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La ricezione della teologia di Bulgakov in Occidente:

un capitolo importante della storia della teologia


di Lubomir Zak (8 marzo 2007)

1. Introduzione
Il padre Sergej N. Bulgakov (1871-1944) è senz'altro uno dei teologi ortodossi
russi più conosciuti nel mondo teologico occidentale. Le sue opere vengono
tradotte in tutte le principali lingue europee, mentre il suo nome appare ormai in
molti importanti dizionari di teologia.1 Bisogna riconoscere, però, che, salvo
qualche rara eccezione,2 questa attenzione nei suoi confronti riguarda quasi
esclusivamente il mondo della teologia cattolica, in quanto quello riformato non
l'ha ancora scoperto o, semmai, lo conosce solo marginalmente. Basti pensare che
il nome di Bulgakov non viene citato in nessuna delle più importanti opere dei
maggiori teologi riformati contemporanei, nemmeno quando essi si occupano dei
temi che stavano al centro delle ricerche del Nostro, condotte con una rara
capacità di speculazione teologica.
La teologia cattolica, invece, ha riservato al suo pensiero un posto ormai stabile,
oggi riconosciuto e rispettato sempre di più dalla gran parte dei teologi. Non
mancano persino casi in cui una Facoltà teologica inserisce nel suo programma
di studio un corso monografico dedicato alla teologia di Bulgakov,3 senza parlare
poi delle numerose tesi di licenza e di dottorato che si occupano del suo pensiero,
elaborate in questi ultimi anni dagli studenti delle Facoltà di teologia
cattolica.4 Una simile apertura del mondo cattolico non è altro che una concreta
risposta all'invito del Concilio Vaticano II rivolto ai membri della Chiesa, e ai
teologi in particolare, di «acquistare una maggiore conoscenza della dottrina e
della storia, della vita spirituale e culturale, della psicologia religiosa e della
cultura propria dei fratelli» (Unitatis redintegratio 9) appartenenti alle Chiese e
comunità non cattoliche.
Nel presente saggio mi occuperò più da vicino della ricezione della teologia di
Bulgakov da parte della teologia in Occidente, senza nessuna pretesa,
ovviamente, di esaurire il tema che, di per sé, si presterebbe ad una ricerca molto
più ampia. Non intendo, cioè, ripercorrere le principali tappe del confronto tra il
teologo russo e la teologia cattolica offrendone un bilancio, né ricercarne e
approfondirne tutti i punti di contatto o di influsso. La mia sarà piuttosto una
riflessione a mo' di un colpo di sonda che, con la brevità richiesta dall'occasione
in cui s'inserisce, si focalizzerà su quei temi della teologia bulgakoviana e su quegli
aspetti della sua epistemologia che, a mio avviso, sono stati visitati e studiati dai
teologi cattolici con il maggiore interesse e con la più grande frequenza e che
ancora oggi vengono considerati di grande attualità.

2. Cristologia e Trinità: l'originalità della prospettiva kenotica


Il primo importante punto di contatto tra Bulgakov e l'Occidente inizia ad
instaurarsi con la pubblicazione in russo della celebre cristologia l'Agnec
Božij (Paris, 1933), tradotta in francese nel 1943,5 seguita a pochi anni di distanza
dall'Utešitel (Paris, 1936), tradotto in francese nel 1946.6 Tra i primi importanti
studiosi cattolici che salutano e, allo stesso tempo, sottopongono ad una lettura
critica la cristologia bulgakoviana occorre ricordare B. Schultze, professore del
Pontificio Istituto Orientale, il quale «ha avuto per molto tempo il
monopolio»7dell'interpretazione di Bulgakov. Il teologo gesuita ne apprezza il
pensiero cristologico, riconoscendolo «degno di attenzione»,8 in quanto si tratta
dell'«unico teologo ortodosso contemporaneo che si metta a costruire l'edificio di
una nuova cristologia, intenzionalmente originale ed indipendente; [...]
consapevole dell'importanza di questo compito nel campo della
dogmatica».9 Non gli risparmia, però, delle osservazioni critiche, tra cui quella
principale che mira a denunciare la mancanza del principio petrino nel
fondamento della cristologia di Bulgakov. Schultze scrive: «Ma, mancandogli [a
B.] il sodo fondamento, la pietra di Pietro sotto i piedi, egli, a causa del suo
soggettivismo e modernismo, si disorienta e cade in frequenti errori,
contraddizioni ed eresie».10
Oggi, a distanza di sessanta anni, si deve riconoscere che questi e altri simili
giudizi11 vengono pronunciati in un periodo in cui la teologia cattolica, allora
esclusa dal movimento ecumenico, fa solo i primi timidi passi verso la tradizione
ortodossa, come è giusto ricordare anche che molti teologi cattolici di quell'epoca
sono legati alle prospettive teologiche e agli schemi concettuali della
manualistica, successivamente 'ricentrati' dal Concilio Vaticano II. Non
sorprende perciò se, in opposizione alle voci critiche, le intuizioni di Bulgakov,
soprattutto della sua cristologia, vengono valutate positivamente da H. U. von
Balthasar, uno dei teologi cattolici più creativi del periodo pre- e post-conciliare.
Intuizioni che, per dirla in sintesi, si fondano sull'idea della kenosi, talmente
originale e innovativa che - secondo alcuni - lo stesso teologo svizzero ne sarebbe,
almeno in parte, debitore.12
Mentre l'idea bulgakoviana della kenosi viene inizialmente anch'essa criticata da
alcuni teologi - tra cui P. Henry, il quale la valuta «esegeticamente debole,
filosoficamente impossibile, teologicamente erronea»13 -, von Balthasar, al
contrario, la riconosce assolutamente centrale intravedendo in essa, intesa sia
come tema sia come prospettiva ermeneutica di fondo, il centro di tutto il
pensiero di Bulgakov: della sua cristologia e della teologia trinitaria, della sua
cosmologia e dell'antropologia, della sua ecclesiologia e dell'escatologia...
L'originalità di Bulgakov consiste nel ribadire che «l'ultimo presupposto della
kenosi è l'altruismo delle persone (come pure relazioni) nella vita intratrinitaria
dell'amore».14 Riconoscendo nella relazionalità il tratto fondamentale della
kenosi, von Balthasar aggiunge: «si dà quindi una kenosi fondamentale, presente
già nella creazione in quanto tale [...]».15
Al di là delle ipotesi, di diversa attendibilità, avanzate dagli studiosi circa le fonti
d'ispirazione dell'idea bulgakoviana della kenosi - ipotesi che parlano degli
influssi della theologia crucis di Lutero, della teologia riformata e, in particolare,
del pensiero di Hegel, a volte purtroppo ignorando quasi del tutto l'esistenza della
tradizione kenotica russa (legata ai nomi di Filaret, Bucharev, Solov'ev,
Florenskij, Berdjaev, Karsavin, per non parlare del kenotismo della 'scuola
moralista') e, soprattutto, la dimensione kenotica della vita del nostro autore16 -,
ciò che attrae è la sua intuizione di poter elaborare, grazie alla prospettiva
kenotica, una cristologia 'di ampio respiro'. Una cristologia che, prima di tutto,
non vuole essere né soltanto 'dal basso' né solo 'dall'alto', ma 'dal basso' e
'dall'alto' insieme, contemplando il mistero di Gesù Cristo nella prospettiva
rigorosamente teantropica del Concilio di Calcedonia.17 Si potrebbe anche dire
che la sua è una cristologia che vuole valorizzare fino in fondo il mistero
dell'antinomicità o della paradossalità della persona di Gesù Cristo, considerato
nella sua dimensione ontologica la fonte di ogni altro mistero, sia di Dio sia del
mondo creato. Quella di Bulgakov, infatti, è una sorta di cristologia fondamentale
che tende ad illuminare i punti chiave dei grandi temi di tutta la teologia, che,
anzi, vuole 'ridurre' - per dirla parafrasando una celebre espressione di san
Bonaventura - ogni tipo di scienza e conoscenza umana al mistero teantropico di
Gesù Cristo compreso come ideale archetipico e, insieme, come massimo grado
di realizzazione della realtà creata in quanto tale. Tra quelli che, in Occidente,
colgono il potenziale teologico di una simile intuizione occorre ricordare il già
citato Schultze, il quale esprime il suo apprezzamento per la centralità, nel
pensiero di Bulgakov, dell'idea della teantropia, considerandola uno dei «principi
fecondissimi per una cristologia viva e creativa».18
Ma vi è un secondo tratto della cristologia bulgakoviana accolto e studiato con
interesse in Occidente. Esso compare come logica conseguenza della scelta del
nostro autore di elaborare una cristologia nella prospettiva calcedonese, sì, ma
ripensata e riformulata 'al positivo',19 mettendo cioè in relazione il mistero di
Gesù Cristo, Figlio di Dio eterno e incarnato e il mistero della SS. Trinità, e
riflettendo quindi sulla loro profonda unione alla luce dell'idea della kenosi.
