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3.1.2 Equilibri
Non sempre è possibile collegare direttamente il motore al carico: nel caso più frequente tra i due viene introdotto
un riduttore di velocità, destinato ad adattare le esigenze del motore a quelle del carico e viceversa. In un
riduttore si definisce rapporto di trasmissione il rapporto τ = ω2 /ω1 tra la velocità ω2 dell’albero di uscita e
la velocità ω1 dell’albero di entrata. Ovviamente il riduttore di velocità è tale solo se l’albero 1 è più veloce
dell’albero 2, ossia se è τ < 1, altrimenti è un surmoltiplicatore di velocità.
In tutti i casi si possono determinare due relazioni matematiche che vincolano tra loro le velocità angolari
ω1 , ω2 e le coppie C1 , C2 in entrata e in uscita, e consentono quindi di associare a tutte le possibili condizioni
di ingresso (C1 , ω1 ) le corrispondenti condizioni di uscita (C2 , ω2 ), e viceversa. Tali relazioni in buona sostanza
esprimono l’equilibrio dinamico degli alberi di ingresso e di uscita. Nel caso di un riduttore ideale una di tali
relazioni è data dalla costanza del rapporto di trasmissione, l’altra dalla conservazione della potenza trasmessa:
ω2 /ω1 = τ (3.1)
C2 ω2 = C1 ω1 (3.2)
ossia
ω2 = ω1 τ (3.3)
C2 = C1 /τ (3.4)
Nel passaggio dall’albero di entrata a quello di uscita la riduzione della velocità viene compensata con una
uguale moltiplica della coppia; pertanto nei riduttori di velocità l’albero lento viene realizzato con dimensioni
maggiori dell’albero veloce.
Se il riduttore è collegato a monte con un motore avente, nel piano C1 , ω1 , una curva caratteristica Cm (ωm )
e a valle con un carico avente, nel piano C2 , ω2 , una curva caratteristica Cr (ωr ), ci si potrà ricondurre al caso di
accoppiamento diretto del motore con il carico riportando la Cm (ωm ) dal piano C1 , ω1 al piano C2 , ω2 , ridotta
secondo le 3.3, 3.4: ad ogni punto della Cm (ωm ) corrisponderà un punto Cm ′ (ωr ) ottenuto moltiplicando le
ascisse della Cm (ωm ) per τ e dividendo le corrispondenti ordinate per τ . Similmente ci si può ricondurre al caso
30 CAPITOLO 3. ACCOPPIAMENTO MOTORE CARICO
′
Cm
6 6
Cr Cr ′
Cm
Z
Z
Q Z
Q Z
Q Z
Q Z
Q τ Z
Q Z
Q
Q
s Z
~
Z τ
- -
ωr ωr
Figura 3.1: Curva di carico accoppiata ad un motore ge- Figura 3.2: Curva di carico accoppiata ad un motore ge-
neratore di velocità per mezzo del rapporto di trasmissione neratore di coppia per mezzo del rapporto di trasmissione
τ. τ.
di accoppiamento diretto riportando la Cr (ωr ) dal piano C2 , ω2 al piano C1 , ω1 , ottenendo una curva Cr ′ (ωm )
ridotta secondo le 3.3, 3.4.
′
Il punto di funzionamento a regime sarà dato, nel piano C2 , ω2 , dall’intersezione della Cm (ωr ) con la Cr (ωr );
′
lo stesso punto sarà dato, nel piano C1 , ω1 dall’intersezione della Cm (ωm ) con la Cr (ωm ).
Anche il transitorio meccanico può essere studiato riconducendosi al caso di accoppiamento diretto, pur
di sostituire ai momenti di inerzia reali J i momenti d’inerzia ridotti J ′ : questa riduzione avviene secondo il
quadrato del rapporto di trasmissione, essendo il momento d’inerzia dato dal rapporto fra la coppia d’inerzia
e l’accelerazione angolare. Più sinteticamente si può dire che mentre la riduzione delle coppie viene fatta
conservando la potenza, la riduzione dei momenti di inerzia viene fatta conservando l’energia cinetica. Ciò
posto, l’equazione di equilibrio dinamico ridotta all’ albero motore 1, diviene:
Per illustrare l’effetto del rapporto di trasmissione τ , consideriamo la 3.6, dapprima a regime poi in transi-
torio.
