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RENZO VILLATA, Milano 2004, pp. 1-105, in particolare pp. 63-65 e bibliografia ivi citata, e soprattutto, della Stessa, lIntroduzione a questo volume.
V. altres C. VALSECCHI , La letteratura consiliare, in Bibliotheca Senatus Mediolanensis. I libri giuridici di un Grande Tribunale dancien rgime, direzione scientifica A. PADOA SCHIOPPA G. DI RENZO VILLATA, Milano 2002, pp. 156157, nota 4.
(4) Si ormai lontani dal significato tecnico e processuale che rivestivano le allegazioni in epoca medievale, nellambito della procedura romanocanonica (cfr., tra gli altri, A. G OURON, Utriusque partis allegationibus auditis, in Justice et justiciables, Mlanges Henri Vidal, Montpellier 1994, pp. 35-45).
In ogni caso, la forma tipografica senzaltro conferiva alle allegazioni det
moderna un quid in pi, le proiettava in una dimensione di possibile riutilizzo futuro, tale da avvicinarle ai pareri pro veritate: G.B. DE LUCA , Dello stile
legale, in Il dottor volgare ovvero il compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale e
municipale ..., vol. IV, Firenze 1843, lib. XV, cap. VII, passim. Sulla trattazione
in materia di allegationes del cardinale De Luca, cfr. R. GIANESINI , Le stampe
ad lites della Biblioteca Civica Vincenzo Joppi di Udine. Scritture di parte, allegazioni,
sommari, aggionte nel diritto processuale civile veneto, Presentazione di p. SERGIO
PAGANO, B., Firenze 2003, pp. 66 ss. Circa le stampe delle carte giudiziarie e
la loro origine consuetudinaria, secondo il parere dato nel 1790 da un consultore in iure della Terraferma veneta, Pietro de Franceschi, ibidem, pp. 55 ss.
Tra laltro, nel saggio si sottolinea il tentativo fraudolento, proprio tramite la
tiratura a stampa, di dare veste processuale valida a documenti non processuali, prassi comprovata dalla normativa veneta coeva: ibidem, p. 70.
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Oltretutto, questi atti consentono di accostarsi ad una importante magistratura di antico regime, quale senzaltro fu il Senato di
Milano, da un angolo visuale privilegiato.
Nelle allegazioni, infatti, si delinea il volto del tribunale attraverso lo sguardo della parte che agisce in giudizio per la tutela dei propri
diritti, per ottenere quella giustizia di cui il consesso sempre si ritenne depositario e custode.
Nelle Allegationes non c il Senato esaltato dalla dottrina, celebrato nella sua stessa giurisprudenza, bens il sommo giudice visto
dal basso, per cos dire, lungo un arco di tempo piuttosto esteso
si giunge oltre la met del Settecento senza che, nel succedersi dei
secoli rappresentati negli atti conservati, sussulti o cambiamenti significativi interessassero il modus procedendi et iudicandi della suprema
corte.
Certo, a volte accade che i causidici e i giureconsulti che sottoscrivono le suppliche e le memorie di parte siano gli stessi autori di
raccolte di consilia o trattati cui attingere per ricostruire la prassi senatoria lombarda di quei secoli, e ci pu dirsi soprattutto per il Seicento.
Si pensi, ad esempio, a Francesco Redenaschi (5), a Giuseppe
Dondeo (6), a Cesare Carena (7) oppure a Francesco Antonio Tran
(5) FRANCESCO REDENASCHI (1604-1651), giurista collegiato cremonese e senatore, fu autore di una raccolta di pareri (Consilia sive responsa, Ticini
Regii 1652) e la sua firma compare varie volte, quale advocatus, nelle allegazioni lombarde dellepoca: ad esempio, v. 67.XI.C.078.35, De deductionibus
praetensis per Paulam Castronouatam, super bonis n. q. Eq. Bongaleatiij Castronouati, Prohibitio alienationis bonorum a Domino Equite Bongaleatio a
Castronouato facta in haec verba, Milano 1647, per un atto difensivo di parte
coram Senatu, nella lite intorno ad un fedecommesso di famiglia, in favore dei
fratelli Giovanni Battista e Francesco Castronovati; 67.XI.G.012.26, Memoriale delli Sindici del Contado di Cremona, [dopo 1633], in materia fiscale, redatto in
italiano e non destinato al Senato. Su di lui si rimanda alla bibliografia citata
in MONTI, Iudicare cit., nota 37, p. 157.
(6) GIUSEPPE D ONDEO (Consultationes, Mediolani 1667), originario di
Tortona, divenne cittadino milanese: per le scarse notizie biografiche v. i
riferimenti citati in MONTI, I formulari cit., nota 208, pp. 77-78. Tra le
allegazioni sottoscritte da lui, tutte in cause diverse, v. 67.XI.C.078.26, Pro
D. donna Maria Opizzona adversus D. Quaestorem Don Ioannem
Salvaterram primus articulus, an pactum de quo in instrumento dotalis de
stando libris D. Quaestoris Don Ioannis valeat, ita ut in eis contenta non
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chedini (8), per citarne alcuni, il cui nome ricorre in calce a vari atti
raccolti tra le Allegationes.
Il carattere di queste carte processuali rimane per, nel suo insieme, molto differente rispetto alla produzione della giurisprudenza
consulente.
Lo si nota subito nei toni, nello stile pi semplice e diretto,
spesso meno accurato, nelle citazioni a volte frettolose e poco precise, oltre che negli esiti perseguiti, molto concreti, aderenti alle precise
fasi dellandamento processuale.
Si tentava, nelle allegazioni, di orientare la decisione del Senato
nel caso di specie: ci si concentrava nel suggerire la norma applicabile, scelta nel coacervo di fonti in cui si sostanziava il diritto vigente, e
a tal fine si richiamavano le opinioni dei giuristi e la prassi, affinch
trionfasse linterpretazione pi favorevole al cliente, ergo alla parte in
causa.
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ria tipologia, si possono qui ricordare, a campione, tra le innumerevoli, la Series facti et iurium nella causa del luogo pio Santa Corona
contro la citt di Milano, per la vendita dei redditi sul perticato rurale
(9).
Il tema era di grande attualit allepoca e, nella fattispecie, non
coinvolgeva privati cittadini, bens una comunit e unaltra istituzione, che si occupava di carit, entrambe rappresentative di una societ
ancien rgime, organizzata per corpi e per ceti, delle sue tensioni sociali ed ecomiche, oltre che giuridiche.
Comunque, al di l dei contenuti specifici, conviene cercare di
collocare questa Series facti et iurium nel preciso contesto di un processo svoltosi davanti al Senato negli anni Settanta del Settecento.
Esaurita la fase istruttoria dei procedimenti civili coram Senatu
innanzi al commissario della causa, costui riferiva in Senato (10).
Ebbene, in quelloccasione, il senatore relatore doveva rendere partecipe il collegio dei fatti di causa e delle risultanze istruttorie, indi si
dava lettura dei documenti e degli atti prodotti, nonch delle suppliche e delle allegazioni delle parti.
La procedura poteva essere piuttosto lunga e quindi, tra laltro,
si invitavano i contendenti a concordare il fatto. Qualora ci non
fosse possibile, ciascuno presentava la propria versione ed verosimile che latto citato fosse proprio destinato a questo scopo.
Nel secolo XVIII inoltrato, la prassi seguita nelle relazioni, del
tutto estranea alle esigenze di celerit dei processi, venne pi volte
criticata.
Gabriele Verri, ad esempio, ne individuava il punto dolente nella prolissit degli atti di parte, che facevano perdere molto tempo al
Senato (11). E, in merito, le Allegationes sono davvero istruttive: ci si
rende conto direttamente di ci che egli intendeva: non si badava
certo a risparmiare inchiostro.
Si incontra poi, sempre a campione, la Publica dissertatio habita
coram Senatu excellentissimo, di met Settecento, a cura degli avvocati
(9) 67.XI.C.073.06, Series facti et iurium in causa ve. Loci pii Sanctae
Coronae cum illustri civitate Mediolani, Milano 1775, ma v. anche
67.XI.C.073.05, Pro ven. L.P.S. Coronae cum illustri civitate Mediolani, Milano 1775.
(10) MONTI, Iudicare cit., pp. 245 ss.
(11) Ibidem, spec. pp. 256 ss.
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compendio degli atti della causa tra Carlo Brentani Cimaroli e sua figlia Maria Valburga, con inserita in copia la decisione del Senato del
26 giugno 1781(16), oppure, gli atti di parte circa il fedecommesso
istituito da Giovanni Paolo Crivelli per testamento, con un estratto
dellatto di ultima volont in questione (17), o, ancora, memoriali in
merito ai fedecommessi ascendente e trasversale dei Sitoni di Scozia
(18), ovvero redatti per la vertenza concernente il fedecommesso istituito per testamento da Gaspare Antonio Bonesana nel 1712, decisa dal Senato nel 1743, come annotato in calce, per citarne soltanto
alcuni (19).