Senza potermi soffermare per indagare quanto una tale intuizione sia
effettivamente debitrice o meno dell'idea del 'venerdì santo speculativo' di Hegel,
voglio ricordare che la sua originalità viene evidenziata da von Balthasar e, dopo
di lui, da molti altri teologi cattolici. Tale originalità consiste nel considerare
l'intimo legame tra la passione, l'abbandono, la morte e la risurrezione di Gesù
Cristo e la 'vita eterna' di Dio, ossia il mistero del Suo essere uni-trinitario inteso
come mistero della vita di kenosi e di glorificazione reciproche delle tre divine
Ipostasi. Ponendosi in questa prospettiva Bulgakov, con la sensibilità di un
teologo radicato nella tradizione teologica russa di chiara impronta sia kenotica
che trinitaria, evidenzia il collegamento tra l'evento pasquale di Gesù Cristo e il
mistero trinitario di Dio molto in anticipo rispetto agli altri teologi riformati
(Moltmann, Jüngel...) e cattolici (von Balthasar, Mühlen...) convinti, anch'essi,
della sua centralità per la riflessione teologica.20
Stranamente è sempre lo stesso von Balthasar ad avvertire davanti ad un certo
gnosticismo del pensiero cristologico-trinitario di Bulgakov: «È gnostico» - dice
- «il motivo secondo cui la croce storica è solo la traduzione fenomenale di un
Golgotha metafisico».21 Un tale avvertimento viene respinto da B. Hallensleben,
che sottolinea le divergenze tra i due teologi, affermando: «Nelle riflessioni
trinitarie di von Balthasar la reciproca donazione kenotica delle Persone divine
appare sorprendentemente formale e, quanto al contenuto, non definita, per non
dire: vuota. Si tratta di una comunicazione che è un atto cosciente, così che von
Balthasar preferisce parlare della 'coscienza trinitaria di Dio'. Non sorprende,
perciò, se egli pone la kenosi e la croce al centro della sua teologia e se considera
il sabato santo il momento centrale della storia della salvezza: se
l'autospogliamento è nella sua formale negatività un ideale, allora la morte
appare essere la massima attuazione dell'amore. Anche per Bulgakov il sacrificio
appartiene sostanzialmente all'amore, però la comprensione della kenosi come
sofferenza è stata chiaramente superata, nella sua teologia, da un'altra
comprensione; quella che parla della condivisione di una vita piena e ricca, in
quanto 'l'amour n'est pas seulement souffrance sacrificielle, anéantissement,
renoncement, il est aussi joie, béatitude et triomphe'».22
Prescindendo dalla critica della Hallensleben, l'avvertimento di von Balthasar
rischia di fraintendere il quadro generale di tutta la proposta bulgakoviana, di per
sé estranea ad una sola 'traduzione fenomenale', visto che una simile riduzione
cristologica non è affatto l'intenzione del Nostro, assolutamente rigoroso nel
pensare il nesso tra il mistero pasquale e quello trinitario secondo uno schema
non astratto e formale, ma rivelativo, agapico e su un orizzonte ontologico. 23 Si
ha l'impressione che a von Balthasar sfugga, almeno in parte, l'intuizione di fondo
di tutto il progetto teologico bulgakoviano: il tentativo del pensare insieme,
sull'orizzonte di un pensiero teologico globale, le grandi verità di fede del mistero
cristologico e trinitario; del cogliere, cioè, con un unico sguardo, il paradosso
teantropico dell'essere-Dio-uomo di Gesù Cristo e, contemporaneamente, il
paradosso trinitario del suo essere inviato' (del suo 'scendere' dal Cielo) e del suo
essere(rimanere in ogni momento della sua vita terrena uno della Trinità, anche
nel momento dell'abbandono sulla croce. Bulgakov intuisce che la reciproca
coabitazione di questi paradossi è possibile grazie alla stessa dinamica di fondo
presente in ognuno di essi: la kenosi. Nel senso che la kenosi di Gesù Cristo, che
inizia con l'incarnazione e finisce con la morte in croce, è un evento di rivelazione,
nella storia, dello stesso 'modo di essere' che caratterizza ab aeterno l'esistenza
trinitaria del Logos, ovvero la sua identità. L'asimmetria ontologica tra i poli dei
paradossi (quella tra il divino e l'umano, l'eterno e il tempo...) rimane, ma il
molteplice e costante movimento di comunicazione tra di essi viene contemplato
come un unico evento che 'scaturisce' dal cuore dello stesso essere trinitario di
Dio, un essere che è nella rivelazione.
L'originalità dell'intenzione viene invece colta e valutata positivamente da M.
Bordoni. Riferendosi alla scuola teologica russa e riconoscendo in Bulgakov uno
dei suoi esponenti più rappresentativi, egli afferma: «la riflessione soteriologica
di questa scuola ortodossa russa ci consente di aprire uno spiraglio più positivo
in un quadro teologico trinitario, per cui il mistero più oscuro e orrido
dell'abbandono della croce riflette il bagliore della vita e della resurrezione,
perché essa, divenuta la Croce dei Tre, cambia il suo significato diventando segno
di salvezza, manifestazione di amore».24 Per dirla con altre parole ancora:
«La kenosi (Fil 2, 7) del Cristo, che si estende e si realizza sino all'estremo
nell'evento della croce e dell'abbandono (Mc 15, 34; Mt 27, 46), diventa, nella
proposta di Bulgakov, l'icona non solo della theantropia del Cristo, ma
dell'Evento stesso dell'Amore intra-trinitario che si rivela, autocomunicandosi,
nella creazione e nella storia».25
Come emerge da alcuni recenti studi, le implicazioni della proposta di Bulgakov
vanno ben al di là di della sola cristologia o teologia trinitaria, in quanto offrono
spunti pregnanti sia per l'ontologia che l'antropologia. Nel senso che, se l'evento
pasquale di Cristo rivela il volto inedito e abissale di Dio-Trinità-Amore, occorre
allora, proprio nella luce di questo volto, contemplare il mistero dell'essere e, di
conseguenza, il mistero dell'uomo come persona creata 'ad immagine e
somiglianza' di Dio. Si tratta, in breve, degli spunti che portano verso un'ontologia
e un'antropologia trinitaria dell'agape (un'ontologia e un'antropologia, cioè,
pensate alla luce del proprium della Rivelazione cristiana), oggi sempre di più al
centro dell'interesse della teologia cattolica.26
3. Il problema della sofiologia
È noto che la sofiologia di Bulgakov rappresenta un capitolo di teologia molto
discusso nel mondo dell'Ortodossia russa. Non è da meravigliarsi, perciò, se la
teologia occidentale trova sin dall'inizio non poche difficoltà nella sua
comprensione, senza comunque negare una certa originalità delle intuizioni che
la animano. Consapevole dell'aspra discussione attorno alla sofiologia, accesasi
ancora prima della sua condanna da parte del metropolita Sergej di Mosca e del
Sinodo di Karlovcy (nel 1935),27 A. Litva considera il sistema sofiologico di
Bulgakov una forma di gnosticismo che, poco rispettoso della Scrittura e della
Tradizione, rischia di diventare una sorta di «panteismo emanatista». Secondo il
professore dell'Istituto Orientale di Roma, il tentativo del teologo russo è lodevole
nell'intenzione ma difettoso e contraddittorio nell'esecuzione, «per cui sono
sostanzialmente giuste le condanne della Chiesa orientale».28
Ma riguardo alla sofiologia il giudizio negativo di maggiore autorevolezza per
tutto il mondo della teologia cattolica, è soprattutto quello pronunciato da von
Balthasar. Collocandosi più esplicitamente nell'ottica cristologica, il teologo
svizzero valuta l'idea bulgakoviana della Sofia, insieme creata e increata, come
una sorta di «schema sovracristologico della cristologia», debitore delle
tentazioni gnostiche ed hegeliane.29 Secondo von Balthasar, l'intenzione
fondamentale della teologia kenotica di Bulgakov è valida, basta solo che venga
liberata «dai suoi presupposti sofiologici».30 Un tale giudizio, che comunque
giudica positivamente (con le riserve appena ricordate) l'indirizzo cristologico-
trinitario di matrice kenotica, trova in Occidente un'ampia risonanza e molteplici
consensi.31
Eppure quella di von Balthasar non è l'unica voce di teologia cattolica che si sia
pronunciata circa la sofiologia. Una voce del tutto diversa è sorprendentemente
quella di Schultze. Pur riconoscendo i limiti metodologici e contraddizioni
formali dell'idea bulgakoviana della Sofia, egli coglie la sua intenzione di base:
comprendere il grande mistero della teantropia in una prospettiva generale (non
solo cristologica) e, al contempo, vitale. Si tratta di un'idea che Schultze «giudica
di enorme importanza per il pensiero moderno, costretto a confrontarsi
coll'alternativa di un dualismo falsamente credente che allontana Dio dalle
creature decadute, in nome della sua perfezione, o di una secolarizzazione
falsamente umanistica che separa le creature, in nome della loro autosufficienza,
dalle fonti vitali dell'esperienza spirituale».32
Un'altra voce sul tema è quella di A. Joos il quale si concentra sui risvolti
antropologici della sofiologia sottolineandone l'attualità.33 Secondo questo
teologo, la sofiologia presenta un ampio sguardo sulla realtà e sulla storia, simile
a quello presente nel pensiero di alcuni altri 'teologi di frontiera' come il
protestante P. Tillich e il cattolico P. Teilhard de Chardin.34 Esso, debitore all'idea
della vseedinstvo (uni-totalità o omni-unità) di V. Solov'ev, tende a cogliere la
dimensione cosmica delle cose e degli eventi, la loro perenne tensione a
convergere progressivamente verso un'unica meta. Un tale sguardo rappresenta,
secondo Joos, un fondamento finalmente adeguato per una vera svolta
antropologica che vuole essere autenticamente teologica.
