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Capitolo 5

Struttura
Analisi dei carichi
Analisi dei carichi orizzontali
Analisi dei carichi verticali
Giunti sismici
Azione sismica
Azione della neve
Azione del vento
Dimensionamento solaio
Solaio interpiano
Solaio di copertura
Dimensionamento trave
Trave centrata interpiano
Trave di copertura
Pilastro centrato
Pilastro di bordo
Controvento
Calcolo della spinta sul muro controterra
Capitolo 5

Introduzione

Localizzazione dell’area
Il sito di progetto è l’area delle Caviate nel comune di Lecco, posto in Lombardia
ad una quota di 214 m. s.l.m. Zona 1 secondo il DM 14.01.2008.
Il contesto urbano è caratterizzato da edifici di media atezza con densità abitativa
media,
tale contesto ci porta a scegliere una classe di rugosità del terreno di tipo B con
categoria di esposizione IV.
In ambito strutturale questa collocazione influenzerà l’analisi dei carichi agenti
dovuti a: sisma, neve e vento.

Caratteristiche generali del progetto


Le categorie d’uso considerate secondo la NTC 2008 sono “Ambienti suscettibili
ad affollamento”, di categoria C1 “Ospedali, ristoranti, caffè, banche, scuole” e C3
“Ambienti privi di ostacoli per il libero movimento delle persone, quali musei, sale
per esposizioni, stazioni ferroviarie, sale da ballo, palestre, tribune libere, edifici
per eventi pubblici, sale da concerto, palazzetti per lo sport e relative tribune”.

Normativa di riferimento
Le normative di riferimento utilizzate per il calcolo delle strutture, sono il DM
14/01/2008 “Norme tecniche per le costruzioni” e la Circolare del 2009 integrativa.
Le presenti Norme tecniche per le costruzioni definiscono i principi per il progetto,
l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro
richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità,
anche in caso di incendio, e di durabilità.
Esse forniscono quindi i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che
devono essere utilizzate nel progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e
dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale
delle opere.

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Struttura

Analisi dei carichi

Analisi dei carichi orizzontali


Come riportato dalla NTC del 2008 al capitolo 3.1 per la determinazione delle
azioni permanenti legate all’azione gravitazionale della struttura, bisogna
conoscere le dimensioni geometriche e i pesi dell’unità di volume dei materiali
di cui è composta la costruzione,sia nelle parti strutturali (peso G1) sia in quelle
non strutturali (peso G2). Sono considerati carichi permanenti non strutturali i
carichi non rimovibili durante il normale esercizio della costruzione, quali quelli
relativi a tamponature esterne, divisori interni, massetti, isolamenti, pavimenti
e rivestimenti del piano di calpestio, intonaci, controsoffitti, impianti ed altro,
ancorché in qualche caso sia necessario considerare situazioni transitorie in cui
essi non siano presenti.

Chiusura orizzontale CO03 (con pavimentazione)

Tab.5.01 - Pesi strutturali G1 per chiusura orizzontale CO03

Tab.5.02 - Pesi non strutturali G2 per chiusura orizzontale CO03.

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Capitolo 5

Chiusura orizzontale CO03 (tetto giardino)

Tab.5.03 - Pesi strutturali G1 per chiusura orizzontale CO03.

Tab.5.04 - Pesi non strutturali G2 per chiusura orizzontale CO03.

Chiusura orizzontale PO01

Tab.5.05 - Pesi strutturali G1 per chiusura orizzontale PO01.

Tab.5.06 - Pesi non strutturali G2 per chiusura orizzontale PO01

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Struttura

Analisi dei carichi verticali


Come riportato dalla NTC del 2008 al capitolo 3.1.3 per gli edifici destinati
ad abitazioni ed uffici, il peso proprio di elementi divisori interni potrà essere
ragguagliato ad un carico permanente portato uniformemente distribuito g2,
purché vengano adottate le misure costruttive atte ad assicurare una adeguata
ripartizione del carico. Il carico uniformemente distribuito g2 ora definito dipende
dal peso proprio per unità di lunghezza G2 delle partizioni nel modo seguente:
- per elementi divisori con G2 ≤1,00 kN/m: 2 g2 = 0,40 kN/m ;
- per elementi divisori con 2 1,00 < G2 ≤ 2,00 kN/m: 2 g2 = 0,80 kN/m ;
- per elementi divisori con 2 2,00 < G2 ≤ 3,00 kN/m: 2 g2 =1,20 kN/m ;
- per elementi divisori con 2 3,00 < G2≤ 4,00 kN/m: 2 g2 =1,60 kN/m ;
- per elementi divisori con 2 4,00 < G2≤ 5,00 kN/m: 2 g2 = 2,00 kN/m .
Elementi divisori interni con peso proprio maggiore devono essere considerati in
fase di progettazione, tenendo conto del loro effettivo posizionamento sul solaio.

Chiusura verticale CV03 e CV02

Tab.5.07 - Pesi non strutturali G2 per le chiusure verticali CV03 e CV02

Chiusura verticale CV04

Tab.5.08 - Pesi non strutturali G2 per la chiusura verticale CV04

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Capitolo 5

Partizione verticale PV01

Tab.5.09 - Pesi non strutturali G2 per la partizione verticale PV01.

Partizione verticale PV02

Tab.5.10 - Pesi non strutturali G2 per la partizione verticale PV02.

Giunti sismici
Visto la pianta del nostro edificio, caratterizzato da differenze importanti tra le
due dimensioni ortogonali, creiamo un interruzione volontaria della continuità
dell’opera.
L’interruzione è necessaria per evitare un danneggiamento sismico, in quanto
due zone adiacenti della stessa struttura, con un comportamento sismico
sensibilmente diverso, rischiano di rompersi nella zona di collegamento ed urtare
fra loro, creando il fenomeno del martellamento.
Il martellamento avviene nel momento in cui un edificio non presenta le
caratteristiche che la rendono regolare in altezza e in pianta.
La regolarità della pianta è espressamente richiesta nelle N.T.C. 2008 nel
paragrafo 7.2.2. Questo paragrafo indica le caratteristiche che i nuovi edifici
devono possedere per potersi definire a pianta regolare, citiamo:

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Struttura

“Per quanto riguarda gli edifici, una costruzione è regolare in pianta se tutte le
seguenti condizioni sono rispettate:
a) la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica
rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e
rigidezze;
b) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta è inferiore
a 4;
c) nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25 % della
dimensione totale della costruzione nella corrispondente direzione;
d) gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano
rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti.
Sempre riferendosi agli edifici, una costruzione è regolare in altezza se tutte le
seguenti condizioni sono rispettate:
e) tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta
l’altezza della costruzione;
f) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi
cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da
un orizzontamento all’altro non superano il 25 %, la rigidezza non si riduce da un
orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai
fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di
pareti o nuclei in c.a. o pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza
o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione
sismica alla base;
g) nelle strutture intelaiate progettate in CD “B” il rapporto tra resistenza effettiva e
resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per orizzontamenti
diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta, calcolata ad
un generico orizzontamento, non deve differire più del 20% dall’analogo
rapporto determinato per un altro orizzontamento); può fare eccezione l’ultimo
orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti;
h) eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono
in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti
limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% della dimensione

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Capitolo 5

corrispondente al primo orizzontamento, né il 20% della dimensione


corrispondente all’ orizzontamento immediatamente sottostante. Fa eccezione
l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro piani per il quale non
sono previste limitazioni di restringimento.”
Visto che il nostro edificio per motivi inerenti le destinazioni d’uso e l’area di
progetto non potrà soddisfare tutti questi requisiti, andiamo a dei ”Giunti sismici”.
La distanza del giunto sismico non deve essere inferiore alla somma degli
spostamenti massimi orizzontali calcolati per lo Stato Limite di salvaguardia
della Vita (SLV). Il giunto è solitamente costruito in neoprene e si ancora agli
elementi strutturali, la parte superiore è studiata in maniera tale da rendere libero
il movimento traversale scorrendo l’uno dentro l’altra.
Dopo la realizzazione di questi giunti, le varie strutture si comportano in maniera
indipendente.

Fig.5.01 - Schema dei giunti sismici.

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Struttura

Azione sismica

Tempo di ritorno per gli stati limite


Obiettivo di questa analisi è trovare le azioni orizzontali agenti sulle singole solette
(o orizzontamenti).
L’analisi sismica viene eseguita secondo il metodo illustrato nelle Nuove Norme
Tecniche per le Costruzioni ai capitoli 3.2, 7.3 e 7.5. Come riportato dalla NTC
2008 al capitolo 3.2, le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il
rispetto dei diversi stati limite considerati, si definiscono a partire dalla “pericolosità
sismica di base” del sito di costruzione.
Essa costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione delle
azioni sismiche.
I dati sotto riportati sono presi dall’allegato S delle NTC 2008.
Per il calcolo degli spettri di risposta è stato utilizzato il foglio di calcolo fornito
dall’ente responsabile.

Periodo di riferimento (Tempo di ritorno) VR


Allo scopo di verificare la struttura sotto l’azione del sisma è importante definire
il tempo di ritorno (VR). Il tempo di ritorno come riportatto dalla NTC al capitolo
2.4.3 è dato da:

VR = VN * CU

Dove VN con riferimento al capitolo 2.4.1 della NTC 2008 è la vita nominale di
un’opera strutturale definita come il numero di anni nel quale la struttura, purché
soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al
quale è destinata. La vita nominale dei diversi tipi di opere è quella riportata nella
Tab. 2.4.I della NTC riportata sotto.

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Capitolo 5

Tab.5.11 - Vita nominale dell’edificio.

Il nostro edificio in quanto opera ordinaria residenziale ha una vita nominale ≥ a


50 anni.
CU è invece il coefficiente d’uso e viene definito al variare della classe d’uso,
come mostrato in Tab. 2.4.II della NTC. Il nostro edificio facendo riferimento
al capitolo 2.4.2 della NTC appartiene alla classe 2: cioè costruzioni il cui uso
preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza
funzioni pubbliche e sociali essenziali.

Tab.5.12 - Coefficiente d’uso.

Riassumendo:

Tab.5.13 - Tempo di ritorno.

Con il tempo di ritorno ottenuto dalla seguente relazione:

VR = VN * CU

200
Struttura

Valori dei parametri per il periodo di ritorno di


riferimento
Con riferimento al capitolo 3.2 della NTC 2008 le forme spettrali sono definite,
per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di riferimento , a partire
dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:
-ag accelerazione orizzontale massima al sito;
-Fo valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione
orizzontale;
-TC* periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione
orizzontale.
I valori sovrastanti sono stati ottenuti interpolando i valori di riferimento
dell’allegato S della NTC 2008 tramite l’uso del foglio di calcolo fornito dall’ente
responsabile.

Fig.5.02 - Individuazione della pericolosità del sito.

201
Capitolo 5

Dal foglio di calcolo si ottengono i valori riportati nella tabella sottostante.


Consideriamo i valori relativi ad un tempo di ritorno di 75 anni.

Tab.5.14 - Valori generali dal foglio di calcolo.

Inserendo i valori di VN e di CU nel foglio di calcolo si ottiene:

Fig.5.03 - Scelta della strategia di progettazione.

202
Struttura

Nella tabella “Valori di progetto” viene calcolata su base percentuale la probabilità


di superamento della forza sismica nel periodo di riferimento al variare dello stato
limite considerato, in riferimento alla tabella 3.2.1 della NTC 2008.

Tab.5.15 - Probabilità di superamento nel periodo di riferimento VR

Selezionando “Tabella parametri azione” dal foglio di calcolo 2, viene elaborata


una tabella con i valori “Tr”, “ag”, “Fo” e “Tc*” relativi ai vari stati limite.

Tab.5.16 - Valori per gli stati limite.

203
Capitolo 5

Formulazione stato limite di danno SLD


Per il calcolo della forza orizzontale alla base dell’edificio è necessario trovare lo
spettro delle accelerazioni relative allo stato limite considerato.
Lo spettro assume valori diversi a seconda dell’intervallo del periodo considerato.
La probabilità di superamento ai vari periodi di riferimento è data dalle seguenti
espressioni:

Dove le grandezze sopra riportate sono:


• T: periodo di vibrazione.
• Se: accelerazione spettrale orizzontale.
• Ss coefficiente di amplificazione stratigrafica;
• St coefficiente di amplificazione topografica;
• S: coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e condizioni
topografiche, è dato dalla formula

S = SS * ST

• n: fattore che altera lo spettro elastico.

n=(10/(5+ξ))1/2>0,55

• F0: fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima.


• Cc coefficiente legato alla categoria del sottosuolo;

204
Struttura

• TC: periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello


spettro, si ricava da
TC = CC * TC*
(TC* si ricava dalla categoria di sottosuolo)

• TB: periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione


costante, si ricava da
TB=TC/3

• TD: periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante dello


spettro, espresso in secondi dalla relazione

TD=4,0*(ag/g)+1,6

Determinazione della categoria del sottosuolo


Dalla tabella 3.2.II. della NTC 2008 si determina che il nostro terreno appartiene
alla categoria D, cioè depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o
di terreni a grana fina scarsamente consistenti.

Tab.5.17 - Categoria del sottosuolo.

205
Capitolo 5

Coefficiente di amplificazione stratigrafica “SS”


Dalla tabella 3.2.V della NTC 2008 si ricavano le formule per i coefficienti SS e Cc
in base alla categoria D del terreno.

Tab.5.18 - Categoria del sottosuolo

Al tempo di ritorno di 75 anni si hanno i seguenti valori:

Tab.5.19 - Determinazione Ss e Cc.

Siccome il coefficiente di amplificazione stratigrafica Ss risulta superiore al valore


limite ammissibile di 1,8 si decide di adottare pertanto quest’ultimo come valore
di Ss.

206
Struttura

Coefficiente di amplificazione topografica “ST”


Il coefficiente “St” viene ricavato mediante la tabella 3.2.VI in funzione sia
delle categorie topografiche definite dalla tabella 3.2.IV sia dall’ubicazione
dell’intervento. Da quest’ultima si ricava che la categoria topografica della nostra
area è la “T1”.

Tab.5.20 - Caratteristiche della superficie topografica.

Tab.5.21 - Caratteristiche ST.

Per la verifica del nostro edificio scegliamo una categoria T1 di conseguenza


assumiamo ST = 1,0.
Ricavati i valori SS e ST si determina il valore di S tramite la formula:
S = SS * ST

Tab.5.22 - Calcolo S.

207
Capitolo 5

Determinazione di “η” per componente orizzontale


Secondo quanto riportato al paragarfo 3.2.3.2.1 della NTC 2008 il fattore η tiene
conto delle capacità dissipative delle costruzioni alterando lo spettro di risposta
assunto a riferimento, per il quale η=1, definito come lo spettro elastico con
smorzamento viscoso convenzionale ξ=5%.
In caso contrario η viene calcolato mediante la seguente relazione:

n=(10/(5+ξ))1/2>0,55

Allo SLD nel software di calcolo per lo spettro di risposta inseriremo ξ e η presi
da normativa allo spettro di progettazione elastico.

Valore di struttura “q” e di “η” per la componente


componente verticale
Con riferimento al paragrafo 7.3.1 della NTC 2008 per la componente verticale
dell’azione sismica il valore di q utilizzato è di 1,5 per qualunque tipologia
strutturale e di materiale.
Per quanto riguarda “η” non sono presenti opportuni accelerogrammi quindi si
ricava il valore tramite la formula:
η=1/q

Tab.5.23 - Calcolo di n.

208
Struttura

Spettro di risposta allo SLD


Lo Stato Limite di Danno (SLD) è quando a seguito del terremoto la costruzione
nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le
apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere
a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità
di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali,
mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte
delle apparecchiature.
La selezione di questo stato limite avviene nel FOGLIO 3, in questo foglio si
inseriscono dove richiesto anche i dati raccolti.
Selezionando l’opzione “Parametri e punti spettri di risposta” si ricavano le tabelle
per le componenti orizzontali riportate sotto.
Parametri indipendenti componenti orizzontali:

Tab.5.24 - Parametri indipendenti componenti orizzontali.

Tab.5.25 - Parametri dipendenti componenti orizzontali.

209
Capitolo 5

Tab.5.26 - Spettro di risposta


componenti orizzontali.

Tab.5.27 - Parametri indipendenti componenti verticali.

Tab.5.28 - Parametri dipendenti componenti verticali

Tab.5.29 - Spettri di risposta


componenti verticali.

210
Struttura

Tab.5.30 - Grafico spettro di risposta orizzontale e verticale

211
Capitolo 5

Le relazioni per determinare i coefficienti necessari al calcolo dello spettro di


risposta sono le stesse usate per lo SLD illustrato al paragrafo 4.1.
Vengono di seguito riportati i coefficienti determinati per un tempo di ritorno di
712 anni allo SLV:

Tab.5.31 - Calcolo SS e CC

Siccome il coefficiente di amplificazione stratigrafica SS risulta superiore al valore


limite ammissibile di 1,2 si decide di adottare pertanto quest’ultimo come valore
di SS .
Ricavati i valori SS e ST si ricava il valore di S tramite la formula:

S = SS*ST

Valore di struttura q per la componente orizzontale


Il valore del fattore di struttura q da utilizzare per ciascuna direzione dell’azione
sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai
criteri di progettazione adottati e prende in conto della non linearità di materiale.
Esso può essere calcolato tramite la seguente espressione:

q = q0 * Kr

Il valore massimo del fattore di struttura q0 viene determinato secondo quanto


previsto al capitolo 7.4.3 della NTC 2008 sulla base della tipologia strutturale e
della classe di duttilità.

212
Struttura

Tab.5.32 - Tipologia strutturale.

Per strutture regolari in pianta con struttura a telaio con più piani e più campate
si adottano i seguenti valori:
α11/α1 = 1,3

Considerando una classe di duttilità alta il valore q0 da utilizzare è:

Tab.5.33 - Calcolo q0.

Fattore riduttivo Kr per la componente orizzontale


Il fattore riduttivo dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della
costruzione, costruzioni regolari hanno valore 1, tale valore ci consente di
calcolare q.

Tab.5.34 - Calcolo di q allo SLV.

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Capitolo 5

Fattore di struttura q e determinazione di “η” per la


componente orizzontale
Con riferimento al paragrafo 7.3.1 della NTC 2008 per la componente verticale
dell’azione sismica il valore di q utilizzato è di 1,5 per qualunque tipologia
strutturale e di materiale. Per la determinazione del valore “η”, non sono presenti
opportuni accelerogrammi quindi si ricava il tramite la formula:

η=1/q

Tab.5.35 - Calcolo di n.

Spetto di risposta allo SLV


Lo Stato Limite di salvaguardia per la Vita (SLV) è quando: a seguito del
terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali
ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una
perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione
conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un
margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali.
La selezione di questo stato limite avviene nel FOGLIO 3, in questo foglio
inseriremo dove richiesto anche i dati raccolti.
Selezionando l’opzione “Parametri e punti spettri di risposta” si ricavano le tabelle
per le componenti orizzontali e verticali riportate sotto.

Tab.5.36 - Parametri indipendenti componenti verticali SLV.

214
Struttura

Tab.5.37 - Parametri dipendenti componenti verticali SLV.

Tab.5.38 - Punti spettro di risposta


componenti orzzontali SLV.

Tab.5.39 - Parametri dipendenti componenti verticali SLV.

Tab.5.40 - Parametri dipendenti componenti verticali SLV.

Tab.5.41 - Punti di risposta spettro


componenti verticali SLV.

215
Capitolo 5

Tab.5.42 - Grafico dello spettro di risposta orizzontale e verticale allo SLV.

Forza orizzontale alla base dell’edificio


L’analisi statica viene condotta a partire dalle indicazioni contenute nella NTC
2008 al capitolo 7.3.3.2. Dato che l’edificio è regolare in pianta, ha un’altezza
inferiore ai 40 m e i pesi sono equamente distribuiti in altezza è possibile calcolare
il periodo di vibrazione T1 secondo la procedura seguente.

T1 = C1 * H3/4

216
Struttura

Dove:

• H: altezza della costruzione espressa in m;


• C1: vale 0,085 per le costruzione con la struttura in telai in acciaio, 0,075 per
struttura con telaio in calcestruzzo armato e 0,050 con struttura di altro tipo.

Tab.5.43 - Calcolo periodo di vibrazione T1.

Determinato il valore di T1 e utilizzando i valori di TB e TC calcolati sopra verifico


quale espressione dello spettro di risposta devo usare tra le seguenti per ricavare
Se=Sd:

Fig.5.04 - Scelta formule spettro di risposta.

Utilizzando le formule sopra riportate calcolo i parametri

Tab.5.44 - Risultati TB TC TD.

217
Capitolo 5

Sd valore dello spettro di risposta allo SLD


Essendo:

TC < T1 <TD

calcolo accelerazione spettrale orizzontale Se mediante la relazione:

Fig.5.05 - Calcolo Se.

Tab.5.45 - Risultato Sd.

Forza orizzontale Fh alla base dell’edificio per SLD e


SLV
Il passo successivo è ricavare Fh che è la forza orizzontale alla base dell’edificio
la quale la si ottiene tramite la formula:

Fh = Sd (T1) * W * λ / g

Dove:

• Sd(T1): è l’ordinata dello spettro di risposta;


• W: è il peso complessivo della costruzione;
• λ: coefficiente pari a 0,85 per costruzioni di almeno tre orizzontamenti e con
T1<2TC, mentre per gli altri casi lo si assume pari a 1;
• g: accelerazione di gravità.

218
Struttura

Applicando la formula sopra riportata si ottiene:

Tab.5.46 - Calcolo Fh al SLD.

Tab.5.47 - Calcolo Fh al SLV.

Forza orizzontale Fi relativ ad ogni piano allo SLD ed


SLV
Si calcola la Fi cioè la Fh per ogni piano allo SLD e allo SLV tramite:

Fi = Fh * Zi * Wi / ∑j Zj Wj

Dove:

• Fi: è la forza da applicare alla massa i-esima;


• Wi e Wj sono i pesi della massa i e della massa j;
• Zi e Zj sono le quote rispetto al piano di fondazione delle masse i e j;

Si calcola la quota a partire dal livello 0 del terreno, non dal livello del magrone,
perché si considera che tutto ciò che è interrato si muova in maniera solidale col
terreno.

219
Capitolo 5

Per lo stesso motivo non ha senso calcolare il peso della soletta che non grava
sulla struttura e in più si muove col terreno.

Tab.5.48 - Altezza costruzioni.

Tab.5.49 - Peso elementi costruttivi.

Tab.5.50 - Peso sui singoli orizzontamenti.

Tab.5.51 - Forza su singolo piano orizzontale SLD.

220
Struttura

Tab.5.52 - Forza su singolo piano orizzontale SLV.

Azione della neve


Il carico della neve sulle coperture viene valutato usando l’espressione:

qs = μi * qsk * Ce * Ct

Dove vengono determinati:

• μi: coefficiente di forma della copertura;


• qsk: valore tabulare caratteristico di riferimento del carico neve al suolo
[kN/m2];
• ce: coefficiente di esposizione;
• ct: coefficiente termico.

Fig.5.06 - Estratto normativa, calcolo carico provocato dalla neve sulla copertura.

221
Capitolo 5

Tab.5.53 - Calcolo qs carico della neve su copertura.

Azione del vento


L’edificio presenta una forma regolare, si applicano i carichi facendo riferimento
al capitolo 3.3 del D.M. del 14/01/2008.
L’edificio è situato in Lombardia, nel comune di Lecco posto ad un altezza sul
livello del mare “as” pari a 204 m.

Si osserva che il nostro sito si trova all’interno della zona 1 con una a0 pari a
1000m.
Essendo as<a0 la velocità di riferimento vb è pari vb0 ( 25 m/s ) calcolata ad una
altezza di 10m dal suolo in funzione della categoria di esposizione del terreno,
mediata su 10 min e riferita ad un periodici ritorno di 50 anni.

Tab.5.54 - Calcolo pressione cinetica qb.

222
Struttura

Il coefficiente di esposizione ce dipende dall’altezza z sul suolo del punto


considerato, dalla categoria di esposizione del sito e dalla topografia del terreno.
Per altezze sul suolo non maggiori di 200 m.
Dalla tabella 3.3.III determiniamo la classe di rugosità del terreno.
Essendo Il nostro edificio in un’area urbana di classe B, all’interno della zona 1,
posto ad una distanza dal mare superiore ai 30 km ed ad una altitudine inferiore
ai 500 m, dalla tabella ricaviamo la classe di appartenenza che corrisponde alla
IV.

Fig.5.07 - Estratto normativa, classe rugosità terreno.

Fig.5.08 - Estratto normativa, categoria di esposizione del sito.

223
Capitolo 5

Determiniamo ora il coefficiente di esposizione relativo alle altezze di interpiano


e il rispettivo valore della pressione del vento:

Tab.5.55 - Calcolo pressione del vento agli interpiani.

Tab.5.56 - Pressione in facciata.

Al fine di determinare l’azione del vento agente sui controventi valutiamo la forza
del vento ad una quota z pari all’interpiano e considerando un’area pari a metà
del piano superiore più metà dell’inferiore.

Tab.5.57 - Azione su intera facciata Sud Nord.

Tab.5.58 - Azione interpiani Sud Nord.

224
Struttura

Azioni Ovest:

Tab.5.59 - Azioni intera facciata Est.

Tab.5.60 - Azione interpiani Ovest

Azioni Est:

Tab.5.61 - Azioni intera facciata Est.

Tab.5.62 - Tabella XXX Azione interpiano Est.

225
Capitolo 5

Tagli e momenti generati dal vento alla base della


struttura

Tab.5.63 - Taglio e momento alla base della struttura.

Dimensionamento solaio

Solaio interpiano
Il calcolo della sollecitazione del solaio viene condotto facendo riferimento a una
superficie di 1m2.
Su questa superficie vengono applicati i carichi strutturali G0 e i carichi non
strutturali G1, ricavati dall’analisi dei pesi pacchetti.
Vengono sommati i carichi variabili uniformemente distribuiti (q), dati dalla tabella
3.1. II della NTC, secondo la categoria di utilizzo dell’edificio C3.

Tab.5.64 - Carichi agenti su solaio interpiano

226
Struttura

Combinazione fondamentale di carico al SLU e SLE del


piano tipo
Per le combinazioni di carico da effettuare sul solaio del piano tipo è utilizzata
una combinazione di carico al SLU e allo SLE. Con riferimento al paragrafo
2.5.3 della NTC 2008 la combinazione di carico è definita per lo stato limite
ultimo (SLU) come:

Fig.5.09 - Combinazione di carico all SLU.

Mentre per lo stato limite di esercizio (SLE):

Fig.5.10 - Combinazione di carico SLE.

Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di


combinazione. Per l’analisi dei carichi del solaio tipo i coefficienti di combinazioni
non servono in quanto avendo un solo carico variabile esso non è moltiplicato
per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008.

Tab.5.65 - Carico su unità di solaio.

227
Capitolo 5

Dal carico su unità di solaio allo SLU e dalla luce massima di progetto, ricaviamo
tabularmente lo spessore del solaio alveolare.

Fig.5.11 - Luce massima e portata.

In base ai calcoli effettuati, e alla tabella tecnica riportata sopra, per il solaio
interpiano utiliziamo un solaio tipo “Alveox 300 A3-30” con luce massima di 11m.

Solaio di copertura
Il calcolo delle sollecitazioni al solaio di copertura avviene come nel solaio
interpiano, ma alle forze in gioco si sommano quelle della neve e quelle della
diversa stratigrafia, tra i diversi pacchetti non strutturali, scegliamo quello più
pesante, quindi quello composto dal tetto giardino.

Tab.5.66 - Carichi agenti su solaio di copertura.

228
Struttura

Combinazione fondamentale di carico al SLU e SLE del


solaio di copertura
Per le combinazioni di carico da effettuare sul solaio del piano tipo è utilizzata
una combinazione di carico al SLU e allo SLE. Con riferimento al paragrafo
2.5.3 della NTC 2008 la combinazione di carico è definita per lo stato limite
ultimo (SLU) come:

Fig.5.12 - Combinazione carichi allo SLU.

Mentre per lo stato limite di esercizio (SLE):

Fig.5.13 - Combinazione carichi allo SLE.

Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di


combinazione. Per l’analisi dei carichi del solaio tipo i coefficienti di combinazioni
non servono in quanto avendo un solo carico variabile esso non è moltiplicato
per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008.
Nella tabella sottostante riassumiamo i carichi calcolati e i coefficienti parziali da
utilizzare per la combinazione:

Tab.5.67 - Carico su unita di superficie copertura.

229
Capitolo 5

Dal carico su unità di solaio allo SLU e dalla luce massima di progetto, ricaviamo
tabularmente lo spessore del solaio alveolare.

Fig.5.14 - Luce massima e portata

In base ai calcoli effettuati, e alla tabella tecnica riportata sopra, per il solaio
interpiano utiliziamo un solaio tipo “Alveox 300 A4-30” con luce massima di 11m.

230
Struttura

Dimensionamento trave

Trave centrata interpiano


L’area d’influenza della trave centrata è quella campita nell’immagine sottostante.

Fig.5.15 - Area di influenza trave.

231
Capitolo 5

Per il calcolo dell’area di influenza della trave scelta si usano le dimensioni l e b


corrispondenti alla lunghezza totale della trave e alla sua sezione che corrisponde
a metà dei solai che scaricano sulla trave.

Tab.5.68 - Superficie che grava sulla trave

Come riportato al paragrafo 2.5.1.3 del DM 14.2008 i carichi agenti sulla trave
vengono divisi in strutturali (G0), non strutturali (G1) e variabili (Q). Nei carichi
strutturali dovrò considerare il peso strutturale del solaio, in quelli non strutturali
il peso non strutturale del solai e delle partizioni interne mentre i variabili sono
legati alla destinazione d’uso dell’edificio.

Tab.5.69 - Carichi agenti sulla trave

232
Struttura

Combinazione fondamentale di carico allo SLU e allo


SLE del piano tipo
Per le combinazioni di carico da effettuare sulla trave del piano tipo è utilizzata
una combinazione di carico al SLU e allo SLE. Con riferimento al paragrafo
2.5.3 della NTC 2008 la combinazione di carico è definita per lo stato limite
ultimo (SLU) come:

Fig.5.16 - Combinazione di carico SLU.

Mentre per lo stato limite di esercizio (SLE):

Fig.5.17 - Combinazione di carico SLE.

Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di


combinazione. Per l’analisi dei carichi del piano tipo i coefficienti di combinazioni
non servono in quanto avendo un solo carico variabile esso non è moltiplicato
per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008.
Nella tabella sottostante riassumiamo i carichi calcolati al paragrafo precedente
e i coefficienti parziali da utilizzare per la combinazione:

Tab.5.70 - Carichi agenti sulla trave e coefficienti

233
Capitolo 5

Applicando la formula per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU e


quella per lo SLE sopra riportata si ottiene:

Tab.5.71 - Carichi agenti su trave, corretti dai coefficienti

Combinazione di carico
Abbiamo studiato la trave variando le condizioni di carico, lasciando fissi i soli
carichi strutturali G0, quindi simulando ogni tipo di utilizzo, al fine di andare a
considererare l’invilupo dei momenti più gravoso. Un ulteriore studio è stato
quello di considerare il carico completo su ogni singola campata, vincolata con
l’incastro sulle estremità.