Tuttavia, come anticipato, per i secoli XVII e XVIII, quantomeno fino alle riforme giuseppine che innovarono il sistema del processo lombardo (20), il pi delle volte sono proprio le preces, le suppliche delle parti che aprivano il giudizio coram Senatu, oppure pi
semplicemente che impetravano un provvedimento ad hoc, ad essere
collezionate come Allegationes.
E sono queste suppliche a recare lintestazione P.R. di cui si
detto, sia che fossero richieste di un intervento senatorio ex novo, sia
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(21) I contenuti delle preces, come ovvio, sono i pi vari: MONTI, I formulari cit., p. 34 e passim, E AD., Iudicare cit., passim. V, a puro titolo esemplificativo, 67.XI.G.015.14, Fraus decocti, vel decoctioni proximi cognita quidem a Legislatoribus, [17..], per la supplica di un pubblico negoziatore che
era in causa per aver rilasciato cambiali ad un tale che, sullorlo del fallimento, le aveva poi girate ad un terzo; 67.XI.G.015.15, Iustissimam, & plane maternam instantiam Annae Mariae Vigore humil. M.V. ancillae, [17..];
67.XI.G.015.16, Nec patriam potestatem minuere, nec conventorum fidem
fallere fatagit Anna Maria Vigore humil. M.V. ancilla, [17..]; 67.XI.G.015.17,
Mirum profecto, ac prope facetum est, quod Pasinus Sfortia, qui non semel
aut bis sed ter matrimonium contraxit, [17..], per suppliche, in materia familiare e successoria, annotate con il relativo provvedimento del sommo collegio. Gli esempi potrebbero continuare, dal medesimo volume o da altri, quali
specialmente i tomi 67.XI.G.014; 67.XI.G.015; 67.XI.G.016 e 67.XI.G.017.
V. anche G. SAPORI, Antichi testi giuridici (secoli XV-XVIII) dellIstituto di Storia
del diritto italiano, II, Milano 1977, n. 184-198, pp. 704-706.
(22) Cfr., ad esempio, 67.XI.G.014.20, Habet nob. donna Joanna Beretta fidiss. M. V. ancilla duos in hac causa reos conventos nob. don Joseph, &
rev. praep. don Alexandrum fratres de Calchis, [1748], per una questione di
eredit giunta in Senato. Come si precisava giustamente negli atti di una causa di cui si dir nel prosieguo, gli ordini senatori del 22 agosto 1686 prescrivevano che tali suppliche non si ammettessero nisi prius perfectis quatuor
actis: 67.XI.G.014.04, Pro Reverendissimo D. Archiepiscopo Palmirae
March. Don Joanne Baptista Ariberti. Adnotationes in causa revisionis petitae adversus sententiam suspicionis in personam ampliss. P. D. Co. Cattanei,
[dopo 1731], n. 33 e cfr. Ordines excellentissimi Senatus Mediolani, ab Anno 1490
usque ad Annum 1639 collecti, et scholiis ornati ab olim J.C. ANGELO STEFANO
G ARONO ... Ab Anno vero 1639 usque ad Annum 1743 collecti ab egregio J.C. Don
J OANNE PETRO CARLIO ... nec non perutilibus annotationibus illustrati ab egregio
J.C. et advocato P IO ANTONIO MOGNO FOSSATO ..., Mediolani 1743, n. 25, p.
427. Sul momento cruciale della relazione del senatore referente al collegio e
circa le produzioni tardive o le memorie presentate una volta chiusa
listruttoria, v. MONTI, Iudicare cit., pp. 125-127 e 256-257.
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(23) V. MONTI, I formulari cit., pp. 59-62; EAD, Iudicare cit., pp. 180181.
(24) Cfr., ad esempio, TANCREDI , Ordo iudiciarius, ed. F. BERGMANN,
Pillii, Tancredi, Gratiae libri de iudiciorum ordine, Gottingae 1842, p. 2, T. 6, De
recusationibus iudicum, 1, p. 147: Recusatio est audientiae vel iurisdictionis
declinatio, per exceptionem suspicionis oppositam. V. altres GUILLAUME
D URAND, Speculi quatuor librorum, Lugduni 1544, liber I, particula I, De
recusatione, f. 116v. Si parlava dunque, nelle fonti, di declinatoria, per cui un
giudice competente veniva spogliato della sua competenza a conoscere del
caso di specie, civile o penale che fosse, in quanto sospetto alle parti. Cfr. L.
FOWLER , Recusatio iudicis in civilian and canonist thought, in Studia Gratiana,
XV, 1972, pp. 719-785 e v. oltre, nel testo.
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degni di particolare nota, tra i molti che emergono nello spoglio della
massa di Allegationes lombarde, cos ricche di spunti di ricerca.
Nelle pagine che seguono, perci, proprio attraverso lausilio
specifico di allegazioni databili tra il 1730 e il 1745, redatte agli albori
del riformismo illuminato asburgico, si cercher di dare conto, per
quanto possibile, dei metodi in uso nella Lombardia austriaca per evitare una pronuncia proferita con il contributo di un senatore suspectus.
La scelta di approfondire questo tema si inquadra nel tentativo
di delineare le tecniche difensive a disposizione dei cittadini, nel caso
della ricusazione, nei confronti del giudice, ma anche rispetto alla
controparte, se si apriva un contenzioso in materia (evento abbastanza frequente, come testimoniano le stesse Allegationes).
Sicuramente, quindi, linteresse che le allegazioni rivestono in
questo campo notevole e merita una attenzione particolare
nellambito di un discorso pi ampio sui modi impiegati per difendersi innanzi al magistrato: i privati discutono tra di loro del giudice
cui sottomettono la loro vertenza.
Mentre le parti litigano in merito, i senatori non sono da meno:
dalle allegazioni si palesa una sottile trama di opportunismi e favori
reciproci tra gli stessi sommi giudici, che gestiscono spesso quelle vicende alla stregua di affari di famiglia e forse non avevano tutti i
torti, dato che, come si cercher di illustrare, ai legami di parentela
era riservato un ruolo speciale in tema di ricusazione (e astensione).
Conviene perci entrare subito nel vivo di quelle liti, ben sapendo, come le parti in causa di allora, che la possibilit di scegliere,
in qualche misura, il giudice persona fisica rappresenta un potente
strumento di difesa, da sfruttare a proprio vantaggio, non fosse che
per preparare le condizioni pi adatte ad un giudizio favorevole ancor prima di iniziarlo.
3.
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ad Novas Constitutiones Mediolani hoc titulo, Mediolani 1697, I, glos. VI, cap.
XXI, n. 208, p. 171, nonch D. MORO, Pratica civile, tomo II, Napoli 1763,
cap. XXVI, n. 1, p. 278.
(26) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. XXI, n.
209, p. 172, che dedica al tema una significativa trattazione, in generale e con
specifici riferimenti alla prassi senatoria lombarda.
(27) Cfr. 67.XI.G.014.03, Series facti in causa petitae revisionis adversus decretam suspicionem in personam Amplissimi Patris Domini Comitis
Cattanei, Pro Reverendissimo Domino Marchione Don Johanne Baptista
Ariberti Archiepiscopo Palmirae, [1735], passim e v. oltre.
(28) Sulle cause di sospetto del giudice nella dottrina di diritto comune
quali, ad esempio, i legami di parentela, di amicizia, o ancora i contrasti o
gli interessi personali di un certo rilievo, nei confronti delle parti, ovvero in
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(29), che invero la giurisprudenza senatoria faceva proprie, non disdegnando di individuarne sempre nuove sfumature e applicazioni
(30).
La prassi del Senato in materia documentata, seppure indirettamente, soprattutto per il Seicento, ma si pu presumere che gli orientamenti di fondo rimanessero costanti in momenti successivi e
addirittura fino agli ultimi bagliori dellattivit della corte centrale, o
quantomeno al tempo delle allegazioni, cio la met del Settecento.
Gabriele Verri o Mogni Fossati, ad esempio, nelle rispettive edizioni commentate delle Nuove Costituzioni del 1747 e del 1764,
non danno pressoch mai conto, in questo campo, di significativi revirements, anzi, per lepoca citano spesso proprio i casi che ritornano
nelle Allegationes.
Non vigeva comunque in materia un regime di tassativit dei
motivi. Alcuni di essi, per i magistrati lombardi, erano stati elencati
nelle Nuove Costituzioni del 1541 (31), nonch negli ordini regi dati
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Daltro canto, per, si riscontrano ipotesi diverse, che richiedevano una linea ferma, in quanto piuttosto comuni, essendo determinate soprattutto dal prevedibile (e auspicato) cursus honorum dei rampolli delle famiglie patrizie dello Stato, entrati per tempo nei ranghi
del collegio dei nobili giureconsulti della loro citt (36).
Cos, il questore che avesse ottenuto un seggio in Senato non
proferiva il suo voto nelle cause dappello avverso sentenze rese dal
Magistrato dei redditi da cui proveniva e per le quali gi si era pronunciato in quella veste (37).
