Sei sulla pagina 1di 208

ditorialeeditoriale editorialeeditoriale editorialeeditoria

Iter
Come cantare
“Lascio al lettore immaginare
quale dignità possano questi
canti femminili inspirare [sic] a
chi assiste alle funzioni. La
nuova aria che queste beghine
danno al Tantum Ergo, la quale è
gregoriano? più adatta ad una polka o ad
una mazurca, potrà farle collo-
care fra le prime celebrità
musicali cantanti d’Italia, ma
però noi siamo d’avviso che
di Giulio Sardi con questi soli meriti non si
raddrizzano le gambe ai grilli”.

Il lettore non è quello di ITER, e nemmeno l’epoca è


quella presente.

Così si esprimeva, infatti, nella primavera del 1879, “La


Gazzetta d’Acqui” a proposito dell’esecuzione del canto
gregoriano in un paese del circondario (di cui, manzonia-
namente, taciamo il nome), da parte di “una caterva di
monache che per colmo di sventura - racconta il corri-
spondente - pose le radici in questa malaugurata terra”.

Al di là dell’evidente anticlericalismo che connota i tempi


(siamo a pochi anni da Porta Pia, e i rapporti tra Stato e
Chiesa sono problematici a seguito del Non expedit), l’ar-
ticolo del 1879, pur non specialistico evidenzia comun-
que, nel suo colorito linguaggio, un problema. Come si
canta il gregoriano?

In effetti si tratta di un repertorio - per molti aspetti


avvolto nel mito - ormai frequentato da pochi specialisti,
sia nell’esecuzione, sia nello studio degli aspetti teorici. I
codici dell’antico canto romano pongono difficoltà per
l’interpretazione della scrittura musicale, rispondono a
una particolare prassi costruttiva, a una affascinante
“poetica”, ma possono essere considerati il fondamento
della musica occidentale. Davvero siamo qui alle radici
cristiane e musicali d’Europa: le melodie vanno alla deri-
va, si sviluppano polifonicamente, vengono continuamen-
te riprese come fonte di ispirazione da parte dei com-
positori di ogni epoca.
Ricerche fonti e immagini per un territorio L’interrogativo di fondo, però, resta.
Trimestrale Come cantare gregoriano?
Anno I, numero 4, novembre 2005 A tale quesito prova a rispondere il
numero quattro di ITER, l’ultimo dell’an-
Direttore Giulio Sardi
no, che si è giovato della preziosa colla-
Redazione Angelo Arata, Valentina Pistarino, borazione di alcuni docenti e ricercatori
Elisa Pizzala, Carlo Prosperi, Vittorio Rapetti, della Scuola di Paleografia e Filologia
Angelo Siri Musicale di Cremona (Università di
Pavia). Giacomo Baroffio, Leandra Scap-
Progetto Grafico Paolo Stocchi e Guido paticci, Eun Ju Anastasia Kim, Rodobaldo
Arditi Tibaldi e il gruppo Sorores hanno prose-
guito, per la rivista, un lavoro di indagine
Fotografie Archivi EIG e Iter, Archivio Vescovile
di Acqui, Archivio della parrocchia di San Francesco
iniziato nell’anno del Millenario di San
Guido, e culminato nella giornata di stu-
Un ringraziamento per la collaborazione a Paolo dio tenutasi il 10 luglio 2004.
Cravanzola, a Enrico Pesce, a don Franco Cresto, al Per gli antichi codici acquesi con nota-
Seminario e all’Archivio Vescovile, e al municipio di zione, conservati presso la Biblioteca del
Acqui Terme per la concessione del master del CD Seminario di Acqui e in Vaticano, una vera
allegato e propria riscoperta.
Edito da Editrice Impressioni Grafiche
La primitiva idea di pubblicare gli atti di
Stampa Tipolitografia Impressioni Grafiche quell’incontro si è trasformata in un
società cooperativa sociale, Acqui Terme (AL) progetto più ambizioso, che speriamo
possa incontrare il favore del nostri let-
Redazione via Carlo Marx 10- 15011 Acqui tori.
Terme (AL) Tel. 0144 313350 fax 0144313892 Da un lato è nata l’esigenza di inserire “la
e-mail: iter.eig@libero.it • www.eigeditrice.it musica di San Guido” in un contesto di
liturgia e di spiritualità, e soprattutto nel-
© EIG 2005
ISSN 1825-6422
l’ambito di quel “canto della chiesa delle
origini” che ha lasciato traccia consisten-
Registrazione n. 97 del Tribunale di Acqui Terme te nelle biblioteche dei monasteri e delle
rilasciata in data 27 gennaio 2005 cattedrali di tutta Europa.

Dall’altro - compatibilmente con le diffi-


coltà legate al repertorio gregoriano - si
Nel CD allegato registrazione dal vivo effet- è cercato di rendere più facile l’approc-
tuata da Paolo Cravanzola il 10 luglio 2004 nella
Basilica dell’Addolorata di Acqui Terme - Editing e
cio ai materiali, salvaguardando, nel con-
Mastering S.M.C., Ivrea tempo, la solidità e il rigore della ricerca
scientifica.
E il CD allegato, strenna natalizia ai
nostri lettori, assolve - analogamente -
ad un doppio compito, proponendosi
In copertina: tanto come fonte di diletto, quanto
Don Bracco dirige un coro di chierichetti. come esemplificazione di uno studio
Immagine conservata presso l’Archivio fotografico teorico che, senza il conforto della “pra-
della parrocchia di San Francesco.
tica di musica”, rimane sterile esercizio
In quarta di copertina: intellettuale. “Soni, sine musica, pereunt”
Processione (senza luogo e data) si potrebbe dire, allora, parafrasando il
Immagine conservata presso teorico medioevale.
l’Archivio Vescovile di Acqui.
CONTENUTI
Il culto di san Guido nella tradizione manoscritta
di Leandra Scappaticci 7

Edizione dell’Ufficio e della Messa di san Guido


di Leandra Scappaticci 15

Cronaca di due codici ‘gemelli’


di Leandra Scappaticci 21

Tre motivi per cantare gregoriano


di Giacomo Baroffio 27

La liturgia: fonte e culmine della vita cristiana


di Giacomo Baroffio 29

Il canto gregoriano
di Giacomo Baroffio 39

Gregorio Magno è l’autore del canto gregoriano?


di Giacomo Baroffio 62

Creare e trasmettere musica tra oralità e scrittura


di Giacomo Baroffio 70

La tradizione musicale dell’Ufficio in onore di Guido vescovo di Acqui


di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim 83

Il mondo dei tropi e la tradizione acquese


di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim 118

La sequenza. Origine e caratteristiche


di Eun Ju Anastasia Kim 134

I canti dell’ordinario
di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim 145

Minima aquensia. Prassi polivocali e polifonia semplice


nel Codice di San Guido
di Rodobaldo Tibaldi 155

La biblioteca liturgica: i libri per le celebrazioni


di Giacomo Baroffio 167

I frammenti liturgici italiani


di Giacomo Baroffio 177

Pagine per il CD Il canto gregoriano ad Acqui 188


I nostri interpreti
Testi latini e traduzione
Guida all’ascolto: l’anno liturgico ad Acqui

Brevi 201

Concorsi 205
INDICE DEI BRANI MUSICALI
Legenda: adc: monizione diaconale aev: antifona prima del vangelo all: alleluia ant: antifona apr: antifona pro-
cessionale blo: benedizione del lettore com: antifona di comunione ctc: cantico frc: canto di frazione grd:
graduale/salmello ambrosiano della Messa hmn: hymnus imp: improperi int: introito lal: lauda latina lcm:
lettura della Messa lco: lettura dell’Ufficio off: offertorio pbl: domanda di benedizione del lettore prf: pre-
fazio prl: prece litanica psl: salmo rsp: responsorio seq: sequenza tct: tratto tra: tropo di alleluia trg: tropo
di Gloria tri: tropo d’introito trk: tropo di Kyrie trn: tropo d’antifona trs: tropo di Sanctus vgr: verso di gra-
duale vof: verso d’offertorio vsc: versicolo vtr: verso di tratto
In numeri in grassetto si riferiscono alle pagine in cui c’è la trascrzione integrale delle melodie

A solis ortus cardine hmn 104 Dum esset in accubitu rsp 18 96 97


Ad te de luce ant 18 103 176 Ecce iam noctis hmn 65
Ad te levavi int 63 72 175 191 196 Ecce iam venit seq 187
Adoremus Christum regem ant 88 Ecce sacerdos magnus grd 19 107 108
Agnus Dei 20 44 113 121 144 145 172 Ecce sacerdos magnus lcm 19 159
Alleluia 66 134 Ecce vicit radix seq 143 187
Amans Christum Guido rsp 12 17 96 97 176 Ecce virgo concipiet com 191 196
Amavit eum Dominus vsc 16 81 87 91 Eia recolamus laudibus seq 143
Anna et Caipha rsp 172 Emitte Spiritum frc 187
Asperges me ant 44 145 172 Epulemur in azymis all 192 198
Aspiciens a longe rsp 138 175 196 Ex more docti hmn 64
Audi benigne conditor hmn 64 Ex progenie nobilissima rsp 12 17 93
Audi filia vgr 158 Exivi a Patre all 108 199
Beata es Maria lal 195 196 199 Exultet 78 168
Beatissimus Petrus tri 132 Factum est ut non ant 17 95
Beatus Gallus zelo rsp 76 Festa Christi omnis seq 187
Beatus vir qui timet all 70 Fidelis servus 12 20
Benedicamus Domino 16 19 44 88 104 144 145 153 Flumimnis impetus ant 49
161- 162 164 166 172 195 199 Franciscus vir ant 98
Benedicimus Deum com 68 Fuit vir ant 148
Benedicta semper sancta seq 143 Fulgentes radii rsp 18 100
Benedicta tu inter rsp 146 Gabriel angelus rsp 90
Benedictione perpetua blo 17 92 Gaude Maria virgo tct 114
Benedictus Dominus Deus ctc 104 149 Gaude mater ecclesia hmn 12 15 81 86 87 176
Benedictus Dominus qui nos ant 19 105 176 Gaudium mundi nova hmn 51
Benedixisti Domine off 78 Gloria in excelsis 19 44 80 82 88 92 98 111 130
Caeli cives assidue hmn 18 104 176 144-147 149 150 153 172 199
Caeli terra maria ant 18 103 176 Gloriam mundi sprevit ant 16 90 91
Cantate Domino all. com 193 198 Gloriosa diei rsp 17 93
Casta columba ant 156 Gloriosam iam per ant 140
Christi hodierna pangimini seq 143 Gratia Dei vgr 88
Christus devicta morte tri 128 Gregorius praesul tri 22 63 65 69 196
Cibavit eos int 122 Guido decus Aquensium ant 12 15 84 176 194 199
Circa caelestia ant 18 98 99 176 Haec dies grd 74 94
Clara gaudia festa seq 143 Haec in paternis ant 57
Clare sanctorum senatus seq 143 Hanc concordi famulatu seq 143
Cognovit eum rsp 168 Hanc diem tribus seq 143
Confitemini Domino all 136 Hic est dies rsp 17 94
Congaudent angelorum seq 141 143 Hodie puer natus seq 140 143
Credo in unum Deum 44 64 82 144 145 172 Hodie redemptor tri 129
Crux benedicta nitet hmn 187 Hodie Spiritus tri 130 193 198
Cum flore mundum ant 18 98 99 176 Hostis Herodes hmn 104
Cunctipotens genitor trk 132 135 146 147 149 Humili prece prl 60
Da nobis Domine locum rsp 126 In caelestibus regnis ant 150
Deus Deus meus tct 186 In honore Mariae seq 22 23 141 143
Deus in adiutorium vsc 18 102 In quo dum vtr 144
Deus tuorum militum hmn 102 In splendoribus com 53
Devote canentes trk 67 Inclita gaudia hmn 16 89 90 176
Dies nobis lætabundus seq Inclita sanctissimi ant 19 105 176
Dies santificatus all 123 Ingressa Agnes ant 175
Dixit Iesus mulieri tct 180 Innocenter puerilia ant 13 16 90 91
4 Domine audivi tct 144 Interrogatus a Iudaeis ant 112
Domine dilexi all 184 Ioannes Iesu Christo seq 143
Domus mea rsp 120 Ite missa est 20 44 114 144 145 153 172 199
Iube domne benedicere pbl 17 92 Procedamus cum pace 144
Iustum deduxit vsc 17 Propter veritatem grd 158
Iustus germinabit vsc 19 Psallat ludens Thalia tra 125
Iustus ut palma grd 86 Psallite fratres tri 128
Iustus ut palma vsc 18 Puer natus int 22 128 182
Kyrie eleison 19 20 44 66 110 111 121 122 132 135 Pueri Hebræorum apr 192 197
144-149 153 172 192 197 Quantumcumque moribus ant 12 17 95
Lætabundus exultet seq 137 139 Quem quaeritis tri 126 128
Lætare Ierusalem int 191 197 Qui operatus est grd 88
Lamentationes Ieremiae 48 Qui purgat animas seq 143
Lauda anima mea psl 15 84 199 Regem sempiternum pronis ant 16 88 89
Lauda Ierusalem psl 15 84 199 Regina caeli laetare ant 115
Laudate Dominum de caelis aev 100 Regnum mundi rsp 15 85 176 194 199
Laudate Dominum omnes psl 15 84 199 Respice de caelo grd MED 82
Laudate Dominum quoniam psl 15 84 199 Resurrexi et adhuc int 127
Laudate pueri psl 15 84 199 Rex nostras Christi seq 142 143
Laudes salvatori voce seq 187 Rex omnipotens seq 143
Laurenti David seq 143 Sacerdotem Christi seq 143
Laus tibi Christe cui seq 143 Saepe expugnaverunt tct 174
Laus tibi Christe tra 123 Sancte Guide pretiose rsp 17 96 97
Lectio libri Sapientiae lcm 107 Sancti Baptistae Christi seq 143
Letania septiformis 67 Sancti Spiritus adsit seq 139 140 143 193 198
Lux caecorum vox rsp 12 18 100 176 Sanctus 20 22 44 80 113 121 124 132 144-147 152
Lux fulgebit hodie int 33 155- 172 192 198
Magnificat anima ctc 88 104 106 148 Si culmen veri ant 64
Magnificat gesta clarissima ant 12 16 81 87 Spes datur omnis all 108 199
Magnum te Michaelem seq 187 Spiritus Domini int 23 84 130 193 198
Mane prima sabbati seq 141 143 Spiritus et alme trg 82 92
Maria haec est all 110 Stabat mater seq 152
Narrabo nomen rsp 160 Statuit ei int 12 19 106
Ne avertas faciem grd 162 Stella nobis visa ant 170
Ne vero per ant 17 95 Stirpe Maria regia seq 143
Nobilissimis ortus ant 12 16 90 91 Sub tuam misericordiam ant 31
Notas mihi fecisti com 191 197 Sub tuum praesidium ant 31
Notum fecit vgr 134 Summi regis archangele seq 187
Nunc scio vere int 131 Surge illuminare lcm 165
Nunc dimittis ctc 149 Suscepimus Deus int 66
O salutaris hostia hmn 86 Te Deum 18 150
O sapientia ant 65 Te laudamus trn 49 50
Omnes de Saba grd 104 Te lucis ante hmn 51
Omnes sancti Seraphim seq 143 Templum fecit templi rsp 18 100 176
Omniparens fons trs 147 155- 192 198 Temporibus Rodulphi lco 12 17 92
Omnipotens fons luminis trs 147 Tria munera rsp 178
Omnes de Saba grd 191 196 Tu fermentis corrumpentis trn 116
Omnis terra iubilet ant 18 103 176 Universi qui grd 108
Ora pro nobis beate vsc 18 102 Urbs Ierusalem hmn 63
Oratio Ieremiae 48 Ut queant laxis hmn 61
Ostende nobis all 96 Venerandi confessoris rsp 118
Ostende nobis vof 78 Veni sancte Spiritus seq 198
Pascha nostrum all 74 132 139 192 198 Venite exultemus psl 16 89 176
Passio Domini 49 126 185 Venite omnes gentes ant 142
Pater noster 37 38 144 148 149 Verba mea all 164
Pater peccavi rsp 106 Verbum supernum hmn 86
Pax sempiterna trg 130 Vere dignum prf 114 152
Petre summe Chrisri seq 136 139 143 Veri lumen orientis trn 116
Pia proles all 11 12 20 108 109 195 199 Veritas mea off 12 20 110
Plebs laudat angelica ant 18 103 176 Victimae paschali seq 138 143
Plebs sancta Deo adc 114 168 Viderunt omnes grd 134
Popule meus imp 192 197 Vidi aquam ant 44 145 172
Post carnis exitia ant 18 98 99 176 Vidi speciosam rsp 166
Post partum all 125 Vidi supra montem lcm 165
Post paterni verbi tra 125 Virginis venerandae seq 142 143
Praecelsa saecli colitur seq 187 Virgo mater resurgentis trn 115 5
Praesul almus hodie ant 18 19 102 176 Viri Galilaei int 129
Precemur omnes supplici 64
IL CULTO DI
SAN GUIDO
NELLA TRADIZIONE
MANOSCRITTA
di Leandra Scappaticci

Testimonianze manoscritte e, nello specifico, codici liturgici medioeva-


li che attestino la diffusione del culto e la devozione a san Guido Acqui,
(†1070), vescovo e patrono di Acqui, risultano essere numericamente Cattedrale,
modeste e relativamente tarde rispetto all’epoca in cui visse il santo. particolare del
portale del
Forse deludendo già in apertura le aspettative di chi si occupa da Pilacorte
tempo del patrimonio storico-artistico della città o di chi semplice- (1481).
mente risiede ad Acqui e ben ricorda la festività del santo medioeva- San Guido.
le, dobbiamo constatare che solo un paio di manoscritti – e in manie-
ra più diffusa uno solo – attribuibili alla metà e alla seconda metà del
XIV secolo ci ‘parlano’ di san Guido, delle preghiere e dei canti a lui
dedicati ed acclamati dalla comunità acquese. D’altro canto occorre
anche considerare che l’esiguità di queste testimonianze librarie non
rispecchia fedelmente la situazione di allora: dispersioni, calamità di
vario genere (catastrofi, guerre, incendi,…), o il solo utilizzo quotidia-
no fecero in modo che tali libri smarriti, consunti, o del tutto inservi-
bili venissero solo in parte sostituiti con codici nuovi o con libri a
stampa; per tutta una serie imprevedibile di fattori si deve dunque
mettere in conto che i manoscritti giunti fino a noi costituiscano una
piccola parte di quello che realmente era stato prodotto per celebra-
re la liturgia nel territorio di Acqui.
Una delle due testimonianze superstiti è costituita dal Messale-
Calendario dell’Archivio Vescovile di Acqui, Fondo AS Miscell., un codi-
ce in pergamena di formato medio-grande (mm 382x263), vergato in
una scrittura gotica attribuibile su base paleografica alla metà del XIV
secolo, che reca in realtà un esile riferimento alla festa di san Guido:
7
Acqui, Archivio Vescovile, Fondo AS Miscell.,
Messale-Calendario, c. 3v.

all’interno del Calendario,


nel mese di giugno (c. 3v) e
in corrispondenza della festa
dei santi Marcellino, Pietro
ed Erasmo, Sanctorum
martyrum Marcellini Petri
atque Herasmi (c. 3v rr. 6-7)
una mano posteriore
rispetto al copista principa-
le del codice, e ragionevol-
mente ascrivibile ad epoca
quattrocentesca, annota
che nello stesso giorno, il 2
giugno, si celebra anche la
festa di san Guido: et sancti
Guidonis episcopi et confes-
soris patroni et fundatoris
aquensis e[cc]l[esia]m (?)*.

Nella stessa carta (c. 3v, r.


31) un altro scrivente an-
nota, in una minuscola can-
celleresca attribuibile alla
seconda metà del Trecento, la festa del primo vescovo di Acqui, sanctus
Maiorinus episcopus et confessor e[cclesie] aquensis che resse e fondò la
stessa Chiesa intorno agli anni 325 e 330. Di mano del copista principa-
le del codice è l’annotazione, in una scrittura gotica parzialmente abrasa,
di una festa locale che cade nel mese di novembre, Consecratio ecclesie
* Paola Piana
Toniolo
maioris Aquensis (c. 6r, r. 24); un’altra mano, probabilmente quattrocente-
suggerisce sca, cerca di cancellare questa linea di scrittura e scrive sette righe sopra
per questo hic fit officium consecrationis huius ecclesie maioris, anticipando qualche gior-
passo no prima la stessa festa.
controverso
la lettura
aquensis La presenza di tali ricorrenze esclusivamente locali, la cui scrittura in
elationis. almeno uno dei tre casi è vergata dal copista principale del manoscritto,
ci autorizza a pensare che il Messale-Calendario sia stato confezionato
per la Chiesa di Acqui. Inoltre, per l’attestazione di tutta una serie di feste
proprie dell’Ordine francescano quali la Translactio sancti Antonii de Padua
(c. 1v, r. 19), la Translatio sancti Francisci (c. 3r, r. 29) le feste di sancti Petri
martiris Ordinis Predicatorum (c. 2v), sancti Antonii confessoris ordinis Minorum

Acqui, Archivio Vescovile, Fondo AS


Miscell., Messale-Calendario, c. 6r.

8
(c. 2v r. 17), Octava sancti Antonii (c. 2v r. 24), Canonizatio beati Francisci (c.
3r r. 20), sancte Clare virginis de secundo ordine (c. 4v r. 16), In passio stig-
matum beati Francisci (c. 5r r. 21), sancti Elziarii confessoris de tertio ordine
beati Francisci (c. 5r r. 31), Translatio sancte Clare de secundo ordine beati
Francisci (c. 5v, r. 6), sancti Francisci confessoris fundatoris ordinis Minorum (c.
5v, r. 8), Octava beati Francisci (c. 5v, r. 15), sancte Helisabet de ordine sancti
Francisci (c. 6r r. 23), Translatio sancti Ludovici apostoli (c. 6r r. 12) è verosi-
mile che il Calendario fosse utilizzato in un insediamento francescano
della diocesi che subiva anche gli influssi della Chiesa milanese. Difatti
nello stesso Calendario sono comprese feste proprie di quell’area geo-
grafica: Translatio sancti Gaii archiepiscopi Mediolani (c. 2v, r. 17), sancti
Kalimeri archiepiscopi Mediolani (c. 4r, r. 35), Consecratio ecclesie Marie de
portiuncula de Mediolani (c. 4v, r. 6) sancti Ambrosii mediolanensis archiepi-
scopi (c. 6v, r. 11).

Più consistente dal punto di vista testuale si rivela la seconda testimo-


nianza liturgica, il manoscritto F 21 cartella 3/4 dell’Archivio Vescovile che
reca la Vita, la Messa e l’Ufficio di san Guido: un codice in pergamena di
formato medio (mm 240x170), di complessive 49 carte numerate
mediante paginazione (pp. 98) recente ed alternata sul recto di ogni carta,
al centro del margine superiore.1 Il codice comprende cinque quaternio-

Acqui,
Archivio Vescovile,
F 21 cartella 3/4,
pp. 10-11.

1 Il codice è stato analizzato da ENRICO PESCE, Due interessanti codici del XIV seco-
lo in Acqui Terme, in Medioevo musicale nel territorio di Alessandria, a cura di
Silvana Chiesa, Cavallerleone, Scolastica Editrice 1997, pp. 47-65.
9
ni (pp. 1-80), un binione (pp. 81-88), due carte sciolte (pp. 89-92), un foglio
(pp. 93-96) ed una carta (p. 97) con indicazione di un solo richiamo alla
p. 80, nel margine inferiore esterno. La prima parte del manoscritto (pp.
1-27 r. 12) contiene la Vita di san Guido redatta da Lorenzo Calceato
intorno al 1260 e tecnicamente appare molto più accurata rispetto all’in-
tero codice sia per l’organizzazione della mise en page – rapporto equili-
brato tra margini e spazio riservato alla scrittura, ossia specchio rigato
che ospita ventotto righe a piena pagina –, sia per la realizzazione di let-
tere iniziali filigranate alternativamente in rosso e blu, sia infine per la
scrittura, una gotica vergata da un abile copista (mano A: pp. 1-27), che
presenta un modulo piccolo e costante, ed un buon allineamento sul
rigo.2

Questa prima parte fu edita integralmente nel 1790 da Giovanni


Battista Moriondo nel secondo volume dei Monumenta Aquensia, e par-
zialmente negli Acta Sanctorum;
successivamente lo stesso testo
agiografico fu studiato da Teresio
Gaino nella sua monografia Il
vescovo Guido in Acqui medioevale, e
recentemente analizzato da
Réginald Grégoire che nel suo
saggio, L’antica agiografia del vesco-
vo Guido di Acqui, avvia una rifles-
sione approfondita sulla struttura,
sulla terminologia, sui motivi ela-
borati ex novo e sui temi biblici e
patristici rivisitati dall’autore due-
centesco, Lorenzo Calceato.3
Da p. 27, di seguito all’Explicit
legenda beati Guidonis aquensis epi-
scopi et confessoris facto fine pia
laudetur virgo Maria (rr. 10-12), ini-

Acqui, Archivio Vescovile, F 21 cartella 3/4, p. 27.

2 Lettere caratteristiche di questa scrittura sono: g a forma di 8; S maiuscola in fine


parola con anse schiacciate e chiuse; y con tratto di destra sottile che si prolunga
appena al di sotto del rigo; abbreviazione p(er) segnalata da trattino sottile orizzon-
tale posto al termine dell’asta discendente di p.
3 GIOVANNI BATTISTA MORIONDO, Monumenta Aquensia, vol. 2, Torino, Typographia
Regia 1790, coll. 89-104; Acta Sanctorum. Iunii, vol. I, Venezia, 1774, pp. 228-251;
Bibliotheca Hagiographica Latina antiquae et mediae aetatis, 2 voll., Bruxelles,
Societé des Bollandistes, 1898-1901 (Subsidia hagiographica 6): vol. 2, 8873.
TERESIO GAINO, Il vescovo Guido in Acqui medioevale, Acqui Terme, Editrice
Impressioni Grafiche 2003; RÉGINALD GRÉGOIRE, L’antica agiografia del vescovo
Guido, in Il tempo di san Guido vescovo e signore di Acqui. Atti del Convegno di
Studi (Acqui Terme 9-10 settembre 1995), Acqui Terme, Editrice Impressioni
10 Grafiche 2003, pp. 29-38.
Acqui, Archivio Vescovile, F 21 cartella 3/4, p. 81.

zia la seconda parte relativa


all’Ufficio e alla Messa del santo (pp.
27-92) introdotta dalla rubrica In
festo beati Guidonis aquensis episcopi
(r. 13). Questa parte, ad una prima
vista d’assieme, appare più dimessa
rispetto alla prima sezione innanzi
tutto per il cambio di mano che si
verifica proprio a p. 27, in corrispon-
denza con l’inizio dei Vespri: non si
tratta più di un copista abile, come il precedente (mano A), ma di una
mano (B: pp. 27-80) che verga una gotica un poco incerta, instabile nel-
l’allineamento sul rigo, di modulo medio e non costante, caratterizza-
ta spesso da tratti disarticolati, e da aste discendenti che nell’ultimo
rigo di scrittura si prolungano nel margine inferiore e terminano con
aggiunta di tratti sinuosi. Altrettanto insicura è poi la gotica di una
terza mano (C: pp. 81-88) che interviene nel binione contenente la
parte finale della Messa dedicata a san Guido; mentre una quarta mano
(D: pp. 90-92) scrive in maniera esemplare Alleluia Pia proles in una goti-
ca ben allineata sul rigo, contrastata e alquanto spezzata.

Nonostante il cambiamento vistoso


tra le due parti, da un lato quella con-
tenente la Vita di san Guido, dall’altro
quella relativa alla Messa e all’Ufficio
dello stesso santo, in ogni caso coeve
e contestuali, occorre notare che tra
le due sezioni esiste un profondo
legame di natura simbolico-testuale:
la narrazione della vita del vescovo
Guido, destinata alla lettura, alla medi-
tazione e all’imitazione è impiegata
anche all’interno della liturgia della
Messa e dell’Ufficio, con il fine di per-
petuare nei secoli la memoria del
santo. Le letture e i canti che nel codi-
ce sono corredati di una notazione
musicale quadrata disposta su linee
tracciate a secco – ripassate di rosso
e giallo quelle che indicano rispettiva-
mente il fa e il do –, incorporano infat-
ti interi o parziali periodi, e singole
parole attinte dalla Vita del vescovo
Guido.
Tale fenomeno interessa in primis il
testo dei canti dell’Ufficio, e solo mar-
ginalmente quello dei brani riservati Acqui, Archivio Vescovile, F 21 cartella 3/4, p. 90.
11
alla Messa: fatta eccezione per l’Alleluia Pia proles [CD n. 16] di cui sono
attestate due versioni scritte rispettivamente dalle mani C e D (pp. 82-
83 e 90-92), e tra l’altro differenti dal punto di vista testuale e melo-
dico, gli altri canti – l’introito Statuit ei dominus, il responsorio gradua-
le Ecce sacerdos, l’offertorio Veritas mea, ed il communio Fidelis servus –
sono estratti dal Comune dei Confessori Pontefici e sono normal-
mente utilizzati per Messe di tutti quei santi che rientrano nella mede-
sima ‘categoria’.
Più interessante risulta dunque il materiale impiegato nelle preghiere,
nelle letture e nei canti che intercalano la preghiera di un’intera gior-
nata, dal tramonto con la celebrazione dei primi Vespri, la notte o la
mattina molto presto con il Mattutino che si articola in tre notturni,
l’aurora con le Lodi Mattutine, e le ore intermedie con Prima, Terza,
Sesta, Nona. Lo stesso racconto agiografico stilato da Lorenzo
Calceato e racchiuso nella prima parte del codice deve essere letto
innanzi tutto durante il primo notturno: difatti la lectio incomincia con
lo stesso incipit della Vita, Temporibus Rodulphy condam inperatoris Italie
fuit quidam vir (pp. 42-43) e, secondo le istruzioni date in rubrica, deve
essere acclamato faciendo suspensiva flexa et puncta et fiat melodia in
penultima silaba [. . . . .] versus et sic fiat ubique per totam lectionem (p.
43). Quasi tutti i canti dell’Ufficio, responsori, antifone e inni, che devo-
no essere eseguiti solempniter quia pulchrus cantus est et ordinatus riper-
corrono poi ‘a sprazzi’ la vita del vescovo Guido, imprimendo nella
memoria della comunità acquese riunita per la sua festa le principali
tappe della sua esistenza tra cui la nascita, le sue occupazioni e i suoi
studi giovanili, i momenti salienti del suo incarico episcopale, e soprat-
tutto le sue ineccepibili doti di natura etica e spirituale. Egli è celebra-
to nell’inno Gaude mater ecclesia perché fide purus, spe patiens, caritate
fervidus, pius, pudicus, providus (p. 32); e ancora, nell’antifona
Quantumcumque moribus (pp. 49-50) e nei responsori Amans Christum
(pp. 50-51) e Lux cecorum è lodato per la sua umiltà, carità e castità.
Nella prima antifona dei Vespri, Guido decus Aquensium (pp. 27-28) [CD
n 14] si ricorda che la memoria del santo, decoro degli Acquesi, è lega-
ta al giorno della sua morte, il giorno in cui transit felix ad celi solium;
lo stesso motivo di festa ricorre nell’inno Gaude mater ecclesia… de
mundo felix vehitur ad regni celi solium (pp. 31-32) e nell’antifona al
Magnificat, Magnificat gesta clarissima... cumscendit anima sub fine felici
regni perpetui cum sanctis patrie sublime solium (pp. 33-34).
Dal giorno della sua morte, del suo natale celeste, si passa alla narra-
zione della sua nascita nell’antifona Nobilissimis ortus natalibus (pp. 39-
40) e nel responsorio Ex progenie nobilissima beatus (pp. 43-44), ove si
sottolinea la nascita nobiliare di Guido, la nobiltà di sangue che, secon-
do quanto aveva già notato Réginald Grégoire richiamando l’attenzio-
ne sull’antico filone del genere biografico, corrisponde ad una nobiltà
d’animo.4

12 4 GRÉGOIRE, L’antica agiografia del vescovo Guido, cit., p. 30.


Successivamente Guido intraprese gli studi di diritto a Bologna fino a
quando, quasi fulgur irradians decise di dedicarsi alla lettura delle Sacre
Scritture e all’ascesi spirituale: è quanto emerge nell’antifona
Innocenter puerilia iura trascendens quasi fulgur irradians documentis sacris
suum prebuit auditum (p. 40). Nonostante ciò Guido non trascurò e
anzi rafforzò il suo impegno politico nei confronti della civitas, della
plebs e della diocesi acquese: egli, difatti, è definito non solo pastor e
patronus gregis (p. 60) ma anche protector populi (p. 52) e soprattutto
condottiero militare, dux mirabilis civitatis Aquensium (pp. 46-47).
Con queste premesse si deve dunque interpretare la presenza, alle pp.
18-20, 22-23, di tre testi evidenziati da cornici in inchiostro rosso che
intercalano la Vita del santo, scritti in modulo più piccolo, e il cui con-
tenuto riguarda, in un solo caso, un passo della Cronica di Goffredo da
Viterbo, e, negli altri due, fatti storici locali: l’occupazione di Strevi e la
distruzione di Melazzo, entrambi compiuti dagli Alessandrini a scapito
degli Acquesi intorno al 1300. L’inserzione non casuale di tali raccon-
ti, per altro vergati dalla stessa mano A che scrive il testo agiografico,
costituisce un terminus per la datazione dell’intero codice, F 21 cartel-
la 3/4, che per questo e per altri motivi di ordine codicologico-paleo-
grafico, è dunque assegnabile alla metà o addirittura alla seconda metà
del XIV secolo. La stessa narrazione di fatti avvenuti alcuni decenni
dopo che il Calceato ha terminato di stilare la vita di Guido deve esse-
re intesa come tentativo di attualizzare, due secoli dopo la morte del
santo, i contenuti del testo agiografico ed in particolare di riafferma-
re, a mio avviso, l’importanza dell’impegno politico del vescovo di
Acqui che, nel corso del tempo, doveva garantire la difesa dei suoi
fedeli e dei suoi cittadini.
Sempre in questa chiave vanno letti anche i disegni a penna realizzati
alle pp. 52 e 90, nei margini, che raffigurano la città turrita e che forse
rappresentano proprio la città di Acqui. A p. 90 si trova il disegno più
accurato: in primo piano vi sono le mura turrite che comprendono tre
porte, una delle quali di dimensioni più grandi, e che fanno da cornice
alla Cattedrale collocata a destra. Nel testo e nella figura si connota
nuovamente il ruolo della Chiesa impersonificata dall’autorità del suo
Acqui,
Archivio Vescovile,
F 21 cartella 3/4, p. 90.
Acqui, Cattedrale, portico.

vescovo che assume emblematicamente,


come le rassicuranti mura, funzione di
protezione e di rifugio nei confronti dei
cives, e che concorre ad instaurare e ad
irrobustire l’identità della diocesi e della
collettività cittadina.

Nel corso del tempo il culto di san Guido


non si smorzò, anzi si diffuse, e acquistò
importanza in tutte le chiese circostanti,
soprattutto in forza del Sinodo convocato
dal vescovo Ludovico Bruno nel 1499, con
cui si fissava la celebrazione solenne del
santo patrono il giorno 2 giugno.
Tralasciando ora le prescrizioni stabilite in
quella circostanza, e le possibili implica-
zioni ecclesiologiche di tale operazione, è bene notare che lo stesso
Ludovico Bruno, vescovo di Acqui dal 1498 al 1508, rivisitò il raccon-
to della vita di Guido proponendo, sulla scorta della vita redatta da
Claceato, una versione più sintetica del testo.5 Ma ciò che più interes-
sa, in questo studio relativo alla tradizione manoscritta locale, è che
questo testo, la Vite divi Guidonis presulis et aquensis Brevis translatio
edita nei Monumenta Aquensia e negli Acta Sanctorum,6 si trova anch’es-
so nel codice analizzato finora, Acqui, Archivio Vescovile F 21 cartella
3/4, nelle ultime carte in pergamena aggiunte (pp. 93-98) e vergate in
una scrittura umanistica corsiva assegnabile alla seconda metà del XVI
secolo (mano E). Da una annotazione tarda, forse settecentesca,
aggiunta nel margine di p. 92 si apprende inoltre che in una carta anda-
ta persa, l’originaria carta compresa tra le attuali pp. 92-93, il vescovo
Bruno scrisse di propria mano, qui appresso è stato reciso un foglio su cui
Ludovico Bruno vescovo di Acqui aveva scritto di propria mano, e che tra-
vagliato dalla podagra essendosi raccomandato a s. Guido poco dopo restò
guarito. La redazione di questa vita rappresenta forse un omaggio al
santo che aveva compiuto il miracolo; oppure, e in ordine cronologi-
co inverso, fu, per il vescovo Bruno, uno dei motivi di raccomandazio-
ne che poi gli permise di guarire dal morbo.
Il codice Acqui, Archivio Vescovile F 21 cartella 3/4 è dunque testimo-
ne del culto, della storia del vescovo Guido il cui ricordo, legato alla
celebrazione della sua santità e dei suoi miracoli, contribuì nel corso
dei secoli – dal XIII al XVI secolo –, a rafforzare l’identità di una dio-
cesi e di una città.

5 Archivio Vescovile, I vescovi della Chiesa di Acqui dalle origini al XX secolo,


Acqui, Editrice Impressioni Grafiche 1997, pp. 251-255.
6 I riferimenti alle varie edizioni si trovano in Bibliotheca Hagiographica Latina,
14 vol. 2, 8874.
EDIZIONE
DELL’UFFICIO
E DELLA MESSA
DI SAN GUIDO
di Leandra Scappaticci

p. 27 IN FESTO BEATI GUIDONIS AQUENSIS EPISCOPI. AD VESPERAS SUPER PSAL-


MOS ANTIPHONA. Guido. Hec antiphona incipiatur ab uno cantore
solempniter deinde prosequitur psalmus. Laudate pueri cum
ceteris.
Guido decus aquensium transit felix ad celi
p. 28 solium cuius preceptus fidelium summi regis intret in gaudium.
Euouae. Psalmi. Laudate pueri. Laudate dominum omnes gentes.
Lauda anima mea. Laudate dominum quoniam. Lauda Ierusalem. Isti
V psalmi cantentur
p. 29 sub antiphona Guido et post quam cantati fuerint incipiatur ite-
rum antiphona et cantetur tota et postea dicat sacerdos capi-
tulum sequens secundum consuetudinem. Ecce sacerdos magnus
qui in diebus suis edificavit domum et exaltavit templum sanctum in
domino p<a>ratum in gloria sempiterna Deo gratias. [Eccl. 50, 1]
Istud capitulum dica<tur> in vesperis matutinis et in tertia post
capitulum. In primis vesperis cantetur responsorium Regnum
mundi a duobus cantoribus. Regnum mundi super gres<s>us et
eius ornatum regnum celi iam
p. 30 ingressus sibi preparatum. Nostros ad se regat gres<s>us6 Post hunc
incolatum. Versus. Peregre Iacob egressus patris ad mandatum vidit
Deum sic professus
p. 31 vite celibatum. Nostros. Gloria patri et filio et spiritui sancto. Post
hunc. Ympnus iste cantetur ad omnes horas super ymnos eiu-
sdem metri. Gaude mater ecclesia nove laudis preconio quam nostri
p. 32 patris gloria solepmni replet gaudio. De mondo felix vehitur ad regni
celi solium cuius vita dignoscitur forma virtutum omnium. Fide purus
spe patiens et caritate fervidus omni petenti largiens pius pudicus
providus. Pro corona iustitie iam coronatus gloria nostre memor mise- 15
rie celi procuret premia
p. 33 Trino dei et simplici laus honor virtus gloria qui nos patris mirifici
Guidonis dotet gratia amen. Sequens versus dicatur post ymnum
a duobus. Amavit eum dominus et ornavit eum. Responsorium.
Stolam glorie induit eum. Antiphona sequens dicatur solum in pri-
mis vesperis semel tota ante Magnificat et post Magnificat.
Magnificat gesta clarissima
p. 34 sancti Guidonis divino cultui devotum hodie presens collegium cuius
sancta cumscendit anima sub fine felici regni perpetui cum sanctis
patrie sublime solium. Magnificat. Euouae.
p. 35 Sequens oratio solum dicatur in primis vesperis et non plus.
Deus qui ecclesiam tuam meritis gloriosi confessoris tui Guidonis
atque pontificis novo fecisti splendore clarescere fac nos quesumus
eius salutaria sequi documenta ut a te qui lux es et vita claritatis
eterne coronemur in patria. Per dominum. Benedicamus ad libitum
cantentur vel cum alleluia vel absque sicut inferius annotatur et
cetera responsorium. Benedicamus domino
p. 36 benedicamus domino alleluya alleluya. Ad Matutinas Invitatorium
sequens cantetur si consuetudinem ecclesie solempniter. Regem
sempiternum pronis mentibus adoremus Qui eterna
p. 37 sanctum Guidonem coronavit gloria. Psalmus Venite exultemus domi-
no iubilemus Deo salutari nostro preocupemus faciem eius in cun-
fessione et in psalmis iubilemus ei. Invitatorium totum cantetur
per istum modum et ympnus sequens cantet solo in principio
matutinarum in primo noturno et cantetur solempniter quia
pulchrus cantus est et ordinatus.
p. 38 Inclita gaudia pangamus socii gesta que fortia nostri pontificis nam
gliscit animus pro mere cantibus tanti patris magnalia. Nova lux ori-
tur nova letitia dum sydus panditur latens sub nebula de cetu florido
p. 39 dulcis flos recolet celum plaudit cum gaudio. Plaudat Aquensium nobi-
lis civitas simul dyocesis leta cumgaudet omnesque denique vocibus
iubilent nove laudis preconio. Hic est fons modicus crescens influvia
sydus irradians perlustras omnia flos amenissimus candore rutilans
offertur regi glorie. Stellato solio sedet in destra quem vallat laudibus
celestis curia fulcitur omnium virtutum gloria pro sanctitatis culmine.
Te summa deitas unaque possumus ut culpas abluas noxias subtra-
has Guidonis meritis pacem des omnibus festum hoc celebrantibus
amen.
In primo nocturno antiphona. Nobilissimis ortus natalibus be-
p. 40 atus Guido velu<t> fumus aromatum dedit suavitatem odoris.
Psalmus. Beatus vir. Euouae. Antiphona. Innocenter puerilia iura
transcendens quasi fulgur irradians documentis sacris suum prebuit
auditum. Psalmus. Quare fremuerunt.
p. 41 Euouae. Antiphona. Gloriam mundi sprevit cum suis oblectationibus
et ideo meruit prov<eh>i ad summum sacerdotii gradum. Psalmus.
Domine qui multi. Euouae. Vers. Amavit eum dominus et ornavit
eum. Responsus. Stolam glorie
16
p. 42 induit eum. Iste vers<us> si scilicet a duobus debet cantari et sic
in quolibet noturno secundum quod notatum fuerit dito Pater
noster incipiatur iubere do<m>ne secundum quod hic annotatur
deinde prosequitur benedi<c>tio a sacerdote et tunc incipiatur
prima lectio scilicet Temporibus Rodulphy et cetera. Et sic omnes
lectiones ordinate cantentur secundum quod notatum est iube
domne. Iube domne benedicere. Benedictione perpetua benedicat
nos pater eternus amen. Deinde prosequitur
p. 43 lectio faciendo suspensiva flexa et puncta et fiat melodia in
penultima silaba […]s versus et sic fiat ubique per totam lec-
tionem. Temporibus Rodulphy <quon>dam i<m>peratoris Italie fuit
quidam vir et cetera. Finis versus sic fiat sicut est notatus. Finis
versi. Affluenter implevit. <Responsorium> Ex progenie nobilissima
beatus
p. 44 Guido prodiit velu<t> rosa rutilans candido colore que regalibus obla-
ta cumspectibus intulit suavitatem odoris. Versus. Ta<m>quam flos
amenus
p. 45 de celesti rosario procedens. Intulit. Responsorium II. Gloriosa diei
huius solepmnia devota celebremus omnes veneratione qua sanctus
Guido velu<t> sol refulgens processit ad e-
p. 46 thera sancta. Versus. C<on>sumato cursu presentis vite
ta<m>quam sydus irradians inter sanctorum candelabra. Processit.
Responsorium III. Hic est dies fulgidus in quo sanctus Guido dux
mira-
p. 47 bilis civitatis Aquensium in celum gaudens suscipitur letemur quia
cum Cristo regnat in eternum. Versus. Hoc <h>onore condignus est
quem cumque rex honorare voluerit. Letemur. Gloria patri et
p. 48 filio et spiritui sancto. In eternum. In secundo nocturno antiphona.
Factum est ut non minus mente quam etate proficiens ad virtutum
arcem feliciori gradu conscenderet. Euouae. Psalmus. Cum invoca-
rem. Antiphona.
p. 49 Ne vero per ocii desidiam hostilibus pateret insidiis in iustificationibus
domini assidue excercebatur. Euouae. Psalmus. Verba mea.
Antiphona. Quantumcu<m>que moribus et meritis prefulgeret flo-
rem tamen
p. 50 virtutum humilitatem illibatam studuit cumservare. Euouae. Psalmus.
Domine dominus noster. Vers. Iustum deduxit dominus per vias rec-
tas. Responsus. Et hostendit illi regnum dei. Responsorium. Amans
Cristum Guido quem colis tota mente mundum istum oriens labe
carens Deo trahente
p. 51 forma gregis moribus et virtutum actibus fulges Quem honestavit
castitas illuminavit veritas et inflamavit caritas. Versus. Anulo sacro
c<on>signatus est et virtute fidei firmatus est Quem honestavit
p. 52 Responsorium. Sancte Guido preciose presul beatissime qui virtute
caritatis circunfultus undique proprium ab inimicis prote<x>isti
populum funde preces pro devoto tibi nunc collegio
17
p. 53 Vers. Ut tuo propiciatus interventu dominus nos purgatos a peccatis
iungat celi civibus. Funde. Responsorium. Dum esset in acubitu mel-
liflue dulcedinis arcens potenti spiritu pestes carnis et san-
p. 54 guinis bonorum sceptus ambitu sceptrum tenet regiminis. Versus.
Pastorali functus officio singulari fulxit preconio. Bonorum. Gloria patri
et filio et spiritui sancto. Sceptrum.
p. 55 <In III Nocturno> Antiphona. Cum flore mundum despicis cito rui-
turum fructum vite colligis semper permansurum. Psalmus. Domine
quis habitavit. Euouae. Antiphona. Circa celestia occupatus assidue
mellifluis saporibus est refectus hodie
p. 56 Psalmus. Domine in virtute. Antiphona. Post carnis exicia ad celi
palatia liber a miseria transivit cum gloria. Psalmus. Domini est terra.
Euouae. Responsus. Iustus ut palma florebit in domo domini. Vers.
Et sicut cedrus Libani multiplicabitur. Responsorium. Fulgentes radii
meritorum presul‹i›s
p. 57 almi mundum letificant dant gaudia tristia curant celica nunc supera
cui plaudunt agmina leta. Versus. Felix angelica dotatus sorte beata.
Celica. Responsorium. Lux cecorum vox mutorum salus in-
p. 58 firmantium vas virtutum decus morum defensor humilium Per te
nobis rex celorum det celeste premium. Versus. Ut te duce vera luce
perfrui per secula coronati et locati possimus
p. 59 cum gloria. Per te nobis. Responsorium. Templum fecit templi cultor
honoris eximii quo cumpleto fine leto cursum huius seculi cunsuma-
vit et intravit in gaudia domi-
p. 60 ni. Versus. Verus bonus summi regis pastor et patronus gregis cum
laude multiplici. Intravit. Gloria patri et filio et spiritui sancto. In gau-
dia domini. Post Te Deum dicatur versus sequens. Versus. Ora pro
nobis beate Guido. Responsus. Ut
p. 61 digni effitiamur promissionibus Christi. Deus in adiutorium meum.
Antiphona in laudibus. Presul almus hodie decorem indutus celesti
dulcedine letatur inbutus. Psalmus. Dominus regnavit. Euouae.
Antiphona. Omnis terra iubilet leta laudes
p. 62 intonet et nobiscum cumcrepet dicens alleluya. Psalmus. Iubilate.
Euouae. Antiphona. Ad te de luce Deus Guido vigilavit deserta
mundi fugiens te solum amavit. Psalmus. Deus deus meus. Euouae.
Antiphona. Celi terra Maria Deum venerantes benedicunt per secu-
p. 63 la osan<n>a clamantes. Psalmus. Benedicite. Euouae. Antiphona.
Plebs laudat angelica in festo Guidonis unum in essentia trinum in
personis. Psalmus. Laudate dominum. Euouae. Capitulum. Ecce
sacerdos ut supra in primis vesperis est notatum post capitulum
sequens ymnus cantetur. Celi cives assidue coros ducunt
p. 64 letitie se<d> hac die iocundus vacant Guidonis laudibus. In celesti
rosario flos odore mirifico regi offertur inclito vernans candore niveo.
Pastor gregis egregius legis amator fervidus exutus mole corporis vite
nutritur pascius. Angelicis agminibus in ierarciis superis nunc cum inc-
tus dulcis sonis perfruitur melodiis. Plaudat polis aquensium laudans
18 patrem piissimum qui cives sanctis precibus tuetur in angustiis. Pater
proles paraclitus Guidonis per sufragia defendant nos ab hostibus et
ducant ad celestia. Amen. Versus. Iustus germinabit sicut lilium
p. 65 Responsus. Et florebit ante Deum in eternum. Ad Benedictus anti-
phona bis dicatur ante et post. Benedictus dominus qui non visita-
vit providens hominibus pastorem donavit qui lupos ab ovibus poten-
ter fugavit nos cla
p. 66 mosis vocibus ut cum celi civibus simus in celestibus sedule vocavit.
Benedictus. Euouae. Oratio. Protector servorum tuorum in te spe-
rantium deus sine quo nichil est validum nichil sanctum ostende
super nos misericordiam tuam ut intercedente beato Guidone con-
fessore tuo antipontifice protectionis tue opere et vere pacis benefi-
cia sentiamus. Per dominum nostrum.
p. 67 Benedicamus domino. A<d> primam tertiam sestam et nonam
antiphone ut in laudibus cetera omnia fiant sicut de uno con-
fessore. Ad vesperas super psalmum antiphona Presul ut in lau-
dibus psalmus Dixit dominus cum ceteris de uno c<o>nfessore
ympnus ut supra in laudibus capitulum et oratio ut supra. Ad
Magnificat antiphona. Inclita sanctissimi Guidonis solempnia susci-
piat alacriter pia mater ecclesia ave decus aquensium
p. 68 ave corona presulum obtine nobis gaudia que possides in gloria.
Magnificat. Euouae. Oratio Benedicamus dicatur ut supra in carta
secunda.
AD MISSAM. Officium. Statuit ei dominus testamentum pacis et prin-
cipem fecit eum ut sit illi sacerdotii dignitas
p. 69 in eternum. Psalmus. Misericordias domini in eternum cantabo.
Gloria patri. Euouae. Cantentur tractim <Ky>rie eleyson. Christe
eleyson. <Ky>rie eleyson
p. 70 <Ky>rie eleyson. Si in Gloria in excelsis vis facere melodiam bor-
doniza. Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bone volun-
tatis Laudamus te Benedicimus te Glorificamus
p. 71 te Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam Domine deus
rex celestis deus pater omnipotens Domine fili unigenite Ihesu
Christe Domine deus agnus Dei filius patris Qui tollis peccata
p. 72 mundi miserere nobis Qui tollis peccata mundi suscipe deprecatio-
nem nostram Qui sedes ad dexteram patris miserere nobis Quoniam
tu solus sanctus tu solus dominus tu solus altissimus
p. 73 Ihesu Christe Cum sancto spiritu in gloria Dei patris Amen. Oratio
ut supra. Epistola sequens sic debet cantari unus accipiat …. et
bordonizet firmiter alius quinta et firmam teneant cum burdo-
ne et tertius cantet epistolam sicut est notata et erit pulcra
melodia. Lectio libri Sapientie. Ecce sacerdos magnus qui in vita sua
sufulsit domum et in diebus suis coroboravit templum. In diebus suis
emanaverunt… qui adeptus
p. 74 est gloriam in conversatione… sanctitatis amictum. Por-
p. 75 rexit… excelso principi. [Eccl 44, 16] Post incipiatur sequens
responsorium a duobus cantoribus. Ecce sacerdos magnus qui in
diebus suis placuit Deo 19
p. 76 Versus. Non est inventus similis illi qui cumservaret legem excelsi.
Alleluia queratur in tertia carta post. Secundum Matheum. In illo
tempore. Dixit Ihesus dis<c>ipulis7 suis. Vigilate quia nes<c>itis8…
vigilaret
p. 77 utique et non sineret… constituet eum. [Mt 24, 42-47]
Offertorium. Veritas mea et mi-
p. 78 sericordia mea cum ipso et in nomine meo exaltabitur cornu eius.
Secreta. Sancti c<on>fessoris tui Guidonis nobis domine pia non
desit oratio que et numera nostra c<on>ciliet et tuam nobis indul-
gentiam semper optineat. Per dominum.
p. 79 Sanctus sanctus sanctus dominus deus sabaoth pleni sunt celi et
terra gloria tua osanna in e<x>celsis Benedictus qui venit in nomine
domini Osanna in excelsis
p. 80 Agnus Dei qui tollis peccata mundi miserere nobis Agnus Dei qui tol-
lis peccata mundi miserere nobis Agnus Dei qui tollis peccata mundi
dona nobis pacem. Communio dicatur sicu<t> in festo beati
Dominici. Fidelis servus. Post communio oratio. Beati Guidonis
confessoris tui domine supplicatione placatus et veniam nobis tribue
et remedia sempiterna concede. Per.
p. 81 Ite missa est. Deo gratias. Alleluia beati Guidonis. Alleluya. Pia pro-
les assiduis patrem laudet preconiis qui nos in campo certaminis piis
p. 82 munit suffragiis. <Ky>rie eleyson dicatur in dominicis diebus.
<Ky>rie eleyson Christe eleyson <Ky>rie eleyson <Ky>rie eleyson.
[…]
p. 90 Alleluia. Versus. Pia proles assiduis patrem
p. 91 laudet preconiis Guidonem suum presulem qui nos in campo cer-
p. 92 taminis piis muniit suffragiis.

