Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
org
L.B.G. RENZI, IL PD E IL COLORE DEI SOLDI Guido Martinotti POLITICI PEGGIO DEI GRAFFITARI Giovanni Silvera ANCORA A PROPOSITO DI CITT METROPOLITANE Antonio Piva PICASSO: DOPO IL 1953 UNA NUOVA MOSTRA OGGI A PALAZZO REALE Cristina Mordiglia DIVORZIO COLLABORATIVO: NUOVA FORMA DI RISOLUZIONE DEL CONFLITTO Maurizio Trezzi
IL PALALIDO DI PIAZZA STUPARICH E LA RELATIVIT RISTRETTA
Giovanna Menicatti TESTAMENTO BIOLOGICO E SENSO DELLA FAMIGLIA Ciro Noja SE IL VECCHIO PD CI AVESSE PENSATO ... Marco Romano LA PROPRIET DELLA CASA Sara Valmaggi DOPPIA PREFERENZA
Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA Marco Santarpia e Paolo Schipani www.arcipelagomilano.org
www.arcipelagomilano.org
PS. La cena era a porte chiuse, immaginiamo facilmente cosa possa aver detto Renzi. Ma chi ci racconter che impressione ha fatto lui su questi finanzieri? Pensano di fidarsi di lui e lui di loro?
n. 34 IV 10 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org
Lo scandalo non serve, e da vecchio professore ho molti dubbi su la sensibilizzazione nella scuola (a partire dalle elementari) per la semplice ragione che quelle elementari le ho fatte anchio, qualche eone addietro, e so benissimo che allora noi eravamo fortemente sensibilizzati, ma i porta lampade di smalto blu e bianco delle strade del mio paese erano tutti butterati perch, se colpiti da una pietra lanciata a mano o con il tirasassi facevano un suono al quale nessun bambino riusciva a resistere, e le lampadine davano un adorabile plop. Non dico laltro giochetto che consisteva nel far sfarfallare la catena rubata al gabinetto della scuola verso i fili dellalta tensione. Quello era riservato ai pi grandicelli, anche perch una volta rubata, la catena non veniva facilmente sostituita e quella volta che il gioco riuscito finendo in una grande vampata che ha lasciato alcuni anelli della catena cos prodigiosamente fusa pendere dai fili (per la reverente e imperitura memoria di varie classi di bambini a bocca aperta e naso colante in su) dopo pochi minuti sono arrivati quelli della Wermacht con laria cattiva. Ma temo che questo tipo di sensibilizzazione non sia oggi alla portata dei maestri e poi un conto un villaggio di qualche migliaio di anime sulla montagna e un altro una metropoli con decine di migliaia di ragazzetti. La civilizzazione si grandemente diffusa e quasi dovunque anche i banditelli pi scatenati i lampioni li lasciano stare, ma gli spazi che si affacciano alla vista del pubblico sono unaltra cosa ed inutile prendersela con qualche imbrattatore perch i cosiddetti graffitari, writers o bombers che dir si voglia non sono altro che la punta della coda di un fenomeno gigantesco di mercificazione di tutte le superfici a vista delle nostre citt. I muri di tutte le citt e pressoch di tutta la citt sono il supporto per insegne, grandi posters pubblicitari, muri legalmente ricoperti da migliaia di cartelloni che promettono le cose pi insensate (tipo Pi pensioni e meno tasse per tutti, un ossimoro da peracottari), schermi digitali sempre pi grandi, insegne pi o meno luminose, una foresta di segnali stradali di ogni genere di pubblicit e avvisi largamente dominati dal softporno e da un italiano mescolato al dialetto che potremmo ben definire italietto, o da un ridicolo globish, moderna versione dei tradizionali pidgins attorno al mondo.
Possiamo prendercela quanto vogliamo con i graffitari e, sicuramente, la sporcizia non gradevole, ma non arriveremo a nulla senza capire che gli imbrattatori siamo noi, la nostra civilt dellimmagine, ci sono illustri colleghi che si occupano ex professo del fenomeno con cattedre di qui e di l dellatlantico e la Triennale ha persino dedicato un convegno alle scritte urbane. La Grafica dappertuttoafferma autorevolmente un cartello sopra un pissoir nei gabinetti della Triennale, e il massimo della commistione tra pubblicit e graffiti provato da una pubblicit a forma di graffiti dipinta sui vetri del grattacielo De Mico, nel 2007. Nella citt i muri parlano e prendersela con lultimo centimetro della coda del cane, i ragazzini che non fanno altro che cercare di adeguarsi al cane intero, mi pare davvero unoperazione destinata a scarso successo. Tanto pi che in aprile i visitatori del Salone del Mobile a Milano, ma pi ancora tutti i cittadini di questa come di tutte le altre citt e di tutti gli 8.000 comuni del Bel Paese avranno le loro belle piazze e vie insozzate da ben altre brutture, contro le quali raramente i fogli perbene che inveiscono contro i graffitari alzano la voce. Tra qualche mese infatti le citt italiane verranno invase dai famosi tabelloni elettorali, schiere di trespoli fatti da tubi metallici rugginosi con inani porta scritte che dovrebbero indicare obbligatoriamente lutilizzatore dello spazio sottostante: uso il condizionale perch sappiamo quante eccezioni debba soffrire nella pratica questa regola. Se non vado errato, i