίχειρά σου
κρατῶ φιγγανάγκῃ ἀντίχειρά σου κρατῶ) e non arriverà il domani se non ubbidisce.
Dopo si ripete la struttura, prima con un gioco di specchi (tu che guardi e sei guardata, ti
guardo e mi guardi, ἡ θεωροῦσα καὶ θεωρουμένη, βλέπω σε καὶ βλέπεις με) e dopo
nuovamente compaiono i simboli della dea prima detti, ora chiamati segni (σημεῖον), con
qualche aggiunta come il caduceo, la corona, il cane nero, o identificarla con le Erinni.
Finalmente, si chiede alla dea di maledire la vittima, calunniata come nemica degli dei
celestiali (ἐχθρῷ τῶν ἐν οὐρανῷ θεῶν) e si finisce con un piccolo elogio che sottolinea la
fertilità di Core, collegata alla luce celeste, la pioggia e la vita. È la dea che permette
l’espansione e la morte del cosmo.
Altra invocazione complessa su questo formato, la troviamo in un gruppo di
pratiche per maledire, sanare, inviare sogni, e invocare demoni dirette a Selene in PGM
2445-2890, che includono la preparazione di vari amuleti di protezione per il mago, due
calunnie (διαβολή) per portare la furia divina contro la vittima, la preparazione di uno
speciale affumicamento che include la deificazione di scarabei, di un toporagno, di due
uova di Ibis e altri ingredienti animali e vegetali, che sono considerati sacrileghi per un
sacrificio a Selene, e così dare base alla calunnia contro la vittima; e tra le due invocazioni
calunniose contro la vittima che includono parole sfamanti contro la dea e il sacrificio
sacrilego, si trova quest’invocazione Selene in PGM IV, 2522-2567, che recita così285:

Quemo para ti esta hierba aromática, hija de Zeus, lanzadora de


flechas,
Ártemis, Perséfone, cazadora de ciervos, que brillas de noche,
de tres sonidos estrepitosos/golpes, de tres sonidos
articulados/voces, de tres
cabezas, Selene,
Siciliana/de tres extremos, de tres rostros, de tres cuellos y de tres
caminos,
tú que en tres canastas tienes el fuego inextinguible de la llama
y visitas la encrucijada y eres señora de las tres décadas/décimas
partes (del mes)
y, con tres formas y llamas y perros cachorros,

284 Le valenze mitiche sincretiche di queste espressioni sono sottolineate da Herrro Valdés, Edición, Traducción y
Comentario de los Himnos Mágicos Griegos Pp. 502-505.
285 Testo spagnolo e greco preso da Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos Pp.

566-570.
93
lanzas un terrible grito agudo de seis tonos
cuando elevas la voz estremecedoramente, diosa con tres bocas.
Al escuchar tu agudo grito, todos los elementos del cosmos se
conmueven
y las puertas subterráneas y las sagradas aguas del Leteo
y el Caos más antiguo y el resonante/brillante abismo del Tártaro;
tú, ante la que todos los inmortales y los mortales hombres
y los montes estrellados y los valles y los árboles todos,
y los ríos estrepitosos y el infatigable mar,
el eco solitario y los démones que están en el cosmos
se estremecen, bienaventurada, al oir tu terrible voz.
Ven aquí junto a mí, nocturna, asesina de fieras, aquí, al hechizo,
silenciosa y señora, fuerza que mantiene lo que está atado,
escucha mis plegarias, Selene que mucho sufre,
tú que de noche sales y te pones, de tres cabezas, de tres nombres,
Mene, Marzoune, horripilante e imprudente, y Persuasión.
Ven aquí junto a mí, la del rostro con cuernos, portadora de luz,
tauriforme,
diosa de rostro de caballo, que aúllas como un perro, aquí, loba,
y ven ahora, nocturna, ctónica, sagrada, de ropajes negros,
alrededor de la cual da vueltas la naturaleza del cosmos que vaga
entre las estrellas:
pues cuando creces das a luz todos los elementos del cosmos,
pues tu das nacimiento a todo sobre la tierra y lo del mar
y todo género de los que vuelan y vuelven a sus nidos,
madre de todo y de la que nace Eros, Afrodita,
portadora de lámparas, que brillas y resplandeces Selene,
estelar y celestial, portadora de antorchas, que respiras fuego,
de cuatro rostros, de cuatro nombres, de cuatro caminos.
Saludos, diosa, y escucha tus títulos,
celestial, que vives en ciénagas, que merodeas la montaña y estás en
el camino,
subterránea, abismal, eterna y oscura.
Ven a mis sahumerios y cúmpleme este asunto
y escucha mi plegaria, te suplico, señora.
<Θύω σοι> τόδ’ ἄρωμα, Διὸς τέκος, ἰοχέαιρα,
Ἄρτεμι, Περσεφόνη, ἐλαφηβόλε, νυκτοφάνεια,
τρίκτυπε, τρίφθογγε, τρικάρανε, Σελήνη,
Τριναχία, τριπρόσωπε, τριαύχενε καὶ τριοδῖτι,
ἣ τρισσοῖς ταλάροισιν ἔχεις φλογὸς ἀκάματον πῦρ
καὶ τρίοδον μεθέπεις, τρισσῶν δεκάδων δὲ ἀνάσσεις
καὶ τρισὶ μορφαῖσι<ν> καὶ φλέγμασι καὶ σκυλάκεσσι.
δεινὴν ἑξατόνων πέμπεις ὀξεῖαν ἰωήν

94
φρικτὸν ἀναυδήσασα θεὰ τρισσοῖς στομάτεσσι.
κλαγγῆς σῆς ἀκούοντα τὰ κοσμικὰ πάντα δονεῖται
νερτέριαί τε πύλαι καὶ Λήθης ἱερὸν ὕδωρ
καὶ Χάος ἀρχέ<σ>τατον καὶ Ταρτάρου χάσμα φαεινόν·
ἣν πάντες ἀθάνατοι ἣν τε θνητοί τ’ ἄνθρωποι
οὔρεά τ’ ἀστερόεντα, νάπαι καὶ δένδρεα πάντα
καὶ ποταμοὶ κελαδοῦντες ἰδ’ ἀτρύγετός τε θάλασσα,
ἠχὼ ἐρημαίη καὶ δαίμονες οἱ κατὰ κόσμον
φρίσσουσί<ν> σε, μάκαιρα, ἀκούοντες ὄπα δεινήν.
δεῦρ’ ἴθι μοι, νυχία, θηροκτόνε, δεῦρ’ ἐπ’ ἀρωγῆς,
ἥσυχε καὶ δέσποινα, ῥῶσις ἐπὶ δετὸν ἔχουσα,
εὐχαῖσίν <τ’> ἐπάκουσον ἐμαῖς, πολυώδυνε Σελήνη,
ἡ νυκταιροδύτειρα, τρικάρανε, τριώνυμε, Μηνη,
Μαρζουνη, φοβερά <τε> καὶ ἀπρονόη καὶ Πειθώ·
δεῦρ’ ἴθι μοι, κερατῶπι, φαεσφόρε, ταυρεόμορφε,
πποπρόσωπε θεά, κυνολύγματε, δεῦρο, λύκαινα,
καὶ μόλε νῦν ἁγία, νυχία, χθονία, μελανείμων,
ἣν ἀνακυκλεῖται κόσμου φύσις ἀστερόφοιτος·
ἡνίκα γὰρ αὔξεις, σὺ τὰ κοσμικὰ πάντα τέθεικας.
γεννᾷς γὰρ σὺ <ἅ>παντα ἐπὶ χθονὸς ἠδ’ ὑπὸ πόντου
καὶ πτηνῶν δ’ ἑξῆς παντοῖα γένη παλίνεδρα,
παγγενέτειρα <θεὰ> καὶ ἐρωτοτόκει’ Ἀφροδίτη,
λαμπαδία, φαέθουσα καὶ αὐγάζουσα Σελήνη,
ἀστροχειά καὶ οὐρανία, δᾳδοῦχε, πυρίπνου,
τετραπροσωπεινή, τετραώνυμε, τετραοδῖτι.
χαῖρε, θεά, καὶ σαῖσιν ἐπωνυμίαις ἐπάκουσον,
οὐρανία, λιμενῖτι, ὀρ<ε>ίπλανε εἰνοδία τε,
νερτερία, βυθία, αἰωνία σκοτία τε·
ἐλθ’ ἐπ’ ἐμαῖς θυσίαις καί μοι τόδε πρᾶγμα τέλεσσον
εὐχομένῳ τ’ ἐπάκουσον ἐμοί, λίτομαί σε, ἄνασσα

Questa invocazione, che viene dopo una pratica di calunnia, è un inno di tono
benefico, che si limita a invocare la dea seguendo la struttura dell’inno religioso e
utilizzando parecchi elementi dell’invocazione anteriore. Il testo comincia con l’offerta di
erbe aromatiche e l’identificazione di Selene come Artemide e Persefone, che come
abbiamo visto, è presente sia nell’Elenchos che nei PGM. Gli epiteti di Artemide sono quelli
tradizionali: Figlia di Zeus, scagliatrice di frecce, cacciatora di cervi (Διὸς τέκος, ἰοχέαιρα,
ἐλαφηβόλος), mentre quelli di Persefone non compaiono. Dopo si descrive la triplice
natura della dea, indicandoci l’identificazione con Ecate/Selene: tre suoni o
discorsi(τρίφθογγε), tre colpi (τρίκτυπος), tre facce (τριπρόσωπος), tre teste
(τρικάρανος), tre estremi o Siciliana (Τριναχία), tre colli (τριαύχενος), tre vie (τριοδῖτις),
tre ceste di fuoco inestinguibile (ἣ τρισσοῖς ταλάροισιν ἔχεις φλογὸς ἀκάματον πῦρ), tre
decadi (δεκατων, probabilmente il mese), tre forme (τρισὶ μορφαῖσι<ν>), oltre i cani e il

95
suo portentoso grido, che serve per descrivere alla dea come divinità creatrice e
generatrice di vita, forza reggente universale286. Quando la dea grida, il cosmo si
commuove intero. La struttura indica un’epifania divina, perchè non è che il suo nome
abbia, ha questi effetti cosmici, ma la direttamente la sua voce che si rende presente con le
immagini sonore dell’invocazione287. Si chiede di nuovo la presenza della dea e tornano gli
epiteti conosciuti di Selene/Mene/Artemide (si aggiunge il nome lunare di Merzuone):
notturna (νυχία), distruttrice di belve (θηροκτόνε), silenziosa (ἥσυχος), signora, di tre
teste (τρικάρανος), tre nomi (τριώνυμος), Persuasione (Πειθώ), macabra, e si aggiunge
una nuova qualità: è la forza che mantiene quello che è legato (ῥῶσις ἐπὶ δετὸν ἔχουσα),
indicando magari il suo dominio sulla magia di legatura288. Si chiama di nuovo alla dea, e
si utilizzano epiteti lunari come portatrice della luce, tauriforme, con le corna (φαεσφόρε,
κερατῶπι, ταυρεόμορφε); altri collegati a Ecate, come avere triplice forma di cavallo,
cagna e lupa (ἱπποπρόσωπε θεά, κυνολύγματε, δεῦρο, λύκαινα) epiteti di Proserpina,
come Ctonia, vestita di nero e notturna (νυχία, χθονία, μελανείμω), e si finalizza la
sezione con un gruppo di immagini cosmologiche che collegano la luna alla forza
generatrice universale. Il cosmo gira attorno a lei, illumina gli elementi e da vita a tutti gli
esseri (παγγενέτειρα) e si sottolineano gli elementi luminosi e celestiali di Selene, che
porta lampade e torce ((λαμπαδία, δᾳδοῦχος), brilla (φαέθουσα), respira fuoco
(πυρίπνους). Ora ha quattro faccie, nomi e strade (τετραπροσωπεινή, τετραώνυμε,
τετραοδῖτι). L’invocazione conclude con una salutazione, la nomina dei luoghi della dea
che sintetizzano le sue funzioni (cieli, montagne, strade, paludi) e anche qualificandola
come sotterranea, abissale, eterne e scura (νερτερία, βυθία, αἰωνία σκοτία) e dicendo di
nuovo la petizione, supplicando il mago di essere ascoltato.
Dopo la procedura di calunnia contro la vittima, il testo offre “altro incantesimo”
(Ἄλλη ἀγωγή) che troviamo in PGM IV, 2705-2783289 e che ha come scopo invocare la dea
per una maledizione erotica che produce insonnia. Si utilizza un incensamento che include
un elemento considerato sacrilego nella maledizione con calunnia che si trova poche righe
prima (grasso di capra macchiata), indicando coazione, ma tutti gli altri ingredienti
(Cumino, carboni, bruciatura in un giorno particolare) sono normali. L’invocazione dice:

Aquí, Hécate, gigante, guardiana de Dione,


Persia, Baubo, Frune, flechadora,
indomable, lidia, inconquistable, de noble familia
portadora de antorchas, caudilla, de frío orgullo, muchacha/Core,
escucha, tú que abriste un hueco entre las puertas de glorioso
adamanto, Ártemis, tú que también eras para mí la guía más grande,
soberana, que rompes en pedazos la tierra (para aparecer), que
conduces perros cachorros, que todo lo dominas,

286 Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 574-578.
287 Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 575.
288 Altra lettura nota che la forza che unisce le cose è l’amore nella filosofia di Empedocle. Flor Herrro Valdés, Edición,

Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 580.


289 Testo spagnolo e greco preso da Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp.

587-591.
96
Enodia/que estás en el camino, de tres cabezas, portadora de luz,
doncella, sagrada, te invoco, cazadora de ciervos, la de las cosas
deseables/la cautivadora/la de diciembre, Audnea/la de julio,
polimorfa.
Aquí, Hécate, la de la encrucijada, con espectros que respiran fuego,
obtuviste como dominios por un lado los terribles caminos, por otro
las difíciles iniciaciones,
a ti, Hécate, te invoco junto con los que murieron antes de tiempo
y cualquiera de los héroes que murieron sin mujer ni hijos,
silbando salvajemente, con deseo en el corazón,
(...)
Pero tú, oh Hécate, de muchos nombres, doncella, muchacha/Core,
la de las cosas deseables/la cautivadora/la de Diciembre, te invoco,
guardiana del halo y cobijo, Perséfone, de tres cabezas, que vas y
vienes en el fuego, de ojos de buey, bouorphorbee, phorba de todo,
phorbara, Actiofis, Eresquigal,
Nebutosualeth, junto a la entrada, pu-puertas, dededsoo, y que
rompes en pedazos las puertas (para aparecer).
Aquí, Hécate, de ardiente consejo, te invoco por mis ensalmos,
«maskelli maskello, phnukentabaooth, montaráz y caminante Agra,
que rompes en pedazos la tierra (para aparecer), tierra de caballos,
montaráz noche
escarchada*, mormoron tokoumbai (lo que quieras)»
(...)
«thenoob, titheleeb, eenoor, tentheenoor, polinominada, kydsaleousa
padsaous, por eso bella-deekhma y sab’»
(...)
… defensora/vengadora, la de la mar en calma, diosa, la que hace
hablar a los
cadáveres/Nigromante, Persia, sebara akra,
apresúrate lo más rápido que puedas y que se presente a mis puertas
(lo que quieras).
Δεῦρ’ Ἑκάτη γιγάεσσα, Διώνης ἡ μεδέουσα,
Περσία, Βαυβώ, Φρούνη, ἰοχέαιρα,
ἀδμήτη, Λυδή, ἀδαμά<σ>τωρ, εὐπατόρεια,
δᾳδοῦχ’, ἡγεμόνη, καταψυκαύχενε, κούρη,
κλῦθι, διαζεύξασα πύλας κλυτοῦ ἀδάμαντος,
Ἄρτεμι, ἣ καὶ πρός με ἐπίσκοπος ἦσ<θ>α μεγίστη,
πότνια, ῥηξίχθων, σκυλακάγεια, πανδαμάτειρα,
εἰνοδία, τρικάρανε, φαεσφόρε, παρθένε, σεμνή,
{σὲ καλῶ}, ἐλλοφόνα, λώεσσα, Ἀυδναία, πολύμορφε.
δεῦρ’ Ἑκάτη, τριοδῖτι, πυρίπνοα φάσματ’ ἔχουσα,
κατέλαχες δεινὰς μὲν ὁδούς, χαλεπὰς δ’ ἐπιπομπάς,

97
τὰν Ἑκάταν σὲ καλῶ σὺν ἀποφθιμένοισιν ἀώροις
κεἴ τινες ἡρώων εθάνον ἁγυναῖοί τε ἄπαιδες,
ἄγρια συρίζοντες, ἐπὶ φρεσὶ θυμὸν ἔχοντες,
(...)
ἀλλὰ σύ, ὦ Ἑκάτη, πολυώνυμε, παρθένε, κούρα,
λώεσσα, ἱλέομαι, ἅλωος φυλακὰ καὶ ἰωγή,
Περσεφόνα, τρικάρανε, πυρίφοιτε, βοῶπι,
βουορφορβη, πανφορβα φορβαρα Ακτιωφι Ερεσχιγαλ
Νεβουτοσουαληθ παρὰ θύραις πυπυλη δεδεζω ῥηξιπύλη τε.
δεῦρ’ Ἑκάτη, πυρίβουλε, καλῶ σ’ ἐπ’ ἐμαῖς ἐπαοιδαῖς:
μασκελλι μασκελλω· φνουκενταβαωθ· ὀρεοβαζάγρα ῥηξίχθων·
ἱππόχθων· ὀρεοπηγανύξ·μορμορον τοκουμβαι (κοινόν),
(...)
θενωβ·τιθεληβ· ηνωρ· τενθηνωρ· πολυώνυμε, κυζαλεουσα
παζαους.
διὸ καλλιδηχμα καὶ σαβʹ
(...)
… ἀμυναμένη, αλκυια, θεά, νέκυια, Περσία, σεβαρα ακρα,
σπεῦδε τάχιστα, ἤδ’ ἐπ’ ἐμαῖσι θύραισι παρέστω. (κοινόν)

Si chiede la presenza della dea, e velocemente si danno nomi ed epiteti: Ecate,


Persia, Baubo (Βαυβώ, nome lunare che si trova in altri testi magici290), Frune (Nome non
chiaro, magari collegato ai rospi o alla famosa modella di Prassitele, φρύνη291), ma anche
epiteti come portatrice di torce, scagliatrice di frecce, ragazza, indomita, nobile,
dominatrice, guidatrice di cani, che è nella strada, di tre teste, portatrice di luce, cacciatrice
di cervi, polimorfa, che caratterizzano Proserpina Artemide ed Ecate, e sono comuni alle
invocazioni che già abbiamo comentanto. Si sottolinea che è una dea che tutto lo domina
(πανδαμάτειρα) e sovrana (πότνια).
Il mago chiama di nuovo a Ecate, descrivendo nuovamente epiteti della dea, tutti
collegati alla magia e agli inferi (come gli spettri che respirano fuoco πυρίπνοα φάσματ’
ἔχουσα che la accompagnano) e aggiungendo che si invocano con lei anche le anime dei
morti prima di tempo (ἀώροις). Gli ἀώροις sono invocati usualmente nelle pratiche di
maledizione per tutti i fini e quest’invocazione rafforza il collegamento tra gli inferi, la
magia e la dea, e da l’immagine sonora della sua presenza al ricordare il fischio acuto dei
serpenti (συρίζω) che caratterizza la dea.
Passata la maledizione erotica, si invoca di nuovo alla dea, ritornando gli epiteti di
ragazza, di molti nomi, e anche l’identificazione con Proserpina. Non vista prima
nell’invocazione, ma che troviamo in altre procedure dei PGM, e l’identificazione con la
dea sumeria dell’inframondo Ereschigal e con Actiofi, altro nome per la luna292. La dea ha

290 Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 597. Secondo Litwa, l’epiteto
Bombò riferito a Ecate nell’invocazione riportata dall’Elencos, potrebbe correggersi a Baubò, Βαυβώ. David Litwa (
Trad.) Refutation of All Heresies, Pp, 155.
291 Idem.

292 Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp. 605

98
occhi di bue (βοῶπις), epiteto omerico applicato a varie dee,e come abbiamo visto,
l’aspetto taurino della dea è ben conosciuto293. La dea si muove nel fuoco e dà consigli
infuocati (πυρίφοιτος y πυρίβουλος), immagini collegabili con gli spiriti infuocati che
l’accompagnano e ad altri epiteti simili che troviamo nelle altre invocazioni alla dea, oltre
collegarsi al rituale di bruciare incenso in carboni che si sta realizzando294. Il riferimento
alla dea come guardiana, che si trova nelle porte o gli ingressi (παρὰ θύραις), va collegato
alla sua condizione di divinità liminale, che protegge le strade e le case, ma l’epiteto di
protettrice dell’alone di luce (ἅλωος φυλακὰ), è collegabile ai raggi di luna. Ecate dopo
viene invocata utilizzando parole magiche che includono parole non greche e derivazioni
o giochi poetici con parole greche295, e che si trovano in altri testi magici della collezione.
L’invocazione finisce chiedendo alla dea di attuare in fretta, e da un ultimo elenco di
epiteti, alcuni dei quali abbastanza originali, descrivendola come quella che fa parlare i
cadaveri (νέκυια), collegandola alla negromanzia. La dea anche ha collegamenti col mare
o con gli uccelli di mare(αλκυια), ed è descritta come una dea che assiste e aiuta
(ἀμυναμέν).
L’ultima invocazione a Ecate a commentare si trova poco dopo, in PGM IV, 2786-
2870 e va definita “Supplica a Selene, Εὐχὴ πρὸς Σελήνην”, per tutte le pratiche magiche,
e include le istruzioni per fare un incensamento con diversi ingredienti asseconda sia una
pratica malefica o benefica, e anche un amuleto di protezione per il mago con una
rappresentazione di Ecate con 3 faccie che riprende epiteti già visti nei PGM ( come capra,
cane e ragazza con le corna). Il testo dell’invocazione procede di questa maniera296:

Ven a mí, oh amada señora, de tres rostros, Selene,


y con buena voluntad escucha mis sagrados ensalmos:
deleite de la noche, joven, tú que iluminas a los mortales, nacida en la
mañana, que te sientas sobre fieros toros, reina,
que por un camino semejante al de Helios, con tu carro, diriges los
caballos,
que danzas en círculo con la triple forma de las tres Gracias,
celebrando en procesión con las estrellas; Dice/Justicia y tejido de las
Moiras,
eres Cloto, Láquesis y Átropos, la de tres cabezas,
Perséfone, Deméter y Alecto, polimorfa,
la que arma sus brazos con negras lámparas terribles,
la que una cabellera de terríficas serpientes agita entre sus ojos,
la que mugidos de toros suelta por sus bocas,
la que cubre su vientre con piel escamosa de reptil,

293 Idem.
294 Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, P.606.
295 Sulle tecniche di produzione delle voces magicae, si veda Henk S. Versnel, The Poetics of the Magical Charm: An Essay on

the Power of Words, In Paul Mirecki e Marvin Mayer (Eds.), Magic and Ritual in the Ancient World, Brill, Leiden ; Boston ;
Köln 2001.
296 Testo Sapgnolo e greco preso da Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos Mágicos Griegos, Pp.

513-518.
99
que venenosos costados de serpientes sobre los hombros
llevas atados fuertemente a la espalda con abominables ataduras
mágicas:
grito de la noche, cara de toro, amante del silencio, cabeza de toro,
y tu expresión (es) de cara de toro, tienes voz como de cachorro de
perro,
y en las pantorrillas ocultando formas de leones
tu tobillo tiene formas de lobos, los perros de temperamento salvaje
(te son) queridos.
Por esta razón te llaman Hécate, de muchos nombres, Mene,
la que corta/moldea el aire, así como Ártemis flechadora,
diosa de cuatro rostros, de cuatro nombres, de cuatro caminos,
Ártemis, Perséfone, cazadora de ciervos, que brilla de noche,
de triple sonido estrepitoso/golpe, de triple sonido articulado/tono,
de tres
cabezas, de tres nombres, Selene,
Siciliana/de tres extremos, de tres rostros, de tres cuellos y de tres
caminos,
tú que en tres canastas tienes el fuego inextinguible de la llama
y cuidas de las encrucijadas y eres señora de las tres décadas/décimas
partes.
Seme propicia a mí que te invoco y escúchame favorable,
tú que rodeas el inmenso cosmos de noche,
ante la que los démones tiemblan y los mortales se estremecen,
diosa ilustre, de muchos nombres, Calingeneia/de hermosa
concepción,
de cara de toro, cornífera, madre de dioses y de hombres
y Naturaleza, madre de todo. Pues no vagas en el Olimpo
sino que estás al cuidado del abismo ancho y sin fondo.
Eres el principio y el fin, y de todo sólo tú eres señora.
Pues a partir de ti todo existe y en su momento todo llega a su
término.
Una diadema eterna llevas sobre tus sienes,
las cadenas indestructibles, imposibles de aflojar del gran Crono
y el cetro dorado sostienes en las palmas de tus manos.
Unos caracteres grabó el propio Crono alrededor de su cetro
y te lo dio para que lo lleves, de manera que todo permanezca en pie:
«Dominadora, Fuerza Dominadora, Dominadora del Hombre,
Dominadora
del que domina* /Damno, Damnomesne, Damnasandra,
Damnodamía,
Pero tú cuidas del caos, araracharara ee phthisikeere**.»
Te saludo diosa, y escucha tus títulos.

100
Quemo para ti esta esencia, hija de Zeus, flechadora,
celestial, que vives en ciénagas, que merodeas la montaña y estás en
el camino, infernal y nocturna, habitante del Hades y oscuridad,
silenciosa y horrenda, que celebras festín entre tumbas,
Noche, Erebo, Caos inmenso, pues tú (eres) la inevitable Necesidad,
y Moira fuiste y Erinia, la piedra de toque para las destructoras, tú,
Dice/Justicia.
Tienes a Cérbero encadenado, tú (tienes) piel escamada de serpientes
de color azul oscuro, de trenzas de serpientes y ceñida con
serpientes, bebedora de sangre, conductora de la muerte, generadora
de destrucción, que te alimentas de corazones,
devoradora de carne humana y comedora de muertos prematuros,
que resuenas en los fosos, que provocas los delirios de la locura,
ven a mis sacrificios y cúmpleme este asunto.
Ἐλθέ μοι, ὦ δέσποινα φίλη, τριπρόσωπε Σελήνη,
εὐμενίῃ δ’ ἐπάκουσον ἐμῶν ἱερῶν ἐπαοιδῶν,
νυκτὸς ἄγαλμα, νέα, φαεσίμβροτε, ἠριγένεια,
ἡ χαροποῖς ταύροισιν ἐφεζομένη, βασίλεια,
Ἠελίου δρόμον ἶσον ἐν ἅρμασιν ἱππεύουσα,
ἣ Χαρίτων τρισσῶν τρισσαῖς μορφαῖσι χορεύεις
ἄστρασι κωμάζουσα· Δίκη καὶ νήματα Μοιρῶν,
Κλωθὼ καὶ Λάχεσις ἠδ’ Ἄτροπος εἶ, τρικάρανε,
Περσεφόνη, Δημήτερα καὶ Ἀλληκτώ, πολύμορφε,
ἡ μέρας ὁπλίζουσα κελαιναῖς λαμπάσι δειναῖς,
ἡ φοβερῶν ὀφίων χαίτην σείουσα μετώποις,
ἡ ταύρων μύκημα κατὰ στομάτων ἀνιεῖσα,
ἡ νηδὺν φολίσιν πεπυκασμένη ἑρπυστήρων,
ἰοβόλοις ταρσοῖσι κατωμαδίοισι δρακόντων
σφιγγομένη κατὰ νῶτα παλαμναίοις ὑπὸ δεσμοῖς·
νυκτιβόη, ταυρῶπι, φιλήρεμε, ταυροκάρηνε,
ὄμμα δέ σοι ταυρωπόν, ἔχεις σκυλακωδέα φωνήν,
μορφὰς δ’ ἐν κνήμαισιν ὑποσκεπάουσα λεόντων,
μορφαῖ<ς> λύκων σφυρόν ἐστι, κύνες φίλοι ἀγριόθυμοι·
τοὔνεκά σε κλῄζουσ’ Ἑκάτην, πολυώνυμε, Μήνην,
ἀέρα μὲν τέμνουσαν, ἅτ’ Ἄρτεμιν ἰοχέαιραν,
τετραπρόσωπε θεά, τετραώνυμε, τετραοδῖτι,
Ἄρτεμι, Περσεφόνη, ἐλαφηβόλε, νυκτοφάνεια,
τρίκτυπε, τρίφθογγε, τρικάρανε, τριώνυμε Σελήνη,
Θρινακία, τριπρόσωπε, τριαύχενε καὶ τριοδῖτι,
ἣ τρισσοῖς ταλάροισιν ἔχεις φλογὸς <ἀκ>άματον πῦρ
καὶ τριόδων μεδέεις τρισσῶν δεκάδων τε ἀνάσσεις·
ἵλαθί μοι καλέοντι καὶ εὐμενέως ἐισάκουσον,
ἡ πολυχωρητὸν κόσμον νυκτὸς ἀμφιέπουσα,

101
δαίμονες ἣν φρίσσουσι καὶ ἀθάνατοι τρομέουσιν,
κυδιάνειρα θεά, πολυώνυμε, καλλιγένεια,
ταυρῶπι, κερόεσσα, θεῶν γενέτειρα καὶ ἀνδρῶν
καὶ Φύσι παμμήτωρ· οὐ γὰρ φοιτᾷς ἐν Ὀλύμπῳ,
εὐρεῖαν δέ τ’ ἄβυσσον ἀπείριτον ἀμφιπολεύεις.
ἀρχὴ καὶ τέλος εἶ, πάντων δὲ σὺ μούνη ἀνάσσεις·
ἐκ σέο γὰρ πάντ’ ἐστὶ καὶ εἰς αἰῶνα πάντα τελευτᾷ.
ἀέναον διάδημα ἑοῖς φορεεῖς κροτάφοισιν,
δεσμοὺς ἀρρήκτους, ἀλύτους μεγάλοιο Κρόνοιο
καὶ χρύσε<ι>ον σκῆπτρον ἑαῖς κατέχεις παλάμαισιν.
γράμματα σῷ σκήπτρῳ α<ὐ>τὸ<ς> Κρόνος ἀμφεχάραξεν,
δῶκε δέ σοι φορεεῖν, ὀφρ’ ἔμπεδα πάντα μένοιεν·
Δαμνὼ Δαμνομένεια Δαμασάνδρα Δαμνοδαμία.
σὺ δὲ χάους μεδέεις, ἀραραχαραρα η φθισίκηρε.
χαῖρε θεά, καὶ σαῖσιν ἐπωνυμίαις ἐπάκουσον.
θύω σοι τόδ’ ἄρωμα, Διὸς τέκος, ἰοχέαιρα,
οὐρανία, λιμνῖτι, ὀρίπλανε εἰνοδία τε,
νερτερία νυχία τ’, ἀϊδωναία σκοτία τε,
ἥσυχε καὶ δασπλῆτι, τάφοις ἔνι δαῖτα ἔχουσα,
Νύξ, Ἔρεβος, Χάος εὐρύ, σὺ γὰρ δυσάλυκτος Ἀνάγκη,
Μοῖρα δ’ ἔφυς σύ τ’ ἐρινὺς βάσανος ὀλετισι δίκη σύ.
Κέρβερον ἐν δεσμοῖσιν ἔχεις, φολίσιν σὺ δρακόντων
κυανέα, ὀφεοπλόκαμε καὶ ζωνοδράκοντι
αἱμαπότι, θανατηγέ, φθορηγόνε, καρδιόδαιτε,
σαρκοφάγε καὶ ἀωροβόρε, κοπετόκτυπε, οἰστροπλάνεια·
ἐλθ’ ἐπ’ ἐμαῖς θυσίαις καί μοι τόδε πρᾶγμα ποίησον.

