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numero 3 anno VI 22 gennaio 2014


edizione stampabile

Luca Beltrami Gadola


EXPO: UN AMBASCIATORE INDECOROSO
Pietro Cafiero
IL NUOVO REGOLAMENTO EDILIZIO: GIUDIZIO SOSPESO
Andrea Boitani
ATM TRENORD INSIEME? MEGLIO UNA PROGRAMMAZIONE
UNICA
Valentina Magri
"VITA VISSUTA". UN EX IMPRENDITORE: COS LA CRISI MI HA
CAMBIATO LA VITA
Elena Grandi
VIE D'ACQUA: EXPO, COMUNE, COMITATI E ASSOCIAZIONI. UN
ACCORDO POSSIBILE?
Arturo Calaminici Valeria Molone
PIANO TERRITORIALE DELLA PROVINCIA DI MILANO 2013:
UNANATRA ZOPPA
Giulia Mattace Raso
MILANO COME AMBURGO O BERLINO? CELO, CELO, MANCA
Andreas Kipar
MILANO CHE CAMBIA: OLTRE LARREDO URBANO
Michele Sacerdoti Piero Gianni
REGOLAMENTO EDILIZIO E LA MILANO PERICOLANTE
Franco Rainini
ABBARBICARSI A UN ALBERO E NEGARE TUTTO IL RESTO?
VIDEO
STEFANO BOERI:
LA NUOVA COLLOCAZIONE DELLA PIET RONDANINI
SUGGERIMENTO MUSICALE
Manel canta ELS GUAPOS SN ELS RAROS
RUBRICHE DI ATTUALIT
CINEMA - Anonimi milanesi
MUSICA - a cura di Paolo Viola
ARTE - a cura di Virginia Colombo
LIBRI - a cura di Marilena Poletti Pasero
SIPARIO - E. Aldrovandi - D. G. Muscianisi

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EXPO: UN AMBASCIATORE INDECOROSO


Luca Beltrami Gadola
Fa raccapriccio che Roberto Maroni
abbia iniziato il suo giro promozionale,
pomposamente
chiamato
World Expo Tour, come ambasciatore lombardo di Expo. Chiunque si
poteva mandare in giro per il mondo
ma non lui e le ragioni sono tante: di
natura politica, di natura culturale e
per finire, ma le riassume tutte, di
poca o nulla affinit con il tema e lo
spirito che dovrebbero sostanziare
la manifestazione "Expo 2015 Nutrire il pianeta. Energia per la vita"
La sua elezione a Governatore della
Lombardia, dovuta allalleanza assolutamente strumentale con il Popolo delle Libert, che non poteva
certo ripresentare un candidato uscente plurinquisito, stata un misto di pasticci, di alleanze improprie
e di listine di disturbo frutto di vane
ambizioni elettorali. Le vicende degli
ultimi tempi, luscita della Lega dal
Governo e il distacco dei deputati
del Popolo della libert confluiti nel
Nuovo Centrodestra, con le inevitabili ripercussioni locali, completano
lo scenario, dandoci un Governo
regionale di fatto poco o nulla rappresentativo della Regione. La debolezza di Maroni sta anche nella
scarsa rappresentativit nazionale
della Lega che, se dovesse passare
lidea di uno sbarramento al 5%, rischia di scomparire dal Parlamento.
Questo per quanto riguarda laspet-

to politico in senso stretto del nostro


ambasciatore.
Mentre Maroni si accingeva a partire per la Catalogna, a lui cara soprattutto per lo spirito secessionista,
il segretario del suo Partito andava
sotto braccio con Marie Le Pen e la
Lega si dedicava al suo sport preferito: il furore razzista misto a un becero provincialismo antieuropeo e
anti moneta unica cio il vecchio
inesauribile repertorio di chi non sapendo nemmeno da che parte si
cominci a risolvere i propri problemi
ne vede tutte le cause nei diversi e
fuori dai propri confini. Confini che
in tutti i sensi, geografico, etnico e
culturale sono invece quelli di Expo.
Ma il nostro Maroni, inossidabile,
incontra il presidente catalano Artur
Mas, e con lui rinverdisce lAssociazione dei Quattro motori dEuropa
(Baden Wrttemberg, Rhne Alpes,
Catalogna e Lombardia) nella versione a lui pi cara: i quattro ricchi
dEuropa devono allearsi tra di loro
per pretendere maggior rispetto
delle proprie esigenze economiche
dalle autorit europee.
Il motto europei quando ci fa comodo. Coerenza.
Quanto allaffinit col tema, dalle
sue dichiarazioni catalane, sembra
proprio che Maroni coltivi la deriva
peggiore che serpeggia tra gli organizzatori di Expo: trasformarla in un

mercatone alimentare, fatto di specialit locali, nella fattispecie secondo la Lega e magari negli spazi riservati alla Lombardia, i pizzoccheri,
i cappelloni, i casonsei, il risotto con
le rane - buono anche per il Sud est
asiatico - la cassoeula e per finire la
polenta taragna. La sua cultura va
poco oltre e forse non si accorge
nemmeno che la sua Expo nel
frattempo si sta trasformando in una
gigantesca vetrina turistica per i Paesi espositori o per quelli, ancora
pi furbi, che considerano il turismo
in Italia il lascito migliore di Expo: si
comprano le compagnie aeree e gli
alberghi e magari qualche griffe.
Dopo gli spaghetti, il mandolino e
ahim la P38 non dobbiamo rassegnarci ad una identit/paese fatta di
cuochi, camerieri, commessi, hostess, stewards forse piloti e i pi
colti, usciti dalluniversit, guide turistiche.
Noi ci aspettavamo come lascito
qualcosa di diverso, che ne so, un
ingresso a pieno titolo nel programma comunitario Europa 2020,
Milano i nelle lista delle Smart Cityes, un ruolo nella politica mondiale
della nutrizione.
Ma se questo il nostro ambasciatore

IL NUOVO REGOLAMENTO EDILIZIO: GIUDIZIO SOSPESO


Pietro Cafiero
in fase di approvazione il nuovo
Regolamento Edilizio del Comune di
Milano. Quello attualmente in vigore
risale allottobre del 1999. Il primo
invece del 1876. Mi pare opportuno ricordare con una breve - e semplificata - panoramica la storia del
Regolamento Edilizio a Milano. In
principio esisteva la Commissione di
Ornato, istituita da Napoleone nel
1807, composta da personalit autorevoli come il Cagnola e il Canonica, col compito di vigilare sui progetti edilizi dal punto di vista estetico e tecnico. di quegli anni la redazione del Piano Napoleonico che
non verr per attuato. Nel 1834
viene istituito il regolamento di Abitabilit, mentre la Giunta Beretta
(che si dimette nel 1867) approva il
Codice Igienico Edilizio. Come accennavo, il primo Regolamento Edilizio viene approvato nel 1876 a sostituzione della Commissione di Ornato che non aveva giurisdizione sui
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Corpi Santi. I successivi RE saranno spesso legati alle vicende dei


vari PRG.
A luglio dello scorso anno stata
pubblicata una bozza del nuovo
strumento che stata sottoposta al
vaglio di chi a vario titolo si occupa
di edilizia in citt. stata anche
creata una commissione ad hoc dal
nome wertmulleriano: Commissione
Interprofessionale per i rapporti con
le Istituzioni.
Da molte parti, commissione compresa, sono giunte numerose perplessit sui contenuti di questo nuovo Regolamento Edilizio. In larga
parte le condivido. Prover a riassumerle, integrandole con alcune
mie riflessioni nate dalla lettura della
bozza e dal confronto col precedente RE, quello del 1999.
Qualche dato: il precedente RE era
composto da 136 articoli per 72 pagine (83, compresi gli allegati). La
bozza del nuovo consta di 150 arti-

coli pi gli allegati e altri 15 articoli


relativi alle fognature, per un totale
di 136 pagine. Un chiaro esempio di
semplificazione normativa!
Ma non si giudica un libro dalla copertina e quindi proviamo a entrare
nel merito. Una cosa salta subito
allocchio. Il precedente RE dava
precedenza agli aspetti normativi e
alle definizioni rispetto agli elementi
procedurali e burocratici. Per dire, le
esclusioni della SLP venivano trattate allart.10 a pagina 12 e le scale
trovavano spazio allart.30 (pag.
23), mentre le modalit di intervento, gli articoli sulle procedure e sui
provvedimenti erano relegati nella
seconda parte del RE. Se confrontiamo tutto questo con la bozza ci
accorgiamo che di SLP si parla
nellart.75 a pagina 50 mentre
larticolo sulle scale (art.90) scivolato a pagina 62. Ovviamente il ribaltamento completo, perch i
primi articoli sono riservati alle pro2

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cedure, allo Sportello Unico per


ledilizia, alla modulistica e a tutti gli
aspetti burocratici che rendono migliore la qualit della vita professionale - e non solo - a noi tecnici.
La logica vuole che si mettano per
prime le cose pi importanti. In una
legge, in una relazione, in tutte le
cose della vita. Questo, a mio parere, tradisce limpostazione generale
del nuovo RE, frutto di una riscrittura per aggiustamenti e modifiche
stratificate di quello attuale, ma redatta con la retorica asiana e la prosopopea paternalistica del legislatore, pi che col linguaggio asciutto e
univoco del tecnico. Sar un caso,
ma sia il Sindaco che lAssessore
allUrbanistica di mestiere fanno gli
avvocati .
Se pensate che questo sia solo un
aspetto marginale e superficiale del
problema, vi segnalo che in un convegno organizzato ad ottobre 2013
da INARCH Lombardia un tecnico
comunale che ha partecipato alla
scrittura del RE ha confermato che il
RE stato scritto per tutelare dalle
interpretazioni il personale del Comune e dunque non stato pensato
per i professionisti o per la citt.
Se allart.10 il vecchio (ma al momento vigente) RE parlava di SLP,
nella bozza lo stesso posto riservato alla manutenzione e revisione
periodica delle costruzioni. Sorvoliamo - e il verbo non scelto a caso - sul paragrafo che determina
una forte discriminazione ornitologica, e concentriamoci sul punto 6,
che dice che gli edifici pi vecchi di
30 anni dovranno essere sottoposti
a una verifica dellidoneit statica di
ogni loro parte secondo la normativa vigente alla data del collaudo che
dovr essere certificata da un tecnico abilitato. Questa verifica andr
poi ripetuta ogni 15 anni pena la
perdita dellagibilit del fabbricato. E
se tutto questo a tutela
dellincolumit delle persone, va segnalato che ci comporter spese e
disagi per i proprietari. Mi chiedo se
larticolo si applichi anche per le
propriet comunali o per queste sar ammessa una eccezione visto
che gi nel primo articolo del nuovo
RE si dice che per i soli edifici pub-

blici o di interesse pubblico si pu


andare in deroga al RE stesso. S,
avete capito bene, il Regolamento
Edilizio vangelo, ma solo per noi
comuni mortali .
Volete altri esempi? Molte perplessit ha sollevato lart.12 (siamo a ridosso della top ten) che si occupa
di Sale Pubbliche da Gioco, ovvero di quei surrogati dei casin che
ospitano le macchinette mangiasoldi. Questi locali dovranno essere
posti a non meno di 200 metri da
scuole, chiese, ospedali e luoghi di
particolare valore civico e culturale.
Ma non dato di sapere chi deve
fare misure e verifiche. Immagino
che lonere della prova tocchi al
tecnico privato e quindi gi mi immagino frotte di architetti che armati
di attrezzi da censimento e chilometriche bindelle si muoveranno
allinterno di raggi virtuali di 200 metri, battendo ogni citofono o vetrina
alla ricerca di sedi di associazioni e
altri luoghi da tutelare. Il paradosso
che se io localizzo su una mappa
di Milano tutti quei luoghi menzionati
dallarticolo e per ognuno di essi
traccio un cerchio di 200 metri di
raggio con origine nel luogo stesso,
probabilmente vado a coprire tutto il
territorio comunale.
Sicuramente io sono fazioso, polemico e capzioso. In realt il nuovo
RE migliora molti aspetti, tutelando
la qualit della vita dei cittadini. Basta vedere lattenzione che riservata alle tematiche della sostenibilit e dellecologia. Avete ragione.
Seguitemi fino a pagina 65 della
bozza, art.97. Lalloggio minimo (il
monolocale) non pu essere inferiore ai 28 mq. Allart.98 si dice che le
dimensioni minime di una camera
singola sono di 8 mq e di una doppia o matrimoniale sono di 12 mq. Il
vecchio RE prevedeva (art. 35 e 36)
valori di 30 mq per lalloggio minimo
e rispettivamente 9 e 14 metri quadri per le camere. I pi maligni dicono che questa diminuzione serve
per mettere in regola molti alloggi di
propriet comunale. In realt noto
che si vive meglio in case pi piccole.
Non vorrei soffermarmi sullarticolo
11 che parla di edifici abbandonati,

ovvero tutti quelli per cui basta che


solo il 10% dello stesso non venga
utilizzato o manutenuto per 5 anni.
Perch nella piccola palazzina in cui
abito lultimo piano ancora invenduto dopo ben pi di 5 anni dalla
sua ultimazione e non vorrei che il
Comune lo trasformasse in un centro sociale .
Credo di avervi annoiato a sufficienza. C per una questione di fondo,
ben evidenziata dallOrdine degli
Architetti di Milano. La legge regionale 12/2005 dice chiaramente che
il Regolamento Edilizio non deve
contenere norme di carattere urbanistico che incidano sui parametri
urbanistico / edilizi previsti dagli
strumenti della pianificazione comunale. In buona sostanza il RE e il
PGT si occupano di materie diverse
e devono essere evitate sovrapposizioni e richiami per cui uno strumento vada interpretato utilizzando
laltro. Nella bozza del RE sono state inserite disposizioni che hanno
indubbia natura di disciplina urbanistica e che, come tali, andrebbero
riservate allo strumento urbanistico.
Allo stesso modo appare discutibile
richiamare in modo diretto nel RE
disposizioni di legge che magari
possono poi essere modificate o
abrogate.
Un RE dovrebbe contenere norme e
prescrizioni chiare, non soggette a
interpretazioni. Dovrebbe essere
asciutto nel linguaggio e di facile
consultazione. Non dovrebbe essere contaminato da auspici e considerazioni politiche o da velleitari filosofismi. Al limite questi aspetti dovrebbero stare nel Documento di
Piano del PGT. Mi stupisco a leggere nel RE frasi come Allo scopo di
favorire una migliore qualit della
vita, anche delle generazioni future
o che il Comune favorisce, promuove. Questioni di forma, ma che
sottintendono questioni di sostanza.
Il Regolamento Edilizio uno strumento delicato perch ha un influenza determinante sulla morfologia
urbana, forse pi dello strumento
urbanistico. E quindi va trattato con
attenzione e con rispetto. Da chi ne
responsabile, in primis.

