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Saggi
PAOLO BORINGHIERI
\\INDICE
1 Introduzione 7
parte prima L'alchimia greca
2 'La Profetessa Iside a suo Figlio' 31
3 Interpretazione e commento 41
4 Interpretazione e commento 50
5 Un testo alchimistico di Olimpiodoro 61
6 Interpretazione e commento 67
7 Interpretazione e commento 79
parte seconda L'alchimia araba
8 Il 'De chemia' di Senior 89
9 Le aquile con l'arco 97
10 La tavoletta 103
11 La seconda metà della tavoletta 114
12 La lettera del Sole alla Luna crescente 121
13 La lettera del Sole alla Luna crescente 131
parte terza L'alchimia medioevale
14 'Aurora consurgens' 145
15 I capitoli iniziali 154
16 La prima parabola 168
17 La seconda e terza parabola 184
18 La quarta parabola 199
19 Le ultime parabole 214
Indice analitico 225
\\CAPITOLO 1 Introduzione
Ho riflettuto a lungo su come scrivere un libro per introdurre al
simbolismo dell'alchimia, e alla fine ho deciso di presentare e inter-
pretare brevemente un certo numero di testi, invece di studiarne a
fondo uno solo. Prenderò quindi in esame l'antica alchimia greca,
quella araba, e la più tarda alchimia europea, in modo che il lettore
possa almeno intravedere le diverse fasi di sviluppo di questa
scienza.
Com'è noto, Jung ha dedicato molti anni di studio a quest'argo-
mento, che ricuperò dal letamaio delle cose dimenticate del pas-
sato. L'alchimia era infatti un campo d'indagine trascurato e
disprezzato che egli fece rinascere a nuova vita. Fatta eccezione per
certi ambienti massoni e rosacrociani interessati all'alchimia, quando
Jung incominciò a occuparsene nessuno ne sapeva nulla.
Appena ci si addentra nella lettura dei testi, si capisce perché
l'alchimia fu dimenticata e perché ancor oggi, anche in ambienti
junghiani, molti siano disposti a seguire Jung per quanto riguarda
l'interpretazione del mito o altre teorie, ma rinuncino a seguirlo
quando si tratta di alchimia e non leggano i suoi libri sull'argo-
mento, o li leggano di malavoglia. La cosa è abbastanza compren-
sibile perché l'alchimia è terribilmente oscura e complessa e i testi
alchimistici sono molto difficili da leggere. Per esplorare questo
campo occorre un enorme bagaglio di conoscenze specialistiche.
Scopo di questo libro è introdurre il lettore ai materiali alchimistici,
e fornirgli delle conoscenze di base che gli permettano di affrontare
e capire le opere di Jung.
NOTE
1 C. G. Jung, Psicologia e alchimia, trad. R. Bazlen e Lisa Baruffi (Borin-
ghieri, Torino 1981).
2 Enantiodromia, termine di Eraclito fatto proprio da Jung, "corsa in senso
opposto", ogni cosa sfocia prima o poi nel suo contrario.
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NOTE
1 Il Sé, nella terminologia junghiana, è il centro della totalità psichica della
personalità, la cui realizzazione è la meta del processo d'individuazione. Il Sé
sovrasta all'Io e ne è distinto.
FINE NOTE
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NOTE
1 Berserk (pelle d'orso), nella saga nordica un genere di selvaggio guerriero
che in battaglia cade preda di una collera furiosa, bramisce come un orso, morde
lo scudo, gli schiuma la bocca: dotato di forza enorme, è invulnerabile. Poi il
termine assunse il senso di entrare in uno stato di grande furore, molto vicino
a un'esperienza estatica.
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classica, sosteneva che, per via della Trinità, era naturale che lo
spazio avesse tre dimensioni! La nostra propensione a credere in
uno spazio tridimensionale discenderebbe quindi dall'idea trinitaria
cristiana.
Un'altra idea da cui la mentalità scientifica europea è stata fino
ad oggi posseduta è quella della causalità, mai messa in discussione:
tutto era causale, e ogni indagine scientifica veniva condotta sulla
base di questa premessa. Ogni cosa doveva avere una causa razio-
nale. Se qualcosa sembrava irrazionale, si pensava che avesse una
causa non ancora conosciuta. Perché eravamo dominati a tal punto
da quest'idea? Uno dei grandi padri delle scienze naturali e dei
più tenaci assertori dell'assolutezza dell'idea di causalità fu Descartes,
il quale fondava la sua opinione sull'immutabilità di Dio. L'immu-
tabilità di Dio è uno dei princìpi della dottrina cristiana: la Divinità
non cambia, in Dio non possono esserci né contraddizioni interne né
idee o concezioni nuove. Ecco qual è il fondamento del concetto
di causalità. Da Descartes in poi esso parve talmente ovvio che
nessuno lo sottopose mai a critica. Compito della scienza - come
crediamo ancor oggi - era indagare sulle cause dei fenomeni. Se
un corpo cade bisogna scoprire perché: è stato, ad esempio, il vento
a farlo cadere. Se non riuscissimo a scoprire la causa, diremmo che
la causa c'è, anche se non la conosciamo. I nostri pregiudizi archeti-
pici sono talmente forti che non riusciamo a liberarcene.
Il famoso fisico Wolfgang Pauli era solito dimostrare fino a che
punto la fisica moderna sia radicata nelle idee archetipiche. L'idea
di causalità, così come l'ha formulata Descartes, ha certo contri-
buito a far progredire enormemente le ricerche sulla luce, sui
fenomeni biologici, e in molti altri campi; ma quella stessa idea
che fa avanzare il sapere può diventare la sua prigione. Le grandi
scoperte delle scienze naturali sono generalmente dovute alla com-
parsa di un nuovo modello archetipico di descrizione della realtà.
La comparsa di un modello che consente una spiegazione più ampia
ed esauriente di quelle precedenti dà solitamente avvio a grandi svi-
luppi scientifici.
Se la scienza progredisce in questo modo, qualsiasi modello ri-
schia però di trasformarsi in una gabbia, perché, se ci s'imbatte in
fenomeni difficili da spiegare, invece di essere flessibili e di rico-
noscere che i fenomeni non si adattano al modello, ci si aggrappa
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poiché bisogna stare nella natura così com'è e preparare le cose con
la materia che si ha sottomano. Come ho già detto, il grano crea
grano, e l'uomo genera l'uomo, e parimenti l'oro raccoglie oro, il
simile produce il simile. Ecco, ti ho manifestato il mistero.
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NOTE
1 Col concetto di Anima Jung designa l'elemento inconscio femminile nel-
l'uomo; essa personifica il suo Eros, il suo stato d'animo inconscio, i suoi
sentimenti irrazionali, tutto ciò che in lui le società patriarcali cercano di
reprimere.
Per contro Animus, concetto che s'incontrerà oltre, è la personificazione della
natura maschile nell'inconscio della donna.
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della sabbia si seminava del grano in forma di mummia di Osiride,
che, innaffiato, germogliava e poi appassiva. Quest'oggetto era noto
come giardino di Osiride e rappresentava la resurrezione dei morti.
Il procedimento veniva ripetuto in ogni classico funerale egizio: si
metteva del grano dentro le bende della mummia, e quando il
grano cominciava a germogliare si pensava che il defunto fosse
risorto. Questi atti rituali, nelle loro forme più tipicamente magiche
e primitive, venivano realmente compiuti sulla mummia del morto.