L’invocazione comincia con il carattere triplo della Dea (τριπρόσωπος), definisce il


testo “sacro incantesimo” (ἱερῶν ἐπαοιδῶν), in linea con i concetti teorici sulla magia visti
nel capitolo anteriore297 e poi descrive per primi gli elementi lunari e di sovranità di
Selene: delizia della notte (νυκτὸς ἄγαλμα) illumina i mortali (φαεσίμβροτος), che siede
sui tori (ἡ χαροποῖς ταύροισιν ἐφεζομένη), regina (βασίλεια), che segue una strada come
quella di Elios in un carro con cavalli, (Ἠελίου δρόμον ἶσον ἐν ἅρμασιν ἱππεύουσα).
Dopo descrive la triplicità della dea collegandola anche al suo movimento nei cieli e con
altre divinità ctonie. Danza come le tre Grazie in processione con le stelle, è la Giustizia, è
identificata con le tre moire, Cloto, Lachesi e Atropo, ha tre teste, è Demetra, Proserpina e
Aletto, una delle furie. La dea viene descritta come terribile e aggressiva, avendo nelle
braccia terribili lampade nere (μέρας ὁπλίζουσα κελαιναῖς λαμπάσι δειναῖς), ha
terrificanti serpenti come capelli (ἡ φοβερῶν ὀφίων χαίτην σείουσα μετώποις), la sua

Il concetto di ἐπαοιδῶν come sappiamo ha una valenza magica, ma anche religiosa e poetica. Che una procedura
297

magica sia considerata sacra è centrale nel discorso magico dei PGM. Herero Valdés nota comunque che ἐπαοιδῶν non è
un concetto tanto usuale nei PGM, con 14 menzioni. Flor Herrro Valdés, Edición, Traducción y Comentario de los Himnos
Mágicos Griegos, Pp 519.
102
cinta è squamosa, di rettile (ἡ νηδὺν φολίσιν πεπυκασμένη ἑρπυστήρων), porta serpenti
velenosi nelle spalle, legati con legature magiche (ἰοβόλοις ταρσοῖσι κατωμαδίοισι
δρακόντων, σφιγγομένη κατὰ νῶτα παλαμναίοις ὑπὸ δεσμοῖς), nelle notti fa sentire le
sue grida, ha testa di toro (ταυροκάρηνος), voce di cane (ἔχεις σκυλακωδέα φωνήν),
gambe con leoni e lupi (κνήμη λεόντων, λύκων σφυρόν). La terribile dea ha forma
quadrupla (quattro faccie, nomi e strade): Selene-Mene, Ecate, Artemide, Proserpina, con
epiteti già visti: scagliatrice di frecce, cacciatora di cervi, che brilla di notte. Poco dopo, la
dea ha forma triplice, con tutti gli epiteti nominati nella procedura anteriore (triplo suono,
triplice voce, tre teste, tre estremi) cioè è Selene-Ecate, con le sue tre ceste con fuoco
inestinguibile, protettrice dei trivi e signora delle tre decadi (di giorni o anni, non è chiaro),
come abbiamo trovato anche nelle arte procedure.
La procedura chiede alla dea di essere propizia, e, come già abbiamo visto in altre
procedure, oltre epiteti taurini, la dea va presentata come forza cosmica creatrice e
dominatrice e regina dell’inframondo. Così, la dea circonda lo spazio del cosmo
(πολυχωρητὸν κόσμον νυκτὸς ἀμφιέπουσα), fa tremare i demoni e gli immortali
(δαίμονες ἣν φρίσσουσι καὶ ἀθάνατοι τρομέουσιν), è generatrice di uomini e dei (θεῶν
γενέτειρα καὶ ἀνδρῶν), è madre di tutto (παμμήτωρ) è il principio e la fine (ἀρχὴ καὶ
τέλος), ma anche è signora abissale (εὐρεῖαν δέ τ’ ἄβυσσον ἀπείριτον ἀμφιπολεύεις),
non è nell’Olimpo, porta il diadema eterno (ἀέναον διάδημα φορεεῖ), lo scettro d’oro
(χρύσειον σκῆπτρον) e le catene indistruttibili di Crono (δεσμοὺς ἀρρήκτους, ἀλύτους
μεγάλοιο Κρόνοιο). Si narra un piccolo mito, che racconta che Crono incise alcuni
caratteri nello scettro e lo diede alla dea per mantenere tutto in piedi. Questi caratteri sono
cantati nell’invocazione e ribadiscono la forza dominatrice della dea su tutto, oltre
utilizzare alcune parole magiche: Δαμνὼ Δαμνομένεια Δαμασάνδρα Δαμνοδαμία. σὺ δὲ
χάους μεδέεις, ἀραραχαραρα η φθισίκηρε. Il padre degli dei incatenato all’abisso, da il
suo scettro, simbolo del suo potere, alla dea e non a Zeus.
L’ultima sezione dell’invocazione realizza una salutazione alla dea nel contesto di
un incensamento aromatico, e riprende alcune frasi delle invocazioni anteriori,
indicandola come Artemide, e abitante delle strade, inferi, paludi, montagne e della notte e
l’oscurità. La dea è silenziosa e orrenda (ἥσυχε καὶ δασπλῆτι), e questo va sottolineato
perché celebra banchetti tra le tombe (τάφοις ἔνι δαῖτα ἔχουσα), indicando un
collegamento con i cadaveri poco svillupato negli altri testi dei PGM che abbiamo
commentato finora e che troviamo anche nell’Elenchos. La Dea va collegata a un gruppo
ampio di dee primordiali e ctoniche, come la Notte, Erebo, il Caos, la Necessità, le Moire,
le Erinni e la Giustizia, in linea con quello visto in altre invocazioni, per finire con altra
immagine di orrore infernale: Lei incatena Cerbero (Κέρβερον ἐν δεσμοῖσιν ἔχεις), la
pelle, i capelli e la veste della dea sono fatti di serpenti di colore blu scuro, di tono funebre
(φολίσιν σὺ δρακόντων, κυανέα ὀφεοπλόκαμε καὶ ζωνοδράκοντι),la dea bebe il sangue
(αἱμαπότις), porta la morte (θανατηγός,), la distruzione (κοπετόκτυπος), la follia
(οἰστροπλάνεια) e si alimenta di cuori, carne umana e morti prematuri (καρδιόδαιτος,
σαρκόφαγος καὶ ἀωροβόρος). La serie di immagini collegano la dea di nuovo con i
cadaveri e la morte violenta come abbiamo visto poco prima, e utilizza alcune espressioni

103
che non abbiamo potuto parallelizzare con altri testi letterari se non con le immagini delle
streghe latine.

7.1.4 Trucchi e procedure per ingannare, divertire e spaventare nell’Elenchos e i


PGM.

L’Elenchos cerca di smascherare altri rituali che permettono ai maghi di sorprendere


gli spettatori e fargli credere nei suoi poteri di chiaroveggenza o nella sua capacità di
invocare spiriti, miracoli e divinità. Dopo una lacuna, il testo dell’Elenchos IV comincia con
una procedura per ricevere un oracolo divino attraverso una domanda scritta e bruciata298:

A request for an oracle in writing. Taking up [a pen, the


practitioner of magic] orders the inquirer to write down whatever he
wants to inquire of the demons [secretly and] alone. Then the
inquirer erases the slip of papyrus, gives it to the boy, and sends it to
be burned so that the smoke can carry the letter to the demons. But
when the boy is about to do what was ordered, the magician first
tears off from the papyrus equal portions and pretends to list some
further names of demons in Hebrew letters. Then he burns the
incense of the egyptian magicians, called kyphi. after waving the
papyri slips, he brings them down into the smoke and chars what the
inquirer wrote by placing them over the coals. Then the boy,
putatively possessed by a god, rushes into the inner room crying out
loudly and discordantly things incomprehensible to all … [not] long
[afterward] … the magician bids all those present to come inside.
When they come in and stand to one side, he invokes a certain Re or
some other demon. He thrusts the boy on a mattress and mumbles
many things over him—one phrase in greek, another supposedly in
Hebrew (the familiar enchantments of magicians) and the demon
begins to obey. The magician, while inside, puts blue vitriol in a
vessel full of water and, after he dissolves the chemical, sprinkles the
bit of papyrus that he has supposedly erased. By this means he forces
the concealed and hidden words to come again into the light and
learns what the inquirer wrote. also, if someone writes with blue
vitriol and fumigates it with powdered oak gall, the hidden words
become plain and if someone writes on papyrus with milk, scorches
the papyrus sheet, then makes and sprinkles a powder on it, the
letters written with milk become plain when the powder is rubbed
in. moreover, urine, fish sauce, spurge juice, and fig juice create the

Elenchos, 28, 1-5 Il testo inglese e quello greco è quello proposto da David Litwa. David Litwa (Trad.) Refutation of All
298

Heresies, Pp.139-142. Riproduco il testo in inglese preché mi sembra più chiaro che quello italiano proposto da Augusto
Cosentino, Ps. Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, Edizione curata da Augusto Cosentino, Pp. 200-201
104
same effect. When the magician has learned the question in this way,
he foreknows what kind of response is required.
… λαβὼν καταγράψαι τὸν πυνθανόμενον ἀξιοῖ <ὅ> τι ἂν
πυθέσθαι τῶν δαιμόνων θέλῃ … μόνον. εἶτα συμψήσας τὸν
χάρτην, τῷ παιδὶ δοὺς ἀποπέμπει καυθησόμενον, ἵν’ οἴχ(η)ται
φέρων ὁ καπνὸς τοῖς δαίμοσι τὰ γράμματα. τοῦ δὲ τὸ κελευσθὲν
πράξοντος πρῶτα μὲν ἀφαιρεῖ του χάρτου μοίρας ἴσας πλείονάς
τέ τινας σκήπτεται ἐγγράφειν Ἑβραϊκοῖς γράμμασι δαίμονας·
εἶτα μάγων Ἀἰγυπτίων καταθύσας τὸ καλούμενον κῦφι θυμίαμα,
ταύτα<ς> μὲν ἐπαιωρήσας κατὰ τοῦ θυμιάματος φέρει, ὃ δ’ ἔτυχε
γράψας ὁ πυνθανόμενος θεὶς κατὰ τῶν ἀνθράκων ἔκαυσεν. εἶτα
θεοφορεῖσθαι δοκῶν <ὁ παῖς,> εἰσπεσὼν τῷ μυχῷ μέγα καὶ
ἀπηχὲς κέκραγε καὶ πᾶσιν ἀσύνετον … (π)ολὺ δὲ <…> <εἴσω
παρελθεῖν κελεύει> πάντ(ας) τοὺς παρόντας. καὶ τὸν Φρῆ τινα ἤ
ἕτερον ἐπικαλοῦντες δαίμονα, ἐπειδὰν εἰσελθόντες παραστῶσιν
οἱ παρόντες, ἐπὶ στ<ιβ>ά<δο>ς βαλὼν τὸν παῖδ(α) πολλὰ ἐπιλέγει
αὐτῷ—τοῦτο μὲν Ἑλλάδι φωνῇ, τοῦτο δὲ ὡς Ἑβραΐδι—τὰς
συνήθεις τοῖς μάγοις ἐπαοιδάς, ὁ δὲ ἐνάρχεται προσπεισόμενος.
<Ὃς> δὲ ἔνδον <ὤν,> φιάλῃ ὕδατος πλήρει ἐμβαλὼν χάλκανθον
καὶ τήξας τὸ φάρμακον, τὸ δῆθεν ἐξαλειφθὲν χαρτίον δι’ αὐτοῦ
καταρράνας, τὰ φωλεύοντα καὶ κεκρυμμένα γράμματα πάλιν εἰς
φῶς ἐλθεῖν ἀναγκάζει, δι’ ὧν μανθάνει ἅπερ ὁ πυθόμενος
ἔγραψε. καὶ διὰ τοῦ χαλκάνθου δέ τις εἰ γράψειε καὶ τῇ κηκῖδι
ὑποθυμιάσειε λελειωμένῃ, φανερὰ γένοιτ’ ἂν τὰ κεκρυμμένα
γράμματα. καὶ γάλακτι δὲ εἰ γράψειέ τις, εἶτα χάρτην <τινὰ>
καύσας καὶ λειώσας <καὶ> ἐπιπάσας τρίψει<εν> ἐπὶ τοῖς τῷ
γάλακτι γεγραμμένοις γράμμασιν, ἔσται πρόδηλα. καὶ οὖρον δὲ
καὶ γάρον καὶ τιθυμάλου ὀπὸς καὶ συκῆς ποιεῖ τὸ ὅμοιον. ἐπειδὴ
ἔμαθε τὴν ἐρώτησιν οὕτως, τίνα χρὴ τρόπον ἀποκρίνεσθαι
προὐνόησε.

Il mago chiede all’interessato di scrivere quello che vuole domandare ai demoni


(δαιμόνων si legge nel testo). Sebbene l’Elenchos considera la magia come un inganno e
non come l’uso di veri poteri sovrannaturali derivati da demoni come altri contemporanei
suoi, comunque notiamo la tendenza cristiana a collegare le pratiche magiche
preferibilmente a demoni o semplicemente considerare le divinità non cristiane invocate
come demoni. Così nel testo, quando Fre/Phren, cioè una versione ellenizzata di Ra che già
abbiamo trovato nei PGM e nel frammento di Cesti XVIII, sembra essere un demone,
perché si dice che il mago “invoca Fre, o qualche altro demone” (τὸν Φρῆ τινα ἤ ἕτερον
ἐπικαλοῦντες δαίμονα)299. In ogni caso, anche sappiamo di procedure di divinazione
dove il vaticinio proviene da demoni, anche se le divinità sono coinvolte nella procedura

Phren è chiamato demone anche in Elechos IV, 28, 6. “(…) invocano il demone Phren”, (τὸν Φρῆν ἐπικαλοῦντας
299

δαίμονα)
105
di richiesta del demone300. Il testo scritto dal cliente va eraso da chi lo ha scritto e dopo è
consegnato per essere bruciato e così sia portato dove i demoni. Prima di questo, il mago
prende pezzi del papiro e pretende di aggiungere nomi demoniaci con caratteri ebraici,
cosa che non deve sorprendere, perché l’ebraico è presente nell’imaginario antico sulla
magia di epoca imperiale: Mosé è presente nei PGM come autore di una complessa
procedura di consacrazione del mago che include un mito cosmogonico basato sulle risate
della divinità suprema301, e sembra che parte delle voces magicae tipiche cerchino di
modificare parole greche con suoni che ricordano l’ebreo, oltre includere parole ebree
come tali302. Mentre fa questo, il mago “brucia l’incenso dei maghi egiziani, chiamato
Kyphi (Ἀἰγυπτίων καταθύσας τὸ καλούμενον κῦφι θυμίαμα)”. Questo incenso si trova
in alcune pratiche dei PGM, una per raccogliere erbe per uso magico303 e altra come parte
di un’offerta alla Orsa Maggiore304. Litwa ci informa che Plutarco, nel suo testo su Iside e
Osiride (Moralia 383e-384c), lo descrive e dice che utile per purificare le facoltà
immaginative e ricettive di sogni305. Il testo con le domande del richiedente viene bruciato
in questo momento, e il giovane che viene utilizzato come medium comincia a piangere
rumorosamente e a dire parole incomprensibili (ἰσπεσὼν τῷ μυχῷ μέγα καὶ ἀπηχὲς
κέκραγε) e si ritira a un’altra stanza, indicando così un supposto stato di trance306. Il mago
fa che il pubblico entri dove si trova il medium, e invoca Phren, e dopo comincia a
parlargli in greco con parole che “sembrano ebreo, incantamenti abituali utilizzati dai
maghi (τοῦτο δὲ ὡς Ἑβραΐδι τὰς συνήθεις τοῖς μάγοις ἐπαοιδά)”, sottlineando di nuovo
il collegamento tra lingua ebraica e rituale magico nell’immaginario antico307.
Qua finisce la descrizione del rituale e si svela la procedura del mago. Il papiro
cancellato dal richiedente che aveva le domande, viene cosparso con acqua e solfato di
rame (χάλκανθον) e questo li permette al mago di leggere le domande e sapere a cosa
deve rispondere. L’Elenchos nomina altra combinazione di tinture e di sostanze che ne
rivelano il contenuto della lettera cancellata: Solfato di rame e tintura di galla di quercia.
Anche dice che se il testo fu scritto con latte e dopo bruciato, le lettere possono essere
rivelate cospargendo il papiro con una polvere, e che lo stesso effetto si ottiene con urina
(οὖρον), salsa di pesce in salamoia (γάρον), erba mora (τιθυμάλου) o fico (συκῆς). Come
abbiamo visto nel capitolo anteriore, troviamo di nuovo elenchi di procedure alternative
per ottenere il risultato desiderato. L’Elenchos continua dopo descrivendo come il mago e i
clienti, muniti di alloro, invocano di nuovo Phren, e il messaggio divino arriva alle

300 Per esempio, il demone paredros invocato nel PGM I 265-345, può dare oracoli, o nel PGM III, 230 , si chiede a Elios un
demone che profetizzi il futuro.
301 La Monade di Mosè, presente in due versioni nel PGM XIII.

302 Henk S. Versnel, The Poetics of the Magical Charm: An Essay on the Power of Words.

303 PGM IV, 2970.

304 PGM I, 1313-14.

305 David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 141.

306 Nei PGM si parla di ragazzi puri che servono per la divinazione in vari occassioni: PGM VII, 680, in una petizione di

sogni, PGM V, 375, per l’animazione di una statua di Ermete per conoscenza, PGM VII, 540 in una pratica di
licnomanzia, un incantesimo amoroso solare che utilizza un ragazzo nudo sdraiato, guisto come questa pratcia nel PGM
IV 90, o altra simile che ha funzione soltanto divinatiorie nel PGM VII, 348.
307 Si potrebbe dire che il mago cerca di ripsondere alle aspettative dei suoi clienti, facendo quello che usualmente viene

attributo alla pratica magica.


106
orecchie del medium attraverso dei tubi che il mago, approfittando il buio, utilizza e che
abbiamo commentato nel capitolo anteriore308.
Altro meccanismo che permette ai maghi di creare l’idea di chiaroveggenza e che è
anche parte della cultura scritta, sono i trucchi per aprire e risigillare lettere309:

“They melt tar, pine resin, sulfur, and bitumen in equal amounts,
molding it to preserve the shape of little pellets. When it is time to
unseal a letter, they coat their tongues with oil, then use their tongue
to smear the seal with oil. Meanwhile, they heat a solution at a low
temperature, apply it to the seal, and let it alone until it completely
congeals. They then use this as a seal. They also say that wax with
pine resin has a similar effect, as well as a solution of two parts
mastic, one-part dry bitumen. But sulfur alone is reasonably
effective, as well as gypsum powder soaked with water and resin.
This especially works wonderfully for sealing molten lead.
Moreover, a mixture of tyrrhenian wax, resin, pitch, bitumen along
with mastic and smooth marble—all boiled in equal quantities—is
better than those recipes that i mentioned; but the gypsum formula is
not far inferior. in this way, then, they undertake to dissolve seals,
trying to learn the contents of letters.
πίσσαν καὶ ῥητίνην καὶ θεῖον, ἔτι δὲ ἄσφαλτον ἴσα τήξαντες,
κολλυρίων σχήματι πλάσαντες φυλάττουσι· καιρὸς δὲ ὅταν ᾖ
λύειν γραμματίδιον, τὴ(ν) γλῶσσαν ἐλαίῳ δεύσαντες, εἶτα ἐξ
αὐτῆς τὴν σφραγῖδα χρίσαντες, πυρὶ συμμέτρῳ τὸ φάρμακον
θερμάναντες ἐπιφέρουσι τῇ σφραγῖδι καὶ μέχρι ἂν παγῇ
παντελῶς ἐῶσι· καὶ τούτῳ δίκην σημάντρου χρῶνται. φασὶ δὲ καὶ
αὐτὸν <τὸν> κηρὸν μετὰ πευκίνης ῥητίνης τὸ παραπλήσιον
ποιεῖν, καὶ μαστίχης μέρη δύο μετὰ ξηρᾶς ἀσφάλτου μέρους. καὶ
θεῖον δὲ μόνον ἐπιεικῶς ποιεῖ, καὶ γύψου δὲ ἄνθος μεθ’ ὕδατος
διειμένον καὶ κόμμεως· [ὡς] τοῦτο μὲν δὴ καὶ πρὸς τὸ σφραγίσαι
μόλιβδον τετηκότα ποιεῖ κάλλιστα. 3. καὶ <τὸ> διὰ τοῦ Τυρρηνικοῦ
δὲ κηροῦ καὶ ῥητίνης φρυκτῆς καὶ πίσσης καὶ ἀσφάλτου <καὶ>
μαστίχης καὶ λείας μαρμάρου, ἴσων ἁπάντων ἑψομένων, τῶν μὲν
ἄλλων ὧν ἔφην ἐ(στὶ) [μὲν] βέλτιον, τοῦ δὲ διὰ τῆς γύψου οὐκ
ἔλαττον. οὕτως μὲν οὖν καὶ τὰς σφραγῖδας λύειν ἐπιχειροῦσι, τὰ
ἔνδον γεγραμμένα μανθάνειν πειρώμενοι”.

I sigilli di ceralacca (κολλυρίων) sono imitati con una miscela di pece (πίσσαν), resina
(ῥητίνην), zolfo (θεῖον) e asfalto (ἄσφαλτον). Questa miscela è utilizzata dopo che il
mago ha bagnato con olio(ἐλαίῳ) il sigillo usando la lingua. Altra possibilità è usare cera e

308 Elenchos, IV, 28, 6-10 David Litwa ( Trad.) Refutation of All Heresies, 152-153. L’autore suggerie contrastare anche con
l’Alessandro di Luciano, 19-21
309 Elenchos IV, 34.

107
resina di pino (κηρὸν μετὰ πευκίνης ῥητίνης), o mastice(μαστίχη) e bitume secco (ξηρᾶς
ἀσφάλτου), ma anche zolfo (θεῖον), o gesso (γύψου) e gomma (κόμμεως) applicati al
piombo (μόλιβδον) fuso. Si suggerisce anche un composto che include resina, pece,
asfalto, mastice, cera etrusca e marmo, cha sarebbe il migliore. Questo elenco di
ingredienti è interessante in molti sensi. Prima di tutto, perché questi ingredienti sono
comuni ad altre procedure usate dai maghi per sorprendere e creare l’atmosfera
miracolosa che interessa a loro secondo l’Elenchos, come abbiamo visto nelle epifanie
divine collegate al fuoco. D’altro canto, troviamo ingredienti usati nella tradizione della
metallurgica antica. Troviamo anche la tendenza del manuale tecnico di dare molte
alternative per lo stesso risultato. Altro elemento interessante è che notiamo una nuova
dimensione della cultura scritta della magia. Sappiamo che i maghi presenti nei PGM si
rappresentano a sé stessi come appartenenti a un mondo colto, che considera come fonte
di autorità il testo scritto, rifacendosi a epigrafi antichi e biblioteche sacre, in linea con la
cultura sacerdotale egiziana In alcuni casi, le autorità trasmettono attraverso lettere le sue
conoscenze secrete310. Gli stessi PGM ci mostrano che i maghi egiziani ellenizzati
portavano una tradizione manoscritta basata in manuali, e sappiamo che la scrittura di
amuleti in diversi supporti e di tavolette di maledizione erano pratiche rutinarie, non
soltanto grazie alll’evidenza dei PGM, ma anche grazie alla grande quantità di
ritrovamenti archeologici di questa produzione. Questo testo dell’Elenchos ci indica che i
maghi erano visti come persone che scambiavano lettere con i suoi clienti, in particolare
attraverso tavolette. La procedura di divinazione invocando a Phren, con l’uso di
inchiostri invisibili, chiedeva al cliente di scrivere la propria domanda al demone. Tutto
questo ci indica che, al menos nell’immagine letteraria, molti clienti dei maghi avevano
una minima educazione ed alfabetizzazione. Si deve notare che, anche se i livelli di
alfabetizzazione dell’Impero Romano del III secolo d.C. erano molto alti per trattarsi di
una società tradizionale, sembra comunque che la maggioranza della popolazione non era
alfabetizzata311. Tutto ci indica che i maghi avevano una clientela trasversale nella società,
includendo la popolazione alfabetizzata e che possiamo considerare i maghi come parte
delle élite culturali antiche.
Finalmente, Kelhoffer312 nota come nei PGM ci sono alcuni accenni alla manipolazione
di lettere da parte dei maghi: in PGM V, 300, troviamo una pratica diretta a Elios per
conoscere il passato, il presente e il futuro, dove il mago si identifica con Ermes/Toth,
utilizza uno scarabeo iscritto in uno smeraldo, brucia incensi e profumi, minaccia gli dei
con il caos cosmico. Il mago cerca di conoscere tutto sugli uomini, e anche avere la
possibilità di “leggere una lettera sigillata” (καὶ ἀναγνῶ επιστολὴν ἐσφραψισμένην)313.

310 Se veda Hans Dieter Betz, The Formation of Authoritative Tradition in the Greek Magical Papyri, Raquel Martín
Hernández, La selección de encantamientos en un libro de magia Sobre la autoridad acreditada en el PGM VII, Sabina Crippa e
Emanuele M. Ciampini (Eds.) Languages, Objects, and the Transmission of Rituals An Interdisciplinary Analysis on Ritual
Practices in the Graeco-Egyptian Papyri (PGM), Edizioni Ca’ Foscari - Digital Publishing Università Ca’ Foscari Venezia,
2017.
311 Angel Rio Alda, Escritura Y Alfabetización. Su Impacto En La Antigüedad, Universidad Complutense de madrid, 2004,

Pp. 187-212.,
312 James Kelhoffer, Hippolytus’ and magic: an examination of Elenchos iV 28–42 and Related Passages in light of the Papyri

graecae magicae.
313 Il testo greco va ripreso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I, P. 190.

108
Nel lacunoso testo del PGM III, 370 e seguenti, si indica un rituale ad Apollo per avere
una prognosi314, che include un’invocazione ad Apollo con un tripode, una statua,
l’iscrizione di segni magici, incensi, e la recita di voces magicae. Dopo questo, il mago può
realizzare una procedura per “leggere una lettera scritta e sigillata” (καὶ επιστολὴν
γεγραμμένην κατἐσφραψισμένην [ἀναγν]ῶναι)315, e dopo una breve lacuna, si nomina
la “formula settima” che chiede al dio “fai per me quello che è scritto” (τὸν αὐτὸν ζ'
λόγον ποίησόν μοι τὰ γραγραμμέν[α])316. Dopo troviamo un rituale per la “lettura degli
scritti” (εἰς τ[ὴν ἀ]νάγνωσιν τῶν γε[γ]ραμμένων317) che tra le lacune, include un
sacrificio incruento, una formula al sole, un uovo che va sigillato in un bicchiere, una
purificazione e altro sacrificio incruento. In ogni caso, non è chiaro che questa procedura
sia per leggere lettere sigillate, e gli ingredienti non hanno nulla a che vedere con quelli
presentati dall’Elenchos. L’unica conclusione che possiamo trarre è che i maghi dell’epoca
del nostro autore avevano la pretesa di poter leggere lettere sigillate come parte delle sue
capacità di chiaroveggenza, e che i testi scritti dai maghi egiziani del secolo seguente
confermano quest’idea.
I maghi, secondo l’Elenchos, anche sono specialisti nel creare quello che oggi
chiameremo effetti speciali. L’autore ci descrive come imitano il suono del tuono, creano
l’illusione di una luna che scende, mostrano visioni fantastiche, fuochi rossi e carboni
moventi o mettono a un teschio a parlare e dopo lo fanno scomparire.
Il tuono viene creato con meccanismi che ricordano quelli usati oggi dagli esperti in
effetti sonori del cinema, facendo cadere grandi pietre su lamine bronzee o facendo girare
velocemente una tavola con un filo318:

Thunder is produced in a great number of ways. A multitude of


large rocks rolled down wooden ramps that then fall on bronze
plates makes a sound much like thunder. Alternatively, magicians
wind a thin board (the kind with which launderers press cloth) with
a thin cord and jerk the cord to make the board rumble. The board,
driven about, produces the sound of thunder.
Βροντὴ γίνεται τρόποις πλείοσι· λίθοι τε γὰρ πλείονες καὶ
μείζονες κατὰ κρημνῶν φερόμενοι <πεποιημένων> διὰ σανίδων
ἐπικαταπίπτουσι χαλκοῖς ἐλάσμασι καὶ βροντῇ παραπλήσιον
<ἀπο>τελοῦσι ψόφον. καὶ σανίδα δὲ λεπτήν, ᾗπερ οἱ γναφεῖς τὴν
ἐσθῆτα πιέζουσι, σχοινίῳ λεπτῷ περιειλήσαντες, εἶτα ῥοίζῳ τὴν
σχοῖνον ἐπισπώμενοι ῥομβοῦσι τὴν σανίδα, ἡ δὲ δονουμένη ἦχον
βροντῆς ἀπεργάζεται.

