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Capitolo 3

Accoppiamento motore carico

3.1 Il rapporto di trasmissione


3.1.1 Introduzione
In questa sezione vengono inizialmente presentate le equazioni che rappresentano l’equilibrio dinamico di un
sistema motore-riduttore-carico. Successivamente viene considerata l’influenza del rapporto di trasmissione τ
del riduttore sulla velocità di funzionamento del carico (condizioni di regime) e sull’accelerazione del carico
(condizioni di funzionamento in transitorio). Per la scelta del corretto azionamento è necessario evidenziare per
il sistema l’influenza dei due moti citati, infatti in talune movimentazioni la condizione di regime è quella che
si verifica per la maggior parte del tempo, mentre in altre la condizione di transitorio è prevalente su quella di
regime.

3.1.2 Equilibri
Non sempre è possibile collegare direttamente il motore al carico: nel caso più frequente tra i due viene introdotto
un riduttore di velocità, destinato ad adattare le esigenze del motore a quelle del carico e viceversa. In un
riduttore si definisce rapporto di trasmissione il rapporto τ = ω2 /ω1 tra la velocità ω2 dell’albero di uscita e
la velocità ω1 dell’albero di entrata. Ovviamente il riduttore di velocità è tale solo se l’albero 1 è più veloce
dell’albero 2, ossia se è τ < 1, altrimenti è un surmoltiplicatore di velocità.
In tutti i casi si possono determinare due relazioni matematiche che vincolano tra loro le velocità angolari
ω1 , ω2 e le coppie C1 , C2 in entrata e in uscita, e consentono quindi di associare a tutte le possibili condizioni
di ingresso (C1 , ω1 ) le corrispondenti condizioni di uscita (C2 , ω2 ), e viceversa. Tali relazioni in buona sostanza
esprimono l’equilibrio dinamico degli alberi di ingresso e di uscita. Nel caso di un riduttore ideale una di tali
relazioni è data dalla costanza del rapporto di trasmissione, l’altra dalla conservazione della potenza trasmessa:

ω2 /ω1 = τ (3.1)

C2 ω2 = C1 ω1 (3.2)
ossia
ω2 = ω1 τ (3.3)
C2 = C1 /τ (3.4)
Nel passaggio dall’albero di entrata a quello di uscita la riduzione della velocità viene compensata con una
uguale moltiplica della coppia; pertanto nei riduttori di velocità l’albero lento viene realizzato con dimensioni
maggiori dell’albero veloce.
Se il riduttore è collegato a monte con un motore avente, nel piano C1 , ω1 , una curva caratteristica Cm (ωm )
e a valle con un carico avente, nel piano C2 , ω2 , una curva caratteristica Cr (ωr ), ci si potrà ricondurre al caso di
accoppiamento diretto del motore con il carico riportando la Cm (ωm ) dal piano C1 , ω1 al piano C2 , ω2 , ridotta
secondo le 3.3, 3.4: ad ogni punto della Cm (ωm ) corrisponderà un punto Cm ′ (ωr ) ottenuto moltiplicando le
ascisse della Cm (ωm ) per τ e dividendo le corrispondenti ordinate per τ . Similmente ci si può ricondurre al caso
30 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO


Cm
6 6
Cr Cr ′
Cm

Z
Z
Q Z
Q Z
Q Z
Q Z
Q τ Z
Q Z
Q
Q
s Z
~
Z τ

- -
ωr ωr

Figura 3.1: Curva di carico accoppiata ad un motore ge- Figura 3.2: Curva di carico accoppiata ad un motore ge-
neratore di velocità per mezzo del rapporto di trasmissione neratore di coppia per mezzo del rapporto di trasmissione
τ. τ.

di accoppiamento diretto riportando la Cr (ωr ) dal piano C2 , ω2 al piano C1 , ω1 , ottenendo una curva Cr ′ (ωm )
ridotta secondo le 3.3, 3.4.