Del pari, nei procedimenti penali, cause di astensione dei senatori dalla votazione finale erano le incompatibilit che potevano sorgere quando, ad esempio, un senatore di fresca nomina era stato avvocato fiscale o capitano di giustizia al tempo in cui il processo de
quo, giunto in collegio per la sentenza finale, era stato istruito e perci colui che sedeva ormai in Senato aveva gi proferito un suo voto
nella vicenda, innanzi alla curia locale (38).
La possibilit di rivestire il ruolo di avvocato e giudice nella medesima causa, secondo il diritto comune, era sempre fuori discussione, poich concretizzava un motivo di sospetto iuris et de iure. Per
ovviare a simile circostanza, un ordine regio del 1622 aveva vietato ai
senatori lombardi di fungere da avvocati in qualunque causa, oltre
che di consulere (39).
Il collegio, qualora si verificasse ugualmente il caso perch
magari qualcuno raggiungeva il seggio in Senato al culmine di una
brillante carriera forense e i processi si trascinavano per lunghi anni
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(40) MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 41 ss., p. 225, anche per la citazione di una decisione senatoria del 1665.
(41) Pronuncia del 26 luglio 1643, circa il voto del senatore Petraccino
nella causa tra il conte Bigli e il duca di Albeto: MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 56, p. 13.
(42) 67.XI.G.014.01, Pro illustri huius Status Congregatione cum d. Petro Jacobo Pissina, [1745], passim. V. oltre.
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Settecento (43).
Chi, dunque, allegasse quale sospetto uno dei senatori o il presidente, se la causa non era notoria, doveva addurre i motivi entro
due giorni e darne la prova innanzi al segretario scelto dal praeses
stesso (o dal propraeses) (44). Della vicenda si discuteva poi in Senato.
Se il collegio dichiarava che le cause di ricusazione allegate erano illegittime, o non risultavano provate, vi era una sanzione pecuniaria per la parte, da versare al fisco regio. Anche a Milano, come a
Napoli, era necessario depositare anticipatamente tale somma, quale
condizione per poter proporre la ricusa (45).
Le Allegationes confermano che apposite suppliche di parte davano inizio al procedimento, il quale, a sua volta, poteva poi articolarsi maggiormente qualora, come nel processo Pessina vs Congregazione dello Stato, la controparte si opponesse, allegando
linfondatezza dei motivi di sospetto addotti.
Nella specie, le parti si scambiarono memorie e repliche, prima
che il sommo consesso proferisse la sua sentenza definitiva. Oppure,
pi complicato, nella vertenza Stanga vs Ariberti, ad un certo punto
si instaura innanzi al collegio un giudizio di revisione di un provvedimento senatorio in materia di ricusazione.
Dal canto suo, nei celeberrimi ordini inviati nel 1581, Filippo II
richiamava il collegio ad un maggior rigore nel procedimento non
ci forma della maniera del procedere, n di specificar le cause della
recusazione sosteneva il sovrano lamentando lequivoca presenza
del sospetto in occasione della discussione in Senato, quando si af
(43) Espressa conferma se ne legge in 67.XI.G.014.04, n. 31 e n. 52.
(44) V. la pronuncia senatoria dell11 luglio 1735, resa in occasione della ricusa del senatore Pietro Antonio Calchi, su richiesta di Carlo Guglielmo
Pagani, nella causa tra costui, il conte Francesco Porro e altri, segretario De
Albertis, riferita da MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 47, p. 225.
(45) Cfr. ancora il tenore delle Allegationes in merito: 67.XI.G.014.04, n.
31. Gli ordini senatori del 15 gennaio 1580, rinnovati l11 agosto 1616, si
leggono in Ordines cit., pp. 104-107 e pp. 219-222, in particolare par. Qui senatores e par. Etsi per Senatum, p. 107 e p. 222. La somma corrispondente alla
eventuale sanzione pecuniaria comminata in caso di rigetto della domanda
era da versarsi, nel Ducato di Milano, nelle mani del segretario del Senato
procedente.
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La votazione di cui si tratta era quella prescritta dopo la relazione del commissario della causa: conduceva alla sentenza definitiva e
non motivata e si svolgeva nellapposita aula, alla presenza di un
numero minimo di membri del potente consesso, a porte chiuse e
sorvegliate dagli ostiarii (51).
Chi allegasse un senatore come sospetto doveva inoltrare delle
apposite suppliche (52).
Se la controparte non era daccordo, poteva opporsi e iniziava
allora un procedimento a s stante. In Lombardia, nel Settecento,
non vigeva tuttavia una legislazione articolata e precisa in materia:
come accennato, era la giurisprudenza senatoria a dettare gli orientamenti da seguire, applicando le poche norme principesche e il diritto comune.
Le carte processuali conservate, in particolare, sono relative a
processi che suscitarono un certo clamore allepoca ed ebbero risonanza in dottrina e nella stessa prassi.
Nonostante le irrimediabili e note perdite dellarchivio antico
del Senato, grazie alle citazioni e ai rinvii incrociati degli autori, e in
generale al loro modo tipico di richiamare la giurisprudenza senatoria, con un po di fortuna si riescono a ricollegare le vicende frammentarie narrate nelle Allegationes qui studiate alle cause citate nelle
fonti dottrinali.
Ci non significa che si giunga ad una ricostruzione soddisfacente delle vertenze nella loro interezza, data anche la complessit di
ciascuna di esse, in cui, tra laltro, sono sempre presenti i due piani,
per cos dire, del giudizio di fondo e di quello inerente alla ricusazione del giudice.
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(53) Su Giovanni Battista Ariberti, ultimo discendente di unillustre casata di Cremona, che comp una brillante carriera a Roma tra il 1724 e il
1740, dove fu Preposito Generale dei Filippini, consegu la nomina ad Arcivescovo di Palmira e fu poi prefetto del conclave, alla morte di Benedetto
XII, cfr. F. ARISI, Cremona literata, III, Cremona 1741, pp. 124-125; V.
L ANCETTI, Biografia cremonese ossia dizionario storico delle famiglie e persone per
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qualsivoglia titolo memorabili e chiare spettanti alla citt di Cremona, vol. I, Milano
1819, rist. an. Bologna 1970, pp. 318-319. Cremonese era anche la famiglia
Stanga: C. CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia diretta da G. G ALASSO, vol.
XI, D. SELLA C. CAPRA, Il Ducato di Milano dal 1535 al 1796, Torino 1984,
p. 114.
(54) F. ARESE, Le supreme cariche del Ducato di Milano e della Lombardia austriaca. 1706-1796, in Archivio storico lombardo, s. X, 5 (1979-80), p. 584: fu presidente del Senato dal 1711 al 1733 (muore nel 1736). Sulla famiglia e la sua
ascesa, tra laltro, v. C. CREMONINI , I Clerici di Cavenago: una famiglia lombarda
tra mercatura e nobilt, burocrazia togata ed esercito, in Ca de Sass, 131 (1995), pp.
38-43; A. LVAREZ-OSSORIO ALVARIO, La repblica de las parentelas: la corte
de Madrid y el Estado de Miln en el reinado de Carlos II, Mantova 2002, pp. 63 ss.
(55) ARESE, Le supreme cariche cit., p. 587: conte di Villapizzone e di
Vialba, Giorgio Giulini fu senatore dal 1711 alla morte, avvenuta nel 1727.
Suo nipote il celebre storico milanese autore, tra laltro, delle Memorie spettanti alla storia, al governo, ed alla descrizione della citt, e della campagna di Milano,
ne secoli bassi. Raccolte, ed esaminate dal conte Giorgio Giulini, Milano 1760-1774,
voll. 9. Cfr. CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 350.
(56) ARESE, Le supreme cariche cit., pp. 583-584: senatore dal 1715, fu
presidente del Magistrato dei redditi ordinari dal 1727. Sempre in quellanno
divenne consigliere segreto, dal 1729 fu reggente e infine, a sua volta, presidente del sommo collegio dal 1734 al 1736, sotto i Savoia (CAPRA, Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 246 e passim).
(57) Lalessandrino Giorgio Olivazzi, marchese di Spineda, di recente
ascritto al patriziato cittadino, personaggio chiave nella vicenda: nella sua
vita pubblica ricopr incarichi di rilievo, fu senatore (1711), reggente (dal
1713), grancancelliere nel triennio sabaudo 1733-36, ebbe di nuovo il suo
seggio in Senato dal 1736. Cfr. ARESE, Le supreme cariche cit., p. 591; CAPRA,
Il Settecento, in Storia dItalia cit., vol. XI cit., p. 189, 245 e passim.
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suoi confronti in quanto, a loro volta, erano coinvolti in vicende giudiziarie che sarebbero state definite con il contributo del suocero
della sua controparte (Stanga). In ipotesi, quindi, avrebbero potuto
favorirla (58).
Fino a questo punto, la situazione si mantiene abbastanza limpida: il collegio decide per lastensione dal voto nel processo Stanga
vs Ariberti di tre dei suoi componenti, dato che il suocero di uno dei
litiganti era a sua volta senatore ed era stato nominato relatore in alcune cause dei ricusati, i quali, per tale ragione, di prassi potevano
essere legittimamente considerati sospetti.