Per fare vedere visioni al medium e al pubblico, e rafforzare la suggestione di


un’epifania divina, il mago agisce in questo modo319:

314 PGM III, 285-425.


315 Il testo greco va ripreso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I, P. 48.
316 Idem.

317 Idem.

318 Elenchos IV, 32

109
“The boy often experiences terrifying visions. Terrified out of his
mind, he even inflicts blows. By putting frankincense into the fire,
the magician produces this response again. Here is how he does it:
the magician covers a lump of so-called rock salt with tyrrhenian
wax. He then divides the lump of frankincense in two and inserts the
lump of salt. after again closing the ball of frankincense, he places it
over the burning coals and lets it alone. When the lump of
frankincense is burned up, the salts leap out and produce an illusion
as if some bizarre wonder were happening. By placing indigo within
frankincense, he makes a blood-red flame (as i said before). He can
make a blood-red liquid by mixing wax with alkanet dye, and then—
as i said—by placing the wax in the frankincense. The magician
makes the coals move by dropping into the fire sliced alum, as it
dissolves and swells up like bubbles, the coals move.
Τῷ μὲν δὴ παιδίῳ καὶ φαντασίαι φοβεραὶ γίνονται πολλάκις.
καὶ γὰρ πληγὰς ἐμβάλλει εὐπόρως ἐκφοβῶν· λίβανον γὰρ εἰς πῦρ
ἐμβαλὼν πάλιν ποιεῖ τοῦτον τὸν τρόπον. βῶλον τῶν λεγομένων
ὀρυκτῶν ἁλῶν κηρῷ Τυρρηνικῷ περισκεπάσας καὶ αὐτὸν δὲ <τὸν>
λιβάνου βῶλον διχοτομήσας ἐντίθησι τοῦ ἅλατος χόνδρον καὶ
πάλιν συγκολλήσας ἐπὶ ἀνθράκων καιομένων τιθεὶς ἐᾷ· τοῦ δὲ
συγκαέντος οἱ ἅλες ἀναπηδῶντες φαντασίαν ἀπεργάζονται
ὥσπερ ξένου θεάματος γινομένου. αἱματώδη δὲ φλόγα ποιεῖ τὸ
Ἰνδικὸν μέλαν ἐνθεὶς τῷ λιβανωτῷ, καθὼς προείπαμεν. αἱματώδη
δὲ ὑγρασίαν ποιεῖ κηρὸν ἀγχούσῃ ἀναμίξας καὶ ὡς ἔφην τῷ
λιβανωτῷ <τὸν> κηρὸν ἐνθέμενος. ἄνθρακας δὲ κινεῖσθαι ποιεῖ
σχιστὴν ὑποθεὶς στυπτηρίαν· ἧς λυομένης καὶ δίκην πομφολύγων
διοιδούσης κινοῦνται οἱ ἄνθρακες”.

Il medium che è complice, ma anche vittima del mago, è portato a uno stato di stress e
terrore perché vede visioni spaventose (φαντασίαι φοβεραὶ) che sono create preparando
un incenso speciale: dentro dell’incenso, si inserisce una palla di sale di rocca coperta con
cera etrusca, che quando si brucia, intempestivamente salta in aria. Mentre si brucia questo
incenso, la fiamma è rosso sangue, perché l’incenso è strato trattato con colorante blu
scuro (Ἰνδικὸν μέλαν). Il mago anche fa uscire un liquido rosso sangue usando cera
(κηρὸν) e alcanna (ἀγχούσῃ), e fa muovere i carboni con un po’ di allume. È interessante
notare che la cera compare in varie procedure dei PGM, anche quella etrusca320, e
mescolata con sostanze rosse321, ma nei PGM si utilizza soprattutto per fare figurini e
modelli, non per le sue proprietà nel fuoco. Nel caso dell’allume, è da collegare all’ambito

319 Elenchos IV, 28, 12-13


320 Ad esempio, una procedura per portare fortuna a a un posto, PGM IV, 3130, e una figura di Eros per una pratica
erotica nel PGM XII, 17.
321 PGM XIII, 310. Ipopotamo di cera rossa che serve per inviare sogni, dopo che il mago si è consagrato seguendo le

istruzioni della Monade di Mosè


110
della metallurgia e l’alchimia, cioè alla tradizione pseudo-democritea. L’allume è uno degli
ingredienti principali delle ricette del trattato alchemico attribuito a Democrito e serve
tanto a rendere bianco il rame, il cinabro e lo zolfo, o a rendere dorato l’argento se unito ad
altri minerali322. Anche lo troviamo in un frammento dei PGM di origine alchemica323 ma
come succede con la cera, la sua utilizzazione ha scopi completamente diversi. Torneremo
su questa tematica nel capitolo dedicato.
La visione della luna che scende dal cielo, da collegare alle invocazioni di Selene ed
Ecate che presenta l’Elenchos, è, come abbiamo visto nel capitolo anteriore, parte
dell’immagine popolare e letteraria dei maghi antichi fin dal IV secolo a.C. Nell’Elenchos si
realizza in modo abbastanza semplice324:

They make the moon and stars appear on the ceiling in this way.
in the middle of the ceiling they attach a mirror aligned with a bowl
of water placed centrally on the floor. Next, they put a central lamp
shining dimly above the bowl. in this way, they produce the
appearance of the moon from the reflection in the mirror. Moreover,
they often suspend an upright drum from the ceiling covered with a
cloth it is covered by one of the fellow jesters so as not to shine out
before the right moment. now, behind it they place a lamp. When the
signal is given to the fellow jester, he removes the covering just
enough to mimic the moon in its proper phase. He smears the gaps
of the drum through which light passes with vermilion and gum
resin. A more daring magician breaks the neck and base of a small
clay flask, inserts a lamp, and covers it with something designed to
produce an image through filtered light. Meanwhile, a fellow jester
stands on high hidden under a screen, after receiving the signal, he
lowers the contraption from above so that the moon appears to
descend from the sky. (…)
When the enchanter invokes the moon, he orders all the lamps to
be extinguished, leaving the one dim lamp. Then the light reflects
from the jar on the ceiling and offers a simulation of the moon to the
onlookers. The opening of the jar is left covered in accordance with
the phase of the moon so that the simulation might be projected on
the ceiling as a crescent.
Σελήνην δὲ ἐν ὀρόφῳ φαίνεσθαι δεικνύουσι καὶ ἀστέρας
τοῦτον τὸν τρόπον· ἐν μέσῳ τῆς ὀροφῆς μέρει προσαρμόσας
κάτοπτρον, τιθεὶς λεκάνην ὕδατος μεστὴν ἐν τῷ μέσῳ <κατὰ> τῆς
γῆς κατ’ ἴσον, λύχνον δὲ μέσον φαίνον<τα> ἀμαυρὸν
μετεωρότερον τῆς λεκάνης θείς, οὕτως ἐκ τῆς ἀντανακλάσεως

322 Φυσικὰ καὶ μυστικά, § 5, § 7, § 9. Matteo Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio,
edizione critica del testo greco, traduzione e commento.
323 PGM XII, 295

324 Elenchos, IV, 37

111
ἀποτελεῖ σελήνην φαίνεσθαι διὰ τοῦ κατόπτρου. ἀλλὰ καὶ
τύμπανον πολλάκις ἀφ’ ὑψηλοῦ αἰωρηθὲν ὄρθιον περιβαλὼν
ἐσθῆτί τινι, σκεπόμενον ὑπὸ τοῦ συμπαίκτου, ἵνα μὴ πρὸ καιροῦ
φανῇ, <καὶ> κατόπιν θεὶς λύχνον, ἐπὰν τὸ σύνθημα παράσχῃ τῷ
συμπαίκτῃ, <οὗτος> τοσοῦτον ἀφαιρεῖ τοῦ σκεπάσματος, ὅσον ἂν
συνεργήσαι πρὸς τὸ μιμήσα<σθαι> κατὰ τὸν καιρὸν τῆς σελήνης
τὸ σχῆμα. χρίει δὲ τὰ διαφαίνοντα τοῦ τυμπάνου μέρη
κινναβάρ<ει> καὶ κόμμι. καί τις ἑτοιμό<τερος> δὲ ὀλίγης λαγήνου
περικόψας τὸν τράχηλον καὶ τὸν πυθμένα, ἐνθεὶς λύχνον καὶ
περιθείς τι τῶν ἐπιτηδείων πρὸς τὸ διαυγεῖν <τὸ> σχῆμα. <…>
στὰς ἐφ’ ὑψηλοῦ κρύβδην ὑπό τινα σκέπην τις τῶν συμπαικτῶν,
μετὰ τὸ λαβεῖν τὸ σύνθημα ἐκ μετεώρου κατάγει τὰ μηχανήματα,
ὥ<στ>ε δοκεῖν ἐξ οὐρανοῦ κατιέν(αι) τὴν σελήνην.(…)
ἐπὰν οὖν ἐπικαλέσηται ὁ ἐπαοιδὸς τὴν σελήνην, πάντας
κελεύει τοὺς λύχνους σβέννυσθαι, ἕνα δὲ ἀμαυρὸν καταλιπεῖν.
καὶ τότε ἀντανακλᾷ τὸ φῶς τὸ ἐκ τῆς χύτρας εἰς τὸν ὄροφον καὶ
παρέχει φαντασίαν σελήνης [καὶ] τοῖς παροῦσιν,
ἐπισκεπασθέντος τοῦ στόματος τῆς χύτρας πρὸς ὃ ἀπαιτεῖν ὁ
καιρὸς δοκεῖ, ὡς μηνοειδῆ δείκνυσθαι ἐν τῷ ὀρόφῳ τὴν
φαντασίαν.

La comparsa della luna è creata usando uno specchio (κάτοπτρον) nel tetto, un piatto
con acqua (λεκάνην ὕδατος) nel pavimento e una lanterna debole (λύχνον) sospesa in
aria. Per aggiungere un tocco di sorpresa, si mette la lucerna in un tamburo coperto, e si
toglie la copertura quando ci si ha bisogno, simulando la fase della luna che corrisponde.
Non è chiaro perché il mago usi cinabro e gomma in questo tamburo, ma nuovamente
sono ingredienti già nominati nell’Elenchos e nella metallurgia. Usando una bottiglia
tagliata appositamente, si proiettano figure nel tetto, e con un meccanismo ingegnoso (il
testo dice μηχανήματα, che è un concetto già utilizzato dall’Elenchos per descrivere i
trucchi ingannevoli dei maghi) che cade dall’alto, si crea l’idea della discesa della luna.
L’autore dell’Elenchos vuole entrare nel dettaglio della procedura, e spiega che risulta
fondamentale che ci sia nalla stanza solo una luce fioca e che asseconda dell’apertura del
vaso o tamburo, è la forma della luna che si proietta. La pratica di approfittare il buio per
gli effetti speciali, si trova in varie occasioni nel testo, come nella rappresentazione del
medium in trance, o nelle epifanie di Ecate e di Asclepio, e l’Elenchos sottolinea che questa
oscurità confonde gli spettatori e permette al mago di dispiegare i suoi trucchi con più
facilità e comodità.

Il cranio parlante che scomparisce è un modello di cera con una canna che amplifica
una voce prdotta di nascosto325:

325 Elenchos, IV, 41


112
They place a skull on the ground and make it appear to talk in the
following way. It is made of an ox’s caul that is molded on
tyrrhenian wax and freshly mixed gypsum. When the membrane is
spread around it, it has the appearance of a skull. It seems to speak to
all when an instrument is operated, the use of which i also related in
the case of the boys. Preparing the windpipe of a crane or some other
longnecked animal, a fellow jester secretly attaches it to the skull,
uttering what he wants. if he wants it to disappear, he surrounds it
with a heap of coals and appears to offer incense. The wax, absorbing
the heat from the coals, melts, and so the skull is thought to
disappear.
Κρανίον δὲ λαλ<εῖν δοκ>οῦν ἐπὶ γῆς θέντες ἐπιτελοῦσι τούτῳ τῷ
τρόπῳ· αὐτὸ μὲν πεποίηται ἐπιπλόου βοείου, <ὃ> πεπλασμένον
κηρῷ Τυρρηνικῷ καὶ γύψῳ ἀναπεποιημένῃ, περιτεθέντος τοῦ
ὑμένος ἔμφασιν κρανίου ἐνδείκνυται. ὃ πᾶσι λαλεῖν δοκεῖ
ἐνεργοῦντος τοῦ ὀργάνου, καθ’ ὃν τρόπον καὶ ἐπὶ τοῖς παισὶ
διηγησάμεθα· γεράνου ἤ τινος τοιούτου μακροτραχήλου ζῴου
φάρυγγα σκευάσας, προσθεὶς τῷ κρανίῳ λεληθότως ὁ
συμπαίκτης, ἃ θέλει φθέγγεται. ὃ ἐπὰν ἀφανὲς γενέσθαι θέλῃ,
ἀνθράκων πλῆθος κύκλῳ περιθείς, ὡς θυμιῶν ἐμφαίνεται· ὧν τῆς
θέρμης ὁ κηρὸς ἀντιλαμβανόμενος λύεται, καὶ οὕτως ἀφανὲς τὸ
κρανίον γεγονέναι νομίζετα.

La presenza di crani parlanti nella tradizione magica dei PGM è scarsa. Troviamo una
formula che si dice sopra un cranio, come quella del re Pitis per invocare demoni326, e alla
fine della procedura si suggerisce di fare un sigillo “contro i crani non adeguati, e
specialmente contro il fatto che non profetizzino e non facciano nessuna di queste cose
(πρὸς τοὺς ἀκαταλλήλους τῶν σκύφων, ἔτι δὲ καὶ τὸ μὴ λέγειν μηδὲ ἕν πάνυ ποιεῖν
τούτων)”327, che potrebbe implicare che attraverso il cranio stesso parlasse il demone, ma
in altre sezioni della procedura si parla del demone invocato attraverso il cranio come
“presente completamente (καὶ πάντως παρέσται)”328. Io metterei come riferimento di
questa pratica le teste oracolari che troviamo nella letteratura paradossografica, che come
sappiamo, aveva un successo importante tra i gruppi alfabetizzati dell’impero329. Nel caso
della pratica descritta dall’Elenchos, si tratta di un modello fatto di cera etrusca e gesso
sulla base di una membrana di bue. Di nascosto, un complice opera uno strumento
(ἐνεργοῦντος τοῦ ὀργάνου), una trachea di gru o si altro tipo di uccello di collo lungo

326 PGM IV, 1928.


327 PGM IV, 2126-2130
328 PGM IV, 2043.

329 Flegonte di Tralle, autore del S II d.C., racconta due storie, una di una testa oracolare di un bambino che era un

portento e fu divorato dal fantasma di suo padre, l’altra i vaticini di un tale generale Publio, che in stato di trance
predice la sconfitta dei romani e la fine del suo impero e dopo fu divorato da un lupo, meno la sua testa che continua a
dire oracoli. Si veda Francisco Javier Gómez Espelosín (Editore e traduttore), Paradoxógrafos griegos, Rarezas y maravillas,
Editoria Gredos, Madrid, 1996.
113
(μακροτραχήλου ζῴου φάρυγγα), e dice quello che si deve dire. Il cranio può scomparire
o farsi invisibile (ἀφανὲς γενέσθαι) se messo vicino a carboni, che con il suo calore
sciolgono la cera.
Nei PGM, il testo che ci permette collegare la tradizione di sapere tecnico
pragmatico, sia nel versante pragmatico e letterario dell’Africano, che nel versante teatrale
e fraudolento dei maghi dell’Elenchos, con la tradizione della magia mistica propria dei
PGM sono i già citati Δημοκρίτου παίγνια, le “Ricette Giocose di Democrito”, che
troviamo in PGM VII, 167-186.

Para hacer que el bronce parezca oro: mezcla azufre, que no haya
tocado el fuego, con greda y restriégalo con ello. Para que un huevo
se parezca a las manzanas: hierve un huevo y píntalo con una mezcla
de azafrán y de vino. Para hacer que el cocinero no pueda encender
el fuego: pon en su horno una planta de siempreviva. Para que no
huelas cuando comas ajo: cuece raíces de acelgas y cómelas. Para que
una vieja no hable ni beba mucho: corta un trozo de abeto y échalo
en su bebida. Para que luchen gladiadores dibujados: asa debajo de
ellos una cabeza de liebre. Para que se queme uno cuando come
alimentos fríos: pon una cebolla marina en agua caliente y dásela
para que se lave. Liberación con aceite. Para que hagan bien el amor
los que tienen dificultades: mezcla goma con vino y miel y dáselo
para que se embadurnen la cara. Para beber mucho y no
emborracharse: cuece pulmón de cerdo y cómelo. Para no tener sed
cuando se camina: se bate un huevo con vino y se sorbe. Para ser
capaz de muchos coitos: machaca cincuenta piñones y granos de
pimienta, mézclalos con dos tazas de vino dulce y bébelo. Para la
erección del pene siempre que quieras: ralla pimienta, mézclala con
miel y unta tu cosa.
α. τὰ χαλκᾶ χρυσᾶ ποιῆσαι φαίνεσθαι· θεῖον ἄπυρον μετὰ τῆς
κρητηρίας μείξας ἔκμασσε.
β. ὠιὸν ὅμοιον μήλωι γενέσθαι· ζέσας τὸ ὠιὸν χρῖε κρόκωι μείξας
μετ᾿ οἴνου.
γ. μάγειρον μὴ δύνασθαι τὴν πυρὰν ἀνάψαι· βοτάνην ἀείζωον
θὲς αὐτοῦ εἰς τὴν ἑστίαν.
δ. φαγόντα σκόρδα μὴ ὄζειν· ·ίζας σεύτλου ὀπτήσας φάγε.
ε. γραῦν μήτε πολλὰ λαλεῖν μήτε πολλὰ πίνειν· πίτυν κόψας
βάλε αὐτῆς εἰς τὸ κρᾶμα.
ϛ. μονομάχας (σο) ἐζωγραφημένους μάχεσθαι· ὑποκάτω αὐτῶν
κάπνισον λαγοῦ κεφαλήν.
ζ. ψυχρὰ τρώγοντα κατακαίεσθαι· σκίλλαν εἰς ὕδωρ χλιαρὸν
βρέξας δὸς αὐτῶι νίψασθαι· λύσις ἐλαίωι.
θ. πολλὰ πίνοντα (καὶ) μὴ μεθύειν· χοιραῖον πνεύμονα ὀπτήσας
φάγε.

114
ι. ὁδοιποροῦντα μὴ διψᾶν· ὠιὸν [ὠμὸν] [εἰς] οἶνον ἀνακόψας ·όφα.
ια. πολλὰ βινεῖν δύνασθαι· στροβίλια πεντήκοντα μετὰ δύο
κυάθων γλυκέος καὶ [κ] κόκκους πεπέρεως τρίψας πίε.
ιβ. στύειν, ὅτε θέλεις· πέπερι μετὰ μέλιτος τρίψας χρῖέ σου τὸ
π[έλ]μα.

Prima di commentare il testo, credo importante notare alcune caratteristiche


generali del PGM VII330. È un testo copiato probabilmente tra il III e IV secolo d.C. e
rappresenta un buon esempio di manuale di mago di alto livello331. È un testo fatto da un
solo scriba, abbastanza preciso. Il testo ha un uso preciso degli spazi, bordi decorati, un
apparato di titoli, marcature che aiutano la lettura, e ha divisioni in capitoli, anche se non è
chiaro quale criterio fu utilizzato dal copista per fare queste divisioni. Ha anche note
marginali e indicazioni che suggeriscono che il testo ha avuto un’edizione critica. Il
contenuto è molto variegato, e questo per noi è centrale, perché ci indica che il compilatore
considerava che tutti i testi scelti erano degni di formare parte di un’antologia di pratiche
magiche. Il PGM VII include, oltre le ricette democritee appartenenti alla branca del sapere
occulto sulla natura: un omeromanteion332, ricette pratiche contro insetti, amuleti vari per
ottenere fortuna, evitare malattie e pericoli, un elenco di giorni e ore utili per la
divinazione, un elenco di giorni nefasti per la magia, che collega le fasi della luna con
determinati rituali, pratiche di licnomanzia, incantesimi amorosi più o meno elaborati,
invocazioni per ottenere una visione diretta della divinità (Apollo, Asclepio, Anubi) ,
divinazione attraverso medium e petizioni di rivelazione onirica, pratiche per comparire
nei sogni di altri, diversi istruzioni per fare maledizioni e produrre insonnia, formule per
vincere in combattimento, gare o giochi, invocazioni di demoni, invocazioni “per ogni
fine” e rituali lunari.
Se osserviamo, l’elenco copre praticamente tutti i tipi di pratiche magiche, oltre
includere testi tecnici che indicano giorni, ore e fasi lunari per le pratiche. Le pratiche
anche utilizzano tutto lo spettro di meccanismi del magico. Dai semplici trucchi di
Democrito, a lunghe e complesse invocazioni di divinità, invocazione di demoni, uso di
nomi segreti, immagini, charakteres e voces magicae, purificazioni, simbolismi astrologici e
numerologici, ingredienti animali, vegetali e minerali. Il principale meccanismo
d’assicurazione dell’autorità che garantisce che le pratiche siano valide, è l’appello alla
pseudo-epigrafia: troviamo pratiche attribuite a Democrito, a un tale Claudiano, a Mosè, a

330 Seguo la descrizione del testo fatta da Raquel Martín Hernández, La selección de encantamientos en un libro de magia
Sobre la autoridad acreditada en el PGM VII,
331 Si deve notare che sebbene il testo sia molto più tardivo rispetto all’Aficano e all’Elenchos, è ipotizzabile che le

procedure e saperi elencati siano più antichi, perché sembra che fosse parte di un processo di conservazione di una
tradizione che stava indebolendosi. Sappiamo che le invocazioni con voces magicae sono uno sviluppo di epoca
imperiale. La tradizione Pseudo-democritea si retordata al misterioso Bolo di mende, che si pensa abbia vissuto attorno
al II secolo a.C. Si veda William Brashear, The Greek Magical Papyri: an Introduction and Survey; Annotated Bibliography
(1928-1994.
332 Un elenco di frasi omeriche per divinazione. Chi voleva conoscere il suo futuro faceva la sua domanda, o magari la

sceglieva da un elenco prestabilito, e attraverso qualche meccanismo di sorte estraeva una risposta tra queste frasi
omeriche.
115
Pitagora e Democrito, a Omero e indirettamente a Orfeo333. Questo indicherebbe un
pubblico ellenizzato, perché non troviamo autori egiziani come succede nei papiri in
demotico. Comunque, elementi ebraici ed egiziani si trovano, come è proprio del
sincretismo culturale che si trova nei PGM. In sintesi, il PGM VII ci permette affermare che
la tradizione di sapere naturale che sembra sia alla base delle ricette dell’Africano e dei
trucchi ingannevoli dei maghi ritrattati dell’Elenchos, era considerata anche parte del
sapere magico autorevole per chi voleva avere un’antologia di procedure magiche
nell’Egitto tardoantico. Sebbene le concezioni sulla magia e gli ambienti rituali ritrattati dai
testi analizzati sia molto diverso, grazie al PGM VII, possiamo affermare che ci sono
elementi che comunicano le tre forme di lettura della magia che abbiamo riscontrato: i
componenti della tradizione pseudo-democritea di simpatie e antipatie e di conoscenza
delle interazioni di diverse sostanze.
Le procedure pseudo-democritee cominciano con un’illusione quasi alchemica:
strofinare il bronzo con zolfo (θεῖον ἄπυρον) e argilla per farlo sembrare oro,
probabilmente aumentando il bagliore del bronzo. Per fare che un uovo sembri una mela,
si deve bollire e dopo dipingerlo con zafferano e vino (χρῖε κρόκωι μείξας μετ᾿ οἴνου). Lo
zafferano è utilizzato in tinture giallastri per metalli, come troviamo nel Φυσικὰ καὶ
μυστικά 334e l’Elenchos ci tramanda anche trucchi con le uova, questa volta con uova
crude335:

Different eggs are exhibited this way: the magician pokes


through both ends, drains the white, and subsequently dyes them by
dipping one egg into sinopean red clay and the other into writing
ink. He then blocks up the holes with smooth egg shell shavings
glued on with fig juice. Ὠὰ δὲ διάφορα ἐπιδείκνυνται τὸν τρόπον
τόνδε· κορυφὴν τρυπήσας ἐξ ἑκατέρων καὶ τὸ λευκὸν
ὑπεξαγαγών, αὖθις βάψας ἔμβαλε τῷ μὲν τῆς Σινωπίδος, τῷ δὲ
τοῦ γραφικοῦ μέλανος· ἀπόφρασσε δὲ τὰς τρυμαλιὰς ξέσματι τῶν
ὠῶν λείῳ, μετ’ ὀποῦ συκῆς ἐμπλάσας336.

Se l’uovo dei PGM è cotto e dipinto di rosso, ed è pensato come un divertimento,


questo è un uovo al quale viene bucato il guscio, tolto l’albume e riempito con cera rossa e
tinta, e dopo risigillato con altri gusci di uova e colla. Quando questo uovo sia aperto,
darebbe l’impressione di un uovo rosso o sanguinoso, utile ai fini del mago o
dell’eretico337. Altro scherzo consiste in impedire che il cuoco della casa possa accendere il
fuoco usando sempervivum. Questo scherzo ci indica che il contesto dove venivano

333 Raquel Martín Hernández, La selección de encantamientos en un libro de magia Sobre la autoridad acreditada en el PGM VII.
334 Φυσικὰ καὶ μυστικά, PM § 18, § 19, Matteo Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio,
edizione critica del testo greco, traduzione e commento Pp.200-202
335 Il contrasto è suggerito da James Kelhoffer, Hippolytus’ and magic: an examination of Elenchos iV 28–42 and Related

Passages in light of the Papyri graecae magicae.


336 David Litwa ( Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 144-145

337 Litwa nota che questo turcco, con piccole varianti è presente nell’Alessandro di Luciano. David Litwa (Trad.)

Refutation of All Heresies, Pp. 145.


116
applicati questi divertimenti è di un certo livello, e il riferimento a un cuoco, oltre alla
presenza più avanti di procedure per bere e mangiare senza problemi, collegano le
procedure al simposio. Come abbiamo visto, l’Africano offre anche un paio di trucchi per
questo contesto. Psello commenta che “addormenta un parassita, e l’avvenimento è per lui
fonte di buon umore”, e nei Cesti si suggerisce lasciare sotto il guanciale della vittima la
testa di un pipistrello per farli soffrire insonnia nel caso che il lettore “volessi anche
scherzare (παῖξαι θέλοις)”, utilizzando lo stesso concetto di giocare o scherzare che
troviamo nel titolo del capitolo dei PGM. Il testo democriteo include anche procedure utili
per sfruttare meglio il cibo e le bevande nel simposio, che sembrano avere qualche effetto
fisiologico, come usare radici di bietole per contrastare l’alito con odore di aglio, mangiare
polmone di maiale cotto per bere molto senza ubriacarsi, o prende uovo sbattuto con vino
per evitare la sete quando si cammina (dopo il simposio?). Psello ricorda che anche
l’Africano aveva una ricetta per bere tutta la notte senza ubriacarsi . Non trovo
spiegazione all’indicazione di mettere un po’di abete nella bevanda di un’anziana perché
questa non parli né beba molto. Magari il cambio di gusto della bevanda produce l’effetto
desiderato. Non sembra più che uno scherzo l’idea di arrostire la testa di una lepre sotto
un disegno di gladiatori per farli lottare. Più interessante è l’indicazione di far lavare le
mani degli amici con acqua dove fu cotta una cipolla marina (σκίλλαν), con l’obbiettivo di
far sembrare che si bruciano con cibi freddi. Probabilmente l’irritazione prodotta dalla
cipolla nella pelle sia quello che crea la sensazione di scottatura. L’interessante, come ben
ha notato Kelhoffer338 è che questa sensazione di irritazione è approfittata anche dai maghi
falsi per creare l’idea che le pecore si immolano da sole quando sono di fronte alla lama
della daga sacrificale:

This is the way magicians make sheep cut off their own heads.
secretly a magician anoints a sheep’s throat with a corrosive
chemical, straps a dagger to the neck, and leaves it there. The sheep,
wanting to scratch, rubs hard, scraping against the dagger, killing
and almost decapitating itself. (The chemical is bryony, marsh salts,
and squill mixed in equal proportions) Τοῖς δὲ ἀμνοὺς
ἀποτέμνεσθαι τὰς κεφαλὰς ἑαυτῶν ποιοῦσιν οὗτος ὁ τρόπος.
κρύβδην καυστικῷ φαρμάκῳ χρίσας τὸν φάρυγγα ἐᾷ παρατιθεὶς
τὸ ξίφος· ὁ δὲ κνήθεσθαι (θέ)λων, προσπεσὼν τῇ μαχαίρᾳ θλίβων
σφάζεται καὶ μικροῦ δεῖν ἀποτέμνεσθαι τὴν κεφαλήν. ἔστι δὲ τὸ
φάρμακον βρυωνία καὶ ἀδάρκη καὶ σκίλλα κατ’ ἴσον μεμιγμένα

Come si vede, sebbene la riceta dell’Elenchos è più complessa, utilizzando vite


bianca, erba del genere brionia considerata tossica, cipolla marina e confevra, un tipo di
pianta acquatica. Finalmente, nel frammento democriteo troviamo un elenco di pratiche
afrodisiache abbastanza variegate, che includono gomma, miele e vino che una coppia
deve collocarsi in faccia, altra da bere e a base di pepe, pinoli e vino e altro di pepe e miele

338James Kelhoffer, Hippolytus’ and magic: an examination of Elenchos iV 28–42 and Related Passages in light of the Papyri
graecae magicae
117
da collocare nel membro maschile. Sebbene l’Africano non ci tramanda nessuna ricetta
simile, sappiamo da Psello che i Cesti includevano prodotti da untare nel pene per influire
nel sesso del bambino concepito, e impiastri e droghe per favorire la procreazione.

Altro testo in linea con questo è il PGM CXXVII, che include procedure
salutari, divertenti e sessuali:

To make on bend down and not get up: Anoint the loins with the
brain of an electric eel.
To get a certain [lover] at the baths: Rub a tick from a dead dog on
the loins.
To 'play" with a woman: Anoint the phallus with the juice of the
deadly carrot.
To cause a fight' at a banquet: Throw a dog-bitten stone into the
middle.
To make wine sour: Throw burning pebbles into it.
In orader "to screw'' many times: Drink beforehand seed of celery
and of rocket.

Abbiamo una procedura narcotica di dubbia efficacia: strofinare la schiena


di qualcuno con un cervello di anguilla. L’Africano anche suggerisce una
procedura narcotica di uso militare, che sembra più efficace: mescolare oppio,
giusquiamo e cerume di asino339. È interessante che questi ultimi due
ingredienti si trovano nel contracettivo “unico al mondo” del PGM XXXVI 321-
334340, cosa che ci illustra la variabilità degli usi degli ingredienti nella
farmacopea magica e nella medicina dell’epoca.
Di tono erotico, ma anche di dubbia efficacia sono l’uso di una zecca tolta da
un cane morto per ottenere un amante ai bagni pubblici, l’uso come afrodisiaco
del succo di “carota mortale”, una radice del genere thapsia molto tossica, e
prendere semi di sedano e rucola per migliorare la performance sessuale. In
ogni caso, troviamo di nuovo ricette da ungere e ricette da bere, come nelle
ricette pseudo-democritee. Finalmente, troviamo due ricette che uniscono
questo testo a quello pseudo-democriteo, perché sono scherzi simposiaci: una
cha cambia il sapore del vino con pietre bollenti, e altra che causerebbe una
rissa nel banchetto, lanciando una pietra morsa da un cane.

7.2 Procedure terapeutiche, protettive e portafortuna. Amuleti, incantamenti e


“droghe”.