20
CRONACA
DI DUE CODICI
‘GEMELLI’:
il Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale
(Acqui, Biblioteca del Seminario
Vescovile, ms 1) e l’Antifonario Vaticano
(Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Vat lat. 14676)
di Leandra Scappaticci
Nel 2000, durante una campagna di ricerca di frammenti ebraici in archi-
vi e biblioteche piemontesi, nell’ambito di un progetto ministeriale,
Frammenti ebraici in Italia diretto dal prof. Mauro Perani dell’Università di
Bologna, e al quale partecipava anche l’Università di Gerusalemme, visitai
l’Archivio Vescovile e la Biblioteca del Seminario di Acqui. In questa
seconda sede, grazie anche alla disponibilità di don Giacomo Rovera e del
bibliotecario Walter Baglietto, trovai non solo quello che cercavo, un
foglio frammentario di pergamena attinto da un codice ebraico e suc-
cessivamente impiegato nella legatura di un libro a stampa, ma anche uno
splendido manoscritto latino, un Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale
totalmente sconosciuto e inesplorato, al quale fu assegnata, da quel gior-
no, la segnatura ‘ms. 1’. Si trattava di un codice integro, prodotto tra la
seconda metà del XII e l’inizio del XIII secolo, pregevole per molti aspet-
ti, innanzitutto per la legatura originale, in pelle su assi di legno di piop-
po,1 e per la presenza di splendide lettere iniziali decorate: una serie di
iniziali fitomorfe inquadrate su sfondi tripartiti e quadripartiti, tra le quali
si distingue senza dubbio, per dimensioni e per importanza, la lettera Ad
nella prima carta del codice; e due iniziali fitozoomorfe che si collocano
all’inizio di due formulari importanti dell’anno liturgico, Natale e
Pentecoste, e che incorporano, oltre ad alcuni motivi vegetali, le figure di
due animali: un drago alato di colore verde che si contorce all’interno
dell’occhiello di Puer (c. 11r); ed un animale sempre alato che, con il suo
corpo delinea le due anse di Spiritus (c. 110v).
1 In seguito ad un intervento di restauro sostenuto dalla Regione Piemonte –
Soprintendenza dei Beni Librari, la legatura è stata meticolosamente descritta da
FLAVIO MARZIO - CHIARA CAVALLERO, Il restauro. Alla ricerca di un compromesso
tra fruibilità e conservazione, in Il codice romanico acquese, Acqui Terme,
L’Ancora 2004, pp. 7-13. 21
Acqui, Biblioteca del Seminario, ms. 1, c. 1r.

Un primo studio sul Graduale fu pubblicato, lo


stesso anno della scoperta, nella Rivista
Internazionale di Musica Sacra,2 nel quale veniva
fornita una descrizione codicologica, paleografi-
ca, e testuale del manoscritto, ed in particolare
una lista delle sequenze e dei tropi compresi nel
Graduale. Allora era prematuro determinare con
precisione l’origine del codice, che certamente
non coincideva con l’attuale luogo di conserva-
zione poiché il Graduale non racchiudeva for-
mulari peculiari di Acqui e, per vari motivi, risul-
tava essere un prodotto esterno, un libro confe-
zionato in un centro altamente specializzato, ove
collaboravano abili scribi e raffinati miniatori. Era
possibile formulare solo una cauta ipotesi circa
l’area di provenienza del codice stesso che, a giu-
dicare dalla decorazione e dal tipo di notazione
musicale (rettangoli disposti su linee tracciate a secco, tra cui spicca-
no quelle ripassate di rosso e di giallo indicanti rispettivamente il fa e
il do, custos a fine rigo indicato da due punti, spesso sostituito affianca-
to da segno a forma di due aggiunto da mano posteriore), era ragio-
nevolmente identificabile nell’area italo-settentrionale-occidentale.
Una preliminare analisi del testo e della musica permise inoltre di sta-
bilire un legame tra il manoscritto 1 di Acqui ed un codice del mona-
stero di San Colombano di Bobbio, il Graduale-Tropario-Sequenziario-
Kyriale attualmente Torino Biblioteca Nazionale Universitaria F IV 18.
Infatti, in entrambi i Graduali, si trova la sequenza In honore Marie vir-
ginis que nos lavet che, fino ad oggi, non risul-
ta attestata da altri codici e nemmeno edita
dal vasto repertorio degli Analecta Hymnica.
L’eccezionale presenza, in una delle ultime
carte del codice, di un Sanctus tropato a due
voci fu poi lo spunto per intraprendere un
ulteriore studio con Rodobaldo Tibaldi, nel
quale si determinava che il Graduale di Acqui
racchiudeva «un brano sconosciuto, costi-
tuendo così una nuova fonte per lo studio
della polifonia italiana nel XIII secolo».3

2 LEANDRA SCAPPATICCI, Tropi e sequenze di un mano-


scritto sconosciuto (Acqui Terme, Biblioteca del
Seminario, ms. 1), “Rivista Internazionale di
Musica Sacra” 22, 2000, pp. 149-165.
3 LEANDRA SCAPPATICCI – RODOBALDO TIBALDI, Una
nuova fonte per lo studio della sequenza e della
polifonia liturgica ‘arcaica’ (Acqui Terme,
Acqui, Biblioteca del Biblioteca del Seminario, ms. 1), “Musica e storia”
22 Seminario, ms. 1, c. 11r. 11, 2003, pp. 197-239.
Nel 2003, poi, fui invitata a parte-
cipare ad un convegno internazio-
nale presso il Centrul de Studii
Bizantine di Iasi (Romania) e pen-
sai, in quella occasione, di far
conoscere ad una cerchia più
allargata di studiosi il Graduale
ms. 1 di Acqui.4
La celebrazione del Millenario
della nascita di san Guido (1004-
2004) fu infine l’occasione di
risolvere definitivamente e, con- Acqui, Biblioteca del Seminario,
sentitemi di dire, vista la trattazio- ms. 1, c. 110v.
ne del paragrafo precedente,
‘miracolosamente’, l’enigma circa l’origine del Graduale Acqui, Biblioteca
del Seminario ms. 1. Mentre ci si apprestava ad organizzare una mostra
ed un convegno per il mese di luglio, appresi dall’archivista don Angelo
Siri, che il Capitolo di Acqui aveva inviato, nei primi anni del Novecento,
un manoscritto di Acqui alla Biblioteca Apostolica Vaticana e che lì era
ancora conservato con segnatura Vat. lat. 14676.5 Nel giro di poco tempo
mi recai presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, dove stavo già condu-
cendo alcune ricerche: con stupore mi accorsi subito che ‘l’aspetto’ del
codice Vaticano rievocava, per una congiuntura di più elementi, il
Graduale Acquese; balzava innanzitutto agli occhi l’identità di copista, la
mano A che in entrambi i manoscritti si occupò di vergare la prima parte
dell’Antifonario Vaticano (cc. 1r-86v) e del Graduale Acquese (cc. 1r-40v)
in una gotica incipiente attribuibile alla seconda metà del XII e all’inizio
del XIII secolo, poco contrastata, di modulo medio, non sempre ben alli-
neata sul rigo e con lettere spaziate tra loro.6
Inoltre, lo stesso copista A si occupò molto probabilmente di com-
pletare il testo apponendo, in ciascun interlineo, la notazione musicale
che, nei due codici, mostra le stesse caratteristiche: rettangoli disposti
su linee tracciate a secco, ripassate di giallo e rosso quelle indicanti

4 LEANDRA SCAPPATICCI, A Newly Discovered Thirteenth-Century Gradual-Tropary-


Sequentiary in the Seminary Library of Acqui Terme, “Acta Musicae Byzantinae”
7, 2004, pp. 80-83.
5 Per le vicende novecentesche relative alla storia del codice Vaticano rimando
all’articolo di GIULIO SARDI, Di un codice e di tante pergamene di Acqui, ma non
più ad Acqui, “L’Ancora” 27 giugno 2004.
6 Elementi distintivi della sua scrittura risultano essere: aste alte sul rigo ridotte e
corredate a sinistra di trattino orizzontale; e con occhiello spesso aperto in alto; g in
due forme: con occhiello superiore più ampio di quello inferiore che risulta schiac-
ciato ed angoloso a sinistra, o a forma di 8; talora R maiuscola in posizione di fine
rigo, o quando segue lettera iniziale colorata in rosso; s spesso posta in interlineo e
sempre maiuscola in fine parola, con ansa inferiore più ampia rispetto a quella supe-
riore; x tracciata in due tempi, con tratto inferiore di sinistra sottile; z con i due trat-
ti orizzontali sinuosi; uso limitato delle abbreviazioni che comprendono perlopiù titu-
li per le nasali e normali compendi, terminazioni -bus con punto e virgola. 23
Acqui, Biblioteca del Seminario, ms. 1, c. 198r.

rispettivamente il do e il fa; chiavi musi-


cali di do e di fa, quest’ultima costituita
da una virga affiancata a destra da due
quadratini; custos con due puntini, talvol-
ta a forma di 2 ma aggiunto da mano
posteriore.
Anche la decorazione del manoscritto
Vaticano risultò molto vicina a quella del
codice Acquese e forse fu realizzata dal
medesimo miniatore che eseguì da c. 1 a
c. 57 tutta una serie di iniziali fitomorfe
su sfondo quadripartito con colori giallo
e rosso; tra queste ricordo in particola-
re a c. 13r l’iniziale fitozoomorfa Ecce7
dove due teste di uccello delineano i due
tratti orizzontali di E che inglobano una
testa di drago avviluppata in tralci vege-
tali.
A differenza del Graduale Acquese, l’esa-
me testuale dell’Antifonario Vaticano, per
altro già intrapreso da Pierre Salmon,8
fornì un elemento dirimente per la comprensione dell’origine del
codice: si vide che alle cc. 138r-144r era attestata una versione del
tutto peculiare dell’ufficio di san Siro, una versione diffusa esclusiva-
mente nello stesso centro ove il santo fu vescovo e patrono, e cioè a
Pavia. Riuscii dunque a capire che da Pavia, sede di primaria importan-
za, sin dall’antichità, di un’ininterrotta tradizione scolastica e culturale,
proveniva l’Antifonario Vaticano e, di conseguenza, il suo codice
‘gemello’, il Graduale Acquese per il quale, in una prima fase della
ricerca, era stata formulata un’ipotesi di localizzazione nell’area italo-
settentrionale-occidentale, in un centro di produzione altamente qua-
lificato.
Ma quando e per quale motivo questi due codici furono portati da
Pavia ad Acqui? La disamina codicologico-paleografica e testuale del
codice Vaticano consente di tracciare una prima ipotesi sulla questio-
ne cronologica. Sul contropiatto anteriore di legno è presente l’anno-
tazione di possesso Istum librum maioris ecclesie Aquensis est vergata in
una scrittura cancelleresca piuttosto dissociata ed attribuibile alla
seconda metà del XIV secolo. Della stessa mano seguono poi sei righe
purtroppo difficilmente leggibili, anche con l’ausilio della lampada di
Wood:

7 Eecce] ms.
8 PIERRE SALMON, Le manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, vol.
I: Psautiers, Antiphonaires, Hymnaires, Collectaires, Bréviaires, Città del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1968 (Studi e testi 251), p. 70 n. 140.
24
[.] Chr(istum) V[…..] ex <ra>p<ito> n(on) hospes ab hospitaturus
non sator agno ag[...]no fratrum quoque gra(tia) rara est.
Iminet exitio vir (con)iug[….] .
L[………………….]
Filius an(te) diem prob[ …] i(n) …. ut in annos
S[…] sacer<dos> (?) P[i]etrus Zoeni (?)

In base alla prima annotazione, e con l’augurio di poter offrire ulteriori


informazioni circa il secondo testo che, indubbiamente, contiene ele-
menti utili per la comprensione della storia locale, nonché della storia
dello stesso codice, si può affermare che l’Antifonario Vaticano si tro-
vava certamente ad Acqui nella seconda metà del XIV secolo, quando
fu aggiunta la prima annotazione di possesso sul contrapiatto.
Inoltre, nello stesso periodo, e molto probabilmente nello stesso
luogo, almeno quattro diversi scriventi (le mani C, D, E, F) integrarono
nei margini di molte carte gli incipit delle letture e le orazioni comple-
te da leggere durante gli stessi Uffici compresi nel manoscritto, deter-
minando un ampliamento e un cambio d’uso del codice che da
Antifonario diventò così un Breviario, un libro completo per la cele-
brazione della liturgia delle ore. Nella scrittura di due dei quattro scri-
venti individuati (mani E: cc. 133v-134r, 147r-v; ed F: cc. 189r, 192r,
195v, 196r, 201v, 202r, 203v) mi sembra di poter intravedere elemen-
ti comuni con la gotica vergata dalle mani D (pp. 90-92) e B (pp. 27-
80) del cosiddetto codice di san Guido, attualmente Acqui Archivio
Vescovile F 21 cartella 3/4 del quale si è precedentemente parlato.
Affinità tra la gotica della mano E e della mano D del codice di san
Guido riguardano innanzitutto l’aspetto generale della scrittura, e la
morfologia di alcune lettere come a, g, x; mentre la gotica della mano
F è da accostare alla mano B del codice di san Guido per il tracciato
spiccatamente rotondeggiante, per le forme simili della lettera g, per
l’abbreviazione di m in fine parola a forma di 3, e per quella di –rum a
forma di 2 tagliato.
Quattro copisti di estrazione molto probabilmente acquese apposero
dunque, due secoli dopo la confezione dell’Antifonario Vaticano, le
aggiunte ai margini per far fronte alle esigenze dei canonici che, forse
non disponendo di un Breviario aggiornato, avevano bisogno di un
libro completo per cantare e pregare durante le ore del giorno e della
notte previste dalla liturgia.

Concludendo questo excursus sulle testimonianze liturgiche superstiti


attualmente conservate ad Acqui, presso la Biblioteca del Seminario e
l’Archivio Vescovile, mi sembra opportuno rimarcare alcuni punti della
mia trattazione, con il fine di prospettare possibili percorsi che
dovranno essere necessariamente intrapresi, tenendo ben presenti
eventi e possibili risvolti di natura storica, sociale e culturale.
In primo luogo vorrei sottolineare un aspetto che non mi pare del
tutto fortuito, e cioè il fatto che tutti i codici presentati nel corso di 25
questo studio siano stati prodotti, annotati, aggiornati o giunti ad Acqui
intorno alla metà o alla seconda metà del XIV secolo. Che cosa rap-
presentò quel periodo per la diocesi e per la città di Acqui?
Certamente in quella fase si cercò di riaffermare con maggiore inten-
sità il culto di san Guido non solo per sensibilizzare i fedeli del luogo,
ma anche per riaffermare l’autorità, tanto religiosa quanto politica, di
tutti i vescovi successori del patrono. Con le sue mirabili doti e con la
sua stessa vita Guido costituiva un esempio valido in ogni tempo, e,
almeno dall’XI al XVI secolo, forniva un modello per tutti coloro che
si apprestavano a rivestire con responsabilità la carica episcopale. Nel
corso del XIV secolo il vescovo è infatti colui che conduce, nelle vesti
di un condottiero militare, la sua civitas per difendere interessi e com-
petenze territoriali della diocesi e della città di Acqui che, sempre in
quel tempo, era gravemente minacciata dalla confinante Alessandria.
In questa opera di fortificazione delle anime e della diocesi di Acqui
rientra anche il tentativo di recuperare, nei territori limitrofi, libri utili
alla celebrazione della liturgia nella Cattedrale, nella denominata eccle-
sia maior. Giungono così ad Acqui, sempre durante il periodo designa-
to, due manoscritti prodotti a Pavia, un Graduale (Acqui, Biblioteca del
Seminario, ms. 1) ed un Antifonario (Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana,Vat. lat. 14676), sicuramente pregevoli da un punto
di vista codicologico-paleografico ma pur sempre usurati e ‘vecchi’ di
almeno due secoli. Per questo e forse per la penuria di qualche
Breviario in loco, diversi appartenenti alla comunità ecclesiastica
aggiornarono i testi ampliando anche il contenuto del codice, appo-
nendo molteplici annotazioni nei margini dell’Antifonario Vaticano.
A questo stadio della ricerca, dopo aver risolto l’enigma sull’origine
del manoscritto 1 di Acqui e dopo aver ritrovato il suo codice ‘gemel-
lo’ attualmente conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, resta
ancora da intraprendere almeno uno studio sulla documentazione e
sulla produzione libraria coeva di Pavia, con l’obiettivo e soprattutto
con l’ambizione di svelare l’identità di colui che vergò i due mano-
scritti.

26
Acqui,
Seminario Maggiore.

TRE MOTIVI
PER CANTARE
GREGORIANO
di Giacomo Baroffio

Perché interessarsi oggi ancora al canto gregoriano?


Almeno per tre motivi:

1
Un
motivo spirituale.
Chi vive la fede cristiana
s’accorge come la Parola di D-i-o
necessiti di una mediazione che vada al di là
della spiegazione filologica e dell’applicazione moraleggiante.
Percepire la voce di D-i-o nella sua Parola è un’azione del cuore
in ascolto di quanto le parole tramandate dalla Bibbia non riescono a esprimere.
La musica è il linguaggio privilegiato del cuore di D-i-o e dell’uomo.
Il canto gregoriano ha la forza di in-cantare,
distogliere il cuore dalle pre-occupazioni
perché si dilati e si orienti a D-i-o
nell’adorazione e
nel silenzio
attonito.
27
2
Un
motivo culturale.
Chi è attento alle opere
dello spirito umano, avverte la grandezza dell’arte poetica,
la capacità di comunicare profonde emozioni con linguaggi
che spesso non sono ordinari, a partire dal silenzio illuminato, da uno sguardo radioso.
Il canto gregoriano è un itinerario di bellezza e di armonia.
Riassume l’esperienza poietica di decine di generazioni
a partire dall’antico Israel fino alle espressioni
mutuate dalle tante e diverse culture
dove il cristianesimo ha portato
il Vangelo, in cambio
di nuovi linguaggi
per comunicare
in musica.

3
Un
motivo antropologico.
Molti brani del repertorio gregoriano
sono costruiti secondo particolari tecniche musicali
sperimentate già in tempi remoti nell’area mediterranea,
un fenomeno che si avvicina a ciò che in ambito semitico si chiama maqam.
La melodia si muove su particolari circuiti mentali che obbligano a percorrere
determinati itinerari legati alla memoria e alle sue variazioni, il tutto segnato
da alternanza di conosciuto e di ignoto, di presente e di rimosso.
Sotto questo aspetto il cantare, ma anche il solo ascoltare
le melodie gregoriane può costituire un momento forte
di terapia che permette alla mente
di ricuperare la verità
di se stessi.

28
LA LITURGIA:
FONTE E
CULMINE
DELLA VITA
CRISTIANA
di Giacomo Baroffio

Acqui,
LA LITURGIA: ESPERIENZA DI VITA NELLA CHIESA Cattedrale,
zona absidale.

La Chiesa sin dai primi secoli ha compreso l’importanza della liturgia


per la sua vita. Con chiarezza e forza ha affermato che la preghiera
nella liturgia è il riflesso più limpido della fede cristiana (lex orandi = lex
credendi). Lo stesso nome dato al complesso dei riti religiosi – liturgia
–, significa la coscienza di un’azione particolare che il popolo di D-i-o
compie come risposta alle sollecitazioni di D-i-o stesso. È Lui che per
primo rivolge ai credenti la sua Parola che non è semplice affermazio-
ne o narrazione, bensì diventa realtà vissuta nel quotidiano.
La centralità della Parola nel culto cristiano – una delle preziose ere-
dità di Israel e della sua liturgia – sollecita tutta una serie di accorgi-
menti affinché la voce di D-i-o possa essere recepita in modo ottima-
le: la si possa, prima di tutto udire bene e, aspetto principale, la si possa
recepire quale essa è, Parola del D-i-o vivente. La cosa non è per nulla
scontata. Si esige tra l’altro, ma è importante, un tono di voce che si
elevi al di sopra del diffuso chiacchiericcio mondano. È necessario,
inoltre, preservare incontaminata la Parola nell’evitare accuratamente
che la sua proclamazione non diventi un’interpretazione arbitraria.
Sarebbe un grosso danno soprattutto per i credenti, che si vedrebbe-
ro depauperati di un bene sul quale hanno precisi diritti. I diritti dei
figli che possono e devono ascoltare la voce del Padre celeste.
Il culto cristiano s’innesta sull’esperienza orante d’Israel. Le diverse
forme d’orazione comunitaria e individuale del popolo ebraico sono
assunte come modello per le prime esperienze della preghiera che i
discepoli di Gesù hanno elevato al Padre e allo stesso Signore nella
forza dello Spirito santo. Il problema dell’identità religiosa non porta 29
ad escludere dalla liturgia cristiana i beni preziosi del culto israelitico,
culto che aveva visto attive le prime comunità formate prevalente-
mente da ebrei convertiti. Certo, non sono mancate reazioni di rifiu-
to per difendere l’immagine della nuova religione; così pure in ambito
giudaico sono state successivamente eliminate alcune formule di pre-
ghiera assunte dai cristiani e divenute pertanto possibile occasione di
confusione.
La liturgia della mensa ebraica e della cena pasquale, così come la pre-
ghiera dei pii israeliti che più volte il giorno si rivolgevano a D-i-o, sono
all’origine dei due ambiti cultuali d’estrema importanza nella nuova reli-
gione. In seguito ad un lungo processo di adattamenti e precisazioni sul
piano rituale, si avranno rispettivamente l’Eucaristia e la preghiera delle
ore, scandite queste ultime lungo l’arco dell’intera giornata e ancorate
alle due Ore principali: le lodi all’alba e i vespri al tramonto.
La celebrazione liturgica è in primo luogo una realtà spirituale, la si
vive nella forza dello Spirito prolungando nel tempo e nello spazio la
preghiera e l’azione di Cristo. Ciò non sottrae la liturgia alle categorie
della cultura contemporanea, anzi la colloca nella situazione sociale
quale fonte e culmine d’ogni pensiero e attività del credente. Questi
non può sottrarsi alla storia del luogo in cui vive e del quale assume il
linguaggio e gli atteggiamenti sociali. Il propagarsi del cristianesimo al
di fuori delle comunità di tradizione ebraica, il confrontarsi con nuovi
modelli culturali provoca un ripensamento a livello teologico e ritua-
le. Il nucleo centrale di matrice ebraica è elaborato e dilatato grazie
all’apporto di nuove categorie e abitudini attinte dal comportamento
religioso di altre culture. Basti pensare al contesto socio-religioso del
mondo ellenistico, alle scuole filosofiche dell’Urbe e, in seguito, al
mondo culturale dei popoli di estrazione culturale del tutto diversa
come le popolazioni germaniche. Non si può trascurare l’uso di nuove
lingue ed espressioni che di fatto sono normative per il pensiero e
aprono nuovi orizzonti di riflessione. Come l’ebraico e l’aramaico
cedono il passo al greco e poi al latino, così molte espressioni rituali
cristiane d’impronta semitica sono tradotte in gesti più familiari e
sono rese accessibili alle popolazioni che hanno una diversa sensibili-
tà, un diverso bagaglio di esperienze religiose.
L’operazione d’adattamento non avviene senza difficoltà. Talora certe
posizioni che in modo spontaneo coniugano passato e presente in un
luogo, in altri territori sono incomprese ed osteggiate. Un esempio: il
termine “madre di D-i-o” applicato a Maria di Nazareth. Per i teologi
di Antiochia l’espressione è una bestemmia; ad Alessandria d’Egitto, al
contrario, è la parola più appropriata che si possa riferire a Maria. La
spiegazione di questo contrasto è facile: il mondo egizio da secoli
aveva familiarità con la categoria “madre di D-i-o” perché applicata
nell’antica religione locale ad Iside. Altrove la medesima espressione
era fuori d’ogni logica e possibilità di comprensione razionale. Con il
tempo però è riuscita a prevalere la posizione alessandrina, tanto che
30 la stessa espressione figura nella più antica preghiera alla Madonna: un
canto che è stato tradotto anche in latino dove si trova in differenti
recensioni testuali e musicali nell’antifona Sub tuum præsidium oppure
Sub tuam misericordiam.1

La radicazione del cristianesimo nelle capitali della cultura tardo-antica


ha prodotto una diversificazione sul piano rituale che è all’origine di
molte famiglie liturgiche. La grande distinzione tra liturgie occidentali e
liturgie orientali, e anche le frazioni più particolareggiate di entrambi i
settori, evidenzia un’evoluzione rituale segnata da una duplice conno-
tazione:
- le liturgie di tutti i riti cristiani hanno alcuni elementi strutturali in
comune; tali elementi costituiscono dei punti essenziali sempre e
dovunque presenti, inalienabili.
- è lasciata alla piena libertà creativa d’ogni centro culturale/cultuale la
forma concreta grazie alla quale la liturgia si costruisce ed esprime.
Le liturgie occidentali – che finiranno per avere un comune denomi-
natore nella lingua latina – si sviluppano nei primi secoli intorno a
grandi centri urbani quali Cartagine in Africa; Roma, Milano, Aquileia in
Italia; Lione in Francia. Seguendo in tutto l’evoluzione della geografia
politica, nei secoli successivi si attiveranno altri poli: Benevento in
Italia, Toledo in Spagna, Magonza in Germania, Salisbury in Inghilterra.
Lungo i secoli e in tutti i territori dove giunge l’evangelizzazione cri-
stiana, la liturgia è sempre segnata da un equilibrio tra fissità delle
strutture fondamentali e variabilità delle forme espressive, tra univer-
salismo e particolarismo, tra nova et vetera.

1 In tutti i contributi di Giacomo Baroffio, gli esempi musicali sono stati curati e
trascritti da EUN JU KIM. 31
TEMPO DI D-I-O - STORIA DELL’UOMO

La liturgia cristiana – sempre ricalcando il modello ebraico – organiz-


za le proprie celebrazioni intorno alla Pasqua. Tale festa è riletta alla
luce degli eventi pasquali di Cristo morto e risorto, considerato dai
suoi seguaci il Messia, cioè l’Unto di D-i-o, il vero agnello pasquale
immacolato e sacrificato per la salvezza del mondo. La Pasqua cristia-
na diviene il giorno benedetto da D-i-o e cantato dal salmo 118 (117),
24. È il momento in cui si rivela in pienezza la misericordia onnipo-
tente del Padre che risuscita il Figlio e lo chiama nella gloria, lui la “pie-
tra angolare rigettata da costruttori, è divenuta testata d’angolo”
(salmo 118 [117], 22).
La celebrazione della risurrezione di Cristo il giorno dopo il sabato,
inaugura una nuova lettura del tempo che sarà d’ora in poi articolato
in periodi di sette giorni che iniziano la domenica (= giorno del
Signore [Dominus]), la Pasqua settimanale. Il lunedì, infatti, sarà consi-
derato il secondo giorno (feria II). La celebrazione annuale della Pasqua
è inserita quindi in una fitta intelaiatura costituita dalle memorie
domenicali con scadenza settimanale. Poco per volta si riprendono e
dall’ebraismo e dalla cultura popolare scadenze significative legate sia
a fatti religiosi sia a cicli stagionali o lavorativi agricoli (semina, messi,
vendemmia...).
Nel microcosmo dell’anno solare si proietta infine tutta la storia di
Gesù, dal concepimento grazie all’annuncio dell’angelo Gabriele (25
marzo) alla nascita (25 dicembre), dalla morte-risurrezione (Pasqua) al
dono dello Spirito che suggella la nascita della comunità ecclesiale
(Pentecoste). Saranno riprese in seguito anche alcune tematiche fon-
damentali della storia umana, quali l’opera della creazione e l’inizio del-
l’epopea cosmica (inni dei vespri nei vari giorni della set-
timana).
Il ciclo della Pasqua è per sua natura mobile, non
si celebra in una data fissa, ma dipende dal
calcolo della luna di primavera. Altre ricor-
renze liturgiche sono invece celebrate in
una data fissa, grazie a un lavoro siste-
matico di ricupero di eventi religiosi e
politici anteriori al cristianesimo, che
ora sono riletti e vissuti nella consa-
pevolezza del pieno compimento di
quanto gli antichi avevano intuito e
desiderato. Caso significativo è la fe-
stività di Natale. La festa del 25
dicembre s’innesta su una celebrazio-
ne pagana del sole invitto legata al
ciclo solare nell’inverno. Chi mai può

Murialdo, San Lorenzo, lunetta del portale:


particolare dell’affresco. Angelo musicante.
pretendere di essere la fonte inesauribile di luce, calore e vita se non
il nuovo sole, Cristo Gesù?

Acqui1, 10r: Introito Lux fulgebit Natale III

Celebrare l’itinerario di fede non è, tuttavia, un’operazione di poco


conto che si possa improvvisare lì per lì e che si possa esaurire in qual-
che cerimonia, pur suggestiva e coinvolgente. I grandi eventi spirituali
esigono un’intensa e prolungata preparazione. È pure necessario che
essi trovino un adeguato spazio di risonanza che permetta alla perso-
na di assimilare nel profondo del cuore ciò che si è celebrato sul piano
rituale. Di qui l’esigenza di inserire ogni grande solennità in un parti-
colare contesto.
Pasqua sarà preceduta da un periodo di preparazione che si assesterà
dapprima su una quindicina di giorni, poi sui quaranta (numero simbo-
lico!) giorni della quaresima; infine la stessa quaresima sarà introdotta
da un paio di settimane scandite dalle domeniche di settuagesima, ses-
sagesima e quinquagesima, simbolicamente 70, 60 e 50 giorni prece-
denti la domenica di risurrezione. Celebrata la Pasqua tuttavia, occor-
re riflettere sugli eventi di quel giorno semplicemente sconvolgente.
La riflessione non può limitarsi, tuttavia, a una speculazione intellet-
tuale; deve tradursi in un coinvolgimento totale della persona che,
morta nel battesimo con Cristo, con Lui è chiamata a rinascere a vita
nuova.
Anche qui non si tratta di decidere un qualche programma generico
di vita, bensì occorre lasciarsi portare dallo Spirito del Risorto per
divenire con la vita testimoni di una nuova realtà. Ecco allora che alla
Pasqua segue una prima settimana di forte risonanza; poi si struttura
un periodo complessivo di 50 giorni che culminano nel giorno con-
clusivo del tempo pasquale, la domenica di Pentecoste. 33
In modo analogo ci si è
comportati con il Natale.
Secondo le zone, la festa
invernale è introdotta da
un lasso di tempo scandi-
to da sei domeniche
(liturgia milanese, gallica)
o da sole quattro dome-
niche (Roma) che circo-
scrivono il periodo del-
l’avvento. Dopo la festa
del 25 dicembre c’è di
nuovo un periodo di riso-
nanza. Esso si stempera
nel tempo, quasi a descrivere dei cerchi concentrici che scandiscono
la settimana dopo il Natale (1 gennaio), il giorno delle manifestazioni
della divinità di Gesù (Epifania 6 gennaio: l’adorazione dei Magi, batte-
simo nel Giordano, nozze di Cana), l’ultimo giorno “natalizio” delle
consuetudini ebraiche con la presentazione al Tempio del primogeni-
to e la purificazione della puerpera (2 febbraio).
Il ciclo pasquale e quello natalizio costituiscono lo scenario di fondo
su cui si stagliano le celebrazioni delle memorie del Signore Gesù e
della domenica; si parla per tutte queste celebrazioni di “temporale”.
Ben presto la venerazione privata di persone integerrime, cristiani che
hanno testimoniato la fede sino all’effusione del sangue, suggerisce di
farne una memoria pubblica ufficiale. Il culto dei santi – eroi della fede
– permette di conoscere l’azione di D-i-o nella storia quotidiana e la
rivelazione incessante di nuovi aspetti di quella santità che è la “fisio-
nomia” stessa di D-i-o, tre volte santo. Parimenti lo stesso culto dei
santi è un modo per rendere grazie a D-i-o delle meraviglie che com-
pie completando, nella passione e nell’esistenza di tante persone, ciò
che manca ancora alla passione e alla santità di Cristo, la cui umanità,
autentica, era necessariamente limitata nel tempo, nello spazio e nelle
sue manifestazioni.
Già nel IV secolo si hanno testimonianze esplicite di una strutturazio-
ne ormai solida dell’anno liturgico, con un interessante e proficuo
intreccio tra temporale e santorale. L’attenzione pedagogica della
Chiesa porta ad elaborare tutta una serie di testi liturgici che aiutino
nella comprensione della vita spirituale, che rendano meno inaccessi-
bile il mistero di D-i-o. C’è pertanto un preciso programma di letture
bibliche che introducono il credente nella vita del Signore Gesù, non
per sapere qualcosa di più, ma per vivere in modo coerente la fede
accolta nel battesimo.

34
I TESTI DELLA TRADIZIONE LITURGICA
LA PAROLA DI D-I-O NEL TEMPO DELLA CHIESA
All’interno della liturgia delle Ore, e in particolare dell’ampia ora not-
turna (“mattutino” in passato, oggi “ufficio delle letture”), si fa ampio
spazio alla lettura della Bibbia e dei principali testi cristiani con chiari
fini didattici. In quest’ultima categoria rientrano le vite dei santi e i dis-
corsi o gli scritti teologici, che spesso riprendono commenti alla litur-
gia e alla Bibbia di antichi scrittori ecclesiastici, perlopiù vescovi quali
Agostino, Leone I, Giovanni Crisostomo e Gregorio I.
La Sacra Scrittura è letta secondo il principio della lectio continua. Essa
prevede la lettura quasi integrale della massima parte dei libri biblici in
conformità a un ordine che riflette una scelta dettata dalla particolare
situazione liturgica. Tale ordinamento, nelle sue scelte principali,
dovrebbe risalire ai primi secoli, e potrebbe essere stato fissato in
modo definitivo già tra il IV e il V secolo.
C’è una tradizione pressoché unanime e ininterrotta nelle fonti litur-
giche della Chiesa romana che ha assegnato all’avvento (tempo di pre-
parazione al Natale): Isaia e san Paolo; al tempo di Natale e
dell’Epifania (6 gennaio) con le settimane seguenti: san Paolo; al tempo
di settuagesima (la terza domenica che precede la quaresima): Genesi
e Pentateuco; alle ultime settimane di quaresima: Geremia; a Pasqua e
a tutto il tempo pasquale: Atti degli apostoli, lettere di san Giovanni,
san Pietro e san Giacomo. Dopo Pentecoste si leggono i libri dei Re,
in agosto: Proverbi, Qoelet, Sapienza e Siracide; in settembre: Giobbe,
Tobia, Giuditta ed Ester; in ottobre: Maccabei; in novembre: Ezechiele,
Daniele e i Profeti minori.
Questa precisa scelta delle letture bibliche
ha importanti riflessi sia nella tradizione Murialdo, San Lorenzo,
dei codici biblici, sia nell’elaborazio- lunetta del portale:
ne del repertorio musicale litur- particolare dell’affresco.
Angelo musicante.
gico. Le Bibbie, infatti, spesso
ordinano la successione dei
libri secondo la collocazio-
ne che gli stessi libri hanno
nelle celebrazioni. In cam-
po musicale c’è una vasta
produzione di brani per
la liturgia delle Ore
(responsori per il mattu-
tino e antifone per i
cantici evangelici alle
lodi e ai vespri), il cui
testo è tratto dai libri
liturgici che si leggono
in quel determinato pe- 35
riodo o giorno. Interessante è l’elaborazione dei responsori che danno
origine a delle narrazioni che compendiano l’epopea biblica di impor-
tanti personaggi quali Noè, Giacobbe, Giuseppe: nel medioevo una
serie omogenea di responsori biblici ha avuto il significativo titolo di
“Historia”. Questi brevi racconti – nei quali ogni canto è una puntata
della narrazione biblica – servirà da modello per analoghe “storie”
che hanno come protagonisti i santi.
Il ciclo liturgico delle letture bibliche nella Messa, quale appare nelle
fonti medioevali, ha avuto origine da una prima organizzazione di
materiale paolino nel secolo IV, ed è stato fissato nelle sue linee defi-
nitive all’inizio del VI secolo. Si prevede dall’avvento alla quaresima: san
Paolo; in quaresima: san Paolo, Isaia, Ezechiele, Re, Esther, Pentateuco,
Giona, Daniele…; a Pasqua: gli Atti degli apostoli; nel tempo pasquale:
le lettere di san Giovanni, san Pietro e san Giacomo; nel tempo ordi-
nario dopo Pentecoste: san Paolo.
Come si vede, i due cicli liturgici della liturgia delle ore e della Messa,
hanno alcune sezioni della Bibbia in comune e s’integrano a vicenda.
Un ulteriore arricchimento delle letture bibliche si ha nella tradizione
monastica che prevede la lettura della Bibbia anche a refettorio, il che
permette di supplire alla lacune lasciate dalle celebrazioni liturgiche.

LA PAROLA DELLA CHIESA NEL TEMPO DEGLI UOMINI


C’è un altro genere letterario all’interno delle celebrazioni: sono le pre-
ghiere (eucologia) che elaborano un disegno teologico particolareggiato,
sminuzzando le verità di fede in modo da renderle accessibili ai fedeli, con
un insistente richiamo all’assoluto di D-i-o (onnipotente, misericordioso,
eterno...). Lungo il corso dell’anno – secondo il momento peculiare del
tempo liturgico (avvento, Natale...) – si approfondisce la condizione del
cristiano che vive nel mondo, ma non è del mondo, che è immerso nel
visibile e tangibile, ma si protende verso l’invisibile e porge l’orecchio del
cuore all’ascolto dell’Ineffabile, vive qui concretamente radicato nel
sociale, ma è pur sempre pellegrino in cammino verso la patria da cui è
stato esiliato con la scacciata di Adamo ed Eva dal giardino paradisiaco.
Ecco allora le orazioni – in particolare quelle della celebrazione eucari-
stica – che tentano di ricomporre gli equilibri, aiutano a cogliere l’attimo
storico, rivelano cammini inediti di impegno nella fede, nella speranza e
nella carità affinché il singolo e la comunità intera siano “testimonianza
viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace”.
Le preghiere della Messa, raccolte in libelli e, successivamente, nei sacra-
mentari, si articolano in varie tradizioni che idealmente sono messe in
relazione con grandi figure magisteriali della Chiesa romana. Così si
parla di particolari scelte che si riferiscono a papa Leone I, Gelasio e
Gregorio il Grande (Gregorio Magno), tramandate dalle rispettive rac-
colte dei sacramentari leoniano (o di Verona), gelasiano e gregoriano.
36
IL REPERTORIO MUSICALE: CANTO DELLA FEDE
La liturgia, infine, risuona di canti. La massima parte dei testi messi in
musica nel repertorio gregoriano sono tratti dalla Bibbia e, in larga
misura, dal salterio. È Parola di D-i-o attualizzata, assunta come pre-
ghiera da un popolo in cammino che si sente spesso stanco, appesan-
tito dalle fatiche e dalle delusioni. I testi dei canti non propongono
enunciati teologici elaborati concettualmente. Sono piuttosto dei bal-
bettii che in modo frammentario lasciano affiorare dal profondo del
cuore ciò che la persona vive nell’abisso della propria esistenza, in
quella camera recondita dove è possibile incontrare D-i-o. Il canto
liturgico è l’eco di un incontro che lascia senza parole. Per tale moti-
vo l’orante riprende le espressioni del salmista, le rivive nel giubilo e
nella sofferenza, nell’angoscia e nella luce di una speranza rinnovata.
La preoccupazione precipua dei maestri cantori nell’elaborare il
repertorio musicale non era quella di creare un pezzo nuovo di musi-
ca, bensì di dare voce a un’esperienza ecclesiale, nella consapevolezza
che il vero protagonista dell’azione liturgica rimane il Signore Gesù in
dialogo con la Chiesa, sua sposa. Al cantore che improvvisa e compo-
ne un brano liturgico si chiede di entrare nel vivo di un’esperienza che
trascende la sua individualità personale per assurgere a una dimensio-
ne comunitaria. A queste condizioni il pezzo liturgico può divenire
espressione viva e vera di un’esperienza ecclesiale. Questo processo
potrà sembrare difficile, forse assurdo, ma è il risultato di un cammino
di interazione tra lo Spirito di D-i-o, la comunità e il cantore.
Il canto nella liturgia non è esibizione di particolari doti compositive, né
palestra di virtuosismi vocali e neppure occasione per gustare una
musica esotica. Il canto è semplicemente rivelazione di un incontro tra
D-i-o e l’uomo, tra la Parola e il cuore in ascolto. Paradossalmente la
musica nella liturgia è tanto più vera, quanto maggiore è la sua abilità a
scomparire totalmente dalla scena, quanto più essa lascia trasparire la
Parola di D-i-o rivelandone significati reconditi altrimenti inaccessibili.

Padre nostro nella recensione romana

37
La stessa Parola di D-i-o – ad esempio, il Padre nostro – ha risonanze
differenti condizionate, e parimenti liberate, dalle diverse situazioni in
cui tale Parola risuona: a Natale dice cose proprie del Natale che non
si percepiscono a Pasqua, nel corso di un’esistenza quella Parola dice
cose diverse quando la si ascolta da ragazzi o da adulti. L’anno liturgi-
co crea una condizione d’ascolto in continua modificazione che esige,
di conseguenza, una disponibilità del cuore conforme alla lunghezza
d’onda del tempo. Si vive sempre con determinate sottolineature spi-
rituali, emotive e razionali quali la liturgia e la vita sociale suggerisco-
no di volta in volta.

Padre nostro nella recensione ambrosiana

38
IL CANTO
GREGORIANO
di Giacomo Baroffio

Millesimo, Santa Maria extra muros.


Particolare degli affreschi.

PAROLA DI D-I-O – PREGHIERA DELL’UOMO


A SCANSO DI EQUIVOCI: UNA PREMESSA

Se leggiamo una storia della liturgia o un manuale relativo alla musica


medioevale, troviamo molte notizie relative al canto gregoriano,
apprendiamo nomi di persone impegnate nella redazione di repertori
e di libri liturgici. Dalla lettura di qualsiasi testo sul medioevo musica-
le sembra che si sappia quasi tutto e che ogni particolare sia chiaro.
Purtroppo non è così. Lo stato concreto delle nostre conoscenze
richiamano un’immagine per certi aspetti drammatica: a proposito dei
repertori musicali delle antiche liturgie latine possiamo immaginarci di
poter fare affidamento soltanto ad una zattera – su cui sono affastel-
late alcune ipotesi – alla deriva in un vasto oceano di ignoranza, di non-
conoscenze. Quello che si scrive a proposito di musica medioevale
non è, infatti, una storia della musica medioevale paragonabile alle sto-
rie dei consoli e degli imperatori romani o delle dinastie medioevali
dai carolingi fin su agli Stauffer. Per quanto riguarda il fenomeno musi-
cale, la storia si limita a ricostruire alcuni ambienti (chiese, monasteri,
corti, spazi sociali) in cui inserire le testimonianze “musicali” supersti-
ti. Ma queste ultime sono soltanto piccoli pezzi frammentari, in pro-
porzione infinitamente ridotta rispetto al patrimonio librario e alla
vita liturgica e musicale delle varie epoche. Fatto da non trascurare, la
musica si realizzava in un contesto prevalentemente di tradizione
orale dove i libri scritti erano relativamente pochi e d’importanza rela-
tiva.
Quelle che conosciamo sono storie musicali ricostruite sulla base
assai precaria di testimonianze minime e sopravvissute, nella maggior
parte dei casi, per pura casualità. Inoltre nel nostro campo occorre
tener presente due fatti gravidi di conseguenze per il musicologo sto-
riografo: in primo luogo è bene ricordare che i libri con musica non 39
I CANTI
DELLA MESSA
erano libri di musica in senso moderno: a
parte gli errori dei copisti, le melodie
I canti della Messa sono distinti
in due categorie: i canti del
scritte non sempre riflettono la musica
Proprium Missæ e quelli realmente cantata o suonata.
dell’Ordinarium Missæ. In secondo luogo la musica non la si
I canti della prima categoria ritrova più nella pagina scritta: quest’ulti-
hanno i testi propri e spesso ma è soltanto una traccia che non ci per-
esclusivi per ogni singola cele- mette di ascoltare quella musica in quan-
brazione (ad esempio, Pasqua, to espressione di una particolare cultura.
Pentecoste) o gruppi omogenei di
celebrazioni (ad esempio, le
Non riusciamo a risentire quelle melodie
Messe nelle feste degli apostoli, con tutta la carica emotiva – o anche con
dei martiri). I canti del- il vuoto interiore e lo sgomento – che ha
l’Ordinarium Missæ hanno creato l’ambiente in cui quelle musiche
sempre il testo invariabile. sono state create ed eseguite. In poche
Cerchiamo di caratterizzare bre- parole: le nostre ricostruzioni storiche
vemente i singoli canti secondo il sono castelli traballanti di ipotesi; le
rito romano quale è testimoniato nostre esecuzioni di musica medioevale
nella tradizione medioevale
dell’Italia settentrionale: più che permetterci di ascoltare la musi-
ca del passato, ci fanno sentire le nostre
ricostruzioni, ciò che secondo noi era
PROPRIUM MISSÆ tale musica, senza la minima possibilità di
avere una conferma.
Accoglienza del vescovo: il La problematica al riguardo è assai com-
canto con cui si accompagna il plessa. Mentre un dipinto ha bisogno sol-
vescovo che giunge in una chiesa
o in un monastero per celebrare tanto di un osservatore dal momento
l’Eucaristia. E’ un brano raro che esso esiste e parla attraverso i tratti
nelle fonti, ma si trova in del disegno ed i colori, la musica ogni
Piemonte (a Intra sul Lago volta necessita non solo di un uditore
Maggiore) ancora all’inizio del attento e rispettoso, bensì anche di un
secolo XII. La struttura di queste esecutore. Si può applicare alla musica,
melodie è perlopiù ciclica, con la con i dovuti adattamenti, ciò che Mark
ripetizione di una frase musica-
le, alternata eventualmente da Rothko scriveva nel 1947: “Il dipinto non
un ritornello. Lo stile è sillabico, può vivere nell’isolamento. Ha bisogno
prevede grosso modo una sola dello sguardo di un osservatore sensibile
nota su ogni sillaba del testo. per potersi ridestare e sviluppare. Senza
quello sguardo il dipinto muore. Ogni
Introito: all’inizio della Messa il volta che ci si congeda da un’opera e la si
presidente dell’assemblea e i consegna al mondo si compie un gesto
ministri partono dalla sacrestia
per giungere all’altare. Durante rischioso e spietato. Quante volte il
il tragitto si canta l’introito che nostro dipinto sarà irrimediabilmente
nel rito romano è costituito da offeso dallo sguardo volgare o crudele di
un breve canto (antifona) inter- coloro che vogliono riempire l’intero uni-
calato dai versi di un salmo. Il verso della loro meschinità, della loro
canto si adattava alla lunghezza impotenza” (Marcus Rothkowitz, Scritti).
variabile del rito aggiungendo Importante sarebbe anche una riflessione
un numero di versi salmodici
fino a coprire l’intera durata
della processione d’ingresso e dei
riti iniziali all’altare come l’in-
sul luogo in cui risuona la musica e, in
specie, il canto gregoriano.
La nostra ignoranza esige di essere col-
mata da studi seri e sistematici che, no-
nostante oltre un secolo di ricerche gre-
goriane, sembrano essere sempre agli
inizi. Continuano a spuntare domande
che non trovano risposta, alcune “certez-
ze” sono messe periodicamente in dis-
cussione da nuovi ritrovamenti. Sono
benemerite le diverse “storie della musi-
ca” che offrono una sintesi e che fanno il
punto della situazione. Ma è chiaro che ci
troviamo ancora in una fase pionieristica
dove c’è bisogno soprattutto di analisi e di studio minuzioso dei Acqui, Cattedrale,
particolare del
tanti tasselli di un immenso mosaico formato da migliaia di codi- portale del
ci e frammenti liturgico musicali ammassati nel tempo e ancora Pilacorte (1481).
pressoché tutti di scoprire. San Gregorio.

