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26/03/2010

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il Ducato

Linchiesta a Urbania

La storia

Il percorso

Incubo disoccupazione nellEden del denim


Lungo la strada statle 73 bis si alternano le aziende con nomi che richiamano al tessile. In quella che era La valle del jeans, per, sono rimasti solo i cervelli delle ditte, mentre la produzione stata spostata allestero. E solo nellultimo anno alle liste di mobilit del comune si sono iscritti in 104, 83 del settore manifatturiero. pagina 2

Quel prete che cuciva i pantaloni per Jesus


Ogni giorno partivano 40.000 paia di jeans con i cartellini dei marchi italiani pi importanti: Pop 84, Carrera, Jesus. Erano gli anni 80. Oggi la produzione stata spostata allestero e di manodopera locale c sempre meno bisogno. Storia di un distretto industriale nato negli anni 50 per idea di un prete. a pagina 4

Cinque euro di stoffa in negozio sono 200


Come un metro denim che costa 5 euro diventa un jeans da 200. Il passaggio chiave in lavanderia: l che si decider il valore finale del pantalone. E per le produzioni pi a buon mercato, c una trasferta in Romania dove per avviene solo il taglio. Lunica operazione rimasta in terra urbanese lo stiro. a pagina 6

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DOSSIER

Intere generazioni di urbanesi sono cresciute lavorando il denim

Cos la crisi fa le scarpe alla capitale del pantalone


Tra fabbriche in fallimento e operai cassaintegrati. Viaggio nella ex Valle del jeans

arcisio Galavotti passeggia calmo in quello che ancora il suo studio. Si affaccia dalla finestra e vede le macchine passare lungo la statale 73 bis. E' la strada che collega Urbania a Sant'Angelo in Vado e Mercatello sul Metauro, paesi che un tempo formavano la "Valle del jeans". Galavotti non si siede quasi mai mentre racconta gli episodi che hanno portato lui e il suo socio, Alessandro Giuliani, a chiedere lo stato di liquidazione con concordato preventivo sulla concessione dei beni della loro azienda, la Italian Fashion. "Ci sono due categorie di imprenditori: una investe sulla 'casa', cio sull'arricchimento personale, l'altra sull'azienda per farla crescere e sviluppare sempre di pi. Io e il mio socio facciamo parte di questa seconda categoria e abbiamo investito molto nella nostra societ", dice con voce tranquil-

LItalian Fashion fatturava 23 milioni nel 2003 Lanno scorso fallita

la. Secondo il Cerved Group, societ che valuta la solvibilit di imprese e persone, da gennaio a settembre 2009 in Italia sono state 664 le aziende che sono state costrette a chiedere lo stesso tipo di fallimento della Italian Fashion; il settore pi colpito quello manifatturiero dato che 53% di questi fallimenti ha riguardato imprese tessili. In questa classifica non proprio lusinghiera, le Marche sono la quarta regione, con 70 richieste. Sempre secondo il Cerved, nel solo trimestre agosto-settembre in Italia sono state aperte 1.735 procedure fallimentari. La ditta di Galavotti e Giuliani, era nata nel 1984 ad Acqualagna per commercializzare jeans. L'anno dopo si trasferita ad Urbania e nel 2002 ha raggiunto il fatturato record di 23 milioni di euro, 11 dei quali grazie a Maggie, il marchio che aveva in licenza. Era il momento pi florido dell'azienda che contava 65 dipendenti. L'anno prima era stata

Cassa integrazione ordinaria


Garantisce al lavoratore un reddito sostitutivo. E richiesta dalle aziende in momentanea crisi di mercato e pu durare al massimo 13 settimane. Si percepisce meno dell80% dello stipendio che a carico dellInps

Il glossario

Cassa integrazione straordinaria Liste di mobilit


Pu essere chiesta dalle aziende con pi di 15 dipendenti in casi di crisi particolarmente rilevante o sogetta a fallimento o in riconversione. Ha durata diversa in base ai casi