I Papiri Magici e i Cesti danno un lungo campione di procedure di supposto potere


terapeutico e protettivo. Si basano su diversi elementi, che possono essere o no combinati

339 Cesti VII, II, 1.


340 Che commenteremo più avanti
118
tra di loro: il potere della parola più o meno segreta, atti rituali e movimenti corporali, le
proprietà terapeutiche di ingredienti animali, vegetali o minerali, siano queste supposte o
vere, e sulla logica simpatetica degli ingredienti, sia pensata per attrarre poteri
sovrannaturali o pensata come un misterioso meccanismo di influenza “naturale” tra i
componenti.

Possiamo introdurre questa sezione con la continuazione dei Δημοκρίτου παίγνια, che
include un gruppo di incantamenti, amuleti e ricette farmacologiche contro una varietà di
mali e che ci illustra un po’ il tipo di procedure che analizzeremo nei seguenti capitoli.

Para conseguir suerte y victoria: toma un lagarto que se alimenta


de linfa, encontrado en los sepulcros; coge su pata derecha, córtasela
con una caña y déjalo huir vivo a su lugar de costumbre y,
guardando la garra del animal, llévala en la parte interior de tu ropa.
Fórmula amorosa que encadena a alguien eternamente: tritura y
mezcla hiel de jabalí, sal de amoníaco y miel ática y unge con ello tu
bellota. Contra la picadura de un escorpión: escribe en un papiro
limpio los signos mágicos, ponlo sobre el lugar de la herida, ata el
papiro por encima y desaparecerá el mal inmediatamente. Éstos son
los signos (signos). Los signos son 11. Contra el flujo de los ojos.
Escribe en un papiro y cuélgatelo: rhourarbisarourbbariaspliren.
Contra la jaqueca. Toma en tus manos aceite de oliva y di la fórmula:
«Zeus sembró una piedra de uva: rompe la tierra. No siembra: no
brota. Otra fórmula. En un pergamino escarlata escribe lo siguiente:
«Abrasax (signo), y lo que deseas. Humedécelo y póntelo en las
sienes. Contra la tos. En una piel de hiena escribe con tinta: ethapsate
sthraito (como encontré en otro lugar: teuthraio thraiteu thraito
thabarbaori [signo] likralirsta). Aparta a fulano de la tos que lo
domina. Otra fórmula. En piel de hiena escribe estos signos: (signos).
Póntelo al cuello y que se lleve siempre seco. Contra el
endurecimiento del pecho. Toma una cinta de lino y escribe en ella
con tinta: (signos).
Χαριστήσιον καὶ νικητικόν· λαβὼν καλαβοῦτιν ἰχωροφαγόντα, ἐν
τοῖς μνημεὶοις εὑρισκὸμενον, ἄρας αὐτοῦ τὴν δεχιὰν ἐν καλὰμῳ
κὸψας ἔασον αὐτὸν εἰς τὸν ἴδιον τὸπον αὐτοῦ ἀπελθεῖν ζῶντα καὶ
ἀσφαλίσας τὴν χεῖραν τοῦ ζῳου φόρει εῖς τὸ ὐποκάλυμμα τῶν
ἰματίων σου.
θ[ιλ]τοκατάδεσμος αἰώνιος· χολῆς κάπρου, ἁλός ἁμμωνιακοῦ,
μέλιτος Ἀττικοῦ ὁμοῦ τρίψον καὶ ἐπίδησον τὸν χάρτην, καὶ ἔσται
ἄπονος πάραυτα. ἔστι δὲ οἱ χαρακτῆρες· (segni) ψίνονται
χαρακτῆρες ια'
Πρὸς Ρεῦμα ὀφθαλμῶν· ἐπίγραφε εἰς χάρτην καὶ περίαπτε·
ῤουραρβυσαρουρββαριασφην

119
Πρὸς ἡμικράνιον· λαβὼν ἔλαιον εἰς τὰς χεῖράς σου εἰπε λόγον· ὁ
Ζεῦς ἔσπειρεν λθον ῤαγός. σχίζει τὴν γῆν. οὐ σπείρει οὐκ
ἀναβαίνει
Ἄλλο εἰς δέρμα κόκκιον ἐπίγραφων τάδε· Ἀβραξάς καὶ τὰ κοινά
ἐμπλάσας ἐπίθες τῷ κροτ[α]φῳ
Πρὸς βῆκα· ἐπὶ δὲρμα ὐαινης ἐπίγραψον μέλανι· σθαψατε
ζθραιτω (ὡσ εὖρον ἐν ἄλλοῳ · τε[υ]θραιω θραιτευ θαβαρβαωρι
λικραλιρητα) [ἀπά]λλαζον τὸν δεῖνα ἀπὸ τῆς συνεχούσης αὐτὸν
Βηκός.
Ἄλλο εἰς δέρμα ὑαίνης ἐπίγραφων τοὺς χαρακτῆρες· περίαψον
εἰκ τὸν τράχηλον καὶ ἄβροχον πορείτω
Πρὸς μασθῶν σκληρία· λαβὼν βὺσσινον ῤάχος ἐπίγραψον
μέλανι.341

Per avere fortuna e vittoria (Χαριστήσιον καὶ νικητικόν), si prende una lucertola
alla quale si taglia la gamba destra e dopo va lasciata in libertà, mentre la gamba va usata
come amuleto. La scelta di un determinato lato dell’animale, il tagliare la parte che
interessa mentre sia ancora vivo e dopo lasciarlo in libertà, sono pratiche che troviamo sia
in altre procedure magiche dei PGM, come nei vari amuleti suggeriti dall’Africano, come
vedremo nel capitolo seguente.
Per legare amorosamente (θ[ιλ]τοκατάδεσμος αἰώνιος) a qualcuno dopo l’atto
sessuale, si unge il membro maschile con fiele di cinghiale (χολῆς κάπρου), ammoniaca e
miele. L’interessante di questa procedura, è che a differenza delle altre due tramandate nei
PGM e che abbiamo commentato nel capitolo anteriore, questa non migliora la
performance sessuale, ma permette di incatenare la persona. Questo ruolo normalmente è
coperto nei PGM con delle maledizioni che invocano demoni e divinità come Eros e
Afrodite, non con una miscela di sostanze animali e vegetali. Si direbbe che la logica
simpatetica naturale tipica dell’Africano e dello pseudo-Democrito va portata alla sfera
degli incantamenti amorosi di alto livello.
Le ricette contro il morso dello scorpione sono abbastanza comuni, e le troviamo sia
nei PGM che nei Cesti342. In questo caso, seguendo una lgocia simile ad altre procedure, si
utilizzano undici segni magici, i charakteres, fatti di linee e piccoli cerchi, abbastanza
difficili da descrivere. Uno ricorda un omega, l’altro un asterisco. Questo va scritto su un
papiro e dopo appeso nella ferita, cioè è un rimedio curativo, mentre in altri casi troviamo
amuleti che prevengono la puntura dello scorpione.
Le seguenti procedure, che servono contro la tosse, il mal di testa, problemi oculari
e respiratori, seguono la stessa logica di quella contro gli scorpioni: uso di charakteres e
voces magicae che invocano divinità come Abrasax o usano nomi intelligibili. È variabile il
materiale scelto per l’amuleto: papiro, pelle di asino, cinta di lino, pelle di iena, ma tutti
questi materiali non ci si discostano dalla materia magica usata nei PGM. Più interessante

341 PGM VII, 195-215 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp.206-207.
Testo graco preso da Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, P 9.
342 Più avanti le commenteremo

120
è l’incantesimo contro il male di testa che si recita con le mani con olio, perché è basato
soltanto su una historiola di Zeus e senza utilizzare voces magicae. Si dice che Zeus semina
una pietra di uva che distrugge la terra, ma che non germoglia (ὁ Ζεῦς ἔσπειρεν λθον
ῤαγός. σχίζει τὴν γῆν. οὐ σπείρει οὐκ ἀναβαίνει). Si può ipotizzare che il testo intende
che come in questa storiella, il male di testa non può prosperare anche se ha fatto del
danno. Questa logica coincide con la struttura dei due incantamenti attribuiti alle streghe
Filinna e Sira in PGM XX, che, come vedremo, seguono una logica magica diversa a quella
della maggioranza delle procedure, perché molto più antichi.

7.2.1 Procedure per avere fortuna e vittoria

Come abbiamo visto, l’Africano suggerisce di utilizzare elementi presi da un gallo


vittorioso per favorire il valore e la resistenza fisica dei soldati e atleti. Le procedure
avvengono così:

“Tutti coloro che sono esperti di questa materia elogiano le pietre che
si trovano nello stomaco dei galli di razza, perché lo considerano un
aiuto al valore e alla vittoria. Portate, infatti, abitualmente in piccoli
sacchi o messe sotto la lingua, esse mantengono-dicono- saldi e
resistenti alla fatica e alla sete i soldati gli atleti e i gladiatori. Ma
sull’aspetto e il colore delle pietre le opinioni sono diverse: alcuni
ritengono che esse siano simili al cristallo e ruvide, altri pensano che
siano nere; e costoro hanno ragione. Si trovano anche nel gallo
vittorioso nel combattimento, dopo essere stato immolato, (…)
Poiché dunque questa pietra, portata o in bocca, o introno al braccio,
può cadere o essere sottratta dagli avversari, bisogna utilizzare un
avvolgimento invisibile e di grande resistenza.
Un gallo vittorioso, preparato secondo la ricetta consueta, sia
mangiato intero dal lottatore, in modo da scorticare le carni e tutte,
ma lasciando intatte e non spezzate le ossa che, dopo il pasto,
dovranno essere bruciate (…)
Τοὺς δὲ εὑρισκομένους ἐν ταῖς γαστράσι τῶν γενναίων
ἀλεκτρυόνων λίθους ἐπαινοῦσι μὲν ἅπαντες οἰ περὶ ταῦτα δεινοί,
ὡς ἀρετῆς τε καὶ νὶκης συνεργούς· φορουμένους γὰρ ἤτοι ἐν
σκυτίσιν, ἢ ὑπὸ τῇ γλώττῃ φερομένους, εὐποστάτους καὶ διαρκεῖς
καὶ ἀδίψους φυλάττειν στρατιώτας καὶ μονομάχους. Ἄλλοι δὲ
ἄλλο εἶδος καὶ κρόαν αὐτῶν διηγοῦνται, οἵ μὲν κρυσταλλοειδεῖς
καὶ τραχεῖς, οἳ δὲ μέλανας, οἱ ἀληθεύοντες· εὑρίσκεσθαι δὲ ἐν
κατατυθέντι τῷ νικήσαντι (...) Ἐπεὶ οὖν, ἤτοι ὑπὸ στόματι ἢ περὶ
βραχίονι φορούμενος, ὁ λίθος ἢ ἐκπίπτει ἢ ὑπ' ἀνταγωνιστοῦ
περιτέμνεται, ἀνυπόπτῳ καὶ πολλῆς δυνάμεως χρηστέον
περιβολῇ.

121
Ἀλεκτευὼν ὁ νικήσας, ὥσπερ ἔθος σκευασθείς, ἐσθίεσθω πᾶς ὑπὸ
τοῦ αγωνιῶντος, ὡς περιπλέπεσθαι τὰς σάρκας καὶ πάσας,
ὁλόκληρα δὲ φυλαχθῆναι ἄσθραυστα τὰ ὀστέα· εἶτα μετὰ τὴν
τράπεζαν καθαριζέσθω τυρί.(…)343
L’Africano utilizza come riferimento di autorità a “tutti quelli esperti o abili nella
materia (ἅπαντες οἰ περὶ ταῦτα δεινοί)”, ma dopo la proceura fa ricorso i suoi cari esempi
storici, dicendo che entrambe procedure furono utilizzate da Temistocle e che dopo la
vittoria furono stabiliti i combattimenti di galli in Atene. Queste pietre sono commentate
da Plinio il vecchio e attribuite a un famoso atleta antico, Milone di Crotone, atleta del VI
a.C.344 ed Eliano anche riporta una leggenda che collega Temistocle ai combattimenti di
galli345. Anche l’Africano considera che solo le pietre nere sono quelli efficaci. In ogni caso,
le procedure sono due. Una, portare le pietre del gallo attorno al braccio, sotto la lingua o
come interpreta Thee, il suggerimento di usare uno “avvoligmento invisibile, insospettato
e di grande resistenza (ἀνυπόπτῳ καὶ πολλῆς δυνάμεως χρηστέον περιβολῇ)”
significherebbe inghiottere la pietra per evitare perderla346. È interessante che si nomini che
la pietra va raccolta dopo che il gallo fosse stato immolato (κατατυθέντι), fatto che ricorda
rituali religiosi347 e che troviamo in diversi rituali dei PGM348. L’altra procedura consiste in
cucinare il gallo “secondo la ricetta consueta (ὥσπερ ἔθος σκευασθείς)”, cosa che
ignoriamo cosa indica, ma ci rimanda agli usi tradizionali, e dopo mangiare la carne senza
danneggiare le ossa per dopo bruciarle.
Come contrasto, possiamo guardare alcuni amuleti portafortuna e per vincere
suggeriti dai papiri magici. In PGM CXXIII, un gruppo di procedure variegate che
utilizzano amuleti con figure, charakteres, voces magicae, statuette e invocazioni, nella
riga 70 troviamo questo amuleto: “For a victory: [Wear] a tooth of a hyena, from the right
side of the jaw. . . one of the upper ones”349. Nuovamente, appendere un materiale magico
derivato da un animale, da portare con sé. Si dà importanza alla posizione del dente nella
bocca dell’animale: il dente deve essere destro e della mandibola superiore. L’Africano, nei
suoi suggerimenti per aumentare la velocità dei cavalli che già abbiamo commentato, pone
attenzione alla posizione anche, ma per la collocazione dell’amuleto. Piè ampi e complessi,
ma non troppo elaborati, sono gli amuleti proposti in PGM VII, 215-231

343 Cesti VII, 3 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, Pp. 146-149.
344 Idem, Pp. 342.
345 Idem, Pp. 343.

346 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 243.

347 Sestili ricorda immolazioni ad Asclepio, seguendo Vieillefond. Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano

Pp. 342
348 PGM III, 694, sacrificio a Elios, PGM II, 74, sacrificio in pratica Apolinea per Apollo ed Ecate, PGM IV, 35 sacrificio

solare per ottenere demone profetico, PGM IV 2190, consacrazione di lamella con versi omerici, PGM IV 2370, sacrificio a
Ermes per porsperità, PGM XII, 31 sacrificio in rituale di sottomissione di uomini e donne, PGM XII, 213 e 312, per
consacrare un anello portafortuna, PGM XIII, vari sacrifici di galli nella consacrazione del mago secondo la Monade di
Mosè.
349 Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P.319.

122
“Tablilla de Afrodita para conseguir amor, favor, éxito y
amigos. Toma una hoja de cinc, ráyala con un estilete de bronce y
llévala con pureza: Damnaméneo, akrammachamarei.
Amuleto contra la fiebre diurna con escalofríos. Escribe sobre
un papiro limpio y cuélgatelo:
Iao Sabaot Adonáis akrammachammarei (kathyphairon)
ao Sabaot Adonáis akrammachammarei
o Sabaot Adonhis akrammachammarei
Abrasax.
Ἀφροδίτης στήλη, πρός φιλίαν καὶ χάριν καὶ πρᾶξειν καὶ
φίλους· λαβὼν πέταλον κασσιτερινὸν χ[ά]ραξον χαλκῷ
γραφ[είω] κ[αὶ] φορυμένη καθαρῶς [ἔστω] Δαμναμενεῦς
ἀκραμμαχαμαρει
Φυλακτήριον πρὸς ῤιγοπυρετιον καθημερινὸν, γράψον εἰς
χάρτην καθαρὸν καὶ περὶαψον
Ἰάω Σαβαὼθ Ἀδωναὶ ἀκραμμαχαμαρει (καθυθαιρῶν)
άω [Σαβαὼθ Ἀδωναὶ ἀκραμμαχαμαρει]
ω [Σαβαὼθ Ἀδωναὶ ἀκραμμαχαμαρει]
Ἀβρασάξ350

Una tavoletta di zinco dove vanno iscritte con uno stilo bronzeo alcune voces
magicae, che si porta con sé per avere amore, successo e amici. L’altro è un papiro contro la
febbre, dove si scrivono i nomi della divinità suprema sincretica Abrasax-Iao-Sabaot-
Adonais, con il ben conosciuto akrammachamarei che si trova in molti amuleti e invocazioni
magiche. Si applica la tecnica di ridurre la lunghezza della frase, per dare un’impostazione
triangolare al testo, ma la tecnica fu applicatasoltanto nel nome Iao, ridotto a o351.
In PGM XXXVI, 165-175, databile nel IV sec. d.C., troviamo una procedura per
vincere in altro contesto agonistico: nei tribunali ed è basata in invocazioni:

“Junta tus pulgares y pronuncia la fórmula siete veces: Ermalot,


Arquimalot, haced callar las bocas que hablan contra mí, porque yo
bendigo vuestros sagrados y gloriosos nombres que están en el cielo.
Para reforzar las palabras toma un papiro y escribe lo siguiente: «Yo
soy Cfiris, es preciso que tenga suerte. Miguel, Rafael, Rubel, Nariel,
Catiel, Rumbutiel, Azariel, Yoal, Yuel, Ezriel, Suriel, Nariel,
Metmuriel, Azael, hiel, Saumiel, Rubutiel, Rabieel, Rabclu; Enaezrael,
ángeles, guardadme de toda acción que venga contra mí.
Θυμοκάτοχον καὶ νικητικόν, οὖ νῖζον οὐδέν, λεγόμενον διὰ
λόγων. κρατῶν σου τοὺς ἀντὶχιρας λέγε τὸν λὸγον ζ' Ἑρμαλλωθ,

350 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. P. 207. Testo graco preso da Karl
Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, P. 168.
350 Più avanti le commenteremo

351 Su questo tipo di amuleti salutari torneremo più avanti.

123
Ἀρχιμαλλωθ, φιμώσατε τὰ στόματα τὰ κατ'ἐμοῦ ὅτι δοξάζω ὑμῶν
τὰ ἅγια καὶ ἔνδοξα ὀνόματα τὰ ἐν τῷ οὐρανῷ πρὸς ἐπὶδοσιν
λόγων ἄρας ἴναν γράψον οὕτως ἐγώ εἰμι χρυσις, ἐπιτιχῖν με δεῖ,
Μιχαήλ, Ῥαθαήλ, Ῥουβήλ, Ναριήλ, Καττιήλ, Ῥουμβουθιήλ,
Αζαριήλ, Ἰωήλ, Ἐζριήλ, Σουριήλ, Ναριήλ, Μετμουριήλ, Ἀζοήλ,
Ἀζιηλ, Σαουμιήλ, Ῥουβουθιήλ, Ῥαβιηήλ,[Ῥαβιηήλ], Ῥάβχλου,
Ἐναεζραήλ , ἄγγελοι, φυλάξατε με ἀπό παντός πράγματος
ἐπερχομένου μου” 352

Questa è tutt’altra strategia per vincere. Come ben dice il titolo, si utilizzano “soltanto
invocazioni” (λεγομενον διὰ λόγων, Betz353 traduce “parole”) Si uniscono i pollici e si
invocano sette volte due nomi angelici per far tacere chi parla contro il mago. Si può anche
fare un’invocazione angelica su papiro, con un lungo elenco di nomi che chiede protezione
a queste entità.
Altro amuleto portafortuna da contrastare è quello trovato in PGM IV, 2145-2240.
Consiste in tre righe di Omero, in particolare dell’Iliade XI, che serve a tutto: aiuta a
fuggire, protegge contro demoni, veleni e bestie, porta la vittoria in gare atletiche, corse di
carri, nei tribunali, e nei combattimenti di gladiatori, fa parlare moribondi e condannati a
morte, da fama e credibilità dinanzi i potenti, fa il portatore invulnerabile, felice, amato e
fortunato. Per ottenere questi vantaggi non basta incidere i versi omerici nella lamella, si
realizza un complesso rituale che implica l’invocazione di un demone non ben identificato,
la consacrazione della lamella attraversi un sacrificio e libagioni, e un’invocazione a un dio
supremo con voces magicae. Anche serve a ricevere oracoli, distruggere carri e produrre
filtri amorosi, se si fanno gli appositi rituali complementari.
Come si vede, i PGM suggeriscono amuleti portafortuna e successo variegate, che
includono il portare un dente di iena, non molto lontano ai suggerimenti dell’Africano
rispetto alle pietre di gallo, appendersi lamelle o papiri con voces magicae, invocare angeli
per chiedere protezione e finalmente iscrivere una tavoletta con versi omerici e
consacrarla, invocando demoni e divinità, creando un oggetto magico tale di poter
realizzare diverse procedure magiche malefiche e oracolari, oltre proteggere e dare fortuna
al portatore.

7.2.2 Procedure terapeutiche di fertilità.

Già abbiamo visto come Psello acidamente criticava l’Africano per le sue procedure
riproduttive e sessuali, che includono influire nel sesso dei bambini, ungendo il membro
maschile con sangue di lepre o grasso di oca, favorire artificialmente la produzione di latte
materna, una ricetta di contraccettivo, altra per facilitare la procreazione, o rendere
vergine una donna nuovamente. Sebbene buona parte di queste procedure non le
abbiamo, qualche frammento dei Cesti può essere messo in collegamento con questa

352 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. P.352. Testo Greco preso da Karl Preisendanz, Papyri
Graecae Magicae II, P.
353 Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, P. 273

124
descrizione. Quello più evidente è uno dei passi derivati dal Corpus Hippiatricum
Graecorum, che ci suggerisce354:

“La pietra galattite, appesa come amuleto alle mammelle


dell’animale, provoca un’abbondante secrezione di latte; ma per
ottener una quantità di latte ancora maggiore, polverizza questa
pietra galattite e somministrala insieme a vino e acqua”.
Λίθος ὁ γαλακτίτης τοῦ ζῴου περιαπτόμενος τοῖς μαστοῖς πολύ τι
χρῆμα τοῦ γάλακτος κατασπᾷ. Ἵνα δὲ καὶ πλείονος εὐπορήσῃ
γάλακτος, αὐτὸν τὸν γαλακτίτην λίθον λελειωμένον ἐγχυμάτιζε
μετὰ οἵνου καὶ ὕδατος

La galattite, un minerale bianco che combina ossido di alluminio e soda, ha il


collegamento con il latte nel suo nome, e sembra che questo derivi dal suo colore bianco e
che mescolata con acqua, la rende simile al latte. La logica simpatetica risulta evidente355 .
Non esattamente uguale a quello detto da Psello, ma con lo stesso argomento,
troviamo diverse procedure per influire sulla fecondità e il sesso degli animali quando
sono concepiti:

“Se vuoi che nasca un maschio, devi fare in modo che i cavalli siano
rivolti verso l’oriente, affinché guardino il sole durante
l’accoppiamento; i tramonti, infatti, generano le femmine, come ha
spiegato l’allevatore Marusio. E infatti, come tutti sanno, è dato per
certo che i cavalli aggiogati dal Sole sono stalloni e che da questi è
trasportata la sua fiamma, mentre, al contrario, dicono che le cavalle
conducono la notte; ed è vero: il Sole genera i maschi e la Luna è la
madre degli esseri che hanno il suo stesso sesso”.356
Ἄν μὲν οὖν ἄρρεν τεχθῆναι θέλῃς πρός τὴν ἀνατολὴν τοὺς
ἵππους τρέτε ἵνα μιγνύμενοι βλέπωσι τὸν ἥλιον· αἵ δυσμαὶ γὰρ
τίκτουσι τὰ θήλεα, ὡς Μαυρούσιος
ὁ ἱπποθορβός διηγήσατο. Καὶ γάρ, ὡς ὁ πάντων λόγος, τούς
ἄρρενας ἵππους τῷ Ἡλίῳ ζεύγνυσθαι καὶ τούτοις ἄγεσθαι τὴν
φλόγα πεπίστευται, τὰς δὲ θηλείας τὴν Νύκτα ἄγειν φασί. Καὶ
δικαίως μέν· ἀρρενοποιὸς μὲν ὁ Ἥλιος, ὁμωνύμον δὲ φύσεως ἡ
Σελήνη τυγχάνει μήτηρ.

L’Africano nomina a un tale Marusio come fonte, ma non sappiamo niente di


questo personaggio. La procedura si basa in un ragionamento di influenza astrologica e
mitologica. Il sole sarebbe trainato da cavalli maschi, mentre la luna da cavalle, e come il
sole è maschio, genera maschi, e la luna femmina, genera femmine. Da questo deriva

354 Cesti VII, III, 7


355 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 470.
356 Cesti VII, III, 6

125
l’allineamento della coppia verso l’oriente. Sestili nota che, invece, Plinio ed Eliano
tramandano l’idea dell’allineamento degli equini e le pecore in senso nord-sud357, mentre
Thee358 propone che l’Africano, o ben parodia la procedura normale o invece, cerca di
creare un sistema più articolato con le simpatie astrologiche alla base. I PGM non
tramandano niente di simile, soltanto in una procedura a Selene si compara il carro della
dea con quello di Elios359
Più avanti, l’Africano suggerisce un amuleto per favorire la fecondazione e l’uso di
erbe per determinare il sesso dell’animale concepito:

“La poligonia è una pianta che abbonda ovunque: è detta anche


l’efficace; essa, appesa alla placenta, profumata di mirra e
opportunamente pulita, di una cagna, e fatta portare come amuleto
dall’animale, provoca la fecondazione. Affinchè l’animale concepisca,
a tua scelta, un mascio o una femmina, sono disponibili la mercorella
e la verbena, che sembrano essere piante maschili e femminili,
maschili quelle che crescono verticalmente, femminili quelle che,
invece, si stendono: falle portare insieme al rimedio precedente,
scegliendo una pianta maschile, se vuoi che nasca un maschio, una
femminile, se desideri una femmina.”
Πολύγονόν ἐστι πόα πολλή πανταχοῦ ὅπερ λέγεται καὶ δρῶσα·
ἥτις ἐνδεθεῖσα χορίῳ κυνὸς ἐσμυρνισμένῳ καὶ ὠς χρὴ
κεκαθαρμένῳ καὶ περιαφθεῖσα αἰτία κυήσεως γὶνεται. Ἵνα δὲ ὅ
θέλεις συλλάβῃ τὸ ζῷον, εἴτε ἄρρεν εἴτε θῆλυ, λυνόζωστις καὶ
περιστερεὼν βοτάναι ἄρρευες εἷναι δοκοῦσι καὶ θὴλειαι, ἄρρευες
μὲν αἱ ὄρθιαι αἰ ἡπλωμένιαι δὲ τοὐναντίον. Ταύτασ σὺν τοῖς
προτέροις φορεῖν ποίει, ἂν μὲν βούλῃ ἄρρεν τεκεῖν, ἄρρενα, ἄν δὲ
θῆλυ, θήλειαν.

La poligonia è una pianta caratterizzata per la sua abbondanza, ci dice l’Africano, e


porta nuovamente nel suo nome questa qualità. Secondo Sestili360, è nominata da Celso e
Plinio come calmante e astringente, mentre la Geoponica dice che i montoni che la
mangiano sono spinti ad accoppiarsi. Così, questa erba unita alla mirra, che ha anche
proprietà afrodisiache, e alla placenta di una cagna, cioè l’involucro che permette che la
vita sia generata, crea un amuleto simpatetico per favorire la fertilizzazione. Nei PGM, la
placenta di una cagna viene utilizzata in una procedura di incantesimo amoroso che
utilizza un medium e invoca un demone361. Questa procedura si realizza su una fonte dove
va sciolta la placenta della cagna, che deve aver partorito un cane bianco per essere utile.
Come vediamo, la procedura ha un contesto rituale totalmente diverso. L’Africano oltre
l’amuleto di fecondazione, aggiunge due piante considerate sessuate, identificando quelle

357 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 464.
358 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 293-294.
359 PGM IV, 2790

360 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 466-467

361 PGM LXII, 45

126
maschili e femminili per la sua forma di crescita, e grazia alla sua presenza, influire nel
sesso dei puledri, continuando con le procedure simpatetiche. L’identificazione della
prima erba (λινὸζωστις) con la mercorella non è del tutto sicura362, ma la pianta, anche
chiamata mercurialis, compare con sesso femminile e maschile in Dioscoride, dove viene
indicata per determinare il sesso dei figli, e anche è nominata da Plinio il vecchio. La
poligonia in Dioscoride anche ha varietà femminile e maschile. La Verbena ( ), molto ben
conosciuta nella botanica antica, porta con sé un carico religioso importante, perché veniva
usata nelle cerimonie di purificazione. In PGM IV 800 la verbena maschile è usata come
paragone per descrivere una pianta egiziana, la kentritis, ma non ha uso rituale.
Più avanti, l’Africano ci dà un rimedio per prevenire gli aborti:

“Quando catturano il pesce remora, i marinai lo conservano


nell’acqua salata, utilizzandolo come rimedio particolarmente
efficace per impedire l’aborto e favorire il concepimento. L’animale,
al quale si somministra questo pesce macerato nel liquido, custodisce
vivo il feto che porta nel ventre. Se poi si potesse avvicinare questo
pesce ancora vivo al fianco della giumenta, mentre lo stallone lo
monta, essa concepirà sia allora sia in futuro, e non sarà mai più
vittima dell’incidente di cui si è parlato
Τὴν ἐχενηῖδα τὸν ἰχθὺν λαμβάνοτες ναῦται ταριχεύουσιν εἴς τε
τὸ μὴ ἐξαμβλίσκειν καὶ εἰς σύλληψιν ὠς ἐρρωμενεστέρῳ
φαρμάκῳ χρώμενοι. Ἐξ ἥς λειουμένης τὸ ζῷον ἐγχιματιζόμενον
τὸ ἔν τῇ γαστρὶ σῶον διατηρεῖ. Εἰ δὲ ζῶσαν προσενέγκοι τις τῇ
νηδύι τῆς ἱππάδος , ὅτε ταύτῃ ὁ ἵππος συνέρχεται, καὶ τότε καὶ εἰς
τὸ λοιπὸν συλλήψεται καὶ οὐδέποτε πείσεται τὸν προειρημένον
ὄλισθον. ”

L’uso del pesce remora per la prevenzione degli aborti è attribuito ai marinai,
indicando la raccolta di una tradizione popolare. Le remore, che hanno nella sua testa un
organo adesivo che li permette di essere trasportate da altri pesci e dalle barche, in greco si
chiama () letteralmente “che trattiene la navi”363 e questa descrizione si trova in autori
come Ovidio e Lucano, oltre che in Plinio il vecchio ed Eliano, che dicono che è efficace in
prevenire aborti umani, e che conservato in sale e usato come amuleto è utile per
agevolare il parto. L’Africano propone usarla dandola alla giumenta macerata o meglio
ancora, avvicinando il pesce vivo al momento del concepimento, affinchè il puledro venga
trattenuto nell’utero il tempo giusto. Troviamo di nuovo una logica simpatetica, collegata
al nome e caratteristiche del pesce, ma anche l’uso del contagio per trasmettere le
proprietà del pesce remora ai cavalli. Psello attribuisce all’Africano l’uso di una pietra di
Gage, una lignite () messa nella mano sinistra della paziente per aiutare i parti difficili.
Nei PGM, invece troviamo alcuni esempi di contraccettivi, che come ci aveva
indicato Psello, erano anche trattati dall’Africano, utilizzando un cervello di rana avvolto

362 Idem, 467-469.


363 Idem, 470-471.
127
in un panno di lino a questo scopo. In PGM XXXVI 321-334 si trova un “incantesimo
contro la concezione, l’unico nel mondo”:

Toma garbanzos, el número que quieras según los años que hayas
determinado permanecer sin concebir; mójalos en el flujo menstrual
de una mujer que esté menstruando, deben mojarse en su sexo
mismo; toma una rana viva y echa en su boca los garbanzos para que
se los trague, y deja libre a la rana viva allí donde la cogiste; toma
semilla de beleño y mójala en leche de yegua; toma moco de buey y
échalo con cebada en una piel de ciervo; átalo por fuera con piel de
asno y cuélgalo, cuando la luna menguante se encuentre en un signo
zodiacal femenino, en un día de Cronos o de Hermes. Y con los
granos de cebada echa también inmundicias de la oreja de una mula.
Ἀσύνλημπτον, τὸ μόνον ἐν κόσμῳ. Λαβὼν ὀρόβους, ὅσους ἐὰν
θέλῃς πρὸς τὰ βοὺλει ἔτη, ἵνα μίνῃς ἀσύνλημπτος, βρέξον αὐτὰ
εἰς τὰ καταμήνια τῆς γυναικὸς οὕσης ἐν ἀφέφρῳ βρεζάτω αὐτὰ
εἰς τὴν φὺσιν ἑαυτῆς. Καὶ λαβὼν βάτραχον ζῶντα βάλε εἰς τὸ
στόμα αὐτοῦ τοὺς ὀρόβους , ἵνα καταπίῃ αὐτούς, καὶ ἀπόλυσον
τὸν βάτραχον ζῶντα, ὅθεν αὐτὸν ἔλαβας. Καὶ λαβὼν σπὲρμα
υὀσκυόμοι βρέξον αὐτὸ γάλακτος ἱππίου, καὶ λαβὼν ἀπομύξες
ἀπὸ βο[ὸς] μ[ε]τὰ κριθῶν βάλε εἰς δέρμα ἐλάφιον καὶ ἔξωθεν
δῆσον δέρματι βούρδωμος καὶ περίαψον ἀποκρουστικῆς ὄυσης
τὴς σελὴνης ἐν θηλυκῷ ζωδίῳ ἐν ἡμέρᾳ κρόνου ἡ Ἑρμοῦ. Μῖξον
δὲ καὶ ταῖς κριθαῖς καὶ ῥύπον ἀπὸ ὠτίον μούλας.