Così il processo della morte del grano nella terra e della sua rina-
scita era collegato con l'idea della resurrezione, prima del dio
Osiride, e poi di ogni essere umano.
Ora, cosa ha a che fare tutto ciò con l'alchimia? Il riferimento
a certi misteri dei morti di epoca tarda, egizio-ellenistica, è chiaro,
com'è chiaro il rapporto con il mistero archetipico della morte e
resurrezione del giovane dio della primavera. Ma perché sta pro-
prio qui la spiegazione essenziale di tutto il mistero alchemico? E
perché mai, nel testo che abbiamo analizzato, dopo la rivelazione
del mistero, viene una serie di banalissime ricette? Credo che per
capire cosa avevano in mente gli uomini di allora sia necessario
essere ingenui, e pensare ingenuamente come loro.
Supponiamo che qualcuno speri nella resurrezione, anche se
magari non ci crede veramente. Se pensa alla sua resurrezione, il
primo problema che egli si porrà sarà quello di ciò che accade al
cadavere. Sarà mangiato dai vermi, oppure cremato e ridotto in
cenere. Bisogna onestamente riconoscere che non si riesce a stac-
care la mente dall'immagine di ciò che resta dell'uomo dopo la
morte: per questo in tutte le civiltà il cadavere viene trattato con
grande cura ed è al centro di riti di ogni genere, in quanto rappre-
senta un mistero. La forma dell'essere umano, che fino a poco
prima era in vita, è ancora lì, ma c'è qualcosa di mancante, o di
cambiato. Un sentimento ingenuo ci spinge a considerare ciò che
giace davanti a noi come la persona che amavamo o che conosce-
vamo. Cos'altro potrebbe essere? Se speriamo nella resurrezione,
bisognerà che quel corpo che si è disintegrato venga rimesso in-
sieme in qualche modo. Se continuiamo a seguire ingenuamente
questa linea di pensiero, arriveremo a concludere che, se ci fosse
nota la materia prima di cui è costituito quel complesso fenomeno
chiamato corpo, lo si potrebbe ricostruire.
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DESCRIZIONE TAVOLA I
La tavola si intitola " L'Uroboro, il drago-serpente che feconda sé stesso, genera
sé stesso, uccide sé stesso, divora sé stesso " ed è tratto da un manoscritto greco
conservato alla Bibliothèque Nazionale di Parigi. È una pagina completamente
scritta in greco antico con in alto e al centro, tra le parole, un serpente-drago
metà rosso e metà verde a forma di cerchio; dentro le fauci tiene la sua stessa
coda.
FINE DESCRIZIONE
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mummie avvolte nelle loro fasce, con la maschera che mostra i tratti
del volto). Il senso di questo particolare non è chiaro, ma se doves-
simo interpretarlo simbolicamente, come un sogno, diremmo che
la creatura rappresentata è semiumana, avendo qualcosa di umano
e qualcosa di non umano. Il suo volto è umano: quindi una sua
parte, avendo aspetto umano, può essere compresa; ma l'altra
parte no.
Olimpiodoro continua dicendo che Osiride stesso è la bara soffo-
cata, o la tomba, che cela le sue membra e mostra unicamente il volto
agli esseri umani. Brotois significa specificamente "i mortali". Osi-
ride è un immortale, o un immortale mortale; ai mortali egli mostra
soltanto il suo volto umano, mentre il resto del suo corpo è un se-
greto. "Nascondendo i corpi, la natura è meravigliata, stupefatta":
non so interpretare bene questa frase, la quale sembra alludere alla
parte misteriosa di Osiride, di cui la natura stessa si meraviglia. Non
so dare altra spiegazione. "È il principio di tutte le sostanze umide":
qui si fa riferimento alla materia primordiale, alla sostanza origi-
nale, al primo principio (Arche). La sostanza umida è la materia
base del cosmo, imprigionata nella sfera del fuoco.
La materia viene indi posta in un recipiente accuratamente si-
gillato, e cotta. Il rapporto con Osiride è evidente. La materia del-
l'esperimento alchemico è esattamente nelle stesse condizioni del-
l'uomo dio: essa è rinchiusa e giace nel vaso come Osiride nella sua
bara di piombo. Il parallelismo è perfetto.
Quando, bambina, torturavo la resina cuocendola, provavo le
emozioni di un alchimista. La sentivo torturata dal fuoco nel suo
recipiente; ma non poteva fuggir via (cioè non poteva evaporare)
perché anch'io lo avevo chiuso accuratamente. La situazione è ana-
loga a quella di Osiride catturato da Seth. Essendo stato catturato
dal potente principio del male, Osiride viene trasformato e resu-
scitato. "Egli, dunque, ha soffocato tutto il piombo": anche questa
è una frase che non capisco bene; ma ritengo che l'imprigiona-
mento in una bara, o in un vaso alchemico, rappresenti un processo
di soffocamento, la morte della prima materia per soffocamento.
Qui ovviamente c'è un'analogia con quel che facciamo quando
impediamo a una persona di fare proiezioni ingenue, e la obbli-
ghiamo a osservare sé stessa. Questo equivale forse al soffocamento.
Si desidera infatti andare dall'analista per potergli dire: "È colpa
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DESCRIZIONE TAVOLA II
Il leone verde che divora il Sole. Il principio maschile, luminoso e spirituale
sprofonda nella materia, simboleggiata dal colore verde del leone. Nell'inter-
pretazione analitica, i violenti desideri pulsionali sopraffanno la coscienza."
Rosarium philosophorum (15°secolo?), San Gallo, Biblioteca Vadiana, manoscritto
394a, f. 97
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Figura I
La scena descritta da Senior, come appare in un disegno dell'opera
di Mangetus (Jean-Jacques Manget) 'Biblioteca chemica curiosa' (Gi-
nevra 1702). L'illustrazione della tavola III rappresenta la stessa scena,
ma con maggiore aderenza al testo
(la tavola rappresenta una stanza lunga e stretta vista da davanti. Al centro della
stanza siede un anziano con barba e copricapo che regge un libro aperto e rivolto
di fronte: nella pagina sinistra sono disegnate due lune in alto e una in basso con
al centro due animaletti strani ognuno dei quali ha la bocca sulla coda dell'altro
e quello in alto ha le ali, la pagina destra invece presenta il disegno di due soli
in alto e una specie di tondo che irradia luce in basso.
Ai lati dell'anziano ci sono tante persone probabilmente asiatiche con vesti lunghe
e copricapo; sopra i due gruppi di persone, in entrambi i lati, ci sono cinque
volatili che reggono un arco e lo puntano tutti verso l'anziano.)
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stanza vicino alla parete della camera più interna, e quella statua
era rivolta verso di loro. La statua era rappresentata seduta su di
un trono, simile al trono del dottore, e su di esso la statua sedeva,
con in grembo, e sulle braccia, reggendola sulle ginocchia a mani
distese, una tavola di marmo, estratta da esso [non si sa da cosa],
della lunghezza di un braccio, e larga quanto una mano, e le dita
della statua eran piegate a stringere il bordo della tavoletta che
reggeva. La tavoletta aveva l'aspetto di un libro aperto rivolto verso
la persona che entrava, come se la statua volesse mostrarglielo.