E dove vengono inseriti i lavoratori licenziati da imprese con oltre 15 dipendenti per cessazione, trasformazione o riduzione di attivit. La durata delliscrizione in base allet del lavoratore (massimo 36 mesi)

presa la decisione di fare un investimento importante come la costruzione della sede in cui si trova attualmente lo studio di Galavotti: 1.500 metri quadri di uffici con una facciata che richiama le strutture delle industrie inglesi dell''800 e con gli interni in mattoncini rossi. Costo: 5 milioni di euro. Proprio per la spesa fatta per la struttura, i due titolari hanno ricevuto il premio per la "valorizzazione dell'entroterra" dalla Confindustria provinciale. Poi la discesa. Nel 2006 i dipendenti erano diventati 40 e il fatturato dimezzato. "Alcuni investimenti forse li abbiamo sbagliati, ma se ci troviamo in questa situazione perch non eravamo pi competitivi sui costi. E per fortuna che avevamo due marchi in licenza, altrimenti molto probabilmente avremmo chiuso prima", dice Galavotti. "Io e il mio socio abbiamo chiesto un tipo particolare di fallimento perch quello che consente di garantire al massimo i creditori. Io quando esco per Urbania voglio camminare a testa alta. E non si pensi che per un imprenditore sia facile prendere questa decisione, ma non avevamo pi altra scelta. E le banche non ci hanno aiutato". Ora qui arriver una multinazionale indiana e questo diventer il loro showroom e sede di rappresentanza. Non avranno bisogno dei 17.500 metri quadri di capannoni industriali pieni di macchinari che saranno ceduti per pagare i debiti. La produzione infatti rimarr in Egitto. Egitto e nord Africa sono l'ultima frontiera delle delocalizzazioni. Prima si andava in Romania, ma ora comincia ad essere poco conveniente portare la produzione l dopo che Bucarest entrata nell'Unione Europea. Nel corso degli anni infatti da Urbania gran parte della produzione stata spostata e ora non stanno che rimanendo facciate di uffici, alcuni anche progettate da architetti importanti. Ad Urbania c' il cervello delle aziende, le braccia sono altrove. Per questo probabilmente Galavotti verr assunto dalla nuova propriet. "Per la mia esperienza nel settore. Hanno bisogno di figure professionali con

Nel 2009 83 iscritti su 104 alle liste di mobilit urbanesi erano tessili

il profilo come il mio, Magari pi avanti mi faranno fare l'amministratore delegato", dice senza che nella voce si senta il disturbo di passare dalla situazione di imprenditore a quella di impiegato-salariato, anche se di ottimo livello. Oltre agli operai impiegati nella confezione dei pantaloni, a vivere una situazione di crisi sono anche tutti quelli impegnati nell'indotto: stirerie, lavanderie e ditte di trasporto. Poco pi avanti rispetto la Italian Fashion c' la Stir Control, stireria con 24 anni di storia alle spalle. "Qui una volta si lavorava tutto l'anno, oggi si va a stagioni: da met novembre a febbraio e da maggio a luglio", dice il titolare, Giovanni Dini. I suoi dipendenti sono venti, ma ora a lavoro nel grande capannone sono solo dieci. "Faccio esaurire le ferie che hanno in arretratato, poi scatta la cassa integrazione a turno. Una settimana uno, la settimana dopo un altro". A partire dal settembre 2009, nei mesi in cui si lavora meno gli operai sono stati in cassa integrazione a gruppi di 5-6 alla volta. E questa situazione non riguarda solo la Stir Control. La Leontex una lavanderia storica di Peglio, comune subito fuori Urbania. Negli anni Novanta aveva pi di cento dipendenti, tra amministrativi ed

