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Gian Pietro Brogiolo

PRESENTAZIONE
Gian Pietro Brogiolo

I primi sette seminari su tardo antico e alto medioevo in Italia settentrionale hanno trattato temi variegati: dalle fortificazioni, alle campagne, alledilizia, ai territori di frontiera, alle ceramiche, alle sepolture. Su argomenti complementari sono stati incentrati i due convegni archeologici gardesani, dedicati rispettivamente alla ne delle ville e alle forticazioni dellarco alpino. Temi senza dubbio eterogenei, ma che hanno consentito di iniziare la composizione del puzzle delle nostre conoscenze sullaltomedioevo in Italia settentrionale. La possibilit di scambiare dati inediti da scavi recenti e il coinvolgimento di quanti operano nelle Soprintendenze hanno costituito un elemento di forza di questi appuntamenti. Lottavo seminario, che ha come titolo luoghi di culto rurali tra VII e VIII secolo, inaugura una serie di incontri dedicata alle chiese, riprendendo alcuni aspetti marginalmente affrontati nellincontro sulle sepolture. Numerosi sono i motivi che mi hanno indotto a scegliere questo tema. Innanzi tutto la volont di ribadire limportanza dellindagine archeologica nel corso del restauro delle chiese. Non in tutte le regioni questa sensibilit pu dirsi acquisita; vi sono ancora casi nei quali i parroci fanno entrare le ruspe distruggendo ogni traccia delle preesistenze archeologiche. Al di l di questa considerazione che potremmo denire di opportunit, ve ne sono altre di esclusivo ordine scientico. Le chiese costituiscono il parametro archeologico meglio identicabile e pi diffuso a partire dal V secolo. Chi studia il Medioevo non pu dunque prescindere dal considerarle come una delle fonti principali, non soltanto sullevoluzione delle tipologie edilizie e delle tecniche costruttive, ma soprattutto sulle trasformazioni dellinsediamento, della cultura e dellideologia dei gruppi sociali che hanno trovato in esse un modo di rappresentare il proprio rango sociale. Occorre dunque riprenderne lo studio con nuovi obiettivi, superando da un lato il taglio cronologico paleocristiano limitato alle fasi pi antiche della cristianizzazione, dallaltro lapproccio prevalentemente storico artistico, circoscritto agli aspetti formali, dalle tipologie edilizie allapparato liturgico. Acquisite informazioni sulle strutture insediative (citt, castelli, villaggi) dunque tempo di inserire in questi contesti anche le chiese, espressione di una societ altomedievale in transizione, inizialmente assai composita sul piano sociale, etnico e religioso, ma che ritrov, nella prima met dellVIII secolo, unidentit culturale ed ideologica destinata a caratterizzare lintero medioevo. I seminari, nei quali rientra anche questo appuntamento di Garda, hanno abitualmente come arco cronologico il tardo antico e lalto Medioevo, mentre in questa occasione limitato al VII e VIII secolo, un segmento che possiamo considerare centrale rispetto al periodo solitamente considerato. La scelta nasce dal fatto che largomento Luoghi di culto tra tardo antico e alto Medioevo troppo vasto per poter essere adeguatamente discusso in un solo incontro. Ne sono perci stati progettati tre: oltre a questo, ne sono previsti un secondo sui luoghi di culto delle origini (V-VI sec.) e un terzo incentrato sul periodo che va dai Carolingi agli Ottoni (IX-X secolo). Per analoghi motivi, si ritenuto opportuno limitare il campo dindagine alle campagne. Per le citt vi sono problemi specici che derivano dalla presenza delle sedi episcopali e delle grandi basiliche funerarie suburbane. Problemi che meritano una trattazione a parte, senza peraltro dimenticare i legami tra citt e territorio, sia come rapporti gerarchici tra vescovo e presbiteri operanti nelle campagne, sia come trasmissione di idee e di cultura architettonica e storico artistica. Abbiamo deciso di iniziare con il VII-VIII secolo, poich ci parso assai attuale, in questa fase della ricerca archeologica e storica, dopo i due convegni, in cui si trattato diffusamente di sepolture spesso legate alle chiese, di Gardone Riviera e di Ascoli Piceno e in contemporanea con il lavoro storico che alla base della grande mostra, aperta a Brescia dal 18 giugno al dicembre 2000, che ha avuto come tema il contributo longobardo (nellVIII sec.) alla costruzione dellEuropa carolingia.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Nel programma erano previste relazioni per sei regioni dellItalia settentrionale: Piemonte, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto, Friuli. Nel volume che ora vede la luce mancato allappello il Veneto. La lacuna peraltro compensata da un intervento di Hans Rudolf Sennhauser che con la sua splendida relazione sulla Svizzera ha fatto emergere la grande potenzialit dello studio delle chiese ai ni di una ricostruzione storica generale. La scelta di Garda, come sede del primo seminario, non dipende solo dallospitalit offerta dallamministrazione comunale, per la quale dobbiamo ringraziare lassessore alla cultura prof. Fabio Gaggia, ma soprattutto perch al centro di un progetto di ricerca avviato nel 1998 sul territorio dei comuni di Garda, Bardolino e Costermano, territorio adiacente alla Rocca di Garda, forticazione di V secolo che ebbe notevole importanza nello scacchiere politico e militare a nord di Verona per tutto laltomedioevo. A differenza di progetti, quali quelli su Monte Barro e Monselice, che avevano avuto come tema centrale lo studio di una forticazione, al centro di questa ricerca vi sono le trasformazioni del territorio e la principale testimonianza archeologica costituita proprio dalle chiese. In seguito alle cospicue donazioni di beni scali, da parte dei re longobardi e degli imperatori, si insediarono in questa zona monasteri del calibro di S. Salvatore di Brescia, S. Colombano di Bobbio, S. Zeno di Verona, il capitolo della cattedrale di Verona. Tutti questi enti ecclesiastici edificarono, sulle loro propriet; luoghi di culto, che si aggiunsero alle preesistenti chiese paleocristiane con cura danime e agli oratori privati fondati da proprietari terrieri. Di molti di questi edici esistono cospicue testimonianze, con una concentrazione che ha pochi confronti in altre regioni italiane. Sulla sommit della Rocca in corso di scavo una chiesa con sepolture da cui proviene una bula gota a disco con teste daquila. Attorno alla Rocca sopravvivono in alzato la chiesa di S. Zeno e parte di quella di S. Vito di Bardolino. Vecchi scavi hanno messo in luce fasi altomedievali anche nelle chiese di S. Severo e di S. Maria di Cisano, sempre in comune di Bardolino. Frammenti di arredo liturgico di VIII-IX secolo provengono, oltre che da queste chiese, anche dalla Pieve di Garda. Di altre piccoli edici che sorgono, in aperta campagna, al di sopra di ville romane, solo lo scavo ci potr confermare lipotesi che rientrino nel modello degli oratori funerari privati eretti dai proprietari del fondo. Per il 2001 previsto lo scavo della chiesa di S. Croce, su insediamento romano al conne tra Bardolino e Cavaion veronese. Il territorio di Garda si propone dunque come banco di prova archeologica per molti dei temi affrontati in questa sede. Il punto di riferimento, teorico e metodologico di questa ricerca, sono i risultati ottenuti in area merovingia, che offrono uno stimolo per un rinnovamento delle ricerche, che mi auguro trovi taluni spunti di riessione anche negli atti che ora vedono la luce.
(Gian Pietro Brogiolo)

Claudio Azzara

CHIESE E ISTITUZIONI RURALI NELLE FONTI SCRITTE DI VII E VIII SECOLO: PROBLEMI STORICI E PROSPETTIVE DI RICERCA
Claudio Azzara

La riessione storiograca sulle chiese rurali e, soprattutto, sulle pievi e sulle parrocchie si soffermata nellultima ventina danni, con dovizia di ricerche e di risultati, in misura preponderante -se non esclusiva- sullet bassomedievale, evidentemente favorita da una ben pi ricca base documentaria, dalla quale poter ricavare informazioni. Non questo il luogo per ricostruire bibliograe, anche solo sommarie, in merito, ma vale la pena sottolineare come -accanto alle molte monograe di singoli studiosi e al proliferare di studi locali- si collochino anche importanti lavori collettivi e occasioni di bilancio storiografico, dagli Atti del VI Convegno di Storia della Chiesa in Italia tenutosi a Firenze nel 1981 (Pievi e parrocchie in Italia nel basso medioevo. Secoli XIII-XV, Roma 1984), alla pi recente miscellanea curata da Agostino Paravicini Bagliani e Vronique Pasche, La parrocchia nel medio evo. Economia, scambi, solidariet (Roma 1995)1. In simili ricerche gli squarci sulla situazione altomedievale restano, tuttavia, inevitabilmente limitati a quei pochi cenni che risultano di volta in volta funzionali quale premessa degli sviluppi posteriori. Il termine di riferimento per gli studi sullorganizzazione ecclesiastica delle campagne italiane nellaltomedioevo -e sui rapporti tra chiese e popolazioni rurali alla luce delle fonti scritte- a tuttoggi da rintracciare negli Atti della XXVIII settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto medioevo di Spoleto, risalenti al 1982 (il convegno si era svolto nel 1980), quindi, ormai, a una ventina di anni fa. In quella sede trovano spazio, in particolare, due contributi che ci pare rappresentino ancora le proposte dinterpretazione e di bilancio storiograco pi ampie e valide e dalle
1 Rispettivamente, Pievi e parrocchie 1984 e Parrocchia nel medio evo 1995. Tra gli atti di convegni di pochissimo tempo anteriori si ricordi anche Istituzioni ecclesiastiche 1977. Quali studi regionali, per lItalia settentrionale, si rammentino, a titolo puramente indicativo, la miscellanea Pievi nel Veneto 1987 e i recenti studi di Apeciti 1994 e soprattutto Curzel 1999. Un bilancio storiograco cui fare sicuro riferimento resta Vasina 1984; si veda pure la bibliografia offerta da Mascanzoni 1988-89.

quali appare necessario prendere le mosse per ogni ulteriore riflessione sul tema. Si tratta dei ben noti saggi di Aldo Settia (Pievi e cappelle nella dinamica del popolamento rurale) e di Cinzio Violante ( Le strutture organizzative della cura dani me nelle campagne dellItalia centro-settentriona le. Secoli V-X)2. Va ricordato come in anni immediatamente precedenti si fossero prodotti anche gli studi di Andrea Castagnetti (La pieve rurale nellI talia padana, del 1976, e Lorganizzazione del ter ritorio rurale nel Medioevo , del 1979) 3; mentre dopo il 1980/1982, unindagine specica sul tema Plebs e populus in ambito rurale nellItalia altomedievale si ritrova nel saggio, che porta questo titolo, di Luigi Pellegrini, apparso nella miscellanea Societ, istituzioni, spiritualit. Studi in onore di Cinzio Vi o l a n t e , pubblicata nel 1994 4 . Inne, un utile termine di confronto e di verica per la situazione dellItalia settentrionale longobarda -oggetto specifico di questo intervento- si pu rintracciare nellanalisi sul meridione longobardo condotta da Giovanni Vitolo e presentata in un contributo recente (Lorganizzazione della cura danime nellItalia meridionale longobarda, relazione a un convegno beneventano del 1992, pubblicata negli Atti dello stesso, nel 1996)5. Questi sembrano essere gli interlocutori principali con i quali dialogare circa largomento qui proposto. Il vastissimo saggio di Violante del 1982, in particolare, nelle quarantacinque pagine dedicate (su un totale di centonovantacinque) allorganizzazione pievana nei secoli VII-VIII, esaurisce in buona sostanza lanalisi della scarsa documentazione scritta di tale periodo sul tema in oggetto; una documentazione nel complesso ridotta nella quantit e mal distribuita nei diversi periodi e
2 Settia 1982 (ripubblicato in Settia 1991, pp. 1-45); Violante

1982 (ripubblicato in Violante 1986, pp. 105-265). Di questultimo autore si vedano anche Violante 1977 (ripubblicato in Violante 1986, pp. 267-447); Violante 1989 e Violante 1990. 3 Castagnetti 1976 e Castagnetti 1979. 4 Pellegrini 1994. 5 Vitolo 1996.

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nelle differenti regioni, che pone quindi limiti difcilmente superabili a ogni possibilit di una pi approfondita conoscenza. La base documentaria su cui Violante esercita la propria critica si riduce in sostanza a un numero contenuto di carte del Codice diplomatico longobardo edito dallo Schiaparelli, relative soprattutto allarea toscana, che rappresenta oltretutto una realt politico-geografica fortemente differenziata rispetto ai territori del regno posti a nord del Po; gran parte delle valutazioni avanzate devono fondarsi, ad esempio, su un solo, pur importante, documento, quello prodotto in seno alla nota contesa giurisdizionale per il controllo di alcune pievi occorsa tra il vescovo di Siena e il suo omologo di Arezzo nel 715 (un documento utilizzato, in via pressoch esclusiva, anche dal ricordato saggio di Pellegrini)6. Insomma, per lItalia longobarda dei secoli VII e VIII ci si deve accontentare di poche informazioni ricavabili dalle fonti documentarie, che gettano un po di luce su ambiti geografici circoscritti e specifici, lasciandone al buio molti altri. Le carenze documentarie appaiono evidenti anche da un confronto con i secoli immediatamente precedente e successivo. Per la fine del VI secolo e i primissimi anni del VII, ad esempio, notizie utili provengono sicuramente dal ricchissimo epistolario di papa Gregorio Magno, largamente utilizzato da Violante e da cui trae qualche argomento sul tema anche lo studio di Vincenzo Recchia su Gregorio Magno e la societ agricola , del 1978 7. Un supplemento di informazione pu forse derivare anche dal meno ampio, ma tuttaltro che trascurabile, e sicuramente meno studiato, epistolario di un precedente pontefice, Pelagio I (556-561). Per il IX secolo, invece, oltre alle carte, si possono utilizzare (e sono stati in effetti utilizzati) i cenni -peraltro non molto estesi- presenti nei Capitolari carolingi, laddove la normativa di Rotari e dei suoi successori longobardi invece silenziosa sulla materia. Beninteso, qualche ulteriore spunto pu sempre giungere da una considerazione pi estesa delle fonti scritte di altro genere (narrative, agiografiche) o anche da nuove letture dei documenti del Codice diploma tico longobardo , ma crediamo che da ci ci si possa eventualmente attendere solo precisazioni tutto sommato complementari o aggiustamenti di prospettiva. Veri progressi nellanalisi degli ordinamenti ecclesiastici delle campagne dellI6 Il documento edito in CDL, n. 19, pp. 61-77. Per un commento dello stesso, si vedano almeno Castagnetti 1979, pp. 2943, e, con riferimento alla peculiare valenza della lite in rapporto alla denizione del conne diocesano, Gasparri 1995, pp. 14-15. Da notare che talecontroversia si trascin addirittura fino al 1220. Circa la specificit della Tuscia nel contesto del regno longobardo, si veda quanto delineato da Gasparri 1990. 7 Recchia 1978 (di cui si vedano soprattutto, sul tema che qui interessa, le pp. 21-24).

talia longobarda -almeno per quanto riguarda il tema del loro nesso con il popolamento rurale- ci sembra possano venire, piuttosto, -come indicava a suo tempo lo stesso Settia- solo grazie allelaborazione del dato archeologico, per quanto esso in grado di documentare. La testimonianza delle fonti scritte Quali, dunque, gli aspetti del problema al cui riguardo la testimonianza delle fonti scritte ha permesso di ssare qualche specico elemento di conoscenza ? Innanzitutto, sulla scorta dei documenti stata riscontrata una significativa accelerazione del ritmo della crescita numerica delle chiese rurali nel VII e, soprattutto, nellVIII secolo, in concomitanza con i mutati orientamenti devozionali e patrimoniali dellaristocrazia longobarda del tempo8; no a giungere a una sorta di saturazione nel corso del secolo IX, durante il quale le nuove fondazioni si fecero assai pi rare. A questo proposito, e a titolo di esempio, Settia fa notare come nel territorio diocesano lucchese si contino quarantatre nuove chiese nel secolo VIII e solo ventuno nel IX. Anche nel Mezzogiorno longobardo si riscontra, secondo Vitolo, una crescita particolarmente accentuata delle fondazioni di cappelle e di oratori da parte di potenti laici proprio nella seconda met dellVIII secolo9. La testimonianza di alcuni capitoli di legge dei capitolari italici dei sovrani carolingi -e segnatamente quelle di due capitolari di Lotario I databili luno all825 e laltro all832- conferma il quadro di un progressivo stato di abbandono di numerosi edici ecclesiastici in et carolingia, tanto che in quei testi normativi ci si preoccupava di far obbligo alle popolazioni che gravitavano sulla chiesa in oggetto di provvedere alla sua manutenzione e restauro, anche con lintervento coercitivo dei funzionari pubblici del luogo, se ne era il caso10. Molte cappelle private appaiono a questa data in abbandono perch la frammentazione derivante dalleccessiva moltiplicazione delle fondazioni faceva precipitare i redditi di queste, rendendole non pi vantaggiose per le famiglie che ne detenevano il controllo. Il motivo della proliferazione degli edici religiosi fra VII e VIII secolo stato individuato dallo stesso Settia non tanto nelle esigenze cultuali
8 Sulle trasformazioni, culturali e sociali, delle lites longobarde, e sulla testimonianza che al riguardo possono offrire le fonti materiali, si veda quanto detto nel contributo di Gian Pietro Brogiolo in questo stesso volume. 9 Settia 1982, p. 446, e Vitolo 1996, pp. 110-111 e 134. 10 Rispettivamente, Cap. reg. Franc ., 163, 8 (praecipimus ut singulae plebes secundum antiquam consuetudinem fiant restauratae; quod si filii eiusdem ecclesiae eas restaurare noluerint, a ministris rei publicae distringantur...); 202, 10.

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immediate della popolazione residente in un determinato luogo, quanto piuttosto nella libera combinazione di una molteplicit di fattori, tra i quali appare ai suoi occhi prevalente la volont degli individui di maggior ricchezza e prestigio sociale di erigere edifici sacri sulle terre di propriet, indipendentemente dalla presenza sul posto di una comunit abbastanza ampia di potenziali fedeli; e questo sia per esigenze di devozione individuale sia per motivi di ostentazione di status e di attrazione di patrimoni. Se le cose stanno davvero cos -come appare del tutto condivisibile- evidente che la distribuzione delle chiese innalzate da privati non pu configurare da sola alcuna sorta di mappa dellinsediamento delle collettivit rurali11. La determinazione della consistenza demica, e della struttura sociale, della popolazione che gravitava su una specica chiesa rurale non agevolata nemmeno da un indicatore di natura archeologica quale la presenza presso un dato edificio religioso di un cimitero. In Italia, solo dal secolo IX il diritto di sepoltura venne riservato alle chiese battesimali; in precedenza, si seppelliva anche in aperta campagna o presso chiese private. Pure dopo il IX secolo i membri delle famiglie agiate continuarono a essere sepolti in cappelle private o presso monasteri e abbazie, per lasciare i cimiteri delle pievi ai ceti inferiori, confermando cos in qualche misura la tradizionale immagine della pieve quale chiesa dei poveri, di fronte alla cappella privata chiesa dei ricchi12. Il moltiplicarsi delle nuove fondazioni ecclesiastiche rurali nellItalia longobarda, che si svolse in parallelo con la progressiva cattolicizzazione della gens Langobardorum , avrebbe -con riferimento specico alle chiese battesimali- favorito il graduale precisarsi del territorio pertinente a ciascuna pieve, disegnando una nuova geograa circoscrizionale, dopo i dissesti prodotti in gran parte della penisola dalla lunghissima guerra goto-bizantina e della prima invasione longobarda. proprio tra la ne del VII secolo e il principio dellVIII che comincia a comparire nei b r e v i a inquisitionis e negli atti privati il termine plebs nella duplice accezione di chiesa battesimale e di territorio di cura danime. Il vocabolo, dorigine popolare nella sua valenza territoriale (nei documenti ecclesiastici ufciali esso compare con tale significato solo dal IX secolo, sostituendo i
11Una lettura almeno in parte differente sembra venire da Pel-

precedenti parochia o diocesis), si sarebbe diffuso -soprattutto nellItalia centro-settentrionale- a partire dalla Toscana, secondo quanto ricostruito da Violante13. Plebs avrebbe dunque, proprio in questo periodo, preso a indicare uno specico territorio, in via di progressiva denizione, partendo dallindividuazione, pi che di uno spazio geograco, dellinsieme costituito dal popolo di fedeli che faceva capo a una data chiesa battesimale per le esigenze del culto (cos come avvenne anche per la circoscrizione del vescovo, la diocesi). Il disegno di una geografia ecclesiastica, con il suo evidente contributo allinquadramento delle popolazioni nel territorio, sembrerebbe procedere di pari passo con il faticoso precisarsi di circoscrizioni pubbliche ( civitates, iudicariae) nel regno longobardo dellVIII secolo 14. I documenti mostrano, tuttavia, come il territorio pievano fosse, durante tale periodo, tuttaltro che stabile. soprattutto lo stesso Violante ad approfondire questo aspetto, ancora una volta sulla base della solita documentazione toscana e specialmente del gi citato documento del 715 15. La frequente vacanza di molte sedi episcopali era uno dei fattori che comportava linstabilit della dipendenza diocesana delle varie chiese battesimali, nel mentre il proliferare di queste ultime contribuiva a sua volta ad alterare la rete delle circoscrizioni pievane. Del resto, Violante avverte che questa impressione potrebbe anche dipendere dalla concentrazione geograca delle testimonianze, relative a una regione dalla forte specificit, quale la Toscana, sollevando quindi dubbi sulla validit generale del modello (o, meglio, lasciando intendere limpossibilit di proporre alcun genere di modello). Resta, insomma, una pluralit di indicazioni talora con aspetti contraddittori- che risponde probabilmente a una pluralit di situazioni concrete. Per un verso, la documentazione, considerata nel suo complesso, permette di vedere come nel secolo VIII il territorio della chiesa battesimale tendesse a consolidarsi e le chiese minori in esso presenti oratoria , oraculi, tituli, monasteria - fossero propensi a disciplinarsi nella comune dipendenza dalla chiesa battesimale stessa. Le carte sono abbastanza ricche di informazioni sui modi in cui erano rette le pievi e gli orator e sulle funzioni dei vari preti, diaconi, chierici che in queste istituzioni operavano. Gli orator nellVIII secolo dimostradella fortuna del vocabolo plebs nella sua nuova accezione suggerisce una diffusione che dalla Tuscia coinvolge progressivamente la Romagna (seconda met dellVIII secolo), quindi lAbruzzo, lUmbria, le Marche, lEmilia e il Veneto occidentale (prima met del secolo successivo), inne la Lombardia (X secolo) e, da ultime, il Piemonte e la Liguria. Per la fortuna di plebs nellItalia meridionale, si veda Vitolo 1996, pp. 125-126. 14 Per questultimo fenomeno, si veda almeno Gasparri 1990, pp. 274-277. 15 Violante 1982, pp. 1019-1029.

legrini 1994, il quale, nel fenomeno della costruzione di chiese rurali, tende a rivalutare invece la spinta dal basso, vale a dire il contributo fornito dalle vive esigenze religiose della comunit stabilita su uno specico territorio. 12 Settia 1982, pp. 453-460. Sul rapporto fra usi funerari, forme del popolamento e assetti sociali nellItalia longobarda, si veda anche La Rocca 1998a, pp. 277-290; La Rocca 1997; La Rocca 1998b. 13 Violante 1982, pp. 1015-1018. La cronologia qui proposta

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vano di avere in genere officianti stabili, che dipendevano concretamente dal rettore della chiesa battesimale nel cui territorio si trovavano. Le fonti scritte illustrano le procedure attraverso le quali venivano compiute la scelta dei sacerdoti (da parte del p o p u l u s per le chiese battesimali, da parte del fondatore per quelle private), la loro consacrazione ad opera del vescovo e listituzione nel reggimento delle chiese loro afdate e nel possesso dei relativi beni; illustrano altres il vincolo di oboedientia, o salutatio, che li legava al vescovo e che era concretamente espresso dal versamento di un censo16. Tuttavia, accanto a questi segni di tendenziali riordino e disciplina, che mostrano lo sforzo di un graduale affermarsi, lungo il secolo VIII come detto, del sistema di cura danime per pieve, ve ne sono altri che denunciano, allopposto, il contemporaneo proliferare in forme disordinate di molteplici legami di dipendenza giurisdizionale e di derivazione sacramentale e liturgica delle singole chiese, fonti battesimali, orator, altari, perno sacerdoti; e ci a causa del sempre pi complesso intreccio di rapporti e competenze. Un sacerdote poteva infatti aver ricevuto la consacrazione da un vescovo diverso da quello nella cui diocesi si trovava la chiesa che egli reggeva, oppure un singolo altare della sua chiesa poteva essere stato consacrato da un presule diverso dal suo ordinario diocesano, e via dicendo. Nel secolo VIII inoltrato, nella Lucchesia studiata da Violante, laici eminenti fondatori di orator tendevano a riservare a s e ai propri eredi la scelta dei rettori degli stessi, mentre la documentazione di inizio secolo sembrava indicare invece un legame meno diretto e solido fra i rettori delle chiese private e i fondatori delle medesime; addirittura, a questa data diverse chiese battesimali correvano il rischio concreto di essere privatizzate. Il crescente disordine manifestato dalle ripetute distorsioni nella riscossione delle decime, dalle prevaricazioni da parte di molti vescovi a danno del clero pievano, dallindisciplina dei rettori dei tituli minori, dai criteri impropri sovente seguiti nella scelta di questi ultimi, emerge con maggior chiarezza nel secolo IX, in reiterate disposizioni di legge di Lotario I e di Ludovico II, che presentano un quadro evidentemente frutto di processi di pi lungo periodo17. da notare che il carattere contraddittorio dei fenomeni in argomento pare verificabile -fatte salve le locali specificit- anche nel meridione, dove a un generale tentativo di disciplinare per norma sotto la pieve le chiese minori corrisponde invece in molti documenti un quadro disordinato,
16 Su tutti questi argomenti, Violante 1982, pp. 1029-1057. 17 Si vedano, ad esempio, Cap. reg. Franc. 168, 8; 201, 3 (Lota-

con frequenti casi di sottrazione delle chiese private al controllo episcopale e pievano18. Chiese e popolamento rurale Se le grandi linee dello sviluppo istituzionale delle chiese rurali altomedievali e del loro rapporto con i diversi soggetti religiosi e laici del territorio restano fenomeni noti -come s visto- solo attraverso informazioni parziali quando non ambigue; ancor meno indagabile risulta il nesso (cui in parte si gi accennato) tra le chiese e le forme del popolamento, a causa dellestrema povert delle notizie che le fonti scritte offrono in merito. La documentazione, vagliata a tale fine soprattutto da Settia, mostra un quadro di grande eterogeneit di situazioni concrete. Nuclei di insediamento potevano formarsi nel corso del tempo attorno a chiese nate in una posizione isolata, specie se esse esercitavano un forte potere di attrazione, ad esempio per la presenza al loro interno di importanti reliquie; cos come, al contrario, chiese di nuova erezione potevano deliberatamente scegliere di collocarsi nellambito di nuclei demici gi formati, assecondandone i bisogni. I documenti di VIII-IX secolo rendono del resto difcile la stessa ricostruzione delle forme del popolamento rurale, anche in ragione delluso di una terminologia che poco chiarisce, per linsopprimibile polivalenza semantica dei vari nomi impiegati (locus, casale, curtis, castrum). Su questi delicati aspetti si soffermata da ultima Cristina La Rocca, in una recentissima Settimana spoletina (1997) 19, dimostrando come la gerarchia degli insediamenti ssata dal vocabolario tardoantico (civitas, vicus, pagus, villa) abbia in realt perduto la propria uniformit semantica e la propria capacit di sicura individuazione a partire dal secolo VI. Anche il vocabolo fundus, ad esempio, rimane nei documenti come semplice calco formale nelle conferme pubbliche, senza denotare alcuna continuit insediativa; pure in zone come la Sabina che conservano la terminologia catastale romana per fundi, linsediamento appare sparso, articolato piuttosto in curtes e in casali. Le villae e i vici si contrassero (solo un terzo di essi pare sopravvivere no al VI secolo) e anche quando continuarono a essere frequentati mutarono sovente destinazione funzionale. Il VII secolo, in particolare, si presenta come un momento di cesura sul piano della strutturazione degli insediamenti e tra lo stesso e quello successivo si ebbe una diffusa riorganizzazione territoriale in forme nuove. Per Settia 20, la popolazione non urbana dellI18 Vitolo 1996, pp. 122-128. 19 La Rocca 1998a. 20 Settia 1982, pp. 460-470.

rio I); 209, 1; 210, 2, 4, 5; 228, 6, 13 (Ludovico II).