Le valutazioni di Y. Spiteris, teologo e vescovo cattolico di origine greca, vanno
nella stessa direzione. Pur non nascondendo che il più «estraneo alla tradizione
occidentale e meno capace di essere assimilato è il discorso sofiologico», Spiteris
è convinto che esso, «se ben capito, sarebbe di una straordinaria attualità per le
tendenze ecologiche tanto diffuse nella nostra società. Darebbe, al rinnovato
rispetto per la natura, una base teologica non indifferente. Per non cadere nel
materialismo ateo, che ignora la natura come creatura di Dio o nel panteismo
materialista che trasforma la natura in oggetto di culto nelle varie forme
della New Age, sarebbe di grande aiuto l'insegnamento di Bulgakov sullo Spirito-
Sofia, considerato come la matrice prima di ogni essere creato e come vita che
riempie di sé l'universo, senza per questo mortificare la trascendenza assoluta di
Dio».35
Altrettanto positivo è il giudizio di P. Coda il quale, se da una parte parla di alcuni
indiscutibili limiti del pensiero di Bulgakov (poca attenzione alla dimensione
storico-salvifica, dualismo di stampo platonico...), dall'altra però riconosce
apertamente che esso «ha ancora oggi molto da insegnarci» e ciò proprio grazie
alla sofiologia. Infatti, «proprio l'introduzione della prospettiva sofiologica e il
tenace impegno d'un suo autentico approfondimento entro le coordinate dello
specifico cristiano, dischiudono delle possibilità di pensiero sconosciute alla
teologia occidentale, che in parallelo - anche se solo qualche decennio appresso -
ha affrontato gli stessi temi e ha intrapreso analoghi percorsi. Sia per ciò che
concerne il ripensamento, 'dopo' la rivelazione dell'Agape trinitaria nell'evento
pasquale, dell'unità dell'ousía divina; sia per ciò che concerne la relazione tra Dio
Trinità e la creazione».36 Cosa importante, evidenziata da Coda - ma anche da
Hallensleben37 -, è che non si abbia uno sguardo limitativo sulla sofiologia
bulgakoviana, in quanto si deve riconoscere che «prospettiva sofiologica e
prospettiva kenotica sono strettamente tra loro legate e che insieme vanno
collocate entro l'orizzonte della rivelazione del Dio trinitario».38
È degno di nota39 anche il recente studio di G. Lingua, intitolato Kénosis di Dio e
santità della materia. La sofiologia di Sergej N. Bulgakov, dedicato più
specificamente alla teologia della creazione nella prospettiva sofiologica.
Ricordando opportunamente l'intenzione di Bulgakov di considerare la sofiologia
una visione cristiana del mondo scaturita dalla stessa essenza del cristianesimo,
l'autore coglie quello che - a mio avviso - è il centro dell'idea bulgakoviana della
Sofia: pensare la relazione tra Dio e il mondo come un «continuo rapporto
rivelativo che la natura di Dio ha con la Trinità e con il mondo. Essa non
ipostatizza una realtà che appartiene sia a Dio, sia al mondo e così funge da
mediatrice, ma si manifesta nella dinamica di rivelazione in cui l'Assoluto esce da
sé per diventare Dio e mondo correlati insieme, o, meglio ancora, la dinamica per
cui all'identità assoluta dell'Uno si sostituisce la correlazione dei due, differenti,
ma analoghi».40 Lingua vede proprio in una tale impostazione, di tipo
sofiologico, del rapporto tra Dio e il cosmo la ragione della profonda diversità tra
il modello teologico bulgakoviano e gli sviluppi recenti della teologia in
Occidente, in particolare in riferimento al rapporto tra Rivelazione e storia. Al di
là dei rischi della destoricizzazione, la teologia di Bulgakov di tipo sofiologico ha
il merito di aver elaborato un'ontologia «che conserva una capacità di cogliere la
dinamica storica senza perderne la radice teologica e la ricaduta cosmologica,
rischio che corre invece la teologia occidentale quando pensa l'evento rivelativo
nei termini della pura fattualità, il cui senso universale e globalmente
cosmologico è sottaciuto per paura di derive metafisicheggianti».41 Di
conseguenza, uno dei tratti di sorprendente attualità del pensiero di Bulgakov
nasce dalla convinzione che una vera Weltanschauung cristiana non può eludere
il problema dell'immanenza di Dio nel mondo. Grazie a ciò, il «suo pensiero
anticipa un'esigenza che solo in questi ultimi anni sta sviluppandosi in occidente,
quella che sente come un compito ineludibile la ricomposizione delle fratture che
la teologia ha ereditato dalla modernità, in particolare quella tra immanenza e
trascendenza del divino».42

4. L'attualità del metodo teologico


Vi sono diversi altri temi della teologia di Bulgakov studiati e discussi dai teologi
cattolici: la sua ecclesiologia di impronta sobornica,43 la pneumatologia,44 il
personalismo e l'antropologia,45 l'escatologia46... Ve ne sono alcuni altri, invece,
non ancora individuati o solo poco studiati, comunque anch'essi di indubbia
originalità e attualità. Penso in modo particolare al tema epistemologico, con una
singolare attenzione al contributo di Bulgakov per un ripensamento del metodo
della teologia.47
Riguardo a questo ultimo tema non mancano, comunque, da parte di teologi
occidentali, alcune prime osservazioni e valutazioni. Ad esempio, viene ricordato
il contributo di Bulgakov per un più convinto utilizzo del metodo storico critico
nella teologia ortodossa,48 mentre, in un orizzonte più generale, viene
sottolineata la dimensione esperienziale del suo metodo del teologare.49 Nella
sua considerazione dell'esperienza della fede come il vero fondamento dell'atto
teologico, Bulgakov viene apprezzato per il fatto di presentare il teologare come
un atto che non può «essere inteso - come in alcune concezioni, peraltro riduttive,
del pensiero occidentale - come un 'ragionare' su di un dato, o su di un'esperienza,
sui quali occorre indagare come dall'esterno, senza che l'intelletto stesso sia
intimamente imbevuto della novità dell'esperienza di fede».50 Di conseguenza
viene ricordato che il metodo da lui elaborato e proposto, sulle orme dei Padri e
della migliore tradizione ortodossa, riguarda la persona nella sua
globalità.51 Esso, cioè, viene compreso come atto di molteplici contestuali
dimensioni: intellettuale e spirituale, psicologica ed etica. Certo, oggi, in un'epoca
della frammentazione dei saperi - il sapere teologico incluso -, una tale idea
globale del metodo speculativo torna ad essere estremamente attuale. Se non
altro, perché invita a chiedersi se la ricerca del rimedio all'ormai diffuso
fenomeno della frammentazione, verificatosi su ampia scala nel vivere e nel
pensare, non debba andare oltre ad una riflessione puramente accademica sul
rinnovamento della didattica in chiave interdisciplinare, cogliendo che al centro
della questione sta il problema antropologico.
Alcune importanti osservazioni circa il metodo teologico di Bulgakov ci vengono
offerti da P. C. Bori il quale parla di un possibile accostamento del teologo russo
al fenomeno modernistico cattolico, vissuto come ricerca della riconciliazione dei
due poli: «da un lato la volontà appassionata di giungere a una conciliazione tra
'scienza' (qui compresa tutta la cultura moderna) e 'fede', l'assumere il dogma
come problema e sfida alla ragione, come simbolo espressivo di verità che vanno
esplicitate in discorso speculativo, dall'altro la convinta fedeltà alla chiesa storica
e al patrimonio dogmatico tradizionale».52 Tuttavia, la differenza tra Bulgakov e
i modernisti cattolici è più che evidente: ben diversa e più ricca, infatti, è la sua
strumentazione teoretica e culturale. Ciò consente a Bulgakov, a parere di Bori,
«di affrontare il discorso cristiano con strumenti più flessibili e, nel complesso,
più connaturali all'oggetto, sicché il risultato complessivo rispetta, 'salva' molto
di più il dato dogmatico».53 Lo studioso italiano non omette, tuttavia, di avanzare
alcune osservazioni critiche. Prima di tutto: «che spesso l'esegesi viene piegata da
Bulgakov ad avallare le sue tesi particolari".54 Una simile 'libertà' si registra, però,
anche in riferimento alla tradizione patristica. Bori nota che l'interpretazione
bulgakoviana dei Padri è «del tutto personale, non tenendo conto dei giudizi di
valore già formulati dalla tradizione stessa». A causa di ciò si arriva a risultati
spesso singolari: «troviamo apprezzamenti decisamente positivi per gli autori
tradizionalmente considerati eretici (per es., ne Il Paraclito, per Apollinare e
Nestorio), rilievi fortemente critici nei confronti di autori verso i quali ci si
sarebbe attesa ben diversa valutazione: Ireneo, Origene, Gregorio Nisseno».55
Malgrado tutti questi significativi sguardi sul metodo di Bulgakov, vi è comunque
un altro dei suoi tratti - a mio avviso del tutto centrale per la teologia
bulgakoviana - che attende di essere maggiormente conosciuto e studiato: la
dimensione intersoggettiva o interpersonale/agapico-ecclesiale del teologare.
Che l'intersoggettività sia una vera e propria via aurea della conoscenza della
verità non è, certo, un novum, né per la filosofia né per la teologia. Basti pensare
alle stimolanti indicazioni che, in questo senso, possiamo trovare ne La settima
lettera di Platone (341 C-D, 343 C), in alcuni discorsi di F. W. J. Schelling56 e nelle
opere di molti altri filosofi. Tra i teologi occidentali, invece, vengono in mente i
nomi di K. Barth, D. Bonhoeffer, H. De Lubac, H. Newman, von Balthasar e molti
altri ancora, tutti sensibili a un tema del genere. Eppure il metodo teologico
elaborato e praticato da Bulgakov come evento della relazionalità è
eccezionalmente esemplare. Nel senso che, per lui, il fare la teologia non significa
tanto 'lavorare in squadra' o appartenere ad una 'scuola', quanto piuttosto fare
l'esperienza di un'unione profonda con Gesù Cristo presente nella sua Chiesa,
ovvero far l'esperienza spirituale e intellettuale dell'essere insieme l'unico Corpo
di Cristo. Un'esperienza che tocca il mistero stesso della Chiesa e che da P. A.
Florenskij, amico del Nostro, viene definita come «entrare nelle viscere della
Unitrinità divina [...] attraverso la transustanziazione dell'uomo, la sua
divinizzazione, l'acquisto dell'amore quale sostanza divina».57
È vero che le origini di questo metodo, almeno nell'area ortodossa russa,
risalgono fino ad A. S. Chomjakov e ai primi slavofili, preoccupati di contrapporre
alla filosofia e teologia occidentali un pensiero di impronta sobornica, con un
metodo gnoseologico che considera la conoscenza della verità un'esperienza
collettiva ecclesiale.58 È altrettanto vero che tali intuizioni vengono approfondite,
in chiave filosofica, da Solov'ev e da molti altri filosofi religiosi russi a cavallo tra
'800 e il 900 (N. A. Berdjaev, S. L. Frank, L. P. Karsavin...). Mentre è noto che
una delle più originali e più riuscite riflessioni teologiche su questo tema
rappresenta la Lettera undicesima(L'amicizia) de La colonna e il fondamento
della Verità di Florenskij.59 Il fatto è che Bulgakov ci crede davvero, cercando di
teologare dal di dentro di una concreta esperienza di comunione fraterna,
compresa come un'occasione unica e insostituibile per poter crescere nella
conoscenza dei misteri di Dio: in quanto là, dove due o tre sono riuniti nel nome
di Cristo (cfr. Mt 18, 20), là si può sperimentare il miracolo di una conoscenza
teantropica, ossia di un 'pensiero di Cristo' (cfr. 1Cor 2, 16). Tutto ciò spiega
perché Bulgakov non lascia perdere nessuna occasione per poter fare e rifare una
simile esperienza.