ATM TRENORD INSIEME? MEGLIO UNA PROGRAMMAZIONE UNICA


Andrea Boitani
Lazienda unica per la gestione di
tutti i servizi di trasporto regionali,
che siano urbani o extra-urbani, che
siano su gomma o su ferro o lacuali
il nuovo oggetto trendy nel dibattito infinito su un settore in crisi per-

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manente da molti anni. In Lombardia ha rilanciato lidea il governatore


Maroni nellautunno scorso sotto
forma di fusione tra lATM di Milano
e Trenord (la cui propriet divisa
al 50% tra Regione Lombardia e

Trenitalia). Vista laccoglienza ufficialmente buona e nei fatti tiepida


da parte del Comune di Milano
(proprietario di ATM), di recente Maroni tornato alla carica chiedendo

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non pi la fusione ma la creazione
di una holding.
Le motivazioni ufficiali dellazienda
unica regionale che essa consentirebbe la razionalizzazione dei
servizi, lintegrazione tariffaria e la
realizzazione di economie di scala e
di scopo, che verrebbero inevitabilmente perdute qualora venisse
mantenuta lattuale frammentazione
proprietaria e gestionale tra aziende
diverse. Frammentazione che, peraltro, metterebbe in condizione di
svantaggio competitivo le aziende
italiane nel mercato europeo dei
servizi di trasporto. Si tratta di motivazioni serie, ma che non possono
essere accettate senza una discussione altrettanto seria.
Innanzitutto,
non
credo
che
leliminazione di inutili duplicazioni
di servizio tra gomma e ferro (ma
anche allinterno della gomma) possa essere realizzata solo mediante
lazienda unica regionale. Le competenze in materia sono delle regioni, in sede di programmazione e di
finanziamento dei servizi; quindi la
razionalizzazione pu essere ottenuta anche in presenza di una molteplicit di gestori. Altrettanto si pu
dire dellintegrazione tariffaria, in
particolare considerando le enormi
possibilit aperte dagli sviluppi
dellInformation Technology, come
le molte esperienze estere e qualche esperienza nazionale hanno
dimostrato.
Lesempio della Greater London
forse il pi rilevante, sotto questo
profilo: Il TfL (Transport for London)
responsabile della programmazione e dellintegrazione tariffaria dei
servizi su gomma e su ferro, ma gestisce direttamente solo la metropolitana (la rete pi estesa dEuropa).
Gli autobus sono gestiti da compagnie private che siano state capaci
di aggiudicarsi gare periodiche, linea per linea. Nel corso del tempo,
il numero degli operatori si ridotto
e i grandi player nazionali e internazionali detengono ciascuno ampie
quote del mercato londinese. Ma il
Greater London Council non ha mai
neppure
provato
a
costituire
ununica grande azienda regionale, n a disegnare un lotto unico
di servizi.
I grandi operatori sono cresciuti nel
mercato, soprattutto fuori di Londra,
senza bisogno di un disegno colbertiano di politica industriale. Tra
parentesi, anche i servizi ferroviari
extra-urbani della regione londinese
(il Sud-Est dellInghilterra) sono gestiti da imprese diverse che abbiano
vinto gare. Quindi, non solo non c
unimpresa unica gomma-ferro, ma
non c neanche ununica impresa
del ferro. Ma la razionalizzazione e

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lintegrazione tariffaria (almeno dei


servizi dellarea metropolitana) non
ne hanno sofferto; anzi il TfL ha ottenuto risultati di qualit impensabile
in qualsiasi realt metropolitana italiana, nonostante il grado di complessit infinitamente maggiore, in
ragione delle dimensioni delle reti.
E veniamo alle economie di scala e
di produzione congiunta. Naturalmente esse vanno valutate caso per
caso. Gli studi empirici condotti nel
corso degli anni mostrano come solo le economie di densit (riduzione dei costi unitari allaumentare
della produzione nellambito della
stessa rete) siano effettivamente
ottenibili, soprattutto nei servizi urbani. Tuttavia, anche per le economie di densit potrebbe esserci
uninversione della pendenza nella
curva dei rendimenti, con una densit ottima massima. Quanto alle economie di dimensione (riduzione
dei costi unitari allaumentare della
dimensione della rete servita) e a
quelle di scopo (riduzione dei costi
unitari allaumentare del livello di
produzione grazie alla gestione
congiunta di due o pi servizi) si
pu dire che siano presenti solo nel
breve periodo e che tendano a svanire nel lungo (1). Le figure seguenti
mostrano come i costi orari unitari
del trasporto locale su gomma siano
crescenti al crescere della dimensione: segno evidente di diseconomie di scala e non di economie di
scala.
Vi sono, inoltre, evidenze convincenti che le megafusioni a freddo
tendono a far crescere il costo del
lavoro, che si allinea al livello pi
alto tra quelli delle imprese che si
fondono, grazie anche al rafforzamento del potere sindacale susseguente alla fusione (il che, forse,
spiega perch i sindacati siano in
genere molto favorevoli alle aziende
uniche). dubbio che la formazione
di una holding (come recentemente
suggerito dal Presidente Maroni per
ATM e Trenord) al posto di una fusione faccia molta differenza sotto
questo profilo. In un modo o
nellaltro, Trenitalia allargherebbe la
sua sfera influenza dal ferro alla
gomma, dopo aver acquisito (tramite la controllata BusItalia - Sita
Nord) lATAF di Firenze, aver tentato la scalata a GTT di Torino ed essendo invocata in Liguria per salvare la pericolante AMT di Genova,
oltre che vincitore annunciato della
gara per lintero servizio ferroviario
dellEmilia Romagna (in consorzio
con la controllata regionale TPER).
Il mio amico Mario Sebastiani,
dellUniversit di Roma II ha definito
questo il ruolo implicito di supplenza che Trenitalia ha finito per svol-

gere rispetto alle regioni e (entrando


nel trasporto urbano) ai comuni;
ruolo
improprio
che
deriva
dallessere un soggetto forte e attrezzato (e capace, alla fine di assicurarsi i finanziamenti pubblici), a
fronte invece della poca capacit
amministrativa, organizzativa e di
coordinamento degli enti territoriali.
Comunque la si metta, il ricorso ad
affidamenti
ingiustificatamente
grandi unammissione di fallimento da parte dei concedenti (2).
Infine, ma non perch sia meno importante, le societ uniche regionali
(in compropriet o meno con Trenitalia) e laffidamento di grandi lotti di
servizio intermodali (o addirittura di
lotti unici regionali) hanno un ruolo
anti-concorrenziale assai marcato.
Chi pu garantire che le future gare
non verranno disegnate in modo
che gli unici vincitori possibili siano i
nuovi campioni regionali? Molti
osservatori hanno sostenuto che
questo avvenuto per la gi menzionata gara unica per il ferro
dellEmilia Romagna. E se i veri costi della politica fossero gli extracosti dovuti al dominio di una propriet pubblica non contendibile e
dotata del privilegio/condanna di
essere sempre e comunque salvata
con i soldi del contribuente? E chi
pu garantire che la fusione (o la
holding) delle aziende lombarde
produrr ununit industriale vitale o
semplicemente un colosso dai piedi
di argilla, destinato a campare sotto
ossigeno per sempre?
Del tutto diverso sarebbe il discorso
se la fusione riguardasse le funzioni di programmazione, integrazione dei servizi, integrazione tariffaria e gestione delle linee di metropolitana. Se si estendesse, cio,
allintera regione Lombardia il modello di Transport for London si potrebbe perfino usare lo stesso acronimo inglese: TfL, Transport for
Lombardy. Sarebbe una grande sfida alle capacit amministrative e
programmatorie della Regione, dei
comuni e della costituenda Citt
Metropolitana e, forse, sarebbe un
modo per ottenere la razionalizzazione dei servizi senza dover subire
le diseconomie di scala e i danni di
un improvvisato colbertismo e di
unimprovvida riduzione delle possibilit che una concorrenza seria nellambito di gare ben disegnate e
per lotti limitati di servizi - offre anche alla crescita delle dimensioni
delle imprese.
(1) Sia consentito il rinvio a Boitani
A., Nicolini M., Scarpa C.,Do Competition and Ownership Matter? Evidence from Local Public Transport
in Europe, Applied Economics,
2013, n. 45, pp. 1419-1434, per

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unanalisi empirica di tipo crosscountry, che esclude lesistenza di
economie di scala anche quando si
considerino imprese che producono

congiuntamente servizi di superficie


e sotterranei.
(2) M. Sebastiani, Complemenatariet, concorrenza (e razionalit)
intermodale: il caso del trasporto

ferroviario regionale e delle merci,


Roma, Senato della Repubblica, 14
Gennaio 2014.

VITA VISSUTA. UN EX IMPRENDITORE: COS LA CRISI MI HA CAMBIATO LA VITA


Valentina Magri
Serve il coraggio di interrompere
collegamento tra cuore e cervello e
di decidere come se limpresa di
famiglia non fosse tua. Ecco cosa
ha imparato Giuseppe Moretti dalla
crisi. Parola che deriva dal greco
krnein, che significa proprio decidere. Giuseppe Moretti ha 64 anni,
vive nellhinterland di Milano ed
lex titolare di Grafiche Moretti,
presso Segrate. Lazienda, fondata
da suo nonno nel lontano 1915, si
occupava di stampa, comunicazione, pubblicit su carta per le multinazionali. Unimpresa con immobili
e macchinari di propriet e un fatturato di 4-6 milioni di euro. Prima che
arrivasse la crisi, a fine 2007. Da qui
prende le mosse la nostra conversazione.
Quando ha avvertito i primi segni
della crisi? Tra fine 2007 e inizio
2008 abbiamo subto un calo di fatturato e linaspettata entrata dei
broker internazionali nel mercato
della stampa. Le multinazionali
hanno cos deciso di ottimizzare gli
acquisti passando attraverso i
broker, che sceglievano loro le imprese cui affidare il lavoro. Abbiamo
quindi perso i nostri primi cinque
clienti, che oltre a costituire il 40 per
cento del fatturato, erano solvibili.
Abbiamo cercato di acquisirne di
nuovi con offerte particolarmente
vantaggiose, che per riducevano i
nostri margini. Comunque, abbiamo
rimpiazzato solo in minima parte i
clienti persi. Un amico consulente
mi disse che ci conveniva convertirsi in broker, vendendo azienda e
macchinari. Ma non ne ho avuto il
coraggio, e ho immesso capitale per
coprire le perdite.
Quando si reso conto che non c'era pi niente da fare? Il 2010 stato
lannus horribilis, finch allinizio del
2011 abbiamo ipotizzato un concordato preventivo per permetterci un
passo successivo che mi sembrava
la migliore via duscita per dipendenti
e
fornitori,
nonostante
lenorme dispiacere di vedere terminare lattivit di famiglia alla vigilia
del traguardo dei 100 anni. Avevo
infatti pensato che potevo cedere
lazienda o fare sinergia.

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

E cosa ha scelto? Abbiamo trovato


un accordo per unirci a unazienda
milanese storica come la nostra, ma
un po' pi grande: come se Tim si
fondesse con Vodafone. Nonostante fosse un concorrente, lo consideravo come un collega. Abbiamo impiegato un anno per elaborare
laccordo: le due aziende si sarebbero fuse con laffitto di un ramo
dazienda, cambio di ragione sociale
e di nome, risultato dellunione dei
nomi dei proprietari. Dopo otto mesi,
di punto in bianco, il titolare del pacchetto di maggioranza ha deciso
che non credeva pi nellazienda,
nonostante il raggiungimento degli
obiettivi di aumento del fatturato e
contenimento dei costi da parte nostra. A fine luglio 2012 ha lasciato
senza lavoro 60 persone tra i miei e
i suoi dipendenti, i miei figli e il sottoscritto.
Che ne stato della sua impresa?
stata chiusa con concordato preventivo. Limmobile in vendita per pagare creditori. Ci stato offerto un terzo del suo valore.
Che ruolo ha avuto il credit crunch
(la chiusura dei rubinetti del credito
da parte delle banche, ndr) nella
fine della sua impresa? Fino al 2005
le banche ci offrivano fidi senza garanzie per 500 mila euro, anche se
non ci servivano. Quando nel 2008
ho chiesto il rinnovo per 5 anni di un
finanziamento per cui avevamo
sempre pagato gli interessi, ci furono poste queste tre condizioni: ipoteca di primo grado sull'immobile;
immissione del 30 per cento di capitale rinnovato da parte della propriet oltre a quanto gi immesso negli
ultimi anni; possibilit solamente di
aprire un conto su cui mettere le fatture da pagare. Gli ho risposto che
si erano dimenticati di chiedere le
chiavi di casa e mia moglie e gli ho
chiuso la porta in faccia.
Quali sono stati gli effetti della crisi
sugli imprenditori, oltre a quelli economici? Il presidente dellAssociazione San Giuseppe imprenditore di
cui faccio parte, Lorenzo Orsenigo,
ha dei conoscenti imprenditori che
si sono suicidati e tuttora cerca di
dissuadere un amico. Io ho sofferto

di stati dansia. Senza la mia famiglia, non so cosa avrei fatto.


Com la sua vita, ora? Mi sono fatto una ragione di quello che successo e mi reputo fortunato per aver
avuto per 40 anni un lavoro che mi
piaceva e grandi soddisfazioni in
famiglia. Prima lavoravo da mattina
a sera. Ora ho quasi repulsione per
il lavoro che ho svolto e per abiti e
cravatte che per lavoro ho indossato
per anni. Ma non mi annoio: faccio il
nonno, sto a fianco di mia moglie,
recito a teatro, seguo corsi di informatica e fotografia, gioco qualche
volta di pi a golf. E sono anche volontario per la Croce Bianca e
lAssociazione San Giuseppe imprenditore.
Qual il suo ruolo nellassociazione? LAssociazione San Giuseppe imprenditore stata fondata il 30
novembre 2012 da Lorenzo Orsenigo, un ex imprenditore di 72 anni,
un vero vulcano di idee. Mi sono
avvicinato allassociazione per curiosit, poi ho aderito come volontario. Sono uno degli alfieri: uno dei
collaboratori pi stretti per espandere lassociazione, precisamente attorno al Naviglio Martesana.
Quali sono gli obiettivi dellassociazione? Non quello di dare agli
imprenditori supporto economico:
sarebbe una lotta improba. Vogliamo dare loro conforto morale, anche
perch non tutti hanno una famiglia
che sta loro accanto (e chi ce lha,
non detto che la metta al corrente
della chiusura della sua impresa: c
chi finge di andare a lavorare in
unimpresa che non c pi).
Lassociazione permette agli imprenditori di confrontarsi e fermarli
prima che si affidino agli usurai per
salvare la loro azienda. Vogliamo
anche far da tramite con istituzioni
che possono aiutarli, come commercialisti e psicologi. Infine, vogliamo
riabilitare
limmagine
dellimprenditore, rovinata dalla crisi. Come dice il nostro presidente,
noi paghiamo le mascalzonate di
alcuni imprenditori che ci rovinano
la reputazione.
.

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VIE D'ACQUA: EXPO, COMUNE, COMITATI E ASSOCIAZIONI. UN ACCORDO POSSIBILE?