GLI INIZI DEL CANTO LITURGICO


Dopo questa premessa, sembrerà temerario affrontare l’argomento
“canto gregoriano” anche perché i problemi fondamentali della sto-
riografia gregoriana non trovano altre soluzioni che alcune ipotesi di
lavoro. Una domanda di fondo riguarda l’origine del canto nella litur-
gia. Qual è il motivo principale per cui ci si è messi a cantare o a suo-
nare durante le celebrazioni delle primitive comunità cristiane? Una
risposta sembra ovvia: la liturgia cristiana alle origini della vita eccle-
siale era una ritualità mutuata dall’ebraismo e pertanto anche la musi-
ca è entrata in Chiesa perché era familiare nelle celebrazioni del tem-
pio e delle case dei pii ebrei. Questa risposta non risolve il problema,
ma lo rimanda semplicemente nel tempo perché c’è da chiedersi, allo-
ra, come mai gli Ebrei 2000 anni – o quando mai sia stato – prima del-
l’era volgare si siano messi a cantare durante i riti liturgici.
Non rimane il resoconto di quanto è avvenuto, ma l’ipotesi più atten-
dibile fa pensare che il canto sia stato introdotto per onorare la Parola
di D-i-o, fonte della vita spirituale nella comunità dei credenti. Onorare:
non tanto in senso di rendere solenne la Parola e di riconoscerne il
primato e l’importanza, quanto nel senso di un profondo rispetto.
Parola pertanto ineffabile che squarcia il velo del mistero e permette
di ascoltare nel silenzio la voce di D-i-o. Parola la cui profondità non
è espressa dalle parole bensì dal silenzio dilatato e reso vivo dai colo-
ri della musica. Parola che grazie alla musica è sottratta all’arbitraria
mediazione umana che fa di ogni suo lettore un interprete, un ponte
di congiungimento ma anche una barriera insormontabile che nascon-
de e annulla la Parola nel brulicare delle chiacchiere. 41
censazione. La melodia dell’introi-
to è leggermente fiorita: molte sil-
labe presentano abbellimenti di
piccoli gruppi di note, da tre a cin- Ad un certo momento nella liturgia la
que. musica si ritrova di casa: umile ancella
Responsorio graduale: canto di della Parola ne condivide il fulgore fasci-
risposta dopo l’ascolto della noso. Il canto allora davvero in-canta e
(prima) lettura che precede il apre all’orante le porte della contempla-
Vangelo. Il responsorio era in ori- zione, della comunione con Dio. Il fattore
gine un salmo cantato da un soli- scatenante che ha dato origine alla musi-
sta sui gradini (gradus), al quale ca sacra sarebbe quindi un’esperienza
l’assemblea rispondeva con un’ac- mistica, il che non esclude altre con-cause
clamazione. Il canto si è sviluppa-
to in una forma tripartita (più o quale, ad esempio, la necessità di procla-
meno come la moderna forma mare la Parola con una sonorità ricca di
sonata della musica colta occiden- armonici in modo da far correre la voce
tale che ha nel responsorio grego- in ampi spazi e raggiungere così una cer-
riano un antico progenitore): chia più vasta di ascoltatori. È significativo
responso - verso - responso. La il fatto che nella vita liturgica del passato
melodia presenta ampi vocalizzi non c’era Parola senza musica e, in un
(melismi) che rendono la musica
tra le più affascinanti, ma anche certo senso, non c’era musica se non con
più difficili del repertorio. Il la Parola.
responso di solito si muove in un Le origini del canto liturgico in Israel e la
ambito grave cui si contrappone il sua diffusione nel cristianesimo sono
verso cantato all’acuto dovute quindi probabilmente alla capacità
della musica di fare emergere dal testo
Tratto: deriva dal canto integrale biblico una risonanza che il semplice par-
di un salmo proposto da un canto-
re senza nessun intervento del- lato non è in grado di esprimere. Ogni
l’assemblea (salmodia diretta- parola umana – e ciò vale anche per la
nea). Le linea melodica propone Parola di D-i-o – solo attraverso il canto
una formula salmodica ricca di dice tutta se stessa, rivela le sfumature più
abbellimenti di media lunghezza. recondite di un messaggio esistenziale
Questo canto interlezionale è che non può essere percepito con la sola
stato sostituito dall’alleluia tran- logica razionale, ma che esige un ascolto
ne che nel tempo di quaresima,
periodo penitenziale in cui non è
gratuito e un abbandono disarmato di
possibile cantare i brani alleluia- ogni resistenza e prevenzione. La musica è
tici. la guida che introduce nelle profondità del
mistero della persona umana e di D-i-o,
Alleluia: è l’acclamazione per che permette di vivere una sintonia reale
eccellenza che riprende un’espres- con persone che parlano linguaggi diversi
sione ebraica (“lodate D-i-o”). Nel in superficie – diversità di vocaboli, suoni,
rito romano il brano è costituito
dalla parola alleluia con un lungo
costruzioni sintattiche e ancora altro –,
vocalizzo (questo melisma si chia- ma identici nella natura profonda, la
ma iubilus) sulla sillaba finale. comunione nell’amore. Come uno sguar-
Segue un verso molto fiorito che do, in certe condizioni di familiarità, non
spesso si conclude con il medesi- ha bisogno di parole per essere compre-
mo iubilus. Dopo questo verso si so, così pure la musica che nasce da un
canta di nuovo l’alleluia iniziale. cuore parla direttamente a un altro cuore
Nel rito milanese il vocalizzo
nella ripetizione dell’alleluia è
in ascolto.
molto più ampio del primo: Nel mondo liturgico l’esperienza musica-
entrambi sono denominati melo- le si colloca a livello di “obbedienza” nella
diæ primæ e melodiæ secundæ e
possono comprendere alcune centi-
naia di note.

fede: le melodie cantate o suonate, che Sequenza: tra la fine dell’VIII


accompagnano un testo o sono prive di secolo e l’inizio del secolo IX in
terra franca s’iniziano a cantare i
parole, sono sempre voce della fede. D-i- vocalizzi sottoponendo alle singole
o crede nell’uomo e gli comunica il suo note le sillabe di un testo composto
amore materno/paterno. La persona appositamente. Con tale procedi-
umana crede in D-i-o e, con gioioso timo- mento era più facile ricordare le
re e audace tremore, si mette in ascolto. lunghe melodie tramandate senza
È vero che la comunicazione più profonda testo. Nella forma classica e più
e vera si realizza nel silenzio orante; ma la diffusa, la sequenza è un canto
strofico che procede con le strofe a
musica rivela appunto le profondità abis- coppia ([a] bb cc ... [z]).
sali e le altezze vertiginose di tale silenzio.
Nel silenzio si staglia la Parola in un sus- Ante evangelium: breve canto
seguirsi continuo di parole e silenzi, di d’introduzione al Vangelo che in
proposte e risposte. Le parole fanno spa- Italia sembra diffuso particolar-
zio alla Parola percepita nella fede, il canto mente nel Settentrione dove s’in-
diviene incanto. contra ancora nel XIII secolo nel-
l’abbazia di Bobbio.
In questo orizzonte cultuale si costruisce
la cultura musicale liturgica: brani semplici Offertorio: questo canto ac-
e melodie complesse, pezzi rigidamente compagna i riti della presentazio-
sillabici e vocalizzi esuberanti nei quali ne dei doni eucaristici e presenta
centinaia di note si rincorrono in un vor- una storia travagliata. Nella tradi-
tice che purifica le parole lasciando zione sono presenti due filoni
decantare tutto ciò che è estraneo al lin- caratterizzati da un unico canto
guaggio di D-i-o. A cominciare dai tanti oppure dallo stesso canto accom-
pagnato da una serie di versi.
pensieri ben cesellati da una logica che Dopo il secolo XII praticamente i
sembra coerente, mentre spesso con la versi scompaiono e rimane quel
sua rigidità soffoca l’amore e la vita. La solo unico canto chiamato antifo-
musica nella liturgia è ancorata alla Parola, na. In realtà nella sua forma evo-
ma se ne libera, liberando anche la stessa luta si tratta della prima sezione
Parola dai vincoli e dagli abusi cui le paro- (responso) di un responsorio molto
le sono sottomesse dal logorio di un esteso, con un grande sviluppo
melodico e una dilatazione pro-
eccessivo e non sempre appropriato uso gressiva del materiale musicale.
quotidiano.
Ciò spiega come mai nel repertorio litur- Canto di frazione: breve canto
gico convivono, come si è detto, brani che accompagna il rito della fractio
totalmente diversi nella forma e nello panis, azione che prima di san
stile. Nella piena maturità, raggiunta nella Gregorio Magno era collocata tra
seconda metà del secolo VII, nel canto la preghiera eucaristica e il Padre
nostro.
liturgico romano – quello che sarà perfe-
zionato in seguito e chiamato canto grego- Antifona di comunione: è il più
riano – le melodie vivono in perfetta sim- semplice canto della Messa ed è
biosi con l’organismo liturgico di cui sono eseguito durante la processione
parte viva. Ad ogni momento delle cele- dei fedeli che si accostano al ban-
brazioni corrisponde un canto con speci- chetto eucaristico. Dal momento
fici attributi formali e stilistici che lo che questa azione ha durata varia-
bile, nel medioevo era prevista la
distinguono da tutti gli altri brani che modalità della salmodia antifona-
assolvono funzioni diverse. La bellezza del ta, come nel caso del canto d’in-
gresso.
ORDINARIUM MISSAE

Asperges me e Vidi aquam: sono


due antifone intercalate rispetti-
vamente con il salmo penitenziale repertorio vocale gregoriano è la sua
(a Roma) Miserere e quello pas-
quale Confitemini. Si cantano struttura organica nella complementarie-
prima della Messa durante la tà degli elementi che lo costituiscono.
benedizione dell’acqua lustrale. Tutto tende alla realizzazione di quella
persona mistica che è la Chiesa in pre-
Kyrie eleison: formula greca ghiera. Azione liturgica, testi biblici e di
(“Signore, misericordia”). Nella produzione ecclesiastica, prosa e poesia,
liturgia può essere musica e silenzio si intrecciano e raggiun-
a) l’inizio di una litania;
b) ciò che resta di una lunga pre- gono la pienezza di significato nel momen-
ghiera litanica. Si canta all’inizio to in cui le singole parti si fondono per
della Messa e fino al concilio vati- lasciare spazio alla fede: gesti, parole,
cano II era costituito da nove invo- musiche quasi non esistono più; non gal-
cazioni al Signore Gesù: tre Kyrie, vanizzano più l’attenzione del cuore oran-
tre Christe e tre Kyrie. te che è rapito in un anticipo della visione
che è comunione con D-i-o nel profondo
Gloria in excelsis: canto festivo
adattato dal greco in cui si lodano
del cuore, in quel giardino interiore dove
D-i-o Padre, Figlio e Spirito Santo. si ritrova se stessi, i fratelli e D-i-o.
Giardino perché abbellito dai colori
Credo: professione di fede cristia- variopinti dei suoni, dalle diverse presen-
na, è entrato nella messa di rito ze di quanti esprimono la fede secondo le
romano verso il 1015. proprie categorie culturali e spirituali.
È questa la prospettiva che spiega il per-
Sanctus: acclamazione di origine
biblica (trisagio del profeta Isaia 6,
ché ci sia stato per secoli un impegno
3 + Mattteo 21,9). Dal IV secolo si assiduo e forte nel costruire un reperto-
canta anche nella Messa dove con- rio di migliaia di brani musicali: l’ascolto
clude il prefazio. attonito della Parola è stato una provoca-
zione continua a dare una risposta sem-
Agnus Dei: è entrato nel rito pre in sintonia con quanto si ascoltava; e
romano alla fine del sec. VII, pro- nel rispondere si è attinto ad ogni mezzo
babilmente anche per arginare il comunicativo senza essere vittime di
movimento iconoclasta e ribadire
la posizione ortodossa della Chiesa schemi angusti, ma aprendosi all’aiuto che
romana. Canto che all’inizio man mano poteva provenire dalle varie
accompagnava la frazione del esperienze estetiche e religiose delle
pane, nei Paesi germanici è dive- popolazioni che, nel corso dei secoli, sono
nuto un canto di comunione. state coinvolte nella corsa gloriosa della
L’Agnus Dei è costituito dalla tri- Parola di D-i-o.
plice invocazione: Agnus Dei, qui
tollis peccata mundi, miserere
nobis (III volta: dona nobis
pacem). Nelle Messe dei defunti si L’EVOLUZIONE DEL CANTO TRA
conclude con dona eis requiem. IMPROVVISAZIONE ORALE E
Benedicamus Domino: formula FISSAZIONE SCRITTA
usuale di congedo al termine della
Messa. Il laborioso e lungo processo di creazione
e elaborazione redazionale del repertorio
Ite missa est: formula di congedo musicale è avvenuto all’interno della tra-
al termine delle Messe in cui si è
cantato il Gloria in excelsis.
dizione orale. Nel corso del tempo c’è

GB
stato un movimento che ha
paralleli nella trasmissione
delle preghiere. Canto e
preghiere presentano un
momento di creatività (II-IV
secolo), una fissazione –
orale o scritta poco impor-
ta – ancora relativa e su-
scettibile di modifiche, in
parte profonde, con la presenza simul-
tanea di lezioni alternative (secoli IV-VI). In seguito Acqui Terme,
c’è la fissazione rigida che progressivamente esclude ogni Biblioteca del
intervento di libera rielaborazione del nucleo centrale del Seminario, ms. 1,
repertorio (XI-XII secolo). La creatività trova spazio soprattutto c. 1r.
nella composizione di brani per nuove feste e nell’elaborazione di
nuove forme quali sono i tropi e le sequenze. A una grande fluidità sti-
listica originaria, che man mano diminuisce sino a scomparire del
tutto, subentra una rigidità esecutiva che fa pensare talora ad un’os-
servanza della lettera che soffoca lo spirito. In parte questo fatto è da
attribuirsi alla fissazione per iscritto del repertorio e alla cessazione di
una qualsivoglia forma d’improvvisazione. Conservato nella pergame-
na e tramandato solo per iscritto, il canto liturgico rischia di annullar-
si in un atto di mera esecuzione ripetitiva. Esso esige invece di essere
ricreato dal cantore che a tutti i livelli – spirituale, vocale, interpreta-
tivo – è molto più di un semplice riproduttore sonoro di un testo
scritto o imparato a memoria dalla tradizione orale.
I musici liturgici possono essere paragonati ai pittori delle sante icone,
tutti protesi a fare risaltare la presenza sacramentale di D-i-o nel
tempo. Nel caso della musica liturgica, la melodia è un vero segno
sonoro che rende presente D-i-o mentre rivolge la Parola di vita al
suo popolo. Il compositore di brani liturgici non pretende scrivere
sempre nuove melodie per ogni nuovo testo. Ci sono alcune norme
cultuali e musicali da rispettare, quali, ad esempio, la funzione di un
brano in un preciso momento di una particolare azione liturgica. È evi-
dente, infatti che un canto d’ingresso della Messa non è uguale al
canto di congedo della liturgia delle Ore, ma non è neppure parago-
nabile agli altri canti della Messa quali il responsorio graduale o l’alle-
luia. Non solo: l’introito di Natale non ha la stessa risonanza spiritua-
le di quello di Pentecoste; non si può dimenticare l’incidenza dell’anno
liturgico nell’elaborazione del repertorio musicale e nell’esperienza
spirituale.
Ogni momento di qualsivoglia azione liturgica ha una sua precisa con-
notazione e funzione. Ciò si riflette nel corrispondente canto che pre-
senta delle peculiarità proprie. Il cantore, inoltre, è chiamato a espri-
mere in musica un’esegesi del testo biblico, il cui genere letterario
pone senz’altro dei vincoli, ma suscita anche suggestioni feconde per 45
l’ispirazione melodica. Sul piano strettamente musicale, infine, il musi-
cista rispetta la forma e lo stile proprio del canto che è chiamato a
creare o ad eseguire. Scelta una determinata modalità, occorre rispet-
tarne la struttura che esige la sottolineatura di determinate note,
mentre altre note servono unicamente da raccordo e abbellimento.
Tutto ciò costituisce un fitto sistema di coordinate da rispettare in
modo rigoroso, ma nulla toglie all’atto creativo del cantore che
improvvisa una sua elaborazione dell’idea musicale. Sotto certi aspet-
ti, essa è inedita, unica ed irrepetibile. L’improvvisazione ha sempre un
qualcosa di imprevedibile, è vissuta nella gratuità. Si costruisce senza
nessun calcolo e può essere realizzata unicamente nell’abbandono
all’ispirazione, in questo caso il soffio dello Spirito.
In questo processo ha forse giocato un ruolo di primo piano un insieme
di fattori culturali “occidentali”. Altrimenti non si riuscirebbe a compren-
dere come mai negli ultimi secoli il canto gregoriano sia divenuto sem-
pre più rigido, mentre in altri ambiti, soprattutto in quello ebraico, anco-
ra oggi è viva la tradizione cantoriale dell’improvvisazione.
Nei primi secoli della scrittura musicale liturgica (secoli IX-XI/XII), i codi-
ci non servivano affatto per leggere le melodie durante l’esecuzione; essi
erano dei sussidi da usarsi sporadicamente più che altro a livello didatti-
co. Ciò significa che in gran parte la trasmissione scritta doveva neces-
sariamente convivere con la tradizione orale: senza quest’ultima, ogni
scrittura musicale era semplicemente incomprensibile, inutile, assurda.
Più tardi, dal secolo XII o XII/XIII la scrittura ha assunto una funzione
importante nella trasmissione del repertorio, ma non nell’esecuzione dei
canti. In realtà, anche in epoca recente (secoli XV e XVI), i libri con musi-
ca fondamentalmente non sono stati utilizzati quali libri di musica.
I cantori avevano sì di fronte un libro corale, ma esso almeno in alcu-
ni luoghi – per non arrischiare a dire sempre e ovunque – servivano
più che altro come guida che indicava con precisione i brani da ese-
guire che erano disposti secondo l’ordinamento dell’anno liturgico.
Sotto il profilo musicale, gli stessi codici servivano soltanto perché
indicavano all’incirca il movimento della melodia. Da essi, vale a dire
dai manoscritti, non si attendeva nulla di più. In realtà i cantori erano
educati ad inserirsi in una tradizione orale viva che continuava a dif-
fondersi e ad affermarsi grazie all’esperienza didattica vissuta da mae-
stri e discepoli all’interno di una scuola.

IL PATRIMONIO MUSICALE
Una domanda che ci si pone di fronte al repertorio liturgico, un patri-
monio musicale che conta alcune migliaia di brani, riguarda le tecniche
di composizione utilizzate per creare tale ricchezza e la capacità di
gestirla, tenendo presente il fatto che tutto – cioè la creazione di
nuove melodie e la loro conservazione – avveniva senza l’aiuto della
46 scrittura, bensì soltanto con il sostegno della memoria.
È indubbio che i cantori medioevali abbiano avuto una capacità d’im-
provvisazione e di memorizzare notevole, paragonabile a quanto oggi
accade ancora, ad esempio, nel contesto vivo della musica indiana e dei
compositori-improvvisatori di raga. Nell’elaborazione del repertorio
liturgico musicale, il problema è stato affrontato sin dagli inizi mediante
l’uso di particolari tecniche di composizione. D’originale c’era sempre il
testo, anche se un medesimo versetto biblico o un brano di tradizione
ecclesiastica poteva avere diverse applicazioni nelle celebrazioni liturgi-
che. Per le musiche hanno avuto gran rilievo le composizioni che, alme-
no in parte, aiutavano lo sforzo mnemonico riducendo in modo notevo-
le lo sforzo dei com-positori sia nell’atto creativo, che nella trasmissione
del repertorio. Le più antiche tecniche compositive riducevano, di fatto,
il numero delle melodie che occorreva tenere a mente.

ALCUNE TECNICHE DI COMPOSIZIONE


Prima di leggere la storia del canto gregoriano, cerchiamo di chiarire
alcuni elementi della preistoria della musica liturgica nell’Occidente
latino. Il lavoro non è facile anche perché ci troviamo di fronte a una
situazione perlomeno curiosa. Parliamo di preistoria, ma i dati su cui
fondiamo le nostre osservazioni sono tratti già dalla storia, cioè dal
repertorio posteriore, quello gregoriano appunto. D’altra parte esso è
l’unico punto fermo, da integrare tuttavia con informazioni che si pos-
sono attingere da altri settori quali l’etnomusicologia, le discipline
umanistiche e tutti i segnali della vita cultu-
rale e religiosa.
a) Punto di partenza della produ-
zione musicale liturgica è stata la
cantillazione biblica. Il termine
designa una linea melodica relati-
vamente sobria che solitamente
si muove compiendo un arco
musicale (dal basso all’acuto e, di
nuovo, al basso) che si estende
per la lunghezza di un periodo
del testo, corrispondente all’in-
circa ad un versetto delle edi-
zioni moderne delle sacre
Scritture. Nella cantillazione
sono previste alcune sezioni
musicali che corrispondono
all’inizio del testo (formula
musicale d’intonazione), alla
parte centrale (corda di reci-
ta) e alla conclusione (caden-
za). Nel caso di periodi lun- 47
Bastia, San Fiorenzo, Inconorazione di Maria,
particolare dell’affresco. Angeli musicanti.
ghi, il testo si articola in segmenti distinti da alcu-
ne particolari flessioni della voce (flexa, cadenza
mediana).
Lo schema generale della cantillazione si applica a
tutti i testi biblici; in seguito sarà esteso a tutte le
letture liturgiche, anche quelle patristiche ed agio-
grafiche. L’elemento variabile è costituito dallo stile
e dall’impianto melodico. Lo stile può essere sillabi-
co (una nota per ogni singola sillaba), fiorito (alcu-
ne note per sillaba) o addirittura melismatico
(molte note su alcune sillabe importanti). La scelta
dello stile riflette il grado di solennità della celebra-
zione: in un giorno feriale si preferisce uno stile sil-
labico; nelle grandi solennità, al contrario, le melo-
die sono esuberanti e presentano fioriture partico-
lari. Da tener presente che in ambito cristiano, nel
repertorio gregoriano, la cantillazione non è meli-
smatica, ma al massimo fiorita. La melodia cambia
secondo vari parametri: il grado di festività, senz’al-
tro, ma anche la tipologia letteraria. Ad esempio,
per la Messa, ci sono dei toni di lettura esclusivi per
Murialdo, San Lorenzo, i brani dell’Antico Testamento, altri per l’epistola
particolare degli affreschi neotestamentaria, altri ancora per la proclamazione
della sagrestia.
Re Davide col salterio. dei Vangeli.
È evidente che il cantore poteva improvvisare
creando nuove strutture melodiche anche per la cantillazione: doveva
tuttavia tener conto della propria tradizione musicale e dei principi fon-
damentali che caratterizzano tale impianto melodico (non poteva, ad
esempio, utilizzare come formula di cadenza una d’intonazione, o vice-
versa). Ambito di interventi creativi particolari sono i testi biblici più
significativi per la liturgia. Si tratta delle Lamentazioni di Geremia che
costituiscono materiale per letture del mattutino nel triduo sacro.
Questo testo anche nella versione latina conserva all’inizio di ogni ver-
setto biblico una lettera dell’alfabeto ebraico che aveva anche significa-
to numerico non tanto perché fosse necessario per contraddistinguere
i singoli versetti (aleph = “a” = 1; beth = “b” = 2…), bensì perché si trat-
ta di un poema alfabetico in cui ogni versetto inizia con una successiva
lettera dell’alfabeto. Sono proprio le lettere ebraiche che da sempre
hanno attirato l’attenzione dei musici e hanno costituito uno spazio di
creatività per una serie molto differenziata di abbellimenti. Tra i testi
profetici meritano attenzione anche la preghiera di Geremia (Oratio
Ieremiæ prophetæ: Lam 5, 1-22) e una sezione di Daniele utilizzata nella
veglia pasquale (Dan 3). Nel Nuovo Testamento sono stati oggetto di
particolare cura musicale i due racconti delle genealogie di Cristo (Mt
1, 1-17 e Lc 3, 23-38 si leggono rispettivamente a Natale e all’Epifania)
e, soprattutto, i quattro racconti della passione che sono proclamati
48 durante la settimana santa (Mt 26-27; Mc 14-15; Lc 22-23; Gv 18-19).
Nei resoconti evangelici della passione di Cristo da antichissima tradi-
zione le parole del narratore e dei diversi personaggi sono precedute da
una lettera. La serie più comune – diffusa grazie al messale della Curia
romana elaborato nel XIII secolo – prevede le lettere “+/c/s”, dove la
“+” è una stilizzazione di una “t” primitiva che significa “trahere” o “trac-
tim” e comporta un’esecuzione grave delle parole messe in bocca a
Cristo. La “c” non significa cronista, bensì “celeriter” e ricorda che lo sto-
rico deve essere fluido nella sua narrazione. Le altre parti (discepoli,
Pilato, Ebrei…) sono precedute da una “s” che non è da intendersi sina-
goga, ma piuttosto ”sursum”: infatti queste parti sono cantate all’acuto,
all’incirca un’ottava più alta rispetto alle parole di Cristo.
Ogni Chiesa locale aveva la possibilità di scegliere una propria serie di
lettere: fatto importante perché permette oggi di risalire all’origine di
un libro liturgico nel caso ci sia una serie di lettere particolare. In area
piemontese, ad esempio, c’è il caso assai complesso di Ivrea in cui si
notano influssi e relazioni con tradizioni diverse, tanto che abbiamo
varie lettere, e talora le stesse, per designare il canto dei singoli per-
sonaggi: Cristo (a, l, pl, t), narratore (c, cr, p, t), altri (a, l, m, r, s). Più
omogenea è la tradizione di Novara e Orta dove si consolida la serie:
p / c / m, mentre Vercelli prevede la “+” per Cristo, la “d” o la “r” per
il narratore. Qui ad Acqui si trova la serie + / c / f in un frammento
utilizzato in una cinquecentina della Biblioteca del Seminario
(A.XIII.11.3): è evidente che il pezzo (sec. XIV) non è d’origine pie-
montese, ma proviene dalla Toscana.

b) Le melodie cicliche s’ispirano alla cantillazione biblica. Esse sono for-


mate da un’unica frase melodica ripetuta tante volte, quante lo richie-
de la lunghezza del testo. L’esempio più semplice e significativo di que-
sta forma letterario-musicale si trova nella liturgia ambrosiana.
L’antiphona dupla è costituita, infatti, da due semifrasi testuali che
hanno all’incirca la stessa lunghezza (numero di sillabe): ciascuna di
queste semifrasi letterarie ha la medesima melodia.

Un esempio più sviluppato della medesima questa tipologia è un altro


canto ambrosiano, il transitorio (canto di comunione) Te laudamus
Domine omnipotens. Il suo testo sembra attestato già nel IV secolo e
offre la possibilità di ripetere per sei volte un’identica frase melodica. 49
Questo stesso brano, inoltre, evidenzia una particolare strutturazione
della melodia secondo i principi applicati nella musica mediterranea
arcaica: il pezzo è sillabico (un’unica nota per sillaba), ma presenta un
abbellimento di una decina di note sulla sillaba finale del penultimo
inciso testuale. La stessa tecnica si ritrova sia in ambito ebraico, sia in
altre musiche liturgiche cristiane.

50 Transitorio (comunione) ambrosiano


Rientra nella categoria delle melodie cicliche anche l’inno: una compo-
sizione strofica regolare d’origine orientale che ha visto una capillare
diffusione dalla seconda metà del sec. IV grazie all’attività di vescovi
poeti dell’Italia settentrionale, quali Eusebio di Vercelli e il più cono-
sciuto Ambrogio di Milano. Di stile sillabico, l’inno è costruito in modo
tale che la melodia della prima strofa può essere cantata su tutte le
altre strofe del medesimo brano e anche su tutti i testi innodici che
presentano il medesimo schema metrico (dimetro giambico, verso saf-
fico…). La cosa è importante, perché quando il medesimo inno è can-
tato lungo tutto l’anno liturgico – senza nessuna modifica del testo
tranne l’aggiunta di un’appropriata dossologia (la strofa finale di glori-
ficazione trinitaria) –, la musica diviene l’unico elemento discriminan-
te che qualifica l’inno quale brano dell’avvento, di quaresima o di un
altro periodo. Questo caso riguarda, ad esempio, gli inni delle Ore
minori della giornata (prima, terza, sesta e nona) e il brano di compie-
ta Te lucis ante terminum, ricordato anche da Dante.

Inno di san Pier Damiani

c) Le melodie-tipo sono costituite da una linea melodica che serve da


supporto a tutta una serie di testi diversi. Ciò è reso possibile salvan-
do le strutture essenziali della melodia e praticando vari artifici, come
può essere l’accorciamento o il prolungamento della corda di recita
secondo il numero di sillabe. Questo procedimento è applicato a brani
semplici come le antifone delle Ore o anche a melodie complesse
come vari Alleluia della Messa.
Soprattutto nei brani più semplici, meno rielaborati e non appesantiti da
abbellimenti, si può sentire come la musica della melodia tipo ricuperi le
note strutturali dei rispettivi modi, divenendo quasi un compendio del-
l’architettura melodica di ciascuna singola modalità gregoriana.

d) L’inventiva musicale delle prime generazioni dei cantori cristiani –


pur utilizzando alcuni stilemi d’origine ebraica o della più vasta cultu-
ra mediterranea – nel creare schemi melodici propri per la cantilla- 51
zione, le melodie cicliche e le
melodie-tipo, ha sviluppato un
repertorio che può essere
considerato l’alfabeto sonoro
con cui costruire nuovi dis-
corsi musicali. Tale alfabeto
non è formato da singole
note, ma da gruppi di poche
note o da incisi melodici di
una certa consistenza: sono le formule. Presto sono plasmate in base a
criteri funzionali (intonazione, sezione centrale, cadenza), con la crea-
zione di un vero repertorio al quale attingere per la costruzione di
nuove melodie. Gli elementi strutturali, le formule, potranno essere
anche uguali, ma diverso è il loro ordine e la loro concatenazione.
In tale prospettiva i cantori si trovavano nelle condizioni di chi anche
oggi voglia com-porre disegni diversi utilizzando un limitato e fisso
numero di tasselli colorati, sapendo che determinati colori devono
essere collocati in precise posizioni (cornice, disegno interno, centro
corrisponderebbero, sul piano musicale, alle formule con funzione
d’intonazione, corda di recita o nucleo melodico centrale, cadenza).
Le melodie formulari si ritrovano soprattutto nelle elaborazioni meli-
smatiche di strutture fondamentali, qual è la salmodia. Canto compo-
sto secondo questo principio è, ad esempio, il tratto della Messa: una
reliquia della primitiva salmodia direttanea giunta a noi in due soli
schemi melodico-modali che riflettono l’origine romana (tratti in sol
plagale, VIII modo) e gallicana (melodie in re plagale, II modo).

e) Le melodie centoniche utilizzano abbondantemente dei segmenti


melodici, e in ciò si avvicinano alle melodie formulari. Se ne distacca-
no per un uso più libero delle formule, com’è il caso, in particolare, dei
responsori graduali della Messa e, in misura minore, per i responsori
della liturgia delle Ore. La forma liturgico-musicale del graduale è l’u-
nica ad avere mantenuto la struttura formale dell’antico responsorio
romano che prevede il canto di una prima parte (responso), seguita da
un versetto, dopo il quale si ripete integralmente il responso (ripeti-
zione da capo: repetitio a capite). Il responsorio delle Ore e l’offertorio
della Messa sono invece dei canti responsoriali costruiti secondo l’uso
gallicano; esso prevedeva una prima sezione (responso), seguita da un
versetto, dopo il quale si canta l’ultima parte del responso detta repe-
tenda (ripetizione parziale finale: repetitio a latere).

f) Alle centinaia di brani che appartengono alle categorie ora ricorda-


te, occorre aggiungere altre centinaia di pezzi composti secondo il
principio della “variazione della struttura” (“Gestaltvariation” di MARIUS
SCHNEIDER, affine al “maqam” semitico e al “raga” indiano). Le melodie
in questo caso sono formate da un certo numero di variazioni intor-
52 no ad alcune note o piccoli gruppi di note strutturali. Si tratta di una
tecnica privilegiata nell’ambito dell’improvvisazione che ancora oggi è
praticata in ambito ebraico, cristiano-orientale (ad esempio, i Maroniti
libanesi), arabo ed indiano.
In base a queste e altre tecniche compositive, in Occidente sono stati
costruiti progressivamente i patrimoni musicali delle diverse Chiese
cristiane dell’Europa latina. Occorre ricordare che la storia dei reper-
tori musicali liturgici inizia con la nascita della Chiesa a Gerusalemme
nella prima Pentecoste. Sotto il profilo strettamente musicale, tuttavia,
non esiste un anno zero della musica liturgica cristiana, perché essa
nasce in qualche modo già adulta, ricca dell’esperienza almeno bimil-
lenaria della tradizione ebraica. Ciò implica un fatto importante: la pro-
babile coesistenza, sin dagli inizi della liturgia cristiana, di forme musi-
cali semplici e complesse, di stili sillabici, fioriti e anche melismatici, nel
segno della migliore tradizione ebraica. La quale sarà integrata succes-
sivamente da altre significative suggestioni provenienti dalle culture
musicali delle popolazioni alle quali man mano è stato annunciato il
Vangelo di Gesù Cristo.
Da non sottovalutare è il costante intreccio tra le diverse espressioni
artistiche della musica, dell’iconografia e della poesia. Il linguaggio pro-
prio di ciascuna arte rivela in fondo alcune costanti, le linee fonda-
mentali in cui si muove ed espande il pensiero. La musica stessa, nella
forma “primitiva” del canto gregoriano assolve la funzione di filo
d’Arianna nel labirinto della mente, conduce a scrutare nel profondo
il pozzo interiore della persona e della sua personalità. Basti un esem-
pio musicale che riprende il gioco del chiasmo (intreccio).

esempio di chiasmo
comunione di Natale
scala pentatonica

53
LE ORIGINI DEL CANTO GREGORIANO
È probabile che un primo, vero e proprio repertorio liturgico – arti-
colato in modo organico con il pieno rispetto delle esigenze delle
diverse celebrazioni – sia stato elaborato dalla Chiesa di Roma tra il V
e il VI secolo. L’istituzione di particolari ministri deputati al canto –
anche qui sul modello ebraico dello hazzan – e la successiva costitu-
zione di un centro d’addestramento vocale e di formazione spirituale,
ha comportato la progressiva elaborazione di linguaggi musicali diffe-
renziati, con la distinzione sempre più netta tra canti destinati al soli-
sta, alla schola, all’assemblea (sec. VI). L’antica melopea legata all’esecu-
zione solistica dei salmi è soggetta a notevoli trasformazioni, al fine di
renderla omogenea agli stili fiorito e melismatico che contraddistin-
gueranno i canti della schola. Non si può trascurare quanto suggerisce
la storia dell’eucologia romana, meglio attestata sul piano documenta-
rio di quanto avvenga per la musica: già prima del secolo VII Roma è
aperta alle sollecitazioni di altre Chiese e accoglie nel proprio patri-
monio liturgico, con gli eventuali necessari adattamenti, suggestioni di
altre culture liturgiche, soprattutto di matrice gallica e ispanica.
All’epoca di papa Gregorio Magno († 604), il repertorio vocale della
Chiesa di Roma era definito ormai da qualche tempo nei particolari.
Di tale patrimonio rimangono notevoli sezioni in un piccolo gruppo di
fonti tardive (secoli XI-XIII), tre graduali con i canti della Messa e due
antifonari e tre frammenti con le melodie delle ore. Queste fonti
riportano una recensione tardiva e contaminata del canto detto roma-
no o romano-antico, la cui recensione primitiva (proto-romano) può
essere ricuperata soltanto
parzialmente dall’analisi stra-
tigrafica dei testimoni.
Nella seconda metà del seco-
lo VII, Roma accoglie migliaia
di profughi dalle aree medio-
orientali del Mediterraneo,
popolazioni inermi che cerca-
no rifugio fino in Italia dall’in-
vasione violenta dell’Islam. La
vita della comunità ecclesiale
dell’Urbe è fortemente scon-
volta dalla massa di profughi
che riescono ad organizzarsi,
mantenendo una certa auto-
nomia etnica sino a giungere
alla fondazione di monasteri
di lingua e rito diverso da

Acqui Terme, seminario minore.


54
quello latino locale. Per comprendere questo fenomeno si pensi ad
una situazione analoga recente. Le condizioni a Roma del secolo VII,
con tutti i suoi complessi risvolti spirituali e culturali, richiamano quan-
to è avvenuto dopo la II guerra mondiale con l’egemonia comunista in
Ungheria: per decenni la comunità monastica cistercense magiara più
fiorente è stata la fondazione di Dallas in Texas.
Questo periodo, il secolo VII, vede una Roma effervescente sul piano
culturale, ricca di provocazioni e capace di accoglierle in modo positi-
vo attraverso un processo d’assimilazione delle proposte esterne ed
anche estranee. Centro in piena fioritura, l’Urbe possiede tutti i requi-
siti culturali che le permettono di rielaborare un nuovo repertorio
che meglio soddisfi le esigenze della liturgia: è il proto-gregoriano, il
nuovo canto di Roma che sarà diffuso in ambiente gallico e troverà
una sistemazione definitiva in Francia nel secolo VIII.
È vero che il romano-antico e il gregoriano sono profondamente
diversi, tanto da far pensare a due diverse origini geografiche. Si trat-
ta però di repertori nati in epoche diverse, ad uno o due secoli di
distanza. Anche qui una condizione analoga moderna permette di
superare le diffidenze nell’accogliere l’ipotesi appena accennata. Chi
ascoltasse tra mille anni un brano di FRANZ SCHUBERT e uno di ANTON
WEBERN, avrebbe l’impressione di trovarsi di fronte a due mondi musi-
cali completamente diversi ed estranei l’uno all’altro, tanto da ipotiz-
zare un’origine geografica diversa dei due esempi ricordati. In realtà la
rivoluzione dell’ultima scuola viennese è stata possibile soltanto a
Vienna, la capitale della musica piena di iniziative, capace di aprirsi alle
sperimentazioni, clima ideale per immettere novità inconcepibili un
secolo prima.
Se si volesse brevemente ca-
ratterizzare il canto gregoriano
nella definitiva recensione
romano-franca, si potrebbe af-
fermare che il fatto più impor-
tante, che lo distingue dai
repertori anteriori e paralleli, è
l’aderenza del linguaggio musi-
cale all’azione liturgica in tutte
le sue particolari articolazioni.
Ad ogni momento di ciascu-
n’azione (vespri, Messa, ese-
quie…) corrisponde un preci-
so genere musicale con una
specifica forma strutturale e
un proprio stile melodico. Sul
piano strettamente musicale, il
Acqui Terme, seminario minore.

55
gregoriano presenta, inoltre, un’architettura armonica dell’edificio sono-
ro con un equilibrio e una corrispondenza delle sezioni melodiche che
altrove manca o è saltuario. È da ricordare, infine, la precisa definizione
sul piano modale, cioè l’uso di determinate “scale” che privilegiano certe
note e prevedono particolari relazioni tra toni e semitoni. Nella musica
colta occidentale le “scale” si riducono a due, la maggiore e la minore. I
teorici medioevali hanno elaborato un sistema di otto “scale” (= modi
ecclesiastici) sulla falsariga di sistemi teoretici medio-orientali e bizantini.
In realtà, la riduzione dei modi a solo otto categorie, non rende ragio-
ne della più complessa e variegata realtà musicale. Ogni modo si arti-
cola, infatti, in diversi e peculiari sistemi musicali, tanto che sarebbe più
esatto parlare di otto famiglie modali, ciascuna delle quali presenta un
certo numero di “scale” che, pur presentando un’analogia in alcuni
punti (ad esempio, la nota fondamentale), si differenziano per l’impor-
tanza delle altre note.
Con la redazione definitiva del repertorio liturgico latino, tra il seco-
lo VIII e IX si conclude anche un lungo percorso di evoluzione moda-
le che vede ormai in pratica esclusi dal patrimonio melodico della
liturgia latina stilemi arcaici: qualcosa sopravvive in elaborazioni che, ad
esempio, riescono a ricuperare nel nuovo modo di fa certe melodie
originarie in do; il più tuttavia è rielaborato e adattato ai nuovi para-
metri modali che con le strutture di re - mi - fa e sol sostituiscono le
probabili corde madri arcaiche di do - re e mi.
In epoca carolingia inizia uno straordinario ampliamento del reperto-
rio musicale tradizionale. Fino al secolo IX ci si è limitati ad aggiunge-
re nuovi brani a quelli tradizionali rispettandone le connotazioni pecu-
liari formali e stilistiche. Il senso della tradizione si manifesta, ad esem-
pio, nell’omogeneità dei testi, quasi esclusivamente biblici e salmici, e
degli stili musicali propri di ciascun genere di canto. Nell’impatto tra la
cultura italica e quella transalpina nel secolo VIII, è emersa l’esigenza di
integrare le diverse sensibilità, di arricchirsi vicendevolmente con let-
ture differenti, ma complementari, di un’unica esperienza liturgica. La
sobria e rigorosa parola biblica dei testi liturgici è stata pertanto ani-
mata dall’interpretazione personalizzata e appassionata delle nuove
generazioni di poeti e musici, tutti protesi a coinvolgere sempre più la
comunità di fede nell’azione liturgica da sempre soggetta al rischio di
atrofizzarsi in riti anonimi.
Alla fine del secolo VIII, e soprattutto nel secolo successivo, sboccia e si
propaga a macchia d’olio un nuovo e affascinante linguaggio. Esso non
sostituisce i testi tramandati dal passato e accolti sempre con estrema
venerazione, ma li integra in un’attualizzazione personalizzata sulla misu-
ra delle singole comunità, ognuna delle quali ha ora l’occasione di espri-
mere se stessa e la propria cultura spirituale e poetica. Così nascono i
tropi: in essi confluisce tutta la vitalità di un popolo in preghiera, ricco di
fantasia e di audacia espressiva. Grazie ai tropi si scolpisce e si plasma in
profondità la liturgia e la vita cristiana del medioevo latino.
56 Nel corso dei secoli successivi – anche se si astrae dalle nuove tipo-
logie compositive come sono i tropi e le sequenze – si assiste ad un
proliferare di brani con cui si cerca di dare una vita musicale a nuove
celebrazioni che interessano, in modo particolare, il culto dei santi.
Dopo il secolo XII, tuttavia, si assiste ad un processo d’alterazione e
semplificazione progressiva delle melodie gregoriane tradizionali. Ad
esempio, i versetti degli offertori – che sono i brani più complessi del-
l’intero repertorio – sono definitivamente abbandonati. Sono sempli-
ficate, o addirittura eliminate, le piccole e grandi fioriture come i tre
suoni ripercossi della tristropha o i melismi dei graduali e degli alleluia.
Operazioni assai discutibili sul piano musicale che avevano potuto
affermarsi in passato soltanto in limiti ben circoscritti – ad esempio, la
riforma cistercense – trovano ora uno spazio illimitato per applicare
principi riformatori talora completamente estranei alla realtà musica-
le. Si ricordi, ad esempio, il principio della preghiera pura (“pura ora-
tio”) applicata dai seguaci di san Bernardo nella revisione dei canti che
presentavano commistioni modali, come succede normalmente nel
responsorio graduale che ha la prima sezione (responso) al grave,
mentre il versetto è all’acuto. Situazioni del genere sono cancellate in
conformità ad una maniacale pretesa di purezza che non ammette
diversi ambiti modali all’interno di un unico brano.
Grande diffusione ha avuto la creazione di testi poetici in rima con
strutture metriche ben articolate: sono gli uffici ritmici che saranno dif-
fusi soprattutto dopo quel capolavoro poetico e musicale che è la
historia rimata composta da Giuliano da Spira in onore di san
Francesco d’Assisi.

antifona dall’ufficio ritmico di santa Chiara

La tradizione liturgico-musicale – fedele al passato e sempre aperta a


nuove suggestioni armoniosamente integrate – continua a crescere
notevolmente in quantità e qualità secondo tre traiettorie che diven-
gono i capisaldi della cultura musicale dell’Europa latina: la creatività
fedele agli schemi tradizionali, l’aggiornamento dei formulari per nuove
festività, lo sviluppo di nuove forme sempre più aderenti allo spirito di
ciascuna comunità. 57
Acqui Terme,
seminario minore.

Alla fine di
alterne vicen-
de si assiste in
epoca moder-
na ad un’as-
surda riforma
delle melodie
gregoriane:
alcuni disce-
poli di Pierluigi
da Palestrina
nel 1614 pubblicano nell’Editio Medicea le melodie modificate in base
ai principi in voga presso il madrigalismo della musica vocale del
tempo.
Nei secoli XVII e XVII si assiste alla trionfale scalata del mondo litur-
gico da parte di un repertorio musicale confuso talora con il canto
gregoriano o ritenuto una sua degenerazione. Si tratta del canto “frat-
to” che occuperà in modo egemone la scena fino a tutto l’800, facen-
do una forte concorrenza alla tradizione dell’Editio Medicea. Il nome
“fratto” deriva da un fenomeno vistoso di carattere notazionale: la
scrittura prevede di solito una notazione con valori ritmici propor-
zionali (1, 1/2, 1/4). Oltre a questo aspetto il canto fratto si differenzia
dal gregoriano per altri motivi di notevole importanza musicale. Ad
esempio, sono ritenute lecite e compaiono qua e là alterazioni diver-
se dal si bemolle, l’unica alterazione ammessa, almeno in teoria, nel
repertorio classico latino. Da quest’ultimo il canto fratto si differenzia
a motivo di un linguaggio melodico globalmente diverso. Il repertorio
fratto comprende una produzione assai vasta di melodie che in gran
parte sono congiunte ai testi tradizionali, ma tutta la musica è riscrit-
ta lasciandosi ispirare dalla prassi vocale e strumentale dell’epoca. Tra
i fautori di questa nuova era musicale sono da ricordare i francescani
che hanno diffuso in tutta l’Europa melodie e ritmi che meglio corri-
spondevano al gusto dell’epoca.
La grande diffusione del canto fratto nei secoli XVII e XVIII, e la sua
promozione da parte di ordini missionari e popolari come i france-
scani, non deve però trarre in inganno sulle origini di questo reperto-
rio che affonda le radici in una situazione culturale specifica molto
distante nel tempo e con caratteristiche, diciamo, indelebili. Le recen-
ti indagini di Marco Gozzi hanno chiarito la genesi del canto fratto.
Essa va ricercata nella musica del ’300 francese, in particolare nel
mondo musicale della polifonia dell’Ars Nova. Come tale il canto frat-
to per sua natura non è costituito da melodie cantate da una sola
58
voce, la sola tramandata dai manoscritti. Questa unica voce va inte-
grata nell’esecuzione dall’inserimento di almeno un’altra voce che si
muove secondo varie modalità e artifici tecnici condizionati dalla bra-
vura o meno dei cantori.

