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CAIETE DE STUDII ITALIENE ŞI ROMÂNE
7, 2016
a cura di
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volum îngrijit de
Edizioni dell’Orso
Alessandria
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ISBN 978-88-6274-778-3
Comitato scientifico
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Comitet ştiinţific
Redazione
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Redacţie
1
„Retina omului-fantă e lipită/ de retina lucrurilor./ Se văd împreună, deodată,/ unul
Quaderni di Studi Italiani e Romeni 7, 2017, pp. 37-83
38 R. MERLO
pe celălalt,/ unii pe ceilalți,/ alții pe ceilalți,/ ceilalți pe ceilalți./ Nu se știe cine îl vede
pe cine.// Nu e loc pentru semne,/ pentru direcții./ Totul e lipit de tot!” (Omul-fantă);
trad. it. di F. Del FAbbro e A. Tondini, da STĂNESCU 1999, p. 142-143.
2
M. Blecher: “Corp transparent”, in «Vremea», VIII, 347 (22 iulie), 1934, p. 4;
LASCU 2000, p. 217; si tratta di una recensione anonima ma da attribuire
verosimilmente all’amico Geo Bogza (BRĂVESCU 2011, p. 21). Per ragioni di spazio,
in quanto segue cito direttamente in traduzione italiana la critica, la corrispondenza di
Blecher e le poesie di CT (perché raccolte in originale e traduzione in appendice),
mentre dei suoi romanzi do anche l’originale romeno. Ove non diversamente indicato,
le traduzioni sono mie.
3
Saşa Pană, Cu inima lângă M. Blecher, in «Adam», IX, 124-126 [14-15] (15
septembrie-1 octombrie), 1938, p. 6; LASCU 2000, pp. 337-339: p. 339.
4
G[eo] B[ogza], Cartea lui M. Blecher, in «Vremea», IX, 424 (9 februarie), 1936,
p. 2; LASCU 2000, p. 222.
5
S. Pană, Cu inima, cit.; LASCU 2000, p. 339.
6
Tra i tratti che collocano Blecher nell’ambito del modernismo I. SIMUŢ (1999,
p. 4) ha citato: “esistenzialismo, autenticità, assurdo, ludicità, derisione, voluttà del
inutile, del banale, dell’insignificate, il gusto per l’informe e l’artificiale, la desolazione
sconfinata, l’acutezza sensistiva, la dispersione esistenziale”.
7
Tra gli elementi postmoderni individuati dalla critica possiamo citare “la
fascinazione per il kitsch, l’artificio e soprattuto per i simulacri” e l’idea di un Dio
“arlecchinesco e parodico” (CĂRTĂRESCU 2011, pp. 294-299).
8
Una ricca e puntuale disamina critica della ricezione dell’opera di Blecher dagli
esordi fino alla contemporaneità è BRĂVESCU 2011.
9
Oltre a quella in «Vremea» già ricordata, abbiamo una segnalazione anonima in
«13», I, 5 (iulie), 1934, p. 10, un trafiletto di I. Mihăescu in «Meridian», I, 3 (luglio),
IL CORPO DELLA MEDUSA 39
13
Per una illuminante e perspicace lettura della prosa breve (ivi compresa
l’aforistica) e soprattutto della saggistica blecheriana v. MIRONESCU 2011, pp. 83-
90, 97-99 e 121-125, rispettivamente 148-160.
14
Accenni più o meno ampi e approfonditi a CT sono presenti nella maggior parte
degli studi dedicati a Blecher: letture più estese hanno dato R. ŢEPOSU (1996, pp. 43-
52) e G. GLODEANU (2005, pp. 95-104), mentre dedicato esclusivamente alla
produzione poetica è MIRONESCU 2007, ricco di idee e spunti di interpretazione. Un
inizio di disamina recente da parte di un giovane poeta è POJOGA 2016.
15
Ad es. collocano CT in discendenza surrealista R. ȚEPOSU (1996, pp. 43-52),
che parla di un “surrealismo mansueto”, e GLODEANU (2005, pp. 95-104). Più cauto
MIRONESCU (2007, p. 136), che considera realmente “surrealisti” in pratica solo
L’inextricable position (v. n. 11) e i poemi in prosa di CT.
IL CORPO DELLA MEDUSA 41
16
MIRONESCU 2011, p. 31 e sgg.
17
GHIOLU 1970, p. 152.
18
Si colloca infatti nel clima di riscoperta e rinnovato interesse per Blecher e la sua
opera, inaugurato nel 1966 dal critico O. Crohmălniceanu sulle pagine di
«Contemporanul» e culminato nella sua prima fase con BLECHER 1970, la prima
edizione postbellica dei suoi scritti (v. BRĂVESCU 2011, p. 90 e sgg.)
19
WECHSLER-BLECHER 1998, p. 8. Abbiamo a che fare anche in questo caso
con una testimonianza assai tarda e largamente passibile di deformazione soggettiva e
di «mitizzazione»; se non nel disegno complessivo, almeno nei dettagli, come mostra
ad es. il fatto che l’affermazione che Blecher scrivesse la cronaca cinematografica di
un giornale locale non ha trovato alcun riscontro nelle minuziose ricerche effettuate dal
più recente e rigoroso biografo dell’autore, D. Mironescu, che lo definisce un caso di
“falsa memoria” (MIRONESCU 2011, p. 46).
42 R. MERLO
dapprima come esercizio di vanità, poi sempre più autonoma dal punto di
vista estetico”20. La già citata Dora fissa a 12 anni l’età in cui Maniu
comincia a scrivere poesie e saggi, ricordando le frequenti visite al
professore di romeno, con il quaderno sotto braccio, in cerca di consiglio e
confronto21. Analoga immagine di Blecher poeta tra i banchi di scuola
ritroviamo nel ricordo dell’amico d’infanzia S. Hay (Sandu Haimovici)
occasionato dall’uscita di CT, dove il giovane autore appena pubblicato è
rivisto come un adolescente “pallido, dorato, con gli occhi azzurri, studente
di liceo e poeta, sempre alla ricerca, fin da allora, dall’infanzia, della novità.
Faceva le caricature dei professori, maneggiava un Kodak Baby Box,
andava in giro in bicicletta ‘senza mani’ e, a 16 anni, era direttore di un
rivista ciclostilata. Quanti non ha meravigliato lui, nella sua infanzia”22. In
fondo, l’immagine del giovane Blecher che affiora dalle testimonianze
disponibili è quella di un adolescente come tanti, magari più brillante, forse
più predisposto alla malinconia, ma animato dal medesimo desiderio di
essere e fare, di esprimersi e di imporsi, di delimitarsi e di definirsi,
incanalato nello sport, nella socialità e – come non di rado accade, o
accadeva – nella scrittura.