La procedura è abbastanza particolare e con molti ingredienti che non coincidono


con quello che abbiamo trovato nell’Africano, con eccezione dell’uso della rana, ma in
modi totalmente diversi. La logica, invece è molto vicina, perché si utilizzano ingredienti
simpatetici e simbolici, collegabili alla fertilità364. Si deve notare che sebbene non è
esplicito, la procedura ha una forte connotazione femminile negli ingredienti e momenti, e
sembra chiaro che sia applicata su una donna, non un uomo. Si devono sommergere nel
sesso di una donna mestruando tanti ceci come anni si desideri essere sterile. I ceci sono
dati a una rana, che deve mangiarli ed essere rilasciata dove fu catturata. La rana va
collegata dagli interpreti alla dea egiziana Heket365, dea della fertilità, assistente nel parto e
identificabile con l’utero 366. Dopo si prendono semi di giusquiamo, si bagnano in latte di
cavalla, a mio parere altro elemento collegato alla fertilità, e questo va messo in una pelle
di cervo con orzo e sporcizia di orecchio di mulo, tutto legato con pelle di asino e appeso
nella luna calante (momento di massima oscurità notturna, considerato del massimo di
potere della dea Ecate), in coincidenza con un segno zodiacale femminile e un giorno di

364 Su questo argomento e la procedura in particolare, si veda Jean-Jacques Aubert, Threatened Wombs: Aspects of Ancient
Uterine Magic, in Greek, Roman and Byzantine studies 30(3), 1989.
365 Idem.

366 Elisa Castel, Gran Diccionario de Mitologia Egipcia, Pp. 77-78, George Hart, The Routledge Dictionary of Egyptian Gods and

Goddesses, Routledge, New York, 2005, Pp. 67-68


128
Zeus o Ermes. Sebbene non trovo spiegazione per gli altri ingredienti vegetali, i riferimenti
astrologici sono chiari. La luna è collegata all’utero e alle mestruazioni, perché ha un ciclo
mensile367, e il collegamento con segni zodiacali femminili sembra ovvio.
Molto più brevi sono le procedure contracettive nominate in PGM LXIII,15:

Para no concebir: coge una haba con un insecto y cuélgatela.


Para no concebir: toma una haba perforada, átala con piel de mulo y
cuélgatela.
Ἀσύλλημπτον· ἄρας κύαμον ἔχ[ο]ντα θηράφιον περίαπτε.
Ἀσύλλημπτον· Λαβών κύαμ[ο]ν τετρη[μ]ένον ἔνδησον εἰς
δ[έρ]μα ἡμιόνου καὶ περίαπτε.

Troviamo alcuni elementi comuni con la procedura anteriore: si prende un seme, in questo
caso la fava, e anche compare la pelle di mulo come legatura dell’amuleto. Non è chiaro
comunque perché ci deva essere un insetto nella prima procedura, ma è chiaro che chi
suggerisce questo mezzo, pensa alle capacità simpatetiche di questo amuleto, capace du
attuare senza mediazione divina, come succede usualmente nelle procedure suggerite
dall’Africano.

7.2.3. Procedure terapeutiche di guarigione e prevenzione della malattia e il male

Un ultimo gruppo di procedure da commentare è quello che permette prevenire o


guarire malattie. I Cesti sono pieni di medicinali, e riprende molto della farmacopea
standard del suo tempo, ma abbiamo scelto per questa sezione quelle procedure che sono
più liminali e possono essere contrastate con i PGM con più facilità.
Una prima procedura è un amuleto per prevenire che i cavalli si ammalino, che
troviamo in Cesti VII, II, 10 “I cavalli non si ammaleranno, se si prende un pezzetto di
corno di cervo e lo si appende, come un ciondolo, a loro collo, Οὐ μὴ νογήσουσιν οἱ
ἵπποι, εἴ τις, ἐξ ἐλάφου κέρως λαβὼν ὀλίγου καὶ ποιήσας αὐτὸ ὠς κόσμον τῷ τραχήλῳ
περιάψει.”. Sestili nota che procedure simili sono attribuite a Apsirto nella Geoponica e nel
Corpus Hippiatricum Graecorum. Il cervo è utilizzato in queste enciclopedie veterinarie in
preparati afrodisiaci, emostatici, e antidiarroici, mentre bruciare le sue corna è una
procedura apotropaica per le stalle. Plinio il vecchio dice che bruciare corna di cervo fa
fuggire i serpenti e riveli l’epilessia368.
Nel PGM VII, 370, troviamo una “formula apotropaica”:
“Contra todo animal de tierra y de agua y contra ladrones: ata una
borla a tu manto y di: «lóma zath Eón ach- thase ma. zal Balamaón
(vocales), guárdame a mí, fulano, en esta hora precisamente, ya, ya,
pronto, pronto.
Πρὸς πᾶν θηρίον και ἔνυδρον, καὶ λῃστάς· ἐξάψας κράσπεδον
τοῦ ἱματίου χου λέγε· λωμα ζαθ Αἱων αχθασε μα[ι]ζαλ

367 Jean-Jacques Aubert, Threatened Wombs: Aspects of Ancient Uterine Magic, Pp.446.
368 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 447.
129
βαλαμαων ηιεουμ φύλαξόν με,τὸν δεῖνα, ἐν [τ]ῇ ἄρτι ὥμᾳ ἤδη,
ταχὺ ταχύ”
Questa procedura indica, come l’Africano, di appendere qualcosa, in questo caso un
pompon invece di un pezzetto di corna di cervo, ma la vera protezione è basata nella
formula che si dice, con alcune poche voces magicae. Anche la sua protezione non è contro
la malattia, ma animali e ladri. Anche troviamo due amuleti protettivi generali, phylacteria,
con soltanto charakteres e voces magicae in PGM LX. Il PGM IV 2145-2240, cha abbiamo
commentato nella sezione di amuleti portafortuna, ha anche la funzione di protezione
contro le malattie.
Possiamo qualificare come droga protettiva una tecnica per farsi resistente al veleno
che troviamo in Cesti VII, II, 7, dove l’Africano suggerisce di prendere venti foglie di ruta,
due fichi secchi, due noci e un grano di sale. È interessante che l’Africano dica che questa
procedura è attestata nell’esperienza di molti, e che altri per precauzione raddoppiano la
ruta e aggiungono 20 grammi di pepe. Comunque, lui ha pensato a un preparato fatto nel
mortaio da prendere tutti i giorni che si può dare ad un esercito completo: fichi secchi
grassi, noci, ruta secca, pepe, terra di Lemno. Sestili nota che Eliano dice che la ruta è
velenosa per i serpenti e che le donnole la prendono per proteggersi, mentre che la terra di
Lemno è un antidoto ben conosciuto nell’antichità, descritto da Dioscoride e Plinio. La
stessa ricetta va utilizzata anche per proteggere i cavalli in Cesti VII, III, 23.
Un tipo particolare di procedura è quella per evitare le punture di scorpioni e le
morsicature, che troviamo tanto in Cesti come nei PGM. Alla fine di Cesti VII, III, 23
leggiamo: “Perché il cavallo non sia morso da uno scorpione, scrivi in una lamina di
stagno la parola abbas e legalo attorno al collo dell’animale (Εἰς δὲ τὸ μὴ δηχθῆναι ὑπὸ
σκορπίου εἰς κασσιτέρινον πέταλον ἐπίγραψον· "αββάς", καὶ περιδέσμει τοῦτο τῷ
τραχήλῳ τοῦ ζῴου)”. È uno degli amuleti africanei più vicini a quelli che troviamo nei
PGM, perché oltre l’uso della foglia di stagno (κασσιτέρινον πέταλον) che si appende
(περιδέσμει), ha una parola scritta, “abbas”, che potrebbe essere intesa come
un’invocazione o una vox magica . Si è proposto leggere la parola come un palindromo con
le prime due lettere dell’alfabeto, con un sigma aggiuntivo frutto di una corruzione
testuale, che una delle forme nelle quali si creano le veces magicae. Altra proposta è che
sarebbe la parola aramaico abba, che significa padre. Il frammento comunque, è di dubbia
attribuzione, ed è inusuale che un palestinese usi come vox magica una parola del
linguaggio religioso proprio del suo luogo di origine, quando normalmente si pensa i
maghi tendono a prendere parole e forme da lingue straniere per la costruzione di questi
vocaboli369.
Nei PGM troviamo alcuni amuleti contro i morsi di scorpioni, e come si vedrà, la
sua logica non è molto diversa a quella del frammento Africaneo, con la differenza che le
voces magicae sono presenti con chiarezza. Il primo di questi, PGM XXVIII, è un gruppo di
tre amuleti quasi identici del VI secolo d.C. che seguono la seguente forma: “Hor Hor phor
phor Sabaot, Sabaot, Adonáis, Salaman, Tarquei, Abrasax; yo te ato, escorpión de
Artemisia, trescientas quince veces. Ορ οπ φορ φορ Σαβ[α]ώθ, Ἀδωνέ, Σαλαμα, Ταρίχει,
Ἀβρασάξ· δέννω σέ, σκορπίε Ἀρτεμισίας τριακόσια δεκάπεν τε. Παχων πεντεκαι

Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 273-275.
369

130
δεκάτη”370 La protezione va data da una semplice striscia di papiro con delle voces magicae
e la descrizione dell’atto di legare trecento quindici volte lo scorpione, che è collegato ad
Artemide. Non molto diversi quelli trovati in PGM CXII e CXIII, databili attorno al V
secolo d.C, anche se molto più frammentari. Il primo dice: “ SAHAPSYRA IOEL SEBAON
SBAOTH." NAPSERNOUSOR [For] scopion [sting] ANAX IRE” Il secondo, con un
disegno di uno scorpione, “NCHIRAASARA . . . DA, drive out' . . . and scorpion . . .
XAXAP”371
L’Africano anche propone un curioso rimedio per guarire una morsicatura in Cesti
VII, III,30-33:
“Qualunque sia l’animale che ha morso, dopo avergli staccato
la testa, devi applicarla e legarla sulla morsicatura: guarirai senza che
si verifichi alcuna infiammazione; oppure applica sulla morsicatura
la cenere della testa bruciata dell’animale che ha morso
Θηρίον οὖν ὁποῖον < ἂν > δάκη, τούτου τὴν κεφαλήν
ἀνελὼν ἐπιτίθει τοῖς δήγμασι καὶ ἐπιδήσας ἄνευ φλεγμουνῆς
ὑγιάσεις. Ἢ καύσας τὴν πλήξασαν κεφαλήν τὴν σποδιὰν
ἐπιτίθει”372.

Si deve notare che questa procedura si trova dopo un lungo elenco di antidoti
vegetali, minerali e animali, ma in questo caso si propone una procedura antipatetica:
l’animale, e in particolare la parte del corpo che ha fatto il male, viene utilizzato per
guarire o rimediare il fatto. Non molto diverso ad usare il ferro che ha ferito per facilitare
la guarigione della ferita. In un contesto diverso, in Cesti VII, 12, l’Africano suggerisce
l’uso della testa di un cane:
“Ma anche la testa tagliata di un cane morto, già decomposto,
libererà di questa terribile malattia il cavallo che ne è affetto. Questo
sarà guarito, quasi come affumicato dalla continua emanazione del
fetore. Ἀλλὰ γὰρ καὶ νερκοῦ κυνὸς ἢδη σεσηπότος ἀποτμηθεῖσα
κεφαλὴ νοσοῦντι τῷ ἵππῳ τὸ δεινὸν ἐκεῖνο πάθος ὑπολύεται· ὃ δὲ
τῇ τῆς ὀδμῆς ἀποφορᾷ συνεχεῖ καπνιζόμενος ἰαθήσεται.”373
Di nuovo, questo sgradevole rimedio si trova in un lungo elenco di preparati
medicinali fatti principalmente con erbe, minerali e sostanze animali. Sestili374 ci informa
che il vocabolario utilizzato nel definire la malattia come “questa terribile malattia τὸ
δεινὸν ἐκεῖνο πάθος”, ricorda la terminologia Galenica, e indicherebbe qualche tipo di
malattia contagiosa o una pestilenza. Seguendo Vieillefond, Sestili ricorda che il
veterinario tardoantico Ierocle utilizza le ceneri di una testa di cane per guarire ferite,
mentre Thee375 sottolinea che il meccanismo di guarigione dietro la procedura è il fetore
(ὀσμή, nel testo nella forma attica declinata τῆς ὀδμῆς) della testa decomposta. Questa

370 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 337
371 Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, Pp. 313
372 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 250-251

373 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 168-169.

374 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 391.

375 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 237.

131
logica di odori che aiutano contro malattie è attestata altrove nell’Africano, anche se non di
maniera diretta: Come contromisura nel caso che l’aria avvelenata che lui ha prodotto
finisca arrivando ai propri soldati, si suggerisce accendere dei fuochi attorno al
campamento e collocare profumiere dentro il campamento, di maniera di contrastare l’aria
prodotta dalla procedura, che l’Africano considera appestata376. Psello anche ci informa
che l’Africano “Fa cessare anche una pestilenza sia con il succo di balsamo, sia
soffocandola con il cattivo odore proveniente delle concerie e diretto in senso opposto.
καταπαύει δὲ καὶ λοιμόν ἢ ὀτῷ βαλσάμον ἢ συνοχῇ δυσώδει τῇ βυρσοδεψικῇ τοῖς
ἐναντίοις”377
L’Africano dedica una sezione ai rimedi per guarire e curare gli occhi, che troviamo
in Cesti VII, III, 2, che combina l’uso di amuleti con preparati basati negli occhi e nel fiele
di alcuni animali.
“Inoltre, due sassolini trovati nello stomaco dei pulcini di rondine
aperti con una cannuccia affilata (si trovano, infatti, in ogni uccello),
uno bianco e altro nero, dopo che è stata immolata una colomba
bianca e invocata Afrodite in persona, sono infilati in una collana
d’oro e tengono lontano ogni tipo di oftalmia.
Del resto, aprendo i pulcini di rondine nati in primavera, troverai nel
loro stomaco dei sassolini, dei quali uno è screziato, l’altro incolore.
Contro la “grande malattia”, legali, prima che abbiamo toccato il
terreno, alla pelle di un cerbiatto o di un vitello: guarirai subito e, in
ogni caso, attenuerei l’attacco di epilessia. A questo scopo bisogna
aprire gli uccelli aspettando l’inizio del mese e la fase crescente della
luna (…)
Allo stesso modo, gli occhi dell’avvoltoio, legati in un panno pulito
che si applica ogni giorno sugli occhi malati, tengono lontana
l’ambliopia e non permettono la produzione della cataratta. L’occhio
di questo stesso uccello, portato come amuleto in pelle di cane, tiene
lontana l’oftalmia. E il fiele di questo uccello, spalmato insieme a
succo di marrobbio e miele attico, elimina ogni offuscamenti e
annebbiamento degli occhi (…)
Gli occhi di rana, tolti dall’animale ancora vivo, portati come amuleto
i uno straccio di lino e tenuti appesi al braccio sinistro o al collo,
preservano gli occhi da ogni malattia; e se tu li fai portare come
amuleto a qualcuno già malato, metterai fine alla malattia. Ma
bisogna rilasciare la rana nel luogo dove è stata presa. Il fiele di
questo animale si spalma come unguento per curare l’infiammazione
degli occhi e la cataratta. (…)
Λίθοι δὲ εὑρισκόμενοι δύο ἐν ταῖς γαστράσι τῶν νεοττῶν
ἀνασχισθέντων ὀξεῖ καλάμῳ, ἐν θατέρῳ γὰρ εὑρίσκονται, λευκός

376 Il testo si trova sono in una delle recensioni dei Cesti pervenute e Vieillefond lo considera una riellaborazione
posteriore. Si veda Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 341.
377 Idem, Pp. 283

132
καὶ μέλας, τυθείσης περιστερᾶς λευκῆς ἐπικληθείσης αὐτῆς
Ἀφροδίτης, ἐμβάλλονται ὅρμῳ χρυσῷ καὶ πᾶσαν ἀπείργουσιν
ὀφθαλμίαν.
Τοὺς μέντοι νεοττοὺς ἐαρινοὺς ἀνατεμὼν λίθοις ἐντεὺξει τῇ
γαστρί, ὦν ὁ μὲν ποικίλος ὁ δὲ καθαρός. Πρὶν οὖν γῆς ψαῦσαι
κατάδησον δέρματι νεβροῦ ἢ μόσχου πρὸς τὴν μεγάλην νόσον
καὶ τάχα μὲν ἰάσῃ, πάντος δὲ μειώσεις τὴν ἐπιλεψίαν.
Ἀνατέμνειν δὲ δεῖ εἰς τοῦτο τοῦ μηνὸς ἀρχομένον καὶ ἰόντος
ἐπιδεχόμενον. (…)
Καὶ τὰ ὄμματα τοῦ γυπὸς ἐνδεθέντα ὀθόνῃ καθαρᾷ
προσφερομένῃ τε ὀφθαλμοῖς καθ'ἑκάστην ἡμέραν ἀμβλυωπεῖν
οὐκ ἐᾷ οὐ μὴν οὐδὲ ὑπόχυσιν ἵστασθαι. Κυνείῳ δὲ δέρματι
ὀφθαλμός αὐτοῦ περιαφθεὶς ὀφθαλμιᾶν οὐκ ἐᾷ. Ἡ δὲ χολὴ αὐτοῦ
μετὰ χυλοῦ παρσίου καὶ μέλιτος Ἀττικοῦ καταχριομένη πᾶσαν
ἀμαύρωσιν καὶ ἀχλὺν ὀμμάτων περιαιρεῖ. (…)
Ὀφθαλμοὶ δὲ βατράχου ζῶντος ἀφαιρεθέντες καὶ περιαφθέντες
ἐν λινῷ ῥάκει ἀριστερῳ βραχίονι ἤ τῷ τραχήλῳ φορούμενοι
ἀπαθεῖς τοὺς ὀφθαλμούς φυλάττουσιν· κἂν ἀλγοῦντι δὲ
περιάψῃς, λύσεις τὸ πάθος. Τὸν δὲ βατράχον ἀπολύειν χρὴ ὅθεν
ἐλήφθη. Καὶ ἡ χολή δὲ αὐτοῦ πρὸς ὀξυωπίαν καὶ ὑπόχυσιν
ἐναλείφεται”378

La prima procedura contro l’oftalmia si basa nell’uso come amuleto di due sassolini
che si trovano nei pulcini di rondine, in una logica molto simile a quella che troviamo
nell’amuleto di pietre stomacali di gallo per i soldati già commentato, con l’aggiunta di
una collana d’oro. L’Africano prima aveva spiegato che le rondini si alimentano
usualmente di un’erba che teoricamente ha grandi poteri contro le malattie oculari, la
Chelidonia, “l’erba delle rondini”, che non viene esplicitamente nominata. La chelidonia in
Dioscoride, Plinio ed Eliano è descritta in termini molto simili, indicando che le rondini la
usano per aiutare a vedere meglio o guarire i loro pulcini379. Quello che stupisce non è
questo, ma la richiesta di immolare una colomba e di invocare Afrodite (τυθείσης
περιστερᾶς λευκῆς ἐπικληθείσης αὐτῆς Ἀφροδίτης) nella preparazione dell’amuleto. E
l’unico caso così chiaro di una procedura africanea che appella alle forze divine pagane
oltre le proprietà intrinseche attribuite ai materiali usati. Thee380 commenta il passo,
indicando che le colombe e le rondini sono collegate ad Afrodite nella religiosità
tradizionale, ma anche chiama alla prudenza nell’interpretazione, perché questo passo si
trova soltanto in un manoscritto e sebbene lo stile ricordi l’Africano, l’attribuzione è
dubbia. Poco dopo, altre pietre di pulcini di rondine compaiono, questa volta prese in
primavera, all’inizio di mese e con la luna crescente, e dopo avvolte in una pelle di vitello

378Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 224-227.


379 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 450.
380 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 244-247, 308.

133
o di cerbiatto per creare un amuleto contro l’epilessia o “grande malattia (μεγάλη
νόσον)”. Sestili381 nota che questa procedura, meno dettagliata, si trova in Dioscoride e
Plinio, che la attribuisce ai maghi, e si deve avere in mente che la raccolta di ingredienti
medicinali e magici aveva un collegamento con le stagioni, i giorni del mese e le fasi della
luna382, mentre Thee383 considera l’indicazione di evitare che le pietre tocchino terra (Πρὶν
οὖν γῆς ψαῦσαι) come tipicamente superstiziosa, e sottolinea che la raccolta delle pietre in
una determinata fase lunare può avere una funzione simpatetica, perché l’epilessia era
tradizionalmente collegata a questo astro.
Dopo troviamo delle ricette simpatetiche a base di occhi e fiele di avvoltoi e
rane. L’occhio di avvoltoio è usato come medicamento se messo in un panno e applicato
sugli occhi, ma come amuleto preventivo (Il testo indica περιαφθεὶς, con la stessa radice
che περίαπτον, amuleto) se messo in una pelle di cane. Contro le cataratte, si usa il fiele
(χολὴ) dell’avvoltoio. Nel caso degli occhi di rana, si dettaglia che devono essere tolti con
l’animale vivo, procedura spesso suggerita dall’Africano, mentre è meno usuale in questo
autore lasciare la rana viva. Questi occhi si tarsformano in amuleto se avvolti in un panno
di lino e appeso al braccio sinistro o al collo (περιαφθέντες ἐν λινῷ ῥάκει βραχίονι ἤ τῷ
τραχήλῳ), e il suo fiele va usato come medicina contro l’infiammazione. In ogni caso,
risulta evidente la logica simpatetico-analogica nell’uso di occhi di animali, in particolare
l’avvoltoio, connotato per la sua visione di lunga distanza. Sebbene i PGM non mostrino
procedure esattamente analoghe, è attestato l’uso di occhi di animali come ingrediente di
sacrifici384 e rituali, e i suggerimenti di operare con l’animale vivo e lasciarlo liberi si
trovano in alcuni casi, come nella maledizione erotica che produce insonnia in PGM IV
2943-2965, che suggerisce di togliere gli occhi a un pipistrello e dopo lasciarlo libero, o
come succede anche la rana che ha inghiottito i ceci nel contracettivo “unico al mondo” in
PGM XXXVI 321-334. I paralleli più vicini che troviamo a questi usi di occhi o altri organi
animali come amuleto, sono alcuni amuleti molto frammentari con uno scopo
indeterminato, che troviamo in PGM XCVII:

“[wrap it up in purple] cloth. . . . [Another]: Cut out the right


[eyel of a lizard and [enclose it1 in [goat skin]; attach it to [your] left
[eye]
Another: Grind up the heart' of a nightowl' [with . . .], and
[anoint yourself]
Another: KR . . . ES, and TO . . . os at the same time [attach as
an amulet] . . . of a bull. . . with one thong of a male goat”385

381 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 454
382 Sui rituali che si facevano per la raccolta di erbe e materiali, abbiamo riferimenti da Sofocle e Teofrasto fino ai testi
tecnici bizantini. John Scarborough, The Pharmacology of Sacred Plants, Herbs, and Roots, John Scarborough, Drugs and Drug
Lore in the Time of Theophrastus: Folklore, Magic, Botany, Philosophy, and the Rootcutters, in Acta Classica, 49, 2006.
383 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 246-247

384 Occhi di pipistrello per maledizione erotica in PGM IV 2945, occhi di scimmia per un incantesimo di invisibilità in

PGM I, 247, Occhio di civetta in preparato per invisibilità in PGM I, 225, occhi di lupo come offerta ad Apollo per avere
un demone paredros, in PGM I, 285.
385Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells P. 306.

134
Molto più usuali nei PGM gli amuleti e invocazioni contro la febbre e il mal di testa,
dei quali troviamo due tipi principali:
Il più antico, databile attorno al I secolo a.C., attribuito a Sira di Gadara e Filinna la
Tessala, è un incantesimo che non si vale di voces magicae, ma di piccole historiolae scritte in
esametro che si servono di un’analogia per risolvere la malattia386 e che troviamo nel PGM
XX:

“Conjuro de Sira de Gádara contra todo tipo de quemaduras


...el iniciado en los misterios se quemó, se quemó en el monte más
alto ... siete fuentes de lobos, siete osos, los siete leones. Siete
muchachas de ojos oscuros sacan agua con cántaros oscuros y
apagaron un fuego inextinguible.
Conjuro de la tesalia Filina contra el dolor de cabeza. Huye,
dolor de cabeza, huye y desaparece bajo la piedra: huyen los lobos,
huyen los solípedos caballos a golpe de ...”387

Nel caso dell’incantesimo di Sira, si racconta che uno iniziato nei misteri si è
bruciato, si nominano tre gruppi di sette animali e dopo sette ragazze che spengono il
fuoco inestinguibile. In quello di Filinna, si confronta il fuggire del mal di testa con quello
di lupi e cavalli, che sono definiti μώνυχας “di piede unico”, indicando i sui zoccoli,
epiteto usato nell’Iliade e che si presenta negli elenchi di frase omeriche che troviamo nei
PGM e che servono per procedure oracolari, di consacrazione del mago, e per ogni uso388.
Gli altri, più tardivi, databili tra il III e IV secolo d.C., con eccezione del PGM XCIV
che è del V secolo d.C., sono incantesimi e amuleti che invocano diverse divinità e
utilizzano immagini, charakteres e voces magicae per proteggere o guarire l’ammalato,
sempre con un senso di urgenza.
Così in PGM XVIII, che invoca Sabaot contro il male di testa e dice il “sacro nome”
per allontanare la febbre di un tale Dionisio:

“A) Señor Sabaot, aleja de mí el sufrimiento, enfermedad de la


cabeza, te lo suplico, aleja de mí ...
B) Os conjuro por el sagrado Nombre a que curéis a Dionisio
alias Anis, hijo de Heraclia, de todo escalofrío y fiebre ya sea la
diurna, o la diaria nocturna o diurna, o la cuartana, ya, ya, pronto,
pronto
Κύριε Σαβαώθ, ἀπόστρεψον ἀπ'ἐμοῦ [κ]όπον, νόσον τῆς
κεφαλ[ῆς] ἀ[ξ[ιῶ ] μ [ου ἄπ]αρον ε

386 Su questo passo e la logica delle Historiolae, si veda David Frankfurter, Narrating Power: The Theory and practice of the
magical Historiola in ritual spells in Marvin Meyer; Paul Allan Mirecki, Ancient magic and ritual power Leiden, New York :
E.J. Brill, 1995. Sul passo, Roy Kotanksy, Incantations and prayers for Salvation on Inscriber Amulets, in in, C. A. Faraone, D.
Obbink, (Eds.) Magika Hiera: Ancient Greek Magic and Religion.
387 Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp.324.

388 Rispettivamente PGM IV, 470, PGM IV, 820, PGM IV, 2145.

135
Ἐξοκίζω ὑμᾶς κατὰ τοῦ ἁγίου ὀνόματος θεραπεῦσαι
Διονύσιον ἤτοι Ἀνυς, δϜ ἔτεκεν Ἡερακλία, ἀπὸ πα[ν]τὸς ῥίγους
καὶ πυρετοῦ ἢ το[υ] καθημερινοῦ ἢ μίαν παρὰ μίαν νυκτερινοῦ τε
καὶ ἡμερινοῦ ἢ τετραδίου ἤδη ἤδη, ταχὺ ταχύ.”389

Anche in PGM XXXIII, dove il mago si identifica con un’antica divinità nominata
con una breve frase con suoni gutturali, e così liberare della febbre a una tale Tais:

“Libra de todo escalofrío febril a Tais, hija de Taraus, o de


terciana o cuartana o alterna o de la fiebre nocturna o de la fiebre
ligera, porque yo soy el dios transmitido por vuestros padres, el
incansable Coc Cuc Cul, ya, ya, pronto, pronto
ἀκάμ[ατ]ε Κοκ Κουκ Κουλ, παῦ[σο]ν τὴν Ταῖδα ἀπὸ
παντὸς ῤίγους, ἣν ἔτεκεν Ταρ[αυσ, ἢ] τριταίου ἢ τεταρταίου ἢ
παρημερινοῦ ἢ νυκτοπυρε τ[ο]ῦ ἢ λεπτοπυρετοῦ, ὅ τι ἐγώ εἰμι ὁ
πατρο παράδοτος θεός, ἀκάματος ὶ Κοκ Κ[ο]υκ Κου[λ] ἤδη ἤδη,
ταχὺ ταχύ”.