IL CANTO LITURGICO TRA PRASSI E TEORIA


Nei secoli IX e X c’è una straordinaria fioritura di maestri e di testi
che si occupano di canto gregoriano. Analogamente ai diffusi trattati di
pedagogia grammaticale dell’Ars minor e dell’Ars maior di Donato (se-
colo IV), sono stati scritti nel secolo IX due trattati fondamentali di
teoria musicale: Scolia enchiriadis e Musica enchiriadis. Quest’ultimo
probabilmente è stato scritto dall’abate Luidgero di Werden (Ruhr) e
sarà citato più volte da Guido d’Arezzo. Grande importanza per la
musica pratica riveste l’anonima Commemoratio brevis, in cui è esposta
nei dettagli la struttura della salmodia. Il trattato evidenzia la dignità
del cantore liturgico attraverso la cui bocca passa lo stesso Verbum
maiestatis; ma esprime anche una certa reazione all’imporsi della musi-
ca extra-liturgica e giunge persino a giustificare un’esecuzione liturgi-
ca negligente, inversamente proporzionata alla cura con cui i cantanti
mondani e i suonatori di flauto e cìtara si preoccupano di piacere agli
ascoltatori.
Vi sono altri maestri riconosciuti universalmente, dei quali è dovero-
so ricordare almeno Aureliano di Réomé (IX secolo), autore della
Musica Disciplina, il primo trattato di canto gregoriano. Rabano Mauro
(† 856) abate di Fulda – maestro (praeceptor) dell’intero territorio
tedesco, riprende il principio fondamentale espresso da san Benedetto
e ha precise indicazioni riguardanti i cantori: “È doveroso che il salmi-
sta/cantore abbia una buona voce e possegga pienamente la sua arte,
affinché possa sollecitare l’animo degli uditori con il fascino e la dol-
cezza della musica. La sua voce esprima un suono e una melodia ade-
guati alla realtà della fede vissuta, e nel canto stesso riveli la semplici-
tà dell’essere cristiano che incrementa la compunzione in chi ascolta”
(De clericorum institutione Il, 48). È opportuno ricordare a questo
riguardo, che sin dall’alto medioevo si è insistito più volte e con fer-
mezza sulla responsabilità sociale dei cantori. Gli Statuta Ecclesiæ
Antiqua d’area gallicana, ricordano al cantore – nel momento dell’inca-
rico in un contesto liturgico – che dovrà sforzarsi di cantare con la
voce ciò che crede nel cuore e di manifestare con azioni concrete la
propria fede.
Un altro eminente teorico è Reginone di Prüm, abate a Treviri († 913);
egli testimonia una tradizione gregoriana diversa da quella tramandata
successivamente e convalida l’ipotesi che la redazione franca sia l’ela-
borazione di un primitivo proto-gregoriano d’origine romana. Ucbaldo
di Saint-Amand († 930) è uno dei più profondi musicisti della sua 59
Un chierico spiega la “mano” di Guido d’Arezzo,
che offriva un sussidio mnemonico ai cantori
per la lettura e l’intonazione delle note.
Illustrazione dal trattato Scientia artis musicae
di Elia Salomon (1274).
Codice manoscritto
della Biblioteca Ambrosiana di Milano.

epoca. Acuto nel teorizzare la


tradizione liturgica che impianta
su sistemi teorici di matrice
greca, è anche un grande compo-
sitore di cui si conoscono le uffi-
ciature per alcuni santi (Andrea,
Pietro) e altre composizioni.
Oltre agli scritti di teoria e peda-
gogia musicale, occorre ricorda-
re un sussidio pratico costituito
dai tonari. Essi sono essenzial-
mente degli elenchi di brani litur-
gici disposti secondo l’ap-
partenenza ai diversi modi. Così,
ad esempio, le antifone dell’uffi-
cio sono disposte nelle varie
categorie corrispondenti ai diffe-
renti modi e, all’interno di queste sezioni, i brani sono ulteriormente
raggruppati in base alla formula della cadenza finale (differentia). Il più
antico tonario conosciuto risale a prima dell’800 ed è stato composto
per l’abbazia di Saint-Riquier (ms. Paris, Bibl. nationale de France, lat.
13159). Esso attualmente è mutilo ed elenca i soli canti della Messa
secondo gli otto modi gregoriani; ma non è escluso che il codice origi-
nale fornisse anche l’elenco dei canti della liturgia delle Ore.
Il contenuto specifico di questi repertori, l’attribuzione modale dei
brani e la scelta degli stessi, sono gli elementi principali che permet-
tono di individuare tipiche tradizioni di questo libro e di cogliere ulte-
riori relazioni culturali tra i centri ecclesiastici. Un tonario di
Nonantola (Roma, Bibl. Casanatense, 54) evidenzia, ad esempio, stret-
ti rapporti con l’abbazia svizzera di Reichenau, mentre lo stesso codi-
ce nonantolano contiene anche alcune antifone composte dall’abate
Odo di Cluny († 942) per la festa di san Martino. Relazioni tra
Nonantola e il mondo svizzero, in particolare con San Gallo, si posso-
no rilevare nell’uso fatto nell’abbazia emiliana di una lunga composi-
zione scritta nel cenobio transalpino. Le preces metriche di Artmanno
(† 925) Humili prece et sincera devotione, a Nonantola sono state assun-
te e modificate con l’aggiunta di versi che ricordano i santi locali
Sinesio e Teoponto, Silvestro, Anselmo, Fosca, Flora e altre.
Nell’Italia centrale, in territorio aretino, si sviluppa una forte corrente
di impegno pedagogico che vede attivo alla fine del secolo X un certo
abate Oddone. Esponente di punta di questa tradizione pedagogica è
il monaco pomposiano Guido d’Arezzo († 1050 circa). Egli ha traccia-
60 to in modo definitivo alcune linee programmatiche, che condizione-
ranno l’evoluzione della musica nel mondo europeo medioevale e in
tutta la cultura occidentale moderna.
Tra le varie codificazioni operate da Guido sarà sufficiente ricordare
due interventi. In primo luogo egli ha dato il nome alle note musicali
che ancora oggi si utilizza nel mondo di cultura latina: (ut) do re mi fa
sol la si. Tali denominazioni sostituiscono quella più antica alfabetica
che è ancora diffusa nel mondo germanico e anglosassone (c: do, d: re,
e: mi...). Guido ha trovato il nome delle note partendo dal testo della
prima strofa di un inno scritto a Montecassino (secolo VIII?) in onore
di san Giovanni Battista Ut queant laxis. Successivamente ha composto
una nuova melodia in modo tale che sulla sillaba che inizia ogni stico
si trovasse una nota in progressione ascendente. Guido probabilmen-
te ha scelto il testo dell’inno a causa dei messaggi nascosti inseriti dal-
l’autore. Si tratta, infatti, di un vero criptogramma cristologico pieno
di segnali che orientano verso Cristo, così come la vita di Giovanni il
Battezzatore è stata in funzione del Messia.

Gli antichi segni musicali non indicavano l’altezza esatta delle note. Per
fare questo negli scritti di teoria si è ricorsi a sistemi complessi, ad
esempio, alla notazione daseia o alla già ricordata notazione alfabetica.
Guido, come si vedrà nel capitolo dedicato alla trasmissione orale e
scritta, introduce nella musica occidentale un sistema più semplice. Egli
colloca i segni neumatici non nello spazio bianco tra le linee del testo,
ma su un’intelaiatura di righe colorate (rossa: fa, gialla: do) e a secco a
distanza di una terza. In tale maniera è facile individuare l’esatta altez-
za d’ogni singolo segno musicale.

PER APPROFONDIRE:
• WILLI APEL, Il canto gregoriano. Liturgia, storia, notazione, modalità e
tecniche compositive, con due capitoli dedicati al canto ambrosiano e al
canto romano-antico di ROY JESSON e ROBERT J. SNOW. Edizione tradotta,
riveduta e aggiornata da MARCO DELLA SCIUCCA. Introduzione all’edizio-
ne italiana di GIACOMO BAROFFIO, Lucca, Libreria Editrice Italiana 1998.
• GIACOMO BAROFFIO - EUN JU KIM, Cantemus Domino Gloriose.
Introduzione al canto gregoriano, Saronno, Ed. Urban 2003.
GREGORIO
MAGNO
È L’AUTORE
DEL CANTO
GREGORIANO?
di Giacomo Baroffio

Gregorio Magno
in una miniatura dalle
Lettres de Saint-Gregoire
Le Grand (XII sec.).
Codice manoscritto della
Biblioteca Nazionale di Parigi.

La fama universale di papa Gregorio († 604) è legata al repertorio


liturgico musicale che da oltre un millennio porta il sigillo di canto gre-
goriano. Il nome da tanti secoli è stato dato al patrimonio liturgico che
si canta su testo latino nelle celebrazioni del rito romano, un canto che
negli ultimi secoli è stato eseguito esclusivamente a una voce.
L’aggettivo “gregoriano” esprime l’opinione che papa Gregorio sia l’au-
tore delle melodie e il responsabile principale del tesoro musicale
della Chiesa di Roma. Tale convinzione, diffusa e sempre più radicata
sin dall’VIII-IX secolo, oggi non è più sostenibile. Inoltre, il carattere
strettamente monodico della pratica musicale romana non trova
riscontro nella documentazione ufficiale a partire dall’Ordo Romanus
un testo che descrive la messa papale a Roma all’inizio del VII secolo.
Per tutto il medioevo si prevede, almeno in modo saltuario, l’inter-
vento di altre voci che accompagnano la melodia principale (presenza
dei cantori paraphonistæ nell’Ordo Romanus I; successivamente l’uso di
termini tecnici come, per esempio a Padova, secundare).
Vari sono gli aspetti della vita liturgica e musicale che sono stati posti
in relazione a Gregorio. Esaminiamo singoli aspetti di questa intricata
vicenda.

62
Nelle pagine seguenti, si propone una serie di immagini con
differenti tipologie delle notazioni musicali diffuse in Italia.
A fronte si forniscono notizie relative alle immagini (città,
biblioteca, segnatura, tipologia libraria, origine, età) e la
trascrizione su pentagramma.
63
ORIGINE E DIFFUSIONE DEL CANTO GREGORIANO.
Le fonti più antiche (tra cui Paolo Diacono) non dicono nulla circa un’at-
tività musicale di papa Gregorio. Una delle prime affermazioni esplicite
al riguardo risale a Giovanni Immonide, diacono e monaco di
Montecassino.Verso l’875 egli traccia una vita di papa san Gregorio con
l’intento evidente di farne risaltare la figura quale guida e modello di san-
tità per tutto il popolo cristiano. In tale contesto Gregorio è presenta-
to come una persona sensibile, pieno di compunzione ispiratagli dalla
dolcezza della musica, intento a compilare una raccolta, un antifonario,
di somma utilità per i cantori. Il termine compilò è stato in seguito inte-
so nel senso che Gregorio sarebbe stato l’autore del repertorio musi-
cale, mentre di fatto la Vita si limita a constatare un lavoro redazionale
del pontefice che avrebbe riordinato – o avrebbe dato l’impulso di ordi-
nare – il materiale inserendolo in un unico libro liturgico.
Sotto molti aspetti la relazione di Gregorio con il canto liturgico è
parallela a quella che vede lo stesso papa autore delle orazioni e del
sacramentario gregoriano. L’intervento di Gregorio I in ambito liturgi-
co-musicale dovrebbe rientrare nella normale organizzazione della
vita ecclesiale che vede una crescita organica e continua della vita
liturgica, grazie soprattutto all’introduzione di nuove feste di santi che
si collocano nell’anno liturgico. Probabilmente risalgono alla curia
papale poche composizioni che utilizzano nel testo citazioni di opere
gregoriane, come l’antifona Si culmen veri honoris quaerite che riprende
uno stralcio di papa Gregorio (Hom. Ev. 15, 1). A lui oggi sono attri-
buiti ipoteticamente gli inni quaresimali per vespri, notturni e lodi Audi
benigne conditor, Ex more docti mystico, Precemur omnes cernui. In passa-
to a Gregorio erano stati assegnati altri testi che sono certamente
posteriori anche se la data non può essere precisata: Urbs Ierusalem

Monza, Biblioteca Capitolare, L-13, c. 1431r ; Graduale: Monza sec. XIV;


Credo Cardinalis (Vat. IV)

64
beata (s. VIII?) ed Ecce iam noctis tenuatur umbra (s. X?). Non sono più
attribuite oggi a Gregorio neppure le antifone “O” dell’avvento; oggi si
ipotizza un’origine milanese.
Le analisi dei vari aspetti musicali del repertorio gregoriano (relazio-
ne con le celebrazioni liturgiche, testo biblico/salmico, linguaggio melo-
dico, struttura compositiva, modalità, stile) hanno messo in luce il
carattere estremamente eterogeneo del repertorio corale. In esso si
possono rintracciare vari strati che corrispondono a diverse epoche
e a differenti luoghi d’origine di singole melodie o gruppi omogenei di
canti. Un dato certo è che le melodie gregoriane nella loro configura-
zione odierna, che corrisponde a quella tramandata dalle fonti
medioevali, sono il risultato di una complessa opera redazionale. Tale
processo, iniziato nel VII secolo, si è stabilizzato probabilmente nel
secolo successivo per concludersi definitivamente in territorio franco
durante il IX secolo. Per tale motivo la letteratura odierna preferisce
sostituire a “canto gregoriano” l’espressione “canto romano-franco”.
L’attribuzione del canto gregoriano a papa Gregorio si è diffusa
soprattutto nell’VIII secolo da due centri d’irradiazione: un polo italia-
no e uno inglese. In Italia è stato composto un poema sull’attività litur-
gica e musicale di un papa, quasi certamente Gregorio II. Questo testo
celebrativo, che ha subìto molte recensioni con significativi ritocchi e
interpolazioni, ha finito per essere riferito a papa Gregorio Magno
consacrandolo autore dei canti della Messa. Poema autonomo – che
tra l’800 circa e l’XI secolo ha avuto una decina di elaborazioni –, il
nucleo centrale del testo si ritrova in tutta l’Europa latina anche all’i-
nizio di molti graduali (tropo Gregorius præsul), che contengono le
melodie della Messa del rito romano, quale premessa che introduce il
primo canto d’ingresso della I domenica d’avvento.
La tradizione inglese da sempre riconosce in Gregorio il padre della
fede grazie alla missione di Agostino di Canterbury da lui promossa
nel 596. È questa la corrente che trova in Alcuino un rappresentante
autorevole presso la corte carolingia. Il suo influsso si ritrova fissato
nei libri liturgici che come l’antifonario di Mont-Blandin nel titolo reci-
tano affermazioni simili a “antefonarius ordinatus a sancto Gregorio per
circulum anni”.

65
L’ALLELUIA DELLA MESSA.
Un intervento concreto in ambito musicale è attestato da san
Gregorio nella lettera al vescovo Giovanni di Siracusa (Epistola IX 26).
Secondo l’opinione comune a Roma, prima di Gregorio, nella Messa
l’Alleluia era cantato soltanto come acclamazione senza versetto ed
era eseguito unicamente durante la cinquantina del tempo pasquale.
Papa Gregorio interviene per normalizzare la situazione dell’Urbe che
fino allora restringeva nel tempo il canto dell’alleluia della Messa, men-
tre nella liturgia delle ore l’acclamazione d’origine ebraica era cantata
sempre ad eccezione della quaresima.
Non è escluso, tuttavia, che Gregorio intenda parlare della semplice
acclamazione “alleluia” da aggiungersi alla fine di una salmo – o di sin-
goli versetti – che all’interno della liturgia della Parola era considera-
to essenzialmente una lettura e non ancora un canto.
L’alleluia finirà per essere sospeso a cominciare dalla domenica
di settuagesima (la terza domenica prima dell’inizio della
quaresima). In questo giorno molte Chiese celebre-
ranno il commiato dalla gioiosa acclamazione
pasquale.

IL CANTO DEL KYRIE ELEISON


Nella medesima lettera a Giovanni
di Siracusa si affronta anche il
canto del Kyrie eleison. Questa
preghiera litanica, in uso a
Gerusalemme almeno dal IV
secolo, a Roma non è limitata alla
Messa e finisce per comprendere,
oltre all’invocazione greca Kyrie (la

Acqui, Cattedrale, particolare del


portale del Pilacorte (1481).
Ascensione della Vergine.

Roma, Biblioteca Angelica, 123, c. 51v; Graduale: Bologna Duomo 1039,


introito Suscepimus (2 febbraio)

66
sola che si usa ancora oggi a Milano), anche l’espressione latina Christe.
Quanto Gregorio dice del canto si riferisce probabilmente non a una
sua innovazione personale, bensì alla tradizione locale di Roma dove il
Kyrie eleison e il Christe eleison potevano essere ripetuti ciascuno anche
cento volte di seguito con un totale di 300 invocazioni.
Nell’Urbe la formula litanica ai tempi di Gregorio prevedeva l’alter-
nanza tra un gruppo di cantori e l’assemblea che rispondeva alle sin-
gole invocazioni. Il canto del Kyrie era esteso ai giorni non festivi, al
contrario della tradizione bizantina. Gregorio ricorda infine l’inserzio-
ne di versus con testi latini che arricchivano l’invocazione. È probabile
che talune di queste antiche integrazioni sopravvivano nel repertorio
dei tropi, come nel caso di Devote canentes suscipe sedula precamur
nostra præconia che, tra l’altro, presenta 10 ininterrotte invocazioni
Kyrie eleison (senza il Christe) e nel testo fa riferimento all’eresia aria-
na, scomparsa ormai da tempo all’epoca di Gregorio.
Le affermazioni di Gregorio relative al Kyrie potrebbero essere quin-
di comprese in riferimento non alla Messa, bensì a particolari riti
processionali. Gregorio di Tours e Paolo Diacono attestano
una septiformis letania di cui si hanno testimonianze espli-
cite per gli anni 590 (subito dopo l’elezione a pon-
tefice) e 603. La popolazione romana partiva,
suddivisa in sette gruppi, da altrettante chie-
se per recarsi a Santa Maria Maggiore. I
sette cortei erano formati rispettiva-
mente dal clero, religiosi, uomini,
donne consacrate, donne mari-
tate, vedove, giovani e ragazzi.

Acqui, Cattedrale, particolare del


portale del Pilacorte (1481).
Ascensione della Vergine.

67
L’IMPEGNO MUSICALE DEI DIACONI
Questo aspetto è oggetto di una decisione presa sotto la presidenza
di Gregorio durante il sinodo romano del 5 luglio 595. Il I canone sino-
dale limita l’impegno dei diaconi quali cantori solisti. Essi durante la
Messa proclameranno in canto unicamente il brano evangelico. Tale
decisione vuole mettere fine ad un abuso di proporzioni tali da pro-
vocare l’intervento del vescovo e del sinodo. Molti si facevano ordina-
re diaconi soltanto o principalmente in base alle qualità della propria
voce. Costoro di fatto avrebbero in seguito svolto in modo preferen-
ziale la funzione di cantori invece di assolvere gli importanti doveri che
spettavano ai diaconi.
I diaconi permanenti a Roma svolgevano varie attività al di fuori del-
l’impegno liturgico, anche nel delicato settore dell’amministrazione. La
loro scelta doveva essere particolarmente oculata. Una probabile con-
seguenza dell’applicazione del canone sinodale è la forte diminuzione
delle ordinazioni dei diaconi. Nel contesto storico della Chiesa roma-
na, la decisione sinodale, che pur si concentra sull’attività musicale,
mira soprattutto a rettificare la disciplina per evitare abusi e con-
servare integra la figura e la funzione ministeriale dei chie-
rici.

LA SCHOLA CANTORUM ROMANA.


Il canone sinodale del 595 parla della scelta di
cantori per il servizio liturgico escludendo da
questo ministero i diaconi. La presenza di canto-
res ha suggerito di identificare questo gruppo in
una struttura organicamente costituita e giuridi-
camente definita (la Schola Cantorum), la cui orga-
nizzazione è stata attribuita a papa Gregorio. Si
tratta di un’evidente forzatura del testo sinodale

Acqui, Cattedrale, particolare del


portale del Pilacorte (1481).
Stipite di destra.

Monza, Biblioteca Capitolare, K 11, c. 81r ; Graduale: Lombardia sec. XIII1,


comunione Benedicimus Deum

68
PER
APPROFONDIRE:
che è presente nella Vita (cap. 6) di Giovanni BRUNO STÄBLEIN,
Immonide, quando egli afferma “scholam quo- “Gregorius Praesul”, der
que cantorum... constituit”. Prolog zum römischen
Il biografo si sofferma su alcuni dati concreti Antiphonale.
relativi a edifici, al letto dal quale il pontefice Buchwerbung im
ammalato avrebbe seguito la formazione Mittelalter, in Musik und
Verlag. Karl Vötterle zum
musicale dei giovani cantori. La narrazione 65. Geburtstag am 12.
mescola dati veri con interpretazioni arbitra- April 1968, a cura di R.
rie che confondono la scena storica. BAUM - W. REHM, Kassel
Situazioni dell’VIII secolo sono trasposte nel 1968, pp. 537-561.
VI secolo, come avviene per l’organizzazione
della Schola; memorie del passato sono rilet-
te in una nuova prospettiva. Giovanni, ad
esempio, ricorda la frusta con cui papa
Gregorio avrebbe fustigato i giovani indiscipli-
nati, ma in realtà si tratterebbe della ferula, lo scettro simbolo dell’au-
torità pontificia.
All’origine dell’istituzione musicale c’è stata l’organizzazione di un
orfanotrofio con fini sociali d’assistenza; lentamente si sarebbe evolu-
to fino a divenire un collegio in cui si preparavano al ministero di can-
tori i giovani con talento musicale. L’educazione comportava anche
un’intensa preparazione spirituale per la comprensione dei testi bibli-
ci (la psalmodia non si limita al canto dei salmi, ma all’intelligenza e
interpretazione spirituale del salterio). Molti cantores scoprivano così
un’altra vocazione e finivano per seguire la vita ecclesiastica nella fun-
zione diaconale, in alcuni casi fino allo stesso ministero episcopale che
a Roma è quello papale. Vari indizi suggeriscono di collocare l’origine
della Schola Cantorum, fiorente nell’VIII secolo, soltanto un secolo
prima, cioè nel VII, certamente dopo il pontificato di Gregorio.

69
CREARE E
TRASMETTERE
MUSICA
TRA ORALITÀ
E SCRITTURA
di Giacomo Baroffio

Acqui Terme, Biblioteca del


Seminario, ms. 1, c. 1 r.

Nel tratteggiare una concisa panoramica sull’evoluzione del canto gre-


goriano, si è accennato anche alla relazione tra improvvisazione orale
e fissazione scritta. L’importanza e la complessità del fenomeno sug-
geriscono di riprendere il tema e di approfondirne alcuni aspetti. Al
contrario delle manifestazioni artistiche di carattere iconografico -
dalla pittura monumentale all’architettura, passando per la scultura e
la miniatura - e letterario - dalla prosa alla poesia, dal trattato inter-
minabile alla battuta di spirito -, la musica ha uno statuto del tutto par-
ticolare: esiste soltanto nel momento in cui risuona. La musica sfugge
ed è impalpabile; si fa, non si scrive. Certo, la scrittura musicale è un
mezzo per fissare la linea melodica nelle sue varie componenti (altez-
za, durata, intensità ...).
Sia però ben chiara una cosa. Il più prezioso autografo di un Mozart
oppure uno splendido codice medioevale o rinascimentale, come sono
tanti libri corali fiorentini e senesi, non sono musica. Le cosiddette
pubblicazioni musicali sono semplicemente dei promemoria, indicano

Monza, Biblioteca Capitolare, c-12/75, c. 81r ; Graduale: Monza sec. XI, alleluia Beatus vir qui timet

70
cioè una labile trac-
cia che ispira l’ese-
cutore a vivere, in
prima persona, un
affascinante atto
creativo suggerito
dal compositore
attraverso la media-
zione di una perga-
mena o di un pezzo
di carta. Con un
problema. Un conto
è l’anonima riprodu-
Cantori in un
zione tecnica di una serie di note, come fanno i musicanti da strapaz- particolare
zo e può realizzare oggi anche un computer; un conto è trascendere dell’Incoronazione
le note e far cantare il cuore che trova proprio nella musica un lin- della Vergine del
Maestro della
guaggio privilegiato per esprimere le profondità dei suoi sentimenti. Vita di Maria.
Nella storia della musica occorre liberarsi dai pregiudizi che nascono Tavola conservata
spontanei nel momento in cui ci si rivolge al passato. È assai forte la presso la
Alte Pinakothek
tendenza/tentazione di leggerlo nell’ottica del presente, in una pro- di Monaco
spettiva e con la sensibilità propria dell’osservatore di oggi. Abituati di Baviera.
come siamo a fare musica (liturgica) leggendola da uno spartito – che
sia gregoriano o Palestrina o Domenico Bartolucci poco importa –,
non riusciamo a immaginarci facilmente e in modo realistico una con-
dizione, quella medioevale, in cui non esistevano libri di musica.
Persino la creazione delle melodie avveniva molto probabilmente in un
regime di totale oralità, senza il supporto di un sussidio librario.
La situazione medioevale richiama non tanto la pratica che oggi cono-
sciamo nell’esecuzione dei repertori colti medioevali e moderni, quan-
to piuttosto il fare musica in modo “spontaneo”. Un esempio di tale
consuetudine è l’universo jazz dove ha ampio spazio una dimensione
fondamentale della vita musicale: l’improvvisazione. La quale improvvi-
sazione, ieri come oggi, non è per nulla un fatto improvvisato, bensì
una magistrale creazione artistica che coniuga un estremo rigore for-
male e stilistico con una sconfinata libertà espressiva.
Affrontare il capitolo “notazione musicale” esige quindi prendere
distanza dalle nostre consuetudini mentali e dalle nostre abitudini nella

71
pratica musicale. Per noi la notazione è l’unico accesso al mondo del
passato musicale, con tutti i problemi interpretativi che comporta la
difficoltà di leggere e comprendere il senso dei segni. Succede poi
un’altra cosa che affiora anche nella lettura delle partiture moderne.
Ogni interprete sente e legge le indicazioni (piano, forte, allegro, ada-
gio, cantabile...) a modo suo. Gli esiti sono del tutto differenti tra una
persona e l’altra (Toscanini, Furtwängler, Kleiber...) e anche da un
momento all’altro nelle varie fasi della vita e della maturità artistica di
un solo musicista (Bach, ad esempio, suonato a distanza di tempo da
Gould, un’unica persona con molteplici personalità interpretative).
Ritorniamo al canto gregoriano. Importante anche in questo ambito è
utilizzare la notazione senza rimanere schiavi della lettera.
Rinunziare alla grafolatria significa dimenticare
completamente le note nel momento del
canto. Quando il cuore si libera da ogni con-
dizionamento e innalza la melodia senza nes-
sun intralcio. “Cantare, non contare” è scritto
nella sala di musica in una grande abbazia.
La musica non si può scrivere. Per secoli in
Occidente questo pensiero è stato accetta-
to sul piano, diciamo, filosofico e anche nel-
l’esperienza musicale concreta. Oggi si
pensa che la notazione musicale sia stata
introdotta nuovamente in Europa all’inizio
del secolo IX, dopo vari secoli d’oblio. La
cultura greca, ad esempio, conosceva un
articolato sistema di scrittura musicale
che prevedeva due serie di segni specifici
per la musica vocale e per quella stru-
mentale. Di fatto, le prime testimonianze
di codici liturgici latini con segni musicali
(i neumi) che potessero, almeno in teo-
ria, soddisfare le esigenze pratiche, risal-
gono alla fine del secolo IX o all’inizio
del secolo successivo. Nel secolo IX ci
sono fonti con alcune scritture musicali
Acqui Terme, Biblioteca del (notazione alfabetica, daseia), ma si trat-
Seminario, ms. 1, c. 206 r.

Ivrea, Bibl. Capitolare, LX, 3r ; Graduale: Ivrea (tradizione neumatica di Pavia) sec. XI,
introito Ad te levavi (avvento domenica 1)

72
ta unicamente di trattati di teoria musicale. È probabile che i primi
segni musicali fossero più diffusi sui testi delle letture e delle orazioni
che non sui canti veri e propri.
Ciò che stupisce nell’osservare i codici musicali dei secoli X e XI è la
grande varietà di forme che i segni assumono nelle diverse regioni
dell’Europa latina. In sostanza, ogni area culturale che corrisponde ad
un territorio ecclesiastico – singola diocesi o area metropolitana
(insieme di più diocesi) o ad un ampio spazio intorno ad un’abbazia –
vede la fioritura e la diffusione di una specifica scrittura musicale,
molto diversa l’una dall’altra. Il fenomeno merita attenzione, perché
sul fronte parallelo della scrittura testuale, tutta l’Europa scrive trac-
ciando un unico modulo grafico: la minuscola carolina, elaborata pro-
babilmente a Corbie nella seconda metà del secolo VIII. Indicativo è il
fatto che a quest’egemonia calligrafica carolingia si sottraggono sol-
tanto le due regioni continentali che sotto il profilo politico resistono
alla dominazione dell’impero franco: la penisola iberica e il territorio
longobardo di Benevento-Montecassino.
Questa diversa situazione grafica che interessa da un lato i testi lette-
rari, dall’altro la notazione musicale, può suggerire l’ipotesi che la dif-
fusione della scrittura musicale sia avvenuta dopo quella testuale, vale
a dire in un’epoca – tra l’840 e l’860 – in cui la sede del governo cen-
trale non esercitava più con fermezza il suo potere, quando l’impero
era ormai frazionato e non riusciva più a formare un’unità compatta
come agli inizi del secolo sotto Carlo Magno.
Si è già affermato che i libri con notazione musicale, di fatto, non ser-
vivano per il canto. Certo, perché i segni erano incomprensibili e pote-
vano dire qualcosa soltanto a chi conosce già bene a memoria le melo-
die. Si dava pertanto una situazione curiosa: chi sapeva a memoria la
musica non aveva bisogno di uno scritto; ma una musica scritta non
poteva essere letta se non da chi già la cantava a memoria. Non si trat-
tava di spartiti musicali paragonabili a quelli moderni, che permettono
a chiunque di leggere la melodia scritta con un minimo d’alfabetizza-
zione musicale. Un testo letterario sì che poteva essere letto e inter-
pretato dopo un minimo di formazione, la musica no.
La problematica è, tuttavia, complessa; si vorrebbe sapere il motivo
principale che ha spinto a scrivere musica “illeggibile”. Accanto a moti-
vazioni di ordine simbolico o legate alla disciplina dell’arcano, proba-

73
bilmente bisogna mettere in conto l’esigenza di rendere in qualche
modo tangibile l’Impalpabile, visibile l’Invisibile: il suono sacro, percepi-
to quale “sacramento” di D-i-o, vuole essere custodito e messo al
riparo da ogni possibile manomissione e contraffazione. O, ancora, si è
ritenuto opportuno fissare per iscritto una testimonianza culturale in
modo da potervi ricorrere in caso di dubbi interpretativi, senza esclu-
dere un qualche minimo uso dei codici musicali a livello didattico.
Si potrebbe anche pensare che la scrittura sia stata resa necessaria
dall’irruzione del repertorio romano in territorio franco, dalla difficol-
tà di memorizzare migliaia di melodie estranee, senza contare l’imma-
ne produzione di altri nuovi canti quali sono i tropi e le sequenze.
Quest’ultima ipotesi è però molto debole, perché le melodie scritte
non potevano in ogni caso essere lette ed erano tramandate dalla viva
voce dei cantori in una catena ininterrotta che collegava maestro e
discepoli, a loro volta futuri maestri.
È importante ricordare ancora un fatto non trascurabile: mentre le tra-
smissioni scritte dei testi poetici, tramandati dalle fonti carolinge e poste-
riori, rispettano le diverse e complesse strutture metriche letterarie –
tranne poche eccezioni, a parte la trasmissione epigrafica su pietra che
comporta evidenti difficoltà nell’incisione del materiale –, nella scrittura
dei brani musicali prevale in modo assoluto l’impaginazione delle melo-
die, con i relativi testi, a riga piena. Ciò significa che nella stesura dei codi-
ci non interessava minimamente il fatto musicale, oppure, chi scriveva i
libri con notazione non era più consapevole delle diverse strutture e
forme musicali alle quali si è accennato in precedenza (formule salmodi-
che, melodie cicliche, maqam…). Anche questo aspetto, di non poca rile-
vanza, rivela il paradossale carattere a-musicale dei libri con musica.
A livello liturgico i libri con musica sono sussidi, la cui utilità reale per
secoli, fino all’epoca moderna, è stata importante, ma assai limitata.
Essi hanno fornito ai cantori indispensabili informazioni sulla scelta dei
canti da eseguire in ciascuna celebrazione; parimenti essi indicavano
subito anche il movimento della linea melodica e ciò poteva “rinfre-
scare” la memoria. Il canto in concreto era lasciato alla tradizione
orale e alla memoria.
Il valore limitato dei segni neumatici per l’esecuzione delle melodie
liturgiche può essere desunto anche dal fatto che i testimoni più anti-
chi con neumi – che risalgono al secolo IX – sono libri destinati al

Aosta, Biblioteca del Seminario, 71, 109va; Messale: ? > Cormayeur sec. XIIex,
graduale Haec dies + Alleluia Pascha nostrum (Pasqua)

74
Archivio Vescovile di Acqui,
Vita di san Guido del canonico Lorenzo Calceato,
codice pergamenaceo del sec. XIV.

celebrante principale o
al diacono: le parti in
musica sono pertanto in
prevalenza toni di ora-
zione e di cantillazione, e
i neumi sono perlopiù
inseriti in maniera spora-
dica, spesso soltanto in
prossimità della cadenza
per indicare la sillaba
dove inizia la formula
conclusiva di una frase o dell’intero brano.
Nello studio della genesi della scrittura neumatica, si parte sempre
dalla convinzione che anche in quel periodo si scrive la musica
secondo i criteri moderni, copiando cioè tutte le note di un brano.
Esami comparativi tra i repertori affini (il romano-antico e il grego-
riano, in misura più ristretta anche l’ambrosiano), permettono di
constatare un fatto non trascurabile: brani con melodie identiche, nei
diversi repertori possono utilizzare formule melodiche diverse, a
patto che abbiano la medesima funzione. Così, ad esempio, un introi-
to di III modo (in mi autentico) può iniziare con la formula “mi re sol
la si” oppure con “sol si si”.
Tale fenomeno suggerisce un’altra ipotesi: le melodie all’inizio non
sarebbero state tramandate con l’indicazione scritta di tutte e sin-
gole le note; probabilmente i cantori s’accontentavano di vedere
scritto in un libro il testo del brano da eseguire con alcuni riferi-
menti circa la modalità e la posizione delle formule più importanti
d’intonazione, d’abbellimento centrale e di cadenza. Ogni cantore,
d’altra parte, sapeva come regolarsi perché, conoscendo il significa-
to di un pezzo, poteva/doveva inserirlo in un preciso sistema musi-
cale con il pieno rispetto della forma e dello stile proprio di ciascu-
na tipologia. L’uso di indicazioni modali e d’abbreviazione formulare
è suggerita insieme dalla tradizione libraria liturgica bizantina e dal-
l’utilizzazione di segni tachigrafici (note tironiane) nell’Europa latina;
di questi ultimi rimane traccia consistente ancora nel graduale di
Laon, Bibl. Municipale, 239, attribuito all’anno 930 circa.

75
Le fonti più antiche che riportano segni musicali su canti del proprio
della Messa sono da situarsi nella Francia settentrionale e presentano
una scrittura denominata paleofranca. Nel corso del secolo X si affer-
mano un po’ ovunque, sul territorio europeo, una miriade di scuole
scrittorie con differenziazioni notazionali che diventano sempre più
marcate, tanto da poter tracciare una mappa geografica costellata da
importanti centri di produzione libraria con specifiche connotazioni
grafiche. Certamente in questa geografia si nota l’affinità di tendenze
simili in sedi culturali che si trovano contigue o vicine. Ma spesso si
possono notare parentele grafiche tra scriptoria episcopali o monasti-
ci assai distanti, anche in nazioni diverse. Sul piano culturale il legame
parentale – dovuto all’appartenenza ad un’unica e medesima corrente
Bastia, ideologica o ad uno stesso movimento di riforma o di consuetudine
San Fiorenzo,
Inconorazione monastica – crea vincoli più forti rispetto alla posizione geografica rav-
di Maria, vicinata.
particolare In questa prospettiva, si comprende la presenza di neumi sangallesi a
dell’affresco.
Angelo musicante. Bobbio, grazie al vincolo di parentela dovuto al fatto
che entrambi i cenobi, uno in Italia e l’altro in
Svizzera, sono fondazioni che risalgono all’opera
missionaria irlandese sotto l’impulso di san
Colombano. Alla vicinanza geografica si deve invece
la presenza degli stessi neumi sangallesi nella Monza
del secolo XI.
Il carattere francese che traspare dai neumi del
breviario-messale di San Salvatore alle falde del
Monte Amiata, trova la sua spiegazione nel fatto
che quest’importante monastero nel secolo XI
apparteneva all’obbedienza cluniacense.
I neumi di matrice germanica che si riscontrano
nelle abbazie di Rosazzo e di Moggio riflettono l’ir-
radiazione della riforma di Hirsau: essa ha raggiun-
to molti monasteri tedeschi (come S. Emmeramo
di Ratisbona), austriaci (Admont e altri) e i cenobi
d’area friulana, sottraendoli a precedenti influssi di
chiara matrice svizzera; basti pensare al nome
stesso di “San Gallo” di Moggio. A proposito di

Aosta, Biblioteca del Seminario, 6, 103r ; Antifonario: Sant’Orso sec. XII-XIII,


responsorio Beatus Gallus zelo (s. Gallo)

76
monasteri e dell’irra-
diazione dei grandi
cenobi, si consideri
che l’area sotto l’in-
flusso politico e cul-
turale di
Montecassino è ben
sottolineato e delimi-
tato dall’uso della
notazione cassinese-
beneventana nei gran-
di e piccoli centri
dipendenti dall’abba-
zia madre, con parti-
colare intensità e un
elevato numero di
testimoni sopravvissuti in Abruzzo e nelle Marche. In queste regioni i
moduli grafici del cenobio benedettino persistono a lungo, mentre a
Montecassino erano stati da tempo abbandonati: caso emblematico è
il quilisma che nel centro scompare alla fine del XI secolo, mentre in
periferia, nelle Marche, perdura fino alla metà del XII secolo. Nei seco-
li XI e XII tutto il Meridione presenta vaste zone dove sono in uso
notazioni di tipo beneventano: da Montecassino a Gaeta, da Benevento
a S. Maria nelle Isole Tremiti, da Napoli a Bari. Esempi di notazione cas-
sinese si trovano anche lontano – nelle Marche, a Lucca, a Ravenna,
forse pure in Sicilia – grazie a determinate fondazioni monastiche
dipendenti dal cenobio.
Il fenomeno è assai importante perché il fatto grafico, che interessa
direttamente la scrittura della notazione musicale, è un aspetto di una
realtà più vasta che coinvolge tutto l’universo culturale di cui i neumi
sono un’espressione minima. In tal senso le scritture neumatiche con-
fermano dati già acquisiti o rivelano aspetti ancora inediti sulle rela-
zioni spirituali e culturali che hanno interessato le più diverse e lonta-
ne località del mondo medioevale. Due soli esempi: si conosce la fin-
zione primaria sul piano educativo-scolastico di Pavia sin dalla presen-
za dell’irlandese Dungal e poi dall’attività di Anselmo d’Aosta.
Quest’ultimo, maestro di filosofia e teologia riconosciuto in tutto il

77
LA PARTECIPAZIONE
ALLA MESSA
NEL MEDIOEVO

ASSEMBLEA E MINISTRI
Continente, svolge la funzione di abate al Bec in
Normandia. Questo suo trasferimento non è
per nulla casuale, ma s’inserisce in un movimen-
Assemblea: la comunità to di grande attività culturale di cui è testimo-
celebrante. Essa inter- nianza non indifferente la presenza di neumi
viene nel canto soprat- “bretoni” nell’Italia settentrionale, proprio a
tutto con le risposte (ad Pavia e ad Ivrea.
esempio, Amen) e in
alcuni brani dell’ordina-
Ricerche nel campo dell’architettura e dell’ico-
rio (ad esempio, il nografia da tempo hanno messo in relazione l’a-
Sanctus) rea catalana e quella piemontese occidentale.
Non è mera casualità la presenza alla Novalesa
Cantore: esegue brani (Susa) e in Catalogna di una notazione che pre-
solistici quali i versetti senta una profonda somiglianza. Tale relazione
del graduale e dell’alle- d’affinità è ulteriormente confermata dal reper-
luia
torio musicale grazie, tra l’altro, ad alcuni fram-
Diacono: ministro che menti novalicensi conservati nell’Archivio di
assiste il vescovo. Al dia- Stato di Torino.
cono spetta proclamare il La ricchezza espressiva e la grande varietà di
Vangelo e cantare forme delle notazioni musicali può essere letta
l’Exultet durante la alla luce dell’espansione grafica in un territorio
veglia pasquale particolarmente vivace tra i secoli X e XII:
Lettore: ministro che
l’Italia settentrionale.
proclama la prima lettu- A parte casi isolati di frammenti palinsesti come
ra quello della zona di Torino (Paris, Bibl. nationale
de France, gr. 2631, secolo X-XI), in Piemonte
Officiante: sacerdote o s’individuano varie e diverse situazioni. In Val
vescovo che presiede la d’Aosta nel secolo XI si conoscono i neumi di
celebrazione tipo germanico-elvetico. Essi rivelano gli stretti
legami con il territorio elvetico transalpino
Schola: gruppo ristretto
di cantori che eseguono i mentre, nei secoli successivi, la notazione della
canti gregoriani, in Valle evidenzia il cambiamento della corrente
seguito anche brani poli- culturale che ora s’ispira al mondo francese.
fonici Alla Novalesa presso Susa si sviluppa un pro-
prio modulo grafico che presenta tratti in
comune con Novara, ma soprattutto, si è già
detto, con la Catalogna, regione che ha visto un
forte influsso italico.

Oxford, Bodleian Library, Douce 222; Tropario: Novalesa sec. XI1,


offertorio Benedixisti verso Ostende (avvento)

78
Vercelli ed il Monferrato sono un’isola a sé stante e differiscono dai
centri vicini di Novara e di Ivrea. La notazione novarese si diffonde in
tutto il territorio della diocesi e interessa anche la splendida produ-
zione libraria di S. Vittore di Intra (Verbania) sul Lago Maggiore.
La liturgia di Ivrea, come si è visto, è stata fissata in codici scritti a Pavia
o, più probabilmente, in loco da mano di formazione pavese con i già
menzionati neumi bretoni.
In Lombardia la situazione non è meno complessa: a Monza si trova di
nuovo la notazione germanico-elvetica resa nota soprattutto dai codi-
ci della famosa abbazia di San Gallo. A Como, invece, fondazioni mona-
stiche franche (Metz) hanno diffuso la neumatica lorenese che si è
estesa a tutta l’area lariana. Autonoma è invece l’abbazia di S. Pietro
presso Civate: anche là si avverte una sintonia con il mondo francese,
ma la scrittura è notevolmente diversa da quella metense-comasca. A
Milano, dopo pochi tentativi frammentari di scrivere musica, verso il
1100 si attesta un sistema veramente semplice: le note sono piccoli
punti collegati tra loro da esili tratti. Questa grafia è presente in altre
città lombarde – anche nella Monza del pieno XII secolo – e si evolve
raggiungendo la piena maturità in una notazione gotica lombarda in cui
la nota fondamentale è un rombo.
Brescia e Mantova hanno notevoli testimonianze grafiche del secolo
XI (Oxford, Bodleian Library, Canon. Lit. 366 e Verona, Bibl. Capitolare,
CVII); nei secoli successivi Brescia ha un numero di fonti, codici e
frammenti, che permettono di seguire l’evoluzione della grafia locale
sino alla notazione quadrata del XIII secolo. Una situazione particola-
re s’incontra a Verona tra il secolo X e il XII: lo scrittorio episcopale
rivela affinità con la vicina Brescia e con Nonantola: tra i secoli XI e
XII la grafia nonantolana s’incontra in vari documenti liturgici di area
veronese. Un messale del secolo XI-XII (Verona, Bibl. Capitolare, CV)
nella grafia musicale segue i moduli locali nella prima parte, nella sezio-
ne successiva i segni nonantolani. A settentrione di Verona, man mano
che ci s’inoltra verso l’Austria, prevale la grafia di tipo germanico che
rimarrà egemone soprattutto a nord di Bolzano (Bressanone,
Novacella/Neustift, San Candido/Innichen). Condizioni grafiche analo-
ghe nel Friuli, soprattutto intorno ai ricordati centri monastici di San
Gallo di Moggio e di Rosazzo.
In Emilia ha grande rilievo Piacenza, la cui vitalità sul piano della cultu-

79
Acqui Terme, Biblioteca del
Seminario, ms. 1, c. 205 r.

ra ecclesiastica ha avuto recenti conferme


dopo la felice scoperta di un palinsesto indi-
viduato a Parigi (Bibliothèque nationale de
France): le carte di un antico graduale, infat-
ti, sono servite per la trascrizione di un
codice di medicina. Più di un centinaio di
carte di un unico messale del secolo XI-XII
sono state utilizzate come coperte per atti
amministrativi a Piacenza. Poi ci sono altre
città come Parma, Reggio Emilia e Modena
o centri monastici tra i quali primeggia
Nonantola.
Modena ha stretti legami con Bologna, il
cui più antico codice è stato copiato
verso il 1039: Roma, Bibl. Angelica, 123,
scritto nel capoluogo e modello, diretto
o indiretto, di Modena, Bibl. Capitolare,
O.I.13.
A Modena incontriamo anche un tipo di
notazione che s’avvicina a quella diffusa in
Toscana. Questo uso di un unico modulo grafico potreb-
be riflettere la vasta area dell’egemonia politica e culturale dei
Canossa segnata, tra l’altro, da un particolare impianto delle chiese
romaniche dall’Emilia al Lazio settentrionale. Il ricordato codice
Angelica è il più importante, ma non l’unico testimone di una partico-
lare grafia, detta appunto bolognese, della quale rimane traccia in molti
frammenti conservati nella regione. Nella Romagna orientale il princi-
pale centro scrittorio non può essere che Ravenna, capitale della cul-
tura bizantina in Italia e importante centro della politica ecclesiastica
se fino agli inizi del secolo XII ha potuto esercitare una certa giurisdi-
zione fino a Piacenza. L’area dell’antica provincia ecclesiastica ravenna-
te vede il fiorire di una particolare scrittura neumatica che, dopo alcu-
ni notevoli saggi nel secolo XI in area pomposiana, raggiunge la pro-
pria maturità calligrafica nel XII secolo. La notazione ravennate prati-
camente ha testimonianze concentrate nel vasto territorio che si
estende da Ravenna a Modena, da Padova a Urbino e nel retroterra
marchigiano.

Verbania/Intra, Biblioteca Capitolare S. Vittore, 5 (14), c. 3v; Tropario sequenziario: Intra sec. XII1,
Gloria in excelsis (cfr. BOSSE 39)

80
Archivio Vescovile di Acqui,
Vita di san Guido del canonico
Lorenzo Calceato,
codice pergamenaceo del sec. XIV.

Dopo la fioritu-
ra delle notazio-
ni neumatiche –
delle quali sol-
tanto in Italia si
contano varie
decine – a parti-
re dal secolo
XIII prende pie-
de una scrittura
che diverrà uni-
versale nei Paesi latini: la notazione
quadrata. Il termine si deve alla forma, quadrata, della nota fon-
damentale; essa tuttavia può avere varie connotazioni grafiche (allar-
gata, allungata, con i tratti lineari o arcuati...) che permettono di distin-
guerne almeno una trentina di morfologie diverse.
La notazione quadrata era di uso comune nei Paesi di cultura latina
nella seconda metà del XV secolo. Quando – alcuni decenni prima di
Petrucci che è considerato l’inventore della stampa musicale – sono
stati stampati alcuni libri liturgici con musica, i tipografi hanno preso
come modello i manoscritti dell’epoca che hanno imitato in ogni
aspetto grafico e di impaginazione. Ciò spiega la presenza della nota-
zione quadrata nei libri liturgici di canto. La nota quadrata è stata con-
fermata anche nelle edizioni moderne dal Graduale Romanum (1908) al
recente Liber Hymnarius del 1983.
Ma torniamo ancora un momento indietro nel tempo per accennare
a un fenomeno particolare che investe la grafia musicale: il colore delle
note. Esse di solito sono scritte con inchiostro scuro, come il testo let-
terario. Per ragioni evidentemente legate alla percezione estetica, in
sontuosi libri da coro nei secoli XV e XVI alcune sezioni dei brani
liturgici possono avere le note colorate. Note in rosso, blu, verde e
persino oro conferiscono alla pagina dei corali uno affascinante effet-
to cromatico. Spesso una o più linee con sgargianti note colorate
fanno da supporto a sontuose miniature che illustrano i capilettera

81
PER
APPROFONDIRE:
GIACOMO BAROFFIO (ed.), degli introiti nei libri della Messa e del primo
Segno e Musica. Codici responsorio del mattutino nei libri della liturgia
miniati e musicali nel delle ore.
millenario della nascita Particolare attenzione merita il colore rosso. Con
di Guido d’Arezzo. il minio delle rubriche in alcuni casi (Palermo,
[Catalogo della Mostra Monza…) sono state integrate le omissioni del
del Museo Statale d’Arte copista. Spesso con il colore rosso sono evidenzia-
Medioevale e Moderna,
Arezzo, 10 giugno - 31
te le note che occorre allungare, come l’ultima
ottobre 2000], Milano, nota che conclude le frasi del Gloria in excelsis o del
Mazzotta 2000. Credo, casi nei quali le note rosse sono accompa-
gnate o sostituite dalla “corona”, un esplicito segno
di allungamento. Altre volte il rosso denota le
sezioni che si possono o devono tralasciare in par-
ticolari situazioni. È il caso delle sezioni trovate del
Gloria in excelsis per la Madonna (vaticana IX cum
iubilo). In questo caso il rosso del tropo Spiritus et
alme ricorda in modo immediato al cantore che
può inserire nel brano originale la farcitura. In alcu-
ni codici sono scritti in rosso gli alleluia che concludono i canti del
tempo pasquale, alleluia che però in alcuni brani – si tratta soprattut-
to di antifone che accompagnano i salmi della liturgia delle ore – si
omettono negli altri tempi liturgici. A Montecassino e anche altrove,
quando dopo il secolo XIV sono stati eliminati i melismi già scritti nei
codici, l’omissione è stata segnalata scrivendo in rosso l’ultima nota
prima del taglio e la prima nota dopo di esso. Un ultimo caso: la nota-
zione rossa evidenzia la seconda voce nella polivocalità o polifonia
semplice. È una voce che spesso si muove per modo contrario rispet-
to a quella principale: dove questa sale, l’altra scende, e viceversa. Il
colore rosso, come si può vedere in tanti esemplari, permette di segui-
re in modo preciso l’intreccio delle due linee melodiche. Se fossero
scritte entrambe in nero, facilmente si confonderebbero.

Milano, Biblioteca del Capitolo metropolitano, II.F.1.1, c. 114r ; Antifonario: Milano Duomo sec. XIV-XV,
salmello (graduale) Respice de cælo

82
LA TRADIZIONE
MUSICALE
DELL’UFFICIO
IN ONORE DI GUIDO
VESCOVO DI ACQUI
di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim

La liturgia delle ore nella festa di san Guido presenta alcune partico-
larità di ordine sia testuale sia musicale che saranno esposte breve-
mente prima di ogni sezione musicale pubblicata qui di seguito. Per
quanto riguarda le ore, sarà opportuno dare uno sguardo anche alla
tabella di p.176. Lo schema evidenzia la struttura compositva dei sin-
goli brani e mette in luce il carattere ibrido dell’Ufficio. Si può osser- Acqui Terme,
vare, infatti, come alcuni testi abbiano una particolare struttura metri- Cattedrale,
ca e presentino rime. Siamo di fronte a un cosiddetto Ufficio “ritmi- particolare
del pulpito.
co” che però qui è parziale, nel senso che alcune sezioni sono ritmi- San Guido.
che e rimate, mentre altre hanno i testi in prosa. Un ulteriore studio
potrà chiarire la relazione tra queste parti differenti. L’ufficio, così
com’è tramandato nel codice di Acqui, pone una serie di interrogativi.
Ad esempio, siamo di fronte a un Ufficio ritmico che non è stato com-
pletato o è stato utilizzato soltanto in parte? I pezzi prosastici deriva-
no da un’altra tradizione, forse da un Ufficio anteriore?
Da rilevare nei primi vespri è una consuetudine non rara di probabile
origine franca, ricordata già da Rodolfo di Tongres († 1403), che si dif-
ferenzia dall’uso comune seguito nei secondi vespri. I cinque salmi
festivi non iniziano con il ben più diffuso salmo 109 Dixit Dominus, ma

83
presentano la serie di cinque salmi “de laudate” che cominciano tutti con
“Laudate” oppure “Lauda”. Nell’ordine sono i salmi Laudate pueri (112),
Laudate Dominum omnes gentes (116), Lauda anima mea Dominum (145),
Laudate dominum quoniam (146), Lauda Ierusalem Dominum (147). Un’altra
differenza rispetto all’uso comune è il fatto che tutti e cinque questi salmi
sono cantati con un’unica antifona, mentre di solito ogni salmo ha una
propria antifona. Ci si uniforma, invece, alla pratica del tempo nell’esecu-
zione dell’antifona. Prima dei salmi essa viene soltanto intonata. Ciò signi-
fica che un cantore canta solempniter la sola prima parola dell’intero
brano (Guido); l’antifona sarà cantata integralmente soltanto dopo il quin-
to e ultimo salmo.
Il testo dell’antifona chiarisce subito la natura di questo brano sotto il
profilo letterario: è un testo poetico in rima che si può schematizzare
con la formula (a a a a /8 pp 10 pp) ripetuta due volte. L’antifona è com-
posta cioè da quattro versi di 8, 10, 8, 10 sillabe che si concludono tutti
con parole proparossitone che hanno la stessa rima (i-um). La struttura
del testo e il movimento della melodia testimoniano uno stile tardo della
composizione.