Il punto di funzionamento a regime sarà dato, nel piano C2 , ω2 , dall’intersezione della Cm (ωr ) con la Cr (ωr );

lo stesso punto sarà dato, nel piano C1 , ω1 dall’intersezione della Cm (ωm ) con la Cr (ωm ).
Anche il transitorio meccanico può essere studiato riconducendosi al caso di accoppiamento diretto, pur
di sostituire ai momenti di inerzia reali J i momenti d’inerzia ridotti J ′ : questa riduzione avviene secondo il
quadrato del rapporto di trasmissione, essendo il momento d’inerzia dato dal rapporto fra la coppia d’inerzia
e l’accelerazione angolare. Più sinteticamente si può dire che mentre la riduzione delle coppie viene fatta
conservando la potenza, la riduzione dei momenti di inerzia viene fatta conservando l’energia cinetica. Ciò
posto, l’equazione di equilibrio dinamico ridotta all’ albero motore 1, diviene:

Cm − τ Cr = (Jm + τ 2 Jr )dωm /dt (3.5)

mentre la stessa equazione, ridotta all’albero condotto 2, diviene

Cm /τ − Cr = (Jm /τ 2 + Jr )dωr /dt (3.6)

Per illustrare l’effetto del rapporto di trasmissione τ , consideriamo la 3.6, dapprima a regime poi in transi-
torio.

3.1.3 Moto di regime


In questo sezione supporremo di trovarci in una condizione di regime, ossia per dωr /dt = 0. In fig.3.1 è

rappresentata una generica curva caratteristica del carico Cr (ωr ), e le curve caratteristiche del motore Cm (ωr ),
ridotte all’asse del carico in corrispondenza di diversi valori di τ , nel caso in cui il motore sia un generatore
ideale di velocità, con curva caratteristica perfettamente verticale.

In questo caso la velocità ωm del motore è fissa, mentre a seconda del valore di τ nel piano Cr , ωr la Cm (ωr )
è data da una serie di curve verticali corrispondenti ai vari valori ωr = τ ωm .
Si vede allora che la velocità di regime si abbassa al diminuire di τ ed aumenta all’aumentare di τ (almeno
finché la coppia massima ridotta supera quella richiesta dal carico: dopo non c’è più condizione di regime). In
questo caso un cambio di marce può evidentemente essere utilizzato per modificare la velocità del carico. Cosı̀
non accade invece nel caso rappresentato in fig. 3.2, dove la Cr (ωr ) è uguale a quella del caso precedente, ma
il motore è un generatore ideale di coppia, con curva caratteristica perfettamente orizzontale. In questo caso
infatti al variare di τ varia (in modo inverso) la coppia Cm ′ , per cui la velocità di regime si innalza al diminuire
di τ e si abbassa all’aumentare di τ (almeno finchè la velocità del motore non supera il suo massimo: dopo
non c’è più condizione di regime). In questo caso un cambio di marce serve per modificare conseguentemente
il valore della coppia disponibile, ma agisce sulla velocità di regime in senso opposto alle aspettative. Nel caso

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CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 31

6 6
Cr ′
Cm Cr Z
Z
ll Z Z
Z Z
l ll Z Z
l ll Z Z τ
l ll Z ′ Z
~
Z
l ll Z Cm
l ll Z
l ll Z τ
l ll Z
~
l ll
l l
lll
- -
ωr ωr

Figura 3.3: Curva di carico accoppiata ad un motore ge- Figura 3.4: Curva di carico accoppiata ad un motore
neratore di potenza per mezzo del rapporto di trasmissione generatore generico per mezzo del rapporto di trasmissione
τ. τ.