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emette i suoi raggi come l'immagine del due in uno. Di fronte c'è
l'immagine del Sole con un solo raggio che scende in basso e insieme
farebbe tre, vale a dire i due pianeti - il Sole e la Luna - e il raggio
del due in uno, e dal raggio una parte scende ed entra nella parte
inferiore circostante la sfera nera e divisa da questa sfera circostante,
il che insieme fa due, tre, e la terza cosa.
Risulta chiaro da quanto detto sopra che il Sole e la Luna sono
uno accanto all'altra, con la Luna di fronte a voi sulla destra e il
Sole sulla sinistra, e sotto c'è una sfera nera in cui penetrano i raggi.
Questa terza cosa ha la forma d'una luna piena, la parte interna
della quale è bianca senza nerezza, ma è circondata da una sfera
nera, e la forma è come la forma del due in uno di un Sole sem-
plice, e quella è l'immagine dell'uno in uno e fanno nuovamente
cinque, e insieme fanno dieci, secondo il numero delle aquile e
della Terra nera.
Ora vi ho detto tutto ciò e ho scritto dei versi e senza la grazia
di Dio - sia benedetto il suo nome - non avremmo questo segreto.
Affinché possiate capirlo e pensarci bene e meditarlo, ho dipinto
per voi l'immagine della tavoletta, e il senso delle immagini vi
verrà spiegato nei miei versi e poi potrete guardare i capitoli e
vedere cosa significava ogni figura. Ora ho già spiegato quelle
dieci figure e ho mostrato le figure nei miei versi e certo non si
potrebbe fare a meno dei miei versi, ma voglio rendervi manifesto
qualcosa che finora tutti i saggi hanno tenuto nascosto: chi pro-
dusse questa statua in questa casa, in cui tutta la scienza vien
descritta in una figura simbolica che insegna la sua saggezza su
questa pietra e la mostra a coloro che sanno capire, lo so che
questa statua era la figura di un saggio. [La statua rappresenta
Hermes: ciò significa che è stato Hermes a inventare la scienza e
a disegnare le figure.]
Dobbiamo ora scoprire cosa significa tutto ciò. La statua è la
figura di un saggio, e sul suo grembo sta la scienza occulta che
egli descrive per mezzo di figure simboliche in modo da guidare
solo colui che sa e capisce. I saggi che lo comprendono devono
guardare l'interno con sottigliezza, e devono conoscere i termini
della saggezza e devono comprendere un linguaggio oscuro e sim-
bolico. Quando poi egli, il saggio, paragonerà tale oscuro linguag-
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teismo celato nel politeismo, anche se l'accento può venir posto pre-
valentemente sull'uno o sull'altro. Se i molti mirano all'uno, ne de-
durrei che nell'inconscio esiste una tendenza a mettere tutta l'energia
sul Sé e a staccarla dai singoli archetipi. I molti archetipi tendono a
concentrarsi intorno a quest'unico archetipo; e mi pare che ciò ri-
specchi la tendenza dell'inconscio a muoversi verso una coscienza
sempre più ampia.
Potremmo concludere che le aquile del De chemia sono come
un concilio di Dei raccolti intorno all'unico Dio o, per dirla in
termini psicologici, come molti archetipi che cominciano a ordi-
narsi e a concentrarsi intorno all'archetipo del Sé. Quest'ultimo
comincia a essere dominante, e gli archetipi prima dissociati si
dispongono ora ordinatamente intorno a un centro. Ne consegue
che quando nella psiche di un individuo domina un singolo arche-
tipo - l'archetipo materno, ad esempio, o quello dell'Anima -
quell'individuo è parzialmente sbilanciato, unilaterale. Soltanto
quando il processo viene sorretto dall'archetipo del Sé diventa
unitario e ogni cosa trova il suo posto. Direi anzi che l'unità è una
rappresentazione simbolica del momento in cui i multiformi arche-
tipi cedono la loro energia all'archetipo primo e uno.
Leggiamo infine la semplice e concisa definizione di proiezione
data da Jung nell'ultimo capitolo dei suoi Tipi psicologici. Jung
spiega che si può parlare di proiezione solo quando è sorto il
dubbio che essa sia inadeguata all'oggetto. Fino a quel momento
asserire che ci sia proiezione è illegittimo. Il concetto di proiezione
implica che io non sia più del tutto convinto, che sia già parzial-
mente uscito dallo stato di participation mystique, o di identità
arcaica con l'oggetto. Prima di allora non c'è proiezione.
Naturalmente un osservatore esterno vede la situazione in una
prospettiva critica. Se una donna s'innamora di un uomo, l'osserva-
tore parlerà di proiezione dell'Animus. Ma per la donna in que-
stione non c'è proiezione, e dal punto analitico sarebbe un errore
farle notare che sta proiettando: ciò equivarrebbe a inocularle il
nostro dubbio, a infettarla con la nostra prospettiva critica esterna.
Quell'uomo non è soltanto un'immagine dell'Animus di quella
donna: è colui che essa ama. Non abbiamo il diritto di instillarle
il veleno del nostro dubbio solo perché non siamo nella sua stessa
condizione di participation. Se è una nostra paziente, dobbiamo
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\\CAPITOLO 10 La tavoletta
Esaminiamo ora il disegno delle due parti della tavoletta, che
contiene più di quanto detto nel testo citato al capitolo 8.
Sulla prima parte sono rappresentati un uccello alato e un uccello
senz'ali. Il secondo, dice Senior, impedisce al primo di volar via.
L'uno mangia la coda dell'altro: si tratta dunque di una variante
dell'Uroboro, il serpente che si mangia la coda. Sopra gli uccelli
stanno il Sole e la Luna; sotto, c'è una sfera cui, più avanti, il testo
dà diversi nomi: la chiama infatti Luna, ma anche Terra e mondo
inferiore, o mondo di sotto. Dunque, in certo qual modo, la Luna
è doppia: sopra, è la sposa, o l'opposto, del Sole; ma è anche unita
al mondo inferiore, e assimilata alla Terra. Esiste una Luna che è
la compagna del Sole, e una che è identica alla Terra.
Sulla seconda parte della tavoletta vi sono due Soli: uno dirige
verso il mondo sottostante due raggi, l'altro uno soltanto. Entrambi
irradiano il mondo sottostante, dove ritroviamo la Luna piena, de-
scritta poi dal testo come bianca e circondata da una sfera nera.
Guardandola dall'esterno se ne vedrebbe soltanto la nerezza, ma
all'interno essa è bianca, essendo fatta di bianca sostanza lunare. In
entrambe le figure il Sole e la Luna sono compagni; ma nella prima
è doppia la Luna, nella seconda il Sole.
In tutt'e due le figure c'è un collegamento tra il mondo infe-
riore e quello superiore. In mezzo è rappresentata la lotta tra gli
uccelli. Il Sole irraggia il mondo inferiore. La sfera in basso, nera
fuori e bianca dentro, viene ripetutamente chiamata così: mundus
inferior. Tale espressione denota la parte di cosmo - fino alle sfere
più esterne dei pianeti - che sta sotto il firmamento. Nell'antichità
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Maria e della Sophia di Dio. Gli si potrà quindi far notare che,
benché la fantasia parta da un livello piuttosto basso (ma Cristo
dopotutto non è nato in una stalla?), è pur sempre una fantasia di
unione con la saggezza divina e dovrebbe essere accettata come tale.