Oltre ad un sincero desiderio di elaborare le proprie riflessioni in un costante
dialogo con alcuni amici, tra i quali Florenskij, il padre Sergej aderisce ad alcune
iniziative (o lui stesso le promuove) legate ad un'esperienza intellettuale e
spirituale basata sui principi della vita comunitaria ecclesiale. Tra di esse si deve
ricordare la sua partecipazione al circolo di M. A. Novoselov e, più tardi, alla
Fraternità di Santa Sofia, da lui fondata e guidata dopo l'espatrio nel 1922. Per
quanto riguarda la prima esperienza, il suo scopo viene indicato dallo stesso nome
del gruppo: Circolo di cercatori dell'istruzione cristiana, o anche Circolo di
ricerca della cultura cristiana nello spirito della Chiesa cristiana ortodossa. Al
circolo, fondato nel 1907 e animato dagli ideali dello slavofilismo, vengono
invitati solo alcuni tra i maggiori o i più promettenti intellettuali di Mosca,
desiderosi di contribuire al rinnovamento della società e, prima ancora, della
Chiesa ortodossa russa. Novoselov promuove e guida questa interessante
iniziativa con l'intento di creare una fratellanza spirituale, invitando i membri del
circolo a costruire tra di loro, attraverso dibattiti, lezioni, ma anche momenti di
preghiera, una reale comunione fraterna considerata il presupposto inevitabile
per un impegno cristiano nella società.60 La straordinaria atmosfera che
Bulgakov può sperimentare durante gli anni della sua partecipazione al circolo
traspare dalla lettera che Florenskij scrive (7. 6. 1913) a Rozanov: «Certo,
'l'amicizia ecclesiale' moscovita è la cosa migliore che possediamo, un'amicizia
che è la piena coincidentia oppositorum. Là tutti sono liberi, ma anche vincolati,
sono se stessi, ma sono anche 'come gli altri'. [...] Tutto il senso del movimento
moscovita sta nel fatto che per noi il significato della vita consiste non tanto
nell'imprimere le nostre idee sulle pagine di un'opera, ma nell'immediatezza dei
rapporti personali. Noi non scriviamo, ma parliamo o non parliamo nemmeno,
ma piuttosto ci rapportiamo. [...] L'opera di un altro, ad esempio di un Novoselov,
Bulgakov, Andreev, Cvetkov..., non mi è estranea e non lo è per nessuno di noi,
essa non è l'opera di un rivale di cui vale 'più è mal riuscita, meglio per noi', ma è
la stessa opera mia, ossia è mia almeno in parte. Tutti sono coinvolti nella sua
realizzazione cosicché anche il suo successo viene percepito da ognuno come il
proprio. È perciò ovvio che ognuno desideri di contribuire alla costruzione di
questo nido almeno con un suo filo di paglia, correggendo almeno qualche errore
trovato nelle bozze o aiutando in un altro modo. Si può dire che i nomi
'Novoselov', 'Florenskij', 'Bulgakov' e altri, che compaiono su queste opere,
indicano non tanto l'autore, quanto uno stile, una sorta, una modalità particolare
del lavoro. Il nome 'Novoselov' indica che il lavoro è nello stile di Novoselov,
quello, cioè, di una 'rigorosa Ortodossia' di tipo monacale; quello di 'Bulgakov'
indica uno stile professorale che va meglio per un pubblico esterno, uno stile di
natura apologetica, e così via».61
Non si può non prendere sul serio che è in questo clima di amicizia e di fraternità
che Bulgakov scrive il suo celebre saggio La luce senza tramonto62 in cui, dalla
prima fino all'ultima pagina, viene ribadita la centralità dell'esperienza concreta
per una conoscenza di Dio. Nell'esperienza religiosa è dato «un contatto
immediato con altri mondi, la percezione di una realtà superiore e divina, un
sentimento di Dio, non in generale e in abstracto, ma proprio per un uomo
particolare; l'uomo scopre, in sé e attraverso di sé, un mondo nuovo, di fronte a
cui palpita di timore, di gioia, di amore, di vergogna, di pentimento». 63 Questa,
però, è l'esperienza dell'incontro con un Altro da sé che è Cristo. Preferire Lui e
'odiare' il proprio sé trovando in Lui se stesso, permette all'uomo di partecipare
«al mistero della santissima Trinità, alla reciproca kenosi delle Ipostasi divine nel
loro mutuo amore, alla beatitudine nell'Altro e attraverso l'Altro».64 Il luogo di
una simile esperienza trinitaria, di natura non solo soteriologica, ma anche
gnoseologica, è la Chiesa. Vivendo in essa, e nella misura in cui l'uomo «diventa
Chiesa, l'uomo riceve Cristo in sé».65 La condizione del suo divenire Chiesa è una
sola: acconsentire a sacrificare la propria persona, «a perdere la nostra anima,
per salvarla dall'ipseità e dalla chiusura solipsista, per aprirla alla gioia
dell'amore-umiltà. Quell'io malato, luciferino, che ha coscienza di sé in
contrapposizione ad ogni altro io in quanto non-io, deve rendersi compatibile con
lui, e deve con ciò acquisire una sua definizione positiva, non solo negativa».66 Di
conseguenza, si capisce perché ogni conoscenza che tende a poggiare il piede sulla
roccia della verità eterna e assoluta, trascendente al mondo, è un evento
ecclesiale, sobornico o conciliare, secondo le parole del Credo recitate durante la
divina liturgia: «amiamoci gli uni gli altri, per confessare in unità di spirito».67
Una simile riflessione, riferita più specificamente alla teologia, ritorna nel
saggio L'Ortodossia. In esso Bulgakov torna a ribadire che la sobornost', intesa
come unità dei molti nell'amore, è il fondamento e la forma di ogni teologare
sperimentato come vivere già ora, per mezzo dello Spirito di Gesù Cristo, nella
verità. Egli scrive: «Se [...] è vero che questo vivere nella verità è accessibile
all'uomo non tanto nella sua contrapposizione all'oggetto della conoscenza
quanto piuttosto nel fondersi con esso, è altrettanto vero che un tale vivere non
viene raggiunto attraverso un isolarsi davanti agli altri o nel contrapporsi a loro,
ma in un vivo e immediato farsi uno, in una concreta onni-unità della vita,
secondo l'immagine della SS. Trinità, unisostanziale e indivisibile. La verità
ecclesiale si dà alla Chiesa. È in questa prospettiva che si illuminano, nella loro
potenza, le parole del Signore: chi vuole salvare la propria anima la deve perdere.
La verità si dà solo nel farsi uno, nel liberarsi dalla limitatezza del proprio io,
nell'uscire dal proprio io».68 Ad un tale modo kenotico e trinitario di conoscenza
deve corrispondere il metodo generale del lavoro teologico. Esso «consiste in un
contino scambio di opinioni e, su questo suolo, in un'esperienza
della sobornost [soborovanie]. Quest'esperienza si realizza per mezzo delle
forme particolari, accessibili a seconda delle condizioni del luogo e del tempo: la
conversazione personale, ma anche i rapporti epistolari o gli scambi teologico-
scientifici in occasione dei congressi, delle riunioni ecclesiali e dei concili».69 È in
questo senso che si deve comprendere il detto: primum vivere, deinde
philosophari, dogmatizari et theologizari.70
È interessante ricordare che negli stessi anni, in cui vengono scritte queste
illuminanti parole, Bulgakov è a capo, come leader spirituale, della Fraternità di
Santa Sofia (approvata e sempre appoggiata dal metropolita Evlogij).71 Il giorno
dopo la sua fondazione (27. 9. 1923) egli annota nel diario: «Ci benedica il
Signore, e ci guidi la stessa Sofia Sapienza Divina. È strano pensare con pensieri
umani all'impresa compiuta. Se è volontà di Dio, sarà un avvenimento storico, di
portata addirittura mondiale». L'ambizione del fondatore è grande: che la
Fraternità, concepita come luogo di una 'esperienza di comunione', diventi un
primo germoglio della futura Chiesa indivisa. Si tratta comunque, sin dall'inizio,
di un'impresa superiore alle forze umane per la diversità umana e intellettuale dei
membri: vi è, da una parte, G. V. Florovskij, patrocinatore di una linea teologica
dichiaratamente diversa da quella di Bulgakov, vi sono, dall'altra, le personalità
come N. O. Losskij, filosofo di sensibilità neoleibniziana o come N. A. Berdjaev,
eccentrico e in ogni occasione geloso della propria libertà del pensiero. Per essere
in grado di affrontare la sfida della diversità, la Fraternità viene concepita come
una sorta di ordine religioso a misura degli intellettuali russi, con un suo statuto
e una severa disciplina secondo i canoni dell'antica ascesi e con l'obbligo di una
prassi di preghiera secondo la tradizione ortodossa. Nel suo discorso
programmatico Bulgakov dice: «Ciascuno deve compiere il sacrificio della
rinuncia, deve piegarsi al fatto di non potersi realizzare nella Fraternità in tutta
l'ampiezza della propria personalità, perché la Fraternità va al di là e oltre rispetto
a ciò che è personale, individuale».72
Vi sono molte preziose testimonianze ad attestare che il nostro autore rimane
fedele fino in fondo e fino alla fine alla Fraternità, anche quando diventa evidente
che una simile esperienza di comunione presuppone una forte convinzione e un
alto grado di maturità umana e spirituale difficilmente riscontrabili in tutti.
