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L'assetto

Teoria
e applicazioni a
Grand Prix Legends

Crononauta
Premessa

Sempre più spesso vedo - con piacere - gente avvicinarsi a quel fantastico gioco (gioco? E'
riduttivo definirlo così) che è Grand Prix Legends.

E puntualmente si vedono richieste su come assettare l'auto, cosa significano i vari parametri,
come influenzano le reazioni e il comportamento del veicolo, e via dicendo.

Quando potevo, rispondevo cercando di spiegare per sommi capi quello che sapevo di
meccanica e come questo si applicava a Grand Prix Legends. Finché non mi hanno convinto,
per comodità di tutti (mia compresa!) a raccogliere in un lavoro organico tutto ciò che so sul
setup di Grand Prix Legends.

Il risultato è questa guida che state leggendo, spero possa aiutare qualcuno a dipanare l'intricata
matassa che è l'assetto dell'auto, e - perché no - lo invogli a capire qualcosa di più di
meccanica.

Io sono convinto che per capire come funzioni una cosa, bisogni prima sapere come è fatta; e
solo dopo si può parlare di come sfruttarla. Così, ho deciso di strutturare la guida in due sezioni:
nella prima ho descritto da un punto di vista meccanico le varie componenti sulle quali si può
intervenire per assettare l'auto, a quali leggi fisiche obbediscono e quale significato meccanico
hanno nell'ambito dell'auto.

Nella seconda sezione invece troverete come questi parametri vanno impostati in Grand Prix
Legends a seconda delle varie esigenze, e come influenzano il comportamento della vettura.
Sia chiaro che è una delle possibilità, ovvero la strada che ho scelto io per assettare l'auto. Altri,
ugualmente o anche più veloci del sottoscritto, magari assettano l'auto in modo completamente
diverso.

Buona lettura.

Crononauta
Molle

Le molle non sono altro che il "fattore di smorzamento" della (imprecisa, a tratti) traduzione
italiana; in inglese è infatti wheel rate. Purtroppo le traduzioni in italiano dei setup sono sempre
farraginose e imprecise, e da sempre mi sono procurato - per quanto possibile - sempre le
versioni inglesi, che consiglio a tutti. I termini sono anche più intuitivi.

Una molla, meccanicamente, è un corpo elastico. Obbedisce a una semplicissima legge fisica,
che è espressa dalla formula:

F=K*X

dove:

F è la forza (in Newton) che agisce sulla molla.

K è la costante elastica propria della molla (in N/cm), che è un valore ricavato sperimentalmente
ed è caratteristico di ogni specifica molla con quella specifica lunghezza. Modificando la
lunghezza della molla viene di conseguenza modificata anche la sua costante elastica. Non è il
caso di dilungarci su questo argomento, visto che comunque per quanto riguarda GP Legends
non è interessante.
Quello che è interessante, invece, è notare il "senso" di questa costante elastica: in parole
povere, essa esprime la durezza della molla: tanto più la costante elastica è "alta", tanto più la
molla sarà dura, ovvero tanti più Newton di forza occorreranno per ottenere la stessa variazione
di lunghezza X.

X è la variazione di lunghezza (in cm) subita dalla molla avente costante elastica K sottoposta
alla forza F (in compressione o trazione, cambia il segno, positivo o negativo, ma la formula
resta la stessa).

E' immediatamente evidente che la grandezza che più ci interessa è la costante elastica; è
infatti questa grandezza quella che noi andiamo a "scegliere" quando facciamo il settaggio
dell'auto.
Ammortizzatori

L'ammortizzatore svolge un compito forse un po' "oscuro", ma vitale per la tenuta di strada. Per
capirne l'importanza bisogna tornare per un momento alle molle e al loro comportamento. Senza
addentrarci in calcoli e formule (che sono poi banali problemi di fisica elementare sui quali non è
il caso di dilungarsi), ci basta avere chiari i concetti di base: se io comprimo (o estendo) una
molla e poi la lascio andare, questa comincerà a oscillare ripetutamente secondo una frequenza
propria, dipendente delle caratteristiche costruttive della molla stessa (numero spire, spessore
filo, diametro molla etc.).

Se a questa molla è collegata la ruota di un autoveicolo, è facilmente intuibile cosa succede: la


ruota continua a rimbalzare, perde contatto con l'asfalto, e tra salti e rimbalzi renderà inguidabile
il veicolo.

E' dunque fondamentale smorzare il più rapidamente possibile l'oscillazione della molla.
Questo è il compito degli ammortizzatori.
L'ammortizzatore gestisce i transitori, ovvero il tempo che impiega la molla per raggiungere la
flessione corrispondente al carico impostole, a seconda della sua costante elastica.

Sia però chiaro che - a parità di molla - l'ammortizzatore non modifica di quanto verrà
compressa la molla, ma soltanto quanto rapidamente questo avverrà.

In GP Legends valori bassi identificheranno ammortizzatori poco frenati, mentre valori alti
indicheranno ammortizzatori molto frenati.

I valori impostabili sono due, uno per quanto riguarda la compressione e il secondo per quanto
riguarda l'estensione (orribilmente tradotti, nella versione italiana, in impatto e rimbalzo).
Barre antirollio

Una barra antirollio non è altro che una molla sviluppata in senso longitudinale. Il suo
funzionamento diverrà immediatamente evidente osservando questa foto della Lotus di Jim
Clark dall'alto, che presenta in perfetta visibilità la barra anti-rollio posteriore.

Lo scopo di una barra antirollio (come d'altronde già spiega il nome stesso) è quello di evitare (o
meglio: limitare) il coricamento laterale in curva.

Voglio qui fare un distinguo tra barra antirollio e barra di torsione. Una barra antirollio è
certamente una barra di torsione, ma possono esserci barre di torsione NON impiegate come
barre antirollio.

Nella foto vediamo tutti gli elementi che contraddistinguono una barra antirollio. La barra è
ancorata al corpo vettura da due snodi (frecce verdi) entro i quali la barra può ruotare; è poi
collegata a ciascuna delle ruote dai braccetti che sono invece indicati dalle frecce rosse. Il punto
di attacco di questi braccetti sulla barra è regolabile. Tanto più allontano il punto di ancoraggio
dall'asse di rotazione della barra tanto più questi faranno "leva" sulla barra, che quindi torcerà
maggiormente. Il risultato è quello di avere ammorbidito la barra. Il contrario, chiaramente,
avvicinando il punto di ancoraggio all'asse della barra.

Il principio su cui si basa è estremamente semplice: in curva, la sospensione esterna va in


compressione, mentre quella interna in estensione. Il puntone (rosso) della ruota esterna
spingerà in ALTO il braccetto della barra, proprio mentre quello interno invece tirerà in basso
l'altro braccetto.

Si avrà quindi una torsione della barra nella zona centrale (indicata dalla freccia gialla), che
reagirà elasticamente cercando di ridistendersi,e limitando conseguentemente il rollio del corpo
vettura.

Tutto questo può dare l'impressione che si inneschino rollii e rimbalzi terribili: invece le reazioni
sono pressoché istantanee, e l'unico effetto è che il corpo vettura non rolla, o comunque
presenta un rollio ridotto.

Qualcuno, a questo punto, potrebbe domandarsi: "ma non si potrebbe ottenere lo stesso effetto
con molle più dure?". Per quanto riguarda la curva, la risposta è sì. Ma molle più dure avrebbero
influenza anche in frenata e sugli avvallamenti. Se osserviamo la barra antirollio, ci rendiamo
conto che è ininfluente in tutti quei casi nei quali vengono coinvolte le due ruote dello stesso
asse nel medesimo modo. In frenata, o accelerazione, o in un avvallamento, ENTRAMBE le
ruote verranno compresse o estese, pertanto entrambi i puntoni azioneranno il braccetto della
barra nella stessa direzione. La barra non subirà alcuna torsione, ma ruoterà semplicemente
entro gli snodi, e sarà come non averla.

Grazie alle barre antirollio posso ricorrere a una molla abbastanza morbida per assorbire
facilmente le asperità senza però dover sopportare come conseguenza rollii eccessivi in curva.

Da un punto di vista fisico, essendo di fatto una molla (sia pure sviluppata in modo rettilineo
anziché a spirale), segue le stesse leggi, ovvero presenta una costante elastica che si misura
in N/cm.

Ed è questo il valore che si regola nel setup di GP. Valori più alti di costante elastica indicano
una barra più dura, mentre più bassi indicano una barra più morbida.
Camber

Col camber (o "campanatura", in italiano) entriamo nel discorso degli angoli caratteristici della
sospensione. Uno schema, in questo caso, spiega più di tante parole (è brutto, lo so, ma l'ho
fatto a mano libera per essere il più chiaro possibile!):

Il camber non è altro che l'inclinazione delle ruote rispetto alla verticale, e si misura in gradi. A
sinistra dell'immagine vedete un esempio di camber POSITIVO, a destra di camber NEGATIVO.

L'angolo di campanatura ("camber", appunto, in inglese) va impostato in modo da fare


appoggiare uniformemente la maggior parte di battistrada possibile in curva, in modo da
ottimizzare l'aderenza che la gomma ci può offrire.
Convergenza

La convergenza, o toe-in in inglese, indica l'angolo di "apertura" che formano le ruote rispetto
all'asse longitudinale del veicolo. Ancora un mio orribile disegno chiarirà però il concetto:

A sinistra vedete una convergenza negativa, o aperta. A destra vedete invece una convergenza
positiva, altrimenti detta chiusa. E' abbastanza ovvio che gli angoli qui sono abbastanza
esagerati, per renderli volutamente più evidenti.

A differenza della campanatura - che si misura in GRADI rispetto alla verticale -, la convergenza
si misura in millimetri, tra il punto più avanzato e quello più arretrato del cerchione (NON della
gomma!!!) all'altezza del mozzo; anche se - a dire la verità - in GP Legends le convergenze
sono misurate in cm anziché in mm.

Negli schemi vedete quotati i punti dove si effettua la misura: misurando i mm di differenza nei
punti indicati, si ottiene il valore di convergenza, positivo o negativo a seconda del caso. La
somma dei valori di ruota destra e ruota sinistra ci da la convergenza totale

Lo stesso identico discorso vale per il retrotreno, di nuovo una convergenza "chiusa" rispetto al
senso di marcia sarà positiva, mentre "aperta" sarà negativa.
Tamponi di fine corsa

I tamponi di fine corsa (gommini di arresto nella solita discutibile traduzione italiana) vengono
introdotti per limitare la compressione della sospensione, in modo che il corpo vettura non
possa "scendere" troppo e strisciare per terra. Possono essere utili laddove l'auto è soggetta a
forti compressioni verticali che la farebbero "spanciare", ma hanno come aspetto negativo che
riducono la corsa utile della sospensione.

Il problema da tenere presente è che, una volta appoggiata ai tamponi, l'auto è virtualmente
senza molleggio, visto che la sospensione non ha più alcuna corsa utile ad assorbire eventuali
colpi alla ruota. Questo aspetto - a dire la verità - è molto "edulcorato" in GP Legends rispetto
alla realtà degli anni 60: in GPL si può girare costantemente sui tamponi, con l'auto
completamente abbassata senza riportare particolari problemi. Nella realtà, quando si era
compressi sui tamponi, la sospensione era in una condizione di estrema fragilità e facilmente
poteva cedere se sottoposta a un colpo violento, visto che non poteva scaricarne lo sforzo su
molla e ammortizzatore, ma andava a trasmettere tutta l'energia sui punti di attacco.

Per questo motivo, i tamponi sono IMHO da considerare una risorsa estrema cui ricorrere il
meno possibile.
Pressione delle gomme

Sulla pressione delle gomme c'è poco da dire, mi ci soffermo solo qualche istante per chiarire
un minimo le unità di misura fisiche impiegate nel gioco.

Usualmente, le pressioni sono indicate in atmosfere oppure in bar, che da un punto di vista
pratico sono coincidenti visto che 1 atm = 1.013 bar. In GP Legends, invece, nella conversione
tra le unità di misura anglosassoni e quelle europee hanno fin troppo zelantemente trasposto le
pressioni nell'unità di misura del Sistema Internazionale, che in effetti dovrebbe essere lo
standard di riferimento.

Così, l'unità di misura della pressione nel SI è il PASCAL (Pa), ovvero è una pressione definita
dalla forza di 1 Newton su 1 metro quadro di superficie. Il Pascal è un'unità di misura molto
piccola, tant'è che occorrono 100 mila Pascal per fare un bar (100 KPa = 1 bar).

