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Dal libro di Lise Bourbeau: “Le cinque ferite e come guarirle”.

Secondo l’autrice le ferite con cui ognuno di noi, in misura diversa, viene a contatto nell’infanzia e
nell’adolescenza sono RIFIUTO, ABBANDONO, UMILIAZIONE, TRADIMENTO E
INGIUSTIZIA.

Lise parla di “anima”, intesa come nostra natura unica e speciale; con un approccio tipico delle
filosofie orientali parla di “reincarnazione” e di “dio interiore”, (non il Dio delle religioni
monoteistiche ma il Sé più profondo).

Il libro descrive cinque profili fisici, caratteriali e comportamentali, che corrispondono alle cinque
ferite. Secondo l’autrice tutte queste ferite si attivano nell’infanzia e si ripercuotono anche sulla
postura, sull’aspetto fisico e sui disturbi di cui la persona soffre più frequentemente.

Per evitare che una ferita ci faccia soffrire, costruiamo davanti a noi stessi e agli altri delle
maschere, che mettiamo più o meno di frequente, a seconda della profondità della nostra ferita già
a partire dall’infanzia. La maschera ci serve come “difesa”…secondo me ha il ruolo di un’ armatura
più che di una maschera….

Quindi ad ogni ferita corrisponde una maschera, ma le persone possono avere i tratti di più
maschere, di cui una è prevalente:

o la ferita del rifiuto porta la maschera del “fuggitivo”: il fuggitivo paradossalmente si sente
rifiutato dagli altri ma in realtà è lui che li sfugge per paura di sentirsi inadeguato. Ha bassa
autostima. Si sente spesso arrabbiato e offeso. Nella postura tende a chiudersi su se stesso, a
“incurvarsi”. Quando la fuga dal mondo è portata alle estreme conseguenze, il fuggitivo può
arrivare all’anoressia.
o la ferita dell’abbandono porta la maschera del “dipendente”: la persona che ha il terrore
della solitudine, che dipende emotivamente dagli altri e fa di tutto pur di compiacerli
temendo di perderli. Nella vita sentimentale preferisce persino una relazione infelice alla
solitudine. Soffre spesso di depressione, sbalzi d’umore e nella postura è cadente, ha
difficoltà a mantenersi dritto, cerca appoggi.
o la ferita da umiliazione porta la maschera del “masochista”: la persona che si fa del male,
che si mette inconsciamente in situazioni che le creano danno, che si sente sporca e
indegna. Tende a cercare compensazione nel cibo e quindi a ingrassare, finendo per
vergognarsi ancora di più del suo corpo.
o la ferita da tradimento porta la maschera del “controllore”: la persona che vuole apparire a
ogni costo forte e super efficiente, che mette sempre sotto esame gli altri per la paura
costante di essere delusa e tradita. Il fisico del controllore tende a sviluppare molta massa
muscolare.
o la ferita da ingiustizia porta la maschera del “rigido”: chi si rinchiude in una gabbia di
precetti e regole da seguire a ogni costo, chi vede tutto o bianco o nero. Il rigido fa di tutto
per apparire giusto, si sente spesso giudicato e si giudica sempre duramente. La rigidità si
ripercuote sulla postura: ha spesso tensioni e blocchi alle spalle e al collo.

Il primo passo per guarire la ferita è riconoscerla, accettarla ed “accoglierla”.

Il secondo passo è riconoscere che la maschera, anche se sembra proteggerci, ci provoca più danni
e problemi della sofferenza che vuole nascondere. L’esempio che fa l’autrice è quello di una ferita
alla mano: la ferita guarisce quando la medichiamo, non quando nascondiamo la mano in tasca o
dietro la schiena. La guarigione avviene quando prendiamo contatto con la ferita, accettiamo il fatto
di aver sofferto e anche di aver provato rabbia verso chi ci ha fatto soffrire. A questo punto
possiamo sbarazzarci della maschera e concederci di essere noi stessi.

Può darsi che qualcuno giudichi l'approccio del libro troppo schematico o semplicistico o che non
condivida l'impostazione di partenza dalle filosofie orientali, può darsi, ma questo libro mi ha fatto
riflettere su me stessa e ho trovato che dice delle cose giuste, rapportate alle mie esperienze
dell'infanzia e adolescenza e anche quelle di molti miei amici...Ad esempio la mia ferita prevalente
nell'infanzia è stata quella dell'abbandono: ho interpretato le attenzioni costanti dei miei familiari
verso mio fratello che è disabile come abbandono nei miei confronti e mi sono riconosciuta adesso
nella maschera della persona dipendente...ovviamente non è l'unica ferita che ho sperimentato, ma è
quella che ha lasciato più tracce nel mio carattere e nella mia postura fisica.....

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