tabelloni sono regolati dalla Legge 4 aprile 1956, n. 212. Norme per la disciplina della propaganda Elettorale, Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 87 dell11 aprile 1956 che allarticolo 1 statuisce che Laffissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti, inerenti direttamente o indirettamente alla campagna elettorale, o comunque diretti a determinare la scelta elettorale, da parte di chiunque non partecipi alla competizione elettorale ai sensi del comma precedente, consentita soltanto in appositi spazi, di numero eguale a quelli riservati ai partiti o gruppi politici o candidati che partecipino alla competizione elettorale, aventi le seguenti misure: metri 2,00 di altezza per metri 4,00 di base, nei comuni sino a 10.000 abitanti; metri 2,00 di altezza per metri 6,00 di base, nei comuni con popolazione da 10.001 a 30.000 abitanti; metri 2,00 di altezza per metri 8,00 di base, nei
comuni con popolazione superiore o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia. Limpostazione della norma di pi di mezzo secolo fa ed appena il caso di ricordare che la televisione italiana aveva allora iniziato da poco (1954) le trasmissioni e che in quellanno (1956) si potevano ancora vedere trasmissioni del tipo Macarietto scolaro perfetto, che presentava le regole del nuovo codice stradale. Gli italiani allora come ora leggevano pochi giornali e linformazione e la propaganda politiche si facevano ancora con gli agit-prop i fogli di sezione e di parrocchia e le bacheche dellUnit de lAvanti o di altri fogli. Le campagne del 1948 e del 1953 avevano mobilitato le matite da disegno di alcuni dei pi noti vignettisti da Guareschi a Mosca in qui e tutti ricordano le immagini delle colonne dei portici di mezza Italia ricoperte di manifesti elettorali. Lintroduzione degli orridi tabelloni, rappresentava un calmieramento, una riduzione dello spreco e della sozzura e un tentativo di imporre uneguaglianza di posizioni di partenza. Oggi nel campo della comunicazione politica le cose sono radicalmente cambiate, anche se proprio la comparsa di quei trespoli rugginosi sprofonda di nuovo ogni volta le nostre citt in unatmosfera di miseria e sciatteria, rimandando quasi esemplarmente allobsolescenza del nostro sistema politico, nonostante tutta la pseudo-modernit della diffusione dei media. Rivolgiamo un accorato appello al Primo Ministro Monti, i cui tratti personali di riservatezza e austerit non possono non sentirsi offesi dallo scempio dei manifesti e dei loro trespoli, affinch nella legge elettorale in preparazione si eliminino queste norme preistoriche. I manifesti elettorali vanno eliminati dalla scena urbana italiana perch: * In primo luogo deturpano orribilmente anche le pi belle vie e piazze delle nostre citt, diffondendo unimmagine che lontana anni luce da quella elegante e artistica che vorremmo fosse offerta agli abitanti e ai visitatori; * In secondo luogo sono uno spreco ingiustificato di carta, per immagini che spesso rimangono esposte solo poche ore; a volte si stratificano venti, trenta e pi manifesti uno sullaltro in pochi giorni * In terzo luogo, nonostante lintento della legge, non eliminano le disparit perch chi ha molti soldi pu investire in sempre nuovi manifesti
n. 36 IV 24 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org
* Non solo, ma in molti moltissimi casi, i manifesti vengono affissi anche fuori dagli spazi previsti dilagando per ogni dove * Ma, soprattutto, danno quasi dovunque limpressione ai cittadini che i soprusi comincino ancora prima dellelezione; i manifesti affissi sugli spazi riservati ad altri e nei luoghi pi belli della citt in barba alle norme dicono, noi facciamo quello che vogliamo: votateci. E molti cittadini finiscono per stare a casa * Convogliano unimmagine melensa, quando non addirittura repellente, delle persone che compongono la classe politica, con slogan rara-
mente perspicui, il pi delle volte banali e non di rado volgari o decisamente cretini, accrescendo lallontanamento dei cittadini dagli eletti e dai futuri eletti. Dopo i recenti scandali, e i figuri che sono emersi forse qualcuno rifletter sul significato reale del trito metterci la faccia, e si convincer che quella faccia forse era meglio non mettercela. * Nei lunghi giorni della campagna e per molto tempo dopo i manifesti e i loro squallidi brandelli insozzano le vie della citt imponendo uno sforzo aggiuntivo alla nettezza urbana, intollerabile in un periodo in cui i co-
muni devono tagliare i pasti ai bambini. Ci auguriamo che il Presidente del Consiglio voglia prendere in considerazione questo appello; forse qualcuno obietter che vi sono problemi pi importanti, ma unazione incisiva, e a nessun costo, per migliorare laspetto delle nostre citt, d risultati immediatamente percepibili e offre un segno tangibile, che chiunque pu cogliere, della capacit di rinnovamento e di abbandono di vecchie pratiche di un governo che vuole cambiare le cose, in meglio.