In sostanza: non spaventatevi dalle pressioni delle gomme di 170 KPa, basta dividere per 100 e
ottenete i vostri "consueti" bar, e 170 KPa non sono altro che 1.7 bar :-)
Differenziale

Sul differenziale ci si potrebbe scrivere un libro. Di certo era "la vita" del setup delle auto degli
anni 60, visto che è il componente che più di tutti gli altri influisce sull'assetto.

Di solito, siamo abituati a vedere i valori di un differenziale autobloccante espressi in


percentuale di bloccaggio in accelerazione. Un differenziale autobloccante al 30% vuol dire che
permette una differenza di scorrimento tra la ruota interna e quella esterna del 70%. Pressoché
tutti i differenziali stradali non bloccano in rilascio ma solo in accelerazione, ed ecco perché c'è
solo una percentuale indicata.

Il differenziale impiegato sulle auto degli anni 60 era invece più complesso, visto che poteva
determinare non solo la percentuale di blocco che dava, ma anche il modo in cui questo blocco
interveniva.

I parametri su cui potete intervenire, in Grand Prix Legends, sono angolo di rampa (ramp
angles in inglese) e blocchi (clutches).

Blocchi

I blocchi indicano la quantità di blocco effettiva che il differenziale garantisce. Si può dire che
rappresenti la percentuale di bloccaggio; con 1 solo blocco, il differenziale avrà una quantità di
bloccaggio molto ridotta, con 6 blocchi invece bloccherà in modo pressoché completo (quasi
come su un kart).

Angolo di Rampa

Gli angoli di rampa sono relativi rispettivamente ad accelerazione e rilascio. 45/85, p.e., indica
un angolo di rampa di 45° in accelerazione, e 85° in rilascio.

Indicano la progressività con la quale il differenziale interviene.

Accelerazione

Sul grafico sottostante vediamo rappresentate le curve di intervento del differenziale in vari casi.
La linea blu indica un angolo di rampa di 30°, la linea rossa invece è relativa a un angolo di
rampa di 60°.

Se c'è una differenza di velocità fra le due ruote (tipicamente, dando gas in curva, la ruota
interna - che è "scarica" - tenderà a slittare) il differenziale comincia a lavorare. A seconda
dell'angolo di rampa impostato, questo modifica il tempo che esso impiega a raggiungere la
quantità di blocco definita.

Un grafico chiarirà immediatamente in maniera visiva il significato di questi parametri.


Il punto A rappresenta il momento di innesto completo del differenziale impostato con 6 blocchi
e un angolo di rampa di 30. Come si vede, il differenziale si porta con estrema rapidità al livello
di massimo blocco.

I punti B e C sono sempre relativi a un angolo di rampa di 30°, ma rispettivamente con 4 e 2


blocchi. Il differenziale raggiunge sempre molto rapidamente i valori di blocco impostati, anche
se (in particolare in "C") la "percentuale" di bloccaggio finale sarà bassa.

Il punto E definisce invece la modalità di innesto di un settaggio con 60° di angolo di rampa e 4
blocchi. E' importante notare la differenza fra i punti B ed E: infatti, essi non differiscono per la
quantità di bloccaggio, che è la medesima in entrambi i casi: ovvero la "percentuale" di
bloccaggio finale è esattamente la stessa. Quello che cambia è proprio in quanto tempo questa
quantità di bloccaggio viene raggiunta: con un angolo di rampa di 30° il differenziale raggiunge
praticamente subito il bloccaggio impostato (4 blocchi), mentre con 60° il bloccaggio viene
raggiunto molto tempo dopo.

Infine bisogna notare che un angolo di rampa di 85° (in verde) è praticamente orizzontale, e di
fatto è insensibile alla quantità di blocco impostata. Ovvero, con 85°, il differenziale si comporta
virtualmente come un differenziale NON autobloccante.

Rilascio

Per quanto riguarda il rilascio, il discorso è analogo, bisogna solo guardare in modo "speculare"
il diagramma, e tenere presente che l'angolo non si misura sulla verticale ma sull'orizzontale.
Nell'esempio sotto riportato è presentato il caso di un differenziale con 5 blocchi al momento del
rilascio. La linea rossa è l'andamento del bloccaggio in funzione del tempo con un angolo di
rampa di 30°; la linea blu è relativa a un angolo di 60°, infine quella verde per un angolo di 85°.
Come si vede, nel momento in cui io rilascio il gas il differenziale comincia a sbloccare, visto
che la quantità di blocco decresce progressivamente. Con un angolo di 30° lo sbloccaggio è
molto lento, in pratica il differenziale resta bloccato a lungo; con un angolo di 60° si sblocca
molto più rapidamente. Al limite, a 85°, si può dire che si sblocca immediatamente, non appena
io tolgo il gas.

Vedremo nella sezione riguardante la guida come si può sfruttare tutto questo complicato
sistema meccanico per aiutarci a tenere in strada l'auto.
Cambio e Coppia Conica

Con cambio e coppia conica affrontiamo il rapporto di trasmissione. Il rapporto di trasmissione è


dato dal rapporto fra gli ingranaggi del rapporto selezionato, moltiplicato per quello di pignone e
corona della coppia conica.

Prima di addentrarci in calcoli, vediamo uno spaccato di un cambio completo: è il cambio di


un'Alfa 146, ma naturalmente i principi meccanici sono identici:

Dalla frizione (che qui non è presente) arriva il moto direttamente dal motore, che va ad
azionare l'albero primario. La caratteristica dell'albero primario è quella di girare sempre alla
stessa velocità del motore. Premendo il pedale della frizione, si scollega l'albero dal motore, e a
questo punto può o girare in presa sul secondario (in dipendenza del rapporto innestato) oppure
girare "folle" e rallentare fino a fermarsi (di qui poi la necessità, nei cambi non sincronizzati, di
fare la doppietta per riportarlo al numero di giri corretto se si vuole innestare un altro rapporto).

L'albero secondario invece è sempre in presa sulle ruote, attraverso coppia conica,
differenziale e semiassi, e a differenza del primario non può mai venire scollegato da esse. Se
l'auto si muove, si muoverà anche l'albero secondario, e questo non si può evitare. La sua
velocità è in stretta dipendenza dalla velocità dell'auto. L'unico modo per modificarne il rapporto
di velocità è quello di modificare il rapporto della coppia conica, ma è chiaro che non è una
scelta di guida del pilota, ma un parametro meccanico da decidere in officina.

Innestando una marcia, si rende solidale l'albero primario a quello secondario. In questo modo,
il motore è ora in presa sulle ruote con un rapporto di trasmissione che dipende dal rapporto fra
i due ingranaggi della marcia selezionata e dal rapporto fra pignone e corona della coppia
conica, che qui sotto vediamo in dettaglio:
La possibilità di modificare il rapporto della coppia conica può sembrare una complicazione
inutile, visto che si può ottenere lo stesso risultato intervenendo direttamente sugli ingranaggi
del cambio.
La cosa ha però un senso sulle auto vere, sulle quali si può così intervenire sui rapporti molto
facilmente, senza dover aprire la scatola del cambio. Infatti, una volta trovata una scalatura
delle marce "buona" e adatta all'erogazione del motore, si adatta facilmente al circuito
cambiando la coppia conica, anziché sostituendo le ruote degli ingranaggi.

Ora ci dovrebbe immediatamente essere chiaro il concetto di "rapporto di trasmissione",


"rapporto di trasmissione finale" e "coppia conica" (che in inglese sono rispettivamente
transmission ratio, final ratio e diff ratio).
Per fare un esempio, con un rapporto di 17/29 e una coppia conica 7/31 avremmo un rapporto
di trasmissione finale di:

1 / [(17/29) * (7/31)] = 1 / 0.13237 = 7.5546

che viene detto appunto 7.5546:1


Il "significato" di questo numero è il rapporto fra il numero di giri dell'albero motore (in ingresso
al cambio) e il numero di giri dei semiassi (in uscita dal complesso cambio-differenziale).
Un rapporto di 7.5546:1 vuol dire che occorrono 7 giri e mezzo dell'albero motore per far fare
un giro ai semiassi, cioè un giro completo alle ruote.
Allungare il rapporto vuol dire fare in modo che occorrano meno giri del motore per far
completare un giro alle ruote. Il rapporto finale più lungo che si può impostare a Grand Prix
Legends è 2.8615:1, ovvero un rapporto di 26/24 con una coppia conica di 10/31.
Al limite, con un rapporto finale 1:1, per ogni giro dell'albero motore le ruote farebbero un giro
completo.
Premessa al setup

In questa sezione affronterò il problema di come impostare il setup perché risulti guidabile. E'
bene che sia chiaro che il mio obiettivo non è quello di inseguire il giro veloce fine a se stesso,
che lascia il tempo che trova.
Mi sono sempre sforzato di arrivare ad assetti che fossero magari non i più veloci in assoluto,
ma facilmente guidabili e che consentissero una guida veloce ma costante; questo almeno
secondo le mie esigenze, le mie preferenze e le mie impressioni.
Cercherò di essere più chiaro possibile (per quanto riesco, ovviamente) circa i rapporti di
causa-effetto tra le modifiche ai parametri e le conseguenze sulla maneggevolezza dell'auto,
cosicché chiunque possa poi regolarsi il setup secondo il proprio stile di guida.

E resta ovviamente il fatto che il tempo lo si fa guidando, non esiste alcun parametro magico
trovato il giusto valore del quale immediatamente si guadagnano 2" al giro...

Per quanto riguarda l'approccio che ho utilizzato, ho cercato di trovare una strada che mi
portasse ad avere un setup di massima da sgrezzare e affinare a seconda del circuito. Il
metodo di andare per tentativi si è sempre rivelato estremamente dispendioso in termini di
tempo; oppure andare per "similitudine" e copiare gli assetti di un circuito simile e poi lavorare
da quel punto di partenza: altra sciagura che non ha mai dato buoni risultati, alla fine il setup
finale era completamente diverso da quello di partenza, per cui si poteva anche cominciare da
zero.

Allora mi sono messo giù a cercare una logica per assettare l'auto, che tenesse conto della
distribuzione dei pesi, e del significato meccanico dei vari parametri. In questo modo ho ridotto il
campo delle possibilità, e rapidamente adatto l'assetto rispettandone sempre l'equilibrio di
partenza.

Vediamo come.
Distribuzione dei pesi

Il primo passo per assettare l'auto è conoscerne la distribuzione dei pesi. Non potrò assettare
nella stessa maniera una Brabham, che ha il 42% del peso sull'asse anteriore e il 58% sul
posteriore, e una Honda che ha 36% davanti e 64% dietro.

Girovagando in rete ho trovato i seguenti valori di distribuzione del peso per le varie auto, non
chiedetemi come le hanno calcolate però funzionano e tanto mi basta!!! :-)

Brabham BRM Cooper Eagle Ferrari Lotus Honda


Ant. 42% 36% 40% 39% 39% 38% 36%
Post. 58% 64% 60% 61% 61% 62% 64%
Equilibrare le molle

Il peso che grava sull'asse anteriore è diverso da quello che grava sull'asse posteriore. Se
scegliessi molle della stessa durezza tanto per l'anteriore che per il posteriore, avrei di fatto
l'anteriore più rigido del posteriore, visto che quest'ultimo è soggetto a maggior peso e quindi
maggior sforzo.

Il primo passo da fare nell'equilibrio dell'auto sarà quello di scegliere una durezza delle molle
proporzionale al peso che grava su quell'asse.

Questo si può calcolare molto facilmente con la seguente formula:

DMA = DMP * %PA / %PP

dove:

DMA = durezza molle anteriori (in N/cm);


DMP = durezza molle posteriori (in N/cm);
%PA = percentuale di peso sull'anteriore;
%PP = percentuale di peso sul posteriore.

Mi resta comunque libertà totale di scelta sulla durezza delle molle, purché sia rispettato il
rapporto fra anteriore e posteriore. Scelgo quindi arbitrariamente uno dei due assi e calcolo
l'altro di conseguenza. Di solito io comincio calcolando il posteriore e ricavando il corrispondente
anteriore.

L'esperienza mi ha mostrato che i valori ottimali per il posteriore stanno sempre intorno ai 184
N/cm, che uso quindi come ottimo punto di partenza. Con 184 N/cm al posteriore, per esempio,
una Brabham richiede una durezza all'anteriore di:

DMA = 184 * 42 / 58 = 133 N/cm

mentre una BRM vorrebbe:

DMA = 184 * 36 / 64 = 105 N/cm

E' chiaro che non si troveranno quasi mai i valori esatti, si sceglierà il più vicino. Per esempio,
nel caso della BRM il risultato darebbe 103.5, mentre il valore più simile che si ha a disposizione
per le molle è di 105, che è comunque un'ottima approssimazione.

