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de Rome

Le acclamazioni a Cristo e alla Croce e la visione di Costantino


Margherita Guarducci

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Guarducci Margherita. Le acclamazioni a Cristo e alla Croce e la visione di Costantino. In: Mlanges de philosophie, de
littrature et d'histoire ancienne offerts Pierre Boyanc. Rome : cole Franaise de Rome, 1974. pp. 375-386. (Publications
de l'cole franaise de Rome, 22);

http://www.persee.fr/doc/efr_0000-0000_1974_ant_22_1_1687

Document gnr le 09/05/2016


Margherita Guarducci

LE ACCLAMAZIONI A CRISTO E ALLA CROCE


E LA VISIONE DI COSTANTINO

Nella rivista Byzantinoslavica del 1956, A. Frolow pubblic un


articolo intitolato () () (*). Quest'acclamazione alla
vittoria di Cristo, i cui primi esempi risalgono a suo giudizio al IV
al V secolo (2), mentre i pi recenti scendono al IX, ha le sue radici
egli afferma nell'antichit pagana. A quei tempi infatti il era
abitualmente usato per acclamare un vincitore, fosse questo un atleta
un sovrano. Per quanto riguarda i Cristiani, il Frolow pensa che
dall'acclamazione alla vittoria di Cristo si sviluppasse l'acclamazione alla
vittoria della Croce, che della vittoria di Cristo era stata strumento, e
che in tale sviluppo avesse una sua parte la celebre visione di Costantino
nell'imminenza della battaglia presso il Ponte Milvio: Cette pense
(cio della Croce, strumento della vittoria di Cristo) fut l'origine du
second groupe de l'acclamation affirmant le triomphe de la croix.
On reconnat cette formule, peut-tre ds la fin du IVe sicle, dans le
de la vision de Constantin; elle devait prendre, en tout cas,
un essor particulier partir du sicle suivant . E seguita citando alcune
varianti della formula costantiniana, da lui ritenuta staurologica, nelle
quali egli vede un'evoluzione della formula stessa.
Eecensendo un paio di anni dopo l'articolo del Frolow nel Bulletin
pigraphique, i Coniugi Robert ne accettarono le conclusioni e, per conto
loro, misero in evidenza anche maggiore i legami tra la formula cristiana
cristologica staurologica (essi non stabilirono fra le due alcuna
differenza) e la pi antica formula pagana: l'antique acclamation
agonistique a servi proclamer la victoire du Christ et de la Croix (3).
Questo giudizio non ha ricevuto, ch'io sappia, alcuna smentita fino ad

(x) A. Frolow, in Byzantinoslavica, 17, 1956, pp. 98-113.


(2) Oltre il V secolo non risale invece E. Peterson, , Gttingen 1926,
p. 155 (. sotto, p. 384).
(3) J. e L. Robert, in Revue Et. Gr., 71, 1958, p. 188 (= Bull, pigraphique, . 47).
Cfr. L. Robert, Ettules anatoliennes, Paris 1937, pp. 430 s.
376 MARGHERITA GUARDUCCI

oggi. L'ha confermato abbastanza recentemente anche J.-P. Eey Coquais


nel commento ad una epigrafe siriaca sulla quale dovr in sguito
tornare i1).
Per la verit, a me sembra che si sia fatta finora una certa
confusione fra Cristo, la Croce, il segno e relativo motto della visione di Co-
stantino. Penso perci che non sia inutile cercar di chiarire le cose; e sono
lieta di pubblicare questo chiarimento nel volume in onore di Pierre
Boy ance, cos benemerito dello studio di quella suggestiva et che segna
il passaggio dal paganesimo al Cristianesimo.
Prescindendo per ora dall'acclamazione pagana e dai suoi
eventuali legami con l'acclamazione cristiana, desidero fissare l'attenzione
su quanto il Frolow afferma circa l'acclamazione cristiana. Se ho ben
compreso le sue parole, egli ritiene che dall'acclamazione a Cristo sia
nata l'acclamazione alla Croce e che di questa seconda acclamazione i
primi esempi si trovino forse gi alla fine del IV secolo nel
della visione costantiniana.
Ma questo convincimento urta contro alcuni dati di fatto.
In primo luogo, il motto della famosa visione
attestato in et molto pi. antica della fine del IV secolo. Gi poco dopo il
330 Eusebio, vescovo di Cesarea, descrivendo nella Vita di Costantino
il prodigio avvenuto presso il Ponte Milvio alla vigilia della storica
battaglia (28 ottobre 312) e affermando di averne appreso il racconto dalla
viva voce dell'imperatore, tramanda che Costantino vide in cielo il
luminoso segno di Cristo (sull'aspetto di questo segno torner subito)
accompagnato dal motto (2). Ora poi possibile risalire anche pi
su del 330 circa, grazie ad un graffito del Vaticano. Alludo a un graffito
del famoso muro g , muro che fu incluso nel monumento costantiniano
in onore di san Pietro. Il graffito consiste in un segno di Cristo, del cui
aspetto mi riservo parimente di parlare, accompagnato dal motto hoc /
vin[ce], equivalente al greco , e certamente allusivo alla vittoria
di Costantino (3). Poich il monumento costantiniano fu costruito intorno