Se da un lato i primi esercizi letterari di Blecher dovettero essere
piuttosto convenzionali, essendo destinati agli occhi di un professore di
liceo, Alexandru Epure, ricordato come severo ed esigente23 e dai gusti
“classicizzanti”24, dall’altro lato il giovane poeta dovette presto scoprire il
gusto della provocazione e della sfida che caratterizzava la letteratura
modernista del tempo, in particolare nelle sue incarnazioni avanguardiste.
In cerca di affermazione come ogni adolescente e inclinato verso
l’espressione letteraria, lo “studente poeta” curioso e assetato di novità
dovettere ritrovare affinità d’intenti nella programmatica volontà di épater
le bourgeois ostentata dai decadenti e portata all’estremo dalle avanguardie
storiche25. Possiamo cautamente dare credito a M. Ghiolu quando evoca il
20
MIRONESCU 2011, p. 33.
21
WECHSLER-BLECHER 1998, p. 8.
22
S. Hay, rec. cit., in LASCU 2000, p. 216.
23
WECHSLER-BLECHER 1998, p. 8.
24
MIRONESCU 2011, p. 53, n. 7.
25
Moderati sentimenti di insofferenza e antipatia per la “vile ideologia borghese”
Blecher esprime ancora qua e là nella sua corrispondenza, in particolare con l’amico
Geo Bogza, notorio anticonformista e corrosivo critico dello spirito “borghese”: v. ad
es. le lettere del 5.IV.1935 (POP 2009, da cui la citazione precedente), 31.X.1934
IL CORPO DELLA MEDUSA 43
(LASCU 2000, p. 38), 24.XI.1934 (ivi, p. 43, in cui lo scrittore dichiara: “A ogni inutile
ornamento della ‘vita borghese’ che depenno dai miei bisogni, a ogni rinuncia ai
‘bisogni indotti’ della mia stupida e imbecille educazione borghese (intendo
ornamentale e morale) mi sento più forte e più sicuro”), 7.VII.1935 (ivi, p. 75),
27.IX.1935 (ivi, p. 84, dove, afflitto dalla necessità di continuo sostegno finanziario da
parte dei pur devoti e amorevolissimi genitori, Blecher afferma: “Tutte queste cose io
le considero quisquilie terribili e stupidi borghesismi, però non così le considerano
quanti mi circondano”), 23.XI.1936 (ivi, p. 127) e 27.I.1937 (ivi, p. 137).
26
GHIOLU 1970, p. 152.
27
MIRONESCU 2011, p. 43.
28
WECHSLER-BLECHER 1998, p. 8.
29
MIRONESCU 2011, p. 21.
30
Ivi, p. 42.
31
Questo il parere di D. Mironescu (ivi, p. 56), basato sull’accenno di S. Hay
(LASCU 2000, p. 217), rispetto alla Parigi mezionata da altri studiosi.
44 R. MERLO
accanito ma non per questo fuori dal comune, con una sensibilità e un gusto
ancora in formazione e con un’esperienza di vita ancora assai limitata. Il
cammino di maturazione umana e letteraria annunciato dell’inizio
dell’esperienza francese e dal contatto diretto con la modernità occidentale,
sperimentato da così tanti intellettuali romeni prima e dopo Blecher,
conoscerà nel caso del giovane aspirante scrittore di Roman una svolta
inattesa e drammatica, che lo condurrà in una direzione diversa da quella
di tutti i suoi predecessori e successori: la diagnosi nel 1928 come morbo
di Pott, o spondilite tubercolare, dei dolori alla schiena che lo tormentavano,
secondo la sorella Dora, dall’età di 16 anni, a seguito a uno sfortunato
quanto banale incidente durante una partita di calcio32. Violentemente
contorto a nemmeno vent’anni dall’accertamento di una malattia che in
capo a un decennio di atroci e continui dolori l’avrebbe portato alla morte,
il breve cammino umano di M. Blecher si snoderà da allora in poi, per più
di metà della sua durata, nell’universo parallelo e marginale dei malati, tra
stanze d’ospedale e di sanatori e camere di degenza casalinga, immerso in
una sofferenza continua, distruttrice e disumanizzante eppure affrontata con
grande dignità e stupefacente discrezione33.
La frenesia del corpo e il fervore della mente, le luci colorate e la musica
dei caffè, le animate conversazioni alla moda su temi di politica e cultura,
il piacere del cibo e delle bevande, insomma, l’apertura di orizzonti
inesplorati e tutte le infinite possibilità di scoperta di nuovi mondi promesse
al giovane Blecher dal passaggio dalla sonnolenta provincia moldava al
clima irrequieto e spensierato di Parigi – il breve passaggio nella quale
produrrà comunque nella memoria e nelle opere dello scrittore intense
32
WECHSLER-BLECHER 1998, p. 9.
33
Dell’esperienza dantesca del sanatorio rende testimonianza la dimensione
autobiografica di varie prose, in particolare IC e Vizuina luminată (d’ora in poi, VL),
mentre intense testimonianze del calvario attraversato negli ultimi anni romeni da
Blecher, immobilizzato a letto dalla malattia per gran parte della sua vita adulta,
troviamo non tanto nelle sue confessioni dirette – ad es. nelle lettere agli amati Geo ed
Elly Bogza, in cui nei regolari e frequenti ragguagli che dà intorno alla propria
condizione fisica e psicologica Blecher non indugia mai più dello stretto necessario,
nei limiti di un ammirevole decoro personale e di un linguaggio oggettivante (v. LASCU
2000, passim) – quanto piuttosto in quelle indirette di amici e conoscenti, come Mihail
Sebastian, che nel suo Diario (ad es. al 30 settembre e 30 dicembre 1936 o al 1 e 25
marzo 1937) descrive con toccante sensibilità la condizione di inimmaginabile
sofferenza, solitudine e desolazione in cui viveva Blecher e la sua quotidiana “intimità
con la morte” (v. SEBASTIAN 1996, pp. 86, 102-103, 114, 120).
IL CORPO DELLA MEDUSA 45
34
Si vedano in particolare la poesia Paris (BLECHER 2017, pp. 544-546; anche in
BLECHER 1971, pp. 169-170) e alcune pagine, in parte affini a questa, di VL
(BLECHER 2009, pp. 93-96).
35
MIRONESCU 2011, p. 84.
36
BALOTĂ 1974, p. 154.
46 R. MERLO
37
In «Vremea», VII, 358, (7 octombrie), 1934, in BLECHER 1999, pp. 352-357.
