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74 ai conni della realt #1

Slow Food Editore/Collana Terra Madre

Labbraccio di Vandana
di Nicola Ferrero

Ho conosciuto Vandana Shiva a Delhi il 24 luglio 2001. Una giornata umida e calda come solo la capitale indiana sa mettere in scena. Con Giovanni Bellingeri, allora uomo dellufficio Presdi di Slow Food, oggi bravo architetto, eravamo in India in missione con un triplice obiettivo: prendere contatto con lorganizzazione Navdanya, di cui Vandana stata ideatrice e promotrice; intervistare per il Premio Slow Food per la Biodiversit Bija Devi; cercare di capire se fosse possibile creare qualche Presidio in India. Il compito pi arduo era, senza dubbio, incontrare Vandana. Come avrei meglio appreso negli anni seguenti, fissare un appuntamento con quella donna sempre in viaggio tra India, Europa e Stati Uniti impresa pressoch impossibile. Un giorno mi avrebbe mostrato il passaporto. Ho scoperto, con sgomento misto ad ammirazione, che, pi che con un singolo documento, la nostra viaggiava con una cartucciera di passaporti con centinaia di visti, timbri, permessi Il Premio Slow Food per la Biodiversit, si diceva. Il mio compito

era di visitare la fattoria di Dehradun, 250 chilometri a nord di New Delhi, e intervistare Bija Devi, la donna che aveva reso possibile il progetto di salvataggio e conservazione di semi a rischio di scomparsa nellarea del Garwal, alle pendici dellHimalaya. Tutto sotto legida di Vandana. Chi se no? La mia maggiore preoccupazione, naturalmente, era di fare un buon lavoro a Dehradun. Raccogliere il maggior numero possibile di notizie, dati, statistiche, e intervistare una signora che probabilmente mi avrebbe parlato in un qualche dialetto hindi. In base a quel colloquio, poi, avrei dovuto compilare una scheda esauriente per sostenere la sua candidatura al Premio. I primi due giorni in India (il contatto a Dehli con Navdanya e la visita ad alcuni produttori di olio di senape) non rientravano tra le mie priorit. Erano compito di Giovanni, quegli incontri. Io sarei sceso in pista nei giorni successivi Giusto per intenderci, allepoca la mia conoscenza della vita e delle opere di Vandana Shiva era piuttosto limitata: un articolo sugli

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Slowfood

imageshack.us

78 un mare di isole

36 il racconto

44 baby food

16 editoriali

114 slow food on lm 2008

154 madre collana terra madre

180 vignerons deurope

134 femminile plurale

ogm bellissimo e, per me, fondamentale comparso sul numero 17 della rivista Slow e una puntata della serie La dea ferita, diretta da Werner Weick per la tv svizzera. Fu attraverso quel documentario che per la prima volta ebbi modo di vedere e sentire Vandana. Ascoltandola, intuii lenorme forza e la statura morale di una donna che, con piglio scientifico e parole chiarissime, attaccava le regole del Wto, scendeva in piazza per difendere i diritti dei contadini in India, e volava a tenere conferenze in mezzo mondo. Cercai altre informazioni su internet, le stampai e le portai con me. Ero convinto di leggerle sullaereo. In volo, ovviamente, mi addormentai e non consultai una parola di quello che mi ero preparato. Tanto Vandana non lavremmo mai incontrata, pensavo Allaeroporto, prendemmo un Ambassador, un taxi che sembra uscito direttamente da un gangster movie americano degli anni Cinquanta. Ma un simbolo indiano a tutti gli effetti, come i double decker bus a Londra o gli yellow cabs di New York. Rimpiangemmo immediatamente di non avere optato per un pi arioso e informale motorisci, non tanto per la temperatura, quanto per il prezzo che il conducente ci chiese allarrivo nel tranquillo quartiere residenziale in cui Navdanya ha i suoi uffici: 400 rupie, un vero furto. Poi il colpo di scena. Vandana la incontrammo davvero. Il pomeriggio stesso. Dopo neanche mezzora dal nostro arrivo, mentre ancora stavamo sorseggiando un chai sotto una ventola che mitigava appena la calura indiana, arriv lei, con il suo splendido sari e il sorriso dolceamaro. Un sorriso che avrei presto imparato a conoscere. Ci invit nel suo ufficio e incominciammo a chiacchierare. Della difficile partenza del Presidio sullolio di senape, di come fosse nata Navdanya, di quanto fosse contenta che Bija fosse tra le candidate al Premio e di quanto poco le piacesse Ruggiero, il nostro connazionale direttore generale del Wto e, per poco, ministro degli Esteri del secondo governo Berlusconi. Ho passato quelle due ore quasi in una condizione di ebbrezza. Forse per il caldo, forse per la stanchezza, sicuramente per lenergia emanata da quella donna. E poi mi ricordo il feeling che si cre quasi subito, con lei e Maya, dovuto probabilmente al fatto che era il mio terzo viaggio in India in quattro anni. E al grande amore che provo per quella terra. A fine incontro Vandana mi sorrise di nuovo e mi disse: Non strano che tu ti senta a casa qui in India, con noi. Semplicemente, in unaltra vita, sei stato in questi posti. Il nostro incontro fu suggellato da un abbraccio che mi porter dietro per sempre, come tutti gli abbracci che ho avuto modo di stringere con Vandana. Pura energia, molto difficile da spiegare. Dopo quellincontro, il nostro viaggio prosegu verso la fattoria di Navdanya a Dehradun. A bordo del glorioso Shatabdi Express, vanto delle ferrovie indiane, che in cinque ore e mezza copre i 250 chilometri che separano Delhi da Dheradun. Il viaggio fu particolarmente piacevole: aria condizionata, giornale fresco di stampa, sedili reclinabili, portabottiglia ergonomico, bottiglia dacqua dordinanza, chai con biscotti e samosas (fagottini fritti ripieni di patate, piselli e cipolle) per colazione. Allarrivo, il taciturno Biren-