n. 36 IV 24 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org
PICASSO: DOPO IL 1953 UNA NUOVA MOSTRA OGGI A PALAZZO REALE Antonio Piva
Nel 1953 stavo ultimando il liceo e alla prima mostra su Picasso a Milano mi sono avvicinato con incoscienza sostenuto da una cultura classica ma eclettica. La mia trasformazione intellettuale ha avuto inizio in quellistante straordinario in cui ho iniziato a chiedermi il perch e il come di quanto rappresentato in Guernica esposto nella sala delle Cariatidi semi distrutta dalla guerra recente. In quellistante ho capito che quella enorme tela parlava in termini drammatici di una guerra, diversa da quella che avevo vissuto da bambino, ma devastante, denunciava dolore e morte con una protesta corale del cielo e della terra. Avevo iniziato a capire che il mondo figurativo era cambiato e che avrei dovuto da quel momento leggere e interpretare quello che si vede, che a primo impatto non si capisce, ma nasce e si esercita sul movimento, sul tempo e su concetti comunicabili comunque non individuabili nel passato ma nel futuro. Bene hanno fatto gli ordinatori a raccogliere e a esporre le immagini riguardanti lallestimento del 53 realizzato nello stesso luogo ma con principi e interpretazioni dellopera e dello spazio molto diversi da quelli attuali. Nel vecchio allestimento gli spazi destinati allesposizione si proiettavano verso la Piazzetta Reale e il Duomo, la luce naturale entrava dalle finestre per lavorare con le ombre delle sculture e dare allo spazio un colore impercettibile tanto da mettere in evidenza tracce di decori architettonici delle sale non ancora restaurate. A una serie di pennoni staccati dalle pareti era affidata la presentazione dei disegni e delle pitture mentre una serie di supporti lignei appoggiati a pavimento davano evidenza ai bronzi alcuni dei quali presenti anche oggi. Ricordo con passione la grande capra di bronzo, con le sue grandi mammelle e il ventre teso, di cui mi ero invaghito e mi sarei volentieri trascinato a casa. Italo Lupi, Ico Migliore, Mara Servetto responsabili del nuovo allestimento della mostra hanno agito come era naturale, in modo diverso. Innanzitutto sono stati eliminati gli affacci verso il Duomo e la Piazzetta Reale. Forse questa operazione di chiusura delle finestre rientra in decisioni che non hanno nulla a che fare con le scelte dei progettisti. Io credo che la chiusura delle finestre che caratterizzano uno spazio tolga allo spazio architettonico quelle valenze che lo rendono unico. In altre parole va sacrificato il plus valore che deriva dalle qualit intrinseche dello spazio: dimensioni e luce naturale. La facilit di orientamento consente al pubblico che guarda fuori dalle finestre di sapere sempre dove si trova rispetto alla citt, e non cosa da poco. Mi si dir che la chiusura delle finestre aumenta lo spazio espositivo, che si riducono i rischi della sicurezza, operazioni queste cui non ho mai creduto perch mi sono sempre parse prioritarie le peculiarit architettoniche dello spazio ospitante che possono comunque sempre essere garantite con accorgimenti semplici. Laccesso alla sala delle Cariatidi imponente. Una strada di pensieri di Picasso ci accompagna alla proiezione di Guernica e gli specchi e il soffitto ridipinto con discrezione fa immaginare che col tempo, sotterrata lascia degli esperti intransigenti, si possano ammirare anche le statue di gesso e le cornici delle specchiere. Ci vuole pazienza e costanza! I progettisti hanno scelto il grigio scuro come colore dominante, come fondale continuo delle opere. Qualche volta ho limpressione che la luce artificiale tenue non renda a pieno i colori e quel senso geniale del cambiamento che Picasso introduce in continuazione nelle sue ininterrotte sperimentazioni. Mi sono chiesto, percorrendo questa esposizione che non ha sbavature e che denota tante attenzioni per lo spazio, quale sia lopera che ha infiammato Italo Lupi, quale sia lopera che si sarebbe portato via nel gioco che ho introdotto. Dico questo perch ogni opera al posto che le spetta mentre quella che ci ha ferito con la freccia dellamore generalmente sfugge a questa regola. Comunque non potr essere la capra che da sessanta mi appartiene!
n. 36 IV 24 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org
sto dal caso trattato, pu costituire una soluzione transitoria che spesso si rivela inadeguata e, talvolta, anche capace di creare pi danni che rimedi. Una separazione consensuale raggiunta in modo sbrigativo, magari in pochi minuti davanti alla porta del Giudice o dietro il timore, e non di rado, anche non troppo velate minacce, di ritorsioni sullaffidamento dei figli o su altre delicate questioni del genere, pu portare a ripensamenti immediati, purtroppo tardivi, che altro non fanno che minare la buona prosecuzione del rapporto tra gli ex coniugi, spesso genitori degli stessi figli. Pu succedere che la coppia sia perfettamente in grado di affrontare il cambiamento e, con pi o meno facilit, raggiunga un accordo consensuale condiviso, ma molto spesso i tempi di accettazione del fallimento della propria vita affettiva e matrimoniale non sono uguali per entrambi i coniugi e la sofferenza, anche riflessa, degli altri membri della famiglia tale da richiedere unattenzione pi profonda, da parte di esperti, che possono accompagnare le persone coinvolte nel mare tempestoso dei rancori e degli addii, a raggiungere, con calma, un porto tranquillo. Scegliere il diritto collaborativo significa siglare un Accordo di partecipazione che garantisca la riserva-
tezza di tutto quanto dichiarato e prodotto durante il procedimento collaborativo, e successivamente sedersi tutti insieme: avvocati, coniugi, psicologo, con leventuale ascolto dei figli, per iniziare un percorso fatto soprattutto di trasparenza e correttezza, con lo scopo di individuare i veri interessi delle parti in causa e di ricercare insieme una soluzione condivisa. Ben sapendo che la strada, fatta a volte di prove ed esperimenti, dovr rispettare i tempi di ciascuno, nella tolleranza e riconoscimento delle problematiche individuali che, proprio dagli stessi soggetti interessati, devono trovare una soluzione. Ci troviamo di fronte quindi a un profondo cambiamento del ruolo della professione: lavvocato che accetta e pratica il diritto collaborativo, deve dismettere i panni classici insiti nella figura tradizionale del legale, per entrare maggiormente in quelli del facilitatore alla negoziazione, concentrarsi sugli interessi sottostanti alle richieste del cliente, assistendolo nella loro messa a fuoco al fine di smarcarsi da situazioni di stallo, verso soluzioni, anche creative e inaspettate, del conflitto. Mantenendo come sfondo il diritto, che conosce, dovr aver imparato a gestire le tensioni legate alla negoziazione e a collaborare con altre figure che si rendessero necessarie nel caso trattato (specialista delle
relazioni familiari, del bambino, esperto finanziario) con uno spirito di squadra, non abituale per il professionista, nellottica di concentrarsi soprattutto sui risultati comuni da raggiungere. Dovr quindi aver seguito un corso di formazione che lo specializza nella negoziazione basata sugli interessi, ed essersi iscritto a una associazione (la pi conosciuta in Italia lAIADC, Associazione Italiana Avvocati di Diritto Collaborativo), impegnandosi a rispettarne rigorosamente i principi di lealt e trasparenza. Insomma, sembra ormai che la strada intrapresa per la risoluzione dei conflitti, siano essi personali che di dimensione pubblica, partita con la tanto osteggiata legge sulla mediazione obbligatoria sia difficilmente reversibile, e si stia diffondendo a macchia dolio in ogni settore, sviluppando la tendenza a valorizzare le risorse umane e le capacit individuali delle persone, aiutandole a tirare fuori da se stesse le capacit per decidere della propria vita e di partecipare in prima persona alle decisioni che le riguardano, nella convinzione che soprattutto da l, e dalla comprensione effettiva e trasparente dei problemi, possa avvenire ogni vero cambiamento che possa tenere nel tempo in maniera profonda e duratura.