38
Ivi, p. 353.
39
Ivi, pp. 341 e 342-343.
40
Su «Bilete de papagal», nr. 469 (10 august), nr. 470 (17 august), nr. 471 (24
august), 1930, Blecher pubblicherà inoltre gli aforismi Limite [Limiti], anch’essi recanti
l’indicazione “BERCK PLAGE” (ivi, p. 344).
41
MIRONESCU 2011, p. 90.
42
Ivi, pp. 77-78.
43
Ivi, p. 90.
44
Dell’immutato affetto per Marie – verosimilmente rinfocolato dalla visita che la
Ghiolu gli fece a fine febbraio insieme a Mihail Sebastian, che ne parla nel suo Diario
(SEBASTIAN 1996, p. 114) – Blecher scriverà a G. Bogza ancora durante la dolorosa
degenza bucarestina di fine marzo 1937: “Quando ho conosciuto Marie le ho scritto
tutto il mio amore ed esso è rimasto intatto fino a oggi” (LASCU 2000, pp. 136-137).
45
V. le lettere inviatele da Blecher in LASCU 2000, pp. 148-190; secondo D.
MIRONESCU (2011, pp. 107-108) l’amicizia con L. Demetriade-Bălăcescu e – tramite
IL CORPO DELLA MEDUSA 47
essa – il contatto con la pittura naïf saranno determinanti nella definizione dello stile e
della prospettiva prosastica di Blecher, in particolare per quanto riguarda l’aspetto
ludico e relativista.
46
In «Adevărul literar și artistic», XII, seria a II-a, nr. 661 (6 august 1933),
(BLECHER 1999, pp. 345-347)
47
V. il biglietto inviato a S. Pană il 3 maggio durante una sosta di 12 ore a Bucarest
(BLECHER 1971, p. 316).
48
Durante il soggiorno a Brașov Blecher collabora alla locale «Frize» con la prosa
breve Ix-mix-fix (I, 6-7, august-spetembrie 1934) e gli aforsmi Insinuări [Insinuazioni]
(I, 8, octombrie 1934) (BLECHER 1999, pp. 348-349 e 350-351).
49
MIRONESCU 2011, p. 129.
50
Ivi, p. 90.
51
È difficile non voler vedere in tale passaggio, almeno in parte, il prodotto
dell’incontro con Geo Bogza, con cui Blecher era in contatto epistolare dall’anno
precedente, e dei quattro mesi trascorsi tra il giugno e l’ottobre del ’34 (MIRONESCU
2011, p. 125) insieme all’incendiario autore di Jurnal de sex [Diario di sesso], 1929 e
Poemul invectivă [Il poema invettiva], 1933, così come del suo incoraggiamento e del
suo sostegno. È infatti a Bogza che Blecher esprimerà in più occasioni una commossa
e profonda riconoscenza per l’interessamento dimostrato verso i suoi destini tanto umani
quanto, e soprattutto, letterari, come nella citazione che segue: “So che non ami simili
ringraziamenti ma senza di te avrei continuato a vegetare nel più deplorevole e oscuro
anonimato, rimpinzato di sogni assurdi e dadaismi superati. A te devo prima di tutto la
mia organizzazione e poi le possibilità di pubblicare” (Roman, 22.VI.1935; LASCU
2000, p. 72).
48 R. MERLO
52
V. BRĂVESCU 2011, p. 20 e MIRONESCU 2011, p. 117. Alcune informazioni
in più sulla pubblicazione del volume troviamo in una lettera del 5 giugno 1972 (quindi
assai tardiva) di Sandu Darie (Haymovici) a Sașa Pană, in cui, in una “Nota: Per gli
archivi dei poeti”, Hay dichiara che “Corpo trasparente è uscito su carta azzurra. È
stato stampato da Feller, il tipografo di Adam Ludo. La tipografia si trovava in un cortile
più o meno davanti alla Marmorosch-Blank” (DAVIDESCU 2016). “Adam Ludo” è
una svista in cui paiono fondersi il nome della rivista «Adam» – che infatti usciva sulla
stessa carta azzurro-acqua usata anche per CT – e il cognome del suo direttore, Isac
Ludo. “Marmorosch-Blank” è invece l’importante banca Marmorosch, Blank & Co,
con sede appunto a Bucarest.
53
Come risulta dalla lettera allo stesso Pană da Carmen Sylva del 16 marzo 1934:
“le invio allegato l’inizio di un lungo poema intitolato Si fa notte e due disegni, tra cui
un autoritratto” (BLECHER 1999, p. 395).
54
Brașov, 7 iulie 1934; BLECHER 1999, p. 397.
55
L’ipotesi che il titolo L’erba dei sogni (Iarba viselor o visurilor) possa essere il
IL CORPO DELLA MEDUSA 49
zione, sempre più urgente e più personale e quindi sempre più accaparrante,
degli Esercizi56. Tant’è vero che, in una breve lettera posteriore di appena
una settimana a quella sopra citata, Blecher ribadisce allo stesso Pană
l’intensità del coinvolgimento nella scrittura del romanzo, confessandogli
ad un tempo il completo seppur malinconico distacco dall’esperienza umana
e letteraria di CT57: “Continuo a lavorare a Esercizi con acutissima
febbrilità. Credo che tra qualche settimana avrò pronti i primi capitoli. Il
libro si espande e si plasma come una creatura proteica: non ho ancora
scritto nulla con tale ‘passione’, Corpo trasparente è un inizio, non mi ci
riconosco più. Lo amo solo poiché in esso sta il mio cuore come una
coppa”58.
Eccezion fatta per la stesura di alcuni saggi – che nelle intenzioni
dell’autore avevano (anche) lo scopo di familiarizzare gli ambienti letterari
con il suo nome e quindi facilitare la ricezione del romanzo (v. oltre),
dall’autunno del ’34 la stesura di ÎII monopolizzerà completamente
l’impegno letterario di Blecher. L’unico altro testo poetico originale
pubblicato successivamente a CT pare essere Paris59, un testo per tematica
working title di CT, come si menziona nell’edizione citata (ivi, p. 397), è insostenibile
perché che già in data 5 giugno da Brașov Blecher informava Bogza dell’imminente
pubblicazione di un volume di poesie intitolato Corp transparent (LASCU 2000, p.