Abbiamo il frammentario PGM LXXXVII, che cerca di guarire un certo Giovanni


dalla febbre e il male di testa invocando un angelo attraverso voces magicae che utilizzano
l’allitterazione come risorsa principale:

"SAMOUSOUM SOUMA SOUME SOUMEIAMBISOUAT . . .


SROUAT, my lord, ROUAT . . . [deliver ?] John from the shivering fit
and fever that has (him); [cleanse?] the daily fever from this (?)
shivering (?) . . . 1 [all] the headache, daily fevers, nightly, 5 quartan,
semitertian, immediatcl): immediately; quickly, quickly. . . . TA.
EMONO . . . ARA the angel; . . . [deliver?] John from every shivering
fit and fever, from this very day, from the present [hour throughout]
I his entire lifetime; [grant him heal- lo ing?], immediately,
immediatcly; quickly, quickly."

Interessante per la rappresentazione piramidale delle voces magicae, che comunque


non è affatto rara negli amuleti greco-egiziani, è il PGM LXXXVIII, che cerca di guarire
qualcuno invocando gli angeli:

"Excellent angels, give [him, NN] whom Sophia bore, rest


from the fever that restrains him; this very day, this very hour;
immediately, immediately; . quickly, quickly”

Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp.324., Karl Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Pp.
389

140-141.
136
Più usuale l’amuleto contro l’emicrania e la febbre che troviamo nel PGM XCIV, 45-
60, che è interessante perché attribuito a un tale Nerone, ma anche potrebbe indicare che si
recita su acqua fresca390:

“delivers (?). And this is Neros' fomula: /"OURBEDEKAEIS


OUROURBEDERAEIS OUROUROUBEDERAEIS EISTHES ABRASA
ELECH BELLENOURE OUNOURE BAPHAMMBCH, to you I
speak, pounding headache: don't throb, don't rage, don't shake the
tooth, don't produce mucus, don't produce a 'black-out', don't stir up
convulsions. For if there is throbbing, raging, shaking of teeth,
producings of mucus, producings of a 'black-out,' or stirrings of a
convulsion. . . sb . . . G . . .A.”

Finalmente, nel PGM CVI, troviamo un amuleto che include charakteres in forma di
asterisco, un ouroboros391 disegnato che è attorno un gruppo di voces magicae mentre le altre
sono circondate da un cerchio e da qualcosa che ricorda una targa, per proteggere un tale
Touthous contro la febbre. Troviamo i classici nomi divini magici Adonais,
Ablanathanabla, e Iao:
“ ADONAI ELO[AI SA]BA)TH ABLANATHANAB[LA
AKR]AMMACHAMARI . . . SES- ENGERBARPHARANGES
AEEIOYO IAO PHRE . . . EAO IAO EAO . Protect Touthous, whom
sara bore, from every shivering fit and feer: tertian, quartian,
quotidian, daily, or every other day [it occurs] . . . ADONIAS, /
ADONAEI, protect in. . . .”

Le altre procedure del frammentario PGM XCIV, si trovano in uno stato molto
incompleto, ma si sono conservati gli incipit che indicano gli scopi delle pratiche e qualche
frammento che ci permette di affermare che la base delle procedure era l’invocazione di
divinità attraverso voces magicae, l’uso di charakteres e qualche ingrediente animale o
vegetale. Così troviamo rimedi per avere “eccellente salute” (righe 7-9), un amuleto contro
la febbre (righe 10-15, ma la malattia è congetturale), una procedura contro la possessione
demoniaca (righe 17-21), una procedura per proteggere o guarire gli occhi con una
figurina (questo è anche congettura, si trova nelle righe 22-26), l’uso di una foglia contro
tumori (righe 27-35) e una lamella contro la stranguria (righe 36-38).
Altra procedura medico-magica significativa, che ci illustra la varietà di forme che
possono adottare gli amuleti di protezione e guarigione, è l’uso di versi omerici in amuleti,

390 Cosí nota Betz, sottolineando la complessità della traduzione del passo. Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical
Papyri in Translation including the Demotic Spells. P. 305.
391 L’ouroboros, un serpente che si morde la coda, è un simbolo alchemico molto conosciuto, collegato al ciclo vitale, al

collegamento simpatetico di tutte le cose dell’universo, all’eternità e il ritorno eterno, al processo di raffinazione deli
metalli. http://www.treccani.it/enciclopedia/uroboro/ . H.J. Sheppard. The Ouroboros and the unity of matter in Alchemy: a
study in originis. In Ambix X.2, 1962.
137
come troviamo in PGM XXII, databile attorno al IV secolo d.C., definita “Pratica contro
l’emorragia con versi di Omero”392:

Huyamos de la muerte y la ruina fuera del combate con los troyanos.


Otra fórmula contra la hemorragia: La cólera del soberano Apolo que hiere desde lejos.
Diciendo esto a la sangre cura la hemorragia; mas si alguien se libera y no te lo
agradece, toma un brasero, echa el amuleto y ponlo sobre el humo; añádele una raíz
y escribe este verso: Por esto dio dolores el flechador y aún seguirá dando.
Escribe contra el dolor de pechos y de matriz: Lo crió la hija de Zeus, lo parió la tierra
fértil.
Si llevas (el verso) en una piedra imán y lo pronuncias, provoca la esterilidad:
Ojalá seas estéril y mueras sin casarte.
Escríbelo en un papiro nuevo y ponle alrededor pelos de mula. Para un leproso
escribe este verso y dáselo para que lo lleve: Como cuando una mujer colorea marfil con
púrpura briIlante.
Τρώων ἐξ ἐνοπῆς καὶ κῆρα] φύγωμεν
Ἀλλο αἱμαρροικόν·
μῆνιν Ἀπόλλων[ο]ς ἑκ'[ατ] ηβελέταο ἄνακτ[ο]ς
εἰς αἶμα λ[ε]γόμενος αἱμαρροῖαν ἰᾶται τοῦ δὲ ἀπαλλαγέντος καὶ
ἀχαριστήσανρο[ς] λαβὲ πύραυνον, βαλοῦ καὶ θὲς ὑπὲρ [κ]απν[ὸ]ν τὰ
περιάμματα, πρόσβαλε ῥίζαν, καὶ πρόσγραφε τοῦτον τὸν στίχον·
τούνεκ' ἄ[ρ]'ἄλγε'ἔδωκεν ἐκηβόλος ἠδ' ἔτι δώσει'
Γράφε πρός μαζῶν καὶ μήτρας πόνον·
[θρέψε] Δι[ὸς θ]υγάτηρ, τάκε δὲ ζείδωρος ἄ[ρ]ουρα'
[Σὺν μαγνήτῳ] λίθῳ φορούμενος ἢ καὶ λεγό[μενος ποιεῖ ἀσύλλη]μπ[το]ν
αἴθ' ὄφελες ἄγονός τ0 ἔμεναι ἄγαμός τ' ἀπολέσθαι
γράψας εἰς καινὴ[ν χάρτην περί] βαλε ἡμιόνου τρίχας.

Sembra che i versi scelti per controllare l’emorragia utilizzino la stessa logica che
l’incantesimo di Filinna: l’emorragia se ne va, come si parla di fuggire nel verso omerico.
Anche è interessante che ci sia una misura per vendicarsi se il cliente guarito non ringrazia
adeguatamente il mago: l’amuleto va messo al fumo, e si scrive altro verso che
probabilmente invia dei dolori. D’altro canto, troviamo procedure contro dolori femminili,
che utilizzano un verso che descrive l’origine degli ateniesi, discendenti di Eretteo,
allevato da Atenea, la dea famosa per la sua verginità, magari per questo è utile contro i
dolori femminili. Per inviare infertilità si utilizza una magnetita e una frase che desidera
alla vittima che sia sterile, mentre per i lebbrosi si utilizza un verso dove vengono messi a
confronto un freno per i cavalli colorato da una donna che diviene un desiderato
ornamento, con le gambe ferite e con sangue di Menelao. Magari è una forma di
contrastare le ferite del lebbroso con l’immagine del bello e desiderato frutto
dell’artigianato femminile descritto prima.

Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos, Pp. 327-328,. I versi omerici sono rispettivamente Iliade,
392

XVII 714; I 75 y 96; II 548; III 40; IV 141


138
Un’ultima procedura da commentare è quella che l’Africano suggerisce contro le
verruche, tumori e foruncoli che troviamo in Cesti VII, III, 17 e che non ha paralleli con
quello commentato finora, ma serve a riassumere un po’ la logica di questa farmacopea:

“Molti superstiziosi considerano queste escrescenze anche


come presagio di qualcosa che accadrà a loro. Il rimedio per guarirle
è di vario tipo e sperimentato da tutti. Alcuni, dopo aver atteso, il
momento in cui un cane urina per terra, impastando il fango, lo
applicano sopra l’escrescenza e imprigionano la malattia nel fango;
altri, invece, tritano un cetriolo, lo applicano sopra l’escrescenza e
risolvono così il problema; oppure, dopo aver colto, prima del
sorgere il sole, il fiore di cicoria, chiamata giustamente gira sole,
traccia tre volte un cerchio attorno la parte malata e l’irritazione
cesserà
ἃ πολλοὶ δεισιδαίμονες καὶ σημεῖά τινος αὐτοῖς
συμβεσομένου τίθενται.
Ὧ ἡ ἀπαλλαγὴ ποικίλη καὶ πᾶσι πεπειραμένη. Οἱ μὲν γὰρ
ἐπιφυλάξαντες οὐρησαντα κύνα κατὰ γῆς τὸν πηλὸν
ἀναφυράσαντες ἐπέθηκαν τῷ πότῳ καὶ τὸ αἴτιον τῷ πηλῷ
συναπέκλεισαν· ἄλλοι δ'ἐλαστήριον τρίψαντες καὶ ἐπιτιθέντες
οὕτω περιεγένοντο· ἤ κιχορίου ἄνθος, ὅπερ κυρίως "ἡλιοτρόπιον"
καλεῖται, πρὸ ἀνατολῆς ἡλίου ἀφελόντες τρὶς περίγραφε τὸν
τὸπον καὶ ἡ μυρμηκία παύσεται”.393

Un primo elemento interessante è che l’Africano classifica come superstizioso


(δεισιδαίμων) chi crede che i foruncoli siano un presagio. Il concetto ha doppia valenza,
indicando il sano timore alla divinità che l’uomo pietoso, ma anche l’eccessivo e assurdo
timore al divino che porta alla superstizione e cha già Teofrasto derideva. Per il contesto
del testo, si deve pensare che l’Africano deride questi uomini, e per contrasto, considera
che sue procedure siano lontane dell’ambito della superstizione. L’Africano si rifà alla
conoscenza ed esperienza comune per indicare i rimedi al problema e propone tre
procedure394. La prima, utilizza un impasto di fango con urina di cane395 per “imprigionare
il male”, in linea con la ben attestata idea antica delle enormi proprietà medicinali
dell’urina.396 La seconda utilizza un cetriolo, che secondo Thee397 era conosciuto per la sua
capacità di espellere i semi maturi, indicando un uso simpatetico, mentre Sestili riporta
che con il cetriolo selvatico si facevano purgativi e prodotti contro la dermatosi398La terza

393 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 238-239.
394 Un commento ai passi in Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 218, 237, 256-257, 259,
281, 285
395 Sestili nota che è una congettura, derivata di pricedure simile trovate in Dioscoride e Plinio. Antonio Sestili (Trad.), I

Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 491


396 Sestili cita Galeno, Dioscoride, Apsirto, la Geoponica, Plinio, Erodoto, Varrone, Columella. Antonio Sestili (Trad.), I

Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 455-457, 492


397 Francis Thee, Julius Africanus and the Early Christian View of Magic. Pp. 256.

398 Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano Pp. 492-93

139
utilizza il fiore di cicoria, considerato eliotropo, raccolto nella notte che va passato sul
foruncolo tre volte in circoli. Come ben nota Thee, troviamo parecchi elementi liminali con
la magia. Se la cicoria e l’eliotropio (non è chiaro che si devano identificare come
suggerisce l’Africano) erano piante usate per evitare infiammazione e trattare verruche e
foruncoli nella farmacopea antica, l’indicazione di raccoglierla di notte ci rimanda ai rituali
che si facevano nella raccolta di erbe medicinali e ingredienti magici della tradizione dei
rhizotomoi, conosciuta da Teofrasto in poi, e il fatto di fare tre volte il movimento circolare
sulla verruca è da collegare con le procedure magiche standard, che si avvalgono di
elementi numerologici e geometrici.

7.3 Procedure tintorie, metallurgiche e alchemiche.

Seguendo autori come Jack Lindsay399 o Paul Keyser400, si può definire che l’alchimia
sarebbe unrisultato del processo di sincretismo culturale proprio dell’Egitto ellenizzato
prima e romanizzato dopo. Su una base di saperi tecnici di metallurgia e tecniche tintorie
di sviluppo molto antico, si innescano concezioni sulla natura e l’universo proprie della
filosofia greca antica, idee proprie della religiosità orientale e del misticismo imperiale, che
dàno come risultato, dalla fine del III secolo d.C. in poi, un sapere che cerca la
trasformazione qualitativa della materia e la ricerca dell’oro come via per risolvere gli
inconvenienti della vita pratica umana, e allo stesso tempo, ricerca un processo di
perfezionamento spirituale che permetta all’alchimista di avvicinarsi alla divinità. In ogni
caso, l’alchimia va sviluppando progressivamente questo scopo soteriologico, e il testo
dello Pseudo-Democrito, il più antico che abbiamo di questa tradizione, mostra un
contesto religioso mistico, ma uno sviluppo soteriologico molto limitato. Matteo Martelli401
sottolinea che nella tradizione pseudo-democritea, il processo di trasformazione della
materia va collegato strutturalmente alle procedure di tintura, dando molto spazio alle
procedure di produzione di porpora. In considerazione di questo, credo che sia utile
cominciare con testi dedicati alla produzione di tinture, perché è una delle basi del sapere
tecnico alchemico.
L’Africano ci elenca tre ricette di tintura, applicate in contesti diversi. Sono dei
frammenti che troviamo nel Papyrus Graecus Holmiensis, testo greco del IV secolo d.C. che
elenca una grande varietà di ricette di produzione di metalli, tinture e pietre preziose.
Sembra che sia un riassunto del testo africaneo, perché lo stile è lontano da quello
dell’autore402. La prima ricetta ci dice:

“Presa la lana, dopo averle dato il mordente, impregnala con un


chenice di crimno e quattro chenici di belletto rosso, impregna la lana

399 Jack Lindsay, Le Origini dell'Alchimia nell'Egitto greco-romano,


400 Paul Keyser “Alchemy in the Ancient World: From Science to Magic”, Illinois Classical Studies, Vol. 15, Nº2, 1990
401Matteo, Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio, edizione critica del testo greco, traduzione

e commento pp. 110-112, 127-135, 160-164.


402 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 543-544.

140
dopo averla fatta bollire e lasciala fino a sera; poi toglila e sciacquala
con acqua salata, quindi con acqua dolce”403.
Λαβὼν τὸ ἔριον ἐστυμμένον χάλα εἰς κριμνοῦ χο α', φύκους χο δ',
ζέσας χάλα τὸ ἔριον καὶ ἄφες ἕως ὀψὲ καὶ ἄρας ἀπόκλυσαν
θαλάσσῃ, εἶτα ὕδατι

Gli ingredienti sono poco chiari, in particolare il Crimno, ma indicano l’uso di


sostanze vegetali coloranti non ben identificabili, includendo un’alga che sarebbe
definibile come “Belletto Rosso”. È da notare che nei testi di tinture tramandati dallo
Pseudo-Democrito si nominano gli stessi ingredienti vegetali404, mentre l’uso di acqua
salata o salamoia è molto attestato, anche se nello Pseudo-Democrito, più che un agente
risciacquo, è una sostanza utile per sbiancare i metalli o preparare le procedure per
renderli gialli405. La seconda ricetta invece, è un mordente:

“Mordente per ogni tintura: prima di tutto si pulisce la bestia o il


vello; così infatti si possono applicare i prodotti per il mordente. Poi
bisogna sciogliere l’allume in aceto e ungere la parte che si deve
tingere. Una volta al sole, si pulisce e, liberata della propria umidità,
la parte sopporta ogni tipo di tintura. Occorre mantenere per una
notte e un giorno nel mordente la parte alla quale esso viene
applicato.”406
Στῦψις δὲ πρὸς πᾶσαν βαφὴν ἥδε· πρῶτα μὲν ἀποπλύνεται τὸ
ζῷον ἣ καὶ νάκος· οὕτω γὰρ ἂν πρὸσοιτο τὰ τῆς στύψεως. Ἐπὶ δὲ
τὴν στυπτηρὶαν ἀναλυτὲον ὅζει καπιχρὶειν ὅπερ ἂν βάψαι δέοι.
Ἀφαυανθὲν δὲ ἡλίῳ ἀποπλύνεται καὶ τῆς νοτίδος ἐλευθερωθέν
πᾶσαν πορισίεται βαφὴν. Νύκτα δὲ καὶ ἠμέραν ἐπὶ τῇ στύψει
φυλάττειν χρὴ τὸ στυφόμενον.

I mordenti hanno un ruolo centrale nelle tecniche tintorie, come ben indica la stessa
ricetta. L’interessante in questo caso è l’uso di allume, un minerale ben conosciuto nella
tradizione farmacologica antica, nella tradizione alchemica e anche usato dai maghi, come
abbiamo visto in un trucco descritto dall’Elenchos. Seguendo l’erudito commento di
Sestili407, questa sostanz, è utilizzata come astringete già da Ippocrate, e Plinio nota le sue
capacità corrosive e astringenti, e lo suggerisce per trattare ferite e ulcere. Si trova anche
nella farmacopea consigliata da Celso e Scribonio Largo e anche si utilizza nella
veterinaria del Corpus Hippiatricum. Se nell’Elenchos l’allume fa muovere i carboni, nel testo
dello pseudo-Democrito l’allume è fondamentale nel cambio di colorazione di diversi

403 Cesti, VIII sezione, 1. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 279
404 Alghe e crimno, Φυσικὰ καὶ μυστικά, § 2, soltanto alghe, Φυσικὰ καὶ μυστικά § 1. Matteo, Martelli, Pseudo-Democrito,
Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio, edizione critica del testo greco, traduzione e commento Pp. 180-182
405 Φυσικὰ καὶ μυστικά, § 7, §9, § 11, Matteo, Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio,

edizione critica del testo greco, traduzione e commento Pp. 190-192


406 Cesti, VIII sezione, 2. Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 279

407 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 487.

141
minerali nel processo di “creazione dell’oro”. L’aceto anche è utilizzato dallo Pseudo-
Democrito408, ma va proposto come alternativa alla salamoia o all’ acqua di mare come
liquido che rende bianco o giallo minerali come l’Androdamante, un tipo di pirite, il
cinabro. In un caso, è alternativa all’allume. Sembra che in tutti i casi, le proprietà
corrosive di questi materiali vengano utilizzate per favorire una procedura di
trasformazione di colore, già sia sui minerali che su una tela o pelle.
L’Africano ci tramanda anche una procedura per cambiare il colore dei cavalli, nel
suo stile elaborato:
“Alcuni mantelli sono naturali, altri sono migliorati artificialmente; e
di questi, alcuni sono modificati con tinture, altri sono variopinti con
cauterizzazioni. Un cavallo, dunque, potrebbe passare da scuro a
nero, se fosse spalmato con scilla, unita ad aceto e pietra pomice
polverizzata; potrebbe ritornare bianco, facendo bollire quel
preparato. Da bianco potrebbe diventare sauro, se fosse spalmato per
due ore con un unguento composto di calce e litargirio polverizzati e
fatti bollire nell’acqua fino a raggiungere la consistenza del vischio.
Se poi l’unguento vi fosse applicato per un periodo tempo più lungo,
il cavallo da bianco diventerebbe nero”
Αἱ μέν οῦν αὐτῶν αὐτοφυεῖς, τὰς δὲ τεχνῶνται τινες
μεταβὰ'λλοντες επὶ τὸ κρεῖττον. Καὶ αἱ μέν αὐτῶν μεταποιοῦνται
φαρμάκοις, αἱ δὲ ποικίλλονται καύσεσιν. Ἵππος οῦν ἐκ πυρροῦ
μέλας γένοιτ' ἂν σκίλλῃ μετ' ὄξους καὶ κισσρήεως λελειωμένης
καταπλασθείς, λευκός δ' ἂν ἀποβαίη ζεστῷ τῷ φαρμάκῳ. Πυππὸς
δὲ ἐκ λευκοῦ γένοιτ' ἂν τιτάνου καὶ λιθαργύρου λείων ἐν ὕδατι
ἐφθεισῶν εἴς τε γλοιοῦ πὰχος γενομένων, εἰ ἐφ' ὥρας
καταπλασθείη δύο. Εἰ δὲ πλείοσιν ὥραις ἐπιμείναι τὰ τῆς
χρίσεως, ἐκ λευκοῦ μέλας ἂν ἀποβαίη.

Come già abbiamo visto in altri testi africanei, il binomio naturale/artificiale torna
in questo frammento, confrontandosi i mantelli naturali, che crescono da soli (αὐτοφυεῖς),
con quelli fatti con arte, con tecnica, artificialmente (τεχνῶνται). Tra queste procedure artificiali, si
trovano le tinture, i farmaci (φαρμάκοις) e la cauterizzazione (καῦσις). Nei preparati tintori per
cavalli, troviamo ingredienti come la scilla, aceto e pietra pomice, tornando di nuovo le
sostanze acide in uso tintorio, ma anche la calce e litargirio. Il litargirio, una polvere di
piombo che si ritrova nelle fornaci che lavorano o argento, secondo Sestili409, è utilizzato da
Dioscoride come astringente, emolliente, cicatrizzante, mentre Plinio dice che elimina
macchie nella pelle, e Apsirto lo usa per pulire gli occhi dei cavalli. Si trova nominato nella
Geoponica con usi simili. Nella tradizione alchemica, il litargirio è altro ingrediente
ricorrente, e si trova nelle ricette di produzione dell’argento che troviamo attribuite allo

408 Φυσικὰ καὶ μυστικά, § 7, § 9, § 11, Matteo, Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il Commnetario di Sinesio,
edizione critica del testo greco, traduzione e commento Pp. 190-192
409 Antonio Sestili (Trad.), I cesti di Sesto Giulio Africano, P. 487.

142
Pseudo-Democrito nella tradizione indiretta e nel Φυσικὰ καὶ μυστικά410. Serve a
preparare leghe brillanti di colore biancastro che possono essere utilizzare per tinture
argentee o trasformarsi in tinture dorate.

Nel caso dei PGM, abbiamo una ricetta di produzione di oro in PGM XII 193-201,
intitolata Ἴωσις χρυσοῦ. “[Per fare] una tintura d’oro” o secondo altra lettura “Per
raffinare l’oro”:

Toma vinagre fuerte, concéntralo y mézclale 8 dracmas de sal común,


2 dracmas de alumbre esquistoso y 4 dracmas de litargirio; mezcla
todo ello con el vinagre y manténlo así tres días; fíltralo y utilízalo.
Después añade al vinagre una dracma de sulfato de cobre, medio
óbolo de pirita de Chipre, ocho de cobre, óbolo y medio de sulfato de
hierro, un quilate de sal común, dos quilates de capadócico. Haz una
lámina con dos cuartos y después de pasarla por el fuego, sumérgela
en el agua tres veces hasta que la lámina se rompa; después saca los
trozos y tómalos para acrisolar el oro.

Λαβών ὄξος δριμὺ στύψον καὶ ἔχε τὸ ἅ[μα] ἁλοσ κοινοῦ δραχμαί
ή’ στυπτηρ[ί]ασ σχιστῆς δραχμαί β', λυθαργύρου δραχμαί δ',
συνλείου τῷ ὄξει κ[αθ' ἠ]μερας γ' καὶ ἀποσειρώσας χρῶ. εἶτα
πρόσβαλε τῷ ὄξει χαλκάνθου δραχμῇ α', μ[ίσυος] ἡμιοβέλιον,
καλκι'τεως η', σώρεως ὀβολὸν ἡμιοβέλιον, ἁλός κοινοῦ κερά[τιον,
καπ]παδοκικοῦ κεράτια β'. Ποιήσας πέταλον ἔχον τετάρτας β',
πυρώσας βάη[τε τρ]ίς, ἕως λακηθῇ τὸ πέταλον· εἷτα ἄρας τὰ
λακήματα ἔχε ὡς ἐξίωσιν τοῦ χρυσ[οῦ]411

Il concetto di Ἴωσις nel vocabolario tecnico alchemico indica la fase finale della
procedura di produzione dell’oro, che permette portare il preparato dal colore giallo a
quello rosso/viola, quello più perfetto412. La procedura utilizza gli ingredienti già
commentati prima e che collegano le pratiche di tintura con quella di produzione
metallurgica: Aceto (ὄξος), sale, allume(σχιστῆς), litargirio (λυθαργύρος). Oltre questo, si
utilizza solfato di rame, pirite, rame, solfato ferroso e un minerale della Cappadocia non
ben identificato. Il preparato deve essere trasformato in lamella e dopo sommerso in
acqua. La procedura non si discosta molto di quelle tintorie dell’Africano o quelle
alchemiche dello Pseudo-Democrito, con eccezione della meticolosa quantificazione degli
ingredienti, che è poco comune nel Φυσικὰ καὶ μυστικά. In ogni caso, allo stesso modo
che il PGM VII, il PGM XII fu copiato tra il III e IV secolo d.C., anche se si ha proposto

Φυσικὰ καὶ μυστικά, § 12, Περὶ ἀσήμου ποιἠσεως, § 5, § 7 Matteo, Martelli, Pseudo-Democrito, Scritti Alchemici, con il
410

Commnetario di Sinesio, edizione critica del testo greco, traduzione e commento Pp. 194, 212-214

411 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 293 Testo greco preso da Karl
Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Pp. 71.
412 Lindsay, Jack, Le Origini dell'Alchimia nell'Egitto greco-romano. p.122.

143
anche una datazione di inizi III secolo 413, ed è un testo che con una struttura elaborata di
manuale di magia e include una variegata selezione di procedure. Nel PGM XII troviamo
pratiche per comunicarsi con Core e sottometterla, incantamenti amorosi, procedure
portafortuna, rivelazioni oniriche attribuite ad autori non ben conosciuti come Agatocle e
Zminis di Tentira, un metodo per sapere se qualcuno malato vivrà o morirà attribuito a
Democrito, oracoli, formule per eliminare l’ira di qualcuno, una consacrazione del mago,
maledizioni che separano coppie o provocano insonnia e anche un elenco di parole chiave
per interpretare gli ingredienti nominati nei testi egiziani di magia. È interessante notare
che il testo anche include procedure magiche in demotico, soprattutto formule di
separazione di coppie. Nuovamente, l’esame del contenuto del testo ci mostra che le
pratiche alchemiche sulla scia del sapere Pseudo-Democriteo sono considerate come parte
legittima di un testo magico di riferimento. Lo stesso accade con la procedura lunare e
numerologica per sapere se uno malato vivrà o morirà che si descrive nella “Sfera di
Democrito” (PGM XII, 351-364)414.

Cercando elementi per un confronto tra la tradizione magica e quella alchemica, si


deve notare che nei PGM non troviamo procedure tintorie, ma si ricette di inchiostri da
usare nelle iscrizioni su papiro e amuleti richiesti dalle procedure. Nello stesso PGM XII,
397-400, si descrive una procedura “Per guadagnare favore e amicizia per sempre (Πρός
ἐπιχάρειαν καὶ φιλίαν διὰ παντός·)”:

Toma una raíz de pasithéa o artemisa y escribe este nombre con


pureza (signos mágicos); llévala contigo y conseguirás el favor, la
amistad y la admiración de cuantos te vean. Fórmula de la tinta: una
dracma de mirra, cuatro dracmas de sulfato de cobre, dos dracmas
de agua de vitriolo, dos dracmas de agallas, tres dracmas de resina.

Λαβών ῥίζαν πασιθέαν ῆ ἀρτεμισίαν ἐπίγραωε τὸ ὄνομα


τοῦτο ἁγνῶς (segni) καὶ φόρει καὶ ἔσῃ καὶ προσφιλὴσ καὶ
θαυμαστὸς τοῖς ὁρῶσι σε. ἡ ἀναγραφή ζμύρνης δραχμὴ α', μίσυος
δραχμαὶ δ', καλκάνθου δραχμαὶ β' κεκίδων δραχμαὶ β' κόμεως
δραχμαὶ γ'415

Come si vede, è un amuleto che usa una radice di artemisia (ῥίζαν πασιθέαν ῆ
ἀρτεμισίαν), iscritta con segni magici, nomi segreti (τὸ ὄνομα) usando un inchiostro
(ἀναγραφή) fatto con proporzioni molto chiare e ingredienti vegetali e minerali, come il
vetriolo (καλκάνθον, acido solforoso o altre sostanze solforose), resina(κόμεως), solfato di

413 Per una descrizione paleografia e papirologica del PGM XII, con discussione sulla datazione, si veda Jacco Dieleman,
Priests, Tongues, and Rites The London-Leiden Magical Manuscripts and Translation in Egyptian Ritual (100-300 CE) Religions
in the Graeco-Roman World, 153; Leiden, Brill, 2005. Pp. 29-44.
414 La procedura consiste in aggiungere la cifra del giorno lunare quando la perosona si è ammalata, al valore numerico

del nome della persona, dividere il totale per trenta e osservare la “sfera di Democrito” un quadro dove si elencano i
numeri dall’uno al trenta in tre colonne, divise più o meno a 2/3 con una riga. Se il risultato è sopra la riga, la persona
vivirà, se è sotto, morirà.
415 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 274. Testo greco preso da Karl

Preisendanz, Papyri Graecae Magicae II, Pp. 83.


144
rame(μίσυος) e mirra (ζμύρνη). I segni magici, riprodotti da Betz416 includono due my
tondi, un gamma rovesciato squadrato, un ipsilon tondo, un lambda e atri segni difficili da
descrivere. Come si vede, la procedura non è molto lontana a qualcosa che suggerirebbe
l’Africano, come elementi naturali ben identificati, proporzioni chiare, aspettativa di
azione automatica. Le proporzioni precise della ricetta di inchiostro anche ricordano la
struttura della ricetta alchimica in PGM XII 193-201. Ma tra tutto questo troviamo
charakteres che sono definiti puri o santi dal testo, cioè si aggiunge l’elemento
dell’invocazione dell’influsso divino tipico dei PGM.

In altra ricetta, la situazione è ancora più chiara. La “Formula del re Pitis per invocare
demoni di morti al servizio del mago”, un’invocazione molto complessa che si fa su un
teschio che troviamo in PGM IV, 1929-2144. L’invocazione richiede l’uso di vari inchiostri:

La piel se pinta con sangre del corazón de un asno degollado con


la cual se mezcla polvo de bronce; la hoja de lino, con sangre de un
halcón a la que se mezcla polvo de oro sublimado; la hoja de papiro
hierático, con sangre de anguila a la que se mezcla acacia.