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, A17, c. 2r; Graduale: Bressanone sec. XV,
introito Spiritus Domini

84
Una conseguenza notevole sotto il profilo musicale è che il tono sal-
modico – in questo caso il I – rimane sempre invariato creando una
situazione forte di “mono-tonia”. Questa situazione è ambivalente. Da
un lato può favorire la concentrazione sulla preghiera perché sgombra
il terreno da ogni preoccupazione musicale: si canta sempre tutto
nello stesso modo e con la medesima cadenza finale (la la sol fa sol/la
sol); d’altro canto se non si è estremamente vigilanti, si rischia di per-
dersi in uno stato di in-coscienza indotto dal canto scandito in modo
ossessivo sulle stesse note, il che può produrre quasi un effetto ipno-
tico di sonnolenza.
Nei vespri dopo la lettura biblica si usa eseguire un canto semplice: il
responsorio breve. In alcune Chiese, per sottolineare la solennità di
una festa, il canto semplice è sostituito da un responsorio prolisso, di
solito riservato all’ora di preghiera notturna (il mattutino). Ad Acqui
un simile tipo di responsorio è affidato a due cantori. La melodia si
muove in fa, ma è scritta in do, e rivela la sua appartenenza a uno sta-
dio tardivo della tradizione “gregoriana” perché spazia in un ambito
assai esteso e si muove con stilemi musicali nuovi, posteriori cioè
all’XI secolo. Anche la seconda sezione del responsorio, il versus
(Peregre Iacob) si differenzia notevolmente dalla prassi abituale che
prevede l’uso di una formula salmodica, mentre qui ci troviamo di
fronte a un’esuberante melodia originale.

85
L’inno Gaude mater ecclesia si allinea alla struttura letteraria dei brani
precedenti e presenta una melodia probabilmente originale. La formu-
la del I verso si ritrova in alcune recensioni dell’inno Verbum supernum
prodiens (O salutaris hostia), ma lo svolgimento della melodia sembra
proseguire in modo autonomo.

Nonantola, Museo benedettino, Cantatorio, c. 85r ; Cantatorio: Nonantola sec. XI-XII,


graduale Iustus ut palma

86
Il versicolo è mutuato dal comune dei santi vescovi e presenta la corda
di recita sul do. La formula finale si discosta dalla tradizione italica dove
si canterebbe si do si la sol la si la. Ad Acqui il si è stato atratto dal do
superiore secondo la prassi del “dialetto germanico”, ma si è attenu-
tao l’effetto della III minore (la do) con un passaggio per gradi con-
giunti si do si la sol la si do la.

L’antifona al Magnificat ha un testo in prosa; è cantata integralmente


prima e dopo il cantico nei primi vespri nella vigilia della festa. La rubri-
ca “semel” (= una sola volta) potrebbe far pensare che fosse nota la
prassi di alternare l’antifona ai versetti dei cantici evangelici per sole-
nizzare l’azione liturgica, un uso attestato a Roma ancora alla fine del
XII secolo ed espresso con il termine tecnico “antiphonare”.

87
Ogni ora liturgica si conclude con un invito a lodare D-i-o con la vita:
Benedicamus Domino. Il grado di solennità della festa per onorare il
patrono locale è messo in risalto da una particolare amplificazione
della formula: essa presenta non solo un ampio vocalizzo, ma ha ha una
configurazione polifonica, Si veda lo studio specifico di Rodobaldo
Tibaldi (p.155). Non si tratta di un fatto eccezionale neppure ad Acqui,
come si deduce, tra l’altro, dalle annotazioni relative al canto del Gloria
in excelsis.

* * *

La preghiera notturna del mattutino comincia con un invito alla pre-


ghiera detto invitatorio. Questa sezione è costituita da un’antifona e
da un salmo. L’antifona Regem sempiternum è il risultato di una conta-
minazione. Il suo testo assume ed unifica sezioni di due differenti
brani:
Regem sempiternum pronis mentibus adoremus qui confesso-
rem suum digne pro meritis coronavit
Adoremus Christum regem confessorum dominum qui aeterna sanc-
tum N. coronavit gloria

Modena, Archivio Capitolare, O.I.13, c. Br ; graduale: area bolognese sec. XI1,


graduale Qui operatus verso Gratia Dei (s. Paolo)

88
Il salmo 94 (Venite exultesmus Domino) è cantato in modo particolare,
secondo l’uso dell’antiphonare che prevede l’inserzione dell’antifona all’in-
terno del testo salmico. Inoltre il salmo stesso non è eseguito da due cori
che si alternano nel canto dei singoli versetti, ma è proposto da un soli-
sta. Questi esegue delle unità più ampie, le strofe, di cui qui è proposta
la prima, quale modello da seguire anche nelle unità successive.

L’inno – che nelle ore cardine dei vespri e delle lodi si trova alla fine
– nel mattutino è collocato all’inizio dell’ora. Anche questa instabilità
di posizionamento tradisce il fatto che l’innodia nella liturgia romana
è entrata tardi (verso la fine del secolo XII) e che, comunque, è statta
avvertita come un elemento estraneo. Inclita gaudia ha un metro par-
ticolare. La musica presenta quattro versi con la struttura “a a b c”. La
ripetizione della prima frase dà maggior vigore allo slancio proprio di
questa bella melodia in sol (VII modo = tetrardus autentico).

89
Il corpo centrale del mattutino festivo e domenicale è formato da tre
sezioni denominati notturni o vigilie. Tutte e tre presentano la mede-
sima struttura: tre antifone con relativi salmi, un elemento di cerniera
(il versicolo con la sua risposta), tre letture relativamente ampie, cia-
scuna delle quali è seguita da un silenzio orante che sfocia in un canto
di risposta, il responsorio.
Le antifone del I notturno iniziano a narrare, quasi fosse un racconto
a puntate, la historia del santo vescovo Guido, magnificandone la nasci-
ta e il ceppo parentale (nobilissimis natalibus), sottolineando l’attenzio-
ne nell’ascolto della parola di D-i-o (documentis sacris), il disprezzo
delle realtà mondane e l’ascesa al vertice del sacerdozio nell’episco-
pato. Il linguaggio musicale nei due primi canti risponde a quello tra-
dizionale. In particolare la prima antifona riprende una frase melodica
assai diffusa (melodia tipo), propria del modo di re, e la sviluppa in una
contenuta variazione dando origine a una architettura musicale bipar-
tita e ben equilibrata. La terza antifona riflette un linguaggio del tutto
diverso, quello caratteristico della musicalità dell’Europa latina dopo il
secolo XI. Si può notare un fatto curioso: in gran parte di questo
Ufficio dopo l’antifona segue immediatamente la formula di cadenza
della salmodia (euouae = saeculorum amen) e alla fine si trova l’indi-
cazione del salmo con la corrispondente formula d’intonazione. Il ver-
sicolo presenta la medesima costruzione di quello precedente consi-

Fonteavellana, Eremo Santa Croce, Nn, p. 364; Breviario: area ravennate-Italia centrale sec. XII1,
responsorio Gabriel angelus

90
91
derato nei primi vespri.
Le letture sono precedute dalla richiesta di benedizione che il lettore
fa rivolgendosi al responsabile (dom[p]nus) della comunità o dell’azio-
ne liturgica in corso. Nel nostro caso il fatto ha una rilevanza non indif-
ferente, perché la breve formula contiene già il modulo melodico che
servirà per il canto delle letture stesse, com’è indicato nel manoscrit-
to, assumendone anche l’ampio vocalizzo sulla sillaba tonica dell’ulti-
ma parola. Questo vocalizzo (melisma) con le sue cascate ravvicinate
di note mostra chiaramente la sua giovane età: appartiene a uno stra-
to decisamente “moderno” della cantilena liturgica.

I primi tre responsori narrano un racconto della vita parallelo a quel-


lo delle antifone. Iniziano anch’essi dalla famiglia nobile (ex nobilissima
progenie). Tutti i responsori appartengono a uno strato musicale
“moderno”. Una differenza notevole dalla tradizione si riscontra
soprattutto nei versi che abbandonano lo schema salmodico standard
con cui erano cantate solitamente queste sezioni. Abbiamo ora invece

Palermo, Archivio Storico Diocesano, 9; Kyriale tropario sequenziario: Palermo sec. XIV3/4,
Gloria in excelsis (Vat. IX) + tropo Spiritus et alme

92
delle melodie originali, con ampi svolazzi e linee melodiche che per-
corrono su e giù per le scale che si allungano sempre più. Ciò è un
risultato e insieme anche una causa della perdita del senso modale,
cioè di quel particolare impianto melodico (la scala musicale) con pre-
cise estensioni e gerarchie di suoni. L’indicazione modale in questi casi
è soltanto orientativa; di fatto ci si muove in schemi appunto dove

93
Vercelli, Biblioteca Capitolare, CLXXXVI, c. 116r ; Graduale: Balerna S. Vittore (Canton Ticino, area di influs-
so comasco) sec. XII, graduale Hæc dies (Pasqua)

94
spesso fa capolino il senso della moderna tonalità.

Le antifone del II notturno sono composte rispettivamente in fa, mi e


di nuovo in fa. Il terzo brano è quello più fiorito, mentre l’antifona in
mi è condizionata fortemente da soste su note parigrado che segnano
una discesa progressiva da si al la per finire sul sol che precede la con-

95
clusione finale sulla tonica mi.
I tre successivi responsori sono cantati in sol, re e fa. Quest’ultimo
brano, come molti canti in tritus – così si chiamano i modi di fa – è pro-
posto in una scrittura traportata, nel senso che si fa coincidere il fa
reale con un do. Sono brani relativamente lunghi. Nel primo respon-
sorio la ripetuta ricorrenza dei medesimi nuclei melodici conferisce
un trascinarsi pesante a tutto il pezzo. Il secondo responsorio ripren-
de alcuni stilemi tradizionali propri dei responsori in re. È nella melo-
dia del versetto che si riscontrano particolari dipendenze dagli sche-
mi usuali; quando se ne discosta, Acqui mantiene inalterata la struttu-
ra architettonica, come nel caso della cadenza finale pentasillabica. Il
terzo brano è notevole e interessante; si estende per oltre un’ottava
e richiama nei passaggi melodici alcuni nuclei presenti in altri Uffici

Verbania/Intra, Biblioteca Capitolare S. Vittore, 10, c. 2r; Graduale, Como sec. XIV,
alleluia Ostende nobis (avvento)

96
97
liturgici del basso medievale
I canti del III notturno si differenziano da quelli degli altri notturni.
Siamo di nuovo alla presenza di brani che, pur con alcune ambiguità,
hanno le caratteristiche degli Uffici metrici in rima (vedere la tabella a
p. 176). La prima delle due melodie in re si muove liberamente mutuan-
do la formula d’intonazione dalla tradizione (do-re re-la-sib-la), un pas-
saggio che si ritrova anche in brani recenziori come nell’antifona di san
Francesco Franciscus vir catholicus (Ufficio ritmico di Giuliano da Spira)
che è servita da modello a molti canti posteriori. Con quella stessa
antifona francescana (e con altre) il nostro canto ha in comune anche
l’ultima sezione cadenzale. Ben fondata nella tradizione modale classi-
ca è la discesa al la grave che caratterizza i momenti iniziali delle due
sezioni che compongono la terza antifona. Il senso della ripetività è
però ovviato dall’uso della figura speculare: re do la nel primo caso,
mentre nel secondo si canta la do re.

Novara, Archivio Storico Diocesano, G 1; graduale: Novara sec. XI2,


Gloria in excelsis (Vat. XI)

98
99
Da segnalare è in particolare il II responsorio Fulgentes radii. La parola
conclusiva del responso presenta sulla sillaba tonica un melisma assai
sviluppato (præmium: 56 note). Il II responsorio accusa disturbi note-
voli nell’impianto modale di VII modo, nonostante l’inizio così esplici-
to con il salto di V sol re. Si notino, ad esempio, i passaggi intorno al si
bemolle. Da osservare anche la divergenza melodica del Gloria Patri
finale rispetto al I verso Verus bonus.

Verona, Biblioteca Capitolare, CVII, c. 88v; Tropario sequenziario: Mantova sec. XI,
antifona “ante evangelium” Laudate Dominum de cælis

100
101
Le lodi – l’ora di preghiera celebrata verso l’alba – hanno cinque anti-
fone che accompagnano i rispettivi salmi. Ci troviamo anche qui in
presenza di brani ritmici in rima. Sotto il profilo musicale le melodie

Verona, Bibl. Capitolare, CIX (1902), 178r ; Innario: Verona sec. XI-XII,
inno Deus tuorum militum

102
103
più “moderne” sono la terza e la successiva, entrambe in fa.

L’inno Cæli cives assidue riprende in tutto una melodia in mi ben cono-
sciuta. La musica, infatti, è quella applicata di solito ad alcune strofe
dell’inno abecedario del poeta Seduli (V secolo) che sono stati inseri-
ti nella liturgia come canto natalizio (A solis ortus cardine) e dell’Epifania
(Hostis Herodes impie).

Le antifone ai cantici evangelici delle lodi e dei vespri (Benedictus e


Magnificat) sono di solito più fiorite e più lunghe rispetto alle antifone
collegate alla salmodia semplice dell’Ufficio. Nel repertorio tardivo tra
questi due generi di antifone spesso non si notano notevoli differenze
a livello stilistico. Nel nostro caso, tuttavia, si nota la lunghezza delle
due antifone ai cantici che hanno circa un numero doppio di unità
testuali rispetto alle brani semplici. Nel brano che accompagna il
Benedictus, ben tre volte c’è un salto di V tra il fa e il do, salto che serve
da stacco dopo la rima su -avit. Il Benedicamus che conclude le lodi
rientra nel genere melismatico con una sua propria vena melodica

Padova, Biblioteca del Seminario, 697, c. 14r ; Graduale: Padova sec. XI1,
Graduale Omnes de Saba (Epifania)

104
105
esuberante.

La tradizione musicale della Messa in onore di Guido vescovo di Acqui

La Messa di san Guido rientra nella casistica normale delle liturgie


medioevali. I canti del proprium Missæ sono tratti tutti dal comune dei
santi, tranne l’alleluia che presenta un testo proprio. L’introito Statuit
– in origine destinato alla festa di papa Marcello – appartiene al reper-
torio dei canti del comune dei santi vescovi.

Zagreb, Archivio Capitolare, MR 72/I, 131rb ; Breviario: Padova Duomo sec. XIII,
responsorio Pater peccavi

106
La prima lettura della Messa rielabora un testo sapienzale che tesse
l’elogio dei patriarchi Enoch, Noé, Abramo (Sir 44, 16). L’amplificazione
musicale e la scrittura stessa a due colori richiamano testimonianze
analoghe (ad esempio, a Ivrea). Si veda il commento di Rodobaldo
Tibaldi a p. 155.

Il responsorio graduale Ecce sacerdos


magnus con il suo verso Non est inven-
tus era attribuito alla Messa di san
Silvestro. La recensione melodica di
Acqui sembra presentare delle con-
traddizioni. Da un lato si nota una
semplificazione in alcune formula ori-
ginali di abbellimento, come nel caso
della tristropha “fa fa fa” su Deo, ridot-
ta a una sola nota. D’altro lato su
magnus e su placuit inaspettatamente
ci sono piccole amplificazioni melodi-
che con la ripetizione di figure orna-
mentali (rispettivamente sol fa mi re e
fa sol la si b la sol). È un fenomeno che
richiama le caudæ o alcune particolari

Bastia, San Fiorenzo. Opere di misericordia.


Particolare dell’affresco.
I cantori leggono un codice
con notazione musicale neumatica.

107
tipologie di tropature.
L’alleluia Pia proles è tramandato dal codice di Acqui in due recensioni
inserite nell’appendice alla Messa. Il testo presenta nella seconda recen-
sione un ampliamento centrale. Lo schema letterario è il seguente:
8pp 8pp 9pp 8pp (rime: a a a a)
8pp 8pp 9pp 8pp 8pp (rime: a a b a a)
La melodia dei due alleluia possono essere considerato due rielabora-
zioni di un’unica idea musicale. La I melodia è quella più contenuta e
probabilmente più vicina all’originale che sembra essere d’origine
domenicana. Codici dell’Ordine dei Predicatori dal secolo XIV hanno
la melodia su due testi: Exivi a Patre (Ascensione, tempo pasquale) e
Spes dator omnis populo (feste mariane).

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 22, c. 8v; Graduale: ? > Bressanone sec. XII,
graduale Universi verso Vias tuas

108
109
L’offertorio Veritas mea rientra pure nel comune dei santi vescovi,
dopo essere stato utilizzato in Messe per la memoria di papi e vesco-
vi come san Marcello, san Gregorio e altri.

Anche nella scelta dei canti dell’Ordinarium Missæ ad Acqui si è agito


secondo il costume dell’epoca, di scegliere cioè i canti con grande
libertà, anche se in alcuni casi si può osservare una convergenza di
preferenze. Tale convergenza è all’origine dei cicli delle messe di cui
l’ultima redazione è quella dell’edizione Vaticana, sancita definitiva-
mente all’inizio del ’900. Ad esempio, la Messa Vat. I era cantata di pre-
ferenza a Pasqua, la Vat. I V nelle Messe in onore degli apostoli, la Vat.
IX nelle memorie mariane.
Il Kyrie della Messa di san Guido, ad esempio, corrisponde a una parti-
colare recensione del Kyrie apostolorum, edizione Vaticana IV. Un secon-

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 22, c. 7v; Graduale: addizioni Bressanone sec. XII,
alleluia Maria hæc est (santa Maria Maddalena)

110
do Kyrie – inserito nell’appendice alla Messa dopo il primo alleluia –
corrisponde al Vat. XII. Una annotazione rubricistica avverte i cantori
di eseguire questo canto in modo grave o lento: Cantentur tractim.

Il Gloria in excelsis ha la melodia IX dell’edizione Vaticana, con un inte-

111
San Candido/Innichen: Museo, frammento s.s.; antifonario: Alto Adige (San Candido ?) sec. XV,
antifona Interrogatus a Iudæis

112
ressante ampliamento sulla parola finale Patris.

Il Sanctus riprende la melodia Vaticana II

La melodia dell’Agnus Dei è di nuovo uguale a quella della Vaticana IX

113
L’Ite missa est – la monizione diaconale di congedo alla fine della cele-
brazione eucaristica – ha una melodia propria. Spesso invece riprende

la musica del primo Kyrie cantato nella medesima Messa.

CANTI COMPLEMENTARI
Dopo la Messa di san Guido, il codice di Acqui presenta un’appendice
con alcuni brani complementari, tra cui i due alleluia propri della festa.
Un primo canto è un tratto destinato alle Messe votive della Madonna
nel tempo dopo la domenica di settuagesima Gaude Maria virgo. A noi
interessano in particolare i due brani successivi. In primo luogo c’è una
bella monizione diaconale, con cui il giorno dell’Epifania il diacono
annunciava la data delle feste mobili dell’anno, cioè di quelle celebra-
zioni la cui data oscilla con la scadenza anuuale della Pasqua. La pre-
senza del termine “Apparitio” per designare l’Epifania, fa pensare che la

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, F 4, c. 5v; Messale: Bressanone sec. XV-XVI, prefazio

114
formula sia d’origine gallicana.
L’ultimo brano di questa antologia è l’antifona mariana che si canta alla
fine della giornata, dopo compieta, nel tempo pasquale: Regina cæli
lætare. Nel codice di Acqui il brano originale è arricchito da un tropo

115
116
I.N.T.
ISTITUTO NAZIONALE TRIBUTARISTI
Via Conca D’Oro n. 300 - 00141 Roma
tel.fax 068103840 tribint@tin.it www.tributaristi-int.it

Iscritto nel Registro delle Libere Associazioni professionali del CNEL


Membro della Commissione Studi di Settore del Ministero dell’Economia e delle Finanze
Membro del Colap (Coordinamento Libere Associazioni professionali)
Partner del Progetto “Percorsi Fiscali” del Dipartimento Politiche Fiscali del Ministero dell’Economia

Ufficio di Presidenza
Via Mariscotti 21/1 15011 Acqui Terme (AL)
tel. 0144325024 – fax 0144329517 - e-mail: tribint@tin.it

Comunicazione del Presidente

Ai Tributaristi INT

Il Consiglio Nazionale, riunitosi ad Acqui Terme nella seduta del 30 settem-


bre 2005, ha accolto all’unanimità la proposta, formulata dal Segretario
nazionale Boccalini, di destinare a ONLUS, che svolgano attività sociali, il
compenso di 50 centesimi di euro corrisposto dall’Amministrazione
Finanziaria agli intermediari fiscali autorizzati per ogni dichiarazione fiscale
trasmessa.
In una situazione economica nazionale difficile si ritiene che i Tributaristi
possano dare una mano concreta a chi ha veramente bisogno, devolvendo al
mondo del volontariato sociale il suddetto “compenso” che i professionisti
dell’area tributaria non dovrebbero, senza volere entrare nel campo delle
polemiche, considerare tale.
L’adesione a tale iniziativa è assolutamente libera e lasciata alla decisione del
singolo Tributarista, per chi volesse seguire l’indicazione del Consiglio e non
avesse già individuato l’Ente destinatario dell’offerta, l’Istituto Nazionale
Tributaristi segnalerà tramite il proprio sito internet e nelle comunicazioni
allegate alle e-mail quotidiane di aggiornamento professionale una serie di
ONLUS particolarmente meritevoli.
Restano ovviamente fermi gli obblighi derivanti dalla fatturazione del com-
penso nei termini previsti dalle norme e dalle circolari in materia.

Il Presidente nazionale
Riccardo Alemanno

I.N.T. ISTITUTO NAZIONALE TRIBUTARISTI:


SCELTA DI SERIETA’ A TUTELA DELL’UTENZA
IL MONDO DEI TROPI
E LA TRADIZIONE
ACQUESE
di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim

Acqui Terme,
salita alla Cattedrale.

I tropi sono un repertorio musicale e poetico studiato ormai da un paio


di secoli, ma al quale soltanto negli ultimi decenni è stata rivolta un’at-
tenzione del tutto particolare. Il merito di questo rilancio investigativo e
culturale va alla scuola svedese di latino medioevale promossa da Dag
Norberg. Egli è riuscito a entusiasmare alcune discepole, divenute le prin-
cipali responsabili di una preziosa iniziativa editoriale: il Corpus Troporum.
Nonostante una decina di volumi già pubblicati a Stoccolma e altre inte-
ressanti monografie e approfonditi articoli, i tropi sono tuttavia ancora
poco conosciuti. Essi hanno dato vita a un fenomeno grandioso che ha
dato una forte impronta alla vita spirituale e culturale del medioevo lati-
no. All’origine di tale fatto – che è letteralmente esploso tra la fine
dell’VIII e l’inizio del IX secolo – concorrono molteplici fattori. Si può
ricordare l’impatto tra il mondo romano e quello franco che ha avuto un
momento cruciale nell’introduzione della liturgia dell’Urbe nei territori
franchi, il che è avvenuto secondo un preciso disegno politico che è stato

Aosta, Biblioteca del Seminario, 22, 89r ; Breviario: Saint-Jacquême sec. XIII,
responsorio Venerandi confessoris (s. Giacomo)

118
Acqui Terme, Cattedrale,
particolare della cripta.

promosso da Pipino ed è stato portato


a termine da Carlo Magno. Liturgia che
significa riti e azioni particolari, ma
soprattutto testi e musiche che conno-
tano una precisa cultura, tutto un modo
di pensare e di esprimere i sentimenti
più profondi del cuore umano.
L’accoglienza degli usi romani non avvie-
ne in maniera automatica e senza diffi-
coltà: sappiamo che i provetti cantori di
area gallica hanno faticato per appren-
dere le melodie italiche. Ciò non perché
fossero inesperti nel canto, ma per il
fatto che, al di là delle note e degli in-
tervalli di per sé familiari, la cantilena
romana nel suo complesso aveva un suo
linguaggio proprio, estraneo al mondo
transalpino. Pensiamo un attimo alla
relazione tra il francese e l’italiano: lingue del medesimo ceppo romanzo,
hanno l’alfabeto in comune e anche molte radici, ma dalla pronuncia alle
espressioni idiomatiche peculiari c’è tutta una serie di differenze che
non rendono automatico parlare il francese da parte di un italiano e
viceversa.
Un altro fattore spiega l’immediata e universale diffusione dei tropi. Essi
costituiscono il mezzo più semplice che permette alle singole popolazio-
ni di assimilare la dimensione “oggettiva” della liturgia alle istanze perso-
nali. Una breve spiegazione. La massima parte dei testi in canto nella litur-
gia romana sono tratti dalla Bibbia. È Parola di D-i-o che va accettata così
com’è stata tramandata, va accolta senza riserve: nell’ascolto delle lettu-
re e dei canti siamo interpellati dallo Spirito che ci comunica la voce del
Padre, ci coinvolge nel dialogo tra Cristo e la Chiesa. Questo è un aspet-
to della dimensione oggettiva della liturgia: è un dato di fatto, che si acco-
glie o si rifiuta, ma non può essere modificato. Nell’ascolto della fede il
credente non rimane però passivo. La Parola lo illumina, suscita in lui riso-
nanze, provoca risposte. Tutto ciò appartiene alla sfera soggettiva della
vita liturgica che è il culmine e la fonte dell’esistenza cristiana.
Tenendo presente queste prospettive, va da sé che oggettività e sogget-

119
tività nella liturgia sono due
aspetti destinati a integrarsi
armonicamente tra di loro. I
tropi sono una soluzione otti-
male di questo problema che si
pone ad ogni persona orante, a
ciascuna comunità celebrante,
in tutti i tempi, ieri e oggi e
domani. I poeti e i cantori fran-
chi hanno avuto un grande
rispetto per la tradizione litur-
gica di Roma. Quando si sono
trovati di fronte ad essa, non
hanno manipolato e tanto
meno rifiutato il repertorio
musicale. Hanno lasciato intatta
la melodia romana, ma in essa
hanno inserito sezioni proprie
della cultura franca. In primo
luogo hanno introdotto dei
melismi alla fine di alcuni canti
o tra una sezione e l’altra di
essi. Che cosa sono i melismi?
Sono dei vocalizzi che danno
voce a una singola sillaba abbel-
lendola con ornamentazioni di
una decina o ventina di note;
ma ci sono melismi di 100 o
anche 400 e più note. Una tipologia di tropi è costituita semplicemente
da melismi brevi o lunghi che non appartenevano al canto originale, ma
lo arricchiscono.
Un caso emblematico è dato dall’unica forma di tropatura conosciuta a
Milano: le melodiae primae e secundae. Ad esempio, in un alleluia, quando
l’acclamazione è ripresa dopo un versetto, il melisma finale viene note-
volmente ampliato rispetto all’esecuzione che ha avuto luogo prima del
verso (l’alleluia della Messa ha la struttura: alleluia + verso + alleluia).
Che la tropatura sia una soluzione ottimale nella ricerca di attualizzare e

Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Hamilton 4, c. 2v ; responsori e antifone (addizioni): Novalesa sec. XII1,
responsorio Domus mea (dedicazione di una chiesa)

120
personalizzare la liturgia è dimostrato da due fatti:
a) la sua diffusione rapida che si estende a macchia d’olio su tutta
l’Europa latina. Dapprima è accolta la produzione primitiva dei cantori
franchi, ma presto in ogni regione e in tutti i centri importanti (grandi cat-
tedrali e monasteri) si compongono tropi con cui la musica e la poesia
latina medioevale raggiunge un apice indiscusso a livello letterario e musi-
cale certo, ma anche in prospettiva teologica e spirituale.
b) Tranne gli inni – che sono stati oggetto di una particolare attenzione
con l’introduzione di glosse interlineari di carattere letterario e/o teolo-
gico – tutti i canti liturgici della Messa e della liturgia delle ore sono stati
tropati, in modo sporadico o massiccio, per alcuni decenni o nell’arco di
alcuni secoli, per sezioni brevissime o con innesti molto ampi. Come si
dice, ce n’è per tutti i gusti.
Le inserzioni tropistiche più diffuse sono costituite da porzioni di un
nuovo testo con una nuova melodia. Questi elementi possono essere
inseriti all’inizio dei canti liturgici con funzione di introduzione (exordium)
oppure si intercalano tra una sezione e l’altra del canto originale (inter-
calatio). In alcuni casi il tropo può addirittura sostituire una porzione del
canto primitivo, come avviene soprattutto in alcuni brani dell’ordinario
della Messa (Kyrie eleison, Agnus Dei). In realtà questi tropi sono una novi-
tà sotto il profilo musicale, mentre in prospettiva letteraria si tratta per-
lopiù di parafrasi, amplificazioni o commenti relativi al testo liturgico di
base o alla festa che si celebra in quel determinato giorno.
Un’ultima grande categoria di tropi è formato dalle prosulae. Queste
sono parole inserite su un melisma già esistente in un brano liturgico. Nel
comporre le prosulae si è attenti a seguire la dinamica del testo musica-
le facendo coincidere gli accenti letterari con quelli melodici che fanno
da guida nello sviluppo del discorso. Particolare importante: il risultato
finale è una sezione musicale in stile sillabico dove a ogni nota della melo-
dia corrisponde una sola sillaba del nuovo testo.
I tropi, per concludere questa panoramica generale, presentano spesso
melodie affascinanti. La loro importanza è però legata soprattutto ai testi
che spesso rivelano l’anima della Chiesa medioevale con maggior chia-
rezza di quanto avvenga in altri settori, compresa la riflessione teologica
dell’accademia scolastica. Basta pensare alla meditazione diuturna e pro-
fonda sullo Spirito Santo quale emerge con estrema chiarezza dai tropi,
ad esempio, del Kyrie eleison e del Sanctus. Nel primo caso, inoltre, pro-

121
prio i tropi evidenziano una notevole modifica che in epoca carolingia ha
interessato le nove invocazioni cantate all’inizio della Messa. Da canto cri-
stologico il Kyrie diviene ode trinitaria in cui la dimensione della supplica
(Signore, pietà) è sostituita da un gioioso clima dossologico, di glorifica-
zione cioè del Risorto e della Trinità.

* * *

Il codice Acqui 1 cronologicamente si trova verso il periodo in cui si assi-


ste al tramonto della tropatura, ancorché essa sopravviva – qua e là e in
forma ridotta – ancora per alcuni secoli. Anzi, si può notare la persisten-
za dei tropi soprattutto in area di cultura germanica, perché questa situa-
zione ha un risvolto curioso: la presenza e l’utilizzo dei tropi in area pro-
testante anche dopo la loro scomparsa in ambito cattolico.
A Pavia – probabile luogo di redazione del graduale – e ad Acqui – cen-
tro in cui certamente il libro liturgico è stato utilizzato – conosciamo i
tropi circoscritti alla celebrazione eucaristica.Vediamo subito che si trat-
ta di alcune categorie che lasciano intravedere una priorità che si riscon-
tra anche altrove: la tropatura più diffusa interessa il canto iniziale della
Messa, l’introito.
A c. 1r il graduale si apre con un brano programmatico: il tropo Gregorius
præsul [edizione a p. 61] è tra i testi che hanno goduto di una straordi-
naria fortuna nel medioevo. Lo si trova in apertura a decine di libri con i
canti della Messa. Il testo elogia le virtù del vescovo Gregorio che ha
riformato con un’opera di rinnovamento la tradizione dei padri venera-
bili del passato. Risultato di tale operazione è la redazione di un nuovo
libro di canto da consegnare ai provetti cantori della schola cantorum per-
ché lo possano utilizzare durante l’intero decorso dell’anno liturgico. La
melodia sottolinea le frasi del testo che come pochi ha contribuito a dif-
fondere la notizia che all’origine del canto liturgico della Chiesa romana
ci sia stato papa Gregorio Magno († 604). Il poema originale da cui deri-
va il nostro tropo però era stato scritto come elogio di un altro vesco-
vo, probabilmente papa Gregorio II.
Il brano che segue è il canto d’introito della prima domenica d’avvento.
La grande “A” iniziale dischiude tutta una serie di segni che hanno fissa-
to sulla pergamena la romana cantilena. Un osservatore della melodia

Palermo, Archivio Storico Diocesano, 1; Messale: Palermo Duomo sec. XII1,


introito Cibavit eos

122
acquese potrà constatare che in alcuni punti il codice della cattedrale di
San Guido non coincide con la melodia trasmessa dai moderni libri a
stampa (Liber Usualis, Graduale Romanum, Graduale Triplex...). Si notano
alcuni segni dei tempi: il codice, relativamente recente, ha abbandonato
un forma antica di abbellimento (tristropha) che prevedeva di ribattere più
volte con leggerezza una nota. Con l’andare dei secoli si assiste a una
decisa semplificazione di queste ripercussioni. Più interessante è invece la
tendenza a riempire i salti tra una nota e l’altra. Così, dove la tradizione
cantava la/do, Acqui 1 inserisce un si, mentre scendendo dal la al fa, è
aggiunta la nota sol.
Alla terza Messa di Natale (c. 11v) l’alleluia Dies sanctificatus è stato
ampliato con un procedimento insolito. Dopo l’enunciato dell’acclama-
zione ebraica (alleluia = lodiamo/lodate D-i-o), le due frasi del testo del
versetto successivo sono cantate due volte. Una prima volta secondo
una melodia molto più semplice rispetto a quella tradizionale che, tra l’al-
tro, è d’origine bizantina; la seconda volta si può ascoltare la melodia ori-
ginale che propone in forma assai fiorita una semplice linea melodica pro-
pria della salmodia. Nella trasmissione di questo canto tropato, è eviden-
te che ci sia stata un po’ di confusione. Come in un caso successivo, si ha
l’impressione che almeno il copista fosse digiuno della prassi musicale e
che non conoscesse (bene) il mondo dei tropi. In Dies sanctificatus, infat-
ti, confonde il tropo con il versetto originale dell’alleluia, chiamando quel-
lo versus e quest’ultimo, invece, verba. Questo è però l’appellativo con cui
erano designati i tropi, verba, cioè parole aggiunte a un brano liturgico.
Termine, verba, diffuso in Italia soltanto in area piemontese e lombarda e
concentrata sulle prosule di alleluiia e d’offertorio.

123
Orta San Giulio, Archivio Abbazia, 3, c. 165r ; graduale: Orta 1279, Sanctus

124
Di altra natura è il tropo dell’alleluia Post partum che si canta il 2 febbraio
(c. 30v). Per comprendere questo brano è necessario riferirsi all’edizio-
ne. Anche qui c’è confusione tra versus e verba nel senso appena ricor-
dato. Si vede (e si ascolta ancor meglio se si canta) la differenza stilistica
che distingue il verso alleluiatico dal tropo, in questo caso specifico del
tipo prosula. Il versetto (Post partum ...) presenta abbellimenti e vocalizzi
(= melismi), ad esempio, su genitrix. Gli elementi del tropo (Psallat ludens
Thalia, Post paterni verbi partum) presentano sì un nuovo testo, ma il mate-
riale melodico non è altro che quello proprio del vecchio alleluia. La
musica è ripresa tale e quale, ma sopra le singole note, con uno stile deci-
samente sillabico, sono poste le singole sillabe di un nuovo testo. Nel II
elemento, inoltre, se si osserva attentamente il tropo, si assiste a un feno-
meno che rientra nella fenomenologia della poesia tropistica medioeva-
le. Nel tropo sono inglobate varie espressioni del testo originale: Post
paterni Verbi partum virgo inviolata Maria et intacta permansisti Dei
genitrix quia ....oratrix intercede pro nostris pia delictis ...). Ogni volta
si riprende anche la musica originale che dopo la citazione letterale, sarà
distribuita sulle sillabe delle parole successive.

125
La solennità delle celebrazioni pasquali trova un riflesso anche nella
sezione tropistica (c. 91r). Qui addirittura l’introito prevede due tropi. Il
primo è il famoso testo dialogico Quem quæritis. Insieme ad altri testi e
riti della liturgia pasquale – soprattutto il canto e le azioni simboliche che
accompagnavano il canto del Passio nonché il canto conclusivo dell’ufficio
delle Tenebre al mattino dal giovedì al sabato santo – il Quem quæritis è
considerato l’avvio della produzione drammatica e drammaturgica che in
seguito ha dato vita al moderno teatro europeo.
Il secondo tropo pasquale – indicato come tractus, probabilmente perché
il copista ha voluto sciogliere l’abbreviazione “tr” senza rendersi conto

Acqui, Biblioteca del Seminario; breviario: Italia settentrionale occidentale sec. XI,
responsorio Da nobis Domine locum (CAO 6389)

126
del reale significato di ciò che aveva davanti – vede come protagonista il
Signore risorto. Le sue parole nella premessa all’introito e nelle due suc-
cessive sezioni intercalari commentano il testo liturgico:
tropo Cristo, una volta debellata la morte, con voce squillante si rivolge al
Padre dicendo: introito Sono risorto e ora sono con Te tropo Quando la folla
feroce dei Giudei m’ha circondato introito Hai posto su di me la tua mano
tropo Perché ogni cosa è palese agli occhi della tua maestà introito Mirabile...

127
Asti, Biblioteca Capitolare, Messale di Azzano; Messale: abbazia di Azzano sec. XII,
introito Puer natus (Natale)

128
Nel giorno dell’Ascensione (c. 115v) e di Pentecoste (c. 118v) sono pre-
visti due tropi con funzione analoga. Appartengono alla categoria dei
brani liturgici che iniziano con la parola Hodie. “Oggi” è un termine chia-
ve nell’economia della vita liturgica: sottolinea l’attualità della salvezza che
qui e ora si realizza, nel momento in cui D-i-o rende presente quanto in
passato ha realizzato nella storia d’Israel, nella vita di Gesù. La liturgia non
è pia ed entusiastica ricorrenza, bensì esperienza vissuta nel presente.
Oggi, pertanto, dice il tropo dell’Ascensione, il Redentore del mondo è asce-
so al cielo Gli apostoli stupiti sono pieni d’ammirazione; gli angeli allora si rivol-
gono ad essi e dicono (introito) O uomini di Galilea...

129
A Pentecoste: Oggi lo Spirito santo che procede dal trono di D-i-o è penetra-
to in modo invisibile nel cuore degli apostoli. Rendiamo grazie a D-i-o! Evviva!
(introito) Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo intero alleluia ...

Vercelli,
Biblioteca Capitolare,
LXII, c. 292r ;
tropario:
Vercelli sec. X-XI,
Gloria in excelsis Deo
tropo Pax sempiterna
[BOE 113]

130
L’ultimo tropo nei canti del proprio della Messa in Acqui 1 è un canto
che nel codice conclude la dossologia dell’introito e precede la ripeti-
zione dell’antifona. Anche in questo caso (c. 132r: s. Pietro) ci troviamo
di fronte alla confusione tra tr(actus) e tr(opus). Il canto riprende la con-
fessione di Pietro grato per la liberazione dalla prigionia di Erode per
mano dell’angelo (Ora so bene Nunc scio vere). Tuttavia il brano potreb-
be essere stato originariamente utilizzato come premessa all’intero com-
plesso dell’introito.
Il beatissimo Pietro, mentre era legato in catene nella prigione, mentre era sciol-
to con potenza dall’angelo e liberato dalle mani di Erode, disse: (introito) Ora
so bene che è stato il Signore a mandare il suo angelo che mi ha strappato
dalle mani di Erode e da tutte le brame della folla dei Giudei.

131
Oltre a un tropo di Sanctus polifonico, Acqui 1 contiene un interessante
tropo di Kyrie (c. 205v). La melodia del Kyrie è ben nota; una volta si can-
tava nelle Messe in memoria degli apostoli (melodia Vaticana IV). Due
peculiarità del nostro brano: a) la sezione del tropo sembra sostituire
completamente l’inizio dell’invocazione Signore e poi Cristo; b] come in
tanti altri tropi di Kyrie, si palesa in questo canto una delle grandi svolte
nella liturgia carolingia: il Kyrie inteso non come invocazione a Cristo
(Kyrie, Christe), ma come preghiera trinitaria. Quanto sia stata seguita con
maestria la linea melodica nel delineare il testo letterario dei tropi, lo si
può constatare cantando il seguente brano:

Vercelli, Biblioteca Capitolare, CXLVI, c. 59v; Graduale: Vercelli sec. XI,


alleluia Pascha nostrum (Pasqua)

132
133
LA SEQUENZA.
ORIGINI E
CARATTERISTICHE
di Eun Ju Anastasia Kim
Acqui Terme,
Cattedrale.
Bassorilievo
dell’altar maggiore.

Le prime testimonianze musicali della sequenza si trovano in fonti del-


l’ambiente franco, mentre in Italia la nuova tipologia poetico musicale è
attestata a Vercelli nell’884. In quell’anno il monaco di San Gallo Notker
il Balbuziente († 912) ha dedicato un libro di sequenze (hymni) al vesco-
vo della città piemontese. Nell’introduzione alla raccolta, Notker ricor-
da l’origine delle sequenze. A San Gallo, nota abbazia svizzera, poco
dopo l’anno 850 erano giunti dei monaci profughi dall’area franco-occi-
dentale vicino alle coste atlantiche e da loro il giovane monaco ha impa-
rato a scrivere le sequenze.
Il termine “sequentia” indica all’inizio semplicemente una serie di molte
note cantate su un’unica sillaba sulla vocale “a” finale dell’Alleluia.

Vercelli, Biblioteca Capitolare, CLXI, c. 8v; Graduale: Vercelli sec. XI,


graduale Viderunt verso Notum fecit Dominus (Natale)

134
Questi vocalizzi prenderanno successivamente il nome di melisma. Nel giu-
bilo melismatico sotto le singole note sono inserite singole sillabe di un
testo composto appositamente, un testo poetico che segue la dinamica
della melodia. Ad esempio, le sillabe accentate corrispondono alle note
importanti della linea musicale. Si tratta, sempre secondo Notker, di una
tecnica adottata per ricordare meglio la musica senza parole. Il risultato
finale di questa operazione è un canto di stile sillabico.

La produzione e il canto delle sequenze ha registrato nel tempo una


costante crescita. Indicativo è il contenuto di tre codici bobbiesi che
risalgono a tre secoli successivi. I manoscritti – tutti della Biblioteca
Nazionale Universitaria di Torino – contengono nel sec. XI 27 sequen-
ze (ms. Torino, Bibl. Nazionale Univ., G.V. 20), 34 nel sec. XII (F.IV. 18) e
nel secolo successivo ben 53 brani (F.III. 17).

FORMA
Molti melismi presentano incisi ripetuti in modo più o meno regolare;
ciò spiega come mai a partire dal IX secolo la massima parte delle
sequenze presenti una successione di strofe accoppiate (aa bb cc ...).
Questa sarà la forma classica che si affermerà nei secoli successivi.
La sequenza, tuttavia, avrà anche altre forme. Ci sono state, ad esempio,
all’inizio, alcune sequenze con una struttura aparallela (a b c). Altri brani
presentano la ripetizione di alcuni segmenti musicali (“aa bb cc” e poi di
nuovo “aa bb cc”). Ampia diffusione hanno invece le sequenze che ini-
ziano e finiscono con una strofa isolata (a bb cc dd ... z).

135
La sequenza
di Notker
Petre summe
Christi pastor
per la festa dei
santi Pietro e Paolo
(c. 185v)

Vercelli, Biblioteca Capitolare, CLXII, c. 102r ; Graduale: Vercelli sec. XI,


alleluia Confitemini Domino (veglia pasquale)

136
La prima strofa seguita dall’acclamazione Alleluia che ha la medesima
melodia della strofa precedente. Verso la fine la melodia si dilata e si
muove in ambito all’acuto dopo di che tende a scendere verso il grave.
Questo è un fenomeno tipico della sequenza come si vede in
Lætabundus esxulte fidelis chorus. Da notare che le strofe 6a e 6b hanno
una struttura molto frequente in tutta la produzione musicale: aab. Le
finali sono costruite con una successione di note che risalgono alla
forma neumatica del pes subpunctis (nota grave e alta seguita da due
note in movimento discendente).

Lætabundus exultet
fidelis chorus:
Oristano, Aula
Capitolare, P.XII,
c. 182r.

137
Victimæ paschali laudes:
San Daniele del Friuli,
Bibl. Guarnacci, 188, c.
181v. Dopo il ritornello
Angelicos testes sudarium
et vestes la rubrica dice
Hic demostratur sudarium.

Alcune sequenze in varie epoche presentano al loro interno una specie


di ritornello: una strofa, o una coppia di strofe, è intercalata alle altre. In
altri casi si dà talora origine a forme di drammatizzazione, come nel caso
della sequenza pasquale Victimæ paschali laudes.

MUSICA
Lo stile musicale delle sequenze, si è visto, è sillabico: a ogni sillaba del
testo corrisponde quasi sempre un’unica nota. Un grande numero di
brani è caratterizzato dalla presenza di una figura melodica particolare
evidenziata dalla notazione musicale. È una formula melodico-neumatica
che conclude le singole strofe: il pes stratus. Si tratta di un segno nota-
zionale d’origine gallicana, che rappresenta tre suoni: uno basso, uno alto
e l’ultimo alla medesima altezza. Questa figura talora si trova anche
all’interno delle melodie e può presentare lievi modifiche.

Sancti Spiritus adsit grati: Modena,


Archivio Capitolare, IV. 9, c. 117r. La
musica è scritta non sopra il testo,
ma sui margini secondo un uso abi-
tuale nei territori germanici, ma pre-
sente eccezionalmente anche a
Benevento.

Vercelli, Biblioteca Capitolare, LXX, c. 2r ; Antifonario: Vercelli sec. XIV1,


responsorio Aspiciens a longe (avvento domenica 1)

138
Non mancano tuttavia tra le sequenze anche cadenze finali di forma
diversa, come nel caso di Petre summe che si può osservare a pagina 136.
In genere le sequenze hanno un sviluppo melodico che si dilata e tende
all’acuto nella seconda metà del brano per scendere di nuovo verso la
fine. La musica dei melismi ha avuto spesso più di una rielaborazione
testuale. Una sola melodia si ritrova quindi su testi differenti. A questi
modelli melodici sono stati dati nomi specifici quali, ad esempio,
Mater/Musa, Occidentana, Eia turma, Mater. Alcune denominazioni ricor-
dano la melodia alleluiatica da cui derivano (come il canto pasquale
Pascha nostrum), altre rivelano probabilmente l’origine geografica
(Romana), altre ancora si riferiscono probabilmente a melodie popolari
(Puella turbata, Plantus cigni).

TESTO
La maggior parte delle sequenze franco-occidentali sulla sillaba finale
delle strofe hanno di preferenza la vocale “a” che richiama la “a” finale
dell’Alleluia. Il fenomeno interessa la produzione più antica, ma anche
quella recente come nel caso della sequenza natalizia Laetabundus exul-
tet fidelis chorus, un canto della tradizione franco-occidentale posteriore
del secolo XI. Anche qui ogni strofa si conclude sulla vocale “a”. In segui-
to la “a” finale è abbandonata.

139
Nel corso della storia letteraria della sequenza si possono notare altri
fenomeni. Già Notker, ad esempio, in alcune sequenze sceglie le parole
in modo da avere le medesime vocali all’interno delle strofe parallele.
Un esempio:
Nella sequenza Sancti Spiritus adsit nobis gratia (Acqui 1, c. 191r), con
testo di Notker, c’è corrispondenza di vocali alla strofa 3 alme /
nostrae, 4 semper / clemens, 5 spiritus /omnibus, 6 possit / pos-
sunt, 9 Tu animabus / Tu aspirando ...
Spesso la lunghezza delle strofe cresce, in parallelo all’ampliamento
melodico, nella seconda metà del brano, e può ridursi verso la fine. Così
pure, prima della conclusione del brano, almeno un paio di strofe hanno
maggior lunghezza e presentano la forma aab. Si veda il canto natalizio
Hodie puer natus est (Acqui 1, c. 180r : strofe 8 a/b):
Un particolare legame tra musica e testo è ottenuto talora da alcuni
poeti che nello scrivere il testo delle sequenze scelgono parole che
abbiano un numero di sillabe uguale al numero delle note delle figure
neumatiche corrispondenti del melisma originale.
Grazie a poeti di grande valore – come Notker che ha scritto una qua-
rantina di testi – la sequenza raggiunse una notevole perfezione nella
forma letteraria. Dal secolo X in poi si ricerca un ritmo più regolare,
aumentano le assonanze, si affermano le rime. Il linguaggio musicale si
distanzia sempre più da quello tradizionale della cantilena gregoriana.
“C’è qualcosa di nuovo ed insieme di innovativo. È una musica che ha
risonanze diverse tanto da essere eseguita anche al di fuori della litur-
gia. Significativo è un passaggio del Liber Politicus del cantore Benedetto
di San Pietro: all’inizio del XII secolo egli ricorda come i cantori, dopo la
solenne azione liturgica di Pasqua, intervenissero durante il pranzo del
papa con l’esecuzione di sequenze” (G. BAROFFIO).
Nel XII secolo nell’abbazia parigina dei canonici regolari di San Vittore,
la sequenza raggiunge un nuovo splendore nella forma ben definita di
ottonari e settenari, e con abbondanza di rime che distinguono non solo
la fine delle strofe, bensì pure le cesure secondarie.