A destra, la sede della Italian Fashion. Lazienda fallita ed stata acquisita da una multinazionale indiana. Sopra, la porta chiusa delloutlet

operai e nel 1993 aveva un fatturato di 18,6 miliardi di lire. Oggi le persone che ci lavorano sono diventate una quarantina. "L'anno scorso abbiamo fatto 60-70 ore di cassaintegrazione a testa e la nostra azienda aveva esaurito quella ordinaria", racconta Fausto Falasconi delegato sindacale Cisl. "Nel 2009, 6-7 dipendenti sono stati messi in mobilit. Hanno tutti tra i 40 e i 50 anni. Alcuni non hanno ritrovato lavoro, altri si, ma di questi non mi pare che qualcuno lo abbia ritrovato nel tessile ", continua Falasconi. La musica non cambia se si ascoltano le parole di Adelinda Torcolacci, anche lei delegata Cisl, alla ditta Ganzo: Noi siamo 45 operaie e una quindicina di tecnici. Lanno scorso abbiamo fatto tutti tre mesi di cassaintegrazione. E io, che la-

I numeri del lavoro


Ore di cassa integrazione
Ordinaria 2008 2009 113,2 milioni 2,3 milioni 735 mila 578,1 milioni 13,4 milioni 4,8 milioni Straordinaria 2008 2009 109,8 milioni 3,6 milioni 23 mila 339,9 milioni 9,2 milioni 1,7 milioni Totale 2008 2009 223,1 milioni 5,9 milioni 758 mila 918,1 milioni 22,6 milioni 6,5 milioni

Italia Marche Pesaro e Urbino

Iscritti liste di mobilit


Pesaro e Urbino Urbania

2005 2.052 n.d

2006 1.901 n.d

2007 1.337 24

2008 2.266 62

2009 4.141 104

IL LIBRO

Scritto dal professor Augusto Calzini nel 1995, il libro gelosamente conservato da molti imprenditori e abitanti urbanesi perch racconta la loro storia. Contiene molte informazioni sul distretto industriale del jeans, i profili delle industrie e dei loro creatori. Il testo in italiano, ma riporta la traduzione in inglese nelle pagine a fronte.

I dati nazionali sono dellInps; quelli provinciali e comunali della provincia di Pesaro e Urbino

voro part-time, sono andata avanti con uno stipendio di 550 euro. E normale che la prima spesa su cui si taglia il superfluo. Ma io non voglio nemmeno lamentarmi, anche perch so che ci sono situazioni peggiori della mia. La mia azienda aveva assicurato me e le mie colleghe che saremmo tornati a lavoro e per fortuna cos stato. Per quanto riguarda questanno, era stata nuovamente richiesta la cassaintegrazione, ma per ora siamo riusciti ad evitarla.

I lavoratori che perdono il posto si iscrivono alle liste di mobilit. E cos hanno fatto anche quelli della Leontex. Ma non sono stati i soli. Nel solo comune di Urbania nel 2009 ci sono state 104 iscrizioni, di cui 83 provenienti proprio dal settore manifatturiero. Nel 2008 erano state 62 e l'anno prima solo 24. Ancora peggiore la situazione se si guardano le ore di cassa integrazione. Quelle fatte dagli operai della Stir Control, della Ganzo e da quelli della Leontex vanno a sommarsi a un mare di

ore che hanno interessato i lavoratori di tutte le Marche, ma soprattutto della provincia di Pesaro-Urbino. Nessun'altro territorio ha visto un aumento cos forte di questo ammortizzatore sociale. Secondo la Confindustria provinciale a Pesaro-Urbino tra il 2008 e il 2009 le ore di cassaintegrazione, straordinaria e ordinaria, sono passate da 758.121 a 6.533.538. In percentuale il balzo stato del 761%. Nello stesso periodo in Italia l'aumento stato meno del doppio, cio del 311% e