Un intervento del genere potrebbe anche risolvere il caso. Il
monaco cesserebbe di sentire l'impulso di masturbarsi, avendo preso
coscienza che il fattore psicologico interiore, manifestatosi all'inizio
in forma alquanto disgustosa, è la sua Anima, con cui dovrà ora
mettersi in rapporto. Ecco un esempio di spiritualizzazione, che
equivarrebbe alla produzione dell'uccello alato.
Ma, come dice Goethe, Uns bleibt ein Erdenrest, zu tragen
peinlich: qualcosa di terrestre rimane in noi, doloroso da soppor-
tare. Anche dopo un grande processo di spiritualizzazione, rimane
sempre un residuo che resiste e vuole la terra. Quel monaco, dieci
anni dopo essere "guarito", potrebbe continuare a domandarsi se
la sua fantasia non esprimeva anche il desiderio di una donna reale.
Quell'idea lo tormenterà ancora di tanto in tanto, e se è ancora
prigioniero dell'ideologia medioevale penserà che si tratta del
diavolo.
Alcuni, però, ritengono sia disonesto tagliar via certe pulsioni
appioppando loro il nome di diavolo; altri pensano invece sia una
decisione eroica, cui attenersi per tutta la vita, perché è l'unica
giusta. Si tratta sempre e comunque di una decisione personale, cui
ciascuno deve giungere da solo. Nessun analista può imporre a un
paziente di decidere in un senso o nell'altro. Non ci sono ricette.
Da un lato si può reprimere la pulsione per paura, dall'altro si può
cedere ad essa per debolezza. Il conflitto sembra insolubile.
La figura alchemica dei due uccelli - uno che cerca di sollevarsi,
l'altro che lo trattiene - ci dice che il problema è eterno: esso si
muove circolarmente su sé stesso, è una totalità di opposti. Uno
è il mondo inferiore, collegato naturalmente con lo zolfo rosso,
l'altro è il mondo superiore. In quest'ultimo stanno il Sole e la
Luna, anch'essi in opposizione. Entrambi i livelli sono quindi carat-
terizzati da coppie di opposti: il Sole e la Luna in quello superiore,
la Terra e la Luna in quello inferiore. La stessa Luna poi è divisa,
per dirla con le parole di Senior, in Luna celeste e in Luna terrestre.
Il testo è ambiguo: in un punto dichiara che la base dei due uccelli
è la Luna, in un altro la Terra.
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la tavola rappresenta una casa dai tetti rossi vista da davanti: la casa ha sulla
sinistra un portico sotto il quale è posta una lampada a olio retta da un palo che
è indicata da tre uomini in fila indiana dietro ad essa con tuniche rispettivamente
grigia, verde e rosa man mano che si avvicinano alla lampada. Di fronte agli uomini
e quindi sulla sinistra del disegno, separato da loro dalla lampada, siede un
anziano con tunica blu che regge una tavoletta marrone con incisioni di lune nere e
dorate e di un volatile blu. L'anziano siede davanti alla porta della casa la quale
si apre in una specie di campanile. Sui tetti della casa e del suo campanile stanno
nove volatili blu con archi dorati puntati verso l'anziano. In alto a sinistra
della tavola e quindi sopra il tetto del portico ci sono delle scritte.
FINE DESCRIZIONE TAVOLA III
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Il Sole dice che per mezzo suo si viene innalzati, e si può rag-
giungere qualsiasi altezza. È il Sole che porta in alto. Nell'antichità
destava stupore il fatto che il Sole, riscaldando l'acqua, la sollevasse
in forma di vapore dando origine alle nuvole. Il Sole veniva perciò
spesso descritto come il principio dell'elevazione spirituale. Il Sole
fa le cose perfette: le esalta, le innalza, le rende visibili.
La Luna dice al Sole: "Tu hai bisogno di me come il gallo ha
bisogno della gallina, e io ho bisogno delle tue opere, o Sole, senza
interruzione, perché tu sei d'indole perfetta, padre di tutte le luci,
l'alta luce, il gran Padrone e Signore." Il Sole ha in certo qual modo
sottolineato la superiorità della sua natura dicendo, in modo molto
solenne, che intende dar luce alla Luna attingendo alla propria bel-
lezza. La Luna, da parte sua, fa notare al Sole che ha bisogno di lei
come il gallo della gallina. Senza di lei non è niente. Benché essa
sia la cosa imperfetta che riceve la luce altrui, il Sole non può fare
a meno di lei. A cosa servirebbe il Sole se non avesse qualcosa da
illuminare? La sua luce scomparirebbe nello spazio se non incon-
trasse un oggetto che, riflettendola, la rendesse visibile.
La Luna dunque con umiltà e sottomissione tutta femminile
risponde che ha ugual diritto di esistenza: il Sole ha bisogno di un
recipiente vuoto in cui versare la sua luce, ha bisogno dell'oscurità
su cui farla risplendere, ha bisogno della materia in cui lo spirito
possa rendersi visibile. Il paragone del gallo e della gallina usato
dalla Luna è piuttosto comune e grossolano; e allude chiaramente
al fatto che tra i due princìpi esiste anche un'attrazione puramente
istintiva e di ordine sessuale. La Luna afferma di aver bisogno che
il Sole eserciti il suo effetto su di lei in continuazione, giacché il
Sole è perfetto, e padre di ogni luce. Perfectus moribus: l'espres-
sione latina denota in particolare la perfezione etica, cioè qualcosa
che alla Luna manca.
Nella mitologia della Luna, la Luna è cattiva, perché è infida.
Gli alchimisti citano spesso un salmo in cui si dice che nell'oscu-
rità della luna nuova i malvagi scoccano le loro frecce contro i
giusti. La luna nuova protegge i ladri e i malfattori quando aggre-
discono i buoni. La Luna ha in sé tutto il veleno maligno e la
mancanza di fidatezza dell'Anima nella sua condizione originaria.
Le qualità maligne della Luna sono caratteristiche del femminile
in generale. Non mi riferisco soltanto al femminile nell'uomo, ma
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DESCRIZIONE Tavola IV
Il Sole e la Luna, il conflitto tra il maschile e il femminile. Ogni principio
contiene il suo opposto: di qui gli scudi con i simboli invertiti. In basso, la
materia (verde) è sopraffatta da una coppia di opposti (sempre le figure solare e
lunare), senza i quali essa non può germinare e diventare la pietra filosofale. La
pelle nera allude alla nigredo e la veste bianca all'albedo"
Manoscritto quattrocentesco dell'Aurora consurgens. Zurigo, Zentralbibliothek,
Codex rhonovacensis 172
la tavola è composta da due riquadri a forma di rettangolo uno sopra l'altro con in
mezzo un'iscrizione. Il riquadro in alto presenta la raffigurazione di profilo di
un leone cavalcato da un uomo con la testa di sole e la tunica blu che si batte
contro una donna nuda con la testa di luna nera che cavalca un volatile blu a
quattro zampe grande quanto il leone del sole. Sia il sole che la luna reggono
nella mano destra una lancia dorata che si puntano vicendevolmente contro e nella
sinistra uno scudo -il sole ha lo scudo nero con incise delle lune e la luna uno
scudo blu con inciso un sole giallo- con cui parano la lancia dell'altro. Lo sfondo
è rosso. Il riquadro in basso rappresenta su uno sfondo sempre rosso un drago verde
supino visibilmente morto con la testa penzolante verso destra: una figura con
tunica blu e armatura che gli copre il volto gli sta legando le zampe dietro mentre
una donna nera con la tunica bianca gli sta legando le zampe davanti ed è
inginocchiata su di lui così da tenere le sue ginocchia sul suo collo.)
