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Introduzione
La religione sin dai suoi esordi elabora un immaginario creativo dal quale emergono
varie dimensioni della vita culturale. Per l’homo religiosus la divinità abita i luoghi e i
tempi; si manifesta nei simboli della sua presenza. Il divino trascendente ed eterno è
allo stesso momento immanente, vicino, legato alla storia e alla terra dell’uomo.
L’emergenza dei simboli e dei riti è legata alla manifestazione del divino, alla sua
irruzione nel tempo e spazio. L’origine dei simboli, spazi, oggetti sacri va ricercata in
una manifestazione del divino nel mondo.
Il cristianesimo con i suoi simboli e riti, con le sue pratiche religiose e tradizioni, fa
parte di questa universale tradizione del sacro. Inoltre, il cristianesimo accoglie le
strutture antropologiche, le incorpora e porta l’umanità e la cultura dell’uomo
all’apertura verso Dio. In realtà, come vedremo, la verità della porta corrisponde alla
verità dell’uomo come essere storico e corporeo. Noi siamo esseri collocati nel
mondo; siamo un corpo, un tempo, una cultura. E proprio a partire da questa nostra
“casa dell’umanità” incontriamo il sacro, apriamo l’esistenza al divino. La porta è un
segno visibile di questo incontro.
L’origine dello spazio sacro e della costruzione architettonica delle chiese in generale
è legata in modo particolare al simbolismo della porta. E’ significativo però che tutta
la storia della salvezza sia collocata tra due porte: la porta del paradiso - da cui
Adamo è stato cacciato dopo il peccato originale - e la porta della Gerusalemme
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celeste, di cui parla l’Apocalisse. Ricordiamo inoltre la storia raccontata nel libro
della Genesi - sulla Torre di Babele. Babele significa “porta del cielo”. Nel tentativo
degli uomini di accedere alla casa di Dio elevandosi fino alla soglia, gli uomini hanno
tentato di costruire Babele – la porta. Tuttavia, al centro della storia si trova Cristo
che si è definito la porta. Quindi tutte le porte bibliche rimandano a lui.
Per quanto riguarda la comunità cristiana primitiva, essa vive un culto spirituale. I
primi cristiani, infatti, sono senza il tempio. Per loro è normativo il culto “nello
spirito e nella verità”. E l’ambiente nel quale celebrano il memoriale di Cristo è la
casa. La familiarità è l’atmosfera originaria nella quale i cristiani celebrano il loro
culto, il memoriale della passione e della risurrezione di Cristo. Il primo luogo
liturgico è la casa, cioè la comunità. Ciò che la costituisce è il memoriale-eucaristia.
La presenza liturgica di assemblea rappresenta così la forma della Chiesa. Il tempio è la
riunione dei fedeli attorno alla presenza sacramentale del Signore.
La chiesa come spazio materiale sorge dalla chiesa come assemblea liturgica. Così
anche la porta trarrà il suo significato non semplicemente dalla struttura
architettonica, ma dalla natura rituale. Le prime porte/portali si trovano nelle
basiliche – edifici romani secolari – trasformate in chiese. Le porte della basiliche
paleocristiane corrispondono alla natura dell’edificio: sono di solito monumentali e
solenni, ornate da simboli prevalentemente vegetali o animali o comunque da
raffigurazioni ornamentali. Il cristianesimo eredita molto dalla cultura ellenistica e
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romana, che vede nel simbolo della porta il passaggio fondamentale dal caos al
cosmos, dal noto all’ignoto, dal profano al sacro. Questo aspetto iconografico sarà
ulteriormente sviluppato nell’epoca romanica e gotica e nel barocco, nei quali la
sacralità dell’ingresso sarà particolarmente accentuata. La fisionomia simbolica della
porta avrà, tuttavia, sempre le medesime qualità fondamentali: verticalità,
profondità, dignità, fortezza… Le geometrie della porta e le sue figure metaforiche
offrono uno spazio di visione singolare. La soglia comunque resta la sede di presenze
divine con la funzione di tutelare, iniziare, trasformare e coinvolgere nella
celebrazione rituale. Tale sacralizzazione dell’ingresso esiste in tutte le epoche
culturali.
Nella cultura cristiana l’arte del costruire si declina con l’arte di strutturare
l’accoglienza. La porta non ha semplice funzione di spostamento e protezione, ma
costituisce già il passaggio, come un rito, un transito che fa accadere un senso
spirituale e realizza un legame. Nell’antichità cristiana esisteva il cosiddetto
quadriportico, attraverso cui si accedeva al sagrato. Da questo spazio è nato il
chiostro. Il quadriportico, come pure il chiostro, è il luogo che richiama la perfetta
unione tra cielo e terra. E’ lo spazio per il ristoro e la comunione, che risponde ad una
esigenza estetica di armonia, equilibrio, semplicità… Proprio in questo contesto
estetico-rituale si situano alcuni elementi antropologici che rivelano il mondo del rito
e la sua simbolizzazione architettonica e artistica.