29); secondo D. MIRONESCU (2007, p. 135, n. 3) tale titolo si riferirebbe dunque a
un vagheggiato secondo volume di versi, la cui realizzazione dovette presto passare in
cavalleria e poi nel dimenticatoio rispetto ai progetti in prosa. Per quanto riguarda il
poema Se face noapte, Pană avrebbe succesivamente confermato di aver restituito
all’autore il manoscritto (v. BLECHER 1971, p. 314), la cui ricezione Blecher conferma
all’amico il 15 luglio (BLECHER 1999, p. 397), ma il testo è andato perduto (ringrazio
per la conferma il collega D. Mironescu, curatore della più recente, comprensiva e
autorevole edizione dell’opera blecheriana, BLECHER 2017).
56
Titolo in corso d’opera delle future ÎII, poi felicemente modificato dietro
suggerimento dell’amico Bogza (v. lettera del 17.IX.1935 in LASCU 2000, p. 83).
57
L’interpretazione di MIRONESCU (2007, p. 135) secondo cui la prima lettera
citata indicherebbe che Blecher continuava a puntare su un’espressione di matrice
«lirica» credo possa restare valida laddove, piuttosto che in direzione di una perdurante
convinzione nelle potenzialità della poesia, la si intenda come irrefutabile adesione alla
concezione della scrittura come scrittura di sé, espressione più intima e intensa dell’io.
A tale «liricità» in senso lato Blecher troverà a breve forma più eloquente non
attingendo ai codici della forma poetica, modernista o avanguardista che sia, bensì nella
creazione di un linguaggio narrativo proprio e altamente originale. Con ottima
intuizione definito da S. Pană “ampio e mirifico proso-poema” (S. Pană, Cu inima, cit.;
LASCU 2000, p. 339), ÎII ritiene infatti, nel linguaggio opulento, nell’immaginario
insolito e nell’esasperato soggettivismo prospettico, innegabili qualità «liriche».
58
Brașov, 15 iulie 1934; BLECHER 1999, p. 398.
59
V. n. 11. Il testo fa la sua comparsa nella corrispondenza con Bogza da Roman il
50 R. MERLO
e forma slegato dalle atmosfere tanto del volume di debutto quanto da quelle
di ÎII e la cui pubblicazione, credo, vada ascritta più alla medesima strategia
di «preparazione» del pubblico più che a una perdurante vocazione poetica
dell’autore. Ne è la prova il fatto che quando, a un anno dalla pubblicazione
di CT, Sașa Pană prospetterà a Blecher la pubblicazione di una nuova
raccolta di poesie60, il giovane scrittore, adducendo ragioni di salute e dando
prova di interesse prioritario per la stesura di Esercizi, declinerà
graziosamente la proposta61. Dopo CT, come testimonia egli stesso in varie
occasioni a G. Bogza o in alcune lettere all’amica L. Demetriade-
Bălăcescu62, Blecher concentra tutte le sue poche e preziose energie
nell’elaborazione dei romanzi, lasciando senza rimpianti alle spalle
quell’unico, esile volumetto, testimone di una modalità creativa ormai
superata ma anche dei primi fermenti di una poetica in divenire.
17.X.1934 (LASCU 2000, p. 33), e vi ritorna alla ricezione delle bozze (Roman,
24.XI.1934; ivi, p. 44) e dopo la pubblicazione: “Ieri è arrivata «Vremea» a Roman e
sono entusiasta del modo in cui è uscita la poesia. È molto al di sopra delle mie
aspettative e ne ringrazio Geo mille volte” (Roman, 25.XII.1934; ivi, pp. 46-47). Dopo
Paris, i rapporti di Blecher con la poesia si limiteranno a una traduzione di Passeggiata
marina per il pubblico francese (v. n. 11) e alla ripresa in rivista di alcuni testi di CT
(Poem, Menajerie, Vals vechi, Mâinile tale, in «Adam», IX, 94, 15 ianuarie 1937, p.
8).
60
BLECHER 1971, p. 323.
61
V. lettera da Roman del 15.V.1935, in BLECHER 1999, p. 399.
62
V. LASCU 2000, pp. 183 e 186.
63
V. BRĂVESCU 2011, pp. 17-24.
64
Un ottimo esempio di anticipazione poetica di episodi poi altrimenti sviluppati
in prosa è Valzer antico, nel cui tema delle nozze macabre, trattato in maniera
simbolista, è possibile vedere un’anticipazione dell’episodio delle nozze di Edda in ÎII
(BLECHER 2012, p. 95 e sgg.; BLECHER 1999, p. 80 e sgg.), presentate
ambiguamente come una sorta di funerale (MIRONESCU 2007, p. 147), anch’esse
scandite da un “valzer antico e triste” (BLECHER 2012, p. 96) [“vals vechi și trist”]
(BLECHER 1999, p. 80).
IL CORPO DELLA MEDUSA 51
65
BRĂVESCU (2011, p. 22-23) definisce CT addirittura “un indiretto poema
d’amore, un’ulteriore esperienza esistenziale negata all’uomo Blecher e dirottata in
letteratura. È il compimento ad un tempo di un amore impossibile (Maria Ghiolu era
sposata) e di un sogno”.
66
POJOGA 2016, p. 25.
52 R. MERLO
67
Roman, 25.XII.1934; LASCU 2000, p. 47.
68
Ivi, pp. 93-94.
69
Ivi, p. 29.
70
Ivi, p. 58.
71
Roman, 10.III.1935; ivi, p. 60; similmente, in data 19.X.1935, ivi, p. 88.
IL CORPO DELLA MEDUSA 53
72
MIRONESCU 2011, p. 117.
73
Analogo desiderio di presenza mediata dall’artefatto manifesta del resto anche
l’intento di inviare ai Bogza figurine di terracotta (Roman, 14.X.1934; ivi, p. 31) e
oggetti di porcellana di propria creazione (Roman, 29.I.1935; ivi, pp. 53-54).
74
10.V.1938; POP 2009.
75
Roman, 14.I.1935; LASCU 2000, p. 51.
76
Ivi, p. 216.
77
Ivi, p. 218.
78
Ivi, p. 220.
79
Ivi, p. 218.
54 R. MERLO
80
Ibid.
81
In epoca più vicina a noi, il critico che più ha insistito sulle analogie tra la poesia
blecheriana e quella di altri autori è G. Glodeanu, il quale, nel quadro di un rimando
generico al surrealismo (come di rito, è menzionato Breton; GLODEANU 2005, p. 95),
tra i romeni ha invocato i nomi di I. Barbu e T. Arghezi per la “corporalità della parola”
(ibid.) e quello di G. Bacovia per l’“universo chiuso” e l’associazione “amore-morte”
(ivi, p. 98, 100), ha rimandato a Urmuz e Grigore Cugler per le “associazioni lessicali
insolite” (ivi, p. 100) e ha richiamato nuovamente Bacovia, insieme a Mateiu Caragiale,
per “l’atmosfera crepuscolare” (ivi, p. 102). Dal canto suo, MIRONESCU (2007, pp.