Vercelli, Biblioteca Capitolare, LXXIV, c. 189r; addizioni: Vercelli sec. XIV-XV,


antifona Gloriosam iam per orbem (santa Maria Maddalena)

140
LE SEQUENZE NELLA TRADIZIONE DI ACQUI
Da pochi anni si conosce il patrimonio delle sequenze di Acqui. La tabel-
la di pagina 143 permette di avere uno sguardo d’insieme sul patrimo-
nio.

Il graduale di Acqui contiene 26 sequenze; un canto è stato scritto da una


mano posteriore (c. 199r: In honore Mariæ virginis); questo brano è stato
studiato e pubblicato da LEANDRA SCAPPATICCI. Di un’altra sequenza – in
un’integrazione ancora più tarda nella Messa di s. Maria Maddalena – è
segnalato il solo inizio testuale (c. 137r: Mane prima sabbati).
Il repertorio pavese-acquese riflette la situazione presente nell’area
occidentale dell’Italia settentrionale nei secoli XI e XII. Un’eccezione è
costituita da Novalesa. L’abbazia della Val di Susa ha solo 7 brani in
comune con Acqui (Oxford, Bodleian Library, Douce 222), pochi se si
confronta con Piacenza (Archivio Capitolare, 65) che condivide con
Acqui 22 brani. I modelli melodici più seguiti sono “Mater o Musa” (4
canti), “Concordia o Chorus” e “Romana” (3 canti), “Iustus ut palma” e
“Occidentana” (2 brani). Anche questo fenomeno, di riprendere cioè
melodie identiche su testi diversi, rientra nel quadro normale della pra-
tica musicale della sequenza.

Strofe 1, 2a, 3a del modello melodico Mater/Musa


modello applicato alle sequenze Congaudent e Rex nostras

141
Accanto a brani italiani e d’origine francese, si nota una forte presenza
con 11 canti del poeta Notker dell’abbazia di San Gallo, centro dal quale
proviene un ulteriore canto in onore di sant’Agnese (c. 186r: Virginis
venerandæ).

PER APPROFONDIRE
L’ARGOMENTO:

GIACOMO BAROFFIO, La sequenza in


Italia: orientamenti bibliografici e
inventario sommario dei manoscritti
(hptt://musicologia.unipv.it/baroffio).
LEANDRA SCAPPATICCI, Tropi e
sequenze di un manoscritto scono-
sciuto (Acqui Terme, Biblioteca del
Seminario, Ms. 1), “Rivista
Internazionale di Musica Sacra” 22,
2000, 149-165.
EUN JU KIM, L’opera di Notker
nell’Italia settentrionale e il sequen-
ziario di Intra “Aevum” 79, 2005,
265-282.

Vercelli, Biblioteca Capitolare, LXXIV, c. 190v; addizioni: Vercelli sec. XV,


antifona Venite omnes gentes (sant’Eusebio di Vercelli)

142
SEQUENZE DI ACQUI

incipit modello area/autore formulario

137r Mane prima sabbati (incipit) ? Francia occ. s. Maria Maddalena


179r Christi hodierna pangimini Mater/Musa Italia sett. Natale
180r Hodie puer natus est Mater/Musa Italia sett. ? Natale
181r Hanc concordi famulatu Concordia/Chorus Notker S. Stefano
182r Iohannes Iesu Christo Romana Notker s. Giovanni ap.
183r Laus tibi Christe cui sapit Iustus ut palma Notker ss. Innocenti
184r Eia recolamus laudibus piis Eia turma/Adorabo Francia or. Natale: 8
185r Hanc diem tribus Captiva Italia sett. Epifania
186r Virginis venerandae Filia matris S. Gallo s. Agnese
186v Qui purgat animas Italia Italia s. Maria: Purificazione
188r Ecce vicit radix David Concordia/Chorus romanza Pasqua
189r Clara gaudia festa Romana romanza Pasqua: 8
190r Rex omnipotens die Occidentana/Cithara Francia occ. Ascensione
191r Sancti Spiritus adsit Occidentana/Cithara Notker Pentecoste
192v Sancti Baptistae Christi Iustus ut palma Notker S. Giovanni Battista
193v Petre summe Christi pastor Concordia/Chorus Notker ss. Pietro e Paolo
194r Laurenti David Romana Notker s. Lorenzo
195r Stirpe Maria regia Adducentur/Veni D. Notker s. Maria: Natività
195r Congaudent angelorum chori Mater/Musa Notker S. Maria: Assunta
197r Rex nostras Christe Mater/Musa Francia occ. s. Michele
198r Omnes sancti seraphim Vox exultationis Notker ss. Tutti
198v Sacerdot. Christi Martinum Beatus vir qui timet Francia or. S. Martino
199r In honore Mariae virginis Victimae paschali Italia sett. ? s. Maria (aggiunta)
200r Clare sanctorum senatus Aurea/Ostende Notker s. Andrea
200v Benedicta semper sancta sit Benedicta sit Francia Trinità
202r Victimae paschali Victimae paschali Francia occ. Pasqua

143
LA MESSA NELLE FONTI MEDIOEVALI
DELL’ITALIA SETTENTRIONALE

RITO ROMANO RITO MILANESE/AMBROSIANO


antiphona/introitus/officium ingressa

ad episcopum recipiendum
Kyrie eleison
Gloria in excelsis
Oratio/collecta super populum
lectio Propheta
responsorium graduale psalmellus
tractus cantus
(lectio) apostolus
ante evangelium
alleluia
sequentia
evangelium
post evangelium
Credo
offertorium/offerenda
Credo
secreta/super oblata super oblata
Canon missae
confractorium
Pater noster
in fractione
Agnus Dei
antiphona ad communionem transitorium
post communio/ad complendum
super populum
benedictio episcopalis
Ite missa/Benedicamus Domino Procedamus cum pace

Vercelli, Biblioteca Capitolare, CXXIV, c. 93r ; Messale: Piemonte orientale/Lombardia sec. XI,
tratto Domine audivi verso In quo dum conturbata

144
I CANTI
DELL’ORDINARIO
di Giacomo Baroffio e Eun Ju Anastasia Kim

Lucca, San Frediano,


Volto Santo.
Particolare dell’affresco.
Cantori.

I canti dell’ordinario della Messa hanno i testi sempre uguali. Nell’ordine


sono: il Kyrie eleison, il Gloria in excelsis, il Sanctus, l’Agnus Dei. A questo
blocco – che si è consolidato tra il secolo IV (Sanctus) e l’inizio del
secolo VIII (Agnus Dei) – soltanto verso il 1014/1015 si è aggiunto il
Credo. Questi canti in un primo tempo sono tramandati in sezioni com-
patte per genere (tutti i Kyrie insieme...), come avviene ancora nel codi-
ce Acqui 1. Soltanto dopo il XIII secolo iniziano a comparire singoli for-
mulari – ciascuno con tutti i canti, eccetto il Credo – destinati a deter-
minate celebrazioni della Messa (feste solenni di vario grado, domeni-
che, giorni feriali ...).
Ai canti ricordati si aggiungono due formule di conclusione (Ite missa est,
Benedicamus Domino) e due antifone che si cantano per la benedizione
dell’acqua lustrale (Vidi aquam nel tempo pasquale e Asperges me hysso-
po negli altri tempi liturgici). Il testo fisso dei canti dell’ordinario per-
mette a questi di essere utilizzati a piacimento, senza nessun vincolo; a
parte il fatto che nelle feste si preferiscono melodie fiorite e nelle ferie
brani più semplici.

145
IL KYRIALE DI ACQUI
Il corpo centrale del graduale Acqui 1 è seguito da due sezioni consi-
stenti che contengono rispettivamente alcuni canti dell’Ordinarium
Missæ (c. 176v: Gloria in excelsis Deo) e un discreto numero di sequenze
(cc. 179r). La serie dei canti dell’Ordinario prosegue con alcuni Kyrie elei-
son (c. 202v) e Sanctus (c. 204r). Il repertorio delle melodie si arricchi-
sce successivamente di un Kyrie tropato (c. 205v: Cunctipotens). Due ulti-
mi brani si trovano le aggiunte posteriori: un Kyrie (c. 207v) e l’inizio di
un Gloria (c. 208r). Due canti hanno attirati finora l’attenzione dei musi-
cologi perché sono melodie tramandate a due voci; di queste ha parla-
to e scritto in particolare Rodobaldo Tibaldi.
Il repertorio del Kyriale può essere sintetizzato nel seguente prospetto:1

C. 176V INCIPIUNT GLORIA[E] IN EXCELSIS

C. 176V IN NAT. DOMINI


c. 176v Gloria [Vat. IV]
C. 177r IN SANCTO STEPHANO MARTYRE
C. 177r Gloria [Vat. XI]
C. 177v IN SANCTO IOHANNE APOSTOLO
C. 177v Gloria [Vat. I]
C. 178v IN DOMINICIS DIEBUS
C. 178v Gloria [in re; cfr. Vat. XV, BOSSE 43]

C. 202v Kyrie [cfr. Vat. XIV MELNICKI 68]

1 Bosse: DETLEF BOSSE, Untersuchung einstimmiger mittelalterlicher Melodien zum


“Gloria in excelsis”, Regensburg, Bosse 1955 (Forschungsbeiträge zur
Musikwissenschaft 2); Melnicki: MARGARETHA LANDWEHR-MELNICKI, Das einstim-
mige Kyrie des lateinischen Mittelalters, Regensburg, Bosse 1955
(Forschungsbeiträge zur Musikwissenschaft 1); Thannabaur: PETER JOSEF
THANNABAUR, Das einstimmige Sanctus der römischen Messe in der handschriftli-
chen Überlieferung des 11. bis 16. Jahrhundert, München, W. Rick 1962 (Erlanger
Arbeiten zur Musikwissenschaft 1); Vat: edizione Vaticana, ripresa in tutte le pub-
blicazioni come il Liber Usualis, Graduale Romanum, Graduale Triplex.

Milano, Biblioteca del Capitolo metropolitano, II.F.2.2, c. 52r ; Antifonario: Milano sec. XIII1,
responsorio Benedicta tu inter mulieres

146
C. 202v Kyrie [- Vat. MELNICKI]
C. 202v Kyrie [cfr. MELNICKI 21]
C. 202v Kyrie [- Vat. cfr. MELNICKI 88]
C. 203r Kyrie [Vat. XVIII]
C. 203r Kyrie [- Vat., - MELNICKI]
C. 203r Kyrie [MELNICKI 109]
C. 203r Kyrie [cfr. MELNICKI 194]
C. 203R IN FEST...
C. 203r Kyrie [Vat. XI]
C. 203r Kyrie [- Vat. cfr. MELNICKI 176]
C. 203v Kyrie [cfr. MELNICKI 39, 48]
C. 203v Kyrie [Vat. XII]

C. 204r Sanctus [Vat XV THANNABAUR 223]


C. 204r Sanctus [Vat XVII THANNABAUR 32 + tropo Omniparens fons luminis]
C. 204v Sanctus [Vat IV THANNABAUR 49]
C. 204v Sanctus [cfr. THANNABAUR var. 55 p. 145]
C. 205r Sanctus [Vat XVII THANNABAUR 32]

C. 205V KYRIE [VAT. IV MELNICKI 18 + tropo Cunctipotens ]

c. 207v Kyrie [Vat. IX]

c. 208r* Et in terra pax

Una prima impressione è che questa parte finale del manoscritto abbia
subito alterazioni, forse già in fase redazionale. Ci si aspetterebbe, infat-
ti, che il Kyrie aprisse la serie e che le sequenze fossero inserite dopo il
Gloria. Un confronto con i repertori specifici permette di valutare la tra-
dizione musicale del codice di Acqui. Mentre i cinque Sanctus e i quattro
Gloria corrispondono a melodie note e assai diffuse, tra i quattordici
Kyrie si notano alcune musiche inedite o comunque poco diffuse.
Vogliamo pertanto soffermarci sul canto del Kyrie eleison la cui storia
presenta alcuni episodi rimarchevoli.

147
LE ORE
DI PREGHIERA
NELLA LITURGIA
MEDIOEVALE KYRIE ELEISON
L’invocazione greca Kyrie eleison (Signore, pietà) è
La giornata liturgica è scandi- diffusa dalla tarda antichità in tutto il bacino
ta dalle ore di preghiera che mediterraneo, anche al di fuori del cristianesi-
si richiamano a usanze ebrai-
che. Dalla cultura liturgica mo. Era una supplica che veniva pronunciata
israelita le antiche comunità un’unica volta oppure più volte di seguito, fino
cristiane hanno assunto ad un centinaio. Nella liturgia della Chiesa l’invo-
anche il calcolo del giorno che cazione è usata in molte circostanze soprattut-
è rimasto in vigore tutt’oggi to come parte di più ampie preghiere litaniche
per determinare i giorni festi- (letania, preces), nelle quali il testo greco è segui-
vi e le domeniche. Questi gior- to spesso da versetti in latino. L’uso del Kyrie
ni iniziano al tramonto della
giornata precedente. Le ferie, nella Messa romana è attestato all’inizio del VI
al contrario, seguono l’uso secolo e la forma tradizionale (3 Kyrie eleison +
romano che fa iniziare il 3 Christe eleison + 3 Kyrie eleison) è già conosciu-
nuovo giorno a metà notte. Il ta nell’VIII secolo.
giorno di Natale, ad esempio, Attualmente si conoscono poche centinaia di
non inizia con la Messa di melodie di Kyrie, ma rimangono insolute ancora
mezzanotte, bensì al tramonto
della vigilia.
alcune questioni. Una riguarda l’età delle melo-
Le ore previste nella tradizio- die semplici: potrebbero essere molto antiche,
ne cristiana sono le seguenti: senza però escludere l’eventualità di composi-
zioni recenti destinate al canto dell’assemblea.
vespri: ora cardine che si Un secondo problema riguarda la natura dei
celebra al tramonto. Nelle versetti latini che accompagnano alcuni Kyrie:
domeniche e nelle feste non è sempre facile distinguere le reliquie di
segnano l’inizio del giorno
liturgico (primi vespri). Nel preci arcaiche da composizioni di tropi di epoca
cursus romano secolare tradi- postcarolingia.
zionale (cattedrali, parrocchie, Un particolare che sorprende in molte melodie
chiese di molti ordini religio- del Kyrie eleison è l’esuberanza gioiosa espressa
si) si cantavano 5 salmi, 4 dal linguaggio musicale anche attraverso ampi
invece nella tradizione mona- vocalizzi. Molte melodie sembrano, infatti, dire il
stica. Oggi nel rito romano si contrario di quanto afferma il testo nella sua
cantano solo due salmi sepa-
rati da un cantico neotesta- espressione di supplica rivolta a Cristo Signore.
mentario. Nella parte finale è Di fatto, verso l’inizio del IX secolo si assiste a
inserito il cantico di Maria una profonda modifica del Kyrie eleison in due pre-
(Magnificat), le preci e il cise prospettive. Da un lato l’invocazione di mise-
Padre nostro. ricordia diviene un’acclamazione dossologica, che

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 3, c. 140v; Antifonario: Bressanone sec. XVII,


antifona Fuit vir (s. Benedetto)

148
compieta: è l’ ora canonica che
conclude la giornata prima del
riposo notturno. Al suo interno
si canta il Nunc dimittis (Luca
glorifica cioè D-i-o. E questo D-i-o, secondo rilie- 2, 29-32), il cantico di Simeone.
vo, non è più Cristo, il Verbo incarnato, ma le tre
mattutino/vigilie/notturni: il
Persone trinitarie: il Padre (primi tre Kyrie), Cristo momento di preghiera collocato
(i tre Christe) e lo Spirito Santo cui sono dedicati nella notte e introdotto dall’
gli ultimi tre Kyrie o almeno i primi due, mentre la invitatorio. Era l’ora liturgica
nona e conclusiva frase può essere utilizzata più lunga che nel rito romano
come compendio trinitario. Quanto sia presente nei giorni festivi e nelle domeni-
la prospettiva dossologica e trinitaria nei Kyrie, lo che si articolava in tre sezioni
si può capire osservando soprattutto le elabora- (notturni). Dopo il concilio vati-
cano II è stato sostituito dall’uf-
zioni tropistiche che arricchiscono il canto origi- ficio delle letture.
nale con nuovi elementi. Questi sono perlopiù
frasi che si pongono prima o dopo la formula lodi: seconda ora cardine della
liturgica oppure anche tra le due parole secondo preghiera quotidiana, si celebra
un triplice schema: tropo Kyrie eleison; Kyrie eleison all’alba. Prevedeva, prima del
tropo; Kyrie tropo eleison. Non molto diffuso è vaticano II, il canto di cinque
l’uso, attestato in Acqui 1, di sostituire la prima unità salmodiche: 3 salmi, 1
cantico veterotestamentario e
sezione del canto (Kyrie/Christe) con un elemento l’ultima unità formata dagli
di tropo. Nel caso di Kyrie con melismi, la tropa- ultimi tre salmi (148-150). Nella
tura avviene secondo un altro principio: si man- parte finale c’è il cantico di
tengono le note del melisma e sotto ciascuna di Zaccaria (Benedictus) e la pre-
esse si pone una sillaba di un nuovo testo. Lo stile ghiera del Padre nostro.
del Kyrie è pertanto vario: da sillabico a fiorito,
prima: ora canonica celebrata
sino a brani decisamente melismatici che offrono tra le 6,00 e le 7,00 del mattino.
l’occasione di inserire dei tropi secondo l’impian- Al suo interno ha preso corpo
to delle prosule, come nel caso del Kyrie un’azione supplementare: l’ uffi-
Cunctipotens di Acqui (edizione a p. 132). cio del capitolo. È stata soppres-
sa dalla riforma del concilio
vaticano II.
GLORIA IN EXCELSIS DEO terza - sesta - nona: con prima
sono le cosiddette ore minori, di
Il Gloria è un’espressione di lode costruita come lunghezza relativamente breve
variazione di una citazione del vangelo di san (solo tre salmi). Si celebrano
Luca (2,14): alla lode degli angeli il Gloria in excel- verso le 9,00, le 12,00 e le 15,00.
sis della liturgia associa il canto degli uomini. La
forma odierna del testo è attestata nel V secolo; vespri: i secondi vespri si cele-
presenta una tematica trinitaria con numerose brano al tramonto di ogni gior-
no quando non ci sono i primi
acclamazioni cristologiche. Nel corso dei secoli vespri.

149
varie personalità della teologia e della poesia cristiana sono stati consi-
derati, senza fondamento, autori del Gloria, come Ilario di Poitiers,
sant’Ambrogio di Milano, Alcuino. Il canto del Gloria da secoli si canta
nelle feste e in ogni Messa domenicale, ma fino al secolo XI era riser-
vato al solo vescovo. Le prime parole del canto sono intonate dall’offi-
ciante, mentre l’assemblea e/o il coro prosegue nella proclamazione
delle strofe successive a partire da Et in terra pax hominibus. Con queste
parole, omettendo quindi l’inizio, comincia il Gloria in molti manoscritti.
In alcune fonti - tra cui alcuni testimoni di Nonantola – una delle abba-
zie più importanti dell’Italia settentrionale, situata vicino a Modena – il
testo presenta un’integrazione che ricorda esplicitamente lo Spirito
santo: “Domine, fili unigenite, Iesu Chiste cum sancto Spiritu”. Alcuni
codici italiani dopo il XIV secolo presentano un testo abbreviato, una
specie di sintesi che inizia con Laudamus te e tralascia successivamente
parte delle sezioni del Gloria. Una curiosità: un codice di Vercelli (Bibl.
Capitolare, CLXII) che scrive un Gloria con le sole vocali del testo.
Nonostante il tema dossologico del testo, le melodie del Gloria non pre-
sentano normalmente melismi ampi come quelli che si trovano nel Kyrie.
Molte melodie sono sillabiche e semplici nella loro struttura, schemi
melodici di recitazione e formule salmodiche. Una delle forme più sem-
plici del Gloria è conosciuta grazie all’edizione Vaticana del graduale
romano: Gloria XV. La musica ripropone una struttura melodica arcaica
incentrata sul nucleo “mi sol la” che si trova anche nel Te Deum. In Acqui
1 la melodia, oltre ad alcune varianti di minor importanza, è stata tra-
sportata di un tono al grave e si muove tutta in re.

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 3, c. 151v; Antifonario: Bressanone sec. XVIII,


antifona In cælestibus regnis

150
151
SANCTUS
Pur nella brevità del suo testo, anche il Sanctus è un inno angelico e insie-
me una lode degli uomini che acclamano D-i-o. Il Sanctus riprende, infat-
ti, un testo della liturgia ebraica (Is 6,3: Sanctus) attestato nell’Italia set-
tentrionale già verso l’anno 400 in ambito liturgico cristiano, dove è can-
tato dall’officiante e da tutto il popolo. In seguito, verso la metà del VI
secolo, si aggiunge una sezione tratta dal vangelo di san Matteo (21,9:
Hosanna, Benedictus, Hosanna) e si arriva alla formula completa che noi
oggi conosciamo. Questa acclamazione conclude il prefazio. La tradizio-
ne manoscritta del Sanctus risale al secolo X ed è difficile precisare la
cronologia di singoli pezzi, individuare brani realmente arcaici ed altri
arcaicizzanti derivati talora da un processo di semplificazione di una
melodia più elaborata.
Nella composizione musicale si danno tutte le possibilità: melodie con
uno sviluppo organico dall’inizio alla fine e brani che presentano rime
melodiche e ripetizioni con particolare attenzione alla triplice invoca-
zione iniziale. I due Hosanna possono essere identici oppure il secondo
è più sviluppato e fiorito del primo.
Per quanto riguarda i Sanctus tropati, sono da ricordare per i testi alcu-
ni tropi trinitari (Santo il Padre, Santo il Figlio, Santo lo Spirito santo).
Sotto l’aspetto musicale meritano attenzione vari tropi di Hosanna
costruiti secondo lo schema ripetitivo che si trova anche nelle sequen-
ze (aa bb cc...). L’introduzione dei tropi ha comportato una modifica nel-
l’esecuzione del Sanctus, nel senso che esso è stato affidato alla sola
schola cantorum con l’esclusione del popolo dal canto.

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 3, foglio aggiunto (A); sequenziario: Bressanone sec. XVIII,
sequenza Stabat mater

152
ITE MISSA EST E BENEDICAMUS DOMINO
L’Ite missa est – cui si risponde Deo gratias – è la monizione di congedo
cantata dal diacono alla conclusione della celebrazione eucaristica
secondo il rito romano. A partire dal IX secolo, se non prima, l’Ite missa
est è cantato soltanto nelle Messe che hanno il Gloria in excelsis Deo; nelle
altre occasioni al suo posto si proclama il Benedicamus Domino di pro-
babile origine gallicana, cui si risponde sempre Deo gratias.
La prassi moderna – diffusa nei manoscritti già nel sec. XV – prevede
poche melodie proprie per l’Ite missa. Di solito
per questa monizione, e per la sua risposta con
melodia identica, è ripresa la musica del primo
Kyrie eleison della stessa Messa.
Il Benedicamus Domino, oltre ad essere cantato alla PER APPROFONDIRE:
fine di molte Messe, è la conclusione abituale delle
WILLI APEL, Il canto gregoria-
ore. Nella Messa si usa di solito una melodia no. Liturgia, storia, notazione,
molto semplice, mentre nella liturgia delle ore si modalità e tecniche
distinguono varie melodie a seconda del tempo compositive, con due capitoli
liturgico, le ore ed il grado di solennità o meno del dedicati al canto ambrosiano e
giorno liturgico. al canto romano-antico di ROY
JESSON e ROBERT J. SNOW.
Edizione tradotta, riveduta e
aggiornata da MARCO DELLA
SCIUCCA. Introduzione all’edi-
zione italiana di GIACOMO
BAROFFIO, Lucca, Libreria
Editrice Italiana 1998.

GIACOMO BAROFFIO - EUN JU


KIM, Kyrie eleison, “La
Cartellina” 28 nr. 157, 2004,
40-51 (con edizione di alcune
melodie da Acqui 1).

153
®

CAPANNI PIEMONTE
Cav. Uff. Paolo S.n.c.

Fonderia Campane - Fabbrica Automatismi e Castelli per Campane


Orologi da Torre - Campanili in Acciaio

CINQUE SECOLI DI CAMPANE


Per l’anno Giubilare 2000, la CAPANNI ha fornito il nuovo concerto di n° 12 campane
(peso del solo bronzo 9500 Kg. ca.) - con relativo impianto di automazione -
al Santuario Salesiano di Colle Don Bosco

PROGETTI SU MISURA
Forniamo preventivi, consulenze tecniche e sopralluoghi gratuiti
Eseguiamo riparazioni e manutenzioni
su ogni TIPO e MARCA di impianto

CAPANNI PIEMONTE S.n.c.


Reg. Santo Stefano 23/25 - 15019 STREVI (AL)
Tel. 0144-37.27.90 • Fax 0144/364877
MINIMA AQUENSIA.
PRASSI POLIVOCALI
E POLIFONIA SEMPLICE
Acqui Terme,
NEL CODICE Biblioteca del
Seminario,
ms. 1.

DI SAN GUIDO Benedicamus


a una e due voci.

di Rodobaldo Tibaldi

Come in ogni romanzo giallo


che si rispetti, l’assassino ritor-
na sempre sul luogo del delit-
to. Pochi anni fa, grazie alla
segnalazione e alle premurose
sollecitazioni di Leandra Scappaticci, infaticabile ricercatrice
di codici e frammenti liturgici nascosti in biblioteche ed archivi, avevo
avuto modo di occuparmi di un Graduale-Tropario-Sequenziario-Kyriale
della prima metà del XIII secolo conservato nella Biblioteca del
Seminario di Acqui Terme (ms. I), ma di origine pavese, come la stessa
studiosa ha avuto modo di puntualizzare successivamente grazie al ritro-
vamento, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, di un antifonario chia-
ramente collegato con il codice acquense.1 La mia attenzione si era con-
centrata però su una aggiunta chiaramente posteriore, della seconda
metà del XIII secolo (se non addirittura dell’inizio del XIV), che contie-
ne il tropo al Sanctus Omniparens, probabilmente di origine aquitana, ma
con delle varianti testuali non attestate altrove. L’interesse era acuito dal
fatto che il Sanctus è musicato a due voci, risultava essere un unicum allo

1 L. SCAPPATICCI, Tropi e sequenze di un manoscritto sconosciuto, in «Rivista


Internazionale di Musica Sacra», XXII/2, 2000, pp. 149-165; EAD., L’antifonario Vat.
Lat. 14676: nuove prospettive di ricerca, in Ibidem, XXIV/2, 2003, pp. 205-207. 155
stato attuale delle nostre conoscenze, e veniva a costituire una nuova
fonte per lo studio della polifonia italiana del XIII-XIV secolo, quel parti-
colare repertorio che viene attualmente denominato ‘polifonia semplice’,
che gode già di una cospicua e importante bibliografia, e che è forse
meglio noto con il nome di cantus planus binatim, secondo la fortunata
definizione che coniò all’inizio del XV secolo il teorico italiano Pro-
sdocimo de Beldemandis. Le caratteristiche compositive del Sanctus si
inquadrano bene nel repertorio liturgico italiano dei secoli XII-XIV di
ambiente centro-settentrionale (soprattutto emiliano), composti in poli-
fonia semplice, ovvero secondo una tecnica che può essere anche piutto-
sto complessa nel suo insieme, ma predilige alcune successioni intervalla-
ri, frequenti scambi tra le voci di incisi melodici, e soprattutto impiega la
notazione propria del canto liturgico, ovvero fa a meno dell’elemento
ritmo nella scrittura della musica. Uno dei punti caratterizzanti questa
prassi compositiva che giustifica il termine cantus planus binatim è la pre-
senza della melodia gregoriana, alla quale viene aggiunta una seconda voce;
ma esistono casi in cui entrambe le voci sono create ex novo, anche se in
modo evocatore degli andamenti melodici tipici del canto monodico. Il
Sanctus di Acqui mostra un po’ tutte queste caratteristiche, poiché è
essenzialmente basato su un Sanctus monodico assai diffuso (il cosiddet-
to Sanctus XVIII dell’editio vaticana), ma verso la fine, in coincidenza del
secondo Osanna, vi è una vera e propria ‘coda’ a due voci in cui la melo-
dia originaria viene abbandonata a favore di una elaborazione bivocale
assai originale, e di cui non conosco altri esempi nel repertorio coevo.
Successivamente, insieme alla stessa Scappaticci, ho pubblicato i risultati
della mia indagine, e a tale contributo rimando per ulteriori approfondi-
menti, nonché per la trascrizione moderna del Sanctus Omniparens.2 Alla
fine di quel contributo, esprimevo la mia speranza che vi potessero esse-
re altri esempi di composizioni polifoniche nascosti nei codici italiani
simili a quello del codice aquense; per il momento non ne sono stati tro-
vati di analoghi, ma troppi sono ancora i codici liturgico-musicali da stu-
diare o anche solo da descrivere accuratamente per perdere così in fret-
ta ogni speranza. La cosa di cui sono fermamente convinto, invece, è che
vi siano diversi altri esempi attestanti l’impiego della polifonia semplice

2 L. SCAPPATICCI – R. TIBALDI, Una nuova fonte per lo studio della sequenza e della
polifonia liturgica ‘arcaica’ (Acqui Terme, Biblioteca del Seminario, Ms. I), in
«Musica e Storia», XI/2, 2003, pp. 197-239.

Bressanone, Biblioteca Studio Teologico, B 3, foglio aggiunto (Bv); antifonario: Bressanone sec. XVIII,
antifona Casta columba (santa Geltrude)

156
Acqui Terme, Basilica di San Pietro.
Zona absidale.

nella pratica liturgico-musicale


italiana dei secoli XII-XVI,
anche differenti per concezio-
ne e destinazione dal Sanctus
acquense, celati in codici maga-
ri più volte studiati per le
miniature o sommariamente
‘descritti’ in cataloghi di mo-
stre; non è detto che nuove
scoperte possano permetterci
di cambiare radicalmente il
quadro delle nostre conoscen-
ze su tale repertorio, ma sicuramente ci consentiranno una conoscenza
sempre maggiore e apriranno nuove prospettive di ricerca anche su pos-
sibili scambi culturali tra centri scrittori finora insospettati o appena
intravisti.
A ulteriore riprova delle mie considerazioni appena esposte mi trovo ora
a rioccuparmi di altri esempi di polifonia esistenti in Acqui Terme, con il
vantaggio, questa volta, che l’oggetto della mia osservazione è costituito
dal cosiddetto Codice di san Guido, conservato presso l’Archivio
Vescovile della Diocesi di Acqui; si tratta di un codice del principio del
XIV secolo contenente la vita, l’ufficio e la messa per il Santo, chiara-
mente redatto per l’uso liturgico della cattedrale acquense e viva testi-
monianza concreta di una prassi liturgico-musicale locale. Questo impor-
tante codice contiene al suo interno esempi di polifonia, che non risulta-
no registrati nei repertori normalmente consultabili e nemmeno nella
bibliografia più recente sull’argomento. La loro presenza non era sfuggita
ad Enrico Pesce, che alcuni anni fa si occupò di questo manoscritto e di
un altro codice contenente la vita e l’ufficiatura di san Domenico e di san
Pietro Martire.3 Il suo contributo aveva però lo scopo di segnalare l’im-
portanza di questi due testimoni e di darne un primo resoconto som-
mario, in modo da stimolare ulteriori approfondimenti; pertanto si è
limitato a segnalare la presenza di rubriche indicanti esecuzioni a più
cantori e, cosa più importante e decisiva, l’impiego della doppia colora-

3 E. PESCE, Due interessanti codici del XIV secolo in Acqui Terme, in Medioevo musi-
cale nel territorio di Alessandria, a cura di S. Chiesa, Cavallerleone 1997, pp. 47-65.

157
zione rossa e nera.4 Nel codice, infatti, si tro-
vano occasionalmente dei riferimenti all’im-
piego di più cantori; il graduale Ecce sacerdos
magnus, ad esempio, prescrive l’impiego di
due cantori, mentre l’antifona tropata Regina
caeli che chiude il codice prescrive l’alternan-
za tra i «cantores» e il «chorus». Tali didasca-
lie, riscontrabili assai di frequente in diverse
fonti anche non strettamente liturgico-musi-
cali, non è detto però che sottintendano l’im-
piego della polifonia, ma possono descrivere
semplicemente diverse possibilità esecutive
di un canto che rimane comunque monodico.
Assai più indicativa è la notazione rossa, spes-
so adoperata per aggiungere una seconda
voce nel medesimo sistema lineare (tetra-
gramma, pentagramma o altro) in cui è nota-
ta, in nero, la melodia gregoriana, in maniera
da risparmiare spazio; e talvolta può essere
Foto 1.
anche aggiunta ben dopo la compilazione del
codice.
Nel codice di san Guido vi sono poche annotazioni riguardanti la prati-
ca polivocale, per lo meno in senso quantitativo; ma quelle poche ci
mostrano livelli e tradizioni diverse a due diversi livelli, il primo relativo
alla tradizione esecutiva, l’altro alla composizione musicale vera e pro-
pria. Vediamo di esaminarli con ordine secondo le diverse pratiche di
polifonia indicate e non secondo la loro successione nel manoscritto.
Nel primo caso può essere semplicemente suggerita con una didascalia
oppure essere materialmente scritta, ma la sua funzione, di carattere
improvvisativo, non è quella di proiettare su due o più voci la melodia
gregoriana, o di creare una contromelodia, ma quella più semplice
(anche se indubbiamente suggestiva nel risultato finale) di creare uno
sfondo sonoro del tutto statico, costituito da una o più note fisse che
fungano da pedale, dal quale emerga la melodia vera e propria. In ogni
modo la scrittura non rappresenta affatto un elemento indispensabile; al

4 Ibidem, p. 60 e nota 43.

Modena, Archivio Capitolare, Fabbriceria 66; messale: Italia settentrionale sec. XI-XII,
graduale Propter veritatem verso Audi filia

158
contrario, la formalizzazione grafica di un
fenomeno legato all’estemporaneità è
necessariamente imprecisa (assai più di
quanto non avvenga normalmente) e spes-
so è necessaria una esplicazione verbale.
A questo primo livello appartengono due
composizioni assai diverse tra di loro per
caratteristiche strutturali e per afferenza al
repertorio liturgico-musicali vero e pro-
prio. Alla p. 70 (siamo nella parte conte-
nente la messa) comincia il Gloria, scritto
nella consueta notazione nera e senza alcu-
na aggiunta di altra voce, la cui melodia cor-
risponde a quella della messa IX dell’editio
vaticana (cfr. Foto 1).Vi è però una didasca-
lia che suggerisce la possibilità di «bordoni-
zare», ovvero di tenere una nota di pedale
che funga da sfondo sonoro e conferisca
maggior risalto al canto; le note pedale
principali sono senza dubbio il Sol, la nota
finalis della melodia e di molte frasi, e il Re, Foto 2.
nota cadenzale delle altre, ma il cantore
esperto poteva variarle in apertura di frase per poi mutarle alla fine. È
questa una prassi molto antica, adoperata frequentemente nel canto
bizantino, e importata nel canto romano antico forse intorno al VII-VIII
secolo, di cui abbiamo una prima descrizione teorica piuttosto tardi,
ovvero nel Micrologus di Guido d’Arezzo (1025 circa).5 Come è ovvio,
non è affatto necessaria la scrittura, dal momento che si tratta di una
pratica polivocale chiaramente dettata dall’improvvisazione.
Alla p. 73 termina il Gloria; immediatamente dopo segue nel manoscrit-
to l’epistola, ovvero la prima lettura, Ecce sacerdos magnus, tratta dal
Libro di Siracide (o Ecclesiastico), 50, 1, 3-12 e 16-17. Normalmente non

5 Per approfondimenti sulla questione mi limito a rimandare a R. FLOTZINGER,


Parallelismus und Bordun. Zur Begründung des abendländischen Organums, in
Studien zur Musikgeschichte. Eine Festschrift für Ludwig Finscher, Kassel-Basel
1995, pp. 25-33; ID., Die Paraphonista oder: Klangprinzip und Organum, in Max
Lütolf zum 60. Geburtstag. Festschrift, Basel 1994, pp. 99-111.

159
c’è bisogno di indicare la formula musicale
che serve per la proclamazione delle letture
(la cosiddetta cantillazione), perché fissa e
bisognevole di adattamento alle diversità rit-
miche e prosodiche che i singoli versetti
richiedono; e la lettura evangelica della
messa, tratta da Matteo (24, 42-47), alle pp.
76-77, non presenta alcuna riga di musica. La
presenza della formula musicale su cui enun-
ciare solennemente la lettura è invece regi-
strata alla p. 73 per l’introduzione «Lectio libri
Sapiencie» e alla pagina seguente per il solo
primo versetto «Ecce sacerdos magnus qui in
vita sua sufulsit domum et in diebus suis cor-
roboravit templum», esempio concreto di
come di debbano cantillare tutti i successivi.
Per di più il tono di cantillazione, scritto in
Foto 3. notazione nera, presenta l’aggiunta di altre
due voci, scritte in rosso, insieme ad una dida-
scalia esplicativa che mostra come ottenere una «pulcra melodia» da
parte di tre cantori: il primo intoni la nota fondamentale e la tenga a mo’
di bordone, il secondo prenda la nota una quinta sopra il bordone e
ugualmente la tenga insieme al bordone, e il terzo canti l’epistola (cfr.
Foto 2 e 3). Il risultato complessivo è quindi un doppio bordone di quin-
ta, che rende ancora più solenne la proclamazione della pericope biblica.
Di per sé, non sarebbe stata necessaria la registrazione scritta dell’into-
nazione musicale e tanto meno del doppio bordone, chiaramente ricava-
bile dalla rubrica; ma, probabilmente, questo è stato suggerito dall’ecce-
zionalità d’impiego del passo biblico, dal momento che la più nota lettu-
ra «Ecce sacerdos magnus qui in diebus suis placuit Deo», da cui è rica-
vata l’omonimo graduale impiegato anche nella messa di san Guido, è
ricavata ancora dal Libro di Siracide, 44 e 45, ma fa parte del Comune
per un confessore pontefice.
Una cosa interessante da osservare è che in entrambe le sezioni musi-
cali il doppio bordone in rosso è ripetuto diverse volte, ma comunque in
numero inferiore alle note che costituiscono il canto dell’epistola, e tra
l’altro non sempre chiare sembrano le intenzioni del notatore nella scrit-
tura delle due linee di bordone. Si potrebbe pensare ad una tripla decla-

Modena, Archivio Capitolare, Fabbriceria 77; breviario, Italia sett., sec. XI-XII,
responsorio Narrabo nomen tuum (CAO 7194)

160
mazione del testo, ovvero al fatto che tutte le
tre voci cantano le medesime sillabe e, indi-
pendentemente dalla ‘imprecisione’ della nota-
zione, il doppio bordone debba essere ripetu-
to per ciascuna nota del canto; la rubrica pre-
scrive però che la prima voce bordonizzi «fir-
miter» e che la seconda tenga la quinta «fir-
mam» insieme al bordone. È vero che anche
nelle fonti teoriche coeve «firmiter» significa
spesso «con intonazione sicura», ma anche
«lungamente», «a lungo»; in relazione poi con
«bordonizare» e con «tenere», indica sicura-
mente che il doppio bordone vada tenuto,
magari reintonato al cambio di versetto, ma
non ribattuto. La scrittura serve allora a sot-
tolineare la particolare situazione, ma deve fis-
sare sulla carta qualcosa che abitualmente vive
soltanto nella prassi esecutiva improvvisativa, Foto 4.
ed è necessariamente imprecisa, tanto che ha bisogno di indispensabili
precisazioni verbali per la sua corretta esecuzione. Questi esempi
acquensi ci riportano alla pratica improvvisativa dei secoli precedenti,
probabile erede della polivocalità che troviamo accennata o descritta
soprattutto nei libri Ordinari di alcune chiese italiane.6
Assai diverso è il secondo caso, che ci mostra la presenza di una vera
polifonia, perché tale non può essere certo definita quella vista nei casi
precedenti (si tratta al più di semplice polivocalità).Alle pp. 35-36, alla fine
del Vespro, vi sono una serie di Benedicamus che «ad libitum cantentur»;
sono per lo più monodici, ma uno di essi è redatto a due voci in parti-
tura, l’inferiore scritta in nero, la superiore in rosso (cfr. Foto 4 e 5).
Questa volta ci troviamo davanti ad una vera composizione, in cui
entrambe le voci sono coinvolte, seppur a livello diverso, nella creazione
di una struttura bivocale, come si osserva più comodamente nella tra-
scrizione (cfr. Esempio 1). La voce inferiore adopera la melodia liturgica

6 Per approfondimenti sull’argomento cfr. G. CATTIN, «Secundare» e «succinere».


Polifonia a Padova e Pistoia nel Duecento, in «Musica e storia», III, 1995, pp. 41-
120; ID., Novità dalla cattedrale di Firenze: polifonia, tropi e sequenze nella secon-
da metà del XII secolo, in Ibidem, VI/1, 1998, pp. 7-36; A. RUSCONI, La polifonia
semplice: alcune osservazioni, in Ibidem, XI/1, 2003, pp. 7-50.

161
Esempio 1.

del Benedicamus corrispondente a quella che l’editio vaticana prevedeva


per i primi Vespri delle feste doppie, ma in una versione assai più elabo-
rata (Esempio 2). Non esiste ancora un catalogo comprensivo delle
melodie del Benedicamus, della loro derivazione, per cui non è possibi-
le dire se la maggior elaborazione offerta dal codice acquense, piena-
mente giustificata dall’occasione solenne, corrisponda ad una vera e pro-
pria recensione della melodia stessa ampiamente diffusa, se al contrario
rappresenti un fenomeno locale, o addirittura sia avvenuta in relazione
all’intonazione polifonica.7 Se infatti osserviamo la struttura complessi-
va, vediamo che la melodia può essere divisa in tre sezioni strettamen-
te correlate tra loro, corrispondenti la prima alle sillabe «Be-» e «ne-»,
la seconda a «di-» e «camus», e la terza all’intera parola «Domino». Ogni
sezione prevede una prima parte per così dire libera formata da nove
note per la prima sezione, da otto per la seconda e da sedici per la terza,
e da una seconda sempre identica di venti note; se poi osserviamo che
le prime due note della prima sezione sono un parigrado, potremmo

7 L’elenco più completo è ancora quello presente in B.M. BARCLAY, The medieval
repertory of polyphonic untroped Benedicamus Domino settings, 2 voll., PhD diss.,
University of California, Los Angeles 1977; la melodia del Benedicamus acquense
corrisponde al n. 36 del suo catalogo.

Monza, Biblioteca Capitolare, b-1/41, c. IIv; graduale: Nonantola ? sec. XI,


graduale Ne avertas faciem

162
avere lo schema assolutamente simmetrico
di 8+20 – 8+20 – 16+20. La cosa non può
essere certo casuale, tanto più che questa
struttura trova una traduzione conseguente
nella composizione polifonica; questa rispet-
ta le tre parti del Benedicamus, utilizza un
parigrado per l’esordio, tratta più liberamen-
te i tre inizi e utilizza lo stesso canto (occa-
sionalmente appena variato) per accompa-
gnare le venti note comuni alle tre sezioni.
Anche se scritte con due chiavi differenti, le
due voci hanno lo stesso ambito e si incro-
ciano di frequente, è impiegato il moto con-
trario, e gli intervalli adoperati sono soltan-
to quinte, terze e unissoni (assai sporadica è
la quarta); solo all’inizio compare del tutto
eccezionalmente l’intervallo di ottava.
Questa composizione appartiene veramente
al repertorio polifonico ‘semplice’ del XIII- Foto 5.
XIV secolo, che ben poco o nulla ha a che vedere con la polivocalità che
abbiamo visto precedentemente; soprattutto, ha come caratteristica una
diversa pratica compositiva che, il più delle volte, non può prescindere
dalla scrittura. È vero che i cantori più esperti e specializzati erano in
grado di eseguire alla mente, cioè improvvisando, una seconda o anche
una terza voce sulla melodia gregoriana, e che la registrazione scritta
della composizione poteva avvenire in un secondo tempo; ma è anche
vero che il repertorio stesso offre diversi gradi di complessità e molte-
plicità di soluzioni, e che ‘polifonia semplice’ sottintende spesso il signifi-
cato di canti «volutamente composti in maniera semplice, in contrapposi-
zione e in alternativa alla pratica della polifonia ‘alta’ e ‘specialistica’».8
Il repertorio polifonico dei Benedicamus è piuttosto cospicuo, ma nor-
malmente su altre melodie, e le singole composizioni sono raggruppabili
tra loro a seconda del canto impiegato.9 Anche il Benedicamus del codi-

8 RUSCONI, La polifonia semplice cit, p. 33.


9 Molte riproduzioni fotografiche di vari Benedicamus italiani si possono vedere nel
fondamentale volume di F. A. GALLO – G. VECCHI, I più antichi monumenti sacri ita-
liani, Bologna 1968.

163
Esempio 2.

ce acquense non costituisce un unicum, ha un riscontro con un altro


brano polifonico noto e studiato che però si pensava costituisse un
esempio isolato. Si tratta del Benedicamus conservato nel cod. 68 della
Biblioteca Capitolare di Ivrea, un manoscritto della seconda metà del XIII
secolo, che era stato fatto conoscere nel suo contenuto polifonico da

Bologna, Real Collegio di Spagna, Archivio 83, c. g. ; messale: area bolognese sec. XI,
alleluia Verba mea

164
Leo Schrade;10 tra l’altro, il manoscritto eporediense è uno dei rarissimi
testimoni che contenga anche due letture con intonazione musicale, Vidi
supra montem (dall’Apocalisse, per la messa della solennità dei Santi
Innocenti, 28 dicembre) e Surge illuminare Jerusalem (da Isaia, per la messa
dell’Epifania), anche se queste sono stilisticamente diverse dal codice di
san Guido. Il confronto tra le due versioni, però rivela qualche elemento
per le meno degno di riflessione (Esempio 3).
L’inizio del Benedicamus di Ivrea si caratterizza per la presenza di due
intervalli di settima, che vengono annullati nella versione acquense, e per
la sottolineatura delle cadenze delle tre sezioni mediante un’estensione
melismatica da parte della voce aggiunta, che crea una dissonanza di
semitono, anche se di passaggio; nel Benedicamus di Acqui questa viene
eliminata del tutto nelle prime due sezioni, modificata alla fine in modo
da evitare l’urto dissonante. Inoltre la parte ‘libera’ della terza sezione
(quella sulla parola «Domino») è formata da tredici note anziché da sedi-
ci, e vi è qualche piccola divergenza nella sottoposizione delle sillabe.
Infine, piccolo dato semiografico ma forse non secondario, per le due
lezioni la voce aggiunta è in rosso, mentre nel Benedicamus le due voci
in partitura sono entrambe notate con inchiostro nero. La conclusione
mi sembra assai evidente; la versione più antica, testimoniata dal codice
68 di Ivrea e contenente al suo interno quegli elementi anche dissonan-
ti propri di una pratica compositiva in corso di definizione ma comunque
viva e reale, è stata sottoposta ad una ‘ripulitura’ e reinterpretazione
strutturale minima quanto a dimensioni, ma simmetrica nel risultato fina-
le, che denuncia una sorta di cristallizzazione e codificazione di forma e
stile evidente anche nella cosiddetta polifonia semplice. Si tratta di una
situazione assai interessante, che meriterebbe ulteriori approfondimenti
volti sia ad indagare possibili rapporti per lo meno liturgico-musicali tra
le due diocesi sia spingere ad analizzare più dettagliatamente le diverse
versioni musicali che apparentemente sembrano identiche tra di loro, e
che magari nascondono piccole ma significative differenze esistenti anche
nella polifonia d’arte vera e propria.

10 L. SCHRADE, Ein neuer Fund früher Mehrstimmigkeit, in «Archiv für


Musikwissenschft», III-IV, 1962-1963, pp. 239-256; riproduzione fotografica del
Benedicamus in GALLO – VECCHI, I più antichi monumenti cit., tav. XCIV. Sulla tra-
dizione di Ivrea cfr. G. Baroffio, La tradizione liturgico-musicale, Storia della
Chiesa di Ivrea dalle origini al XV secolo, Roma 1998, pp. 583-600.

165
Esempio 3.

Ravenna, Biblioteca Classense, 105/1; antifonario: Italia settentrionale sec. XIII1,


responsorio Vidi speciosam

166
LA BIBLIOTECA
LITURGICA:
I LIBRI PER LE
CELEBRAZIONI
di Giacomo Baroffio Acqui Terme,
Biblioteca del Seminario,
immagine prima dei
recenti restauri.