rappresentato in fig. 3.3, il motore è un generatore ideale di potenza (le scale sono logaritmiche), con curva
caratteristica inclinata di −45◦ . In questo caso ai variare di τ la curva caratteristica Cm ′ (ωr ) trasla su se stessa,
e di conseguenza la velocità di regime ωr non varia (varia solo la ωm ): in questo caso un cambio di marce
sarebbe perfettamente inutile.
In fig. 3.4 il motore ha una curva caratteristica complessa, approssimativamente suddivisa in una zona
a coppia costante, una a potenza costante ed una a velocità costante: al diminuire di τ la velocità ωr di
regime dapprima aumenta, poi raggiunge un massimo ed infine diminuisce: il massimo della velocità si ha nella
condizione in cui il motore eroga la massima potenza.
In generale dunque la massima velocità del carico si ottiene con quel rapporto di trasmissione τ che fa
lavorare il motore nelle condizioni di potenza massima.

3.2 Comportamento dinamico motore carico


In questa parte supponiamo che l’utilizzatore, meccanismi o sistemi meccanici, siano stati progettati in modo
che il movimento voluto o il loro funzionamento sia ottenuto attingendo il moto da un sistema con velocità di
rotazione costante. Se si parte da questa posizione, ω = cost, per l’angolo di rotazione risulta α = ωt, inoltre la
velocità di rotazione è legata al periodo T del sistema ω = 2π
T , per cui l’angolo di rotazione α del sistema varia
fra 0 e 2π all’interno del periodo.
Nelle effettive condizioni di funzionamento il motore è soggetto a carichi variabili, per cui la sua velocità
varia istante per istante secondo l’equilibrio energetico

W = dE/dt (3.7)

in cui E rappresenta l’energia cinetica di tutte le parti in movimento, W somma delle potenze motrici, resistenti,
passive. La derivata dell’energia cinetica rispetto al tempo rappresenta la potenza delle forze d’inerzia. Per
una trattazione analitica del problema la 3.7 viene scritta ridotta all’albero motore (solitamente fra motore
e carico viene interposto un riduttore di velocità). In generale risulta W = M ω in cui il momento ridotto
M risulta espresso da una funzione del tipo M = M (α, ω) e l’inerzia ridotta J che compare nell’espressione
dell’energia cinetica una funzione dell’angolo di rotazione dell’albero J = J(α). Ricordando che dα dt = ω è
possibile ricondurre la 3.7 del secondo ordine in α(t) in una nel primo ordine in ω(α)

M = dE/dα (3.8)

che può essere risolta per tentativi appoggiandosi alla periodicità di 2π della soluzione in ω. Si deve
R 2π cercare
una soluzione tale per cui ω(2π) = ω(0). Ottenuta la funzione ω(α) il periodo T risulta dalla T = 0 dα/ω a
cui corrisponde una velocità media pari a ωm = 2π
T .

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32 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO

Se le variazioni di ω sono percentualmente piccole è possibile linearizzare la 3.8 intorno


R 2π alla velocità di
funzionamento ωc , che può essere determinata per via numerica risolvendo l’equazione 0 M (α, ωc )dα = 0 in
quanto nel moto periodico la variazione dell’energia nel periodo è nulla. In ogni caso si dovrà controllare che
l’oscillazione della velocià avvenga in un intorno della soluzione. Istante per istante la velocità angolare può
essere espressa dalla relazione ω = ωc + ∆ω che sostituito nella 3.8 porta alla
dM 1 d
M (α, ω) = M (α, ωc ) + | ∆ω = [J(ωc + ∆ω)2 ]
dω ω=ωc 2 dα
|
1 d
= Mc (α) + K(α)∆ω = [J(ωc + ∆ω)2 ]
2 dα
da cui trascurando i termini in ∆ω 2 si ottiene
1 2 dJ d
Mc (α) + K(α)∆ω = ωc + ωc (J∆ω)
2 dα dα
d
ωc (J∆ω) − K(α)∆ω = Mc (α) − C(α) (3.9)