www.arcipelagomilano.org
a Palazzo Marino negli ultimi venti anni, la nuova O2 Arena di Milano. E qualcuno a Londra, a vedere com fatta quella vera, c anche andato. Il Palalido per lo specchio di un pezzo di Italia che non funziona, quello delle opere pubbliche: costose, in ritardo e spesso nate vecchie. Sono 7 su 10 le opere pubbliche in ritardo lavori, grandi o piccoli, che non riescono a rispettare le promesse, o meglio i vincoli previsti nel contratto d'appalto. Il dato dell'Autorit di vigilanza sui contratti pubblici, elaborato sulla base delle informazioni che gli stessi enti appaltanti trasmettono all'Osservatorio dei contratti pubblici considerato sulle opere aggiudicate e concluse, o meno, fra 2008 e 2011. Per primi, a creare aspettative poi disattese, sono i politici, abilissimi ad annun-
ciare miracoli senza avere cognizione dei tempi. Poi ci si mette la burocrazia che costringe a passaggi infiniti prima di poter avviare i lavori. E per finire, le imprese edili che molto spesso, adducendo cause di forza maggiore, prolungano i lavori per accedere a revisioni di prezzo che fanno lievitare i costi. Anche questa una piaga tutta italiana. Secondo la Corte dei Conti sui costi immediati o diretti della spesa dell'intervento pubblico per le grandi opere c' una lievitazione straordinaria calcolata intorno al 40 per cento. Insomma, tempi che si allungano a dismisura, costi che certamente saranno superiori e servizi alla citt e alla collettivit che ritardano, accumulando cos disagio a disagio. E per lo sport milanese, come detto, il problema ancora maggiore.
La soluzione? Forse sta nel riproporre lidea, pi volte suggerita in passato ma sempre accantonata, degli impianti di quartiere. Strutture semplici, veloci da realizzare con una capienza fra i 600 e gli 800 posti, che possano essere la vera risposta alle esigenze della societ sportive e del territorio. Spazi perfetti per fare allenare e giocare i giovani e per far uscire le societ dal rapporto, ambiguo e spesso conflittuale, con gli Istituti Scolastici con cui la convivenza, nelle palestre, sempre pi difficile. Certo servono investimenti, non molti in realt. Con un Palalido se ne potrebbero realizzare almeno una decina. E serve anche una visione di lungo periodo, un guardare oltre al proprio naso, che notoriamente, purtroppo non una caratteristica comune a molti degli amministratori e politici italiani.
n. 36 IV 24 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org
(*) Siccome sembra incredibile, il link della Camera a cui trovate il Ddl approvato in Commissione questo: leggere lart. 1 comma a)
www.arcipelagomilano.org
Non questa la condizione dellIslam, intuita in piccolo libro da Henry Pirenne, Maometto e Carlomagno, descritta nel Trecento dal massimo sociologo della citt araba, ibn Khaldn: la sua citt dominata da clan separati tra loro, chiusi entro recinti che la sera chiudono le loro porte agli inizi dellOttocento erano al Cairo una quarantina e uniti da un indissolubile legame di sangue cui nessuno pu avere accesso se non nella forma subordinata di cliente, spesso in lotta tra loro per conseguire la supremazia sugli altri clan: chi sia attento alle vicende contemporanee dei paesi dellIslam riconoscer subito lemergere dei tradizionali conflitti tra i clan e le trib radicati anchessi secoli e secoli orsono, a testimoniare la permanenza delle nostre societ. Nelle citt europee i gruppi dominanti che vorranno impedire ai nuovi arrivati di diventare a pieno titolo cittadini acquisendo i diritti politici faranno mancare i terreni edificabili - quasi sempre ab antiquo di loro propriet per diritti di origine feudale o addirittura discendenti di antiche famiglie romane costringendoli ad abitare fuori dalle mura dove le loro case non comportano diritti politici: sono quartieri riconoscibili in tutte le grandi citt europee, a Milano fuori della porta Ticinese verso il sarcofago dei re Magi in SantEustorgio. Il progressivo affermarsi dei nuovi ceti sociali, i mercanti e gli artigiani che daranno vita ai Comuni delle gilde e delle corporazioni costringer a inglobarli allargando le cerchie delle mura: a Firenze quintuplicando alla fine del Duecento lestensione della citt. Dante Alighieri, nel suo spirito reazionario, rimpianger Fiorenza, dentro la cerchia antica, /ondella toglie ancora e terza e nona/si stava in pace, sobria e pudica mentre ora piena di quella spregevole gente nova e i subiti guadagni: ma la percezione che quellampliamento delle mura avesse consentito laffermazione della societ mercantile e della sua libera democrazia sar cos radicata che ancora duecentocinquantanni dopo Cosimo de Medici
far dipingere dal Vasari, sul soffitto del salone dei Cinquecento nel palazzo della Signoria, Arnolfo di Cambio nellatto di presentarne il progetto ai maggiorenti della citt. La strategia di limitare laccesso alla cittadinanza di nuovi venuti in qualche misura sgraditi facendo mancare i terreni edificabili dove possano costruirsi una casa da mille anni una costante cui viene fatto ricorso con molto seguito: per tenere lontani i vagabondi solo in parte trattenuti nelle work house delle parrocchie la prima regina Elisabetta vieter a Londra la costruzione di nuove case fuori dai limiti della citt esistente, e con una analoga scarsa fiducia nella reclusione dei poveri e dei vagabondi negli Hotel Dieu Luigi XIV pianter una corona di cippi intorno a Parigi vietando di costruire oltre il loro limite: ventanni dopo le case dei buoni borghesi con una porte cochre costruite abusivamente erano forse duemila, e fu giocoforza allargare i limiti e farli cittadini: mentre a Napoli la costruzione dellalbergo dei poveri fu preceduta da una severa tassa sulle nuove costruzioni. La percezione del nesso tra possesso della casa e cittadinanza rimarr cos pervasiva che agli ebrei, per principio indegni di diventare cittadini di una civitas cristiana, verr interdetta la propriet delle case del ghetto, che dovevano appartenere a cristiani: e non per consentire una speculazione alle spalle di una comunit ricca e usuraia, ch poi gli affitti saranno per secoli bloccati al loro ammontare originario e i contratti ereditabili e trasmissibili. Lo spirito egualitario dei rivoluzionari francesi decreter che la propriet di un terreno comportasse ipso iure la facolt di costruire, sicch i piani regolatori cominciarono a venire costituiti da disegni che coprivano tutto il territorio comunale con una rete di strade il cui sedime, quello s, non poteva venire edificato ma il cui valore veniva riconosciuto ai lotti contermini come riduzione dei contributi di miglioria. La strategia conclamata negli anni Trenta di voler contenere lurba-