Ora l'auto reagisce in modo uniforme tra avantreno e retrotreno, in caso p.e. di avvallamento e
conseguente compressione delle molle, l'abbassamento del corpo vettura sarà uniforme e
resterà correttamente allineato senza sbilanciamenti che metterebbero in crisi l'assetto.
Scegliere le molle

Scegliere la durezza delle molle è un problema non di poco conto. Prima di tutto le molle
servono per ammortizzare le sconnessioni. Se esagero con la loro durezza avrò un'auto
difficilmente controllabile su pista non perfettamente liscia, perché sobbalzerò sulla minima
asperità. Come buona norma bisogna sempre lasciare le molle più morbide possibile.

La rigidità delle molle deve essere sufficiente a soddisfare i seguenti requisiti, di più non è
necessario:

evitare che in forti compressioni (tipicamente su forti avvallamenti, come p.e. ad


Adenau al Ring, o all'Eau Rouge a Spa) l'auto "spanci" troppo e tocchi terra
violentemente, facendo perdere il controllo;
evitare di dover alzare l'auto tipo "trampoli" per non fare arrivare sempre le
sospensioni a tampone;
evitare che si inneschino beccheggi (ovvero movimenti longitudinali) eccessivi, che
rallentano e amplificano le reazioni e diminuiscono il feeling con l'auto.

Ricordiamo inoltre che più l'avantreno è morbido, più peso si trasferirà su di esso in frenata,
causa il maggiore affondamento che sposta in avanti il baricentro. Questo si traduce in
maggiore aderenza dell'anteriore, e ci permette di frenare con più intensità.

Sarà più facile controllare la frenata evitando i bloccaggi, poiché la pressione del freno verrà
"assorbita" in parte dall'affondamento delle molle, e solo dopo si trasmetterà alle gomme.
Questo ci permette di gestire meglio la frenata.

Svantaggi: l'escursione dell'avantreno in frenata è maggiore, e maggiore sarà lo spostamento


del baricentro al variare della pressione del freno. La modulazione della frenata può diventare
più critica, specie se si deve frenare in curva. Infatti, arrivare al bloccaggio fa diminuire
l'aderenza, l'auto parte per la tangente e l'avantreno perde carico. Le molle quindi, che sono
morbide, tenderanno a scaricarsi. Rilasciare un poco il freno fa riprendere aderenza alla ruota,
con due importanti conseguenze:
1) l'auto riprende direzionalità;
2) il peso torna a trasferirsi di più sull'avantreno, che affonda, e contemporaneamente si scarica
il retrotreno. Associato alla ripresa della direzionalità abbiamo dunque una perdita di aderenza
del retrotreno.

Se non stiamo estremamente attenti, l'auto può cominciare a sbilanciarsi enormemente, tanto in
senso longitudinale (con l'avantreno che "pompa" rimbalzando in su e in giù) allungando la
frenata, quanto in senso laterale, innescando un "pendolamento" che generalmente culmina in
un testacoda e uscita di strada. Chi ha un volante Force Feedback avrà senz'altro avvertito, in
queste circostanze, il volante che comincia a tirare a destra e a sinistra in modo incontrollabile,
come se l'avantreno si "distorcesse" (non so trovare altra definizione). Questo è tipicamente
dovuto alle molle troppo morbide che rendono difficile controllare queste reazioni.

Con molle più rigide si minimizzano tutti questi fenomeni e l'auto ha sempre un comportamento
molto più uniforme, proprio perché si minimizzano i trasferimenti di carico in tutte le direzioni,
ma poi sorgono altri problemi, quali:

perdita di potenza frenante complessiva, visto che con molle più dure si avrà minor
trasferimento di carico sull'avantreno in frenata, con conseguente minor aderenza
complessiva;
maggior sottosterzo in ingresso di curva, per lo stesso motivo.
minor progressività delle reazioni, l'auto "parte" con molto meno preavviso e se
non si controlla subito poi diventa impossibile controllarla. Tuttavia, si presta meglio
a essere messa in derapata controllata, proprio perché tende, una volta iniziato a
sbandare, a mantenere la derapata.

Posso intervenire compensando in vari modi (ammortizzatori, barre, convergenze), ma il rischio


è quello di perdere la testa cercando di correggere un comportamento che invece è dovuto
all'errore alla base di una scelta sbagliata di molle.

Per esempio, posso compensare molle morbide con barre molto rigide: questo compensa gli
eventuali "pendoli" laterali che si possono innescare, ma non possono chiaramente influire sui
beccheggi e sui "pompaggi" dell'avantreno.

Altra possibilità è quella di lavorare sugli ammortizzatori, aumentandone il freno in estensione


("rimbalzo" nella traduzione italiana). Ma questo ha una serie di conseguenze che vedremo nei
paragrafi appositi.

Molle rigide diventano indispensabili su piste molto veloci come p.e. Spa. Su curvoni da 280
all'ora le reazioni dell'assetto ai comandi devono essere istantanee e soprattutto l'auto deve
potere essere lanciata in derapata su 4 ruote e gestita "di gas" per mantenere la traiettoria.
Un "classico" è rilasciare per un attimo il gas, portare il peso sull'avantreno, fare sbandare un
po' l'auto per chiudere la curva, e subito ridare gas per stabilizzare il posteriore e continuare
sulla traiettoria.
Con le molle rigide i trasferimenti di carico si traducono istantaneamente o quasi in variazioni di
aderenza delle ruote, cosa positiva data l'alta velocità in gioco; ma soprattutto, evitiamo
l'innesco di beccheggi ingestibili, ricordiamo sempre (non mi stanco di ripeterlo) che molle
morbide hanno come effetto quello di trasferire più carico davanti in rilascio, e
conseguentemente il posteriore si alleggerisce di colpo. In pieno appoggio a 280 all'ora questo
probabilmente sarebbe fatale per il controllo dell'auto.

Tuttavia, non posso neanche esagerare con la durezza: altrimenti appena l'auto comincia a
derapare in curva, sarà impossibile riprendere la sbandata, visto che una volta che il retrotreno
perde aderenza, l'eccessiva rigidità delle molle impedirà di trasferirgli poi sufficiente carico per
fargli riprendere aderenza, con ovvio testacoda.
Al contrario, su piste lente come Monaco è necessario inseguire la massima progressività, per
poter frenare il massimo possibile e avere maggior trazione: non dimentichiamo che quello che
vale per l'avantreno in frenata, vale poi per il retrotreno in accelerazione. Molle più morbide
dietro fanno sì che l'accelerata sia "assorbita" maggiormente dall'affondamento, l'eventuale
sbandata sarà quindi più progressiva e controllabile. E naturalmente, il trasferimento di carico al
retrotreno si traduce in maggior trazione in uscita di curva, fondamentale (p.e.) con le marce
corte negli angusti tornantini di Monaco.

Ovviamente non dobbiamo esagerare, altrimenti rallentiamo troppo le reazioni altrimenti nei
transitori finiamo contro il muro prima di avere trasferito il carico sull'asse opposto (e aver quindi
ripreso aderenza).

Su una pista veloce, come Spa, su un cambio di direzione facciamo due rimbalzi e veniamo
sparati nel bosco da una reazione ingestibile di avantreno o retrotreno "sovraccaricati", che
hanno sfruttato tutta la corsa della sospensione arrivando al tampone.

Posso sempre alzare l'auto per dare più corsa alle sospensioni, però allora alzo il baricentro e
sarà come avere ulteriormente ammorbidito le molle... :-(
Piste come Monza, invece, pongono già un problema diverso: in realtà, di curve veramente
veloci c'è solo la Ascari, che comunque se impostata bene e con un assetto equilibrato è alla
stregua di un "rettilineo storto" e si fa in pieno.
A Monza il problema sono le violentissime staccate, da 300-310 orari a meno di 100 per Lesmo
e Parabolica.
Per questo, a Monza anche un assetto relativamente morbido non è "blasfemo", perché ci
permette di avere molto carico sull'anteriore e frenare con più potenza. Per contro, rischia di
amplificare troppo i fenomeni di beccheggio quando dalla violentissima frenata si torna a dare
gas per uscire dalla curva: l'avantreno si scarica molto, e mentre perdiamo carico (e
direzionalità) davanti, dietro possono innescarsi pendolamenti che o ci fanno perdere il
controllo, o comunque un sacco di tempo.

E' difficile decidere a priori se una certa pista vorrà un assetto morbido o duro. A parte i casi
"ovvi" come Spa, dove la durezza è d'obbligo, piste più varie come Kyalami, Rouen o Mexico (e
non parliamo del Ring...), per dire i primi che mi vengono in mente, possono essere un
rompicapo: magari un certo setup va bene sul tratto guidato, ma poi è in crisi sul curvone
veloce, o viceversa.

In casi come questi, io cerco di identificare il punto chiave della pista, ovvero quello più difficile
dove è più probabile commettere errori.
Per esempio, in Mexico è la lunga curva a destra a chiudere, alla fine del rettilineo di partenza.
Bisogna continuare a frenare per tutta la parte iniziale della curva. Qui se si sbaglia la frenata ci
si sfascia sul muro. Nel tratto di curve e controcurve dopo il tornante, invece, al peggio si va
fuori traiettoria e si perde tempo.
E' ovvio che l'assetto dovrà curare la curva "pericolosa" per impedirci di fare incidenti. Non
avrebbe senso fare un assetto ideale per la serie di curve ma col quale 2 volte su 3 ci giriamo
alla frenata alla fine del rettilineo.
Lo stesso discorso si può fare per la difficilissima semicurva a sinistra prima del tornante
"Nuovo Mondo" di Rouen. In pratica si stacca per il tornante durante questa semicurva. Non
serve a nulla un assetto ideale per il resto della pista che però qui si rivela inguidabile. In tutti gli
altri punti al peggio perdo qualche centesimo, qui invece uscirei di pista. Non si finiscono le gare
in questo modo.
Equilibrare le barre

Avendo equilibrato le molle secondo la distribuzione dei pesi dell'auto, ora formalmente è come
se anteriore e posteriore "pesassero" uguali, ma soprattutto è come se le molle anteriori e
quelle posteriori fossero rigide uguali.

Andando a regolare le barre, in teoria dovremmo metterle esattamente identiche. In pratica,


invece, dovremo andare a "rifinire" la regolazione con interventi anche molto ampi, dipendenti
dal "comportamento" e dalla "natura" dell'auto che andiamo ad assettare. E, non ultimo, dallo
stile di guida che vogliamo adottare.

Inizialmente, andiamo a inseguire la regolazione più neutra possibile. Partiamo quindi da un


valore medio-duro delle barre, che io di solito impongo a 280 N/cm, sia per l'avantreno e il
retrotreno, mettiamo le convergenze a 0 sia davanti che dietro per non avere effetti indotti, e poi
partiamo con un differenziale tarato a 85/85 e 1 blocco, in modo da eliminarne virtualmente
qualsiasi tipo di intervento.

Questo è molto importante, in quanto il bloccaggio del differenziale influenza pesantemente il


comportamento dell'auto in curva, ma quella è una "rifinitura" che verrà dopo: prima dobbiamo
avere l'auto neutra come bilanciamento, poi provvederemo a sistemare convergenze e
differenziale.

Ora scendiamo in pista, e facciamo un giro molto adagio, badando come unica cosa all'angolo
di sterzo che adoperiamo nelle curve. Al giro successivo, entriamo in curva invece abbastanza
veloci, e cerchiamo sempre di fare attenzione all'angolo di sterzo. I casi possibili sono
chiaramente tre:

l'angolo di sterzo è maggiore in velocità che andando piano: questo significa che
l'auto ha un comportamento tendenzialmente sottosterzante, e dovremo pertanto
irrigidire la barra posteriore;
l'angolo di sterzo è minore in velocità, questo significa che l'auto è
tendenzialmente sovrasterzante e dovremo ammorbidire la barra posteriore. In
genere, comunque, questo secondo caso culmina in un testacoda o in ingresso o (se
ci va bene!) a metà curva, visto che stiamo girando senza bloccaggio al differenziale
e il controllo risulterebbe pressoché inutile.
l'angolo di sterzo è uguale ad alta come a bassa velocità, questo significa che
l'auto è perfettamente neutra, e la differenza tra le barre è già corretta così.

Attenzione a due cose: innanzitutto non facciamoci fregare da effetti indotti, se in


ingresso di curva ci giriamo, non cominciamo a pensare che l'auto sia sovrasterzante,
potremmo essere noi a essere troppo bruschi. Ricordiamo che il differenziale è sbloccato
sia in accelerazione che in rilascio, durante questo test. Proviamo quindi a frenare prima
e ad entrare più uniformemente in curva, accompagnando maggiormente l'inserimento,
ricordiamo che non stiamo cercando il tempo ma solo testando l'equilibrio dell'auto. Al
limite rendiamo meno "diretto" lo sterzo intervenendo sullo steering ratio, aumentandone
il valore di demoltiplicazione.