(x) J.-P. Rey-Coquais, Inscriptions grecques et latines de la Syrie, VI Paris 1967,


. 2835. V. sotto, pp. 385 s.
(2) Eusebius, Vita Const., 28, 2.
(3) M. Guarducci, I graffiti sotto la Confessione di San Pietro in Vaticano, Citt
del Vaticano 1958, II, pp. 14-33. La formula con l'imperativo (vince) sembra
confermata da un epitaflo romano di cui da notizia Giovanni Battista de Rossi (presso
J. B. Pitra, Spicilegium Solesmense, IV, Parisiis 1858, p. 518, nota 5): in hoc vince.
Nel testo, per, il de Eossi scrive vinces.
LE ACCLAMAZIONI A CRISTO E ALLA CROCE 377

al 315 poco dopo, ne risulta per logica necessit che i graffiti incisi in
un muro che fu incorporato nel monumento stesso sono anteriori a quella
data. Si dunque costretti a riconoscere che il motto della vittoria di
Costantino era noto a Eoma nella versione latina (questa pu anche essere
stata quella originale) gi subito dopo il celebre avvenimento.
In secondo luogo, il segno miracoloso che sarebbe apparso a
Costantino non deve essere inteso come la Croce. Anche qui non sar inutile
precisare. Poich anzi si tratta di un argomento di particolare importanza,
vorrei fermarmi su di esso con particolare attenzione.
Eusebio riteneva vero che quel segno fosse la Croce. Nella
Vita di Costantino, scritta, come ho detto, poco dopo il 330, egli afferma
che il segno apparso all'imperatore insieme al motto sarebbe
stato un luminoso trofeo di Croce ( -
) (*). Lo stesso, in sostanza, egli aveva gi detto nel 315, nella sua
Storia ecclesiastica (2). Parlando infatti della statua di Costantino eretta
nel Foro romano (per essere pi esatti, nella Basilica di Massenzio)
all'indomani della vittoria, egli era venuto a parlare anche del famoso segno.
Questo egli asseriva fu aggiunto alla statua per volont
dell'imperatore, insieme ad un'epigrafe da lui stesso dettata in latino. Mentre nel
testo dell'epigrafe latina, tradotta in greco da Eusebio, si parla
genericamente di un segno salutare ( , donde si pu
risalire a un salutare signum dell'originale perduto), Eusebio precisa per
conto suo che il segno era il trofeo della salutare passione (
), cio, evidentemente, la Croce (3).
Contro l'interpretazione di Eusebio si leva per una grave
difficolt. Il graffito del Vaticano, inciso a brevissima distanza
dall'avvenimento, presenta il suo hoc / vn[ce] non gi vicino ad una Croce ma
presso un monogramma cristiano (^J (Fig. 1); e, d'altra parte, l'identico
monogramma figura sull'elmo di Costantino nei medaglioni argentei

i1) Eusebius, loc. cit. Lo stesso Eusebio {op. cit., 3, 2) tramanda che Costantino
soleva farsi apertamente il segno della Croce. Per questo passo, cfr. F. J. Dolger,
in Jahrb. fr Antike und Christentum, 8-9, 1965-1966, pp. 47 s.
(2) Eusebius, Eist, eccl, 9, 9, 10.
(3) Traducendo in latino il passo di Eusebio, Rufino usa l'espressione veHllum
doviinicae crucis. Per la statua di Costantino, cfr. J. Gag, in Revue cVhist. et de philos,
religieuses, 1933, pp. 384-386 (il quale mette in dubbio, e non a torto, che il segno
della statua sia stato la Croce [v. sotto, p. 378, nota 2]).
378 MARGHERITA GUARDUCCI