Nel frattempo, il processo seguiva il suo corso finch, lanno
successivo, nel 1726, si palesano alle parti in causa ulteriori motivi di
sospetto verso altri senatori.
I suspecti, stavolta, sono il marchese Recalcati (59), il marchese
Gerolamo Erba (tra laltro, poi vice governatore di Parma e Piacenza) (60), nonch il conte Trotti (61). Il Senato, accogliendo le richieste di parte, decise che costoro si astenessero dal votare in tutte le
vertenze tra Gaspare Stanga e il marchese Ariberti.
I motivi non erano poi cos diversi dai precedenti. Per Recalcati
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dopo, tra le stesse parti dovevano presentarsi ulteriori motivi di sospetto verso i restanti membri del collegio. Di ci narrano direttamente le Allegationes, mentre le altre fonti, in merito, paiono tacere.
Peraltro, il processo si rivela altamente istruttivo anche circa il
momento in cui allegare il sospetto. Nel 1725, il Senato aveva deciso
che la ricusazione poteva essere proposta anche dopo la litis contestatio, poich il motivo era giunto a conoscenza della parte in un tempo
successivo (75) e nel 1730 confermava la benevola attitudine (76).
La questione non era irrilevante, si prestava ad abusi, e persino
tra le carte del viaggio compiuto da Gabriele Verri a Vienna, nel
1753, si affrontava il problema del tempo in cui proporre la ricusazione, in questi termini: Pare, che in questa materia [delle suspicioni] debba procedersi con distinzione imperroche o trattasi di quelle
sospicioni, che sappellano iuris et de iure, e siccome queste influirebbero la nullit della sentenza, cos non pu razionalmente impedirsi che si propongano in qualsivoglia tempo.
E si ragione di quelle altre che sono iuris semplicemente, e
labuso merita dessere emendato, con proibizione, che saccostino
sospicioni di questa natura allora che la causa prossima a spedirsi,
sempre che la parte non attesti con formale giuramento, che il motivo della suspicione antecedentemente le fosse del tutto ignoto (77).
(75) MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616,
in Ordines cit., n. 37, p. 224. In dottrina, circa il momento processuale in cui
si poteva proporre la ricusazione nei confronti dei giudici supremi, D.
COVARRUBIAS, Practicarum quaestionum liber unus, Venetiis 1566, caput XXVI, n.
3, par. Iure autem regio, p. 408; DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, observatio LXXIV, n. 10, p. 456.
(76) Ancora, nellambito di un altro processo, nel 1738, il dubbio circa
la legittima partecipazione al voto del marchese senatore e reggente Olivazzi,
consuocero del senatore Recalcati, uno dei litiganti, fu sollevato dalla controparte, tramite preces, al momento della relazione del commissario della
causa al collegio. E il fatto che listanza fosse respinta dal consesso non fu
determinato dal suo essere tardiva: MOGNI FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n. 48, p. 225, per la pronuncia del
Senato datata 28 maggio 1738, segretario Stampa, resa in occasione del sospetto verso Olivazzi, sollevato dai conti Gallia al momento della relazione
del senatore Cattaneo.
(77) Milano, Fondazione Mattioli per la storia del pensiero economico,
Archivio Verri, presso lUniversit degli Studi di Milano, cartella 338, C, 2,
Riflessioni sopra linterno del Senato di Milano e li mezzi atti a migliorarlo nella sua
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Sembra tuttavia che, di regola, la causa di sospetto dovesse essere allegata allinizio della lite, come logico, e in ogni caso la domanda
era da rigettare, se la parte intendeva ricusare quel senatore che in un
primo tempo aveva accettato, se non addirittura scelto, quale relatore
(78).
Venendo di nuovo al caso Stanga vs Ariberti e alle allegazioni
tramandate, esse, si diceva, sono relative specificamente a un giudizio di revisione avverso uno dei provvedimenti senatori resi in materia di ricusazione nel corso del procedimento, che accoglieva il sospetto nei confronti del senatore e conte Cattaneo (79), del quale
non si ancora parlato. Si entra infatti in una fase successiva della
medesima procedura, negli anni Trenta del Settecento.
3.1.1.
Un sospetto generale.
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procuratore generale dellAriberti, labate Eustachio Bullioni, imploranti, tra laltro, che il collegio ordinasse al senatore Oppizzoni, commissario della suddetta causa di revisione, di proporre larticulum in
Senato per la spedizione (83).
Purtroppo, questi materiali non sono certo sufficienti a ricostruire i termini della questione in modo completo. Comunque, soprattutto dalla Series facti databile al 1735, si apprende che il motivo
di sospetto, una grave inimicizia nella persona del senatore Cattaneo,
era stato avanzato in via del tutto autonoma dal reggente Giorgio
Olivazzi, con suppliche al Senato, nel 1730, ed era stato chiesto che
si vietasse al Cattaneo di intervenire nei processi dellOlivazzi e dei
suoi parenti (84).
Di qui il collegamento con il processo Stanga vs Ariberti: Gaspare Stanga, si detto, era infatti genero di Olivazzi. E la giurisprudenza senatoria sul punto era chiara, da secoli: il suocero era da considerare alla stregua di un parente e la sua affezione paterna si presumeva plaenaria (85).
Dallatto in questione si desume inoltre che negli anni 17301731 erano proseguite (nella causa Stanga vs Ariberti) le ricusazioni
da parte dellAriberti, sempre pi incalzanti (siamo in tempo successivo alle ricuse gi accolte, cui si fatto cenno sopra, degli anni 17251726).
Attraverso labate Bullioni, suo procuratore generale, poi,
lArcivescovo decise di intervenire anche nella vicenda del sospetto
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Essi avrebbero dovuto pronunciarsi sulle ricusazioni nel breve termine di un mese, nella pi stretta osservanza delle formalit richieste
in quelle ipotesi (97).
Inoltre, si raccomandava loro di rispettare sia la dignit dei giudici ricusati para que no sean privados de la jurisdicion, que les he
concedido, che il diritto delle parti en las justas recusaciones respecto de consistir tambien en ellas la natural defensa, que no se les
puede quitar (98).
Il procedimento si avviava quindi, il 19 novembre 1731, con il
conferimento dellincarico di istruire la vertenza a Perlongo, ut
quamprimum verbum faciat in Senatu.
Nel frattempo, Gaspare Stanga si opponeva alle ricusazioni allegate dallAriberti nel loro processo. Le parti, comunque, nello
scambio di suppliche che segu, vennero a pi miti consigli e si accordarono per accettare come giudici i senatori sospetti per motivi
iuris tantum (99).
In effetti, quanto allaffinit con le parti, quale causa di ricusazione del giudice, in Senato, fin dal 1580, si era stabilito che tali rapporti, per costituire valido sospetto, si calcolavano fino al quarto
(97) 67.XI.G.014.03, n. 22: nel rescritto inviato al Senato ab aulae Viennae il 24 ottobre 1731 si faceva espresso riferimento allevenienza che i senatori fossero al massimo tre e nel caso di specie li si autorizzava a procedere
ugualmente, malgrado ordini e prassi richiedessero un numero minimo di
quattro. A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunga che i tre senatori,
su richiesta di parte, avrebbero dovuto pronunciarsi anche circa i motivi di
sospetto verso Rosales e Menochio, su cui il Senato aveva disposto in via interinale.
(98) Cos il rescritto dato a Vienna il 24 ottobre 1731 e pervenuto in
Senato: 67.XI.G.014.03, n. 23.
(99) Stanga riteneva che i senatori Calchi, Stoppani, Caroelli, nonch
Rosales e Menochio dovessero intervenire nella decisione della causa. Cfr.
67.XI.G.014.03, n. 24 ss., per ulteriori dettagli sugli atti che le parti si scambiarono a questo proposito e per laccordo di fondo cui giunsero, ad un certo punto, nel consentire la rimozione del sospetto nei confronti di Rosales
e Menochio, ricusabili per motivi iuris tantum, e altres per la determinazione
comune di essere giudicati anche da Calchi, Stoppani e Caroelli. Qui, come
sottolineava nelle sue suppliche per lAriberti labate Bullioni, il problema
sorgeva per Stoppani e Caroelli, poich nei loro confronti, a suo parere, il
sospetto era iuris et de iure, dunque occorreva rimettersi alla decisione del Senato.
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(100) Cfr. i Monita secreta Senatus del 15 gennaio 1580, in Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Z. N. I. 10, rinnovati dal collegio con gli ordini del
15 gennaio 1680, par. Et in dandis votis, in Ordines cit., p. 400: si stabiliva che
il senatore legato da rapporti di affinit fino al quarto grado con una delle
parti uscisse, dum negotium decidendum est. Lo stesso parametro era da rispettare nelle nomine dei senatori ai vari incarichi. Cos, quasi centanni dopo,
nel 1674, il collegio decideva per lastensione dal voto di quel senatore, la cui
moglie fosse affine di terzo grado con una delle parti litiganti: M OGNI
FOSSATI, in calce agli ordini senatori dell11 agosto 1616, in Ordines cit., n.