Elena Grandi
Le ruspe e le motoseghe stanno
ormai per mettersi in moto nella vasta area compresa tra il Parco delle
Cave, il Parco di Trenno e il Bosco
in Citt: nonostante la temporanea,
e necessaria, sospensione del cantiere di via Quarenghi (il terreno dovr essere oggetto di bonifica), la
Via dAcqua si far.
Il canale non sar quello che si era
pensato di creare in origine, ossia
un corso dacqua navigabile, o almeno percorribile con canoe o piccole imbarcazioni: a scoraggiare
loriginario progetto ci ha pensato la
crisi economica, insieme ad altri fattori di ordine tecnico. Ciononostante, il canale che dovr portare le acque bianche dal sito di EXPO fino
alla Darsena rimane unopera utile e
di per s sostenibile, che andr a
completare lampio sistema dei Navigli cittadini e che consentir il recupero, anche per utilizzi agricoli,
delle acque bianche provenienti dal
sito di EXPO, che altrimenti si sarebbero perdute nelle fognature.
Resta per il fatto, incontrovertibile
(anche a prescindere dalla posizione delle frange pi estremiste del
movimento No Canal, che auspicano la totale cancellazione di un progetto ritenuto troppo invasivo, costoso e inutile), che quando si parla
di Via dAcqua, tra i cittadini milanesi, le associazioni ambientaliste, i
comitati, serpeggia spesso il malumore e lo scontento; e che sono in
molti a chiedersi se sia davvero necessario spendere ottanta milioni di
Euro per un canale in grado di portare una quantit dacqua piuttosto
modesta (2,6 mc/sec), la cui costruzione richieder importanti lavori di
scavo e in alcuni tratti modificher,
senza miglioramenti, i terreni e le
aree in cui andr a scorrere; e che
ci si chiede se non sarebbe stato
invece
possibile
ridurre,
con
lapporto di alcune modifiche, sia
limpatto sul territorio che i costi di
realizzazione dellopera.
Le osservazioni espresse dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
in un documento molto articolato
che porta la data del dicembre
2012, pongono laccento sugli elementi meno felicemente risolti del
progetto: sia per quanto attiene ai
suoi aspetti pi tecnici, sia con riguardo alla tutela di un paesaggio

che deve essere valorizzato e protetto. Analoghe annotazioni si ritrovano nel documento della Soprintendenza che, pur avendo espresso
parere positivo, ha ritenuto opportuno indicare come eventualmente
procedere a una parziale revisione
del piano. Anche Italia Nostra ha
redatto, nella primavera del 2012,
un progetto alternativo a quello di
EXPO, finalizzato a una maggiore
difesa dei territori attraversati dalla
Via dAcqua. Il progetto stato presentato al Comune di Milano e, in
seguito, integrato dal documento di
asseverazione redatto da due ingegneri idraulici del Politecnico di Milano, che ne attestavano la fattibilit.
Tutto questo non avveniva ieri o
qualche mese fa, ma nel corso del
2012: quando cio ci sarebbero stati
i tempi per intervenire, per trovare
una giusta mediazione tra le proposte messe sul tavolo, per valutare
lattuabilit di alcune varianti, per
dimostrare che il tema di EXPO,
Nutrire il pianeta, si pu e si deve
sviluppare anche proteggendo il patrimonio paesaggistico dei parchi
della cintura metropolitana, con i
loro corsi dacqua, i canali, i fontanili, gli alberi, i campi agricoli, le biodiversit; e per evitare, oggi, dannose
polemiche e controversie.
Si sarebbe potuto avviare una proficua collaborazione con coloro che
avevano messo a disposizione
competenze e proposte alternative:
insomma, provare a fare di meglio,
rimediare ad alcuni limiti del progetto, probabilmente spendere meno,
in alcuni casi riutilizzare al posto di
costruire ex novo, nel rispetto del
reticolo delle acque gi esistente e
soprattutto dei fontanili, elementi
che contraddistinguono la nostra
pianura e che ne testimoniano
lantica storia di corsi dacque irrigue.
Purtroppo, come spesso accade, i
dibattiti su cosa sia preferibile per la
nostra citt si accendono allultimo
minuto, quando i tempi si sono fatti
ormai troppo stretti, quando i margini di intervento si sono ridotti al minimo, quando chi ha il compito, certo non facile, di portare a compimento un progetto importante entro
una scadenza inderogabile si trova
nella posizione di non potere pi

dare spazio a trattative di sorta. Ecco che allora i toni si alzano, le polemiche si autoalimentano, le richieste (anche le pi sensate, anche
quelle che ancora potrebbero essere attuate) rischiano di apparire come incongrue o faziose, il malcontento monta e il consenso verso
lAmministrazione si indebolisce.
di pochi giorni fa la notizia che
unulteriore quota del canale che
scorrer nel Parco delle Cave sar
interrata e che si proceder a decisivi interventi di bonifica delle aree
inquinate. Sono buoni risultati che
dimostrano la (pur tardiva, ma efficace) volont del Comune di Milano
e della societ Expo di collaborare
con gli esponenti della societ civile.
Ma si dovr fare di pi: alcune varianti in corso dopera, possibili anche a cantieri avviati, se messe in
atto, potranno dare la prova che
lintenzione di salvaguardare il nostro paesaggio e lintegrit dei nostri
parchi da opere troppo impattanti
una scelta concretamente perseguita dallAmministrazione.
In attesa di buone notizie sulla Via
dAcqua, auguriamoci che tutti noi,
amministratori e tecnici, possiamo
fare tesoro delle esperienze (e degli
errori) del passato: imparando a
prendere in maggiore considerazione i segnali che provengono dai cittadini, dalle associazioni, dai movimenti e anche dai Consigli di Zona
(troppo spesso considerati alla stregua di inutili orpelli): questo un
impegno che non si dovrebbe mai
disattendere, se vorremo dimostrare
che per questa Amministrazione la
partecipazione un concetto davvero reale, alimentato da rapporti costanti e concreti, anzich un fatto
estemporaneo, in grado di farsi tangibile solo in alcune occasioni (e ci
vale per ogni altro argomento: dalla
viabilit allinquinamento, dalla gestione degli spazi alla qualit dei
servizi, ecc). La partecipazione deve essere frutto di un confronto continuo, franco, a volte anche faticoso:
solo cos si riveler utile, efficace,
portatrice di proposte nuove, tese al
miglioramento della citt, oltre che
foriera di consensi e di credibilit
politica.

PIANO TERRITORIALE DELLA PROVINCIA DI MILANO 2013: UNANATRA ZOPPA


Arturo Calaminici Valeria Molone

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

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A pochi giorni dal Natale e dopo
otto anni di gestazione (da quando
la legge urbanistica regionale ne
richiese ladeguamento), il nuovo
Piano Territoriale di Coordinamento
della Provincia di Milano (PTCP) ha
finalmente visto la luce. Dal nostro
angolo visuale, il PTCP stata
unoccasione colta solo a met, e
quindi a met persa. Alla fine, pur
profondamente trasformato e migliorato rispetto alla proposta originaria, il Piano rimasto comunque
unanatra zoppa.
La maggiore novit introdotta dalla
legge urbanistica regionale nel
2005, consiste in alcune norme per
la difesa dellagricoltura e la salvaguardia del suolo, in modo da contrastare lallargarsi a macchia
dolio, per usare limmagine di Antonio Cederna, del tessuto urbanizzato. Tutti sappiamo dellimmane
scempio provocato dallespansione
anarchica delle nostre citt. Ove, a
farla da padroni sono state la rendita fondiaria e quella finanziaria,
nellintreccio perverso degli interessi dei grandi immobiliaristi e delle
banche. Lamministrazione pubblica, debole se non allo stremo, a
causa dei continui tagli e del patto
di stabilit, vive in stato di necessit, in una situazione di oggettiva
condizionabilit.
Per la Provincia di Milano, la difesa
dellagricoltura significa de facto la
difesa del Parco Agricolo Sud. Un
territorio di 47.000 ettari (due volte
e mezza la citt di Milano), che vanta terreni tra i pi fertili al mondo e
sono loggetto del desiderio di interessi palazzinari assai cospicui.
Negli ultimi anni, nella sostanziale
distrazione dellopinione pubblica
poco informata, stato portato avanti il Grande Attacco al Parco
Sud. Le armi, pesantissime, di
sfondamento sono state: il PGT milanese di Moratti e Masseroli, il
PTCP provinciale nella prima versione Podest - Altitonante, e infine
una sempre minacciata e non ancora disinnescata Variante Generale
del Piano Territoriale del Parco. Il
primo attacco sostanzialmente
fallito. Il PGT morattiano prevedeva,
tra le innumerevoli e disinibite operazioni di valorizzazione delle aree, anche una mega perequazione
su gli oltre venti milioni di mq di aree agricole milanesi del Parco
Sud. La vittoria di Pisapia ci ha liberato della Moratti e della sua perequazione milionaria.
Di maggior impatto, pi complesso
e quindi potenzialmente pi disastroso, stato il tentativo della Provincia di Milano, attraverso il varo
del nuovo PTCP. Dicevamo della

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

legge regionale n. 12/2005 e della


sua maggiore novit: la difesa
dellattivit
agricola
attraverso
lassegnazione alle Province del
compito di definire, nei loro piani
territoriali, i cosiddetti Ambiti Agricoli Strategici (AAS). Le Province
dunque, per mandato diretto e in
forza di legge, sono chiamate a individuare tutte le aree agricole strategiche, anche quelle nei parchi regionali, da sottoporre a vincolo di
destinazione, in modo che su di esse non sia possibile nessuna successiva trasformazione urbanistica,
n sia operabile la perequazione.
Nella legge questo compito chiaro
come il sole. La proposta di PTCP
presentata dalla Giunta Provinciale
di Milano nel 2010, invece, non
contemplava gli Ambiti Agricoli
Strategici allinterno dei parchi regionali. Per quale ragione?
La motivazione addotta, chiaramente speciosa, sosteneva di non potersi procedere alla definizione degli
AAS perch i parchi in questione,
essendo regionali, sarebbero naturalmente sovraordinati alle Province. Inutile ogni nostro tentativo di
chiarire che, nel caso specifico, la
Provincia operava in nome e per
conto della Regione stessa, essendone in qualche modo il suo braccio
esecutivo. La ragione di questa attribuzione di funzioni sta nel fatto
che la Provincia naturalmente dotata di unesperienza pi immediata
e diretta del proprio territorio (conoscendo meglio la storia, gli interessi, i bisogni, le vocazioni della propria comunit) e possiede inoltre
strumenti tecnici e amministrativi
pi specifici e precisi.
Per quale motivo reale la Provincia
volesse rinunciare a decidere su
una questione cos essenziale e
importante come la definizione degli
AAS, non lo abbiamo mai capito. Il
sospetto che non si volesse per
nulla rafforzare la natura agricola
del Parco. Dopo molto lavoro, da
parte nostra, la maggioranza ha
dovuto capitolare. In fase di adozione del piano, nel giugno 2012, il
Consiglio Provinciale ha finalmente
approvato un ordine del giorno che
impegnava la Giunta a presentare
una proposta organica di Ambiti Agricoli Strategici.
La primavera scorsa, cambio in
corsa dellAssessore al Territorio:
entra Franco De Angelis e la Giunta
presenta sugli AAS una proposta
che non abbiamo omesso di criticare a fondo, cambiandola anche in
modo sostanziale, ma che comunque rappresentava una base seria
di discussione: la discussione che
abbiamo portato avanti negli ultimi

sei mesi, impegnativa e puntuale e


senza accomodamenti. ll risultato
che ora il Parco Sud per l80% della
sua estensione coperto e tutelato
dagli Ambiti Agricoli Strategici e per
il restante 20% da altre forme di
salvaguardia (parco naturale, parco
fruitivo, aree di tutela paesaggistica,
ecc.). Su tutta questa parte possiamo essere contenti del lavoro
fatto.
Molto meno soddisfatti siamo, invece, dellesito degli AAS sulle aree
interne ai confini comunali, e in particolare a quelli di molti dei 61 Comuni del Parco Sud. Stiamo parlando di aree agricole per le quali i
Comuni prevedono un uso diverso
e un futuro di espansione del territorio urbano. Questi ambiti di trasformazione messi assieme rappresentano una superficie enorme:
pi di venti milioni di metri quadrati.
Per capirci, uno spazio pi o meno
pari al territorio di Sesto San Giovanni (80 mila abitanti) e Cinisello
(70 mila abitanti) messi assieme.
Ecco, su questo ha vinto la Giunta,
che non ha voluto apporre i vincoli,
ma ha perso il Piano. La maggioranza consiliare ha ignorato tutte le
osservazioni pervenute da associazioni, consiglieri comunali, comuni
stessi (compreso quello di Milano);
e ha rigettato gli emendamenti presentati e compattamente votati
dallintera opposizione. Nessuno
ignora o sottovaluta il tragico stato
di necessit a cui sono ridotti i Comuni e lo sforzo che essi fanno per
garantire i servizi indispensabili. La
soluzione per - e va detto con forza - non pu continuare a essere la
messa allincanto del territorio.
Il PTCP un piano di coordinamento che deve essere rispettoso dei
Comuni e armonizzare le proprie
previsioni con quelle contenute nei
piani locali. I Comuni del Parco Sud
nel 1990 hanno rinunciato a parti
assai rilevanti del proprio territorio
per conferirli al Parco, quindi
comprensibile che sul territorio rimanente essi vogliano decidere in
autonomia. Tuttavia, bisognerebbe
operare delle distinzioni tra Comune e Comune e porsi delle domande. giusto accettare espansioni
del 40 o 50% dellintero tessuto urbanizzato esistente? E per quali
motivi, con quali fondate aspettative, per rispondere a quali bisogni?
In questo senso, la Provincia si
mostrata argilla troppo docile e
passiva!
(Consiglieri Provinciali Partito Democratico)

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MILANO COME AMBURGO E BERLINO? CELO, CELO, MANCA


Giulia Mattace Raso
Regno animale, vegetale, minerale,
uomini piante e auto si contendono
luniverso cittadino: in palio la qualit della vita, possibilmente degli
umani. Le alleanze tra i regni sono
variabili e determinano gli sviluppi a
breve e a lungo termine delle citt.
La citt di Amburgo nei giorni scorsi
ha presentato un piano ambizioso,
si chiama Grnes Netz, rete verde,
e prevede la realizzazione di nuovi
percorsi esclusivamente dedicati
alle biciclette e ai pedoni collegati
con quelli gi esistenti e in grado di
unire in modo sicuro le aree verdi
presenti in citt, in un continuum dal
centro alla periferia al fuori citt.
Lobiettivo dichiarato quello di eliminare la necessit dellauto entro
venti anni. A Milano negli stessi
giorni battaglie in corso nei Consigli
di Zona 3 e 6, la contesa: il posto
auto sotto casa.
Il gruppo di genitori interscuole del
quartiere Tortona Solari ha lavorato
sul progetto Zone 30 per garantire
la sicurezza dei propri figli: ancora
vivo e doloroso il ricordo di Giacomo, il bimbo di 12 anni morto in via
Solari tra un tram e una macchina. Il
piano stato approvato, si teme ora
il rinvio dellinizio dei lavori: solo il
90% dei posti auto esistenti stato
garantito, c chi chiede ancora modifiche, forse propiziando un impaludamento del progetto. Comodit
versus sicurezza: la sosta sotto casa come esigenza legittima, ma veramente prioritaria? Sembra essere
un pi noto conflitto sui diritti acquisiti, quelli dei nuovi arrivati, i pi
giovani e deboli, devono lottare per
affermarsi.
Via Castel Morrone, Consiglio di
Zona 3: lo scontro sulla sosta delle auto sotto alberi, sul marciapiede.
I filari di bagolari e due parterre alberati, una sorta di parco lineare
che lamministrazione vorrebbe diventasse una vera e propria area
verde, liberandola dalle auto. I cittadini detective rilevano che un'auto