nella Marche del 283%. "Speriamo - dice Falasconi che la situazione migliori. Dall'inizio dell'anno abbiamo fatto solo poche ore di cassa integrazione e per quanto riguarda la mia ditta arrivata una nuova commessa che per il momento ci fa respirare". "Se negli anni- dice Galavotti fossimo stati capaci di creare un consorzio con un marchio proprio oggi non saremmo in questa situazione. Dovevamo formare un'unione tra imprenditori, ma non lo abbiamo

fatto. Potevamo chiamarlo "La valle del jeans" e sono sicuro che molti grandi marchi avrebbero inserito nella propria collezione uno o due capi che venivano da questa zona. Qui per siamo abituati a guardare tutti al proprio orticello e in pochi hanno la cultura del marchio". Mentre dice queste parole, Tarcisio Galavotti ancora alla finestra del suo studio, guarda fuori a vedere quello che ci sarebbe potuto essere e invece non c'.

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DOSSIER
Liniziativa messa in campo dal Comune

Il personaggio Il pionere da cui tutto part 54 anni fa

Il jeans sotto la tonaca


Don Corrado Catani il prete che ha portato a Urbania la prima macchina tessille industriale e da l iniziata lindustrializzazione del territorio. Tra alti e bassi
A sinistra, in piccolo, una foto di don Corrado Catani con alcune donne impegnate nella cucitura con macchine elettriche; al centro, un grande macchinario per il lavaggio dei jeans. Le dimensioni maggiori di queste macchine furono introdotte nelle aziende urbanesi

E lassessore aiuta loperaio


d Urbania gli amministratori d a n n o l'esemp i o " . Queste parole sul sito internet dell'amministrazione annunciano l'iniziativa del Comune per aiutare i lavoratori in difficolt. Gli stipendi, o meglio i gettoni di presenza, degli assessori e del presidente del consiglio sono finiti dritti in un fondo per aiutare le persone disagiate. Anche i consiglieri hanno contribuito, ma solo quelli di maggioranza. "A Natale avevamo raccolto 6.000 euro e abbiamo indetto il bando a cui hanno risposto 36 famiglie con lIsee, lindicatore della situazione economica equivalente, pari o inferiore a 9.000 euro. Siamo riusciti a soddisfare tutte le richieste consegnando buoni spesa con valori variabili tra i 100 e i 200 euro". Loretta Carnevali, assessore alle Politiche sociali, racconta questa proposta: "E' una di quelle iniziative concrete che avevamo promesso in campagna elettorale per combattere la crisi e l'abbiamo mantenuta. Ad oggi il fondo esaurito, ma rimane attivo. Ap-

"A

uesta una storia con un nome, un cognome e una data. Il nome quello di don Corrado Catani, prete sui generis e con una doppia vocazione: quella ecclesiale e quella imprenditoriale. La data il '56 con la guerra alle spalle e in pieno piano Marshall. Don Corrado, laureato alla "Scuola Cantorum" del Vaticano, torn a Urbania da Roma con l'incarico di occuparsi dell'amministrazione dei beni ecclesiastici. Divent esperto in materia fiscale e amministrativa e per queste sue competenze venne inviato a Modena dove c'era un convento di suore in difficolt. Erano gli anni '50, la guerra era finita da poco e in Italia si parlava del segretario di stato americano George Marshall. Il governo statunitense infatti aveva studiato un piano per aiutare i paesi europei appena usciti dal conflitto mondiale. Anche in Italia quindi si impar presto cosa significasse il suo nome: finanziamenti economici per la ripresa economica del Paese. Proprio grazie a questi soldi il convento femminile modenese aveva comprato delle macchine elettriche per cucire abiti per gli orfani. Il sistema che reggeva il convento venne per messo in crisi da un funzionario statale che contest delle irregolarit fiscali. Il Vaticano mand don Corrado che durante la sua visita not le macchine industriali, cos diverse da quelle che proprio lui aveva messo a disposizione delle donne urbanesi per conto dell'Opera Diocesana Assistenza. Erano vedove di guerra o con difficolt di sussistenza a cui don Corrado aveva fornito macchine per cucire a manovella o a pedale. Perch quelle macchine non potevano essere usate anche a Urbania? Cos la prima macchina 'moderna' arriv nell'antica Casteldurante. Era il 1956 e, sempre grazie a don Corrado, arrivarono le commesse e si cominci a lavorare. Renzo de Angeli ha attraversato la storia di del distretto industriale di Urbania, non solo