139-140) ha rilevato che la poesia di Blecher “tradisce un’influenza mista, proveniente
dagli imagisti Voronca, Pană, Roll, ma anche da modernisti ‘pacati’ come Demostene
Botez o persino da Eminescu”. Alla lista certo potenzialmente assai ampia delle possibili
“risonanze” (influenze) o «consonanze» (analogie) si potrebbero aggiungere anche, per
la visione della natura e dello spazio rurale di Pastorală [Pastorale], l’espressionismo
autoctonista del L. Blaga del «villaggio apocalittico» e più ancora dell’Adrian Maniu
di Lângă pământ (Accanto alla terra, 1924) e del B. Fundoianu di Privelişti (Vedute,
1930; ed. it. a c. di G. Rotiroti e I. Carannante, note e traduzione dal romeno di I.
Carannante, Novi Ligure, Joker, 2014), o ancora, per la “chioma” quale metonimia
fondante del femminile in Poesia, nel solco della tradizione salmistica, il P. Celan di
Todesfuge (Tangoul morții [Il tango della morte], 1947).
82
Tra le consonanze pittoriche la critica ha menzionato Degas (MANOLESCU
2008), Picasso e Dalí (GLODEANU 2005, p. 96, 97) e, come già detto (v. n. 45), la
pittura naïf (MIRONESCU 2011, pp. 107-108).
IL CORPO DELLA MEDUSA 55
stesso tempo anche un ammonimento che non è a livello della sintassi poetica che
occorre ricercare il ‘messaggio’ che un autore tanto preoccupato dal proprio io deve
aver incifrato (anche) in questo primo libro83.
83
Ivi, p. 140.
84
Ivi, pp. 149-150.
85
La non sempre affidabile M. GHIOLU (1970) data la gestazione del romanzo a
partire dall’estate del ’33 a Techirghiol (ovvero dalla conoscenza con Blecher), ma la
prima traccia certa dell’elaborazione del romanzo la troviamo solo nel luglio del ’34,
dopo l’uscita di CT, nella lettera a Sașa Pană sopra citata (BLECHER 1971, p. 318; v.
anche MIRONESCU 2011, pp. 101-102).
86
Intendo qui “immagini” nel senso assai concreto della predilezione di Blecher
per una poetica “visually oriented” rilevata da G. GLĂVAN (2014, p. 12).
87
Verosimilmente in seguito all’uscita di CT, in cui gli era dedicata un poesia tra le
più «surrealiste»; la lettera di Pană è purtroppo andata perduta ( MIRONESCU 2014,
p. 136).
56 R. MERLO
88
BLECHER 1999, p. 397.
89
V. POPESCU 2000.
90
V. POP 2000 o GLĂVAN 2014 (che vede affinità con il surrealismo soprattutto
nella dimensione picaresca e nella geografia urbana dell’opera blecheriana).
91
V. ad es. BALOTĂ 1974, D. Pillat in BLECHER 1970 e PILLAT 2013,
NEGOIŢESCU 1997.
92
V. ad es. HORODINCĂ 1970 (che legge Blecher alla luce più di Freud che di
Breton) e soprattutto BOMHER 2001.
93
Benché non vada assolutizzata in quanto – al pari del caveat rivolto a Pană –
almeno in parte determinata da considerazioni non direttamente legate a questioni di
credo poetico (ovvero dalla rottura avvenuta tra Bogza e Pană), certamente interessante
IL CORPO DELLA MEDUSA 57
99
MIRONESCU 2007, p. 138.
IL CORPO DELLA MEDUSA 59
100
MIRONESCU 2007, pp. 136-137.
101
MANOLESCU 1983, p. 57; ora in BLECHER 2009, p. 154.
102
ENACHESCU 2007, p. 10.
103
BLECHER 1999, p. 354.
60 R. MERLO
104
MIRONESCU 2007, p. 138.
105
Se consideriamo che uno degli imperativi del surrealismo era spostare l’accento
dall’aspetto letterario a quello esistenziale (POP 2000, p. 336), l’«esistenzialismo
irrealista» di Blecher rappresenta forse uno dei migliori esempi di surrealismo portato
alle sue estreme conseguenze.
106
DELEUZE 1999, p. 1.
107
I termini della questione sono amplissimi, coinvolgendo questioni filosofiche
ma anche cambiamenti economici, politici, tecnologici, sociali ecc., ed esulano dagli
scopi del presente contributo: per un sunto critico della “versione autorizzata”, ovvero
“la modalità standard di narrare la storia del sé, quella che incarna e supporta valori
occidentali cardine”, si veda Roy Porter, Introduction, in PORTER 1996, pp. 1-14: pp.
1-7.
108
Jonathan Dallimore, Death and the Self, in PORTER 1996, pp. 249-261: p. 254.
IL CORPO DELLA MEDUSA 61
109
Ibid.
110
MUSIL 1996, p. 244.
111
MAGRIS 1984, p. 364.
62 R. MERLO
l’io individuale che si era fino a quel momento superbamente posto quale
centro della gerarchia e del significato della vita”112.
Centrale nella poetica blecheriana è questa nietzschiana abolizione delle
«gerarchie ontologiche» consolidate della modernità in virtù della
delegittimazione dei loro principi fondanti, che traduce il naufragio delle
certezze e il crollo del tradizionale regime di normalità innescati
dall’insediamento nella (ir)realtà «ortogonale» del malato e nella
marginalità del diverso. In un breve saggio concepito nel gennaio del ’35113,
discutendo dell’“essenza della poesia” Blecher fa quella che possiamo
considerare una dichiarazione indiretta di poetica:
Le verità con cui operiamo quotidianamente nell’esercizio delle nostre funzioni
mentali e che siamo constretti a considerare evidenti e definitive non sono, in fondo,
né evidenti né definitive. Dove comincia e dove finisce un’evidenza? E, in fondo,
che cos’è un’evidenza?
Ecco i dubbi di cui approfitta il poeta quando costruisce i suoi mondi immaginari
in cui sono possibili apparizioni di evidenze inedite114.
