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stata definita come l’epoca delle passioni tristi. “Noi, malati di tristezza” diceva
un editorialista. Il futuro, che prima era ‘promessa’ ora è diventato ‘minaccia’.
Occorre, nuovamente, il Lieto Annuncio.
Un esempio di lieto annuncio l’abbiamo tra Maria e Elisabetta.
Occorre, prima ancora che la catechesi ( che è approfondimento e
maturazione), un primo annunzio della nuova e lieta novella che Dio ci ama.
Occorre ripensare il Vangelo e il modo di annunziarlo in questo contesto
culturale.
La dottrina cristiana, il kerygma, non può solo essere solo annunciato e
ritrasmesso tout-court, occorre qualcosa di prorompente, gioioso,
contagiante, che entri far parte del contesto e che dia risposte ai
problemi dell’uomo d’oggi:
Ad una certa ‘tristezza esistenziale’ dovuta anche all’insicurezza occorre
dare speranza gioia
La”frammentazione” abbisogna, richiama, l’esigenza del tutto, l’esigenza
di senso del tutto
La fredda ragione matematica e commerciale richiede una vitale e calda
ragione che apra orizzonti più ampi, fino all’escatologia.
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Capitolo 2 - Il progetto culturale come prospettiva pastorale (pp.31- 99) -
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Ogni uomo è inserito in una cultura e da essa dipende e su di essa influisce.
Ogni uomo è figlio e padre della cultura in cui è immerso: dunque la cultura ha
in sé la possibilità di accogliere la rivelazione divina.
Giovanni Paolo II afferma : “ Una fede che non diventa cultura è una fede
non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente
vissuta” .
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Capitolo 4 - Come dire il Vangelo all’uomo contemporaneo
ORIZZONTE PASTORALE
Dunque siamo in una situazione ‘inedita’.
Non siamo più in una situazione di cristianità sociale omogenea; ma neppure
c’è una forte estraneità nei confronti del cristianesimo come nel tempo pagano;
siamo in una situazione ‘sospesa’ (con retaggi storici positivi e negativi) che
non agevola la recezione del messaggio evangelico.
Siamo in una situazione in cui il fatto cristiano appare scarsamente
rilevante.
Il processo di secolarizzazione mette in discussione o fuori gioco o ‘fuori
ambiente’ il cristianesimo.
Assistiamo a una ‘marginalizzazione della fede’, una sorta di privatizzazione
della fede con scarsa incidenza fede nel progetto personale, sociale, politico,
economico, artistico, insomma “culturale”.
Non si può dire che siamo in un’epoca post-cristiana (sarebbe troppo) ci
sono ‘venature’ sensibili di cristianesimo, ma questa marginalizzazione e
privatizzazione delle fede richiede da parte della Pastorale una lucida riflessione
e una coraggiosa nuova svolta di impostazione.
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E’ cresciuto il numero dei non credenti, dei non praticanti, di chi non conosce
Gesù, degli indifferenti il tutto in una società più complessa.
E dunque?
Domande:
Quale la sfida pastorale in questa situazione? Come attuare,
concretamente, la nuova Evangelizzazione? Come incarnare
dunque il ‘Progetto culturale’ nel senso di inculturazione
dell’annuncio e del metodo dell’annuncio?
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all’arte, all’approccio scientifico, la ricerca filosofica, ecc…; ed è un primo
annuncio rivolto a chi non conosce Gesù, agli indifferenti, ai non credenti.
KERIGMA e ANNUNCIO
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IL LOGOS DENTRO LE PAROLE- - sono i prolegomena fidei -
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L’annuncio deve essere non solo detto, ma udito, e dunque udibile,
convincente, deve incontrare il cuore dell’uomo d’oggi. Non si può
nominare il nome di Dio invano. Sarebbe un Dio afono.
Oggi vacilla la calma del villaggio attorno alla chiesa, la compiutezza di una
città chiusa nei suoi bastioni, l’unità di una società centrata su istituzioni
riconosciute e intangibili… le antiche identità collettive si disintegrano.
Tutto questo prova un forte impatto anche sull’identità personale. Di fronte
a questa situazione occorre irrobustire l’identità, la personalità cristiana
e porsi in dialogo. Identità e dialogo sono i due pilastri costruttivi nella
situazione odierna. Il pensiero debole non dialoga, restringe la parola
all’immediato. Il dialogo ha bisogno di una sincera ricerca della verità.
La chiesa del passato ha saputo trovare con coraggiosa inventiva una prassi
pastorale e catechistica. E’ necessario il coraggio e la capacità di
innovazione che caratterizzò la stagione postridentina per una autentica
‘trasmissione della fede’ e una compiuta educazione cristiana. Di fronte poi
alla frammentazione si profila un’immagine della pastorale chiara e non
dispersiva, nello stesso tempo capace di percorsi articolati e differenziati.
C’è inoltre una minaccia che corrode la fede dall’interno: il teismo e la gnosi
che svuota il mistero centrale dell’incarnazione.
Occorrono COMUNITA’ CAPACI DI ACCOGLIERE - sono atteggiamenti
pastorali di una nuova prassi: non luoghi burocratici - non luoghi non luoghi
(dove si consuma), ma una comunità che accoglie, addirittura una comunità
che precede la domanda, è attenta ai bisogni, che va alla ricerca, sollecita.
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Anche gli ambienti parlano e creano atmosfera, si aprono all’incontro o si
chiudono muti, suscitano emozioni o disagio.
Non si deve lasciare spazio alle false alternative, ridurre cioè la sequela di
Gesù ad un avvenimento che ha luogo nel cuore, nelle menti, nel privato
delle relazioni interpersonali, e svuota così la croce di Cristo. In principio
era il Verbo, il verbo era presso Dio, il Verbo era Dio. Questo Verbo si è fatto
carne, tempo, storia.
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