Kαταγράωεται δὲ ὁ μὲν ὑμὴν αἵματι ὀνείῳ ἀπό καρδίας


ἐφαγμένου ᾧ συμμισγεται ἀιθάλη καλκέως τὸ δὲ τῆς καλπάσσου
φύλλον αἵματι ἱερακείῳ ᾧ συμμισγεται ἀιθάλη χρυσοχόου τὸ δὲ
τοῦ ἱερατικοῦ χάρτου αἵματι ἐνχέλεως ᾧ συμμισγετα ἀκακία

Tinta: con bermellón y mirra quemada y zumo de artemisa cruda


y simpreviva y lino. Escribe y ponla en la boca (del muerto)

Μέλαν· μίλτου καὶ ζμύρνης κεκαυμένης καὶ ὠμῆς χυλὸς


ἀρτεμισίας καὶ ἀειζώου καὶ καλπάσου. γράψον καὶ ἐνστόμισον417.

Gli ingredienti sono diversi a quelli già trovati. Nel primo caso la base è sangue di tre
animali diversi a seconda del supporto nel quale si scrive o disegnano i simboli: asino,
falco, anguilla, collegati simbolicamente alle divinità disegnate, e tutte tre vengono
mischiate con altre sostanze, polvere di bronzo (ἀιθάλη καλκέως, Betz interpreta soot of a
coppersmith) polvere di oro (ἀιθάλη χρυσοχόου, Betz invece interpreta come soot of a
goldsmith) e acacia (ἀκακία). Non credo che l’uso di sangue come inchiostro sia qualcosa
da collegare con la tradizione alchemica, ma non è strano che gli alchimisti approfittino i
resti di minerali che si trovano nei forni degli artigiani metallurgici: è la maniera nella
quale si ottiene il litargirio418. In ogni caso, la selezione degli ingredienti potrebbe anche
rispondere a ragione simboliche. Gli ingredienti del secondo inchiostro non sono comuni
alla tradizione alchemica pseudo-democritea: troviamo il tono rosso del vermiglio
(μίλτου), la mirra (ζμύρνης), che invece è usata negli incensamenti e in altri casi

416 Hans Dieter Betz (éd.), The Greek Magical Papyri in Translation including the Demotic Spells, Pp. 167
417 Testo spagnolo preso da Jose Luis Calvo Martínez, Textos de magia en papiros griegos. Pp. 152.Testo greco preso da Karl
Preisendanz, Papyri Graecae Magicae I, Pp. 136
418 Matteo Martelli, Pp.137. Gli Scritti Alchemici Pseudo-Democritei nella Tradizione Indiretta Greca e Nelle Traduzioni

Siriache, Tesi di Dottorato in Storia della Scienza, Università di Pisa, Pisa, 2011.
145
ingrediente principale di un “inchiostro di mirra” non ben descritto e molto usato nei
PGM419 e l’artemisia (ἀρτεμισίας), erba utilizzata in inchiostri e sacrifici in varie pratiche
dei PGM420. Si deve sottolineare che la produzione di un inchiostro è soltanto un passo
dentro di una procedura molto complessa di invocazione che include un’invocazione a
Elios con Voces magicae, un teschio sul quale si invoca il demone del morto, vari
incensamenti, disegnare la figura di un uomo con testa di leone e scrivere un lungo elenco
di Voces Magicae su una pelle di asino, disegnare altra figura, una Ecate con teste animali
su un foglio di lino e altre voces magicae per sottomettere il demone, un altro disegno di
un Osiride su un foglio di papiro per fare un’invocazione a quel dio e un amuleto di
protezione. Tutto un altro mondo rispetto alle tinture applicate a tele, pelli, metalli o
cavalli vivi della tradizione pseudo-democritea.

Finalmente, un’ ultimo aspetto ad analizzare sono le ricette che suggersicono preparati
incendiari. Come abbiamo visto, l’Elenchos accusa ai maghi di utilizzare diversi trucchi con
fuoco per impressionare i suoi clienti. Anche gli accusa di utilizzare diversi preparati
incendiari, come troviamo in IV, 31:

They make a house catch fire when it is anointed with the serum
of a certain sea creature called the “finger fish.” A very useful
chemical is one made from salt water, namely, sea foam boiled with
grape syrup in a clay jar. If you bring a burning lamp to it when it
comes to a boil, it catches fire and lights up. But if it is poured on the
head, it does not burn at all. Moreover, if you sprinkle it with
frankincense granules as it boils, it lights up much more. It works
better if one also adds a pinch of sulfur.

419 Questo inchiostro va usato nella stessa procedura per invocare Elios, in PGM IV, 815, per scribere gli amuleti nella
cosiddetta “Liturgia di Mitra”, in PGM III, 180, una pratica profetica, in PGM II, 60, per disegnare delle figure che
servono in una pratica dedicata ad Apollo per avere un oracolo dove si dice che utilizza mirra, artemisia e l’erba
pentedattila, in PGM I, 10, per l’invocazione di un demone paredros, in PGM IV 3212, in una pratica di filomanzia diretta
ad Afrodite, in PGM VII, 467, per un disegno su una conchilia in un incantesimo amoroso, in PGM VII, 522, iscrizione su
uova per ottenere la comunicazione con il proprio demone, in PGM VII, 595, per invocare un demone, in PGM VII 704,
per richiedere dei sogni premonitori, in PGM VII, 940 e PGM XII, 180, formule per eliminare la collera di qualcuno, nel
PGM VIII, 56, come parte di una pratica a Ermes per avere fortuna, in PGM XII, 109, PGM XII, 125, e PGM XII 147,
procedure per inviare o richiedere sogni, in PGM XII, 376, maledizione che produce insonnia, in PGM XIII, 411, per fare
disegni utili alla consacrazione del mago seguendo le indicazioni di Mosè, in PGM XIX, 5 e XXXVI, 104, procedure di
incantesimo amoroso, in PGM XXXVI, 251 e 265, per fare iscrizioni apotropaiche e in PGM LXXII, 7, per invocare l’Orsa
Maggiore.
420 Nel PGM VII, 224, per inchiostro a usare in una invocazione a Besas per Licnomanzia, nel PGM II, 18, mistura che

aiuta a ricordare l’invocazione ad Apollo a realizzare, e dopo nella stessa procedura (PGM II, 60) si fa un’inchiostro, nel
PGM III, 305, si utilizza un ramo in un invocazione apolinea, nel PGM III, 703, dove un ramo si usa in un’invocazione a
Elios, nel PGM IV, 915, va usata come corona per il mago e un medium, nel PGM IV 1088, si usa il seme in una pratica di
licnomanzia, nel PGM IV, 1313, è offerta all’orsa Maggiore, nel PGM IV, 2238, si aggiunge all’inchiostro di mirra per fare
una lamella con fini amorosi, nel PGM IV 2395 va usata per un inchiostro con mirra e cinabrio usato in una pratica di
prosperità, nel PGM IV, 2683, si usa un ramo di artemisia in un incansamento coattivo a Selene, nel PGM IV, 2893, si
utilizza in un incensamento ad afrodite con mirra, nel PGM IV 3201 si fa un inchiostro per chiedere una visione in sogni,
nel PGM V, 370 i semi sono usati in una pratica con medium per invocare a Ermes, nel PGM VII, 600 i semi sono nella
lampada usata per invocare un demone, nel PGM VII, 999, in un inchiostro per un’invocazione di Elios per divinazione.
146
οἶκον δὲ ποιοῦσι καίεσθαι τῶν θαλαττίων τινὸς ἰχῶρι
χριόμενον τοῦ καλουμένου δακτύλου. καὶ τὸ διὰ τῆς ἅλμης δὲ
πάνυ χρήσιμον· ἔστι δὲ ἀφρὸς θαλάσσης, ἐν ὀστρακίνῳ στάμνῳ
μετὰ γλυκέος ἡψημένος· ᾧ ζέσαντι λύχνον ἐὰν προσάγῃς
καιόμενον, ἁρπάσαν τὸ πῦρ ἐξάπτεται· καὶ καταχυθὲν τῆς
κεφαλῆς οὐ καίει τὸ σύνολον. εἰ δὲ καὶ μάννη<ν> ἐπιπάσσεις
ζέοντι, πολλῷ μᾶλλον ἐξάπτεται· βέλτιον δὲ δρᾷ εἰ καὶ θείου τι
προσλάβοι421.

Più avanti, in IV, 33, 3 nella spiegazione di come fanno una piramide di pietra bruciare,
ci dice:

This is the reason the pyramid, though [appearing to be] stone,


burns like a torch. it is made of cretan soil colored like milk stone and
formed in the shape of a pyramid. It is fashioned as follows: the
magician generously soaks the clay with oil, puts it on coals, and
fires it. Again he soaks and fires it a second time, then a third, then
repeatedly, in order to make it flammable even if he sprays it with
water. Since it contains a rich store of oil, it can be ignited on its own
when the magician pours a libation. The altar, containing slowly
burning lime instead of ashes, also contains a generous supply of fine
frankincense, wood chips from torches with fine pine resin, and
empty nutshells that have fire inside In time, the smoke rises from
the mouth [of the pyramid], since the magician has placed fire in oak
gall and wrapped it with hemp. He also blows into the mouth of the
pyramid.

τοῦ δὲ τὴν πυραμίδα καίεσθαι δᾳδίου δίκην, οὖσαν λίθον, αὕτη


<ἡ> αἰτία· γῆ μέν ἐστι Κρητική, τὸ μὲν σχῆμα πεπλασμένη
πυραμίς, τὸ δὲ χρῶμα ὡς λίθος γαλακτικός, κατασκευάζεται δὲ
τοῦτον τὸν τρόπον. βρέξας ἐλαίῳ πλείονι τὴν βῶλον, θεὶς ἐπ’
ἀνθράκων ὀπτήσας, καὶ πάλιν βρέξας καὶ καύσας δεύτερον καὶ
τρίτον καὶ πολλάκις, καίεσθαι δύνασθαι παρασκευάζει, κἂν ὕδατι
βραχῇ· ἔχει γὰρ ἐν ἑαυτῷ πολὺ τὸ ἔλαιον. ἀνάπτεται δὲ δι’ αὑτῆς,
τοῦ μάγου σπένδοντος, ἡ πυρά, τίτανον ὑποκαιομένην ἔχουσα
ἀντὶ σποδιᾶς, καὶ λιβανωτὸν λεπτὸν [καὶ] πολύν, καὶ δᾳδίων
<ῥητίνῃ> κεχρισμένων αὐτορρύτῳ <φορυτὸν> κηκίδων τε κενῶν,
ἔνδον πῦρ ἐχουσῶν. Kαπνὸν δὲ ἐκ τοῦ στόματος ἀνίει
ἐγχρονίσας καὶ πῦρ κηκῖδι ἐμβαλὼν καὶ τῷ στυπείῳ
συμπεριβαλὼν καὶ φυσῶν ἐν τῷ στόματι.422

L’Africano, da parte sua, propone la seguente ricetta di “fuoco spontaneo”:

421 Testo inglese e greco preso da David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 146-147.
422 Idem, Pp.150-151.
147
(…) sotto il sole di mezzogiorno, si tritano in un mortaio nero, in
parti uguali, zolfo naturale, salgemma, cenere, eliotropio e pirite, poi
vi si mescola del succo di gelso nero e del bitume di Zane, non secco
ma ancora liquido (Ciascun ingrediente in parti uguali), in modo di
ottenere un prodotto simile alla fuliggine. Successivamente si
aggiunge al bitume una piccolissima quantità di calce viva. Bisogna
poi tritare accuratamente sotto il sole di mezzogiorno e proteggere il
viso, perché si appiccherà immediatamente il fuoco. Una volta
appicciato il fuoco, occorre chiudere il prodotto in un recipiente di
rame, per averlo così pronto in un vaso, e non esporlo più al sole.
Poi, se vorai incendiare l’equipaggiamento dei nemici o qualche altro
oggetto, li ungerai, la sera, di nascosto: quando il sole spunterà, tutto
prenderà fuoco. σκευάζεται γοῦν οὕτως· θείου ἀπύρου, ἁλὸς
ὀρυκτοῦ, κονίας, κεραουνίου λίθου, πυρίτου ἴσα λειοῦνται ἐν θυίᾳ
μελαίνῃ, μεσουρανοῦντος ἡλίου·μίγνυταί τε υκαμίνου μελαίνης
ὀποῦ καὶ ἀσφάλτου Ζακυνθίας ὑγρᾶς καὶ αὐτορύτου ἐκάστου
ἴσον, ὡς λιγνυῶδες γενέσθαι· εἶτα προσβάλλεται ἀσφάλτῳ
πιτάνου παντελῶς ὀλίγου· ἐπιμελῶς δὲ δεῖ τρίβειν,
μεσουρανοῦντος ἡλίου, καὶ φυλάσσειν τὸ πρόσωπων· αἰφνίδιον
γὰρ ἀναφθήσεται. Ἁγθεισαν δὲ χρὴ πωμάσαι χαλκῷ τινι
ἀγγείῳ, πρὸς τὸ ἕτοιμον οὕτως ἔχειν εἰς πυξίδα καὶ μηκέτι
δαικνύναι τῷ ἡλίῳ· ἀλλ' ἐν ἑσπέρᾳ, ἐὰν βούλῃ πολεμίων ὅπλα
ἐμπρῆσαι, ταῦτα καταχρίσεις ἤ ἕτερόν τι, λεληθότοως δὲ· ἡλίου
γὰρ φαινομένου, πάντα καυθήσεται ”423.

È interessante notare che sebbene troviamo ingredienti comuni, come lo zolfo, la calce e
il sale, e un ingrediente dolce (succo di gelso per l’Africano, succo d’uva, per l’Elenchos), le
procedure funzionano diversamente. Nel caso dell’Elenchos, il primo preparato deve
avere contatto con una fiamma per accendersi, e sembra che fosse qualcosa che si mostra,
una specie di “pentola in fiamme”, il cui contenuto non brucia affatto. Nel caso della
piramide, anche deve essere accesa, e nuovamente è qualcosa che si mostra e che sembra
paradossale: come la pietra può bruciarsi? La proposta dell’Africano invece, è un
preparato che è capace di accendersi da solo, soprendendo al nemico che vede come il suo
equipaggiamento si brucia da solo (Anche se per questo il preparato deve essere applicato
da nascosto, cosa non facile). D’altro canto, oltre gli elementi comuni, alcuni ben conosciuti
per la sua infiammabilità, la piramide dell’Elenchos si basa sull’olio come combustibile, i
preparati incendiari del capitolo 33 dell’Elenchos usano elementi del mare (tra i quali il
siero di un pesce che viene nominato anche da Plinio il Vecchio424), mentre l’Africano si

423
Antonio Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, P. 200-221
424 David Litwa (Trad.) Refutation of All Heresies, Pp. 147.
148
basa sullo zolfo, il bitume di Zante, che sarebbe petrolio crudo425, la calce e l’eliotropo, un
tipo di calcedonio con le macchie rosse426.

425 Seguendo la descrizione che offre Plinio il vecchio, che curiosamente, viene dopo la descrizione delle proprtà dello
Zolfo e coincide con le descrizioni di Eliano, Diosocoride e Vitruvio, sembra che tutte derivanti da Eradoto. Antonio
Sestili (Trad.), I Cesti di Sesto Giulio Africano, P. 447.
426 Idem

149
8. Conclusioni.

8.1. Tre concetti di magia.

L’Africano non utilizza mai il concetto di magia nel suo testo. Tra le parole di significato
prossimo, utilizza l’ambiguo Φάρμακον, che nel contesto ben potrebbe indicare droga e
non pratica magica, ed ἐπαοιδή, invocazione, incantesimo, ma quando va utilizzata
l’Africano sta parlando di un testo letterario, non suggerendo di utilizzare un’invocazione
per qualche scopo pragmatico. Comunque, questo non impedisce che un autore bizantino
come Psello, descriva il contenuto dei Cesti considerando che offre metodi “artificiali”
(τεχνική) opposti alla natura, che suggerisce di usare amuleti (περιάπτων), incantesimi
segreti e artifici (τεχνάσματα) per risolvere problemi di salute e sessuali. Dice che il testo
è pieno di παράδοξα e che invece di suggerire le procedure usuali, suggerisce procedure
tecniche o meglio ancore magiche (τεχνικήν ἤ μᾶλλον γοητικήν). Questa è la ambiguità
del testo. Ha elementi che possono essere letti come magici, anche da un osservatore
contemporaneo a lui, ma per l’autore non lo sono.

L’Africano gioca nel terreno ambiguo del sapere tecnico antico, che unisce
tradizioni di sapere pragmatico, riferimenti mitici eruditi e la ricerca della sorpresa del
lettore e/o lo spettatore attraverso l’artificio e il gusto per l’occulto. Come avevamo visto,
in Cesti VII cerca di fornire un testo utile basato in tre pilastri: saperi terapeutici,
conoscenze o racconti segreti e discorsi o racconti belli: θεραπείαν παθῶν ἤ ἱστορίαν
ἀπόρρητον ἤ λόγου κάλλος. Non per nulla l’opera si chiama Κεστοί, concetto collegato
all’erudizione, all’astuzia, alla bellezza e alla magia. L’idea di sapere segreto ( ἱστορίαν
ἀπόρρητον) anche ci porta al mondo della magia, che è un sapere accessibile soltanto agli
iniziati, ma qua sembra indicare la profonda conoscenza della natura e la sua applicazione
mai vista all’ambito militare. Gli stratagemmi sono definiti come segreti, non visti
(λανθάνω) dall’Africano.

Questo atteggiamento ambiguo è parte della strategia retorica dell’Africano, che


cerca di unire erudizione mitologica con meraviglia tecnica per rialzare il tono del suo
lavoro. Così, si vanta di usare gli elementi della natura a suo favore, come se fosse un
esercito invisibile, imitando le divinità e dominando la fortuna con la sua tecnica. In altri
contesti, l’Africano dice che la sua è una “scienza della natura´” (τέχνῃ φύσεως), capace di
eliminare i defetti naturali, o cambiare le qualità naturali delle cose. Questa concezione è
molto vicina a quella che da base all’alchimia a partire della tradizione pseudo-
democritea, che sviluppa un complesso sistema di simpatie e antipatie naturali utili alla
trasformazione dei materiali e la produzione di rimedi, tinture, pietre preziose e metalli. Il
sapere africaneo assume che determinati oggetti naturali hanno delle proprietà che
possono utilizzarsi per trarne utilità, e queste proprietà sono molto ampie. Così i gladiatori
o atleti approfittano le pietre stomacali di un gallo vittorioso, che per sua natura, aiutano
alla vittoria, ma anche si può prendere le capacità individuali di un gallo vittorioso
mangiandone la carne. La testa o le ali di un pipistrello, in teoria, rendono insonne, e
150
permettono all’Africano di presentarsi come uno che domina con questa scienza
(ἐμπειρίας), una delle forze più potenti dell’universo: il sonno, che ha creato guai a dei,
semidei e uomini, come l’Africano ricorda con orgoglio.

L’Africano è consapevole che i demoni sono una forza negativa presente nel
mondo, e nella sua Cronographia attribuisce l’origine della magia e la stregoneria agli
angeli caduti che si sono uniti con le donne prima del diluvio universale, ma non collega
mai le sue proposte a forze demoniache, come invece faranno molto spesso i padri della
chiesa, che attribuiscono i miracoli fatti dai maghi all’invocazione di demoni (tra i demoni
si trovano le divinità pagane) o direttamente all’azione del Demonio. In questa linea, la
spiegazione che lui dà a perché il frammento che lui propone come un passo perduto
dell’Odissea, contenente un’invocazione agli dei celestiali e infernali che ben potrebbe
trovarsi nei PGM, e non è dentro del canone, è giustamente perché pensa che Omero
avrebbe creduto che non è un testo degno o perché i Pisistratidi avrebbero considerato che
non entrava nel contesto del poema. L’iconoclasta atto di mostrarsi come un conoscitore
dell’Odissea che supera lo stesso Omero, aiuta all’autore a risolvere la scomodità che
generano gli argomenti collegati alla negromanzia, che deriva, naturalmente, dalla
sanzione sociale della magia.

Nel caso dell’Elenchos, la pratica della magia è un tratto distintivo dei gruppi
ereticali, e serve a mostrare come gli eresiarchi siano dei truffatori e dei plagiatori.
L’autore dell’Elenchos, probabilmente seguendo un testo di confutazione della magia,
prima descrive rituali magici che si presentano nella superficie come invocatori di forze
divine e sacre che permettono di creare “veri” miracoli, e dopo procede a descrivere come
i maghi, utilizzando tecniche di teatro e saperi che oggi denomineremo di chimica,
farmacopea, fisica e psicologia, creano le illusioni che fanno passare per miracoli. Stanze
segrete, specchi, reazioni chimiche, seguaci, tecniche di discorso, fumi, apparati complessi,
sono parte di una sceneggiata che si approfitta dell’ignoranza delle persone. I maghi
stimolano l’immaginazione e la debolezza mentale delle persone fin dall’inizio del rituale:
piccoli miracoli all’inizio permettono al mago di far credere che veramente possono
invocare demoni e divinità. L’autore dell’Elenchos si presenta come uno che mostra la
verità e previene alle persone dell’inganno, mostrando le tecniche che creano i miracoli. La
magia viene svalutata a πανούργημα, trucco disonesto, a un arte scellerato, disonesto,
senza fondamento (πανοῦργον καὶ ἀσύστατον τέχνην ), un mero trucco (μηχανη) che
gli eresiarchi dopo indicheranno come parte delle sue dottrine segrete. La base di queste
tecniche sono proprio strumenti naturali (φυσικὸν ὄργανον) e strumenti artificiali,
(τέχνης ὄργανα), idee che ci portano alla sfera del sapere pseudo-democriteo.

I PGM raccolgono un materiale variegato e ampio, che include domande oracolari,


elenchi di risposte oracolari basate in testi omerici, un canto di lavoro per calmare venti e
acque, un frammento di romanzo su un mago, un testo alchimico, un curioso elenco di
ricette giocose e medicinali attribuite a Democrito, e amuleti cristiani. Troviamo anche testi
che potremmo definire di appoggio alla procedura magica, come elenchi di giorni fasti e
nefasti, o testi che collegano le fasi della luna con diverse procedure. La magia dei PGM ha

151
un componente astrologico e la luna ha una forte presenza nei rituali. In ogni caso, la
lettura delle procedure dei PGM ci mostra che la magia opera principalmente invocando la
potenza divina attraverso sacrifici, ingredienti magici collegati alla divinità, invocazioni,
segni magici, e soprattutto la conoscenza dei nomi segreti della divinità, che si ottiene
attraverso complessi processi di consacrazione. Se non si appella direttamente alla
divinità, si cerca l’aiuto di un demone, che è invocato invocando divinità superiori e
minacciandolo. Come è ben saputo, il mago risolve problemi quotidiani: ottenere beni
materiali, avere fortuna, vincere nello sport o nei tribunali, dominare la collera di
qualcuno potente, conoscere il futuro, attrarre donne e uomini, causare danno fisico e
psicologico ai nemici, guarirsi, dare forza, volare, controllare gli elementi naturali, farsi
invisibile, separare persone, distruggere oggetti, invocare demoni, esorcizzare, inviare
sogni e visioni.

I PGM trasmettono l’idea della magia come un sapere esclusivo, segreto, trasmesso
da maghi famosi in lettere da non ripetere, copiato da antiche librerie egiziane, attribuito a
filosofi e divinità come Ermes Trismegisto. Personaggi centrali sono gli ἱερογραμματεις,
sacerdoti-copisti di testi magici che, secondo si dice in PGM XII, avevano cifrato gli
ingredienti magici delle procedure per evitare che fossero utilizzate dalle masse. Questo ci
indica che il sapere degli ingredienti simpatetici adeguati ai rituali era segreto. I
conoscitori di questo sapere, come Keryx, il destinatario di una supposta lettera di un tale
Pnutis, altro scriba sacro, che conosce i misteri, sono definiti persone religiose, che temono
o adorano il dio (σε[βαζομνῳ τ]ὸν θεὸν), e la magia è definita sacra, santa (ἅγιος) come il
demone che Pnutis insegna a invocare, e il mago può convincere le divinità con le sue
parole, in tanto è un benedetto iniziato in questo sacro arte (ὦ μα[κάρι]ε μύστα τῆς ἱερᾶς
μαγείας). In altro caso (PGM IV 2448-2455) si parla di un certo Pancrate o Pacrate, che
avrebbe avuto la riconoscenza dell’imperatore Adriano per la sua magia divina (δύναμιν
τῆς θείας αὐτοῦ μαγείας), dimostrando di inviare malattie, inviare sogni e visioni,
uccidere o produrre l’amore, pratiche che erano proibite dalla legge romana imperiale, ma
evidentemente non nell’immaginazione del mago che scrisse questo per dare autorità al
suo testo.

Come vedremo con più dettaglio nell’analisi delle procedure magiche degli autori,
la descrizione della magia che fa l’Elenchos prende il mondo delle divinità, demoni e poteri
sovrannaturali che è alla base della cosmologia dei PGM e dei meccanismi rituali dei
maghi, e lo collega direttamente ai saperi contemporanei più o meno pragmatici. I maghi
non invocano demoni o dei per sapere il futuro, creare fenomeni naturali o maledire
persone, ma simulano farlo mentre adoperano un sapere che crea veramente le illusioni
che li servono. I maghi esistono, ma non fanno magia, soltanto illusioni, che accadono
veramente. L’Africano, da parte sua, adopera quel sapere, che noi colleghiamo alla
tradizione pseudo-democritea, anche gli elementi più liminali e meno pragmatici, e lo
utilizza per creare la sua opera utile, bella e sorprendente, senza andare verso l’aspetto
rituale proprio dei maghi (se non in un caso, la cui attribuzione è dubbia) e per questo,
non fa magia. Da parte sua, i maghi dei PGM, nella grande maggioranza dei casi si
riferiscono al mondo religioso e rituale di saperi segreti sulla divinità e il cosmo che li
152
permettono di ottenere il risultato che loro vogliono. Con poche eccezioni (come le ricette
giocose dello pseudo-Democrito o qualche ricetta alchimica), non troviamo mai riferimenti
al sapere tecnico simpatetico che l’Africano e i maghi dell’Elenchos adoperano. Il mago del
PGM non si preoccupa della teatralità o degli effetti speciali dei suoi rituali, quasi sempre
lavora solo, e si fida degli ingredienti, le parole e i segni che la sua antica tradizione li ha
tramandato per collegarsi ai poteri divini che servono ai suoi scopi.

8.2 Pratiche magiche. Differenze e punti di contatto.

Tra le procedure suggerite nei Cesti, troviamo un unicum nella letteratura


dell’epoca: presentare gli ingredienti delle procedure dentro un pentagono con delle
notazioni musicali accanto. I pentagoni con forma stellata sono simboli apotropaici
utilizzati largamente nelle società mediterranee (non è chiaro che nei Cesti fossero stellati
ma gli editori del testo propongono questa lettura) e avrà delle valenze simboliche
importante nella mistica ebraica dei secoli posteriori. Le notazioni musicali hanno anche
un componente mistico-filosofico dentro del pitagorismo ( anche se l’uso che ne fa
l’Africano non sembra indicare questo), e come coincidono con le lettere dell’alfabeto
greco rovesciate o con piccole alterazioni, ricordano ai charakteres utilizzati nei PGM o a i
giochi con le lettere che caratterizzano la qabbalah. Troviamo anche riferimenti a tavolette
tetragonali e a un ettagramma nei PGM, oltre simbologie numerologiche, ma non
pentagoni. In ogni caso, il contesto delle procedure e le concezioni che l’Africano ha sul
suo testo sono molto lontani da quei mondi e non è chiaro perché l’Africano li nomina,
perché non si può dedurre delle procedure che si devano tracciare a modo di cerchio
magico, ne hanno una funzione esplicitata.

Le ricette che fanno riferimento ai pentagoni suggeriscono maniere di produrre


veleni per uso militare. Questi veleni sono da mettere nel cibo o l’acqua da dare ai nemici
o per avvelenare l’aria. L’Africano definisce le sue procedure come produttrici di
pestilenze, e sono risultato dell’uccisione di animali velenosi, anche se per noi moderni
sono di dubbia utilità. In ogni caso, queste ricette mostrano che l’Africano ricorre a
exempla mitici e storici per inquadrare le sue procedure e anche si presenta come uno che
domina gli elementi naturali con le sue tecniche. Nel caso di una droga per spaventare ai
cavalli, presentata anche come veleno da usare in battaglia, l’interessante è che l’Africano
la presenta come un’alternativa pragmatica più efficace alla devozione a Poseidone
“spaventa cavalli”. Gli ingredienti usati a questo scopo sono conosciuti nella farmacopea
antica, ma anche presenti in rituali magici o superstizioni, come il sangue mestruale o il
fiele di certi animali. In collegamento a questo farmaco spaventa-cavalli, troviamo anche
l’applicazione militare (ovviamente non pratica) dell’antipatia tra lupi e cavalli: lanciare
alla cavalleria nemica astragali di lupo per paralizzarla. L’interessante è che l’Africano cita
un’opera come fonte, e l’autore, un tale Nettuniano, potrebbe essere collegato alla
tradizione pseudo-democritea. Questa tematica di misure contro cavalli nemici ci permette
di andare al contesto delle gare di carri, contesto famoso per la presenza della magia, e i
PGM ci tramandano l’uso di una tavoletta di maledizione, utile anche per paralizzare un
carro. Ma la procedura in PGM VII, 430-458 ci mostra la distanza abissale dei PGM con

153
l’Africano. Si utilizza una tavoletta di piombo, si fa invocazione a Osiride, si iscrivono
voces magicae, si utilizzano le ephesia grammata, si fa un rituale di consacrazione e si cerca di
invocare i demoni dei morti. L’unico elemento comune tra questa procedura e altre che
propone l’Africano, è l’utilizzo di uno stilo di bronzo.