112
MAGRIS 1978, pp. 249-250. Nelle lettere a Bogza questa sensazione di
dispersione, di incertezza e di fluida caoticità si delinea per contrasto rispetto al mondo
«solido» e «strutturato» che Blecher sente coagularsi in presenza (anche mediata)
dell’amico, che diventa, da un lato, catalizzatore di «solidità»: “Mi rendo conto ogni
giorno sempre di più quanto sia stato importante per me l’incontro con te. Tu sei
l’espressione del mondo solido [s.m. – RM], di base, granitico, e hai portato nelle mie
conoscenze una realtà che mi mancava. Anche per quanto riguarda la mia malattia e la
mia vita in generale, non solo dal punto di vista intellettuale” (Roman, 17.X.1934;
LASCU 2000, p. 34), oggetto di “qualcosa di più di un ringraziamento: una gratitudine
calda per il saldo pilastro [s.m. – RM] di appoggio che sei nella mia vita” (Roman,
31.X.1934; ivi, pp. 37-38); dall’altro, principio ordinatore di una vita altrimenti
“caotica” (Roman, 7.VII.1935; ivi, p. 75), come Blecher gli confessa dopo aver ricevuto
un pagamento dal direttore di «Vremea» C.A. Donescu: “A te devo prima di tutto la
mia organizzazione e poi le possibilità di pubblicare” (Roman, 22.VI.1935; ivi, p. 72),
o subito dopo l’uscita di IC: “[tu] mi hai tirato fuori dal marasma e messo sulla buona
strada” (Roman, 18.XII.1936; ivi, p. 128).
113
V. LASCU 2000, p. 52.
114
M. Blecher, Care este esenţa poeziei?, in «Vremea», VII, 378, 1935, p. 5;
BLECHER 1999, pp. 361-363: p. 363.
IL CORPO DELLA MEDUSA 63
115
BLECHER 2012, p. 28. „Era o oglindă atât de veche încât toată poleiala era
ștearsă pe alocuri și prin petele transparente apăreau obiectele reale din dosul oglinzii
amestecându-se cu imaginile reflectate, ca într-o fotografie cu clișee suprapuse”
(BLECHER 1999, p. 50).
116
Ringraziando Bogza per una lente d’ingrandimento inviatagli tramite un amico
comune, Blecher loda le virtù dell’oggetto con commovente incanto: “la lente supera
ogni mia aspettativa, è meravigliosa, è un oggetto raro, paurosamente piacevole da
maneggiare (in modo sensuale). Quando l’ho ricevuta avevo sul tavolo un libro di
incisioni e disegni antichi, olandesi e tedeschi, il cui pregio cresce infinitamente quando
li guardi con la lente (sai, quei disegni minuziosi con migliaia di dettagli)” (Roman,
21.XI.1935; LASCU 2000, p. 91).
117
GOLDIȘ 2012a.
118
BLECHER 2012, pp. 85-86. „Tablourile acestea mă intrigară mult timp. Mi se
părea că artistul avea mult talent, pentru că trăsăturile erau foarte sigure și fine, dar nu
înțelegeam pentru ce le lucrase într-o acuarelă cenușie, spălăcită, ca și cum hârtia ar fi
fost ținută mult timp în apă./ Într-o zi făcui o descoperire uimitoare: ceea ce luam eu
drept culoare ștearsă nu era altceva decât o îngrămădire de litere minuscule, descifrabile
numai cu lupa./ În tot desenul nu era o singură trăsătură de creion ori de pensulă; totul
era o alăturare de cuvinte în care se povestea istoria vieții regelui și a reginei”
(BLECHER 1999, p. 76).
64 R. MERLO
119
GOLDIȘ 2012a.
120
BLECHER 2012, pp. 19-20. „Odată în timpul unei crize, soarele trimise pe
perete o cascadă mică de raze, ca o apă ireală de aur marmorată cu unde luminoase.
Vedeam și colțul unei biblioteci cu tomurile groase legate în piele, dincolo de geam, și
amănuntele acestea reale pe care le percepeam din depărtarea leșinului isprăviră să mă
amețească și să mă doboare ca o ultimă inhalație de cloroform. Ceea ce era mai comun
și mai cunoscut în obiecte, aceea mă turbura mai mult./ Obișnuința de a le vedea de
atâtea ori isprăvise probabil prin a le uza pielița exterioară și astfel ele îmi apăreau din
când în când jupuite până la sânge: vii, nespus de vii./ Momentul suprem al crizei se
consuma într-o plutire în afară de orice lume, plăcută și dureroasă în același timp. Dacă
se auzea zgomot de pași, odaia intra repede în vechiul ei aspect. Se pornea atunci între
pereții ei o scădere pe loc, o diminuare extrem de mică a exaltării ei, aproape
imperceptibilă; asta îmi dădea convingerea că certitudinea în care trăiam era despărțită
de o pojghiță foarte subțire de lumea incertitudinilor” (BLECHER 1999, pp. 46-47).
IL CORPO DELLA MEDUSA 65
121
BLECHER 2012, p. 19. “Entuziasmul lor de a exista într-o nouă aureolă, mă
cuprindea și pe mine: aderențe puternice mă legau de ele, cu anastomoze invizibile ce
făceau din mine un obiect al odăii la fel cu celelalte, în același mod în care un organ
grefat pe carne vie, prin schimburi subtile de substanțe, se integrează trupului
necunoscut” (BLECHER 1999, p. 46).
66 R. MERLO
122
BLECHER 2012, pp. 55-56. „Câţiva ani mai târziu văzui într-o carte de anatomie
fotografia unui mulaj de ceară a interiorului urechii. Toate canalurile, sinusurile şi
găurile erau din materie plină, formând imaginea lor pozitivă. Fotografia aceasta mă
impresiona peste măsură, aproape până la leşin, într-o clipă îmi dădui seama că lumea
ar putea exista într-o realitate mai adevărată, într-o structură pozitivă a cavernelor ei,
astfel încât tot ce este scobit să devie plin, iar actualele reliefuri să se prefacă în viduri
de formă identică, fără nici un conţinut, ca fosilele acelea delicate şi bizare care reproduc
în piatră urmele vreunei scoici sau frunze ce de-a lungul timpurilor s-au macerat lăsând
doar sculptate adânc amprentele fine ale conturului lor./ Într-o astfel de lume oamenii
n-ar mai fi fost nişte excrescenţe multicolore şi cărnoase, pline de organe complicate şi
putrescibile, ci nişte goluri pure, plutind, ca nişte bule de aer prin apă, prin materia
caldă şi moale a universului plin. Era de altfel senzaţia intimă şi dureroasă pe care o
resimţeam adesea în adolescenţă, când de-a lungul vagabondajelor fără sfârşit, mă
trezeam subit în mijlocul unor izolări teribile, ca şi cum oamenii şi casele în jurul meu
s-ar fi încleiat dintr-o dată în pasta compactă şi uniformă a unei unice materii, în care
eu existam doar ca un simplu vid ce se deplasează de ici-colo fără rost” (BLECHER
1999, p. 63).