6 6
Cr ′
Cm Cr Z
Z
ll Z Z
Z Z
l ll Z Z
l ll Z Z τ
l ll Z ′ Z
~
Z
l ll Z Cm
l ll Z
l ll Z τ
l ll Z
~
l ll
l l
lll
- -
ωr ωr
Figura 3.3: Curva di carico accoppiata ad un motore ge- Figura 3.4: Curva di carico accoppiata ad un motore
neratore di potenza per mezzo del rapporto di trasmissione generatore generico per mezzo del rapporto di trasmissione
τ. τ.
rappresentato in fig. 3.3, il motore è un generatore ideale di potenza (le scale sono logaritmiche), con curva
caratteristica inclinata di −45◦ . In questo caso ai variare di τ la curva caratteristica Cm ′ (ωr ) trasla su se stessa,
e di conseguenza la velocità di regime ωr non varia (varia solo la ωm ): in questo caso un cambio di marce
sarebbe perfettamente inutile.
In fig. 3.4 il motore ha una curva caratteristica complessa, approssimativamente suddivisa in una zona
a coppia costante, una a potenza costante ed una a velocità costante: al diminuire di τ la velocità ωr di
regime dapprima aumenta, poi raggiunge un massimo ed infine diminuisce: il massimo della velocità si ha nella
condizione in cui il motore eroga la massima potenza.
In generale dunque la massima velocità del carico si ottiene con quel rapporto di trasmissione τ che fa
lavorare il motore nelle condizioni di potenza massima.
W = dE/dt (3.7)
in cui E rappresenta l’energia cinetica di tutte le parti in movimento, W somma delle potenze motrici, resistenti,
passive. La derivata dell’energia cinetica rispetto al tempo rappresenta la potenza delle forze d’inerzia. Per
una trattazione analitica del problema la 3.7 viene scritta ridotta all’albero motore (solitamente fra motore
e carico viene interposto un riduttore di velocità). In generale risulta W = M ω in cui il momento ridotto
M risulta espresso da una funzione del tipo M = M (α, ω) e l’inerzia ridotta J che compare nell’espressione
dell’energia cinetica una funzione dell’angolo di rotazione dell’albero J = J(α). Ricordando che dα dt = ω è
possibile ricondurre la 3.7 del secondo ordine in α(t) in una nel primo ordine in ω(α)
M = dE/dα (3.8)
che può essere risolta per tentativi appoggiandosi alla periodicità di 2π della soluzione in ω. Si deve
R 2π cercare
una soluzione tale per cui ω(2π) = ω(0). Ottenuta la funzione ω(α) il periodo T risulta dalla T = 0 dα/ω a
cui corrisponde una velocità media pari a ωm = 2π
T .
C2 C2
6 6
- -
ω2 ω2
Figura 3.5: Motore con taglio in potenza uguale alla Figura 3.6: Motore con potenza alla massima velocità
massima di funzionamento minore della potenza massima
velocità di regime costante. Durante i transitori di avviamento e di frenatura a questi motori vengono richieste
coppie che sono 3-5 volte la coppia nominale a cui corrispondono correnti che sono 3-5 volte quella nominale. Il
riscaldamento del motore è proporzionale alla corrente che in esso fluisce, quindi si rende necessario una verifica
particolare per questi tipi di motori.
I passi principali che devono essere compiuti per la verifica di questi azionamenti sono: a) Verifica in
condizioni di regime, b) verifica in condizioni di accelerazione c) verifica della coppia quadratica media.