su due parcheggia sulle strisce gialle o blu senza averne diritto, e che
la met delle auto sotto gli alberi
non ha il pass. Come invertire la
tendenza? Si discute sulla transizione, ma nessuno sembra metterne in discussione la gratuit. Anche
in questo caso lo si considera un
diritto acquisito dei residenti. Da pi
di venti anni a Berlino gli abitanti
pagano un pass per parcheggiare
nella via di residenza, pass che ovviamente sono in numero limitato.
Con il car sharing, recente evoluzione della specie del regno minerale, si apre a Milano una stagione di
nuove alleanze: sono gi pi di 60
mila gli abbonati di Car2go per oltre
20 mila noleggi a settimana, un record assoluto per gli esperimenti di
car sharing in Europa (CorSera
20.1.14): la flotta di Smart in aumento, passer da 600 a 800. Con
oltre 26 mila clienti iscritti, raggiunti
al ritmo di quasi 1.000 iscrizioni al
giorno, e circa 35 mila noleggi, Eni
festeggia il primo mese di attivazione del car sharing Enjoy a Milano
(Affari
Italiani
21.1.14),
con
unofferta di 650 tra Fiat 500 e 500L.
Il grande successo del car sharing
sembra far felici tutti, smart,
funny, non si ha pi il fardello della
responsabilit, della cura della manutenzione, non paghi il parcheggio
e neanche lArea C, la usi e al resto
pensiamo noi (enjoy!): i milanesi
sembrano davvero convinti a liberarsi almeno della seconda auto, il
regno animale e vegetale festeggiano.
Berlino un passo avanti e dice s a
un ambizioso piano di e-mobility per
sollecitare il trasporto privato che
non inquina: da lampioni della luce
lungo le strade a punti di ricarica per
la propria auto elettrica. Il progetto
di Ubricity, una start-up locale, che
punta ad aumentare punti di ricarica
riuscendo allo stesso modo a rendere semplice il metodo di pagamento:
tutto grazie a un cavo speciale che

connetter lauto alle centraline (nei


lampioni per strada, a casa, sul lavoro ), niente pi costose stazioni
di rifornimento. Una scheda sim
posta allinterno della stessa vettura
invier il dato sulla quantit di energia immessa a Ubitricity che, a sua
volta, girer la fatturazione al vero
fornitore dellenergia elettrica trattenendo una percentuale della transazione. Attraverso una speciale
app sul proprio smartphone lautomobilista potr poi monitorare spese
e consumi della propria vettura.
(Wired, 20.12.13).
Car2go ed Enjoy (come Ubricity)
non avrebbero ragion dessere senza la app sullo smartphone che le
governa: ecco che allora gli investimenti in banda larga, le Open Wifi
area che il Comune di Milano sta
diffondendo per la citt acquisiscono senso concreto, ben al di l del
cartello che le segnala.
La pedonalizzazione di Piazza Castello, che rende un unicum lasse
San Babila - Arco della Pace, comprendendo il parco, finalmente concretizza una direttrice dei raggi verdi, per il bosco di cintura forse dovremmo aspettare ancora qualche
anno, ma un uso finalmente ricreativo del Parco Sud va in questa direzione: la Grnes Netz di Amburgo
pensata per Milano potrebbe essere
meno utopica di quanto sembri,
linsieme di Zone 30 che stanno per
essere realizzate ne fa gi idealmente parte.
Il Centro chiuso, le aree pedonali, il
piano parcheggi, Ecopass, Area C,
il car sharing: Milano da anni si interroga sul suo funzionamento e
sperimenta, diventando nel tempo
laboratorio di punta. Una piena consapevolezza di tutto ci forse quel
che pi manca ai milanesi, che sognano ad occhi aperti citt verdi,
che con meno pigrizia potrebbero
gi cominciare a vivere.

MILANO CHE CAMBIA: OLTRE LARREDO URBANO


Andreas Kipar
Ogni nuovo anno il tema dellimmagine
coordinata
nellambito
dellarredo urbano torna a proporsi
con rigorosa puntualit. Parto da
lontano, ma non troppo: basta pensare che solo trenta anni fa parcheggiavo quasi ogni mattina la mia
prima automobile di fortuna in Piazza San Fedele arrivando direttamente da Corso Vittorio Emanuele.

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

Fu la prima rivoluzione - non ancora


verde ma grigia - che portava alla
pedonalizzazione di Corso Vittorio
Emanuele, e successivamente anche di Piazza San Fedele.
Oggi larea pedonale attraverso Via
Dante, unica grande vetrina con
prospettiva urbana di grande respiro
scenografico in citt, si allungata
fino al Castello Sforzesco. Qui,

linstallazione dedicata ai paesi che


hanno gi aderito a Expo2015 a cura di Italo Lupi - gran maestro del
graphic design milanese, elegante,
sobrio e efficace che proprio in questi giorni ha presentato la sua autobiografia grafica in Triennale - fa
capire immediatamente di che cosa
si parla quando si affronta il tema
dellarredo urbano, non solo dal

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punto di vista funzionale-tecnico ma
anche dal lato del disegno urbano
complessivo.
Terminati gli anni in cui si poteva
ancora ragionare per addizione, anche per via di una diversa disponibilit economica, oggi torna in auge il
ragionamento inteso come pensiero progettuale orientato da un lato
alla detrazione e dallaltro alla ottimizzazione. La domanda semplice: di che cosa ha bisogno oggi Milano? Con lExpo alle porte viene
naturale pensare che il flusso dei
turisti necessita chiarezza e comfort
nei propri movimenti. Ben venga,
allora, vedere di nuovo questa tematica sullagenda dellAmministrazione Comunale.
Ma per fare che cosa? Ancora una
volta un grande Piano con manualistica allegata? Basta consultare il
sito del Comune di Milano per rendersi conto di quello che c. Quasi
sempre di pi di quanto possa servire, e di quanto la stessa amministrazione nellesercizio quotidiano
possa veramente utilizzare.
Chi non ricorda lesito del bel concorso del 2005 Una panchina per
Milano? Promosso da Urban Land
Institute (ULI) con il patrocinio del
Comune di Milano (oltre che
dellADI - Associazione Designer
Italiani, di Assolombarda, della Camera di Commercio di Milano, del
Ministero dellAmbiente e della Tutela del Territorio, della Provincia di
Milano e della Regione Lombardia)
e presentato con tanto di mostra in
Triennale, il concorso ha coinvolto il
voto di oltre 70.000 cittadini. Ci
nonostante la panchina vincitrice design di Alberto Meda - poi finita
solo nel catalogo di un produttore e
nel giardino pubblico della Fondazione Riccardo Catella, ma non ha
avuto migliore fortuna poich la
stessa Amministrazione non lha
mai adottata nel proprio abaco

dellarredo urbano, ufficialmente per


motivi di praticit.
Tutto cambia affinch nulla cambi.
Peccato che, nel frattempo,
dallesterno che tutto cambia: le nostre abitudini nellusare lo spazio
pubblico, la nostra disponibilit a
usare questo stesso spazio anche
nelle pause quotidiane, il nostro
complessivo invecchiamento dovuto
al trend demografico, la nostra esigenza di comfort ambientale, aria
pulita e pi ombra rinfrescante dovuta al cambiamento climatico che
anche a Milano sempre pi tangibile con eventi di piovosit straordinaria e picchi di caldo insopportabile.
Finiti i tempi in cui a Milano non era
ben visto il riposo o la sosta su una
panchina, e finito anche il tempo
della corsa a tutti i costi! La virt
della lentezza comincia a entrare
anche nel DNA milanese. Sar per
lArea C, sar per la disoccupazione, ma sar anche perch qualcuno
si ricorda che chi va piano va sano
e lontano. Non a caso, le aziende
pi avanzate puntano a offrire maggiore tempo qualitativo per le pause
lavorative. Inutile citare lesempio
della Volkswagen, che ai propri
manager dopo un certo orario non
fa pi arrivare mail, per non indurli
neanche in tentazione.
Ma torniamo a noi: se da un lato
non vedo bene un grande Piano di
Arredo Urbano, viceversa per il tema in generale occorre un ragionamento serio. Milano deve e ha il diritto di concordare sugli elementi
fondanti del proprio arredo, in rappresentanza della propria immagine.
E qui, come in tutte le citt europee
consolidate, si parte dal passato.
Partendo chiaramente dalla piattaforma orizzontale, ossia il pavimento. Quanta beola, quanto porfido,
quanto granito, insieme alla tanto
odiata e amata rizzada? Dove e con

quale criterio utilizzarli? Ci sono


molti esempi che gi funzionano:
Corso Garibaldi, Via Paolo Sarpi,
perch funzionano? Perch alla base di tutto ci c una progettualit
appropriata, a misura. Nelle citt
europee, dove ormai lavoro sempre
pi di frequente, c una pratica
consolidata: poche regole comuni
rigorosamente applicate, e molto
spazio alla progettualit complessiva delle aree aperte, che include
sempre anche larredo.
Poi, il verde, inteso come autentico
patrimonio vegetale: vale la stessa
regola. Unimmagine coordinata non
pu dividersi per settori, ed inutile
insistere nel sostituire con veemenza alberi morti o caduti qualora - per
collocazione o per specie - non sono pi conformi alle nuove esigenze
della citt, siano esse dettate dai
flussi urbani o dai dati climatici ormai mutati.
Infine, tutto quello che appartiene
agli arredi, come panche, dissuasori
della sosta, cestini per rifiuti, pali per
lilluminazione, portabici, dehors
ecc. Labaco del Comune offre
unampia scelta con buona discrezionalit, ora basta tornare alla consapevolezza delle nostre azioni sia
come progettisti che come committenti e come Amministrazione Pubblica. Il concerto a tre di questi attori
non deve mai dimenticare il suo
pubblico, il vero fruitore delle nostre
opere e lunico soggetto a poterle
valutare. Chi oggi passeggia in Via
Paolo Sarpi. o chi oggi prosegue
oltre corso Como attraverso piazza
Gae Aulenti arrivando nel quartiere
Isola sa di cosa scrivo.
Potrei proseguire a citare altri esempi, ma in fondo - da parte di chi
pianifica, di chi progetta, di chi investe e di chi governa - ci vuole quel
giusto coraggio che sta nel consapevole e pieno esercizio delle proprie funzioni.

IL REGOLAMENTO EDILIZIO E LA MILANO PERICOLANTE


Michele Sacerdoti e Piero Gianni
Il nuovo Regolamento Edilizio arrivato in Consiglio Comunale, dopo
ladozione da parte della giunta.
Numerose sono le variazioni rispetto alla bozza di luglio su cui si era
aperta la consultazione della citt
ma un articolo rimasto quasi identico: quello relativo alla verifica della
idoneit statica degli edifici. ArcipelagoMilano si gi occupato della
questione il 17 luglio scorso con un
articolo di Carneade, Regolamento
Edilizio, c il serpente di mare?
che lha criticata fortemente consi-

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

derandola perfetta ma inapplicabile.


Larticolo del regolamento che andr in Consiglio Comunale lo pubblichiamo in appendice per non appesantire la lettura di quel che vogliamo fare.
Sul Corriere della Sera comparso
un articolo luned 13 gennaio dal
titolo Verifica statica sui palazzi pi
vecchi di 50 anni Scontro sul regolamento edilizio. Il sindacato inquilini
applaude. I proprietari: Una norma
inutile. Gioved scorso ling. Massimo Giuliani, consigliere dellordine

degli Ingegneri della Provincia di


Milano, ha presentato larticolo in
Commissione Urbanistica del Comune di Milano nel corso di
unaudizione. Riferendosi allarticolo
del Corriere e alle critiche sollevate
nei commenti indignati dei lettori, ha
sostenuto che lOrdine non agisce
come una lobby per portare incarichi professionali ai propri associati e
che la norma permette di evitare
disastri come quello che successo
recentemente a Matera.

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Inoltre ha spiegato che, poich si
tratta di edifici anteriori al 1964 senza certificati di collaudo in quanto o
non previsti o andati perduti,
lOrdine metter a punto delle linee
guida che prevedono una prima visita ispettiva di tipo visivo con una
scheda tipo da compilare anche in
relazione allo stato dei balconi, cornicioni, grondaie, rivestimenti e decorazioni della facciata e che solo
se ci saranno dei problemi occorrer un approfondimento nelle cantine
con carotaggi e assaggi soft e ulteriori interventi negli appartamenti
solo se anche questapprofondimento fosse insufficiente, valutando che solo il 5-10% degli edifici
hanno dei problemi. I costi saranno
conseguenza degli esami necessari.
Giuliani ha segnalato che il Ministro
Lupi ha istituito un gruppo di lavoro
per classificare il rischio sismico degli edifici in tutta Italia e che 10 milioni di edifici dovranno essere analizzati. Ha poi citato paesi come
Francia, Germania e Spagna dove
queste verifiche sono obbligatorie.
Da ulteriori nostre verifiche risultato che la classificazione del rischio
sismico sar obbligatoria solo per le
ristrutturazioni che richiedono degli
incentivi statali per la messa in sicurezza degli edifici mentre le normative estere hanno solo funzione di
screening, senza gli effetti sullabitabilit che a Milano sarebbe tolta se
ledificio non supera determinati parametri di sicurezza.
A Milano poi la verifica sarebbe necessaria anche in caso di manutenzioni straordinarie e restauri, che
non toccano le strutture portanti con
un evidente eccesso di cautela.
La classificazione del rischio sismico proposta dal gruppo di lavoro
considera la frequenza dei terremoti, che a Milano di circa 1000 anni,
per cui tutti gli edifici verrebbero
classificati nella classe di resilienza
sismica migliore (classe A). Comunque Milano nella zona sismica
4, quella con la pericolosit sismica
pi bassa in Italia, in altre parole si
tratta della zona meno pericolosa
dove le possibilit di danni sismici
sono molto basse.
Lapproccio soft indicato dallOrdine degli Ingegneri non ci convince
perch i periti, consci della responsabilit civile e penale della loro valutazione, sarebbero inevitabilmente
portati a svolgere indagini accurate
e molto costose, si parla di 20.00030.000 euro per una verifica completa delle strutture in assenza dei
calcoli dei cementi armati e dei progetti di costruzione, in relazione ai
compiti previsti per la certificazione
di idoneit statica nella delibera
dellOrdine degli Ingegneri del