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talia longobarda era distribuita per lo pi in case massariciae erette su fondi, quindi isolate dai villaggi (che saranno denominati vici o villae dal IX secolo). Il carattere sparso proprio di questo tipo di insediamento sarebbe andato aumentando nellVIII secolo, sulla base della testimonianza dei contratti di livello (anche se pare lecito pensare alla possibilit di dinamiche almeno in parte diversicate nelle varie regioni del regno). In tale contesto complessivo, i documenti indicano ledicio religioso rurale come alternativamente presente dentro il villaggio, oppure posto nelle sue immediate adiacenze (prope, non longe), ma anche lontano da esso (nel qual caso, lo si individuava topogracamente con la menzione di terre, gruppi di case o altri indicatori generici di localit). Una grande variet di soluzioni, quindi. Sempre secondo Settia, i documenti dellItalia longobarda, presi nel loro complesso, mostrerebbero una tendenziale prevalenza di edifici ecclesiastici rurali collocati in luoghi isolati, con forse una qualche differenziazione riscontrabile fra lItalia padana (in cui sarebbero in proporzione un po pi numerose le chiese in villaggi) e la Tuscia (in cui prevarrebbero decisamente le chiese situate presso coltivi o case sparse). Naturalmente, come s detto, la capacit di attrazione di una specica chiesa potrebbe aver pur sempre favorito lo svilupparsi nel tempo di un nuovo nucleo demico attorno ad essa, e ci, a sua volta, avrebbe potuto farle ottenere il rango di pieve, se gi non lo possedeva. Molto complessa, e altrettanto insoddisfacente nel fornire dati di qualche sicurezza, anche la valutazione del rapporto esistente tra la pieve e le localit di antico insediamento romano. La letteratura sulla continuit fra il pagus romano e la pieve medievale abbondante e lascia emergere posizioni contrastanti. La continuit stata per lo pi accettata come valida sul piano giuridico (anche se sulla scia di Bognetti, o di Cavanna, si parla, pi che di continuit vera e propria, di continua imitazione). Settia 21 considera le primitive pievi quali centri viari sorti su una strada di epoca romana, anche indipendentemente dalla giurisdizione territoriale del pagus: la continuit allora essenzialmente insediativa. Spesso capitava che attraverso una pieve si rianimasse un vecchio centro romano; questo il caso, peraltro molto pi tardo, di Brescello, rilanciata da Adalberto di Canossa alla ne del X secolo attraverso linventio del corpo di San Genesio. Solo larcheologia pu dimostrare per se in una determinata localit vi siano state uneffettiva continuit dinsediamento o, piuttosto, delle forme di pi tarda ripresa, dopo vicende varie. Settia cita a questo riguardo come

casi da vericare per lVIII secolo, a titolo di puro esempio, Borgo San Dalmazzo (in provincia di Cuneo), posta vicino alla romana Pedona, o Casale di SantEvasio (oggi Casale Monferrato), sito presso lantica Vardacate. Limiti della ricerca Nel sopra ricordato contributo spoletino, Cinzio Violante auspicava che lo studio delle istituzioni ecclesiastiche delle campagne medievali sapesse in futuro spostarsi vieppi dagli originari, e sino ad allora prevalenti, interessi di natura giuridico-istituzionale ai temi riguardanti la vita del clero e del popolo e le molteplici espressioni della spiritualit. Si tratta di motivi sui quali la testimonianza delle fonti scritte si presenta come predominante e specifica. Per il periodo storico qui considerato, e nellambito dellItalia longobarda peraltro- le notizie restano comunque troppo scarse per consentire indagini soddisfacenti. La verica compiuta da Luigi Pellegrini 22, a una dozzina danni di distanza, circa leffettivo orientarsi della ricerca lungo le linee metodologiche allora indicate da Violante sembra confermare tale constatazione. Numerosi risultano i campi danalisi che, se vengono esplorati con protto per i secoli del pieno e del tardo medioevo (in alcuni casi, gi per il IX-X secolo), rimangono allo stato di poco pi che semplici nodi problematici in rapporto allet anteriore: tra questi, giusto per addurre qualche esempio sulla scorta dello stesso Pellegrini, i temi della provenienza sociale del clero pievano, dellacculturazione, dei modi della predicazione, della capacit delle comunit rurali di coagularsi attorno alla pieve e di identicarsi con essa, disegnando nuovi spazi territoriali e mentali e una nuova coscienza collettiva. Inoltre, e infine, la complessiva scarsit delle fonti scritte, la loro disuguale distribuzione cronologica e geografica (e talora anche la tentazione di anticipare per semplice congettura fenomeni che sono testimoniati con sicurezza solo per epoche posteriori), non mettono certo al riparo dal rischio di incorrere in distorsioni di prospettiva. Cos, lestrema laconicit dei dati relativi alla cura danime nelle campagne meridionali dei secoli V-VII pu spingere a limitare al solo ambito cittadino/episcopale una concreta presenza del cristianesimo nel Mezzogiorno, ipotizzando il netto prevalere di culti precristiani nel mondo rurale ancora a questepoca e uno scarso impegno pastorale verso di esso; unimpressione, questa, che pu essere agevolmente fugata non appena si considerino le diverse emergenze archeologiche di edifici ecclesiastici rurali databili a quel perio-

21 Settia 1970 (ripubblicato, con una nota aggiuntiva, in Set-

22 Pellegrini 1994.

tia 1991, pp. 167-284).

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

do occorse anche in anni recenti. Ancora, il riscontro di casi specifici (ad esempio, negli studi di Chris Wickham sullarea dellAppennino toscano) in cui singoli individui faticavano a definire con precisione la propria appartenenza ple-

bana, per una sempre incerta percezione dei confini ecclesiastici, ridimensiona troppo precoci riconoscimenti della capacit da parte della pieve di disegnare spazi definiti di identit comunitaria.

Claudio Azzara

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Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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CHIESE NELLE CAMPAGNE DEL PIEMONTE IN ET TARDOLONGOBARDA


Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

A differenza di altre regioni dellItalia settentrionale, per il Piemonte si registra no al periodo carolingio la quasi totale assenza di fonti scritte giuridiche e amministrative, mentre appena pi numerose risultano essere le fonti agiografiche e narrative, per non ancora adeguatamente analizzate nei contenuti e nel valore documentario. Il vuoto di informazioni storiche per i secoli VII e VIII coinvolge tutte le diocesi del Piemonte antico, per le quali mancano dati certi anche sulle liste episcopali, ricostruite per lo pi in et carolingia e ottoniana1. La ricerca archeologica per il periodo altomedievale nella regione piemontese ha potuto contare dagli anni Ottanta in poi su un elevato numero di indagini condotte in ambito rurale, che hanno prodotto una abbondante documentazione su contesti tipologicamente e cronologicamente diversificati, portando in alcuni casi a integrare la carente documentazione scritta. Per i secoli che qui interessano, la relativa indeterminatezza nella periodizzazione dei depositi stratigrafici indagati, ineludibile in assenza di precisi indicatori materiali, porta ad appoggiare le cronologie relative di scavo a datazioni assolute ottenute attraverso analisi radiometriche C14 su campionature sistematiche sia paleobotaniche, sia osteologiche. Infatti, se gli studi sulla cultura materiale di ambito longobardo sono stati notevolmente affinati, consentendo datazioni piuttosto precise, non cos per altri manufatti quali le decorazioni scultorere, legate a problemi complessi e con inquadramenti cronologici ancora incerti2, e la ceramica, la cui sopravvivenza oltre la fine del VI secolo era stata motivo di discussione ancora negli ultimi anni. Solo recentemente anche per il Piemonte si sta evidenziano da un lato la carenza, quando non la totale assenza, di ceramica nei secoli qui trattati, evidentemente sostituita dalluso prevalente di recipienti lignei, dallaltro un quadro di intensa circolazione e
1 BOLGIANI 1982, p. 61. 2 CROSETTO 1998a e A. C ROSETTO, Decorazioni scultoree dalle

Fig. 1) Localizzazione dei siti presentati: 1 Mombello. 2 Centallo. 3 Testona. 4 Desana. 5 Dorzano. 6 Sizzano. 7 Gozzano. 8 Orta.

scambio dei manufatti in pietra ollare, che porta a rivedere la posizione di isolamento e immobilismo che si riteneva caratterizzare gli insediamenti rurali prima del Mille3. Mombello Nella Val Cerrina, lungo la sponda sinistra del Torrente Stura, stato individuato nel 1994 un sito archeologico di grande interesse, tuttora in
chiese rurali nel Piemonte altomedievale (VII-VIII secolo) , in questo volume. 3 PANT 1998, pp. 275-276.

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Fig. 2) Carta della iudiciaria Torrensis (tratta da A.A. SETTIA 1983).

corso di scavo, ubicato sul tracciato della strada collinare a sud del Po, che anticamente collegava Industria a Vardacate4. Dopo labbandono delle due citt romane, nellalto medioevo si form un distretto amministrativo rurale, frutto di una ristrutturazione territoriale che super i limiti municipali precedenti: la iudiciaria Torrensis (g. 2). Inclusa nel ducato longobardo di Ivrea, rientrava invece ecclesiasticamente nella diocesi di Vercelli ultra Padum e fu presto assorbita nella marca di Ivrea gi dagli inizi del X secolo. Questo territorio risulta connotato dalla ricchezza di beni scali, distribuiti in benecio nei secoli X-XII, e dalla frequenza dei toponimi di origine germanica 5, che trova signicativo riscontro nella distribuzione dei ritrovamenti longobardi6, ai quali si aggiunge ora la testimonianza diretta dellinsediamento di Mombello. La traccia dellantico conne tra Indu s t r i a e Va r d a c a t e sarebbe tuttavia rimasta nel toponimo legato alla pieve di San Michele di Meda7 (cio metacippo confinario), che compare
4 Le indagini sono dirette da Emanuela Zanda: SARDO, Z ANDA 1995; Z ANDA, S ARDO 1996; Z ANDA 1996a; Z ANDA 1999; M ICHELETTO, Z ANDA, B ARELLO in corso di stampa. Oltre alle notizie edite mi stato generosamente concesso dalla collega di consultare la documentazione di scavo e di esaminare i materiali. I dati sintetizzati in questa scheda hanno tuttavia carattere preliminare, in attesa della conclusione delle indagini e della

gi nel primo elenco delle pievi della diocesi di Vercelli alla met del X secolo. La chiesa plebana descritta nelle visite pastorali fino alla fine del Settecento, quando dedica e titolo di pievania passano definitivamente alla chiesa di Morsingo. Scomparso ledicio, ne rimase il ricordo nel nome dellattuale cascina del Piovano, assai prossima al sito archeologico. Questo insediamento si compone di un settore di abitato, vicino allalveo del torrente, e della relativa chiesa con cimitero, situata circa 200 metri pi a monte. Le indagini in corso sullarea residenziale non hanno ancora esaurito la stratificazione archeologica, ma pare ormai accertato che la prima fase di occupazione sia costituita da un edificio rustico di et romana con strutture in laterizi di recupero, a cui fece seguito un periodo di abbandono e di conseguente crollo dei fabbricati. Allineamenti di buche per palo, paralleli alle vecchie strutture, segnano la rioccupazione dellarea, probabilmente avvenuta nel VI secolo e caratterizzata dalluso di
stesura dei rapporti denitivi di scavo. In occasione del Seminario Emanuela Zanda ha presentato un poster dedicato al sito. 5 S ETTIA 1983, pp. 11-53; SETTIA 1991 p. 194. 6 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 300, 307. 7 Per le vicende della pieve di Meda: SETTIA 1983, pp. 173-175; BANFO 1995, pp. 398-405.

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tecniche costruttive miste, che in parte recuperarono i ruderi delledicio romano. Nel VII secolo inne fu costruita ex novo una casa a vano unico quadrato, realizzata con blocchi di arenaria legati da argilla e dotata di un focolare allinterno, con almeno due successive pavimentazioni. Appartengono alle fasi insediative di VI-VII secolo abbondanti materiali in parte raccolti nella straticazione ancora intatta e per il resto recuperati dal vaglio del terreno agricolo di copertura, che comprendono: ceramica longobarda decorata a stampiglia e a stralucido, invetriata, pietra ollare, calici di vetro, pettini e strumenti ricavati dal corno di cervo, complementi di abbigliamento. Tra questi spicca una placchetta di cintura reggiarmi in ferro con estesa pseudoplaccatura in argento decorata a motivi geometrici ageminati e con linserto di almandini, databile alla ne del VII secolo8 (g. 3), che attesta le possibilit economiche e il rango sociale elevato di almeno alcuni membri della comunit. Ulteriore conferma ne data dal ritrovamento di un tremisse a nome di Maurizio Tiberio del I tipo (ne VI-inizi del VII secolo) e di una frazione di siliqua a nome di re Pertarito (672-688), tanto pi significativi in quanto monete ad alto valore intrinseco emerse in un contesto rurale e non urbano9. Lestensione dellabitato, sicuramente pi ampio dellarea gi esplorata, non ancora denita, ma poteva comprendere pi nuclei in cui si svolgevano, accanto alle attivit domestiche, anche lavorazioni artigianali come la tessitura e la lavorazione dellosso, mentre pare indubbio che una delle principali fonti di reddito e di sussistenza fosse legata allallevamento, attestato da abbondanti resti di fauna. A monte del villaggio, su un sedime non occupato dallinsediamento romano precedente, fu costruita la chiesa, conservata soltanto nella parte occidentale per tratti di fondazione e fosse di spoliazione (gg. 4,54). La prima aula di culto caratterizzata da una tecnica muraria in pietra legata da argilla mista a minuti granuli di calce: si conserva un tratto della parete laterale sud (9 m), tracce della facciata occidentale sotto le successive ricostruzioni, e un breve segmento della parete nord. Una fossa di spoliazione poco profonda e alcuni
8 I materiali, appena restaurati, sono in corso di schedatura, pertanto vi si accenner solo brevemente, come insostituibili indicatori cronologici e culturali. In particolare per quanto riguarda le guarnizioni di cintura ageminate, i nuovi ritrovamenti e il recupero, attraverso il restauro, di un consistente repertorio proveniente dagli scavi di Testona (almeno per alcuni pezzi lidenticazione sicura), stanno delineando un quadro regionale peculiare con tipologie e motivi decorativi che si discostano talvolta dalle produzioni gi note in ambito italiano. Per la cronologia della placchetta in questione valgono i riferimenti generali allevoluzione tecnica e stilistica di questi manufatti, per i quali si rimanda a GIOSTRA 2000, pp. 103-105, ma i confronti pi puntuali sembrano offerti dalla cintura della

Fig. 3) Mombello. Placca di cintura proveniente dallarea dellabitato.

resti di muratura hanno fatto pensare che laula fosse suddivisa da un vano laterale a sud. Davanti alla facciata si dispone una la abbastanza regolare di tombe prevalentemente costruite a cassa in muratura con mattoni e laterizi romani di reimpiego legati da malta o, nellunico caso della tomba 20, da argilla: le forme ricostruibili sono generalmente rettangolari, anche se il peso dei mezzi agricoli ha deformato vistosamente le strutture determinando talvolta anche il sollevamento dei laterizi, che nella maggior parte dei casi rivestivano il fondo. Le tombe che ancora conservavano resti delle deposizioni sono risultate comunque violate in antico, ad eccezione di due sepolture infantili. La T 10 accolse la salma di un neonato, verosimilmente una bambina, riccamente vestita con il velo decorato da un bordo di broccato doro, ritrovato in parte allaltezza della spalla sinistra e presso il cranio, una collana di vaghi in pasta vitrea, ambra e una moneta romana forata. Questi elementi potevano orientare la cronologia della sepoltura verso la fine del VI secolo - inizi del VII10, ma una seconda monetina forata dargento, ancora in studio, pare abbassare abbastanza nettamente la datazione. Un coltellino completava il dono funebre, particolarmente prezioso in quanto riferito a una sepoltura infantile11.
T 8 della vicina area cimiteriale e da altri esempi piemontesi, come la placchetta della T 2 di RivoliPerosa: MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 327-328, g. 12, n. 4. 9 ARSLAN 1998, pp. 295-296, gg. 227-228; MICHELETTO, ZANDA, BARELLO in corso di stampa. 10 Concorderebbero con questa cronologia la tipologia delle perle e la presenza delle monete come pendenti, la cui frequenza stata rilevata nella necropoli di Castel Trosino tra i corredi della fase pi antica del cimitero (tardo VI-inizi VII secolo): scheda di L. PAROLI in P AROLI (a cura di) 1995, pp. 290-291, tomba A, n 2. 11 Sul problema si rimanda a RUPP 1997, p. 37 con bibliograa precedente.

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Fig. 4) Mombello. Veduta aerea dello scavo dellarea della chiesa.

Fig. 5) Mombello. Planimetria generale del cimitero e delledicio di culto. Gli asterischi indicano la presenza di oggetti di corredo nelle tombe.

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La seconda sepoltura, T 20, non violata ma fortemente deformata, era di un bambino di 8-9 anni; ha restituito guarnizioni in bronzo, forse pertinenti a due diverse cinture cosiddette longobarde, per la sospensione delle armi, del tipo largamente standardizzato e diffuso, della prima met del VII secolo, Fig. 6) Mombello. Placche di cintura provenienti dalla T 8, allinterno della chiesa. un coltello e una fusaiola. Resti di broccato doro compaiono invece in ben altre quattro tombe, tutte depredate in antico. di collana sono inne ci che resta del corredo della Nella T 12 i li doro sono associati alla prima inusepoltura femminile. mazione di un adolescente di 13-14 anni rideposto Lanalisi degli oggetti ci conferma dunque luso nel loculo di riduzione; in quella accanto (T 13), con reiterato delle tombe nel corso del VII secolo, comresti di due individui adulti di sesso diverso, il brocpresa la deposizione di almeno un ricco corredo cato stato prelevato vicino a un cranio, mentre nel darmi. riempimento stata raccolta una bbietta dargenIn un secondo tempo la chiesa fu parzialmente to con puntalino, relativa alle stringhe che fermaricostruita e suddivisa in tre navate, di cui rimanvano le calze12. Lanalisi antropologica in corso sta gono gli attacchi sul muro di facciata, un grosso confermando lattribuzione di questi preziosi elepilastro rettangolare e il negativo del simmetrico, menti di abbigliamento alla sepoltura femminile. spogliato. Ancora la facciata e la navata sud subiAncora li aurei provengono dalla T 21, quasi comrono ulteriori interventi edilizi in un terzo periodo. pletamente distrutta, in cui sono stati raccolti resti Alle ultime fasi di occupazione sono da attribuire scheletrici sconvolti di un individuo maschile e di un forno per la cottura della calce e una fornace da uno femminile insieme a pochi oggetti residui dei mattoni. La datazione al radiocarbonio dei resti di corredi, tra i quali compaiono frammenti dellimpucombustione del forno indica la met del XII secognatura di uno scudo, e dalla T 8, lunica della lo per lutilizzo di queste strutture, evidentemente prima fase cimiteriale collocata allinterno della legate a un cantiere di costruzione. Per il momenchiesa, nellangolo nord-occidentale. Da questa to ancora difcile stabilire degli agganci cronoloprovengono i resti di almeno tre sepolture, due gici certi per le successive trasformazioni della maschili e una femminile, e numerosi oggetti dei chiesa, ma la prima fase cimiteriale risulta sviluprelativi corredi, comunque per la maggior parte parsi dagli inizi del VII secolo al 720-760 almeno, sconvolti e trafugati. Tra questi si segnalano il secondo la datazione al radiocarbonio eseguita sui codolo di una spatha con terminazione dorata e un resti osteologici della T 7, in fossa terragna. In rinforzo ageminato del fodero, parti dellimbracciaseguito altre sepolture in semplice fossa si orientatura e dellumbone di uno scudo da parata, decorano nord, sud lungo la parete di facciata; prive di to con lamine bronzee e borchie dorate, borchie e complementi di abbigliamento presuppongono la chiodini, forse relativi al fodero di un sax, guarnipresenza del sudario, in base alla posizione degli zioni di pi cinture. Una bbia in bronzo a placca arti, e appartengono stratigracamente a una fase ssa di tipo bizantino a margini sagomati13 doveva pi recente, connessa con la ristrutturazione in appartenere alla cintura di un abito, della prima forma basilicale. met-secondo terzo del VII secolo, mentre a una Lo studio antropologico in corso14 sembra evicintura militare per la sospensione delle armi sono denziare una discreta incidenza della mortalit da riferire tre placchette in ferro con decorazione infantile e giovanile (28% circa), spesso sottorapzoomorfa molto stilizzata, ageminata in fili darpresentata nei cimiteri indagati archeologicamengento e ottone su pseudo-placcatura in argento (g. te, mentre la mortalit degli adulti risulterebbe 6). La forma e le caratteristiche tecniche e decorapiuttosto precoce, in assenza di soggetti deceduti tive rimandano alla placchetta ritrovata nellabitain et senile. Le stature sono alte nel sesso femmito, attribuita alla ne del VII secolo. Alcuni vaghi nile, da sopra la media ad alte in quello maschile.
12 La tipologia di queste guarnizioni compare ad esempio nella T 205 di Castel Trosino, datata al secondo quarto del VII secolo (cfr. scheda di M. RICCI in PAROLI (a cura di) 1995, pp. 259-260), ma presente anche in Piemonte, a Testona: VON HESSEN 1971, p. 34, tav. 47, nn. 478-484. 13 Abbastanza comuni, queste bbie sono generalmente datate

dalla fine del VI a gran parte del VII secolo; lesemplare di Mombello si confronta ad esempio con quello della T 3 di Trezzo sullAdda: ROFFIA, SESINO 1986, p. 56, n. 7. 14 Le analisi antropologiche sono afdate a Elena Bedini, della Anthropozoologica di Livorno, che mi ha amichevolmente messo a disposizione i dati preliminari della ricerca.