Di lui si dice che aveva una doppia vocazione: religiosa e da imprenditore

metaforicamente. Ha lavorato presso diverse aziende, ha girato in macchina l'Italia per partecipare alle contrattazioni nazionali con l'associazione delle piccole e medie imprese del tessile e per questo si definisce "il sindacalista delle aziende". Oggi, dal suo studio di consulente del lavoro, torna indietro con la mente per raccontare degli anni passati, quando era collaboratore del maggiore protagonista di questa vicenda, don Corrado appunto. "Questo un territorio che vive di mode. Se uno fa una cosa poi molti lo seguono. Era avvenuto gi precedentemente con l'allevamento delle galline ovaiole. Poi venne la fase dell'industria". Cos i capannoni che fino a quel momento erano stati pieni di galline ruspanti, ora vengono occupati da macchine per cucire. Nulla sarebbe iniziato, per, senza don Corrado. Chi lo ha conosciuto dice di lui che era unprete sui generis. "Era un manager - racconta Igino Silvestri che ha lavorato per molti anni con lui - e quando diceva messa non faceva la predica. Ma quando eravamo in giro si fermava spesso per pregare. Col fatto che era delegato per la contrattazione sindacale della Uniontessile viaggiavamo molto insieme. Guidava sempre lui e non si sapeva mai quando si tornava a casa. La madre i primi tempi si preoccupava, ma poi ha smesso. Anzi gli sembrava strano quando quelle poche volte che accaduto, ha visto il figlio tornare alle 19.00", racconta Igino. Negli anni apparso un articolo su di lui pure sul settimanale inglese "Time". Per un periodo Don Corrado, morto poi nel 1991, produsse i jeans anche per il marchio "Jesus", cos spesso si sentiva dire che era "il prete che faceva i pantaloni a Ges". "All'inizio la produzione riguardava abiti e non jeans. La lavorazione del denim arriv in

pena avremmo accumulato 34.000 euro faremo iniziative diverse, come borse lavoro per cassaintegrati o disoccupati". Per questa volta hanno partecipato solo la giunta e gli assessori, ma nel futuro anche aziende o singoli cittadini potrebbero contribuire a formare un buon gruzzolo: "Manderemo delle lettere agli istituti di credito, agli esercizi commerciali, alle imprese per fare in modo che questa iniziativa sia presa sempre pi sul serio". A chiedere un aiuto al Comune sono state spesso famiglie monoreddito, o in cui entrambi i coniugi si sono trovati senza lavoro oppure famiglie numerose. "Molte persone che in questi anni hanno perso il lavoro e si sono trovate in difficolt sono operai che lavoravano nel tessile". Proprio da questo settore provengono molte richieste: "La crisi non ancora finita. La Provincia e la Regione aiutano e agevolano la creazione d'imprese, per si fa fatica soprattutto in una piccola realt, dove ancora pi faticoso". Il settore tessile non pi quello di una volta ed difficle individuarne uno nuovo per rilanciare leconomia urbanese. Per ora ci pensano gli assessori.

