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110 approccio sistemico

Fogli di un Bacco minore/Pelaverga piccolo

Il filo teso
di Luca Morino
Illustrazioni Marco Corona

Il mattino si era annunciato carico di presagi. Molti in paese non ci avevano fatto caso, ma qualcuno sicuramente sarebbe stato in grado di interpretare quei segni apparsi cos di buonora. Si era infatti alzato un gran vento che aveva ripulito laria dallumidit del fondovalle. Gli uccelli schizzavano tra le case e, pi che curve strette, eseguivano traiettorie ad angolo, come le mosche. Semplice euforia di vita. Poi di colpo tutto si era interrotto, fine delle raffiche, lorizzonte si era abbassato sotto il sole e gli animali delle colline avevano alzato la voce. Latrati di cani, richiami di rondini, merli, qualche muggito lontano.

Quando inizi la salita unenorme mantide religiosa verde chiaro nessuno si stup. Alta pi di quattro metri, era accompagnata da ragazzi e ragazze vestiti da prato. Alcuni la trascinavano con delle funi mentre altri, ai lati, muovevano i meccanismi che le facevano alzare e abbassare il collo, muovere le mandibole, agitare le zampe
210 Slowine

126 slow food on lm

86 s, viaggiare

38 cheeeese!

16 editoriali

In un angolo della piazzetta una fanfara rom suonava musica sclerata: basso tuba, trombe, sarmonica, violini, contrabbasso e cymbalon producevano note esplosive come pop corn e i musicisti sbronzi si avventuravano in complicati virtuosismi mentre guardavano le femmine passare. La musica in due quarti fa sudare anche chi la ascolta. Il sudore contagioso

Per strada La vecchia Nita appar ve sulla via principale del paese come una figura apocalittica, come una squaw superstite alla fine di un film western. Teneva per mano una bambina. Praticamente due reduci. Procedevano lentamente trascinando un carrello della spesa a quadretti rossi e blu a cui era appeso un palloncino giallo che

le seguiva docile, oscillando nellaria. Oltre a loro non cera anima viva. Era passato il tempo in cui il paese era un viavai continuo di contadini, bestie, carri, forestieri. Nita ricordava tutto ma parlava poco, anzi pochissimo, e i quattro gatti di abitanti rimasti avevano lentamente dimenticato il loro passato. Avevano persino dimenticato di averlo dimenticato. Il fatto che se non ricordi il passato, in un presente che continua ad andare, come fai a sognare un futuro? Figurarsi realizzarlo. Ma erano solo pensieri. La vecchia camminava e si masticava la dentiera, arrancava sulla salita e ogni tanto una parola di quei pensieri sommersi le affiorava sulle labbra. La bimba teneva stretto il manico del carrello e si girava spesso per guardare il palloncino. Non capiva cosa stesse dicendo la nonna, ma la lasciava fare con distratta pazienza. Eh, Giun a venta nen felo ti st ciuto, lassa prde. Piccoli passi, uno dietro laltro, figli di un ritmo lento pi che di una fatica. Incontrarono Diodato appena girato langolo della chiesa, non se lo aspettavano. Luomo era minuto ma muscoloso, vestito di nero come la vecchia, ma al posto degli strati di gonne e lo scialle indossava una tuta dellAdidas.

agosto 2009

210 fogli di un un bacco bacco minore minore fogli di

152 lanno delle bre

192 impronte minerali

144 lingua madre

170 ben spesa

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110 approccio sistemico

Fogli di un Bacco minore/Pelaverga piccolo


Si guardarono per un attimo, per capire chi dei due fosse linvasore dellaltrui territorio, poi si salutarono. Sa, non passa molta gente da qui, la mattina. Lo so, per questo che sono venuto presto. Vuole un caff? Abitiamo qui vicino. No, grazie, devo prepararmi per stasera. Eh, ci vuole fegato per fare certe cose, propi come l m Giuan disse Nita, estraendo da una tasca nascosta un sigaro gi mezzo fumato. Stava iniziando a fare caldo. Diodato incroci lo sguardo con due occhi che sbirciavano da dietro una tendina bianca, al fondo della piazzetta. Scomparvero subito. Prima delle telenovelas molti passavano il tempo cos, guardando di nascosto, dalla finestra, la vita degli altri scorrere per strada. Lui, invece, amava osservare il mondo dallalto. Si esaltava a vedere lorizzonte fare la curva, era un privilegio da uccelli. Quelle due, per, lo avevano colpito perch lorizzonte ce lavevano negli occhi, pi grigi che azzurri la vecchia, liquidi e lenti la bimba, che non aveva mai conosciuto i suoi genitori e quindi ne aveva avuti parecchi, sparsi. E suo marito? butt l, senza ragione. Oooh, ormai sono quasi 60 anni vieni, andoma va disse sbrigativa, e ripresero a camminare per quel paese del vecchio ovest, seguite da un sottile cigolio di ruotine. Diodato le segu per un po con lo sguardo, ma la bimba non si volt pi e lui riprese a osservare i tetti delle case.