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Pur considerando lo stato di conservazione del deposito archeologico e il fatto che lindagine non ha potuto estendersi allintero edicio, sembra da escludere lidenticazione di questa chiesa con la pieve di Meda, sopravvissuta fino al Settecento e certamente accompagnata da un vasto cimitero medievale. Qui si tratta invece di un oratorio privato, a carattere funerario, edificato da un ristretto nucleo famigliare aristocratico, radicatosi localmente nei possedimenti terrieri confiscati ai romani o da questi abbandonati in seguito al declino delle due citt vicine. La straordinaria ricchezza delle vesti in broccato15, il pregio dei manufatti ritrovati anche nellabitato e il tremisse doro potrebbero adombrare una funzione pubblica del capofamiglia, come amministratore di terre regie, di cui si coglierebbe uneco pi tarda nei numerosi beni fiscali citati dai documenti di X-XII secolo. (L.P.B.) Centallo Il caso del San Gervasio di Centallo16 (g. 7), nel Cuneese e in diocesi di Torino, costituisce un altro esempio di chiesa ricostruita per iniziativa di una comunit in cui la componente culturale ed etnica longobarda ha trovato conferma sia in alcuni oggetti di corredo, sia nellanalisi antropologica completa condotta sulle sepolture17. Non ci soffermeremo sulla fase paleocristiana del complesso battesimale 18 , frutto della ristrutturazione dei resti di una villa danneggiata da un incendio tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, e fondata per iniziativa di uno dei possesso res dei latifondi attestati nel V secolo lungo il conne tra Liguria e Transpadana19 (g. 8). A questa chiesa di origine, dunque, privata fu presto sottratta la facolt di possedere il battistero, forse in concomitanza con listituzione di una nuova chiesa battesimale da parte dellautorit diocesana. Durante le fasi di soppressione del
15 Per larea piemontese si segnala il ritrovamento di li aurei di decorazione della veste nella T 1 di Pecetto di Valenza, in provincia di Alessandria, nellambito di un piccolo cimitero forse della ne del VII-inizi VIII secolo: DONZELLI 1989; MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 307-308. Per il catalogo delle tombe altomedievali italiane contenenti li doro e per il loro signicato come segni di distinzione sociale di una ristretta cerchia nobiliare si rimanda a AHUMADA SILVA 1990, pp. 62-66; si veda inoltre RUPP 1997, p. 107. 16 Per una sintesi sul sito si veda la scheda di chi scrive in

Fig. 7) Centallo. Veduta aerea dello scavo.

fonte e di ristrutturazione dei vani annessi al lato settentrionale dellaula di culto, tra la seconda met del VI e il VII secolo, si svilupp il cimitero della comunit che evidentemente subentr agli antichi proprietari nel possesso delle terre e nel patronato della chiesa. Malgrado la perdita della funzione battesimale, ledicio non sub un declino e fu anzi oggetto di una impegnativa opera di ricostruzione di cui si pu identicare lartece fondatore nel personaggio sepolto nella navatella nord in una tomba in muratura, con alveolo cefalico, di accurata fattura e con la singolare deposizione di attrezzi in ferro tra gli arti inferiori20.

MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 330-338. 17 BEDINI et al. 1997; MALLEGNI et al. 1998. 18 P EJRANI BARICCO in corso di stampa. 19 MENNELLA 1993, pp. 220-222. 20 Si tratta della T 12, orientata ovest/est, collocata nellarea antistante laltare della navata nord, se la ricostruzione planimetrica proposta corretta. Di forma antropomorfa con alveolo cefalico, si differenzia da tutte le altre tombe del sito anche per laccurata muratura in ciottoli, rivestita internamente con uno

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Fig. 8) Centallo. Schemi planimetrici delle principali fasi costruttive: 1) edicio di et romana e tardoantica; 2) trasformazione in chiesa con battistero (V sec.); 3) modiche seguite alla soppressione del battistero (VI sec.); 4) ricostruzione della chiesa (VII sec.).

Lanalisi delle caratteristiche e della straticazione delle sepolture in relazione alle fasi edilizie, supportata da una serie di datazioni al radiocarbonio dei resti umani e dallo studio degli elementi superstiti dellabbigliamento degli inumati, consente di datare al VII secolo, probabilmente alla prima met, la ricostruzione della chiesa (g. 9). La tipologia scelta quella basilicale a tre absidi con navate separate da grossi pilastri rettangolari, simili a quelli della seconda fase di Mombello, che dovevano assumere quasi laspetto di setti murari intercalati da arcate di comunicazione con le navate laterali, piuttosto che di una ritmica scansione di sostegni.
spesso strato di intonaco scialbato; sul bordo superiore ricavato un incasso per lalloggiamento della copertura, gi rimossa in antico, probabilmente quando la sepoltura fu violata. La datazione al radiocarbonio calibrata risultata compresa fra il 545 e il 655; linumato un uomo di 45-50 anni fu deposto con un gruppo di utensili in ferro tra gli arti inferiori: un martello, uno strumento a punte piegate e una piccola incudine. Gli

Le fondazioni, poco profonde, si appoggiarono in parte su quelle delle strutture precedenti; la muratura della chiesa appare composta da elementi eterogenei e di varia pezzatura disposti a corsi irregolari, legati da malta poco consistente. Vi compaiono reimpiegati frammenti marmorei di et romana databili tra il I e il III secolo, derivati da are votive, decorazioni scultoree ed epigrafi funerarie: segno di una raccolta estesa di materiali edilizi da necropoli e da aree sacre abbandonate. La ricerca di grandi lastre lapidee, da utilizzare come monumentale chiusura delle tombe pi importanti, port al recupero di una stele dellet
oggetti non permettono di qualicare il loro proprietario come orece, ma forse in senso pi lato come magister o committente. M ICHELETTO, P EJRANI B ARICCO 1997, pp. 334-336, fig. 16. Sulla presenza e linterpretazione di attrezzi da lavoro, in particolare da orece, nei corredi di et longobarda si rimanda, da ultimo, a GIOSTRA 2000, pp. 13-22.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 9) Centallo. Planimetria dello scavo. In evidenza la fase costruttiva del VII secolo e le relative tombe.

Fig. 10) Centallo. Veduta da est dellatrio.

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del Ferro, come vedremo avvenne anche a Gozzano. Da segnalare ancora larticolazione esterna delle pareti con una serie di paraste, leggibili sul perimetrale nord, sulla facciata dellatrio e sul suo lato meridionale, mentre la base di una di queste sembra indicare la presenza di arcate cieche anche sulla parete interna dellabside, caratteristica che trova oggi riscontro nella seconda fase preromanica della chiesa di San Dalmazzo di Pedona21. La basilica di Centallo era preceduta da un atrio rettangolare con ampio varco di ingresso nella parete occidentale. Il lato sud pare ricostruito, ma presenta la stessa partitura a paraste tipica di questa fase edilizia; inoltre prosegue oltre i limiti di scavo, lasciando aperta la possibilit di ulteriori sviluppi delle strutture del complesso. La destinazione di questo spazio ad area funeraria privilegiata per un gruppo di maschi adulti, evidentemente i capi della comunit, inumati in tombe a cassa in muratura di accurata costruzione, coperte da grandi lastre di pietra, tra le quali la stele preromana utilizzata per la tomba in asse con lingresso (fig. 10). Questa rivestita sul fondo e sulle pareti di malta signina e conteneva i resti di due individui maschili: la deposizione pi recente datata 605-685 al C14 calibrato (fig. 11). Posizione e caratteri costruttivi ne evidenziano il privilegio, ma non vi si sono rinvenuti elementi di corredo o di abbigliamento, cos come ne erano prive le altre tombe dellatrio e la tomba femminile di Agnella, collocata a nord di questo, e ancora coperta dalla sua epigrafe f u n e r a r i a 22 . Proprio la presenza di epitaffi, per di pi con onomastica latina, testimonia la ripresa dei rituali funerari romano-cristiani da parte delllite egemone di questa comunit, che prefer affidare la memoria della propria identit alliscrizione e alla monumentalizzazione del sepolcro in uno spazio architettonico privilegiato, invece che allostentazione sociale dellabbigliamento e dei beni personali al momento della sepoltura23, come sembrano ancora riettere i corredi parziali rinvenuti nella fase cimiteriale precedente. Il prezioso rivestimento in lastrine di corno di cervo decorate a incisione di una tavoletta lignea, probabilmente parte di una cassetta-reliquiario, pu confermare lorientamento a trasferire sulla chiesa e sul suo arredo liturgico le iniziative evergetiche pro anima dei maggiorenti. La tendenza perdur ancora nella prima met dellVIII secolo, quando la chiesa si arricch di una decorazione scultorea, di cui sono indizi piccoli frammenti di lastre e uno di cornice con intreccio a tre vimini24 (g. 12), ma le fortune di questa chiesa funeraria privata sembrano successivamente declinare in

Fig. 11) Centallo. Particolare della T 126.

Fig. 12) Centallo. Frammento di cornice in marmo.

relazione alla sospensione delle sepolture, riprese soltanto pi tardi, tra XIII e XV secolo. Poich pare inverosimile che la comunit riflessa nel cimitero si sia estinta, dobbiamo pensare a un radicale trasferimento delle sepolture presso la chiesa plebana durante i secoli centrali del medioevo. (L.P.B.)
23 LA ROCCA 1997; LA ROCCA 2000; DE RUBEIS 2000. 24 CROSETTO 1998a, p. 315, g. 248.

21 MICHELETTO 1999, pp. 48-51. 22MENNELLA, COCCOLUTO 1995, pp. 33-34, p. 11.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 13) Moncalieri, frazione Testona. Planimetria della chiesa di Santa Maria con localizzazione dellarea di scavo.

Testona Il vescovo di Torino Landolfo, nellatto di fondazione dellabbazia di Cavour25, emesso nel 1037 e considerato il suo testamento spirituale, ricorda le difficolt incontrate nellamministrare la diocesi torinese, ancora gravemente segnata dalle violenze e dalle devastazioni imputate alle scorrerie saracene del secolo precedente; redatto in forma di narrazione autocelebrativa, il documento centrato sulla gura del vescovo e sulle sue iniziative volte a rinnovare le strutture e lorganizzazione diocesana, per in un quadro di sicurezza ristabilita attraverso il potenziamento delle difese del territorio con la ricostruzione o la nuova edicazione di strutture forticate26. Nel luogo di Testona egli aveva restaurato il castello dotandolo di una torre e cingendolo di mura, aveva promosso la costruzione di una chiesa collegiata dedicata alla Vergine Maria e lampliamento di unaltra chiesa. Se lidenticazione di questultimo edicio di culto rimane incerta, la chiesa collegiata voluta dal vescovo e realizzata ex novo secondo il documento27, ma sorta invece su
25 BAUDI DI VESME, DURANDO, GABOTTO 1900, doc. 2, pp, 8-11 e

un preesistente impianto, concordemente riconosciuta nellattuale parrocchiale di Santa Maria, sopravvissuta nella struttura romanica e solo in parte alterata da addizioni barocche. La chiesa, a tre navate concluse da absidi semicircolari, di cui quella laterale meridionale non conservata in elevato, caratterizzata dalla presenza, al di sotto del presbiterio rialzato, di una cripta a oratorio scandita in tre navatelle, afancata da ambienti laterali, oggi adibiti a usi impropri; originariamente, si accedeva alla cripta mediante scale laterali che sono state eliminate con la creazione di un accesso frontale in occasione di restauri condotti nel 1934-41. La possente torre campanaria a pianta quadrangolare, si accosta alledificio come corpo indipendente allineandosi alla facciata romanica 28. La tecnica costruttiva mostra per gli elevati un uso prevalente dei ciottoli e della pietra tagliata frammista a laterizi di modulo romano, per lo pi frammentari, con evidenti stilature nella malta dei giunti, mentre nelle fondazioni sono utilizzati con larga prevalenza ciottoli legati da abbondante malta.
arduinica di recupero della tradizione, cfr. L A ROCCA 1992, p. 135 ss. 28 La prima analisi delledicio fu pubblicata da OLIVERO 1940, pp. 78-115; si rimanda, per le architetture landolane e in particolare per la chiesa di Testona, a T OSCO 1997, tenendo conto che le indagini archeologiche hanno portato allindividuazione della facciata, che si riteneva perduta, e a una nuova lettura dellimpianto della cripta (PANT 1999b).

la recente edizione critica di CANCIAN 1997. 26 GANDINO 1997,pp. 25-26. Per lattivit vescovile di potenziamento delle difese del territorio, che interess otto siti, alcuni dei quali gi incasellati, si rimanda a MONTANARI 1997, pp. 8586. 27 Per lideologia del vescovo, in contrapposizione alla politica

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Fig. 14) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, veduta panoramica dello scavo da est.

I lavori di ristrutturazione e risanamento che hanno interessato lala nord della canonica, sono stati loccasione per effettuare unindagine archeologica in un ambiente al piano terra adiacente allabside maggiore della chiesa (g. 13). stato pertanto possibile documentare i resti dellabside meridionale e del cimitero esterno a essa raggiungendo i livelli di terreno naturale, sensibilmente digradanti da nord/nord-ovest verso sud, secondo loriginario prolo della collina su cui sorge la chiesa29. Nellambiente, in una supercie di circa 20 mq, sono state documentate complessivamente 37 tombe sovrapposte su quattro livelli distinti sulla base delle evidenze stratigrache, mentre i resti di almeno altri 18 individui sono stati recuperati non in connessione anatomica nel riempimento di un ampio canale di drenaggio post medievale, che attraversava lambiente da nord verso sud (fig. 14). Le inumazioni, tutte in piena terra con deposizioni di entrambi i sessi e infantili in decubito dorsale, sono del tutto prive di corredo e di elementi del costume, mentre notizie raccolte in passato e oggi difcilmente vericabili, segnalavano il ritrovamento presso la chiesa di sepolture con oggetti di metallo e di altre in laterizi con corredo povero30.
2 9 Per una prima informazione sugli esiti dellindagine si

La pi antica fase cimiteriale (D, g. 15), con 5 tombe di adulti maschili e di un giovane, presenta come caratteristica comune il taglio delle fosse di forma rettangolare, con pareti nettamente rettilinee, forse determinate dallutilizzo di tavole lignee delle quali per non rimasta traccia materiale (g. 16); la cronologia delle sepolture nellambito del VII-VIII secolo suggerita da una datazione C14 effettuata sulla T 35 ( 595 55 AD, calibrata 645760). Il livello successivo (C, g. 15) sembra segnare un pi intenso sfruttamento dellarea con una maggiore densit di inumazioni di soggetti di entrambi i sessi (12 tombe), ma con una leggera prevalenza di sepolture femminili. Il momento pi tardo di utilizzo di questo livello cimiteriale, prima della costruzione romanica e dellestensione del cimitero intorno a essa, indicato dalla datazione C14 effettuata sul soggetto della T 26 (950 50 BP = 970 AD). Allo stato attuale delle ricerche, la connessione spaziale del cimitero preromanico si pu solo induttivamente porre in relazione con un pi antico edicio di culto, del quale stato individuato un tratto di muratura di ciottoli legati da malta al di sotto del perimetrale sud della chiesa, in un vano gi scavato in passato e ubicato nella manica ovest della canonica.
dentale della canonica addossata al muro dambito meridionale della chiesa romanica. 30 La segnalazione orale raccolta in N EGRO P ONZI MANCINI 1988, p. 72, n. 56.

rimanda a PANT 1999b, pp. 255-257. Nuovi scavi sono stati programmati per il 2001 in alcuni ambienti della manica occi-

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 15) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, schemi delle fasi cimiteriali.

Fig. 16) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, particolare della T 35.

Le analisi antropologiche31, pur considerando la limitata consistenza numerica del campione riferibile ad et preromanica, evidenziano per gli individui di sesso maschile una scarsa afnit con i gruppi umani analizzati in altre necropoli longobarde, compresi quelli della vasta necropoli a le di Testo31 Le analisi antropologiche sono state condotte da Licia Usai

na indagata nel 1878 da Edoardo e Claudio Calandra32, mentre al contrario per i soggetti di sesso femminile la somiglianza decisamente marcata, in particolare con il campione di popolazione di Romans dIsonzo e con quello di Centallo, dove i valori delle probabilit sono per tutte le misure
fatto espresso riferimento a una ventina di crani che con tutta fatica furono salvati, date le cattive condizioni di conservazione dei resti umani: C ALANDRA, C ALANDRA 1880, p. 22. Invece, per le analisi effettuate dal professor Gamba e commentate dal Lagneau (edite in DE BAYE 1888, pp. 113-114) pervennero 31 crani probabilmente perch a quelli della necropoli longobarda di Testona si aggiunsero altri 6 crani dolicocefali prelevati da alcune tombe alla cappuccina e a cassa laterizia scavate presso la cascina Arpino di Moncalieri da Davide Calandra nello stesso anno: PANT 1999a, pp. 80-81. Per le analisi antropologiche si rimanda a KISZELY, SCAGLIONI 1969.

della Anthropozoologica di Livorno, che ringrazio per aver concesso lanticipazione dei dati. Il campione di Testona stato confrontato con quelli di Romans dIsonzo, Santo Stefano in Pertica, Rivoli loc. La Perosa, Centallo e con i crani recuperati dalla necropoli longobarda di Testona (cfr. nota 32). Per Romans dIsonzo si rimanda a BEDINI, BARTOLI, VITIELLO 1989, per Centallo a BEDINI et al. 1997 e MALLEGNI et al. 1998, p. 234 ss. 32 Nella sintetica relazione degli scavi edita dai Calandra,

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Fig. 17) Localizzazione lungo lasta del Po delle aree funerarie di ambito longobardo: 1. Torino, via Nizza; 2. Torino, Lingotto; 3. Moncalieri, Fioccardo; 4. Moncalieri, cascina Arpino; 5. Moncalieri, borgo Piacentino; 6. Testona, necropoli; 7. Trofarello; 8. Testona, Santa Maria.

superiori al 50%. Una differenza morfometrica dei soggetti inumati si inoltre riscontrata nel passaggio dal livello C, dove compaiono individui mesocranici accanto a brachicranici e dolicocranici, al livello cimiteriale coevo allimpianto della chiesa landolana (B), dove invece si rileva la scomparsa della dolicomorfologia cranica insieme alla riduzione della statura su soggetti di entrambi i sessi. Certamente non sfugge la problematicit dellinterpretazione storica di questi nuovi dati destinati comunque a essere integrati e vericati con la prosecuzione degli scavi gi programmati , forse correlabili con quelli della necropoli di Testona, dove i corredi femminili sono largamente sotto rappresentati33: il fenomeno noto e solo in parte riconducibile alla precoce riduzione e scomparsa del dono funebre per le donne34.
33 VON HESSEN 1971, pp.48-49; NEGRO P ONZI MANCINI 1980a, p.

Il cimitero di Santa Maria potrebbe perci rivelare la particolare attrazione di una parte della popolazione femminile verso listituzione religiosa nel VII secolo inoltrato, mentre lorganizzazione della necropoli a le e il rituale tradizionale germanico persistevano a poca distanza. Casi di cimiteri policentrici sono ormai conosciuti e possono comprendere anche sepolture presso le chiese 35, cos come non stupisce osservare gli esiti del processo di osmosi con la popolazione autoctona dopo la prima generazione immigrata. Per Testona tuttavia un dato nuovo che completa, anche se complica, il quadro offerto dalla precedente documentazione archeologica. Da tempo nota infatti la rilevante presenza longobarda nellarea della collina torinese tra Moncalieri e Testona36, rivelata da ritrovamenti funerari
necropoli barbarica in regione Fioccardo, e un certo interesse desta la descrizione del nucleo funerario individuato presso la cascina Arpino, non lontano dallattuale cimitero, dove furono individuate tombe a cassa con inumati soggetti dolicocefali (supra, n. 32). Per la bibliograa relativa ai contesti funerari, ai ritrovamenti di ambito longobardo questi ritrovamenti e alle testimonianze di et romana, alcune delle quali inedite e frutto di ricerche condotte nei primi decenni del Novecento, si rimanda a P ANT 1999a, pp. 80-87. Per la ricostruzione del tessuto insediativo della collina dallet romana al medioevo su base toponomastica e storica, cfr. L A ROCCA 1986.

2; la stima si basa sul conteggio minimo delle tombe, circa 250/300, con una possibile percentuale di corredi maschili non superiore all11% e di quelli femminili non superiore al 5%. 34 LA ROCCA 1997,p. 40 ss. 35 Sul rapporto tra tombe longobarde ed edifici di culto cfr. L USUARDI SIENA 1989, p. 215 ss. e L USUARDI S IENA 1997 con bibliograa precedente. 36 Oltre alla necropoli di Testona, fu indagata nel 1910 una

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 18) Desana, localit Settime. Cartograa generale con localizzazione dei ritrovamenti e dellasse del metanodotto.

avvenuti in passato lungo litinerario terrestre che da Torino risaliva il corso del Po costeggiando la riva destra (g. 17); oltrepassata lattuale localit Fioccardo la strada si diramava da un lato attraversando il ume Po verso la valle di Susa e dallaltro si inerpicava verso il Mons Calerius, incastellato almeno dal X secolo, per poi ridiscendere a oriente verso Testona, evitando cos laggiramento del promontorio, lambito a meridione dalle acque37. La favorevole posizione dellinsediamento longobardo sorto con funzione di controllo del distretto territoriale gravitante sul punto di guado o sul ponte, lungo un importante asse di navigazione uviale, alternativa a quanto restava dei percorsi terrestri di et romana, gi stata evidenziata38. Successivamente, proprio la presenza del punto di attraversamento del ume verso la strada di Francia sar ancora oggetto di rilevanti interessi politici e commerciali tanto da determinare la fondazione dellospedale di SantEgidio da parte dei cava37 Per litinerario della strada in sponda destra del Po e verso

lieri del Tempio, cui fu affidata la custodia del ponte, e la formazione di un borgo a carattere mercantile anteriormente allo sviluppo di Moncalieri nel XIII secolo39. (G.P.) Desana Il sito di Desana, gi segnalato nellOttocento per il ritrovamento di un ripostiglio di monete di piena et imperiale 40 , fu portato allattenzione degli studiosi nel 1938, quando il Museo Civico di Torino acquis dal mercato antiquario rari e preziosi oggetti di et gota, per i quali stata proposta lappartenenza al corredo funerario del romano Stefanius e della ostrogota Valatru(di) interrato in et teodoriciana41. Nuovi dati sono emersi grazie a recenti ricerche condotte in localit Settime, il cui toponimo miliario, per il quale si nota una signicativa concordanza con la distanza da Vercelli, parrebbe indicativo di un luogo di sosta lungo il trac39 SERGI 1981, p. 42; BORDONE 1997, p. 93. 40 Ritrovato entro un vaso, con emissioni di Matidia e di Ploti-

Asti, e per le ipotesi di identificazione con la via Fulvia , si rimanda a CRESCI MARRONE 1991, p. 121 e a SETTIA 1991, p. 234 ss. 38 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, p. 305. La localizzazione del punto di attraversamento ipotizzabile solo a valle della fascia a frequente impaludamento, in corrispondenza degli ampi meandri del ume che caratterizzavano ancora in tempi recenti le campagne di Testona, ossia tra la conuenza del torrente Chisola e quella turbolenta del Sangone, dove il Po si incassa in un corso relativamente stabile. Per le attestazioni documentarie relative alle divagazioni del corso del Po tra Testona e Moncalieri, retticato a partire dalla met del Settecento, si rimanda a Progetto Po 1989, pp. 40-48.

na: BRUZZA 1874, p. LX.


41 FUCHS 1944,p. 102; VIALE 1971, pp. 71-77; BIERBRAUER 1974;

BIERBRAUER 1994, pp. 208 ss. La datazione del complesso ad et teodoriciana (primi anni del regno) non contrasta non la presenza anche di oggetti pi antichi (secondo quarto del V secolo). Oggi, leffettiva provenienza del tesoro dal territorio comunale di Desana messa in discussione da studiosi locali, che ne ritengono probabile la provenienza da Trino, senza tuttavia apportare elementi probatori: per ulteriori informazioni si rimanda a PANT 2000. Per gli indizi di presenze gote in Piemonte su base toponomastica cfr . S ETTIA 1996, pp. 17-18.