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

2/2/2004. Ma anche solo lesame


delle facciate richiede lutilizzo di
scale aree da noleggiare con un costo minimo di 4.000 euro per una
giornata.
A parere di un membro del gruppo
di lavoro istituito da Lupi una verifica
in caso di un intervento di ristrutturazione pu consentire di ammortizzare i costi di verifica su costi ben
pi elevati, mentre un obbligo di verifica indiscriminato pu essere inteso come unulteriore forma di tassa, come tale inapplicabile.
In effetti dal punto di vista legale la
norma cos come concepita appare
incostituzionale: ai sensi dell'art. 23
della Costituzione "Nessuna prestazione personale o patrimoniale pu
essere imposta se non in base alla
legge" e qui manca una legge nazionale o regionale. Inoltre la Corte
Costituzionale ha dichiarato illegittima listituzione del fascicolo del
fabbricato della Regione Campania
mentre il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il fascicolo del
Comune di Roma in quanto illegittima l'imposizione di oneri complessi
e di peso eccessivo, per tutti i tipi di
edifici e senza una minima discriminazione tra loro.
Infine la riforma del codice del condominio ha stabilito che lamministratore deve conoscere lo stato in
cui si trova dal punto di vista di sicurezza ciascuna unit immobiliare del
fabbricato. Peraltro gi oggi il Codice penale sancisce la responsabilit
dellamministratore e del condominio per i danni che un edificio in cattivo stato di manutenzione pu determinare a terzi.
Dal punto di vista della sicurezza e
della salvezza delle vite umane la
verifica della stabilit di un edificio
non garantisce da crolli dovuti allo
scoppio del gas come in via Lomellina nel 2006 e in viale Monza nel
2001, o da danni alle fondazioni da
parte degli scavi per parcheggi sotterranei o linee metropolitane o
passanti, i fatti pi frequenti a Milano. Non garantirebbe neanche da
crolli per terremoti in quanto non
una verifica della vulnerabilit sismica. Un vaso da fiori potrebbe
cadere ugualmente sui passanti o
una tegola dal tetto.
Lassessore Lucia de Cesaris ha
sostenuto in commissione che questo articolo diminuirebbe i notevoli
costi sostenuti dallUfficio Stabili Pericolanti del Comune per la messa
in sicurezza degli edifici che rischiano di crollare. Ma questo ufficio ha
problemi perch vi sono spesso
amministratori che non hanno i fondi
per eseguire le opere in quanto gli
inquilini non pagano le spese di
condominio. In questa situazione

lamministratore non avrebbe neanche i fondi per eseguire la verifica di


stabilit.
Questo articolo del regolamento
sembra una norma che spara nel
mucchio invece di risolvere problemi
specifici, mettendo la spesa a carico
anche dei proprietari che mantengono correttamente ledificio in cui
abitano.
La norma stata chiesta dalle associazioni degli inquilini che temono
per la stabilit della casa in cui abitano, ma, tenuto conto che la grande maggioranza delle abitazioni
(73%) di propriet di chi vi abita
come nel resto dellItalia, non si pu
porre a carico dei piccoli proprietari
un problema che riguarda i proprietari di interi palazzi. Lobbligo non
pu essere considerato progressista
e chi si oppone reazionario !
Preferiremmo pagare una tassa di
scopo o un contributo libero per una
grande opera pubblica di interesse
della citt, come la riapertura dei
Navigli, piuttosto che pagare un ingegnere strutturista per verifiche
inutili e anche dannose.
Non sono infine considerati i rilevanti oneri a carico delle amministrazioni pubbliche che possiedono immobili a Milano; lobbligo di certificato di idoneit statica riguarda attualmente solo scuole, centri sportivi, teatri, musei, caserme, municipi,
ospedali e edifici pubblici di rilievo
per le finalit di protezione civile. La
scadenza del controllo stata prorogata numerose volte fino al marzo
2013. Ma vi sono numerosi altri immobili e case popolari che andrebbero controllate: pensiamo agli edifici dellAler, che ha debiti pesanti, o
gli edifici del Comune come via Larga, i caselli daziari, le cascine. Per
effettuare la verifica del Palazzo di
Giustizia, la cui manutenzione posta a carico del Comune di Milano,
qualche anno fa sono state spese
somme rilevanti. Quanti fondi dovr
spendere il Comune per effettuare
le verifiche sui suoi immobili che
hanno pi di 50 anni e in futuro tutti? Sugli edifici monumentali poi va
usata una particolare cautela
nelleffettuare verifiche invasive. E
la Curia dovrebbe effettuare verifiche su tutte le chiese con raccolte di
fondi tra i parrocchiani.
Dalla approvazione del regolamento
edilizio scatteranno i 5 anni per effettuare le verifiche, ma crediamo
che subito ci saranno proteste e ricorsi giudiziari. Il Comune di Milano
vorrebbe essere allavanguardia ma
a spese dei suoi cittadini, in un periodo di pesante crisi economica. Da
una parte si vuole togliere lImu sulla prima casa, dallaltra arriva una
tassa patrimoniale molto pi pesan-

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te con la giustificazione di salvare
vite umane. Ma quanti sono stati i
morti a Milano negli ultimi anni per
crolli dovuti alla stabilit delledificio
e non ad altre cause come lo scoppio del gas? Non se ne conoscono.
Regolamento edilizio del Comune
di Milano (Testo proposto)
(art.11.6))Tutti i fabbricati, entro 50
anni dalla data di collaudo delle
strutture, o in assenza di questo,
dalla loro ultimazione, dovranno essere sottoposti ad una verifica
dellidoneit statica di ogni loro parte secondo la normativa vigente alla
data del collaudo o, in assenza di
questo, alla data di ultimazione del
fabbricato, che dovr essere certificata da un tecnico abilitato. A tale
verifica dovranno essere sottoposti
anche gli edifici interessati, per almeno la met della loro superficie,
da cambio di destinazione duso, da
interventi di manutenzione straordi-

naria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione se non


sussistono gli estremi di legge per
un nuovo collaudo statico. Tali certificazioni dovranno poi essere allegate al fascicolo del fabbricato o alla
documentazione delledificio come
indicato allArticolo 47 del presente
Regolamento e dovranno indicare la
scadenza oltre la quale e necessaria la successiva verifica. Entro 5
anni dallentrata in vigore del presente Regolamento, tutti i fabbricati
esistenti ultimati da pi di 50 anni o
che raggiungeranno i 50 anni in
questo periodo non in possesso di
certificato di collaudo, dovranno essere sottoposti a tale verifica e certificazione.
Entro 10 anni dallentrata in vigore
del presente Regolamento, tutti i
fabbricati esistenti con data di collaudo delle strutture superiore a 50
anni o che raggiungeranno i 50 anni
in questo periodo, dovranno essere

sottoposti a tale verifica e certificazione. Il certificato di idoneit statica


dovr anche indicare gli elementi
strutturali che potrebbero non essere idonei per le normative vigenti al
momento della redazione del certificato stesso pur non inficiandone la
sua regolarit. Tale certificato dovr
essere integrato da una relazione
sullo stato di conservazione degli
elementi strutturali secondari e
degli elementi non strutturali delledificio (parapetti, facciate, tamponamenti, ecc.) cosi come indicati
nellart.7.2.3 delle Norme Tecniche
del D.M. 14. 1.2008, anche redatta
da un altro tecnico abilitato. Nel caso del mancato rilascio di tale certificazione nei limiti temporali previsti
viene meno lagibilit delledificio o
delle parti di questo non certificate.
In caso di compravendita i notai dovranno allegare tali certificazioni
allatto di vendita.

ABBARBICARSI A UN ALBERO E NEGARE TUTTO IL RESTO?


Franco Rainini
La polemica del taglio degli ailanti
lungo il Naviglio ripropone un problema di sempre. La distanza dalla
natura, che caratteristica riconosciuta del vivere in ambito urbano,
provoca fenomeni bizzarri, paradossali. Tutti o quasi sentiamo il desiderio di ripristinare il rapporto interrotto
con piante e animali e quasi sempre
riconosciamo il rapporto di dipendenza che, nonostante tutto, ci lega
a essi, ma il nostro modo di pensare
e di agire quasi sempre in contrasto con questa esigenza. Non parliamo, si badi, dellineluttabile pressione che operiamo sul mondo vivente per il solo fatto che lo abitiamo e che siamo parte di una civilt
che poco o nessun rispetto ha dei
cicli biologici. A volte i danni gravi li
concepiamo e attuiamo mossi da
buone intenzioni. Ad esempio
quando si difende la presenza o addirittura si incentiva la diffusione sul
nostro territorio di piante alloctone,
cio estranee alla nostra flora.
Come spesso capita, sbagliamo
perch assumiamo un modello falso
della realt. Facciamo lesempio
degli alberi. Nella nostra testa invalsa lequazione che un albero,
qualsiasi albero, sempre meglio di
nulla, il che pu anche essere vero
in una piazzola autostradale, ma in
generale occorre fare un passo avanti e considerare che esistono
piante utili e necessarie per il nostro
ambiente e piante invasive, le quali
a volte impediscono alle prime di
crescere e svilupparsi.

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

Non bisogna essere stati in Amazzonia per sapere che ambienti diversi comportano una diversa vegetazione (che sostiene a sua volta
una fauna che le peculiare): le idee basilari dellecologia sono insegnate fin dalla prima media e del
significato di biodiversit son piene
le gazzette, ma - maledizione quando si passa dalla proverbiale
Amazzonia alla nostra realt di tutti i
giorni tutte le nozioni scompaiono
dalla mente.
Se vi un po di curiosit zoologica
che si concretizza in un elevato numero di Associazioni animaliste che
in vari modi si occupano delleducazione collettiva e della cura degli
animali sinantropi, una cupa ignoranza regna riguardo alla convivenza con le presenze vegetali, da cui
pure in misura non trascurabile dipendono le condizioni di vita e salute di chi abita Milano o qualsiasi altra citt.
Il punto che uno degli impatti pi
pesanti che esercitiamo sul pianeta
di far scomparire tutte le specie
caratteristiche e peculiari presenti
nei vari ambienti per sostituirle con
una flora (e una fauna) ridotta e indifferenziata, presente ovunque e
costituita da poche specie con esigenze simili a quelle che possono
fornire gli ambienti degradati che
abbiamo costruito.
Il fenomeno non privo di implicazioni negative: la scomparsa di elementi di vegetazione locale nelle
aree antropizzate provoca la perdita

di popolazioni e di specie su scala


pi ampia, con conseguenze che
non riguardano soltanto il nostro
dovere etico di preservare le forme
di vita con cui condividiamo il pianeta, ma anche la nostra sopravvivenza. stato recentemente riconosciuto (morbo di Lyme, Hendra virus) leffetto nefasto che pu avere
la riduzione della biodiversit e la
diffusione di flora e fauna banale
sulla nostra salute.
Peccato che le alterazioni che apportiamo alla flora e alla vegetazione del luogo dove viviamo non siano percepite e tanto meno valutate
nella loro gravit. Il motivo?
Occorrerebbe avere qualche nozione di Botanica, invece la Botanica
considerata dai pi un passatempo
per anime belle. Non vi coscienza
che la Botanica parte della Cultura
scientifica e quindi della Cultura tout
court. Se riconosciamo la Cultura
come insieme degli elementi materiali e simbolici che costituiscono il
modo con cui una societ rappresenta la realt e la affronta e se
siamo consapevoli della gravissima
crisi ambientale che attraversiamo,
resa drammatica a Milano dal suo
clima e dalla storia del suo sviluppo,
dobbiamo concludere che ci manca
un elemento collettivo fondamentale
del nostro bagaglio culturale per far
fronte alla situazione progressivamente avversa.
I sintomi di questo limite sono numerosi ed evidenti in tutto il corpo
sociale: emergono come sottovalu-

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tazione e banalizzazione degli elementi vegetazionali nei progetti di
realizzazione di nuove aree verdi, in
cui ai manufatti e agli arredi sono
attribuiti importanza e valore maggiori rispetto alle piante. Non a caso
la scelta delle specie lasciata in
secondo piano e non compare in
modo analitico nei progetti offerti
alla cittadinanza. Succede pertanto
che spesso passino scelte discutibili
sotto laspetto della congruit vegetazionale.
Ne consegue che i cittadini di Milano, generalmente ignari e passivi
rispetto allo scempio del territorio
perpetrato nelle aree esterne alla
metropoli e di fronte alla distruzione
di quanto resta di alcuni ambienti

naturali e al definitivo annientamento degli agroecosistemi storici della


Lombardia, si emozionano invece
per pratiche di manutenzione e controllo della vegetazione alloctona
infestante, necessarie e sacrosante,
confondendo diversi piani di approccio al rapporto fra umani e con
altri viventi, al punto di rivendicare
(come si evince da lettere arrivate al
Corriere) un diritto allaccoglienza
da parte delle piante alloctone o lo
jus soli per le piante genericamente
spontanee.
Approcci cos poco fondati su basi
razionali sono anche un grave ostacolo alla crescita della cultura politica dei cittadini e lasciano spazio alla
demagogia, figlia primogenita della

mancanza di partecipazione e cultura.


ovvio che la nostra specie per sopravvivere debba rimodellare lambiente e operare ineluttabilmente
una trasformazione della vegetazione, ma altrettanto ovvio che, a
fronte della drammatica perdita di
biodiversit naturale che provochiamo, spesso inconsapevolmente,
tutti i nostri sforzi debbano essere
orientati a conservarla, il che comporta necessariamente anche leliminazione della vegetazione alloctona invasiva. In tutto il mondo questa consapevolezza si diffusa dalla comunit scientifica alle istituzioni
e a tutta la societ ed patrimonio
culturale condiviso. Qui no!

Scrive Antonio Piva a Jacopo Gardella


Ho letto con grande piacere l'articolo a proposito della Piet di
Michelangelo e mi allineo con quanto hai commentato. Nelle stesse
pagine ho scritto anche io un accorato appello rivolto a tutti i responsabili di questa operazione chie-

dendo di fare un passo indietro. Ora


tu insisti e fai bene a non perdere
l'occasione di istillare qualche dubbio su una operazione, come tu dici,
inutile, costosa, sbagliata dal punto
di vista museografico ed io aggiungo scellerata! Ma quanti siamo a

pensarla allo stesso modo? Spero


che i lettori diano un segnale forte,
competente come hai fatto tu riflettendo anche sui guasti commessi in
questa citt negli ultimi anni. Il silenzio, come si sa, aggrava la responsabilit di ciascun individuo.

Scrive Ernesto Giorgetti a Jacopo Gardella


Le osservazioni di Jacopo Gardella
sono tutte sottoscrivibili ma mancano di dare risposta alle situazioni di
criticit che hanno innescato la proposta di nuova collocazione: 1. Richiesta di visione dell'opera da parte
di un maggior numero di visitatori
contemporaneamente. 2. Accessibilit da parte degli handicappati.
Riguardo al primo punto se si considera che l'utenza media quella
del pullman di 50 visitatori chiaramente con uno o due di questi utenti
medi siamo di fronte all'assoluta incapienza dell'attuale impianto espositivo. Bisogna forse prioritariamen-

te riconoscere che la Piet non n'


l'Ercole Farnese n' la Paolina Borghese ma un'opera la cui unicit e
particolarit obbliga una visione vicina, raccolta e personale quale
quella attuale che racchiude in uno
spazio a misura che richiama le
cappelle delle nostre chiese milanesi. Se si recepisce questa lettura il
problema della maggiore fruibilit
decade a meno che si voglia perseguire una visione "cannibalizzata"
dell'opera quale quella di Monna
Lisa al Louvre. A mio parere la valorizzazione dell'opera d'arte in un
museo ha poco a che fare con la

maggiore fruibilit ma attiene precipuamente al corretto rapporto fra


"quella opera" e l'impianto espositivo a essa pi congruo.
Quanto al secondo punto relativo
all'accesso per gli handicappati credo che in luogo si possano trovare
soluzioni adeguate, anche forse rivedendo la collocazione del Bambaia che cos come ridotto dopo i
ritrovamenti successivi del monumento ha perso il valore della primitiva collocazione, ormai ridotto ad
angolo di magazzino.

Scrive Patrizia Rossetti ad ArcipelagoMilano


Desidero portare alla vostra attenzione un problema che a Milano
gi stato di interesse di vari mezzi di
comunicazione: il palazzo/residence
di via Cavezzali. L'altro giorno sono
andata a trovare i miei figli che abitano nel caseggiato a fianco dell'edificio di Via Cavezzali e a dir poco
sono rimasta allibita come, a oggi,
non solo non sia stato debellato definitivamente il problema della spazzatura ma addirittura sia peggiorato
lasciando chi vive a ridosso di que-

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

sto edificio in uno stato di pattumiera a cielo aperto.


La spazzatura non solo continua ed
essere ammucchiata come capita,
ma ora addirittura sparsa in tutto il
cortile (ovviamente buttano la pattumiera dalle finestre) visto che
sacchi e sacchetti sono aperti, con
pezzi di ogni che vagano in tutto il
cortile, facendo la felicit di piccioni
e volatili di ogni genere che finalmente hanno trovato dove andare a
mangiare come avvoltoi. Non posso
credere che il Comune di Milano e

la ASL (perch qui si tratta di igiene)


non riescano a risolvere definitivamente questo problema.
Se di cos difficile soluzione propongo che il Comune e la
ASL obblighino l'amministratore/a
della casa a costruire un piccolo caseggiato (e lo spazio esiste!) dove obbligatoriamente i condomini di
via Cavezzali debbano mettere la
pattumiera pena pesanti multe emesse dopo controlli giornalieri.
Sono convinta che risolveremmo tre
problemi: il Comune che sicuramen-

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te si metterebbe in tasca (visto la
recidiva) molti soldi, l'amministratore/a costretto a occuparsi professionalmente del problema visto che mi

sembra sia assente e i condomini


degli edifici vicini potrebbero vivere
in un posto non da terzo mondo.
Non si pu distribuire ai cittadini i

secchielli per l'umido e lasciarli vivere in mezzo all'immondizia.