34, p. 224, la pronuncia del 28 febbraio 1674, referente il senatore del Pozzo, nella causa Gradignani contro Moneta, in cui si decise per lastensione
del conte Borri. V. anche ID., Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a
lib. I, tit. de officio Quaestorum Ordinariorum Reddituum, n. 40 ss., p. 42.
(101) Si registra una pronuncia di analogo tenore nel 1736, nella causa
tra il conte Cesare Monti e il principe Antonio Tolomeo Trivulzio, entrambi
legati da rapporti di parentela entro il quarto grado con lallora presidente
marchese Carlo Castiglioni, che fu chiamato a intervenire nella definizione
del processo pendente: MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii
cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 73, p. 15. Nella vicenda si richiamava
il paragrafo delle Nuove Costituzioni, citato sopra, circa lastensione obbligatoria dei questori ordinari dei redditi legati da parentela con le parti fino al
quarto grado e si sottolineava come per i senatori esso, esteso per analogia,
rappresentasse un motivo di ricusazione iuris tantum, non iuris et de iure.
(102) Su questo genere di preces, vedi sopra, par. 2.
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E, a questo proposito, nel corso del procedimento di ricusazione, lOlivazzi attaccava labate Bullioni (rappresentante dellAriberti),
che a sua volta discuteva della legittimit della ricusazione di Cattaneo da parte dellOlivazzi costui, si detto, agiva per proprie ragioni personali, originate da vicende esulanti dal processo de quo.
Stanga, nel mentre, tentava quasi disperatamente di chiamarsi
fuori dal tutto, malgrado suo suocero precisasse come anchegli, con
le sue liti, entrasse a pieno titolo in quellaffare, poich hoc a lege
procederet, quia gener est loco filii (103).
Alla fine, il 19 gennaio1732, nelle persone dei tre superstiti
(104), il Senato, dopo le ultime preces e la relazione della causa, si
pronunci per lintervento di tutti i sospetti allegati nella causa Stanga vs Ariberti, attento consensu partium e decise invece per
lastensione di Cattaneo in omnibus causis Magnifici Regentis Olivatii, et eius coniunctorum.
E appunto contro questa sentenza, in data 28 marzo 1732
labate Bullioni, procuratore dellAriberti, ottenne un decreto di revisione in forma (105). Dopo aver effettuato il deposito di rito, il 19 dicembre 1733, quasi due anni dopo, otteneva che le controparti Giorgio Olivazzi promosso grancancelliere e Gaspare Stanga fossero
invitate ad dandum suspectum pro commissione causae eiusdem
revisionis (106).
Anche in questo caso Stanga tenta (invano) di tenersi fuori.
Labate Bullioni per insiste: la questione lo riguardava nel momento
in cui decideva di valersi della sentenza del 1732 nel suo processo
contro Ariberti.
La difesa di Stanga, comunque, si fondava sulla considerazione
che, nel caso di specie, non ricorrevano gli estremi per chiedere una
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aliorum supremorum totius orbis Senatuum commentaria in tres partes digesta, in quibus
Caesareae Provinciae Mediolanensis Constitutiones in tit. De rescriptis... explicantur...
Pars prima, Mediolani 1630, prael. 11, passim.
(112) Per la delicatezza (e la riservatezza) della questione che lo opponeva a Cattaneo, Olivazzi ne aveva parlato a suo tempo oretenus con il vice presidente e non aveva addotto in giudizio tutte le prove di cui diceva disporre. Cfr. 67.XI.G.014.04, n. 38 ss.
(113) 67.XI.G.014.03, n. 73 e 126, per le parole di Olivazzi, nonch n.
80 ss., per la replica del Bullioni. Si discuteva altres (n. 99 ss. e n. 122 ss.)
dellinterpretazione pi o meno estensiva da riservare al passaggio delle
Nuove Costituzioni, che consentiva al presidente di ordinare lastensione dei
questori dei redditi imparentati fino al quarto grado con i litiganti (vedi sopra, nota 101).
(114) probabile che si tratti di quella conservata in 67.XI.G.013.33.
(115) 67.XI.G.014.04, n. 1-2.
(116) 67.XI.G.014.04, n. 4 ss. Cfr. altres le analoghe citazioni che si
leggono in una delle suppliche dellabate Bullioni: 67.XI.G.013.33.
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(137) Come peraltro si rileva nelle stesse Allegationes, ma in unottica diversa, cio al fine di dimostrare lirrilevanza del motivo di sospetto:
67.XI.G.014.04, n. 44.
(138) Gli avvocati difensori erano Giuseppe Lambertenghi e Giuseppe
Solivetta. Lambertenghi era un esperto, aveva fatto parte anche del collegio
difensivo di Ariberti nel suo processo contro Stanga, di cui ai paragrafi precedenti.
(139) Cfr. 67.XI.G.014.01, cit. e v. anche le copie identiche conservate
in 67.XI.G.013.31 e 67.XI.G.017.39.
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(164).
Quanto esposto in teoria si concretizzava, per il Milanesado, in
un provvedimento regio del 1584, trascritto nel memoriale per il
tramite di Ambrogio Oppizzone (165), con cui si ordinava alle citt
del Ducato di farsi rappresentare a Milano da un oratore salariato.
Al termine della lunga digressione, si ribadiva che Freganeschi
agiva come delegato della Congregazione dello Stato, publico nomine publica in lite (166).
Indi, con lausilio della dottrina, si passava a illustrare nel dettaglio la tesi di partenza, fondamentale per il buon esito della vertenza
in tema di sospetto, cio, come detto, che Freganeschi era da considerarsi alla stregua di un advocatus e a tal fine la memoria si orienta
verso uno studio di tipo filologico e semantico del termine (167).
Esaurito il ct squisitamente dotto, in modo pi prosaico si ripercorreva, ancora, la giurisprudenza di altre corti supreme, in primis
napoletane (168) e iberiche. Tornava perci ad essere protagonista
Fontanella, citato sia da Pessina che dalla Congregazione dello Stato,
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ta al momento precedente il conferimento dellincarico al commissarius causae (attraverso il decreto presidenziale), quando le parti erano
appunto sollecitate, dal lettore, a dare il sospetto, come si legge
nelle rare carte processuali dellepoca, pi numerose per il Settecento (184).
In estrema sintesi, il supplicante e la sua controparte erano invitati, in cancelleria, dal senatore di turno che aveva preso visione
delle preces e ne intimava la notifica a redigere un elenco di senatori
confidenti, in cui si doveva indicare anche il nome di un sospetto,
da escludere, senza ulteriore motivazione, dal novero di coloro che
potevano occuparsi del caso di specie (in primis, appunto, in qualit
di commissario della causa incaricato dellistruttoria e della relazione
finale).
Anzi, se nellinvito a dare il sospetto si chiedeva alla parti di
prendere in considerazione tutti i componenti del Senato, significava
che si era stabilito che la causa fosse senatoria a tutti gli effetti e
che quindi, una volta istruita dal relatore, sarebbe stata decisa da una
sentenza resa dopo discussione e votazione collegiale (185).
A quanto pare, la decisione di sollecitare il sospetto in queste
ipotesi era presa di comune accordo tra il lettore ed il consesso (verosimilmente nella persona del presidente, che sovrintendeva
alloperato della cancelleria). Si rivolgeva formale invito a procedere
al senatore di lettura, attraverso la Monitio ad dandum suspectum un
atto proprio del Senato con lordine di attivare le parti di conseguenza e di trasmettere poi al collegio, con lettera chiusa e segretata,
i nomi dei sospetti cos individuati (186).
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9v., f. 96r. e ff. 114r.-v., in appendice a MONTI, I formulari cit., p. 176, p. 275,
p. 362 e p. 382.
(187) Per i vari profili di questa procedura si rinvia a MONTI, Iudicare
cit., p. 247 e fonti ivi citate.
(188) Cfr. i Monita secreta Senatus del 15 gennaio 1580 cit., rinnovati con
gli ordini senatori del 15 gennaio 1680, par. Plurimum animadvertat, in Ordines
cit., p. 400.
(189) RUGGINELLI, Tractatus de Senatoribus cit., I, glos. VI, cap. III, n.
48, p. 130.
(190) Ad esempio, v. EGIDIO FOSCARARI , Ordo iudiciarius, LXII. Qualiter
assessores sive consiliarii sint assumendi ad dandum consilium, ed. L. WAHRMUND,
Quellen zur Geschichte des rmisch-kanonischen Processes im Mittelalter, III.1, Innsbruck 1916, pp. 115-116. Cfr. altres DALLA CHIESA , Observationes forenses cit.,
Pars prima, observatio CCIII, n. 7, p. 274.
(191) M.C. ZORZOLI , Il collegio dei giudici di Pavia e lamministrazione della
giustizia, estratto da Bollettino della Societ Pavese di Storia Patria, Pavia 1981, pp.
75 ss.