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Fig. 19) Desana, localit Settime. Tombe di ambito longobardo (area A).

ciato viario che collegava Vercellae ad Hasta42 e che guadava il umen Gardina presso il luogo dove tra il 1150 e il 1156 fu fondato il monastero benedettino di Santa Maria, probabile ospedale di ponte 43. Alcuni scavi non sistematici condotti in passato, avevano documentato a nord-est della roggia Gardina la presenza di un imponente edicio con pianta a U esteso su una superficie di oltre 5.000 mq, connesso a un ambiente absidato ritenuto dagli scopritori risalente ai tempi della diffusio42 Per la viabilit in Piemonte in et romana si rimanda in ulti-

ne del cristianesimo44 (g. 18, area G), la cui planimetria sembra richiamare gli impianti noti delle ville tardo antiche della Cisalpina45. Recenti prospezioni e raccolte di supercie portano a ipotizzare lestensione in questarea anche di una necropoli databile tra il I secolo a.C. e il I d.C. Due limitati sondaggi di scavo praticati a breve distanza (g. 18, area H) hanno consentito di accertare rispettivamente la presenza di resti strutturali, al momento di problematica collocazione cronologica in assenza
Settime si tratta di un terreno sito in territorio et curte Septimi connante con il uvius Gardina: CASSETTI 2000. 44 BORLA 1982, p. 87. Lautore, in alcune note indirizzate alla Soprintendenza Archeologica del Piemonte negli anni successivi alla scoperta (1973), precisa che il rilievo fu realizzato integrando planimetricamente le strutture osservate con lo scavo. 45 SPAGNOLO GARZOLI 1998, p. 84.

mo a B ANZI 1999, per con qualche riserva per laccettazione acritica dei risultati degli studi locali; a CALZOLARI 1994, p. 51 in particolare per questo tratto secondario e per le possibili variazioni di et successiva a VERCELLA BAGLIONE 1993. 43 In un atto di vendita del 1171 alla badessa di Santa Maria di

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

di reperti, e di un piccolo edicio di culto in muratura di ciottoli legati da tenace malta, il cui modello planimetrico, ad aula, concluso a oriente da profonda abside a semicerchio oltrepassato esternamente contraffortata, con un annesso quadrangolare a nord, porta a collocare la chiesa piuttosto precocemente nellambito del V secolo46. Completano il complesso quadro insediativo evidenziato in questa zona i risultati delle indagini condotte nel 1993 poco pi a nord. In prossimit della cascina Settime 47, i lavori di scavo per il metanodotto Chivasso-Mortara (g. 18, aree A-F), hanno portato allindividuazione di diversi contesti insediativi e funerari di orizzonte tardoantico e altomedievale distribuiti in poco meno di 1 km, in parte compromessi per le condizioni di forte aggressione del sito sottoposto ad agricoltura intensiva48. Apparentemente isolate al margine orientale del sito (area A) sono state indagate due tombe a cassa orientate ovest-est (T 1 e T 59), una delle quali sicuramente violata in antico, con semplici corredi funerari di ambito longobardo rappresentati rispettivamente da un vaso a asco con decorazione a stampiglia e da un coltellino (g. 19). Se per questultimo non possibile una precisa puntualizzazione cronologica, per il vaso a asco i confronti riconducono ai primi decenni del VII secolo49. La localizzazione delle due sepolture a breve distanza da un contemporaneo e pi esteso cimitero (area B) con popolazione per gran parte autoctona, suggerisce la presenza, ancora socialmente separata, di un gruppo egemone di tradizione germanica a carattere famigliare. Ad un momento vicino alloccupazione longobarda rimanda la formazione del cimitero con 57 tombe di diversa tipologia e un numero minimo di 73 individui, sviluppatosi in relazione alla presenza di un edicio di culto, il cui impianto planimetrico essenzialmente disegnato dalla posizione delle sepolture, essendosi conservato unicamente un breve tratto di muratura in fondazione, realizzata con pezzame laterizio e ciottoli legati da argilla (g. 20). Alcuni elementi dellapparato decorativo recuperati nel livello di distruzione, e in particolare un laterizio decorato databile entro la prima met dellVIII secolo50, documentano limpegno profuso nella ricostruzione o nellampliamento delledicio. Le pi antiche inumazioni documentate sono in piena terra, seguite da tombe di tipo pi eleborato
46 In particolare i confronti per labside rimandano a edici di

delimitate da una semplice cordolatura di ciottoli e frammenti laterizi, distribuite su tutti i lati delledicio, ma con maggiore addensamento a oriente. Le tombe a cassa rettangolare o rastremata, con lati lunghi lievemente arcuati e copertura a doppio spiovente, sono otto, utilizzate per pi inumazioni successive, e risultano realizzate con limpiego di materiali laterizi e ciottoli con legante di terra (g. 21). Solo la T 30, ubicata allinterno presso la facciata, in posizione di privilegio insieme alle altre tre sepolture al centro dellaula, realizzata con luso di malta. La cronologia delle tombe a cassa e in particolare del tipo con lati lunghi arcuati, maggiormente attestato, si colloca tra il VII secolo avanzato e lVIII. Una sola tomba, ubicata in posizione marginale a nord-est dellarea attesta invece la presenza del tipo a cassa antropoide, diffuso anteriormente alla ne del X secolo51. Il cimitero presso Settime rivela, per un periodo cronologico ancora scarsamente rappresentato in Piemonte negli aspetti funerari, consuetudini locali, caratterizzate da specicit proprie, tra le quali si evidenzia la localizzazione delle riduzioni a lato del cranio dellultimo inumato, mentre non sembra di poter rilevare nella posizione degli arti superiori delle costanti ripetitive. Non sono stati rinvenuti elementi di corredo o del vestiario, mentre in due casi attestata la presenza di oggetti di uso personale, quali una fusaiola o vago di collana nella riduzione T 31S, da correlare alla deposizione primaria, e parte di un acciarino di selce nella T 29. La rarefazione delle sepolture nel corso dellVIII e del IX secolo, con la sporadica ripresa nel X, per in area marginale (T 3), pu essere solo in parte ricondotta al disciplinamento di et carolingia che proibiva le sepolture in chiese non plebane e alla riorganizzazione normativa vescovile della diocesi vercellese nel IX-X secolo 52, dal momento che il declino sembra coinvolgere anche linsediamento. Allo stesso periodo di utilizzo del cimitero riferibile la presenza di nuclei abitativi, labilmente conservati nelle strutture materiali. La presenza di capanne a pianta circolare testimoniata da una base parzialmente interrata, dal diametro di circa m 3 (area C), e da alcune lenti di terreno fortemente antropizzato anchesse di forma circolare, che hanno restituito una elevata quantit di frammenti di pietra ollare (area D). Una capanna con sviluppo planimetrico presumibilmente rettangolare invece documentata da esili strutture realizzate con limpiego di legno e argilla cruda su zocco48 Per la pubblicazione esaustiva dello scavo e per la documentazione di dettaglio si rimanda a PANT 2000. 49 VITALI 1999, p. 206. 50 A. C ROSETTO, Decorazioni scultoree dalle chiese rurali nel Piemonte altomedievale (VII-VIII secolo), in questo volume. 51 I confronti tipologici rimandano al vicino sito di S. Michele di Trino: NEGRO PONZI MANCINI (a cura di) 1999. 52 PANERO 1988, p. 14 ss.; CHIARLONE 2000.

culto datati dalla ne del IV-V secolo, come la basilica di Porta Decumana ad Aosta ed esempi transalpini: cfr. la rassegna in REYNAUD 1998, p. 236, 250. In ambito locale similitudini si riscontrano a Sizzano (cfr. infra) e Mergozzo (PEJRANI BARICCO 1999, p. 115, g. 9). 47 Nel cortile della cascina si conservano in elevato, inglobate in un fabbricato rustico, le strutture superstiti della chiesa di Santa Maria del priorato benedettino.

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Fig. 20) Desana, localit Settime. Planimetria generale del cimitero e delledicio di culto (area B).

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Fig. 21) Desana, localit Settime. Particolare del cimitero, settore orientale.

li di muratura (area E). La scarsa conservazione dei resti non consente considerazioni sullorganizzazione degli spazi o sul modello di habitat, che sembra comunque congurarsi secondo un assetto sparso, caratterizzato dalla commistione tra le aree insediative e funerarie, sorte in adiacenza alle strutture abbandonate di un edicio rustico di et tardoantica (area F). Elemento comune dei diversi contesti indagati lassenza di ceramica, mentre i ritrovamenti di pietra ollare (g. 22) affermano una insospettata vivacit commerciale e la presenza di attivit artigianali del fuoco, testimoniate dallelevata percentuale di recipienti con marcate iridescenze ramate dovute allalterazione della clorite sottoposta ad alta temperatura53. Lincremento del commercio della pietra ollare a partire dal VII secolo un

fenomeno che si sta delineando per i contesti insediativi pedemontani del Piemonte, ma che appare indiziato anche da quelli funerari di ambito longobardo con deposizione di recipienti, in passato ritenuti tardoromani54. I dati archeologici portano a collocare solo nel IX-X secolo un reale mutamento nelle forme di insediamento e di occupazione del territorio di Septimum, anche se la sopravvivenza del villaggio dopo il Mille trova attestazione documentaria. probabilmente da ricercare nel centro amministrativo della curtis il nuovo polo di attrazione per la popolazione, non coincidente con il villaggio altomedievale55, prima della costituzione del borgofranco di Tricerro lanno 121856, avvenuta in un momento coincidente con la precoce decadenza del monastero di Santa Maria di Settime57. (G.P.)
X secolo (Carvico, S. Tom: M A L A G U T I , in stampa; Brescia, palazzo Martinengo e piazza Labus: GUGLIELMETTI 1996, p. 11; Pellio Intelvi: ARSLAN, CAIMI, UBOLDI 2000, pp. 147-149). 54 Due recipienti provengono da Borgovercelli, uno pi alcuni frammenti da Borgomasino, uno da Carignano e uno da Beinasco: per la bibliograa specica cfr. P ANT 2000, n. 57. 55 CHIARLONE 2000. Lultima menzione del villaggio di Septi mum risale al 1188: PANERO 1985, p. 22. 56 Per le popolazioni che conuiscono verso Tricerro cfr. PANERO 1979, passim 57 CASSETTI 2000.

53 Sono stati rinvenuti in totale 42 frammenti, con caratteriz-

zazione delle superci spesso indicative ai ni cronologici (cfr. PANT 2000). Le attestazioni maggioritarie riguardano i cloritoscisti (gruppi G e F), provenienti dallarco alpino nord-occidentale, con prevalenza dalla Valle dAosta con la val Meriana e dalle valli di Lanzo. Sono presenti anche alcuni talcoscisti, con trattamento delle pareti esterne ad arco di cerchio, i cui confronti riportano al periodo tardolongobardo, da cave dalle Alpi centrali, in particolare da Valtellina e Bregaglia (gruppo D) e da Ticinese o Novarese (gruppo B). La sottorappresentazione della ceramica rispetto alla pietra ollare si sta evidenziando anche altrove, in contesti insediativi compresi tra VIII e

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Fig. 22) Desana, localit Settime. Pietra ollare dai siti di abitato (aree E, D, C). Le lettere piccole corrispondono al gruppo petrograco; gli asterischi segnalano i recipienti utilizzati come crogioli (scala 1 : 3).

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Fig. 23) Dorzano. Veduta aerea dello scavo.

Dorzano In prossimit dellaltopiano morenico della Bessa i cospicui ritrovamenti archeologici di et romana documentati nelle aree dei comuni di Dorzano e di Salussola e in particolare nella piana di S. Secondo, portano a identicare la zona compresa tra i due centri abitati come sede di un insediamento vicano del pagus Victimulae, amministrativamente dipendente da Eporedia58, sviluppatosi in relazione allo sfruttamento delle aurifodinae, la cui rilevanza dallet repubblicana era gi stata sottolineata da Strabone (Geogr. V, 1, 12) e da Plinio ( n.h., XXXIII, 41, 78) 59. Collocata lungo una diramazione dellasse viario che da Vercelli portava a Ivrea e ai passi alpini60, la localit ancora ricordata nella C o s m o g r a p h i a d e l l A n o n i m o Ravennate, risalente forse al VII secolo seppure basata su fonti tardoromane, che la indica ubicata iuxta Eporejam non longe ab Alpe est civitas quae dicitur Victimula (Rav. 4, 30) . Laffioramento di
58 Come evidenziato dalle ricerche di B RECCIAROLI TABORELLI 1988, pp. 135-136. 59 Per il discusso passo di Strabone, che lo colloca nei pressi di Piacenza, e in generale sullattivit estrattiva della Bessa cfr. DOMERGUE 1998.

cospicui ruderi doveva caratterizzare il paesaggio ancora ai tempi dellarcivescovo di Vercelli Gio. Stefano Ferrero se questi, scrivendo nel 1609, ricordava che [] in valle S. Secundi reperiunt passim incolae inter arandum fundamenta multa antiqua aediciorum ingentium, quorum frequentia etiam supra terram eminent61. Oltre alle scoperte avvenute nel passato di resti strutturali e di importanti documenti epigraci e gurativi, per lo pi di piena et imperiale, in particolare nelle regioni denominate Murassi e Le Porte 62, altri elementi suggeriscono la possibilit che in questa zona anche nella tarda antichit sorgessero edifici di notevole estensione e rilevanza. La complessit topografica del sito si evidenzia anche in relazione allubicazione delle diverse aree funerarie di orizzonte tardoantico e altomedievale identificate sulla base di vecchi ritrovamenti, poco o nulla documentati, che tuttavia offrono informazioni sulla localizzazione di tombe e aree sepolcrali topogracamente connesse
60 VERCELLA BAGLIONE 1992; BANZI 1999,p. 54 ss. 61 FERRERO 1609, p.23. 62 Per una rassegna dei ritrovamenti e della bibliograa relati-

va si rimanda a PANT 1991-92, p. 60 ss., a MASSARA 1999 (con tentativo di localizzazione topograca sulla base dei catastali del XVIII e XIX secolo), e a LEBOLE 1999.

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Fig. 24) Dorzano. Planimetria fase 1.

a edici di culto63. Recenti indagini hanno consentito di evidenziare la presenza di strutture presumibilmente riferibili a una villa di et bassoimperiale, della quale stato identificato anche un ambiente absidato64. A breve distanza, su un rilievo dominante la piana di S. Secondo, in corso lindagine di un edicio di culto (g. 23) gi intercettato nel corso di ricerche condotte nel XIX secolo65 e interpretato dagli editori del passato come un ponderario, in ragione del ritrovamento avvenuto nel 1819 di uniscrizione dedicatoria databile al I-II secolo, che ne ricorda la donazione da parte di Titus Sextius appartenente alla trib Voltinia, duumviro a Eporedia66. Il primo impianto attribuibile con certezza a un edicio di culto67 basilicale orientato, articolato in tre
63 I dati sono stati raccolti e analizzati in PANT 1991-92. Dal territorio provengono la lapide funeraria cristiana di Vitales adolescens, cronologicamente attribuita al V-VI secolo e rinvenuta nel 1782 nel coro delloratorio di San Pietro Levita (RODA 1985, p. 176 n. 104), e il frammento che ricorda Anastasio, oggi perduto, gi murato nella facciata dello stesso edicio (SCHIAPARELLI 1894-1895, pp. 198-200; VIALE 1971, p. 77). 64 BRECCIAROLI TABORELLI 1995, pp. 328-329. 65 RONDOLINO 1882, p. 29, ci informa che durante gli scavi praticati da mani ignoranti, oltre a rovinarsi le strutture murarie, se nandarono i marmorei selciati comprese, forse, le epigrafi funerarie cui dovevano far parte i due frammenti con i nomi rispettivamente di Modesta e Liberata, oggi perduti (CIL

navate con le minori ancheggiate a est da ambienti simmetrici a pianta quadrangolare e navata centrale conclusa da abside semicircolare oltrepassata, esternamente rafforzata da due contrafforti. Resti strutturali in prosecuzione del muro dambito meridionale, potrebbero indicare la presenza di un atrio, forse non contestuale per le differenze riscontrate nella tecnica costruttiva. In tempi successivi altri ambienti si addizionarono lungo il lato esterno settentrionale (g. 24). La muratura, conservata solo per brevi tratti nel primo filare di elevato, in ciottoli accuratamente connessi con linserzione di rari laterizi, pi abbondanti nei tratti di elevato, legati da tenace malta. La tipologia dellabside 68 e la tecnica edilizia convergono nellindicare per la costruzione una cronologia compresa tra la ne del IV e il V secolo.
V, 6772). Le recenti indagini sono state dirette da Luisa Brecciaroli Taborelli e dalla scrivente nella campagna di scavo del 1998: PANT 1999c, con bibliograa precedente. 66 BRUZZA 1874, n. XXIX, pp. 55-56; RODA 1985, n. 100, pp. 168169; MASSARA 1999, p. 25 ss. 67 Nellarea orientale sono stati documentati i resti di un piccolo edicio la cui funzione e cronologia potr essere denita con la prosecuzione delle indagini. 68 Si riscontrano marcate similitudini con le chiese della Valle dAosta prevalentemente datate tra la ne del IV e il V secolo, e in particolare con quelle di Villeneuve (aula N) e di S. Lorenzo ad Aosta: per la bibliograa specica e per ulteriori confronti cfr. B RECCIAROLI TABORELLI 1993, p. 306.

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Fig. 25) Dorzano. Planimetria fase 2.

Dai dati attualmente raccolti sembra di poter escludere, almeno per i primi tempi, la destinazione funeraria della chiesa. Lassenza di sepolture non consente di riconoscere in questo edificio un santuario dedicato al culto di san Secondo69, presunto martire della legione tebea, che sarebbe stato giustiziato sotto Diocleziano e Massimiano uno milliari prope castellum Cesariano quod [] nomen Victimolis accepit come narrato dalla Pas sio, edita dal Mombrizio nel 1478 e ripresa dagli editori degli Acta Sanctorum , ma non anteriore allVIII secolo70. Daltra parte recenti studi tendono a collocare la diffusione del culto dei santi militari e in particolare di quelli della leggendaria legione Tebea solo in et gota e poi longobarda, in forte contrapposizione allarianesimo71. Un importante ampliamento comport lestensione delledicio con larretramento verso est dellabside innanzi alla quale si sviluppa una struttura denita da quattro pilastri, dei quali due cruciformi a est e due quadrangolari a ovest. Resta ipotetica
69 Secondo linterpretazione di L EBOLE 1994, p. 333 ss. 70 Acta SS. Augusti, V, cc. 792-797; linterpretazione degli ultimi

laddizione di navate laterali delle quali al momento meglio documentata quella settentrionale, forse a terminazione absidata, come parrebbe indicare una trincea dasporto ancora da indagare, racchiudente i resti di un elemento circolare di muratura di ciottoli dal quale si diparte una canalizzazione di elementi laterizi, forse interpretabile come residuo di una vasca battesimale (fig. 25). Le strutture murarie dellampliamento si caratterizzano per la tessitura irregolare con limpiego di pietre e ciottoli legati da malta, tranne che nel lare di imposta dove le pietre hanno maggiore pezzatura e legante dargilla. Probabilmente allarredo di questa fase attribuibile lopus sectile pavimentale in piastrelle di diverse forme e dimensioni, con prevalenza dei triangoli in bianco e nero, recuperati nellarativo. Intorno alledicio si estese larea cimiteriale72 con tombe in piena terra e altre, maggioritarie, a fossa delimitata mediante cordolature di ciottoli e laterizi fratti, mentre una sola documenta la presenza della tipologia a cassa di muratura. Questa
71 CRACCO RUGGINI 1999, pp. 32-33 con fonti e bibliograa. 72 Al momento sono state indagate poco pi di una decina di

due capitoli, che alludono a diverse traslazioni delle reliquie e che forse sono di epoca successiva, controversa. Il vescovo Ferrero ricorda la presenza di una Vita del martire nellArchivio della Chiesa di Vercelli in codice quodam perantiquo (FERRERO 1602, p. 21), a oggi non reperito. Per la rivendicazione alla chiesa vercellese del santo cfr. CROVELLA 1968, pp. 52-57, LEBOLE 1979, pp. 24-40 e in ultimoMONACI CASTAGNO 1997, pp. 69-70.

tombe contenenti in alcuni casi pi di una inumazione. Lanalisi antropologica dei resti umani, pervenuti in precarie condizioni di conservazione, stata effettuata da E. Bedini; si riscontrata la presenza di soggetti di entrambi i sessi deceduti tutti in et adulta o avanzata, mentre appare evidente la sottorappresentazione degli infanti.

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Fig. 26) Dorzano. Particolare della T 5.

(T 5), collocata in evidente posizione di privilegio allesterno delledicio in asse alla facciata, realizzata in muratura di ciottoli e tegole frammentarie poste in opera con legante di argilla, priva di fondo e copertura costituita probabilmente da tavole lignee e da alcune lastre di pietra (g. 26). Linumato, un soggetto adulto di sesso maschile73, era deposto con il capo a est poggiato su un emisesquipedale utilizzato come cuscino cefalico. La cronologia della tomba suggerita dallanalisi C14 effettuata sui resti umani, che ha fornito la datazione non calibrata allanno 770 50. La realizzazione dellampliamento della chiesa con possibile funzione battesimale, ancora anteriormente alla met del VII secolo, suggerita dalla presenza dei frammenti di un vasetto con decorazione a stralucido di tradizione pannonica deposto in una sepoltura infantile (T 8), che afanca labside sul lato meridionale.
73 Il soggetto, alto cm 165, deceduto a 45-50 anni, era stato afitto in et infantile da rachitismo. 74 Archivio Capitolare di Vercelli, Vita beati Petri Levitae, cod. XLVII, ff. 79-82, e cod. XXXIV, ff. 196-201. Il corpo del Beato, collaboratore di Gregorio Magno, morto il 604 o poco dopo, sarebbe stato trafugato a romana sede ad uictimuli castrum antiquo vocabulo cesareanum dictum e traslato sotto il vescovo Ingone (961-967) nel castrum di Salussola: a tale proposito cfr. CANTINO WATAGHIN 1997, p. 44, n. 86, con bibliograa precedente. 75 G ANDINO 1990, p. 70.

Labbandono delledicio sembra collocarsi dopo lVIII secolo, presumibilmente nel corso del IX. Pur considerando con riserva i toni catastrofici che nella Vita del Beato Pietro Levita, pervenuta in doppia copia del XIII secolo, ma ascrivibile al X-XI secolo, accennano a devastazioni subite dai luoghi muniti e dalle chiese di Vittimulo nel corso di distruttivi eventi bellici74, non si pu non notare come il destino del pagus e con esso lassetto insediativo della conca di S. Secondo fosse destinato a mutare drasticamente nel volgere di qualche secolo75. Tra latto dell826 degli imperatori Ludovico e Lotario a favore del conte Bosone, in cui la corte di Biella collocata nel pago di Victimulae (Ictimo lum)76, e il diploma di Ottone III del 999, in cui il quadro di riferimento completamente mutato in favore di Biella 77 si colloca lincastellamento del sito di altura di Salussola, probabile nuovo polo di aggregazione delle popolazioni rurali78. (G.P.)
76 MGH Diplomata, 1893, doc. 323, pp. 748-751. 77 BORELLO 1933, doc. 1, p. 1 ss. in cui il riferimento al comita-

to di cui fa parte Biella, rimanda alla precoce organizzazione carolingia dellimpero. 78 Per il quadro relativo allincastellamento del Biellese si rimanda ai dati raccolti in PANERO 1985, p. 27, n. 15; in generale, per le dinamiche che portarono alla costruzione di castelli e allincastellamento di curtes tra X e XI secolo in Piemonte, focalizzate attraverso la ricerca storica, si rimanda a SETTIA 1999, p. 342 ss; per le fonti archeologiche cfr. MICHELETTO 1998, pp. 70-77.

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Sizzano Ancora un abbandono si evidenzia per la chiesa di Sizzano, nel Novarese, costruita in una villa romana con continuit di vita e trasformazioni attestate dai materiali no al IV-V secolo 79 (fig. 27). La villa faceva parte delle estese strutture abitative del pagus Agaminus80, mentre la presenza di una comunit cristiana nello stesso p a g u s sarebbe attestata da Eusebio di Vercelli gi a met del IV secolo81. La precisa sovrapposizione delle strutture paleocristiane sul precedente perimetro della villa, nel suo angolo sud-occidentale, indica non solo lovvia recenziorit della chiesa, ma anche che il suo inserimento tra i fabbricati del complesso avvenne in un periodo in cui esso era pienamente in funzione, partecipe della generale prosperit del distretto rurale di appartenenza, che non sub signicative contrazioni dellabitato nel tardo Fig. 27) Sizzano. Veduta aerea della villa con oratorio paleocristiano. impero, come attestano le evidenze archeologiche in pi siti del territorio pagense. Ledicio di culto ad aula unica (m 15,40 x 11 Lesame preliminare dei materiali ceramici circa), conclusa a oriente da unabside con prolo raccolti negli strati relativi alledificio di culto interno a semicerchio oltrepassato, afancata da suggerisce un orizzonte cronologico tra IV e V due vani rettangolari simmetrici (g. 28). Distrusecolo, ma le caratteristiche architettoniche di zioni moderne praticate nellabside hanno impedimatura elaborazione in particolare labside to di vericare la presenza dellaltare, mentre sono stretta tra i pastophoria fanno propendere per il risultati meglio conservati i resti dei piani paviV secolo82. mentali dellaula che, raccordandosi alle pareti, I rapporti con la villa non lasciano dubbi sul provano lunitariet di impianto della chiesa e percarattere privato della fondazione religiosa, le cui mettono di precisare i rapporti stratigraci con le sorti appaiono ad essa legate anche nel seguente fasi successive. periodo di vita. Nei primi tempi la chiesa non
79 Gli scavi sono in corso dal 1988 sotto la direzione di Giuseppina Spagnolo Garzoli, con la partecipazione di chi scrive alle due campagne che hanno interessato la chiesa: SPAGNOLO GARZOLI 1991; PEJRANI BARICCO 1999, pp. 80-83. 80 Sulle attestazioni archeologiche ed epigrache del pagus e sulla sua struttura territoriale: S PAGNOLO GARZOLI 1998, S PAGNOLO GARZOLI 1999; DESSILANI 1995. 81 Sulla dibattuta questione dellautenticit dellinterpolazione che include la plebs degli Agaminae ad Palatium nellelenco delle prime comunit cristiane dellattuale Piemonte citate da Eusebio di Vercelli, di recente si espressa favorevolmente CRACCO RUGGINI 1999, in particolare pp. 26-29, che vede confermata dalla documentazione archeologica la traccia di una

cristianizzazione delle campagne che muoveva dai vertici civili prima ancora che ecclesiastici, ossia dai grandi proprietari ormai cristiani di queste ville incastonate in complessi vicani. 82 Pur in assenza di confronti precisi, pare infatti poco probabile che lorganica disposizione dei pastophoria non risenta gi dei modelli orientali mutuati attraverso Ravenna. Va comunque sottolineato, come si accenner nelle conclusioni, che il tema architettonico degli annessi laterali ricorre pi volte nellarchitettura della nostra regione, con soluzioni variate sia in relazione a impianti a tre navate, sia a edici a navata unica. Non quindi escluso che qui si tratti di una elaborazione originale per la creazione di locali indispensabili alla funzionalit liturgica, relativamente indipendente dai pi aulici e lontani riferimenti.

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Fig. 28) Sizzano. Veduta aerea della chiesa.

Fig. 29) Sizzano. Particolare delle tombe afancate alla parete meridionale della chiesa.