in cui 12 ωc2 dα
dJ
= C(α) rappresenta il momento ridotte delle forze d’inerzia del sistema che ruota con velocità
costante. Il coefficiente K(α) che compare nelle relazioni precedenti rappresenta la pendenza della curva carat-
teristica dei momenti ridotti (motore e resistente) nel punto medio di funzionamento, il suo valore risulta < 0
per una posizione di moto stabile. Dall’integrazione della 3.9 (equazione differenziale a coefficienti costanti del
primo ordine) è possibile ricavare la variazione di velocià ∆ω.
Un’ulteriore approssimazione è possibile quando le variazioni di K e di J sono piccole rispetto ai valori medi
Km e Jm , la 3.9 diviene
d∆ω
Jm ωc − Km ∆ω = Mc (α) − C(α) (3.10)

In tale equazione (equazione differenziale lineare del primo ordine) si osserva che al secondo membro si
trovano i termini responsabili della variazione di velocià, mentre al primo membro si trovano i parametri in
grado di limitare le variazioni di ∆ω. In particolare esse possono essere limitate o agendo sul parametro Km ,
che rappresenta la pendenza della curva caratteristica, o sull’inerzia del sistema, rappresentata dal parametro
Jm , aggiungendo un volano. L’influenza dei parametri dipende dalla frequenza della forzante, rappresentata
come già detto dal secondo membro della 3.10. Sviluppando in serie di Fourier la forzante, essa sarà composta
dalla somma di funzioni armoniche con pulsazioni ωm , 2ωm , 3ωm , ... ecc.. Se l’armonica con il maggior contenuto
energetico (la principale) ha pulsazione inferiore alla pulsazione di taglio λ = −K/J, la variazione di ω è
limitata soltanto dalla pendenza del motore, in caso contrario le oscillazioni vengono contrastate principalmente
dall’inerzia del sistema (che comprende il volano)
In base a queste considerazioni si osserva che l’aggiunta di un volano per limitare le variazioni di velocità
risulta sicuramente efficace solo se la sua inerzia è tale da abbassare la pulsazione di taglio λ del sistema carico
+ motore al di sotto della pulsazione più bassa delle armoniche che compongono la forzante, ovvero ωm . Il
volano risulta perciò efficace se
−Km
Jm >
ωm
In talune applicazioni il valore dell’inerzia del volano che soddisfa la precedente relazione è troppo elevato,
per cui le variazioni di velocità vengono contrastate solo dal motore, la cui azione risulta tanto più efficace quanto
più è elevata la pendenza della curva caratteristica (nei limite della massima coppia fornibile del motore). In
questo caso la scelta della taglia del motore dovrà tener conto delle oscillazioni di coppia che deve contrastare,
responsabili del suo surriscaldamento.

3.3 Scelta del rapporto di trasmissione e del motore


3.3.1 Introduzione
Il confronto fra il luogo dei carichi e il campo di funzionamento dei motori permette l’adeguata scelta del motore
e del rapporto di trasmissione. Particolare attenzione viene riservata ai servomotori i quali non presentano una

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CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 33

C2 C2

6 6

- -
ω2 ω2

Figura 3.5: Motore con taglio in potenza uguale alla Figura 3.6: Motore con potenza alla massima velocità
massima di funzionamento minore della potenza massima

velocità di regime costante. Durante i transitori di avviamento e di frenatura a questi motori vengono richieste
coppie che sono 3-5 volte la coppia nominale a cui corrispondono correnti che sono 3-5 volte quella nominale. Il
riscaldamento del motore è proporzionale alla corrente che in esso fluisce, quindi si rende necessario una verifica
particolare per questi tipi di motori.
I passi principali che devono essere compiuti per la verifica di questi azionamenti sono: a) Verifica in
condizioni di regime, b) verifica in condizioni di accelerazione c) verifica della coppia quadratica media.