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giudici inferiori dello Stato, per quello che concerneva, nel civile, la
scelta del relatore della causa senatoria, il problema della ricusazione
era superato a monte per ragioni forse anche di economia processuale, per non paralizzare il complesso sistema della giustizia lombarda e lo stesso principio si applicava anche in altre ipotesi.
Esso infatti valeva per qualsiasi procedimento relativo a cause
che si svolgessero innanzi ad un singolo senatore. Ed erano tanti, direi i pi, questi ultimi casi e anche di carattere non strettamente giurisdizionale si pensi alliter di concessione delle dispense, per esempio in materia fedecommissaria (192), ma non solo.
Come gi accennato, moltissimi erano anche i procedimenti
giudiziali cosiddetti per mutuas preces, gestiti da un singolo senatore.
Per questo tipo di vertenze, nellintimazione della supplica alla
controparte disposta dal senatore di lettura, affidata ad un ostiario,
firmata da un segretario, sottoscritta da un cancelliere del Senato
(193) e contenente linvito a replicare si sollecitavano i litiganti, oltre che ad eleggere domicilio per la lite, a dare il sospetto tra i lettori di turno per quel mese, di solito nel brevissimo termine di un giorno.
Ognuna delle parti poteva indicare un nome soltanto quale suspectus, se del caso, dato che i senatori deputati alla lettura civile erano in totale tre, ad effectum ut uni ex ipsis non suspecto transmitti
possint scripturae, et alia necessaria fieri pro expeditione (194).
Insomma, i meccanismi del sospetto funzionavano alla stregua
di una ricusazione anticipata: se, ad esempio, la controversia poteva
essere decisa per via di suppliche e risposte, cio da un singolo se
(192) Si rinvia ancora a M ONTI, Iudicare cit., pp. 204-206; pp. 210-211
e nota 234.
(193) Sul personale della cancelleria del Senato e per una ripartizione di
massima dei compiti rispettivi v. MONTI, I formulari cit., pp. 7 ss.
(194) Cfr. la formula della monitio ad replicandum in Milano, Biblioteca
Ambrosiana, ms. I 40 suss., Formularium Civile manuscriptum ab Iurisconsulto
Domini Bernardini a Porta, cui nonnulla addita fuere ab Iurisconsulto Joanne Maria
Crotta [post 1714?], pp. 169-170 e pp. 228-229, per una monitio ad respondendum, et nominandum suspectum. Cfr. anche MOGNI FOSSATI, Constitutiones mediolanensis Dominii cit., in calce a lib. I, tit. de Senatoribus, n. 71, p. 14. V. comunque MONTI, Iudicare cit., pp. 237-239, anche per il riferimento ad ulteriori
atti darchivio.
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(195) E ci sia nei processi civili, che in quelli penali: S. COSTA, voce
Astensione e ricusazione di giudice, Diritto processuale civile, in Novissimo digesto italiano, vol. I.2, Torino 1957, pp. 1461-1467; G.G. LOSCHIAVO, voce Astensione
e ricusazione di giudice, Diritto processuale penale, ibidem, pp. 1467-1468; S. SATTA,
voce Astensione e ricusazione del giudice, Diritto processuale civile, in Enciclopedia del
diritto, vol. III, Milano 1958, pp. 947-952; S. BORGHESE , Astensione e ricusazione del giudice, Diritto processuale penale, ibidem, pp. 952-957, nonch I. REINA , Lo
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iudex suspectus nel processo penale, Catania 1965, pp. 17 ss. e pp. 23 ss., sulla
rimessione del processo penale, e G. SPANGHER, La rimessione dei procedimenti,
I, Precedenti storici e profili di legittimit costituzionale, Milano 1984. Specificamente sulla ricusazione, da ultimo, E. ZAPPAL, La ricusazione del giudice penale, Milano 1989, p. 7 e pp. 17 ss.; L. DITTRICH, Incompatibilit, astensione e ricusazione del giudice civile, Padova 1991; T. T REVISSON LUPACCHINI, La ricusazione del giudice nel processo penale, Milano 1996, in particolare pp. 27 ss. Cfr.
anche, pi in generale, C. MANDRIOLI , Corso di diritto processuale civile, I. Nozioni introduttive e disposizioni generali, Torino 1991, pp. 238 ss.; M. PISANI, A.
MOLARI , V. P ERCHINUNNO, P. CORSO, Appunti di procedura penale, Bologna
1994, pp. 49 ss.
(196) V. MANZINI, Trattato di diritto processuale penale italiano secondo il nuovo codice, con prefazione di A. ROCCO, vol. II, Torino 1931, pp. 147-148.
(197) P. VERRI, Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese, in P.
V ERRI, Osservazioni sulla tortura, seconda edizione a cura di G. BARBARISI, Milano 1993, p. 172.
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La storiografia ha ben messo in luce i successivi sviluppi medievali in materia (201), per nulla lineari, le incertezze e le prese di posizione in merito di autorevoli e dotti giuristi, nonch le scelte indotte
dalle decretali pontificie ovvero operate dai legislatori statutari tra
XII e XIV secolo, i diversi ragionamenti ed orientamenti che caratterizzarono scienza civilistica e canonistica, questultima senzaltro pi
aperta ed elastica nellimpiego del rimedio della ricusazione, attinto
invero dai testi romani riscoperti dai civilisti (202).
Quanto ai secoli di antico regime al cui tramonto settecentesco si collocano specificamente le Allegationes lombarde la dottrina
di diritto comune si confront con il tema e, sul fondamento delle
concezioni messe a punto dai dottori via via non senza dubbi e ripensamenti si trov a dover dar conto di una teorica che continua
lazioni proibite tra giudice e litiganti individuate dai giuristi romani, tali da
causare la nullit della sentenza. In dottrina si discuteva inoltre di alcune
questioni di fondo, tra laltro delle ipotesi di ricusazione e della necessit o
meno della loro specifica allegazione e prova, oppure ancora della possibilit
di rimuovere decisamente il giudice sospetto, come prospettavano i canonisti, ovvero della diversa opportunit di affiancargli un altro soggetto, inizialmente individuato nella persona del vescovo, come pareva suggerire una
prima lettura dei testi romani: ibidem, pp. 720 ss., per una convincente esposizione dei termini della questione nel diritto romano e, successivamente,
nella dottrina processualistica tra XII e XIV secolo, oltre che per unampia e
puntuale rassegna delle fonti civilistiche e canonistiche.
(201) A dare una svolta decisiva e piuttosto concreta alle disquisizioni
in materia pare fu Pillio che, sulla scia degli insegnamenti di Martino, chiam
latto di ricusa del giudice, che fosse nemico di una delle parti, con il termine
tecnico di eccezione: da quel momento, fine XII secolo, la ricusazione venne
generalmente riconosciuta come una specie di exceptio. Lintuizione, capitale
per la successiva storia del processo, comport una novit importante rispetto al diritto romano, cio il confluire insieme nel novero delle eccezioni
circa i requisiti della persona del giudice, da azionare prima dellinizio del
processo di recusatio dello iudex suspectus e declinatoria della competenza del
magistrato incapace o legato da relazioni proibite con le parti: ibidem, pp.
729-730 e p. 742, anche per i legami con la riflessione canonistica.
(202) Ibidem, in particolare pp. 764 ss., per i motivi di ricusazione del
giudice sospetto, tra i quali i civilisti elencavano le relazioni giudice litigante proibite dal diritto romano, cio, ad esempio, tra le ipotesi pi controverse, il caso in cui il magistrato fosse stato avvocato di una delle parti nella
questione sub iudice, linimicizia tra il magistrato e la parte, linteresse personale del giudice o dei suoi familiari nelle vicende processuali.
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(208) Con particolare riferimento al disposto degli antichi decreti e delle costituzioni ducali sabaude in tema di ricusazione, ma sempre in unottica
di pi ampio respiro rispetto a prassi e normativa locale: DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, de recusationibus, observationes LXVIIILXXIV, pp. 446-456, in particolare n. 8 ss., p. 447.
(209) In Piemonte si ricorreva al prefetto della provincia: ibidem, observatio LXXI, n. 7 ss., pp. 451-452, ma v. anche observatio LXXIII, n. 13 ss., p.
455. Quanto al sistema delle ricusazioni nella legislazione settecentesca del
Regno di Sardegna, v. oltre, nota 218.
(210) Questo poich, contrariamente allopinio tradizionale dei civilisti,
laggiungere un secondo soggetto a fianco del magistrato sospetto, con tutta
evidenza, non soddisfaceva alle esigenze di imparzialit. Cfr. C ACHERANO,
Decisiones cit., decisio XV, ff. 15v.-16v., in particolare n. 6 ss.: lo spunto della
trattazione qui la possibilit di ricusare il giudice ordinario nelle cause criminali. V. altres B. CAVALCANI , Decisiones Secunda pars cit., De contractibus,
decisio XXVIII, n. 114, pp. 207v-208r.; C. G RASSI, Tractatus de exceptionibus ad
materiam statuti excludentis omnes exceptiones, Venetiis 1603, exceptio 24, n. 16
ss., pp. 92v. ss., nonch C.A. DE LUCA , Tractatus de linea legali, Neapoli 1674,
art. XXIX, pp. 402 ss.