MUSICA
questa rubrica curata da Palo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Abbado e Schiff
difficile mandare in stampa questa rubrica, senza dire una parola
dolente sulla scomparsa di Claudio
Abbado. Il fatto che non ci sia pi
cambier il panorama musicale nel
mondo intero, modificher gli schemi che abbiamo elaborato sui temi
centrali dellinterpretazione musicale, delletica di un mestiere fra i pi
difficili, della capacit di dedicare
lintera propria vita a ricercare la
perfezione e ad approfondire il significato della musica alta. Claudio
(voleva essere chiamato cos da
tutti) stato una spanna sopra gli
altri direttori della sua generazione,
cos come lo fu Arturo Benedetti Michelangeli per il pianoforte. Credo
che qualsiasi musicista o musicofilo
da oggi si senta triste e che ci vorr
del tempo per elaborare un lutto cos profondo.
P.V.

Fermento Beethoveniano
A Milano vi in questo periodo una
sorta di fermento beethoveniano,
come se ci fosse un anniversario da
celebrare. Mentre il Corriere della
Sera sta vendendo a rate un cofanetto con tutte le Sonate e i concerti
per pianoforte e orchestra eseguiti
da Barenboim (una serie incisa negli anni sessanta, unepoca felice in
cui il direttore non ancora scaligero si concentrava solo sul suo
strumento, non era distratto da
troppi prestigiosi incarichi e non si
sdoppiava fra podio e pianoforte), le
Sinfonie compaiono in molti programmi di sala (come la ormai canonica
Nona
di
Capodanno
allAuditorium) e si sta concludendo
il ciclo delle Sonate pianistiche che
Andras Schiff esegue al Conservatorio per la Societ del Quartetto.
Marted scorso vi stato il penultimo concerto di questa importante
integrale, con lesecuzione delle
Sonate opere 90, 101 e 106 (o, se
si vuole, 27a, 28a e 29a delle 32
che costituiscono lintero ciclo), in
cui Schiff ha dato il meglio di s, ritrovando uno smalto e una passione

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

che nelle ultime prove stentavamo a


riconoscergli.
Queste tre Sonate sono fra le pagine pi interessanti di Beethoven e
chiunque ami il grande tedesco (che
- come si sa - gli austriaci tendono a
spacciare come compatriota nello
stesso modo in cui cercano di far
credere che Hitler fosse tedesco!)
trova in esse la vera chiave interpretativa dellultimo e travagliato pezzo
della sua esistenza e della sua produzione. Con esse Beethoven
spezza le regole della Sonata classica, che gli erano state consegnate
da Haydn e da Mozart, e apre la via
sia alle rivoluzionarie ultime tre (le
opere 109, 110 e 111) ma soprattutto agli ultimi 7 Quartetti (dallopera
127 alla 137) che, con quelle, si
pongono a conclusione della sua
intera monumentale costruzione.
In queste tre Sonate la musica si
rarefa, diventa concettuale, si trasforma in una astrazione tutta mentale che sostituisce il piacere
dellascolto e il rigore stilistico con la
ricerca di nuove strade per comunicare la profondit di un pensiero libero dagli schemi della classicit.
Pi interessanti che belle, dunque,
obbligano lascoltatore - e ovviamente ancor pi linterprete - a una
costante e rigorosa concentrazione
per non perderne il filo e il senso,
ma lo premiano con rivelazioni che
quasi scolorano le pi celebri, godibili, melodiche Sonate precedenti.
Soprattutto con lopera 106, la
grandiosa e complicatissima Hammeklavier (solo per questa Beethoven adotta linusitato termine tedesco che abbandoner subito, con la
successiva 109, tornando al tradizionale titolo italiano di Sonata per
pianoforte) scrive unopera immensa per i contenuti, per la lunghezza,
per la difficolt, per linafferrabilit,
ma anche per la capacit di catturare lattenzione dellascoltatore senza
consentirgli un attimo di tregua e di
distrazione.
Schiff sembrava pi sciolto del solito, come se si fosse liberato
dallineluttabile tensione del con-

fronto e non si sentisse impegnato a


dare una interpretazione personale
e un contributo nuovo alla lettura
della pagina scritta; era persino appassionato, la sua personale e nota
cerebralit era in perfetta simbiosi
con quella che Beethoven esprime
in queste opere. Se vero ci che
ho capito di lui, il concerto del 4
marzo - in cui affronter il massimo
impegno delle ultime tre Sonate segner una svolta importante nella
complessa e magnifica storia della
loro interpretazione.
Molto generosamente Schiff ha offerto come bis la bellissima, successiva trentesima Sonata che ripeter ovviamente allinizio del prossimo e ultimo concerto della serie;
dico generosamente perch credo
che pochi pianisti siano capaci, come ha fatto lui, di eseguire la non
breve opera 109 dopo lenorme impegno della Hammerklavier; ma soprattutto intelligentemente perch
lopera 109 rappresenta una sorta di
risultato diretto e logico della ricerca
condotta attraverso le tre precedenti
Sonate (in particolare la 106), aiuta
a comprenderne la logica, il sentiero
tracciato, quel difficile percorso verso la modernit e verso il pianismo
che seguir, pochi anni dopo, con
Liszt. LAndante molto cantabile ed
espressivo una delle pagine pi
mirabili e indimenticabili della letteratura pianistica, segna la conquista
di una nuova libert espressiva, dovuta proprio al travaglio di quelle tre
Sonate concettuali.
Ha fatto invece molto male il pubblico del Quartetto a chiedere un secondo bis: cosa si pu suonare dopo quasi due ore di Beethoven e
dopo tanta fatica? Il povero Schiff,
esausto, si rifugiato nelle breve e
poetica Aria delle Variazioni Goldberg che inevitabilmente - e vorrei
vedere come avrebbe potuto essere
diversamente - aveva un colore tutto beethoveniano!minario di filologia
Musicale Mozart 2006, a cura di
Giacomo Fornari, edizioni ETS

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ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano
Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile
ammirare un nuovo lascito, esposto
insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata pres-

so lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, E-

dgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,


Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.
Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.
La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,
c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Il Seicento lombardo in mostra a Brera


La Pinacoteca di Brera possiede un
ingente patrimonio di dipinti dei
principali protagonisti del Seicento
lombardo, realizzati a partire dallet
di Federico Borromeo fino alla successiva stagione barocca e alla
svolta classicista della seconda Accademia Ambrosiana. Un patrimonio in parte nascosto per per ragioni di spazio espositivo, godibile
fino alla prima settimana di febbraio.
Ecco perch la mostra Brera e il
Seicento lombardo nasce proprio
con lo scopo di approfondire e di
poter vedere alcuni tra le pi significative opere lombarde del XVII secolo. Le 46 opere presentate sono
per lo pi di grande formato, e quindi difficilmente movimentabili al di
fuori degli spazi museali, e ben 21
sono i dipinti provenienti dai depositi
interni ed esterni di Brera, tutti destinati ad essere esposti nel futuro
progetto museale della Grande
Brera.
Pale daltare ma anche quadri di
piccolo formato, che videro la luce
quando Milano era sotto la dominazione spagnola. Unepoca racconta-

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

ta ne I Promessi Sposi e che viene


ricordata come opprimente e terribile, ma che, grazie allinfluenza dei
cardinali Carlo e Federico Borromeo, sul versante artistico fu ricca di
talento creativo. Milano, sotto la
spinta propulsiva del Concilio di
Trento, divenne la fucina di un modo nuovo di intendere larte: cio un
aiuto alla devozione dei fedeli e un
esempio dei valori autentici della
rinnovata religiosit cristiana. Movere, delectare, docere, per lappunto,
per unarte semplice e alla portata di
tutti, senza fronzoli n inutili virtuosismi.
Fra i capolavori esposti ci sono
quattro importanti pale daltare, tre
delle quali firmate e datate: di Fede
Galizia il Noli me tangere (1616),
della maturit di Carlo Francesco
Nuvolone lAssunzione della Vergine (1648), ormai pienamente barocca, e di Giuseppe Nuvolone il
San Francesco in estasi (1650); di
Giovan Battista Crespi detto il Cerano invece il Cristo nel sepolcro,
san Carlo e santi (1610 circa), fino a
qualche mese fa in deposito presso

la chiesa milanese di Santo Stefano.


Accanto alla pala di Fede Galizia,
uno dei rari dipinti di grande formato
della pittrice milanese, nota soprattutto per la produzione di ritratti e
nature morte, viene presentato una
poco conosciuta tela di Agostino
Santagostino, Il congedo di Cristo
dalla madre, che con quella della
Galizia illustrava episodi della vita di
Maria Maddalena entro la distrutta
chiesa del monastero femminile agostiniano dedicato alla santa in Milano.
Lesposizione rende possibile proporre, anche se solo attraverso tre
opere, limportante serie oggi dispersa dei cicli di dipinti gi realizzati per la Sala dei Senatori in Palazzo Ducale (oggi Palazzo Reale) a
Milano. A dare inizio alla decorazione dellambiente era stata lAndata
al Calvario di Daniele Crespi, eseguita alla met degli anni venti, offerta al Senato dal cardinale Cesare
Monti, grande collezionista. Dal ciclo delle Storie della Passione di
Cristo,
provengono
lOrazione

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nellorto di Giovanni Stefano Montalto e la Flagellazione di Giuseppe
Nuvolone, entrambe ancora nelle
ricche cornici dorate originali ed eccezionalmente presentate ora a
fianco dellopera del Crespi. Probabile ispiratore, se non diretto committente della decorazione della sala, con il ciclo della Passione e con
quello dedicato al tema delle Allegorie della Giustizia cristiana, era stato
Bartolomeo Arese, Presidente del
Senato di Milano (1660-1674), mecenate e protagonista della vita politica cittadina nei decenni centrali del
XVII secolo.
Il percorso espositivo comprende
altri dipinti di soggetto sacro di piccolo e medio formato, tra i quali si
segnalano il bozzetto per una pala
daltare nella Certosa di Pavia del
Morazzone (La Madonna del Rosario con san Domenico e due angioletti), la tavoletta di Cerano con San
Giorgio e il drago e la Nativit e adorazione dei pastori di Giuseppe

Vermiglio, espressione del realismo


lombardo di un pittore sensibile alla
rivoluzione caravaggesca.
Una nutrita sezione dedicata ai
ritratti e autoritratti, soprattutto di
pittori milanesi e lombardi, appartenuti al Gabinetto de ritratti costituito
da
Giuseppe
Bossi,
allinizio
dellOttocento segretario dellAccademia di Brera e tra i promotori del
museo stesso. Tra le opere degne
di nota vi sono il ritratto di gruppo
della famiglia Nuvolone, realizzato a
met del XVII secolo dai due fratelli
Carlo Francesco e Giuseppe, e
lAutoritratto di Giulio Cesare Procaccini, dipinto un anno prima della
morte nel 1624, ora presentati insieme ad altre opere, tra le quali la
coppia dipinta da Tanzio da Varallo
(considerati un tempo effigi dellartista e della di lui consorte) e il ritratto dipinto da Francesco Cairo del
pittore perugino e scrittore darte
Luigi Scaramuccia, appartenuti
anchessi al Gabinetto bossiano.

A completamento del percorso espositivo, dalla ricca collezione del


Gabinetto dei disegni della Pinacoteca di Brera si presentano otto importanti fogli di pittori diversi, tra i
quali spiccano Cerano, Morazzone
e il Moncalvo. Opere di grande interesse e pregio, accumunate da valori di fondo iscrivibili alla rinnovata
religiosit cristiana dopo la Riforma
protestante, e che fanno emergere
valori pittorici come le pennellate
dense e materiche e luso tutto scenografico degli effetti di luce.

Il Seicento lombardo a Brera. Capolavori e riscoperte a cura di Simonetta Coppa e Paola Strada fino
al 12 gennaio 2014 Pinacoteca di
Brera, sale XXX-XXXIV Orari: da
marted a sabato dalle 8:30 alle
19:15 (la biglietteria chiude alle
18.40). Biglietti Intero: 10,00, Ridotto: 7,00

Kandinsky e la nascita della pittura astratta


Che cos lastrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di
colori a prima vista casuali ma di
gran impatto visivo? C qualcosa
oltre la superficie del quadro? Per
rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti
pi significativi del secolo scorso:
Vassily Kandinsky.
Sono oltre 80 le opere in mostra,
tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dellastrattismo. Una esposizione che offre una panoramica completa dellevoluzione dellartista, partito da una figurazione semplice e
legata alla tradizione, ma che arrivato a concepire alcune delle teorie
artistiche pi interessanti del 900.
Un percorso di ricerca lungo e fatto
di molte sperimentazioni, che caratterizza larte di Kandinsky come
qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.
Lapertura di grande impatto, con
la ricostruzione, per la prima volta
portata
fuori
dalla
Francia,
dell"ambiente artistico totale" ricreato nel 1977 dal restauratore Jean
Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque
guazzi originali con cui Kandinsky
decor il salone ottagonale della
Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.
Il percorso prosegue poi in ordine
cronologico, esaminando le tante
fasi vissute da Kandinsky. Gi dalle
prime opere lartista russo dimostra
una passione per il colore, le atmo-

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sfere di gusto impressionista e fauve con unattenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad
esempio i cavalieri, soggetti che si
trova ad affrontare allinizio del 900.
Abbandonata la Russia, Monaco
sembra offrire una vita migliore a
Kandinsky, che frequenta lAccademia di Belle Arti e si lega ad artisti
che sperimentano con lui un tipo di
arte ancora di gusto Art Nouveau:
il momento del gruppo Phalanx.
Dopo viaggi che lo conducono in
giro per il mondo insieme alla nuova
compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed l che, passo
dopo passo, nascer lastrattismo.
Gradatamente i disegni si fanno
piatti, il colore prende piede e nel
1910 vedr la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dellartista,
una valenza e un significato unico e
fondamentale.
Nel 1912, in compagnia dellamico
Franz Marc, nascer il celebre
Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kandinsky e che diverr anche un fortunato almanacco artistico. Seguir a
breve Lo spirituale nellarte, trascrizione del pensiero e della dottrina di
Kandinsky sullarte astratta.
Con lo scoppio della guerra Kandinsky costretto a tornare in Russia, momento in cui torner a una
fugace figurazione e in cui conoscer la futura moglie Nina. Nel 1922
accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a

Dessau come insegnante. Dopo la


chiusura nazista di questa prestigiosa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e citt allora pervasa dalle grandi novit
del cubismo e del surrealismo, corrente questultima, che influenzer
fortemente gli ultimi lavori dellartista.
Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli
blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto
amata della ville lumiere lasceranno
unultima suggestione nelle grandi
composizioni cos come nei piccoli
dipinti su cartone che Kandinsky
cre durante la Guerra.
In mostra sono presenti alcune delle
opere pi significative dellartista,
quelle che tenne per s costantemente appese in casa o che don
allamata moglie Nina, e che danno
quindi il resoconto esatto di unarte
che si rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi
irascibili, cos come, larte astratta
e lInformale ebbero un debito enorme nei confronti di questuomo
che ebbe il coraggio di dire che le
forme e i colori sono fondamentali,
spirituali, e che la pittura deve trasmettere lessenza pi profonda di
chi la crea e di chi la guarda.
Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio
2014 Orari: luned:14.30 - 19.30 dal
marted alla domenica: 9.30 - 19.30
gioved e sabato: 9.30 - 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