coniati a Ticinum nel 315, in occasione dei Decenialia dell'imperatore


(Figg. 2-3) (i).
Le testimonianze congiunte del graffito del Vaticano e dei
medaglioni di Ticinum hanno senza dubbio un peso decisivo. Il graffito, oltre
ad essere molto antico (esso forse la prima allusione al prodigio di Ponte
Milvio), acquista grande importanza dal suo appartenere proprio
all'ambiente romano, un ambiente in cui le notizie dell'avvenimento erano
senza dubbio pi fresche e pi dirette. I medaglioni a loro volta, oltre a
vantare anch'essi una rispettabile antichit, dimo-
44 strano per essere documenti ufficiali approvati
. /) dall'imperatore da chi responsabilmente ne faceva
\ r \l le veci che il segno miracoloso era il )f(, e non gi
\ Vlki^- *a Croce. Sarebbe davvero impensabile che nel 315,
\ V I' p appena tre anni dopo la vittoria, il coniatore del
\ J S ff tipo monetale avesse posto in testa all'imperatore,
\ / cl consenso del medesimo, un simbolo diverso da
S^ quello che Costantino riconosceva come l'autentico
J \ segno rivelatogli da Cristo.
^ \ Bisogna dunque ritenere che questo autentico
Fig. 1 - Graffito ,segno
f, sia stato
il ^, cio
,. l'intreccio
4. ,^r delle
> due
^ prime
*
del VvricYNo lettere del nome greco di Cristo (). E inoltre
ragionevole ammettere che, come sull'elmo
dell'imperatore, cos anche nella statua a lui eretta in Roma dopo la vittoria
il ^ avesse il posto d'onore (2).
Ma qui sorge un dubbio. Perch gi nel 315, e poi poco dopo il 330 Eu-
sebio identific l'arcano segno con la Croce? Per risolvere la difficolt si
potrebbe osservare che una Croce ()x() implicita nel ^; ma sarebbe, questa,
una sottigliezza, perch nel ^ la Croce veramente un po' troppo
dissimulata (3). Pi ragionevole la soluzione proposta da Andreas Alfldi:
che cio Eusebio, vivendo in Oriente, in una zona lontana da quella in
cui le famose gesta di Costantino si svolsero, e abituato a sentire, a dire
e a ripetere egli stesso che la Croce il segno della vittoria di Cristo

(*) K. Kraft, in Jahrbuch fr Numismatik und Geldgeschichte, 5-6, 1954-1955,


pp. 151-178, taw. 11-12; P. M. Bruun, The Raman Imperial Coinage, VII, London
1966, pp. 364 s., n. 36, tav. 9 (cfr. pp. 61 s.). Il medaglione qui riprodotto (in calco)
appartiene alla Staatliche Mnzsammlung di Monaco, la cui Direzione mi ha
cortesemente inviato il suddetto calco.
(2) Che il segno della statua fosse il X aveva gi ammesso J. Gag (op. cit., p. 385).
(3) Su tale argomento, cfr. E. Stommel, in Km. Quartalschrift, 48, 1953, pp. 36-42.
LE ACCLAMAZIONI A CIUSTO E ALLA CUOCE 379

(Mnchen, Staatliche Mnzsammlung)


Fig. 2 - Medaglione di Ticixum (il busto di Costantino
COL SEGNO VITTORIOSO SULL'ELMO), DA CALCO.

Fi<f. 3 - I'ahticolake della . 2.