Dopo neanche mezzora dal nostro arrivo, mentre ancora stavamo sorseggiando un chai sotto una ventola che mitigava appena la calura indiana, arriv lei, con il suo splendido sari e il sorriso dolceamaro. Un sorriso che avrei presto imparato a conoscere
dra ci prelev e ci condusse in hotel per rimetterci in sesto. Poi via, a conoscere altra gente che collaborava con la fattoria. Tra gli altri, Vinod, agronomo con laurea in micologia, che si occupava delle analisi del suolo. E Darban, splendida persona che aveva condiviso con Bija gli inizi dellavventura della fattoria e della banca delle sementi. Allora bisognava andare in giro per villaggi a chiedere i semi ai contadini, convincerli a donarli e, possibilmente, cercare di spiegare loro perch sarebbe stata cosa buona e giusta passare al biologico, abbandonando pesticidi e concimi chimici. Il buon Darban ci raccont di avere cominciato a fumare pur di riuscire a scalfire la proverbiale ritrosia dei contadini del Garwal. Arrivava, si informava sui semi, faceva due chiacchiere con gli uomini del villaggio, offriva i bidi, sigarette sottili e aromatiche. Ma lui non fumava e i suoi interlocutori lo guardavano insospettiti, chiudendosi a riccio. Darban si rese conto del problema: lui offriva ma non partecipava, e questo dava pi problemi che benefici. Sacrificando un minimo la propria salute, decise allora di iniziare anche lui a farsi delle ricche fumate con i contadini del luogo. Instaur subito rapporti pi cordiali. Ed ecco la raccolta delle prime sementi che furono depositate nella banca di Navdanya. Dopo un paio di giorni, Vandana arriv in fattoria a Dehradun, e latmosfera fu ancora pi cordiale. L sono state gettate le basi per il Presidio del riso basmati, l si parlato del fatto che Bija (che in hindi significa seme), la contadina che parla solo in dialetto che ha salvato centinaia di specie locali dallestinzione, dovesse andare in Portogallo per ricevere il Premio. Ricordo Vandana che glielo spiegava in hindi e lei, minuta, con occhiali spessi e mani grosse come badili, che rideva, scuoteva la testa e ripeteva: Portugal, Portugal. Per la cronaca, il 15 ottobre 2001 a Porto, nella giornata finale del Premio Slow Food, Bija ebbe uno dei cinque riconoscimenti speciali. Commossa, cercava tra il pubblico me e Vandana, che la raggiunse appena scesa dal palco. Io ero ancora pi commosso e raggiunsi le due donne un po timidamente. Non volevo intromettermi in una festa tutta loro. Fui abbracciato prima da Bija, che mi parl a lungo in hindi (cosa che continua a fare ogni volta che ci vediamo), senza che io ci capissi assolutamente nulla. Poi da Vandana, sorridente e materna, sprizzante energia. Da allora, i nostri incontri sono stati molteplici, e cos gli abbracci e i sorrisi. Ed per me un onore e un piacere, ogni volta, passare un po di tempo con lei..

aprile 2008

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