Nonostante inizino a crearsi i primi disaccordi e avvengano le prime 'diserzioni',
Bulgakov non intende scogliere il gruppo né rinunciare all'ideale di un pensiero
teologico costruito sulle basi di una simile esperienza. Tale convinzione emerge,
tra l'altro, dalla sua lettera (31. 8. 1925) a Berdjaev, dopo che il celebre filosofo
decide di abbandonare la Fraternità. Bulgakov scrive: «La permanenza nella
Fraternità comporta difficoltà ed esige rinunce non solo da Lei, ma da ognuno di
noi. Non può, però, essere diversamente per chi desidera vivere non da solo, ma
assieme e unito alle altre persone. La vita in comunità è sempre un'impresa e
un'ascesi, come lo è in un monastero. Assieme a ciò, però, io vedo il suo scopo e
la condizione della sua esistenza nella fratellanza e sta qui la sua differenza da un
ordine monacale. Si tratta di una singolare esperienza di comunione tra quelli che
si amano reciprocamente sia come persone che come membri della Chiesa,
ognuno dei quali ha, comunque, una sua idea delle questioni religiose di natura
dogmatica e pratica. È per questo che, non senza una sofferenza e un tormento,
accoglievo la critica [dei fratelli] rivolta contro le mie posizioni nel campo sia della
dogmatica che della politica religiosa. Presuppongo che una cosa del genere possa
essere possibile anche per Lei».73
Tra le altre preziose testimonianze di una tale idea agapico-ecclesiale del pensare
e del teologare figurano anche i Diari di Bulgakov, soprattutto il suo Diario
spirituale, scritto a Praga. Tutti questi materiali ci aiutano a intravedere la sua
intenzione di elaborare e praticare un metodo teologico che, in qualche modo,
corrisponda alla stessa essenza del cristianesimo, riconoscendo, cioè, nel dialogo
di unità, di amore e di amicizia tra le divine Ipostasi, resosi vicino a noi nella
persona di Gesù Cristo, una sorta di forma ideale del teologare. In un certo senso
si potrebbe dire che Bulgakov chiama la teologia a fare suo, a tutti gli effetti, il
consiglio dato da Gesù agli apostoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Egli sa che la
reciprocità nell'amore è un'evidenza che conferisce credibilità all'annuncio degli
apostoli e della Chiesa e che, dunque, non vi può essere niente di banale o ingenuo
nel tentativo di fare la teologia, interpellata «a rendere ragione della speranza
cristiana» (1Pt 3, 15) seguendo il metodo individuato e consigliato dal Cristo.
Credo che un simile tentativo, che evidenzia la dimensione spirituale e mistica
della teologia, sia di una costante attualità, soprattutto laddove la teologia corre
il rischio di diventare una scienza puramente accademica o uno strumento di
difesa e di propaganda ideologica.74
È evidente che una tale visione relazionale del metodo teologico non intende
sminuire il fatto che la teologia esiga una seria preparazione e un'ampia
competenza scientifiche e che i suoi metodi debbano corrispondere a precisi
criteri epistemologici non modificabili né sostituibili in nome di un'esperienza
spirituale puramente soggettiva (individuale o collettiva). La teologia, infatti, non
può essere piegata verso una metodologia "intimista", né personale né di un
gruppo. L'intuizione da apprezzare e salvaguardare è chiaramente un'altra:
riconoscere che la teologia è un sapere strutturato su molteplici piani, tra cui il
piano del senso, e che l'accesso a quest'ultimo è connesso con il grado
dell'ecclesialità della teologia, intesa nella prospettiva di una relazione
interpersonale. Per dirla in altri termini, la conoscenza della verità teologica e la
sua trasmissione presuppongono un'esperienza di trascendenza che, utilizzando
il linguaggio scritturistico, va intesa come l'incontro con il Cristo presente in
mezzo ai suoi, ovvero come l'esperienza dell'intrattenersi di Dio in mezzo a quelli
che si amano reciprocamente (cfr. 1Gv4, 12). L'attualità di una simile intuizione -
che non può non evocare e valorizzare le scelte epistemologiche della teologica
monastica medievale in Occidente e della teologia bizantina in Oriente - è senza
dubbio grande, sia per la teologia occidentale che per quella orientale ortodossa.

5. Conclusione
L'incontro di Bulgakov con l'Occidente viene favorito dalla sua triste e non
invidiabile sorte di profugo, che lo porta a vivere e a lavorare prima a
Costantinopoli, poi a Praga e, successivamente, a Parigi. La sua definitiva
permanenza in Francia e il suo ruolo di decano e di professore dell'Institut Saint-
Serge pongono Bulgakov in primo piano nel nascente e ancora timido dialogo tra
l'Ortodossia e la teologia occidentale, desiderato e cercato soprattutto da alcuni
teologi cattolici francesi.75 Ma forse visibilità ancora maggiore assicurano al
padre Sergej la partecipazione al movimento ecumenico e, in particolare, il modo
in cui egli cerca di instaurare e condurre il dialogo con i rappresentanti e i teologi
delle Chiese non ortodosse.76 Si tratta di un modo che, in un certo senso, ricorda
l'esperienza della Fraternità di Santa Sofia, vissuta secondo i principi del dialogo
e della fiducia reciproca tra i diversi. La celebre conferenza universitaria di High-
Leigh nel 1938 riassume bene la convinzione teologica su cui esso si basa. In tale
conferenza, da una parte, viene ribadito con chiarezza che nelle relazioni
ecumeniche non si deve cadere «in un indifferentismo confessionale, secondo cui
tutte le confessioni di fede sarebbero uguali»;77al contrario è necessario saper
distinguere il grado di lontananza degli eterodossi dall'ortodossia. Dall'altra
parte, però, viene ricordato che la tenace professione della propria fede da parte
degli ortodossi deve essere fatta nello spirito di un reciproco riavvicinamento,
cioè con lo spirito di amore e di tolleranza, con la convinzione che la verità della
fede è una verità vitale e universale che può essere professata nella 'diversità dei
carismi' (1Cor 12, 4). L'invito ad una tale apertura è inscritto nelle parole della
preghiera di Gesù: «Padre, che tutti siano una cosa sola» (Gv 17, 21), la cui
attuazione dovrebbe essere compresa dai cristiani come un vero e proprio
compito da realizzare nella storia. «Questo compito» - annota Bulgakov alle
soglie del secondo conflitto mondiale - «è oggi il più urgente ed è il banco di prova
sul quale si misurano ora la coscienza e la libertà cristiane».78
Tra gli studiosi cattolici sia stato ultimamente A. Dell'Asta ad individuare, nel suo
breve ma importante saggio Ecumenismo e ontologia,79 il vero nucleo teoretico e
la vera intenzione dell'idea e della prassi ecumenica di Bulgakov. Essi non vanno
cercati solo sul piano della teologia, e dell'ecclesiologia in particolare, ma prima
di tutto sul piano dell'ontologia, strutturato alla luce dell'idea solov'eviana
della vseseedinstvo (uni-totalità, omni-unità). Vale a dire che, secondo Bulgakov,
la questione ecumenica e dell'unità in quanto tale riguardano il mondo intero e il
suo essere, interpretati, nel suo pensiero, nella prospettiva sofiologica, ovvero
sull'orizzonte del pan-en-teismo trinitario. Rilevando ciò, Dell'Asta evidenzia
giustamente che l'ecumenismo del teologo russo è connesso «con l'affermazione
di tutta una struttura dell'essere per cui nulla è al di fuori del rapporto con Dio e
tutto ritrova in Lui il proprio senso unitario».80 E aggiunge: «In effetti, crediamo
che solo alla luce di questo nesso si possa cogliere tutta la serietà concreta della
proposta sofiologica di padre Bulgakov, che in questo senso si rivela
assolutamente lontana da qualsiasi gusto per le speculazioni astratte e appare
saldamente radicata nel più pratico ed esistenziale fra i problemi che un cristiano
possa avere: quello di dove e come possa incontrare l'unico Cristo, salvatore suo
e dell'universo».81 Di conseguenza, Dell'Asta giunge a rilevare con acutezza dove
stia il vero problema della ricezione della proposta ecumenica bulgakoviana: tale
proposta «non ha dato tutti i suoi frutti proprio perché non è stata colta sino in
fondo la portata di questa interconnessione tra ecumenismo e
sofiologia».82 Purtroppo, l'intuizione bulgakoviana di trasferire il cuore del
problema ecumenico sul piano dell'ontologia è rimasta incompresa e inefficace.
Al di là dell'incontestabile attualità di una simile intuizione, legata alla proposta
di un metodo ecumenico interpersonale - che ponga al centro l'esperienza
concreta di un dialogo fraterno e di amicizia83 -, è evidente che essa indica un tipo
di approccio dialogico che, opportunamente misurato, Bulgakov vorrebbe
estendere a tutta la metodologia teologica. Una conferma di ciò troviamo nelle
parole da lui rivolte nel 1937 ai teologi ortodossi: «Non si può rigettare o
diminuire il valore positivo delle acquisizioni della teologia cattolica e
protestante, che può contenere in sé e che contiene indubbie verità cristiane. E
ancora meno si può pensare che la teologia ortodossa possa o debba rifuggire
dalla teologia occidentale; al contrario, la teologia è da lungo tempo uscita dai
confini del confessionalismo dichiarato e certi dei suoi tratti costituiscono il
patrimonio comune di tutto il mondo cristiano».84 Non c'è dubbio: con un tale
sguardo di apertura e di fiducia verso le teologie non ortodosse e con l'idea della
ricerca dell'unità nel mondo della teologia, Bulgakov anticipa di tanto simili prese
di posizione da parte di alcuni teologi occidentali, come K. Rahner, il quale,
riferendosi alla futura teologia, scrive: «La teologia del futuro avrà un carattere
ecumenico, le teologie delle diverse Chiese saranno consapevoli di avere una
responsabilità precisa: continuare il dialogo reciproco, imparare costantemente
l'una dall'altra».85 Occorre aggiungere che l'invito ad una tale apertura arriva,
successivamente, anche dal Concilio Vaticano II, quando nell'Unitatis
redintegratio incoraggia la teologia cattolica a scoprire e a valorizzare i tesori
della tradizione teologica ortodossa. Il testo recita: «Infatti nell'indagare la verità
rivelata in oriente e in occidente furono usati metodi e prospettive diversi per
giungere alla conoscenza e alla confessione delle realtà divine. Non fa quindi
meraviglia che alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo
più adatto e posti in miglior luce dall'uno che non dall'altro, cosicché si può dire
allora che quelle varie formule teologiche non di rado si completino, piuttosto che
opporsi» (n. 17).