380 AIARGIIERITA GUARDUCCI

e della salute degli uomini, non abbia potuto concepire se non come
Croce anche il segno della vittoria costantiniana, ed abbia perci
commesso una facile confusione fra la Croce e il ^ (l).
Sempre rispetto ad Eusebio, un altro dubbio potrebbe sorgere. Anche
ammettendo che nel 315, quando parlava della statua di Costantino a
Eoma, egli non conoscesse esattamente il segno miracoloso e potesse
perci confonderlo con la Croce, come si spiega che dopo il 330, quando aveva
ricevuto dall'imperatore stesso (cos egli assicura) la conferma giurata
del racconto concernente il prodigio, come si spiega dicevo che nella
Vita di Costantino, scritta appunto dopo quell'incontro, egli abbia
seguitato a definire Croce il segno miracoloso? ]S"on doveva avergli detto
Costantino che il segno era il )^, e non gi la Croce?
L'ostacolo pu essere, a mio giudizio, facilmente superato. Eusebio
era fisso nell'idea della Croce. D'altra parte, non necessario credere
che Costantino gli abbia parlato in termini molto espliciti. Egli pu
benissimo avere alluso, come gi parecchi anni prima dettando l'epigrafe
per la propria statua, soltanto ad un segno salutare . anzi probabile
che, trattandosi di un argomento cos personale e delicato quale una
sua propria visione, avvenuta per di pi non pochi anni prima, egli abbia
voluto restare un po' nel vago. Eusebio avr cos potuto seguitare a
credere che quel segno fosse una Croce, e tanto pi facilmente perch questa
convinzione doveva gi aver fatto presa, come vedremo, su altri.
Ma, poi, che anche dopo il colloquio con Costantino il vescovo di
Cesarea seguitasse ad avere idee piuttosto confuse circa il segno
miracoloso e le vicende del prodigio risulta da ci che lo stesso Eusebio scrive
nella Vita di Costantino dopo aver parlato della visione. Egli continua
infatti a narrare (2) che Costantino, ancora sbigottito dal miracolo, ebbe
nella notte seguente una seconda visione. Cristo stesso gli apparve
recando il segno famoso e gli ordin di farne fare un'imitazione e di usarlo
come difesa contro gli attacchi dei nemici (
-). Costantino, svegliatosi, chiama i suoi orafi,
descrive loro l'immagine del segno ( ) e comanda
ch'essa sia riprodotta in oro e gemme. E qui Eusebio viene a descrivere

(x) A. Alfldi, in Pisciculi. Studien. . . Franz Joseph Dlger. . . dargeboten,


Mnster in Westfalen 1939 (= Antike und Christentum, Ergnzungsb. 1), p. 8.
(2) Eusebius, Vita Const., 1, 29-31.
LE ACCLAMAZIONI CRISTO E ALLA CROCE 381

il prezioso oggetto che, per concessione dell'imperatore, egli ha potuto


vedere coi suoi occhi nella reggia di Costantinopoli. Ma che cos'
quest'oggetto? Esso , stando al racconto di Eusebio, il labaro, il vessillo che guida
gli eserciti alla vittoria: un'asta rivestita d'oro, con una traversa da cui
pende un aureo drappo tempestato di gemme, e coi busti dorati
dell'imperatore e dei suoi figli. Ma il labaro, come tale, non il segno della
visione. Questo segno , invece, Eusebio, fisso nell'idea della Croce,
lo ravvisa idealmente nell'incrociarsi dell'asta con la sua traversa: -\~ .
Certo, un siffatto ragionamento tanto sottile da generare qualche
sospetto. chiaro inoltre che un labaro quale Eusebio lo descrive, coi busti
dell'imperatore e dei suoi figli, non pu certamente risalire all'epoca
della famosa visione, perch nel 312 i figli di Costantino, tranne
l'illegittimo Crispo figlio di Minervina, che divenne Cesare soltanto nel 317,
erano ancora in mente Bei. Si tratta perci di un oggetto eseguito pi
tardi, quando gi esistevano i tre Cesari (Costantino junior, Costanzo e
Costante), e probabilmente posteriore al trasferimento della sede
imperiale a Costantinopoli (330).
Lo schema cruciforme del labaro, e di quel labaro, non pu dunque
essere interpretato come riproduzione del segno miracoloso. Si noti, del
resto, che lo schema cruciforme era proprio non soltanto del labaro di
Costantino ma di tutti i vessilli degli eserciti romani.
E allora qual nel labaro il segno del miracolo? Eusebio stesso,
descrivendo il labaro, ha descritto veramente anche questo segno, senza
per attribuirgli quel rilievo ch'esso meritava. In cima (al labaro)
egli afferma era fissata una corona intrecciata di pietre preziose
e d'oro, in mezzo alla quale si vedeva il simbolo della denominazione
salutare, due lettere esprimenti il nome di Cristo col rho inserito nel
mezzo (
, - ,