123
Motivo che acquisice proporzioni cosmogoniche nell’inquietante visione di un
universo costituito interamente di fango che occupa gran parte del capitolo undicesimo
di ÎII (BLECHER 2012, pp. 121-131; BLECHER 1999, pp. 92-97).
124
O, prima ancora, la stupita resa di Lord Chandos nel seminale Ein Brief, 1902,
di H. von Hofmannsthal, che presenta alcune suggestive analogie con la prospettiva
blecheriana, ad es. nella rivelazione subìta e sopraffacente della proliferazione del reale
e del suo ineffabile: “Un innaffiatoio, un erpice abbandonato su un campo, un cane al
sole, un povero cimitero, uno storpio, una piccola casa di contadini, in tutto ciò mi si
può palesare la rivelazione. Ciascuna di queste cose, e mille altre consimili, su cui
l’occhio suole scivolare con naturale indifferenza, può improvvisamente, in un qualsiasi
momento che in alcun modo mi è possibile richiamare, assumere un colore nobile e
toccante, che nessuna parola mi pare atta a rendere” (HOFMANNSTHAL 1974, pp.
46-47).
IL CORPO DELLA MEDUSA 67
125
S. Pană, Cu inima, cit. (LASCU 2000, p. 339).
126
„Era o meduză vie încă, lăsată de reflux între grinzi. Era o massă compactă de
gelatină, rotundă şi ceva mai mare ca o farfurie. În transparenţa ei tulbure nu se putea
remarca nici un organ interior. Emanuel o apucă cu mâinile şi carnea moale, cleioasă a
animalului se răspândi şi debordă peste degete alunecându-i din palme. Era imposibil
de a apuca mai bine pentru a o ţine mai strâns, degetele intrau în materia vâscoasă,
verzuie fără ca totuş s-o pătrundă complet. Exala din ea un miros puturos de peşte putred
68 R. MERLO
şi de alge oceanice. Era un miros aproape cadaveric, pătrunzător şi iute, avea în el ceva
din mirosul pe care Emanuel îl simţise în odaia Tedyei. Îi fulgeră deodată prin minte o
ideie şi dărui câţiva bani băiatului ca să-i dea animalul; acesta acceptă imediat. Emanuel
puse pachetul de carne lichidă lângă el pe scăunaş şi dete biciu cailor. Ştia el acum ce
avea de făcut cu el” (Manoscritto Berck, quaderno manoscritto n. 5, pp. 92-93, apud
MIRONESCU 2007, p. 151)].
127
„Întâlniră într-o zi pe plajă câțiva copii care duceau în convoi gălăgios ceva ce
găsiseră în nisip. Era o meduză moartă, o enormă bucată de carne gelatinoasă și
transparentă cu miros acru de pește și iod. Solange tresări înfiorată. Emanuel luă
animalul în mână și greutatea lui lipicioasă adera straniu de piele. Îl străbătu răceala
moale și umedă până în creieri, închise ochii, puțin înfrigurat./ — Îmi simt sufletul ca
bucata asta de viață inertă și dezgustătoare, murmură el… Berck are apariții de acestea
revelatoare… Ce miros de putreziciune exalează!…/ Și Emanuel își aminti de ultima
lui vizită la Isa și de mirosul de purulențe care îmbâcsea atunci odaia…/ Înapoie meduza
și hotărî să se întoarcă la sanatoriu. Îl impresionase extrem de puternic cadavrul acela
oceanic, ca un fel de presimțire reală, materializată într-o masă de carne umedă și rece”
(BLECHER 1999, pp. 226-227).
IL CORPO DELLA MEDUSA 69
La materia bruta – nelle sue masse profonde e pesanti fatte di terra, pietre, cielo o
acque – ovvero nelle sue forme meno intellligibili – fiori di carta, specchi, biglie di
vetro con le enigmatiche spirali al loro interno, o statue colorate – mi ha sempre
catturato, tenendomi chiuso in una sorta di carcarazione che si scontrava
dolorosamente contro le sue pareti e perpetuava in me la bizzara ventura, priva di
senso, di essere uomo129.
128
BLECHER 2012, p. 21. „Invidiam oamenii din jurul meu, închişi hermetic în
tainele lor şi izolaţi de tirania obiectelor. Ei trăiau prizonieri sub pardesiuri şi paltoane
dar nimic din afară nu-i putea teroriza şi învinge, nimic nu pătrundea în minunatele lor
închisori. Între mine şi lume nu exista nici o despărţire. Tot ce mă înconjura mă invada
din cap până în picioare, ca şi cum pielea mea ar fi fost ciuruită. Atenţia, foarte distrată
de altfel, cu care priveam în jurul meu nu era un simplu act de voinţă. Lumea îşi
prelungea în mine în mod natural toate tentaculele; eram străbătut de miile de braţe ale
hidrei” (BLECHER 1999, p. 47).
129
BLECHER 2012, p. 53. „Materia brută – în masele ei profunde și grele de țărână,
pietre, cer, sau ape – ori în formele ei cele mai neînțelese – florile de hârtie, oglinzile,
bilele de sticlă cu enigmaticile lor spirale interioare, ori statuile colorate – m-a ținut
întotdeauna închis într-un prizonierat ce se lovea dureros de pereții ei și perpetua în
mine, fără sens, bizara aventură de a fi om” (BLECHER 1999, p. 62).
70 R. MERLO
130
MAGLI 2005, p. 17.
131
V. LONGO 2003.
132
MAGLI 2005, p. 6.
133
FREUD 2006, p. 82.
134
BERTO 2002, p. 2.
135
TRINCIA 2000, p. 20.
IL CORPO DELLA MEDUSA 71
136
PÂRVULESCU 1999.
72 R. MERLO
137
BLECHER 2012, p. 22. „Dacă plecam de-acasă și mergând pe drumuri diferite,
reveneam întotdeauna pe urma pașilor mei, asta o făceam pentru ca să nu descriu cu
mersul meu un cerc în care să rămâie închise case și copaci. În această privință umbletul
meu semăna cu un fir de ață și dacă, o dată desfășurat, nu l-aș fi strâns la loc pe același
drum, obiectele strânse în nodul umbletului ar fi rămas pe veci iremediabil și adânc
legate de mine. Dacă în timp de ploaie mă feream să ating pietrele din cursul șuvoaielor
de apă, asta o făceam pentru a nu adăuga nimic la acțiunea apei și pentru a nu interveni
în exercitarea puterilor ei elementare” (BLECHER 1999, p. 48).
IL CORPO DELLA MEDUSA 73
Come un prestidigitatore
Destinato a far sparire la mia vita.