Fig.5.18 - Inviluppo SLE.

234
Struttura

Fig.5.19 - Inviluppo SLU

Come risulta chiaro dai grafici, le zone più sollecitate sono in prossimità dei
pilastri e della mezzeria, vediamo di seguito lo studio della zona a momento
maggiore positivo e negativo.

Fig.5.20 - Sezioni analizzate

Sezione B-B’
La sezione B-B è il punto a momento massimo nella prima campata, situato ad
5,25 m, si riportano nella tabelle sottostante i momenti massimi agenti allo SLE
e allo SLU ottenuti dai diagrammi di inviluppo calcolati al paragrafo precedente.

Tab.5.72 - Momenti agenti B-B.

La sezione B-B si trova all’interno della campata e quindi è caratterizzata da


momento positivo, pertanto le fibre tese sono quelle inferiori e quindi l’armatura
andrà disposta nella parte inferiore.

235
Capitolo 5

Nella tabella seguente si riportano i valori delle seguenti grandezze necessari al


dimensionamento dell’armatura del solaio:
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• momento agente Mad allo SLU;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• tensione caratteristica di snervamento fyk;
• area teorica As minima per l’armatura;
• area armatura ipotizzata.

Tab.5.73 - Area teorica.

Per la verifica dell’armatura l’area ipotizzata dev’essere maggiore a quella teorica:

Tab.5.74 - Armatura adottata B-B’.

Verifica SLU
Per la verifica allo SLU è necessario calcolare il momento resistente di progetto
Mrd per il quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• area armatura;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• resistenza del calcestruzzo di progetto a compressione fcd;

236
Struttura

• rapporto meccanico armatura ωs ottenuta da: ωs = (As * fsd) / (b * d * fcd)


• posizione dell’asse neutro x;
• campo delle armature ξ.

Tab.5.75 - Campo delle armature B-B’

Per calcolare z,distanza dell’armatura dal baricentro, si deve analizzare il valore


di ξ:

• se ξ < 0,1 allora z = 0,96 * d;


• se ξ > 0,1 allora z = d – (0,4 * x).

Tab.5.76 - Distanza armature dal baricentro

Per il calcolo del momento resistente Mrd si applica la seguente relazione:

Mrd = As * fyd * z

Per la verifica del momento deve essere rispettata la seguente relazione:

Mrd > Mad

237
Capitolo 5

Si ottiene:

Tab.5.77 - Verifica B-B’

Verifica allo SLE


Per la verifica allo SLE è necessario calcolare la tensione a compressione per la
quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• resistenza caratteristica a compressione fck;


• tensione massima di compressione σc adm;
• rapporti moduli elastici;
• area armatura utilizzata As;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• posizione asse neutro X ottenuta dall’equazione:

½ * b * x2 + m * As * x – m * As * d = 0

Tab.5.78 - Posizione asse neutro

238
Struttura

Per il calcolo della tensione σc si applica la seguente relazione:

σc = 2 * Mak / [b * x * ( d – x / 3)]

Affinchè la tensione ottenuta sia corretta deve valere la seguente relazione:

σc < σ c adm

Tab.5.79 - Verifica SLE B-B’.

Per il calcolo dello sforzo nell’acciaio sono necessarie le seguenti grandezze


riportate in tabella. Lo sforzo dell’acciaio σs deriva dalle ipotesi di planarità della
sezione, combinata con quella di perfetta aderenza ed elasticità dei materiali.
Per la verifica deve valere la seguente condizione:

σs < 0,8 fyk

Si ottiene:

Tab.5.80 - Verifica acciaio B-B’.

239
Capitolo 5

Verifica a fessurazione
Con riferimento al paragrafo 4.1.2 della NTC 2008 per il calcolo della verifica
indiretta della fessurazione in funzione di:

• gruppo di esigenza;
• condizione ambientale;
• combinazione d’azioni;
• sensibilità armatura;

si determina il valore limite di apertura della fessura w.

Fig.5.21 - Immagine XXX Tabelle 4.1.III e 4.1.IV della NTC 2008 per il calcolo del valore limite di apertura della fessura

Nel caso in esame si assume per w il valore di w3= 0,4. Confrontando i dati
relativi allo sforzo nell’acciaio σs con il valore w3 si ricava il diametro massimo
dell’armatura come riportato nella tabella sottostante:

Tab.5.81 - Diametro massimo armature

240
Struttura

Ricavato il valore massimo che può avere l’armatura verifichiamo se il diametro


scelto è inferiore a quello massimo ammissibile:

Tab.5.82 - Verifica alla fessurazione B-B’

Sezione C-C’
La sezione C-C’ si trova su un pilastro, si riportano nella tabelle sottostante i
momenti massimi agenti allo SLE e allo SLU ottenuti dai diagrammi di inviluppo
calcolati al paragrafo precedente.

Tab.5.83 - Momenti agenti C-C’.

La sezione C-C’ si trova su un appoggio e quindi è caratterizzata da momento


negativo, pertanto le fibre tese sono quelle superiori e quindi l’armatura andrà
disposta nella parte superiore.
Nella tabella seguente si riportano i valori delle seguenti grandezze, necessari al
dimensionamento dell’armatura del solaio:

• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il


baricentro del lembo teso;
• momento agente Mad allo SLU;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• tensione caratteristica di snervamento fyk;
• area teorica As minima per l’armatura;
• area armatura ipotizzata.

241
Capitolo 5

Per la verifica dell’armatura l’area ipotizzata dev’essere maggiore di quella


teorica:

Tab.5.84 - Armatura adottata C-C’.

Verifica allo SLU


Per la verifica allo SLU è necessario calcolare il momento resistente di progetto
Mrd per il quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• area armatura;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• resistenza del calcestruzzo di progetto a compressione fcd;
• rapporto meccanico armatura ωs ottenuta da: ωs = (As * fsd) / (b * d * fcd)
• posizione dell’asse neutro x;
• campo delle armature ξ.

Tab.5.85 - Campo delle armature C-C’

242
Struttura

Per calcolare z,distanza dell’armatura dal baricentro, si deve analizzare il valore


di ξ:

• se ξ < 0,1 allora z = 0,96 * d;


• se ξ > 0,1 allora z = d – (0,4 * x).

Tab.5.86 - Distanza armatura baricentro C-C’

Per il calcolo del momento resistente Mrd si applica la seguente relazione:

Mrd = As * fyd * z

Per la verifica del momento deve essere rispettata la seguente relazione:

Mrd > Mad


Si ottiene:

Tab.5.87 - Verifica momento resistente C.C’

243
Capitolo 5

Verifica SLE
Per la verifica allo SLE è necessario calcolare la tensione a compressione per la
quale sono necessarie le seguenti grandezze:
• resistenza caratteristica a compressione fck;
• tensione massima di compressione σc adm;
• rapporti moduli elastici;
• area armatura utilizzata As;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• posizione asse neutro X ottenuta dall’equazione:

½ * b * x2 + m * As * x – m * As * d = 0

Tab.5.88 - Posizione asse neutro, sezione C-C’

Per il calcolo della tensione σc si applica la seguente relazione:

σc = 2 * Mak / [b * x * ( d – x / 3)]

Affinchè la tensione ottenuta sia corretta deve valere la seguente relazione:

σc < σ c adm

244
Struttura

Tab.5.89 - Verifica della tensione ammissibile

Per il calcolo dello sforzo nell’acciaio sono necessarie le seguenti grandezze


riportate in tabella. Lo sforzo dell’acciaio σs deriva dalle ipotesi di planarità della
sezione, combinata con quella di perfetta aderenza ed elasticità dei materiali.
Per la verifica deve valere la seguente condizione:

σs < 0,8 fyk

Si ottiene:

Tab.5.90 - Verifica acciaio C-C’

Verifica a fessurazione
Con riferimento al paragrafo 4.1.2 della NTC 2008 per il calcolo della verifica
indiretta della fessurazione in funzione di:

• gruppo di esigenza;
• condizione ambientale;
• combinazione d’azioni;
• sensibilità armatura.

245
Capitolo 5

Si determina il valore limite di apertura della fessura w.

Fig.5.22 - Estratto tabella 4.1.III e 4.1.IV. NTC 2008

Nel caso in esame si assume per w il valore di w3= 0,4. Confrontando i dati
relativi allo sforzo nell’acciaio σs con il valore w3 si ricava il diametro massimo
dell’armatura come riportato nella tabella sottostante:

Tab.5.91 - Dimensioni massime armature

Ricavato il valore massimo che può avere l’armatura verifichiamo se il diametro


scelto è inferiore a quello massimo ammissibile:

Fig.5.23 - Tabella XXX Verifica a fessurazione C-C’

246
Struttura

Conclusioni
Dallo studio delle sezioni di trave, si viene a notare che per resistere alle elevate
sollecitazioni indotte dai carichi, bisognerebbe adottare delle barre d’armatura
dall’elevato diametro e dalle notevoli dimensionidi base e altezza, con il rischio
connesso di eventuali fessurazioni. Per questo preferiamo adottare la tecnologia
della precompressione, in soluzione prefabbricata.

Fig.5.24 - Dimensioni trave prefabbricata

247
Capitolo 5

Dimensionamento trave di copertura


L’area d’influenza della trave centrata è quella campita nell’immagine sottostante.

Fig.5.25 - Area di influenza trave di copertura

248
Struttura

Per il calcolo dell’area di influenza della trave scelta si usano le dimensioni l e b


corrispondenti alla lunghezza totale della trave e alla sua sezione che corrisponde
a metà dei solai che scaricano sulla trave.

Tab.5.92 - Area di influenza

Come riportato al paragrafo 2.5.1.3 del DM 14.2008 i carichi agenti sulla trave
vengono divisi in strutturali (G0), non strutturali (G1) e variabili (Q). Nei carichi
strutturali dovrò considerare il peso strutturale del solaio, in quelli non strutturali
il peso non strutturale del solai e delle partizioni interne mentre i variabili sono
legati alla destinazione d’uso dell’edificio.

Tab.5.93 - Carichi trave

Combinazioni fondamentali di carico SLE e SLU


Per le combinazioni di carico da effettuare sulla trave del piano tipo è utilizzata
una combinazione di carico al SLU e allo SLE. Con riferimento al paragrafo
2.5.3 della NTC 2008 la combinazione di carico è definita per lo stato limite
ultimo (SLU) come:

Fig.5.26 - Formula SLU

249
Capitolo 5

Mentre per lo stato limite di esercizio (SLE):

Fig.5.27 - Formula SLE

Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di


combinazione. Per l’analisi dei carichi del piano tipo i coefficienti di combinazioni
non servono in quanto avendo un solo carico variabile esso non è moltiplicato
per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008.
Nella tabella sottostante riassumiamo i carichi calcolati al paragrafo precedente
e i coefficienti parziali da utilizzare per la combinazione:

Tab.5.94 - Carico trave allo SLU e SLE

Applicando la formula per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU e


quella per lo SLE sopra riportata si ottiene:

Tab.5.95 - Combinazioni di caico SLE e SLU

250
Struttura

Combinazioni di carico
Abbiamo studiato la trave variando le condizioni di carico, lasciando fissi i soli
carichi strutturali G0, quindi simulando ogni tipo di utilizzo, al fine di andare a
considererare l’invilupo dei momenti più gravoso. Un ulteriore studio è stato
quello di considerare il carico completo su ogni singola campata, vincolata con
l’incastro sulle estremità.

Fig.5.28 - Diagramma di inviluppo SLE

Fig.5.29 - Diagramma di inviluppo SLU

251
Capitolo 5

Come risulta chiaro dai grafici, le zone più sollecitate sono in prossimità dei
pilastri e della mezzeria, vediamo di seguito lo studio della zona a momento
maggiore positivo e negativo.

Fig.5.30 - Disposizione linee di sezione

Sezione B-B’
La sezione B-B’ è il punto a momento massimo nella prima campata, situato ad
5,25 m, si riportano nella tabelle sottostante i momenti massimi agenti allo SLE
e allo SLU ottenuti dai diagrammi di inviluppo calcolati al paragrafo precedente.

Tab.5.96 - Momenti agenti sulla sezione B-B’

La sezione B-B’ si trova all’interno della campata e quindi è caratterizzata da


momento positivo pertanto le fibre tese sono quelle inferiori e quindi l’armatura
andrà disposta nella parte inferiore.
Nella tabella seguente si riportano i valori delle seguenti grandezze necessari al
dimensionamento dell’armatura del solaio:

• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il


baricentro del lembo teso;
• momento agente Mad allo SLU;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• tensione caratteristica di snervamento fyk;
• area teorica As minima per l’armatura;
• area armatura ipotizzata.

252
Struttura

Tab.5.97 - Calcolo dell’area teorica sezione B-B’

Per la verifica dell’armatura l’area ipotizzata dev’essere maggiore a quella teorica:

Tab.5.98 - Armatura adottata B-B’

Verifica SLU
Per la verifica allo SLU è necessario calcolare il momento resistente di progetto
Mrd per il quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• area armatura;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• resistenza del calcestruzzo di progetto a compressione fcd;
• rapporto meccanico armatura ωs ottenuta da: ωs = (As * fsd) / (b * d * fcd)
• posizione dell’asse neutro x;
• campo delle armature ξ.

Tab.5.99 - Campo delle armature B-B’

253
Capitolo 5

Per calcolare z,distanza dell’armatura dal baricentro, si deve analizzare il valore


di ξ:

• se ξ < 0,1 allora z = 0,96 * d;


• se ξ > 0,1 allora z = d – (0,4 * x).

Tab.5.100 - Distanza armatura asse dal baricentro B-B’

Per il calcolo del momento resistente Mrd si applica la seguente relazione:

Mrd = As * fyd * z

Per la verifica del momento deve essere rispettata la seguente relazione:

Mrd > Mad


Si ottiene:

Tab.5.101 - Verifica SLE sezione B-B’

254
Struttura

Verifica SLE
Per la verifica allo SLE è necessario calcolare la tensione a
compressione per la quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• resistenza caratteristica a compressione fck;


• tensione massima di compressione σc adm;
• rapporti moduli elastici;
• area armatura utilizzata As;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il baricentro
del lembo teso;
• posizione asse neutro X ottenuta dall’equazione:

½ * b * x2 + m * As * x – m * As * d = 0

Per il calcolo della tensione σc si applica la seguente relazione:

σc = 2 * Mak / [b * x * ( d – x / 3)]

Affinchè la tensione ottenuta sia corretta deve valere la seguente relazione:

σc < σ c adm

255
Capitolo 5

Verifica fessurazione
Con riferimento al paragrafo 4.1.2 della NTC 2008 per il calcolo della verifica
indiretta della fessurazione in funzione di:

• gruppo di esigenza;
• condizione ambientale;
• combinazione d’azioni;
• sensibilità armatura.

Si determina il valore limite di apertura della fessura w.

Tab.5.102 - Tabella 4.1.III. e 4.1.IV. dela NTC 2008

Nel caso in esame si assume per w il valore di w3= 0,4. Confrontando i dati
relativi allo sforzo nell’acciaio σs con il valore w3 si ricava il diametro massimo
dell’armatura come riportato nella tabella sottostante:

Tab.5.103 - Determinazione diametro massimo dell’armatura

256
Struttura

Ricavato il valore massimo che può avere l’armatura verifichiamo se il diametro


scelto è inferiore a quello massimo ammissibile:

Tab.5.104 - Verifica ferri d’armatura

Sezione C-C’
La sezione C-C’ si trova su un pilastro, si riportano nella tabelle sottostante i
momenti massimi agenti allo SLE e allo SLU ottenuti dai diagrammi di inviluppo
calcolati al paragrafo precedente.

Tab.5.105 - Momenti agenti sezione C-C’

La sezione C-C’ si trova su un appoggio e quindi è caratterizzata da momento


negativo pertanto le fibre tese sono quelle superiori e quindi l’armatura andrà
disposta nella parte superiore.
Nella tabella seguente si riportano i valori delle seguenti grandezze necessari al
dimensionamento dell’armatura del solaio:

• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il


baricentro del lembo teso;
• momento agente Mad allo SLU;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• tensione caratteristica di snervamento fyk;
• area teorica As minima per l’armatura;
• area armatura ipotizzata.

257
Capitolo 5

Tab.5.106 - Predimensionamento armatura C-C’

Per la verifica dell’armatura l’area ipotizzata dev’essere maggiore a quella teorica:

Verifica SLU
Per la verifica allo SLU è necessario calcolare il momento resistente di progetto
Mrd per il quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• area armatura;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• tensione snervamento di progetto fyd ;
• resistenza del calcestruzzo di progetto a compressione fcd;
• rapporto meccanico armatura ωs ottenuta da: ωs = (As * fsd) / (b * d * fcd)
• posizione dell’asse neutro x;
• campo delle armature ξ.

Tab.5.107 - Campo delle armature C-C’

258
Struttura

Per calcolare z,distanza dell’armatura dal baricentro, si deve analizzare il valore


di ξ:

• se ξ < 0,1 allora z = 0,96 * d;


• se ξ > 0,1 allora z = d – (0,4 * x).

Tab.5.108 - Distanza armatura baricentro C-C’

Per il calcolo del momento resistente Mrd si applica la seguente relazione:

Mrd = As * fyd * z

Per la verifica del momento deve essere rispettata la seguente relazione:

Mrd > Mad

Si ottiene:

Tab.5.109 - Verifica SLU sezione C-C’

259
Capitolo 5

Verifica SLE
Per la verifica allo SLE è necessario calcolare la tensione a compressione per la
quale sono necessarie le seguenti grandezze:

• resistenza caratteristica a compressione fck;


• tensione massima di compressione σc adm;
• rapporti moduli elastici;
• area armatura utilizzata As;
• base della sezione compressa b;
• altezza utile di sezione d pari alla distanza tra il lembo compresso e il
baricentro del lembo teso;
• posizione asse neutro X ottenuta dall’equazione:

½ * b * x2 + m * As * x – m * As * d = 0

Tab.5.110 - Posizione asse neutro sezione C-C’

Per il calcolo della tensione σc si applica la seguente relazione:

σc = 2 * Mak / [b * x * ( d – x / 3)]

Affinchè la tensione ottenuta sia corretta deve valere la seguente relazione:

σc < σ c adm

260
Struttura

Tab.5.111 - Verifica SLE sezione C-C’

Per il calcolo dello sforzo nell’acciaio sono necessarie le seguenti grandezze


riportate in tabella. Lo sforzo dell’acciaio σs deriva dalle ipotesi di planarità della
sezione, combinata con quella di perfetta aderenza ed elasticità dei materiali.
Per la verifica deve valere la seguente condizione:

σs < 0,8 fyk

Si ottiene:

Tab.5.112 - Verifica acciaio sezione C-C’

Verifica fessurazione
Con riferimento al paragrafo 4.1.2 della NTC 2008 per il calcolo della verifica
indiretta della fessurazione in funzione di:

• gruppo di esigenza;
• condizione ambientale;
• combinazione d’azioni;
• sensibilità armatura.

261
Capitolo 5

Si determina il valore limite di apertura della fessura w.

Tab.5.113 - Tabella 4.1.III. e 4.1.IV. della NTC. 2008

Nel caso in esame si assume per w il valore di w3= 0,4. Confrontando i dati
relativi allo sforzo nell’acciaio σs con il valore w3 si ricava il diametro massimo
dell’armatura come riportato nella tabella sottostante:

Fig.5.31 - Diametro massimo ferri d’armatura sezione C-C’

Ricavato il valore massimo che può avere l’armatura verifichiamo se il diametro


scelto è inferiore a quello massimo ammissibile:

Tab.5.114 - Verifica alla fessurazione sezione C-C’

262
Struttura

Conclusioni
Dallo studio delle sezioni di trave, si viene a notare che per resistere alle elevate
sollecitazioni indotte dai carichi, bisognerebbe adottare delle barre d’armatura
dall’elevato diametro e dalle notevoli dimensionidi base e altezza, senza con
il rischio connesso di eventuali fessurazioni. Per questo preferiamo adottare la
tecnologia del precompresso, in soluzione prefabbricata.

Fig.5.32 - Immagine XXX Trave prefabbricata utilizzata

263
Capitolo 5

Pilastro centrato

Dimensionamento pilastro centrato


Per dimensionare il pilastro centrato si considerano i carichi agenti sull’area
d’influenza del pilastro in esame provenienti dai vari piani e dalla copertura.
La verifica viene effettuata a compressione perché il pilastro essendo centrato
riceve dalle travi momenti e azioni eccentriche uguali e contrarie sui due lati; di
conseguenza l’unica forza agente è quella assiale.
Per la scelta della classe di resistenza si considera una struttura semplicemente
armata. Facendo riferimento al capitolo 4.1 del D.M. del 14/01/2008 in funzione
della struttura adottata si utilizzerà una classe di resistenza minima C16/20 come
riportato nella tabella 4.1.II della NTC:

Tab.5.115 - Tabella 4.1.II. della NTC 2008 riportante l’impiego delle diverse classi di resistenza

Al capitolo 7.4.2.1 della NTC 2008 si specifica che non è ammesso l’uso di
conglomerati di classe inferiore a C20/25 si utilizzerà pertanto una classe di
resistenza pari a C25/30.
Per la verifica agli stati limite come riportato nella NTC 2008 al paragrafo 4.1.2 si
assumono i seguenti valori in funzione della classe di resistenza scelta:

264
Struttura

Fig.5.33 - Caratteristiche calcestruzzo classe C25/30

Per l’armatura si utilizza un acciaio tipo B450C compatibile con le caratteristiche


del calcestruzzo adottato.

Fig.5.34 - Acciaio per armatura B450C ad alta duttilità

265
Capitolo 5

L’area d’influenza del pilastro centrato è quella campita nell’immagine sottostante,


ottenuta tracciando le linee di mezzaria delle singole campate di solai e travi in
modo da individuare le zone di carico che competono al pilastro.

Fig.5.35 - Area di influenza pilastro centrato

266
Struttura

Per il calcolo dell’area di influenza del pilastro scelto si usano le dimensioni di


influenza i ed l determinati dai punti medi delle travi che insistono sul pilastro che
le sorregge.
Si ottiene:

Tab.5.116 - Dimensioni di influenza pilastro centrato

L’area di influenza del pilastro va corretta con il coefficiente di iperstaticità che si


assume pari a 1,4.:

S [m2] = S1 [m2] * 1,4

Si ottiene:

Tab.5.117 - Area di influenza pilastro, moltiplicata per coefficiente di iperelasticità

Carichi permanenti solaio interpiano


Come riportato al paragrafo 2.5.1.3 del DM 14.2008 i carichi agenti sul pilastro
vengono divisi in permanenti (strutturali e non strutturali) e variabili (accidentali).
Nei carichi permanenti si considera il peso strutturale dei solai, il peso non
strutturale dei solai e delle partizioni interne.
Nella tabella sottostante viene riportato il peso dei carichi permanenti del solaio
tipo dato dalla sommatoria dei pesi della parte strutturale e di quella non strutturale
(calcolati al capitolo 2) entrambi moltiplicati per l’area d’influenza del pilastro (S).
Si ottiene:

Tab.5.118 - Carichi permanenti solaio

267
Capitolo 5

Ai carichi strutturali dobbiamo aggiungere il peso dell’anima fuori spessore della


trave di spina. Per il calcolo del peso si adotta un coefficiente di iperstaticità pari a
1,2. Utilizzando i dati dimensionali riportati di seguito si ricava il peso dell’anima.

Tab.5.119 - Peso dell’anima fuori spessore

Il peso complessivo dei carichi permanenti dato dalla sommatoria della parte
strutturale e non del solaio interpiano e dal peso anima trave è:

Tab.5.120 - Peso carichi permanenti

Nella tabella sottostante vengono riassunti i carichi agenti sul pilastro centrale
dovuti al peso della parte non strutturale delle partizioni verticali calcolate al
capitolo 2.

Tab.5.121 - Peso partizioni non strutturali

Carichi permanenti copertura


Nella tabella sottostante viene riportato il peso dei carichi permanenti della
copertura dato dalla sommatoria dei pesi della parte strutturale e di quella non
strutturale entrambi moltiplicati per l’area di influenza del pilastro (S).
Si ottiene:

Tab.5.122 - Peso strutturale copertura

268
Struttura

Ai carichi strutturali dobbiamo aggiungere il peso dell’anima fuori spessore della


trave di spina. Per il calcolo del peso si adotta un coefficiente di iperstaticità pari a
1,2. Utilizzando i dati dimensionali riportati di seguito si ricava il peso dell’anima.

Tab.5.123 - Peso anima trave fuori spessore di spina della copertura

Il peso complessivo dei carichi permanenti dato dalla sommatoria del peso
dell’anima della trave con il peso della parte strutturale e non della copertura è:

Carichi variabili
I carichi variabili legati all’uso dell’edificio sono pari a qK = 2 kN/m2 come riportato
nella tabella 3.1.II della NTC 2008. I carichi variabili agenti sul pilastro centrale
sono:

Tab.5.124 - Carichi variabili

Per il calcolo dei carichi variabili qs dovuti alla neve si fa riferimento al paragrafo
3.5 della relazione sull’acciaio.
Nella tabella sottostante riportiamo il carico verticale da neve agente sulla trave:

Tab.5.125 - Carico verticale da neve

269
Capitolo 5

Carichi agenti sul pilastro


I carichi variabili agenti sul pilastro calcolati sopra si assumono concorrere con
intensità ridotta; la riduzione viene effettuata moltiplicando il valore dei carichi
variabili per il coefficiente αA pari a 0,92 come indicato dalla EC1. Tale riduzione
viene applicata a tutti i piani fuori terra fatta eccezione della copertura. I carichi
permanenti e variabili sono quelli calcolati sopra.
Si ottiene:

Tab.5.126 - Carichi ridotti dal coefficiente

Dove:

Carichi permanenti copertura (GK) = P2 [KN]


Carichi variabili copertura (Q) = qsa [KN]
Carichi permanenti piano 3°, 2° e 1° (GK) = P1 [KN]
Carichi variabili piano 3°, 2° e 1° (Q) = qks + G1 [KN]
Carichi variabili ridotti (QK) = Q * 0,92 [KN]

Coefficiente di sicurezza parziale γf*


Per il calcolo del pilastro devo considerare il coefficiente parziale di sicurezza
calcolato nel seguente modo:

Fig.5.36 - Formula coefficiente di


sicurezza parziale

270
Struttura

Applicando la formula otteniamo:

Tab.5.127 - Calcolo coefficiente di sicurezza parziale

Predimensionamento della sezione


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• il carico FK proveniente dall’impalcato superiore sul pilastro considerato


ottenuto dalla sommatoria dei carichi permanenti e variabili ridotti;
• lo sforzo assiale N ottenuto sommando progressivamente i carichi;
• il coefficiente di sicurezza parziale γf*;
• il valore di calcolo dell’azione assiale NEd ottenuta amplificando per γf* lo
sforzo precedente;
• la resistenza di progetto a compressione fcd ricavata dalla NTC 2008 al
paragrafo 4.1.2;
• l’area teorica minima Ac0 = NEd/fcd di calcestruzzo necessaria per resistere
da sola all’azione di carico.

Tab.5.128 - Calcolo area teorica minima

Possiamo ora verificare se l’area effettiva Ac calcolata in funzione delle dimensioni


scelte del pilastro, è superiore a quella teorica Ac0 calcolata sopra. Se la verifica
è corretta possiamo adottare le dimensioni ipotizzate per il pilastro.

271
Capitolo 5

Si ottiene:

Tab.5.129 - Verifica AC

Peso proprio del pilastro


Per verificare che le dimensioni scelte del pilastro siano corrette dobbiamo
aggiungere ai carichi Fk il peso del pilastro ipotizzato.
Per il calcolo del peso P del pilastro sono necessarie le seguenti grandezze:

• dimensioni del pilastro b e h;


• altezza interpiano H;
• densità del calcestruzzo γcls.
• applicando la seguente formula otteniamo:

Tab.5.130 - Calcolo peso proprio pilastro

Verifica del pilastro con peso proprio


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• il carico FK proveniente dall’impalcato superiore sul pilastro considerato


ottenuto dalla sommatoria dei carichi permanenti, variabili ridotti e il peso
proprio del pilastro;
• lo sforzo assiale N ottenuto sommando progressivamente i carichi;
• il coefficiente di sicurezza parziale γf*;
• il valore di calcolo dell’azione assiale NEd ottenuta amplificando per γf* lo

272
Struttura

sforzo precedente;
• la resistenza di progetto a compressione fcd ricavata dalla NTC 2008 al
paragrafo 4.1.2;
• l’area teorica minima Ac0 = NEd/fcd di calcestruzzo necessaria per resistere da
sola all’azione di carico.

Tab.5.131 - Verifica pilastro con peso proprio

Possiamo ora verificare se l’area effettiva Ac calcolata in funzione delle dimensioni


scelte del pilastro, è superiore a quella teorica Ac0 calcolata sopra. Se la verifica
è corretta possiamo adottare le dimensioni ipotizzate per il pilastro.
Si ottiene:

Fig.5.37 - Verifica dimensioni pilastro

Dalla verifica possiamo affermare che le dimensioni ipotizzate per i pilastri erano
corrette.

273
Capitolo 5

Predimensionamento armatura
Per il predimensionamento dell’armatura con riferimento al capitolo 4.1.6.1.2 del
D.M. del 14/01/2008, nel caso di elementi sottoposti a sforzo prevalentemente
normale le barre parallele all’asse devono avere Ø ≥ 12 mm (limite tecnologico);
inoltre la loro area (limite meccanico) non deve essere inferiore a:

Fig.5.38 - AS min

e comunque non inferiore a 0,3% Ac (limite geometrico).


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• dimensioni effettive del pilastro adottato b x h;


• area effettiva del pilastro adottato Ac ;
• limite geometrico Asmin (sezione armatura) pari a 0,3% di Ac;
• tensione di snervamento di progetto fsd ;
• il valore di calcolo dell’azione assiale NEd calcolato nella verifica del pilastro
con peso proprio;
• limite meccanico Asmin (sezione armatura) pari a 0,1*NEd/fsd;
• limite tecnologico che come riportato dalla NTC prevede che le barre abbiano
un diametro minimo di 12 mm2.

Tab.5.132 - Dimensionamento minimo

274
Struttura

Trovati i tre limiti (geometrico, meccanico e tecnologico), la sezione effettiva


dell’armatura metallica viene dimensionata scegliendo il valore più alto tra le
aree dei limiti. Individuato il valore più alto in funzione dei diametri in commercio
delle barre si trova l’area della sezione effettiva dell’armatura metallica (As).

Tab.5.133 - Area minima acciaio

Per tutti i pilastri adotteremo per l’armatura 5 ferri di diametro 12 mm.