3.3.2 Adattamento statico del motore al carico


Come già detto, normalmente tra motore e carico è previsto un riduttore di velocità. Il funzionamento può
allora essere studiato a monte del riduttore, nel piano C1 , ω1 , o a valle del riduttore, nel piano C2 , ω2 . Quando
si passa dal piano C1 , ω1 al piano C2 , ω2 o viceversa, le curve limiti che racchiudono il campo di funzionamento
del motore o il luogo dei carichi subiscono lo stesso tipo di trasformazioni illustrate per le curve caratteristiche:
nei diagrammi in scala logaritmica esse traslano nella direzione a −45◦ della quantità corrispondente al valore
del rapporto τ . Questa affermazione va corretta in parte, a causa delle perdite di potenza nel riduttore, che
qui peraltro viene ritenuto di rendimento elevato. Il riduttore raggiunge l’obiettivo di adattare staticamente il
motore al carico se lo si progetta con quel valore di τ per cui il campo di funzionamento del motore, riportato
nel piano del carico, ricopre completamente, ma senza eccedere, il luogo dei carichi previsto (un adattamento di
tipo dinamico, fatto cioè tenendo conto anche dei moti transitori, verrà studiato in seguito). Questo obiettivo
può essere raggiunto se il campo di variazione R = ωm,max /ωm,min del motore è maggiore di quello richiesto
dal carico: un semplice riduttore di velocità infatti non modifica il valore di R.
Nelle normali applicazioni questa condizione è soddisfatta perchè si assume un valore di ωm , min molto
basso, anche se per la verità il funzionamento del motore alle velocità più basse non risulta sempre perfettamente
regolare. Se invece il valore di R fosse insoddisfacente bisognerebbe introdurre un variatore meccanico di velocità
o un cambio di marce in modo da allargare opportunamente il campo di lavoro del motore.
Naturalmente, poichè il riduttore è un componente passivo (cioè non può aumentare la potenza in gioco) è
indispensabile scegliere un motore la cui potenza massima superi, o perlomeno sia uguale, alla potenza massima
richiesta dal carico, che spesso, ma non sempre, corrisponde alla condizione di velocità massima ωr,max del
carico.
Fatta la scelta del motore, si fa traslare il campo di funzionamento del motore lungo rette inclinate di −45◦
fino a ricoprire il meglio possibile il luogo dei carichi richiesto. L’entità della traslazione determina il rapporto
di trasmissione τ del riduttore.
Le condizioni a cui deve soddisfare il rapporto di trasmissione τ sono riassunte nei seguenti punti:

- Evidentemente se ωm,max è la velocità massima che il motore può fornire, ed ωr,max la velocità massima
prevista per il carico, il rapporto di trasmissione dovrà valere almeno

τp = ωr,max /ωm,max (3.11)

- Ragioni evidenti di economicità portano alla scelta di un motore avente il minimo surplus di potenza: il
rapporto di trasmissione τ va quindi scelto in modo da far corrispondere alla potenza massima del motore

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34 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO

C2

6 ω
ω̇
6

-
t

-
ω2

Figura 3.7: Motore con taglio in potenza minore della


Figura 3.8: Legge di moto ad accelerazione costante
potenza massima a partire dal taglio in coppia

la potenza massima richiesta dal carico; se il motore fornisce la potenza massima in corrispondenza alla sua
velocità massima (motore del tipo a coppia costante), si potrà fare τ = τp .
Lo stesso vale quando il campo di funzionamento del motore termina con un tratto a potenza costante (motore
del tipo a potenza costante, fig. 3.5): in tal caso, pur essendoci una certa libertà di scelta di τ (che potrebbe
essere maggiore di τp ), si fa ancora τ = τp , sia perché è preferibile conservare un margine di coppia (da
impiegare nei moti transitori per il passaggio rapido da una condizione di regime ad un’altra) piuttosto che un
margine di velocità, sia perchè in questo modo viene meglio ricoperto il campo di funzionamento alle velocità
più basse.
Se invece il motore fornisce la sua potenza massima solo fino ad una velocità ωm,b2 inferiore ad ωm,max , si
dovrà fare (fig. 3.6)
τ = ωr,max /ωm,b2 > τp (3.12)
Si può quindi avere un esubero di coppia e/o un esubero di velocità: in altri casi (campo di funzionamento del
motore limitato alla massima velocità del motore da potenza < della potenza massima) si dovrà addirittura
scegliere un motore di potenza esuberante perchè (fig. 3.7), se la potenza massima del motore si limita ad
uguagliare la potenza massima richiesta dal carico, non esiste alcun valore di τ che consente il completo
ricoprimento del luogo dei carichi.