C’è una fila composta di case
Su questa strada che eppure
Deve significare qualcosa
138
DINU 2015, a proposito di BLECHER 2014.
139
GLĂVAN 2014, p. 7.
140
In CT il «cavallo» appare associato al femminile anche in Le tue mani; più in
generale, in Blecher questo animale rovescia l’archetipo dell’animale ctonio (v.
DURAND 2009, pp. 80-83 e sgg.) sposato ad es. da R. Țeposu (În căutarea, cit.;
BLECHER 1999, p. 33), conservando però spesso qualità di psicopompo: in IC, ad
esempio, dove traina il calesse con cui si muove Emanuel, il cavallo è il «nocchiero»
della sua immersione nel mondo infernale dei malati, ma anche il testimone della sua
uscita da esso e, in un certo senso, una marca dell’«alterità» del protagonista.
74 R. MERLO
Il tuo involucro
Come un uccello nel nido del cuore
In fiumi di sangue ti immergi
E voli attraverso le punte delle mie dita
Quando te ne vai
Il corpo ritrova la sua infinita pesantezza
E il paesaggio aperto beante
Significa la tua assenza
141
MIRONESCU 2011, p. 119.
142
AILENEI 2003, p. 88.
76 R. MERLO
143
E a questa sensazione di «vuoto» della realtà risponde l’esperimento mentale
del mondo «pieno» in ÎII (cfr. supra).
IL CORPO DELLA MEDUSA 77
sconfortante ridicolo del vivere solo nel prendersi disperatamente sul serio.
È l’innaturale artificialità del simulacro, la sua anormale imitazione di una
presupposta normalità, che genera paura, come nel mondo decrepito e
putrescente di Valzer antico.
Ma in generale, come nel caso della “tirannia degli oggetti”, anche le
immagini dell’artificialità dell’umano che nei romanzi si collocano sul
meridiano del perturbante restano in CT nei territori meno insidiosi del
sentimentalismo malinconico. Un esempio è proprio Serraglio, in cui i toni
più gravi dei rimandi ai miti del Serpente dell’Eden (“Eccomi sono il tuo
serpente per tentarti/ Con la mela del sole per avvelenarti”) e di Prometeo
(“Eccomi sono l’aquila dell’occaso/ Con nel becco il mio cuore acceso
come un lampione”) sono smorzati dalla contestualizzazione nella
scenografia circense. Mentre in IC e VL il “clown” (“clovn”) e il
“pagliaccio” (“paiață”) sono maschere del tragico – da un lato, immagini
dell’incapacità del malato di controllare i propri movimenti (ad es.
Quintonce in IC), e quindi grottesca pantomima di umanità; dall’altro lato,
riflessi deformati di un’agognata e impossibile normalità, ovvero amara
parodia del convenzionale – in CT il “clown” (“Eccomi sono il tuo
rinoceronte in tunica da clown/ Che giocola con le clave per farti ridere” e
il “pagliaccio” (Amore falena) sono ancora dei «saltimbanchi» in
malinconico equilibrio tra comico e ridicolo.
Nella generale smentita delle “evidenze” su cui si fonda la poetica
blecheriana è coinvolta, naturalmente, anche la fiducia nelle capacità del
linguaggio. In una lettera di pochi mesi posteriore all’uscita di CT con cui
– in seguito alla lettura della poesia a lui dedicata144 – desidera esprime
all’amico Bogza tutta la gratitudine e il sincero affetto, Blecher lamenta
ludicamente l’impotenza delle “parole” a dire l’«altro» e l’«oltre»:
Mio caro Geo Bogza,
ti immaginerai certamente la mia emozione quando ho aperto «Frize» e ho letto la
tua poesia; non so se la tua immaginazione di può rendere la qualità esatta di questa
emozione e soprattutto il suo carattere segreto, quello che non entra nelle parole e
si compie da sé, un’unica volta, con una sorta di caldo rotolare del sangue accanto
al cuore e con un respiro che si purifica d’un tratto come se l’intero corpo si trovasse
un senso a lungo cercato, il senso della poesia che il mio corpo e i miei corgani
hanno trovato stamane era quello dell’amicizia. Esso permane intatto in me. Tutte
queste sono parole, noi dovremmo comunicare ciò che abbiamo da dirci con
144
G. Bogza, De vorba cu M. Blecher, in «Frize», I, 9 (1 noiembrie), 1934, p. 6, in
LASCU 2000, pp. 23-25.
78 R. MERLO
magnifici pezzi d’arrosto, o con nastri a buon mercato di quelli che comprano le
servette o con il film sonoro di un soldato che spacca la legna, con la fatica
dell’accetta che si alza, con il breve sussulto del legno, con i pantoloni kaki
leggermente sdruciti e i lacci delle brache che ballano sulla gamba nuda [s.m. –
RM]. Un simile soldato ho guardato oggi tutto il pomeriggio dalla mia loggia. E
sai bene che non te ne scrivo perché sia qualcosa di straordinario, ma proprio in
quanto non è straordinario affatto145.
145
Roman, 27.X.1934; LASCU 2000, p. 36.
146
BLECHER 2012, p. 20. „Cuvintele obișnuite nu sunt valabile la anumite
adâncimi sufletești. Încerc să definesc exact crizele mele și nu găsesc decât imagini.
Cuvântul magic care ar putea să le exprime ar trebui să împrumute ceva din esențele
altor sensibilități din viață, distilându-se din ele ca un miros nou dintr-o savantă
compoziție de parfumuri” (BLECHER 1999, p. 47).
147
GLODEANU 2005, p. 95.
IL CORPO DELLA MEDUSA 79
148
POP 2000, pp. 393-395.
149
E a questa stessa “oscillazione” risponde anche la già menzionata visione di un
mondo completamente costituito da fango di ÎII e (cfr. supra, n. 123).
150
BRĂVESCU 2011, p. 24.
151
GLODEANU 2005, p. 104.
80 R. MERLO
BIBLIOGRAFIA
A. Letteratura primaria
152
La traduzione italiana è stata condotta sul testo di CT stabilito da D. Mironescu
in BLECHER 2017, pp. 527-542, che emenda alcuni errori di stampa «storici» e
restituisce così il testo corretto dell’editio princeps (si segnalano in particolare gli
interventi minuti ma significativi in Poema grottesco e Valzer antico e il cambiamento
di titolo in Le tue mani, nelle edizioni precedenti intitolata Gând [Pensiero]). Colgo
qui l’occasione per ringraziare il curatore per l’amichevole sollecitudine nel mettermi
a disposizione la sezione poetica di questa edizione.
IL CORPO DELLA MEDUSA 81
B. Letteratura secondaria