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Su tela il sangue delle vittime di mafia

Qualcuno la Mafia la racconta, altri l’anatomizzano, altri ancora negano il suo potere. Ci sono
quelli che provano ad innalzare un manifesto con su scritto “stop ”, ci sono quelli che gridano
basta alle sorde orecchie della criminalità organizzata, c’è chi l’aggredisce e magari riesce
anche a colpirla. E poi c’è l’arte.

Quella forma creativa che opera come un


filtro e depura la mente attraverso il suo artista. Sicuro è che:
ogni forma di comunicazione dovrebbe essere in grado di
portare alla comune-azione e quando ci riesce, anche se piano,
dà un colpo forte alla struttura mentale che sostiene
l’elevazione di quella dimora in cui il padrone è il silenzio e
l’ospite principale è l’anti-evoluzione. Gaetano Porcasi, di
Partinico, è uno di quei pittori che nelle sue opere dipinge il
bello, ma sa anche strappare il marcio alla sua terra, la Sicilia,
per portarlo su tela. Rende tutto più visibile, più chiaro, con le
sue pennellate. L’arte funziona come una lente
d’ingrandimento su fatti e personaggi che immersi tra i colori
raccontano, in uno spazio libero, la loro storia. E’ sul piede di
guerra contro la mafia, la Pop-Art di Gaetano. Ragione e
memoria, nutrimento per la mente, sono gli ingredienti
attraverso i quali l’artista ha dipinto quella parte della sua
collezione chiamata “ Volti”. C’è anche Peppino Impastato tra il
rosso, il verde, e il giallo, dentro la profonda bellezza della sua
terra e c’è anche la tristezza, quella di un volto umano, forse
stanco, ma mai vinto. C’è la scritta “Radio Out” dietro le spalle
di Peppino. Da lì si sprigionava la rabbia, negli anni 70,
attraverso la voce che trasmetteva onde contro Cosa Nostra.
Da quella radio partivano flussi di denuncia satirica, impegno
politico, lotta alla mafia, attacchi a Gaetano Badalamenti, boss
di Cinisi. Tano Seduto, così lo deridevano Peppino e i ragazzi
durante la trasmissione storica “Onda Pazza a Mafiopoli”.
C’è anche il grano, dentro lo spazio visivo, prodotto di quelle
stesse terre che Peppino ha difeso guidando nella resistenza i
contadini contro chi attraverso sporchi giochi è riuscito a sottrarre quelle proprietà e a edificare l’aeroporto di Punta
Raisi. Dentro il quadro c’è quella bellezza autentica e amata da Peppino. Si sente, si vede l’umore combattivo e
inquieto di quel ragazzo che scriveva:
Fiore di campo nasce
 dal grembo della terra nera, 
fiore di campo cresce 
odoroso di fresca rugiada, 
fiore di campo
muore
 sciogliendo sulla terra
 gli umori segreti.

E poi c’è Rita Atria. Personaggio che condivide non poco con Peppino. Anche lei nasce in Sicilia, a Partanna provincia
di Trapani, da una famiglia mafiosa. Entrambi moriranno per mano della Mafia. Peppino ucciso. Lei suicida. Sì la
Mafia può anche questo. Ancora più simili lei e Peppino nel combattere il silenzio, anche se in modi differenti. E’ il
1991 quando i burattinai di Cosa Nostra eliminano il fratello di Rita, Nicola. Il padre, un mafioso, don Vito, aveva fatto
la stessa fine.
E’ il 1991, quando Rita si ribella. E' una bambina, ha solo diciassette anni e racconta tutto quello che sa a Paolo
Borsellino. Diventa una “collaboratrice di giustizia”, una “spiuna” per la mafia. Allontanata da tutti, odiata dalla
madre, Rita continua a scandire i suoi passi in avanti sulla strada della verità. Poi la Strage di via D’Amelio, muore
Paolo Borsellino. Una settimana dopo Rita si toglie la vita. Nel quadro a lei dedicato Gaetano la posiziona al di sopra
di tutti, mentre il suo volto stanco e segnato dal lutto sembra voler raccontare lo strazio attraverso il quale è
d’obbligo passare quando la vita e la morte ti portano dentro un mondo che non ti appartiene.
E’ una dimensione storica imperniata di reale e fantasia, quella che mette in mostra Gaetano.
Vale davvero la pena, fare un giro tra le sue pennellate di colore, le sue superfici e i suoi tempi visivi. E se proprio
nella stupenda Partinico non potete andarci c’è il sito web: www.gaetanoporcasi.it

Cristina Turano
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Data ultima stampa: 20.07.2009 10:38:00
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