La regola fondamentale da osservare per evitare esuberi di coppia, velocità e potenza è quella di scegliere
preliminarmente un tipo di motore il cui campo di lavoro abbia, almeno approssimativamente, la stessa forma del
luogo dei carichi: un motore del tipo a coppia costante se il luogo dei carichi è a coppia costante, un motore del
tipo a potenza costante se il luogo dei carichi è a potenza costante. Non rispettando questa regola si ottengono
soluzioni caratterizzate da un costo eccessivo del motore, del convertitore e del riduttore.
Poichè però non si ha mai una esatta corrispondenza di forma tra campo di lavoro del motore e luogo dei
carichi, il motore dovrà in generale avere una potenza massima superiore a quella richiesta dal carico. Per
determinarla in modo corretto, si tenga presente che normalmente tutti i motori di una medesima famiglia
hanno campi funzionamento che differiscono tra loro solo per un fattore moltiplicativo della coppia Cm : si passa
quindi da un motore avente una determinata taglia al motore di un’altra taglia con una semplice traslazione
del suo campo di lavoro lungo l’asse delle ordinate (scala logaritmica). Di conseguenza per la scelta del motore
e del riduttore si può partire da un campo di funzionamento adimensionale del motore (in cui cioè le ordinate
sono date in rapporto alla coppia nominale) e lo si sposta nel piano logaritmico in direzione qualunque fino a
ricoprire al meglio il luogo dei carichi: il rapporto di trasmissione si ottiene quindi dal confronto delle ascisse,
mentre da confronto delle ordinate si individua la taglia del motore.

3.3.3 Adattamento dinamico


Finora s’è considerato il caso in cui al motore viene chiesto di poter lavorare in tante diverse condizioni di
regime; il moto transitorio da un regime ad un altro è supposto garantito dall’esistenza di un certo surplus di
coppia motrice in fase di accelerazione, e dalla coppia resistente in caso di decelerazione. Considerando invece
ora il caso in cui le condizioni più gravose sono dovute ai transitori, supponiamo per semplicità che il carico
resistente sia fornito da una coppia Cr costante, in un campo di velocità che va da 0 ad ωr,max . Per la scelta

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CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO 35