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La genesi dellopera di Pellizza da Volpedo


Il Quarto Stato, opera che inizia
simbolicamente il percorso del Museo del 900, viene ora studiato e
indagato nella sua genesi lunghissima, dieci anni, che ha portato al
suo compimento definitivo. A cura di
Aurora Scotti, la mostra presenta
circa trenta opere tra disegni e dipinti di Pellizza da Volpedo allestiti
nello spazio mostre al piano terra
del museo e una radiografia a grandezza naturale dellopera.
Cos come fu per l'acquisto dell'opera - nel 1920 tramite una pubblica
sottoscrizione - il Museo chieder ai
cittadini e ai visitatori di esprimere il
loro parere in merito a un eventuale
spostamento del capolavoro di Pellizza, trasformando cos l'atrio in sala museale.
Lartista, partendo da una formazione filosofico - storica, sente la necessit di trattare temi allora attuali
come le problematiche sociali e politiche dellItalia unita, in particolare
quelle dello sciopero e della protesta popolare, temi che affronta in
disegni e bozzetti ad olio realizzati
dal 1890, assecondando la convinzione che la pittura di storia doveva
trattare temi di assoluta contemporaneit.
Il lungo iter progettuale dellopera
segnato da due tappe fondamentali:
Ambasciatori della fame (1892) e
Fiumana (1895-96). Una lunga elaborazione che rese lartista consapevole della propria missione intellettuale. A ogni fase corrisponde infatti una peculiare sperimentazione
compositiva e tecnica, il cui sviluppo

pu essere seguito lungo le tre sezioni della mostra, dove sono esposti i bozzetti, i disegni preparatori e
alcune analisi radiografiche.
La prima versione dellopera Ambasciatori della fame, e gi da questa versione Pellizza sceglie il luogo
e il tempo dell'azione: la piazza davanti a palazzo Malaspina, a Volpedo, simbolo del potere signorile di
antica data. Nella luce di un mattino
primaverile - il 25 aprile sullimbocco di Via del Torraglio,
Pellizza fece avanzare un gruppo di
lavoratori guidati da due portavoce
dal piglio deciso in primo piano e
affiancati da un ragazzo pi giovane.
Nel corso del 1893-94 decise di riproporre il tema in un nuovo quadro
di pi grandi dimensioni, cercando
di mettere meglio a fuoco il gruppo
centrale dei personaggi. Abbandonata la tecnica a larghe pennellate,
adotta una tecnica divisionista a
piccoli punti e linee di colori disposti
in modo puro sulla tela, per raggiungere effetti di luminosit ed espressivit. Nel nuovo bozzetto, eseguito nel 1895, Pellizza elimin il
punto di vista dallalto per una presa
diretta frontale dei suoi protagonisti:
numerose figure di artigiani e contadini che avanzano guidati dai due
capi della rivolta affiancati ora da
una donna con un bimbo in braccio,
ritratto di Teresa, moglie dellartista.
Di l a poco vedr la luce Fiumana, il
cui titolo allusivo allingrossarsi
della schiera dei lavoratori, paragonabile ad un fiume in piena, puntan-

do sulla diffusione del messaggio


idealmente rivolto a tutti i lavoratori
e sulladesione di massa ad esso.
Nel 1898 Pellizza decise di riaffrontare il tema su una tela ancora pi
grande, ricominciando a eseguire
disegni per tutte le figure e facendo
nel 1899 un nuovo bozzetto dalle
cromie calde e intense a cui diede
per titolo Il cammino dei lavoratori.
Ancora una volta alla rielaborazione
pittorica il pittore accompagn letture sempre pi attente alle problematiche sociali. Il risultato fu un nuovo
cambio dimpostazione, sostituendo
alla massa indistinta di lavoratori
una sequenza di uomini e qualche
donna disposti su pi file a occupare tutta la scena.
A questa tela Pellizza lavor incessantemente dal 1898 al 1901,
quando scelse di intitolarla Il Quarto
stato. La tela divenuta dunque il
simbolo della fiducia che il cammino
di lavoratori avrebbe portato ad un
futuro migliore, anticipando e incarnando una delle forze motrici del
Ventesimo secolo. Una mostra per
ripercorrere gli studi, i disegni e i
tentativi che hanno preceduto
lopera, divenuta un simbolo universale e che ora diventer uno dei
simboli di Expo 2015.
Giuseppe Pellizza da Volpedo e il
Quarto Stato. Dieci anni di ricerca
appassionata Museo del '900 Spazio mostre fino al 9 marzo 2014 Costo: intero 5, ridotto 3 Orari: lun.
14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e dom.
9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 - 22.30

Musica e grandi emozioni per i Visitors di Ragnar Kjartansson


The Visitors, la mostra installazione
di Ragnar Kjartansson allHangar
Bicocca, una di quelle ormai rare
mostre-esperienze darte che lasciano davvero qualcosa allo spettatore, che commuovono e che ci
fanno sentire parte di qualcosa, di
unesperienza lirica ed emozionante.
Lartista islandese, gi affermato
sulla scena internazionale e sperimentatore di vari linguaggi, come la
musica, il teatro e il cinema, propone una grande e suggestiva installazione di nove video proiezioni in
scala 1:1, per una mostra di grandissimo successo che stata prorogata fino al 5 gennaio 2014.
The Visitors, il cui titolo rimanda
allultimo e malinconico album degli
ABBA, racconta una storia musicale. Nove musicisti diversi, tutti amici

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di Kjartansson, cantano e suonano


visivamente in contemporanea per
pi di unora, ognuno con il proprio
strumento, la stessa canzone, una
poesia intitolata Feminine Ways,
composta dallex moglie dellartista
e musicata da Kjartansson stesso.
I musicisti, tra cui le sorelle fondatrici della band Mm e alcuni membri
dei Sigur Rs, sono ripresi da una
videocamera fissa, allinterno di nove stanze differenti, tutte parte di
una antica e malinconica dimora di
propriet della famiglia Astor,
nellUpstate di New York. In uno dei
video, in cui viene ripresa lottocentesca veranda della casa, sono
presenti anche alcuni dei proprietari
stessi, che interpretano una sorta di
coro e di accompagnamento vocale.
Le nove tracce audio e video sono
girate separatamente, ma vengono

proiettate in contemporanea sui


grandi schermi, per far s che lo
spettatore venga circondato, nonch reso partecipe, di questa straordinaria performance ed esperienza sensoriale. Non solo la melodia
straziante e commovente in alcuni
momenti, ma anche la fotografia
delle scene, che sembrano tableaux
vivant daltri tempi, riesce a proiettare lo spettatore al centro di questa
situazione, estraniandolo totalmente
dalla realt quotidiana che lo aspetta dietro la porta dingresso.
Figura trainante dellintera opera
proprio lartista stesso, che canta,
accompagnato da una chitarra, in
una vecchia vasca da bagno, facendo da direttore dorchestra a
questo improbabile e suggestivo
coacervo di artisti islandesi che tramite cuffie, seguono il ritmo, suona-

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no, cantano, e sono parte dellopera.
Kjartansson non nuovo a questo
tipo di operazioni, che vogliono esprimere concetti per lui fondamentali: la forza della musica, le sensazioni e le connessioni psicologiche
che una melodia pu creare, larte
come forza di collaborazione tra diverse persone ed elementi, lamore
per la performance. Si potrebbe dire
molto altro. In realt meglio lasciar
la magia e la sorpresa della scoperta di questopera, cos forte emozio-

nalmente e di grande impatto emotivo.


In contemporanea sar possibile
visitare la mostra Islands, di Dieter
Roth e Bjorn Roth, artisti tedeschi,
padre e figlio, maestri dellaccumulazione e del creare opere in cui si
uniscono pittura, scultura, fotografia,
video ed editoria. Senza dimenticare una serie di opere fatte interamente di zucchero e cioccolato, inediti busti ritratto dartista.

Ragnar Kjartansson The Visitors a cura di Andrea Lissoni e Heike Munder. La mostra riaprir gioved 5 dicembre. prorogata fino al
5 gennaio 2014.
Dieter Roth Bjrn Roth - Islands a
cura di Vicente Todol Fino al 9 febbraio 2014
HANGAR BICOCCA via Chiese 2
Orari: Lun-mar-merc: chiuso Gioven-sab-dom: 11-23 Entrata gratuita

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso

un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture


che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

Il marmo vivo di Rodin


Sessanta sculture e un allestimento
che sembra un cantiere in corso,
per dare lidea di un atelier vivo ma
in momentaneo riposo. Cos la sala
delle Cariatidi stata invasa e resa
un cantiere artistico tutto in divenire,
creato appositamente per ospitare i
preziosi marmi di Auguste Rodin,
celebre scultore francese, protagonista della rassegna pi completa
sulle opere in marmo del maestro
francese.

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Tre le sezioni presentate, che illustrano temi e modi del lavoro di un


artista che, al pari di Michelangelo,
ha saputo trasformare un materiale
difficile come il marmo in qualcosa
di tenero e seducente.
Lillusione della carne e della sensualit infatti il tema intorno a cui
si sviluppa la prima sezione, nella
quale sono raccolte alcune opere
giovanili e di stampo classico. Protagonista indiscusso di questa prima
parte Il bacio, che spicca, anche

per dimensioni, su tutta la sala, e


che fece scalpore nella Francia di
fine Ottocento per la libert e la
sensualit dei due amanti colti in un
gesto proibito.
La seconda sezione propone alcune
fra le sculture pi conosciute di Rodin e dimostra la piena maturit del
maestro anche dal punto di vista
della capacit di elaborazione delle
figure che emergono dai candidi
blocchi di pietra. Accanto a ritratti di
grande intensit, lontani dalla fredda

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precisione dinizio carriera, come il
busto dedicato alla compagna di
una vita Rose Beuret, si alternano
richiami alleros e alla disinibita ricerca formale ed estetica del maestro, manifestando la sua necessit
di tentare nuovi percorsi scultorei.
Qui le commoventi Mains damant
sono un richiamo lirico allamore e
alla sensualit, ma lasciano gi pienamente comprendere il lavoro di
recupero della tradizione che Rodin
conduce insieme allaffermazione di
una nuova idea di scultura.
La poetica dellincompiuto caratterizza la terza sezione dove c il trionfo del non finito, espediente che
rimanda immediatamente a Michelangelo e che Rodin rielabora in una
chiave di assoluta novit.
Una mostra che spiega anche la
modernit del pensiero di Rodin, gi

conscio dellimportanza di avere


opere darte riproducibili e che
chiama a lavorare con alcuni tra i
pi valenti maestri lapicidi dellepoca, diretti e indirizzati proprio da
Rodin stesso nel creare e sbozzare
marmi preziosi. Scrive Aline Magnien conservatore capo del patrimonio del Muse Rodin di Parigi:
Se la mano dello scultore fondamentale per i suoi interlocutori,
evidente come Rodin tenga separate le cose: da una parte lideazione
e il modello, di cui si assume la piena responsabilit, dallaltra lesecuzione, aperta mente delegata e
alla quale non esita a far partecipare il committente, a cui lascia talvolta scegliere il titolo che preferisce.
Rodin era considerato un maestro
ineguagliabile, i contemporanei dicevano che davanti a lui la materia

tremava. Dominatore di quella


stessa materia, il marmo gli permetteva di studiare la luce e la vita, cos
come il bronzo era strumento per
studiare le ombre. E alcuni marmi
sembrano vivi davvero, sembrano
scavare e farsi strada tra la materia
grezza e incompiuta di alcune opere, e che a fatica fa emergere volti
di fanciulle, amanti abbracciati, mani
che si rivolgono al cielo.
Rodin il marmo, la vita Palazzo
Reale - Sala delle Cariatidi Fino al
26 gennaio 2014 Orari Luned dalle
14.30 alle 19.30 Marted, mercoled,
venerd, domenica dalle 9.30 alle
19.30 Gioved e sabato dalle 9.30
alle 22.30 Biglietti: Intero 11,00,
Ridotto 9,50

Autunno Americano parte 2: Andy Warhol


Dopo la grande mostra in Triennale
del 2004, e una monografica di
stampe al Museo del Novecento
questa primavera, Andy Warhol torna a Milano con una super esposizione: le opere della collezione di
Peter Brant. La mostra si presenta
subito come una grande retrospettiva del lavoro dellartista originario di
Pittsburgh, comprendente alcune
delle sue opere pi famose e conosciute a livello mondiale, per un totale di oltre 150 opere darte, tra dipinti, serigrafie, sculture e fotografie.
La mostra, curata da Francesco
Bonami e dallo stesso Peter Brant,
sar unoccasione interessante per
approfondire la figura, a torto ritenuta spesso solo superficiale e frivola,
di Andy Warhol, artista invece ben
pi complesso e tormentato. Peter
Brant, magnate americano, fu intimo
amico di Warhol, e ad appena
ventanni inizi a comprare i lavori
dellartista, partendo proprio dalla
famosa lattina di zuppa Campbell
riprodotta da Warhol.
Sar un legame lungo tutto una vita
quello che accompagner lavventura di Brant e Warhol, che vissero
e segnarono insieme i pazzi anni
60 e 70 della scena newyorchese.
Un sodalizio di vita e lavoro il loro,
che sfocer nella collaborazione
tramite la rivista Interview, fondata
dallo stesso Warhol nel 1969 e acquistata da Brant e dalla sua casa
editrice dopo la morte dellamico,
avvenuta nel 1987 in seguito ad
unoperazione chirurgica finita male.
La mostra presenta capolavori assoluti, che caratterizzano la collezione Brant come una delle pi importanti e significative a livello internazionale rispetto alla produzione

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warholiana. Attraverso un percorso


cronologico si potr ricostruire a tutto tondo la figura di Warhol, partendo dai suoi inizi come grafico e
pubblicitario, famoso gi allepoca
per rivoluzionari e particolarissimi
disegni di calzature femminili e per il
suo atteggiamento irriverente.
La pubblicit per era solo linizio.
Warhol voleva far parte dellelite artistica, ecco perch si rivolse sempre pi allarte e al mondo pop, ovvero a quel substrato culturale che
coinvolgeva tutti gli americani, dal
Presidente alluomo comune. Il suo
universo si popola di lattine di zuppa, di Coca-Cola, di scatole di detersivo Brillo; dalle sue tele si affacciano Liz, Marilyn, Elvis, Jackie e
tanti altri divi osannati dallAmerica,
e che per ebbero anche, quasi
Warhol fosse stato un profeta, fini
tragiche o destini infelici. Come a
dire, lapparenza, nonostante i colori
e i sorrisi smaglianti, inganna.
Una presa di coscienza di quello
che lamericano medio aveva sotto
gli occhi tutti i giorni, visto al supermercato o sui giornali, e che Warhol
ripropose ingrandito, ripetuto fino
allo sfinimento, disarticolato, sovrapposto e modulato, ma senza
mai criticare. Anzi. La pop art di
Warhol lontanissima dal voler lanciare invettive contro il consumo
smodato o il capitalismo. Warhol
stesso ci era cresciuto, e la cosa pi
naturale per lui era proprio partire
da quello che conosceva meglio e
che poteva riguardare tutti. Senza
messaggi nascosti o significati troppo profondi.
Oltre ai famosi Flowers multicolor e
ai ritratti di Mao, paradossale vera
icona pop, la mostra propone anche

le rielaborazioni che Warhol fece di


un grande classico come lUltima
Cena di Leonardo; cos come stupiranno una serie di Portraits, di autoritratti che lartista si fece grazie alle
polaroid che amava tanto, e che usava per riprendere anche i suoi
amici Mick Jagger, Diana Ross e
Jane Fonda. Tutti presenti in mostra.
Emerge cos un Warhol non solo
mondano e padrone del suo palcoscenico, la celeberrima Factory, in
cui numerosi assistenti producevano effettivamente le sue opere, ma
anche un Warhol pi introverso,
spaventato forse da quella celebrit
raggiunta e cercata, ma che era diventata perfino pericolosa. Fu infatti
vittima di un tentato omicidio, per
mano di una femminista, e dal quale
si salv per miracolo nel 1968.
Vittima di un diverso colpo di arma
da fuoco fu invece una delle opere
pi famose di Warhol, una Marilyn
blu che venne colpita da un proiettile in piena fronte, sparato senza
motivo da unamica dellartista nel
1964. Da quella data lopera venne
chiamata, per lappunto, Blue Shoot
Marilyn. Ennesimo esempio del circo che circondava lartista e che lui
osservava quasi in disparte, dietro i
suoi occhiali da sole e al riparo di
una parrucca argentata.
Warhol, dalla collezione Peter
Brant Palazzo Reale fino al 9 marzo 2014 Orari: Luned: 14.3019.30
Dal marted alla domenica: 9.3019.30 Gioved e sabato: 9.30-22.30
Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,50
euro.