La costruzione dello spazio sacro trova riferimenti fondamentali nelle realtà del
corpo, del passaggio (soglia) e della presenza. L’arte di dare uno spazio al sacro trae le
proprie origini da una parte dal divino (dal rito di consacrazione, di erezione di
santuario, dalla celebrazione) e dall’altra dai gesti del corpo, con i quali l’uomo
comunica con il divino e accoglie la sua presenza. Attorno a queste tre caratteristiche
– corpo, passaggio, presenza – si rivelano aspetti propri del rituale nel quale si trova
la verità complessiva del portale.
Corpo
Ogni spazio trova nel corpo il suo codice fondamentale. Lo stesso vale anche per lo
spazio sacro. Le ragioni non sono solo antropologiche, ma anche teologiche. Per i
cristiani il corpo è “il tempio dello Spirito”, non semplicemente “la materia”
subordinata allo “spirito”. L’uomo non ha corpo; l’uomo è il corpo. La dignità e la
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verità del corpo come totalità, però, viene riscoperta nel rito in modo straordinario. Il
rito con i suoi spazi scopre il corpo alla sua verità, attua le sue potenze simboliche
originarie. E gli spazi rituali si presentano in qualche modo come un
“prolungamento” del corpo fisico e culturale.
Passaggio
Il rito attraverso gli spazi “infiamma i sensi dell’uomo” (G. Zanchi), cioè apre l’uomo,
attraverso la sua sensibilità e immaginazione, alla presenza del Signore. Lo spazio
sacro coniuga le dinamiche del corpo con le dinamiche del rito. Ritualizza il corpo, lo
coinvolge nel suo interno, trasforma il corpo in linguaggio, in forma espressiva. In tal
modo, lo stesso corpo dell’uomo fa parte della ritualità. Il primo atto con cui lo
spazio sacro ritualizza il corpo è costituito dal passaggio: varcare la soglia significa
compiere un rito.
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Ogni spazio sacro – e qui in particolar modo la porta – si struttura partendo dalla
separazione, dal passaggio. Il mondo del sacro richiede il passaggio dal profano al sacro
come una condizione indispensabile. Si tratta di un transito rituale che fa accedere
alla realtà del divino. Entrare in chiesa passando attraverso la porta significa attuare
una forma di iniziazione nel modo del sacro, destinato a coinvolgere l’uomo e fargli
vivere un’altra realtà.
Il luogo sacro è luogo del passaggio, del cambiamento, della rinascita; è accesso a un
nuovo ordine. Il simbolismo spaziale in questo processo è molto importante: la
separazione avviene attraverso un allontanamento dal mondo e allo stesso tempo la
riaggregazione ad un altro mondo. L’architettura sacra tradizionale ha espresso la
separazione per mezzo dei gradini, del sagrato, del portale, sottolineando la
liminalità e il progresso. L’entrata nella chiesa crea sempre un contesto iniziatico.
Presenza
Il rito dunque ricorre al corpo attraverso i suoi spazi, simboli, azioni. Ma loro essenza
è la presenza. La categoria di presenza rivela la ritualità del portale. Passare
attraverso la porta richiama le parole di Gesù: “Io sono la porta: se uno entra attraverso
di me, sarà salvato, entrerà e uscirà e troverà pascolo“ (Gv 10, 1-9). Entrare nella chiesa
significa essere coinvolti dalla presenza del Signore, situati in un legame di fede e
comunione.
Attraversare la porta significa entrare in contatto vivo con il sacro, ovvero entrare
nella sua presenza. La porta è la forma nella quale si “pratica”, si “compie” tale
incontro con la presenza del Signore. In questa dimensione un ruolo fondamentale
gioca l’immaginazione creativa: essa, infatti, ci aiuta a vivere realtà parallele. La
rappresentazione simbolica crea lo spazio per una “visione rituale”, ci consente di
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vivere la presenza “come se fosse” qui e ora. I simboli religiosi sono forme presenziali
nelle quali l’uomo vive in profondità l’evento celebrato. L’uomo è coinvolto dalla
loro dinamica simbolica, nel senso che la porta lo invita a “passare”, ma anche ad
“immaginare”, cioè a vedere quell’altra dimensione accessibile solo all’opera
dell’immaginazione creativa. Varcare la soglia della chiesa è un primo rito, che porta
verso l’incontro rituale celebrato al suo interno. E’ un vero e proprio rito iniziatico
che ci conduce verso il mondo rituale. Quest’atto attiva in noi qualcosa di originario.