del motore bisogna considerare allora anche il carico dinamico dovuto alle inerzie in gioco, che dipende anche
dalla legge di moto utilizzata nei transitori.
Un caso elementare è quello del posizionamento, in cui il carico deve fare una certa corsa (rappresentata
mediante l’angolo θ di cui complessivamente ruota l’albero del carico) nel tempo assegnato t0 . Si può supporre
che la legge di moto consista in un primo tratto ad accelerazione costante positiva, in un secondo tratto di moto
uniforme, e di un terzo tratto ad accelerazione costante negativa (fig. 3.8). Ovviamente bisogna prima di tutto
scegliere i valori dell’accelerazione e della velocità tenendo presente che l’area sottesa dal tratto positivo del
diagramma delle accelerazioni è uguale a quella sottesa dal tratto negativo (alla fine ωr deve ritornare a zero) e
che l’area sottesa dal diagramma delle velocità è fissata, in quanto è proporzionale alla corsa totale da compiere
nel tempo previsto. Un aumento del tratto a velocità costante abbassa la velocità massima ma aumenta le
accelerazioni, mentre una diminuzione di tale tratto provoca l’effetto inverso.
Il punto da considerare è quello al termine del tratto positivo di accelerazione, dove si hanno contempora-
neamente la massima velocità e la massima accelerazione. Qui si ha la massima punta di potenza richiesta per
accelerare il carico, Jr ωr dωr /dt, il cui valore viene ridotto al minimo facendo si che il tempo corrispondente al
tratto di velocità costante sia pari ad un terzo del totale. In tal modo la velocità massima raggiunta dal carico
è pari ad 1,5 volte il suo valor medio. Gli altri due terzi del tempo di movimento vanno distribuiti fra la fase di
accelerazione e quella di frenatura in proporzione inversa ai valori di coppia disponibili per tali operazioni. La
soluzione ottimale è quella detta 1/3, 1/3, 1/3, ossia quella in cui le tre fasi di accelerazione, moto uniforme e
frenatura hanno uguale durata. Questa soluzione è facile da ottenersi anche in assenza di dispositivi di frenatura
elettrica, in quanto la coppia resistente può supplire in tutto o in parte le possibili carenze del motore in fase di
frenatura. La corrispondente accelerazione massima vale 4, 5θ0 /t0 2 . In casi meno semplici bisognerà fare diversi
tentativi per determinare i valori più opportuni della velocità massima e dell’accelerazione massima richiesta dal
carico. E’ evidente che il tipo di motore più adatto a fornire leggi di moto con importati valori dell’accelerazione
è comunque un motore a coppia costante: nel seguito ci riferiremo quindi solo a motori di questo genere, che
hanno un campo di lavoro a coppia costante, dalla velocità 0 alla velocità massima ωb . Per la scelta della taglia
del motore bisogna osservare che esso è caratterizzato, oltre che dalla coppia Cm , anche dal suo momento di
inerzia Jm . Si possono avere due casi: nel primo si suppone che tale momento d’inerzia, ridotto all’asse del
carico, sia decisamente minore di Jr , e pertanto possa, in prima approssimazione,
p essere trascurato; questo
avviene se il rapporto di trasmissione del riduttore è maggiore di τopt = Jm /Jr . Conviene allora scegliere il
rapporto di trasmissione τ del riduttore pari a
τp = ωr,max /ωb (3.13)
dove ωb è la velocità massima del motore (nel campo a coppia costante), mentre la coppia richiesta al motore
dovrà essere presa almeno uguale a
Cm ≥ [(Jm /τp2 + Jr )dωr /dt + Cr ]τp (3.14)
dove dωr /dt è la massima accelerazione prevista.
Per la scelta del motore, nella 3.14 si può trascurare in prima approssimazione l’inerzia del motore: aggiun-
gendo alla coppia resistente Cr solo il carico dinamico Jr dωr /dt, si ottiene il luogo dei sovraccarichi che il campo
di funzionamento del motore deve coprire. Scelto il motore con un certo margine di abbondanza, e quindi noto
Jm , si può verificare il reale rispetto della 3.14. Naturalmente, al crescere di Jm /τp2 , questa soluzione diven-
ta sempre meno valida, in quanto porta alla scelta di un motore troppo sovrabbondante rispetto all’effettiva
richiesta.
Occorre allora esaminare il secondo caso, assumendo per τ il valore ottimale τopt che, come s’è visto nel
paragrafo 3.3.3 da luogo al massimo rapporto tra l’accelerazione impressa al carico e la coppia motrice. Questo
però non è sempre possibile, in quanto ovviamente, per poter coprire tutto il campo delle velocità previste per
il carico, deve risultare
τopt ωb ≥ ωr,max (3.15)
Ammesso di poter fare τ = τopt , risulta
p p p
Cm / Jm = Cr / Jr + 2 Jr dωr /dt (3.16)
il che consente di scegliere il motore con il più adatto potere accelerante. Scelto il motore, si deve poi verificare
la validità della 3.15: questo, con motori normali, non accade spesso, a meno che l’inerzia del carico non sia
molto piccola.