). Egli afferma poi che questo segno l'imperatore prese a portare
sull'elmo anche nei tempi successivi (
- ). questo il /j\, che infatti
compare sull'elmo di Costantino nei medaglioni argentei del 315: il segno
veramente caratteristico, il cui legame con la visione di Costantino
confermato senza possibilit di dubbio dal graffito del Vaticano.
Eusebio dunque mise non giustamente in evidenza il normale schema
cruciforme del labaro, a scpito del vero segno salutare che al labaro
stesso conferiva dignit e potenza: il /^. Si noti, del resto, che secondo
lo stesso Eusebio proprio il segno ^ era sul labaro circondato
382 MARGHERITA GUARDUCCI

da una corona preziosa d'oro e di gemme, corona che di per se stessa


indicava di quel segno e la suprema nobilt e la forza vittoriosa.
A conferma che l'elemento principale del labaro era davvero il ^,
si possono ricordare anche certe monete di Costanzo II (337-361) e di
Vetranione (350), nelle quali sul drappo del labaro campeggia il
prodigioso y^, mentre intorno si leggono le parole hoc signo victor eris,
evidente variazione del motto hoc vince (o, grecamente, ) che
aveva accompagnato la vittoria presso il Ponte Milvio (x).
Come segno della visione dev'essere dunque considerato il )^. A
un certo momento per, e poi sempre pi spesso, questo segno fu, nella
convinzione dei Cristiani, sostituito dalla Croce.
In che modo potremo spiegare questo passaggio? Ad esso possono
aver contribuito (non lo nego) la Croce (X) dissimulata nel )^ e anche
la diffusione del racconto di Eusebio, persuaso, come si visto, fino dal
315 che la Croce fosse il segno miracoloso. A me sembra tuttavia che
elemento determinante in quel passaggio sia stato l'equivalenza del N^
ad un altro monogramma cristiano che ancora pi palesemente del
y^ presenta e il nome di Cristo e la Croce. Alludo alla Croce
monogrammatica (~f~) segno gi noto accanto al ^ nel corso del III secolo (2).
Questo segno era anch'esso, in sostanza, una sigla costituita dalle
due prime lettere del nome . Esso nasceva infatti da X (nesso
di X e di f5 ), attestato sia nelle iscrizioni pagane sia come
monogramma di Cristo nelle iscrizioni cristiane (3). Girato di 90 gradi, esso
era divenuto -f-, un segno che, pur restando sigla di Xp (), evocava
immediatamente l'idea della Croce. Poich dunque il segno -f equivaleva
al /K, era facile che, riferendosi alla visione costantiniana, si cominciasse
a scambiare fra loro i due segni; e poich, come ho detto, il -f~ evocava
l'immagine della Croce e, d'idra parte, la Croce era considerata da tempo

(x) Per Costanzo II, cfr. H. Cohen, Mdailles impriales, VII, Paris 1888, p. 461,
. 142. Per Vetranione, Id., op. cit., VIII, Paris 1892, p. 4, nn. 4-6; A. Alfoldi, op.
cit., p. 7, tav. 1, 1; M. Guarducci, op. cit., pp. 23 s., fig. 2.
(2) Cfr. M. Guarducci, op. cit., pp. 91 s.
(3) Esempio pagano: J. R. Sitlington Sterre tt, The Wolfe Expedition to Asia
Minor, Boston 1888 (= Papers of the Amer. School of Class. Stud, at Athens, III),
p. 90, n. 150. Esempi cristiani: W. M. Calder, Mon. Asiae Min. ant., I, Manchester
1928? n. 176 (Laodicea Combusta); M. Cagiano de Azevedo, in Not. Scavi, 1952, p. 254,
fig. 2 (Roma). Un altro esempio (inedito) si trova a Roma tra i graffiti cristiani sotto
la chiesa di Santa Prisca sull'Aventino. La parentela fra X e -f- indicata, ma senza
commento, da M. Sulzberger, in Byzantion 2, 1925, p. 383, nota 1. Non si pu escludere
che nella formazione del -f abbia avuto parte il segno egizio -f- (ankh), simbolo di salute.
LE ACCLAMAZIONI A CRISTO E ALLA CROCE 383