Combinazione fondamentale di carico allo SLU ed SLE del


piano tipo
Con riferimento al paragrafo 2.5.3 della NTC 2008 la combinazione di carico è
definita per lo stato limite ultimo (SLU) come:

mentre per lo stato limite di esercizio (SLE):

Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di


combinazione.
Per il piano tipo i coefficienti di combinazioni non servono in quanto avendo un solo
carico variabile esso non è moltiplicato per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008. Nella tabella
sottostante si riassumono i carichi permanenti calcolati al paragrafo precedente
e i coefficienti parziali da utilizzare per la combinazione:

275
Capitolo 5

Tab.5.134 - Carichi permanenti e coefficienti parziali

Applicando le formule per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU


ed SLE sopra riportate si ottiene:

Tab.5.135 - Carichi SLU e SLE

Combinazione fondamentale di carico della copertura allo SLU


ed SLE
Le formule adottate per il calcolo allo SLU e SLE sono le stesse usate per la
combinazione di carico del piano tipo.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.6.I della NTC 2008 mentre
quelli di combinazione nella tabella 2.5.I. Nella tabella sottostante si riassumono
i carichi permanenti e variabili calcolati al paragrafo precedente e i coefficienti
parziali da utilizzare per la combinazione:

Tab.5.136 - Carichi permanenti, variabili e coefficienti della copertura

276
Struttura

Applicando le formule per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU


ed SLE sopra riportate si ottiene:

Tab.5.137 - Carico SLU ed SLE sulla copertura

Verifica resistenza a compressione


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• peso proprio anima trave fuori spessore P*;


• peso proprio del pilastro P;
• coefficiente parziale γP;
• superficie che grava sul pilastro S;
• area pilastro Ac e area ferri As calcolate sopra;
• coefficiente convenzionale di omogeneizzazione αe per il calcolo elastico di
esercizio che assumiamo pari a 15;
• area ideale Aie definita come: Aie = Ac + αe * As;
• azione assiale agente NEd definita come: NEd = (PE * S) + (P * γP) + P*.

Tab.5.138 - Riepilogo valori di calcolo

277
Capitolo 5

Si calcola la tensione σc nel calcestruzzo per la verifica della compressione in


esercizio con la seguente formula: σc = NEd / Aie
Per la verifica allo SLE il valore della tensione σc calcolata dev’essere inferiore al
valore di tensione ammissibile σcadm.
Con σcadm pari a:

σcadm = 0.6 * fck

Tab.5.139 - Verifica pilastro

In tutti i casi risulta σc < σcadm pertanto tutti i pilastri sono verificati.

Verifica di resistenza a compressione allo SLU


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• peso proprio anima trave fuori spessore P*;


• peso proprio del pilastro P;
• coefficiente parziale γP;
• superficie che grava sul pilastro S;
• area pilastro Ac e area ferri As;
• azione assiale agente NEd;
• resistenza di progetto a compressione fcd;
• tensione di snervamento di progetto fsd;
• azione assiale resistente Nrd definita come: Nrd = Ac * fcd + As * fsd.

278
Struttura

Tab.5.140 - Procedura di calcolo Nrd

Per la verifica allo SLU il rapporto tra l’azione assiale resistente Nrd e l’azione
assiale agente NEd dev’essere maggiore di 1:

γ = (Nrd / NEd) > 1

Tab.5.141 - Verifica pilastro SLU

In tutti i casi i pilastri sono verificati.

279
Capitolo 5

Passo delle staffe nelle zone critiche.


L’estensione della zona critica si valuta secondo l’espressione proposta nel
paragrafo 7.4.6.1.2 delle NTC 2008.
In assenza di analisi più accurate si può assumere che la lunghezza della zona
critica sia la maggiore tra: l’altezza della sezione, 1/6 dell’altezza libera del
pilastro, 45 cm.
Si ottiene:

Tab.5.142 - Localizzazione zona critica

Il passo delle staffe nella zona critica è calcolato secondo il procedimento riportato
al paragrafo 7.4.6.2.2 delle NTC 2008.
Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a
6 mm. Il loro passo essendo nella condizione di alta duttilità deve essere non
superiore alla più piccola delle quantità seguenti:

• 1/3 del lato minore della sezione trasversale;


• 125 mm;
• 6 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano.

Determinato il passo teorico delle staffe da utilizzare si sceglie un valore inferiore


a quello calcolato che sia semplice da usare in cantiere.
I valori che si ottengono sono riportati nella tabella sottostante:

Tab.5.143 - Passo staffe

280
Struttura

Quantitativo minimo staffe zona critica


La quantità minima di staffatura nelle zone critiche è determinata secondo quanto
riportato al paragrafo 7.4.6.2.2 delle NTC.
Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• dimensione copriferro d;
• distanza bracci più esterni staffe bst ottenuta individuando il massimo valore
tra b e h del pilastro in esame e applicando: bst = (b x h) – 2 * d;
• diametro delle staffe ø;
• area bracci staffe Ast data da: Ast = π (ø/2)2 * 2
• passo delle staffe scelto s;
• resistenza di progetto a compressione fcd;
• tensione di snervamento di progetto fyd.

Tab.5.144 - Dati di calcolo

Per la verifica deve valere la seguente relazione:

Ast / s ≥ 0,12 (fcd * bst) / fyd

281
Capitolo 5

Si ottiene:

Tab.5.145 - Verifica staffe zone critiche

Staffe fuori dalla zona critica


Secondo quanto riportato al paragrafo 4.1.6.1.2 le armature trasversali devono
essere poste ad interasse non maggiore di 12 volte il diametro minimo delle barre
impiegate per l’armatura longitudinale, con un massimo di 250 mm. Il diametro
delle staffe non deve essere minore di 6 mm e di ¼ del diametro massimo delle
barre longitudinali.

282
Struttura

Pilastro di bordo
Per dimensionare il pilastro di bordo si considerano i carichi agenti sull’area
d’influenza del pilastro in esame provenienti dai vari piani e dalla copertura.
Per la scelta della classe di resistenza si considera una struttura semplicemente
armata. Facendo riferimento al capitolo 4.1 del D.M. del 14/01/2008 in funzione
della struttura adottata si utilizzerà una classe di resistenza minima C16/20 come
riportato nella tabella 4.1.II della NTC, al capitolo 7.4.2.1 della NTC 2008 si
specifica che non è ammesso l’uso di conglomerati di classe inferiore a C20/25
si utilizzerà pertanto una classe di resistenza pari a C25/30.
Per la verifica agli stati limite come riportato nella NTC 2008 al paragrafo 4.1.2 si
assumono i seguenti valori in funzione della classe di resistenza scelta:

Fig.5.39 - Formule calcolo stati limite

283
Capitolo 5

Per l’armatura si utilizza un acciaio tipo B450C compatibile con le caratteristiche


del calcestruzzo adottato.

Fig.5.40 - Caratteristiche minime acciaio

L’area d’influenza del pilastro di bordo è quella campita in rosso nell’immagine


sottostante ottenuta tracciando le linee di mezzaria delle singole campate di solai
e travi in modo da individuare le zone di carico che competono al pilastro.

Fig.5.41 - Area di influenza pilastro di bordo

284
Struttura

Per il calcolo dell’area di influenza del pilastro scelto si usano le dimensioni di


influenza i ed l determinati dai punti medi delle travi che insistono sul pilastro che
le sorregge.
Si ottiene:

Tab.5.146 - Superficie di influenza

L’area di influenza del pilastro va corretta con il coefficiente di iperstaticità che si


assume pari a 1.

Carichi permanenti solaio interpiano


Come riportato al paragrafo 2.5.1.3 del DM 14.2008 i carichi agenti sul pilastro
vengono divisi in permanenti (strutturali e non strutturali) e variabili (accidentali).
Nei carichi permanenti si considera il peso strutturale dei solai, il peso non
strutturale dei solai e delle partizioni interne.
Nella tabella sottostante viene riportato il peso dei carichi permanenti del solaio
tipo dato dalla sommatoria dei pesi della parte strutturale e di quella non strutturale
entrambi moltiplicati per l’area di influenza del pilastro (S) .
Si ottiene:

Tab.5.147 - Carichi permanenti

Ai carichi strutturali dobbiamo aggiungere il peso dell’anima fuori spessore della


trave di spina. Per il calcolo del peso si adotta un coefficiente di iperstaticità pari a
0,9. Utilizzando i dati dimensionali riportati di seguito si ricava il peso dell’anima.

Tab.5.148 - Peso anima fuori spessore

285
Capitolo 5

Il peso complessivo dei carichi permanenti (P1) dato dalla sommatoria della parte
strutturale e non del solaio interpiano e dal peso anima trave è:

Tab.5.149 - Peso carichi permaneti P1

Nella tabella sottostante vengono riassunti i carichi agenti sul pilastro di bordo
dovuti al peso della parte non strutturale delle partizioni verticali.

Tab.5.150 - Peso globale non strutturale

Carichi permanenti copertura


Nella tabella sottostante viene riportato il peso dei carichi permanenti della
copertura dato dalla sommatoria dei pesi della parte strutturale e di quella non
strutturale entrambi moltiplicati per l’area di influenza del pilastro (S). Ai carichi
strutturali dobbiamo aggiungere il peso dell’anima fuori spessore della trave di
spina, per il calcolo del peso dell’anima si adotta un coefficiente di iperstaticità
pari a 0,9. Il peso complessivo dei carichi permanenti (P2) dato dalla sommatoria
del peso dell’anima della trave con il peso della parte strutturale e non della
copertura è:

Tab.5.151 - Peso carichi permanenti copertura P2

Carichi variabili
I carichi variabili legati all’uso dell’edificio sono pari a qK = 5 kN/m2 come riportato
nella tabella 3.1.II della NTC 2008. I carichi variabili agenti sul pilastro di bordo
sono:

Tab.5.152 - Carichi variabili

286
Struttura

Per il calcolo dei carichi variabili qs dovuti alla neve si fa riferimento al paragrafo
3.5 della relazione sull’acciaio.
Nella tabella sottostante riportiamo il carico verticale da neve agente sulla trave:

Tab.5.153 - Carichi verticali da neve

Carichi agenti sul pilastro


I carichi variabili agenti sul pilastro calcolati sopra si assumono concorrere con
intensità ridotta; la riduzione viene effettuata moltiplicando il valore dei carichi
variabili per il coefficiente αA pari a 0,92 come indicato dalla EC1. Tale riduzione
viene applicata a tutti i piani fuori terra fatta eccezione della copertura. I carichi
permanenti e variabili sono quelli calcolati sopra.

Tab.5.154 - Carichi variabili ridotti QK

Coefficiente di sicurezza parziale γf*


Per il calcolo del pilastro devo considerare il coefficiente parziale di sicurezza
calcolato nel seguente modo:

Fig.5.42 - Formula coefficiente di


sicurezza parziale

Applicando la formula otteniamo:

Tab.5.155 - Calcolo coefficiente parziale di sicurezza

287
Capitolo 5

Predimensionamento della sezione


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• il carico FK proveniente dall’impalcato superiore sul pilastro considerato


ottenuto dalla sommatoria dei carichi permanenti e variabili ridotti;
• lo sforzo assiale N ottenuto sommando progressivamente i carichi;
• il coefficiente di sicurezza parziale γf*;
• il valore di calcolo dell’azione assiale NEd ottenuta amplificando per γf* lo
sforzo precedente;
• la resistenza di progetto a compressione fcd ricavata dalla NTC 2008 al
paragrafo 4.1.2;
• l’area teorica minima Ac0 = NEd/fcd di calcestruzzo necessaria per resistere da
sola all’azione di carico.

Tab.5.156 - Dati di calcolo predimensionamento

Possiamo ora verificare se l’area effettiva Ac calcolata in funzione delle dimensioni


scelte del pilastro, è superiore a quella teorica Ac0 calcolata sopra. Se la verifica
è corretta possiamo adottare le dimensioni ipotizzate per il pilastro.
Si ottiene:

Tab.5.157 - Predimensionamento sezione

288
Struttura

Peso proprio del pilastro P


Peso proprio del pilastro (P) = b * h * H * γcls [KN]

Tab.5.158 - Peso proprio del pilastro

Verifica del pilastro con peso proprio

Tab.5.159 - Elenco dati di calcolo per verifica del pilastro con peso proprio

Possiamo ora verificare se l’area effettiva Ac calcolata in funzione delle dimensioni


scelte del pilastro, è superiore a quella teorica Ac0 calcolata sopra. Se la verifica
è corretta possiamo adottare le dimensioni ipotizzate per il pilastro.

Tab.5.160 - Verifica sezione con peso proprio

Le dimensioni ipotizzate per i pilastri erano corrette.

289
Capitolo 5

Predimensionamento armatura
Per il predimensionamento dell’armatura con riferimento al capitolo 4.1.6.1.2 del
D.M. del 14/01/2008, nel caso di elementi sottoposti a sforzo prevalentemente
normale le barre parallele all’asse devono avere Ø ≥ 12 mm (limite tecnologico);
inoltre la loro area (limite meccanico) non deve essere inferiore a:

Fig.5.43 - Area dei ferri


minima

e comunque non inferiore a 0,3% Ac (limite geometrico).


Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• dimensioni effettive del pilastro adottato b x h;


• area effettiva del pilastro adottato Ac;
• limite geometrico Asmin (sezione armatura) pari a 0,3% di Ac;
• tensione di snervamento di progetto fsd;
• il valore di calcolo dell’azione assiale NEd calcolato nella verifica del pilastro
con peso proprio;
• limite meccanico Asmin (sezione armatura) pari a 0,1*NEd/fsd;
• limite tecnologico che come riportato dalla NTC prevede che le barre abbiano
un diametro minimo di 12 mm2.

Tab.5.161 - Riepiligo dati per calcolo area minima dei ferri d’armatura

290
Struttura

Trovati i tre limiti (geometrico, meccanico e tecnologico), la sezione effettiva


dell’armatura metallica viene dimensionata scegliendo il valore più alto tra le
aree dei limiti. Individuato il valore più alto in funzione dei diametri in commercio
delle barre si trova l’area della sezione effettiva dell’armatura metallica (As).

Fig.5.44 - Tabella xxx Calcolo ferri adottati

Per tutti i pilastri adotteremo per l’armatura 4 ferri di diametro 12 mm.

Rigidezza pilastro
Essendo il pilastro di sezione rettangolare calcoliamo la sua inerzia Ip mediante
la seguente formula:

Ip = b * h3 / 12 [mm4]

Tab.5.162 - Rigidezza pilastro

291
Capitolo 5

Rigidezza trave fuori spessore


Dopo aver calcolato le coordinate del baricentro G della trave si passa a calcolare
l’inerzia It della trave mediante la seguente formula:

It = (b1 * a13 / 12) + ( b2 * a23 / 12 ) + A1* ( yg - yg1)2+ A2* ( yg - yg2 )2

Tab.5.163 - Calcolo inerzia della trave

Combinazione fondamentale di carico allo SLU e SLE


Per le combinazioni dei carichi sono necessari i coefficienti parziali e di
combinazione.
Per il piano tipo i coefficienti di combinazioni non servono in quanto avendo un solo
carico variabile esso non è moltiplicato per nessun coefficiente di combinazione.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.5.I della NTC 2008. Nella tabella
sottostante si riassumono i carichi permanenti calcolati al paragrafo precedente
e i coefficienti parziali da utilizzare per la combinazione:

Tab.5.164 - Coefficienti di calcolo e valori piano tipo

292
Struttura

Applicando le formule per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU


ed SLE sopra riportate si ottiene:

Tab.5.165 - Carichi fondamentali piano tipo

Combinazione fondamentale di carico allo SLU ed SLE per la


copertura
Le formule adottate per il calcolo allo SLU e SLE sono le stesse usate per la
combinazione di carico del piano tipo.
I coefficienti parziali sono riportati nella tabella 2.6.I della NTC 2008 mentre
quelli di combinazione nella tabella 2.5.I. Nella tabella sottostante si riassumono
i carichi permanenti e variabili calcolati al paragrafo precedente e i coefficienti
parziali da utilizzare per la combinazione:

Tab.5.166 - Coefficienti e carichi copertura

Applicando le formule per il calcolo della combinazione fondamentale allo SLU


ed SLE sopra riportate si ottiene:

Tab.5.167 - Carichi di copertura

293
Capitolo 5

Verifica allo SLE


Si riportano i diagrammi di inviluppo dell’azione assiale e del momento flettente,
calcolati applicando i carichi (ricavati precedentemente) provenienti dalla trave.
Le travi sono considerate incastri, così come il pilastro nella sezione di base. I
valori del momento sono in kN*m, quelli dell’azione assiale in kN.

Fig.5.45 - Grafico azione assiale e momento

Di seguito si riportano i valori dei momenti e dell’azione assiale in sommità e al


piede dei pilastri. Questi ultimi vengono usati per il calcolo dell’eccentricità.

Tab.5.168 - Calcolo delle eccentricità

294
Struttura

Per determinare la posizione dell’asse neutro X sono necessarie le seguenti


grandezze:

• dimensione pilastro b ed a;
• distanza bordo compresso armatura lato teso d;
• distanza bordo compresso armatura lato compresso d’;
• armatura inferiore As;
• armatura superiore As’;
• rapporto tra i moduli elastici m.

Tab.5.169 - Riepilogo dati eccentricità

Utilizzando l’equilibrio alla rotazione rispetto al punto di applicazione dell’azione


assiale eccentrica si ricava la posizione dell’asse neutro x.

Tab.5.170 - Posizione asse neutro

295
Capitolo 5

Si riportano nella tabella sottostante le grandezze necessarie al calcolo dello


sforzo a compressione nel calcestruzzo σc. Per la verifica dev’essere soddisfatta
la seguente relazione:

σc < 13,5 MPa

Tab.5.171 - Verifica di sforzo a compressione

Si riportano nella tabella sottostante le grandezze necessarie al calcolo dello


sforzo nell’armatura tesa e in quella compressa σs e σs’ . Per la verifica
dev’essere soddisfatta la seguente relazione:

σs < 240 MPa


σs’ < 240 MPa

296
Struttura

Tab.5.172 - Calcolo e verifica dello sforzo nell’armatura compressa

Verifica allo SLU


Utilizzando l’equilibrio alla traslazione si ricava il valore della tensione agente
nell’acciaio.

Fig.5.46 - Tensione agente nell’acciaio

Si riportano in tabella le seguenti grandezze:

• azione assiale agente Nak ;


• coefficiente di sicurezza parziale γf*;
• azione assiale ammissibile Nad;
• momento agente Mak;
• momento ammissibile Mad;
• rapporto moduli elastici m;
• asse neutro X;

297
Capitolo 5

• dimensioni pilastro h e b;
• distanza bordo compresso armatura lato teso d;
• distanza bordo compresso armatura lato compresso d’;
• sforzo nell’armatura lato compresso σs’.

Tab.5.173 - Calcoli sforzi nell’acciaio

Per la verifica allo SLU è necessario calcolare il momento resistente Mrd con
l’equilibrio alla rotazione rispetto al baricentro della sezione di solo calcestruzzo.

298
Struttura

Per il calcolo del momento resistente sono necessarie le seguenti grandezze


riportate nella tabella sottostante:

Tab.5.174 - Calcolo Mrd

Ai fini della verifica il rapporto tra momento resistente e momento agente deve
essere maggiore di uno. Nella seguente tabella si riportano le verifiche:

Tab.5.175 - Verifica momento

299
Capitolo 5

Passo delle staffe nelle zone critiche


L’estensione della zona critica si valuta secondo l’espressione proposta nel
paragrafo 7.4.6.1.2 delle NTC 2008.
In assenza di analisi più accurate si può assumere che la lunghezza della zona
critica sia la maggiore tra: l’altezza della sezione, 1/6 dell’altezza libera del
pilastro, 45 cm.
Si ottiene:

Tab.5.176 - Passo minimo staffe

Il passo delle staffe nella zona critica è calcolato secondo il procedimento riportato
al paragrafo 7.4.6.2.2 delle NTC 2008.
Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a
6 mm. Il loro passo essendo nella condizione di alta duttilità deve essere non
superiore alla più piccola delle quantità seguenti:

• 1/3 del lato minore della sezione trasversale;


• 125 mm;
• 6 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano.

Determinato il passo teorico delle staffe da utilizzare si sceglie un valore inferiore


a quello calcolato che sia semplice da usare in cantiere.
I valori che si ottengono sono riportati nella tabella sottostante:

Tab.5.177 - Scelta del passo delle staffe

300
Struttura

Quantitativo minimo di staffe nella zona critica


La quantità minima di staffatura nelle zone critiche è determinata secondo quanto
riportato al paragrafo 7.4.6.2.2 delle NTC.
Nella tabella sottostante ordinati dall’ultimo piano fino al piano terra sono riportati
i valori delle seguenti grandezze:

• dimensione copriferro d;
• distanza bracci più esterni staffe bst ottenuta individuando il massimo valore
tra b e h del pilastro in esame e applicando: bst = (b o h) – 2 * d;
• diametro delle staffe ø;
• area bracci staffe Ast data da: Ast = π (ø/2)2 * 2
• passo delle staffe scelto s;
• resistenza di progetto a compressione fcd;
• tensione di snervamento di progetto fyd.

Tab.5.178 - Tabella XXX procedimento di verifica staffature

Per la verifica deve valere la seguente relazione:

Ast / s ≥ 0,12 (fcd * bst) / fyd

301
Capitolo 5

Si ottiene:

Tab.5.179 - Verifica staffe

Staffe al di fuori della zona critica


Secondo quanto riportato al paragrafo 4.1.6.1.2 le armature trasversali devono
essere poste ad interasse non maggiore di 12 volte il diametro minimo delle barre
impiegate per l’armatura longitudinale, con un massimo di 250 mm. Il diametro
delle staffe non deve essere minore di 6 mm e di ¼ del diametro massimo delle
barre longitudinali.

Plinto di fondazione
Il dimensionamento del plinto di fondazione e delle relative armature, riportato
nelle pagine seguenti, viene effettuato considerando il carico assiale proveniente
dal pilastro centrato allo SLU;
Le dimensioni in pianta del plinto sono ipotizzate sulla base dello sforzo
ammissibile del terreno assunto pari a 0,3 MPa. Successivamente le verifiche
sono valutate sia per la rottura lato calcestruzzo che per quella lato acciaio.

Tab.5.180 - Carico assiale pilastro SLU

302
Struttura

Fig.5.47 - Pianta plinto per predimensionamento

Tab.5.181 - Predimensionamento plinto

Tab.5.182 - Verifica sforzo assiale

Una volta verificata l’esattezza della dimensione in pianta, sempre sulla base
dell’esperienza, stimiamo un corretto dimensionamento dell’altezza del plinto.

Fig.5.48 - Sezione plinto per predimensonamento

303
Capitolo 5

Fig.5.49 - Dimensione da e db

Verifica delle mensole


Il predimensionamento delle armature viene effettuato considerando il plinto
come due mensole, una per ciascuna direzione, incastrate sul pilastro. Si
determina quindi il momento agente, pari a M=σv*x*l2/2, tramite equilibro alla
rotazione rispetto all’estremo incastrato;
x è la profondità perpendicolare al piano di sezione e σv è lo sforzo nel piano
stesso.

Fig.5.50 - Mensola lato a

Fig.5.51 - Mensola lato b

Si valuta la distanza tra l’estremità del pilastro e l’asse del puntone in cls
attraservo le espressioni sotto riportate, e successivamente si calcola la
proiezione sull’orizzantale attraverso la formula la=(a-a’)/4+ca; in seguito si
calcola la cotangente dell’angolo di inclinazione del puntone dividendo la per
l’altezza utile da e db.

304
Struttura

Tab.5.183 - Verifica lato acciaio a

Verifica lato calcestruzzo

Tab.5.184 - Verifica lato calcestruzzo

305
Capitolo 5

Verifica al punzonamento

Fig.5.52 - Legenda della verifica al punzonamento

Tab.5.185 - Verifica al punzonamento

La verifica a punzonamento non è stata soddisfatta, si provvede allora ad inserire


opportune armature trasversali, e verificarle con la formula dettata dalla NTC
2008;

Tab.5.186 - Verifica a punzonamento con armatura trasversale

Il plinto così studiato è interamente verificato, visto però le importanti dimensioni,


dal punto di vista della costruzione risulta non conveniente, riteniamo quindi
opportuno realizzare delle fondazioni a platea.

306
Struttura

Controvento
Passo fondamentale per dimensionare il sistema di controvento è determinare
le spinte orizzontali che agiscono sulla costruzione, scegliendo tra esse quelle
di maggior rilievo. Si riportano quindi le forze del sisma e del vento agenti ai vari
piani.
Facciata est/ovest

Tab.5.187 - Comparazione forza vento e sisma facciata est/ovest

Sui setti oltre alle forze orizzontali, gravano anche i carichi verticali trasferiti da
travi e solai relativamente alla loro posizione nella struttura ed il peso proprio del
setto.
Identificate le aree di influenza si calcolano i pesi che gravano sulla struttura.

Fig.5.53 - Area di influenza controvento

307
Capitolo 5

Carichi agenti sui controventi

Tab.5.188 - Carichi agenti controvento 1 Tab.5.190 - Carichi agenti controvento 2

Tab.5.189 - Carichi agenti controvento 3 Tab.5.191 - Carichi agenti controvento 4

Individuo il controvento più sollecitato e determino i grafici. Nel nostro caso è il


controvento 4 che riceve la spinta sud-nord.

Fig.5.54 - Azioni agenti, azione assiale, taglio e momento sul controvento 4

308
Struttura

Predimensionamento armatura
Le armature, sia orizzontali che verticali, devono avere diametro non superiore
ad 1/10 dello spessore della parete, devono essere disposte su entrambe le
facce della parete, ad un passo non superiore a 30 cm, devono essere collegate
con legature, almeno nove ogni metro quadrato.
Nella zona critica si individuano alle estremità della parete due zone confinate
aventi per lati lo spessore della parete e una lunghezza “confinata” lc pari al 20%
della lunghezza in pianta l della parete stessa e comunque non inferiore a 1,5
volte lo spessore della parete.
In tale zona il rapporto geometrico , dell’armatura totale verticale, riferito all’area
confinata, deve essere compreso 1% ≤ ρ ≤ 4%.
Calcolo della lunghezza confinata lc:

Tab.5.192 - Calcolo della lunghezza confinata

Calcolo l’area dell’armatura con ρ=2%:

Tab.5.193 - Calcolo area dell’armatura

Verranno disposte 3 file da 9 barre longitudinali.


Nelle zone confinate l’armatura trasversale deve essere costituita da barre di
diametro non inferiore a 6 mm, disposti in modo da formare una barra verticale
ogni due, con un passo non superiore a 8 volte il diametro della barra o a 10 cm.
Le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm da una barra fissata.
Nella rimanente parte della parete, in pianta e in altezza, vanno seguite le regole
delle condizioni non sismiche, con un’armatura minima orizzontale e verticale
pari allo 0,2%, per controllare la fessurazione a taglio.

309
Capitolo 5

Tab.5.194 - Calcolo diametri d’armatura

Tab.5.195 - Area effettiva totale armatura longitudinale

Verifica delle resistenza


La verifica di resistenza, nel caso di pareti semplici, si effettua con riferimento al
rettangolo di base.
Per tutte le pareti, la forza normale di compressione non deve eccedere
rispettivamente il 40% in CD”B” e il 35% in CD”A” della resistenza massima a
compressione della sezione di solo calcestruzzo.

Tab.5.196 - Resistenza massima a compressione sezione di cls

Per la verifica allo SLU calcolo l’eccentricità e:

Tab.5.197 - Calcolo delle eccentricità allo SLU

Calcolo dell’equilibrio alla rotazione rispetto al punto di applicazione dell’azione


assiale eccentrica per la determinazione della posizione dell’asse neutro.

Tab.5.198 - Tabella XXX: Determinazione asse neutro

310
Struttura

Calcolo degli sforzi nel calcestruzzo attraverso la seguente relazione:

con σc,adm= 0,6 fck

Tab.5.199 - Tabella XXX: Verifica sforzi cls

Successivamente si calcolano gli sforzi a compressione e a trazione nelle barre


di armatura.
Una volta verificate, si procede con la verifica a rotazione della sezione di solo
calcestruzzo, attraverso la formula:

Verificata attraverso la formula:

Tab.5.200 - Calcolo della verifica a rotazione del calcesruzzo

311
Capitolo 5

Verifica taglio a compressione


Per le strutture in CD”B” le verifiche sono condotte come per i pilastri e si prende
in considerazione anche la possibile rottura per scorrimento.
Per la verifica al taglio compressione del calcestruzzo dell’anima si assume un
braccio delle forze interne z pari all’80% dell’altezza della sezione.
La verifica di resistenza (SLU) si pone con:

Si calcola VRd e VEd ed effettuo la verifica:

Tab.5.201 - Verifica al taglio compressione

Verifica taglio trazione


La verifica si esegue attraverso la relazione :

Ved ≤ y

con:

Tab.5.202 - Verifica taglio trazione

312
Struttura

Verifica a scorrimento nelle zone critiche


Sui possibili piani di scorrimento posti all’interno delle zone critiche deve risultare:

VEd ≤ VRd,s

dove VRd,s è ilvalore di progetto della resistenza a taglio nei confronti dello
scorrimento:

VRd,s = Vdd + Vid + Vfd

nella quale Vdd, Vid e Vfd rappresentano, rispettivamente, il contributo dell’effetto


“spinotto” delle armature verticali, il contributo delle armature inclinate presenti
alla base, il contributo della resistenza per attrito.

Tab.5.203 - Calcolo Vfd

Tab.5.204 - Calcolo Vdd

313
Capitolo 5

Si effettua la verifica:

Tab.5.205 - Verifica a scorrimento

Armatura trasversale
Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a
6 mm ed il loro passo deve essere non superiore alla più piccola delle quantità
seguenti:

• 1/3 e 1’2 del lato minore della sezione trasversale, rispettivamente per CD”A”
e CD”B”;
• 125 mm e 175 mm, rispettivamente per CD”A” e CD”B”;
• 6 e 8 volte il diametro delle barre longitudinali che collegano, rispettivamente
per CD”A” e CD”B”.

Tab.5.206 - Passo delle staffe

Si devono disporre staffe in un quantitativo minimo non inferiore a:

314
Struttura

Per determinare il quantitativo minimo dell’area della staffatura si usa la prima


relazione:

Tab.5.207 - Area totale staffatura

Predimensionamento trave di Virendeel


Per la realizzazione della struttura alberghiera si sono dovute considerare svariate
esigenze, dalla volontà di avere una facciata vetrata libera per ogni stanza fino a
quella del corpo camere poggiante solamente sui blocchi scale.
La soluzione adottata per soddisfare queste esigenze è la realizzazione di una
trave di Virendeel.