Un aspetto fondamentale nella diffusione della liturgia è la trasmissione


del patrimonio di testi e di canti. Dopo alcuni secoli di esclusiva o pre-
valente tradizione orale, poco per volta si è elaborata una specifica
biblioteca liturgica, una raccolta di sussidi dai quali attingere il materiale
necessario per le celebrazioni.
La genesi dei primi libri liturgici non può essere ricostruita nei dettagli
e con precisione a causa della mancanza delle fonti. L’ipotesi più atten-
dibile prevede all’inizio piccole collezioni di testi omogenei (libelli) che
potevano essere poche preghiere oppure un formulario per la memo-
ria di un santo. In pratica il libello era formato da una o poche pagine.
Un esempio è l’ufficio di san Zeno: sono quattro carte del secolo XI
inserite nell’antifonario coevo di Verona, Bibl. Capitolare, XCVIII.
Oltre alla forma propria del libro – costituito da fogli raggruppati in
fascicoli –, la liturgia latina ha visto fiorire anche la tipologia del rotolo.
Questo particolare manufatto è conosciuto ancor oggi grazie ai rotoli
d’Exultet, assai elaborati sul piano iconografico, diffusi nell’Italia centro-
meridionale. Il rotolo liturgico ha avuto però una ben più vasta utilizza-

167
Taccuino in pergamena
di Giovannino de’ Grassi,
conservato presso la
Biblioteca Civica di Bergamo.
Cantori.

zione di cui permangono sal-


tuarie tracce nei numerosi
rotoli cerimoniali (rotoli del
cerimoniere e degli ostiari)
della liturgia ambrosiana.
Sempre a Milano il rotolo era la
forma tipica dei sussidi liturgici
per le litanie triduane caratte-
rizzate da percorsi processio-
nali. Interessante è anche un
rotolo-pontificale di Asti e i
rotoli funebri: in Italia il più
notevole raccoglie i ricordi in
memoria di Bosone, vescovo di
Susa.
Nel costruire e organizzare la
biblioteca liturgica, probabil-
mente tra VI e VII secolo, si ten-
gono presenti soprattutto due principi:
- si scelgono testi liturgici omogenei secondo le tre grandi categorie
delle orazioni, delle letture e dei canti;
- tali raccolte a loro volta sono raggruppate in singole collezioni desti-
nate ai diversi ministri che agiscono nella celebrazione.
Per le letture della Messa, ad esempio, ci saranno due libri: l’epistolario
per il lettore e l’evangelistario destinato al diacono cui spetta procla-
mare il Vangelo. Talora si vede come una specifica funzione ministeriale
determini la scelta di contenuti apparentemente eterogenei. Un evange-
listario, ad esempio, può contenere anche altri canti propri del reperto-
rio diaconale come l’Exultet pasquale e l’annuncio delle festività che il
diacono canta il giorno dell’Epifania (6 gennaio).
Nell’Italia meridionale si conservano alcuni codici della liturgia delle Ore
che aiutano a comprendere lo sviluppo della tipologia libraria. In questi
manoscritti i vari elementi della preghiera ecclesiale sono ancora riuniti
in sezioni distinte: salmi, letture, orazioni e altro si susseguono in un pro-

Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Hamilton 57, cg 2r; antifonario: Ravenna, sec. XII1,
responsorio Cognovit eum (s. Severo)

168
I PRINCIPALI
LIBRI LITURGICI

dotto omogeneo sotto il profilo


codicologico. Ciò permette di trac- I sussidi librari utilizzati per la cele-
ciare una linea evolutiva, che dai brazione liturgica (singoli fogli, fasci-
libelli liturgici conduce ai libri plena- coli, rotoli, libri...) fino a circa l’anno
1000 erano redatti per le persone che
ri, come sono il breviario per le intervenivano alla Messa con parti-
Ore e il messale per la Messa. Dopo colari funzioni o ministeri. A ogni
una prima fase, in cui sono stati persona (o gruppo, come i cantori)
usati i libelli, si raggruppa il diverso spettava un libro che conteneva i
materiale secondo i due criteri già testi di sua competenza. I principali
considerati (omogeneità e ministe- libri liturgici per la celebrazione
rialità). In seguito si mettono insie- della Messa e della liturgia delle ore
nel rito romano in epoca medioevale:
me in un’unica unità libraria i diver-
si codici esistenti salvaguardandone Antifonario: per la liturgia delle
l’autonomia. Infine si rielabora l’in- ore: nel rito romano raccoglie le
tero contenuto dei singoli libri dis- melodie delle antifone e dei respon-
tribuendo tutto il materiale liturgi- sori, spesso i versicoli. Talora sono
co non più in base al genere (ora- presenti anche le melodie integrali
zione, lettura, canto), bensì secondo del salmo invitatorio. Degli altri
salmi, cantati con le antifone, si dà il
i formulari dei singoli giorni disposti solo incipit testuale e la formula
nella successione dell’anno liturgi- della cadenza finale (differentia).
co, a partire, ad esempio, dalla Raramente sono indicati gli inni e, in
prima domenica d’avvento oppure tal caso, con il solo incipit o la sola
dal 1 gennaio oppure da Pasqua prima strofa.
oppure ancora, secondo le tradizio- L’antifonario della Messa: nel rito
romano contiene i soli testi, non la
ni proprie di ciascuna Chiesa, dal musica, dei brani del proprio.
giorno della festa del santo patrono.
Un problema non secondario che Benedizionale: alla fine della
riguarda i libri liturgici è la loro Messa, nel medioevo il rito romano
effettiva utilizzazione nel corso ha assunto dalla tradizione gallicana
delle celebrazioni. Alcune tipologie l’uso delle benedizioni episcopali o
prevedono, infatti, l’uso di un libro al pontificali. Sono formule solenni
riservate al vescovo, mentre oggi
di fuori della liturgia stessa di cui invece possono essere pronunciate
tuttavia il libro in questione è un anche da un sacerdote. Si richiama-
sussidio insostituibile. È il caso del no alla benedizione biblica di Aronne
libro ordinario e dei cerimoniali. (Nm 6, 24-28) nella struttura terna-
Questi ultimi offrono un prospetto ria del testo, spesso con riferimenti

Contimua a pag. 171

169
molto articolato delle celebrazioni con le notizie che riguardano il ritua-
le, necessarie al retto compimento dell’azione. Le orazioni, le letture e
i canti sono indicati in modo sommario con il solo inizio testuale; ma
per il resto si abbonda in norme rituali senza trascurare il benché mini-
mo dettaglio. Così, in alcuni libri, si fissa di volta in volta il numero dei
cantori che indossano il piviale o la cappa: quanto più solenne è una
festa, tanto più grande è il numero dei pivialisti. Ma un certo grado di
festività comporta, ad esempio, alla Messa il canto del Gloria in excelsis
Deo; in giorni ancora più festivi si aggiunge il canto del Credo.
Tutte queste notizie non si leggono durante l’azione liturgica, ma prima,
nella fase preparatoria. È compito di un ministro, il maestro delle ceri-
monie o cerimoniere, studiare tutto l’itinerario della celebrazione per
provvedere a un suo decoroso compimento, senza nulla tralasciare e
senza nulla cambiare rispetto a quanto è proposto dalla tradizione. In
questa tipologia di sussidi rientrano altri libri: il più frequente e più con-
sultato è il calendario liturgico. Impaginato secondo vari criteri – a scrit-
tura continua senza distinzione dei mesi, su una o due colonne – il calen-
dario nella sua forma classica presenta un mese per pagina nei libri
medio-grandi (breviari, messali), un mese distribuito su due pagine nei
libri piccoli quali sono, ad esempio, i libri d’Ore. Nel calendario sono
segnati tutti i giorni dell’anno per mesi, dal 1° gennaio al 31 dicembre.
Ad ogni giorno sono assegnate diverse lettere necessarie per computi
astronomici o per individuare il giorno della settimana di qualsiasi anno.
In questo caso occorre seguire la colonna con le litteræ dominicales”, una
serie di sette lettere dalla “a” alla “g”. All’inizio d’ogni anno si ricorda la
rispettiva littera che corrisponde ai giorni che cadono di domenica.
Nella riga corrispondente il giorno in cui ricorre la memoria liturgica, si
scrive il nome del santo secondo il culto delle varie Chiese locali. Si
avranno quindi diverse stratificazioni di questi lunghi elenchi in base al
carattere universale o locale del culto, alla sua anzianità o meno, al grado
di festività di cui un santo gode in un particolare territorio o Chiesa
locale (diocesi, regione, nazione, famiglia religiosa). Spesso il colore del-
l’inchiostro aiuta a stabilire una certa gerarchia tra i santi e le loro feste:
il che è importante per individuare la comunità per la qual è stato scrit-
to il calendario stesso e, molto spesso, l’eventuale libro liturgico cui è
stato allegato il calendario.

Pisa, Archivio di Stato, s.s.; antifonario: Toscana (Pisa ?) sec. XII1,


antifona d’invitatorio Stella nobis visa est

170
alla Ss.ma Trinità. Il Benedizionale
Una curiosità: i calendari liturgici raccoglie tutte queste formule dispo-
tradizionalmente riportano un’indi- ste secondo la successione dell’anno
cazione che risale all’antica medicina liturgico. In Piemonte sono conosciuti
i benedizionali di Ivrea (vescovo
egizia. Sono due giorni il mese (dies Warmondo) e di Novara.
ægyptiaci) in cui non si deve pratica-
re il salasso. Tale tradizione s’inseri- Breviario: prima della riforma litur-
sce in un filone religioso assai vivo gica del concilio vaticano II era la rac-
ancora in epoca carolingia, e che colta di tutti i testi necessari per la
potrebbe aver avuto una grande celebrazione della liturgia delle ore:
incidenza sulla strutturazione defini- letture, orazioni, canti (questi ultimi
con o senza notazione musicale),
tiva del repertorio musicale grego- rubriche. Il breviario rispetta le unità
riano. Inoltre, proprio a causa della librarie dei codici che contenevano le
presenza dei dies ægyptiaci, si trova- singole tipologie (salterio, innario...),
no calendari liturgici in molti codici ma parzialmente assembla il mate-
di medicina, che nulla hanno altri- riale integrato dei diversi elementi in
menti a che fare con la liturgia. un singolo formulario. La successione
delle varie sezioni dei breviari non è
Vi sono libri liturgici usati parzial- uniforme nella tradizione manoscrit-
mente nella liturgia: sono, in partico- ta e a stampa; solitamente il brevia-
lare, breviari e messali con notazio- rio è preceduto da un calendario.
ne musicale. Per questi codici
occorre fare una distinzione. Lo Epistolario: raccolta delle letture
stato di conservazione di molti che si proclamano nella Messa prima
codici e la loro consunzione – si del Vangelo. Esse sono disposte secon-
do la successione dell’anno liturgico
pensi al messale-breviario di San (altro nome per questo libro: Comes).
Salvatore al Monte Amiata, ms
Roma, Bibl. Casanatense 1907, sec. Evangelistario: raccolta delle lettu-
XI oppure al messale dell’Italia cen- re evangeliche della messa già sele-
trale del sec. X-XI, ms Vaticano, Vat. zionate e disposte secondo la succes-
lat. 4770 – evidenziano senza dubbio sione dell’anno liturgico. Da non con-
una loro lunga utilizzazione su un fondersi con l’evangeliario che è il
testo integrale dei quattro vangeli
periodo imprecisato, ma pur sempre (Matteo, Marco, Luca, Giovanni).
notevole. Se da un lato la scrittura
testuale permette agevolmente la Graduale: libro con la musica di
lettura dei testi delle orazioni e tutti i canti del proprio della Messa
delle letture, non si può affermare,
tuttavia, la stessa cosa in relazione
Contimua a pag. 172

171
Innario: collezione degli inni per la
celebrazione delle ore liturgiche. Gli
innari possono contenere il solo testo
degli inni. Quelli con musica perlopiù
presentano la melodia sulla sola alla musica. La notazione musicale è
prima strofa; raramente, prima del talmente minuta che esclude una
sec. XV, su tutto il testo. Spesso l’in- lettura da parte di più persone con-
nario è integrato con il salterio temporaneamente. Inoltre sarebbe
stato necessario un frequente spo-
Kyriale: raccolta con i canti dell’ordi-
nario della Messa con musica: Kyrie, stamento dei libri dalla sede e/o dal-
Gloria in excelsis Deo, Sanctus, Agnus l’altare al coro, fatto assai disagevo-
Dei, Credo. A questo canti sono da le e limitato, al massimo, ad un unico
aggiungersi le formule di congedo (Ite trasferimento dalla sede all’altare. In
Missa est, Benedicamus Domino) e altre parole: ci sono dei libri liturgi-
due antifone per la benedizione del- ci plenari che sono stati usati sol-
l’acqua lustrale (Asperges, Vidi tanto in modo parziale: messali in
aquam).
Nelle raccolte più antiche i canti quanto codici, solo sacramentari o
dell’Ordo Missæ sono raggruppati per sacramentari-lezionari in quanto
categoria e le melodie sono identifica- sussidi liturgici effettivi.
bili grazie al tropo più comune colle- Merita un accenno anche un codice
gato con lo stesso brano. assai diffuso e utilizzato nella litur-
Successivamente i canti sono distri- gia, ma che per sua natura non è
buiti in formulari veri e propri – sino
al sec. XVI, ma spesso anche dopo,
per nulla un libro liturgico, la Bibbia.
senza Credo – che portano tuttavia Il testo biblico è stato sempre al
un’indicazione specifica della celebra- centro d’ogni azione rituale, e nel
zione: In minoribus, In Missis defunc- tempo si è sviluppata una ricca pos-
torum, De Beata... sibilità di scelte librarie grazie alla
redazione di diversi lezionari. Il
Messale: libro onnicomprensivo che codice biblico – soprattutto quello
presenta – con o senza musica – tutti
i testi necessari per la celebrazione di gran formato, come le Bibbie
della messa, cioè orazioni, letture, atlantiche dei secoli XI e XII d’area
canti e rubriche. La struttura tipo si romana e laziale-umbra – ha una
articola in temporale (dall’avvento al sua collocazione fisica e ideale all’in-
sabato santo + Ordo Missae + sezione terno delle celebrazioni. Riposto
da Pasqua alla fine dell’anno liturgi- sull’ambone o al centro del coro, il
co), santorale (proprio e comune), codice biblico evidenzia la centralità
dedicazione della chiesa, defunti,
messe rituali, messe votive e messe della Parola di D-i-o nella vita della
ad diversa, benedizioni di persone e comunità orante. L’uso liturgico
cose. Il messale solitamente è prece- delle Bibbie richiede naturalmente
duto da un calendario. vari sussidi complementari, alcune
tabelle (capitularia) che indichino le
Contimua a pag. 173

Pisa, Archivio di Stato, s.s.; antifonario: Toscana (Pisa ?) sec. XII2,


responsorio (inedito) Anna et Caiphas

172
Sacramentario: raccolta delle ora-
zioni presidenziali della Messa (col-
letta, secreta, postcommunio, prefa-
letture proprie d’ogni celebrazione. zio). Nelle fonti più antiche si trovano
anche l’Ordo Missæ, le benedizioni
Nella vasta biblioteca liturgica c’è pontificali e i riti di ordinazione. In
posto per un numero elevato di base alla scelta delle orazioni e delle
tipologie, da quelle più usuali (bre- celebrazioni dei santi nel rito romano
viario e messale di formato medio o si distinguono varie tipologie di
medio-grande) ad altre molto parti- sacramentari; le principali sono i
colari. Sotto l’aspetto codicologico sacramentari veronese (leoniano),
gelasiano e gregoriano.
si possono ricordare prodotti minu-
scoli come tanti libri d’Ore oppure Salterio: raccolta dei 150 salmi bibli-
alcuni processionali di formato ci. Si distinguono varie tipologie di
tascabile.Ad Assisi, nella Biblioteca di salterio in base alla recensione del
Santa Maria degli Angeli alla Po- testo latino. Le principali sono la
rziuncola, si conservano due esem- Vetus Latina e il salterio romano che
plari con due soli righi musicali per sono serviti come base testuale dei
più antichi canti del rito romano, il
pagina (specchio di scrittura mm 70 salterio gallicano (Vulgata) diffuso in
x 140). Un caso del tutto curioso, ambito gallicano dall’epoca carolin-
ma in passato certo non raro, è il gia, il salterio milanese proprio del
codice che si portava appeso alla rito ambrosiano. I salteri liturgici
cintura durante i viaggi, la cui pagina possono presentare vari testi comple-
era più volte ripiegata fino ad otte- mentari (cantici, preghiere, litanie..) e
nere il formato minuscolo desidera- spesso sono integrati con l’innario.
to: un minuscolo breviario parziale Sequenziario: raccolta di sequenze;
con calendario di Spalato della fine esse sono distribuite secondo lo svol-
del secolo XIII è conservato nella gimento dell’anno liturgico. Spesso il
Biblioteca del Museo Correr di sequenziario è integrato con un tro-
Venezia. pario.
Un caso del tutto diverso interessa
Tropario: raccolta dei tropi relativi
un codice liturgico scritto con gran ai canti della messa, spesso integrato
cura per essere utilizzato una sola con un sequenziario.
volta; il che, tuttavia, non esclude che
possa essere impiegato anche in
celebrazioni successive. È il messale
con il rito della canonizzazione che
è approntato per il solenne rito in
cui si dichiara santo un figlio della
Chiesa. A Como (Bibl. del Seminario,
XIII.h.34) si conserva il codice della

173
canonizzazione dei santi
Ludovico Gonzaga e
Stanislao Kotzka, celebrata
a Roma nel 1726.
L’insieme dei libri liturgici è
uno specchio fedele della
celebrazione, non soltanto
perché raccoglie i testi e i
canti liturgici, ma perché,
ancor prima, riflette la
strutturazione della comunità celebrante e le funzioni che all’intero di
essa svolgono i vari ministri. Quando nell’alto medioevo le azioni litur-
giche prevedevano ancora la presenza differenziata di diversi ministri o
gruppi di persone, ciascuno dei quali aveva una funzione specifica, i libri
erano redatti in modo tale da soddisfare le esigenze ministeriali. Il pre-
sidente dell’assemblea disponeva di un proprio libro con le sole orazio-
ni presidenziali, il lettore aveva un suo lezionario diverso dalla raccolta
dei Vangeli riservata al diacono. I canti erano pure tramandati in varie
raccolte diverse e autonome rispetto ai libri con le orazioni e le lettu-
re.
Nella misura in cui la liturgia della Messa diviene un fatto esclusivamen-
te clericale e scompaiono gli altri ministri con loro mansioni, si assiste
ad una concentrazione progressiva di tutto il materiale liturgico in un
solo libro che sarà destinato al solo sacerdote officiante. Ci sono sen-
z’altro anche altri motivi, ad esempio quello della praticità, ma sostan-
zialmente la riduzione dei libri liturgici a delle raccolte onnicomprensi-
ve rispecchia la graduale scomparsa di ministri al di fuori del presidente
dell’assemblea.
Specchio altresì della cultura, il libro liturgico permette di osservare uno
spaccato del passato in cui emergono molteplici manifestazioni cultura-
li che, in qualche modo, hanno contribuito alla realizzazione dei codici
redatti in vista delle celebrazioni. Le miniature sono senz’altro la parte
più vistosa e accessibile, quella che desta un interesse immediato da
parte di tutti perché solitamente sono di facile comprensione nel loro
messaggio iconografico descrittivo (la scena della Natività, il Crocifisso,
volti di santi/e…). Ci si dimentica e spesso è trascurato il messaggio che
possono dare altri particolari del libro liturgico: dalla grafia testuale a

Pisa, Archivio di Stato, s.s.; graduale: Toscana (Pisa ?) sec. XIII,


tratto Sæpe expugnaverunt me

174
quella musicale, dal contenuto dei testi letterari alle singole melodie.
Tutto ciò esprime la vitalità spirituale ed intellettuale delle singole comu-
nità per le quali i libri sono stati approntati, tenendo conto non soltan-
to delle possibilità economiche, ma soprattutto delle esigenze cultuali e
culturali specifiche d’ogni comunità. Così, ad esempio, il sacramentario-
pontificale “di Padova”, pur compilato nello scrittorio imperiale di Carlo
il Calvo, riflette la tradizione liturgica italica.
Sotto certi aspetti il codice liturgico è l’abbecedario della cultura
medioevale, spesso è l’unico libro
accessibile che tutti possono vedere e
toccare; non è escluso che in molti
casi, con la Bibbia, sia il sussidio princi-
pale per la formazione culturale di
base, il primo processo d’alfabetizza-
zione. Da questi libri s’imparava a
leggere e a contatto con essi si veni-
va a conoscenza delle norme grafi-
che elementari. Per tutti, anche per
gli analfabeti, le grandi “A” poste
sulla prima carta dei libri delle Ore
(responsorio Aspiciens a longe) e
dei codici per la Messa (introito Ad
te levavi) segnavano l’inizio dell’an-
no liturgico. Con esso poteva ini-
ziare anche una vita nuova, un
impegno più forte a fare della
“vita in Cristo” il programma vis-
suto della propria esistenza indi-
viduale e sociale. Questo itinera-
rio di fede da sempre ha trovato
nel canto gregoriano un aiuto e
una luce che ha reso il cammi-
no meno gravoso, più luminoso
e pieno di speranza.

Cassine, San Francesco.


Antifonario redatto da Giovanni Battista Molinari (1695).

175
UFFICIO DI SAN GUIDO
Esempi di brani ritmici

legenda az: azione liturgica (vs = vespri...), tp: tipologia (ant = antifona...), incipit, m:
modalità gregoriana (1 = re autentico ...), struttura (il numero corrisponde alle sil-
labe; p = parola parossitona [es. De-us], pp = parola proparossitona [es. Do-mi-
nus]
az tp incipit m struttura rima

1vs ant Guido decus Aquensium 1 8pp 10pp 8pp 10pp aaaa
1vs rsp Regnum mundi supergressus fa 8p 6p 8p 6p 8p 6p ababab
1vs vrs Peregre Iacob fa 8p 6p 8p 6p abab
1vs hmn Gaude mater ecclesia sol 8pp 8pp 8pp 8pp abab

mat hmn Inclita gaudia pangamus 7 12pp 12pp 12pp 8pp

2nc rsp Amans Christum Guido 7 4p 9p 4p 12p 7pp 7pp a b a b c c d d d


(+ 2) 8pp 8pp 8pp
2nc vrs Anulo sacro consignatus 7 10pp 11pp aa

3nc ant Cum flore mundum despicis 1 8pp 6pp 7pp 6pp abab
3nc ant Circa caelestia occupatus 1 ? 6pp 8pp 8pp 7pp ? a b c b*
3nc ant Post carnis exitia ad caeli 2 7pp 7pp 7pp 7pp aaaa
3nc rsp Lux caecorum vox mutorum 5* 8p 7pp 8p 7pp 8p 7pp ababab
3nc vrs Ut te duae vera luce 5* 8p 7pp 8p 7pp a b c b*
3nc rsp Templum fecit templi 7 8p 7pp 8p 7pp 8p 7pp a b c b* c b**
3nc vrs Verus bonus summi 7 8p 8p 7pp aab

lds ant Praesul almus hodie 1 7pp 6p 7pp 6p a b a* b


lds ant Omnis terra iubilet 1 7pp 7pp 7pp 6p aaab
lds ant Ad te de luce Deus 6* 7p 6p 8pp 6p abcb
lds ant Caeli terra maria 5 7pp 6p 8pp 6p a b a* b
lds ant Plebs laudat angelica 2 7pp 6p 7pp 6p abab
lds hmn Caeli cives assidue 3 8pp 8pp 7p 8pp a a* b b*
lds abn Benedictus Dominus qui nos 5 7pp 6p 7pp 6p 7pp 6p abababaaab
7pp 7pp 7pp 6p

2vs amg Inclita sanctissimi Guidonis 1 7pp 7pp 8pp 8pp 8pp abcbddbb
8pp 8pp 8pp

Berlin, Deutsche Staatsbibliothek, Hamilton 688, 170v; invitatoriale tonario: Toscana sec. XIIIm,
Ps 94 Invitatorio Venite exultemus Domino

176
I FRAMMENTI
Acqui Terme,
Cattedrale.
Bassorilievo
dell’altar maggiore.

LITURGICI
ITALIANI
di Giacomo Baroffio

L’indubbio crescente interesse espresso in Italia negli ultimi anni verso i


frammenti liturgici, invita a fare alcune considerazioni su questo mondo
semi-sommerso. In primo luogo va ricordato il fatto che i codici liturgi-
ci – e di conseguenza anche i loro frammenti – costituiscono fino a tutto
il XII secolo la percentuale relativamente più alta del patrimonio libra-
rio italiano rispetto ai libri di altre discipline come, ad esempio, la medi-
cina, il diritto e la stessa teologia. Il fatto si spiega a causa della necessi-
tà di aver a portata di mano uno o più esemplari dei libri di culto in ogni
luogo di celebrazione liturgica, sia una piccola chiesa di campagna sia un
grande centro episcopale o monastico. La complessità delle celebrazio-
ni comporta nel medioevo un’articolazione assai particolareggiata del
patrimonio librario che prevede varie decine di tipologie diverse.
A differenza dei libri di altre discipline – che nonostante tutte le riela-
borazioni redazionali tendono a trasmettere un testo autorevole e con-
solidato – il codice liturgico spicca per la massima elasticità redazionale
che non solo permette, ma addirittura impone un adattamento costan-
te alle esigenze teologiche, spirituali e cultuali delle singole comunità. Per

177
questo motivo si può dire che paradossalmente non esistano due codi-
ci liturgici perfettamente identici.
Dato l’uso quotidiano, tale materiale era destinato anche a un deperi-
mento che obbligava alla sostituzione degli esemplari consunti e divenuti
inservibili. Inoltre, le varie riforme in campo celebrativo e l’adesione a
questo o a quell’altro tipo di liturgia particolare costituivano altrettante
occasioni che rendevano praticamente inutilizzabili molti libri. Fino al
1500 questo particolare materiale librario liturgico o era conservato in
depositi (archivi e biblioteche) o veniva utilizzato per altri scopi, talora
come supporto per un uso successivo, come avviene nel caso dei palin-
sesti. Non è sempre evidente il motivo che ha condotto a cancellare un
testo precedente per utilizzare la pergamena in modo diverso. Oltre a
una relativa difficoltà di procurarsi la pergamena, forse c’è anche un’i-
stintiva economia di parsimonia e di riciclaggio in molti ambienti pove-
ri. Sorprende comunque notare come talora alcuni testi liturgici siano
stati cancellati e i loro fogli siano stati utilizzati solo pochi decenni dopo
la prima stesura originale. Un fatto del genere è avvenuto, ad esempio,
nella prestigiosa abbazia di Farfa in Sabina.
Nei secoli XVI e XVII, oltre all’uso di palinsesti, il materiale pergamena-
ceo trova una diffusa utilizzazione come coperta di materiale librario o
documentario più fragile, in specie cartaceo. Si tratta soprattutto di
carte notarili e di documenti amministrativi che vengono legati e custo-
diti in involucri pergamenacei. Oltremodo variegato, come si vedrà, è
l’uso della pergamena di antichi codici nei lavori di legatoria e di restau-
ro librario. Tale operazione che avviene paradossalmente grazie alla
distruzione di altro materiale, cioè i codici più antichi, considerati ormai
inservibili e divenuti, talora, incomprensibili.
L’attenzione rivolta dagli studiosi di varie discipline ai frammenti librari
medioevali, negli ultimi anni ha portato a notevoli risultati.Valga per tutti
il caso emblematico dei frammenti ebraici che hanno dato un contribu-
to sostanziale per ricostruire la storia della spiritualità e della cultura
degli Ebrei in Italia. Al di là di rare eccezioni, come quella di Nonantola
– che vede una predominanza di frammenti ebraici rispetto a quelli lati-
ni – i vari e diversificati fondi di frammenti offrono di solito un consi-
stente patrimonio di materiale liturgico che in assoluto è il più nume-
roso rispetto alle reliquie di codici propri di altre discipline. Non man-
cano anche in questo settore scoperte interessanti che riguardano sia

Frosinone, Archivio di Stato, Coll. Pergamene 82; antifonario: Roma (repertorio romano-antico) sec. XII4/4,
responsorio Tria munera (Epifania)

178
l’eucologia sia i repertori musicali. Si tratta
tuttavia sempre di scoperte casuali o di inda-
gini limitate a poche istituzioni oppure dovu-
te all’interesse di singoli studiosi o all’impegno
di qualche studente per un lavoro di tesi.
Un’indagine sulle ricerche pubblicate mette in
evidenza un fatto: la ricerca sui frammenti
liturgici e musicali in Italia è soltanto agli inizi.
Di fronte a questa massa ingente di materiale
– si può presumere che possano essere ricu-
perati in tempi medio-brevi da 30.000 a
40.000 pezzi – è bene domandarsi quale sia la
situazione reale, come si presenti, quali i
metodi di indagine da applicare per una cono-
scenza adeguata e una custodia che sia pro-
mozionale.
San Michele di Lesegno,
Madonna della Neve.
Incoronazione di Maria.
TIPOLOGIA DEI FRAMMENTI LITURGICI Particolare.

I frammenti provenienti da un libro liturgico presentano una ricca tipo-


logia. Si va da una striscia di poche righe monche o anche da un pez-
zetto grande come un’unghia a una carta o a interi fogli o fascicoli com-
pleti, com’è il caso di un calendario (martyrologium) ambrosiano conser-
vato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze. Possiamo distinguere i fram-
menti in base ad alcune tra le più frequenti utilizzazioni.

a) palinsesti
A un primo gruppo di frammenti appartengono quelli che sono stati uti-
lizzati per scriverci opere successive alla prima stesura originale: sono i
palinsesti, grazie ai quali si possono ricuperare molti frammenti di codi-
ci a partire dalla tarda antichità. Una rapida lettura dei Codices Latini
Antiquiores di ELIAS AVENARY LOWE permette di rilevare l’importanza di
questa categoria di frammenti. In campo liturgico molti palinsesti sono
stati studiati da ALBAN DOLD dell’abbazia tedesca di Beuron, uno spe-
cialista del settore; a lui si devono ritrovamenti ed edizioni che merita-

179
Acqui Terme, Cattedrale. Chiostro dei canonici.
Particolare di bassorilievo.

no ancora oggi la più grande atten-


zione. In realtà, di palinsesti se ne sco-
prono spesso, basta guardare i mano-
scritti con attenzione e alla luce giusta. Occorre, tut-
tavia, una capacità visiva almeno normale per affrontare lo stu-
dio faticoso di questo materiale che riserva gradite sorprese.
Si possono ricordare le ricerche grazie alle quali MICHEL HUGLO,VIRGINIA
BROWN e MARIE-NOËL COLETTE hanno ricuperato rispettivamente un
graduale piacentino dell’XI secolo, un graduale tropario napoletano in
scrittura beneventana a cavallo tra i secoli XII e XIII utilizzato dal
Boccaccio e, infine, un complesso libro liturgico di area torinese che
personalmente attribuirei all’inizio/prima metà del secolo XI.
La riutilizzazione più frequente di antico materiale librario si registra
tuttavia nel campo della legatoria. Si possono segnalare al riguardo diver-
se tipologie delle quali ricordo le principali:

b) carte di guardia e controguardie


Questa tipologia di frammenti è molto diffusa, ma purtroppo non è sem-
pre segnalata. Si pensi al caso del sacramentario ambrosiano di Biasca
studiato da parecchi liturgisti: soltanto l’editore, il monaco ODILO
HEIMING di Maria Laach, ha individuato all’inizio del codice il frammento
di un altro sacramentario ambrosiano che secondo BERNHARD BISCHOFF
risalirebbe alla prima metà del secolo X. Sono centinaia le carte di guar-
dia già individuate. e il numero è destinato senz’altro a crescere. Ricordo
al riguardo che anche negli incunaboli e nelle edizioni a stampa del ‘500
frequenti sono carte di guardia e rinforzi sul dorso tratti da codici. Un
saggio esemplare al riguardo è l’indagine assai fruttuosa, ancora inedita,
svolta da PAOLO GALIMBERTI sul materiale librario della Biblioteca Civica
Queriniana di Brescia.
Una particolare testimonianza di carte di guardie e contropiatti è offer-
ta dall’impronta (Abklatsch) dell’inchiostro lasciata sulla colla da carte
scomparse La scrittura risulta pertanto speculare e può essere letta
senza grandi difficoltà, come nel caso di alcuni frammenti del sacramen-
tario detto “di Berceto” della Biblioteca Ambrosiana di Milano (edito in
parte da GERMAIN MORIN).

Messina, Biblioteca Painiana del Seminario, 19, c. 29v; Graduale: Lazio/Roma sec. XI4/4,
tratto Dixit Iesus mulieri (I giovedì quaresima)

180
c) strisce di rinforzo di fogli/fascicoli/legatura
(Falzmakulaturen)
Solitamente si tratta di sottili strisce che servono per rinforzare soprat-
tutto il foglio esterno dei fascicoli. L’esiguità dello spazio scritto visibile
non permette sempre di identificare i testi o rende problematica la loro
individuazione come nel caso di numerose strisce di un libro corale con
musica (XVI secolo) conservato nell’Archivio di Stato di Mantova. Posso
ricordare ancora i frammenti ricavati da un graduale (e calendario)
beneventano della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia e tutta una
serie di frammenti di un messale con neumi ravennati (sec. XII) sparsi in
alcune filze dell’Archivio di Stato di Urbino o diverse tipologie di fram-
menti che sono serviti per rattoppare i due antifonali della Biblioteca
capitolare di Tortona. In alcuni casi, la varietà del materiale utilizzato per
i rattoppi trasforma un libro liturgico in una vera e propria enciclopedia
del sapere medioevale, come succede in un libro dell’Aula Capitolare di
Oristano analizzato minutamente e con successo da GIAMPAOLO MELE.
Non è raro che le diverse liste di rinforzo – come pure le toppe di
restauro utilizzate in un codice o in una serie contigua di manufatti –
provengano non solo da un unico manoscritto originario, ma addirittu-
ra dalla stessa carta che si può eventualmente reintegrare totalmente.
Simile nella forma, ma non
nella funzione, sono le sottili e
lunghe strisce di pergamena
utilizzate nella costruzione e
riparazione degli organi. La
giustezza millimetrica di que-
sto materiale (da 3 a 4 mm),
nonostante la lunghezza dei
singoli pezzi (da 400 a 500
mm) rende in molti casi arduo
se non impossibile il lavoro di
identificazione dei testi e delle
musiche originali.

Bastia di Mondovì, San Fiorenzo,


Incoronazione di Maria. Particolare
dell’affresco, angeli musicanti.

181
d) tasselli di rinforzo nei punti di cucitura e toppe di
restauro
Ancora più difficili da individuare e da leggere rispetto alle liste di rinfor-
zo sono i minuscoli tasselli che rinforzano la pergamena soltanto in pros-
simità dei fori della cucitura. Si tratta per lo più di pezzetti larghi al mas-
simo un paio di centimetri e spesso non più lunghi. Anche questo mate-
riale minore può riservare talora delle sorprese come i quattro tasselli
scoperti a Boccioleto da PIETRO FERRI Che me li ha messi generosamente
a disposizione quando ho scritto, quasi mezzo secolo fa, il mio primo arti-
colo di bibliologia liturgica. Essi appartengono a un salterio del XIV seco-
lo che presenta tutta una serie di varianti testuali tra cui confirmavit al
posto di confortavit della Volgata (sal 147, 13). Quest’ultima lezione del
frammento è degna di nota perché si ritrova nel salterio di Verona del VI-
VII secolo.

e) segnalibri
Frequenti nei grandi libri corali sono stati applicati segnacoli di pergame-
na per poter trovare facilmente i diversi contenuti. L’uso prolungato di
tali sussidi li ha solitamente consunti, ma talora è possibile trovare delle
tracce di antichi codici anche in brandelli minimi. Esemplare è un caso di
un messale del XIII secolo dell’abbazia cistercense di Staffarda (Torino,
Biblioteca Naz. Univ., E.IV.26). A c. 112 c’è un segnalibro di mm 26 x 33
che potrebbe provenire da un sacramentario del secolo X o XI.

f) fodere esterne di coperte


È generalmente facile individuare i frammenti librari utilizzati come fode-
re esterne delle coperte in raccolte di carte: a questo genere di fram-
menti appartiene la massima parte delle raccolte archivistiche italiane in
cui si trova generalmente l’antica legatura archivistica con pergamena
flessibile. Si trova la pergamena anche per rivestire i supporti di cartone
nelle copertine rigide di libri (a stampa). Questi sono anche i casi dove
con maggior frequenza si è preceduto al lavaggio dei fogli provenienti da
antichi manoscritti al fine di rendere bianca la fodera esterna dei libri. Nel

Subiaco, Biblioteca Santa Scolastica, XVIII 19; Graduale: Italia centrale sec. XIII1,
introito Puer natus (Natale)

182
medesimo gruppo tipologico si possono far rientrare anche gli spezzoni
di carte librarie manoscritte che sono stati utilizzati per ricoprire e difen-
dere i soli dorsi di libri stampati.

g) fodere interne di coperte


Alcuni laboratori dove sono state confezionate le filze degli atti notarili Acqui Terme,
e amministrativi hanno confezionato la copertina pergamenacea utiliz- Cattedrale,
particolare
zando due fogli cuciti uno sull’altro. Altre situazioni prevedono per libri del pulpito.
medi e piccoli l’uso di un unico foglio pergamenaceo piegato a
metà in modo da costituire praticamente due strati. Nel caso
ricordato precedentemente il foglio interno talora è stato
ulteriormente coperto da materiale cartaceo incollatovi
sopra, tanto da rendere praticamente illeggibile il contenu-
to. Comunque, se non si prendono in mano i singoli manu-
fatti e non si aprono, è impossibile individuare le coperte
interne.

h) anime di coperte cartonate


È questa una tipologia più frequente di quanto si possa pensare,
ma è senza dubbio difficile da individuare senza manomettere i
codici con copertine integre. Di solito ci si accorge che l’anima
del “cartone” è costituito da materiale librario pergamenaceo
quando gli spigoli sono consunti o l’uso del manoscritto ha
condotto a una separazione degli elementi che costituiscono
l’anima. Ciò è avvenuto, ad esempio, molti anni fa in Valsesia,
quando il ricordato don PIETRO FERRI ha trovato i primi fram-
menti del cosiddetto messale di Boccioleto del secolo XI
nella copertina di un registro parrocchiale. Relativamente
recente è la scoperta di 15 fogli cartacei che ora costitui-
scono il codice T.III.2 della Biblioteca Nazionale Universitaria
di Torino. Materiale liturgico in situazioni analoghe si trova in
molti centri di raccolta. Ricordo gli ultimi che ho visto alla
Biblioteca Comunale di Crema (vari fogli di un mes-
sale ambrosiano) e alla Biblioteca Statale di
Cremona (lezionari del mattutino).

183
i) carte e fascicoli integrativi
Si possono infine considerare frammenti anche singole carte e singoli
fascicoli sostitutivi e/o integrativi che sono stati inseriti in un libro litur-
gico. Se ne trovano relativamente spesso nei libri corali recenziori, ma
non mancano esempi di secoli anteriori. Uno dei casi più meritevoli di
attenzione è il libello con l’ufficiatura propria di san Zeno inserito nel-
l’antifonario ms. XCVIII (92) della Biblioteca Capitolare di Verona che
risale alla fine del secolo XI o all’inizio del XII.

SIGNIFICATO E IMPORTANZA
DEI FRAMMENTI LITURGICI

Di fronte alla massa dei frammenti – ripeto che si tratta di alcune migliaia
di pezzi –, ci si chiederà se il fenomeno sia soltanto quantitativo oppure
se i frammenti siano interessanti e in quale misura essi siano importanti
per la ricerca in campo liturgico-musicale. In questa pro-
Spigno Monferrato, spettiva meritano di essere ricordati alcuni fatti, in partico-
Santa Maria del Casato.
Ascensione della Vergine. lare la testimonianza dei frammenti per quanto concerne:
Particolare, angeli musicanti.

a) la grafia testuale
Nello studio della tradizione manoscritta
altomedievale i frammenti rivestono senza
dubbio una grandissima importanza come si
può constatare scorrendo, ad esempio, i
repertori di ELIAS AVENARI LOWE (CLA) con
l’inventario delle testimonianze anteriori al
secolo VIII, e quello di KLAUS GAMBER relativo
ai più antichi codici liturgici delle Chiese lati-
ne (CLLA). Meritano qui di essere menziona-
te almeno due recenti piste di ricerca che
riguardano la morfologia della scrittura
testuale beneventana nell’area di Veroli e
varie forme grafiche di area romanesca.

Benevento, Biblioteca Capitolare, 39, c. 81r ; Graduale: Benevento S. Pietro intra muros ? sec. XIex,
Alleluia Domine dilexi

184
b) la tradizione grafica musicale nelle tipiche morfolo-
gie locali
Mentre il modulo calligrafico testuale, pur con tutte le peculiarità locali,
ricalca per secoli l’unico modello standardizzato della minuscola caroli-
na, nella tradizione musicale tra i secoli X e XIII si trovano decine di gra-
fie con notevoli differenziazioni morfologiche. Lo studio dei frammenti
liturgico-musicali italiani ha permesso di verificare una notevole concen-
trazione di testimoni delle grafie locali nel centro principale di produzio-
ne e nell’area circostante relativamente ristretta. L’indagine è stata com-
piuta principalmente per l’Italia settentrionale e si è limitata in un primo
tempo al secolo XII, ma ricerche successive hanno confermato piena-
mente quanto era emerso in precedenza.
Così c’è una concentrazione di testimoni della grafia bretone-pavese
nell’Archivio di Stato di Pavia, concentrazione che diviene considerevole
per quanto riguarda la notazione ravennate proprio nei diversi fondi di
Ravenna, mentre in territorio lariano si trova addensata la notazione
comasca. Negli Archivi di Stato di Firenze, Lucca, Pescia e Pisa abbonda-
no maculature con differenti tipologie di notazione toscana; negli Archivi
di Stato e notarili dell’Umbria (Montecastello di Vibio, Norcia, Orvieto,
Perugia, Stroncone, Terni) e del Lazio (Frosinone, Roma, Viterbo) sono
notevoli le presenze della notazione umbro-laziale. I fondi siciliani (ad
esempio, l’Archivio della Curia e la Biblioteca Centrale della Regione a
Palermo, l’Archivio di Stato di Catania) conservano testimonianze di tra-
dizione normanna assenti nelle regioni settentrionali e centrali (al Sud si
trovano fonti normanne ancora in Puglia e in Campania).
Ulteriori relazioni con usi liturgici locali o altri manoscritti possono esse-
re stabilite in base alle litterae significativae (nei racconti della passione di
Cristo nella settimana santa) e altre particolarità. Si è già accennato a un
frammento conservato ad Acqui, la cui origine toscana è rivelata dalla
serie di lettere per il canto del Passio. Non va neppure dimenticato che
in taluni casi le testimonianze dei frammenti possono precisare il quadro
della situazione e dell’evoluzione grafica musicale. Tipici al riguardo sono
i casi che interessano le notazioni comasca e ravennate.
Oltre alla notazione vera e propria, meritano attenzione anche i segni
aggiuntivi quali sono il custos e le chiavi. A questo proposito l’origine
orvietana di un frammento spezzino (Museo A. Lia), postulata per ragio-

185
ni iconografiche, è confermata anche dalla particolare morfologia della
chiave di fa presente in codici locali.

c) particolari riti e usi


In area laziale, precisamente a Frosinone, pochi anni or sono ho potuto
identificare un frammento di antifonario testimone del repertorio roma-
no-antico. Una consistente serie di membra disiecta di un graduale con
tropi e sequenze potrebbe riflettere la cultura musicale di Montecassino
del sec. XI-XII meglio di ogni altro codice musicale conosciuto.
Anche la presenza di particolari usi e tradizioni permette di arguire che
i frammenti provengano per lo più dalla zona d’origine o dalla stessa città
dove sono stati scritti e utilizzati i manoscritti originari. Questo fenome-
no può essere verificato, ad esempio, in base alla consistenza dei fram-
menti liturgici ambrosiani conservati nell’Archivio di Stato di Milano. Un
esame condotto sui frammenti librari già ricuperati ha permesso di giun-
gere a risultati che, fatte tutte le proporzioni, non si possono immagina-
re altrove. Anche nelle vicinanze di Milano (Crema, Cremona, Novara,
Pavia e vari archivi del Ticino in Svizzera) si trovano frammenti ambro-
siani mentre altrove, in aree più distanti dal centro lombardo, essi prati-
camente sono inesistenti. L’unico frammento ambrosiano rinvenuto lon-
tano, a Roma, pone vari problemi. Forse apparteneva a un antifonario in
uso di una comunità religiosa che seguiva nell’Urbe il rito milanese.

d) elementi agiologici
Elementi agiologici si trovano concentrati in calendari, litanie e nelle
sezioni del santorale. Trattandosi di frammenti, il loro valore probatorio
è relativo; ma è pur sempre significativa la presenza di determinati santi
in particolari centri e aree cultuali. Frequente, ad esempio, è la presenza
di santi del mondo germanico in codici e frammenti dell’area altoatesina
(Bolzano, Bressanone, San Candido/Innichen).

e) la trasmissione di brani rari


Per quanto riguarda un altro aspetto qualitativo che contraddistingue i
frammenti liturgici, si deve ammettere che la maggior parte di essi dopo
il secolo XIII non è molto significativa. Prima di tale periodo, invece, sono

Benevento, Biblioteca Capitolare, 35, 58r ; Graduale: Benevento sec. XII1,


tratto Deus deus meus

186
frequenti le testimonianze di fatti musicali o liturgici interessanti. Si pos-
sono ricordare brevemente frammenti con pezzi unici o rari (Emitte spi-
ritum, Crux benedicta nitet) e nuove testimonianze relative alla tradizione
dei tropi e delle sequenze.
A proposito delle sequenze vorrei ricordare soltanto alcuni esempi. In
Bologna, Biblioteca Universitaria, ms 2551 (già S. Salvatore 725), un pro-
cessionale-cantatorio-antifonario di Brescia (secolo XIII), l’ultima carta di Acqui Terme,
guardia (c. 34) è tratta da un graduale-sequenziario beneventano del Cattedrale,
secolo XI: l’unico testimone italiano della sequenza acefala <Præcelsa sæcli particolare
del pulpito.
colitur> in onore del diacono s. Vincenzo. Si pensi che proprio in questa
sezione le grandi raccolte di Benevento sono lacunose. Il secondo esem-
pio è una carta di messale toscano o tosco-romagnolo (II metà del seco-
lo XI) che si conserva in una piccola raccolta di frammenti liturgici della
Biblioteca Riccardiana di Firenze (ms. 4026). Nel formulario di san
Michele ci sono due sequenze d’origine francese-orientale: la seconda
è assai diffusa e presenta neumi: Summi regis archangele Michael; la
prima, senza notazione, è Magnum te Michaelem habentes pignum
che in Italia si trova soltanto citata nella raccolta di Montecassino
318. Il terzo pezzo si trova a Modena, Archivio di Stato -
Biblioteca, Frammenti, Busta 13, 12. È un foglio di sequenziario
dell’Italia settentrionale (Emilia, sec. XII4/4) che contiene quattro
pezzi: a c. 1r l’interessante brano natalizio composto nell’Italia set-
tentrionale Ecce iam venit nostra redemptio. La recensione testua-
le si avvicina, ma non è identica, a quella del manoscritto
Montecassino, Archivio della Badia, 546. A c. 1v si conclude la
sequenza precedente e inizia il canto dell’Epifania Festa Christi omnis
christianitas celebret di Notker. A c. 2r c’è un’altra sequenza, acefala,
di Notker per il tempo pasquale Laudes salvatori voce modulemur sup-
plici (inizia nel frammento a metà della strofa 10). D’area romanza e
assai diffusa in Italia è l’ultima sequenza, sempre per il tempo pasqua-
le, Ecce vicit radix David che inizia a c. 2v. Di alcune sequenze germani-
che l’unica traccia finora scoperta si trova in frammenti dell’Archivio
della Città di Bolzano e del Museo di San Candido/Innichen.
Queste poche osservazioni confermano un’impressione generale:
circa due terzi dei frammenti liturgici non offrono nessuna novità,
mentre l’altro terzo merita grande attenzione perché propone
pezzi inediti, rari o recensioni testuali e/o musicali particolari di
brani già noti.

187
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

IL CANTO
GREGORIANO
AD ACQUI
coro gregoriano Sorores 2004
LI CHO CHUN (LC)
CLAUDIA CEFALO (CC)
EUN JU KIM ANASTASIA (EJK)
ANTONELLA LI CAUSI (ALC)
LEANDRA SCAPPATICCI (LS)
GIACOMO BAROFFIO (GB)

dirige EUN JU KIM ANASTASIA

INDICE DEI BRANI


(tra parentesi la sigla del nome dei solisti)

1 Ad te levavi introito con tropo introduttivo (GB)


2 Ecce virgo concipiet antifona di comunione (EJK, ALC)
3 Omnes de Saba venient responsorio graduale (GB)
4 Notas mihi fecisti antifona di comunione (GB)
5 Lætare Ierusalem introito (CC)
6 Kyrie eleison (GB)
7 Pueri Hebræorum antifona processionale
8 Popule meus improperi (GB)
9 Alleluia Pascha nostrum alleluia (EJK, GB)
10 Sanctus + tropo
11 Cantate Domino antifona di comunione
12 Spiritus Domini introito con tropo (GB, LC)
13 Sancti Spiritus adsit nobis gratia sequenza (CC, EJK)
14 Guido decus Aquensium antifona
15 Regnum mundi responsorio (GB)
16 Alleluia Pia proles alleluia (GB)
17 Beata es Maria lauda (lauda mariana)
188 18 Benedicamus Domino (GB)
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

I NOSTRI INTERPRETI

Il coro SORORES è formato da un organico femminile in prevalenza


da giovani ricercatrici impegnate nello studio delle fonti musicali
del medioevo italiano. Il gruppo — costituitosi nel 1998 — provve-
de allo studio delle fonti, alla trascrizione delle melodie e propone
esecuzioni in incontri di carattere liturgico, didattico e concertisti-
co. Interventi musicali delle Sorores sono stati apprezzati a
Acquafredda sul Chiesi, Acqui Terme, Albenga, Almenno, Asti,
Bagolino, Bergamo, Bismantova, Brescia, Cremona, Erbusco,
Faverzano, Milano, Montecremasco, Montichiari, Nonantola,
Pompei, Romano di Lombardia, San Casciano de’ Bagni, San
Gimignano, San Quirico (Macerata), Savona, Torino, Trevi,
Venezia, Verolanuova. Attualmente il gruppo si compone di sei ele-
menti: Claudia Cefalo, Eun Ju Anastasia Kim, Antonella Li Causi, 189
Leandra Scappaticci, Maria Paola Ventura, Stefania Vitale.
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

EUN JU ANASTASIA KIM nasce a Busan (Corea del


Sud) e si laurea in musica (pianoforte) presso la
“Ehwa Women University” di Seoul. A Graz appro-
fondisce la letteratura organistica e a Roma inizia
lo studio del canto gregoriano che perfeziona a
Cremona e a Milano dove conclude gli studi acca-
demici con un dottorato sulle sequenze di Notker.
Si è specializzata nelle ricerche delle fonti musica-
li del medioevo italiano di cui ha pubblicato molti brani per costi-
tuire repertori concertistici di vari gruppi vocali o per fornire la
documentazione in varie celebrazioni liturgiche e manifestazioni
culturali. Collabora a mostre e a cataloghi, cura l’edizione di alcu-
ni Offici liturgici medioevali da codici italiani: Historiae
Sanctorum [Lamezia 1999], realizza l’edizione integrale del canta-
torio di Nonantola [2002] e redige l’indicizzazione alfanumerica del
Graduale mediceo [Città del Vaticano 2001]. Nel 2003 pubblica con
G. Baroffio un Introduzione al canto gregoriano: Cantemus Domino
Gloriose [Saronno, ed. Urban]. Collabora alla rivista “La
Cartellina” [2003 e 2004]. Dal 1997 con Giacomo Baroffio costitui-
sce il duo vocale e strumentale Vox organalis, nel duplice ruolo di
voce e di organista.

GIACOMO BAROFFIO nasce a Novara nel 1940.