nesimo non riusc a venire accompagnata da quelle limitazioni adottate fino al Settecento perch i piani regolatori erano in effetti molto estesi e gli interessi gi costituiti sulle loro previsioni difficili da scardinare e anzi una citt come Latina, nel fulgore del suo piano tradizionale, non poneva eccesivi limiti al proprio futuro e sar soltanto la legge del 1942 a rendere giuridicamente praticabile, sia pure con qualche riserva, di porre alla futura edificazione proprio come quel limite posto da Luigi XIX. Preme qui sottolineare come le restrizioni a una larga disponibilit di terreni edificabili costituisca da secoli il nerbo di una strategia politica che, riducendo drasticamente le chance di procurarsi una casa con il cui possesso diventare a pieno titolo cittadini, impedisce ai nuovi venuti il pieno accesso alla cittadinanza, e posso rimanere sorpreso che questa strategia venga adottata non soltanto da quel reazionario di Dante Alighieri ma di quanti dichiarano di voler essere progressisti e di voler liberamente integrare nella nostra societ i nuovi arrivati. Gli storici del nostro medioevo da Jacques Le Goff a Roberto Sabatino Lopez a Edith Ennen hanno spesso rilevato la coincidenza degli stati danimo di quei secoli lontani con quelli della nostra societ contemporanea, e a me sembra, leggendo i loro libri e studiando centinaia di citt europee, di aver vissuto mille anni: cos la resistenza di chi gi cittadino a promuovere la cittadinanza di chi non lo ancora rarefacendo in qualche modo i terreni edificabili mi sembra la versione attuale di una prassi ricorrente come un fenomeno carsico, ogni volta giustificata con motivazioni ad hoc compatibili con qualche leit motiv contemporaneo, che lascio ad altri per esempio a Marco Ponti sul numero scorso di ArcipelagoMilano di mettere in dubbio, e lascio anche volentieri a Friedrich Engels la priorit e la fortuna dellidea che il problema dellabitazione potesse venire risolto destinando a chi non aveva una casa il surplus della case dei ricchi.
n. 36 IV 24 ottobre 2012
www.arcipelagomilano.org Non deve pi essere cos. La necessit quella di introdurre meccanismi legislativi di riequilibrio di genere, che portino a una democrazia compiuta, con pari opportunit di votare e di essere eletti. Riconosciute, sia pure solo dal 1946, come cittadine, le donne infatti vivono ancor oggi unasimmetria di potere, che un indicatore simbolico del mancato processo di equit e di eguaglianza tra i generi. Una mancanza che deve essere sanata. Per questo, con tutti i gruppi regionali di Centro sinistra, abbiamo chiesto che, nella nuova legge elettorale, che dovrebbe essere lultimo atto della legislatura, oltre alleliminazione del listino, sia introdotta la doppia preferenza di genere. La norma, gi contenuta nella legge elettorale della Regione Campania dove, dopo la sua introduzione, nelle elezioni del 2010 le donne elette sono passate da 2 a 14, prevede che, nel caso siano espresse due preferenze, una debba andare a una candidata di genere femminile. questo infatti, anche a detta dei maggiori studiosi della materia, lo strumento migliore per evitare lesclusione delle donne dalla vita politica. In un sistema elettorale basato sulle preferenze come quello regionale lasciare la possibilit di esprimere una sola preferenza porta difficilmente, come la storia ha dimostrato, le donne a essere elette, perch generalmente i partiti non le supportano nella campagna elettorale. La norma sulla doppia preferenza di genere ha gi passato anche il vaglio della Corte costituzionale che ha ritenuto infondata sia la violazione del diritto dellelettorato attivo, sia la violazione del diritto di voto, prospettata dal Governo in un ricorso nel 2010. Anzi per la Corte la misura non solo non illegittima ma persegue il riequilibrio della rappresenta politica dei sessi allinterno del Consiglio regionale. Ma non solo. La doppia preferenza di genere gi prevista dal testo di legge per le elezioni amministrative, approvato recentemente in Senato. Da parte sua il Partito Democratico lha inserita nel progetto di legge regionale per lelezione del consiglio, presentata nel marzo del 2011. Lo Statuto della Regione Lombardia, inoltre, approvato nel 2008, contiene esplicitamente il principio di democrazia paritaria. Allarticolo 11 stabilisce che la Regione riconosce, valorizza garantisce le pari opportunit tra uomini e donne in ogni campo, adottando programmi, leggi, azioni positive e iniziative atte a garantire e promuovere la democrazia paritaria nella vita sociale, culturale, economica e politica. Un articolo rimasto lettera morta, quello sulla democrazia paritaria, disatteso da Formigoni, che ha avuto bisogno di una sentenza del Consiglio di Stato per portare in giunta un numero comunque esiguo di donne, e che anche nella sua ultima giunta precaria ne ha inserite solo 2 su 11, ma che ora pu, per la prima volta, essere affermato. Con la fine del ventennio formigoniano per la Lombardia si apre una stagione di rinnovamento radicale, che deve vedere da subito le donne protagoniste, come elettrici e come elette. Un protagonismo che potr esprimersi anche grazie alla doppia preferenza di genere.