- Evidentemente se ωm,max è la velocità massima che il motore può fornire, ed ωr,max la velocità massima
prevista per il carico, il rapporto di trasmissione dovrà valere almeno
- Ragioni evidenti di economicità portano alla scelta di un motore avente il minimo surplus di potenza: il
rapporto di trasmissione τ va quindi scelto in modo da far corrispondere alla potenza massima del motore
C2
6 ω
ω̇
6
-
t
-
ω2
la potenza massima richiesta dal carico; se il motore fornisce la potenza massima in corrispondenza alla sua
velocità massima (motore del tipo a coppia costante), si potrà fare τ = τp .
Lo stesso vale quando il campo di funzionamento del motore termina con un tratto a potenza costante (motore
del tipo a potenza costante, fig. 3.5): in tal caso, pur essendoci una certa libertà di scelta di τ (che potrebbe
essere maggiore di τp ), si fa ancora τ = τp , sia perché è preferibile conservare un margine di coppia (da
impiegare nei moti transitori per il passaggio rapido da una condizione di regime ad un’altra) piuttosto che un
margine di velocità, sia perchè in questo modo viene meglio ricoperto il campo di funzionamento alle velocità
più basse.
Se invece il motore fornisce la sua potenza massima solo fino ad una velocità ωm,b2 inferiore ad ωm,max , si
dovrà fare (fig. 3.6)
τ = ωr,max /ωm,b2 > τp (3.12)
Si può quindi avere un esubero di coppia e/o un esubero di velocità: in altri casi (campo di funzionamento del
motore limitato alla massima velocità del motore da potenza < della potenza massima) si dovrà addirittura
scegliere un motore di potenza esuberante perchè (fig. 3.7), se la potenza massima del motore si limita ad
uguagliare la potenza massima richiesta dal carico, non esiste alcun valore di τ che consente il completo
ricoprimento del luogo dei carichi.
La regola fondamentale da osservare per evitare esuberi di coppia, velocità e potenza è quella di scegliere
preliminarmente un tipo di motore il cui campo di lavoro abbia, almeno approssimativamente, la stessa forma del
luogo dei carichi: un motore del tipo a coppia costante se il luogo dei carichi è a coppia costante, un motore del
tipo a potenza costante se il luogo dei carichi è a potenza costante. Non rispettando questa regola si ottengono
soluzioni caratterizzate da un costo eccessivo del motore, del convertitore e del riduttore.
Poichè però non si ha mai una esatta corrispondenza di forma tra campo di lavoro del motore e luogo dei
carichi, il motore dovrà in generale avere una potenza massima superiore a quella richiesta dal carico. Per
determinarla in modo corretto, si tenga presente che normalmente tutti i motori di una medesima famiglia
hanno campi funzionamento che differiscono tra loro solo per un fattore moltiplicativo della coppia Cm : si passa
quindi da un motore avente una determinata taglia al motore di un’altra taglia con una semplice traslazione
del suo campo di lavoro lungo l’asse delle ordinate (scala logaritmica). Di conseguenza per la scelta del motore
e del riduttore si può partire da un campo di funzionamento adimensionale del motore (in cui cioè le ordinate
sono date in rapporto alla coppia nominale) e lo si sposta nel piano logaritmico in direzione qualunque fino a
ricoprire al meglio il luogo dei carichi: il rapporto di trasmissione si ottiene quindi dal confronto delle ascisse,
mentre da confronto delle ordinate si individua la taglia del motore.
del motore bisogna considerare allora anche il carico dinamico dovuto alle inerzie in gioco, che dipende anche
dalla legge di moto utilizzata nei transitori.
Un caso elementare è quello del posizionamento, in cui il carico deve fare una certa corsa (rappresentata
mediante l’angolo θ di cui complessivamente ruota l’albero del carico) nel tempo assegnato t0 . Si può supporre
che la legge di moto consista in un primo tratto ad accelerazione costante positiva, in un secondo tratto di moto
uniforme, e di un terzo tratto ad accelerazione costante negativa (fig. 3.8). Ovviamente bisogna prima di tutto
scegliere i valori dell’accelerazione e della velocità tenendo presente che l’area sottesa dal tratto positivo del
diagramma delle accelerazioni è uguale a quella sottesa dal tratto negativo (alla fine ωr deve ritornare a zero) e
che l’area sottesa dal diagramma delle velocità è fissata, in quanto è proporzionale alla corsa totale da compiere
nel tempo previsto. Un aumento del tratto a velocità costante abbassa la velocità massima ma aumenta le
accelerazioni, mentre una diminuzione di tale tratto provoca l’effetto inverso.