Secondariamente, questa impostazione potrà venire lievemente ritoccata una volta che
poi andremo a "ripristinare" il lavoro del differenziale: un differenziale con molti blocchi
darà più sottosterzo di uno con pochi blocchi, nel primo caso potrà rendersi necessario
un lieve irrigidimento della barra posteriore. E poi anche le convergenze hanno influenza
su inserimenti e uscite di curva, per cui potrebbe rendersi necessario un ulteriore ritocco
alle barre.

Ci resta ancora un importante lavoro da fare: così facendo abbiamo solo regolato la
differenza tra barra anteriore e posteriore, ma dobbiamo ancora definire la durezza
complessiva delle barre.

Ci resta ancora da decidere una cosa: barre morbide o barre rigide? Vediamo i diversi
comportamenti di una barra rigida piuttosto che una morbida:

Barre più rigide producono come effetto:

maggior precisione e prontezza dello sterzo;


maggiore agilità del corpo vettura, che ovviamente presenta minori rollii
specie effettuando una "S" veloce. Un banco prova eccezionale di questo
fenomeno si può trovare nel velocissimo tratto di Masta, a Spa;
maggior reattività del retrotreno: l'auto diventa più sensibile al gas, che
andrà quindi gestito con più cautela;

Anche per le barre, chiaramente, si dovrà cercare un compromesso. Un certo rollio


bisogna comunque permetterlo, al corpo vettura, perché vale - in senso laterale - lo
stesso discorso che valeva per le molle in senso longitudinale. Più aumento la rigidità
delle barre, più carico le gomme esterne che quindi arrivano prima al limite di deriva.

Ottengo quindi un'auto estremamente rapida nelle reazioni, ma che facilmente derapa e
scivola via sulle curve. Questa è una condizione ottimale per i curvoni velocissimi tipo
Spa, meno su curve più lente.

Esagerare con la durezza delle barre è dannoso perché immediatamente o quasi le ruote
esterne verranno portate al limite, e il risultato è del sottosterzo in inserimento di curva, e
poi del sovrasterzo quando si da gas in uscita di curva.

Una eccessiva durezza al posteriore, inoltre, rende l'auto instabile in frenata e in


inserimento; una eccessiva durezza all'anteriore rende l'auto sottosterzante in
inserimento e poi, come effetto indotto, sovrasterzante in uscita visto che affrontiamo la
curva con troppo angolo di sterzo.

Per contro, lasciare le barre troppo morbide rallenta eccessivamente i transitori, in una
"S" veloce (come Masta, appunto) all'impostazione della controcurva avrei ancora il
corpo vettura rollato dalla parte opposta; e di conseguenza ancora niente carico (e quindi
aderenza) sulle ruote esterne, con ovvia uscita di pista.

Tuttavia, ridurre la rigidità delle barre fa progressivamente lavorare meglio le gomme


esterne, in appoggio stabilizzato l'auto diventa più facile da gestire e meno nervosa. E
anche qui, come ultima cosa, bisogna sempre tenere presente il fattore soggettivo,
l'impostazione delle barre deve sempre tenere presente lo stile del pilota: non potrò
chiaramente assettare allo stesso modo, per fare un esempio, uno che mette in curva
l'auto con un colpo di sterzo per poi gestire la conseguente derapata di gas (come faccio
io, per esempio), oppure uno che entra in curva dolcemente con una traiettoria più
regolare sfruttando maggiormente l'appoggio stabile.
Regolare gli ammortizzatori

Le regole base per regolare gli ammortizzatori sono fondamentalmente le seguenti:

Il valore di rimbalzo (rebound in inglese) non deve mai essere superiore a quello di
impatto (bump);
A molle morbide si associano ammortizzatori poco frenati, viceversa a molle dure.

Queste due regole-base possono apparentemente essere incomprensibili, invece sono


logicamente fondate, vediamo perché:

1. In genere, un valore di rimbalzo più frenato di quello di impatto da l'impressione di aumentare


la guidabilità, perché dovendo controllare una sbandata l'avantreno resta più "trattenuto" dagli
ammortizzatori più duri e avrà meno tendenza a "spararci" dall'altra parte. Un "classico" delle
uscite di pista, penso ve ne siate accorti tutti, è quello che capita quando ci si intraversa e si va
a controsterzare a fondo corsa. L'auto sbanda, sbanda, noi la teniamo in controsterzo finché
non riusciamo a riprenderla. Immediatamente il retrotreno recupera aderenza, e si riallinea; la
ruota anteriore esterna reagisce a sua volta scaricandosi di colpo, proprio mentre si trova
sterzata al massimo verso l'esterno. E puntualmente veniamo "sparati" verso l'esterno da
questo effetto "pendolo" che si è innescato.
Aumentando il freno dell'estensione, questo fenomeno verrà limitato, e sarà molto più facile
controllare questo tipo di sbandate.
Tuttavia, sorge un grossissimo problema: se la molla impiega più tempo ad estendersi che a
comprimersi, quando viene fatta lavorare (ad esempio in un lungo curvone) piano piano si
comprime sempre più e non fa mai in tempo ad estendersi. Dopo un po' arriva a fondocorsa e
perdiamo il controllo. Se cominciamo a lavorare su molle, barre, convergenze, camber, altezze,
tamponi, non ne verremo mai a capo.
Per questo, il valore di compressione dell'ammortizzatore deve sempre essere uguale a quello
di estensione, tutt'al più possiamo rendere l'estensione più veloce, sempreché ovviamente
questo non ci renda inguidabile l'auto.

2. Molle e ammortizzatori devono essere concordi, a molle morbide si associano ammortizzatori


morbidi, e viceversa. Una molla dura con un ammortizzatore morbido oscillerà non frenata a
sufficienza, poiché sarà "più forte" dell'ammortizzatore. E' superfluo dire che un'auto così sarà
difficilissima da guidare, una frenata o un accelerata (o anche una semplice sterzata) avrà un
primo momento di reazione "a vuoto" poiché la molla affonda senza freno. Poi di colpo
prenderebbe carico, e immediatamente dopo rimbalzerebbe verso l'alto scaricandosi.
Aumentare la durezza delle molle o delle barre, in questo caso, peggiorerebbe solo il fenomeno.

Viceversa, se freno troppo gli ammortizzatori ottengo come risultato delle reazioni "indecifrabili":
andando a caricare la sospensione, questa si comporta dapprima come se fosse durissima, ma
poi cederebbe progressivamente andando a sfruttare un'escursione ampia. Questo provoca due
principali fenomeni:

durante un curvone (ideale per "saggiare" questo fenomeno è la Curva Grande di


Monza) l'auto sembra tenere tantissimo in ingresso, salvo poi a metà curva
cominciare progressivamente a sbandare perdendo aderenza, mano a mano che
l'ammortizzatore affonda e la molla si comprime; e non è tutto, il problema sorge
nell'andare a controllare questa sbandata: controsterzando, il retrotreno non reagirà
subito alla correzione, poiché verrà "trattenuto" dall'elevato valore di "freno"
dell'estensione. E quando poi finalmente la molla riesce a vincere l'ammortizzatore,
ci troviamo una grande corsa della sospensione (dovuta alla molla morbida) che va a
scaricarsi. A questo punto, o ci siamo già girati prima (perché il retrotreno non ha
seguito la correzione), oppure veniamo sparati di colpo verso l'esterno cominciando
un difficilissimo pendolamento.
l'inserimento di curva diventa estremamente critico: rilasciando il freno per inserirci
in curva, l'alto freno dell'estensione ci trattiene "in basso" il muso dell'auto, e quindi
tutto il peso ancora davanti. Andare a inserirsi in curva in queste condizioni ci
condanna quasi certamente a un testacoda; è inutile correggere l'auto dando gas,
questo ci fa solo entrare troppo veloci in curva e il testacoda lo facciamo poco più
avanti.

In generale, io parto con gli ammortizzatori settati a 2/2 e 4/4 rispettivamente per avantreno e
retrotreno. Si possono avere lievi varianti, come 3/3 4/4, oppure 2/2 3/3 o al limite 3/3 3/3. Altri
valori non li uso praticamente mai.

Gli ammortizzatori vanno per lo più scelti coi valori che ci permettono la maggior aderenza in
curva, di solito questo è il massimo valore ottenibile. Ma anche qui bisogna fare attenzione,
esagerare crea problemi collaterali insolubili, vedi il rilascio troppo lento in inserimento, o un
eccessiva durezza al retrotreno quando si va a dare gas. Continuare ad ammorbidire la molla o
la barra peggiora sempre e solo tutto, se la colpa era invece dell'ammortizzatore troppo frenato
in compressione.

In certi altri casi, posso accelerare (cioè ridurre il valore di freno) il rilascio dell'avantreno o del
retrotreno. L'avantreno, se noto che tende a restare "schiacciato" troppo a lungo in ingresso
curva, quando smetto di frenare.
Il retrotreno, idem: se in ingresso curva resta schiacciato, ma poi tende a girarsi mano a mano
che si scarica durante la percorrenza, allora posso rendere più veloce l'estensione riducendo il
freno dell'ammortizzatore. Così all'ingresso della curva l'avantreno e il retrotreno sono già
scaricati o caricati al punto giusto, e avrò il massimo equilibrio.

L'esperienza ha comunque mostrato che valori troppo dissimili non hanno senso, il massimo di
differenza che si può avere è di un punto, cioè 3/2 oppure 4/3; non ho mai avuto buoni risultati
con valori tipo 4/1 o similari (a prescindere dall'asse).
Regolare camber e pressione

Per camber e pressione faccio un paragrafo unico, visto che la loro regolazione va di pari passo
ed è inscindibile l'una dall'altra.

Regolare questi parametri è facile, non è che lasci molto spazio alla fantasia: va impostato
esclusivamente in modo da avere le temperature delle gomme uniformi su tutta la superficie.

Qui non esistono interpretazioni, una sola è l'impostazione giusta, le altre sono sbagliate.
Osserviamo il pannello riguardante la temperatura delle gomme:

Io ho la versione inglese (che - come ho detto più volte - ho sempre preferito alle imprecise
traduzioni italiane), ma il significato è comunque intuitivo: LF sta per left forward, ovvero
anteriore sinistra (in italiano avrete AS), RF per right forward (anteriore destra, DS) idem per LR
e RR che sono le posteriori (rear in inglese, PS e PD in italiano, ovviamente).
In ogni modo è impossibile sbagliare visto che i quattro spazi sono disposti come le ruote
sull'auto guardandola dall'alto col muso in avanti :-)

Per quanto riguarda le lettere più interne, abbiamo O, M e I che stanno per out, mid, in, ovvero
in italiano esterno, centro, interno. Anche qui non si può sbagliare perché la posizione è
intuitiva, per le ruote di destra la cosa è invertita dato che la fascia interna è a sinistra (sempre
verso il centro dell'auto, insomma!!!).

Infine, l'ultimo dato per ogni ruota riguarda le pressioni, rispettivamente a freddo e a caldo.
Forse non dovrei nemmeno specificarlo, ma è chiaro che la pressione aumenta mano a mano
che la gomma si scalda.

Per regolare questi parametri occorre solo un po' di pazienza e qualche tentativo. E soprattutto
una guida regolare e costante!!! Quando si stanno regolando pressioni e camber bisogna
assolutamente girare puliti, evitare sbandate, testacoda, toccate ai rails e quant'altro: rinunciate
a cercare il tempo, dovete solo girare.

Inanellate una serie di giri per complessivi 30-40 Km (che sono una decina di giri su una pista
media), poi fermatevi, rigorosamente non a ruote bloccate, l'ideale è fare ESC mentre si è in
rettilineo.

Facciamo ora il punto della situazione e osserviamo le temperature. Penso che la cosa più utile
sia fare una tabella:

O M I Significato
camber giusto, pressione
130° 125° 130°
bassa
camber giusto, pressione
121° 124° 121°
alta
camber troppo negativo,
126° 128° 130°
pressione giusta
camber troppo positivo,
129° 127° 125°
pressione giusta
camber troppo negativo,
120° 120° 126°
pressione bassa
camber troppo positivo,
128° 122° 122°
pressione bassa
camber troppo positivo,
132° 132° 126°
pressione alta
camber troppo negativo,
118° 131° 131°
pressione alta

Ho usato sempre temperature diverse perché voglio che vi abituiate a ragionare sui valori. Non
importa, in questi casi, il valore assoluto, quello che dobbiamo guardare è il valore relativo
delle temperature delle tre fasce.