come il segno per eccellenza salutare e vittorioso, era altrettanto facile


che si verifcasse, almeno in certi casi, la convinzione essere proprio la
Croce il segno miracolosamente apparso a Costantino.
Questa mia ipotesi del passaggio dal ^ alla Croce (~j~) attraverso
la Croce monogrammatica (~f~) trova chiara conferma nelle parole con
le quali Lattanzio, nel De mortibus persecutorum, descrive a sua volta il
miracolo di Ponte Milvio (x). Nell'imminenza della battaglia egli
afferma Comwionitus est in quiete Constantinus, ut caeleste signum Dei
notaret in scutis atque ita proelium committeret. Facit ut iussus est et
transversa ^ littera, summo capite circumflexo, Christum in scutis nott.
Quo signo armatus exercitus capii ferrum. Lattanzio sa di una sola visione,
non di due come Eusebio. Quanto poi alla sua descrizione del segno,
che tanto inchiostro ha fatto versare agli studiosi, era a mio giudizio
perfettamente nel vero il dottissimo e compianto Pio Franchi de'
Cavalieri quando la spiegava cos: un chi posto di traverso, obliquo (-]-)
la cui asta verticale arricciata in punta (summo capite circumflexo) forma
un rh; dunque -f- (2).
La descrizione di Lattanzio segna quindi una tappa intermedia
nella evoluzione dal /^ alla Croce e da perci (sia notato per incidens)
un elemento nuovo al problema della data da assegnarsi al De mortibus
persecutorum. Delle due ipotesi proposte (o 314/5 317-321) chiaro
infatti che la seconda sembra, ora, preferibile.
Tornando allo scritto del Frolow e alla sua convinzione che il motto
costantiniano ) compaia soltanto verso la fine del IV secolo e
che il segno della visione debba essere ravvisato nella Croce, credo di avere
invece dimostrato che il primo ricordo del motto risale, a Eoraa, ad et
di pochissimo posteriore alla vittoria presso il Ponte Milvio (28 ottobre
312) e che l'autentico segno era non gi la Croce ma il )fC
Veniamo ora all'altra convinzione del Frolow, condivisa dai
Coniugi Robert e da altri, che le acclamazioni () e
siano collegate al motto della visione di Costantino e che,
d'altra parte, discendano insieme con esso dalle acclamazioni pagane.
Riguardo ai legami col motto di Costantino, dir anzitutto che i
suddetti studiosi hanno trascurato di porre nel giusto rilievo la differenza
sostanziale fra il del motto costantiniano e il delle

it Lactantius, De mortibus persecutorum, 44, 4 s.


(2) P. Franchi de' Cavalieri, Constantiniana, Citt del Vaticano 1953 (= Studi
e Testi, 171), p. 9.
384 MARGHERITA GUARDUCCI

zioni a Cristo e alla Croce. ]S"el motto si tratta infatti di un imperativo


(), rivolto a Costantino e preceduto dal pronome ( = tu [,
Costantino,] vinci con questo [segno] ) (x). ielle acclamazioni si tratta
invece di un presente indicativo () preceduto da un nominativo (
, , ), nel senso di Ges Cristo ( Cristo) vince
la Croce vince . Mentre il un comando e, insieme, un
solenne annuncio, lo () invece una
dichiarazione e, insieme un'acclamazione. I due concetti sono,
evidentemente, molto diversi l'uno dall'altro.
Con tutto ci fra il motto accompagnato, come si visto,
dal /^, e le formule acclamatorie a Cristo e alla Croce, un legame ci fu
realmente. Sembra anzi (lo spiegher subito) che quelle formule siano nate
proprio dal motto costantiniano; se pure non immediatamente ma dopo
quasi un secolo.
Chi si sobbarchi alla fatica di passare in rassegna gli innumerevoli
esempi di () e di , non ne trover
nemmeno uno che possa essere datato a prima della visione costantiniana.
E infatti i pi antichi esempi risalgono al massimo alla fine del IV
secolo (2). L'arcana suggestione di quanto si narrava intorno al prodigio
avvenuto presso il Ponte Milvio e la clamorosa conferma che ognuno
poteva ravvisarne nella vittoria e nel crescente potere di Costantino
fecero s che il segno e il motto del miracolo si diffondessero largamente
ed acquistassero un sempre pi grande valore profilattico. Il graffito del
Vaticano dimostra, come si visto, che segno e motto erano all'indomani
della vittoria gi perfettamente noti a Eoma. Mentre poi il ^ cedeva
sempre pi spesso alla Croce monogrammatica (~f~) e alla Croce vera e
propria (-f- -j~), anche il motto (nella versione greca e in quella latina)
subiva qualche variazione. Attenuatosi e poi svanito il ricordo dell'ordine
dato da Cristo a Costantino, il (parlo qui del solo motto greco)
si cambi talvolta in , con riferimento al segno ( questo

(*) Tutti i codici della Vita di Costantino hanno si noti (non ).