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accolse sepolture n interne n esterne; soltanto quando il pavimento era ormai interrato e la quota di calpestio si era notevolmente rialzata, si svilupp un limitato cimitero lungo la parete meridionale e al suo interno, presso langolo sudoccidentale (g. 29). Successive erosioni del deposito archeologico e le arature del terreno hanno ridotto lo stato di conservazione delle strutture funerarie al solo fondo o a pochi resti delle pareti delle tombe a cassa rettangolari o trapezoidali con pezzame laterizio disposto a secco o legato da malta ora disgregata. Altri fondi accuratamente costruiti con tegole o mattoni interi potevano essere connessi a coperture a doppio spiovente di tegole, secondo tipologie diffuse, confrontabili ad esempio con le diverse varianti emerse a Centallo nel cimitero di VI-VII secolo. A cappuccina era inoltre coperta la tomba pi antica, infantile e isolata nellaula, lunica forse compatibile, per la quota del colmo, con la seconda pavimentazione della chiesa. Nessun oggetto di corredo stato ritrovato, n si possono trarre informazioni sui resti scheletrici, completamente perduti a causa della natura del terreno. Si pu quindi soltanto ipotizzare che tra VI e VII secolo lultimo gruppo di residenti della villa, forse i proprietari, data la discreta qualit costruttiva delle tombe, abbia scelto il proprio oratorio privato come luogo di sepoltura, anche se ledicio, gi interrato, stava avviandosi a rovina. Successivi allineamenti, abbastanza regolari, di buche da palo, rivelano lesistenza di un edicio di legno, probabilmente impostatosi tra i ruderi della chiesa ormai abbandonata. Difficilmente si tratta di una cappella, mentre non si esclude possa essersi vericata nellalto medioevo una riconversione dellarea alluso abitativo o agro-pastorale. La chiesa dunque non sopravvisse a lungo allabbandono della villa, che a sua volta rientra nellormai noto fenomeno della ne di queste strutture, vericatosi nellItalia settentrionale nel corso del VI secolo83. Tuttavia la precoce decadenza di questo oratorio potrebbe avere relazione anche con listituzione di una chiesa battesimale, se fossero confermate le origini paleocristiane del San Vittore di Sizzano, citata come pieve nel 1000 e nel 1013 e che alla ne del XVI-inizi del XVIII secolo, prima di essere ricostruita, aveva ancora un battistero autonomo, sotto forma di capella rotunda antiqua con abside, altare e resti di un fonte battesimale laterizio84. (L.P.B.)
83 BROGIOLO (a cura di) 1996. 84 GAVAZZOLI TOMEA 1980, p. 94. 85 PEJRANI BARICCO 1999, pp. 83-97; PEJRANI BARICCO 2000. 86 La redazione del testo della Legenda Sancti Julii et Juliani

Gozzano Le indagini sullisola dOrta, condotte in pi occasioni fino allestate del 1999 (figg. 30, 31), offrono dati sempre pi numerosi sulle vicende della chiesa e del castrum, per i quali si proposto di attribuire limportante fase costruttiva databile tra la ne del V e gli inizi del VI secolo alliniziativa dei vescovi novaresi, alla quale si accompagn il rilancio del culto dei santi Giulio e Giuliano, missionari evangelizzatori dellarea del Cusio85. Se la tomba di san Giulio venerata sullisola almeno dal V secolo, quella di san Giuliano era nora localizzata nella chiesa di San Lorenzo a Gozzano dalla tradizione agiografica, che vuole ledificio costruito dal santo stesso per predisporvi la propria tomba86, dalle strutture romaniche della chiesa attuale che comprendono il cenotafio emergente dietro laltare (g. 32) e dalla documentazione scritta relativa alla pieve di Gozzano. Con un diploma del 919, Berengario I concede al vescovo di Novara Dagiberto di istituire presso la chiesa plebana di Gozzano un mercato settimanale, al sabato, e una era annuale il 24 ottobre, giorno della festa di san Giuliano, le cui ossa dice il documento sono conservate nella chiesa stessa. La data della festa corrisponde alla traslazione delle reliquie, probabilmente avvenuta alla fine del IX secolo sotto lepiscopato di Cadulto (882891), mentre la conferma della dedica della pieve a san Giuliano data da una citazione del 97087. La nuova chiesa plebana fu dunque costruita prima degli inizi del X secolo e dotata delle reliquie sottratte al San Lorenzo, dove tuttavia si conserv la memoria delloriginario luogo della sepoltura di Giuliano, oggetto di perdurante devozione. In seguito la chiesa dovette subire un progressivo degrado, se nel 1141 il vescovo Litifredo la afd a un gruppo di laici, purch la restaurassero e provvedessero al suo sostentamento. Ledificio attuale, ad aula unica absidata, frutto di successivi parziali rifacimenti: il settore orientale, che comprende labside, appartiene allet romanica, probabilmente ai restauri eseguiti dopo il 1141, mentre il resto della navata fu ricostruito pi tardi, in sostituzione delle strutture preromaniche evidenziate dallo scavo. Lorigine paleocristiana della chiesa stata infatti rivelata dallindagine completa svolta al suo interno e appena conclusa, che ha chiarito come lattuale edificio ricalchi sostanzialmente lo schema

stata recentemente retrodatata rispetto alla cronologia proposta dalla critica precedente, in quanto esso compare gi nel passionario 12 (10) della Biblioteca Capitolare di San Vittore di

Intra, ora attribuito alla ne del IX secolo, e potrebbe risalire agli inizi dellVIII, contemporaneamente alla stesura della Vita di San Gaudenzio: GAVINELLI 1998-1999, pp. 28-31; ANDENNA 2000, p. 20. 87 Sulle chiese di San Lorenzo e di San Giuliano a Gozzano: DI GIOVANNI 1980, pp. 190-194. Per i riferimenti documentari e il quadro storico precedente le indagini archeologiche si rimanda ad ANDENNA 1987.

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Fig. 30) Isola di S. Giulio dOrta. Scavo 1998 in casa Tallone; la freccia indica i resti del muro di cinta del castrum tardoantico (ne V-inizi VI sec.).

Fig. 31) Isola di S. Giulio dOrta. Scavo 1999 in piazza Vittorio Veneto: sui resti di una scala monumentale tardoantica si impostano edici di et longobarda.

Fig. 32) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, veduta dellarea presbiteriale agli inizi dello scavo; dietro laltare emerge la copertura del cenotao.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 33) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da ovest.

planimetrico della prima chiesa, ricostruibile in base ai resti delle fondazioni, visibili nei brevi tratti delle pareti longitudinali non fasciati dalle panche in muratura di et moderna, e allo sviluppo della fase cimiteriale pi antica (gg. 33, 34). Laula era verosimilmente conclusa da un abside, come suggerisce la disposizione radiale delle tombe, e dotata di un banco presbiteriale a ferro di cavallo (g. 35). Ai lati di questo si allineano due basi in muratura che dovevano supportare un diaframma murario. Davanti al synthronos sono conservati lacerti di pavimentazione che delineano unarea quadrangolare, larga quanto il banco, con tracce di opus sectile, contornato da resti di cocciopesto su vespaio, che forse si estendeva al resto della chiesa. Il quadrilatero lastricato davanti al banco doveva accogliere laltare, probabilmente chiuso da recinzioni. La tipologia dellaula unica con gruppo presbiteriale banco-altare trova abbondanti riscontri nelle chiese paleocristiane delle diocesi settentrionali della metropoli di Aquileia, a suo tempo studiate da Menis e prevalentemente datate al V secolo88. Non lontano da Gozzano, ma in diocesi di Vercelli, la
88 MENIS 1958, pp. 195 ss. 89 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.

chiesa battesimale di Santo Stefano di Lenta, di cui si proposta una rilettura e unipotesi di datazione alla prima met del VI secolo, offre un importante quanto raro confronto in ambito regionale89. Dietro il banco, sullasse mediano della chiesa ed esattamente al di sotto del cenotafio di et romanica, si individuata una tomba molto ben costruita con il fondo monolitico in pietra e le pareti in muratura legate e rivestite da malta signina. Il defunto doveva essere deposto con il capo a est, come indicano il cuscino in pietra e la terminazione arcuata della cassa, che richiama la forma dei sarcofagi. Ritrovata ora vuota e priva della copertura originaria, questa tomba era evidentemente quella di un personaggio venerabile, un ecclesiastico, data la posizione a oriente del capo90, di cui anche pi tardi, dopo la traslazione delle reliquie, si ribad la santit evidenziandone il sepolcro con una sovrastruttura emergente dal pavimento, con soluzione analoga a quella adottata per San Giulio nella sistemazione romanica del presbiterio della basilica sullisola. In attesa di approfondire meglio i confronti tipologici di questo santuario, e in assenza di ele90Sullipotesi che la disposizione inversa dei defunti con capo a

est sia riservata agli ecclesiastici: D URAND 1988, p. 191; vi accenna inoltre CROSETTO 1998b, p. 227.

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Fig. 34) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da est.

Fig. 35) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, planimetria dello scavo. Gli asterischi indicano la presenza di oggetti di corredo nelle tombe.

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Fig. 36) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, bottiglia in vetro proveniente dalla T 2 (scala 1 : 2).

menti di datazione assoluta, si pu provvisoriamente ipotizzare che sia sorto contemporaneamente alla ricostruzione della chiesa di San Giulio tra la ne del V e gli inizi del VI secolo. Probabilmente posteriore al primo impianto lo sviluppo delle sepolture che andarono progressivamente occupando tutto lo spazio disponibile, ad eccezione dellarea dellaltare, solo parzialmente intaccata sul fronte occidentale. Lo sviluppo del cimitero appare ordinato per le, senza sovrapposizione delle strutture. Le tombe sono tutte a cassa in muratura, oppure rivestite con grandi elementi lapidei di recupero, tra i quali una stele e altri frammenti iscritti di et romana. Il fondo era quasi sempre rivestito di laterizi o di lastre lapidee e ancora lastre costituivano la copertura, come si potuto osservare nei pochi casi in cui era conservata. I materiali edilizi impiegati nelle pareti comprendono ciottoli, scapoli di pietra, frammenti di laterizi ed emisesquipedali, legati da argilla o da calce, talvolta utilizzata solo per la stilatura dei giunti sulle superci interne della tomba. Resti di nitura a intonaco sono stati inoltre osservati in pochi casi, tra i quali spicca la T 45, posta davanti allingresso, per il rivestimento con intonaco rosso delle pareti e del fondo. I defunti erano regolarmente deposti con il
91Devo alla cortesia di Elena Bedini le anticipazioni sui risul-

capo a ovest. Di norma le tombe furono riutilizzate pi volte e poi manomesse o interamente svuotate gi in antico, con qualche eccezione nellarea del presbiterio, meno disturbata. Si segnalano casi di cassette di riduzione ricavate al tempo della seconda inumazione (ad esempio T 13/16, T 17/20). Lo studio in corso dei resti scheletrici 91, purtroppo mal conservati, va delineando le caratteristiche di un gruppo umano selezionato per sesso ed et di morte: sono infatti nettamente prevalenti gli individui maschili adulti (oltre il 53%), spesso di et avanzata, come si riscontrato per le tombe dellatrio del San Gervasio di Centallo. Daltra parte non stupisce che larea interna alla chiesa abbia attratto le sepolture privilegiate dei capofamiglia adulti o anziani, mentre possibile che gli altri membri della comunit donne e bambini siano stati inumati allesterno. Soltanto sette tombe hanno restituito oggetti di corredo e in ogni caso le rideposizioni e le violazioni hanno sicuramente causato limpoverimento o la perdita completa dei corredi, bench probabilmente questi fossero gi in origine di tipo ridotto. La sola tomba quasi integra, salvo un limitato disturbo allestremit orientale, la numero 2, posta a nord dellaltare e ancora coperta da una grande lastra lapidea sigillata con malta lungo i margini: questa reca incisa unimportante epigrafe leponzia della fine del III- prima met del II secolo a.C.92. Allinterno dellampia cassa in muratura era sepolto un uomo di oltre 50 anni, con una bottiglia di vetro, deposta allaltezza delle ginocchia, quale unico dono funebre, la cui tipologia trova confronti in contesti databili dalla ne del VI a tutto il VII secolo93 (g. 36). In asse con lingresso della chiesa, in una posizione privilegiata che pi volte si evidenziata come tale anche negli esempi precedenti, la T 63, estesamente distrutta, conteneva i resti sconvolti di un individuo maschile di et matura o senile e di un altro adulto forse femminile. Apparteneva sicuramente al primo una ricca cintura multipla per la sospensione del sax con guarnizioni in ferro ageminato in argento e ottone su pseudo-placcatura in argento dei campi decorativi (g. 37). Si conservano: la bbia a placca ssa, con anello e ardiglione decorati a tratteggio in argento e ottone e decorazione di II Stile animalistico armonioso sulla placca; due placche a forma di U, sempre con animali anguiformi intrecciati con schemi diversi, compresi in un bordo perlato a punti alternati dottone e dargento, e altre due placche pi allungate e articolate, di cui una con decorazione tripartita, di tipologia gi attestata nella cintura multipla della T 4 di Trezzo, e ricorrente nelle cinture sucme, alto collo cilindrico, corpo globulare e fondo concavo, in vetro verde chiaro con numerose bolle, decorata con un filamento applicato di colore bianco opaco, avvolto a spirale a partire dalla base del collo su quasi tutto il corpo. Appartiene alla forma B5 della classicazione di STIAFFINI 1985, pp. 680-682.

tati delle analisi antropologiche. 92GAMBARI 1998. 93Si tratta di una bottiglia frammentaria con bocca imbutifor-

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Fig. 37) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, guarnizioni di cintura provenienti dalla T 63.

Fig. 38) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, bbia e puntale di cintura provenienti dalla T 16 (scala 1 : 2).

cessive alla met del VII secolo, tra le quali pare inserirsi il caso in esame94. Nellambito del VII secolo si collocano anche gli altri oggetti di corredo ritrovati nelle tombe 47, 60, 56, 54, tra i quali due bbie in ferro di cinture reggiarmi a placca mobile triangolare, confermano la predominanza delle inumazioni maschili.
94A restauro concluso sar possibile approfondire la studio

Inne nella cassetta di riduzione T 16, connessa alla T 13, contenente i resti di un uomo molto robusto, di elevata statura (cm 177,5 circa) e di et avanzata, si sono raccolti la fibbia e il puntale frammentario di una cintura a cinque pezzi in ferro di forma allungata, assegnabile alla ne del VII secolo-inizi dellVIII95 (g. 38).
in una maglia passante, spezzata. Il bordo sagomato, la decorazione limitata a quattro borchie in ottone con corona di base zigrinata. Sul retro presente un occhiello di ssaggio spezzato. Il puntale, frammentario, aveva probabilmente in origine borchie di ssaggio in metallo diverso (argento e ottone) ai lati, mentre quella centrale fu sostituita in antico con una borchia emisferica in ferro. Per la forma e per la terminazione traforata, la bbia si confronta con esemplari decorati provenienti da: Calvisano, Santi di Sopra, T 12; Giengen, T

degli schemi decorativi per una valutazione pi precisa dei confronti; per il momento si rimanda in generale al gruppo delle cinture multiple ageminate, con motivi di II Stile animalistico armonioso e agli sviluppi pi maturi di queste decorazioni, da ultimo analizzati da GIOSTRA 2000, pp. 88-102. 95PEJRANI BARICCO 1998, p. 96, g. 29 a, b. La bbia priva di ardiglione, con placca mobile triangolare allungata terminante

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In sintesi, la chiesa paleocristiana, sorta in relazione alla sepoltura venerata, verosimilmente identificabile con il diacono Giuliano della tradizione agiograca, si connota in funzione funeraria nel corso del VII secolo per opera di un gruppo, cui appartengono personaggi di ceto elevato di ambito longobardo96. La vitalit del luogo di culto sembra tuttavia declinare nel corso dellVIII secolo in concomitanza con larrestarsi dello sviluppo del cimitero, che riprender soltanto molto pi tardi, dopo la ricostruzione romanica, con sepolture del XIIIXV secolo. Ai due santuari di Giulio e Giuliano tocca quindi una diversa sorte: il castrum sullisola, probabile residenza del vescovo di Novara e poi del duca, contribuisce a mantenere inalterato il prestigio della chiesa, che nei secoli successivi conferma il suo ruolo divenendo pieve, mentre la chiesa di San Lorenzo tra VIII e X secolo subisce la concorrenza di una nuova chiesa plebana, costruita sullaltura dominante labitato e poi inclusa nel castrum di Gozzano, attestato per la prima volta nel 101597. (L.P.B.) Conclusioni Se per le chiese battesimali di et paleocristiana, documentate archeologicamente, stata tentata una sintesi regionale98, manca ancora un quadro riassuntivo che integri questa categoria di edifici in un panorama complessivo sulle strutture materiali finora note, relative alla prima cristianizzazione delle campagne dellItalia nord occidentale99, anche se non mancano approfondimenti su singole diocesi o su ambiti territoriali pi circoscritti100. Di conseguenza non agevole distinguere le linee di tendenza dellevolvere delle tipologie e della distribuzione delle chiese, della loro funzione e del loro rapporto con gli insediamenti nei secoli VII e VIII, che cercheremo quindi di abbozzare partendo in primo luogo dalle esemplificazioni illustrate nelle schede. Continuit di vita degli edici, nuove fondazioni e abbandoni risultano in buona parte condizionati dallo stato giuridico iniziale delle strutture religiose, quando non intervengono importanti fattori politici o radicali modificazioni dellassetto territoriale e insediativo a complicare le dinamiche dellorganizzazione ecclesiastica101.
96Valgono naturalmente per questo gruppo tutte le cautele

Partendo dalle chiese battesimali, sorte per diretta iniziativa del centro episcopale e nalizzate alla cura pastorale delle popolazioni rurali, non emergono incrementi durante let longobarda: pur nella limitata casistica oggi disponibile, tutti i battisteri preromanici individuati hanno rivelato origini pi antiche, databili tra V e VI secolo, in accordo con il panorama offerto dalle fonti scritte e archeologiche del resto della penisola per il V secolo e in particolare a partire dalla seconda met102. Per contro non si verificano nemmeno abbandoni e le strutture paleocristiane reggono i periodi di crisi, legati alla guerra greco-gotica e alla conquista longobarda, proseguendo nella loro funzione no a consolidarla nel successivo ordinamento plebano, salvo tardivi trasferimenti di alcune sedi per attrazione del centro abitato. Potrebbe essere questo il caso della chiesa di San Giovanni ai Campi a Piobesi e di San Giovanni in Montorfano di Mergozzo, dove gli edici vengono restaurati o ricostruiti durante laltomedioevo e i fonti battesimali rimangono in funzione no allet romanica, quando i documenti segnalano per una diversa ubicazione della pieve. Ancora, il battistero di Cureggio conosce un periodo di temporanea crisi a partire dal VI secolo, ma ledicio sopravvive no alla ricostruzione del complesso plebano tra la fine dellIX e la prima met del XII secolo103. Sullinterpretazione delle due fasi edilizie della grande chiesa di Dorzano mancano ancora elementi dirimenti, che forse potranno essere acquisiti con il proseguire delle indagini. Il sedime non risulta occupato in et romana e dunque non ci sono prove del suo inserimento in una villa e delliniziativa privata di un possidente laico allorigine della sua fondazione. Le dimensioni straordinariamente ampie per gli standard regionali, raggiunte soprattutto nella seconda fase, depongono a favore dellantichit e dellimportanza dellistituzione religiosa: forse davvero una chiesa battesimale a servizio di un centro demico quasi urbano come Victimulae, che di questo segu le sorti scomparendo denitivamente tra IX e X secolo. La tomba privilegiata di ne VIII-inizi IX secolo davanti allingresso comunque indizio significativo di continuit duso delledificio fino allet carolingia, se non addirittura di qualche intervento evergetico in suo favore.
100 Sarebbe arduo e superuo raccogliere in questa sede una esauriente rassegna bibliograca; ci si limita a segnalare tra i contributi pi recenti CANTINO WATAGHIN 1997; CANTINO WATAGHIN 1998; CANTINO WATAGHIN 1999; LIZZI TESTA, CRACCO RUGGINI 1998. 101 Su questi temi si far riferimento in particolare a VIOLANTE 1982 e a SETTIA 1991, pp. 3-45. 102 Si rimanda al contributo di S. Gelichi e di V. Fiocchi Nicolai in Ledicio battesimale in Italia, in corso di stampa. 103 PEJRANI BARICCO in corso di stampa, DI GIOVANNI 1980, pp. 182-184.

invocate dal dibattito storiografico recente sullattribuzione etnica dei corredi di et longobarda, come emerso ad esempio nel Convegno di Ascoli Piceno del 1995 ( Atti di Ascoli ). Come nel caso di Centallo, le analisi antropologiche potranno forse contribuire alla denizione delle caratteristiche del campione umano rappresentato. 97 ANDENNA 1987. 98 PEJRANI BARICCO in corso di stampa. 99 Pu valere come esempio il lavoro svolto per la Lombardia: SANNAZARO 1990.

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Ritornando agli inizi dellevangelizzazione delle campagne, i dati archeologici sembrano confermare che in un primo tempo la costruzione degli edici di culto non fu promossa tanto dai vescovi, ancora impegnati nel consolidamento della loro sede cittadina, quanto dai grandi possidenti terrieri, ai quali fu delegato il compito di convertire i rustici alle loro dipendenze104. Accanto allazione missionaria spontanea di chierici e predicatori non inquadrati nelle gerarchie diocesane, che traspare nellepigrafia105 e dalla quale originano rari santuari, come quelli di Giulio e Giuliano sullIsola dOrta e a Gozzano, ben pi evidente risulta nella documentazione archeologica il precoce impegno dei possessores nel dotare di edici di culto le loro residenze rurali. Allesempio di Sizzano si pu aggiungere quello di Ticineto 106 dove alcuni ambienti di una villa furono trasformati in oratorio privato intorno al quale, pi tardi, si svilupp un cimitero attribuito al periodo compreso tra la ne del V e il VII secolo. La funzione funeraria pare esclusiva per ledicio, privo di resti di un eventuale altare o di fonte battesimale, mentre la vasta diffusione delle sepolture nellarea circostante pu riferirsi alla popolazione ancora insediata sulle terre della villa, dopo labbandono delle sue strutture residenziali, avvenuto tra V e VI secolo. Anche qui, come a Sizzano, la ristrutturazione territoriale seguita alla ne del sistema di gestione fondiaria incentrato sulle ville, non favor di certo la promozione a chiesa pubblica degli oratori privati comunque improbabile in quei secoli e n per determinarne il denitivo declino, quando il consolidarsi delle prerogative delle chiese battesimali imped loro di esercitare anche la funzione funeraria. Sempre alliniziativa privata di un latifondista pare da riferire la trasformazione in chiesa delle strutture tardo romane scoperte a Centallo, che si distingue per leccezionale presenza del battistero, probabilmente dovuta proprio allistituzione precoce di questa chiesa, entro la met del V secolo, prima che la difdenza dei vescovi e del papa nei confronti delle fondazioni private sfociasse, per queste, nella rigorosa interdizione di possedere il fonte battesimale, come emerge verso la met del VI secolo nei testi di papa Pelagio I107. Non a caso a Centallo la sequenza stratigraca colloca proprio nel VI secolo la soppressione del fonte. Ma a scongiurare un destino avverso a questa chiesa intervengono nuovi proprietari: una comunit abbastanza consistente che vi si stabilisce il proprio luogo di sepoltura e che poi investe le
104 Nellampia bibliograa sul ruolo dei possessores nella cri-

sue disponibilit economiche nella ricostruzione delledicio. difficile non leggere in questo intervento di mecenatismo una manifestazione del radicamento fondiario dellaristocrazia longobarda avvenuto nel VII secolo, in concomitanza con la sua conversione al cattolicesimo e con il processo di osmosi tra la popolazione romana e quella immigrata, avviatosi dopo le prime fasi di stanziamento separato dei conquistatori108. La chiesa di Mombello per ora lunica attestazione archeologica di un oratorio privato, a carattere funerario, costruito ex novo dai membri di una famiglia che il corredo darmi e la facolt di indossare vesti decorate di broccato doro permettono di identicare come appartenenti alla nobilt longobarda, forse investita di responsabilit amministrative nellambito della iudiciaria. Per una volta chiaro il rapporto tra la chiesa e il nucleo abitato di riferimento, in posizione assai ravvicinata, nonch il contrasto tra il rango elevato degli abitanti e la qualit molto semplicata del loro modo di abitare. La vicinanza tra capanne, oratorio e cimitero emerge anche dallindagine dei siti individuati presso Settime di Desana, appartenente a una fase insediativa un popi attardata nellVIII secolo, ma destinata comunque a mutare e scomparire nel corso del successivo. Lappropriazione a scopo funerario, da parte di un gruppo egemone, probabilmente longobardo, del San Lorenzo di Gozzano ripete per certi aspetti la situazione emersa a Centallo, ma qui la stretta correlazione con il San Giulio dOrta e la conseguente disponibilit di un maggior numero di fonti storiche, ci permette di seguire meglio in ligrana levoluzione dei due santuari tra et gota e longobarda in ambito s rurale, ma connotato dalla presenza senzaltro eccezionale del vescovo e del duca. In ogni caso lavvento dei Longobardi non risulta determinare discontinuit, almeno per lItalia nord occidentale, nellutilizzo degli edici di culto precedenti, semmai restaurati o ricostruiti con funzione funeraria. Segni di crisi ricorrono invece durante lVIII secolo con la sospensione, a volte brusca, delle sepolture nelle chiese non battesimali, anche quando gli edici perdurano no allet romanica e oltre. In alcuni casi la fine del cimitero sembra pesare in modo determinante tra le cause di abbandono degli oratori. Infatti, anche se soltanto con la legislazione carolingia lorganizzazione plebana riceve il suo assetto denitivo, non va dimenticato che il passo si compie dopo una lunga fase di
106 NEGRO PONZI MANCINI 1980b, NEGRO PONZI MANCINI 1982, NEGRO PONZI MANCINI 1983, Z ANDA 1996b. 107 VIOLANTE 1982, pp. 992-1000. 108 Per la situazione piemontese: MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997.

stianizzazione delle campagne si segnalano: L IZZI 1989 e S ANNAZARO 1990, per il riferimento alla documentazione storica e archeologica di aree limitrofe al Piemonte o che lo comprendono. 105 MENNELLA 1998.