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pio che non sono libera. La mia natura (la mia funzione inferiore)
mi travolge. Rispondo di sì, mi lascio coinvolgere, e poi mi accorgo
di avere sbagliato. L'istinto della verità era lì a sussurrarmi di ri-
spondere di no, ma la riflessione e la funzione inferiore sono entrate
in gioco e la mia lentezza mi ha impedito di neutralizzarle. Poi
arriva un brutto sogno che mi fa l'effetto di una doccia fredda, e
mi chiedo se riuscirò mai a superare quello stadio e a non cadere
sempre nella stessa trappola.
Sviluppando l'istinto della verità aumentiamo la nostra capacità
di reagire rapidamente e correttamente. Quando il Sé è presente e
forte, l'istinto della verità ci comunica il suo messaggio con rapi-
dità fulminea e, senza sapere perché, facciamo la cosa giusta. La
riflessione cosciente non esercita più alcun effetto di disturbo.
L'azione del Sé si manifesta immediatamente. Solo il Sé ha questa
immediatezza. Ciò equivale - ma su un piano superiore - all'essere
completamente naturali e istintivi. Si riesce a distinguere, natural-
mente e istintivamente, il vero dal falso. Ecco perché alcuni teologi
hanno chiamato lo Spirito Santo istinto di verità: è un'ottima defi-
nizione.
Il testo continua ancora: "Io sono il ferro duro, il ferro secco,
il fermento forte, ogni buona cosa è in me, la luce del segreto dei
segreti è generata attraverso di me, e ogni cosa attiva è azione mia.
Ciò che ha luce è creato nell'oscurità della luce" ... "e allora appa-
rirà quel gran fluido della testa e della coda".
La prima parte mi sembra chiara: essa allude alla generazione di
una nuova luce, di un terzo elemento che è il frutto della co-
niunctio. È una luce nuova nata nelle tenebre: i sintomi nevrotici,
la malattia, la debolezza scompaiono. Compare qualcosa di nuovo:
illud magnimi fluxum capitìs et caudae.
Dobbiamo qui rammentarci dell'Uroboro, che si mangia la coda,
e in cui i contrari sono una cosa sola: la sua testa e la sua coda sono
unite, benché rappresentino aspetti opposti. Quando i contrari - la
testa e la coda - si toccano, ne scaturisce un fluido, che gli alchi-
misti chiamano acqua mistica o acqua divina, e che io ho definito
come il fluido della vita, del senso della vita. Con l'aiuto dell'istinto
della verità, la vita fluisce piena di senso, come una manifestazione
del Sé. Questo è, nel caso del testo che abbiamo esaminato, il risul-
tato della coniunctio. In molti altri casi viene chiamato pietra filo-
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sofale; ma i testi dicono anche che l'acqua della vita e la pietra
filosofale sono la stessa cosa.
È paradossale che il liquido e il solido, l'acqua della vita e la
pietra morta, siano secondo gli alchimisti una cosa sola. Ma il pa-
radosso esprime i due aspetti della realizzazione del Sé: la nascita
di qualcosa di stabile, al di sopra degli alti e bassi della vita; e allo
stesso tempo la nascita di qualcosa di vivo che partecipa del fluire
della vita, senza le inibizioni e le limitazioni della coscienza.
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nostro modo di dare una spiegazione dei fatti. Lo stesso vale per
la categoria della sincronicità. Il collegamento dei fatti in sé ci è
ignoto.
Nel Medioevo si riteneva che la causalità esistesse oggettiva-
mente nel mondo esterno, e che il mondo esterno avesse un'intelli-
genza. Mediante il concetto dell'intelligenza del mondo l'uomo
medioevale riusciva a capire perché Dio aveva creato il mondo e
quali erano le sue leggi e il suo senso. Poi san Tommaso introiettò,
o ritirò, questa proiezione e si rese conto che, almeno in parte, si
tratta di una nostra operazione mentale: non c'è alcun senso se non
siamo noi a vederlo, e la causalità non esiste se non c'è nessuno che
la descrive. Sia l'uno che l'altra dipendono dalla mente che osserva
ed è in grado di descrivere.
Così Tommaso d'Aquino fu un precursore del punto di vista
moderno, secondo il quale le teorie delle scienze naturali sono crea-
zioni interiori. Egli comprese che i termini che usiamo vengono
dalla nostra mente e, da grande filosofo, giunse a chiedersi perché
la nostra mente produca concetti che permettono di collegare i
fatti tra di loro e di dar loro un senso. Questa funzione fu da lui
attribuita al nous poietikós. Era questo lo stato di coscienza del-
l'uomo che probabilmente scrisse l'Aurora consurgens.
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quel tipo, sono evidenti. Credo che nessun essere umano possa
fare un'esperienza come quella di san Tommaso senza passare attra-
verso una fase di inflazione: è l'esperienza stessa che lo richiede.
Ciò che conta è non restare poi bloccati a quella fase.
Il terzo capitolo è ancora peggio del precedente. Esso attacca
gli sciocchi che ignorano questa scienza e la rifiutano:
Questa gloriosa scienza di Dio e dottrina dei santi e segreto dei
filosofi e medicina dei medici, è disprezzata dagli stolti che igno-
rano che cosa sia. Essi rifiutano la benedizione [divina], la quale
da essi sarà tenuta lontana, che tale scienza non si conviene al
profano: essa infatti è tale che chiunque la ignori è suo nemico, e
non senza ragione. Dice infatti Speculator che farsi beffe di questa
scienza è causa di ogni ignoranza, e che non si dovrebbe dar la
lattuga agli asini i quali s''accontentano dei cardi, né dar da man-
giare il pane dei figli ai cani, né gettare le perle ai porci (...) Non
parlarono per gli stolti, i sapienti: perché chi parla a uno stolto è
come se parlasse a uno che dorme (...) Ci sarà sempre un mortale,
nel nostro mondo sublunare, a lamentare i morsi della fame a causa
della maligna povertà, perché in questa scienza il numero degli
stolti è immensamente grande.
Qui l'inflazione raggiunge il culmine.
Il quarto capitolo è piuttosto arido, ma mostra un mutamento
nelle condizioni psicologiche dell'autore, il quale spiega - arida-
mente, appunto - che il libro si intitola "L'aurora che sorge" per
quattro motivi:
In primo luogo la parola "aurora" suona quasi come "aurea ora":
e infatti in questa scienza, se si opera rettamente, viene l'ora in cui
si raggiunge lo scopo di ottenere l'oro. In secondo luogo l'aurora
sta tra il giorno e la notte e manda bagliori di due colori, cioè il
rosso e il giallo, e così questa nostra scienza [ossia l'alchimia] pro-
duce il colore giallo e il colore rosso, che stanno tra il nero e il
bianco.