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36 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO

6 ta
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E, E 2

Figura 3.9: Diagramma E-F

Si osservi inoltre che la realizzazione di servomotori con inerzia particolarmente ridotta, se da un lato
aumenta significativamente l’accelerazione ottenibile (quando τ ≥ τopt ), dall’altro abbassa il valore di τopt ,
rendendo contemporaneamente più difficile la copertura di tutto il campo di velocità previsto per il carico. Le
crescenti esigenze nel campo dell’automazione (comando d’assi, robotica, ecc. ) hanno portato alla realizzazione
di servomotori di inerzia piuttosto ridotta, con valori di ωb per i quali è possibile far si che τopt ωb ≥ ωr,max ; in
questi casi è allora possibile scegliere un riduttore con τ = τopt , o perlomeno con un τ abbastanza vicino a τopt .
La 3.15 può anche essere scritta nella forma
p p
Jm ωb ≥ Jr ωr,max (3.17)

e mostra chiaramente che√ la riduzione del momento d’inerzia di un motore è vantaggiosa solo se si evita di abbas-
sare il termine Em = Jm ωb , ossia se si riesce a conservare il valore dell’energia cinetica massima imprimibile
al rotore del motore (= Em 2 /2).
In particolare attualmente sono molto promettenti i motori brushless, che hanno un comportamento simile
a quello dei motori in C.C. ma, non avendo il collettore, non hanno la corrispondente tipica limitazione dei
motori in C.C., per cui per essi il campo di lavoro a coppia costante arriva fino alla velocità massima (ossia è
ωb = ωm,max ), e di conseguenza è facile soddisfare la 3.17 anche per piccoli valori di Jm . Le 3.16 e √3.17 mostrano
che
√ le grandezze più idonee a caratterizzare un servomotore per controllo d’asse,√sono F m = C m / Jm√ed Em =
Jm ωb , mentre le richieste del carico sono rappresentate dalle grandezze Fr = Jr dωr /dt ed Er = Jr ωr,max
. Emerge allora che per una oculata scelta del motore occorrerebbe predisporre un piano F, E nel quale i vari
motori sono rappresentati da punti di coordinate Fm , Em , e le richieste del carico sono rappresentate da punti
di coordinate Fr , Er . Il motore più adatto è quello le cui caratteristiche superano di poco la richiesta, deve
essere cioè Fm ≥√2Fr e Em ≥ Er (in presenza di una certa coppia resistente Cr bisognerà far si che risulti
Fm ≥ 2Fr + Cr / Jr ). Se tale piano è in scala logaritmica, le rette a −45◦ rappresentano le potenze massime
W = F E, ossia la potenza fornita dal motore Wm,n = Cm ωb e quella assorbita dal carico Wr,max = Jr dωr /dtωr .
Invece le rette a +45◦ rappresentano i tempi d’avviamento ta = E/F , ossia il tempo ta,m = Jm ωb /Cm che il
motore impiegherebbe a vuoto per raggiungere la sua velocità nominale ed il tempo ta,r = ωr,max /(dωr /dt)
richiesto dal carico per raggiungere la sua velocità massima (fig. 3.9). Lo scarso significato fisico delle grandezze
F ed E, nonchè l’infelicità delle unità di misura con cui tali grandezze debbono essere espresse, porta alla loro
sostituzione con grandezze pari al loro quadrato, il che nel piano logaritmico corrisponde semplicemente ad una
variazione delle scale: il quadrato di F ha il significato di tasso di crescita P ′ della potenza W in avviamento
(ossia è la sua derivata rispetto al tempo), mentre il quadrato di E rappresenta l’energia cinetica (a parte il
fattore 1/2).

P. Righettini, R. Strada Sistemi Meccatronici - Appunti delle Lezioni °


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