(211) E ancora legitima defensione maxime iudicis recusatione: G RASSI, Tractatus de exceptionibus cit., exceptio 24, n. 3, p. 91v.
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(212) ciononostante, si avvertiva altrettanto forte la necessit di regolamentare, in qualche modo, limpiego del rimedio in esame.
Spesso, infatti, gli abusi abbondavano nella vita pratica dei tribunali, soprattutto nel proporre cause frivole di sospetto, volte semplicemente a ritardare o ad impedire il normale corso della giustizia.
Si prevedevano quindi, in molti casi, delle pene, che fungevano da
deterrente per le ricuse azzardate ovvero infondate, nel tentativo di
contenere il pi possibile il ricorso allistituto.
Nel Regno di Napoli, per esempio, dove si succedettero lungo i
decenni molte prammatiche in materia (213), oggetto di analisi ad
opera della dottrina locale (214), si doveva provare il motivo di sospetto e, se la domanda non veniva ammessa o era rigettata, la parte
soggiaceva a una pena pecuniaria, il cui ammontare, invero, andava
depositato fin da subito, insieme allatto stesso di ricusa (215).
A Milano, del resto, pare che il Senato non esitasse ad infliggere
anche pene corporali a suo arbitrio se, nelle preces in cui allegava il suspectus, il suddito era stato impertinente o aveva proferito calunnie e
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Quando poi, tra XVIII e XIX secolo, cominciarono ad affacciarsi, sempre pi insistenti, nuovi orientamenti nella riflessione penalistica, Francesco Mario Pagano, trattando delle difese di diritto
che nascono dalleccezioni dal reo proposte, parlando della ricusazione e recriminando sul sistema vigente nella prassi napoletana, esprimeva con chiarezza la sua convinzione di fondo: la libera facolt
delle sospezioni il sacro asilo contro le oppressioni, ed il pi forte
riparo della libert civile.
Essenziale, a suo parere, era per che non fosse richiesta alcuna
prova, altrimenti il rimedio diventava inutile, per le insormontabili,
oggettive difficolt probatorie in ordine ai motivi di ricusa, come
dimostravano gli esiti pratici di molte leggi che, invece, esigevano tali
prove (217).
Tra esse, per il Settecento, lepoca delle allegazioni lombarde in
tema di sospetto, si possono ricordare le Regie Costituzioni piemontesi (218), oppure il Codice estense (219).
Circa il pensiero garantista in materia proprio di Pagano, oltre
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gnato un punto fermo nella disciplina in materia di ricusazione definita, ancora una volta, dalla scienza giuridica della seconda met del
XVIII secolo, une espce de dclinatoire, qui se fait pour empcher
quun juge ne puisse connitre dune affaire porte devant lui (221).
Nella previsione normativa voluta da Luigi XIV si optava per
per un regime aperto (222), cos come recepito dagli antichi insegnamenti del droit savant e praticato pure altrove. Nonostante tale
scelta di fondo, che in apparenza consentiva alla parte di rifiutare il
giudice designato con maggiore facilit, la domanda di ricusazione
era sottoposta ad un doppio vaglio, di ammissibilit e di merito, e
doveva essere supportata da prove, alla stessa stregua di quanto era
richiesto in molti degli altri paesi europei del tempo (223).
Si trattava, nella sostanza, di una disciplina analoga a quella in
vigore, ad esempio, a Milano (e le Allegationes ne sono specchio
fedele), oppure in Piemonte, o a Napoli, dove si adottavano quei sistemi tipici dellepoca precedente la codificazione napoleonica tanto
avversati da Pagano, il quale forse non poteva rallegrarsi fino in fondo nemmeno delle scelte successive, avviate nei primi anni del secolo
(221) JOUSSE, Nouveau commentaire sur lordonnance civile cit., tit. XXIV,
art. I, n. 1, p. 404; ID., Trait de la justice criminelle cit., tome I, p. II, tit. II,
chapitre X, n. 367, p. 555.
(222) Il testo dellordonnance del 1667 richiamava, in via del tutto generale, les autres moyens de fait ou de droit: JOUSSE, Nouveau commentaire
sur lordonnance civile cit., tit. XXIV, art. XII, pp. 417 ss. Il sistema accolto
nellOrdonnance del 1667 non aveva affatto inteso sancire un limite alla possibilit di allegare ragioni di ricusazione non previste: lelencazione piuttosto
precisa delle varie ipotesi di sospetto del magistrato non escludeva perci
che, nel caso di specie, si invocasse una qualsiasi delle altre cause di fatto o
di diritto per cui un giudice poteva essere validamente ricusato.
(223) Nel regno di Francia, pertanto, come in vari altri ordinamenti cui
si accennato, un primo ostacolo si ergeva, a livello pratico, innanzi a chi
volesse ricusare il giudice, a difesa del buon andamento dellamministrazione
della giustizia e a detrimento, in qualche misura, dei diritti difensivi della parte. Era poi prevista, anche qui, unammenda per le ricuse impertinenti o comunque rigettate e, inoltre, il magistrato illegittimamente ricusato poteva ottenere dalla parte riparazione del pregiudizio subito. In tal caso, per, non
poteva rimanere giudice della causa: JOUSSE, Nouveau commentaire sur
lordonnance civile cit., tit. XXIV, artt. XXIII ss., pp. 428 ss. Cfr. anche la ricostruzione della disciplina di cui allordonnance in Z APPAL, La ricusazione
cit., pp. 33-37.
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XIX, anzi.
comunque con i rivolgimenti seguiti allOttantanove che la ricusazione si presenta in Francia con caratteri assai diversi (224). Parallelamente, dopo una breve parentesi rivoluzionaria (225), si affermava il principio della tassativit delle cause di ricusa, senza che
venisse meno lobbligo di fornirne la prova e tale opzione fu codificata dal legislatore napoleonico (226).
Da quel momento in avanti, levoluzione che segu, nei codici
ottocenteschi, fino a quelli italiani del XX secolo, corre su binari ormai ben tracciati, che mai rinunciano al rigore in materia (227).
Non per nulla facile ricusare il giudice e non deve esserlo: le
esigenze di imparzialit e neutralit dellorgano giudicante sono assi
(224) Innanzitutto, una novit rappresentata dallintroduzione della
cosiddetta ricusazione perentoria, ovvero proposta senza esprimerne il motivo, impiegata in primo luogo, a partire dal 1791, per la scelta dei membri
della giuria popolare dei processi penali (jury de jugement). La disciplina di siffatto metodo di scelta dei giurati fu confermata nel Code Merlin e, in seguito,
nel Code dinstruction criminelle del 1808, seppur con alcune moderazioni:
MERLIN, Rpertoire cit., voce Jur, jury, tome XXVI, pp. 299 ss.; voce Rcusation, tome XXV cit., pp. 274-276, per le disposizioni circa la ricusazione perentoria dei giurati. Cfr. comunque A. PADOA SCHIOPPA, La giuria
allAssemblea Costituente francese, in The Trial Jury in England, France, Germany,
1700-1900, edited by A. PADOA SCHIOPPA, Berlin 1987, pp. 75-163, ora in
ID., La giuria penale in Francia cit., pp. 63-162, in particolare p. 134.
(225) Cfr. MERLIN, Rpertoire cit., voce Rcusation, tome XXV cit., pp.
286-287, sulla rcusation premptoire estesa ai giudici togati dalla legge del 23
vendemmiaio anno IV, parzialmente abrogata, per il criminale, dal Code des
dlits et des peines del 3 brumaio anno IV, ma ancora in vigore, in teoria, per i
procedimenti civili iniziati prima del 1 gennaio 1807.
(226) MERLIN, Rpertoire cit., voce Rcusation, tome XXV cit., pp. 269 ss.
e pp. 276 ss., per le disposizioni contenute nel Code de procdure civile del 1807
in merito alla ricusazione dei giudici togati, applicabili anche in penale, nel
silenzio del Code dinstruction criminelle. Cfr. anche C. B OTTO MICCA , voce Astensione e ricusazione di giudici (materia civile), in Il Digesto italiano, vol. IV, Torino 1926, pp. 109-110; F. BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici
(Materia penale), in Il Digesto italiano, vol. IV cit., pp. 128-129; da ultimo
Z APPAL, La ricusazione cit., pp. 37 ss. e soprattutto pp. 56 ss.
(227) BOTTO MICCA , voce Astensione e ricusazione di giudici (materia civile)
cit., pp. 110 ss.; BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici (Materia penale) cit., pp. 129 ss. Cfr. anche ZAPPAL, La ricusazione cit., pp. 48 ss., per gli
sviluppi in Italia, nei codici preunitari, nel codice di procedura civile del
1865, nei codici di procedura penale del 1913 e del 1930.
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curate ad un livello superiore a quello contingente dei singoli processi, in un chiaro contesto di affermazione dellautorit centrale dello
Stato.