Studio dei carichi


Come fatto nello studio della trave interpiano abbiamo adottato per il
dimensionamento la situazione più gravosa ottenuta dalle combinazioni dei
carichi, considerando come riportato al paragrafo 2.5.1.3 del DM 14.2008 i carichi
divisi in strutturali (G0), non strutturali (G1) e variabili (Q). Nei carichi strutturali
dovrò considerare il peso strutturale del solaio, in quelli non strutturali il peso
non strutturale del solai e delle partizioni interne mentre i variabili sono legati alla
destinazione d’uso dell’edificio.
Abbiamo studiato la trave variando le condizioni di carico, lasciando fissi i soli
carichi strutturali G0, quindi simulando ogni tipo di utilizzo, al fine di andare a
considererare l’inviluppo dei momenti più gravoso. Un ulteriore studio è stato
quello di considerare il carico completo su ogni singola campata, vincolata con
l’incastro sulle estremità.
La situazione più gravosa riscontrata, utilizzando il programma FTool è la
seguente.

315
Capitolo 5

Fig.5.55 - Sviluppo dei momenti

Dal diagramma ricaviamo il momento massimo agente sulla struttura, e


tabularmente ricaviamo lo sforzo, successivamente lo sforzo ammissibile
dell’acciaio utilizzato. Questo ci consente di ricavare il modulo di resistenza
necessario (W) e scegliere tabularmente la trave adeguata a realizzare la nostra
Virendeel.

Tab.5.208 - Scelta del profilo

Rispettando le esigenze strutturali, scegliamo una HEM 300, con le seguenti


caratteristiche:

Fig.5.56 - Tabella XXX: Caratteristiche strutturali del profilo scelto

316
Struttura

Abbiamo scelto la trave in base al momento resistente necessario, ora verifichiamo


lo sforzo assiale:

Tab.5.209 - Verifica sforzo assiale

Come si può notare nelle verifiche la sollecitazione principale a cui devono


resistere le travi di Virendeel sono gli elevati momenti flettenti. È per questo che
abbiamo scelto di adottare delle travi HEM ad ali larghe parallelle.

Calcolo della spinta sul muro controterra


La realizzazione della parte interrata della costruzione, prevede la posa di un
muro contro terra, tale muro dovrà resistere alla spinta del terreno data dalla
compattazione, tali spinte variano in intensità e distribuzione, a seconda della
realizzazione del terrapieno.
Per realizzare tale terrapieno, si sbanca in precedenza tutto, lasciando al terreno
una pendenza di sicurezza dettata dal Φ, si realizza il muro e successivamente
si riempie andando a realizzare tre strati con relativa compattazione con metodi
meccanici.

Fig.5.57 - Schema di riempimento muro controterra

317
Capitolo 5

Per calcolare la spinta sul muro, sarebbero da realizzare prove geologiche in loco,
ma essendo proprietà privata e non avendo modo di realizzarle, ci rifacciamo alla
relazione geologica e ricaviamo dei valori tabellati di terreni con caratteristiche
simili, quindi limo argillosi.

Tab.5.210 - Stima dati terreno

La compattazione di tale terreno avverrà con un mezzo da cantiere che scaricherà


al suolo un carico Q, utile a compattare ogni strato di terreno che viene posato
in opera.

Una volta che abbiamo tutti i dati, possiamo ricavare lo sforzo attuale, e rapportarlo
con il massimo mai avuto (che sarà quello che prevede la compattazione dello
stato più superficiale) al fine di ricavare l’OCR.

Di seguito troviamo i risultati:

Tab.5.211 - Risultati sforzi verticali e OCR

318
Struttura

Una volta ricavato l’OCR ricaviamo il coefficiente di spinta a riposo, utile a


ricavare il coefficiente di spinta in regime di sovra consolidazione e in fine a
trovare lo sforzo orizzontale.

Tab.5.212 - Calcolo sforzi orizzontali

Dagli sforzi si ricavano le spinte agenti sul muro:

Tab.5.213 - Spinte agenti sul muro controterra

Fig.5.58 - Schema delle spinte agenti sul muro controterra

319
Capitolo 6

Impianti
Concept impiantistico
Scelta impiantistica
Studio del contesto
Calcolo dispersioni termiche invernali
Calcolo carichi termiche periodo estivo
Calcolo del carico termico per irraggiamento
Calcolo del carico termico per trasmissione
Calcolo del carico termico interno
Valore del carico termico totale estivo totale
Progettazione unità trattamento aria
Dimensionamento macchina estiva
Dimensionamento macchina invernale
Distribuzione dell’aria attraverso impianto di canalizzazione
Sistema radiante a soffitto
Pompa di calore
Impianto fotovoltaico
Scelta progettuale
Dimensionamento
Capitolo 6

Concept impiantistico
La definizione di un concept è il primo passo verso la definizione del sistema in
tutte le sue componenti.
Va però detto che in primo luogo sono state definite delle soluzioni passive,
garantendo una corretta progettazione planimetrica, e tecnologica, sia per quanto
riguarda l’isolamento termico e le schermature solari.
Dal punto di vista puramente impiantistico, la vicinanza al lago ci ha fatto optare
per una pompa di calore acqua-acqua, in grado di produrre acqua calda in inverno
ed acqua fredda e calda in estate. Questa pompa di calore è collegata ad un
serbatoio di accumulo riscaldato, in modo da poter garantire sempre la giusta
quantità di acqua calda a tutti gli ospiti dell’hotel, anche nelle ore di maggior
utilizzo. Le operazioni di riscaldamento e di raffrescamento degli ambienti, sono
affidati all’UTA per quanto riguarda le camere ed ai panelli radianti per i corridoi.
Si è optato per l’utilizzo dell’impianto UTA per il riscaldamento ed il raffrescamento,
innanzitutto per garantire i ricambi ora dell’aria delle camere, e inoltre per dissipare
il calore latente che viene a crearsi nei vari ambienti, visto la presenza costante
di persone.
Per quanto riguarda il fabbisogno elettrico, si è optato per dei pannelli fotovoltaici,
che garantiscono il 50% di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Le acque reflue saranno raccolte in serbatori d’accumulo per acqua piovana, ed
utilizzate per scopo di irrigazione e WC.

Fig.6.01 - Concept impiantistico

321
Impianti

Scelta impiantistica
La progettazione impiantistica è stata effettuata sulla parte dell’edificio destinata
all’uso alberghiero.
La geometria è regolare sia nei vani che nei prospetti, sono presenti ventisei
camere a piano (nello specifico ventidue doppie e due triple) tutte di elevate
dimensioni e un ampio corridoio.
In allegato è presentata una tavola con progetto architettonico e nomenclatura
ripresa nelle tabelle di calcolo.

Fig.6.02 - Distribuzione camere e nomenclatura

322
Capitolo 6

Gli impianti per la regolazione del comfort termico interno, vengono classificati in
base al fluido impiegato per annullare il carico termico sensibile e latente.
Sono disponibili impianti a:

• acqua: Impiega come vettore, sia per il freddo che per il caldo l‘acqua, che
viene opportunamente portata a temperatura in centrale e ridistribuita nei
vari ambienti mediante le pompe. Negli ambienti da riscaldare/raffreddare
vengono installati dei fan-coil (ventilconvettori) o mobiletti ad induzione.
Pregi: impianto poco costoso, spazi contenuti, facilità di regolazione e gestione.
Difetti: non è possibile avere un controllo accurato dell’umidità e della qualità
dell’aria (rende questa soluzione non adatta a delle camere d’albergo);
• impianto ad aria: il compito di trasferire il caldo o il freddo prodotto
da un apposita centrale, è affidato all’aria, questa viene immessa
nei singoli locali tramite una specifica rete di distribuzione.
Pregi: controllo della temperatura, umidità e qualità dell’aria.
Difetti: progettazione impegnativa e necessità di spazi importanti;
• impianto misto: con questo impianto si ottiene una regolazione di tutte le
variabili ambientali (impossibile solo con l’acqua), senza avere la necessità
degli spazi di un impianto ad aria.

L’aria viene prelevata dall’esterno e trattata in centrale termica in modo da


regolarla in base alle condizioni interne richieste. Quindi l’aria soddisfa le
condizioni igrometriche, mentre la temperatura è regolata dagli apparecchi ad
acqua istallati nei singoli ambienti. Con questo sistema è impossibile recuperare
l’aria interna.
Pregi: controllo della temperatura, umidità e qualità dell’aria e facilità di gestione.
Difetti: progettazione impegnativa, costi elevati, gestione onerosa, necessita di
spazi importanti e molti impianti
Sulla base di queste considerazioni, abbiamo scelto un impianto ad aria per
quanto riguarda le camere d’albergo, al fine di garantire le condizioni di calore ed
umidità necessarie e i ricircoli d’aria richiesti dalla norma 10339; e un impianto ad
acqua per i corridoi, la scelta è stata dettata dalla geometria e dall’utilizzo.

323
Impianti

Al fine di garantire l’ottimizzazione energetica la climatizzazione della struttura


alberghiera sarà gestita in modo separato, le camere saranno suddivise in quattro
compartimentazioni, due per piano, ognuna con un suo impianto indipendente,
per poter gestire la climatizzazione in funzione della domanda.
La suddivisione impianti-locali è rappresentata nella tavola seguente.

Fig.6.03 - Suddivisione impiantistica per piano

324
Capitolo 6

Studio del contesto


Il calcolo dei fabbisogni termici, viene eseguito considerando condizioni di
regime, sia negli ambienti interni che nell’aria all’esterno. Questo è giustificato
dalla bassa escursione termica giornaliera nei periodi considerati e dal fatto che
gli impianti vengono dimensionati per il massimo fabbisogno estivo ed il massimo
fabbisogno invernale. Le approssimazioni che questo metodo comporta, sono a
favore di sicurezza, dato che le temperature di progetto sono il risultato di una
media statistica della zona dove avrà sede l’impianto da installare.
La descrizione del contesto la effettuiamo tramite norma UNI 10349.

Tab.6.01 - Dati geografici stazione di Valmadreara

325
Impianti

I seguenti dati climatici sono stati calcolati con le procedure dettate dalla norma
UNI EN ISO 15927-4 con l’aggiornamento della metodologia.

Tab.6.02 - Dati medi mensili di temperatura [C°]

Tab.6.03 - Umidità relativa mensile [%]

Calcolo dispersioni termiche invernali


Le dispersioni vengono calcolate per stabilire la potenza termica di cui necessita
l’impianto di riscaldamento, la potenza termica è la quantità di calore che l’edificio
deve ricevere per mantenere gli standard ambientali interni stabiliti in fase di
progettazione (misurata in W).
Il calcolo delle dispersioni termiche viene effettuato in condizioni di regime, con
condizioni costanti sia esterne che interne, le condizioni che si adottano sono
quelle più sfavorevoli, quindi quelle in corrispondenza del massimo fabbisogno
termico prevedibile. Quindi si calcola nel momento più freddo dell’anno,
trascurando gli apporti dovuti all’irraggiamento solare, il ritardo con cui il flusso
termico si propaga nelle strutture, ed eventuali fonti di calore interno (persone,
illuminazione, ecc.).
Nel calcolo del flusso, trascuriamo il calore necessario per il riscaldamento dell’aria
esterna di ventilazione (QV), in quanto predisponiamo un impianto meccanico di
trattamento e rinnovo dell’aria che immette aria a temperatura prestabilita, al fine

326
Capitolo 6

di garantire un elevato standard di comfort igienico.


Il flusso termico si calcola con la seguente formula:

Qd=U* S*ΔT* CE [Watt]

Questo calcolo è influenzato dall’involucro e dalle condizioni al contorno


dell’edificio:

• U: Trasmittanza unitaria della parete (seguendo i limiti tratti dal Decreto


Legislativo del 26 Gennaio 2010 relativi alla zona climatica E di cui la città di
Lecco è parte) [W/m2°C];

Tab.6.04 - Trasmittanze dell’involucro

• S: Superficie della parete [m2];


• ΔT: Differenza termica tra interno-esterno, come temperatura esterna si
prende la temperatura minima variabile della località di progetto, e come
temperatura interna, quella secondo la destinazione d’uso (da norma UNI
5364) [°C];

• CE: Coefficiente espositivo tiene conto dell’esposizione delle chiusure verticali


e delle chiusure apribili, incrementa la dispersioni in funzione dell’insolazione
naturale, umidità e temperatura dell’aria.

327
Impianti

Tab.6.05 - Coefficienti espositivi.

• Utilizzando la formula del flusso termico, e i dati appena citati, si effettua


il calcolo delle dispersioni, analizzando le stanze interessate dal singolo
sistema UTA.

Alle camere è stato assegnata la sigla visualizzabile sulla tavola della


nomenclatura.

Tab.6.06 - Flusso termico invernale

328
Capitolo 6

Calcolo carichi termiche periodo estivo


Nel periodo estivo come nel periodo invernale, bisogna considerare la condizione
più critica, al fine di mantenere internamente le condizioni termiche e igrometriche
di progetto. Bisogna calcolare la potenza del carico estivo, cioè il calore sensibile
e il calore latente che si infiltra e si crea all’interno dei locali:

• calore sensibile: Calore immediatamente percepibile dato da una differenza


di temperatura;
• calore latente: Calore legato alla presenza di umidità nell’aria.

Il carico termico totale è dato dalla somma di più fattori:

Qtot = Qi + Qd + Qc

• carico termico per irraggiamento Qi : calore sensibile;


• carico termico per trasmissione Qd : calore sensibile:
• carico termico interno Qc : calore sensibile e latente.

329
Impianti

Calcolo del carico termico per irraggiamento


Il calcolo del carico termico per irraggiamento dipende dalla radiazione solare
incidente, quindi varia in funzione della latitudine, dell’inclinazione della superficie
e dall’ora del giorno.
La formula a cui ci si rifà per il calcolo è la seguente:

Qi=Sv*I*C*F

• Sv: superficie vetrata [m2];


• I: potenza massima incidente sull’unità di superficie [Kcal/h*m2], tiene conto
di esposizione e giorno;
• C: fattore di correzione, dipende dal vetro e da eventuali protezioni del vetro
stesso;
• fattore di accumulo: tiene conto della quantità di calore assorbita dalla struttura.

Fig.6.04 - Irradianza solare trasmessa attraverso vetro disposto verticalmente [W/m2]

330
Capitolo 6

Per calcolare gli apporti solari si determina l’orientamento più critico, ambiente per
ambiente e in base al mese e all’ora si eseguono i calcoli sugli altri orientamenti,
l’ora critica è stata scelta anche in base a periodi di effettivo utilizzo dei locali,
quindi non ci siamo affidati solo ad elementi tabulari ma anche a ragionamenti
logici.

Calcolo del carico termico per trasmissione


Il flusso termico per trasmissione è indotto sia per la differenza di temperatura tra
aria interna ed esterna sia per l’irraggiamento solare sulla faccia della struttura,
è quindi usuale calcolare l’andamento della trasmissione di calore con un
espressione uguale a quella del periodo invernale, ma dove cambia il valore ΔTe.

Qd=U* S*ΔTe

• U: Trasmittanza unitaria della parete (seguendo i limiti tratti dal Decreto


Legislativo del 26 Gennaio 2010 relativi alla zona climatica E di cui la città di
Lecco è parte) [W/m2°C];
• S: Superficie della parete [m2];
• ΔTe:Differenza termica tra interno-esterno, questa differenza è riportata in
opportune tabelle, in funzione di: latitudine, ora solare, massa per unità di
superficie della struttura considerata, orientamento, colore della superficie
esterna, escursione termica giornaliera [°C].

331
Impianti

Calcolo del carico termico interno


Sono i carichi dovuti all’utilizzo degli ambienti, sono dovuti ad affollamento,
illuminazione e all’utilizzo di macchinari.

Tab.6.07 - Carichi termici interni

Per l’illuminazione si moltiplica il valore espresso in Kcal/m2h per la superficie del


locale esaminato; per quanto riguarda le persone si moltiplicano i valori ricavati
da normativa, per il numero di persone che affollano il locale (camera doppia,
tripla, ecc.).

332
Capitolo 6

Valore del carico termico totale estivo totale


Di seguito riportiamo i valori del carico di calore sensibile e latente diviso per i
singoli locali:

Tab.6.08 - Carico termico estivo totale

Come è possibile notare nella tabella sovrastante, la maggior parte del carico
termico è dato dal calore sensibile, in quanto sono stanze d’albergo e quindi
presentano un basso indice di affollamento, le proporzioni sarebbero state
diverse se fosse stata dimensionata una sala conferenza o un locale molto più
affollato.
I carichi termici sono molto simili nelle varie stanze, in quanto hanno geometria,
tecnologia costruttiva, esposizione e carichi interni molto simili tra loro.

333
Impianti

Progettazione unità trattamento aria


Per mantenere in temperatura l’edificio vengono installate al suo interno più UTA,
questo macchinario si presenta come un parallelepipedo nel cui interno l’aria
passa attraverso ventilatori e batterie di scambio termico, al fine di uscire con la
giusta temperatura e la giusta umidità.
Per ottenere una corretta climatizzazione e un risparmio energetico, suddividiamo
l’edificio in diverse zone in ognuna della quali istalleremo un UTA indipendente, in
modo da poter usufruire dell’impianto solo ad effettiva necessità.
Le zone scelte sono le seguenti:

• hotel piano 1 zona Nord;


• hotel piano 1 zona Sud;
• hotel piano 2 zona Nord;
• hotel piano 2 zona Sud;
• bar Piazza;
• ristorante.

Ricordiamo che l’UTA ha anche il compito di garantire un ricircolo d’aria ottimale


che è stabilito tramite normativa:

Tab.6.09 - Ricircoli d’aria minimi per legge

334
Capitolo 6

Fig.6.05 - Aree competenza UTA

335
Impianti

Dimensionamento macchina estiva


Per dimensionare l’impianto è fondamentale stabilire quali sono le condizioni
esterne e interne dell’ambiente, la normativa stabilisce dei parametri da rispettare
al fine di garantire una sana fruizione.

Tab.6.10 - Temperature ed umidità di progetto

Tramite il procedimento spiegato nel capitolo precedente conosciamo il flusso di


calore specifico e di calore latente che la macchina deve annullare.

Tab.6.11 - Calore da dissipare nel periodo estivo

Per procedere nel dimensionamento della macchina, utilizziamo le seguenti


formule:

EQ:1 Kgaria/h*0,24*(26-Timm)=Qcsensibile
EQ:2 Kgaria/h*0,6*(11,17-Umidità assolutaimm)=Qclatente

Visto le tre incognite in due equazioni, stabiliamo a priori la temperatura di


immissione dell’aria in ambiente, dato che abbiamo dei limiti di temperatura in
cui stare.
Ricordiamo che fissare a priori umidità e portata sarebbe pericoloso, in quanto
potrebbe provocare condizioni termo igrometriche di sovrasaturazione o nebbie
con conseguente malfunzionamento.

336
Capitolo 6

Fissando la temperatura dell’aria a 16°C otteniamo i seguenti risultati di portata


e umidità assoluta di immissione:

Tab.6.12 - Portata e umidità assoluta di immissione regime estivo

Ora in base al rendimento della macchina, stabiliamo di questa portata quanta


aria viene immessa dall’esterno e quanta è data dal ricircolo:

Tab.6.13 - Quantità aria da esterno e quantità aria di riciclo

337
Impianti

Ora si calcola il carico aggiuntivo per portare l’aria esterna al giusto grado di
temperatura e umidità:

Tab.6.14 - Carico sulle batterie da calore sensibile e carico da calore latente

Sommando i vari carichi troviamo la potenza termica della batteria di


raffrescamento:

Tab.6.15 - Carico totale su batterie

338
Capitolo 6

Dimensionamento macchina invernale


Sulla base della portata di aria dell’impianto nel regime estivo, dimensioniamo la
macchina per la situazione più gravosa stimata per la stagione invernale:

Tab.6.16 - Portata d’aria impianto UTA

In base all’umidità e alla temperatura che la normativa ritiene statisticamente più


gravosa nell’ambiente esterno, e le condizioni ambientali che la norma ci impone
di garantire per la destinazione d’uso richiesta, calcoliamo le caratteristiche che
avrà l’aria di ricircolo:

Tab.6.17 - Parametri aria miscelata

Conoscendo dai calcoli precedenti il flusso, la portata e avendo come dato la


temperatura dell’aria interna, calcoliamo la temperatura di immissione, per un
buon funzionamento della macchina, tale temperatura deve essere concentrata
tra i 22°C e i 30°C:

Tab.6.18 - Temperatura di immissione dell’aria

339
Impianti

Sulla base delle caratteristiche appena calcolate, stimiamo il calore assorbito


dall’umidificazione e la sovratemperatura da dare, al fine di immettere l’aria alla
giusta umidità:

Tab.6.19 - Valori di miscelazione aria

Una volta calcolati i parametri di immissione ed emissione dell’aria ed i valori sui


quali lavorare, è possibile calcolare il calore totale da fornire alla batteria:

Tab.6.20 - Calore totale fornito alla batteria nell’utilizzo invernale.

340
Capitolo 6

La scelta di frammentazione degli ambienti da climatizzare risulta ben ponderata,


oltre ad allineare le spese di gestione con l’affluenza nella struttura alberghiera,
consentono l’utilizzo di impianti UTA compatti. Le dimensioni d’istallazione,
trovate consultando numerose schede tecniche, permettono l’inserimento del
macchinario nel controsoffitto, in quanto l’altezza di interpiano e la tecnologia
del controsoffitto lasciano molta libertà di impiego, questo si ripercuote in modo
vantaggioso sul costo di manutenzione e consente di dedicare più spazio a
destinazioni più remunerative.

Fig.6.06 - Schema di funzionamento degli impianti.

341
Impianti

Distribuzione dell’aria attraverso impianto di


canalizzazione
L’aria trattata dall’impianto, dovrà essere distribuita ai vari ambienti in maniera
proporzionale al fabbisogno termico. Quindi come primo dato per dimensionare
le portate, bisognerà calcolare il fabbiosogno d’aria.

PI=(QI/QT)*PT [m3/h]

• PI: Portata d’aria da immettere nell’ambiente;


• QI: Fabbisogno termico dell’ambiente;
• PT: Portata d’aria totale in uscita dall’UTA;
• QT: Potenzialità totale.

Tab.6.21 - Portata aria nei singoli locali

Una volta calcolata la quantità d’aria di cui necessita ogni singola stanza, attraverso
la formula della portata, si ricavano le aree degli elementi di canalizzazione;
importante è notare come la velocità è decisa in modo tabulare, dovendo
sottostare a dei limiti necessari per non creare situazione di non comfort dati
da rumori nelle condotte e eccessivi spifferi d’aria, è importante anche evitare
di creare turbolenze nelle tubazione, situazione che potrebbe compromettere

342
Capitolo 6

l’efficienza del sistema.

Tab.6.22 - Velocità dell’aria nelle condotte

S=2,78(P/V) [cm2]

• S: Sezione della tubazione cm2;


• 2,78: Coefficiente di conversione utile ad ottenere il risultato della sezione in
cm2;
• P: Portata d’aria m3/h ;
• V: Velocità d’uscita dell’aria m/s.

Tab.6.23 - Dimensionamento condotte

Le dimensioni ricavate tramite i calcoli non trovano impedimenti in fase


realizzativa, in quanto la tecnologia utilizzata per il controsoffitto, e la generosa
altezza interpiano, consentono elevati margini per le regolazioni.

343
Impianti

Sistema radiante a soffitto


Il sistema radiante a soffitto è una soluzione innovativa per la climatizzazione
degli ambienti interni, e risulta molto vantaggiosa in un contesto come il nostro
corridoio .
Il sistema consiste in un controsoffitto radiante in cui nella parte superiore è
presente un attivazione termica costituita da tubazioni e diffusori termici che
permettono di regolare la temperatura superficiale, rendendolo idoneo sia per
riscaldamento e raffrescamento.
Un notevole pregio di questo sistema è l’integrazione progettuale, incastrandosi
nel controsoffitto rimane invisibile, non occupa spazio, è silenzioso e a differenza
del pavimento radiante ha una notevole resa, in quanto la massa termica da
portare in temperatura è nettamente inferiore.
Un’altra caratteristica a favore del sistema è che essendo disposto a soffitto,
l’irraggiamento diretto non è ostacolato da mobilio e il campo di irraggiamento è
completamente libero.
Il dimensionamento del sistema radiante avviene tramite moduli, le caratteristiche
variano a seconda del produttore.
Caratteristiche del modulo scelto:

Tab.6.24 - Caratteristiche progettuali modulo pannello radiante

Per determinare il numero di moduli da inserire nell’ambiente si parte dal


dimensionamento in regime estivo e successivamente si passa a quello invernale.

344
Capitolo 6

Il calore da asportare durante il periodo estivo, è dato dalla formula:

CR=CS-CA [W]

dove:

• CR: Calore residuo, calore da asportare in regime estivo [W];


• CS: Calore sensibile, calcolato nei precedenti capitoli [W];
• CA: calore asportato dall’ambiente per ricircolo aria, è funzione delle persone
che si stimano all’interno del locale di interesse (m): CA=m*0,34*ΔT [W].

Una volta calcolato il calore residuo, lo si divide per la resa frigorifera nominale di
ogni singolo elemento, in modo da quantificare il numero di elementi da installare.

Tab.6.25 - Pannelli radianti regime estivo

Tab.6.26 - Superficie occupata da pannelli radianti

Quantificato il numero di pannelli in regime estivo e verificato che ci stiano


effettivamente nell’ambiente, si verifica che il numero di pannelli soddisfi anche
il fabbisogno invernale; questo si esegue facendo il rapporto tra la resa totale in
regime invernale e il flusso delle dispersioni invernali.

345
Impianti

Tab.6.27 - Verifica pannelli radianti invernale

Pompa di calore
All’interno dello schema impiantistico si è deciso di applicare una pompa di calore
acqua-acqua al fine di regolare la temperatura dell’acqua sia nel periodo estivo
che nel periodo invernale. Per assolvere a questo compito si è scelto un’unità
reversibile con smaltimento ad acqua da interno con recupero totale del calore
di condensazione per la produzione simultanea di acqua refrigerata/riscaldata.
Data la favorevole localizzazione dell’edificio vicino al lago, si può godere dopo
un adeguata profondità della minima variazione di temperatura del bacino idrico.

Tab.6.28 - Temperatura acqua

La potenza della pompa di calore dovrà essere commisurata alla potenza


richiesta dall’impianto di riscaldamento e raffrescamento, sia UTA che pannelli
radianti, e alla produzione di acqua calda sanitaria.

Tab.6.29 - Potenza richiesta alla pompa di calore

Tramite schede tecniche, abbiamo scelto una pompa che più si avvicina alle
nostre caratteristiche.
Da scheda tecnica vediamo che la nostra pompa è in grado di riscaldare e
raffreddare l’acqua fino alle temperature richieste dagli impianti, anche se
comunque lo metteremo sempre in comunicazione con una caldaia al fine di
tenere l’acqua in temperatura.

346
Capitolo 6

La pompa è in grado di portare acqua all’utenza a 7°C partendo dal lato sorgente
a35°C, e di portare acqua all’utenza a 55°C partendo da 7°C, quindi con valori
largamente ammissibili.

Tab.6.30 - Potenza frigorifera e termica della pompa di calore


scelta

Essendo una pompa reversibile, consente di produrre acqua calda sanitaria,


questo permette che durante la stagione estiva l’intero fabbisogno sia soddisfatto
senza ricorrere all’utilizzo di altri impianti.
Le dimensioni della pompa sono :

Tab.6.31 - Dimensione pompa di calore

347
Impianti

Impianto fotovoltaico
Al 2015 l’energia rinnovabili in Italia sono presenti nel 100% dei Comuni italiani,
con il primo posto mondiale per quanto riguarda il solare. Il contributo dell’energia
rinnovabile ai consumi elettrici è assestato al 38% del fabbisogno totale, con più di
800000 istallazioni presenti sul territorio. Attraverso il contributo di questi impianti,
e il calo dei consumi energetici, l’Italia ha ridotto le importazioni dall’estero di fonti
fossili e la produzione dagli impianti più inquinanti e dannosi per il clima (nel
termoelettrico -34,2% dal 2005).
Da questi dati appena evidenziati si nota che il fotovoltaico è entrato in una
fase diversa della propria esistenza, una fase matura, tale da portare ad un
importante riduzione degli incentivi che erano presenti fino a qualche anno fa;
si è passati di fatto dalle grandi installazioni, atte a commercializzare energia, a
numerose piccole e medie installazioni al servizio di case e aziende che lavorano
prevalentemente in autoconsumo.
Il fotovoltaico, se ben sfruttato, può portare interessanti benefici, anche senza alcun
tipo di agevolazione statale o incentivo, come vedremo una volta dimensionato.

Fig.6.07 - Esempio impiano fotovoltaico di grandi dimensioni

348
Capitolo 6

Scelta progettuale
Non avendo più i numerosi incentivi disponibili fino a qualche anno fa, oggi
le installazioni vanno ponderate e studiate in modo attento, mai andando a
sovradimensionare limpianto, ma ponendosi degli obiettivi realistici, con tempi di
rientro dall’investimento ragionevoli.
I nostri obiettivi saranno quelli di coprire circa il 50% dei fabbisogni elettrici con
energia rinnovabili, e rientrare dall’investimento in meno di dieci anni.
Per poter meglio affrontare la sfida progettuale, studiamo la composizione del
prezzo dell’energia, che oggi è di circa 0,18 €/KWh.

Fig.6.08 - Composizione del prezzo finale all’utenza

L’autoconsumo consente di annullare completamente il costo del KWh, quindi è


possibile approvvigionarsi di energia gratuita, senza passare dalla rete e senza
imposte, minimizzando il tempo di rientro dall’investimento iniziale;
Lo scambio sul posto consente di immettere in rete l’energia prodotta in eccesso,
e riaverla nel momento in cui il nostro impianto non è in grado di coprire tutto il
consumo richiesto; quindi la vendiamo alla rete al prezzo effettivo dell’energia, e
la riacquistiamo pagando gli oneri di gestione e le imposte; questo consente di
avere uno sconto, ma comunque un esborso, allungando notevolmente i costi di
ammortamento dell’impianto.
Con queste premesse e nell’ottica di ammortizzare l’impianto nel minor tempo
possibile adottiamo un dimensionamento che ci consente di massimizzare
l’autoconsumo, arrivando a coprire ogni mese il fabbisogno elettrico nel momento

349
Impianti

dei maggiori guadagni solari (mezzogiorno), e lavorando con una strategia di


scambio sul posto solo nelle fasce orarie più favorevoli dei mesi con i maggiori
guadagni solari. Il fine è quella di minimizzare i pannelli e farli lavorare nel modo
più conveniente possibile, senza mai avere deficit energetico.
L’impianto fotovoltaico viene posizionato sulla struttura frangiflutto posta davanti
al porto, in modo da cogliere notevoli vantaggi, quali:

• sfruttare una struttura piana e inutilizzata;


• installare l’impianto il più possibile lontano dalle montagne ed esporlo alla
luce solare per più tempo possibile;
• ambiente circostante piano e privo di ostacoli;
• massimizzare i vantaggi dati dall’albedo e quindi sfruttare al massimo la luce
diffusa, possibilità data dall’essere completamente circondati dall’acqua.

Fig.6.09 - Localizzazione dei pannelli fotovoltaici sulla diga frangiflutti del porto.