La logica da seguire è questa:

Una pressione bassa ha come effetto di far scaldare più i bordi della fascia
centrale, perché la gomma sottogonfiata non riesce a mantenere il battistrada
disteso, e così si scaldano i bordi e basta;
Una pressione alta, al contrario, fa scaldare di più la parte centrale, perché la
gomma fa la "pancia" e si arrotonda eccessivamente;
Un camber troppo negativo fa, ovviamente, appoggiare di più la fascia interna di
quella esterna;
Un camber troppo positivo il contrario, e si scalderà di più la fascia esterna;

Ovviamente, le combinazioni di queste possibilità danno luogo a tutta la casistica di temperature


che abbiamo visto nella tabella.

Da un punto di vista della guida, bisogna tenere presente un altro paio di cose:
Innanzitutto, un camber più verticale migliora la frenata. L'ideale per la frenata è ovviamente 0°,
visto che in questo modo la gomma è perfettamente distesa e dritta in rettilineo.
Uno più negativo migliora invece l'appoggio in curva. Infatti, entrando in curva, la deriva della
gomma fa "piegare" il fianco. Se la gomma è perfettamente dritta in rettilineo, una volta caricata
in curva appoggerà solo sul bordo esterno, e perderà aderenza.
L'aderenza in curva aumenta fino al valore di camber che produce la stessa temperatura tra le
fasce interna, centrale, esterna; anche se così facendo, perderemo qualcosa in frenata.

Comunque, la perdita in frenata è minima rispetto a quello che si perde in curva, pertanto sarà
nostro interesse fare lavorare bene la gomma in curva, senza curarci del resto.
Infine, negli assetti da qualifica sono solito aumentare lievemente la pressione delle 4 gomme,
visto che in qualifica si fanno pochi giri, e quindi ho bisogno delle gomme già a una pressione
vicina a quella ottimale; e poi perché con meno benzina c'è meno inerzia e le gomme vengono
sforzate (e quindi scaldate) di meno.

Assetti asimmetrici

Sembra una bestialità parlare, in Formula Uno, di assetti asimmetrici. Si parla di assetti
asimmetrici, e subito pensiamo a Indianapolis e agli ovali. Invece hanno un senso anche qua. In
particolare per le pressioni, che vanno il più possibile rese uguali a caldo. Non è detto che tutte
le gomme vengano sfruttate allo stesso modo, anzi quasi mai capita, ma in particolare su piste
fortemente asimmetriche come Spa o Monza, dove le curve sono quasi tutte verso destra. Le
gomme di sinistra saranno sollecitate molto di più di quelle di destra, e si scalderanno molto di
più. Se io imposto le pressioni tutte uguali a freddo, mi troverò a caldo con le gomme di destra
più sgonfie di quelle di sinistra. E alla prima frenata mi troverò a zigzagare ovunque, visto che le
gomme si comporteranno in modo diverso.

Le pressioni, quindi, dovranno tenerne conto: a freddo dovrò gonfiare di più quelle di destra,
meno sollecitate, che si scalderanno meno (e quindi aumenteranno meno di pressione). Anche i
camber ne dovranno tenere conto: le gomme meno sollecitate lo dovranno avere più vicino a
zero di quelle altre. Ma d'altronde, basta guardare le fasce di temperatura e farsi guidare da
esse nell'impostazione dei camber e delle pressioni.

Ricordiamo sempre, comunque, di non superare mai 0°, un camber positivo diventa
svantaggioso tanto in frenata quanto in curva.

A Monza o Spa, in particolare, un camber di 0° per le ruote interne è una cosa sensatissima, ne
giovano le curve a destra e le frenate; tuttavia, ho sperimentalmente visto che poi sorgono
problemi nelle sia pur poche curve a sinistra, perché la gomma esterna lavora male. E uscire
all'Ascari, a 290 all'ora, non è un problema di poco conto. Così, sono solito mettere il camber
dell'anteriore "interna" (la destra a Monza e Spa) a -0.25°, che mi garantisce aderenza anche in
curva. In questo caso (solo per le ruote interne) posso accettare di avere le fasce di
temperatura non perfettamente uniformi fra loro. Sia però chiaro che sulle pressioni, invece, non
si deroga, e devono sempre essere più simili fra tutte e 4 le ruote, a caldo.

Ultimo consiglio: l'assetto impostato in questo modo sarà ottimale solo a caldo; finché le gomme
non sono in temperatura saranno "sgonfie" e non appoggeranno correttamente, per cui
l'aderenza sarà minore. In più, le gomme interne avranno una pressione diversa da quelle
esterne. Tutto questo, tradotto, significa che nei primi giri bisogna fare un'attenzione estrema!!!
Solo dopo qualche giro, quando le gomme si saranno scaldate ed equilibrate, potremo spingere
a fondo certi che l'assetto sarà stabile ed affidabile.
Effetti delle convergenze

Con la convergenza entriamo nel campo dei "ritocchi" all'assetto. Se l'assetto è "nato male",
smanettare con le convergenze ci farà solo perdere la testa, avremo l'illusione che l'auto
reagisca cambiando comportamento ma continuerà ad avere reazioni inconsulte e inspiegabili.
Pertanto, le convergenze si cominciano a impostare solo quando tutto il resto è equilibrato, per
"perfezionare" inserimenti e uscite.

Convergenza anteriore

L'esperienza mi ha mostrato che la convergenza anteriore vuole sempre lievemente aperta. E'
responsabile dell'inserimento in curva che ha la macchina: più la apro, più l'auto avrà la
tendenza ad assecondare rapidamente l'ingresso in curva. In un certo senso, può dare
l'illusione di rendere più sensibile lo sterzo.
L'istinto, quindi, è quello di aprire la convergenza per correggere una tendenza sottosterzante
dell'auto. Per piccole aperture, questo aiuta, ma non bisogna mai esagerare, altrimenti
diventano predominanti gli effetti indotti. Aprendo troppo la convergenza, ottengo un
inserimento eccessivamente pronto. L'effetto è che istintivamente entrerò in curva con meno
angolo di sterzo di quello effettivamente necessario a girare la curva. Durante la percorrenza,
quindi, l'auto allargherà, e così avremo l'impressione che l'auto sia equilibrata in inserimento,
ma sottosterzante a centro curva. Se ci mettiamo a smanettare con barre, molle e
ammortizzatori, è finita =:-O

Ovviamente, una convergenza troppo chiusa avrà un effetto contrario, cioè l'inserimento sarà
"pigro", l'auto manifesterà una tendenza sottosterzante per contrastare la quale noi sterzeremo
di più del necessario. I casi sono due:

o si entra in curva con troppo sterzo, e a metà curva l'auto reagirà con una scodata
"incomprensibile", che ci impedirà di aprire il gas e ci farà perdere tempo;
oppure in ingresso dobbiamo sterzare talmente tanto da mandare le ruote oltre il
limite di deriva, perdono aderenza e noi tiriamo dritto per la tangente a ruote
inutilmente sterzate a fondocorsa. Se poi, dopo aver rallentato, riprendono aderenza,
si trovano di colpo completamente sterzate e il testacoda è quasi certo.

Secondo me, un valore corretto di convergenza va impostato in modo che ci dia un buon
inserimento senza sottosterzo; non appena comincia a "emergere" l'insufficiente angolo di
sterzo, lo compenserò affondando il gas e facendo girare il retrotreno in sbandata controllata.
Se invece l'auto fosse equilibratamente sovrasterzante anche nella seconda metà della curva,
non potrei assolutamente permettermi di dare gas, pena l'inevitabile testacoda.

Questo tipo di guida richiede però un particolare settaggio del differenziale, diverso da quello di
"uso comune". Ne parlerò dettagliatamente nel paragrafo specifico.

Per dare un po' di valori, sono solito partire con un valore di convergenza di -0.127 cm; in
genere i valori di tutte le macchine per tutte le piste non sono molto distanti da questo. Fa
eccezione Monaco dove la ristrettezza degli spazi costringe a dover ottenere dall'auto reazioni
più "strane" del solito: lì la convergenza la metto molto più aperta (sull'ordine di -0.635 per
l'avantreno e +0.444 per il retrotreno). In questo modo l'inserimento è immediato e lo sterzo
molto sensibile, nel contempo evito di sterzare troppo; associato alla convergenza chiusissima
del retrotreno, questo mi permette di dare gas con decisione anche con le marce corte, che
altrimenti innescherebbero sbandate di difficile controllo.

E' però chiaro, come al solito, che dipende in massima parte dal vostro stile di guida: dovete
prima decidere come volete guidare, e poi "costruirvi" l'assetto che assecondi questo vostro
modo di impostare le curve.

Convergenza posteriore

Per la convergenza posteriore, valgono chiaramente gli stessi identici discorsi: più la apro, più il
retrotreno tende ad assecondare la sterzata, quasi come se fosse blandamente autosterzante.
Più lo apro, più diventa difficile frenare, perché il retrotreno alleggerito tende a zigzagare a
destra e a sinistra.
Una convergenza chiusa, invece, tende a mantenerlo più stabile e facilita la frenata, anche in
condizioni difficili. Come contropartita, però, avrò una maggiore "pigrizia" nell'inserimento in
curva, col retrotreno che sembrerà "restare indietro" rispetto all'avantreno.

Anche qui, come al solito, attenti agli effetti indotti: se apro troppo la convergenza dietro, avrò in
inserimento una brusca tendenza sovrasterzante: se correggerò quella "finta" sbandata, uscirò
ineluttabilmente largo a metà curva e difficilmente riuscirò a rientrare sulla traiettoria.
D'altro canto, se la chiudo troppo, avrò delle reazioni estremamente repentine: la convergenza
ha effetto solo finché la gomma ha aderenza, quando comincia a sbandare significa che sta
strisciando lateralmente. La convergenza non ha qui più effetto. Chiuderla troppo significa avere
un'auto che resta perfettamente allineata finché non arriva al limite, dandoci l'impressione che il
retrotreno abbia più aderenza di quella che in realtà ha (e dandoci l'impressione di sottosterzo).
Così noi sterziamo di più, e improvvisamente il retrotreno perde aderenza.
Di colpo perdiamo aderenza al retrotreno proprio mentre abbiamo un angolo di sterzo
eccessivo: la situazione è molto critica, e la perdita di controllo molto probabile.

Una volta di più, non mi resta che dirvi: decidete come volete guidare, e regolatevi le
convergenze in modo che siano corrette secondo il vostro modo di impostare la curva.
Altezza dal suolo e tamponi di fine corsa

Per altezza e tamponi, faccio un paragrafo unico visto che sono due cose che si influenzano
vicendevolmente.

Molta gente, la prima cosa che fa nell'assetto, è "tirare per terra" l'auto. Si mette l'auto più bassa
che si può, e via andare con una cavalletta impazzita. Alla fine l'auto è anche veloce, il
baricentro basso aiuta sempre la tenuta di strada, ma le sospensioni costantemente a fondo
corsa sui tamponi rendono sempre critica la tenuta, perché improvvisamente possiamo perdere
il controllo senza motivo apparente.

Io invece preferisco tenere l'auto alta quel tanto che basta ad evitare il più possibile di andare
sui tamponi, ai quali non ricorro mai neanche dove si salta o ci si "comprime" come al Ring, a
Spa o a Mosport. I tamponi li lascio comunque regolati a 2.54 cm, ovvero il minimo.

Per quanto riguarda l'altezza da terra, in genere non scendo mai - per i motivi che ho appena
citato - sotto i 7.62 cm per l'avantreno.

Naturalmente, con molle più rigide potrò abbassare maggiormente l'auto, visto che a parità di
sollecitazione la corsa necessaria della sospensione sarà minore. Inoltre, bisogna considerare
anche la velocità della pista, su piste molto veloci avremo sollecitazioni maggiori per cui le
asperità impegnano più corsa della sospensione: l'altezza dovrà quindi essere lievemente
aumentata. Quando si va piano, invece, l'altezza può essere minore anche con molle
ugualmente morbide.

Per questo motivo, il mio assetto per Spa è più alto di quello di Monaco sebbene la taratura
delle molle sia dell'ordine (per l'avantreno) di 140 N/cm a Spa e 96 a Monaco.