Stone wash e sabbiatura sono alcune lavorazioni ideate in questa valle

un secondo momento, intorno alla met degli anni '70", ricorda De Angeli. Le prime industrie che nacquero erano faconiste, vivevano cio delle commissioni che i grandi marchi facevano. Molti dei jeans Carrera che poi andavano a finire nei negozi di tutta Italia partivano da Urbania. E con l'arrivo delle grandi commissioni, intorno alle produzioni del pantalone fior l'indotto. Stirerie soprattutto, ma anche lavanderie e ditte di trasporto. Generazioni di urbanesi hanno portato a casa il doppio stipendio, moglie e marito, grazie al lavoro sul jeans o intorno ad esso. Da qui sono partite molte innovazione sui processi di lavorazione. Il denim un tessuto 'duro' e prima di trasformarsi in pantalone ha bisogno di essere lavato e ammorbidito. E a Urbania hanno cominciato a farlo e l'hanno fatto meglio di altri. Per queste operazioni venivano usate grandi lavatrici, asciugatrici ed essicatoi dove venivano messi i pantaloni ancora piegati. Per quanto fossero grandi questi macchinari, i jeans rimanevano compressi e non si ammorbidivano di molto. Da qui l'idea di fare tutto pi ampio in modo che i pantaloni quasi 'volassero' dentro. I primi cesti delle lavatrici vennero commissionati in Germania, perch nessuno in Italia era in grado di farli. "L'assemblatura dei pezzi in-

vece fu fatta da un meccanico di una ditta di Urbania, la Leontex, cos come la rivestitura esterna fatta da un fabbro con delle lamiere tagliate e unite con delle viti, in maniera molto artigianale. Infatti dopo quattro mesi di lavoro da fuori lo stabilimento si sentiva il rumore, non per il motore o per il cesto dentro, ma perch si stavano allentando le viti", racconta De Angeli. Con questa nuova lavorazione le commesse aumentarono. "Nessuno - spiega De Angeli faceva i jeans morbidi come noi e senza le strisce che rimanevano prima perch restavano appiccicati". Intorno agli anni '90 le lavanderie urbanesi erano in grado di eseguire 50 diversi tipi di lavorazione, alcuni inventandoli di sana pianta. Lo stone wash e la sabb i a t u ra s o n o state messe appunto in questa valle. "Si mettevano a lavare con delle vere e proprie pietre, spesso di pomice, che sfregando sul tessuto creavano delle striature; la sabbiatura invece consiste nello "sparare" la sabbia con delle pistole ad aria compressa sul pantalone per creare delle sfumature marroncine", racconta De Angeli. Tra il 1984 e il 1985 da Urbania partivano 40.000 pezzi al giorno, tutti di marchi importanti: Pop 84, El Charro, Trussardi e soprattutto Carrera. Proprio

Da Urbania partivano 40.000 pezzi al giorno per marchi nazionali e internazionali

l'importanza di questi committenti, paradossalmente, negli anni si trasform nella debolezza del distretto. "Molte ditte erano in balia delle commesse, soprattutto di Carrera che aveva sempre il termometro della situazione grazie a persone di fiducia che riusciva ad inserire nei consigli d'amministrazione delle aziende locali", ricorda De Angeli. Cos molte ditte fecero uno sforzo in pi. Fornivano ai clienti il prodotto finito e inscatolato. Questo gi accedeva precedentemente in realt, ma senza l'accuratezza che si cercava ora. Si era passati dal caricare i tir di jeans imbustati, a inscatolarli per modello, taglia e con letichetta sul pacco che indicava la destinazione finale. Nonostante l'impegno, il sistema entr in crisi: la committenza spesso era una monocommittenza e non era pi redditizia. Solo pochi imprenditori sono riusciti a realizzare un marchio proprio, come Jeckerson, ideato da Franco Stocchi. Il resto storia di oggi con il trasferimento delle produzioni all'estero, in Romania soprattutto. E il sogno mancato della realizzazione di un consorzio cheriunisse le aziende e che avrebbe consentito di reagire meglio ai periodi di crisi, come l'ultimo. "Anche don Corrado prov a farlo - ricorda Igino Silvestri - e se non c' riuscito lui"