350
Capitolo 6

Dimensionamento
Il dimensionamento dell’impianto a pannelli fotovoltaici ha avuto inizio con una
ricerca accurata del modulo da installare, la scelta è ricaduta su un modulo in
silicio monocristallino, andando a favorire l’efficienza del sistema, il modulo è un
modello tipo “JASolar JAM6”, dalle seguenti caratteristiche:

Tab.6.32 - Caratteristiche pannello tipo

Successivamente si è passati a stimare il fabbisogno energetico giornaliero di


una camera campione in regime invernale ed estivo, simulando le necessità
energetiche degli impianti e delle abitudini di un cliente medio, questa procedura
ha permesso di calcolare i KWh necessari durante l’intera giornata.
Come si può notare dalle tabelle, anche se le stanze d’albergo vengono usate
prevalentemente in orari notturni, gran parte dei consumi elettrici sono presenti
anche nelle fasce orarie diurne, notevole impatto sui consumi l’hanno gli impianti
di climatizzazione e i frigobar.
Una volta calcolati i fabbisogni, ricaviamo le radiazioni solari incidenti sui nostri
moduli, tramite il programma “Photovoltaic Geographical Information System”
che ci consente di avere il valore di radiazione medio di ogni luogo a qualsiasi
ora dell’anno in (W/m2).

351
Impianti

Grazie a questo dato, possiamo stimare quanta energia ci sviluppa un singolo


pannello, moltiplicando il dato riferito alla superficie unitaria per la superficie del
pannello e per la sua efficienza.

Tab.6.33 - Fabbisogno energetico Tab.6.34 - Fabbisogno energetico


regime invernale regime estivo

352
Capitolo 6

EPV=AC*A*h

Moltiplichiamo l’energia prodotta da un singolo pannello per il numero di pannelli


necessari ad arrivare all’autosufficienza nel momento del giorno più favorevole.
In base a questa stima calcoliamo per ogni mese l’energia necessaria per
alimentare l’hotel, quanta di questa possiamo ricavarla da autoconsumo e quanta
da scambio sul posto.
Di notevole aiuto è lo sviluppo grafico della tabella sovrastante, con la quale si ha
un’immediata percezione del fabbisogno energetico e della quotaparte coperta
da energia rinnovabile.
Come si può notare, la maggior parte dei guadagni solari li si hanno nelle fasce
orarie centrali della giornata, quando riusciamo a coprire l’intero fabbisogno con
l’autoconsumo, dal punto di vista del fabbisogno, notiamo che i picchi si hanno
nelle prime ore del mattino e durante la tarda serata, quando si ha la fruizione
dei principali servizi di toilette o intrattenimento, ma i fabbisogni rimangono
comunque elevati durante tutta la giornata.
Con questi dati si procede allo studio degli effettivi risparmi in termini energetici
e conseguentemente economici, i prezzi considerati sono i seguenti:

Tab.6.35 - Bilanci energetico per fascia oraria

• energia acquistata 0,18 €/KWh;


• energia autoconsumata 0,00 €/KWh;
• energia da scambio sul posto 0,11 €/KWh.

Di seguito troviamo la tabella con i costi di gestione energetici dell’hotel riferiti al


mese di dicembre, quanti di questi sono coperti da energia rinnovabile e quanti
devono essere effettivamente acquistati dalla rete con conseguente esborso

353
Impianti

economico.
La procedura appena descritta è stata eseguita per tutti i mesi dell’anno, con i

Fig.6.10 - Grafico suddivisione andamenti energetici

risultati sotto elencati:


Ciò che si nota dallo studio mensile, è che il 53% del fabbisogno, risulta
effettivamente coperto da energia rinnovabile, questo comporta un guadagno
non solo dal punto di vista ambientale, ma come dimostra la tabella successiva,
anche economico.
La prima colonna della tabella, indica il fabbisogno energetico dell’edificio all’attuale
prezzo dell’energia, che sarebbe quindi quello che bisognerebbe affrontare nel
momento in cui non si fossero installati sistemi di alimentazione energetica
alternativi. La seconda colonna evidenzia i guadagni dati dall’autoconsumo, che
si manifestano sotto mancati esborsi, quindi utilizzando direttamente l’energia
prodotta dai pannelli, mentre la terza colonna sono i guadagni dati dallo scambio

Tab.6.36 - Bilancio energetico mese Dicembre

354
Capitolo 6

sul posto, come si può notare sono minimi e con l’attuale tariffazione non
giustificano più un ulteriore investimento per ampliare la superficie da destinare

Tab.6.37 - Comarazione energetica mensile

a pannelli.
L’instalazione dei pannelli rende possibile alimentare la struttura alberghiera con
un’esborso annuo di circa 36490 euro, risparmiando il 49%.
Per valutare a fondo la bontà dell’investimento, bisogna analizzare quanto bisogna

Tab.6.38 - Rendita dell’impianto fotovoltaico

355
Impianti

investire per avere un risparmio annuo di questa portata, e infine sulla base del
periodo di ammortamento valutare la convenienza o meno dell’operazione.
Per stimare il costo dell’installazione, valutiamo dall’esperienza pregressa
quanto incide il costo del pannello sul lavoro finito, in modo da poter stimare
l’esborso finale. La ripartizione percentuale dei costi, è differente a seconda delle
dimensioni e dei pannelli installati, quindi adremo a illustrare la divisione per
impianti simili al nostro.
Non potendo più godere degli incentivi e di quote di sconto, il costo è tutto a
carico dell’acquirente, però comparandolo con la cifra risparmiata annualmente
direttamente dall’acquisto di energia, ricaviamo un rientro dall’investimento
stimato in sette anni.

Fig.6.11 - Ripatizione dei costi

356
Capitolo 6

Tab.6.39 - Costo impianto fotovoltaico

Fig.6.12 - Footo inserimento

357
Capitolo 7

Illuminotecnica
Introduzione all’illuminotecnica
I parametri
Le leggi fisiche
Luce naturale e risparmio energetico
La normativa
Gli strumenti dell’illuminotecnica
Radiance e Groundhod
Dialux
Analisi illuminotecniche
Luce naturale: piscina
Luce naturale: camera d’hotel
Luce artificiale
Capitolo 7

“Luce è la parola che più di ogni altra contiene significati fisici, simbolici,
evocativi. Chiunque si occupi di luce non può prescindere da questa ricchezza
di accezioni e, nel contempo, non deve mai perdere il contatto con la sua natura
fisica, né dimenticare le sue relazioni con l’uomo e con l’ambiente”[*]

Oggigiorno, all’interno della progettazione edile, c’è una sempre maggiore


richiesta di progettazione della luce. Questo costituisce una riscoperta di valori
progettuali che hanno accompagnato l’uomo fin dall’alba dei tempi, ed in particolare
nell’architettura. Quando pensiamo alla luce inconsciamente pensiamo alla vita;
la nostra quotidianità si sviluppa intorno alla presenza della luce che, nelle sue
innumerevoli declinazioni, ci emoziona e meraviglia.

Introduzione all’illuminotecnica
Con il termine “illuminotecnica” s’intende la disciplina tecnico-scientifica che
studia la diffusione, il controllo e gli effetti della luce negli ambienti dell’uomo,
sia interni che esterni. L’ambito di studio prende in considerazione ogni tipo di
fonte luminosa, sia artificiale che naturale. L’illuminotecnica è, però, solo una
piccola parte del panorama ben più vasto noto come studio della visione. Sotto
questo nome si ritrova il più ampio gruppo di discipline: architetti, ingegneri,
illuminotecnici, fisici, oculisti, psicologi, ed altri ancora.
L’illuminotecnica ha avuto il suo boom a seguito dell’invenzione della lampada
ad incandescenza (nei primi decenni del Novecento), ma le sue origini sono ben
più antiche, ed iniziano con il desiderio dell’uomo di conoscere e comprendere il
fenomeno ed i meccanismi della visione. Per citare alcuni tra gli illustri scienziati,
coinvolti in questo lungo percorso di ricerca, ricordiamo: Thomas Young
(1773-1829), James Clerk Maxwell[**] (1831-1879) ed Hermann von Helmholtz
(1821-1894) che tra il 1850 ed il 1860 redigeva “l’Handbuch”[***], ovvero il testo

* Tratto da “Frascarolo , Marco. Manuale di progettazione illuminotecnica. Roma: Mancosu; 2010”.


** Continuando gli studi di Young, e prendendo spunto da questi, Maxwell pubblicò nel 1860 la “Teoria dei colori composti”, all’interno della quale sviluppò il modello
del triangolo dei colori: partendo dai tre colori fondamentali (rosso, verde, blu) si possono ottenere tutte le 200 sfumature di colore che l’occhio umano è in grado di
riconoscere.
*** Handbuch der Physiologischen Optik.

359
Illuminotecnica

principe, per molti anni a venire, in materia di visione. Negli anni successivi la
materia venne comunque approfondita, ed ancora numerosi furono i contributi
nell’ampliarla, e per rendere più precisi i modelli di analisi.
I diversi studi erano però condotti localmente, cosicché lo scambio ed anche
l’uniformità di terminologie ed unità di misura risultava complesso, se non
addirittura impraticabile.
Nel 1913 nasce a Vienna il C.I.E., Commission Internationale de l’Eclairage
(Commissione internazionale sull’Illuminazione), l’organizzazione internazionale
non-profit per la ricerca, la divulgazione scientifica e la cooperazione
internazionale (su base volontaria) nel campo dell’illuminotecnica, diventando
rapidamente l’organizzazione di riferimento nel campo della luce, e di tutti i settori
annessi. Nel 1950 si prese la decisione di ufficializzare la materia di studio su
scala internazionale, portando così ogni nazione a fondare centri per lo studio,
la ricerca, la formazione e la didattica. In Italia l’istituto investito da tale incarico
fu l’Istituto Nazionale di Ottica di Firenze (oggi I.N.O.). Seguirono anni di grandi
scoperte. L’Illuminotecnica, dapprima, raccolse le numerose esperienze di
laboratorio (esperimenti, su osservatori ben addestrati, di carattere psicofisico
ed elettrofisiologico) in diversi handbook, al fine di fornire guide pratiche per la
corretta illuminazione di ambienti con varie destinazioni d’uso. Tutto questo, però,
non soddisfò a lungo gli illuminotecnici e gli architetti che chiedevano risposte di
tipo quantitativo relativamente alla visione del secondo ordine[*], al comfort, alla
gradevolezza, al gloom[**], ecc.
Nel 1987 il Prof. Julian Warren G., Shepherd A.J. e Purcell A.T., ricordando Le
Corbusier[***], sottolinearono la necessità di un maggiore approfondimento nelle
relazioni architettura - illuminazione; nel 1989 proseguirono con una vera e
propria denuncia contro l’illuminotecnica tradizionale. Si riportano alcune frasi:

“[...] Gli ingegneri si sono concentrati solo su fatti basati su criteri numerici,
trattabili con procedure di calcolo (preferibilmente semplici). [...]”

* La visione del secondo ordine è relativa all’elaborazione del cervello del segnale visivo (funzioni superiori). La visione del primo ordine si riferisce all’elaborazione
nell’occhio.
** Il termine gloom si riferisce ad ambienti in cui i parametri illuminotecnici sono rispettati, ma in cui l’illuminamento non è adeguato. Tipicamente è il locale in cui la
nostra capacità visiva inizia ad essere compromessa.
*** “[...] l’architettura è un gioco di volumi rivelati dalla luce.”

360
Capitolo 7

“[...] E’ stato trattato solo il ‘microambiente’, su poche dimensioni, locali,


facendo riferimento a quelle condizioni ottenute nei laboratori, in condizioni
talmente asettiche, da togliere ogni riferimento alla visione in ambienti reali [...]”

“[...] Non esistono modelli che quantifichino le impressioni soggettive o


l’atmosfera che l’illuminazione può creare [...]”

Come si intuisce da queste affermazioni la critica è rivolta allo spirito troppo


ingegneristico con cui si è finora studiata la materia. Per quanto negli esperimenti
di laboratorio vengano spesso coinvolti soggetti “addestrati” allo scopo, gli
ambienti risultano soggetti a condizioni standard fin troppo controllate, che, per
definizione, si allontanano dalla realtà. Inoltre lo scopo di questi esperimenti
è quello di ricavare dei valori numerici relativi all’illuminamento ed alle altre
grandezze misurabili (come la luminanza) senza soffermarsi sulla risposta
emotiva dei soggetti, la cui “misurazione” (quasi impossibile in quanto dato
soggettivo) invece è fondamentale per la corretta progettazione degli ambienti al
fine di migliorare il comfort, e quindi la produttività di chi vive tale luogo.

I parametri
Ma quali sono questi parametri illuminotecnici? Ancora una volta è necessario
definire alcuni termini: radiometria, fotometria e spettrometria. La prima è la
scienza della misura della radiazione fuori dallo spettro del visibile, la seconda
della luce (spettro visibile), e la terza misura l’energia luminosa di una precisa
lunghezza d’onda. Ricordiamo infatti che ciò che indichiamo con il termine luce
è un intervallo ben preciso
dell’onda elettromagnetica,
dotata di una struttura
corpuscolare (il fotone).
L’intervallo in cui si concentra
lo spettro visibile è compreso
tra i 380 nm ed i 780 nm. La
Fig.7.01 - Schema delle radiazioni, con evidenziata la radiazione sovrapposizione di queste
visibile.

361
Illuminotecnica

onde produce luce bianca, ovvero la luce del sole; lo spettro dei colori spazia
dal viola (prima troviamo lo spettro ultra-violetto) al rosso (e seguendo ricadiamo
nel campo dello spettro infrarosso). Altro fattore importante per la valutazione di
qualsiasi fonte luminosa è la temperatura di colore, espressa in gradi Kelvin [°K].
Tale parametro confronta il colore della
luce, emesso da una qualsiasi sorgente
luminosa, con quello emesso da un corpo
nero[*]; la temperatura a cui il corpo nero
produce la medesima tonalità di colore
corrisponde alla temperatura di colore di
quella specifica sorgente luminosa. Come
mostrato nella figura qui riportata, la luce a
basse temperature di colore è definita luce
calda (con sfumature di rosso), mentre ad
alte temperature di colore abbiamo luce
Fig.7.02 - Valori di temperatura di colore. fredda (tendente all’azzurro).
Possiamo ora meglio addentrarci all’interno della materia. Per prima cosa
definiamo l’unità di misura base dell’illuminotecnica: la candela [cd]. Dal nome è
di facile intuizione l’origine di questa unità. Oggigiorno si usano però attrezzature
ben più sofisticate per determinare qual è la quantità di riferimento per tutte le
misurazioni.
Senza voler addentrarci troppo nelle spiegazioni, ma per dovere d’informazione,
la candela [cd] è oggi realizzata
tramite un radiometro assoluto di
tipo criogenico, custodito presso
l’INRiM[**]. La candela è l’unità di
misura dell’intesità luminosa [I] ,ed è
Fig.7.03 - Esemplificazione geometrica dell’intensità definita da Federico M. Butera come:
luminosa.

* Per corpo nero s’intende un oggetto ideale che assorbe tutta l’energia radiante (di ogni tipo e proveniente da ogni direzione) e che emette in modo uniforme in
ogni direzione.
** Istituto Nazione di Ricerca Metrologica con sede a Torino.

362
Capitolo 7

“[...] l’intensità di una sorgente che emette uniformemente un flusso di 1 lumen


in un angolo solido di 1 steradiante.”[*]

Si precisa come l’intensità luminosa sia una grandezza fortemente dipendente


dalla direzione che si considera (i diversi corpi luminosi non hanno sempre la
stessa intensità luminosa in tutte le direzioni!). Il flusso luminoso [Φ] è invece la
quantità di radiazione luminosa trasferita; la sua unità di misura è il lumen. Un
lumen (1 lm) è pari:

“[...] al flusso luminoso emesso nell’angolo solido da una sorgente isotropa


puntiforme avente l’intensità di 1 candela.”[**]

Possiamo quindi scrivere l’equivalenza:

1 lm = 1 cd*sr

La luminanza [L] è definita come:

L=dI/(dA*cosθ)

con unità di misura pari a cd/m2 [nit].


Come vediamo dalla formula una
possibile definizione, che meglio
descrive tale grandezza, è: l’intensità
luminosa emessa dalla superficie
apparente in una determinata direzione.
La luminanza rappresenta quella quota
Fig.7.04 - Esemplificazione geometrica della luminanza
parte di intensità luminosa che viene
riflessa da una superficie. Come si

* Butera , Federico M. Architettura e ambiente manuale per il controllo della qualità termica, luminosa e acustica degli edifici. Milano: ETAS libri; 1995.
** Frascarolo , Marco. Manuale di progettazione illuminotecnica. Roma: Mancosu; 2010.

363
Illuminotecnica

evince dall’immagine qui riportata la luminanza è una grandezza fortemente


dipendente dalla direzione di osservazione; chi guarda, a meno che non ci si
ponga perpendicolarmente, vedrà una parte della superficie, ovvero la proiezione
dell’area sul piano perpendicolare alla direzione dello sguardo (= dA*cosθ).
Arriviamo così alla grandezza principe: l’illuminamento [E]. Questa grandezza
è quella che viene, più di ogni altra, citata e considerata quando si svolge un
progetto illuminotecnico, poiché le numerose normative fanno riferimento ai valori
di questo parametro per guidare il progettista verso la scelta delle opportune
strategie. Definito come:

E=dΦ/dA

l’unità di misura è il lux (=lm/m2), rappresenta la quantità di flusso luminoso


incidente su una superficie.
Queste sono le principali grandezze illuminotecniche intorno alle quali saranno
sviluppate le successive analisi.
Cogliamo già l’occasione per alcune riflessioni, ora che abbiamo definito un
comune terreno di partenza. La ricerca d’avanguardia nel settore ha sottolineato
come il vero parametro di riferimento nella progettazione sia la luminanza, e
come la sua corretta valutazione porti a scelte progettuali che meglio tutelano il
comfort visivo degli utenti. Una grandezza direttamente legata alla luminanza è il
contrasto di luminanza, definito come:

C=(L0-Lb)/Lb

dove:

L0 è la luminanza dell’oggetto (può essere un opera esposta, o


semplicemente il piano lavoro);
Lb è la luminanza dello sfondo.

La corretta interpretazione di questo parametro, ed anche l’analisi della variazione

364
Capitolo 7

di luminanza nell’ambiente forniscono importanti indicazioni: se la vista risulta


affaticata, se l’occhio è in grado o meno di riconoscere gli oggetti presenti nella
stanza e se è capace di adattarsi alle diverse condizioni di luce in maniera
rapida e senza sforzi (ad esempio passando dal piano di lavoro al contorno).
Purtroppo tale parametro viene spesso ignorato, sia per la scarsa conoscenza
sia per la difficoltà di valutazione. Come principio base possiamo solo dire che
nel processo di valutazione è buona norma evitare passaggi troppo bruschi nei
valori di luminanza: un eventuale non rispetto di questo principio può produrre
molto facilmente fenomeni di discomfort.
Altra considerazione è di tipo puramente matematico: sia la luminanza che
l’illuminamento hanno una proporzione direttamente inversa rispetto all’area
della superficie investita dal flusso luminoso; tanto più è grande tale superficie
(nel caso della luminanza la superficie viene ridotta tramite il cosθ) minore sarà il
valore risultante. Ad esempio: il sole ha una superficie apparente molto piccola,
quasi puntiforme, ed ha una luminanza pari a 1,6*109 cd/m2; una lampadina ad
incandescenza di 60W (la cui superficie apparente è maggiore del sole) ha una
luminanza di 1,2*105 cd/m2.

365
Illuminotecnica

Le leggi fisiche
Luminanza ed illuminamento hanno anche alcune caratteristiche peculiari:

• legge del quadrato della distanza: l’illuminamento, per oggetti assimilabili


a puntiformi che emettono in maniera
uniforme in tutte le direzioni, è pari a:

E=I/d2

Quindi più una sorgente luminosa è


distante minore è il suo potere illuminante.
L’ipotesi di sorgente puntiforme si ritiene Fig.7.05 - Esemplificazione geometrica della
legge del quadrato.
soddisfatta quando si considerano
distanze maggiori o uguali a cinque volte il diametro della sorgente (d ≥ 5Øs);
• conservazione della luminanza: la luminanza è indipendente dalla distanza,
quindi si mantiene costante lungo il suo percorso. Come già descritto in
precedenza, la luminanza è funzione della sola posizione dell’osservatore
rispetto alla superficie. Ci sono però condizioni (fenomeni di riflessione e/o
trasmissione, sistemi ottici ecc.) in cui si può osservare una variazione della
luminanza;
• legge di Lambert (legge del coseno): dalla legge del quadrato della distanza
deriva questa importante legge. L’illuminamento incidente sulla superficie
varia con il coseno dell’angolo d’incidenza:

dω=(dS*cosα)/d2

E=dΦ/dS=(Iα*dω)/dS=(Iα*dScosα/d2 )/dS=(Iα/d2)*cosα;

• superfici di Lambert: sono particolari superfici che diffondono in maniera


uniforme nello spazio la radiazione incidente; risulta così che la luminanza
in ogni direzione è costante (non più funzione della posizione relativa
dell’osservatore). Dalla legge del coseno comprendiamo come l’intensità

366
Capitolo 7

luminosa di una superficie lambertiana in riflessione sia proporzionale


all’angolo di riflessione.

Luce naturale e risparmio energetico


Come già accennato nell’introduzione, l’illuminotecnica nasce per indagare
il processo visivo e la luce. Ovviamente la prima fonte di luce con cui l’uomo
si è rapportato è la luce naturale e, ricordando la citazione di Le Courbusier
ad inizio del capitolo, essa è stata grande protagonista dell’architettura (oltre
che delle altre arti!). Numerosi sono
infatti gli esempi, nel corso della storia,
che possiamo citare per mostrare la
sapiente progettazione per massimizzare
l’apporto di luce naturale negli ambienti:

• 27 a.C.: Agrippa Marco Vipsanio


progettò e realizzò il Pantheon. La
cupola, del diametro di 43m, è una
delle opere più riconoscibili della
capitale italiana, grazie anche al suo
oculo centrale di 8,92m di diametro
Fig.7.06 - “L’interno del Pantheon” del pittore
che permette l’ingresso di luce Giovanni Paolo Panini (1692-1765) conservato
presso la National Gallery of Art in Whashington
naturale; D.C.

• 1843-1850: Henri Labrouste progetta la Bibliothèque St. Geneviève;


• 1851: Joseph Paxton è il progettista del Crystal Palace per l’Esposizione
Mondiale di Londra;
• 1919: Auguste e Gustave Perret realizzano a Parigi l’edificio che ospita la
Sartoria industriale Henri Esders, caratterizzata dalla copertura vetrata al
fine di massimizzare l’ingresso di luce al banco di lavoro;
• 1928-1931: Pierre Chereau progetta la Maison de Verre. L’uso su tutta
la facciata del vetrocemento permette al progettista di coniugare la libera
disposizione interna degli ambienti, grazie all’abbondante ingresso di luce
naturale, con la privacy garantita dal materiale.

367
Illuminotecnica

Di esempi ce ne sono ancora innumerevoli, ma nonostante questo, a seguito della


scoperta della lampadina e della diffusione dell’energia elettrica, la luce naturale
è stata relegata ad un ruolo decisamente marginale. Anzi: con la diffusione della
luce artificiale quella naturale è stata anche considerata come di secondo ordine,
non di pregio, a causa della sua variabilità (durante la giornata, durante l’anno)
di qualità e disponibilità. Non dimentichiamo inoltre l’influenza delle condizioni
climatiche e della latitudine di progetto. Alle alte latitudini (vicino ai poli), infatti, le
ore in cui il sole è disponibile sono piuttosto scarse, ed essendo aree con climi
particolarmente rigidi, le architetture tendono a privilegiare aperture ridotte così
da non disperdere calore all’esterno (questo favorì soprattutto in queste zone
l’uso di luce artificiale!). Allo stesso tempo la luce artificiale consente ai progettisti
di disporre i locali in totale libertà, senza preoccuparsi troppo delle superfici
finestrate poiché possono garantire in ogni luogo l’ideale quantità di luce.
Procedendo negli anni la luce artificiale è diventata sempre più predominante
portando ad ignorare la luce naturale, a non considerarla più, ed incentivando
la dipendenza dalle fonti energetiche fossili. Ricordiamo, infatti, come l’intero
comparto edilizio sia la causa del maggior consumo energetico.

Fig.7.07 - Grafico rappresentante il bilancio energetico italiano dal 1971 al 2015. Fonte: Istat.

368
Capitolo 7

Nel grafico sopra mostrato sono immediatamente riconoscibili i tre settori


che trainano il consumo energetico nazionale: il settore civile, dei trasporti e
dell’industria. E’ anche evidente come il settore civile mostri una tendenza in
crescita nei consumi, ponendosi alla guida dei consumi nazionali.
Negli anni Settanta però ci fù la prima crisi energetica (dovuta alla guerra del
Kippur), che portò a riconsiderare e riscoprire le risorse energetiche rinnovabili, tra
cui anche la luce naturale. Ora la sua variabilità è considerata un pregio, capace
di assecondare i ritmi biologici, di rendere gli ambienti più confortevoli, stimolanti
e produttivi. Insieme al rinnovato utilizzo della luce naturale si sviluppano anche
sistemi per il controllo della stessa. Infatti, nell’ottica del risparmio energetico,
bisogna garantire che, nelle condizioni peggiori, sia garantito l’illuminamento,
senza “sovraccaricare” l’ambiente interno. Perché, se la combinazione di luce
naturale ed artificiale può garantire un grande vantaggio nei confronti del risparmio
energetico (e quindi economico), è altresì vero che una mala gestione degli apporti
gratuiti di luce naturale, generando scomfort (abbagliamento, surriscaldamento,
non corretta percezione dei colori…), porta ad investimenti economici ed energetici
maggiori: oscuranti, impianti di climatizzazione ecc. I consumi per l’illuminazione
corrispondo a circa al 3,5% del consumo nazionale secondo il Prof. Rizzo G.
dell’Università degli Studi di Palermo[*]. Si può certo affermare che non si tratta di
un fattore particolarmente rilevante ai fini della riduzione del consumo energetico,
né di uno dei fattori più importanti e determinanti. Certamente è però un campo
dove è possibili intervenire in maniera rapida, anche e soprattutto nell’esistente,
grazie all’evoluzione tecnica delle lampade. Dalle analisi del Prof. Rizzo, condotte
per l’ENEA, la ripartizione dei carichi illuminotecnici per settore è così ripartita:

* Rizzo G. Analisi dello stato dell’arte nazionale ed internazionale dei sistemi integrati di illuminazione naturale/artificiale in relazione all’involucro edilizio nel caso di
edifici del terziario e abitativi, ai fini di un loro impiego nell’ambito della certificazione energetica degli edifici ENEA 2009;RSE/2009/14.

369
Illuminotecnica

• 20% - 40% uffici;


• 15% - 30% ospedali;
• 15% industria;
• 10% - 15% scuole;
• 5% - 10% scuole.

Secondo Greenpeace[*], attuando le giuste politiche d’intervento, solo con


l’intervento nell’illuminazione del settore residenziale, terziario commerciale,
terziario pubblico ed industriale, entro il 2020 si potrebbe risparmiare
45,4 TWh/anno. Tale stima è però fin troppo ottimistica, non considerando due
importanti fattori:

• l’analisi appena citata prevede la sostituzione in blocco dell’intero parco


illuminante nazionale, senza considerare eventuali resistenze da parte
dell’utenza (dovute alla non conoscenza della necessità di tale sostituzione,
dell’investimento economico iniziale richiesto per l’acquisto delle nuove
lampade)[**];
• le nuove lampade FLC a risparmio energetico contengono minime tracce di
mercurio (ca. 4mg) che rende il loro smaltimento più complesso, in quanto alla
fine del loro (seppur lungo) ciclo di vita vanno smaltite come rifiuto speciale.
Secondo il Prof Rizzo (e concordiamo con lui) ci sarà sempre una quota
fisiologica di smaltimento non corretto, comportando quindi un aumento dei
costi relativi all’inquinamento ambientale (contrasto e bonifica), ed anche un
rischio per la salute pubblica con il relativo aumento dei costi della sanità,
vanificando così il risparmio energetico conseguito.

Sebbene la ricerca si sia concentrata sull’effettivo risparmio energetico (sia in


termini economici che di salvaguardia ambientale), e sebbene quanto stiamo per
dire non è supportato da dati numerici, ci pare opportuno ricordare come il tema

* Dati contenuti nel rapporto “La rivoluzione dell’efficienza, il potenziale di efficienza energetica negli usi finali di energia elettrica in Italia al 2020 e i benefici
connessi”, citati dal Prof. Rizzo G. nel suo report.
** Il Prof. Rizzo G., per il solo comparto residenziale, ipotizza una probabilità di penetrazione delle lampade FLC (lampade fluorescenti compatte con alimentatore
integrato in grado di poter immediatamente sostituire le classiche lampade ad incandescenza) del 25%.

370
Capitolo 7

dell’illuminazione interna degli edifici abbia effetti molto importanti sull’uomo che
vive tali ambienti, e sulle attività che vi svolge all’interno. La rinnovata passione
per la luce naturale, favorita sempre più all’interno delle architetture, e la sua
integrazione fisiologica con la luce artificiale (la luce naturale non può, purtroppo,
assolvere appieno all’intera gamma di necessità dell’uomo, in particolare
lavorative, e non può nemmeno raggiungere ogni ambiente interno all’edificio)
permettono migliori condizioni di vita e di lavoro. Come già detto da illustri
studiosi prima di noi, ambienti migliori permettono di svolgere vite più sane, e, in
ambito produttivo, permettono ai lavoratori di svolgere le proprie mansioni con
maggiore efficienza e produttività. Il beneficio economico indotto non è mai stato
calcolato (almeno per quanto risulta dalle nostre ricerche) ma, facciamo qualche
considerazione. Sovente in un unico ambiente produttivo si trovano più persone
contemporaneamente al lavoro; ottimizzando quindi quel solo ambiente dal
punto di vista illuminotecnico, migliorando la qualità della luce e quindi la capacità
visiva degli occupanti, se ne migliorerà il lavoro e la produzione. Una produzione
maggiore e migliore porterà a profitti maggiori, connessi anche al risparmio
economico ottenuto dal miglioramento impiantistico, e dalla razionalizzazione
delle risorse (uso luce naturale integrata al bisogno dalla luce artificiale). Il nostro
auspicio è che la ricerca volga la propria attenzione anche, ed in particolar modo,
alla “misurazione” quantitativa e qualitativa del miglioramento illuminotecnico dei
luoghi per l’uomo, mettendo anche a disposizione dei progettisti strumenti più
agevoli per meglio stimare come la luce si diffonda all’interno dei progetti, così da
rendere le architetture ancora più a misura di uomo.