Il punto da considerare è quello al termine del tratto positivo di accelerazione, dove si hanno contempora-
neamente la massima velocità e la massima accelerazione. Qui si ha la massima punta di potenza richiesta per
accelerare il carico, Jr ωr dωr /dt, il cui valore viene ridotto al minimo facendo si che il tempo corrispondente al
tratto di velocità costante sia pari ad un terzo del totale. In tal modo la velocità massima raggiunta dal carico
è pari ad 1,5 volte il suo valor medio. Gli altri due terzi del tempo di movimento vanno distribuiti fra la fase di
accelerazione e quella di frenatura in proporzione inversa ai valori di coppia disponibili per tali operazioni. La
soluzione ottimale è quella detta 1/3, 1/3, 1/3, ossia quella in cui le tre fasi di accelerazione, moto uniforme e
frenatura hanno uguale durata. Questa soluzione è facile da ottenersi anche in assenza di dispositivi di frenatura
elettrica, in quanto la coppia resistente può supplire in tutto o in parte le possibili carenze del motore in fase di
frenatura. La corrispondente accelerazione massima vale 4, 5θ0 /t0 2 . In casi meno semplici bisognerà fare diversi
tentativi per determinare i valori più opportuni della velocità massima e dell’accelerazione massima richiesta dal
carico. E’ evidente che il tipo di motore più adatto a fornire leggi di moto con importati valori dell’accelerazione
è comunque un motore a coppia costante: nel seguito ci riferiremo quindi solo a motori di questo genere, che
hanno un campo di lavoro a coppia costante, dalla velocità 0 alla velocità massima ωb . Per la scelta della taglia
del motore bisogna osservare che esso è caratterizzato, oltre che dalla coppia Cm , anche dal suo momento di
inerzia Jm . Si possono avere due casi: nel primo si suppone che tale momento d’inerzia, ridotto all’asse del
carico, sia decisamente minore di Jr , e pertanto possa, in prima approssimazione,
p essere trascurato; questo
avviene se il rapporto di trasmissione del riduttore è maggiore di τopt = Jm /Jr . Conviene allora scegliere il
rapporto di trasmissione τ del riduttore pari a
τp = ωr,max /ωb (3.13)
dove ωb è la velocità massima del motore (nel campo a coppia costante), mentre la coppia richiesta al motore
dovrà essere presa almeno uguale a
Cm ≥ [(Jm /τp2 + Jr )dωr /dt + Cr ]τp (3.14)
dove dωr /dt è la massima accelerazione prevista.
Per la scelta del motore, nella 3.14 si può trascurare in prima approssimazione l’inerzia del motore: aggiun-
gendo alla coppia resistente Cr solo il carico dinamico Jr dωr /dt, si ottiene il luogo dei sovraccarichi che il campo
di funzionamento del motore deve coprire. Scelto il motore con un certo margine di abbondanza, e quindi noto
Jm , si può verificare il reale rispetto della 3.14. Naturalmente, al crescere di Jm /τp2 , questa soluzione diven-
ta sempre meno valida, in quanto porta alla scelta di un motore troppo sovrabbondante rispetto all’effettiva
richiesta.
Occorre allora esaminare il secondo caso, assumendo per τ il valore ottimale τopt che, come s’è visto nel
paragrafo 3.3.3 da luogo al massimo rapporto tra l’accelerazione impressa al carico e la coppia motrice. Questo
però non è sempre possibile, in quanto ovviamente, per poter coprire tutto il campo delle velocità previste per
il carico, deve risultare
τopt ωb ≥ ωr,max (3.15)
Ammesso di poter fare τ = τopt , risulta
p p p
Cm / Jm = Cr / Jr + 2 Jr dωr /dt (3.16)
il che consente di scegliere il motore con il più adatto potere accelerante. Scelto il motore, si deve poi verificare
la validità della 3.15: questo, con motori normali, non accade spesso, a meno che l’inerzia del carico non sia
molto piccola.