Il lettore avrà certamente riconosciuto la classica teoria alchimi-
stica dei quattro stadi di colore: nigredo, albedo, rubedo, citrinitas.
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cui bacio ricevo il soffio della vita, e giacendomi con il quale tutto
il mio corpo si liquefa, a colui io farò da padre ed egli a me da
figlio.
Saggio è colui che dà gioia a suo padre, e a lui darò il primo
posto - il più alto - tra i re della terra, e con lui terrò fede al mio
patto leale in eterno. Ma colui che abbandonerà la mia legge e non
camminerà sulle mie strade e non osserverà i comandamenti pre-
detti, colui sarà schiacciato dai suoi nemici e il figlio delliniquità
gli recherà nocumento; ma se camminerà sulle mie strade, non do-
vrà temere il freddo della neve, poiché tutti quelli della sua casa
avranno indumenti - vesti di bisso e di porpora - e in quel giorno
in cui sarò stata saziata e apparirà la mia gloria egli riderà, poiché
scrutò i miei sentieri e non mangiò il pane dell ozio. E si apriranno
ì cieli sopra di lui e come tuono risuonerà la voce di colui che ha
sette stelle nella sua destra, che sono sette spiriti mandati in tutto
il mondo a predicare e a render testimonianza [Apocalisse 1.4; 2.1].
Chi avrà creduto e sarà stato battezzato come si conviene sarà
salvo, chi invero non avrà creduto sarà dannato [Marco 16.16-17].
E i segni di coloro che hanno creduto e sono stati battezzati come
si conviene sono questi: mentre il re dei cieli siederà in giudizio
sopra di loro, saranno bianchi di neve sul monte Selmon e le penne
della colomba saranno argentee, e l'estremità del suo dorso avrà il
pallore dell'oro [Salmi 67.14-15]. Tale sarà il mio figlio diletto. E
voi guardatelo, poiché è bello d'aspetto più di tutti i figli degli
uomini, e il Sole e la Luna ammirano la sua bellezza. Egli è il di-
ritto all'amore, l'erede in cui gli uomini ripongono la propria fi-
ducia e senza di lui non possono far nulla.
Chi ha orecchie per intendere intenda ciò che lo spirito della
sapienza dice al figlio della dottrina a proposito delle sette stelle
mediante le quali l'opera divina vien portata a compimento. Di
esse parla Senior nel suo libro, nel capitolo del Sole e della Luna,
dicendo: "Dopo che avrai approntato quei sette [metalli] che hai
ripartito mediante le sette stelle e che hai attribuito alle sette stelle,
e dopo che li avrai purgati nove volte fino a farli sembrar simili a
perle, ecco la bianchezza" [l'albedo o, come la chiama il testo, la
dealbatio].
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del nostro testo alchimistico ci avvertono che c'è stata una proie-
zione e che l'alchimista sta inconsciamente cercando una figura di-
vina femminile.
Anche nella religione ebraica c'è una ricerca dell'aspetto fem-
minile del divino. Benché non si faccia esplicita menzione di alcuna
dea, l'espressione ebraica per indicare il caos primordiale - Tohu
wa bohu - allude alla babilonese Tiàmat. Nella tradizione ebraica
la grande dea-madre non compare nella Bibbia, ma è possibile in-
travederla, nascosta dietro certe allusioni.
Il femminile del divino si affermerà poi apertamente nelle fan-
tasie gnostiche della Sapienza di Dio, ma di questa divinità femmi-
nile la Bibbia recepisce unicamente l'aspetto sublime. Il lato fem-
minile di Dio è perciò rappresentato soltanto parzialmente nella
tradizione giudaico-cristiana, che si limita ad alludere cripticamente
a un'oscura e caotica massa - identificabile con la materia - sotto-
stante la creazione, e a parlare un po' più apertamente di una su-
blime figura femminile chiamata Sapienza di Dio. Il Cristianesimo
si è sbarazzato anche di quest'ultima, dichiarandola identica allo
Spirito Santo o all'anima di Cristo, e lasciando la materia alla si-
gnoria del diavolo.
Questa spiccata mancanza di una personificazione femminile del-
l'inconscio è stata compensata dal radicale materialismo che a poco
a poco si è impadronito della tradizione cristiana. Praticamente
nessun'altra religione ha cominciato col privilegiare unilateralmente
la più elevata spiritualità e ha finito per sviluppare altrettanto uni-
lateralmente - se si considera il comunismo come la forma evolu-
tiva finale della teologia cristiana - un aspetto così assolutamente
materialistico. Tale passaggio da un polo all'altro è uno dei feno-
meni più singolari della storia delle religioni; ed è dovuto al fatto
che fin dall'inizio il Cristianesimo assunse un atteggiamento incon-
sapevolmente poco equilibrato nei confronti della divinità femmi-
nile, ossia della materia, poiché il lato femminile di Dio viene, sem-
pre e in ogni religione, proiettato nella materia e collegato con essa.
Qualche tempo fa - se mi è consentita una digressione - mi è
capitato tra le mani un libro di Hans Marti il cui titolo significa
Archetipo e Costituzione.1 Marti, il quale si occupa soprattutto
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comprensibile, poiché sua moglie, che era una donna molto pra-
tica, pensava che avrebbe fatto meglio a risuolar scarpe per dare
da mangiare a lei e ai loro sei figli invece di scrivere libri sullo
Spirito Santo. Le scenate che gli faceva erano continue. Jakob, da
parte sua, sentiva sua moglie come un peso, come una creatura
mondana che ostacolava la sua creatività spirituale. Era una situa-
zione tragica. Bòhme, fino agli ultimi anni della sua vita, ebbe
sempre un atteggiamento negativo nei confronti del femminile.
Poco prima di morire fu improvvisamente e totalmente invaso dal-
l'immagine della Sophia. Come Tommaso d'Aquino, egli ci ha
lasciato un testo in cui canta le lodi della Sapienza di Dio. Il tono
estatico di Bòhme e i termini erotici che usa possono suonare di
cattivo gusto. Nel suo canto d'amore alla Sapienza divina si avverte
chiaramente una forte nota sessuale, e si vede bene tutto il fango di
quanto era stato in precedenza rigettato, che ora sgorga nel con-
testo dell'esperienza mistica.
Ritengo che l'autore dell'Aurora si trovi in una situazione simile:
non avendo mai avuto rapporti con il principio femminile, lo su-
bisce ora nella sua forma più impressionante e ne viene travolto. Si
tratta di una tipica compensazione per il disprezzo ostentato in
precedenza verso il femminile. In casi del genere l'irruzione dell'in-
conscio è talmente violenta che nulla la può fermare, e ho assimi-
lato tutto ciò poco fa a una caduta.
Ciò che per la coscienza è la conquista di un'immagine arche-
tipica, per l'immagine archetipica è una caduta. Immaginiamo l'Io,
con il suo campo di associazioni, come un ragno in agguato nella
sua tela. Quando un'immagine archetipica entra nel campo di co-
scienza, l'Io sperimenta uno stato d'illuminazione e di esaltazione,
come testimoniano i primi cinque capitoli del nostro testo; ma il
povero archetipo fa esattamente l'esperienza contraria, poiché cade
in un ambito ristretto e del tutto inadeguato. Ciò che visto da una
parte sembra una grande realizzazione, visto dall'altra sembra una
brutta caduta. Molti miti delle origini descrivono la creazione del
mondo come la caduta di Dio dai Cieli.