371
Illuminotecnica

La normativa
La normativa italiana, relativamente all’illuminotecnica, non offre molti spunti
di analisi. Da nostre ricerche, sebbene risultino essere numerose, sono ben
poche le norme che si arrischiano a dare delle prescrizioni sull’argomento. Ma
procediamo con ordine: per prima cosa definiamo la gerarchia con la quale vanno
redatte le norme; queste sono strutturate in livelli che procedono dal nazionale
(norme di livello generale), regionale ed infine locale (norme di maggior dettaglio
e relazionate al particolare territorio in cui vengono emanate), ed oltre a queste
esistono norme redatte da terzi organi (sia a livello nazionale che europeo)
che contribuiscono ad arricchire e precisare un panorama altrimenti piuttosto
desolante[*]. Segnaliamo come molte delle normative derivano da studi, ricerche,
direttive o guide realizzate dal C.I.E., che, come già detto, è l’organizzazione
internazionale di riferimento nel settore della luce, ed in tutti i settori collegati.
Detto questo addentriamoci meglio nella materia. In Italia non c’è una
legislazione ad hoc sull’illuminotecnica, ma a seconda del settore per cui la
norma viene redatta vengono date delle indicazioni. Per questo motivo sono
rintracciabili numerose norme che danno (o per lo meno ci provano) indicazioni
sull’argomento. Esistono norme che parlano di illuminazione (sia naturale, sia
artificiale) i cui campi d’intervento spaziano dalla nautica (imbarcazioni, norme
per la guardia costiera), passando per le camere mortuarie, accordi internazionali
per la veterinaria e/o il commercio di carni (in questo caso si danno indicazioni
sulla progettazione per i locali di macellazione ad esempio), arrivando poi
alla progettazione di strade ed edifici di ogni tipo (dall’industriale al civile). Il
legislatore, riguardo all’illuminotecnica, ha inteso l’argomento di interesse per la
sicurezza (sul posto di lavoro) e la salubrità degli ambienti, e, più recentemente,
sul tema dell’inquinamento luminoso. Nella maggior parte dei casi si legge:
“si devono garantire adeguati livelli di illuminamento”, frase che lascia molta
discrezione al “responsabile” di turno, che sia il progettista od il datore di lavoro
(per citarne alcuni), ovvero persone che, in larga parte, non hanno le conoscenze

* Tra gli enti nazionali ricordiamo l’U.N.I. (Ente Nazionale di Unificazione) ed il C.E.I. (Comitato Elettrotecnico Italiano); a livello europeo troviamo il C.E.N.
(Comitato Europeo di Normazione) ed il C.E.N.E.L.E.C. (Comitato Europeo di Normazione Elettrotecnica). Per completezza citiamo anche l’I.S.O. (Organizzazione
Internazionale per le Standardizzazioni) e lo I.E.C. (International Electrotechnical Commission) che operano a livello mondiale.

372
Capitolo 7

o la sensibilità per definire il più opportuno livello d’illuminamento. Per fortuna


ci sono le terze organizzazioni sopraccitate, come l’U.N.I. ed il C.E.N., che
provvedono a redigere norme più dettagliate per numerosi campi d’interesse,
tra cui anche l’illuminotecnica (presso l’U.N.I. esiste la Commissione Luce e
Illuminazione, a cui fanno riferimento 12 sottocommissioni/gruppi di lavoro che
studiano altrettanti aspetti sull’argomento[*]), integrando così le lacune nella
normativa italiana. Si osserva anche che il legislatore rare volte include riferimenti
a queste norme tecniche, e ancora più raramente, dà indicazioni sui minimi da
rispettare. Tali minimi, la maggior parte delle volte, si limitano alla definizione del
rapporto aero-illuminante, ovvero la definizione della superficie minima finestrata
che deve essere presente in un locale per garantire sia i ricambi d’aria, sia la
minima quantità di luce entrante. Le principali leggi, attualmente vigenti, sono:

• D.P.R. 2 aprile 2009, n. 59 concernente l’attuazione della direttiva


2002/91/CE sul rendimento energetico, che, per l’illuminamento, rimanda al
D.L. 19 agosto 2005, n. 192;
• D.L. 9 aprile 2008, n. 81, noto come “Testo Unico sulla sicurezza”, richiede
la corretta illuminazione dei luoghi di lavoro, senza dare valori minimi o altri
riferimenti normativi (sia per il corretto svolgimento delle attività, sia per la
sicurezza del lavoratore al fine di evitare affaticamento e/o danni alla vista);
• D.L. 29 dicembre 2006, n. 311, relativo al rendimento energetico in edilizia,
cita solo l’illuminazione come parametro per la valutazione della prestazione
parziale dell’edificio oggetto di analisi;
• D.L. 19 agosto 2005, n. 192, è il decreto attuativo della direttiva europea
2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia, e, all’articolo 13
comma c), rimanda alla consultazione della norma UNI/TS 11300 ed
UNI 15193;

* Per citarne alcuni: Termini generali e criteri di qualità, Illuminazione degli ambienti di lavoro e dei locali scolastici, Inquinamento luminoso, Progetto
illuminotecnico.

373
Illuminotecnica

• D.P.R. 16 dicembre 1999, n. 495, è il decreto di esecuzione ed attuazione


del nuovo codice della strada, in cui sono inclusi riferimenti per la
colorimetria della segnaletica;
• L. 9 gennaio 1991, n. 10 norme per il piano energetico nazionale, in cui
l’illuminazione è individuata come campo d’intervento per il risparmio
energetico;
• D.M. 18 dicembre 1975, norme tecniche aggiornate per l’edilizia scolastica,
in cui il legislatore definisci in maniera puntuale i valori di illuminamento (sui
banchi, alla lavagna, nei corridoi, ecc.), dando prescrizioni in lux, al fine
di garantire le migliori condizioni di lavoro e di tutela della salute di tutti gli
occupanti, ed inoltre definisce anche i valori dell’F.L.D.[*]. In questo caso il
legislatore auspica un largo utilizzo di luce naturale, comunque da integrare
con luce artificiale;
• D.M. 5 luglio 1975 sui requisiti igienico sanitari per le abitazioni in cui viene
definito il valore minimo dell’F.L.D. pari al 2%, e che la superficie finestrata
minima è pari ad 1/8 della superficie calpestabile del locale.

Si sottolinea come l’elenco sopra riportato non sia esaustivo dell’intera legislatura
italiana in fatto di luce ed illuminotecnica.
A livello regionale la situazione non migliora, in quanto, mancando la cultura
legislativa a livello nazionale, si osserva un numero di norme ancora più esiguo.
Per praticità, ed inerenza con il tema della tesi, si andranno a considerare
solo le norme di Regione Lombardia. Anche qui rintracciamo norme che
parlano dell’illuminotecnica in relazione al risparmio energetico in edilizia ed
all’inquinamento luminoso. Rispetto a quest’ultimo tema, Regione Lombardia (e
come lei molte altre regioni) è più progredita rispetto al livello nazionale dove
esistono soltanto disegni di legge non ancora approvati. Le uniche leggi degne
di nota sono:

* Fattore di Luce Diurna esprime, in valore percentuale, quanta luce entra in un locale in condizioni di cielo nuvoloso (CIE Overcast Sky) a prescindere dall’ora o
dal giorno in cui viene calcolato. Il valore è il rapporto tra l’illuminamento interno al locale e l’illuminamento medio sul piano orizzontale esterno.

374
Capitolo 7

• L.R. 5 ottobre 2015, n. 31, che si incentra sul risparmio energetico per
dispositivi esterni e contrasto all’inquinamento luminoso, dando indicazioni
per la tutela di zone protette (osservatori astronomici, S.I.C.[*], ecc.). La
legge inoltre stabilisce che ogni comune deve redigere il Documento di
Analisi dell’Illuminazione Esterna (D.A.I.E., che sostituisce il P.R.I.C., Piano
Regolatore dell’Illuminazione Comunale instaurato[**]);
• L.R. 21 dicembre 2004, n. 39, norme per il risparmio energetico in cui
(come per le leggi nazionali) s’individua il settore dell’illuminazione come
campo d’intervento;
• D.G.R. 11 dicembre 2000, n. 7/2611 che stabilisce le fasce di rispetto per
gli osservatori astronomici.

In base ai dati di quest’ultima norma osserviamo che il comune di Lecco ricade sotto
il raggio d’influenza di due osservatori astronomici: l’Osservatorio Astronomico
Brera di Merate (LC), con una fascia di rispetto di 25km, e l’Osservatorio
Astronomico di Sormano (CO), con una fascia di rispetto di 15km. Tali fasce di
rispetto comportano importanti limitazioni delle emissioni luminose verso l’alto.
Oltre a questo i comuni che ricadono in queste fasce di rispetto devono sottoporre
ai rispettivi osservatori di competenza il D.A.I.E.
In base a quanto detto sopra, ogni comune deve dotarsi entro due anni dalla
data di approvazione della L.R. 5 ottobre 2015, n. 31 del D.A.I.E. (od al più del
P.R.I.C.[***]). Purtroppo ad oggi il comune di Lecco non risulta dotato del D.A.I.E. o
del P.R.I.C.
Le lacune finora dimostrate, a più livelli, dalla normativa italiana sono compensate
dalle norme emanate da organismi quali l’U.N.I. La produzione legislativa in
questo senso è molto ampia, e spaziano su diversi argomenti. Effettuando una
ricerca sul sito dell’U.N.I.[****]risultano 48 norme attualmente vigenti afferenti tutte
alla Commissione Luce e Illuminazione. Citiamo le norme principali:

* Siti d’Interesse Comunitario.


** Il P.R.I.C. è stato instaurato dalla L.R. 27 marzo 2000, n. 17, abolita dall’art. 12, comma 1, lett. a) della l.r. 5 ottobre 2015, n. 31. fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 11, comma 2 della l.r. 5 ottobre 2015, n. 31.
*** Anche in questo caso il comune deve dotarsi del D.A.I.E. entro cinque anni dalla pubblicazione del regolamento sul BURL.
**** U.N.I. Available at: http://www.uni.com/.

375
Illuminotecnica

• UNI EN 12464:2014 Luce e illuminazione - Illuminazione dei posti di lavoro;


• UNI EN 15193:2008 Prestazione energetica degli edifici - Requisiti
energetici per illuminazione;
• UNI EN 12193:2008 Luce e illuminazione - Illuminazione di installazioni
sportive;
• UNI 11165:2005 Luce e illuminazione - Illuminazione di interni - Valutazione
dell’abbagliamento molesto con il metodo UGR;
• UNI 10819:1999 Luce e illuminazione - Impianti di illuminazione esterna -
Requisiti per la limitazione della dispersione verso l’alto del flusso luminoso.

Gli strumenti dell’illuminotecnica


Come già anticipato gli strumenti a disposizione per il calcolo illuminotecnico non
sono molti e, allo stesso tempo, non sono semplici. Esistono numerosi procedimenti
grafici, o di calcolo, che permettono una valutazione di vari parametri. Per la luce
naturale troviamo:

• grafici solari (sia stereografici, sia ortogonali), che permettono di valutare la


radiazione solare diretta e gli ombreggiamenti;
• il diagramma di Waldram permette di rappresentare la proiezione della volta
celeste sul piano dell’orizzonte, sia per condizioni di cielo uniforme C.I.E. sia
per condizioni di cielo coperto C.I.E.;
• diagramma a “grani di pepe”, sviluppato da Pleijel, per il calcolo del F.L.D. in
cui il cielo è rappresentato in forma stereografica;

mentre per la valutazione della luce artificiale abbiamo:

• metodo dei punti per mezzo del quale è possibile calcolare l’illuminamento,
punto per punto, di ogni singolo apparecchio (sia questo puntiforme, lineare
od esteso);
• metodo del flusso totale con il quale si possono valutare, a seconda
dell’apparecchio e della lampada scelti, il numero di punti luce da inserire
all’interno della stanza.

376
Capitolo 7

Questi sono solo alcuni dei procedimenti. I metodi di calcolo, in particolare, sono
molti e vari, ma in questa sede non verranno presentati essendo decisamente
complessi. Precisiamo inoltre che questi metodi sono attualmente poco usati poiché
esistono strumenti software, facilmente reperibili in rete, in grado di restituire gli
stessi risultati in tempi brevi e con maggior accuratezza; il procedimento grafico
ancora più usato è il grafico solare per la valutazione degli ombreggiamenti,
poiché risulta essere relativamente semplice nella realizzazione e di immediata e
facile valutazione. Per quanto concerne il metodo del flusso totale, sebbene risulti
essere molto facile nel procedimento di calcolo, osserviamo come oggigiorno
sia poco fruibile a causa dell’incompletezza, o anche della mancanza, della
documentazione messa a disposizione dalle aziende produttrici di apparecchi
luminosi.
Per chiarezza spieghiamo nel seguito il relativo procedimento di calcolo:

1. calcolare l’indice del locale:


a. se l’illuminazione è diretta:

k=ab/(h(a+b))

dove:
i. h è l’altezza utile, ovvero la distanza delle sorgenti luminose dal
piano di lavoro;
ii. a è la prima dimensione del locale (la larghezza ad esempio);
iii. b è la seconda dimensione del locale.

b. In caso di illuminazione indiretta (con apparecchi che diffondono luce


verso l’alto) la formula cambia:

k’=1,5*ab/(h’(a+b))
dove:
i. h’ è l’altezza del soffitto rispetto al piano di lavoro;

377
Illuminotecnica

2. recuperare dalle schede tecniche dei produttori i valori relativi a:


a. fattore di utilizzazione U, definito in funzione dell’indice del locale e
della riflettanza di soffitto - pareti - pavimento;
b. L.O.R. (light output ratio), rappresenta l’efficenza dell’apparecchio
luminoso:

η=Φapparecchio luminoso/Φlampada

c. Φ [lm] flusso luminoso di ciascun apparecchio luminoso;

3. rintracciare in normativa il valore del fattore di manutenzione M che tiene


conto del decadimento dell’emissione luminosa delle lampade, dell’annerimento
delle superfici riflettenti e trasparenti degli apparecchi, e di ogni altro parametro
che nel tempo influisca sul rendimento dell’apparecchio luminoso;

4. definire il valore Ev di illuminamento sul piano di lavoro che, per la maggior


parte delle casistiche, è definito dalla normativa (ad esempio UNI EN 12464);

5. calcolare il numero di apparecchi luminosi necessari all’interno della stanza


per il raggiungimento dell’illuminamento minimo richiesto sul piano di lavoro:

n=(EV S)/ΦηUM

Abbiamo così riassunto il procedimento di calcolo del metodo del flusso totale
in cinque punti. Molti dei dati coefficienti richiesti nel calcolo sono difficilmente
reperibili; il fattore di utilizzazione U, ad esempio, è presente in letteratura[*]
in forma tabellare, ma i valori riportati risultano riferiti a pochissimi modelli di
apparecchi luminosi (per lo più destinati all’uso in uffici od industrie) e non tengono
conto della mutata tecnologia delle lampade, facendo ancora a riferimento a
quelle ad incandescenza, mentre oggigiorno esistono differenti, e più efficienti,

* Butera , Federico. Architettura e ambiente manuale per il controllo della qualità termica, luminosa e acustica degli edifici. Milano: ETAS libri; 1995.

378
Capitolo 7

lampade (FLC, LED ecc.). Tale mancanza di dati è influenzata, come già
anticipato, dall’enorme diffusione di software che, recependo i dati direttamente
dai produttori (sia di lampade, sia di apparecchi), svolgono già al loro interno i
calcoli necessari per restituire al progettista il numero minimo di apparecchi da
installare all’interno dell’ambiente oggetto di studio.

Radiance e Groundhod
Radiance è un software freeware in ambiente UNIX[*] sviluppato, principalmente
da Greg Ward, a scopo di ricerca dal Lighting System Research Group del
Lawrence Berkeley National Laboratories[**] nella seconda metà degli anni ottanta.
Il continuo sviluppo del software fino ai giorni nostri (la versione 5.0 è stata
rilasciata il 18 settembre 2015) ha reso Radiance il software per la simulazione
illuminotecnica più usato e preciso[***]. La particolarità di Radiance sta nel fatto
che, come UNIX, è composto da più di cento programmi diversi, ognuno dei
quali svolge un compito ben preciso (per la generazione delle geometrie, analisi
e manipolazione, rendering ecc.), rendendolo di fatto una suite[****]; l’utente è quindi
l’unico limite a se stesso. La possibilità
di concatenare tali programmi in
maniera diversa, di poter manipolare
direttamente numerose opzioni per
l’analisi o la resa dei dati, di poter
ottenere le informazioni desiderate in
Fig.7.08 - Rappresentazione del processo di ray tracing.
diversi formati, tutto questo consente
all’utente (sia esso un architetto,
un ingegnere, od un ricercatore) di poter ottenere funzioni personalizzate e
più potenti, permettendo di poter gestire geometrie complesse ed ogni tipo di
materiale.
Il processo di calcolo implementato in Radiance è un misto tra il ray tracing ed il
Monte Carlo sampling:

* Ufficialmento nato il 1 gennaio 1970 presso i Lawrence Berkeley National Laboratories, senza troppo scendere in dettaglio, è un sistema operativo di tipo aperto
composto da più programmi espandibili e combinabili per ottenere funzioni nuove e più potenti.
** Laboratorio di ricerca del Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti d’America, con sede a Berkley, in gestione all’Università della California.
*** Gugliermetti F, Bisegna F. Integrazione Luce Naturale/Luce Artificiale in ambito terziario ed abitativo. ENEA 2009;Report RSE/2009/13.
**** Termine informatico per indicare un insieme di più programmi in grado di lavorare singolarmente od insieme.

379
Illuminotecnica

• il ray tracing, precisamente il backward ray tracing, è un metodo ricorsivo


con il quale si calcola a ritroso il percorso del raggio di luce dal punto di
vista dell’osservatore fino alla sorgente di luce attraverso l’ambiente, tenendo
conto delle riflessioni in cui il raggio può incorrere;
• il Monte Carlo sampling è un modello stocastico con il quale il software
“calcola” la causalità del complesso fenomeno fisico della distribuzione della
luce all’interno di un ambiente per mezzo di funzioni stocastiche;
Solo per completezza d’informazione
aggiungiamo che, con i più recenti
aggiornamenti della suite, è stato
aggiunto anche un modulo per il photon
mapping: è un algoritmo che permette il
calcolo di effetti di rifrazione attraverso
Fig.7.09 - Esempio di caustiche calcolate per mezzo
mezzi trasparenti e fluidi (come acqua, dell’algoritmo photon mapping.

fumo, o vapore), permettendo di


calcolare in maniera molto attendibile effetti di luce come caustiche[*].
Radiance non è però il software maggiormente diffuso per il calcolo illuminotecnico.
L’handicap più rilevante nella diffusione di Radiance è l’interfaccia: il programma
infatti non è dotato della classica G.U.I.[**]a cui i più tra noi sono stati abituati.
La gestione dell’intera suite avviene per mezzo di stringhe di comando: in
sostanza si richiede all’utente una certa conoscenza del sistema e del linguaggio
UNIX al fine di attivare i programmi e di manipolare le opzioni, attraverso una
sequenza scritta a schermo. Si sottolinea come i risultati di tali comandi non
siano immediatamente visibili all’utente: in pratica l’utente non ha l’immediato
riscontro sulle proprie azioni, a meno che non siano attivati i rispettivi programmi
di visualizzazione, che, in ogni caso, richiedono del tempo per l’elaborazione,
tempo in cui l’utente può comunque svolgere ulteriori operazioni in parallelo
al fine di modellare ulteriori soluzioni da poter confrontare. Questo, invece di
essere un difetto, a nostro avviso è un punto di forza del programma, in quanto
obbliga l’utente a ponderare le proprie scelte ragionando sull’obiettivo che si

* Effetto che si produce quando la luce è riflessa da una superficie curva, e l’inviluppo dei raggi riflessi si definisce caustica per rifrazione o diacaustica.
** GUI: Grafic User Interface è l’interfaccia con cui i maggiori software per PC e MAC sono equipaggiati per facilitare il compito dell’utente. In sostanza ad ogni
comando corrisponde l’attivazione di un icona o di un menù. Non è il caso di Radiance.

380
Capitolo 7

vuole raggiungere. Con i software dotati di G.U.I., invece, capita spesso che si
proceda in maniera iterativa aggiungendo o togliendo, in maniera indiscriminata,
elementi fino a che non si visualizza la corretta soluzione. Ad ogni modo vien
da sé la difficoltà, per chi si approccia alla suite, di non avere a disposizione i
consueti comandi per la modellizzazione degli ambienti. Ovviamente sono previsti
programmi per la definizioni geometrica dei locali (od anche di ambienti esterni),
ma questi operano per primitive (parallelepidi, cilindri, sfere) ed è difficile poter
rendere la complessità degli ambienti che spesso accompagna la progettazione
architettonica. La quantità di dati necessari per poter iniziare a svolgere le analisi
è anche considerevole. Per una scena base bisogna definire, per ogni elemento
richiesto, diversi file:

• la geometria dell’ambiente, gli arredi, e la loro posizione all’interno della


scena;
• i materiali di ogni singolo elemento;
• le viste;
• la geometria della volta celeste;
• la posizione del sole e le condizioni della volta celeste (cielo nuvoloso,
soleggiato ecc.);
• le finestre da cui entra la luce naturale;
• i piani di lavoro[*] da cui estrarre, o su cui riportare, i dati delle simulazioni.

Oltre alla quantità si richiede anche


una certa dimestichezza informatica
all’utente, per poter descrivere
correttamente le informazioni da
consegnare a Radiance[**]. Anche a
questo, grazie alle sempre più ampia
diffusione di programmi per la grafica
3D, si è posto rimedio. Radiance è
Fig.7.10 - Schema di funzionamento di Radiance. Fonte:
http://radsite.lbl.gov
* Questi al momento sono possibili solo con geometria rettangolare.
** Sottolineiamo come sia sufficiente sbagliare una virgola per ricevere un messaggio di errore durante l’elaborazione.

381
Illuminotecnica

ormai il punto di riferimento per il mondo illuminotecnico, riconosciuto al livello


mondiale come il miglior software, ad oggi disponibile, per le analisi di luce
naturale ed artificiale, sia in ambiente interno che esterno, ed essendo anche
una suite open source in ambiente UNIX, molti programmatori, soprattutto esterni
al progetto, hanno realizzato plug-in per programmi di modellazione 3D (Blender,
SketchUp, Rhinoceros + Grasshoper per citarne alcuni), così da implementare in
questi ultimi anche la capacità di analisi di Radiance. In questa sede parliamo di
Goundhod.
Groundhod[*] è un plug-in freeware per il celebre programma di modellazione
SketchUp di Google. Nato come programma per permettere agli utenti di realizzare
modelli 3D da inserire nell’altrettanto famoso Google Earth, SketchUp è diventato
rapidamente uno dei software 3D più usato al mondo grazie alla sua semplicità di
utilizzo. Il plug-in è ancora in fase di sviluppo, ma già allo stato attuale è di grande
aiuto. Il modello viene interamente realizzato all’interno di SketchUp inserendo
arredi, materiali, la posizione geografica del progetto e la posizione del sole
(inserendo l’orario); successivamete, senza lasciare il programma ed attraverso
gli appositi comandi di Goundhod si definiscono le superfici finestrate e piani
di lavoro (su cui visualizzare i dati in falsi colori), ed a questo punto possiamo
far partire le analisi desiderate. A nostro avviso, non è però questa la miglior
caratteristica del plug-in. Abbiamo infatti la possibilità di poter esportare l’intera
scena “in formato Radiance”, ovvero di poter generare ogni singolo file necessario
a poter svolgere le analisi desiderate. Nonostante la comodità del plug-in, infatti,
non è possibile effettuare ogni singola analisi da SketchUp, né avere il completo
controllo di tutte le opzioni in gioco (ad esempio per la descrizione dei materiali).
Al momento Groundhog infatti permette solo di generare immagini, realistiche dal
punto di vista fisico, e di visualizzare solo in falsi colori i risultati sui piani di lavoro
inseriti nel progetto, senza alcuna possibilità di conoscere i valori puntuali su tali
piani. Esportando il modello in Radiance ci si apre tutto un mondo di possibilità,
al fine di poter rendere le immagini ancora più accurate (dal punto di vista della
fisica della luce) e di poter ricavare molte più informazioni sulla luce sia naturale
che artificiale, dato che quest’ultimo dato non è al momento implementato.

* Molina G, Vera S, Bustamante W. Available at: http://igd-labs.github.io/Groundhog/#home.

382
Capitolo 7

Dialux
Dialux[*] è un software freeware, per ambiente Windows, sviluppato dalla tedesca
Dial, società attiva nella ricerca e sviluppo illuminotecnico. Il software ha molte
differenze con Radiance. In primis è un software dotato di G.U.I., dotato quindi
di un interfaccia che richiede la semplice conoscenza di icone e menù, guidando
l’utente attraverso l’uso e le impostazioni. Altre differenze sono:

• Dialux è un programma nato principalmente per la simulazione ed il


dimensionamento della luce artificiale, usando come metodo di calcolo il già
citato metodo del flusso totale;
• sebbene sia stato implementato un motore per la simulazione di condizioni
di luce naturale, questo non risulta molto accurato (a differenza di Radiance)
poichè il metodo di calcolo utilizzato è radiosity.

Il radiosity è un algoritmo di calcolo nato a partire dalle ricerche in ambito


ingegneristico, per la valutazione di quanta energia termica venisse trasferita, per
irraggiamento, tra le superfici di un dato ambiente. Queste ricerche si svolgevano
agli inizi degli anni Sessanta. Il radiosity, ad ogni modo, è un procedimento di
calcolo che, al fine di modellare l’illuminazione di un ambiente (interno od esterno)
considera tutte le superfici presenti come diffusori ideali (superfici Lambertiane),
ovvero superfici che diffondono allo stesso in ogni direzione. Questo è un
importantissima semplificazione, che già lascia presupporre la non correttezza
della simulazione fisica della luce. Date tali premesse è facilmente intuibile come
gli effetti di riflessione speculare non vengano computati, trattandosi di fenomeni
in cui la direzionalità gioca un importante ruolo. Il calcolo parte quindi dalle sorgenti
luminose; i raggi vengono diffusi attraverso l’ambiente in modo proporzionale alle
caratteristiche ottiche del materiale che caratterizza superfici, fino al completo
assorbimento dell’energia riflessa da parte delle suddette superfici.
Per quanto appena detto il programma è stato usato per il calcolo della sola
luce artificiale. Dialux è dotato di un piccolo programma di disegno CAD al suo
interno, librerie di oggetti, e tutto il necessario per poter riprodurre nella maniera
* Dial. Available at: https://www.dial.de/en/home/.

383
Illuminotecnica

più accurata possibile singoli locali, interi piani o edifici al fine di poter poi
svolgere le simulazione. Infatti il software è impostato in modo tale che l’utente
svolga le azioni in una successione ben precisa (ma non rigida), completando
ogni step con le informazioni utili alla definizione del tipo di ambiente e delle
prestazioni richieste. Il grande pregio di Dialux è la libreria espandibile delle
lampade e degli apparecchi luminosi. E’ possibile scaricare da internet un
impressionante catalogo di marchi, che permette di inserire il corretto modello in
3D dell’apparecchio desiderato, corredato di tutte le informazioni sulle lampade
utilizzate e sul consumo di energia. Il programma, al termine delle simulazioni,
permette anche di poter esportare un report esaustivo di tutte le informazioni
tecniche e di simulazione necessarie al progettista.

384
Capitolo 7

Analisi illuminotecniche
Quanto detto in precedenza ci porta alle analisi illuminotecniche svolte all’interno
della nostra tesi. Il nostro interesse si è concentrato sulla luce naturale,
introducendo le nostre considerazioni a riguardo fin dalle prime fasi di progetto.
La luce non è per noi solo un parametro, ma un elemento progettuale intrinseco,
capace di modellare e definire gli spazi, e donare a questi ultimi maggior
qualità per l’uomo e le sue attività. Tutto questo senza trascurare il pericolo del
surriscaldamento interno dovuto ad un eccessivo irraggiamento, e ritardando il
più possibile lo sfruttamento dell’illuminazione artificiale.

Luce naturale: piscina


Il primo ambiente che andremo ad analizzare
è la piscina pubblica, situata, come mostrato
nel navigatore qui accanto, di fronte all’opera
di Mario Cereghini, oltre la cortina del filare
alberato del lungo lago lecchese.
I motivi per cui abbiamo scelto tale ambiente
sono:

• la piscina, ed in particolare il locale


adibito all’attività natatoria, costituiscono
ambienti più delicati di quanto si pensi
per la progettazione illuminotecnica[*], per
non impedire il corretto svolgimento delle Fig.7.11 - Navigatore di progetto. In
arancione la posizione della piscina.
attività, o fastidiosi riverberi di luce dovuti
all’acqua;
• come anticipato, a differenza della maggior parte del progetto, la piscina non
gode della naturale protezione del filare alberato[**], ed è quindi più esposta
alla radiazione diretta.

* Come dimostrato da documenti specifici redatti dal C.I.E.


** Ricordiamo che si tratta di platani a foglie caduche.

385
Illuminotecnica

Si richiede quindi una particolare attenzione nel dimensionamento degli elementi


deputati al controllo della luce naturale. Iniziamo, quindi, col definire la dimensione
degli elementi oscuranti: nel nostro caso si tratta di lamelle orizzontali fisse. Per
fare questo indaghiamo le posizione del sole, ed in particolare i valori dell’altezza
solare sull’orizzonte β, valutata con la seguente formula:

senβ=cosφcosδcosω+senφsenδ

dove:

a. Ф è la latitudine di progetto (per noi 45°);


b. δ è la declinazione, valutata come:
i. δ = 23,45*sen[(360/365)*(N+284)]
con N pari al numero del corrispondente giorno dell’anno;
c. ω angolo orario (che varia da 165° delle ore 1, ai -165° delle ore 23).

Con il supporto di un foglio di calcolo abbiamo sviluppato le formule, per ogni


orario, per tutto l’anno.

Fig.7.12 - Grafico cartesiano del percorso solare per la città di


Lecco. Fonte: ENEA

386
Capitolo 7

Abbiamo quindi estrapolato i


dati medi mensili dell’altezza
solare alle 15:00, poiché questa
risulta essere l’ora in cui il sole
incide direttamente all’interno
della piscina. Questo dato si
desume dall’analisi del grafico
polare della posizione del sole,
sovrapposto all’area di progetto.
Fig.7.13 - Grafico cartesiano del percorso solare per la città di
Lecco. Fonte: ENEA

Possiamo così definire un foglio di calcolo con


cui definire la geometria delle lamelle. Imposto
uno spessore pari a 0,04m e quattro valori di
distanza h (1m; 0,75m; 0,5m; 0,25m), si ricavano
i possibili valori di b (espressi in metri), come
riportati nella seguente tabella:

Fig.7.14 - Grafico cartesiano del percorso


solare per la città di Lecco. Fonte: ENEA

Tab.7.01 - Valori di profondità dei brise-soleil in funzione dell’altezza h e dell’altezza solare β.

Come si vede i valori variano da un minimo di 0,40m fino ad un massimo di


12,81m; si sono quindi evidenziati i valori da noi ritenuti accettabili, ovvero tali da
non essere maggiori della profondità dei pilastri posti in facciata (<0,40m).