Come accorgersi che l'auto va a tampone? Nel 1967 non c'era telemetria, non c'erano
rilevazioni elettroniche... c'era solo la sensibilità del pilota. Sta a noi capire che ad un certo
punto della curva l'auto manifesta un comportamento anomalo, indice che la sospensione è a
fondo corsa.
Quando si raggiunge il tampone, improvvisamente la ruota corrispondente comincia come a
"raspare" verso l'esterno, perdendo aderenza, perché di colpo viene a cessare il molleggio. In
quel momento, è come avere messo la barra di torsione ad un livello di durezza impensabile.
Una barra di torsione durissima, fino al limite di aderenza della gomma aumenta la precisione e
la prontezza dello sterzo, oltre il limite rende solo più repentino il passaggio
aderenza/sbandamento. E poiché il tampone si raggiunge solo con la sospensione a pieno
carico, ecco che quando si arriva sul tampone la gomma perde improvvisamente aderenza.
In più, si avrà subito dopo un violentissimo rimbalzo, visto che la sospensione non ha potuto
sfruttare la corsa necessaria in compressione, cui avrebbe fatto seguito una progressiva
riestensione.
Troncando di colpo la possibilità di comprimersi, non appena diminuisce di un minimo il carico,
la sospensione si scarica rapidamente come se "provenisse" da una compressione più
"profonda".
La sospensione che arriva a tampone ha dunque un comportamento molto indecifrabile: si ha
una prima perdita di aderenza, un successivo rimbalzo violento e poi la gomma, ricominciando il
molleggio, riprende carico e andrà ancora a tampone con un'altra "scivolata" all'esterno.
Con un assetto "estremo" che in curva si appoggia decisamente sui tamponi e ci resta
schiacciato sopra, i problemi saranno minori, si avvertirà solo una notevolissima "rigidità"
dell'assetto e l'incapacità di mantenere una traiettoria stabile senza "remare" all'inverosimile
specie su strada appena diseguale. Sarà anche delicatissimo "lavorare" di gas durante la curva,
poiché la minima variazione di carico sbilancerà notevolmente l'assetto. E' una condizione che
io non raccomando a nessuno, come al solito può essere tentata per un giro veloce (ma io la
sconsiglio anche in quel caso), di certo non si potranno fare 70 giri con quell'assetto senza mai
fare un errore. Per la gara, se volete un assetto guidabile, stabile, che non riservi sorprese,
curate bene l'altezza dal suolo. E ricordate anche che se mettete a punto la macchina con poca
benzina, dovrete poi alzare di una "tacca" sia davanti che dietro per compensare il maggior
peso della benzina se fate una gara lunga.

Come differenza fra anteriore e posteriore, il discorso è un poco più complesso. Teoricamente,
dopo aver equilibrato le rigidità delle molle rispetto alla distribuzione dei pesi, l'ideale sarebbe
avere anteriore e posteriore alti uguali. La pratica ha dimostrato che questa non è la soluzione
ottimale, ma l'avantreno vuole sempre di uno o due "scatti" più basso del retrotreno. Tutto ciò è
spiegato da una serie di motivi:

avere il retrotreno più alto sposta in avanti il baricentro: questo è utile in frenata,
così aumentiamo un poco l'aderenza delle ruote davanti e di conseguenza la
potenza frenante che possiamo esercitare.
è utile anche in accelerazione, dove il peso si sposta indietro: visto che la
distribuzione dei pesi è già (chi più chi meno) spostata al retrotreno, rischiamo di
avere un eccessivo alleggerimento dell'avantreno in uscita di curva e conseguente
perdita di direzionalità. In più, si rischia di sovraccaricare il retrotreno, che può
andare a tampone.
tuttavia, abbassare l'avantreno rispetto al retrotreno peggiora la stabilità in frenata,
visto che il retrotreno si alleggerisce e l'avantreno può andare a tampone.

Comunque, io di solito privilegio sempre la precisione e l'aderenza dell'avantreno, dato che la


frenata si fa per tratti relativamente brevi e perloppiù rettilinei; l'accelerazione, invece, si ha per
tutto il resto del tempo, curve comprese. Secondo me è meglio avere il corpo vettura allineato e
stabile mentre do gas. In più teniamo presente che in piena velocità comunque il motore
trasmette potenza e il retrotreno è carico, se c'è troppo peso su di esso al momento di iniziare la
frenata rischia di scaricarsi di colpo e metterci in difficoltà.
E un altro motivo ancora è quello che mentre siamo in piena accelerazione col retrotreno
caricato, è necessario che le molle posteriori abbiano ancora una certa corsa utile, sennò un
minimo avvallamento preso in piena accelerazione si tramuterebbe immancabilmente in una
grave sbandata e conseguente uscita di pista.

Ma per l'ennesima volta, anche questa regolazione dipende dallo stile di guida, chi si trova a
disagio con assetti "kartistici" tutti puntati sull'avantreno probabilmente avrà bisogno di un'auto
più "orizzontale" di chi invece, come me, preferisce entrare in curva e fare derapare il retrotreno
riallineando subito lo sterzo.
Frenata

Bilanciare la frenata è essenzialmente una questione di gusti e di stile di guida. E' però chiaro
che un certo "stile" di assetto richiederà un certo bilanciamento di frenata. Non potrò, per
esempio, fare un assetto tutto puntato sull'avantreno, che in curva fa derapare il retrotreno in
inserimento, e poi bilanciare la frenata al 50% tra avantreno e retrotreno.

Io da questo punto di vista ho una visione abbastanza radicale: per frenare tranquilli occorre che
la frenata sia decisamente spinta davanti, non vedrete praticamente mai miei assetti con meno
del 60% di potenza frenante all'avantreno.

Ricordiamo che in frenata il peso si trasferisce all'avantreno; è vero che l'auto ha circa il 60% di
peso dietro (chi più chi meno), ma è anche vero che la potenza frenante (e l'inclinazione in
avanti dell'auto) compensa ampiamente questo effetto. Avere il 50% di potenza frenante
farebbe molto probabilmente bloccare prima il retrotreno dell'avantreno. Questo ci impedirebbe
di sfruttare, di fatto, il massimo della potenza frenante, visto che dovrei rilasciare il freno - per
non girarmi in testacoda - quando invece potrei sfruttare maggiormente l'aderenza
dell'avantreno.

Il contrario non è invece mai pericoloso, dare troppa frenata davanti al peggio fa sì che si
blocchino le ruote, si perda direzionalità e si tiri dritto. Basta rilasciare lievemente il freno e si
riprende aderenza.

E' chiaro che anche in questo caso la frenata non è quella ottimale, perché adesso non
sfruttiamo l'aderenza del retrotreno.

L'ideale, secondo me, è che l'avantreno blocchi un attimo prima del retrotreno. In questo modo,
portando al limite l'avantreno porto conseguentemente quasi al limite anche il retrotreno. Se
supero il limite di aderenza, il primo asse a bloccarsi è sempre quello anteriore, e la frenata è
così comunque stabile.

Come buon metodo per trovare l'equilibrio giusto si può fare la seguente prova: ci si lancia in
rettilineo alla massima velocità, e si frena progressivamente a fondo. Se il regime del motore
tende a fermarsi prima del bloccaggio delle ruote anteriori vuol dire che il posteriore sta invece
già bloccando, quindi la frenata è ancora troppo dietro. Se invece si bloccano le ruote davanti, e
continuando a premere il freno si vede il regime che tende ad andare a zero, vuol dire che la
frenata è buona. Se anche pestando a fondocorsa il freno il regime non si abbassa, vuol dire
che dietro in pratica non frena, quindi la frenata è troppo davanti.

Questo in linea di massima. Con l'esperienza non avrete più bisogno di fare tutte queste prove,
io oramai parto sempre con la frenata al 62% e perloppiù va già bene, o quasi. Restano solo da
fare i ritocchi, che dipendono dal circuito, dall'assetto, dall'auto e - ovviamente - dallo stile di
guida.

In certi casi, come per esempio al Ring, ci sono frenate da fare in semicurva in discesa, la
frenata deve quindi essere spostata ulteriormente in avanti per compensare questo fenomeno.
Così, come dipende dall'auto: una BRM ha una distribuzione di pesi di 36%/64%, per cui posso
spostare la frenata più verso il posteriore. Al contrario su una Brabham o una Cooper, che
hanno rispettivamente il 42 e il 40% del peso sull'asse anteriore, la frenata dovrà essere portata
lievemente in avanti per evitare che il retrotreno arrivi al bloccaggio.
Anche le altezze dal suolo influiscono sulla frenata: se alzo il retrotreno in rapporto
all'avantreno, trasferisco il peso verso l'asse anteriore, e conseguentemente dovrò portare un
poco più avanti la frenata.

Resta, ultimo ma non meno importante, lo stile di guida e il bilanciamento di tutto il resto
dell'assetto. Con un assetto più rigido, che affonda meno l'avantreno, dovrò caricare meno
quest'asse, e tenere la frenata un po' più verso il retrotreno per limitare il sottosterzo in
inserimento. Al contrario, ovviamente, se l'avantreno è morbido.
Con le barre morbide dovrò portare la frenata in avanti, visto che l'avantreno tende a "puntare"
la ruota esterna, e l'opposta interna si alleggerisce molto: si rischiano pericolosi bloccaggi del
retrotreno. Con barre rigide potrò tenere un po' meno frenata davanti, ma è ovvio che qui si
parla sempre di uno o due punti, non di più.

Quello che fa veramente la differenza è il nostro stile di guida. Se uno guida in modo "classico",
ovvero frenata a fondo fino all'inserimento, poi curva ridando gas e progressivamente esce
accelerando, dovrà inseguire come unico obiettivo la massima potenza frenante in rapporto
all'aderenza.
Se uno invece vuole forzare le frenate fin dentro la curva (trail braking, lo stile comunemente
impiegato a Monza nelle curve di Lesmo e alla Parabolica, si vedano i replay dei giri veloci in
proposito) la frenata dovrà essere bilanciata in modo più fine. Se esagero con la frenata
sull'asse anteriore, anche se non arrivo al bloccaggio ho comunque una certa derapate delle
gomme anteriori. Mi inserirò quindi in curva con una certa direzionalità, che è però minore di
quella massima permessa dalle gomme non caricate dalla frenata. Come conseguenza, ottengo
un angolo finale di sterzo minore del previsto. L'effetto è singolare: non appena giungo quasi
all'apice della curva e rilascio il freno, mi aspetto che cessando la forza frenante il retrotreno
riprenda carico poiché il peso cessa di essere spinto dalla frenata sull'asse anteriore. Invece, se
la frenata era troppo sull'anteriore, non appena rilascio il freno, le ruote davanti riprendono
piena direzionalità, e l'auto si trova così con un angolo di sterzo eccessivo. E' quasi impossibile
a questo punto evitare il testacoda.

Se si decide di adottare questa tecnica, l'auto va assettata appositamente: la frenata vuole


spostata lievemente verso il retrotreno, in modo che in inserimento di curva la derapata sia
abbastanza uniforme sui due assi e l'auto non si scomponga eccessivamente rilasciando il
freno. Inoltre, sarà bene anche rendere un poco più veloci le estensione degli ammortizzatori
anteriori; questo per evitare il più possibile che l'auto resti "puntata" sull'avantreno, ma non
appena si smette di frenare immediatamente ridia carico al posteriore, sempre per minimizzare
il fenomeno di cui sopra.
Un'altra cosa utile, per chi vuole adottare questa tecnica, è di aprire leggermente la
convergenza anteriore, così l'inserimento sarà più pronto senza bisogno di arrivare a grandi
angoli di sterzo, che creano problemi quando si va a rilasciare il freno.

In linea di massima, comunque, questa logica di impostazione della frenata è utile in tutti quei
casi nei quali ci si trovi a dover frenare in curva, come anche, per esempio, la difficilissima
staccata del "Gasometro" di Monaco. L'istinto, girandosi in testacoda in curva, è sempre quello
di portare più avanti la frenata, ma come visto, certe volte la causa di questo fenomeno è
proprio la frenata eccessivamente sull'avantreno.
Steering ratio

Forse è improprio trattare qui questo parametro, visto che più che con la tecnica ha a che fare
con i settaggi del gioco e delle periferiche (volante o joystick) ad esso connesse. Tuttavia, la sua
regolazione influenza direttamente la guida, per cui due parole sono doverose.

Lo Steering ratio (non ricordo la traduzione della voce in italiano) in pratica identifica "quanto
diretto" è il volante. Non è esattamente il rapporto tra rotazione sterzo e rotazione delle ruote,
perché in realtà è il rapporto dei denti di pignone e cremagliera nella scatola dello sterzo. Di
quanto poi una certa rotazione del volante (e di conseguenza, una certa escursione della
cremagliera dello sterzo) si traduca in termini di rotazione delle ruote, dipende da dove sono
infulcrati i braccetti dello sterzo sul portamozzo. Non è il caso di dilungarci su questo, a noi
basta sapere che mano a meno che si aumenta il valore (cioè da 7:1 si aumenta verso 18:1), si
ottiene progressivamente uno sterzo sempre meno diretto.