*vicepresidente regionale
del
Consiglio
n. 36 IV 24 ottobre 2012
10
www.arcipelagomilano.org Andrey Boreyko stato nominato direttore principale di quella orchestra solo da pochi mesi, e dunque non si ancora creato quel magico affiatamento che rende possibile il miracolo del suonare insieme di tante persone, si pu comprendere qualche tentennamento iniziale e qualche attacco impreciso. Ma senza andar troppo per il sottile il suono dellorchestra era di ottima qualit e cos le interpretazioni di Brahms e di Berlioz che hanno proposto direttore e solista, tanto che la sala del Conservatorio, letteralmente strapiena, ha preteso il bis non solo dalla concertista (un Bach portato a livelli incredibili di pulizia e di rarefazione) ma anche dallintera orchestra (una commossa Danza Slava di Antonin Dvo k); la quale orchestra - essendo appunto nazionale - ha giustamente inalberato sul palcoscenico le tre bandiere, la belga, litaliana e leuropea! La grintosa e ineccepibile Suwanai ha dato del Concerto brahmsiano una versione molto passionale ma anche di grande equilibrio; uno dei pi defatiganti cimenti del repertorio violinistico, se non altro per la presenza assidua del solista che deve essere sul pezzo dallinizio alla fine, senza tregua, soprattutto nel terzo tempo, con quel tema che sembra un colpo di frusta e un ritmo che travolge ogni cosa. Il Concerto, scritto nel 1878 da un Brahms gi quarantacinquenne e tuttavia ancora alle prime armi con il violino solista, dedicato al genio di quello strumento, Joachim, che dopo aver dato una mano allautore durante la gestazione lo ha anche eseguito per la prima volta e ne ha scritto la bella cadenza, ancora oggi la pi eseguita (cos ha fatto anche la Suwanai), di tale modernit da sembrare scritta da un contemporaneo. Unico punto debole, nella esecuzione del concerto in re, era una sostituta-timpanista (che nella successiva sinfonia ha infatti lasciato il posto al titolare dello strumento), palesemente non in grado di sostenere lorchestra, che ha creato qualche difficolt al direttore. Nellorchestra sinfonica il ruolo del timpano fondamentale (ricordiamo il celeberrimo Luigi Torrebruno, negli anni doro dellorchestra della Scala, o la mitica Viviana Mologni, lattuale titolare nellOrchestra Verdi) perch con lassoluta precisione dei tempi, o con quei minimi anticipi o ritardi che fanno la differenza, deve imprimere ritmo agli altri strumenti s da diventare in determinate occasioni una sorta di braccio destro del direttore. Interessante notare come lorchestra - nel passare da un concerto con solista a una sinfonia, liberandosi dunque dalla necessit della concertazione con terzi estranei migliori sovente le sue prestazioni e ritrovi compattezza, slancio, sicurezza; e cos infatti accaduto anche laltra sera nel passaggio da Brahms a Berlioz. La Sinfonia Fantastica unopera giovanile (Berlioz aveva 26 anni quando vi ha messo mano!) e tuttavia anche lopera pi celebre del suo autore; tuttaltro che facile - di essa si ascoltano spesso esecuzioni enfatiche e urlate - stata eseguita in modo esemplare dallorchestra belga anche grazie alla lettura consapevole che ne ha dato Boreyko. Segno di grande maturit di un direttore che, nato a San Pietroburgo in epoca stalinista, cresciuto girando il mondo fra tante orchestre di diverse nazioni. Se il buon giorno si vede dal mattino, avremo unottima stagione delle Serate Musicali che ci rimandano al loro appuntamento settimanale del luned sera al Conservatorio. Da non perdere Milano Classica inaugura domenica 28 ottobre alle ore 11 la sua XXI Stagione Concertistica. Il primo appuntamento, nella tradizionale cornice della Palazzina Liberty, con il concerto di Lorna Windsor (soprano) e Andrew Beall (marimba) diretti da Richard Haglund e accompagnati dallOrchestra da Camera Milano Classica insieme ai Virtuosi degli Horti. Il programma comprende il Divertimento in fa maggiore K. 138 di Mozart, la Canoneta per violino e archi di Joaquin Rodrigo (19011999), il Song of Almah di Andrew Beall (1971), lAndante cantabile per violoncello e archi di ajkovskij (1840-1893) e la Holberg Suite di Grieg (1843-1907).
ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Juergen Teller. The girl with the broken nose
Per la sua prima personale italiana, Juergen Teller ha scelto una location di primo piano: gli appartamenti di Palazzo Reale. La mostra, curata da Francesco Bonami, racconta attraverso nove fotografie di grande formato, alcuni tra i lavori pi recenti del famoso fotografo di moda tedesco. Dopo aver immortalato icone mondiali come Kate Moss, Maricarla Boscono, Bjork e tante altre modelle e attrici in atmosfere e pose fuori dal comune; dopo aver pubblicato i suoi servizi su Vogue, e aver collaborato alle campagne pubblicitarie per Vivienne Westwood e Marc Jacobs, ecco presentare oggi The Girl with the broken nose, fotografie di grande formato, immagini, libri e appunti n. 36 IV 24 ottobre 2012 visivi, che documentano la carriera dell'artista e dialogano in modo inaspettato con il decorativismo delle salette di Palazzo reale. The Girl With The Broken Nose la scultura di cemento di una bambina, a cui il passare del tempo ha portato via il naso, unimmagine decadente ma romantica al tempo stesso, che diventa simbolo della mostra e del percorso creativo che unisce questi nove lavori fotografici. Appese a fili sottili, le fotografie offrono modelle languidamente sdraiate in paesaggi naturali, o in interni riccamente decorati, attori alle prese con gesti pi o meno quotidiani, cos come immagini di interni dal gusto raffinato e paesaggi incontaminati. Non poteva mancare anche lamica di vecchia data, tra queste foto, la stilista Vivienne Westwood, che si offre, un po a sorpresa, allobiettivo di Teller nuda e cruda, con un sorriso sornione, adagiata tra i divani. Unassonanza di immagini e colori che ben si sposano, inaspettatamente, con lambientazione neoclassica delle sale, elemento di peso con cui fare i conti, ma che Juergen Teller riesce invece ad integrare con gusto. Uno scambio tra fotografia, moda e arte, sempre pi legate tra loro, che porta anche a proporre. piccole fotografie sotto vetro, che raccontano la storia di anziane signore e della madre dellartista, allinterno dei boschi della sua infanzia. Ricordi e 11
www.arcipelagomilano.org momenti semplici di una vita prefashion. Juergen Teller The girl with the broken nose Palazzo Reale fino al 4 novembre, ingresso gratuito
Alberto de Braud Fine del gioco Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese, 3 ottobre 11 novembre 2012, Orari: dal marted alla domenica, 10-18, luned chiuso. Ingresso: intero: 8 Euro; ridotto 5 Euro
n. 36 IV 24 ottobre 2012
12
www.arcipelagomilano.org
Picasso. capolavori dal Museo Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013, orari: luned, marted e mercoled: 8.30-19.30 gioved, venerd, sabato e domenica: 9.30-23.30; biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto
www.arcipelagomilano.org che ci restituiscono immagini di donne bellissime come Kate Moss, Naomi Campbell e Linda Evangelista, e che evidenziano quella ricerca formale e quellallure glamour che solo le foto di alta moda, e di grandi fotografi, sanno offrire. La seconda parte, intitolata The Unknown, pi innovativa, e mostra un taglio creativo inaspettato. The Unknown fa parte di un progetto di ricerca personale dellartista, che dopo averlo presentato nel 2011 a Pechino, prosegue e aggiunge immagini a questo percorso a s, senza ordine temporale o logico, e che richiama da vicino il mondo del cinema, altra passione di Lindbergh. Queste fotografie mostrano modelle e attrici famose, Kate Winslet, Amber Valletta ma soprattutto Milla Jovovich, che non sono pi solo modelle inarrivabili ma donne che devono vedersela addirittura con catastrofi planetarie. Lo scenario fantascientifico, con richiami ai film del compatriota Fritz Lang, in cui incendi, disastri e caos sono disseminati nelle grandi metropoli americane, e davanti alle quali le affascinanti protagoniste di Lindbergh restano sconvolte e confuse, alcune catatoniche, ma sempre armate di rossetto rosso, in questo improbabile Armageddon. Gli elementi per creare suspance ci sono tutti: pericoli e minacce ambientati nei deserti californiani, alieni che rapiscono lattore Fred Ward e la sua compagna, ma anche spiragli di set hollywoodiani non troppo nascosti allobiettivo della macchina fotografica. Immagini che sembrano davvero fotogrammi di un film, in un continuum sempre pi indissolubile tra queste due arti predilette da Lindbergh. Peter Lindbergh. Known and "The Unknown" - Galleria Carla Sozzani. Fino al 4 novembre Orari: Luned ore 15.30 - 19.30 Marted, mercoled, gioved, venerd, sabato ore 10.30- 23 Domenica ore 10.30 19.30 Ingresso libero
LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Miti doggi
Marino Niola Bompiani Pagine 153, euro 11,00
Quando il mito nasce Sono le cose a potenziare le immagini, quando diventa mitologia sono le immagini a potenziare le cose In esergo la citazione tratta dal Tagebucher di J.W.Goethe, introduce il bel saggio di Niola sui miti dellattimo fuggente che caratterizzano la nostra epoca. Antropologo della contemporaneit, docente allUniversit Suor Orsola Benincasa di Napoli, editorialista di La Repubblica e tante altre cose ancora, Niola ci guida attraverso i simboli che danno corpo a sogni e incubi, passioni e ossessioni del nostro tempo. Ipad, You tube, Facebook, Wi-fi, outlet, happy hour, sono gli strumenti-concetti di questera tecnologica che insieme a valori-concetti come bellezza, velocit, giovinezza, magrezza, esprimono la mutazione antropologica in atto. Niola spiega come noi, attori-spettatori, restandone sedotti, ne subiamo il potere, con modalit che la tecnologia consumistica impone, ovvero a tempo determinato. A differenza dei miti dellantichit, grandi narrazioni fatte per durare e incidere nellimmaginario, oggi, infatti, ci troviamo a fronteggiare mitoidi che viaggiano alla velocit della luce, schegge luminose che nascono e muoiono, lasciando spesso dietro di s solo unombra. Virtualit, precariet, inconsistenza del reale sono le parole che definiscono le effimere icone della nostra vita quotidiana. Miti per un attimo, presto sostituiti da altri che a loro volta avranno vita e valore per un solo momento. Sono passati cinquantanni dallopera cult di Roland Barthes Miti doggi - ritratto profetico e corrosivo della nascente societ dei consumi analizzata attraverso i suoi oggetti simbolo - e la a nostra societ, ora come allora, si trova di fronte a nuovi mondi da scoprire e da nominare, ma la loro perpetua e rapidissima trasformazione richiede spiegazioni e reazioni differenti. Noi navigatori digitali di ancor breve esperienza dobbiamo imparare a procedere senza autodistruggerci, perch come scrive Niola <ciascuno voyeur ed entomologo, soggetto e insetto, di una realt ancora in frammenti, di una zoologia imperfetta fatta di individui non ancora raggruppati in specie>. (Daniela Muti)