387
Illuminotecnica

Tra i valori evidenziati in verde si è ritenuto


appropriata una profondità di 0,25m che
ci consente di schermare la piscina nel
mese di maggio, giugno e luglio; negli
altri mesi la morfologia del territorio è
parte attiva nella schermatura della luce
solare diretta. Nella sponda opposta delle
Fig.7.15 - Ortofoto con indicazione delle vette
circostanti il sito di progetto. Fonte: Geoportale della Caviate vi sono due importanti rilievi: la
Lombardia.
Forcellina (alt. 717m) ed il Moregallo (alt.
1276m); è quest’ultimo, in particolare, a provocare l’oscuramento più importante.
In base alle misurazioni svolte, il sole scompare alle spalle di questi rilievi a
partire dalle ore:

• 18 nel periodo 16/07 - 09/09;


• 19 nel periodo 30/04 - 12/08.

Il grafico qui accanto rappresenta le


ore durante l’anno in cui la piscina
è soggetta ad ingresso diretto
della luce naturale. L’asse delle
ordinate parte dalle ore 15.00 (già
è stato detto che la piscina gode

Fig.7.16 - Grafico del tramonto durante l’anno con


di illuminamento diretto proprio a
evidenziati gli ombreggiamenti sulla facciata della piscina.
partire da quest’ora); si evince che
la radiazione solare, soprattutto
nei mesi più caldi (che, ricordiamo, sono anche i mesi in cui l’altezza solare
β è maggiore) è limitata a poche ore al giorno, e, ad ogni modo, alle ore
più tarde della giornata, così da non sovraccaricare l’ambiente interno
di eccessive radiazioni termiche. Nel grafico abbiamo rappresentato:

• in colore verde il periodo dell’anno in cui il sole, trovandosi ancora sopra


l’orizzonte, risulta essere dietro il Monte Moregallo;

388
Capitolo 7

• in colore giallo il periodo dell’anno in cui i brise-soleil ombreggiano la vetrata


della piscina.

Definita così la geometria dei brise-soleil, resta ora da comprendere come la luce
si diffonda all’interno dell’ambiente in oggetto.
I brise-soleil sono distribuiti su sette campate, e disposti secondo una matrice
di 3 x 29 elementi. Il modello, realizzato con SketchUp, è stato poi esportato in
Radiance, dove si è provveduto a definire in maniera corretta:

1. i materiali:
a. cemento a vista per i pilastri;
b. lamelle in legno con superficie inferiore e superiore riflettente (al fine di
sfruttare gli effetti di riflessione della luce);
c. pavimento in piastrelle ceramiche;
d. muri e soffitto intonacato e verniciato bianco;
e. spalti rivestiti con superficie calpestabile in legno, e finitura lucida
all’intradosso ed il bordo;
2. la posizione del sole:
a. per il calcolo dell’illuminamento diretto si è impostato un cielo di tipo
CIE Clear Sky[*];
b. per il calcolo dell’FLD si è invece imposto, come modello di cielo, il CIE
Overcast Sky[**].

Occorre a questo punto fare una puntualizzazione. Mentre per il modello CIE
Clear Sky Radiance è in grado di calcolare autonomamente le impostazioni
corrette (a partire da dati noti quali latitudine, longitudine, ed ora del giorno), non
è lo stesso per il CIE Overcast Sky per il quale si richiede il calcolo e l’immissione
dell’irradianza Rhoriz [Watt/m2] per la località di progetto, ricavato dalla seguente
equazione:

* Cielo azzurro, libero da nubi, rappresentante la massima disponibilità di luce naturale.


** Cielo coperto da strati di nubi spesse in grado di mascherare il sole (ne deriva una luminanza indipendente dalla posizione del sole, massima allo zenit, che
decresce verso l’orizzonte con andamento sinusoidale).

389
Illuminotecnica

Rhoriz=Ehoriz/(179 lm/W)

dove:

• Ehoriz è l’illuminamento sul piano orizzontale [lux = lm/m2].

Per calcolare quest’ultimo coefficiente


esistono numerosi metodi. Qui ne
presenteremo alcuni.
Iniziamo col dire che in letteratura può
essere rintracciato il dato in questione
per le principali città. Federico Butera,
nella sua già citata opera, riporta un
grafico in cui, in funzione dell’orario
lavorativo tipo e della latitudine,
restituisce il corrispondente valore
dell’illuminamento sul piano
orizzontale; solitamente per Milano
(ed approssimativamente anche per
Lecco) si considera un illuminamento
di 8000 lux.
Un altro metodo prevede il calcolo Fig.7.17 - Tabella per la valutazione dell’illuminamento sul
piano orizzontale. Fonte: Butera, Federico. Architettura
del valore Ed0 (illuminamento diffuso e ambiente manuale per il controllo della qualità termica,
luminosa e acustica degli edifici. Milano: ETAS libri; 1995.
orizzontale non ostruito al suolo) per
mezzo della formula:

Ed0=(7/9)*πLz

390
Capitolo 7

in cui:

• Lz è il valore di luminanza allo zenit del modello di cielo CIE Overcast Sky,
calcolato con la formula di Kittler[*]: Lz=3990*(1+1,5senβ).

Appare chiaro come tali formule restituiscono dei valori univoci per ogni giorno
dell’anno e per ogni ora del giorno. E’ quindi giusto chiedersi: quale valore
considerare? La norma ci dice che il valore di riferimento per l’illuminamento
sul piano orizzontale Ed0 è tale da rappresentare la condizione peggiore valida
per l’85% dell’orario lavorativo considerato. Possiamo anche dire che il valore
da noi ricercato è il percentile del 15% della serie statistica su base oraria. E’
ovvio che, a discrezione del progettista, si può considerare una percentuale
maggiore o minore. Valori maggiori, per esempio, indicano la volontà di ritardare
il più possibile l’uso di luce artificiale, e portano a considerare valori di Ed0 minori
(viceversa se si considerano percentuali minori).
In letteratura si fa riferimento anche ad un metodo di calcolo per l’illuminamento
al suolo dovuto alla luce solare diretta; la formula che permette questo è:

Eb0=Eex┴ (1+0.0034cos((J-2)2π)/365)e-cm senβ

dove:

• Eex┴ è l’illuminamento diretto normale extraterrestre alla distanza media tra la


Terra ed il Sole, ed è un valore costante pari a 133,8 klx;
• J è il numero ordinale del giorno considerato;
• c è il coefficente di estinzione dell’atmosfera:
c. =0,21 per cielo sereno;
d. =0,80 per cielo intermedio e coperto;
• m è la massa d’aria relativa, calcolata per mezzo della seguente equazione:

m=1/(senβ+0,50572*(β+6,07995°)-1,6364)

* La formula di Kittler è valida per l’Europa. Per completezza informiamo che per gli Stati Uniti d’America si segue la formula di Krochmann: Lz=123+8600senβ.

391
Illuminotecnica

Nel 1986 Tregenza propose un modello di calcolo per la Design Sky Illuminance
Edesign,sky, basato sull’analisi statistica dell’illuminamento orizzontale non
ostruito (considerando un intervallo temporale 9.00 - 17.00, ed il percentile del
15%). La formula proposta è:

Edesign,sky=48,8sen(πβ/180)1,105

la cui validità è però limitata ad un ben preciso intervallo di β:

5°< β ≤ 60°

Altro metodo di calcolo prevede di ricavare i valori dell’illuminamento orizzontale


da misurazioni dirette effettuate per mezzo del satellite. Questo è possibile tramite
il web server Satel-Light[*], un database europeo per l’analisi della luce naturale
e della radiazione solare, che permette di ricavare vari parametri (percorso
apparente del sole, irradianza, illuminamento, ecc.) e di eseguire delle prime
elaborazioni degli stessi.
I risultati di questi modelli sono di seguito riportati (si rimanda all’appendice per
i calcoli):

Tab.7.02 - Tabella riassuntiva dei modelli per l’illuminamento orizzontale.

I valori ottenuti, come si vede, sono alquanto diversi. Iniziamo col dire che
andremo ad escludere subito i valori di Eb0 e di Satel-light. Il primo perché si
riferisce ad una condizione di luce diretta (mentre per lo scopo prefisso, ovvero
il calcolo dell’FLD, si parte da una condizione di cielo coperto, privo quindi di
luce diretta), il secondo perché non allineato agli altri valori, sebbene si possa

* http://www.satel-light.com/.

392
Capitolo 7

pensare essere più preciso, in quanto derivato da misurazioni reali. Si precisa che,
purtroppo, i dati forniti dal database sono relativi ad un limitato periodo di tempo
(1996 - 2000), e caratterizzati da un analisi dall’alto (le misurazioni vengono
effettuate per mezzo di satelliti), analizzando la condizione a terra per mezzo di
algoritmi che desumo il valore plausibile di illuminamento orizzontale. Tra i valori
rimanenti si è scelto di seguire la regola pratica presentata da Butera nel suo
manuale[*], rispettando la pratica, consolidata negli anni, dell’illuminotecnica.
Implementando così il calcolo dell’irradianza Rhoriz si ricava il valore da inserire
in Radiance, al fine di modellare il CIE Overcast Sky. A questo punto possiamo
iniziare a svolgere le necessarie analisi:

Fig.7.18 - Rappresentazione del modello della piscina, per lo studio della luce naturale.

Nel seguito sono descritti i quattro casi di studio, attraverso i quali abbiamo
analizzato la variazione di luce naturale in ingresso al variare del numero di
brise-soleil eliminati dalla facciata:

• caso 0: i brise-soleil sono presenti sull’intera facciata;


• caso 1: si opera nella fascia di 1,50m a partire dall’intradosso del solaio di
copertura della piscina;
• caso 2: si opera nella fascia tra 1,50m e 4,90m;
• caso 3: si opera nella fascia tra 4,90m e 5,90m.

* Butera , Federico. Architettura e ambiente manuale per il controllo della qualità termica, luminosa e acustica degli edifici. Milano: ETAS libri; 1995.

393
Illuminotecnica

Caso 0
Il primo modello, realizzato per
lo svolgimento delle analisi
illuminotecniche, prevede una
facciata interamente ricoperta da
brise-soleil.

Fig.7.19 - Modello del locale piscina per il caso 0 (facciata


“piena”).

Fig.7.20 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 0, Fig.7.21 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 0,
dovuto alla luce naturale il 21 giugno alle 16:00. dovuto alla luce naturale il 21 dicembre alle 16:00.

Qui sopra sono mostrate le immagini, in falsi colori, che mostrano l’ingresso della
luce rispettivamente al 21 Giugno ed al 21 Dicembre. Per meglio comprendere
come, e quanto, la luce arrivi in profondità andiamo ad analizzare i dati riportati
sul piano di lavoro:

Fig.7.22 - Immagine falsi colori Fig.7.23 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento, nel caso 0, dovuto dell’illuminamento, nel caso 0, dovuto
alla luce naturale sul piano di lavoro il alla luce naturale sul piano di lavoro il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

La vera protagonista delle nostre valutazioni è però la luminanza. Come già


descritto in precedenza, se correttamente interpretata, possiamo definire il
comfort visivo dell’ambiente in analisi.

394
Capitolo 7

Fig.7.24 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 0, il Fig.7.25 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 0, il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

La valutazione della luminanza purtroppo non è cosa facile; per lo più si basa
sulla sensibilità e sull’esperienza del progettista. Possiamo dire che la luminanza
del mese di dicembre è facilmente valutabile, osservando come la variazione
sia decisamente minima, e limitata entro un range minimo (150 - 50 cd/m2).
Non è così (forse) per la luminanza del 21 giugno, dove le numerose sfumature
di colore possono far preoccupare. L’intera gamma di colori della palette è sì
presente, ma questa degrada lentamente verso il fondo; inoltre all’interno della
singola vista sono presenti tutte le sfumature, garantendo così un adattamento
progressivo dell’occhio alle mutevoli condizioni visive interne.

395
Illuminotecnica

Caso 1
Nel caso 1, a seguito di quanto
visto prima, iniziamo ad eliminare
parte dei brise-soleil, al fine di
migliorare la qualità visiva interna.
Questa prima operazione si svolge
in una fascia di 1,50m partendo
dall’intradosso. La logica, con
Fig.7.26 - Modello del locale piscina per il caso 1 (facciata cui abbiamo diminuito le lamelle,
“piena”).
prevede di aumentare le aperture
procedendo da sinistra (campata più a nord) verso destra. Questo per garantire
un maggiore ingresso di luce nell’area “a sud” della piscina, dove (come si evince
dall’immagine dell’illuminamento al 21 giugno del Caso 0) è minore l’ingresso di
luce naturale.

Fig.7.27 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 1, Fig.7.28 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 1,
dovuto alla luce naturale il 21 giugno alle 16:00. dovuto alla luce naturale il 21 dicembre alle 16:00.

Le immagini mostrano un miglioramento, molto più sensibile per la scena del 21


dicembre.

Fig.7.29 - Immagine falsi colori Fig.7.30 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento dovuto alla luce dell’illuminamento dovuto alla luce
naturale, caso 1, sul piano di lavoro il naturale, caso 1, sul piano di lavoro il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

396
Capitolo 7

Da questa vista è, invece, più evidente il miglioramento delle condizioni di


illuminamento nella parte inferiore della piscina.

Fig.7.31 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 1, il Fig.7.32 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 1, il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

Anche nell’analisi della luminanza si riconosce un incremento dei valori, ma


restano valide le considerazioni fatte per il Caso 0.

397
Illuminotecnica

Caso 2
Proseguiamo con il processo
di selezione delle lamelle da
sottrarre. La fascia succesiva
in cui operiamo è di 3,40m. Il
metodo è lo stesso: si aumentano
le aperture procedendo verso le
campate più a sud.
Fig.7.33 - Modello del locale piscina per il caso 0 (facciata
“piena”).

Fig.7.34 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 1, Fig.7.35 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 1,
dovuto alla luce naturale il 21 giugno alle 16:00. dovuto alla luce naturale il 21 dicembre alle 16:00.

Dalle immagini qui riportate risulta ancora più evidente come la quantità di
luce sia aumentata considerevolmente; al 21 giugno l’ambiente si apre verso
l’esterno, mentre al 21 dicembre la situazione è decisamente migliorata.

Fig.7.36 - Immagine falsi colori Fig.7.37 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento dovuto alla luce dell’illuminamento dovuto alla luce
naturale, caso 2, sul piano di lavoro il naturale, caso 2, sul piano di lavoro il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

398
Capitolo 7

Sul piano di lavoro possiamo osservare il continuo miglioramento delle condizioni


di luce naturale interne alla piscina; soprattutto il 21 giugno si osserva come i
valori dell’illuminamento siano più uniformi.

Fig.7.38 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 2, il Fig.7.39 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 2, il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

La luminanza mantiene una caratteristica di omogeneità. Anzi, per il 21 giugno


questa risulta anche migliorata, grazie all’aumento della superficie su cui
possiamo leggere i valori maggiori; questo garantisce una distribuzione più
omogenea, che degrada meglio verso il fondo della piscina, migliorando così il
comfort visivo per l’uomo.

399
Illuminotecnica

Caso 3
Il Caso 3 è l’ultimo caso di studio
per la piscina. L’ultima fascia
in cui andiamo ad operare è di
appena 1m. Questo al fine di
garantire 2,50m di brise-soleil per
mascherare la vista della strada
dall’interno.
Fig.7.40 - Modello del locale piscina per il caso 3 (facciata Vediamo quindi i risultati a cui
“piena”).
siamo giunti.

Fig.7.41 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 3, Fig.7.42 - Immagine falsi colori dell’illuminamento, caso 3,
dovuto alla luce naturale il 21 giugno alle 16:00. dovuto alla luce naturale il 21 dicembre alle 16:00.

L’illuminamento per il 21 dicembre è decisamente migliorato rispetto al Caso 0;


per il 21 giugno questo pare arrivare meglio fino al fondo dell’ambiente.

Fig.7.43 - Immagine falsi colori Fig.7.44 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento dovuto alla luce dell’illuminamento dovuto alla luce
naturale, caso 3, sul piano di lavoro il naturale, caso 3, sul piano di lavoro il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

400
Capitolo 7

Dall’osservazione dei dati riportati sul piano lavoro, appare invece chiaro come
i dati del Caso 2 siano sostanzialmente confermati. Questo probabilmente è
dovuto alla dimensione ridotta della fascia in cui operiamo la sottrazione di brise-
soleil.

Fig.7.45 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 3, il Fig.7.46 - Immagine falsi colori della luminanza, caso 3, il
21 giugno alle 16:00. 21 dicembre alle 16:00.

Lo stesso si può dire per la luminanza; qui vediamo lievemente migliorati (quasi
identici) i valori del Caso 2, andando a confermare quanto detto in precedenza:
l’ambiente, in entrambe le date esaminate, appare idoneo alla vista per un
uomo “normale”, senza affaticare il sistema visivo con disagi dovuti a variazioni
repentine di luminanza (ed i conseguenti effetti di abbagliamento).

401
Illuminotecnica

Risultati
Abbiamo fin qui esposto i dati qualitativi, dai quali abbiamo potuto desumere
il miglioramento dell’illuminazione interna, e come questa si sia distribuita
nell’ambiente. Ricordiamo che i dati proposti sono relativi alla condizioni più
favorevole (il 21 giugno), ed alla condizione peggiore (il 21 dicembre). Nonostante
l’esposizione ad ovest, la facciata permette fino alle ore 15:00 (mediamente)
ingresso di luce fredda, ovvero una luce omogenea capace di trasmettere
pochissima radiazione termica (praticamente nulla!); successivamente, all’interno
della piscina, l’ingresso di luce naturale è garantito, e regolato dai brise-soleil,
soprattutto nel periodo più intenso del 21 giugno.
Purtroppo, a causa delle condizioni
geografiche e di contesto del progetto,
il periodo invernale risulta invece essere
scarso come illuminamento.
La diminuzione dei brise-soleil, rispetto
alla condizione di partenza (Caso
0) ha comunque portato un grande
giovamento all’ambiente interno. Questo
è dimostrabile attraverso l’analisi dei
Fig.7.47 - Modello di riferimento per la misurazione grafici che qui di seguito riportiamo.
del’FLD.
Tali dati sono stati calcolati sulla linea
mediana del piano di lavoro, con passo 0,50m:

402
Capitolo 7

Fig.7.48 - Grafico che mostra l’andamento dell’illuminamento interno alla piscina, dovuto alla sola luce naturale, al 21
giugno, confrontando i quattro casi prima descritti.

Fig.7.49 - Grafico che mostra l’andamento dell’illuminamento interno alla piscina, dovuto alla sola luce naturale, al 21
dicembre, confrontando i quattro casi prima descritti.

I grafici mostrano l’andamento dell’illuminamento nei quattro casi sopra descritti


e, per ognuno di essi, sono riportati i valori percentuali di miglioramento ottenuti
passando dal Caso 0 al Caso 3. Per il 21 giugno si registra un aumento medio
dell’illuminamento pari al 83%, per il 21 dicembre del 84%. Come già detto i piani
di lavoro sono rettangolari, quindi l’asse delle ascisse inizia a 9m (le misurazioni

403
Illuminotecnica

iniziano a 9,31m) di profondità, per terminare a 33m (il piano termina alla
profondità di 32,73m). Lungo tutta la profondità possiamo anche osservare come
i valori di illuminamento si attestino al di sopra dei 100lux, livello di illuminamento
minimo per le aree di passaggio in ambienti pubblici (per la vasca si richiede un
illuminamento medio pari a 500lux). I valori ascendenti sul fondo della piscina
sono da attribuire all’opportuna scelta dei materiali e di colori, tali da permettere
la riflessione dei raggi luminosi. Quindi, la luce che giunge fino al fondo della
piscina viene poi riflessa dal pavimento sulle pareti, e di nuovo sul pavimento
grazie alla presenza dell’intradosso degli spalti.
Però, per meglio valutare quantitativamente la luce naturale che entra
nell’ambiente della piscina, è necessario analizzare i dati dell’analisi F.L.D.
(ricordiamo che questo tipo di valutazione è fatta considerando la condizione
peggiore, ovvero cielo nuvoloso con assenza di radiazione diretta):

Fig.7.50 - Grafico che mostra l’andamento dell’FLD interno alla piscina, confrontando i quattro casi prima descritti.

Anche in questo caso è visibile un aumento delle prestazioni interne; dal confronto
tra il Caso 0 ed il Caso 3 risulta un miglioramento medio del 78%. Il grafico è
strutturato in modo che l’asse delle ascisse (la profondità) intersechi le ordinate
(l’F.L.D.) al valore 2. Questo è il minimo ammesso in ambienti interni. Possiamo

404
Capitolo 7

così subito riconoscere fino a che profondità abbiamo un illuminamento naturale


utile. Tale valore si attesta, all’incirca, alla profondità di 19m. Questo implica che
per la restante profondità di 13m sarà necessario integrare la luce naturale con
sistemi artificiali, preferibilmente con un impianto di automazione in grado di poter
impostare l’intensità della luce in funzione delle condizioni esterne.

405
Illuminotecnica

Luce naturale: camera d’hotel

Fig.7.51 - Modello della camera tipo per lo svolgimento


delle simulazioni illuminotecniche.

Il secondo ambiente, in cui abbiamo indagato


la diffusione di luce naturale, è la camera
d’albergo, sia nella versione che si affaccia a
ovest che per la camera ad est.
Fig.7.52 - In arancione è evidenziata
Come mostrato nel navigatore, le camere si la posizione delle camere tipo (con
orientamento ad ovest e ad est).
sviluppano al di sopra della piazza alle quote
di +12m e +16m. Dal grafico polare del percorso solare, e sulla base dei rilievi
presenti ad est, appare chiaro come le camere ad oriente prendono luce solare
diretta per poche ore al giorno solo nei mesi più caldi, riducendosi drasticamente
nei mesi più freddi; per le camere ad ovest valgono invece gli stessi discorsi fatti
per la piscina.

Fig.7.53 - Grafico polare che mostra l’orientamento delle


camere rispetto al percorso solare. Fonte grafico: ENEA.

406
Capitolo 7

Il sistema di controllo della luce naturale per le camere è affidato a tende esterne
di colore bianco, regolabili dall’ospite, installate sulla struttura esterna del balcone,
che sporge dalla facciata di 2m e contribuisce ulteriormente all’ombreggiamento
della facciata; non abbiamo quindi definito casi studio come per la piscina (i brise-
soleil sono elementi fissi che richiedono, quindi, uno studio a priori in modo da
non permettere condizioni di discomfort). L’uso di tende di colore bianco permette,
inoltre, di lasciare entrare luce nell’ambiente, ma di tipo diffuso, e di ridurre la
radiazione termica in ingresso. Le richieste prestazionali per le camere d’albergo
sono piuttosto articolate, e differenziate in funzione della zona:

• aree di passaggio 100lux;


• bagno:
a. illuminazione generale 100lux;
b. illuminazione dello specchio (sopra il lavabo) 300lux;
• camera:
a. illuminazione generale 150lux;
b. illuminamento del letto 300lux;
c. illuminamento degli armadi (interno) 300lux.

Il modello di studio è stato sviluppato con le stesse indicazioni già sviluppate per
la piscina. Realizzata la camera ad ovest, il modello per la camera est è stato
semplicemente specchiato.

407
Illuminotecnica

Camera Ovest

Fig.7.54 - Immagine falsi colori dell’illuminamento della Fig.7.55 - Immagine falsi colori della luminanza della
camera ad ovest, il 21 giugno ore 16:00. camera ad ovest, il 21 giugno ore 16:00.

Fig.7.56 - Immagine falsi colori dell’illuminamento della Fig.7.57 - Immagine falsi colori della luminanza della
camera ad ovest, il 21 dicembre ore 16:00. camera ad ovest, il 21 dicembre ore 16:00.

Presentiamo in sequenza le immagini dell’illuminamento e della luminanza


rispettivamente per il 21 giugno ed il 21 dicembre. Osserviamo come la luminanza
per la camera d’albergo sia decisamente omogenea, distribuita uniformemente,
senza passaggi bruschi tra i valori. Per l’illuminamento riconosciamo il 21 dicembre
come il giorno in cui la quantità di luce naturale è decisamente bassa, mentre a
giugno questa si diffonde profondamente ed in maniera uniforme nella stanza.
Osserviamo anche come la scala di valutazione sia diversa rispetto alla piscina:
questo perché la facciata della camera (come anticipato) non ha un sistema di
controllo fisso, permettendo così alla luce di entrare in quantità maggiore.

Fig.7.58 - Immagine falsi colori Fig.7.59 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento, dovuto alla luce dell’illuminamento, dovuto alla luce
naturale, sul piano di lavoro il 21 naturale sul piano di lavoro il 21
giugno alle 16:00. dicembre alle 16:00.

408
Capitolo 7

L’analisi del piano di lavoro mostra come entri la luce nelle due date studiate, e
come sul fondo della stanza, profonda 9,80m, si riesca a garantire un livello di
illuminamento minimo pari a 100lux (in quest’area sono localizzati l’ingresso ed il
bagno, per i quali risulta rispettato l’illuminamento medio, pari a 100lux).

Camera Est
La camera affacciata ad est risulta, come geometria, semplicemente specchiata,
ma non è così per i risultati:

Fig.7.60 - Immagine falsi colori dell’illuminamento della Fig.7.63 - Immagine falsi colori della luminanza della
camera ad est, il 21 giugno ore 16:00. camera ad est, il 21 giugno ore 16:00.

Fig.7.61 - Immagine falsi colori dell’illuminamento della Fig.7.62 - Immagine falsi colori della luminanza della
camera ad est, il 21 dicembre ore 16:00. camera ad est, il 21 dicembre ore 16:00.

La differenza di affaccio, per quanto prevedibile, è ancora più marcata dalle


immagini in falsi colori, dove osserviamo livelli di illuminamento davvero ridotti
(leggendo la scala colori si rilevano valori inferiori ai 1000lux). Sulla luminanza
non c’è invece molto da dire: questa presenta sostanzialmente un unico valore
presente e diffuso in tutta la camera, lasciando nessuno spazio a considerazioni
su possibili rischi per la vista.

409
Illuminotecnica

Fig.7.64 - Immagine falsi colori Fig.7.65 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento, dovuto alla luce dell’illuminamento, dovuto alla luce
naturale, sul piano di lavoro il 21 naturale sul piano di lavoro il 21
giugno alle 16:00. dicembre alle 16:00.

La vista in pianta, dell’illuminamento sul piano di lavoro, risulta essere ancora più
problematica. I valori, anche vicino alla finestra, appaiono essere molto bassi (di
poco superiori ai 100lux).

Risultati
I dati quantitavi, come per la piscina,
sono stati rilevati sulla linea di mezzeria
del piano di lavoro, e rappresentati
graficamente. Le differenti condizioni
al contorno non permettono di fare
Fig.7.66 - Rappresentazione del modello della camera per un opportuno confronto tra le due
l’analisi dell’FLD.
situazioni, ma vanno analizzate
singolarmente.

410
Capitolo 7

Fig.7.67 - Grafico che mostra l’andamento dell’illuminamento interno alla camera ad ovest, dovuto alla sola luce
naturale, durante l’anno.

Il grafico dell’illuminamento per la camera con affaccio ad ovest mostra il


confronto tra i diversi risultati ottenuti, oltre che per le date precedentemente
mostrate, anche per il 21 marzo ed il 21 settembre, dando quindi un idea di come
la quantità di luce naturale entrante vari durante l’anno.

Fig.7.68 - Grafico che mostra l’andamento dell’illuminamento interno alla camera ad est, dovuto alla sola luce naturale,
durante l’anno.

411
Illuminotecnica

I dati della camera con affaccio ad est mostrano un qualcosa che, forse, non ci si
aspettava. Iniziamo col dire che anche per questa situazione abbiamo scelto di
operare le simulazioni impostando l’orario alle ore 16:00; questo perché l’orario in
cui avremmo potuto avere luce diretta risulta essere tra le 5:00 e le 6:00, orari in
cui, presumiamo, l’ospite abbia la finestra ancora oscurata per la notte. Si presume
che le 16:00 siano, al contrario, un orario in cui l’ospite possa “vivere” la camera.
Dal grafico appare, così, che i giorni con la quantità maggiore di illuminamento
siano il 21 marzo ed il 21 settembre, mentre è il 21 giugno il giorno con i valori più
bassi. In questa data, sappiamo bene, l’altezza solare β è maggiore portando ad
avere un ombreggiamento più marcato sulle superfici finestrate ad est.
Osserviamo come, per entrambi i grafici, i valori sul fondo della stanza tendono
a zero:

• per l’affaccio ad ovest è il 21 giugno l’unica data in cui si garantisce


l’illuminamento di 100lux sul fondo della camera;
• per l’affaccio ad est nessuna data garantisce l’illuminamento minimo (per tutte
le date i valori al fondo si attestano al di sotto dei 50lux).

L’analisi dei dati relativi all’F.L.D. non presenta particolari sorprese.

Fig.7.69 - Grafico che mostra l’andamento dell’FLD interno alla camera ad ovest.

412
Capitolo 7

Fig.7.70 - Grafico che mostra l’andamento dell’FLD interno alla camera ad est.

Come per la piscina i grafici sono strutturati per mostrare fino a che profondità
è possibile illuminare la stanza con la sola luce naturale. Per l’orientamento ad
ovest tale profondità corrisponde a 3,70m, mentre per l’affaccio ad est si riduce
a 2,40m.
Sarà preferibile dotare (anche) le stanze di un illuminazione artificiale regolabile
dall’ospite e, vista la diversificazione delle zone, differenziare la tipologia degli
apparecchi luminosi e fornendo altrettanti punti di controllo.

413
Illuminotecnica

Luce artificiale
Gli ambienti appena decritti ed analizzati sono stati anche valutati per quanto
concerne la luce artificiale. Come già anticipato, a tale scopo è stato usato il
software di progettazione Dialux. Ci siamo però posti il quesito: quanto è affidabile
l’uso di questo software? Sappiamo che il programma utilizza il metodo dei flussi
totali, già descritto, per poter ricavare il numero di lampade da inserire. Abbiamo
quindi implementato l’algoritmo di calcolo con l’aiuto di un foglio di calcolo, e
calcolato il numero di lampade da inserire all’interno della camera d’albergo (è
ovviamente indifferente che si tratti della camera ad ovest o ad est), limitandoci
alla zona in cui si trova il letto. Il piano di lavoro è stato fissato a 0,10m dal
pavimento. Seguiamo i cinque punti prima descritti:
CAMERA
Zona  Letto   E v  [lux=lm/m2 ] 100
otteniamo così il coefficiente di
a  [m] 6,32
b  [m] 4,20
S  [m ]
2 26,54 forma, imponendo l’altezza dal piano
h  [m] 3,00 k  [-­‐] 0,84
h'  [m] -­‐ k'  [-­‐] -­‐ di lavoro a 3,00m ed un fattore di
M  [-­‐] 0,80
Tab.7.03 - Tabella che riassume le dimensioni ed i manutenzione pari a 0,80; possiamo
parametri di calcolo della camera per il metodo dei flussi
totali. così ricercare le lampade ed i relativi
apparecchi. Ai fini del confronto
consideriamo gli apparecchi tabellati da Butera all’interno del suo testo, e di
conseguenza scegliamo lampade a tubo con tecnologia fluorescente. Tale scelta
è dettata dall’odierna difficoltà di rintracciare (sui siti dei produttori) apparecchi
per lampade ad incandescenza, ricavando così l’opportuno valore del fattore di
utilizzazione. Il calcolo del numero di apparecchi fornisce i seguenti risultati:
LAMPADE
FLUO._01 FLUO._02 FLUO._03 FLUO._04
L.O.R.  [-­‐] 0,67 0,82 0,74 0,56
U  [-­‐] 0,45 0,44 0,39 0,4
ɸ lampadina  [lm] 2700 515 3350 4450
W lampadina  [Watt] 32 32 36 56
n calcolo 4,08 17,86 3,43 3,33
n 5,00 18,00 4,00 4,00
WATT  TOTALI 160 576 144 224
Tab.7.04 - Tabella che riassume i calcoli per la determinazione del numero di apparecchi
interni alla camera, usando il metodo dei flussi totali.

