“Alla Luna” di Leopardi è un idillio scritto nel 1819 in endecasillabi sciolti. Il componimento
ha come tema centrale il valore consolatorio della ricordanza che si contrappone ai dolori
della vita. Il ruolo fondamentale del tema della ricordanza è anche testimoniato dal titolo
originale, conservato fino al 1831: “La ricordanza”.
La poesia si apre con un’apostrofe alla Luna, topos della letteratura classica, rendendo
chiaro sin da subito la struttura in forma di dialogo. Tuttavia la luna non si fa vera
interlocutrice, ma piuttosto tramite per un dialogo tra il poeta e se stesso. Leopardi infatti
si confida con la Luna, comunicandole le sue sofferenze, e così facendo comincia una
riflessione sulla sua stessa condizione. Questa riflessione raggiunge il suo massimo al verso
8-9 “che travagliosa/era la mia vita: ed è, né cangia stile”. L’enjambent enfatizza il termine
“travagliosa”, di cui la costanza nel tempo è data del susseguirsi nel verso successivo di un
imperfetto “era”, di un presente “è” e di un altro presente con valore di futuro “cangia”. La
certezza di Leopardi di fronte all’immutabilità della sua sofferenza si fa testimone del suo
forte pessimismo, tuttavia la natura, considerata ancora benigna, offre al poeta un
rimedio. La luna infatti suscita in Leopardi la ricordanza, che seppur gli riporta alla mente
ricordi di pianti e sofferenze, gli porta sollievo (“e pur mi giova/ la ricordanza ed il noverar
l’etate del mio dolore”, vv. 10-12). Tuttavia ciò avviene solo in età giovanile, quando non si
ha ancora tanta esperienza del mondo, ma al contrario si ha molta speranza per l’avvenire.
Ciò si ricava dai versi 14-15, aggiunti 16 anni dopo da Leopardi, alla luce delle delusioni
della vita.
La scena descritta si svolge su di un colle che sovrasta una selva, entrambi rischiarati dal
chiaro di luna. La scelta di questi luoghi non sembra essere casuale, né tanto meno priva di
importanza. La selva infatti è un locus amoenus, che a partire dalla tradizione medievale,
come possiamo anche vedere in Dante, rappresenta un luogo oscuro, simbolo dello
smarrimento dell’animo. La selva descritta da Leopardi è però rischiarata dalla Luna, essa si
configura infatti come guida ed elemento di conforto rispetto alla desolazione ed alla
sofferenza del poeta. Importante però, come Leopardi non si trovi all’interno della selva,
ma su di un colle che la sovrasta, probabilmente lo stesso dell’“Infinito”, da cui osserva la
valle e la luna. Il colle diventa quindi il luogo della fuga di Leopardi, da cui, dialogando con
la luna, lascia che essa rischiari la selva e quindi il suo animo.