Altre procedure collegate ai pentagoni sono per produrre amuleti, oggetti utilizzati
trasversalmente nella società antica e considerati protettivi e medicinali di maniera quasi
universale, anche fuori l’ambito strettamente magico. Nel caso dell’Africano, l’amuleto più
interessante è uno fatto con la testa di un pipistrello con l’effetto di produrre insonnia, ma
anche si suggerisce di usare le ali, tolte dall’animale ancora vivo, per bere, e come
risultato, avere piccoli periodi di insonnia. Il sonno è presentato dall’Africano come una
forza molto potente nel mito e nella storia militare, e con questa tecnica, il nostro autore si
vanta di dominare una forza che ha dominato a tutti. Oltre questo, l’Africano suggerisce di
lasciare la testa di un pipistrello sotto il guanciale di qualcuno per fare uno scherzo,
ricordando il contesto simposiaco, al quale vengono riferiti le ricette giocose di Democrito
del PGM VII, e che anche Psello nota (anche se il bizantino dice che l’Africano faceva
dormire un parassita). I PGM, d’altro canto, riconoscono il collegamento tra il pipistrello e
l’insonnia, che sembra sia basato su una logica simpatetica (l’Africano ci dice che cosi
come il sonno a le ali, lui utilizza un uccello, che come il sonno è figlio della notte, cosi usa
un uccello notturno, ed è evidente che si poteva pensare che una delle qualità dei
pipistrelli è non dormire di notte). I PGM utilizzano questo collegamento in tre procedure:
un incantesimo che produce insonnia utilizzando le ali del pipistrello come base per
un’iscrizione, altro incantesimo amoroso che utilizza un’iscrizione fatta sulle ali di un
pipistrello femmina vivo, e un terzo con lo stesso scopo, ma che utilizza gli occhi del
pipistrello femmina (tolti senza ucciderlo) per collocarlo in una figurina. In ogni caso, i
PGM sviluppano la procedura e vanno ben oltre il semplice uso dell’amuleto sulla base di
nozioni simpatetiche, e aggiungono, nel primo caso, voces magicae e inchiostri di sangue di
animali per l’iscrizione nell’ala, nel caso del secondo testo, si usano inchiostro di mirra,
nomi divini impronunciabili, si fa un disegno e si invoca alla “grande dea”, e nel terzo
caso, si ha bisogno, oltre alla figurina di cera, di un oggetto che ebbe contatto con la
vittima o parte del suo corpo, un anello, una ciotola che va sigillata, e un’iscrizione a Ecate
con voces magiace che va lasciata in un incrocio di strade.

Altro amuleto collegato ai pentagoni suggerito dall’Africano, è appendere una coda


di lupo, presa con l’animale ancora vivo, all’orecchio destro dei cavalli per evitare che si
spaventino. Nuovamente compare l’istruzione di togliere l’ingrediente con l’animale vivo,
che sembra sia tipica delle procedure di raccolta di ingredienti con usi più o meno magici,
come anche quella di appendere in un determinato lato del cavallo. La segnalazione del
lato, destro o sinistro, si trova in altri momenti nell’Africano e in altre procedure magiche
antiche. L’Africano, in un passo senza pentagono, anche suggerisce che i canini di un lupo,
presi con l’animale vivo, sono un ottimo abbellimento per le quadrighe, e anche aiutano ad
aumentare la velocità dei cavalli di una maniera più sicura che gli astragali di lupo appesi
nelle narici dell’animale.

154
L’Africano anche suggerisce come metodo di addestramento, l’uso di un’iscrizione
latina (la cui ricostruzione ha un significato poco chiaro) da iscrivere nello zoccolo sinistro
anteriore del cavallo con uno stilo di bronzo, con la mano sinistra e in un giorno
determinato, procedura che è definita “scienza o arte della natura” (φύσεως τέχνῃ). Nei
PGM troviamo procedure con certa affinità, come una iscrizione con segni magici da fare
nello zoccolo del cavallo con uno stilo di bronzo per avere vittoria in una gara che
troviamo in PGM VII 390 e seguenti, o altra fatta con una lamella d’oro iscritta con uno
stilo di bronzo, con segni magici e invocazione a Thot, che si porta nei sandali.

Finalmente, gli ultimi passi collegati a questi pentagoni sono delle procedure per
guarire ferite. L’Africano nota che i pazienti devono essere calmati e invitati ad avere
fiducia nell’intervento chirurgico, e a questo scopo suggerisce di applicare una placca
nell’incisione fatta dal medico, non è chiaro se come amuleto protettivo, o come aiuto
effettivo alla cicatrizzazione. Altro rimedio consigliato per diminuire il dolore è l’uso di
grasso, percuotere la ferita con il ferro che la ha causato, mentre si sputa, si dice “tata” tre
volte e si recita un’altra formula latina non pervenuta. Queste procedure si riscontrano in
alcuni trattati tecnici e medici antichi, e si utilizzano strategie che ricordano procedure
terapeutiche magiche, come lo sputo, l’uso della causa della ferita per eliminarla, una
formula e l’onomatopeia, ma comunque la pratica è molto scarna se messa accanto le
elaborate invocazioni dei PGM. Si deve sottolineare che l’Africano è molto attento alla
situazione psicologica del ferito, e magari per questo suggerisce incantesimi che aiutano a
cambiare l’attitudine e le aspettative del paziente, come ci indica la ricerca antropologica
sui rituali magici.

Tutto un discorso a parte è quello che dobbiamo fare rispetto al frammento di Cesti
XVIII, dove si descrive come Odisseo avrebbe fatto l’invocazione che li permetteva di
entrare agli inferi. È un’invocazione che include divinità greche, egiziane, ebree, e anche
nomi come Abrasax e Ablanatho, tipici dei papiri magici. L’Africano presenta questo testo
come una trovata filologica, non come una pratica a realizzare. È un testo letterario che
colloca a Odisseo operando con le idee che l’immaginario contemporaneo aveva sulle
pratiche di invocazione delle anime dei defunti. La struttura è comune alle invocazioni
magiche e quelle della religione ufficiale, includendo l’identificazione della divinità con
nomi, epiteti, e mitologie, l’identificazione dell’orante e la petizione. Il lungo elenco di
divinità invocate da Odisseo, Anubi, Ermes, Zeus, Hades, Terra, Helios, Iaa (Yahweh),
Phtah, Phre, Nephto, Ablanatho, Abraxas, Nascita, Morte, Fuoco, Iside e la stella Sirio, ha
riscontri nelle procedure dei PGM, essendo quasi tutte nominate nei PGM, con eccezione
di Nephto e Ablanatho (che comunque sembra collegabile con il palindromo
Ablanathalba), e le personificazioni della Terra, Nascita, la Morte e il Fuoco. In ogni caso,
gli epiteti usati nel falso letterario dell’Africano coincidono soltanto in pochi casi, e quello
che è comune è la possibilità di collegare le divinità invocate agli inferi, anche se questo
riferimento non sia necessariamente il più caratteristico di tutte le divinità nominate. In
ogni caso, sembra che la fonte di queste associazioni sia la tradizione della religione
ufficiale, che è alla base delle pratiche magiche in genere. Tra i nomi, risulta significativo

155
quello di Abrasax/Abraxas, perché è uno che compare più o meno nell’epoca
dell’Africano, e ha anche riscontri nella letteratura eresiologica e l’Elenchos.

Nel caso dell’Elenchos, la nostra attenzione va rivolta alla ricostruzione che l’autore
fa di una sessione di pratiche magiche con pubblico, perché collega esplicitamente le
procedure che creano le illusioni con i rituali magici attuati dai maghi, che includono
invocazioni alla divinità. L’autore descrive trucchi con fuoco prima di descrivere
un’invocazione ad Asclepio. I maghi sono mostrati come uomini che dispiegano dei giochi
infantili, utilizzando procedure per manipolare il fuoco senza scottarsi (pece bollente,
camminare su carboni) e bruciando cose che sembra non si potrebbero bruciare (una
piramide di pietra). Dopo è riportata un’invocazione ad Asclepio. Asclepio è invocato
brevemente soltanto in una procedura dei PGM, e il contenuto dell’invocazione
dell’Elenchos ricorda invece più di vicino quelle della religione ufficiale, descrivendo
l’azione di guarigione del dio come la salvazione delle anime che vanno verso l’Ade (idee
che troviamo in discorsi di Elio Aristide), e nominando i luoghi di culto tradizionali ad
Asclepio. Dopo questo, viene descritta una procedura di lecanomanzia, che sebbene
ritualmente non sia uguale a quelle dei PGM, utilizza concetti e idee simili, e si descrive la
figura di una Ecate-Persefone, dea doppia molto presente nella tradizione magica.
L’Elenchos descrive giustamente un’invocazione a Ecate, che compare dopo la
rappresentazione dell’atto di bruciare un demone e prima dell’apparizione di un’Ecate
infuocata, fatta con un uccello che porta una stoppa in fiamme. L’atto di bruciare un
demone con una lampada non compare nei PGM, soltanto troviamo una descrizione di
licnomanzia dove la divinità compare attraverso la luce della fiamma che si amplia. Nelle
invocazioni a Ecate dei PGM, comunque, si descrive la testa di Ecate come infiammata e
circondata di anime che respirano fuoco. Invece, negli Oracoli Caldaici, si parla
chiaramente di una epifania di una Ecate infuocata. Gli epiteti utilizzati nell’Elenchos
hanno riscontro in parecchi testi della tradizione letteraria, come Esiodo, Sofocle, Ovidio,
Apollonio rodio o nei testi orfici e gli inni omerici, e cosi Ecate va collegata a Selene, a
Persefone, alle moire, e ha simboli come i cani, gli incroci, le torce. Ecate è definita
triforme, con molteplici identità e identificazioni. Più inusuale il collegamento con i
cadaveri e le tombe che ricorda le streghe della letteratura latina, ma che ha riscontro nei
PGM. Neo PGM troviamo quattro lunghe invocazioni a Ecate, utilizzate per maledire e in
rituali erotici, che riprendono queste tematiche della tradizione e la sviluppano,
trasformando a Ecate in una grande dea cosmica, dominatrice degli inferi, ma anche della
creazione tutta. Nei PGM Ecate è collegata alla luce, al fuoco e alla luna, alla notte, al
tartaro, alla morte, alle tombe e a Proserpina. È una dea rabbiosa, che crea paura e
disgrazia, le cui grida sconvolgono il cosmo, ma anche astuta, persuasiva e temibile.
Anche ha gli attributi di Artemide, come scagliare frecce o cacciare animali, ed è anche
triplice e quadrupla, con altrettante voci, facce, teste, e discorsi. È anche immortale,
propizia, domina il mondo, è guardiana delle strade e delle porte e dona i beni, ed è
considerata principio vitale del mondo. I PGM elencano anche simboli/segni della dea, che
non sempre coincidono con quelli della religione tradizionale: ragazza, cavalla, serpente,
lampada, stella, leona, lupa, corallo, sangue di tortora, fuoco solare, seme di Pan.

156
L’Elenchos cerca sempre di smascherare i trucchi dei maghi che creano l’illusione di
miracoli ed epifanie, e queste procedure hanno qualche riscontro nei PGM. Prima,
l’Elenchos mostra come il mago crea tutta una procedura per rispondere alle domande dei
clienti. Si vuole far credere che un “demone” come Phren (qua vediamo come un cristiano
demonizza la magia e le religioni non cristiane, perché Phren non è altro che Ra) può
rispondere alle domande dei clienti. Il cliente scrive la domanda su un papiro, che viene
bruciato, dopo che sono aggiunte anche frasi in una lingua che ricorderebbe quella ebraica.
Dopo il testo va eraso e consegnato per essere bruciato. Anche viene bruciato un incenso
proprio dei maghi, il Kyphi, che troviamo nominato anche nei PGM. In questo momento il
medium si ritira a una sala buia, facendo dei rumori strani, mentre il mago invoca Phren.
Il mago, utilizzando sostanze come solfato di rame (l’autore dice che altre sostanze fano lo
stesso effetto, e fa coppie di inchiostro e rivelatore), procede a svelare il contenuto della
richiesta, prima di portare tutti dove il medium e procedere a rispondere nelle orecchie del
medium, per spaventarlo e farlo credere che una voce demoniaca li parla, mediante
strumenti simili a un flauto e approfittando la stanza buia. Altra strategia descritta è una
che permette di aprire i sigilli delle lettere e dopo sigillarle di nuovo, creando l’illusione di
chiaroveggenza. È interessante notare che l’autore descrive un elenco di opzioni ampio, e
che troviamo ingredienti come lo zolfo, la pece e il piombo, che troviamo in altre
procedure e anche sono usate nella tradizione alchemica. Anche ci informa
dell’importanza della cultura scritta nella relazione tra maghi e clienti, e ci rinvia al mondo
di lettere, manuali e biblioteche che immaginano i PGM. Finalmente, si deve notare che nei
PGM, i maghi che chiedono rivelazioni del futuro e sapere universale anche chiedono di
poter leggere lettere sigillate, ma le procedure che indicano questo non hanno nulla a che
vedere con le ricette pragmatiche descritte dall’Elenchos.

L’Elenchos anche descrive l’utilizzo di “effetti speciali” da parte dei maghi, come far
cadere pietre su lamine di metallo per produrre il suono del tuono, o creare delle visioni
spaventose nel fuoco con un incenso rimaneggiato che salta in aria, bruciando tinture che
cambiano il colore della fiamma, usando preparati viscosi a base di cera o collocando
allume nei carboni per farli muovere improvvisamente. Anche si crea l’illusione della luna
che scende dal cielo, utilizzando specchi, lampade e un piatto con acqua per proiettare u
riflesso che somiglia la luna nel momento giusto. Questa procedura è importante perché
fin dall’epoca classica che nella letteratura viene attribuita ai maghi e alle streghe la
capacità di far scendere la luna, far buia la notte o cose simili e ben potrebbe aver finito
come un luogo comune sui maghi, e cioè nelle aspettative dei clienti. D’altro lato, come
abbiamo visto, la luna come divinità identificata con Ecate ha un forte collegamento con le
pratiche magiche.

Anche con valenza letteraria è l’idea di un teschio parlante oracolare, che troviamo
nell’opera paradossografia di Flegonte di Tralle, che sembra sia stata parecchio popolare, e
raccolga anche un sapere orale. Troviamo anche un riferimento indiretto a questo anche
nei PGM, dove in un rituale negromantico su un teschio, che cerca di invocare un demone,
si utilizza un amuleto contro i teschi che non profetizzano. Nell’Elenchos, il miracolo non è
prodotto da un intervento divino o l’invocazione di un demone, ma da una figura di cera
157
su una membrana di bue, che parla perché un complice lo fa attraverso un flauto sotto di
essa.

Il miglior esempio di trucchi magici per ingannare che troviamo nei PGM sono i
Δημοκρίτου παίγνια. Uno de testi centrali della tradizione pseudo democritea, questo
testo è il perno che ci permette di collegare il sapere Africaneo, con l’Elenchos e con i PGM.
Anche se le procedure sono lontane dal sapere magico che usualmente si trova nei PGM,
la sua presenza nel Papiro VII, un manuale magico di tutto rispetto con grande varietà di
procedure, ci indica che i suoi saperi erano riconosciuti anche nel contesto della magia
greco-egiziana dei maghi-iniziati ellenizzati. I trucchi di Democrito includono ricette di
sapore alchemico, come far sembrare bronzo come oro con lo zolfo, o far passare un uovo
come mela tingendolo di rosso. Anche l’Elenchos ci riporta un trucco con le uova che si
tinge di rosso, ma si fa con l’uovo fresco. Dopo si utilizza un’erba per impedire al cuoco
accendere il fuoco, portandoci al contesto simposiaco e anche agli scherzi dell’Africano.
Collegato a questo contesto, troviamo ricette per bere di più, contrastare l’odore ad aglio,
disturbare una vecchia. Interessante è l’uso di cipolla marina per far sentire gli alimenti
freddi caldi, perché questo effetto di irritazione viene approfittato dai maghi, secondo
l’Elenchos, per fare che le pecore si ammazzino strofinandosi contro la lama del pugnale
prima del sacrificio. E si finisce con ricette di uso afrodisiaco e sessuale, che non hanno
paralleli diretti, ma sappiamo da Psello che i Cesti includevano procedure di questo tipo.
Di simile tematica sono i frammenti del PGM CXXVII, che indica un improbabile narcotico
a base di cervello di anguilla (L’Africano suggerisce narcotizzanti che sembrano a occhio
moderno più utili, e li suggerisce per utilizzano militare, ma anche, secondo Psello, per
scherzare), alcuni afrodisiaci, anche di dubbia effettività, che includono sostanze tossiche e
semi di insalata e due procedure simposiache: usare pietre bollenti per cambiare il sapore
del vino o usare altra pietra per iniziare una rissa.

Un gruppo fondamentale di procedure nella letteratura magica sono le procedure


salutari e protettive. Di ogni tipo e basate su diverse strategie, si possono fare interessanti
confronti. Dopo le ricette democritee, nel Papiro VII troviamo un elenco di procedure che
sembra quasi essere una sintesi della diversità di procedure di questo tipo che si trovano
nei PGM. Include un amuleto per fortuna e vittoria, fatto con la gamba destra di una
lucertola che va lasciata viva e libera, una procedura per creare vincoli di amore cha va
applicata nel membro maschile. Da notare che, anche se basato su sostanze animali e
vegetali e niente di più, non è un afrodisiaco, come quelle che abbiamo visto prima, ma
qualcosa per creare un vincolo. Contro il morso dello scorpione si utilizza un amuleto con
charakteres, e per evitare malattie comuni come la tosse, il mal di testa, problemi oculari, si
utilizzano amuleti con charakteres, invocazioni alle divinità con voces magiace, e un
incantesimo con una piccola historiola che sembra si rifaccia a una tradizione più antica.

Tra le procedure per favorire la vittoria, l’Africano nomina due collegate. Una,
prendere le pietre stomacali di un gallo di razza e portarle come amuleto, l’altra mangiare
la carne di un gallo vittorioso e bruciare le ossa. Come abbiamo visto, il meccanismo che
spiega le due procedure è diverso e contraddittorio. Nei PGM, troviamo vari tipi di

158
procedure per fortuna e vittoria: l’uso di denti della mandibola superiore destra di una
iena (PGM CXXIII), ma anche una tavoletta di zinco a Afrodite con voces magicae iscritte
con uno stilo di bronzo (PGM VII, 215 e ss.), un incantesimo che invoca angeli per
silenziare i nemici in un tribunale (PGM XXXVI 165 e ss.) e l’uso di una lamella iscritta con
versi omerici, che deve essere consacrata, invocando demoni e una divinità suprema, con
sacrifici e invocazioni con voces magicae.( PGM IV 2145-2240). Come si vede, sebbene
troviamo procedure con la stessa logica che quelle africanee, anche è abbondante l’uso di
rituali complessi di invocazione di forze divine e demoniache.

Altre procedure sono quelle per garantire la fertilità o annullarla, che è una tematica
di grande interesse in Cesti, vedendo quello rimasto sui cavalli e i commenti di Psello.
Abbiamo il suggerimento di usare la pietra galattite per aumentare la produzione di latte,
un rimedio di semplice simpatia. Una simpatia astrologica è alla base del suggerimento di
orientare i cavalli che si accoppiano di fronte al sole per avere un maschio o nel tramonto
contro il sole per avere una femmina. Anche simpatetico è il suggerimento di fare un
amuleto con poligonia, una pianta che porta nel nome la sua facilità per moltiplicarsi,
unita alla mirra e una placenta di cagna, tutti simboli di fertilità, al quale si aggiunge una
pianta maschio o femmina (definita così per analogie sessuali tra qualche parte della
pianta), per così garantire la fecondazione e il sesso desiderato. Da notare che gli
ingredienti nominati avevano una tradizione di conoscenza farmacologica e botanica alle
spalle, anche se non sempre sono attestati questi usi. Finalmente, e seguendo la stessa
logica, contro gli aborti viene suggerito un preparato a base di pesce remora o la presenza
del pesce mentre la giumenta è gravida. Il pesce remora in greco è nominato come “che
trattiene le navi”, e questa capacità di trattenere è quello che si vuole utilizzare per
prevenire gli aborti, tradizione anche raccolta in altri testi di storia naturale antica.
L’Africano, secondo Psello, raccomandava l’uso di un amuleto fatto con cervello di rana
avvolto in lino come contraccettivo, e con la stessa logica, ma diversi ingredienti, in PGM
LXIII si suggerisce di usare una fava con un insetto come amuleto o una fava con un buco
appesa con una pelle di mulo. Molto elaborato è il contraccettivo “unico al mondo” in
PGM XXVI, 321 e ss., che unisce strane simpatie terrenali e astrologiche, oltre qualche
simbolismo religioso nella figura della rana e della luna, con una procedura assai curiosa e
probabilmente tanto inefficace come gli amuleti nominati prima. Consiste in far inghiottire
a una rana tanti ceci come anni di infertilità si voglia, dopo averli passato per il sesso di
una donna che abbia la mestruazione. La rana va liberata, e si fa un amuleto con orzo, latte
di cavalla, muco di bue, tutto avvolto con una pelle di cervo e appeso da una pelle di
asino, mentre la luna sia calante, e si trovi in uno zodiaco femminile, in un giorno di Crono
o Erme.

Tra le procedure per prevenire le malattie e i danni, l’Africano propone di utilizzare


un amuleto di corno di cervo appeso al collo del cavallo, che sembra essere una ricetta
ippiatrica usuale. Invece, nei PGM, gli amuleti apotropaici, che utilizzano o ben papiro, o
lamelle, o anche un pompon, basano il suo potere in charakteres o voces magicae. L’Africano,
in ogni caso, anche propone un amuleto contro gli scorpioni che magari utilizza
un’invocazione magica: va iscritto abbas, che potrebbe essere un palindromo o una parola
159
aramaica rimaneggiata, ma non è chiaro. In PGM XXVIII, CXII e CXIII, si impiegano
abbondanti voces magicae, e anche il disegno di uno scorpione contro il suo morso.

Per guarire morsi, uno dei rimedi più curiosi che da l’Africano, è l’uso della testa
dell’animale che ha morso appesa alla ferita o applicando le ceneri della testa dopo
bruciarla. Parlando di teste, altro fenomeno proprio dell’Africano e considerare che il
fetore o i profumi possono prevenire o guarire pestilenze. Un cavallo può guarire della
“terribile malattia”, una terminologia che sembra galenica, se si utilizza una testa di cane
decomposta, e si può evitare essere avvelenati dal supposto preparato tossico che
l’Africano suggerisce nella sua sezione sulla guerra, se il campamento è protetto da fuochi
e profumi, cosa che va confermato anche da Psello, che dice che il fetore delle concerie
serviva a questo scopo secondo i Cesti.

Nel caso di rimedi per gli occhi, l’Africano, in un passo di dubbia attribuzione,
suggerisce di utilizzare le pietre che si trovano nei pulcini di rondine come amuleto contro
questi mali. L’interessante è che ci troviamo davanti l’unico caso nel materiale pervenuto
dove la procedura utilizza anche un sacrificio di una colomba bianca e l’invocazione di
una divinità, Afrodite. È la pratica africanea più vicina alle procedure terapeutiche dei
PGM, perché oltre le proprietà, diremmo con logica africanea, “naturali” di queste pietre
(c’è una tradizione botanica che afferma che i piccioni di rondine sono alimentati con
Chelidonia per prevenire o guarire i problemi degli occhi, e questa erba è un potente
rimedio oftalmico secondo questa tradizione), va unita anche a un rituale di invocazione,
ma l’attribuzione dubbia ci impedisce di andare oltre. Inoltre, più in linea con quello già
visto in altri casi e seguendo la tradizione medico-magica che troviamo citata in altri autori
come Plinio, l’Africano anche suggerisce di utilizzare le pietre di questi pulcini per guarire
l’epilessia con un amuleto. Le pietre vengono raccolte in primavera, all’inizio mese e in
luna crescente (la luna sembra avere qualche collegamento con l’epilessia) e avvolte in una
pelle di vitello senza che tocchino la terra. Nuovamente le simpatie tornano come
spiegazione di base dell’uso di occhi di avvoltoio e di rana come amuleto o anche
medicamento per gli occhi, avvolti in un panno. L’Africano suggerisce di togliere gli occhi
della rana con l’animale vivo e lasciarla andare, cosa che è comune ad altre pratiche
africanee e dei PGM.

Nei PGM gli occhi di animali sono ingredienti rituali, e sono ingredienti per
amuleti, ma il testo è troppo frammentario per capire bene il suo utilizzo. Si suggerisce di
togliere gli occhi all’animale ancora vivo, come l’Africano, ma non sono usati contro i mali
oculari. Molto più comuni gli amuleti e invocazioni contro il mal di testa e la febbre. Il tipo
più antico (questo esempio e databile nel I secolo a.C.) è rappresentato da due incantesimi
frammentari attribuite alle streghe Sira e Filina. L’interessante è il meccanismo che
utilizzano: sono historiolae, testi letterari che fanno un’analogia tra la situazione che si
vuole guarire e una situazione normalmente mitica. Così, Sira, per guarire ustioni,
racconta come un fuoco brucia diversi elementi, vari numerati col sette, fino quando il
fuoco inestinguibile fu spento da sette ragazze, e Filina, per finire un mal di testa, fa
fuggire questo male come fanno lupi o cavalli (questi ultimi definiti con epiteti omerici). Il

160
resto degli esempi è databile, come usuale nei PGM, dal secolo III d.C. in poi, e utilizzano
l’invocazione di diverse divinità, elenchi di nomi segreti della divinità suprema, disegni,
come l’ouroboros di significato alchemico e mistico, sistemando le voces magiace con forma
geometrica nel papiro o lamella, e disegnando charakteres.(PGM XVIII, LXXXVII, XXXIII,
LXXXVIII, XCIV 45-60, CVI). Finalmente, troviamo nel Papiro XII, amuleti che utilizzano
versi omerici contro la lepra, dolori, emorragie e anche come contraccettivo. Il testo
omerico in qualche modo sembra contrastare la malattia, con una logica similare agli
incantesimi di Sira e Filinna.

L’ultimo elemento messo a confronto tra i testi sono le procedure tintorie,


metallurgiche e alchemiche, che sono tutte da collegare, perché le tecniche tintorie e
metallurgiche sono un componente basale dell’alchimia antica. Le ricette di tinture per
pelli e tele che sono attribuite all’Africano, non a caso son pervenute nel Papyrus Graecus
Holmiensis, che accomuna ricette di tinture, metallurgiche e di lavoro o produzione di
pietre preziose vere o false. L’Africano suggerisce di utilizzare alghe ed erbe per fare una
tintura porpora, elementi utilizzati anche nella tradizione alchemica pseudo-democritea,
spiega come fare un mordente con allume, ingrediente che ha usi farmacologici come
astringente, che è utilizzato dai maghi dell’Elenchos per muovere carboni, ma anche
ingrediente nei processi di cambiamento di colore dei metalli che suggerisce lo pseudo-
Democrito. L’Africano propone ricette per cambiare il colore dei cavalli attraverso diverse
tecniche come tinture, farmaci e cauterizzazioni. Tra i preparati spiccano sostanze acide
come l’aceto, o il litargirio, o la polvere di piombo che anche è utilizzata come medicinale
astringente nella farmacopea e come base per preparati di colore argenteo nella tradizione
alchimica.

Anche i PGM, dentro di un manuale magico (PGM XII), ci tramandano una


procedura per produrre una tintura dorata, che utilizza ingredienti come aceto, sale,
allume, litargirio, solfato di rame e di ferro, cioè ingredienti che già abbiamo visto in altre
procedure tintorie e nei trucchi dell’Elenchos, e anche è simile a quelle elencate nel Papyrus
Graecus Holmiensis, o nei testi pseudo-democritei, con una maggiore attenzione alle
proporzioni degli ingredienti, tutte ben indicate. Nei PGM troviamo indicati anche
parecchi inchiostri speciali, cioè un tipo di preparato tintorio, usati normalmente per la
scrittura di amuleti e invocazioni. Gli ingredienti e le forme di preparazione non si
discostano molto di quello che abbiamo commentato finora, usando mirra, solfato di rame,
vetriolo, resina. In altri casi, gli ingredienti si fanno più esotici, includendo sangue di
animali, ma anche polveri di metalli, indicando che aumenta l’importanza degli
ingredienti con valenze simboliche.

Un ultimo accostamento è quello che permettono i preparati incendiari, che


troviamo sia nell’Elenchos che nei Cesti. Nell’Elenchos, i maghi utilizzano l’estratto di un
pesce per incendiare case, e creano un preparato in fiamme con acqua, sale, spuma di mare
e sciroppo, e possono aggiungere incenso e zolfo per migliorare l’effetto. Possono anche
creare una priamide di pietra infuocata, preparando la piramide con olio e mettendola su
carboni, incensi, e usando noci di galla e resina di pino per rafforzare l’effetto. L’Africano

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propone un preparato che si accende da solo se messo al sole, a base di sale, zolfo, succo di
gelso, bitume, calce viva, che va tritato e messo in un recipiente chiuso. A diversi effetti
desiderati, diversi ingredienti, anche se lo zolfo, il sale e un ingrediente dolce sono
comuni.

In sintesi, la lettura delle fonti e il suo confronto ci ha mostrato come le tre fonti in
diversa misura e con grosse differenze concettuali, sembrano avere certe radici comuni.
L’Africano conosce le divinità e gli epiteti utili per fare un’invocazione dei morti, anche se
lui soltanto lo dimostra in un contesto letterario, e le sue procedure, tecniche e artifici
sorprendenti, per lui sembrano essere soltanto applicazioni utili di un sapere profondo
della natura delle cose, in linea con la tradizione di sapere naturale e alchemico della sua
epoca. In ogni caso, hanno anche elementi materiali comuni con le procedure dei maghi,
veri o presunti a seconda della fonte che leggiamo. I manuali di magia tardoantica
accettano come sapere degno di essere conosciuto le ricette alchemiche e simpatetiche che
attuano senza la necessità del sapere dell’iniziato che conosce i segreti della divinità. Il
sapere magico accetta il sapere di chi dice conoscere i segreti della natura (anche se per noi
non siano veri questi segreti). E il nostro eresiologo conosce bene l’universo religioso che i
maghi invocano per le sue procedure, ma anche presenta la scienza della natura dietro le
sue procedure, che è comune più o meno a tutte e le tre fonti. Soltanto l’Elenchos, fedele al
suo obbiettivo di negare la validità dell’eresia e sottolineare la sua condizione di plagio al
sapere antico, mette allo stesso tempo e allo stesso livello le due forme di sapere, che le
altre due fonti minimizzano. Così, anche se si son trovati gli elementi comuni, la magia
può essere concepita e pensata di diverse maniere. Si può negare la sua presenza,
ommettendola, sia nella maniera di ignorare i collegamenti con la magia delle proprie
procedure, come fa l’Africano in quasi tutti i casi (tranne uno dubbio) e considerarla così
soltanto una “scienza”, sia nella maniera di presentarla come una mascherata e un
inganno, come fa l’Elenchos. Ma anche può essere vista positivamente, omologandola alla
religione e alla pietà, pensandola come un sapere iniziatico sulla divinità che permette la
manipolazione del mondo e degli uomini. L’Africano pensa di rimanere nel mondo della
causalità naturale, anche se per noi e molti contemporanei non sempre rimanga lì. I PGM
si pensano come appartenenti al mondo della partecipazione e la religiosità, mentre
l’Elenchos mostra che i maghi si presentano come appartenenti a quel mondo religioso, ma
veramente mai sono usciti del mondo della causalità. In ogni caso, tutti e tre conoscono al
meno alcune delle coordinate del mondo mentale che dicono di non appartenere.

162
163
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