Nel cod. Mosco viensis (J) lo scritto sopra una rasura.
(2) Fra i pi antichi esempi a me noti della formula sono
quelli che furono rinvenuti in Egitto presso il santuario di san Menas (C. M.
Kaufmann, Zur Ikonographie der Menas- Ampullen, Cairo 1910, p. 170). Al IV secolo crede
di poter risalire, con altri argomenti, anche F. J. Dolger, in Antike und Christentum,
I, Mnster i.W. 1929, p. 25.
LE ACCLAMAZIONI A CRISTO E ALLA CROCE 385

[segno] vince (*). D'altra parte, il segno (o ^ ~f~ -j- ""j"") enunciato
per esteso (, ), pot determinare rispettivamente le
formule () .
L'acclamazione cristiana mette dunque capo alla visione di
Costantino e al suo . Viene perci ad essere infirmata l'idea, del
Frolow, dei Coniugi Robert e di altri, che il dei Cristiani sia
direttamente derivato dal dei pagani. Fra i due c' infatti di mezzo,
come ho detto, il della visione costantiniana, il quale col
dei pagani non ha la minima attinenza. Si potr dire pertanto, al massimo,
che il cristiano venne a coincidere col pagano.
Da ultimo, vorrei fermarmi un istante sull'epigrafe siriaca di cui
sopra ho parlato. un'epigrafe di Ba'albek, tracciata a minio sulla parete
del cosiddetto tempio rotondo (2). Essa gravita intorno ad una Croce latina
compresa in un cerchio. Ecco come, schematicamente, la riporta l'ultimo
editore, Jean-Paul Rey-Coquais:

Ed ecco in che modo egli la traduce e la commenta: Le Christ est


vainqueur par ce signe (de la croix). Acclamation chrtienne voquant
la fameuse vision de Constantin la bataille du pont Milvius. La formule
la plus frquente est , avec le pronom au nominatif: ' ce signe
est vainqueur ' .
C' qui, come si vede, la confusione cui sopra ho accennato fra il
del motto di Costantino e il della posteriore acclamazione
cristiana. Inoltre non giusto affermare che la formula pi frequente sia
. Nel nostro caso, se si volesse ammettere una reminiscenza
del motto costantiniano, bisognerebbe leggere , staccando
questa frase da , che allora starebbe a s, come una specie di
apposizione alla Croce. Ma se, come sembra pi probabile, si vuole fare
delle tre parole una sola frase, bisogna prescindere dalla visione costan-

(x) La formula si trova gi alla fine del IV secolo su ampolle fittili


raccolte presso la venerata tomba di san Menas (C. M. Kaufmann, op. cit., pp. 169 s.).
Su queste ampolle, che i pellegrini riempivano di acqua salutare sgorgata presso il
sepolcro del Santo, la formula accompagna l'immagine del labaro. Talvolta lo scambio
fra omikron e omega, comune nella tarda et imperiale, fece s che si scrivesse
per .
(2) V. sopra, p. 376 e nota 1.
386 MARGHERITA GUARDUCCI

tiniana e intendere, appunto come traduce il Bey-Coquais, Le Christ


est vainqueur par ce signe . Se ci giusto, ne risulterebbe un ulteriore
concetto: ' Cristo vincitore per mezzo della Croce '.
Eicapitolando quanto ho detto fin qui, credo che si possa
concludere in questo modo. Il motto della visione costantiniana
(in latino, hoc vince), associato dapprima alla sigla di Cristo ^ e poi
alla Croce, dette luogo, evolvendosi, a varie acclamazioni cristiane:
() , , (cio il nome di Cristo,
la Croce) . Se poi giusta la lettura dell'epigrafe di Ba'albek,
, una nuova sfumatura si aggiungerebbe ai precedenti concetti.
Infine, si pu osservare che, trasformatosi il in e il comando
rivolto a Costantino divenuto acclamazione a Cristo e alla Croce,
quest'acclamazione venne a coincidere, per la sua struttura, con le
acclamazioni pagane agli atleti ai sovrani vincitori.

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