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gestazione, che progressivamente conferisce alle chiese battesimali le funzioni sacramentali, la base economica derivata dalle decime e la giurisdizione su un preciso territorio, determinando la crisi delle chiese private. N questa tendenza fu bilanciata in modo apprezzabile nellItalia nordoccidentale dalla diffusione delle chiese nei centri curtensi dellVIII-IX secolo, data la struttura dispersa dei beni fondiari delle corti di questa

regione, e in generale dellItalia centro-settentrionale, che non consent lo sviluppo di funzioni parrocchiali per i dipendenti dellazienda agraria109. Tra gli altri, lesercizio del diritto di sepoltura, codicato nella prima met del IX secolo110, trova particolare riscontro nella documentazione archeologica proprio nella discontinuit delle sepolture presso le chiese non plebane per i secoli centrali del medioevo.

109 SETTIA 1991, in particolare pp. 9-10. Gli scavi condotti a

Frugarolo, nella cascina La Torre, dove si sarebbe localizzato il centro della curtis regia carolingia di Orba, coincidente con il castrum del X secolo, non modicano, per ora, il quadro tracciato. Lindividuazione di una chiesa nel castrum, identicabile con la chiesa plebana citata nel X secolo o, pi probabilmente, con la cappella di San Vigilio, nota alla ne del IX secolo in villa Urbe, lascia ancora aperti molti problemi interpretativi sul

ruolo delledicio religioso in rapporto al castrum e alla curtis: BOUGARD 1991. 110 V I O L A N T E 1982, pp. 11 3 9 - 1143. Il quadro pi sfumato e aperto alle eccezioni tracciato da Settia a proposito del diritto di sepoltura delle pievi risente delle conoscenze parziali raggiunte dalla ricerca archeologica agli inizi degli anni Ottanta, quando egli scrisse il suo articolo Pievi, cappelle e popolamento nellalto medioevo, riedito in SETTIA 1991, pp. 10-17.

Gabriella Pant, Luisella Pejrani Baricco

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Alberto Crosetto

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DECORAZIONI SCULTOREE DALLE CHIESE RURALI NEL PIEMONTE ALTOMEDIEVALE (VII - VIII SECOLO)
Alberto Crosetto

Un laterizio decorato altomedievale da Desana Tra i laterizi che riempivano una fossa di scarico, nellarea del cimitero scoperto nei pressi della cascina Settime di Desana (provincia di Vercelli), stato individuato un frammento di mattone decorato. Le condizioni della giacitura e le vicende della sua utilizzazione hanno sicuramente inciso sullo stato di conservazione1. Si riscontrano, infatti, numerose abrasioni superciali e sbrecciature; tutti i lati presentano ampie rotture e, in particolare, si deve lamentare la perdita totale di pi di met elemento. Limpasto (Munsell 2.5YR 4/8 red) abbastanza duro, a grana grossolana, presenta numerosi vacuoli e diffusi inclusi micrometrici quarzitici (bianchi), fitti anche in superficie. Del laterizio si possono riscontrare solo alcune dimensioni: completamente la larghezza (cm 19,5) e lo spessore (cm 5,5), mentre per la lunghezza abbiamo solo una misura di massima della parte conservata (cm 17,4). Osservando tuttavia landamento della decorazione e dando per scontate literazione del motivo e la presenza sullelemento di almeno una coppia di girali, come nel mattone di Bazzano (N EGRIOLI 1940, tav. XXII), si potuta ipotizzare una lunghezza complessiva in origine di almeno una quarantina di centimetri. Questa si pu dunque avvicinare alla dimensione tipica dei laterizi classici (cm 44), piuttosto che a quelle riscontrate su altri esempi di epoca altomedievale2. Tra i pochi di questi che si avvicinano allipotesi ricostruttiva del pezzo di Desana, si possono ricordare alcune cornici e una ghiera darco in cotto da Brescia (FIORILLA 1985-1986, n. 2.6 = cm 48 x 19,5 x 7; n. 2.15 = cm 51 x 16 x 5; n. 3.4 = cm 41 x 22 x 6,7)3. Le caratteristiche tecniche sembrano escludere una realizzazione in cassaforma o con una scalpellatura a cottura avvenuta; ben visibili sono infatti i segni degli interventi di manipolazione plastica e di lisciatura eseguite a crudo, in parte con una spatola. Nel complesso la superficie non
1 Per lo scavo si rimanda a PANT 2000. 2 F IORILLA 1985-1986; NOVARA 1994, p. 49

Fig. 1) Desana, frammento di laterizio decorato e ricostruzione graca (ril. S. Salines).

sembra particolarmente curata e sono evidenti diverse irregolarit disegnative, come le angolosit del prolo delle foglie. Il retro in parte accuratamente lisciato; questo si nota soprattutto verso il bordo esterno, forse perch destinato ad essere in vista. Nel restante spazio lasciato marcatamente grezzo, con alcune incisioni per renderlo pi adatto ad una posa in opera. Non si sono tuttavia riscontrate tracce di malta che possano con fermare un suo inglobamento nella muratura.
3 FIORILLA 1985-1986, p. 186, p. 192, pp. 202-203. Alcuni dei frammenti citati (n. 2.6 e 2.15) sono stati riediti (e rimisurati) in DE MARCHI 2000a, schede 493 e 398.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

La decorazione si sviluppa su una sola faccia del lato pi ampio e su uno dei lati brevi. La prima presenta un unico girale con tre coppie di foglie pendule, collegato con ogni probabilit ad un tralcio a cornucopia con andamento sinuoso. Negli spazi di risulta, nellangolo superiore e nel lato inferiore, sono presenti fogliette, la prima pi piccola e tozza, marcatamente lanceolata laltra, riempitivo duso in molti esempi analoghi. Il motivo doveva essere quindi iterato pi volte, con questo o altri riempitivi (girandole, elici, rosette, nastri viminei e perlati), no a completare la cornice. Sullaltro lato breve si trova invece un fregio pi semplice, che riprendeva, in modo molto stilizzato, il tema del nastro sinuoso con girali. La resa puramente disegnativa, realizzata a crudo con unincisione netta, ma poco profonda, effettuata per mezzo di una piccola spatola (il segno presenta una larghezza di cm 0,5), n risulta curata una particolare coerenza formale del fregio, costruito in realt da tratti separati tra loro. Questi elementi permettono di determinare che nel frammento conservato si deve riconoscere la parte terminale, assai probabilmente la testata sinistra, di una cornice orizzontale, forse destinata ad essere in parte inserita in muratura come fascia decorativa4 e non come architrave della recinzione presbiterale. I confronti per questo motivo vanno ricercati nellambito della stessa tipologia, variamente detta a foglie pendule o accartocciate, a vortici di foglie o altrimenti girandola a foglie oblunghe, diffusa tra i prodotti scultorei su pietra nel territorio piemontese. Girali a foglie pendule, in genere per costituiti da singoli elementi, si trovano nella fascia inferiore di un capitello (prima met VIII secolo), reimpiegato nella cripta di S. Anastasio ad Asti (G ABRIELLI 1977, p. 32), sulle due facce di un architrave di porta dal S. Ponzio di Monticello dAlba (prima met VIII secolo: C ROSETTO, 1999b, pp. 122-123), in un frammento di un elemento analogo da Borgo San Dalmazzo (prima met VIII secolo C R O S E T T O, 1999a, p. 133) e in alcune cornici da S. Massimo di Collegno (prima met / met VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 108-110, nn. 35-37). Non mancano confronti anche su un area pi ampia e con persistenze che si ritrovano, in forma pi schematica, anche nei secoli successivi 5. Il motivo viene usato prevalentemente come decorazione ad andamento verticale per pilastrini o colonnine, come a Gazzo Veronese (VIII secolo: LUSUARDI SIENA et al. 1989, p. 174) e al
4 La presenza di parti, lasciate grezze o meglio incise a solchi irregolari sul retro del pezzo, suggerisce questa interpretazione. Fasce decorative inserite nella muratura dellaltare o, pi probabilmente, delle pareti sono attestate a Rive dArcano (prima met VIII secolo): LUSARDI SIENA 1997, p. 162. 5 Un esempio particolarmente indicativo quello utilizzato in una lastra di Como (IX secolo): ZASTROW 1981, p. 35. 6 Brescia, Musei civici: cornici laterizie da S. Salvatore, VIII secolo (P ANAZZA, TAGLIAFERRI 1966, pp. 116-118, nn. 141-143;

museo di Brescia (IX secolo: PANAZZA, TAGLIAFERRI 1966, pp. 85-86, nn. 92-93); in pilastrini dalla chiesa di S. Maria a Colombaro di Franciacorta (BS) (VIII - IX secolo: PANAZZA, T AGLIAFERRI 1966, pp. 65-67, n. 86), dalla cattedrale di Luni (V ERZONE 1945, tav. XXXIX, n. 58); dalla chiesa lucchese di S. Micheletto e al Museo nazionale di Lucca (VIII - IX secolo: BELLI BARSALI 1959, p. 40, n. 36; pp. 65-67, n. 86); oppure, con andamento orizzontale, su cornici o architravi, tra le quali quella da S. Maria dAurona di Milano (met VIII secolo: R AVAGLIA 2000, scheda 272). Solo in qualche caso si ritrova utilizzato come bordura di plutei a Trento, frazione Doss (VIII secolo: D E MARCHI 2000b, scheda 387), a Rive dArcano (prima met VIII secolo: LUSUARDI SIENA 1997, p. 167) e al museo di La Spezia (seconda met VIII secolo: FRONDONI 1987, p. 52). Tra questi di particolare interesse risulta il pluteo spoletino da S. Gregorio Maggiore (datato allVIII secolo: S ERRA 1961, pp. 65-67, n. 86) nel quale compaiono, anche se inserite in forma pi ridondante e in un insieme decorativo di gran lunga pi complesso, le medesime foglie duplici che troviamo nel laterizio di Desana. Sono quindi da aggiungere, signicativi per la tipologia del materiale, altri confronti con la decorazione in cotto contemporanea, anche se in genere di resa qualitativamente superiore, come le gi citate cornici da Brescia 6, anche queste con una girandola a foglie profondamente incavate e una semplice treccia sul lato, o il mattone di Bazzano7. La diffusione di queste tipologie decorative sul cotto testimoniata da altre cornici da San Vittore di Ravenna, con ricche cornucopie perlate (seconda met VIII - IX secolo: NOVARA 1994, pp. 54-55), e da un esempio di nastro sinuoso da Pavia, simile al motivo del lato breve, anche se certo pi ricco e ottenuto con diverse modalit di fabbricazione (VIII secolo: L O M A R T I R E 2000, scheda 268). La serie dei confronti, la resa del modulo decorativo ed alcuni particolari, come le caratteristiche fogliette di riempitivo, inducono ad una datazione del pezzo di Desana entro la prima met dellVIII secolo. comunque necessario sottolineare che questo frammento assomma in s alcuni aspetti di singolare rilevanza nel quadro delle testimonianze note per il territorio piemontese. Oltre ad essere la prima attestazione di una presenza decorativa altomedievale in una zona, il basso vercellese, finora totalmente ignorata dalle segnalazioni FIORILLA 1985-1986, pp. 192-194). Tra queste in particolare la ghiera darco in cotto (VIII secolo), che presenta un motivo molto simile (DE MARCHI 2000a, scheda 498). 7 Tra i reperti segnalati al museo di Bazzano (NEGRIOLI 1940) di sicuro interesse il gi citato mattone con semplice cornice laterale e motivo pi articolato sulla faccia principale. In esso si possono notare simili caratteristiche del modulo decorativo (il girale a foglie pendule, singole in questo caso) e analogie tecniche, come il doppio girale sulla faccia maggiore.

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una delle prime per la stessa diocesi8 - linteresse risiede anche nella stessa tipologia del materiale, essendo lunico elemento in cotto finora noto per questo periodo in area piemontese9. Risulta palese che tale ritrovamento, oltre a costituire unulteriore prova delluso decorativo di questa tipologia di materiali e della sua diffusione generalizzata, suggerisce una maggior cautela nellinterpretazione delle attestazioni nora registrate. La conferma di un utilizzo di apparati decorativi in cotto, decisamente soggetti a dispersioni maggiori, da considerare accanto alla possibile presenza di altri elementi, realizzati con materiali di maggiore deperibilit10 oppure non decorati11, pu infatti far ipotizzare una diffusione assai pi vasta di queste testimonianze, e quindi degli edifici di culto sul territorio rurale del Piemonte altomedievale, rispetto alle percentuali nora stimate. Chiese rurali e scultura altomedievale in Pie monte Il panorama piemontese, osservato nella sua globalit, permette di riscontrare una diffusa presenza di elementi di arredo scultoreo altomedievale, distribuiti per in modo disomogeneo: numericamente rilevanti, in genere, nelle citt che in quel momento erano sedi episcopali (Torino, A l b a , Acqui, Tortona, Asti, Ivrea, Vercelli, Novara) o in grandi centri religiosi; presenti e diffusi nel territorio del Piemonte meridionale; quasi assenti nellarea delle diocesi settentrionali12, dove, viceversa, non sono rare le attestazioni archeologiche di edici di culto paleocristiani e altomedievali13. I reperti, in genere, provengono da chiese di particolare rilevanza o da pievi, segnalate come tali dalla documentazione di X XI secolo, ma spesso legate alla riorganizzazione di epoca carolingia. ben vero che talvolta si ha il sospetto, che si possa trattare in realt di elementi decorativi
8 Scarsissima la segnalazione di elementi di scultura altomedievale dal territorio dellantica diocesi di Vercelli, se non per quanto attiene a Vercelli citt (area di S. Eusebio, ex inf. Gabriella Pant e un frammento, forse proveniente dal S. Salvatore, inglobato nel campanile di S. Francesco: PANT 1986, p. 125) e alle zone meridionali, di inuenza astigiana (Villadeati: SILICANI 1996, p. 134) 9 Non stata nora studiata e schedata la produzione delle ofcine laterizie in Piemonte nel periodo VI VIII secolo, che, da alcuni segnali, dobbiamo pensare esistente con modalit operative non dissimili dalla vicina area lombarda (FIORILLA 1986). Alcuni elementi come il bollo ancora inedito di Ursicinus, vescovo di Torino nella seconda met del VI (ex inf. Luisella Pejrani), quello del vescovo Benenates, vescovo di Asti nel VII secolo (MAGGIORA VERGANO 1875, pp. 224-225) e il problematico caso della tegola altomedievale tortonese (X secolo?: ANTICO G ALLINA 1985, pp. 410-412) lasciano ipotizzare la presenza di officine produttive di propriet vescovile e verosimilmente destinate ai grandi cantieri urbani. 10 Sono emblematiche le transenne in stucco, anche se pi tarde (IX - X secolo), di S. Fruttuoso a Camogli: FRONDONI 1998, pp. 23-24.

Fig. 2) Carta dei confini diocesani e ubicazione dei reperti: 1 Novalesa; 2 Germagnano; 3 Belmonte; 4 San Ponso; 5 Bollengo; 6 Orta San Giulio; 7 Pianezza; 8 Collegno; 9 San Vito di Torino;10 Moriondo; 11 Sangano; 12 Macello; 13 Pagno; 14 Cavallermaggiore; 15 Savigliano; 16 Pollenzo; 17 Santa Vittoria dAlba; 18 Monticello dAlba; 19 Villar San Costanzo; 20 Centallo; 21 Caraglio; 22 Borgo San Dalmazzo; 23 Mombasiglio; 24 Gavi; 25 Libarna; 26 Viguzzolo.; 27 Desana.

dislocati, riutilizzati con valenze particolari. Bench spesso rimanga ignota loriginaria destinazione dei reperti scultorei, nondimeno in molti casi tale presenza costituisce un rilevante segnale di continuit. Nel quadro tracciato emerge limponenza,
11 Si possono citare ad esempio alcuni elementi non decorati da S. Massimo di Collegno, in particolare pilastrini provvisti di scanalature provenienti da una recinzione (Torino, Museo di Antichit). Una reale panoramica di questa classe di reperti difcile sia perch completamente trascurata nelle schedature locali e, ovviamente, nel Corpus della scultura, sia per una maggiore difcolt di riconoscimento tra il materiale disperso o reimpiegato. Nondimeno la presenza di recinzioni assai articolate a fronte dei pochi reperti noti suggerisce che lutilizzo di lastre e altri elementi aniconici fosse maggiore di quanto si immagini. 12 La diocesi di Torino lunica che abbia avuto una prima completa schedatura: CASARTELLI NOVELLI 1974. Dopo ledizione del Corpus sono venuti alla luce altri complessi (in particolare Novalesa e Borgo San Dalmazzo) nellambito della stessa diocesi. Per Asti, Acqui, Tortona, Ivrea, Novara (questultima gi illustrata in CAPRA 1966) stato effettuato un primo panorama sommario in C ROSETTO 1998. Una nuova revisione dei reperti scultorei di Alba e territorio in CROSETTO 1999b. 13 SANNAZARO 1990; PANT 1990-1991; CANTINO WATAGHIN 1997; PEJRANI BARICCO 1999; PEJRANI BARICCO in corso di stampa.

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Fig. 3) Borgo San Dalmazzo, chiesa di S. Dalmazzo: architrave (prima met VIII secolo).

Fig. 4) Cavallermaggiore, chiesa di S. Pietro: cornice (prima met VIII secolo).

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numerica e qualitativa, di alcuni complessi da attribuire a particolari fondazioni religiose altomedievali, come santuari e monasteri. Tra questi si possono ricordare ledificio dedicato al santo Dalmazzo a Borgo San Dalmazzo (lastra decorata con croce della ne del VI - inizio VII secolo; elementi di una completa recinzione presbiterale con plutei, cornici, archivolti e capitelli della prima met VIII secolo)14; la pieve di S. Massimo a Collegno, ritenuta gi da tradizione antica sede della sepoltura del primo vescovo torinese (transenna di finestra, lastre, cornici, architravi, archivolti e pilastrini collocabili tra la met e la seconda met VIII secolo)15; labbazia merovingia dei SS. Pietro e Andrea di Novalesa (lastre, capitelli e cornici genericamente attribuiti allVIII secolo) 16; il santuario di S. Costanzo al Monte e labbazia di S. Costanzo del Villare a Villar San Costanzo (cornice e pilastrini dellinizio dellVIII secolo)17. Le altre testimonianze minori punteggiano il territorio, seguendo in particolare noti percorsi stradali e le preesistenze abitative di et romana. Non sono mancate talvolta veriche di una precisa attestazione, con il ritrovamento di antiche fasi costruttive dello stesso edicio di culto o di tracce insediative. I resti scultorei altomedievali costituiscono pertanto un utile elemento di riferimento nellanalisi di un quadro pi vasto. Nellarco alpino, i materiali scultorei segnalano alcuni insediamenti religiosi nei punti cruciali delle valli, soprattutto in quelle di valico, come, in Valle di Susa, la gi citata abbazia di Novalesa e anche, in bassa valle, S. Pietro di Pianezza (lastra con lagnello crucigero di ascendenze chiaramente bizantine, ne VI - prima met VII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 146-150) 18; nelle Valli di Lanzo, S. Stefano di Germagnano (pilastrino del VII - VIII secolo)19; in Val Varaita, labbazia dei SS. Pietro e Colombano di Pagno (pluteo della met VIII secolo: C ASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 145146); in Val Sangone, la pieve di S. Maria a Sangano (cornici e una lastra di VIII secolo: B R AY D A 1964, g. 10; CROSETTO 1998, p. 315). Ancora, nel
14 Ai 13 reperti schedati nel Corpus (CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 61-78) si sono aggiunti altri 22 frammenti, editi complessivamente in CROSETTO 1999a. Non tuttavia improbabile che le indagini ed i restauri in corso portino a nuove acquisizioni. 15 Il complesso dei marmi di S. Massimo venne purtroppo alla luce durante i restauri degli anni Cinquanta, nel corso dei quali subirono dispersioni incontrollate. I 36 frammenti conservati, in parte inglobati nelle murature della chiesa e in parte al Museo di Antichit di Torino, furono schedati in CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 89-130. Si deve per ricordare che tra il materiale in deposito esistono ancora alcuni frammenti inediti di pilastrini. 16 Il complesso stato oggetto di studi parziali (C ASARTELLI NOVELLI 1979; C ASARTELLI N OVELLI 1988; C ANTINO WATAGHIN 1996 e una schedatura su modelli ministeriali RA da parte di Paola Dianzani),ma ancora privo di unanalisi sistematica. da notare che il quasi trentennale cantiere di restauro ancora in corso e i ritrovamenti di resti scultorei proseguono. 17 Schede in CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 130-145 e COCCOLUTO 1992.

territorio a nord di Torino troviamo testimonianze scultoree a San Ponso (colonnine e base daltare di tardo VII secolo: C ASARTELLI N OVELLI 1974, pp. 156-158; CROSETTO 1998, p. 313), non lontano dal castrum di Belmonte; a Belmonte stesso (capitello, met / seconda met VIII secolo: C A S A R T E L L I NOVELLI 1974, pp. 57-61); a Bollengo (pilastrino, VIII secolo: COSTA 1960-61), sulle propaggini della Serra dIvrea. Se per questultimo sito non abbiamo altre notizie20, ben attestati sono gli insediamenti altomedievali di Belmonte, sede di un castrum, e la pieve di San Ponso, dove sono noti i resti di un battistero (V - VI secolo)21. Sui percorsi stradali di collegamento tra Torino, Cavour e Pedona (Borgo San Dalmazzo) troviamo elementi scultorei a Macello (lastra decorata, inizio VII secolo: C ASARTELLI N OVELLI 1974, pp. 150-151), alla pieve di S. Lorenzo di Caraglio (pluteo e cornice della prima met VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 78-79). Sulla strada tra Pedona, Pollentia (Pollenzo - Bra) e Alba abbiamo invece segnalazioni di arredi altomedievali alla chiesa battesimale di S. Gervasio a Centallo (cornice ad intreccio della prima met VIII secolo: C ROSETTO 1998, p. 315), a S. Croce e a S. Pietro di Savigliano (lastre della seconda met VII secolo, inizio VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 158-165), a Pollenzo (prima met VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 152-155, pp. 167-170), alla pieve di S. Ponzio a Monticello dAlba (resti della recinzione presbiterale e architrave della prima met VIII secolo: C ROSETTO 1999b, pp. 173-175), alla localit Turriglio di Santa Vittoria dAlba (lastra, decorata a cerchi intrecciati della fine VIII secolo: C ROSETTO 1999b, pp. 183184, che reimpiega una precedente epigrafe altomedievale). La presenza di insediamenti sulle propaggini collinari parimenti confermato dalla presenza, nelle vicinanze di Torino, di due lastre dal S. Salvatore di Moriondo (seconda met VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 175-177) e unaltra, unitamente ad una cornice, dalla chiesa di S. Vito
18 Sulla presenza insediativa a Pianezza, non ancora testimo-

niata relativamente alle fasi altomedievali: CROSETTO, DONZELLI , WATAGHIN CANTINO 1981, pp. 385-386; C ANTINO WATAGHIN 1998, pp. 45-46. 19 Tra i frammenti epigrafici di epoca romana, casualmente ritrovati a Germagnano (BAROCELLI 1933; BAROCELLI 1968, pp. 97-108), presente un pilastrino, attualmente conservato presso il Museo di Antichit di Torino, con croce patente incisa sulla faccia principale. La presenza di scanalature laterali conferma la sua appartenenza alla recinzione presbiterale di una scomparsa chiesa, che sembra dedicata a S. Stefano. 20 Il pilastrino si trova reimpiegato nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Bollengo in diocesi di Ivrea. Non sono note, allo stato attuale delle ricerche, segnalazioni di attestazioni archeologiche altomedievali nellarea. 21 Sullinsediamento fortificato (V - VII secolo) di Belmonte: MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 318-325. Sul battistero di San Ponso: PEJRANI BARICCO in stampa.

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di Torino (met VIII secolo: C ASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 228-229)22. Isolato e poco conosciuto in quanto a dinamiche territoriali il caso di Mombasiglio, nella diocesi albese, da cui proviene un isolato pilastrino, ritrovato in localit S. Andrea (VIII secolo: C ROSETTO 1999b, pp. 175-176)23, mentre altre testimonianze sono attestate nei pressi di Tortona, lungo il tracciato della via Postumia, alle antiche pievi di S. Maria di Lemure (Gavi) (lastre e cornici di VIII secolo: MONACO 1936, coll. 56-57 e CESCHI, OSSIAN DE NEGRI, GABRIELLI 1959, p. 216), di S. Stefano a Libarna (poi Serravalle Scrivia) (cornice e archivolto di pergula, VIII secolo: D I S A N Q U I N T I N O 1825) e di S. Maria a Viguzzolo (lastre e pilastrini, VIII secolo: FUMAGALLI 1978, p. 55; SEGAGNI MALACART 1987, p. 388) 24.

Fig. 5) Mombasiglio: pilastrino (VIII secolo).

22 da ricordare la presenza di probabili tombe altomedievali dalla localit S. Vito di Torino: BAROCELLI 1917, p. 74. 23 Non vi sono altri dati su questa chiesa. Si pu notare che la localit di S. Andrea segnalata come sede delledicio di culto, ora scomparso, in relazione allinsediamento originario dellabitato, confinante ancora oggi con terreni dal significativo nome di Braia (Braida) e Castl (Castellazzo) (Atlante 1993, pp. 86-87)

24 Dalla localit cascina Valegge, a circa un chilometro dalla pieve di Gavi, proviene unepigrafe paleocristiana datata al 458 recentemente riedita: MENNELLA 1997-1998. Il ritrovamento di una punta di lancia data una sepoltura, ritrovata nel concentrico di Serravalle Scrivia, a pochi chilometri da Libarna, alla ne VI prima met VII secolo: GUASCO 1952, p. 223. AViguzzolo sono segnalati vari ritrovamenti di epoca genericamente medievale, ancora da vericare compiutamente.