Dopo la formazione musicale (violino con Riccardi
e armonia con Fasola) compie gli studi musicologi-
ci e medievisti in Germania dove è discepolo di
Bruno Staeblein e Marius Schneider. In seguito
approfondisce gli studi teologici a Roma e l’espe-
rienza spirituale all’interno dell’ordine monastico.
Nel 1982 insegna canto gregoriano e bibliologia
liturgica ed è direttore, per sette anni, del
Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma. Dal
1995 è docente di Storia delle liturgia e Storia
della musica medioevale presso l’Università di Pavia, facoltà di
Musicologia (sede di Cremona).

190
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

TESTI LATINI E TRADUZIONE


1 Ad te levavi introito con 3 Omnes de Saba venient
tropo introduttivo responsorio graduale
(I domenica d’avvento) (Epifania)
Gregorius præsul meritis et nomine Omnes de Saba venient aurem et
dignus unde genus ducit summum thus deferentes, et laudem Domino
conscendit honorem renovavit annuntiantes. VERSUS Surge et illu-
monumenta patrum piorum dum minare, Ierusalem, quia gloria
conposuit hunc libellum musice Domini super te orta est.
artis scole cantorum anni circulo.
Ad te levavi animam meam, Deus Tutti verranno da Saba portando
meus, in te confido, non erubescam, oro e incenso e proclamando lodi del
neque irrideant me inimici mei. Signore. VERSO Alzati e illuminati,
Etenim universi, qui te exspectant, Gerusalemme, perché è sorta su di
non confundentur. PSALMUS Vias te la gloria del Signore.
tuas, Domine, demonstra mihi, et
semitas tuas edoce me.
4 Notas mihi fecisti antifona
Il vescovo Gregorio, degno per meriti
e per il suo nome, discendente da di comunione (quaresima)
nobilissima famiglia ha raggiunto
l’apice della carriera e ha rinnovato Notas mihi fecisti vias vitæ, adim-
il repertorio delle generazioni prece- plebis me lætitia cum vultu tuo,
denti. Ha composto pertanto questo Domine.
sussidio musicale della schola can-
torum per l’intero anno liturgico. Mi hai fatto conoscere le strade
Orsù, cantore, di’con il salmista: della vita, o Signore, con il tuo volto
A te elevo l’anima mia: Dio mio, in mi hai colmato di gioia.
te confido, non sia confuso. Non
trionfino neppure su di me i miei 5 Lætare Ierusalem introito
nemici. Chiunque spera in te non (quaresima)
resti deluso.
Lætare Ierusalem, et conventum
facite omnes qui diligitis eam.
2 Ecce virgo concipiet Gaudete cum lætitia, qui in tristitia
antifona di comunione fuistis, ut exaltetis et satiemini ab
uberibus consolationis vestræ.
(avvento) PSALMUS Lætatus sum in his quæ
dicta sunt mihi, in domum Domini
Ecce virgo concipiet, et pariet filium, ibimus.
et vocabitur nomen eius Emmanuel
Rallegratevi con Gerusalemme:
Ecco la vergine concepirà e partori- esultate per essa quanti l’amate,
rà un figlio, e sarà chiamato sfavillate di gioia con essa voi tutti
Emmanuele. che avete partecipato al suo lutto.
Così esulterete e vi sazierete delle
sue consolazioni. SALMO Ho gioito
quando mi dissero: “Andremo alla 191
casa del Signore”.
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

6 Kyrie eleison
Kyrie eleison, Christe eleyson, Kyrie 9 Alleluia Pascha nostrum
eleyson, Kyrie eleyson, Ymas.
alleluia (Pasqua)
Signore pietà, Cristo pietà, Signore
pietà, abbi pietà di noi. Alleluia. I. Pascha nostrum immola-
tus est Christus. II. Epulemur in
azimis sinceritatis et veritatis.

Alleluia. I. Cristo, nostra Pasqua, è


7 Pueri Hebræorum stato immolato. II. Celebriamo dun-
antifona processionale que la festa con azzimi di sincerità
(domenica delle palme) e di verità.
Pueri Hebræorum, tollentes ramos oli-
varum, obviaverunt Domino, claman-
tes et dicentes: Osanna in excelsis.
10 Sanctus + tropo
I fanciulli ebrei, portando rami d’oli-
vo, andavano incontro al Signore e Sanctus omniparens fons luminis
acclamavano a gran voce: Osanna vitæ dator sanctus sol Oriens specu-
nell’alto dei cieli. lum lucis mens Dei sanctus flagrans
amor, amborum consimilis Dominus
Deus sabaoth forti moderamine
cuncta regens Pleni sunt cæli et
8 Popule meus improperi terra gloria tua O sanna in excelsis
(venerdì santo) Sit laus Israel Benedictus qui venit
per olivarum frondosa nemora in
Popule meus quid feci tibi? Aut in nomine Domini. Osanna in excelsis.
quo contristavi te? Responde mihi.
Quia eduxi te de terra Ægypti: para- Santo creatore di tutto, sorgente
sti crucem salvatori tuo. Agyos o della luce, donatore della vita Santo
Theos. Agyos Yskiros. Agyos sole che sorge, specchio della luce,
Athanatos eleyson ymas. Sanctus mente di D-i-o. Santo amore fra-
Deus. Sanctus fortis. Sanctus et grante, simile a entrambe le altre
inmortalis, miserere nobis. due persone il Signore D-i-o dell’uni-
verso che governa ogni cosa con
Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In somma prudenza I cieli e la terra
che cosa ti ho contristato? sono pieni della tua gloria Osanna
Rispondimi. Perché ti ho fatto usci- nell’alto dei cieli Sia lode a Israel
re dalla terra d’Egitto tu hai prepa- Benedetto colui che viene sotto le
rato la croce per il tuo salvatore. fronde di rigogliosi oliveti nel nome
Santo Dio. Santo Forte. Santo del Signore. Osanna nell’alto dei
Immortale, abbi pietà di noi. Santo cieli
Dio. Santo Forte. Santo immortale,
abbi pietà di noi.
192
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

11 Cantate Domino
antifona di comunione
(tempo pasquale)
Cantate Domino, alleluia. Cantate 13 Sancti Spiritus adsit nobis
Domino, benedicite nomen eius, bene
nuntiate de die in diem salutare
gratia sequenza (Pentecoste)
eius, alleluia alleluia.
Sancti Spiritus adsit nobis gratia. Alleluia.
Quæ corda nostra sibi faciat habitaculum
Cantate al Signore, alleluia, cantate
expulsis inde cunctis vitiis spiritalibus.
al Signore, benedite il suo nome,
Spiritus alme illustrator omnium
con passione annunciate di giorno
horridas nostræ mentis purga tenebras.
in giorno la sua salvezza, alleluia,
Amator sancte sanctorum semper cogitatuum
alleluia.
infunde unctionem tuam clemens nostris sen-
sibus.
Tu purificator omnium flagitiorum spiritus
purifica nostri oculum interioris hominis
12 Spiritus Domini introito ut videri supremus genitor possit a nobis
con tropo (Pentecoste) mundi cordis quem soli cernere possunt
oculi.
TROPUS Hodie Spiritus sanctus procedens Prophetas tu inspirasti, ut præconia Christi
a throno apostolorum pectora invisibilier præcinuissent inclita.
penetravit. Deo gracias! Eia! INTROITUS Apostolos confortasti, uti tropheum Christi
Spiritus Domini replevit orbem terrarum, per totum mundum veherent.
alleluia, et hoc, quod continet omnia, scien- Quando machina per Verbum suum fecit
tiam habet vocis, alleluia alleluia alleluia. Deus cæli terræ marium
PSALMUS Exsurgat Deus, et dissipentur ini- tu super aquas futuras eas nomen tuum
mici eius, et fugiant qui oderunt eum a expandisti Spiritus.
facie eius. Tu animabus vivificandis aquas fecundas.
Tu aspirando das spiritales esse homines.
Tu dimissum per linguas mundum et ritus
TROPO Oggi lo Spirito santo che procede adunasti Domine.
dal trono di D-i-o è penetrato in modo invi- Idolatras ad cultum Dei revocans magistro-
sibile nel cuore degli apostoli. Rendiamo rum optime.
grazie a D-i-o! Evviva! INTROITO Lo Spirito Ergo nos supplicantes tibi exaudi propitius
del Signore riempie l’universo, alleluia, e sancte Spiritus
abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce, sine quo preces omnes esse credentur et indi-
alleluia, alleluia, alleluia. SALMO Sorga gne Dei auribus.
Dio, e i suoi nemici si disperdano e fugga- Tu qui omnium sæculorum sanctos tui nomi-
no davanti a lui quelli che lo odiano. nis docuisti instinctum amplectendo Spiritus.
Ipse hodie apostolos Christi donans munera
insolito et cunctis inaudito sæculis.
Hunc diem gloriosum fecisti. Amen.

193
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

14 Guido decus Aquensium


Dello Spirito santo siano in noi i doni gratui- antifona (san Guido)
ti. Alleluia.
Che i nostri cuori trasformino in sua dimora Guido decus Aquensium transit
dopo aver eliminato tutti i vizi più grandi. felix ad cæli solium, cuius prece
Spirito santo, che tutti illumini, coetus fidelium summi regis intret
disperdi le buie tenebre del nostro spirito. in gaudium.
Amatore santo di tutti i buoni pensieri
infondi la tua unzione, o clemente, nei nostri Guido, onore e vanto degli abitanti
sensi. di Acqui, felice ha varcato le porte
Tu, Spirito che purifichi tutte le scelleratezze, del cielo. Grazie alla sua preghiera
purifica gli occhi del nostro uomo interiore l’assemblea dei fedeli possa entrare
affinché ci sia possibile vedere il Padre nella gioia del sommo re.
supremo
che solo gli occhi di un cuore puro possono
contemplare.
Tu hai ispirato i profeti affinché cantassero 15 Regnum mundi
illustri elogi di Cristo. responsorio (san Guido)
Hai confortato gli apostoli affinché diffondes-
sero la vittoria di Cristo per tutto il mondo. Regnum mundi supergressus, et
Quando, per mezzo del suo Verbo, Dio creò la eius ornatum, regnum cæli iam
terra, i cieli, i mari ingressus, sibi preparatum, nostros
tu, aleggiando sulle acque, hai dispiegato la ad se regat gressus VERSUS Post
tua potenza. hunc incolatum. peregre Iacob
Tu con l’acqua fecondi le anime chiamate a egressus patris ad mandatum vidit
nuova vita. Deum sic professus vitæ celibatum.
Tu, ispirandoli, rendi gli uomini spirituali. Nostros. Gloria Patri et Filio et
Tu, o Signore, unificasti il mondo diviso da Spiritui Sancto.
lingue e usanze.
Gli idolatri richiami al culto di Dio, o ottimo Uscito dal regno del mondo e
maestro. abbandonate le sue pompe, Guido
Perciò esaudi propizio noi che ti supplichia- è entrato nel regno dei cieli pre-
mo, o santo Spirito parato per lui e verso sé dirige i
senza il quale tutte le preghiere sono consi- nostri passi Verso Novello
derate vane e indegne dell’ascolto di D-i-o. Giacobbe esce al comando del
Tu che hai insegnato ai santi di tutti i tempi padre, ha promesso una vita di
di aderire alle ispirazioni delle tua potenza. celibato e vede Dio.
Tu stesso, elargendo oggi agli apostoli di
Cristo doni straordinari e inauditi in tutti i
tempi. 16 Alleluia Pia proles
Questo giorno hai reso glorioso.
alleluia (san Guido)
Alleluia Pia proles assiduis patrem
laudet præconiis, qui nos in campo
certaminis piis munit suffragiis.

Alleluia I figli devoti con assidui


canti solenni lodino il padre; Lui sul
campo di battaglia ci difende con
194 pia intercessione
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

17 Beata es Maria
lauda (lauda mariana)
Beata es Maria, virgo dulcis et pia,
candore vincens lilia et rosa sine
spina, sanctorum melodia. Virgo 18 Benedicamus Domino
Galilæa Nazaret habitavit, angelus
descendit sic eam salutavit, dicens: Benedicamus Domino. Deo gratias.
Ave Maria virginitatis via. Beata es
Maria. Benediciamo il Signore. Rendiamo
Beata es Maria, virgo dulcis et pia, grazie a D-i-o.
candore vincens lilia et rosa sine
spina, sanctorum melodia. Dominus
sit tecum, virgo supradicta, super
omnes eris virgo benedicta, et ven-
tris tui fructus sit semper benedic-
tus. Beata es Maria.
Beata es Maria, virgo dulcis et pia,
candore vincens lilia et rosa sine
spina, sanctorum melodia. Angelo
respondens tunc ait Maria:
Quomodo hoc fiet mihi, non est via,
hominem non novi virginitatem
novi. Beata es Maria.

Beata sei, o Maria, vergine dolce e


pia. Per candore vinci i gigli, rosa
senza spina, melodia dei santi. La
vergine ha abitato a Nazareth di
Galilea, l’angelo è sceso da lei e l’ha
salutata dicendo: Ti saluto, o Maria,
via della verginità. Beata sei, o
Maria.
Beata sei, o Maria, vergine dolce e
pia. Per candore vinci i gigli, rosa
senza spina, melodia dei santi. Il
Signore sia con te, o vergine eccelsa:
sarai benedetta tra tutte le donne e
benedetto sia il frutto del tuo ven-
tre. Beata sei, o Maria.
Beata sei, o Maria, vergine dolce e
pia. Per candore vinci i gigli, rosa
senza spina, melodia dei santi. Nel
rispondere all’angelo, Maria ha
detto: “Come può accadere ciò, non
conosco uomo, ho conosciuto solo la
verginità”. Beata sei, o Maria.

195
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

GUIDA ALL’ASCOLTO

L’ANNO LITURGICO AD ACQUI


di Giacolo Baroffio

La breve rassegna di canti nell’allega- in seguito in un tropo che è stato rife-


to CD propone una panoramica di rito a papa Gregorio Magno. Gregorius
brani liturgici che, per la maggior præsul è uno testi che ha maggiormen-
parte, provengono da fonti musicali di te contribuito a diffondere la nomea di
Acqui Terme: un graduale tropario papa Gregorio quale autore del reper-
sequenziario, scritto a Pavia nella torio liturgico della Chiesa di Roma,
prima metà del XIII secolo, e una rac- quello che sarà chiamato canto grego-
colta locale del secolo successivo. La riano.
lauda latina Beata es Maria (17) è trat- La breve antifona di comunione Ecce
ta da un codice di Asti del XIV secolo. virgo concipiet (2) è un gioiello della
L’introito Ad te levavi (1) è una melodia musica liturgica medioevale. Desti-
in sol che presenta la struttura propria nata all’avvento (mercoledì delle
di questa tipologia liturgica: un’antifo- Tempora, IV domenica), è il miglior
na, scritta in stile semi-ornato, che commento alla profezia di Isaia (7, 14)
s’intercala alle strofe di un salmo. La circa la nascita dell’Emmanuele, D-i-o
funzione del brano è quella di accom- con noi. Nel medioevo anche questa
pagnare la processione d’ingresso e i antifona era alternata a un salmo, in
riti iniziali della Messa (ad esempio, modo che il canto nella sua globalità
l’eventuale incensazione dell’altare). A potesse accompagnare l’intero rito
tal fine a Roma è stata introdotta la della comunione di durata variabile.
forma della salmodia antifonata che Omnes de Saba (3) è il responsorio gra-
permette di allungare a piacimento il duale dell’Epifania che sottolinea la
pezzo musicale adattandolo alla dura- dimensione universalistica della sal-
ta variabile del rito. Nei codici medioe- vezza cantata dal profeta Isaia (60,
vali questo introito apre i libri di canto 6.1). Il brano espone in modo paradig-
della Messa con la I domenica d’av- matico la peculiarità strutturale del
vento (salmo 24). Spesso è evidenziato graduale. Questo canto si compone di
da una grande e sontuosa miniatura il tre elementi: un responso (Omnes de
capolettera A(d te), quasi per dichiara- Saba), un verso (Surge) e la ripetizione
re la coscienza comunitaria che il libro del responso. All’architettura di questa
di musica è un po’ l’abecedario della realtà tripartita conferisce uno slancio
fede cristiana; fenomeno analogo inte- e un equilibrio armonico il trattamen-
ressa il parallelo capolettera to delle singole parti. Il responso, infat-
A(spiciens) del primo responsorio del ti, si canta in un ambito grave, mentre
mattutino nel medesimo giorno. Il il verso sale in una situazione acuta.
canto dell’introito è preceduto da un L’insieme del graduale presenta quindi
brano scritto probabilmente in origine una gradevole successione di sonorità
per commemorare papa Gregorio II. Il gravi, acute e di nuovo gravi. Canto
196 poema è stato adattato e trasformato solistico, il graduale ha uno stile meli-
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

smatico, contiene cioè dei vocalizzi che testo grave di penitenza certe frasi
possono essere ampi di lunghezza e si musicali di tenore esuberante e persi-
estendono anche su ambiti estesi in no gioioso? Il fatto è che mentre noi
senso verticale. intendiamo l’invocazione greca come
Concisa è anche la seconda antifona di una supplica (Signore, pietà), in epoca
comunione Notas mihi fecisti (4). Si carolingia questa frase è stata riletta
canta in quaresima (mercoledì, IV set- in una prospettiva del tutto diversa.
timana: salmo 15, 11) e permette di Kyrie eleison è divenuta un’acclama-
osservare sin dall’inizio alcune sfuma- zione gioiosa rivolta non solo più a
ture dell’impianto melodico del canto Cristo, ma alle tre Persone della
gregoriano e parimenti della sua tra- Trinità. Testi medioevali mostrano
smissione manoscritta. All’inizio del come i primi tre Kyrie fossero rivolti al
brano segue tre volte l’identica succes- Padre, i tre Christe al Figlio, gli ultimi
sione di mi re. Il fatto potrebbe dare tre Kyrie (o almeno i primi due, il terzo
l’impressione di una certa monotonia, spesso è trinitario in modo globale) allo
se le note fossero identiche sotto tutti Spirito Santo.
gli aspetti. Ma i tre gruppi presentano L’antifona Pueri Hebræorum (7) fa
sì le medesime note, ma queste hanno parte di una piccolissima collezione di
pesi sonori differenziati in ognuna canti per la domenica delle Palme. E.
delle tre ripetizioni. Ciò si evince in Werner ha ipotizzato un’origine ebrai-
modo esplicito dalla grafia neumatica ca del modulo melodico che contraddi-
che traccia segni particolari per evi- stingue queste brevi melodie.
denziare la dinamica di questo breve Probabilmente ha ragione a causa
inciso. delle affinità melodiche e rituali (pro-
L’introito Lætare Ierusalem (5) si canta cessioni con frasche di fanciulli nella
a metà quaresima durante i riti inizia- festa delle capanne) con paralleli
li della Messa nella IV domenica. Il ebraici. Non è escluso, tuttavia, che la
testo di Isaia (66, 10-11) apre la serie melodia in questione d’impianto in re,
dei canti di questa celebrazione che abbia avuto una diffusione più ampia
vuole non solo interrompere il clima in tutta la cultura mediterranea, come
penitenziale della quaresima, ma met- mostrano varie melodie sparse nei
tere in evidenza il carattere liberatorio Paesi europei meridionali.
dell’ascesi cristiana. Il colore violaceo La liturgia del venerdì santo, oltre ad
proprio del tempo quaresimale, oggi è avere un eccezionale spessore spiritua-
sostituito dal colore rosa. Il cuore vive le, è anche un grande museo musicale
la sua libertà nella gioia che è sobria e culturale. Tra le reliquie di mondi
ebrezza nello Spirito. O, come ripetono scomparsi ci sono gli improperi (8) i cui
gli altri canti della Messa, è l’appaga- testi risentono della polemica antigiu-
mento della nostalgia di Gerusalemme daica dei primissimi secoli delle comu-
(l’intimo di ciascuno, la città santa e la nità cristiane. Il testo presenta i “rim-
comunità, il paradiso), è il ritorno del proveri” che Gesù rivolge al popolo
figliol prodigo alla casa paterna, è un ebraico che non ha riconosciuto in Lui
canto incessante di lode a D-i-o. Lo ten- il Messia, nonostante tanti interventi
sione del testo è messa in evidenza nella storia avventurosa d’Israel. Il
dallo slancio di una splendida melodia brano potrebbe risalire al VII secolo e
in fa. non è esclusa una sua redazione in ter-
La melodia del Kyrie eleison (6) del CD ritorio ravennate.
e di tanti altri Kyrie può suscitare una L’acclamazione alleluiatica di Pasqua
domanda: come si accordano con il (9) nelle fonti manoscritte presenta 197
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

una ampliamento rispetto agli alleluia comunione in re plagale (ambito grave)


tradizionali. Di solito dopo l’acclama- che riprende gioiose espressioni del
zione alleluia c’è un versus; poi a Roma salmo (95, 2). Canto della V domenica
si ripete di nuovo l’alleluia iniziale. Per dopo Pasqua – ricco di slanci emotivi
sottolineare l’importanza della solen- (cantate, alleluia) e melodici – esprime
nità pasquale, il suo alleluia ha due bene il senso della gioia pasquale.
versetti. La melodia si muove nell’am- Da un testo sapienziale (Sapienza 1, 7)
bito acuto del sol ed è un esempio note- è tratto il canto d’ingresso di
vole del repertorio solistico, soprattut- Pentecoste Spiritus Domini (12).
to nei vocalizzi del primo versus che Professione attonita di fede nello
esaltano il testo paolino (1 Corinzi 5, Spirito di D-i-o che tutto avvolge, tutto
7). vivifica. La melodia in sol è introdotta
Il Sanctus (10) testimonia due aspetti da un tropo del repertorio Hodie. Sono
della musica liturgica medioevale. In questi canti dei testi che parlano della
primo luogo il testo liturgico originale festa e che hanno tutti in comune la
è stato ampliato con l’aggiunta di parola iniziale Hodie/Oggi. Perché la
nuove sezioni secondo il principio della liturgia non è una commemorazione
tropatura. I tropi possono avere diffe- storica, è un rivivere nell’attualità del
renti posizioni (introduzione, alternan- presente quanto si è già realizzato in
za, conclusione) e funzioni (ripetizione, passato. A condizione che si viva la
parafrasi, integrazione del testo). fede dei profeti, degli apostoli e di
Spesso nel caso del Sanctus sottolinea- quanti nella storia hanno dato ascolto
no la dimensione trinitaria dell’accla- e vissuto la Parola di D-i-o.
mazione, come avviene con belle Sancti Spiritus adsit nobis gratia (13)
espressioni poetiche anche nel nostro è una delle riflessioni più profonde che
caso. Non è escluso che il testo del mai siano state fatte sullo Spirito
tropo sia d’origine francese; è già atte- santo, la Persona più misteriosa nel
stato nel XII secolo a Saint-Martial di mistero della Trinità. Il testo è stato
Limoges in Aquitania. composto da Notker, monaco di San
Il nostro Sanctus presenta una seconda Gallo († 912), che l’ha scritto su una
amplificazione, d’ordine timbrico. I codi- melodia già esistente d’origine franco
ci di Acqui conservano la scrittura di occidentale. Il brano fino a tutto il seco-
una prassi polivocale assai diffusa, ma lo XIV era cantato il giorno di
raramente fissata per iscritto. Questo Pentecoste, l’attuale sequenza Veni
canto permette di ricordare un aspetto sancte Spiritus era destinata ai giorni
misconosciuto di tutto il repertorio gre- della settimana successiva. L’impianto
goriano. Solitamente si pensa che le del brano notkeriano è quello tipico
melodie gregoriane siano a una sola della maturità di questa nuova forma
voce. Il che non è affatto vero. Già nel poetico-musicale esplosa in epoca caro-
VII secolo a Roma i canti liturgici erano lingia e che ha goduto di un’ampia dif-
(talora) eseguiti con l’inserimento di fusione in tutta l’Europa latina. La
almeno un’altra voce, quella dei para- prima e l’ultima strofa sono autonome,
phonistæ. Fonti medioevali spesso ricor- mentre le altre presentano a coppia la
dano questa prassi, per nulla omoge- medesima melodia secondo lo schema
nea, che rientra nell’impegno di solen- a bb cc dd ...
nizzare un’azione liturgica con verbi L’antifona Guido decus Aquensium
come secundare oppure, ad Acqui stes- (14) ricorda il giorno “natalizio” del
sa, bordonizare. santo vescovo, la data cioè della sua
Cantate Domino (11) è un’antifona di morte che ha segnato il suo ingresso in
198
per il CDpagine per il CDpagine per il CDpagine

cielo. Il testo è scritto secondo la con- parte delle tradizioni liturgiche del
suetudine degli uffici ritmici: si tratta Basso Medioevo, anche Acqui nella
di versi (in prevalenza ottonari e sette- festa del suo patrono utilizza per il
nari) con varie combinazioni di rime, Proprium i canti del comune dei santi
nel nostro caso la situazione è legger- (in questo caso quello dei confessori
mente irregolare: abbiamo versi di 8, vescovi), tranne che per l’Alleluia.
10, 9 e 10 sillabe che si concludono Questo canto di solito ha un testo pro-
tutti e quattro con parole proparossito- prio ed esclusivo con riferimenti pun-
ne con la medesima rima in -ium (8pp tuali alla vita e alla missione dell’eroe
10 pp 9 pp 10 pp: a a a a [-ium]). della fede di cui si fa memoria. Le due
L’antifona Guido decus imprime l’o- versioni melodiche presentano punti di
rientamento musicale di tutti i primi contatto, ma possono essere ritenute
vespri per festeggiare il patrono di due diverse melodie o, se si vuole, due
Acqui Terme. Questa unica antifona elaborazioni originali di un’unica e
determina la modalità della formula medesima idea musicale che sembra
salmodica in re, sulla quale sono can- essere diffusa soprattutto in ambiente
tati i 5 salmi dell’azione liturgica. I cin- domenicano (Exivi a Patre e Spes
que testi costituiscono la serie “de lau- datur omnis populo) nel XIV secolo.
date” perché iniziano tutti con le paro- Anche il testo del nostro alleluia tradi-
le Lauda o Laudate. sce un’età recente della composizione
Un secondo brano proprio della litur- poetica (8pp 8pp 9pp 8pp: a a a a [-iis]).
gia del vescovo Guido è il responsorio Beata es Maria (17) è un brano che
Regnum mundi (15). Il brano non riflette la diffusa devozione mariana
appartiene alla categoria dei responso- nell’Italia settentrionale nel Basso
ri brevi, quelli cioè previsti nelle ore Medioevo. Si tratta di una lauda lati-
diurne. L’impianto testuale e musicale na, poesia strofica, che espone con
appartengono ai responsori prolissi del vocaboli pregnanti e attraverso un’ac-
mattuttino: l’uso nei presenti vespri cattivante linea melodica l’epopea
serve a solennizzare la celebrazione. Il della Vergine Maria. Il pezzo è tratto
brano nel suo complesso rivela uno da un codice di Asti e si trova, con qual-
stadio recente della tradizione “grego- che variante, anche in una testimo-
riana” quale si è affermata dopo il nianza di Bobbio. Probabilmente è
secolo XI. Lo schema metrico lettera- stato composto in un centro dell’Italia
rio (8p 6p 8p 6p 8p 6p) è messo in evi- settentrionale tra XIII e XIV secolo.
denza dall’alternanza delle rime di Benedicamus Domino (18) è la formu-
parole parossitone (-essus) e (-atum). la di congedo con cui si concludevano le
L’ambito melodico supera l’ottava ed è ore della preghiera liturgica e la cele-
caratterizzato da nuclei ascendenti e brazione della Messa nei giorni in cui
discendenti per gradi congiunti e per non si era cantato il Gloria in excelsis
terze. Alcune sezioni sono ripetute (in tal caso il Benedicamus era sosti-
all’interno del responso e del verso; tuito dall’Ite missa est). Particolarità
quest’ultimo non segue il tradizionale della tradizione di Acqui, come si è già
schema salmodico, ma si sviluppa con detto a proposito del Sanctus, è la
ampia libertà. scrittura che fissa un’esecuzione poli-
L’Alleluia Pia proles (16) è tramandata vocale secondo i canoni di quella che
in Acqui in due diverse versioni musi- oggi si chiama “polifonia semplice”.
cali, entrambe in sol. Come in gran
199
LE TERME DI ACQUI
Fanghi e bagni terapeutici, piscine riabilitative e percorsi idrovascolari,
cure inalatorie, insufflazioni endotimpaniche, irrigazioni vaginali ed altri
presidi della tradizione termale acquese accanto al miglior benessere con
fanghi estetici al viso e al corpo, massaggi e dermocosmesi con creme
prodotte dalla nostra acqua, linfodrenaggio meccanico e manuale,
idromassaggi ed altri moderni trattamenti per soddisfare i bisogni di salute
e bellezza di ogni età.
Le TERME DI ACQUI, aperte tutto l’anno e con ampia disponibilità d’orario,
Vi attendono nei rinnovati Stabilimenti di cure “REGINA” e “NUOVE TERME”
attigui ai rispettivi Alberghi qui sopra menzionati.

TERME DI ACQUI SpA


Piazza Italia n. 1 - 15011 ACQUI TERME (AL)
tel. 0144 324390 - fax 0144 356007
e-mail: info@termediacqui.it
web-site: www.termediacqui.it
brevibrevibrevibrevibrevi
Collectio 2005 ottantina di persone, si è Cultura e Territorio, Cultura e
La tradizionale mostra del riunito per ascoltare i versi Storia Contemporanea, Eco-
Circolo Numismatico e Fila- del divin poema e le musiche nomia e Finanza, cui si aggiun-
telico acquese ha avuto svolgi- composte ed eseguite sotto la geranno ulteriori Incontri a
mento a partire dal 22 otto- direzione di Silvia Caviglia, tema. Ben cinque laboratori
bre, per 10 giorni, sino al pri- interprete al salterio. dedicati a Lettura - Letteratu-
mo di novembre, presso le Autoprodotti dalla città e dal- ra e Cinema (a cura di Adria-
sale d’arte di Palazzo Robellini l’immediato circondario (del- na Ghelli), Inglese (Patrizia
“Collectio 2005” ha presen- l’Acquese i lettori, i commen- Cervetti), Cinema e Let-
tato in questa edizione emis- tatori e i musicisti), gli appun- teratura Inglese (Margherita
sioni postali italiane e stranie- tamenti hanno suscitato un Accardi), Intarsio ligneo (a
re, monete antiche e moder- clamoroso successo, confer- cura del restauratore Co-
ne, cartoline d’epoca, foglietti mando una non dimenticata stanzo Cucuzza), Teatro
di commemorazione. tradizione “artistica” da sem- (Gruppo di Teatro Unitre
Non è mancata l’immagine pre presente all’ombra della “Attori per caso”).
ufficiale (arricchita dall’annullo Bollente. Gli incontri si tengono presso
filatelico) - autore Mario Ber- La Lectura Dantis riprenderà il salone san Guido di Piazza
nascone - tirata nel numero di da metà gennaio, con altre sei Duomo.
500 esemplari, e che ritrae serate. In cinque appuntamen- Le iscrizioni sono aperte sino
quest’anno la figura del gelatè ti la lettura dei canti XIX – al 19 dicembre 2005.
in sosta a pochi metri dalla XXXIII (tre per sera); nel
porta della Pisterna. sesto una conferenza dedicata
E alla storia della piccola alla Commedia immortalata da
patria acquese erano dedicati Botticelli. Stagione
interessanti pannelli che han- teatrale
no consentito al numeroso Dopo Gabriele Lavia interpre-
pubblico una salto nel passato te di Giacomo Leopardi (il 26
della Acqui inizio Novecento. ottobre) e le performance
della coppia Dorelli-Salines ne
I ragazzi irresistibili (il 30
novembre), la stagione del
Teatro Ariston, quest’anno
inserita nell’ambito della
Fondazione circuito teatrale
del Piemonte, proseguirà con
Dario Fo. Giovedì 22 dicem-
bre “I pochi” di Alessandria
porteranno in scena la farsa
UNITRE buffa I cadaveri si spediscono e
Dal 14 ottobre 2005, giornata le donne si spogliano con la
inaugurale, è attiva ad Acqui regia di Roberto Pierallini.
l’Università della Terza Età. A gennaio due spettacoli:
Il Purgatorio Nel nuovo anno accademico,
ad Acqui che propone le consuete
Si è concluso lunedì 21 lezioni del lunedì, affidate a
novembre il primo ciclo della docenti universitari, di scuola
Lectura Dantis dedicata al media superiore, liberi profes-
Purgatorio. Presso la Biblioteca sionisti e specialisti, organizza-
Civica, per sei lunedì, divisi tra te sulla base delle sezioni
ottobre e novembre, un pub- tematiche Medicina e Benes-
blico numeroso, superiore alla sere, Arte ed Espressività, 201
brevibrevibrevibrevibrevi
mercoledì 11 Il malato Im- l’area espositiva ex Kaimano
maginario di Molière (con dal Gruppo ANMI di Acqui
Flavio Bucci), giovedì 19 Due Terme. Nell’ambito della riu-
scapoli e una bionda (con scita manifestazione, anche
Franco Oppini), ad inaugurare l’atto conclusivo del concorso
un dittico dedicato al teatro per le scuole, dedicato al tema
leggero che continuerà giove- della Resistenza, che ha coin-
dì 2 febbraio con Zuzzurro e volto gli alunni della primaria
Gaspare (ecco Ciò che vide il e della secondaria di I grado.
maggiordomo) di Joe Orton. Tra modelli, soldati e plastici
Quanto alle sette note, due le anche gli elaborati di creazio-
proposte: Devo fare un musical ne scolastica, nati in occasione
(con Massimo Bagliani) mer- del Sessantesimo della Li-
coledì 8 febbraio, seguito dalla chità al Medio Evo, che hanno berazione. Il 28 ottobre la
Bohème di Puccini in una ver- coinvolto come relatori riflessione sull’attualità della
sione “café chantant”, attesa Eleonora Grillo (Le grandi dee resistenza è diventato tema
ad Acqui martedì 21 febbraio. di Locri), Giovanni Murialdo del convegno dedicato ai
Classici antici e moderni per (Dinamiche territoriali tra ragazzi, tenutosi sempre pres-
chiudere il ricco cartellone: Liguria e Piemonte fra Età antica so l’ex Kaimano.
mercoledì 8 marzo tocca a e Medio Evo), Marina Sapelli
Pirandello, con Il piacere dell’o- Ragni (Il museo nazionale di
nestà; poi Rumors di Neil Roma), Simona Bragagnolo (Gli
Simon, mercoledì 15 marzo, affreschi votivi di Santa Maria
quindi La dodicesima notte di del Carmine ad Incisa S. e di
William Shakespeare, prota- Sant’Antonio di Mombaruzzo).
gonista Oreste Lionello, e
ancora, il 6 aprile, Giacosa con
l’opera sua forse più nota:
Come le foglie. Anniversario
Cala il sipario sulla stagione Navi &
l’11 aprile, con lo spettacolo resistenza del 4 novembre
musicale Riflessioni sulla nostal- Si è chiusa il 30 ottobre la Si è celebrato domenica 6 no-
gia proposto dalla Band 328. mostra di modellismo navale vembre l’Anniversario della
(ma non solo) allestita presso Vittoria della prima guerra
mondiale. Cerimonie si sono
tenute ad Acqui, a Visone,
Quaranti, Cassine, Maranzana
Cronache e in altri centri della Valle
dagli scavi Bormida.
Alberto Crosetto (Soprin- Ad Acqui il dott. Luigi
tendenza Archeologica del Maschio, presidente della
Piemonte) ha inaugurato Sezione Piemonte Sud del-
Venerdì 21 ottobre “l Col- l’Associazione Nazionale
loqui 2005” promossi dal- “Divisione Acqui”, ha conse-
l’Istituto internazionale di gnato la tessera onoraria ad
Studi Liguri, Sezione Statiella. alcuni cittadini acquesi che si
Dopo i 4 appuntamenti di sono adoperati - ora nella
“Sabato al Museo“ (conclusi scuola, ora nella pubblica
da Sara Lassa il 15 ottobre) amministrazione, ora nella
che hanno contrassegnato l’e- ricerca vera e propria - per
state e l’autunno acquese, è risollevare dall’oblio i fatti
202 toccato ai Colloqui Dall’Anti- delle isole Jonie.
brevibrevibrevibrevibrevi
Orchestra La trasmissione del 22 otto-
bre ha proposto le interviste
di Arad realizzate dal Gabibbo al sin-
L’Orchestra Filarmonica di daco di Acqui Terme, alla rap-
Arad (Romania) è stata ospi- presentante del “Comitato
te, mercoledì 26 ottobre, del Garibaldi” Eliana Barabino e al
Teatro Ariston di Acqui prof.Vittorio Sgarbi.
Terme, nell’ambito nelle cele-
brazioni per Madre Michel. Il
concerto, promosso anche
dall’associazione locale “Terzo Acqui e i
Musica e Valle Bormida”, e martiri cristiani
diretto dal Maestro Massimo Sabato 29 ottobre, presso la
Lambertini, ha proposto sala san Guido, Enrico Basso e
ouverture di Verdi, Mascagni e Gabriella Angeli Bertinelli
Rossini e, nella seconda parte hanno presentato l’ultima fati-
dell’incontro musicale, la sin- ca del prof. Geo Pistarino, Le teste di
fonia Patetica di Ciaikovskij. docente emerito dell’Ateneo legno di Natale
di Genova. Panaro
All’incontro ha preso parte Si è svolta a Casale Mon-
anche S.E. Mons. Pier Giorgio ferrato, nel mese di ottobre,
Micchiardi, vescovo di Acqui presso la chiesa di Piazza San
Terme. Domenico, la personale di
Natale Panaro da Castelletto
d’Erro, creatore di maschere,
burattini, pupazzi, libri e scul-
ture, geniale artista salito alla
ribalta nazionale grazie alla
intensa e lunga collaborazione
prestata tanto con il Piccolo
Teatro di Milano, quanto con
con la RAI, all’interno della
Ancora sul trasmissione per bambini
Garibaldi “L’Albero azzurro”.
Anche “Striscia la notizia”, il
popolare telegiornale satirico Musica a
di Canale Cinque, si è inte-
ressata del Teatro Garibaldi, Cortiglione
ormai smantellato, del tutto Si è tenuto sabato 12 novem-
“sbastigliato” e avviato a bre, alle ore 21.15, a Corti-
diventare parcheggio. Cornici, glione, nel salone comunale
Valrosetta (Piazza Padre Pio)
ma non solo... un concerto classico promos-
Passepartout, libri, albi, corni- so dall’Associazione culturale
ci: tutto questo si poteva “La Bricula” in collaborazione
ammirare presso la Galleria con l’Ente Concerti Castello
Artanda di Via alla Bollente, di Belveglio.
che dal 22 ottobre ha ospita- All’incontro musicale hanno
to una scelta di opere scelte e preso parte quali interpreti la
“inquadrate” da Mariangela flautista Daria Brondolo, ac-
Cibrario e da Chiara Mollero. compagnata al pianoforte dal 203
brevibrevibrevibrevibrevi
maestro Leonardo Nicassio al Prasco & l’ambito del programma del
pianoforte. VII Forum Marengo “L’aquila e
In programma le pagine di Morsasco: tra l’ape”, che si articolava que-
Antonio Vivaldi, Gaetano vigneti e botti st’anno in tre conferenze ( 27
Donizetti, Carlo Maria von L’Associazione Alto Monferrato ottobre, 3 e 10 novembre),
Weber, Ernst Bloch, Marlaena e il centro studi gallesiani hanno tenute da Giulio Massobrio,
Kessick e Franz Doppler. promosso il 15 ottobre, a Paolo Palumbo e Marco
Prasco, nelle sale del castello, Gioannini (filo conduttore il
una giornata di studi dedicata al 1805), e due giornate di semi-
La Spagna, recupero dei vigneti storici. nario e tavola rotonda (11 e
Relatori i proff.ri Carlo Ferraro, 12 novembre) in cui sono
la Francia e il Marco Rissone e Orazio Sappa, state monitorate le attività
Monferrato moderati da Elio Archimede, delle associazioni napoleoni-
Ofelia Rey Castelao (Univer- che hanno riflettuto sulla classi- che della penisola, anche
sità di Santiago di Com- ficazione di Giorgio Gallesio, rispetto al progetto di una
postela), Carmen Sarasua sulle caratteristiche organolet- federazione napoleonica ita-
(Ateneo di Barcellona), Isabel tiche dei vini locali e sul rap- liana da integrare con quella
Moll (Università di Palma di porto tra vitigni autoctoni e europea des sites et cités.
Maiorca), Jean Paul Desaive e mercato globale. Un ulteriore
Antoinette Fauve-Chamoux incontro, nell’ambito della mani- Libri,
(entrambi attivi all’interno del festazione “Castelli e Vini” si è
Centre de Recherches tenuta a Morsasco in data 26 arte & musica
Historiques dell’Ecole des novembre. a S. Giorgio
Hautes Etudes en Sciences È stata inaugurata a San
Sociales di Parigi), Marie- Il LESNE Giorgio Scarampi, il 23 otto-
Pierre Arrizabalaga (Univer- bre, una linea editoriale, pro-
sità di Cergy-Pontoise), unita- al Forum mossa dalla Scarampi Founda-
mente al direttore del proget- Marengo 2005 tion, che si incaricherà di fis-
to Lucia Carle e all’esperto in Venerdì 11 novembre, ad sare in piccoli cataloghi e in
comunicazione e marketing Alessandria, nella splendida opere di più consistente
Carlo Dottor hanno preso cornice di Palazzo Cuttica, impegno “la memoria” delle
parte alle giornate di studio Giulio Masobrio e Riccardo attività che hanno trovato (e
promosse dalla Comunità troveranno) ospitalità presso
Montana “Suol d’Aleramo” l’Oratorio di Santa Maria.
dal 26 al 30 ottobre. Il progetto grafico della neo-
Riunioni, visite agli archivi e al nata collana è stato curato da
ricco patrimonio artistico, Fulvio Talamucci, che per l’oc-
monumentale e paesaggistico casione ha esposto alcune sue
son servite per ragionare sul opere racchiuse sotto il titolo
Monferrato, sulla sua identità Alle sorgenti del Nilo.
e sulla sua importanza in A San Giorgio, domenica 11
un’ottica internazionale. dicembre, l’appuntamento
Oggetto dei discorsi anche la Brondolo hanno presentato pomeridiano con il tradizio-
nostra rivista - saremo immo- al principe Charles Napoléon nale concerto di Natale.
desti, ma dobbiam dire che ha e a un folto pubblico (tra cui
rilevato proprio vivi consensi l’assessore alla Cultura della
- che a cominciare dai prossi- Provincia di Alessandria Rita
mi numeri del 2006 si avvarrà Rossa, e il Sindaco di Ales-
dei contributi delle personali- sandria Mara Scagni) La Notice
tà sopra ricordate. historique et statistique sur la
ville d’Acqui (volume della casa
204 editrice EIG).
L’incontro era inserito nel-
concorsiconcorsiconcorsi
L’ACQUI STORIA A SCUOLA INFO Ulteriori informazioni al sito
www. premioguidocornaglia.com, ai nume-
Non solo al Teatro Ariston , dove si è tenu- ri telefonici 0144.74120, 0144.55215 e
ta la cerimonia di premiazione, ma anche 333.1251351 e scrivendo alla e-mail
dinnanzi agli studenti delle superiori sere.co@libero .it.
Gabriele Hammermann e Federico Rampini
(vincitori rispettivamente della sezione
scientifica e di quella divulgativa) e Corrado
Augias (premiato per la storia in Tv) sono CONCORSI MUSICALI:
stati protagonisti. Da loro una interessante PIANO, ORGANO... e CEMBALO
lezione “corale”che ha avuto svolgimento
sabato 29 ottobre presso l’Aula Magna del È disponibile sul sito www. terzomusica.it il
Liceo Classico Saracco. bando per la partecipazione ai concorsi
E, sempre nell’ambito dell’edizione 2005 del musicali promossi da Terzo Musica e Valle
premio, da ricordare gli incontri con Bormida (pianoforte, XVIII edizione) e San
Giuseppe Carlo Marino, autore di Biografia Guido d’Aquesana (Organo, III edizione; e
del ’68. cembalo, prima edizione nel 2006). Le mani-
Era assente, invece, nel galà tenutosi presso festazioni si terranno nei giorni 18-21 mag-
l’Ariston il senatore Cossiga, presidente gio 2006.
emerito della Repubblica, cui non è stato È prevista anche una sezione pianistica per gli
possibile consegnare la targa di Testimone allievi della scuola media, di età compresa tra
del Tempo. gli 11 e i 14 anni, denominata “Primi passi”,
che avrà svolgimento il 13-14 maggio 2006.
Sedi dei concorsi (e dei concerti a questi
collegati) Acqui, Terzo, Bubbio, e altri centri
della Valle Bormida.

PREMIO “ALPINI SEMPRE”


DI PONZONE

La giuria, presieduta dallo scrittore Marcello


Venturi, ha proclamato i seguenti vincitori:
Cat. Libro edito : primi classificati ex aequo
Polo Rizzi, con il volume L’amore vince tutto
PREMIO “GUIDO CORNAGLIA” (Libreria Vaticana); Ex allievi della scuola
L’ATTO FINALE IL 13 GENNAIO Militare Alpina di Aosta, In punta di vibram
(Arterigere EsseZeta).
E’ fissato alla data del 13 gennaio, a Cat. Racconto inedito: Roberto Bertani
Ricaldone, presso la Cà di Vein della Cantina (Parma), Verso Ovest.
Sociale, la premiazione del PREMIO Cat. Poesia inedita: Pieralba Merlo (Loano),
NAZIONALE DI POESIA “GUIDO COR- Ricordi di un vecchio alpino.
NAGLIA - POESIA & SPORT”. La cerimonia di premiazione si è tenuta a
La manifestazione è patrocinata dai Municipi Ponzone domenica 30 ottobre. IL premio ,
di Acqui Terme e Ricaldone, dalla Comunità giunto alla III edizione, è organizzato dalla
Collinare e dalla Cantina di Ricaldone, dalla Comunità Montana Suol d’Aleramo, dal
Comunità Montana Suol d’Aleramo e dalla Comune di Ponzone e dalla locale sezione
Provincia di Alessandria, dal mensile “Acqui Gruppo Alpini, con il patrocinio di Regione
Sport”. Piemonte e Provincia di Alessandria.
205
Compilare la cedola (anche in fotocopia) e spedire in busta chiusa a
Impressioni Grafiche, via Carlo Marx 10 -15011 Acqui Terme (AL)

CARTOLINA DI ABBONAMENTO

Per segnalare Desidero abbonarmi  Desidero regalare l’abbonamento 


dal numero...................... dal numero......................
appuntamenti,
mostre, a ITER. Ricerche fonti e immagini per un territorio
per 4 numeri al costo di € 30 
pubblicazioni, bandi a ITER. Ricerche fonti e immagini per un territorio
di concorso scrivere per 4 numeri al costo di € 50 come sostenitore 

all’indirizzo
I miei dati
e-mail della rivista
Cognome.......................................................................................................
iter.eig@libero.it.
Nome.............................................................................................................
oppure rivolgersi
Via......................................................................................... n.°.................
direttamente alla
Cap................. Città .............................................................. Prov...............
redazione, nella sede
dell’Editrice Tel..................................................................................................................

Impressioni e-mail:............................................................................................................

Grafiche,
L’abbonamento regalo è per
Via Carlo Marx 10,
Cognome.......................................................................................................
Acqui T. (Al),
Nome.............................................................................................................
tel.0144.313350,
Via......................................................................................... n.°.................
fax. 0144.313892.
Cap................. Città .............................................................. Prov...............

Tel..................................................................................................................

e-mail:............................................................................................................

Allego copia del bollettino di versamento postale (con specificata la cau-


sale: Abbonamento per 4 numeri di Iter) da intestare a:
Impressioni Grafiche – c.c. postale n.° 19702141

Informativa e consenso:
Informativa e consenso ex art. 13 e 23 d.lgs.196/03 la informiamo che i suoi
dati personali saranno da noi trattati manualmente e con mezzi informatici
per finalità di: a) gestione organizzativa delle consegne a domicilio del pro-
dotto da lei richiesto b) attività promozionali e invio di materiale informa-
tivo su nuove iniziative Editrice Impressioni Grafiche-Maltese narrazioni.
I dati non saranno diffusi. Infine le ricordiamo che per maggiori informa-
zioni o richieste specifiche ex art.7 (cancellazione, blocco, aggiornamento,
rettifica, integrazione dei dati od opposizione al trattamento) potrà rivol-
gersi al responsabile del trattamento scrivendo a Impressioni Grafiche, via
Carlo Marx 10 – 15011 Acqui Terme (AL)
Do il consenso al trattamento e alla comunicazione per le finalità di cui al
punto b) sì  no 

firma .............................................................
abbonarsi a ITER:
uno
sguardo
tramite versamento postale sul numero di
al nostro
c/c 19702141 intestato a: passato
IMPRESSIONI GRAFICHE,
via Carlo Marx, 10
15011 Acqui Terme (AL) Con il quarto numero
(nella causale specificare Abbonamento per 4 ITER completa, per
numeri a ITER) mezzo di un ulteriore
tassello, la propria offer-
ta al territorio. In questi
mesi abbiamo proposto
- L’abbonamento per 4 numeri è di € 30
ora volumetti miscella-
- L’abbonamento sostenitore per 4 numeri è di € 50 nei, ora monografici
(oltre 800 pagine nel
complesso) che - pur
Ogni abbonato riceverà in omaggio, col primo con un approccio di
numero della rivista, il libro “6 novembre 1994 Voci volta in volta differente
nella pioggia” di Maurizio Neri, 100 interviste ad
alessandrini nel decennale dell’alluvione - hanno cercato il dialo-
go con i lettori.
Insieme alla ricevuta di avvenuto pagamento A loro e a tutti quanti,
inviare il coupon presente all’interno della rivista enti e persone, che ci
al n° di fax 0144 313892 o per posta al seguente
indirizzo: hanno aiutato con scrit-
ti e con idee, suggeren-
Impressioni Grafiche do itinerari di ricerca,
via Carlo Marx 10
15011 Acqui Terme (AL) mostrandoci documenti
e immagini della storia
familiare, sostenendo le
uscite con abbonamenti
e inserzioni, un sincero
ringraziamento per aver
contribuito alla diffusio-
ne del nostro periodico.
Per aver condiviso con
noi un progetto.
Quello di raccontare le
storie di paesi e campa-
Per informazioni: gne. Quello di credere
Redazione di Iter
nel valore della identità e
della autenticità. Quello
tel. 0144 313350 • fax 0144 313892
di riscoprire le nostre
e-mail: iter.eig@libero.it
tradizioni comuni.

Potrebbero piacerti anche