Un'analoga situazione di caduta è illustrata da un sogno di Ge-
rard de Nerval, poeta romantico francese che in Amelia descrisse
le proprie crisi psicotiche. Uno dei sogni più terrificanti che fece
durante il periodo psicotico fu il seguente: entrava in un cortiletto
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buio sul retro di una specie di albergo parigino (uno di quei tipici
cortiletti con le vecchie pattumiere e i gatti che mangiano i rifiuti
che contengono) e vedeva con terrore un angelo di Dio, una terri-
bile e strapotente figura archetipa alata che era caduta in quello
spazio angusto rimanendovi bloccata.
Il sognatore si rendeva conto che se l'angelo, desideroso di li-
berarsi, avesse fatto il minimo movimento, tutto l'edificio sarebbe
crollato. Il sogno indicava il pericolo dello scoppio della schizo-
frenia, che infatti si manifestò poco dopo. La concezione della vita
di Gerard de Nerval era troppo angusta rispetto al suo genio. Egli
aveva molta genialità inconscia (rappresentata dall'angelo), ma la
sua concezione della vita (rappresentata dal cortiletto) era quella
del tipico razionalista francese. La sua mentalità conscia non era
perciò adeguata alla sua struttura autentica e al suo destino interiore.
Assai spesso la causa della schizofrenia non è tanto l'invasione
dell'inconscio, quanto il fatto che chi la subisce è troppo limitato,
mentalmente o emotivamente, per poterne sopportare l'esperienza.
Chi non ha una mente sufficientemente aperta, e non è tanto ge-
neroso e coraggioso da aprirsi a ciò che il destino manda, non riesce
a contenere l'invasione ed esplode.
La vita di Gerard de Nerval lo dimostra chiaramente. Innamo-
ratosi di una fanciulla per cui provava una grande passione roman-
tica, invece di accettare i propri profondi sentimenti si ribellò con-
tro di essi, dicendo: "C'est une femme ordinaire de notre siècle."
Ritenendola dunque una comunissima donna della sua epoca, la ab-
bandonò. Cominciò a essere tormentato da un senso di colpa. La
donna non lo perdonò. De Nerval si sentiva colpevole perché era
fuggito di fronte ai propri sentimenti. Proprio in questo periodo
fece il sogno dell'angelo, che gli mostrava che la sua idea troppo
razionale e limitata della vita e dell'amore non era adeguata alle sue
possibilità di esperienza. De Nerval finì poi per impiccarsi in un
vicolo di Parigi.
Ho citato questo sogno esclusivamente per dare un esempio di
come ciò che viene visto dalla coscienza come una realizzazione
dell'archetipo sia per l'archetipo una caduta nella materia. Un altro
esempio si può trarre dalla dottrina teologica della kenosis di Cristo,
che si rifa al passo biblico (Filippesi 2.6) in cui si afferma che
Cristo, benché esistesse nella forma di Dio, non considerò questa
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stillare, nel purificare più e più volte. Il nostro testo dice nove
volte, altri quindici, altri ancora per dieci anni. Il processo è sem-
pre lunghissimo, e talvolta porta ad affrontare infinite volte lo
stesso problema nei suoi sempre diversi aspetti. Ecco perché i testi
alchimistici dicono che questa prima parte dell'Opera può durare
molto tempo ed è caratterizzata da innumerevoli ripetizioni: infatti
ricadiamo sempre daccapo nei complessi non risolti e dobbiamo
continuare ad analizzarli. Ma grazie a questo duro lavoro la ma-
teria diventa bianca.
Il bianco indica uno stato di purezza, in cui non si è più conta-
minati dalla materia; corrisponde a ciò che tecnicamente - e con
una certa leggerezza - chiamiamo ritiro delle proiezioni. Ritirare
le proprie proiezioni è tutt'altro che facile, poiché non basta capire
che si sta proiettando e decidere di non farlo più, ma occorre un
lungo processo di sviluppo interiore e di autorealizzazione. Quando
la proiezione è stata ritirata, il fattore di disturbo psichico scompare.
Appena una proiezione è stata veramente ritirata si crea uno
stato di tranquillità: diventiamo sereni e riusciamo a guardare le
cose con obiettività. Possiamo considerare il nostro problema spe-
cifico con distacco, e possiamo affrontarlo mediante l'immagina-
zione attiva, senza lasciarci sopraffare dalle emozioni. Questo stato
corrisponde all'albedo, ed è il primo passo verso una maggior obiet-
tività e un più sereno distacco filosofico. Siamo ormai sopra la
mischia, e dall'alto della montagna contempliamo la tempesta che
infuria sotto di noi. La tempesta naturalmente non è cessata, ma
siamo in grado di osservarla senza paura e non ce ne sentiamo
minacciati.
Quando gli alchimisti parlavano dell'albedo intendevano dire che
la materia su cui stavano lavorando aveva raggiunto uno stato di
purezza e di unità, e che si poteva quindi procedere al lavoro di
sintesi. Dopo che i minerali erano stati fusi per ottenerne i metalli,
questi ultimi venivano purificati: e ciò corrisponde al lavoro ana-
litico. Poi iniziava la sintesi chimica: e ciò corrisponde al momento
sintetico dell'analisi, h'albedo ha qualcosa di meraviglioso poiché,
come dicono gli alchimisti, ormai il lavoro duro è terminato, e basta
semplicemente alimentare il fuoco per mantenerlo acceso.
L'autore dell'Aurora consurgens non aveva alcun dubbio che al
suo linguaggio simbolico corrispondesse un processo materiale. I
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NOTE
1 [Si è scelto in italiano il maschile per indicare la figura che parla, identi-
ficandola qui con l'autore dell'Aurora; ma l'ambiguità dell'originale induce a
pensare che a parlare possa anche essere la Sapienza di Dio, con cui Tautore
si identifica.]
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modo è vero, perché lo hanno assimilato sul piano del fuoco. Non
lo hanno però assimilato sul piano della terra. Ecco perché il fuoco
deve trasformarsi in acqua, e l'acqua in terra, e tutto il processo
dev'essere ripercorso e rivissuto un'altra volta come problema etico.
I tipi summenzionati talvolta si accorgono improvvisamente di
essere di nuovo all'inizio del processo. Sono, ad esempio, ancora al-
l'abbici dei problema dell'Ombra, o di un altro problema. Ma
adesso almeno sono diventati coscienti del fatto che il risultato finora
ottenuto è limitato e parziale.
Il lavoro psicologico è una continua circulatìo: gli strati che la
comprensione deve penetrare sono molti, e ogni cosa può essere
capita a un livello più profondo. Il problema resta lo stesso, ma con-
tinuando a scavare in profondità se ne ottiene una visione più ricca
e più viva. E anche quando si ha l'impressione di averlo affrontato e
risolto da ogni punto di vista, bisogna avere l'umiltà di giudicare il
risultato ottenuto soltanto parziale. Di lì a qualche anno potrebbe
accaderci di dover riconoscere di non aver in precedenza capito
molte cose che solo adesso ci sono chiare.