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P. Marina De Marchi

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EDIFICI DI CULTO E TERRITORIO NEI SECOLI VII E VIII: CANTON TICINO, AREA ABDUANA, BRIANZA E COMASCO. NOTE PER UNINDAGINE
Paola Marina De Marchi

1. Introduzione Il territorio interessato a questa prima parziale indagine corrisponde ad unarea che, in Lombardia, si distingue in et tardoantica ed altomedievale - con discontinuit e mutamenti nel primo periodo della dominazione longobarda - per omogeneit culturale e di vicende storiche, sintetizzabili nellimportanza strategica e nellapertura ai transiti, in una forte e radicata tradizione cristiana1 e culturale autoctona. Le fonti archeologiche disponibili relativamente agli edici di culto e agli insediamenti presentano ancora carattere di discontinuit, nel caso degli insediamenti sono del tutto carenti. Le informazioni in nostro possesso risalgono spesso a scavi casuali datati ai primi anni del secolo, a realt individuate e non ancora scavate, o a notazioni riportate dagli storici e non affiancate da ricerche sul campo 2 . I dati pi aggiornati e sistematizzati riguardano in partico1 Sono numerose le epigracristiane datate dal V al VI secolo, conservate soprattutto in chiese della Brianza, del Lecchese e del Comasco (S.Vittore a Galliano, S.Stefano a Garlate, S.Stefano a Lecco, SS.Sisinnio e Agata a Ossuccio, S.Giovanni e S. Eufemia allIsola Comacina, S.Vincenzo e S.Stefano di Lenno, S.Maria al Tiglio e S.Vincenzo a Gravedona, S.Vittore a Laino dIntelvi). E sono solo gli esempi pi importanti anche per la concentrazione e distribuzione in particolari aree cfr. MONNERET DE VILLARD 1912, pp. 5-75; REALI 1995, pp. 145-153. Come in Brianza, anche in Canton Ticino la cristianizzazione sembra manifestarsi precocemente (IV-V secolo), nel V secolo si erigono i primi edici di culto, pi che edicole funerarie, mausolei, oratori, centri a cura danime) che si impiantano su ville romane e aree cimiteriali tardoantiche (secoli IV-V, S.Vittore e S.Stefano di Muralto, Riva S.Vitale, e altre, vedi oltre); un notevole numero di dediche santoriali ricorda santi di tradizione paleocristiana (S.Vittore, SS.Nazaro e Celso, S.Abbondio, ad esempio). In questa particolare regione ci che pi colpisce non tanto la massima concentrazione di edici di culto nel Sottoceneri e in area Bellinzona, ma linerpicarsi nelle valli no ad Airolo (SS.Nazario e Celso, mausoleo nel V-VI secolo, poi oratorio con sepoltura privilegiata), presso il passo S.Gottardo, che evidentemente era gi frequentato allora, a Dongio (VI secolo, S.Pietro) nellalta Val di Blenio, con un mausoleo familiare /oratorio, a Gudo (S.Lorenzo, edicola funeraria nel VI, poi edicio con sepoltura privilegiata nel VI-VII) lungo la strada che da Domodossola conduce a Camedo. Ad Airolo la chiesa di SS.Nazaro e Celso (datata al V-VI secolo) inglobava nel muro

lare il Canton Ticino, dove si operato sul territorio seguendo una metodica quasi capillare3, anche se dettata da emergenza, i territori del bacino dellAdda oggetto di una ricerca territoriale quasi a tappeto, ancora da completare, soprattutto relativamente alle forticazioni tardoantiche e altomedievali e agli edici di culto spesso a queste correlati4, le rive occidentali del lago di Como e parte del suo entroterra, coinvolgendo le sponde del lago di Lugano5 segnate da ricerche limitate a singoli siti. Queste ricerche, mirate alla conoscenza di un microterritorio preso a modello di indagine, hanno dato risultati sufcienti per avere punti di riferimento per future indagini. Sfuggono ancora le relazioni tra edici di culto e abitati, anche perch difcile ricostruire il quadro di un insediamento sparso e mobile, per la conoscenza del quale mancano ricerche interdisciplinari e indagini sistematiche condotte con metodologie avanzate. Anche se il lo conduttore senza dubbio la rete viaria, che
meridionale una sepoltura contenente 5 individui ed una bula di III-IV secolo (cfr. vicino sepolcreto di Madrano), sotto il pavimento si trovarono nascosti una punta di cristallo e pietre cubiche di pirite, materiali molto commerciati dalla popolazione di valle, deposti a scopo votivo in una visione pagana del culto. Il S.Lorenzo di Gudo (VI secolo), nelledificio di II fase (VI-VII secolo), consiste in una cappella quadrangolare contenente un sarcofago in muratura intonacata, dove accanto al capo dello scheletro era deposta una siliqua di Teodorico (491-522), cfr. FOLETTI 1997, pp. 113-179. In DONATI 1999 la raccolta degli articoli relativi ai ritrovamenti avvenuti no al 1993. 2 La selezione operata nella scelta degli edici basata sulla completezza dei dati raccolti durante lo scavo archeologico e, in assenza di scavi, sulle informazioni offerte dalle fonti bibliograche con dati particolarmente signicativi (presenza di epigrafi, sepolture con corredo, ecc.). Occorre dire che i dati di scavo raccolti in area lombarda sono spesso disomogenei, a confronto dei metodi seguiti in Canton Ticino, dove le informazioni sembrano essere state raccolte in base ad una scheda preordinata unitaria, si veda DONATI 1980, ad agevolare le ricerche successive. 3 DONATI 1999; FOLETTI 1997. 4 GELICHI, BROGIOLO 1996; BROGIOLO 1997, pp. 67-88. 5 NOBILE DE AGOSTINI 1995-97, pp. 134-135; 1996, pp. 32-33; 1998, pp. 8-11, 2000, pp. 13-26; CAPORUSSO 1995-97, pp. 230-231, CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, pp. 243-250; 1996, pp. 239-278.

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Tav. I) carta di distribuzione degli edici di culto 1- Airolo: SS. Nazaro e Celso 2- Quinto - Deggio: S. Martino 3- Dongio: S. Pietro 4- Gorduno: S. Carpoforo 5- Arbedo: S. Paolo 6- Gudo: S. Lorenzo 7- Muralto: S. Vittore e S. Stefano 8- Bironico 9- Mezzovico: S. Abondio 10- Sonvico: S. Martino 11- Gravesano: S. Pietro 12- Vezia: S. Martino 13- Bioggio: S. Ilario 14- Melide: SS. Quirico e Giuditta 15- Riva S. Vitale 16- Besazio: S. Antonino 17- Mendrisio: S. Martino 18- Castel S. Pietro: Chiesa Rossa 19- Morbio Inferiore: S. Giorgio 20- Morbio Superiore: S. Martino 21- Sagno: S. Martino 22- Stabio: S. Abondio 23- Stabio: SS. Pietro e Paolo 24- Sumirago- S. Maria 25- Castelseprio: S. Giovanni 26- Lurago Marinone: S. Giorgio 27- Galliano: S. Vittore

28- Erba: S. Maurizio 29- Albese con Cassano: S. Cassano 30- Como: SS. Cosma e Damiano 31- Campione dItalia: S. Pietro 32- Lanzo dIntelvi: SS. Nazaro e Celso 33- Laino Intelvi: S. Vittore 34- Ossuccio: SS. Sisinnio e Agata 35- Isola Comacina: S. Giovanni e S. Eufemia 36- Lenno: S. Vincenzo e S. Stefano 37- Gravedona: S. Maria del Tiglio e S. Stefano 38- Samolaco: S. Fedelino 39- Piona: S. Eufemia 40- Lecco: S. Stefano 41- Lecco: S. Martino in Agra 42- Garlate: S. Stefano 43- Garbagnate Monastero: SS. Nazaro e Celso 44- Bulciago: S. Stefano 45- Monte Brianza: S. Vittore Castello 46- Olgiate Molgora: S. Stefano in Beolco 47- Brivio: S. Giovanni Battista 48- Carvico: S. Tom 49- Terno dIsola: S. Vittore 50- Madonna della Rocchetta 51- Trezzo dAdda: S. Martino 52- Fara Gera dAdda: S. Alessandro 53: Incino: S. Eufemia e S. Giovanni

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nellarea considerata da Sud a Nord quasi disegnata (Tav. 1, dati parziali 6) dalla distribuzione degli edici di culto. Il tracciato segue lAdda e lo afanca, raggiunge Lecco, si distribuisce tra Lecco e Como, secondo un andamento diagonale che tende a Nord, addensandosi nellalta Brianza, sale successivamente verso il lago di Lugano e le sue sponde. In Canton Ticino gli edici di culto da Bellinzona percorrono poi le valli per i valichi, nel comasco le rive del lago, raggiungendo Chiavenna. I punti di massimo addensamento si hanno a cavallo tra Brianza e area Lecchese, lungo lAdda, tra lago di Lugano e di Como, nel Mendrisiotto: sono i territori dove il popolamento era gi tto in et romana. Nella maggior parte dei casi risulta difcile sapere se e quali luoghi di culto a noi noti si trovassero vicino o presso centri abitati preesistenti o di nuova fondazione (vici), al loro interno, al centro di una corte presso le case signorili, o in posizione isolata, ma centrale rispetto al territorio, in modo da potere essere raggiunti da una popolazione rurale che viveva in villaggi sparsi o distribuita nei terreni ( loci, fundi, capanne, case massariciae), dove lavorava la terra. Nel caso, ad esempio, dei SS.Cosma e Damiano di Como, esterna alla cinta muraria e posta presso la strada che percorrendo la sponda occidentale del lago porta a Chiavenna, si pu parlare di chiesa suburbana, con funzione cimiteriale (una tomba, scavata nello spazio interno, conteneva un corredo composto da un vasetto in ceramica longobarda e da un coltellino in ferro7), di dubbia interpretazione circa il ruolo pubblico o privato che svolse. Di certo fu un edicio religioso di passo.
6 Vedi n. 2. 7 CALC 1993, pp. 99-100, tra il materiale recuperato vi sono

Il periodo considerato non permette di inserire gli edifici nelle circoscrizioni diocesane 8 (Milano, Como), ancora in buona parte sconosciute territorialmente, e di coglierne appieno la relazione con lorganizzazione rurale del cristianesimo. Per il VII secolo non si hanno notizie di pievi, molti edici di culto rurali hanno origini in et paleocristiana, si sviluppano nel VII secolo, poi in epoca imprecisata assumono il ruolo pievano. I dati attualmente emergenti indicano quali sono gli elementi cardine per la comprensione di funzioni e gerarchie: a) le strade, la maggior parte degli edici di culto registrati, infatti si posiziona lungo percorsi viari9, in punti di passo, anche in dipendenza con abitati individuabili dalle fonti scritte, spesso in collegamento con le aree di approvvigionamento di materie prime (valli alpine)10; b) la stretta relazione tra chiese (cappelle, oratori, edicole, mausolei, ecc.) e castelli 11, un intreccio che a sua volta rimanda alla facilit di accesso ai luoghi e ai percorsi viari relativi e - non secondario e conseguente -al processo di cristianizzazione che coinvolse questo territorio n dal IV/V secolo, con punta massima nel V secolo e nel VI per larea Lariana, con lappoggio della classe dirigente locale che intratteneva rapporti con le citt12. Un rapporto citt/campagna che in realt esistette anche nellVIII secolo, come attestano i documenti di archivio, in molti casi in probabile continuit con il secolo precedente; c) lalta percentuale di sepolture interne ad edici di culto (oratori, cappelle), particolarmente significativa quando si tratti di tombe in posizione privilegiata (aree absidali, navata, ricavate nei muri perimetrali) e provviste
percorso a Taverne Torricella un ponte conduceva a Lugano e, seguendo altra via, alla Val Capriasca, a Sonvico, alla Valsolda. Altrettanto importanti erano le strade che da Como e da Castelseprio, portavano a Riva S.Vitale e al lago di Lugano, di qui via terra o via acqua a Campione, o attraverso la valle di Muggio e la Val di Mara in Val dIntelvi e al lago di Como, si vedano in merito TOZZI 1995, pp. 11-55; BONORAMAZZOLI 1994, pp. 177-184; DONATI 1978, pp.161-171; FOLETTI 1997. 10 Dalle valli alpine provenivano le materie prime estratte nelle miniere e nelle cave, verso le zone di pianura (marmo, pietra, pietra ollare, quarzo, metalli, si pensi indicativamente alle localit di Musso, Piona, Chiavenna, Valsassina, Airolo, Val di Maggia), per cui vedasi, ad esempio, DE MICHELE, ZELIOLI e TAGLIABUE 1995, pp. 342-346, 347-359, 2000 anni di pietra ollare 1982. Lestrazione di metalli in valle spiega la buona attestazione di sepolture con strumenti da fabbro nelle necropoli romane della zona, NOBILE DE AGOSTINI 1994, pp. 212-244. 11 La relazione tra oratori, mausolei e castelli spesso evidente, cos S.Stefano di Garlate con il centro forticato di Monte Barro, BROGIOLO 1995-1997, pp. 236-238. In punti strategici sono ad esempio: loratorio con sepoltura privilegiata del Motto di Dongio (VI secolo), situato allincontro del fiume Brenno, lungo la strada per il Lucomagno, il S.Martino di Morbio Superiore (VI-VII secolo), inizialmente una torre, che controllava il passaggio tra la Val di Muggio e la Val dIntelvi, S.Martino di Sagno (VII-VIII secolo) posta in unarea militare collegata allIsola Comacina (dalla Val Muggio si dominavano i versanti della Val dIntelvi), FOLETTI 1997, cit. 12 SANNAZARO 1990 e 1992.

due epigrafunerarie inedite. 8 Sul tema si vedano VIOLANTE 1982, pp. 963-1155; CASTAGNETTI 1982; SETTIA 1991. Sintesi per la Lombardia, con menzione degli autori ecclesiastici di riferimento, SANNAZARO 1992, pp. 61-71. 9 Il rapporto delle strade di tradizione romana con gli edici di culto molto stretto, nonostante il degrado, lapprestamento di varianti parziali e ladeguamento della rete viaria con percorsi che conducessero ai nuovi fulcri insediativi (xenodochi, luoghi di culto, monasteri), CANTINO WATAGHIN 1998, pp. 623-629. Ai grandi collegamenti erano destinate la pedemontana Aquileia/Como/lago Maggiore/Milano (che passa per Garlate/chiesa di S.Stefano e ai piedi del Monte Barro, S.Eufemia e S.Giovanni di Incino), la Milano/Como (S.Vincenzo in Galliano, S.Maurizio di Erba), la via che corre sulla sponda occidentale del lago di Como e il lago medesimo (dallarea esterna alle mura di Como, con la chiesa dei SS.Cosma e Damiano, a Ossuccio, allIsola Comacina, a Lenno, a Gravedona, a Sorico, a Samo Laco, a Chiavenna). La Milano/Monza/Lecco, raccordata alla Bergamo/Como, che supera il Brembo ad Olginate e segue il percorso Pontida, Caprino, bergamasco, Cisano, Olginate, Garlate, Sala, Cisano, Incino, Como. Il tratto Brivio, Olginate, Garlate, Galbiate corre sulla pedemontana e sui rami secondari attivi sia in et tardoantica che nellaltomedioevo. I collegamenti territoriali sono garantiti da percorsi minori e di valle, ad esempio le strade che da Castelseprio per la Valganna portavano a Ponte Tresa e di qui al Monte Ceneri e a Bellinzona, su questo

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di un corredo funerario 13 non limitato a complementi di abbigliamento, ma caratterizzato da armi, dagli accessori relativi e da altri manufatti di pregio dambito culturale longobardo, indice di defunti di rango alto e distinto da un elevato potere economico. Le sepolture in luogo di culto indicano la possibilit di scelta delle modalit del funerale e rispondono alle esigenze di autorappresentazione di unaristocrazia, talvolta di altissimo rango, come ricorda lepigrafe di Aldo e Grauso, cittadini bresciani, personalit di corte menzionate da Paolo Diacono che ne narra le vicende14, epigrafe murata nella chiesa dei SS.Pietro e Andrea a Beolco presso Olgiate Molgora e datata alla ne del VII secolo15. Avremmo gi, in tal caso, alcuni indizi per cogliere le gerarchie e il signicato di molti oratori senza conoscerne il tempo di sviluppo (da cappella e oratorio a pieve), legato a variabili non misurabili se non con unattenta analisi dellevoluzione della storia di un territorio, considerato nel suo insieme, ed espressione nella maggior parte dei casi di una volont devozionale privata, connessa a fondatori appartenenti alle classi alte o medio alte della popolazione, funzionari regi, nobili, uomini liberi. Mentre soprattutto per i secoli VII e VIII abbondano le notizie circa la fondazione di chiese da parte dei sovrani longobardi, che funzionarono come modello da imitare per le classi dirigenti. Solo in area comasca le basiliche di S.Eufemia a Piona (a. 616, et sepolturas ibi ordinavit) e lomonima dellIsola Comacina, quasi contemporanea, furono volu13 In Canton Ticino su 17 localit di ritrovamento un terzo circa

te dal Vescovo di Como per esaudire i bisogni religiosi delle popolazioni 16. Mentre sembra ancora difcile comprendere il rapporto tra lo spazio del vivere e quello della morte per le classi meno abbienti che abitavano in fondi agricoli, non aggregati in villaggi e lontani dai centri abitati maggiori. Linterrogativo che ci si pone ruota attorno alla conoscenza delle dinamiche sottese alla formazione di fulcri demici ai quali la popolazione faceva capo e, ancora, a quale organizzazione, o a quali regole spontanee di aggregazione obbediva la rete degli abitati sicuramente gerarchizzata in villaggi o ville, castelli, dove si svolgevano le attivit produttive, di mercato e di distribuzione dei prodotti, la difesa e il culto, oppure se, come attestato nelle citt, i ceti meno abbienti (si pensi allinsediamento det longobarda, datato al VI/VII secolo, emerso nellarea del monastero di fondazione desideriana di Brescia S.Giulia 17) venissero sepolti, secondo necessit e risparmio, nei poderi presso casa o negli stessi spazi tra le case, a partire dal VII secolo negli oratori pubblici con cura danime e funzione cimiteriale (ad esempio, S.Maurizio ad Erba, Tav. II 18, S.Stefano e S.Vittore a Muralto, S.Vittore a Terno dIsola, SS.Pietro e Paolo a Stabio, Tav. III, S.Tom a Carvico19, S.Eufemia a Incino). Tutto ci andrebbe messo in relazione con le giurisdizioni amministrative territoriali, le prime note dalle fonti scritte dellVIII secolo (giudicaria di Sirmione e del Seprio20, le restanti da documenti successivi e soltanto intuite21), e le modalit di gestione e di contova, Brescello, nel 602 circa) in un territorio ancora fortemente romanizzato, DE MARCHI 1999, pp. 215-243. In Canton Ticino i due fattori geomorfologico e di scarsa penetrazione allinterno del territorio (valli) da parte longobarda molto evidente, tombe con armi e necropoli longobarde o longobarde/ autoctone si arrestano, salvo sporadiche eccezioni di cui occorre valutare meglio il signicato anche in base al tipo di corredo meno caratterizzante, poco oltre la piana di Bellinzona allinoltrarsi nelle valli, laddove si stringono a ridosso del ume Tici no, del quale sono note le piene e le divagazioni del corso, tra le due riviere montagnose solcate da vallecole. In queste zone, caratterizzate da insediamenti medievali e resti di aree forticate poste a mezza costa, si pu immaginare un popolamento rado in piccoli nuclei, adattato ad uneconomia di sussistenza (ume, legno, pascolo) e di intermediazione nel trasferimento delle materie prime e dei prodotti alpini a valle. 14 Hist. Lang., V, 36-38. 15 DOZIO 1858, pp. 81-82; SANNAZARO 1994, pp. 284- 318, gg. 194-195. 16 SETTIA1991, p. 11, n. 26. 17 BROGIOLO 1992, pp. 179-210. 18 CAPORUSSO 1995-1997, pp. 232-233. 1 9 Nelledificio in muratura, che venne a sostituire quello ligneo, successivo al VII secolo, vennero scavate sei tombe nella navata e cinque nel nartece, in nuda terra e con delimitazione in pietra, prive di corredo, sei erano di adulto e tre di bambino. Lomogeneit delle strutture funerarie e i dati stratigraci suggeriscono che lutilizzo cimiteriale risponde ad un periodo circoscritto, BROGIOLO 1989a, pp. 155-170. 20 DE MARCHI 2000, pp. 405-441; BROGIOLO 1989, pp. 13-48. 2 1 BOGNETTI 1966, pp. 249-252; SANNAZARO 1994; DE MARCHI 1995, pp. 35-85.

riguarda sepolture con corredo in luoghi di culto o in stretta relazione con essi (S.Antonino di Besazio, S.Pietro e Paolo di Stabio, la chiesa battesimale di Riva San Vitale, S.Carpoforo a Gorduno, S.Paolo ad Arbedo, S.Martino di Sonvico, FOLETTI 1997), con maggiore concentrazione nel Sottoceneri e presenze pi rarefatte nel circondario, DE MARCHI 1997, pp. 284-285, nellarea lombarda presa in considerazione la proporzione diviene molto alta nelle regioni periabduane e in Brianza, dove su 13 esempi 8 sono coinvolti da sepolture con corredo longobardo (S.Stefano a Garlate, SS.Pietro e Andrea a Beolco, aree di S.Stefano a Bulciago e di S.Giorgio a Brivio, SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero, S.Vittore a Terno dIsola, DE MARCHI 1995, pp. 35-85, SS.Cosma e Damiano a Como, CALC 1993, pp. 99-100, S.Martino a Trezzo, LUSUARDI SIENA 1997, pp.365-375, ma il riferimento colto pi celebre resta la sepoltura con ricco corredo del Duomo di Monza, attribuita alla regina Teodolinda, HASELOFF 1952, pp. 368 ss.). Il Liber Diurnus impediva il seppellimento in cappelle e oratori, a meno che non si rinunciasse alla consacrazione del luogo, ma in realt tali norme vennero ampiamente eluse, SETTIA 1991, pp. 226-227; sul tema GRILLETTO, LAMBERT 1983, p. 329356, anche perch evidente lottimo rapporto tra classi dirigenti laiche e religiose. In questa area le sepolture o sono singole o raggruppate in piccoli nuclei che rappresentano un gruppo parentale, prevalentemente in edici di culto ad indicarne la funzione, spesso limitata ad un certo periodo di tempo, a mausoleo di famiglia. Sembra per indicativo, in base ai dati conosciuti, che nelle aree di pianura prevalgano le grandi necropoli longobarde in campi aperti, in questa regione quasi assenti. Questa caratteristica dovette essere determinata, oltre che dal carattere collinare del territorio, da una occupazione tardiva, successiva alla conquista da parte di Agilulfo dellIsola Comacina (588-589) e delle citt bizantine lungo il Po (Cremona, Man-

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Tav. II) S.Maurizio ad Erba (da CAPORUSSO 1995-97)

trollo del territorio, almeno a partire dai primi decenni del VII secolo22, in aree come la nostra di particolare interesse pubblico (vie di portata internazionale, vicinanza ai conni). Occorre tener conto che larea considerata geogracamente in posizione nodale, poich funge da ganglio di interconnessione, grazie alla presenza delle maggiori vie di comunicazione (di terra e dacqua), tra penisola italiana e regioni del Rodano e del Reno, lungo un asse di collegamento Nord/Sud, attraverso i valichi che, oltre Chiavenna (Julier, Septimer, Maloia) e Bellinzona (Lucomagno, dellUomo, S.Gottardo, S.Giacomo), conducevano oltralpe. Mentre lungo lasse Est/Ovest, attraverso i umi Adda e Ticino afuenti del Po, era garantito
22 Il primo documento che ricorda funzionari regi il Praecep -

un veloce transito per Ravenna e lAdriatico. Questa posizione strategica assunse grande rilievo nel tardoimpero (IV e V secolo), con linizio delle invasioni barbariche, e lo mantenne in seguito (VI/VII secolo) per ragioni militari, ma anche economiche. Larea svolse il ruolo di terra di frontiera e venne attrezzata per la difesa con lapprestamento di forticazioni e di apparati di controllo e avvistamento strategici minori; localmente il fronte dei castra in parte seguiva il corso dellAdda (Madonna della Rocchetta, Monte Brianza, Brivio, Monte Barro), piegando a Ovest verso Castelseprio, e a Nord per lIsola Comacina, Chiavenna e Bellinzona. Alcuni di questi castelli, quelli di fondazione pubblica, ebbero continuit di vita nellaltomedioevo, assupriet ad una classe di nobili al suo servizio. Il documento concerne la donazione di terre fatta dalla monarchia al monastero di Bobbio, estese dal Monte Penice no alla Trebbia, zona di passaggio delle vie che conducevano alla Ligura ancora bizantina.

tum (CDL, III/I, 2, 624 ?, luglio 25, Pavia, pp. 7-12) che fa riferimento a gastaldis vel agentibus nostris , con i quali Agilulfo intendeva garantire il controllo amministrativo e della pro-

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Tav. III) SS.Pietro e Paolo a Stabio (da FOLETTI 1997)

mendo talvolta il ruolo di citt capoluogo di un territorio anche esteso (Castelseprio, Pombia e Sirmione), modicando ulteriormente lassetto territoriale dei municipia romani. Altre fortificazioni minori, di fondazione privata e pi tarda, ebbero funzioni di appoggio al sistema difensivo, o di difesa delle popolazioni, e sono da riconoscersi in
23 CIL, V, 5418 (relativa al servitore di Cristo e diacono Mar-

Castel San Pietro e nella motta di Gorduno (Canton Ticino), in S.Vittore di Laino dIntelvi (a. 55623), in S.Stefano a Lecco (a. 53524), di questi ultimi il primo sicuramente fondato da un religioso, il secondo dubitativamente. A Laino dIntelvi certo che il castello sorse attorno alla chiesa, che ne costitu il primo fulcro, lo stesso forse avvenne per Lecco
24 BORGHI 1971, pp. 211-245 (che ricorda un Vigilius presby -

cellino).

ter), dallarea della chiesa di S.Stefano a Lecco proviene un capitello scolpito di VII-VIII secolo.