Le garanzie in tal senso sono da individuare, per le parti, nella
salda gerarchia e nella professionalit dei componenti lordinamento
giudiziario e soprattutto nel principio del giudice naturale precostituito per legge, mentre solo in via residuale e in ipotesi ben specifiche, legate ai singoli casi di specie e al giudice persona fisica, intervengono lastensione e la ricusazione.
La breve digressione indotta dalla riflessione di Mario Pagano
non intende per, in questa sede, spingersi oltre ed perci opportuno tornare indietro, agli ultimi decenni dellantico regime, per riprendere le fila del discorso interrotto in riferimento alle varie normative locali e principesche, che si visto essere, anchesse, piuttosto
rigide e severe nei confronti delle parti, malgrado lampia casistica
delle possibili cause di ricusazione dei magistrati (228).
Quanto ai tribunali supremi, bench la maest di quelle corti e i
vasti poteri di arbitrio le differenziassero ancora una volta dai giudici
inferiori, in forza dellassunto che sempre pericoloso litigare innanzi ad un giudice sospetto etiam coram supremis Magistratibus, et
aliis viris alias integerrimis, qui aliquando suo sensu abundant, et
propter affectionem ad causam decipiuntur, satisque dura, incerta, et
periculosa est alea iudicii (229) la ricusazione non era affatto esclusa (230).
(228) Come insegnava MENOCHIO, De arbitrariis cit., lib. II, centuria II,
casus CLII, n. 2, f. 158v.: factum est, ut Iudices plures iustam ob causam recusentur et cum omnes causae non sint diffinitae Iudicis arbitrio reliquitur, quae iusta sit
causa.
(229) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda, observatio
LXXII, n. 3, p. 452.
(230) Tra gli altri, DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars secunda,
observatio LXIX, n. 5-6, p. 448: spesso accadeva che si preferisse una libera
astensione del senatore sospetto alle parti, senza allegazione, n prova del
motivo, ma su ordine del principe; FAVRE, Codex tomus prior cit., lib. III,
tit. IV, pp. 187 ss., nonch Leggi e Costituzioni di S.M., Torino 1723, lib. III,
tit. X, artt. 11-20, pp. 293-296, in Costituzioni Sabaude 1723 cit., pp. 45-48;
Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1729, tomo primo, lib. III, tit. X,
artt. 11-20, pp. 322-326; Leggi e Costituzioni di Sua Maest, Torino 1770, tomo
primo, lib. III, tit. X, artt. 11-20, pp. 335-338, per le specifiche norme circa
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Come lesperienza milanese ben documenta, non sollevava invero questioni insormontabili lallegare come sospetti i singoli magistrati, ivi compreso il presidente del collegio, caso mai si suggerivano
prudenza e attenzione, data la delicatezza del problema (231).
Dunque, come conseguenza della ricusa di parte, il senatore milanese o sabaudo, cos come il consigliere napoletano, se il sospetto
risultava legittimo, si astenevano dallintervenire nel processo de quo.
In qualsiasi altra ipotesi, viceversa, non potevano rifiutarsi di esercitare la loro funzione, qualificata munus publicum et necessarium, conferita dal principe stesso, pena il commettere uningiustizia e un peccato, oltre al risarcimento dei danni (a Napoli e in Piemonte) (232).
In sintesi, il buon giudice, compreso il sommo magistrato ai
vertici dellordinamento, colui che non viene meno al proprio ufficio, cio in primis ad una retta amministrazione della giustizia. Se per un suo qualche interesse privato minaccia di condizionare la pronuncia, allora gli fatto divieto di intervenire nella vertenza.
La ricusazione, in effetti, si lega concettualmente a quelli che la
dottrina, da sempre, elenca come i doveri del giudice, il cui rispetto
costitu, per secoli, prima e unica garanzia per le parti e per i rei, in
ordine al buon andamento della giustizia medesima (233). Cos,
la ricusazione dei senatori. Quanto poi al Codice estense del 1771, sempre a
titolo desempio, si vietava alle parti di allegare come sospetti i membri del
Supremo Consiglio di giustizia, costoro, per, dovevano astenersi dal giudicare e anche dallintervenire nelle discussioni e nei contraddittori delle cause
dei loro congiunti in quarto grado secondo la legge civile, nelle controversie
che avevano patrocinato come avvocati o giudicato come giudici, ovvero in
cui avessero un interesse proprio: Codice di leggi e costituzioni per gli Stati di sua
altezza serenissima, lib. I, tit. I, LIX, in Codice Estense cit., p. 26.
(231) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars prima, observatio
CCIII, n. 16, p. 275. V. anche O. CAVALCANI , Tractatus de brachio regio cit., Pars
tertia, n. 314-318, pp. 135-136; MASTRILLO, Decisionum liber secundus cit.,
decisio CLI, n. 85 ss., pp. 236-237; GUAZZINI , Tractatus ad defensam cit., cap.
XIX, n. 14, p. 43, per le esitazioni comunque presenti in dottrina, in relazione alla ricusazione di un giudice di grande tribunale.
(232) DALLA CHIESA , Observationes forenses cit., Pars prima, observatio
CCIII, n. 13-15, pp. 274-275; MORO, Pratica civile cit., II, cap. XXVIII, pp.
303 ss. e soprattutto cap. XXXII, pp. 335 ss.
(233) V., ad esempio, per il secolo XVI, A. S ALGADO CORREA , Libro
nombrado Regimiento de Juezes, Madrid 2004, con introduzione di C. G ARRIGA,
Estudio preliminar, in particolare pp. 19 ss., nonch la trattazione specifica che
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dei doveri dei giudici traccia Daniel Jousse, alla fine dellantico regime: D.
J OUSSE, Trait de ladministration de la justice, tome I, Paris 1771, pp. 506 ss.
(per questi profili, A. MONTI, Le rle et les pouvoirs du juge dans loeuvre de Daniel
Jousse, in Daniel Jousse (1704-1781). Un juriste aux temps des Lumires, Actes du
colloque, Orlans 17 dcembre 2004, in corso di stampa).
(234) Cfr., ad esempio, BENEVOLO, voce Astensione e ricusazione di giudici
(Materia penale) cit., n. 1, p. 125; SATTA, voce Astensione e ricusazione del giudice,
Diritto processuale civile cit., p. 947.
(235) L.A. MURATORI , Dei difetti della giurisprudenza, II ed., Venezia
1743, cap. VII, p. 66. Sullopera di Muratori, da ultimo, v. i saggi confluiti nel
volume I difetti della giurisprudenza ieri e oggi. Giornata di studi L.A. Muratori, Atti del Convegno di Vignola, Castello Boncompagni Ludovisi, sabato 2 dicembre 2000, con il coordinamento di G. A LPA, Milano 2002. Tra i tanti invece che, ancora tra Sette e Ottocento, si preoccupavano di delineare il volto
del buon giudice, attraverso lelenco dei suoi doveri, v., ad esempio, sempre a
puro titolo esemplificativo, I.M. PAOLETTI, Istruzioni per compilare i processi
criminali e nuovo formulario criminale, Milano 1806, par. I, pp. 1-2, dove si sottolinea una volta di pi la necessaria indifferenza del magistrato.
(236) T. BRIGANTI, Pratica criminale vol. I, Napoli 1842, tit. II, par. II, n.
40-42, pp. 113-114. Sullautore, da ultimo C. COGROSSI , Alle origini del libero
convincimento del giudice. La morale certezza in Tommaso Briganti trattatista del
primo Settecento, in Amicitiae Pignus cit., t. I, pp. 475 ss.
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fatto privato.
Ed questo forse lelemento che suscita le impressioni pi vive:
allegare senatorem suspectum, nel contesto generale della giustizia senatoria di antico regime, era molto pi che un mezzo di difesa, era
larte del difendere al pi alto livello, addirittura anticipata alla scelta
del magistrato che doveva giudicare. E in questo gioco, a volte pericoloso, un ruolo non indifferente era riservato agli stessi senatori.
5.
Conclusioni.
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vano.
Quello che si intende qui esprimere piuttosto un senso quasi
di scoramento (oppure di soddisfazione, a seconda dei casi) di fronte
alle sentenze, che presumibilmente prendeva anche gli avvocati
dellepoca, dovuto essenzialmente alla mancanza di motivazione.
Si pensi alla lunga memoria redatta per la Congregazione dello
Stato in causa contro Pessina: ben scritta, ricca di riferimenti dottrinali e, come risposta, ricevette solo due scarne parole: intervenire
debere. Il senatore Goldoni Vidoni avrebbe partecipato alla votazione, malgrado le ragioni addotte in contrario.
E nei confronti di una pronuncia del Senato non si poteva nulla, tranne tentare lardua strada della revisione: Ariberti la percorse,
non condivideva per nulla la scelta di consentire un sospetto cos
generico e generale verso un senatore, capace di sancirne lastensione
in tutte le controversie di una medesima famiglia.
Le allegazioni, dunque, sono interessanti proprio perch, alla fine, mostrano come attori e convenuti non lasciassero nulla di intentato nella difesa coram Senatu, evidentemente non era inutile, anche i
sommi giudici potevano essere persuasi della bont delle ragioni di
parte.