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Il volto del 900: capolavori dal Pompidou di Parigi


Cosa ci fanno insieme capolavori di
Matisse, Bacon, Mir, Picasso, Magritte e unaltra cinquantina di artisti
del secolo scorso? Sono solo alcuni
dei protagonisti indiscussi della mostra Il Volto del 900, antologica con
80 opere darte provenienti dal prestigioso Centre Pompidou di Parigi
e che ripercorre la storia del ritratto
dallinizio del 900 ai (quasi) giorni
nostri.
Il ritratto una delle forme darte pi
antiche della storia, il cui uso variato molto nel tempo, a seconda
dellepoca e delle classi dominanti.
Dallarte egizia al Rinascimento,
dalla nascita della borghesia alla
ritrattistica ufficiale, il ritratto stato
veicolo di rappresentazione di mondi interi, ognuno col suo codice linguistico, di valori e di simboli. E nel
'900? Il ritratto sembra essere giunto alla resa dei conti con la grande
invenzione della fotografia:un confronto/scontro che se da una parte
lo ha condotto allemarginazione dal
punto di vista utilitario, dallaltra ne
ha fatto riscoprire anche un nuovo
utilizzo e un nuovo potenziale, come
si resero conto anche gli stessi Impressionisti gi dalla fine dell'800.

Il 900 stato il secolo difficile, nella


storia come nellarte. Gli artisti, testimoni di guerre e genocidi, si sentono impossibilitati a esprimere il
volto umano delle persone, ed ecco
allora che ne rappresentano il volto
tragico. La nascita della psicanalisi
di Freud, lannientamento dellIo
singolare a favore di un Io di massa
portano a rivoluzionare il ritratto,
che diventa non solo rappresentazione fisica ma anche e soprattutto
rappresentazione intima e interiore
del soggetto.
Le avanguardie si scatenano: rovesciano tutti i canoni, lastrazione entra prepotente, i colori si allontanano
dalla realt, i soggetti non sono pi
seduti in posa nello studio
dellartista ma vengono copiati da
fotografie prese dai giornali, dando
vita a opere fino a qualche anno
prima impensabili, di grande rottura
e scandalo. Picasso (in mostra con
3 lavori) docet.
La mostra, curata da Jean-Michel
Bouhours, conservatore del Centre
Pompidou, presenta sei sezioni tematiche, incentrate su temi filosofici
o estetici. I misteri dellanima,
lautoritratto, il formalismo, il surrealismo, caos e disordine e infine larte

dopo la fotografia coinvolgeranno il


visitatore in questa galleria di opere
che si snoda da sculture di eccezionale valore, come la Musa dormiente di Brancusi, e il Ritratto del fratello Diego, di Alberto Giacometti;
passando per lautoritratto angosciante di Bacon e quello a cavallo
tra futurismo e cubismo di Severini;
senza dimenticare i dipinti stranianti
di Magritte e Mir, e per poi concludere, con molti capolavori nel mezzo, con liperrealismo di Chuck Close e il Nouveau Realisme di Raysse.
In un mondo in cui siamo bombardati di immagini e i nostri autoritratti
impazzano sui social network, la
mostra del Pompidou aiuta a contestualizzare e a comprendere perch
questa fame di immagini ci , forse, scaturita.

ll Volto del '900. Da Matisse a


Bacon - I grandi Capolavori del
Centre Pompidou Palazzo Reale
Fino al 9 Febbraio 2014 Prezzi: Intero 11 euro, ridotto 9,5 euro. Luned 14.30-19.30; da Marted a Domenica 9.30-19.30; Gioved e Sabato:
9.30-22.30

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Antonio Greppi e Bianca Dal Molin
Dieci vite in una sola
Edizioni l'Ornitorinco, Milano, 2013
pag 190 euro15

Antonio Greppi
Novant'anni di socialismo
a cura di Jacopo Perazzoli
Edizioni l'Ornitorinco, Milano, 2013
pag 220 euro16
I centoventi anni dalla nascita di Antonio Greppi, Sindaco della Milano
liberata, non sono un anniversario
d'occasione. Non lo sono perch il
2014, lo si voglia o meno, l'anno
decisivo per il successo di Expo
2015. Successo legato all'efficacia
dell'impegno che la Citt sar in
grado di produrre in questi ultimi
mesi.
Ora, la recente pubblicazione, quasi
contemporanea, di due volumi che
hanno per protagonista Antonio
Greppi, come autore e come personaggio chiave della storia recente di
Milano, ripropongono il trinomio, eti-

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

ca, politica e azione amministrativa,


come modello interpretativo e chiave di lettura per una valida indagine,
sul piano scientifico, del periodo della prima ricostruzione di Milano e
del Paese. Indagine in bilico, ancora
nella storiografia degli anni ottanta/novanta, tra profilo riformista e di
modernizzazione della giovanissima
Repubblica, da un lato, e giudizi
perplessi sul periodo centrista a sulle sue conseguenze, anche di lungo
periodo, dall'altro.
Cos, ad esempio, nella riflessione
non dichiaratamente marxista, si
diffusa l'idea della ricostruzione co-

me momento di speranza e di attesa, ma pur sempre attesa, di transizione verso nuovi e pi stabili equilibri politici, che si sarebbero compiuti almeno quindici anni pi tardi
con l'estensione della collaborazione politica e di governo al Partito
Socialista e con la nascita del centro-sinistra.
Ne risultata una quasi cancellazione, mai dichiarata n analizzata
con determinazione, dei fermenti e
delle lacerazioni presunti nel mondo
cattolico, in quello socialista e nei
gloriosi brandelli di quello azionista;
e dell'aspra dialettica sulla modalit

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di attuazione dello sviluppo del Paese (mai peraltro, confuso con la pi


banale e volgare "crescita"), sulla
scelta cruciale di puntare a una accelerazione sempre pi rapida, in
parallelo con le altre democrazie
europee, ovvero di preparare una
prudente e rassicurante stabilit sociale, su come, in sostanza, conciliare modernit e tradizione, mercato ed etica, societ industriale e valori della tradizione (cattolica o socialista).
Il robusto filone di coloro che hanno
condiviso la delusione per gli esiti,
considerati minimali se non fallimentari, del rinnovamento morale e politico avviato dalla Resistenza ("la
Costituzione del '48 nient'altro
che una rivoluzione promessa a
fronte di una rivoluzione mancata",
diceva Calamandrei) ha preferito
considerare il decennio della ricostruzione come una parentesi oscurata da una nebbia opprimente, con
ricorrenti violazioni della Carta fondamentale, rimasta inattuata nelle
sue linee di fondo, e solo in apparenza davvero riformista.

Raramente la storiografia pi accreditata, anche sul piano accademico,


riuscita a ricostruire con certezza
le reali complessit della fase politica del decennio (e ancor pi del
quinquennio) successivo alla Liberazione e di alcune fondamentali
(vorremmo dire storiche) linee di
tendenza: l'impegno riformista e
l'accanita difesa dello sviluppo della
democrazia, intesi come accettazione della mediazione tra ceti e interessi, che anche le riforme pi incisive debbono possedere, in paesi a
democrazia consolidata, pena la
rottura del patto sociale.
Ora gli scritti di Antonio Greppi e su
di lui, proposti nei due volumi, testimoniano, in qualit di preziosi documenti di cultura politica "materiale", quanto in quegli anni l'opera delle forze di governo e di opposizione
fosse estremamente difficile, sia per
la rapidit dei processi di rinnovamento, sia per una dialettica sociale
e politica profondamente aspra, che
le istituzioni erano chiamate a gestire, senza poter contare su adesioni
politiche solide e diffuse, tanto che

lo stesso assetto democratico complessivo del paese apparve pi di


una volta in pericolo, o quanto meno
messo in aperta discussione.
Ma la scommessa fu vinta da Antonio Greppi, nel periodo cruciale della sua sindacatura, perch egli sapeva che, consolidandosi il processo democratico, la vittoria non sarebbe mancata.
Quando la sera del 7 aprile del 1951
il Consiglio Comunale concluse i
propri lavori, con il riconoscimento,
da parte degli esponenti di ogni
Gruppo, che molto era stato fatto
per Milano, Greppi rispose: "Possiate essere fortunati, sempre pi fortunati, ma non vi conceda mai il destino niente che non abbiate conquistato con i vostri meriti, con la
vostra intelligenza e con il vostro
coraggio, perch cos vuole la dignit democratica, per la quale abbiamo voluto essere in ogni ora del nostro mandato un esempio onorevole
seppure modesto".
Paolo Bonaccorsi

CINEMA
questa rubrica a cura di Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Philomena
di Stephen Frears [Francia, Regno Unito, USA, 2013, 98']
con Judi Dench, Steve Coogan
soggetto dal libro di Martin Sixsmith The Lost Child of Philomena Lee
Le voglio parlare di mio figlio. Me
lhanno portato via. Non ho mai
smesso di cercarlo. Cos Philomena chiede aiuto a un giornalista per
ritrovare il figlio sottrattole da un
convento cattolico in cui era stata
segregata dai genitori cinquanta
anni prima, per la vergogna di essere rimasta incinta poco pi che adolescente. Le suore la costrinsero a
vendere il figlio a una ricca famiglia
americana (oltre 4000 bambini verranno strappati alle giovani madri in
quegli anni con il consenso silenzioso della chiesa cattolica).
la storia vera (mai come in questo
caso calza il termine giornalistico
vita vissuta) di unanziana signora
irlandese che intraprende un viaggio
al di l delloceano in cerca di un
amore spezzato violentemente.
Quasi un road movie di due persone
distanti in convivenza forzata: una

donna semplice e forte (interpretata


da una verissima Judie Dench), e
un giornalista frustrato e arrabbiato
(interpretato da un controllato ma
intenso Steve Coogan).
La storia grande del dolore di una
madre a cui hanno strappato il figlio,
con il procedere del film lascia sempre pi spazio alla storia piccola di
una relazione tra due persone,
mondi lontanissimi per cultura e
temperamento (gli imbarazzi al ristorante e in albergo, le dettagliate
relazioni di improbabili romanzi, la
ricerca di una chiesa per una confessione che non avverr, sono
spunti per far sorridere e capire)
C grande controllo (furbizia o maestra? non importa) da parte del
regista inglese Stephen Frears
nellalternare lacrime, humor e denuncia sociale. Melodrammatico
lintento iniziale del giornalista di

seguire questa storia per ricavare


un successo personale ormai perduto; melodrammatici i romanzi rosa
che affiancano la vita di Philomena;
ma il film procede senza facili consolazioni alla ricerca della verit e
dellignoto.
Una parola fa da sfondo a questo
ritratto di vita: la parola perdono,
perdono per se stessi, perdono per
chi non capisce, perdono per il passato. E il perdono di Philomena non
assolutorio, non si astiene dalla
volont di denuncia, ...che il mondo
sappia.
Il giornalista supponente e la donna
con una fede irriducibile, si sfiorano
per un attimo, un attimo solo, davanti a un inquietante cimitero irlandese.
Renal

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

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rubriche@arcipelagomilano.org
23 gennaio: la morte del cigno, Anna Pavlova
Il 23 gennaio di ottantr anni fa
(1931) a Den Haag nei Paesi Bassi
morta una leggenda, morto il
cigno, morta Anna Pavlovna Pavlova. Tornava in treno da LAia da
una vacanza, verso una tourne in
Germania e in patria, ma era vestita
troppo leggera, si ammal e mor di
pleurite tenendo in mano il proprio
tut del Cigno, che aveva fatto la
sua fortuna nel mondo.
Per lei il grande coreografo Michail
Fokin (noto pi alla francese come
Michel Fokine) aveva creato nel
1901 forse la pi famosa e ambita
variazione, La morte del cigno sul
pezzo Il cigno tratto dal Carnevale
degli animali di Camille SaintSans. Questa coreografia ha segnato per sempre il balletto del Novecento e, dopo laddio al Teatro
Kirov di Leningrado (oggi Mariinskij
a San Pietroburgo) per una carriera
internazionale di promozione della
danza l dove non cera, la Morte
del cigno diventata il simbolo della
danza russa nel mondo, il connubio
perfetto di virtuosismo tecnico e in-

tensa espressivit, che in Anna Pavlova ha trovato la sua inarrivabile


interprete. A lei tuttoggi le pi grandi ballerine si ispirano quando si cimentano nellesecuzione.
Nella sua autobiografia Piedi danzanti. Il senso della mia vita (in originale Tanzende Fe. Der Weg
meines Lebens) Pavlova testimonia
come lei abbia cambiato il modo di
concepire la ballerina: infatti, per
tutto lOttocento la ballerina era una
donna muscolosa, forte e abbondante (come si pu bene vedere nei
quadri di danzatrici di Degas). Pavlova era una ragazza alta, snella
dai piedi molto arcuati, quindi molto
delicati, esattamente come oggi
concepita la danzatrice. Racconta
che in Europa allinizio della sua
carriera internazionale con i Ballets
Russes di Sergej Djagilev ha avuto
molti detrattori; ma quando arriv in
America con il suo cavallo di battaglia, il successo fu clamoroso. Da
allora, anche lEuropa e la patria ha
amato e continua a ricordare il
grande genio di Anna Pavlova.

Famosi sono i ports de bras del Cigno. Per grande fortuna possibile
vedere qualche fotogramma di Pavlova anche su YouTube, le sue
braccia che mimano alternatamente
la ali o il collo del cigno danno
allesecuzione un intenso pathos
espressivo, capace di commuovere
ogni spettatore. Dopo lindiscusso
successo della Morte del cigno, anche il balletto ajkovskiano Il lago
dei cigni ha subito linfluenza dei
ports de bras di Pavlova e lei stessa
per prima in uninterpretazione di
Odette ha inserito le braccia del Cigno. Infatti, nellOttocento le coreografie di Odette non prevedevano
ampi e dolci movimenti di braccia;
dopo Pavlova non c esecuzione di
Odette che non preveda i ports de
bras del Cigno. E da allora a causa
di Pavlova non c spettatore profano del balletto che non confonda Il
lago dei cigni di ajkovskij con La
morte del cigno di Fokin.
Domenico G. Muscianisi

GALLERY

VIDEO

STEFANO BOERI: LA NUOVA COLLOCAZIONE DELLA PIET RONDANINI


http://youtu.be/feVgg9k1GLQ

n. 03 VI - 22 gennaio 2014

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