Il lavoro psicologico e analitico - e qui sta la sua bellezza - è
un'avventura che non ha mai fine. A ogni svolta si presenta una pro-
spettiva di vita completamente nuova. Non si può mai ritenere di
sapere tutto. Non ci si può mai fermare definitivamente pensando di
aver toccato la meta. Ogni soluzione raggiunta, anche se valida in
quel determinato momento, è una tappa provvisoria.
L'ultima parte della parabola tratta della spiritualizzazione del
corpo, o meglio del duplice processo del rendere incorporeo il corpo
e corporeo lo spirito. Il tema è di nuovo quello della coniunctio, del-
l'unione degli opposti, ma con una sfumatura diversa.
Goethe scrive che tutto ciò che è transeunte, temporale, è soltanto
un'immagine, un simbolo: Alles Vergàngliches ist nur ein Gleich-
nis. Se ci atteniamo a questo concetto, e riusciamo a vedere l'aspetto
simbolico di una situazione, anche se si tratta di una situazione molto
materiale e concreta, possiamo dire di averla spiritualizzata. Se ci
tiriamo fuori dalla materialità della situazione, essa diventa il sim-
bolo di qualcosa di psicologico. Tutti gli accadimenti esterni della
vita sono in un certo senso soltanto simboli, metafore, parabole di
un processo interiore collegato sincronisticamente con il processo
esteriore. È necessario guardarli da questo punto di vista per com-
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\\INDICE ANALITICO
Aborigeni australiani, II, 18
Acharontos/Acheron/Acharos, 36 sg.,
40, 53, 55
Acqua:
amara, 64, 71, 79, 81
come conoscenza, 80 sg.
come prima materia, 50
come Spirito Santo, 18, 205 sg.
della vita, 80 sg., 188-91
Adamo, 69-71, 127, 173
ed Eva, 70, 74
Adler Alfred, 106
Agostino, sant', 77
Akcr, 53-55
Albedo, 169 sg., 180-82, 197, 220
Albero:
della vita, 9
spirito nell', 102
Alberto Magno, sant', 34, 152
Alchimia/Alchimisti:
e astrologia, 35
e chimica, 32 sg., 50 sg., 57 sg., 183
e proiezione, 15 sg., 28, 57, 85, 96,
123, 173 sg., 183
mistero/segreto dell', 35-37, 40, 50,
60 sg., 67, 74, 96, ii7Sg.
qualità necessarie all', 217
sviluppo dell', 31-34, 45 sg., 50 sg.,
56, 59, 182 sg.
Ambizione, 105 sg., 108 sg., 138
Amnael, 36
Amore, 98 sg., 101, 107, 129, 131 sg.,
166 sg., 178 sg., 181
Analisi, 11-14, 17, 43-45, 68 sg., 72,
76 sg., 80-85, 106 sg., 113, U9Sg.,
124, i29Sg., 132, 181 sg., 208-13,
2!5-l8
e segreti, 51 sg.
e spontaneità, 189-92
pulsione sessuale nell', 46 sg.
Anima, 42 e n., 79 sg., 98 sg., 109-12,
122 sg., 131, ióósg., i76sg., 185,
190, 220
frattura tra mondo concreto e,
113 sg.
proiezione d\ 46, 108, 189
Anima Còristi, 150
Anima mundi, 173
Animus, 45, 101, 108, 123 sg., 131, 137,
166, 186, 188, 215
Annunciazione, 220
Anubi, 36, 52, 55, 61
Anziani, ordine degli, 132 sg.
Apocalisse, 169, 180, 223
Apollo, 64, 68, 126
Apuleio, 42
Aqua doctrinae, 80
Archetipo(i):
e istinto, 47
incarnazione dell', 178 sg., 204, 223
materno, 173-76
personificato, 19-21
proiezione dell', 24-28, 99, 101 sg.,
173, 206
Archetipo e Costituzione (di Marti),
174-76
Arco e frecce, 90, 97 sg.
Argilla, 69 sg.
Arsenico, come acqua maschile, 40,
64 sg.
15
226
227
228
Kerkoros, 52
Khepri, vedi Scarabeo
Khnoupis, 36
Kunapipi, 11
Lavare, 138, 180 sg., 197, 206, 210
Leone, 37, 83 sg., 95, 138
doppio, 53-55, 138
Lettera del Sole alla Luna crescente
(di Senior), 94, 121-25, 129-31,
135-39, 166, 186
Libro di Krates, 97
Logos, 151 sg., 179
Lucertola, 13
Luna:
e Iside, 31, 42
e Sole, 91-95, 103-05, 1:1-25, 129-
32, i34Sg., 137 sg., 186
natura della, 121-24
nell'ombra del Sole, 130
scissione della, 113 sg.
Magia, 57, 63
Maier Michael, 183
Malak Yahweh, 100
Mana, 18, 205 sg.
Maria Prophetissa, 63
Marti Hans, 174-76
Massoni, 7, 183
Masturbazione, 109 sg., 112 sg.
Materia:
e archetipo materno, 173-76
e inconscio, 27 sg., 59 sg.
e spirito, 28, 118, 174, 190, 205 sg.,
212 sg.
trasformazione della, 57-59, 67
Matrimonio mistico, 146, 166, 220
vedi anche Coniunctio
Messa, 9, 11 sg., 164
Metalli, sette, 169, 180 sg.
Mohammcd ibn Umail, vedi Senior
Muìungu, 205
Mundus interior, 103, 111
Mysterium coniunctionis (di Jung),
105, 125, 130, 149
Navaho, Indiani, 9
Nerval Gerard de, 177 sg.
Niccolò della Flue, 9, 20, 171
Nigredo, 118, 161, 171-73, 181, 185,
197, 220
Nous poietikós, 152 sg.
Nuvola nera, 168, 171 sg.
Olimpiodoro, 31, 62-65, 67-73, 82
Ordine quaternario, 162
Orina, 38-40, 57, 80
Osiride, 34, 55 sg., 64, 67 sg., 73, 82,
84 sg., 195
Parapsicologia, 195 sg.
Participation mystique, 74, ioisg.
Pauli Wolfgang, 23 sg.
Pelle d'orso (Berserk), 9Sg., 20 e n.
Penetrazione, potere di, 194-96
Perle, 58 sg., 169, 180
Persona, ricostruzione regressiva della,
163
Pescare, vedi Sogno
Pesce, 191
Petasio, 64, 82
Pianeti, 180 sg., 193
Pietra filosofale, 134, i36sg., 140 sg.,
194-97, 2°8, 210, 216
come Sapienza di Dio, 156
come vedova, 40
Piombo, 16, 28, 63-68, 71 sg., 82 sg.,
138 sg.
Piramidi, 96
Planck Max, 27
Prigione, 196
Prima fnateria:
come acqua, 50
come argilla, 69 sg.
come caos, 171 sg.
come piombo, 67 sg.
come uccello senz'ali, 106
come zolfo rosso, 106
lavaggio della, 181 sg., 197, 206
Proiezione:
del femminile nella materia, 173-76
dell'Anima, 46, 108, 189
dell'archetipo, 19 sg., 24-28, 09-101
dell'oscurità, 172 sg.
del processo d'individuazione, 19
cn., 57
del Sé, vedi Sé
del senso, 152 sg.
nell'alchimia, 15 sg., 28, 57, 85, 96,
123, 174, 183
nella scienza, 19, 22-26, 123 sg., 152
sg-
229
230