Il simbolo della porta appartiene alle rappresentazioni originarie, intuitive, che
attuano emozioni originarie: richiama infatti le sensazioni di intimità e protezione,
ma anche di potenza e solennità.
L’ingresso svela e custodisce il segreto della presenza, offre un’intimità che invita
l’uomo non solo a contemplare, ma appunto ad entrare. In questo luogo si impone la
simbologia dell’acqua-segno di purificazione e trasformazione. Entrando in chiesa, ci
bagniamo la mano con l’acqua benedetta, facendo il segno della croce. Ripetiamo
quel primo passaggio attraverso il battesimo. Passare attraverso la porta significa
passare attraverso il battesimo verso l’eucaristia. L’acquasantiera è il segno di questo
intenso legame. La sua forma è spesso quella di una conchiglia appesa alle pareti,
simbolo cosmico di rinascita e vita. Tutte queste simboliche costituiscono una
risonanza nel mondo della percezione e immaginazione dell’uomo. Tuttavia, esse si
offrono come spazi per l’azione – entrare, passare, fare il segno di croce. L’inizio del
rito del battesimo ha luogo sulla porta, perché attraverso di essa l’uomo entra nella
presenza del Mistero salvifico e nel mistero della Chiesa radunata alla celebrazione.
Similmente, altri rituali, ad esempio quelli legati alla porta santa che aprono il tempo
giubilare, si presentano come vere e proprie celebrazioni iniziatiche, che inaugurano
un tempo di rinnovamento. Il rito, in riferimento all’evento fondatore, attualizza nel
qui e ora l’evento di Cristo. Da qui, da questa teofania-manifestazione del divino, il
luogo e il tempo diventano sacri.
Il patrimonio rituale della tradizione cristiana attribuisce alla porta una simbologia
ampia. La porta è segno di separazione e comunicazione tra i due ambiti – sacro e
profano – essa articola il noto e l’ignoto, l’esterno e l’interno. La sua essenza sta nel
carattere liminale. Essa è la soglia, il luogo di confine e di passaggio. Il repertorio
iconografico della porta trae la sua ricchezza da questo carattere liminale. Ad
esempio dei “guardiani della soglia” sono molto presenti nelle diverse tipologie
(sono spesso le rappresentazioni degli animali - leone ad esempio - o altri esseri
“mitologici” che “proteggono” l’entrata).
comprende meglio che le porte delle nostre chiese non sono costruite per essere
oggetto di letture formali-estetizzanti, ma appunto il luogo, una pagina fusa nel
bronzo o - come diceva M. Chagall - l’atlante iconografico in cui si legge il linguaggio
della fede celebrata. L’arte e l’architettura sono chiamate a rendere quanto più
visibile il mistero della porta.
La porta è una festa iscritta nella pietra, nel rito e negli sguardi. E’ un tempo/spazio
sospeso entro il tempo/spazio quotidiano nel quale è possibile vivere un'altra
dimensione della vita. In questo senso, l’iconografia artistica del portale rivela un
pathos, un’emozione del sacro, un sapore dell’eternità. L’iconografia così diventa una
forma di scoperta di ciò che è in noi, che ci precede nella nostra storia e identità e che
la rende possibile. I grandi simboli danno sostanza alla vita, rinnovano il nostro
vivere e lo rifondano in un grande disegno di senso; trasmettono il patrimonio e allo
stesso momento diventano focolai di creatività.
Conclusione
“Spesso siamo entrati per esso in chiesa e ogni volta esso ci ha detto qualcosa.
L’abbiamo in vero percepito? A che scopo c’è il portale? Forse ti meravigli di questa
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domanda” Così Romano Guardini nel suo libro Santi segni interroga interlocutori di
ieri e di oggi, invitando a sentire ciò che “il portale parla”.
Il portale è veramente una “bocca” che parla, annuncia, chiama, si esprime attraverso
simboli culturali e cultuali. La porta infatti continua ancora a parlarci con la stessa
voce di Cristo. Due millenni di cristianità hanno racchiuso in esso un patrimonio di
fede e arte. Simboli e immagini sono stati e ancora sono potenti strumenti di
realizzazione di una cultura nella sua integrità. Come ogni oggetto artistico che entra
nella liturgia, cosi anche la porta è un’autentica professio fidei – l’opera che rende
visibile il mistero della Chiesa raccolta nella liturgia. In questo focolare accadono la
verità della porta e la sua intima bellezza.