6 ta
F W ,
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E, E 2
Si osservi inoltre che la realizzazione di servomotori con inerzia particolarmente ridotta, se da un lato
aumenta significativamente l’accelerazione ottenibile (quando τ ≥ τopt ), dall’altro abbassa il valore di τopt ,
rendendo contemporaneamente più difficile la copertura di tutto il campo di velocità previsto per il carico. Le
crescenti esigenze nel campo dell’automazione (comando d’assi, robotica, ecc. ) hanno portato alla realizzazione
di servomotori di inerzia piuttosto ridotta, con valori di ωb per i quali è possibile far si che τopt ωb ≥ ωr,max ; in
questi casi è allora possibile scegliere un riduttore con τ = τopt , o perlomeno con un τ abbastanza vicino a τopt .
La 3.15 può anche essere scritta nella forma
p p
Jm ωb ≥ Jr ωr,max (3.17)
e mostra chiaramente che√ la riduzione del momento d’inerzia di un motore è vantaggiosa solo se si evita di abbas-
sare il termine Em = Jm ωb , ossia se si riesce a conservare il valore dell’energia cinetica massima imprimibile
al rotore del motore (= Em 2 /2).
In particolare attualmente sono molto promettenti i motori brushless, che hanno un comportamento simile
a quello dei motori in C.C. ma, non avendo il collettore, non hanno la corrispondente tipica limitazione dei
motori in C.C., per cui per essi il campo di lavoro a coppia costante arriva fino alla velocità massima (ossia è
ωb = ωm,max ), e di conseguenza è facile soddisfare la 3.17 anche per piccoli valori di Jm . Le 3.16 e √3.17 mostrano
che
√ le grandezze più idonee a caratterizzare un servomotore per controllo d’asse,√sono F m = C m / Jm√ed Em =
Jm ωb , mentre le richieste del carico sono rappresentate dalle grandezze Fr = Jr dωr /dt ed Er = Jr ωr,max
. Emerge allora che per una oculata scelta del motore occorrerebbe predisporre un piano F, E nel quale i vari
motori sono rappresentati da punti di coordinate Fm , Em , e le richieste del carico sono rappresentate da punti
di coordinate Fr , Er . Il motore più adatto è quello le cui caratteristiche superano di poco la richiesta, deve
essere cioè Fm ≥√2Fr e Em ≥ Er (in presenza di una certa coppia resistente Cr bisognerà far si che risulti
Fm ≥ 2Fr + Cr / Jr ). Se tale piano è in scala logaritmica, le rette a −45◦ rappresentano le potenze massime
W = F E, ossia la potenza fornita dal motore Wm,n = Cm ωb e quella assorbita dal carico Wr,max = Jr dωr /dtωr .
Invece le rette a +45◦ rappresentano i tempi d’avviamento ta = E/F , ossia il tempo ta,m = Jm ωb /Cm che il
motore impiegherebbe a vuoto per raggiungere la sua velocità nominale ed il tempo ta,r = ωr,max /(dωr /dt)
richiesto dal carico per raggiungere la sua velocità massima (fig. 3.9). Lo scarso significato fisico delle grandezze
F ed E, nonchè l’infelicità delle unità di misura con cui tali grandezze debbono essere espresse, porta alla loro
sostituzione con grandezze pari al loro quadrato, il che nel piano logaritmico corrisponde semplicemente ad una
variazione delle scale: il quadrato di F ha il significato di tasso di crescita P ′ della potenza W in avviamento
(ossia è la sua derivata rispetto al tempo), mentre il quadrato di E rappresenta l’energia cinetica (a parte il
fattore 1/2).