Detto questo, prima di vedere che valori sfruttare, io raccomando due impostazioni fondamentali
dei parametri di configurazione:

1. nel file core.ini andate a disabilitare la voce "steer_ratio", ovvero andate a cercare la riga
seguente e mettete ZERO (come nel mio esempio) al posto di "steer_ratio = 1" che
probabilmente troverete:

[ Hack ]
steer_ratio = 0 ; Enable low speed ratio override

Il senso di questo parametro è il seguente: con steer_ratio = 1 lo sterzo ha il fattore di


demoltiplicazione scelto (ipotizziamo di avere impostato 15:1) solo a velocità superiori a circa
100 Km/h (60 Mph). Al di sotto di questa velocità, automaticamente lo steering ratio viene
abbassato e portato progressivamente verso 7:1. In questo modo, da fermo e a bassissima
velocità abbiamo comunque 7:1, mentre in piena velocità abbiamo il 15:1 che avevamo
impostato.

Questo può essere utile per fare manovra uscendo dai box in mezzo quando si è in mezzo agli
altri, per esempio; oppure viene utile nei tornantini di Monaco.
C'è però un grave problema che sorge da questa impostazione: in curve come Lesmo o la
Parabolica di Monza, oppure la "Tarzan" di Zandvoort (per dire le prime due che mi vengono in
mente) si arriva a oltre 250 orari e si gira la curva a circa 80-90 orari, cioè al di sotto della
velocità "critica".
Così succede che in piena staccata, proprio nel momento dell'inserimento in curva, cioè il
momento più delicato e difficile dell'impostazione della curva, improvvisamente lo sterzo
comincia a diventare più sensibile e diretto. Io ho trovato difficilissimo guidare così, non appena
ho disabilitato questa correzione automatica del fattore di sterzo mi sono trovato
immediatamente molto più a mio agio in staccata e in inserimento, ed è un'impostazione che
raccomando a tutti.

2. Nelle opzioni di impostazione del controllo, spostate il cursore della linearità verso la
massima linearità. Permettere uno sterzo non lineare, infatti fa sì che lo risponda in modo
diverso a piccoli movimenti piuttosto che ad ampie sterzate. Anche questa è una cosa
estremamente negativa per il controllo: ricordate che è indispensabile che le ruote rispondano
sempre nel modo più lineare possibile allo sterzo. L'unica cosa che dobbiamo modificare è la
"direttezza" dello sterzo, ovvero di quanto si girano le ruote alla sterzata massima, che poi non è
altro che il vero e proprio steering ratio.

Non possiamo avere lo stesso steering ratio a Spa come a Monaco. Monaco presenta curve
molto strette, se non impostiamo uno steering ratio sufficiente non riusciremo a girare la curva
della Stazione (oggi "Loews") senza fare manovra! Così, a Monaco uso uno steering di 10:1;
non scendo al minimo permesso (7:1, corrispondente alla massima sterzata possibile) perché a
quel valore lo sterzo è troppo diretto e in velocità la guida è pressoché impossibile.

A Spa, invece, la pista è velocissima, è meglio avere uno sterzo che permetta di "pennellare"
maggiormente le traiettorie, quindi lo steering ratio andrà alzato; non conviene però esagerare,
io non vado mai oltre 15:1, perché altrimenti in caso di controsterzo l'angolo risultante delle
ruote - nonostante magari si sterzi a fondo corsa - sarà insufficiente a controllare l'auto. E
inoltre, su piste velocissime è necessario che lo sterzo sia molto pronto per poter controllare
immediatamente le più piccole reazioni.

Per cui va bene renderlo un po' meno diretto, ma non troppo. In pratica, poi, è anche questione
di abitudine, quando uno è abituato ad avere certe risposte volante-ruote si trova a disagio se
"stravolge" l'impostazione. Io di fatto giro sempre con valori intorno a 14:1, salvo Monaco per le
sue particolari caratteristiche.
Cambio e regolazione rapporti

Per i rapporti ci sono solo regole di massima, ovviamente, e molto è lasciato alle preferenze del
pilota.
Come regola generale, ricordate che ogni sgommata è tempo perso, quindi i rapporti (in
particolare quelli delle marce basse) dovranno curare questo aspetto: è inutile uscire da una
curva lenta in seconda per scaricare seconda e terza a limitatore col fumo dalle ruote (e intanto
restare fermi), e poi mettere la quarta e trovarsi il motore a 1500 giri...

Io cerco sempre di scegliere i rapporti che mi fanno girare la curva leggermente sottocoppia, in
questo modo durante la percorrenza della curva riesco a gestire meglio il gas visto che il motore
non ha una risposta immediatamente "rabbiosa". Accelerando progressivamente senza
problemi uscendo dalla curva, mi trovo così nel punto dove posso finalmente scaricare massima
potenza col motore in piena coppia.

Se regolassi le marce per avere la coppia massima a metà curva, dovrei penare durante la
curva per non girarmi in testacoda col motore che - al regime ottimale - è sensibilissimo al gas;
e poi mi troverei in uscita di curva col motore a limitatore, proprio nel momento nel quale invece
potrei aprire a fondo. Dovrei allora passare a una marcia superiore proprio in accelerazione
(perdendo tempo inutilmente, visto che potevo cambiare prima, quando non perdevo niente), e
mi ritroverei ad accelerare con una marcia decisamente più lunga, perdendo altro tempo.

Ovviamente non dobbiamo cadere nell'eccesso opposto, se allunghiamo troppo le marce il


motore non riesce più a "tirarci fuori" dalle curve, e perdiamo tempo perché cerchiamo di
riprendere da sottocoppia in uscita di curva. L'alternativa è scalare, trovarsi con un rapporto
troppo corto, e ricadere nel caso precedente.

Per l'impostazione della prima marcia, ci sono diverse scuole di pensiero: c'è chi regola la prima
sulla curva più lenta della pista, usandola quindi comunemente durante la guida. E c'è chi
invece imposta la prima unicamente per partire bene, usando comunque la seconda anche nelle
curve più lente (Monaco escluso, ovviamente, ma è una pista che fa capitolo a parte).

Devo dire che io seguo entrambe le scuole di pensiero, adottando quella che si adatta meglio a
ogni singola pista. A Monza, o Silverstone, di curve veramente lente non ce ne sono, regolare
la prima marcia per la curva più lenta significa avere una prima talmente lunga da rendere
difficilissimo partire. E comunque alla fine ci si trova con tutte le marce inutilmente
ravvicinatissime, visto che non si sfrutta nemmeno l'arco di utilizzo del motore ma si è sempre lì
a cambiare come forsennati. Per non parlare dei rischi in frenata, dove bisogna scalare le marce
a "mitraglia" e il rischio dei fuorigiri aumenta. Oppure il cambio non "prende" un impulso e si
entra in curva con una marcia in più, uscendo di strada.

Viceversa, su piste che presentano tornantini lenti, come Monaco (manco a dirlo!), Rouen, Spa,
Mosport, Mexico etc. la prima marcia la regolo in modo che sia esatta per l'uscita del tornantino;
tanto, data la lentezza della curva, la marcia sarà comunque buona anche per la partenza.

Bisogna spendere due parole anche per la quinta marcia: la sua regolazione varia a seconda
che l'assetto sia destinato al giro veloce, alla gara breve, o alla gara Grand Prix.

Nel giro veloce puro la quinta andrà regolata in maniera che in fondo al rettilineo più lungo il
motore arrivi al regime di potenza massima, forse anche qualcosa di più, in maniera insomma
da ottenere la velocità massima. A parità di velocità massima raggiunta, scegliete la scalatura
più corta, che vi fa guadagnare qualcosa in accelerazione.

In una gara breve il motore non avrà grossi problemi, ma dobbiamo considerare la possibilità (e
la necessità, talvolta) di sfruttare le scie. Se usassi una quinta "al limite" come quella da giro
veloce, trovandomi in scia non riuscirei ad accelerare ulteriormente, perché il motore sarebbe
già a fondogiri. Anzi, rischierei pure di romperlo.
La quinta andrà quindi allungata un poco, in modo che sfruttando una scia arrivi in quel caso a
fondo giri.

Infine, il caso più "difficile" da valutare è quello del Grand Prix, almeno per quanto riguarda
piste di "potenza", come Spa o Monza, e in particolare con auto dal motore "fragile" come Lotus,
Eagle, o anche Honda e Ferrari. Non so pronunciarmi su BRM o Cooper dato che non ho mai
provato a correre un GP a Monza con quelle due, mentre posso garantire la pressoché
indistruttibilità del Repco della Brabham :-)
In un Grand Prix non possiamo sfruttare sempre al 100% il motore, almeno su piste esigenti da
questo punto di vista, come appunto Spa o Monza, con auto "fragili". Ho personalmente visto
esplodere due volte Honda e Ferrari dopo una 50ina scarsa di giri a Monza, senza aver mai
tirato fuorigiri.
Bisogna allungare tantissimo la quinta marcia, in pratica fare in modo da avere una quinta di
riposo, per quanto, parlando di una F1, questa definizione possa far sorridere!
In particolare, durante la corsa, dobbiamo tenere d'occhio la temperatura dell'acqua del motore,
quindi occhio al cruscotto! Suggerisco di abituarsi a guidare senza le braccia del pilota, l'effetto
all'inizio è terribile, sembra che manchi mezza macchina e si perdono pure i riferimenti, ma si ha
sempre piena visibilità sugli strumenti, anche a ruote sterzate.
Così a spanne posso dire che la temperatura dell'acqua non deve mai andare oltre la metà del
quadrante dell'indicatore, però non vi so dare un valore preciso... l'unica è provare: se il motore
scoppia, la quinta è corta! (e grazie, direte voi! Ok, lo ammetto, questo è per l'angolo di
"Sherlock Holmes"...) ;-)

Coppia conica

Non esistono differenze tra due combinazioni di rapporti e coppia conica che ottengono lo
stesso rapporto finale. A parte il discorso di accorciare o allungare "in blocco" i rapporti, senza
alterarne la scalatura, bisogna intervenire sulla coppia conica in pochi casi. In particolare, con la
Brabham: il motore Repco fa molti pochi giri/min, la potenza max è infatti a 8200 rpm. Tutti gli
altri motori sono intorno ai 10000, e per loro ci sono meno problemi.

I problemi infatti sorgono dal momento che la combinazione più "lunga" di ingranaggi per la
quinta marcia è di 26/24. Con una coppia conica di 8/31, per esempio, anche un 26/24 si trova
ad avere un rapporto finale troppo corto per certe piste veloci.
Per una Honda, che può tirare fino a 10900 giri, questo rapporto potrebbe essere più che
sufficiente, la Brabham invece sarebbe in fuorigiri ben prima della velocità massima
teoricamente ottenibile.
L'unica possibilità che si ha per allungare ulteriormente il rapporto è intervenire sulla coppia
conica.

L'altro motivo che ci può spingere a lavorare sulla coppia conica è invece il "limite" delle prime
due marce: i rapporti tra gli ingranaggi massimi selezionabili sono di 14/32 per la prima e di
17/29 per la seconda. In certi casi, in dipendenza delle scelte dei rapporti, si potrebbe
desiderare (p.e.) una seconda marcia ancora più lunga: tipicamente, è una cosa che può
capitare per Lesmo a Monza, se si decide di impostare i rapporti per girarle in seconda, senza
avere bisogno di passare in terza nel tratto tra le due curve. Anche in questo caso, l'unica
possibilità è quella di intervenire sulla coppia conica allungando il rapporto al ponte.
Infine, un ultimo motivo, potrebbe essere quello di avere più "flessibilità" in una certa "zona" dei
rapporti. Mi spiego: le combinazioni di rapporti possibili non sono una distribuzione lineare,
ovvero equamente "spaziati". Vi è un ravvicinamento delle varie combinazioni a cavallo di un
certo tipo di selezione. Se occorre, per ipotesi, avere più possibilità di regolazione per la quarta,
anziché per la terza marcia, occorre modificare la coppia conica in modo che la "zona" di
"addensamento" delle combinazioni capiti dove ci serve. Temo di essere stato un po' confuso in
questa spiegazione, ma non so come descriverla altrimenti.
Differenziale

Dulcis in fundo, il differenziale. Dico questo perché quello che dirò sconvolgerà probabilmente le
convinzioni di molti, che hanno imparato a guidare col differenziale "di serie" (cioè quello che si
trova nei setup di default) e non riescono a concepire un differenziale con un angolo di rampa
diverso da 85 per l'accelerazione.

Come abbiamo visto nella sezione della tecnica dedicata al differenziale, un angolo di rampa di
85 equivale di fatto ad avere un differenziale non autobloccante.