414
Capitolo 7

Piscina
Il locale piscina risulta formalmente diviso in due piani strutturati come segue:

• piano terra:
a. vasca (500 lux);
b. area pedonale a doppia altezza (300 lux);
c. area pedonale al di sotto degli spalti (300 lux);
• piano primo
a. spalti (200 lux).

Per ogni zona individuata abbiamo così definito il piano di lavoro ed i rispettivi
requisiti d’illuminamento (come riportati sopra). Una volta modellato l’ambiente,
assegnati i materiali alle superfici, e definiti i parametri di calcolo, procediamo
alla selezione degli apparecchi illuminanti. Precisiamo che è necessario
selezionare elementi adatti ad ambienti umidi, , trattandosi per l’appunto di una
piscina pubblica. Dobbiamo quindi verificare il codice IP, presente sulle etichette
di prodotti elettrici. Tale sigla indica il grado di protezione degli involucri, come
stabilito dalla norma CEI EN 60529/1997; la sigla è seguita da un codice a due
cifre ed, eventualmente, due lettere addizionali, ad esempio:

IP 12 AB

dove:

• la prima cifra indica la resistenza all’ingresso di corpi solidi (da 0 a 6, più il


valore è alto, minore è il diametro del corpo solido che potrebbe penetrare);
• la seconda cifra indica la resistenza all’ingresso dei liquidi (da 0 a 8,
aumentando la protezione al crescere del valore);
• la prima lettera indica la protezione all’accesso a parti pericolose
dell’apparecchio (da A a D);
• la seconda lettera indica la sicurezza del materiale (H, M, S, W).

415
Illuminotecnica

Alla luce di quanto descritto per l’area a doppia altezza si sono scelti degli
apparecchi a sospensione posti ad una altezza di 8,00m dal piano di lavoro, le
cui caratteristiche sono:

• L.O.R. 0,8;
• lampada tipo ALOGENA:
a. temperatura di colore 3000 °K;
b. potenza 445 Watt;
• resistenza IP 65.

Nell’area sotto gli spalti si è invece optato per la tipologia a faretti fissi LED ad
incasso, posti ad un’altezza di 4,00m dal piano di lavoro:

• L.O.R. 1;
• lampada tipo LED:
a. temperatura di colore 3000 °K;
b. potenza 20 Watt;
• resistenza IP 54.

Il software permette di inserire punti di luce singoli o per serie lineare, rettangolare
o circolare. L’opzione d’inserimento in serie calcola automaticamente il numero
necessario di apparecchi, distribuendoli uniformemente. Potrebbe accadere che
Dialux inserisca più lampade del necessario (dipende dal metodo d’inserimento
scelto e dalla dimensione dell’ambiente); si precisa quindi di porre attenzione a
questa eventualità, e di verificare i risultati ottenuti rimaneggiando la posizione
degli apparecchi od il loro numero. Il numero di elementi inseriti è:

• zona a doppia altezza:


a. vasca 9;
b. piano calpestio 6;
• zona sotto gli spalti 80;
• spalti 32.

416
Capitolo 7

Fig.7.73 - Immagine falsi colori dell’illuminamento sulla Fig.7.72 - Immagine falsi colori dell’illuminamento al piano
vasca prodotto dalla luce artificiale. della vasca prodotto dalla luce artificiale.

I risultati dell’elaborazione mostrano


le piante con i valori d’illuminamento
in falsi colori.
Le immagini ci dicono che con
l’impianto luminoso definito sopra
otteniamo una distribuzione uniforme
sulle superfici, restituendo un
ambiente ben illuminato, privo di punti
Fig.7.71 - Immagine falsi colori dell’illuminamento sugli
spalti prodotto dalla luce artificiale. bui.

417
Illuminotecnica

Camera
Abbiamo considerato una camera tipo per la valutazione della luce artificiale. La
struttura dell’ambiente è la seguente:

• ingresso (150 lux) con zona armadi;


• bagno:
a. illuminazione generale (200 lux);
b. zona specchio (300 lux);
• zona letto:
a. letto (300lux);
b. zona di passaggio (150 lux).

Possiamo così procedere alla definizione della geometria della stanza, dei
materiali, e dei piani di lavoro; fatto ciò selezioniamo gli apparecchi illuminanti
da inserire nella scena. La prima scelta riguarda l’uso di tecnologia LED, al fine
di conferire all’ambiente la miglior qualità di luce e, allo stesso tempo, di ridurre
l’impatto energetico. La tipologia prevalente è di tipo ad incasso, al fine di “non
abbassare” l’altezza utile interna.
Gli apparecchi scelti sono (in funzione della zona):

• ingresso:
a. faretti LED ad incasso:
i. L.O.R. 1;
ii. lampada tipo LED:
◦ temperatura di colore 3000 °K;
◦ potenza 10,3 Watt;

418
Capitolo 7

• bagno:
a. illuminamento generale:
i. L.O.R. 0,99;
ii. lampada tipo LED:
◦ temperatura di colore 3000 °K;
◦ potenza 28 Watt;
◦ resistenza IP 54;
b. zona specchio:
i. L.O.R. 1;
ii. lampada tipo LED:
◦ temperatura di colore 3000 °K;
◦ potenza 20 Watt;
◦ resistenza IP 54;
• camera:
a. zona di passaggio:
i. L.O.R. 1;
ii. lampada tipo LED:
◦ temperatura di colore 3000 °K;
◦ potenza 10,3 Watt;
• letto:
a. L.O.R. 1;
b. lampada tipo LED:
i. temperatura di colore 3000 °K;
ii. potenza 44 Watt.

Oltre agli elementi sopra descritti, nella zona della camera abbiamo inserito
altri punti luce: due vicino al letto (uno per lato), ed una lampada con piantana
nell’angolo del “salottino”.

Definiti tutti gli elementi il programma elabora per ogni zona il numero minimo di
lampade:

419
Illuminotecnica

• ingresso 4;
• bagno:
a. zona specchio 2;
b. illuminamento generale 4;
• camera:
a. letto 2;
b. zona di passaggio 8.

Avviate le prime simulazioni verifichiamo gli illuminamenti e, se necessario, si


attuano le dovute correzioni. Le immagini così ottenute mostrano i valori di lux
incidenti sui piani di lavoro:

Fig.7.74 - Immagine falsi colori dell’illuminamento nel


corridoio d’ingresso alla camera dovuto alla luce artificiale.

Fig.7.75 - Immagine falsi colori dell’illuminamento


nella camera, sulla zona di passaggio, dovuto alla luce
artificiale.

Fig.7.76 - Immagine falsi colori dell’illuminamento nel


bagno dovuto alla luce artificiale.

Fig.7.77 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento sul letto dovuto alla luce
artificiale.

420
Capitolo 7

Per la camera si sono svolte però ulteriori simulazioni per comprendere come le
diverse zone interagiscono tra di loro; per fare questo si sono impostate diverse
scene di luce, e per ognuna, in maniera alternata, abbiamo lasciato acceso un
solo gruppo di apparecchi. Tutto questo per comprendere quanta luce arriva
all’interno della camera dall’ingresso dal bagno, e se questa può produrre
disturbo ad un utente che resta a letto.

Fig.7.78 - Immagine falsi colori Fig.7.79 - Immagine falsi colori


dell’illuminamento provocato dalle luci dell’illuminamento provocato dalle luci del
dell’ingresso sul letto. bagno sul letto.

Come vediamo dalle immagini queste interferenze sono minime, e non generano
disturbi tali da dover ulteriormente modificare la posizione od il numero degli
apparecchi.

421
Capitolo 8

Ergotecnica
Ergotecnica
Analisi area di progetto
Organizzazione
Fasi di cantiere
Capitolo 8

Ergotecnica
L’ergotecnica è lo studio dei mezzi tecnici, organizzativi e psicologici diretti a
realizzare le condizioni per una migliore efficienza del lavoro. In questo capitolo
tratteremo come organizzare il cantiere, l’approvvigionamento e le lavorazioni al
suo interno al fine di migliorarne la sicurezza e il rendimento.
I ragionamenti e le tematiche affrontate in questo capitolo seguiranno quanto
scritto nel D.Lgs. 81/2008, decreto che sancisce le principali tematiche in materia
di sicurezza sul lavoro.

Analisi area di progetto


Per cantiere non si intende solamente l’area fisicamente delimitata all’interno
della quale avvengono le lavorazioni, ma è un concetto più esteso a tutti i luoghi
che vengono coinvolti o influenzati dall’attività di edificazione.

Analisi area operativa


L’area di cantiere è situata nella periferia lecchese, ha la particolarità di essere
in una zona a bassa densità abitativa a ridosso di abitazioni di pregio, localizzata
in un quartiere rinomato per la pace e la vista panoramica sulla sponda opposta
del lago.
Il sito è accessibile dalla strada Lungolario Piave, strada larga e mediamente
trafficata, queste caratteristiche garantiscono un ottimo accesso a tutta l’area di
cantiere.
La presenza di questa importante strada (ex statale) rende molto comoda la
fornitura di materiale e l’avvicinamento dei mezzi di cantiere.
Il lotto oltre che al Lungolario Piave confina a Nord con una residenza privata,
a est con la linea ferroviaria e a sud con un giardino pubblico e un condominio
residenziale.
Prima di iniziare i lavori di costruzione ci sarà una fase di demolizione e bonifica
dall’area, la demolizione riguarda il piccolo edificio esistente, costruito in muratura
tradizionale e la rimozione di arbusti e piante infestanti che ad oggi dominano il
lotto.
Lo studio della cantierizzazione e della fase operativa dipende anche dalla

424
Ergotecnica

geometria del lotto e dalla geometria del progetto, il terreno verrà completamente
edificato in adiacenza alla strada per i primi due piani che saranno parzialmente
interrati, mentre verrà lasciato un importante spazio libero verso l’interno dell’area,
lo spazio libero è dovuto alla presenza della ferrovia e del conseguente vincolo
di inedificabilità, questa zona ricoprirà un importante ruolo strategico durante il
cantiere.

Fig.8.01 - Rapporto tra area di lavoro e sito di progetto

Caratteristiche geomorfologiche
Uno studio accurato è stato eseguito nel capitolo delle analisi, valutando che
l’opera si imposterà su un suolo con caratteristiche ragionevolmente omogenee.
La zona in caso di terremoto non è soggetta a cedimenti permanenti causati da
fenomeni di eccessivo addensamento o di liquefazione.
La falda è posta a buona profondità e l’opera in progetto non determina rischi
particolari per la contaminazione. La permeabilità del terreno è medio- alta. La
dispersione di acque meteoriche nel sottosuolo è fattibile, pertanto potranno
essere realizzati pozzi perdenti per le acque meteoriche da dimensionare sulla
scorta di prove geotecniche.
Prima delle esecuzioni delle opere dovranno essere comunque eseguite
prove geotecniche finalizzate a determinare le caratteristiche stratigrafiche e
geotecniche del sottosuolo.
Il numero e la necessità delle prove, nonché la necessità di differenti indagini,
sarà in funzione dell’omogeneità dei risultati ottenuti, nonché delle interrelazioni
opere/terreno previste nel progetto delle strutture.

425
Capitolo 8

Vincoli
Lo studio dei vincoli è un procedimento fondamentale prima dell’inizio dei lavori,
in quanto può prevenire gravi errori che potrebbero compromettere la riuscita
dell’opera o far lievitare i costi.
I vincoli si studiano valutando i vincoli sotterranei, i vincoli superficiali e quelli
aerei.
Nell’area di progetto non sono presenti vincoli sotterranei in quanto l’area è
praticamente vergine ed inedificata; per quanto riguarda vincoli superficiali,
dobbiamo prestare molta attenzione alla distanza e a non turbare il normale
funzionamento della ferrovia, è presente anche una scalinata realizzata in muratura,
la quale però sarà rimossa e successivamente ricostruita ammodernandola e
uniformandola al progetto, per quanto riguarda i vincoli aerei bisogna prestare
molta attenzione alla linea elettrica che confina con la strada, questi piccoli
tralicci saranno spostati dalla loro sede e sistemati in luoghi più idonei. Altri vincoli
aerei ma inamovibili sono quelli dati dalle abitazioni vicine che vincolano l’altezza
dell’edificio ma anche eventuali fasi di lavoro.

Fig.8.02 - Vicoli esistenti area di progetto

426
Ergotecnica

Interazione cantiere
Essendo il cantiere prevalentemente realizzato al di sopra del piano di campagna,
è praticamente escluso il rischio di caduta masse all’interno delle aree di lavoro,
tale rischio potrebbe essere presente in parte durante la fase di realizzazione
delle fondazioni, si provvederà a realizzare dei dispositivi di protezione collettiva
al fine di ridurre il pericolo. Dalla geometria dell’opera da costruire e dal progetto
di cantierizzazione è evidente che c’è un effettivo rischio di caduta di masse sulla
intera fascia confinante con Lungolario Piave. Sarà quindi necessario allestire dei
Dispositivi di sicurezza collettiva al fine di minimizzare il pericolo. Considerando la
vicinanza del cantiere a degli edifici residenziali, è da considerare con attenzione
l’inquinamento acustico del cantiere verso l’ambiente esterno e i ricettori sensibili.
Si dovrà quindi stendere una relazione in cui si cerca di prevedere l’impatto
acustico, riferendosi al D.P.C.M. 14/11/1997 fissando limiti e valori di esposizione
tollerabili.
Le fasi di lavorazione a più alto impatto acustico, saranno da limitare in determinate
fasce orarie.
Altro elemento di interazione con il vicinato sono le polveri che si creano in alcune
lavorazioni, nel momento che la distanza dalle preesistenze e le recinzione del
cantiere non sono sufficienti a limitare la loro diffusione, bisognerà attuare un
intervento di mitigazione o una modifica delle procedure operative, quali bagnare
spesso gli oggetti da lavorare o coprire i mucchi di inerti con appositi teli.

Fig.8.03 - Area di interazione con il cantiere

427
Capitolo 8

Analisi viabilità
Dal punto di vista viabilistico il lotto si trova in una zona particolarmente favorevole,
difatti è localizzato a margine della ex SS36,di cui la strada conserva la dimensione
generosa della carreggiata. Per quanto riguarda l’approvvigionamento, le forniture
possono arrivare sia da centro Lecco per i furgoni di piccole dimensioni e autocarri,
che dalla SS 36 per gli autoarticolati e i trasporti eccezionali, per questi ultimi
l’arrivo sarà concentrato tra le ore 24:00 e le ore 06:00 del mattino. Il passaggio
in Via Capo d’Istria lo sconsigliamo per le ristrette dimensioni di carreggiata
e per la presenza del
sottopassaggio dalle
dimensioni ristrette.

Fig.8.04 - Estratto dalla tavola relativa


ai vincoli di cantiere con raffigurata la
viabilità di Via Lungolario Piave e Via
Capo d’Istria.

428
Ergotecnica

Organizzazione
In questa fase si cerca di riportare le principali fasi operative della vita di cantiere,
simulando la situazione più reale possibile, facendo riferimento alla normativa in
materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e al D.Lgs. 81/2008.
La gestione dello spazio è di fondamentale importanza, in quanto rende possibile
la realizzazione di più fasi lavorative, modificando il meno possibile il layout di
cantiere, quindi andando a stabilire la collocazione ottimale dei servizi e della
logistica, ottimizzando il lavoro e rendendolo più sicuro.
Vista la geometria del progetto abbiamo tre Layout di massima, uno per le
operazioni di sterro e di realizzazione delle fondazioni, uno per la realizzazione
del basamento, quindi dal piano campagna all’altezza di +9 m e uno per la
realizzazione dell’edificio destinato alle camere dell’hotel, spazio velico e zona
portuale.
La gestione dello spazio è alquanto semplificata dalla fascia inedificabile posta a
est del lotto e dall’uso del prefabbricato, che riduce notevolmente l’ingombro per
le lavorazioni di cantiere; la prefabbricazione richiede però più aree di magazzino,
anche se l’economia di cantiere ci porta verso un processo just in time.

Delimitazioni cantiere
Le recinzioni di cantiere devono avere opportune caratteristihe, come indica il
D.Lg. 81/2008, “il cantiere deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche
idonee ad impedire l’accesso agli estranei alle lavorazioni”. Le tipologie di recinzioni
sarà studiata per ogni caratteristica e per ogni layout, a seconda delle esigenze.
Una recinzione metallica sarà opportuna per schrmare da polveri ed eventuali
masse in entrata e in uscita, una recinzione in legno è l’ideale per schermare da
rumori e polveri ma più impenativa nella posa in opera, una recinzione classica in
materiale plastico per delimitare fisicamente l’area. Le delimitazioni, necessitano
di una sottostruttura, di controvento e di eventuali luci di segnalazione.
Nelle tavole dei layout si trovano le delimitazioni utilizzate e dove vengono posate
in opera.

429
Capitolo 8

Accessi e viabilità di cantiere


La scelta del posizionamento degli accessi è una scelta di fondamentale
importanza in quanto è la zona in cui si ha lo scambio tra interno ed esterno, ci
possono essere uno o più varchi, un varco che fa sia da ingresso che da uscita,
oppure ingresso ed uscita separati, questo dipende dalla geometria dell’area e
dalle esigenze di cantiere.
La viabilità deve tenere conto delle dimensioni di ingombro, di manovra e delle
attività dei mezzi pesanti, particolare attenzione ci deve essere nella congiunzione
viabilità-area stoccaggio.
Al fine di non creare intralcio nel cantiere e nelle aree limitrofe, vanno create zone
di sosta per le auto dei fornitori e per i mezzi non in attività.
Durate il layout 1 di cantiere sono presenti due ingressi all’area, il primo è quello
attuale che da accesso alla proprietà e sarà utilizzato dalle squadre di giardinieri,
per entrare sul lotto e bonificare dalla vegetazione infestante. Una volta avvenuta
la bonifica l’accesso esistente sarà chiuso e verrà spostato a nord, sullo snodo
stradale dove Lungolario Piave si dirama, creando una via privata, proprio in
questa posizione il lotto risulta in falsopiano, situazione ideale per l’accesso dei
mezzi pesanti e l’inizio delle attività di sterro. Come prima opera, sarà costruita
l’area del nuovo distributore e dei servizi nautici, che per tutta la vita del cantiere
sarà utilizzata come base logistica e organizzativa.
Nel passaggio al layout 2 non ci sono variazioni agli accessi di cantiere, mentre
ci sarà l’apertura di un nuovo varco, con il passaggio al layout 3, cioè quella
fase che avrà inizio una volta ultimata la costruzione del basamento e ultimate
le lavorazioni fino all’altezza di +9,00m, il nuovo accesso sarà posizionato allo
snodo tra Via Lungolario Piave e Via Capodistria, questo ingresso è necessario
al fine di poter raggiungere la copertura del basamento e poter lavorare sulla
piazza e iniziare le fasi lavorative inerenti il complesso delle camere d’albergo e
lo spazio destinata alla palestra di roccia.
Visto l’elevato traffico previsto e le notevoli velocità di transito nella strada
fronte cantiere, per tutta la durata delle lavorazioni saranno istallati sistemi di
dissuasione della velocità, inoltre per permettere agli operatori dei mezzi da
cantiere, di poter operare in sicurezza, saranno istallati dei sistemi di gestione

430
Ergotecnica

del traffico a chiamata

Area di stoccaggio, carico/scarico


L’area di stoccaggio deve essere limitrofa alla viabilità, per garantire gli
approvvigionamenti, avere le adeguate aree di manovra per i mezzi che
circoleranno all’interno del cantiere, ed essere nel raggio di azione delle gru.
La mobilitazione dei carichi ricopre notevole importanza in quanto buona parte
del nostro progetto è realizzata con la tecnologia del prefabbricato, deve essere
sufficientemente ampia per garantire uno stoccaggio ordinato e sequenziale
rispetto all’ordine di posa, poter disporre di uno stoccaggio orizzontale e uno
verticale. Le aree di stoccaggio principali non cambieranno durante le più
importanti fasi di lavorazione, la principale sarà sempre quella dove sorgerà il
distributore e centro assistenza nautico, alla quale si aggiungerà quella nelle
immediate vicinanza dell’ingresso del cantiere; una volta realizzato il basamento,
ad altezza +9,00m ci saranno notevoli spazi che potranno essere destinati a
magazzino.

Logistica e servizi di cantiere


Sono da considerarsi tutti quegli spazi dove il lavoro viene organizzato e gestito,
ed in un cantiere delle nostre dimensioni e complessità una buona organizzazione
è alla base della buona riuscita, sono quindi da prevedere zona amministrative
per le seguenti mansioni:

• ufficio direttore cantiere


• ufficio amministrativo
• ufficio tecnico
• ufficio direttore lavori
• magazzino
• spogliatoi operai
• servizi igienici.

431
Capitolo 8

Tutte le baracche di cantiere saranno posizionate nelle immediate vicinanze


dell’ingresso, al fine di poter controllare gli ingressi nell’area e limitare il traffico
al proprio interno.

Movimentazioni aeree
Il massiccio utilizzo della prefabbricazione in cantiere rende indispensabile la
movimentazione tramite gru, questo tipo di movimentazione deve porre attenzione
ai vincoli aerei e alle preesistenze della zona, visto la dimensione del cantiere è
da prevedere l’installazione di una gru di dimensioni generose e in posizione
baricentrica, le zone più appetibili sono quelle dove verranno posizionati i vani
scala nel centro del basamento, in modo da poter sfruttare il vuoto centrale e la
presenza dei setti in calcestruzzo armato.
Il decreto legislativo impone il rispetto delle seguenti misure per l’utilizzo della
gru:

• 2,5 m sotto il carico spostato;


• 1,5 m di distanza orizzontale del carico dai manufatti durante la movimentazione;
• 5 m di distanza del carico e dei cavi della gru dalle linee elettriche.
Un importante vincolo nella scelta della gru, sarà la lunghezza del braccio e il
peso massimo movimentabile.

Fasi di cantiere

Allestimento di cantiere
L’allestimento dell’area di cantiere è la prima fase lavorativa sul lotto, la prima
procedura da eseguire è la posa delle segnalazioni per la viabilità pubblica,
successivamente si passa alla rimozione di tutto lo strato superficiale del terreno,
degli arbusti e delle preesistenze al fine di creare uno strato regolare ed agibile,
in fine viene realizzata la recinzione ed installate le baracche di cantiere, aspetto
fondamentale è la realizzazione dell’impianto elettrico.

432
Ergotecnica

Movimentazione terra
L’edificio si sviluppa sotto l’altezza del fronte stradale solo per quanto riguarda le
opere di fondazione , la gran parte del lavoro di movimentazione terra si ha nella
fascia est, quella destinata ad accogliere le zone di parcheggio delle vetture, in
quest’area dovremo sterrare il terreno attualmente presente per un altezza di 9
m. Non saranno presenti sull’area elementi di consolidamento del fronte scavo,
visto la notevole area retrostante lo sterro, lasceremo il terreno libero di adagiarsi
sul proprio angolo di naturale declivio, riducendo notevolmente i costi e i rischi
di un eventuale consolidamento, ci limiteremo quindi a garantire una adeguata
distanza dalla pendenza. Oltre al lavoro di scolturamento e sbancamento, l’ultimo
lavoro di movimentazione terra, sarà quello di riempimento e compattazione del
terreno una volta realizzato il basamento, questa lavorazione avverrà tramite
riempimento in più riprese, con successiva compattazione.

Realizzazione fondazione a platea


Dopo aver sgombrato l’area dalla terra risultante, si procede alla realizzazione
delle sottofondazioni realizzate in calcestruzzo magro, finito di gettare lo
strato di magrone e fatto asciugare si passa al tracciamento, a conclusione
del tracciamento gli operatori preparano i casseri adeguatamente trattati e
posano le opere di armatura parzialmente preassemblate, le gabbie d’armatura
verranno movimentate tramite autogru, ultimate le armature si inizia a gettare
il calcestruzzo arrivato in cantiere con le autobetoniere e gettato in opera con
l’ausilio dell’autopompa. Una volta maturato il calcestruzzo, i casseri verranno
rimossi.

Muro controterra
Dopo aver sbancato la zona destinata a parcheggio, si può proseguire con la
costruzione del muro controterra. La realizzazione di questo muro avviene su
tutto il perimetro est del basamento, ha un altezza di 9m dal piano di fondazione
già realizzato, sarà costruito in calcestruzzo armato.
La lavorazione prevede la preparazione e la posa dell’armatura, la preparazione
dei casseri a piè d’opera con disarmante per quelli interni al futuro edificio e

433
Capitolo 8

casseri isolati a perdere per quelli che saranno a contatto con il terreno, una volta
casserato si procede con il getto tramite autopompa e il conseguente disarmo
dopo il tempo ritenuto adeguato.

Posa in opera delle travi prefabbricate in cemento armato


L’edificio è costruito per la quasi interezza da elementi prefabbricati, questa scelta
va a vantaggio della sicurezza, economicità e della maggiore organizzazione di
cantiere. Le travi prefabbricate arriveranno in cantiere tramite autoarticolato, che
seguirà il percorso prestabilito, negli orari indicati preventivamente; l’ordine di
consegna delle travi sarà pattuito a priori e dovrà essere rispettato con estrema
precisione.
Una volta arrivato in cantiere, l’autoarticolato verrà lasciato in sosta nell’apposita
area, gli addetti alla movimentazione aerea assicureranno la trave alle apposite
cinghie al fine di poterla movimentare con la gru, durante la movimentazione
il gruista sarà sempre in collegamento radiofonico con gli operatori addetti al
montaggio dei prefabbricati. Adagiata la trave sui pilastri, gli operatori la fisseranno
con l’apposita ferramenta.

Rampe scale del piano tipo


Le rampe scale saranno gettate in opera e costruite in calcestruzzo armato,
la costruzione ha inizio con la stesura dei tracciamenti, l’addetto carpentiere
posiziona i ferri di chiamata orizzontali di collegamento ai vani scala già realizzati
in precedenza; pronte le armature orizzontali si procede alla casseratura e
all’allestimento della struttura di banchinaggio con il posizionamento dei puntelli
metallici. Una volta casserato si inserisce la struttura metallica della rampa
precedentemente assemblata, quando tutto è assicurato, si procede con il getto
tramite autopompa. Una volta maturato il getto, si procede al disarmo, dopo aver
tolto i casseri, si posa il parapetto provvisorio. Questo procedimento si ripete per
tutti i vani scala.

434
Ergotecnica

Trave in acciaio
La trave Virendeel, elemento caratterizzante l’edificio adibito a camere
d’albergo, è costruita assemblando le varie singoli travi in cantiere. I profilati che
comporranno la Virendeel vengono consegnati in cantiere tramite autoarticolati,
i mezzi vengono fatti sostare nelle specifiche aree e vengono scaricati tramite
gru. I profilati vengono poi posizionati sopra la struttura di sostegno temporaneo
allestita per consentire le lavorazioni atte a formare la trave. La movimentazione
avviene tramite un gruista aiutato da due uomini che posizionano con precisione
la trave sulla sottostruttura. Una volta posizionata si procede alle saldature e
imbullonature.

435
CONCLUSIONI
Capitolo 4

Il lavoro di tesi è stato introdotto da uno studio approfondito del contesto di


intervento, analizzando le caratteristiche ambientali, paesaggistiche ed evolutive
dell’area di interesse. L’analisi si è poi spostata verso lo studio dei progetti
precedenti, cercando di capire il motivo del rifiuto così deciso da parte dei
residenti. Questo ampio lavoro di ricerca ci ha permesso di comprendere quali
sono i valori chiave sui quali concentrare lo sforzo progettuale. Il filo conduttore
dell’intero iter generativo è un forte legame con il contesto urbano e paesaggistico,
trasformando quello che oggi è considerata una periferia in un ambiente di pregio,
un’area dove è possibile vivere in sintonia l’incontro tra città, montagna e lago.
Questa relazione è amplificata dall’importante ruolo riservato a luoghi pubblici,
sia in spazi aperti che chiusi, servizi pensati non solo per l’area limitrofa ma
per tutta la collettività, consentendo l’interscambio sociale e la rivitalizzazione
dell’intera area.
La composizione architettonica è ispirata alle forme delle gallerie, e dei muri
di contenimento, tipici del panorama costiero del lago; si sviluppa, così, un
architettura ritmata ed ipogea, rispettosa del contesto e dei diritti di vista delle
abitazioni retrostanti, consentendo di risolvere una delle principali problematiche
che hanno impedito la realizzazione delle vecchie proposte. Lo studio delle
strutture ha portato alla scelta della tecnologia del prefabbricato, soluzione
che ha consentito di colmare le elevate luci anche in presenza di importanti
carichi, lasciando libertà compositiva ed elevati spazi liberi a disposizione della
collettività. Lo sviluppo tecnologico ha poi interessato il sistema di isolamento,
creando pacchetti che vanno ben oltre le richieste normative, i quali relazionati
ad un accurato studio di schermature e facciate continue, vanno ad amplificare
la performance dell’edificio. Visto la particolare location, la soluzione ipogea e
la destinazione d’uso sensibile, è stata di fondamentale importanza lo studio
illuminotecnico, che attraverso numerose simulazioni ed elaborati, è riuscito a
garantire un comfort visivo eccellente in ogni parte dell’edificio.
L’elaborato così realizzato rappresenta la nostra personale proposta di nuova
edificazione all’interno di un contesto tanto forte quanto delicato, come il
paesaggo lecchese fortemente determinato dalla sua naturalità. Le analisi, ed
il tempo ad esse dedicato, ci hanno permesso di interiorizzare e di porre noi

438
Il Progetto

stessi come limite nei confronti di una cattiva progettazione, producendo così un
elemento consono e su misura per il paesaggio lecchese, che sembra essere
sempre stato lì. Durante l’intera fase di elaborazione le scelte sono state guidate
tanto da necessità tecniche e tecnologiche, quanto dalle necessità del singolo e
della comunità, entrambe tematiche fondamentali per la futura professione.
Riteniamo che questo elaborato sia una risposta esaustiva all’ATU 19, una
proposta che evidenzia come una nuova idea di edificazione in sintonia con
l’esistente, possa rivelarsi un’opportunità per l’intera area, rafforzando l’idea di
comunità e di turismo sostenibile in un contesto dal forte carattere paesistico.

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