I Jeckerson e la pubblicit dello scandalo

LA STORIA IN TAPPE
Origini Forse nati a Genova dove veniva esportato un tipo di fustagno blu che serviva per le vele delle navi. Il termine inglese blue-jeans infatti si pensa derivi dalla frase bleu de Gne (blu di Genova) 1850 In America la comunit mineraria richiede un paio di pantaloni da lavoro resistenti e durevoli. Anni 50 Arriva in Europa indossato dalle armate americane vincitrici del conflitto mondiale appena concluso. Il boom arriva con il cinema e il rock'n'roll che li fanno entrare nelle case Anni 60 Diventa l'indumento della ribellione giovanile. Il '68 e le rivolte scelgono il blue jeans come uniforme Anni '80 La tendenza yuppie impone il jeans firmato. Nascono i marchi che segneranno le mode successive Anni '90 I modelli di jeans sono sempre pi numerosi: finto trasandato, con applicazioni colorate di altri materiali, e di modelli con inserti di pizzo e strass

Storie made in Urbania


ALCUNI MARCHI PRODOTTI A URBANIA
CARRERA
Nasce a met degli anni 60 in provincia di Verona

TRUSSARDI
Nasce a Bergamo nel 1911 come azienda di guanti

JECKERSON
Nasce a Urbania nel 1995 dal binomio Stocchi-Chionna

'idea di un golfista, sponsor un dj, il coraggio, e i soldi, di un imprenditore. Cos nato il marchio Jeckerson. L'intuizione venne ad Alessandro Chionna sui campi da golf. I golfisti infatti hanno bisogno di asciugare le mani per avere maggiore sensibilit. Da qui l'idea di mettere una toppa in alcantara sulla coscia senza perdere tempo nel cercare l'asciugamano nella borsa. Carlo, fratello di Alessandro e nel giro del tessile, arriv ad Urbania per commissionare il modello alle ditte produttrici. Senza ricevere risposte entusiastiche. Carlo infatti era un tipo stravagante, coi capelli lunghi, che faceva anche il dj e soprattutto senza una societ alle spalle che garantisse il pagamento della commessa. Molti imprenditori quindi rifiutarono la proposta. Inizialmente anche Franco Stocchi, proprietario della Blue Line, che per ci ripens. E cos i due costituirono la Fashion Time. I jeans piacevano e i soldi entrarono. E arrivarono pure i litigi. Il binomio StocchiChionna si ruppe. Per liquidare il socio, Stocchi valut la met del valore del marchio 9,2 milioni di lire. Chionna accett e fece un altro marchio che chiam proprio 9.2. Una beffa se si pensa che nel 2007 il marchio ha fatturato 48 milioni di euro. Nel maggio 2008 Stocchi ha ceduto il brand a un fondo inglese, Stirling Square Capital e Sirius Equity, per circa 140 milioni di euro.

er un periodo ad Urbania, e non solo, circol una voce: don Corrado faceva la pubblicit ai jeans Jesus. Lui li produceva, certo, ma quella della promozione era tutto un equivoco. "Un giorno don Corrado - racconta Renzo de Angeli, che statosuo collaboratore - partecip a una trasmissione televisiva su un'emittente francese. Il conduttore

gli chiese cosa pensasse del manifesto che pubblicizzava il modello Jesus corto indossato da una ragazza a cui avevano fotografato solo il di dietro. Lui rispose che era un bel vedere. Alcuni capirono che era un bel sedere. E su questa battuta e sul fraintendimento si creata la voce che facesse la pubblicit". Oggi si direbbe pubblicit occulta , ma don Corrado non vide un

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A destra, strati di tessuto denim accatastati

Si parte da un magazzino a Fermignano, si torna a Urbania dopo due mesi

Vi dico come divento un jeans


Un metro di denim da cinque euro diventa un pantalone da 200 in sei operazioni

S
Si parte da un rotolone di denim; un metro di stoffa costa 5 euro

Il disegno del pantalone pu essere fatto in azienda o pu essere proposto direttamente dal cliente committente