E allora perché 85/30 di default? Non me lo sono mai spiegato, in una "corsa al realismo" come
Grand Prix Legends! Analizziamo il comportamento di un differenziale tarato a 85/30:

in frenata, in rilascio, il differenziale è molto lento a sbloccare, pertanto per tutta la


fase di frenata e anche di inserimento in curva resta bloccato. La frenata è così
molto stabile, visto che il differenziale ci mantiene allineato il retrotreno.
non appena entriamo in curva e diamo gas, il differenziale immediatamente
sblocca perché l'angolo di rampa per l'accelerazione è di 85. L'auto entra molto
docilmente in curva, perché viene meno la forza allineante del retrotreno bloccato.
se sbandiamo, l'auto tende a sfuggirci, andiamo nel panico e di istinto (istinto
sbagliatissimo!!!) togliamo il gas, il differenziale torna a bloccare con estrema rapidità
e ci riallinerà.
dare gas con violenza in curva non scompone l'auto più di tanto, perché tutta la
coppia motrice va "dispersa" dalla ruota interna, priva di carico, che slitta a vuoto
senza compromettere l'assetto.
e se anche in accelerazione ci "parte", basta rilasciare il gas, le ruote posteriori
cessano di slittare, e in più il differenziale va in blocco in rilascio: è quasi certo che
l'auto si riallinerà praticamente da sola.

Regolata in questo modo, l'auto è molto "intuitiva" da guidare per un pilota medio, che
spaventandosi toglie gas, e che vuole una frenata stabile e tranquilla!! =:-O

Poi, anche migliorando, ci si abitua a questa impostazione e se ne assume lo "schema


mentale", e dopo non ce ne si riesce più a liberare. Al limite, ho visto gente girare anche molto
veloce con queste tarature. Anche io all'inizio mi sforzavo di girare con 85 in accelerazione,
trovando comunque inguidabili le altre tarature. Così facendo perdevo però tutte le grandi
potenzialità che un differenziale autobloccante può offrire.

Il differenziale a 85/30 ha infatti una serie di controindicazioni, che qui vediamo in maniera
schematica:

se il retrotreno sbanda, diventa difficilissimo rimediare: rilasciare il gas blocca il


differenziale e tende sì a riallineare l'auto, ma contemporaneamente scarica il
retrotreno e gli fa perdere aderenza, e il rischio di testacoda aumenta perché anzi il
bloccaggio del differenziale può tramutarsi in qualcosa di simile a un blando colpetto
di freno a mano.
se invece provo a rimediare accelerando, trasferisco sì il peso dietro, ma il
posteriore ancora non si riallinea perché il differenziale si sblocca e la ruota interna
comincia a girare a vuoto. Perdo quasi tutta la motricità, il testacoda sarà molto
probabile, e nella (fortunata) ipotesi nella quale io riesca a controllarla avrò
comunque perso un sacco di tempo.
Si può dire che le tarature con la rampa a 85° in accelerazione siano quindi abbastanza
intuitive, ma che perdonino poco. Si ottiene un assetto che si presta molto poco ad essere
guidato ai confini dell'aderenza, ma richiede piuttosto una guida molto pulita pena perdere un
sacco di tempo. Insomma, è più facile da guidare, ma solo se si va piano!

Una taratura più realistica del differenziale è data da angoli di rampa intorno a 45/85. Quando
uno si abitua, anche a livello "istintuale" a guidare in modo completamente diverso da quello cui
si è abituato, si rende conto che può fare cose che prima non poteva fare. Ora l'auto obbedisce
molto più sensibilmente ai comandi. E' richiesta più sensibilità di guida, ma possiamo ora
maggiormente sfruttare i limiti dell'auto. Andare relativamente piano sarà ugualmente
impegnativo quasi come guidare al limite, ma al limite l'auto sarà molto più "recuperabile" e
gestibile. Vediamo perché:

in frenata il differenziale si sblocca. Il retrotreno si alleggerisce e perde forza


allineante: se non portiamo avanti la frenata, basta non essere perfettamente
allineati per fare testacoda. Ecco perché le mie tarature della frenata possono
inizialmente apparire "assurde": sono effettivamente assurde, se uno ha un
differenziale a 30 in rilascio!! In quel caso il differenziale è molto più "rigido" e così
l'inerzia del motore si fa sentire molto di più. Ci farà da blando abs in frenata, si può
dire.
entrando in curva, dovremo gestire con estrema sensibilità il limite di deriva
dell'avantreno. Mentre il rilascio a 30 teneva allineato il retrotreno, il rilascio a 60 o
85 lascia il retrotreno libero di derapare inserendosi in curva. Questo può essere
sfruttato a nostro vantaggio.
come detto, inserirsi in derapata è generalmente irrimediabile con la rampa di
accelerazione a 85. Con la rampa a 30 o 45, non appena tocco il gas il differenziale
blocca. Questo fa sì che tutto il controllo dell'auto sia nel nostro piede destro: più
che di sterzo, l'auto si guida di gas, dando gas blocco il differenziale, trasferisco il
peso al retrotreno che così riprende aderenza, si riallinea, e intanto posso accelerare
sempre di più e uscire dalla curva con piena trazione e accelerando sempre più a
fondo.
se si esagera col gas, bisogna vincere l'istinto che ci porta a togliere gas. MAI
FARLO!!!! Il differenziale si sblocca, e il peso si trasferisce davanti, il testacoda è
ora più che certo, direi che è scientifico!!! Tutta la curva, quindi, è lasciata alla
sensibilità del nostro piede destro: se si sbanda, bisogna rilasciare circa metà del
gas che si sta impiegando, in modo da ridurre la coppia motrice alle ruote
(responsabile dello sbandamento) ma non far sbloccare il differenziale o scaricare il
retrotreno.

Questo tipo di impostazione ci porta a una guida completamente diversa da quella cui obbliga il
differenziale 85/30. Con 30/60, 45/85 o 45/60 (che sono in pratica gli unici tre settaggi che
adotto) posso forzare la frenata fino a ingresso curva, fare derapare il retrotreno, inserirmi in
sbandata, riallineare lo sterzo e dare gas portando fuori l'auto a sterzo dritto e gas aperto:
modulando il gas modificheremo la derapata del retrotreno. La curva è ideale quando viene
effettuata a sterzo perfettamente dritto e gas a fondo, col differenziale che provvede a
mantenere il giusto limite di derapata.

Il difficile di questo stile di guida è che diventa, paradossalmente, difficile andare piano! Se non
"lancio" in curva l'auto in modo da fare derapare il retrotreno, avrò sempre un tragico sottosterzo
in inserimento, molto difficile da contrastare. Tuttavia, se non si va forte, si può aspettare a dare
gas fintanto che l'auto non abbia assunto la corretta traiettoria, per cui i problemi in realtà sono
molto relativi.

All'inizio è sconvolgente dover cambiare abito mentale, se l'auto a metà curva tende a
sottosterzare, l'istinto del 99% della gente è quello di togliere gas. Questo "pessimo viziaccio" ci
deriva anche dal fatto che oggigiorno le auto vere sono pressoché tutte a trazione anteriore, e
sono caratterizzate da un tipico sottosterzo di potenza. Entrando in curva veloce, si manifesta
questo fenomeno, allora è necessario rilasciare il gas per trasferire il carico sulle ruote anteriori
che così riprendono aderenza e riportano l'auto su una traiettoria più stretta.

Non posso fare la stessa cosa con una trazione posteriore e differenziale autobloccante, come
già visto il testacoda sarebbe inevitabile!

E qui sorge l'anti-intuitività (almeno per chi è abituato ai comportamenti di una trazione
anteriore!) degli angoli 45/85 e simili: se l'auto sottosterza a metà curva, non penso che a
nessuno verrebbe in mente di dare più gas!!! Eppure è proprio questa la manovra da fare,
caricandolo di più si aumenta la deriva del retrotreno che quindi deraperà di più facendoci
chiudere la curva. Il tutto, tra l'altro, senza perdere velocità!
Il difficile è dato dal controllare questa condizione, dopo aver innescato la derapata, bisogna
rilasciare il gas quel tanto che basta a far smettere la sbandata, ma ovviamente non troppo
altrimenti si scarica il retrotreno e perde aderenza, con ovvio testacoda. Idem tenendo troppo
gas!

Da cosa capire in che direzione intervenire sul differenziale? Se l'auto tende a scomporsi troppo
in frenata, e la frenata è già molto verso l'avantreno, possiamo provare a "chiudere" un po'
l'angolo di rilascio, e mettere 60°. Questo ritarderà un po' lo sblocco del differenziale in frenata,
e ci terrà un poco più allineati.

Al contrario, in accelerazione: se l'auto è troppo sensibile al gas, e come lo tocco sento che
l'auto diventa "dura" da sterzare e subito dopo, dando più gas, tende a sbandare troppo,
probabilmente l'angolo è troppo chiuso, e dovrò aprirlo.
Se invece quando l'auto comincia a sbandare noi diamo gas ma l'auto sembra reagire con un
po' di ritardo, potrebbe essere l'angolo di rampa di accelerazione troppo aperto che rallenta la
reazione al pedale del gas.
Se entrando in curva l'auto è troppo pigra a curvare, e all'apice ancora fa fatica, probabilmente è
l'angolo di rampa di decelerazione troppo chiuso.

In genere, su circuiti dove ci sono curve velocissime, come Spa, uso tutti angoli chiusissimi,
come 30/45 o al più 30/60: ad altissima velocità non posso far sbloccare di colpo e del tutto il
differenziale, è necessario che mi tenga il più allineato possibile tanto in accelerazione che in
rilascio; a farmi derapare, tanto, ci pensa l'alta velocità. Tuttavia ricordiamo sempre che più
chiudo l'angolo di rilascio, meno facilmente l'auto si inserisce in curva: a Masta, per esempio,
avrei problemi con un angolo di 45 in rilascio perché l'auto sarebbe troppo "pigra" a curvare.

Monaco, invece, è un caso talmente opposto da richiedere paradossalmente settaggi simili! La


strada è così stretta e angusta, che non c'è lo spazio per derapare: il differenziale quindi deve
intervenire il più rapidamente possibile per minimizzare i tempi di intervento.

Su una pista come Zandvoort, invece, dove ci sono lunghi curvoni di appoggio da fare in
terza-quarta marcia, non si può esagerare con la chiusura della rampa di accelerazione,
altrimenti si rischia di avere troppo sottosterzo finché si è in aderenza. E una pericolosa
sbandata appena si perde aderenza; pericolosa perché a Zandvoort perdere la traiettoria crea
problemi grossissimi nell'impostazione della curva successiva.

Su altre piste la scelta del differenziale è invece difficile da operare, in Mexico per esempio è un
vero rebus, per quanto mi riguarda.

Ma alla fine, naturalmente e come al solito, tanto (e forse più di tutto) conta come ci si trova, e
quale settaggio si adatta meglio al proprio stile di guida.
Blocchi

Fin qui ho parlato degli angoli di rampa, che sono la velocità di blocco. Ma come regolare invece
la quantità di blocco? Più aumento il numero dei blocchi, più la percentuale di bloccaggio sarà
maggiore. Mi sembra chiaro che un differenziale con angoli di rampa ampi e tanti blocchi sarà
imprevedibile e ingestibile, perché impiegherà troppo tempo ad arrivare alla quantità di blocco
definita. Per cui come prima regola, ricordiamo di non associare mai tanti blocchi ad angoli di
rampa ampi in accelerazione. In pratica, quel che posso consigliare, è di non superare i 4
blocchi con 45° e i 3 con 60°.

Al contrario, sarà ottimamente guidabile un settaggio con angoli chiusi ma pochi blocchi. Che,
infatti, è la soluzione cui ricorro spesso.

Anzi, se l'auto vi sembra troppo "rigida" a curvare, potrebbe essere - prima dell'angolo di rampa
di rilascio o accelerazione troppo chiusi - una esagerata quantità di blocchi.

Tuttavia, diminuire il numero di blocchi diminuisce la percentuale totale di bloccaggio,


ricordiamo sempre che la massima trazione si ha ovviamente col massimo dei blocchi. Troppi
blocchi, però, rendono eccessivamente "duro" l'innesto del differenziale, cosa che può portare a
situazioni un po' difficili, perché si passa dallo sbloccaggio al bloccaggio in modo repentino.
Posso intervenire un poco aprendo l'angolo di rampa corrispondente, ma rischio solo di
spostare più avanti nel tempo il problema.

Da un punto di vista di sensazione di guida, troppi blocchi danno come la sensazione di avere
"appesantito" il retrotreno, l'auto diventa meno agile, meno "elastica", e va guidata più
brutalmente, più di forza. Solo che questo rende ancora più critico il confine dell'aderenza,
superato il quale l'uscita di strada aumenta le sue probabilità.

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