Quanto a Bulgakov, la sua apertura verso la teologia occidentale si rivela,
paradossalmente, di grande giovamento proprio per quest'ultima, sorpresa di
scoprire vie nuove verso un maggiore approfondimento della verità rivelata.
Certo, dialogando con il padre Sergej e confrontandosi con il suo pensiero i teologi
occidentali sanno di aver a che fare con un teologo straordinariamente fecondo e
creativo, la cui voce, però, non è la voce 'ufficiale' dell'Ortodossia né la sua
espressione teologica più rappresentativa. Sanno di aver davanti a sé 'solo' un
teologo che vuole, sì, rimanere radicato nella tradizione della sua Chiesa, ma che
allo stesso tempo percorre una via di riflessione teologica tutta sua, non priva dei
pericoli e dei limiti evidenziati dagli stessi teologi ortodossi sia del passato che del
presente.86 Tuttavia, è innegabile che sia stato, e sia ancora, proprio lui ad aver
suscitato in Occidente l'interesse di molti a conoscere l'Ortodossia, insegnando a
valorizzare e ad amare i tesori della sua antica tradizione.

I vostri commenti
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vostro commento potrà essere eventualmente pubblicato (integralmente o in sintesi).
Grazie!
1. Oltre ai dizionari citati in P. Bernardi-N. Bosco-G. Lingua, Storia e storiografia
bulgakoviane (in Filosofia e Teologia, VI [1992], n. 2, p. 237), sono da
ricordare: Biograpisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, a cura di F. W. Bautz,
vol. 1, Traugott Bautz, Herzberg 1990, coll. 807-809; Dizionario dei teologi, a
cura di B. Mondin, Bologna 1992 (pp. 148-149); Lexicon. Dizionario dei teologi,
a cura di L. Pacomio e G. Occhipinti, Casale Monferrato 1998 (pp. 247-
279); Lexikon für Theologie und Kirche, vol. 2, Freiburg 1994, 3a ed., (col.
774); Dizionario enciclopedico dell'Oriente cristiano, a cura di E. G. Farrugia,
Roma 2000 (pp. 124-125). Testo
2. Cfr., ad esempio, i frequenti riferimenti alla persona e al pensiero di Bulgakov nel
saggio del teologo evangelico K. Ch. Felmy, La teologia ortodossa
contemporanea. Una introduzione, tr. it., Brescia 1999. Da segnalare, inoltre, il
bel saggio di P. Valliere, teologo della chiesa episcopale americana,
intitolato: Modern russian Theology Bukharev, Soloviev, Bulgakov. Orthodox
Theology in a New Key, Edinburgh 2000, in particolare pp. 227-371. Di grande
interesse anche l'introduzione generale (pp. 1-19) assieme ai sei saggi introduttivi
di R. Williams, teologo anglicano e attuale arcivescovo di Canterbury, ad alcuni
scritti politico-sociali di Bulgakov tradotti in inglese e pubblicati con il
titolo: Sergii Bulgakov. Towards a Russian Political Theology, Edinburgh
1999. Testo
3. Questo, ad esempio, è il caso della Facoltà teologica della Pontificia Università
Lateranense, che ormai da alcuni anni offre il corso Cristologia sacrificale e
mistero trinitario in S. Bulgakov (corso n° 10427) del prof. P. Coda. La stessa
Facoltà offre anche un altro corso monografico di teologia ortodossa russa
intitolato: Fondazione cristologico-trinitaria della teologia in P. A.
Florenskij (corso n° 10165). Testo
4. Solo alla Facoltà teologica della Pontificia Università Lateranense sono state
discusse recentemente le tesi dottorali di A. Ramonas, L'attesa del Regno.
Eschaton e apocalisse in Sergei Bulgakov, PUL-Mursia, Roma 2001; L.
Razzano, La sofiologia come bellezza in S. N. Bulgakov. Genesi, significati,
prospettive estetiche ed artistiche, Roma 2004 (Città Nuova 2006). Alla Facoltà
teologica della Pontificia Università di san Tommaso d'Aquino, invece, sono state
discusse le tesi: F. Szczechorski, Il Cristo nell'opera di S. N. Bulgakov "L'Agnello
di Dio", Roma 1995; G. Sierzputowski, Le fonti patristiche del pensiero
dogmatico di Sergej N. Bulgakov, Roma 2001. Tra le tesi dottorali elaborate in
questi anni nelle altre sedi universitarie ricordo l'eccellente lavoro di M. De Salis
Amaral, Dos visiones ortodoxas de la Iglesia: Bulgakov y Florovsky, Eunsa,
Pamplona 2003, discusso alla Facoltà teologica dell'Università di Navarra. Cfr.
inoltre la tesi dottorale di M. R. Lamgella, Salvezza come illuminazione. Uno
studio comparato di S. Bulgakov, V. Lossky, P. Evdokimov, Pontificia Università
Gregoriana, Roma 2000. Testo
5. Du Verbe incarné, tr. fr. a cura di C. Andronikof; tr. it. L'Agnello di Dio. Il mistero
del Verbo incarnato, Roma 1990.Testo
6. Le Paraclet, tr. fr. a cura di C. Andronikof; tr. it. Il Paraclito, Bologna 1971. Testo
7. E. Vilanova, Storia della teologia cristiana, vol. 3, tr. it., Roma 1995, p. 578. Testo
8. B. Schultze, Pensatori russi di fronte a Cristo, vol. II-III, Firenze 1949, p.
228. Testo
9. Id., Problemi di teologia presso gli ortodossi, in Orientalia Christiana Periodica,
IX (1943) 1-2, p. 148. Testo
10. Ibid., pp. 228-229. Testo
11. Cfr. ad esempio il giudizio di una recensione francese al Du Verbe incarné, che
dice: «[...] speculazione astrusa, dove le virtuosità esegetiche dell'allegorismo
alessandrino si congiungono con le audacie metafisiche dei filosofi tedeschi [...],
i cui nomi sono avvicinati a quelli dei Padri della Chiesa sotto la penna accogliente
dell'Autore. Un'alleanza da cui nasce una sorta di gnosi, potente e oscura,
attraverso gli arcani della quale uno spirito occidentale - a più forte ragione se è
almeno un po' cartesiano - ben presto smarrisce la strada, a dispetto - o a causa -
dei bagliori di luce che di tanto in tanto si sprigionano dall'oscurità della nube;
[...]» (J. Rivière, Compte rendu du Verbe Incarné, in Bulletin de Littérature
ecclésiastique, 4 [1944], pp. 232-233). Testo
12. Cfr. B. Hallensleben, "Intercommunion spirituelle" entre Orient et Occident. Le
théologien orthodoxe russe Serge Boulgakov (1871-1944), in G. Vergauwen
(ed.), Le christianisme: nuée de témoins -- beauté du témoignage, Fribourg
1998, p. 91; H.-J. Röhrig, Die Bewahrung und Entfaltung des Kenosisgedankens
in der russischen Orthodoxie, in W. Beinert-K. Feiereis-H.-J. Röhrig
(edd.), Unterwegs zum einen Glauben, Leipzig 1997, pp. 489-500; P.
Martinelli, La morte di Cristo come rivelazione dell'amore trinitario nella
teologia di Hans Urs von Balthasar, Milano 1996, pp. 345-346. Testo
13. P. Henry, Kénose, in Dictionnaire de la Bible, suppl., vol. 5, Paris 1957, p.
155. Testo
14. H. U. von Balthasar, Teologia dei tre giorni, tr. it., Brescia 19983, p. 45
(l'originale tedesco è del 1969). Testo
15. Ibid., p. 45. Nei tempi più recenti, un altro teologo cattolico così si esprime circa
l'idea bulgakoviana della kenosi: «Bulgakov does non accept the idea of some
nineteenth century theologians that the Logos in becoming man surrenders a part
of his divinity. The Logos incarnate is fully God and even continues to rule the
universe. However, the Logos in the Incarnation accepts to live under the limits
of space and time and this is a selfemptying. If he does not surrender his divine
being in the Incarnation, he does surrender his glory» (J. O'Donnell, The
Trinitarian Panentheism of Sergej Bulgakov, in Gregorianum, 76 [1995], 1, p.
35). Testo
16. Cfr. il mio La croce, fonte della teologia in Bulgakov, in G. Cicchese-P. Coda-L.
Zak (edd.), Dio e il suo avvento. Luoghi momenti figure, Roma 2003, pp. 283-
313. Testo
17. Cfr. Coda, L'altro di Dio. Rivelazione e kenosi in Sergej Bulgakov, Roma 1998,
pp. 78-81; N. Valentini, Memoria e risurrezione in Florenskij e Bulgakov,
Verucchio 1997, pp. 73-93. Testo
18. B. Schultze, Problemi di teologia... , p. 170. Testo
19. Cfr. S. N. Bulgakov, Agnec Božij. O Bogocelovecestve (1). Avtoreferat protoiereja
Sergija Bulgakova, in Id., Agnec Božij, Moskva 2000, pp. 15-16. Testo
20. Riguardo alla concezione insieme trinitaria e kenotica di Dio in Bulgakov sono
significative le parole di O'Donnell: «One can also admire Bulgakov's attempt to
think the Trinity in radically personal terms. I personally find convincing his
kenotic understanding of Trinitarian love. And I believe that he is correct to
affirm the kenotic character of God's being as the ground for the creation and the
event of the cross. And although he sees the Incarnation as involving a kenosis,
he does not fall into the trap of some nineteenth century theologians who held
that Christ stripped himself of his divinity or renounced certain divine attributes
in becoming man» (J. O'Donnell, The Trinitarian Panentheism... , pp. 43-
44). Testo
21. H. U. von Balthasar, Teologia dei tre giorni... , p. 45. Testo
22. B. Hallensleben, Die Weisheit hat ein Haus gebaut (Spr 9, 1). Die Kirche in der
Theologie von H. U. von Balthasar und S. Bulgakov, in Wer ist die Kirche?