In quel preciso istante, in quellistante preciso sapeva che la gente, da sotto, era in grado di vedere con i suoi occhi di equilibrista quello che prima poteva solo immaginare, un orizzonte fatto di colline verdi e ondulate, profondo, e di irraggiungibile mare

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Liquidi Nel primo pomeriggio via Umberto era stata chiusa al traffico e la gente aveva iniziato parcheggiare dovunque. Per un giorno Verduno era il centro delle Langhe come Roma era stata il centro del mondo per alcuni secoli. In poche ore il paese era stato riempito di balle di fieno: ce nerano dovunque, contro i muri, al centro della piazza, davanti alle bancarelle dove signore arrossate dal sole distribuivano focaccine e panini con le acciughe. Il vino, invece, era in distribuzione allingresso del parco, gratis per tutti. Avevano messo una serie di damigiane su un carro arancione, un tamagnon , tutto arrugginito e quattro ragazzi stavano spillando Verduno Pelaverga senza pause. La gente avrebbe potuto aspettare il proprio turno, ma se lumanit non ha ancora smesso di fare le guerra ci devessere sicuramente un motivo, cos i bicchierini bianchi di plastica si scontravano tra loro e le mani li stringevano e il vino si rovesciava e inondava le braccia dei vicini. Ma si rideva, perch quel vino strano, succo di vitigno pelaverga piccolo, aveva lindubbio pregio di far ridere le persone. Si diceva che fosse stato portato da quelle parti addirittura da un prete, ai tempi di Vittorio Amedeo II, e in quel pomeriggio di festa della primavera, a parte lacqua di una fontanella, era lunica cosa che si potesse bere. Bevevano gli invitati, i paesani stupiti, le ragazze abituate e quelle assetate, beveva il bastardino accucciato tra le ruote del tamagnon . In un angolo della piazzetta una fanfara rom suonava musica sclerata: basso tuba, trombe, fisarmonica, violini, contrabbasso e c ymbalon producevano note esplosive come pop corn e i musicisti sbronzi si av venturavano in complicati virtuosismi mentre guardavano le femmine passare. La musica in due quarti fa sudare anche chi la ascolta. Il sudore contagioso, se cola negli occhi brucia, altera la percezione del mondo esterno, ma genera magicamente nuove realt da vivere. Per questo motivo quando inizi la salita unenorme mantide religiosa verde chiaro nessuno si stup. A lta pi di quattro metri, era accompagnata da ragazzi e ragazze vestiti da prato. A lcuni la trascinavano con delle funi mentre altri, ai lati, muovevano i meccanismi che le facevano alzare e abbassare il collo, muovere le mandibole, agitare le zampe. Il megainsetto in scala 1 a 100 sporgeva qua e l la sua lingua rossa di gomma f laccida. Leccava il pubblico imbambolato mantenendo unespressione fissa e inquietante, come quei personaggi di Mars Attacks! . A l seguito dello sgangherato marchingegno marciava un corteo di pifferai e tamburini vestiti da bambini. La gazzarra era assoluta e liberatoria. Il Verduno era il viatico di un rito che sarebbe terminato solamente al fondo delle damigiane. La primavera sembrava gradire e lasci fare per parecchie ore. Sulla fune Quando il sole finalmente si avvicin alle colline lequilibrista Diodato si avventur su una serie di scalette traballanti e raggiunse il campanile della chiesa al centro del paese. Bevve come sempre un bicchiere dacqua, poi si mise un po di crema sulle mani e inizi a strofinarsele lentamente, guardando la fune dacciaio di fronte a lui. Era una cerimonia di concentrazione: il suo lavoro, infatti, lo costringeva a stare sempre in alto, dove laria circola pi facilmente ed pi fresca, ma le mani dovevano essere calde e sensibili, calde e attente. Per camminare nel cielo la cosa pi importante era la testa, poi venivano le mani, infine i piedi. E a chi gli chiedeva se non avesse paura rispondeva sempre che le vertigini erano uninvenzione degli uomini, che chiunque si fosse trovato sul bordo di un vulcano in eruzione, anche con una gamba rotta si sarebbe messo a correre. Il filo teso era la sua urgenza di vita. La musica nel frattempo era cessata per lasciare spazio esclusivamente alle voci sguaiate dei pi casinari. I ragazzi del tamagnon continuavano a mescere, i vecchi del paese non ci credevano, i forestieri si erano immobilizzati con il naso allins e i bambini giocavano a fare gli equilibristi su una riga bianca tracciata per terra con il gessetto. Diodato con la coda dellocchio vide un palloncino giallo galleggiare tra la folla. Afferr il bilanciere, lo soppes bene, lo tenne solo con una mano per valutarne il centro esatto, poi spinse il primo passo nel vuoto. La campana fece un rintocco. Le 20.30 spaccate. Il sole spargeva i suoi ultimi raggi nellaria, ma era ormai scomparso. I cavi erano tesi tra il campanile e gli spigoli di due vecchi palazzi per un totale di circa 200 metri. Lultimo tiro era un po in discesa e non si vedeva nemmeno bene dove terminasse. Diodato inizi la sua traversata nel silenzio pi totale, sicuro come sempre. Conosceva tutti i trucchi per mantenere viva lattenzione, sapeva che quel mare di teste si aspettava veramente che lui potesse cadere da un momento allaltro. Che ingenuo, il pubblico. Poi improvvisamente si ferm di colpo, abbozzando ad arte unincertezza del corpo, e fiss dritto, davanti a s. In quel preciso istante, in quellistante preciso sapeva che la gente, da sotto, era in grado di vedere con i suoi occhi di equilibrista quello che prima poteva solo immaginare, un orizzonte fatto di colline verdi e ondulate, profondo, e di irraggiungibile mare. Quello che non sapeva il pubblico era che, per la prima volta in vita sua, lequilibrista Diodato stava vedendo lo stesso orizzonte, lo stesso mondo che riempiva gli occhi della bambina dal palloncino giallo. Un orizzonte che si trovava pi in l, molto pi lontano. Lo seguirono tutti con il fiato sospeso e lo videro sciogliersi nel paesaggio, come se avesse deciso di non scendere pi e fare il giro della terra su quel sottile filo teso. Che era la sua vita..

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