n. 36 IV 24 ottobre 2012
14
www.arcipelagomilano.org
tutta la sua abilit nel riuscire a portare in scena una persona realmente esistita (il pittore Mark Rothko) trasformandolo in un personaggio teatrale assolutamente credibile, facendo emergere la sua personalit le idee, le contraddizioni e il carattere attraverso il confronto con il suo aiutante Ken, unaspirante pittore che non riuscir, in pi di due anni di rapporto quotidiano con Rothko, a fargli vedere un proprio quadro. Logan si concentra sul periodo della vita del pittore in cui, nel 1958, gli viene commissionata una serie di quadri per il ristorante Four Season di New York. Il testo funziona bene perch i nodi tematici e i rapporti personali emergono sempre in relazione alla pittura di questi quadri, che Rothko esita a fare, contempla, e su cui filosofeggia chiedendo a Ken di fargli da spalla nel dialogo, di dargli la battuta; e Ken lo fa, prima con voce rotta e deferente, poi acquisendo sempre pi sicurezza fino ad arrivare a dialogare davvero con lui, anche prima che Rothko lo riconosca come uomo e non come semplice aiutante/spalla. Rothko vorrebbe intrappolare losservatore in una stanza in cui tutte le porte e le finestre sono murate, in cui lunica cosa che gli resti da fare sia sbattere la testa contro i muri. Il pittore vorrebbe creare un tempio
per i suoi quadri, per il suo rosso, ma quel tempio come gli fa notare Ken, prima con rispettosa ironia e poi con irritazione non altro che un ristorante in cui persone facoltose singozzano muovendo le fauci, fanno stridere le forchette sui piatti e parlano, parlano, parlano. I quadri di Rothko non sarebbero altro che un addobbo, una decorazione e Ken accusa il pittore di saperlo benissimo, da sempre, da quando ha accettato, e di averlo fatto solo per orgoglio. Il rapporto fra i due cresce durante gli anni, ma non come ci si aspetterebbe, cresce in maniera originale, per sbalzi, attraverso liti e avvicinamenti, momenti in cui il maestro e laiutante si confrontano quasi alla pari e altri in cui il ruolo e let li dividono ponendoli su due sponde opposte dello stesso fiume. Il fiume larte, la concezione di creazione e di creativit, il filo conduttore di tutto lo spettacolo: i giovani che scalzano i vecchi e che a loro volta diventano i vecchi da scalzare. In questo dialogo sullarte si pu leggere anche un meta-teatrale passaggio di consegne in cui lattore affermato e di indiscusso talento, Ferdinando Bruni, accompagna il giovane collega/allievo Alejandro Bruni Ocaa, bravissimo e allaltezza della parte, verso il futuro, cos come Rothko, licenziando
Ken nel momento in cui la prima volta che per me esisti davvero, lo spinge a cercare, trovare e seguire una sua strada. Uno spettacolo emozionante, diretto da Francesco Frongia con una grande attenzione estetica agli spazi e alle luci (e non sarebbe potuto essere diversamente, visto che di spazi e luci si parla per gran parte del tempo), dove la sintonia fra i due attori in scena trasforma un bel testo in materia viva. Teatro Elfo Puccini dal 10 al 28 ottobre. In scena Al Teatro Filodrammatici fino al 28 ottobre Push-up di Roland Schimmelpfenning, regia di Bruno Fornasari. Al Teatro Elfo Puccini dal 16 ottobre al 4 novembre La discesa di Orfeo di Tennessee Williams, regia di Elio De Capitani. Al Teatro Tieffe Menotti dal 26 al 28 novembre La manomissione delle parole di e con Gianrico Carofiglio. Al Piccolo Teatro Studio dal 23 al 28 ottobre dal Lei dunque capir di Claudio Magris, regia Antonio Calenda.
15
www.arcipelagomilano.org li che anche quel rapporto viaggia appeso a un filo. Paolo Schipani Partita il 9 ottobre la rassegna cinematografica BeltradEssai, organizzata al cinema Beltrade (via Oxilia, 10), durer fino a marted 11 di cembre. Qui lagenda con gli appuntamenti!
Killer Joe
di William Friedkin [U.S.A., 2011, 103'] con Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Thomas Haden Church, Gina Gershon, Juno Temple
William Friedkin, regista di Killer Joe, non si perde in preamboli. Non esita a introdurre istantaneamente lo spettatore nella disperazione di una notte di pioggia torrenziale in cui Chris (Emile Hirsch), un giovane spacciatore, all'ossessiva ricerca di una soluzione per sanare i suoi debiti. La soluzione un piano diabolico e inumano che prevede di uccidere la propria madre per spartire con il padre l'eredit di cui beneficerebbe la piccola Dottie (Juno Temple). La ragazzina, fragile e anacronistica, appare come una cenerentola circondata da meschinit e squallore. In mancanza di soldi l'unica caparra che padre e figlio possono proporre allo spietato e diabolico Killer Joe (Matthew McConaughey) per portare a termine il lavoro. Il poliziotto che arrotonda con uccisioni a pagamento ha evidenti fattezze mefistofeliche. Tenta, accusa e distrugge tutti coloro che gli si avvicinano. William Friedkin, che quarant'anni fa ha messo in scena L'Esorcista, si muove su un terreno conosciuto. Tuttavia, non di sola carne fatto satana in Killer Joe. Il regista insiste a indirizzare lo sguardo dello spettatore su apparecchi televisivi che ipnotizzano i protagonisti continuando a trasmettere immagini vacue e atroci. Friedkin, negli anni '70, ha contribuito a rivoluzionare il genere poliziesco con Il braccio violento della legge, spezzando quella netta divisione che fino ad allora separava la giustizia dal crimine. Con Killer Joe si misura con qualcosa di ancor pi violento e sanguinoso. La regressione dell'uomo appare da subito evidente, le figure maschili sono spacciatori e assassini, le donne ridotte a ruoli primitivi di vergine, madre e prostituta. Nel culmine di questa degenerazione morale, l'immacolata e salvifica Dottie interviene impersonificando un giudice universale che condanna l'accidia del padre, la lussuria della matrigna e l'abominevole avidit del fratello. Cosa ne far del meravigliato e attonito Killer Joe possiamo solo immaginarlo. Marco Santarpia In sala a Milano: UCI Cinemas Bicocca, UCI Cinemas Certosa, Arlecchino.
GALLERY
VIDEO
n. 36 IV 24 ottobre 2012
16