Simposion zum 10. Todesjahr von Hans Urs von Balthasar, Einsiedeln 1999, pp.
33-58; Id., Skizze einer ostkirchlichen Topik. Erfahrung der katholischen
Theologie und Ökumene mit dem Studium des christlichen Ostens, in Revue
Théologique de Louvain, VIII (2003), 3, pp. 486-487. Testo
23. Secondo il parere di Martinelli, la critica di von Balthasar alla sofiologia di
Bulgakov e al suo pensiero di generale va interpretata alla luce non di uno solo
(quello critico appunto), ma di tutti gli altri riferimenti al pensiero bulgakoviano
presenti nell'intera opera del teologo svizzero «all'interno della quale ci sembra
che i concetti di Bulgakov vengano ampiamente ripensati in modo 'lecito'» (P.
Martinelli, La morte di Cristo... , p. 346, n. 160). Testo
24. M. Bordoni, Gesù di Nazaret Signore e Cristo. Saggio di cristologia sistematica,
vol. 3, Roma 1986, p. 423. Testo
25. P. Coda-N. Reali, Statuto e metodo della teologia, in G. Canobbio-P. Coda
(edd.), La teologia del XX secolo, un bilancio, vol. 1, Roma 2003, p. 51. Testo
26. Cfr. P. Coda, Sergej Bulgakov, Brescia 2003, pp. 65-66. Per una presentazione
sintetica di un simile orientamento della teologia mi permetto di rimandare
a Verso una ontologia trinitaria, in P. Coda-L. Žák (edd.), Abitando la Trinità.
Per un rinnovamento dell'ontologia, Roma 1998, pp. 5-18. Testo
27. A prescindere dalle altre fonti, il mondo cattolico viene informato
dettagliatamente sulla vicenda dai due pregevoli articoli di Dom C. Lialine, Le
débat sophiologique, in Irenikon, 2 (1936), pp. 168-205; e di B. Schultze, Der
Gegenwärtige Streit um die Sophia, die Göttliche Weisheit in der Orthodoxie,
in Stimmen der Zeit, 137 (1940), pp. 318-324. Testo
28. A. Litva, La Sophie dans la création selon la doctrine de S. B., in Orientialia
Christiana Periodica, 16 (1950), p. 74.Testo
29. Cfr. H. U. von Balthasar, Teologia dei tre giorni... , p. 45. Testo
30. Ibid., p. 45. Testo
31. Tra gli esempi più recenti si veda J. O'Donnell, The Trinitarian Panentheism... ,
p. 44. Testo
32. P. Bernardi-N. Bosco-G. Lingua, Storia e storiografia... , p. 247. Testo
33. A. Joos, L'homme et son mystère. Eléments d'anthropologie dans l'oeuvre de S.
Boulgakov, in Irénikon, 45 (1972), pp. 332-361. Testo
34. La vicinanza delle posizioni tra la sofiologia di Bulgakov e la teologia di Teilhard
de Chardin viene evidenziata anche da J. Klinger, O. Teilhard de Chardin a
tradycija Kosciola wschodniego, in Zicie i Mysl, 6-7 (1968), pp. 154-167 (in
russo: Vestnik russkogo christianskogo dviženija, 106 [1972], pp. 109-132); e da
H. Dahm, Aufstieg zur Weltgeltung, in H. Dahm-A. Ignatow (edd.), Geschichte
der philosophischen Traditionen Osteuropas, Darmstadt 1996, pp. 130-156. Testo
35. Y. Spiteris, Lo Spirito Santo nella tradizione teologica cristiana: la prospettiva
dell'Oriente cristiano, in N. Ciola (ed.), Spirito, eschaton e storia, Roma 1998, p.
100. Quanto al pensiero di Bulgakov in generale, Spiteris constata: «Certo la sua
[di B.] teologia ha turbato sia alcuni Ortodossi come certi cattolici, per la forte
carica di libertà che la caratterizza nei confronti della ripetitività del pensiero
patristico, tipica della maggior parte della riflessione teologica ortodossa. Oggi,
però, si riscopre il suo pensiero teologico e si scorge in esso una profondità che
esalta lo spirito e nello stesso tempo ci si accorge che in esso esiste una
fondamentale fedeltà alla tradizione cristiana, anche se le espressioni usate
possono suscitare qualche perplessità» (Id., La teologia ortodossa "riscopre" il
suo passato. La teologia dei Padri riproposta all'uomo di oggi, in R.
Gibellini, Prospettive teologiche per il XXI secolo, Brescia 2003, p. 286). Testo
36. P. Coda, L'altro di Dio... , p. 151. Testo
37. Cfr. B. Hallensleben, Skizze einer ostkirchlichen Topik... , pp. 484-487. Testo
38. P. Coda, L'altro di Dio... , p. 150. Testo
39. Vi sono, comunque, molti altri autorevoli giudizi di teologi occidentali relativi alla
sofiologia di Bulgakov, come ad esempio quelli formulati nei saggi di N.
Bosco, Vladimir Solov'ev e S. Bulgakov. Due sofiologie, in Filosofia e teologia,
VI (1992), n. 2, pp. 199-215; L. Bouyer, La Sophie ou le monde en Dieu, Paris
1994; B. Glatzer Rosenthal, The Nature and Function of Sophia in Sergei
Bulgakov's Prerevolutionary Thought, in J. Deutsch Kornblatt-R. F. Gustafson
(edd.), Russian Religious Thought, Madison 1996, pp. 154-175; P.
Valliere, Sophiolgy as the Dialogue of Orthodoxy with Modern Civilization, in J.
Deutsch Kornblatt-R. F. Gustafson (edd.), Russian Religious Thought... , pp. 176-
192; M. Campatelli, L'aspetto ecclesiale e sofiologico della cultura in Sergej
Bulgakov. Saggio introduttivo, in S. Bulgakov, Presso le mura di Chersoneso.
Per una teologia della cultura, Roma 1998, pp. 9-191. Testo
40. G. Lingua, Kénosis di Dio e santità della materia, Napoli 2000, p. 194. Testo
41. Ibid., p. 196. Testo
42. Ibid., p. 197. Testo
43. Il primo importante studio, in Occidente, dedicato all'ecclesiologia bulgakoviana
è rappresentato dal saggio di Swierkosz, L'Église visibile selon Serge Bulgakov.
Structure hiérarchique et sacramentelle, Roma 1980. Si veda inoltre il saggio di
A. Joos, L'Église: (ré) conciliation et conciliarité. Aspects de l'ecclésiologie de
conciliarité dans les écrits de S. Boulgakov, in Nicolaus, 4 (1976), pp. 3-96;
Id., Teologie a confronto. Sponde lontane, Vicenza 1982, pp. 325-370. Tra gli
studi più recenti sono da segnalare M. De Salis Amral, Dos visiones... , in
particolare pp. 59-175, 317-376; e la tesi dottorale di D. Cogoni, Il mistero della
Chiesa e il primato del vescovo di Roma nella prospettiva della teologia
ortodossa della sobornost' (analisi e valutazione), Vicenza 2005, in particolare
pp. 209-312. Testo
44. Le autorevoli parole di apprezzamento riferite alla pneumatologia bulgakoviana
vengono pronunciate da B. Petrà, importante studioso della teologia orientale, il
quale (riferendosi a Il Paraclito) la valuta in questi termini: «Ricchissima di
considerazioni bibliche, patristiche, storiche, essa costituisce una vera e propria
rifusione della dottrina trinitaria e pneumatologia orientale alla luce di un
pensiero potente e geniale ma anche di un profondo radicamento nell'ethos
ortodosso. Il suo valore teoretico non è diminuito, io credo, dal ruolo complesso
che vi svolge la dottrina sofianica. [...] Bulgakov dissemina a piene mani nel corso
del suo pensiero idee ricche di fascino e di vigore che hanno fecondato tutto il
pensiero ortodosso successivo sullo Spirito santo. Il Paraclito, e oltre quest'opera
l'intera trilogia, è sorgente inesauribile di suggestioni per i teologi ortodossi e
non» (B. Petrà, Lo Spirito Santo nella recente letteratura ortodossa, in G.
Colzani, Verso una nuova età dello Spirito. Filosofia-teologia-Movimenti,
Padova 1997, pp. 159, 166). Cfr. inoltre i saggi di Ch. Graves, The Holy Spirit in
the Theology of S. Bulgakov, Geneva 1972; A. Lonzi, La processione dello Spirito
Santo nei teologi russi dell'ultimo cinquantennio (estratto della tesi di laurea),
Manchester 1974, pp. 1-47. Nella prospettiva del 'Filioque' cfr. A. Pacini, Lo
Spirito Santo nella Trinità, Roma 2004. Testo
45. Cfr. la tesi dottorale di G. Marani, Il concetto di persona nel pensiero di Sergej
Bulgakov, Roma 1996 (dattiloscritto, reperibile presso il Pontificio Istituto
Orientale). Tra gli studi dedicati all'antropologia bulgakoviana si vedano i saggi
di B. Schultze, S. Bulgakov zur Lehre des Hl. Augustinus über das Bild der
Heiligsten Dreifaltigkeit im Menschen, in Orientalia Christiana Periodica, 15
(1949), pp. 5-40; A. Joos, L'homme et son mystère. . ., pp. 332-361; G.