Il taglio unoperazione semplice; alcune aziende lo fanno allestero per risparmiare sul costo della manodopera

alve, sono un pantalone. O meglio, so gi che 'da grande' lo sar. Precisamente diventer uno di quei pantaloni azzurr i con delle striature. So che mi chiameranno jeans. Per ora sono lungo solo un metro e faccio parte di un rotolone di denim stipato dentro un grande magazzino della zona industriale di Fermignano. Insieme a me ci sono altri 6-700 mila metri di tessuto. Per ora il mio costo limitato. Si aggira intorno ai 5-6 euro. Per crescere non impiego t a n t o t e m p o. Due mesi circa e sar un bel pantalone e il mio valore sar circa 30 volte maggiore. E in questo periodo avr anche la possibilit di viaggiare. Ma andiamo in ordine. Per ora me ne sto in uno stabilimento a Fermignano insieme a tanti altri metri di denim. Magari proprio in questo momento, mentre parlo con voi, un cliente nella sede centrale dell'azienda che mi possiede per commissionare uno stock di pantaloni di cui far parte. Non so se il cliente arrivato qui in provincia di Pesaro-Urbino gi con un'idea precisa del taglio e del modello oppure chieder all'azienda di studiarne uno per conto suo. Io intanto devo superare dei test di routine e aspettare cosa vorranno fare di me. Se il cliente mi vuole in tempi rapidi andr in Romania; se invece disposto a spendere un po' di pi e avere un prodotto di maggiore qualit rester qui in Italia. Come faccio a crescere pi rapidamente pur dovendo andare a 1850 km chilometri di distanza, vi starete chiedendo. Il tempo che impiego per andare e tornare viene recuperato grazie alla maggiore flessibilit che il mondo del lavoro rumeno garantisce. Che io vada in

Sono un pezzo di stoffa e forse entrer in uno dei vostri armadi

Romania ci sono il 50% delle possibilit. Infatti, mediamente, la met delle operazioni di taglio avviene in Romania, laltra in Italia. Se dovessi andare nella Terra di Dracula, quindi verr solo tagliato. Per tutti noi piccoli metri, la cucitura invece avviene ancora a Fermignano. Nel frattempo il mio valore sar aumentato: le operazioni di taglio e cucito incidono per il 20% su quello che sar il mio prezzo finale. Poi per me ci sar una delle operazione pi importanti e che decider gran parte del mio valore: il lavaggio. E' qui che si stabilir se sar un pantalone di qualit media, da indossare tutti i giorni o se sar uno da mettere in occasioni in cui far fare una bella figura a che mi indossa.Probabilmente andr in una lavanderia del centro Italia, quasi sicuramente in Campania. Qui ad Urbania infatti la societ cui appartengo lavora solo con una lavanderia. Poi sar stirato e questo avverr sicuramente qui ad Urbania. Un'operazione semplice che incider per un altro 10% sul prezzo finale. Ed eccomi qui. Sono diventato un bel pantalone. Se il mio un cliente importante e mi metter un cartellino molto conosciuto potrei arrivare a costare anche 200 euro o di pi. Se sar nella media arriver a 120-150 euro. Fino a 4 anni fa, quando non c'era la crisi di cui tutti parlano, sarei potuto arrivare a costare anche 400. In tutto ci, c' anche il margine di guadagno della societ che materialmente mi ha prodotto. Ma questo non ve lo dico quant'. Per ora sono qui e aspetto il mio turno. Prima poi arriver e magari arriver in uno dei vostri armadi. Arrivederci a presto, quindi.

In lavanderia il passaggio che incide di pi sul valore finale. Il lavaggio influisce sul 50% del prezzo

Dopo le rifiniture il jeans pronto. Le ditte urbanesi si sono specializzate nel fornire un prodotto gi inscatolato

Arrivato in negozio il prezzo del pantolone lievitato. I modelli pi lavorati costano anche 200 euro

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