Lingua, Antinomia della libertà ed aggressività del male. Sofiologia e
antropologia nel pensiero di S. N. Bulgakov, in P. Coda-G. Lingua
(edd.), Esperienza e libertà, Roma 2000, pp. 271-293. Testo
46. Cfr. A. Ramonas, L'attesa del Regno. Eschaton e apocalisse in Sergei Bulgakov,
Roma 2001. Per uno sguardo di sintesi su questo tema si veda A.
Nivière, Filosofia e teologia della storia in S. Bulgakov, in A. Mainardi
(ed.), L'autunno della Santa Russia, Magnano 1999, pp. 209-230. Testo
47. Cfr. M. De Sali Amaral, Dos visiones... , pp. 67-68; M. Campatelli, "Il Nome di
Dio è Dio". La Sofia nella grammatica: la Filosofia del nome di Sergej Bulgakov,
in T. Špidlík, "A due polmoni". Dalla memoria spirituale d'Europa, Roma 1999,
pp. 184-186. Testo
48. K. Ch. Felmy, La teologia... , pp. 42-44, 161. Testo
49. Cfr. A. Wagner, Expérience et théologie dans la doctrine de S. Bulgakov,
in Nouvelle Revue Théologique, 9 (1955), pp. 939-962. Testo
50. P. Coda, L'altro di Dio... , p. 58. Testo
51. Cfr. ibid., p. 58. Testo
52. P. C. Bori, Introduzione all'edizione italiana, in S. N. Bulgakov, Il Paraclito..., p.
20. Testo
53. Ibid., pp. 20-21. Testo
54. Ibid., p. 22. Testo
55. Ibid., p. 23. Testo
56. Si veda la sua Filosofia della Rivelazione, tr. it., Milano 1997, pp. 37, 39. Testo
57. P. A. Florenskij, La colonna e il fondamento della Verità, Milano 19982, p.
115. Testo
58. Per una sintetica presentazione di questo metodo mi permetto di rimandare al
mio Il "noi" ecclesiale come soggetto della teologia: la prospettiva ortodossa di
A. S. Chomjakov e di S. N. Bulgakov, in Nuova Umanità, 22 (2000), pp. 905-
914. Testo
59. Bulgakov considera questo undicesimo capitolo de La colonna «un'autentica
scoperta teologica». E constata: «per la prima volta, infatti, l'amicizia quale
relazione avente un posto legittimo nella vita della chiesa è introdotta
nell'insegnamento teologico» (S. N. Bulgakov, Il Paraclito... , p. 539, nota
96). Testo
60. Secondo l'intenzione di Novoselov il Circolo doveva superare i limiti di
un'esperienza puramente intellettuale. Ne parla molto chiaramente in una sua
lettera a Samarin dell'11 agosto 1907: «Per quanto concerne i compiti e le
caratteristiche delle riunioni organizzate dal 'Circolo', non sono molto d'accordo
con il suo giudizio. Lei dice: 'la comunione di preghiera è solo una comunione a
livello del sentimento', e alla fine: 'noi dobbiamo sorreggerci ed imparare gli uni
dagli altri per poter essere sempre più vicini spiritualmente e raggiungere il più
possibile la piena unità interiore'. Io credo che la comunione di preghiera non sia
un'unità solo a livello di sentimento: è l'unità nello spirito, cioè nell'integralità del
nostro essere morale. A parer mio, tutte le nostre risorse spirituali entrano in
azione nella preghiera, e la comunione che si fonda sul terreno della preghiera si
dilata poi nelle sfere del sentimento, della ragione e della volontà. L'unità di
pensiero non mette mai radici profonde, e si limita solo alla sfera intellettuale,
che nel cristianesimo non è quella sostanziale, anche se ha un suo valore. Per
questo, pur associandomi pienamente all'idea da lei proposta, di lavorare insieme
per chiarire la coscienza di fede cristiana allo scopo di raggiungere l''unità
interiore', vorrei sottolineare l'importanza sostanziale della preghiera, come pure
della lettura della Scrittura e dei Padri della Chiesa, come metodi che conducono
a questo scopo» (citato in A. Vicini, Introduzione, in M. Novoselov, Lettere agli
amici, Milano 1996, pp. 14-15). Testo
61. Citato da I. V. Nikitin-S. M. Polovinkin, Moskovskij Abba, in Perepiska svj. Pavla
A. Florenskogo i Michaila A. Novoselova, Tomsk 1998, p. 23. Testo
62. Svet nevecernij. Sozercanija i umozrenija, Moskva 1917; tr. it. La luce senza
tramonto, a cura di M. Campatelli, Roma 2002. Testo
63. S. N. Bulgakov, La luce... , pp. 25-26. Testo
64. Ibid., p. 397. Testo
65. Ibid., p. 395. Testo
66. Ibid., p. 396. Testo
67. Cfr. ibid., pp. 71ss. Testo
68. S. N. Bulgakov, Pravoslavie. Ocerki ucenija pravoslavnoj Cerkvi, Paris 19893, p.
151. Testo
69. Ibid., p. 167. Testo
70. Cfr. Ibid., p. 169; S. N. Bulgakov, Dogma e dogmatica, in Id., Lo spirituale della
cultura, tr. it., Roma 2006, 143. Testo
71. Una coinvolgente presentazione di questa sua esperienza si trova in N.
Boneckaja, I cavalieri della Sofia, in La nuova Europa, 1 (2003), pp. 15-28. Cfr.
inoltre V. Zen'kovskij, O bratstve svjatoj Sofii v emigracii, in Bratstvo svjatoj
Sofii. Meterialy i dokumenty 1923-1939, Paris 2000, pp. 5-12. Testo
72. Bratstvo... , pp. 22-23. Testo
73. Bratstvo... , p. 216. Testo
74. Per un maggiore approfondimento di questo tema rimando al mio La teologia:
statuto, metodo, fonti, strumenti. Epistemologia generale, in G. Lorizio
(ed.), Teologia fondamentale. Epistemologia, Roma 2004, pp. 199-210. Sono
stimolanti, inoltre, le intuizioni conclusive del saggio di S. Corsi, Per un
cristocentrismo gnoseologico, in G. Sgubbi-P. Coda (edd.), Il risveglio della
ragione. Proposte per un pensiero credente, Roma 2000, pp. 243-245. Testo
75. Cfr. B. Hallensleben, Ökumene als Pfingstgeschehen... , pp. 151-152. Testo
76. Cfr. Ibid., pp. 177-180; B. Hallensleben, "Intercommunion spirituelle" entre
Orient et Occident... , pp. 97-104; P. Coda, Bulgakov e l'ecumenismo come evento
dello Spirito, in La nuova Europa, 5 (1999), pp. 38-48. Testo
77. S. N. Bulgakov, "Una Sancta". I fondamenti dell'ecumenismo, in Id., Alle mura
di Chersoneso e altri scritti, tr. it. a cura di G. Parravicini, Milano 1998, p. 69. Testo
78. Ibid., p. 71. Testo
79. Il saggio è la prefazione alla traduzione italiana dell'opera di S. N. Bulgakov, Alle
mura di Chersoneso e altri scritti... , pp. 5-13. Testo
80. Ibid., p. 8. Testo
81. Ibid., pp. 8-9. Testo
82. Ibid., p. 9. Testo
83. L'importanza (sia per la conoscenza sia per la vita ecclesiale) di tale esperienza
viene ricordata in diverse occasioni da Giovanni Paolo II (cfr. Fides et
ratio 33; Novo millennio ineunte 43). La sua centralità per il dialogo ecumenico
è stata ribadita recentemente dal card. W. Kasper, quando ha detto:
«L'ecumenismo non progredisce principalmente con documenti e azioni, ma
grazie alle amicizie che superano le barriere confessionali. In ragione dell'unico
battesimo, della comune appartenenza all'unico corpo di Cristo, della vita che
emana dallo Spirito Santo, queste amicizie vanno al di là di una semplice simpatia
umana e creano innanzi tutto quel clima di fiducia e di reciproca attenzione che
permette al dialogo teologico di fare sostanziali progressi» (W. Kasper, La
spiritualità ecumenica, in Il Regno-documenti, 21 [2003], p. 658). Per dirla con
le parole del card. M. O'Connor, arcivescovo di Westminster: «L'ecumenismo non
compie progressi fondamentalmente sulla base di documenti e iniziative, ma in
forza dell'amicizia che supera le barriere confessionali. Mi sembra che qui nel
nostro paese l'amicizia debba ricoprire un ruolo importante nello sviluppo del
nostro impegno ecumenico e che essa vada molto al di là dell'umana empatia,
perché crea un clima di fiducia e di reciproca accettazione che è davvero reale»
(M. O'Connor, Condividere la stessa visione di Chiesa, in Il Regno-attualità, 20
[2004], p. 676). Testo
84. S. N. Bulgakov, Dogma e dogmatica... , p. 17. Testo
85. K. Rahner, Il futuro della teologia, tr. it., in Id., Nuovi saggi, vol. 4, Roma 1973,
p. 196; cfr. Id., Sulle vie future della teologia, in Id., Nuovi saggi, vol. 5, Roma
1975, pp. 81-86. Testo
86. Scrive a questo proposito l'arcivescovo R. Williams: «He is not a typical
representative of the Orthodox theological world; but, despite the caveats entered
by many recent Orthodox theologians, he is the kind of theologian he is because
of his Orthodox formation and commitment, and he demonstrates what is at
present a vastly important fact - that theology in the Byzantine tradition is
capable of engaging with modernity and post-modernity with unexpected vigour
and integrity. Orthodox doubters of the precise doctrinal acceptability of his
speculations about Sophia should also remember that he is one of those who [...]
remind the Western theological world that Orthodox theology is not a purely
antiquarian pursuit, a matter of endless glossing of the Fathers, but offers some
sharp critiques of Western culture as well as Western theology» (R.
Williams, General Introduction, in Sergii Bulgakov... , pp. 18-19). Testo

https://mondodomani.org/reportata/zak02.htm#rif84

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