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(non scavato); a Gorduno probabile che sia avvenuto lopposto, ledicio di culto dedicato a S.Carpoforo si addoss ad una torre facente parte di una cinta muraria25. La forticazione, posta di fronte a Bellinzona in posizione di controllo della Val di Biasca, venne probabilmente fondata da un privato laico e guerriero. In base alla distribuzione dei ritrovamenti archeologici di et tardoromana e dei castelli di tradizione tardoantica (infra) evidente la prossimit tra luoghi di culto, abitati, castelli. Si pensi solo alladdensamento di presenze gi ricordato lungo lAdda e nellalta Brianza: gli abitati rurali potevano fornire scorte alimentari in caso di necessit, i castelli difesa ed accoglienza. In alcuni castelli sono poi attestate attivit di lavorazione di materie prime (ad esempio Laino e Monte Barro, attivo fino al VI secolo). Mancano ancora scavi archeologici sistematici per molti siti castrensi. I dati sono pertanto carenti. La rete insediativa risponde ad un sistema complementare e omogeneo, che si intravede, ma non si pu ancora precisare, della quale sono tangibili almeno per lVIII secolo i rapporti con i centri urbani. Anche i caratteri comuni ai manufatti rinvenuti nelle sepolture longobarde, pur denunciando modelli di riferimento differenti (tradizione bizantina o prevalentemente germanica, spesso in un medesimo contesto) richiamano una cultura omogenea che trova riferimenti in diverse localit, spesso distanti tra loro e rimandano, con molta probabilit, ad opici localizzabili nelle citt o nei centri abitati maggiori26, in un quadro di distribuzione e commercializzazione, di ampiezza nazionale e internazionale. Non da sottovalutare il legame tra eserciti e cristianizzazione, avvalorato da epigra funerarie relative a capi militari e condottieri datate tra il IV e il V secolo, in edici religiosi di castello (Monte Brianza) o posti in punti nodali per il passaggio di eserciti (Garlate)27. Come per le reliquie, il richiamo epigraco a militari di valore storico pu avere inciso nella scelta del luogo di seppellimento, in una logica di propaganda familiare, da parte di nobili longobardi due secoli dopo. 2. Edici di culto-territorio Le fonti scritte indicano alcuni luoghi, tra gli altri, che sembrano acquisire la specicit di poli demici di attrazione e di controllo del popolamento: pensiamo ad esempio ad Agrate e a Tr e z z o , ricordati nel testamento del vir magnificus Rott25 FOLETTI 1997, cit. 26 RICCI 1997, pp. 239-273; BROGIOLO 1994, pp. 257-263;

pert (a. 745 28), forse referendario regio, ricco proprietario di terre e bestiame, nonch di servi, dotato inoltre di altri beni mobili di valore, quali la cintura multipla guarnita di elementi in oro (valore 100 soldi), contenitori di pregio in bronzo e argento, ricchi abiti e gioielli. Egli ha propriet tra Adda e Molgora, a Bonate, presso le rive del Brembo (una vigna che si affaccia su una via pubblica), oltre ad altri possedimenti sul Ticino. Sono appezzamenti, per lo pi, di piccola estensione (terre coltivate a vigne), corti domocultili e case massariciae ed uno xenodochio, poderi in fundo Trecio, a Roncello nei pressi di Trezzo, a Capiate. Un altro esempio il gasindio regio T a i d o (testamento a. 77429), civis bergomatis . Bonate sede di una domoculta, dove il nobile vive. Anche il patrimonio fondiario di Taido notevole e si distribuisce lungo il Brembo, probabilmente usufruendo della stessa via pubblica ricordata nella carte di Rottpert, nellIsola Brembana con propriet a Mapello, case massariciae a Rodi presso Filago, in villa dArzago dAdda, a Cenate presso il Serio, senza considerare le terre in Val Camonica che si estendono no al Passo del Tonale, nel pavese, nel veronese, a Sirmione. In queste due carte, che interessano i territori abduani, si precisano alcuni insediamenti di maggior importanza rispetto ad altri, Agrate, Trezzo, Bonate30, Terno dIsola (Tav. IV), posto al centro di un sistema territoriale e poi capopieve, centri collegati tra loro da una rete viaria a carattere locale, dove abitano e svolgono le proprie attivit due alti personaggi di corte, le loro famiglie, i massari, i servi. Tra le chiese citate vi sono S.Giuliano a Bonate, S.Vittore in Terno (in teranis) dIsola, alle quali vengono donate case massariciae, S.Ambrogio in Zanica nel Bergamasco, S.Maria a Casirate, S.Alessandro fuori le mura di Bergamo, S.Pietro, S.Maria, S.Vincenzo a Bergamo. forte il legame tra classe dirigente ed alto clero, ma anche il bisogno spirituale pro remedio anime. interessante, in ogni modo, lattestazione di uno xenodochio ad Agrate (luogo di transito, collegato a Milano e a Monza). Poco si sa della chiesa di S.Giuliano in Bonate, di certo si pu dire che essa con S.Vittore a Terno dIsola, dalla quale dipende loratorio di S.Tom di Carvico, non sono propriet personali di Taido e quindi dovrebbero essere pubbliche. ATerno dIsola abbiamo tombe privilegiate nella navata31 e unarea cimiteriale esterna frequentata a lungo.
28 CDL, 83, 745 aprile. AMBROSIONI 1986, pp. 175-178. 29 CDL, 293, 774 maggio. 30 Nel documento sono nominate tre corti ed una sola chiesa,

GIOSTRA2000; DE MARCHI 2000, pp. 284-291.


27 Si ricordano le epigrafi di Merobaudo (con questo nome si

ricordano tre personaggi vissuti tra IV e V secolo), sepolto nella chiesa di S.Vittore a Monte Brianza, e di Pierius, capo in testa delle truppe di Odoacre, ucciso combattendo contro Teodorico, re dei Goti, nel 490 presso lAdda, BROGIOLO 1997.

probabilmente pubblica, SETTIA1991, p. 9, n. 19, a riprova del fatto che non scontato che ogni unit proprietaria avesse il suo luogo di culto cui riferirsi. 31 DE MARCHI, FORTUNATI ZUCCALA, VITALI 1992, pp. 216-223.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Tav. IV) S.Vittore a Terno dIsola (da DE MARCHI, FORTUNATI ZUCCALA, VITALI 1992)

S.Vittore, per la posizione centrale rispetto al territorio dellIsola Brembana, ben servita da collegamenti viari32, pu ritenersi una chiesa cimiteriale a cura danime, nata per opera di un fondatore o benefattore, che pu essere anche un religioso, sepolto nel VII secolo allinterno delledificio (t. 9333). La sua tomba contiene pi rideposizioni successive che possono riferirsi a familiari o (eventualmente) ad altri religiosi. Si pu dedurne che verso questo polo cultuale si convergesse dal territorio circostante. Esso un edicio cimiteriale di culto, con tracce di attivit insediative (ricovero della popolazione ?34), sorto su unarea cimiteriale e sacra di et romana, quindi gi luogo di raduno e di incontro per almeno due buoni motivi.
32 BROGIOLO 1992a, pp. 226-231. 33 Il defunto sepolto con un anello monogrammato in argento

Individuare il ruolo specico di un oratorio o di una cappella non sempre facile, in base ai dati in nostro possesso; ad esempio a S.Maurizio presso Erba35 sembra prevalere la funzione cimiteriale forse connessa alla cura danime di una comunit locale, i cui maggiorenti si fanno seppellire nelloratorio. S.Vincenzo a Galliano36 (Tav. V), in seguito pieve, sorta nel V secolo come attestano i corpi santi e le epigra funerarie relative a religiosi, deposti nellarea della cripta 37 sicuramente un centro religioso di rilievo e di cura danime a scala territoriale, quasi certamente connesso ad una comunit religiosa stabile. Questo edicio rimase intatto no al VII secolo, quando sub rifacimenti cospicui, venne rinnovato negli arredi e ospit, infine, le
S . Vincenzo a Sesto Calende, GUERRONI, BROGIOLO, CAZORZI 1983, pp. 97-123, di S.Vittore a Terno dIsola e di S.Tom di Carvico, BROGIOLO 1989a, pp. 155-170. 35 CAPORUSSO 1995-97, pp. 232-233. 36 Archeologia a Cant 1991. 37 Epigra funerarie datate agli anni 446, 485-86, 522, 525, relative a Savino, Adeodato, al presbyter Ecclesio, vedi n. precedente.

e un pettine in osso, DE MARCHI 1992, pp. 223-225.


34 Circa lutilizzo di edici di culto a ricovero di masserizie, e

forse di persone, in secoli pi tardi si veda SETTIA1991, p. 16, n. 42. Se ci valesse per il primomedioevo, si giusticherebbero le tracce duso abitativo presenti, ad esempio, negli oratori di

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Tav. V) S. Vittore a Galliano (da Archeologia a Cant 1991)

sepolture di due nobili forse longobardi, Manifret e Odelbertus, laici o religiosi anchessi come i predecessori, comunque cristiani come pare osservando lapparato iconograco delle stele funerarie (croce con agnello, croce incorniciata da un arco). Ledicio sorge su un dosso poco lontano dallabitato (vicus romano), che ha restituito notevoli testimonianze. Vi si riconoscono i tratti di un edicio pubblico destinato a servire unarea territoriale pi ampia dei centri abitati a lui vicini, sia per la posizione prossima alla strada Milano/Como, che per la capacit di attrazione determinata dalla tradizione del servizio di culto e di cura danime che vi svolgeva un clero integrato nellorganizzazione ecclesiale, gi nel V secolo, ivi sepolto, nonch dalla presenza di reliquie e papiri di VII secolo, periodo in cui forse la chiesa divenne pieve, deposti nellaltare. Per i SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (vicus
38 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, pp. 250-275. 39 Lolpe del tipo Isings 14 datata al I secolo d.C., e sarebbe un

romano: Ta v. VI), posto sulla strada che corre lungo la sponda occidentale del lago e di fronte allIsola Comacina38, sorto su una necropoli di V secolo, si pensato - relativamente alla fase di VII secolo - ad un mausoleo di comunit (religiosa ?), essenzialmente per la distribuzione delle sepoltu re (ordinate e predisposte durante la costruzione della chiesa) e per lomogeneit dei defunti, per la maggior parte individui di sesso maschile adulto (tra i 25 e i 35 anni) sepolti senza corredo (salvo una sepoltura che conteneva unolpe vitrea39 posta tra le mani del defunto, secondo una tradizione romano-cristiana che prosegue nellaltomedioevo40). Un mausoleo di confronto, ma a carattere familiare privato, costituito da S.Stefano di Garlate (anchesso nella fase di VII secolo, Tav. VII), sorto su una villa romana mosaicata41, con sepolture distinte da corredi (elementi da cintura in ferro ageminato, un anellino in oro, pettini, mentre la presenza di vesti preziose attestata dalle impronte lasciate sul terreno). Rispetto agli esempi considerati di grande interesse il caso di Campione sul lago di Lugano, dove vivono ed operano gli arimanni Arichis e Sigirad e il primo Totone, parenti di Walderada di Arsago Seprio42 e di Totone II, loro discendente43. I loro beni che li deniscono in origine come medi proprietari fondiari con una funzione pubblica limitata, si estendevano prevalentemente nella giudicaria del Seprio, dal Canton Ticino odierno (Adro, Cadro, Bissone, Bellinzona, Morcote) al Varesotto, ma i contatti sociali con il passare del tempo divengono sempre pi ampi, mentre la famiglia acquisisce prestigio, e raggiungono le citt di Piacenza, Milano, Como. Le loro attivit mercantili (di negotiatores), compreso il mercato di servi44, sono collegate strettamente con il monastero di S.Ambrogio a Milano e con altre chiese milanesi, cos come Taido aveva stretti rapporti con la citt di Bergamo, Rottpert con la corte regia e Aldo e Grauso (ricordati da Paolo Diacono45 e nellepigrafe funeraria di S.Pietro e Andrea a Beolco) con la corte e il ducato di Brescia in unambigua politica di successione al trono. Anchessi si fecero seppellire, come pare dal ritrovamento di una sepoltura bisoma con ricco corredo (armi e un anello in oro, forse un sigillare, perduti46)
43 I documenti inerenti la storia di questa famiglia coinvolgono due periodi differenti, una prima fase che va dal 721 al 756, corrisponde al regno di Liuprando, Ratchis (746-749) e Astolfo (750-758), una seconda fase pi tarda che raggruppa una serie di documenti datati tra il 769 e l807 si riferisce, per lo pi, al secondo Totone. Indicazioni e analisi della famiglia e dei suoi complessi rapporti personali (con indicazione dei Codici Diplomatici di riferimento) sono in MOR 1928, p. 126 ss.; ROSSETTI 1986, p. 200; LA ROCCA2000, pp. 45-69. Unanalisi puramente funzionale alla ricostruzione degli insediamenti nella giudicaria del Seprio in et longobarda in DE MARCHI 2000, pp. 129-131. 44 LAROCCA2000. 45 Hist. Lang., V, 36-38. 46 DOZIO 1858, pp. 81-82.

oggetto di riutilizzo. Essa ha confronti con altra rinvenuta nella chiesa di S.Eufemia allIsola Comacina e a S.Vittore di Corbetta, CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, p. 253. 40 FEVRIER 1987, pp. 881-942. 41 BROGIOLO 1995-97, pp. 236-238. 42 Altro centro territoriale con una necropoli longobarda di oltre 25 tombe, non scavata integralmente, MARIOTTI 1994, pp. 120-122, posta a poca distanza dalla chiesa di S.Vittore, sede pievana, MASTORGIO 1990, pp 117-190, e dal centro storico, che mostra origini piuttosto antiche. La chiesa in questo caso posta fuori dallabitato e costeggia la strada che conduce agli abitati di Mezzana e Somma Lombardo.

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Tav. VI) SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (da CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995)

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Tav. VII) S.Stefano a Garlate (da BROGIOLO 1995-97)

Tav. VIII) S.Zenone a Campione (da CAPORUSSO 1995-1997)

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Tav. IX) S.Pietro a Dongio (da FOLETTI 1997)

- e dallepigrafe 47- nella chiesa rurale di Beolco, dove dovevano trovarsi loro propriet. Ritornando ai Totonidi, si sa che fecero erigere un edificio di culto a Campione (nei documenti menzionato come f u n d u s , l o c u s , nel 777 come vicus) dedicato a S.Zenone (Tav. VIII), oggetto di donazioni da pi parti (Walderada a. 725, lascia beni alloratorio, come Magnerada altro membro della famiglia a. 769, un certo Orso a. 804, le dona parte delle sue propriet in Val dIntelvi e nellinidenticato castro Axongia in nibus sepriensis 48). La chiesa, oggetto di donazioni, come si visto, suscitava unattrazione, solo in parte determinata dai contatti familiari, anche fuori dal territorio campionese, attrazione forse connessa alla dedica al santo, patrono delle acque e poi della Val dIntelvi, a cerimonie e riti particolari, alla presenza dello xenodochio, ma soprattutto alla vocazione mercantile. A S.Zenone scavi archeologici hanno portato in luce una struttura funeraria monumentale contenente li doro da broccato e una moneta di Pertarido (672-688) e una seconda tomba femminile con gioielli datati al VII secolo avanzato (orecchini di tipo bizantino in oro con pendente vitreo, anello aureo con pasta vitrea blu nel castone 49). Nella casa della famiglia dei Totoni, per loro espresso volere, venne fondato uno xenodochio (indice, come ad Agrate, di vie di transito e di pellegrini) e, daltro canto, Campione per la sua posizione di capo lago era un passaggio obbligato, grazie alle vie di terra e dacqua, per chi veniva dal milanese, dal Mendrisiotto e dal Comasco, verso Lugano e il Sottoceneri per Bellinzona50 e le valli e viceversa. Un luogo in un certo senso ideale come sosta per il viaggiatore e per transazioni commerciali. Anche
47 Cfr. epigra di Galliano, in area Briantea, di S.Giovanni a Castelseprio (Wideramm), GELICHI, BROGIOLO 1996, pp. 151-152. 48 Vedi n. 43. 49 CAPORUSSO 1995-97, pp. 230-232. 50 FOLETTI 1997.

S.Zenone una chiesa privata, fondata per esigenze personali, che svolge il ruolo di mausoleo familiare come, con sviluppi diversi, S.Stefano di Garlate, poi pieve, (con numerose sepolture ben ordinate nello spazio a disposizione, provviste di corredo), anchessa ubicata lungo strade di smistamento ad ampio raggio (la via Bergamo/Lecco/Como proveniente da Aquileia, con allacciamenti alla pedemontana per il lago Maggiore) e in riva al ume Adda. Abbiamo, quindi, nel nostro territorio un buon campionario di oratori privati usati come mausolei di famiglia, che i corredi funerari indicano gi utilizzati a questo scopo nella prima met del VII secolo, ai quali si possono aggiungere numerosi altri esempi. Al proposito si ricordano: S.Pietro di Dongio di VI secolo (con tombe interne ed area cimiteriale esterna, Ta v. IX), S.Lorenzo di Gudo di VI/VII secolo (con tombe in un sacello interno alledicio, caratterizzato da un impianto rettangolare, Tav. X), S.Antonino di Besazio (con sette sepolture longobarde nella navata), S.Carpoforo di Gorduno di VII secolo (con sepolture prive di corredo nella navata e una tomba di guerriero armato, forse il fondatore del castello, posta appena allesterno presso una torre cui si addoss ledicio religioso). Ancora oratori privati connessi alla figura di un benefattore/fondatore possono ravvisarsi in SS.Nazaro e Celso ad Airolo, datato dal V allVIII secolo (Tav. XI, tomba ad arcosolio, ricavata nel muro perimetrale Sud della navata, con corredo di III/IV secolo51, rispettata negli edici posteriori), SS.Quirico e Giulietta a Melide datata dal VI al IX secolo (cenotafo di VII secolo in pietra accuratamente rinito e posto al centro della navata, Tav. XII), S.Giorgio a Morbio inferiore di VII secolo (con una doppia sepoltura privilegiata, a sarcofago, accuratamente intonacata e coperta da lastroni, e una seconda sepoltura sotto laltare). A n c o r a SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero, VII secolo (Tav. XIII, con tomba ricavata in un muro perimetrale della navata, provvista di corredo), S.Martino di Sagno (con tomba privilegiata), S.Pietro a Gravesano, di IV/V secolo (Tav. XIV, con tomba privilegiata in sarcofago chiuso da lastre di granito, al sacello nella fase di VII/VIII secolo venne aggiunta una seconda sepoltura in muratura e a lastre). Nel S.Abbondio di Mezzovico (memoria: Tav. XV), di VI secolo, sopra una tomba privilegiata venne costruito un sacello funerario in legno, per ricordare un benefattore dalto rango o una persona particolarmente venerata, rispettato dalledicio di VII secolo ricostruito in pietra52.
51 Una bula tipo Madrano, sotto il pavimento della chiesa si rivennero in una buca coperta da lastre un granulato di pirite cubico e una punta in cristallo, si pensa con signicato votivo e apotropaico, FOLETTI 1997, p. 122. 5 2 Gli esempi ticinesi sono in FOLETTI 1997; Garbagnate Monastero in BASERGA1906, pp. 101-114.

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Tav. X) S.Lorenzo a Gudo (da FOLETTI 1997)

Tav. XI) SS.Nazaro e Celso ad Airolo (da FOLETTI 1997)

Tav. XII) SS.Quirico e Giulietta a Melide (da FOLETTI 1997)

Tav. XIII) SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero (da BASERGA1906)

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Tav. XIV) S.Pietro a Gravesano (da FOLETTI 1997)

Tav. XV) S.Abbondio a Mezzovico (da FOLETTI 1997).

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Si tratta in ogni caso di fabbriche poste lungo strade, accessibili, quindi, con una certa facilit, in territori scali53 e in propriet di nobili di corte, che sembrano collegate a centri demici curtensi o a villaggi in via di formazione. Solo nel caso di Campione, sicuramente un villaggio non secondario, si rileva, allo stato attuale delle ricerche, una doppia possibilit: S.Zenone, oratorio privato mausoleo di famiglia posto entro labitato, una seconda chiesa, indagata archeologicamente54, dedicata a S.Pietro (cui poi si aggiunsero i SS.Nazaro e Celso, Tav. XVI), posta a Nord dellabitato, presenta caratteri diversi. Essa sorge, infatti, su unarea funeraria che non sembra avere sviluppi ulteriori. Siamo forse di fronte ad un oratorio dove si pratica il culto e la preghiera, svincolato da propriet e quindi pubblico. Anche il suo ampliamento, in un periodo successivo allerezione, va in questa direzione interpretativa, mentre al contrario a S.Zenone alcune tombe risultano vuote, forse per cessazione delluso funerario in loco. Non documentato da fonti scritte lesempio della chiesa dei SS.Pietro e Paolo di Stabio, che ha restituito sepolture con corredo darme di VII secolo e unampia area cimiteriale esterna, mausoleo privato che probabilmente assunse solo in seguito il ruolo di chiesa cimiteriale e di cura danime. Stabio coinvolto da pi ritrovamenti longobardi, di VI ma soprattutto di VII secolo e di alto valore artistico ed economico, in molti dei quali si riconosce la tradizione tardoromana e bizantina, che parla di contatti culturali con il territorio lombardo e la Lucchesia, un centro integrato nei circuiti di commercializzazione dei prodotti o, comunque, in contatto con insediamenti e citt daltre regioni peninsulari55. Sembra verosimile, quindi, che Stabio come, per ragioni ogni volta diverse, Arsago Seprio e Campione, avesse lassetto di un abitato popolato da pi nuclei familiari, come plausibile per Trezzo dAdda (nucleo cimiteriale di nobili dalto rango, maschile e guerriero, un secondo cimitero longobardo nel luogo delloratorio di S.Martino, familiare con sepolture maschili, femminili e di bambino, sorto su una villa romana, cui si sovrappose alla met del VII secolo loratorio omonimo)56 e Muralto con due chiese pubbliche, S.Stefano e S.Vittore, situate a poca distanza luna dallaltra costruite sicuramente per le necessit di un abitato particolarmente vitale57.
53 DE MARCHI 2000 c.s. 54 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1996, pp. 239-278. 55 DE MARCHI 1997, pp. 283-329; DE MARCHI 2000 c.s. 5 6 ROFFIA, SESINO 1986, pp. 9-100; LUSUARDI SIENA

Dai documenti analizzati deriva che la popolazione, che lavorava nei fondi e nelle case massaricie ricordate nelle fonti, sparsa in diversi luoghi della propriet, difficilmente si faceva seppellire nelle chiese private dei loro signori, a parte casi non accertabili, considerata la situazione di benessere e di privilegio anche denunciata dai corredi funerari rinvenuti nella maggior parte dei casi e dalle strutture tombali molto ben realizzate, indizio della presenza sul posto di mano dopera specializzata (per lo pi a lastroni monolitici, S.Maurizio ad Erba, S.Vincenzo a Galliano, S. Stefano a Garlate, pi un sarcofago e una cappuccina, SS.Pietro e Paolo a Stabio, S.Giovanni ad Incino, SS.Cosma e Damiano a Como, SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero 58, SS.Nazaro e Celso ad Airolo, SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio, in muratura). Escono da questo quadro, differenziandosi, gli edifici di S.Vittore a Terno dIsola (poi pieve), di S.Tom a Carvico, sottoposta a Terno, di S.Stefano e di S.Vittore (pieve) a Muralto, di S.Vincenzo a Galliano (pieve), di S.Eufemia ad Incino (vico romano, poi centro pievano), ancora in parte conservata in alzato, con il vicino battistero di S.Giovanni 59, cimiteriale e a cura danime, di S.Eufemia allIsola Comacina con annesso battistero di S.Giovanni (cimiteriale, con arredo musivo, di affreschi e scultoreo notevoli60), per la quale certa la fondazione da parte del vescovo di Como agli inizi del VII secolo. A queste chiese, tutte divenute pievi, si affianca nellassunzione del ruolo pubblico, proprio per la sua posizione sul percorso di pi strade, S.Stefano di Garlate. Luoghi di culto di indubbio interesse, gli esempi ticinesi dei SS.Pietro e Paolo di Stabio e di S.Martino di Sonvico (Tav. XVII, datata al VI/VII secolo, con rifacimenti della met dellVIII), dotata di un notevole altare di marmo, per le quali sia in relazione alla continuit/contiguit di un insediamento preesistente e di un centro demico longobardo nel VII secolo, nel primo caso, che per larredo liturgico nel secondo caso pensabile lattivit, anche limitata e successiva alluso cimiteriale, di cura danime. Il S.Ilario a Bioggio (prima met dell V I I I secolo, Tav. XVIII) viene eretto dopo aver spianato i resti di unarea sacra, di una villa e di un inse58 BASERGA1906, pp. 101-120. 59 Gli scavi in S.Giovanni di Incino hanno evidenziato una pri-

1997, pp. 365-375. 57 A Muralto, localit S.Vittore e scavi nellarea del Park Hotel, ad attivit metallurgiche pi o meno modeste, attive nel VI e nel VII secolo in continuit con le et precedenti si afancavano fondachi utilizzati come depositi di quarzo per la lavorazione del vetro, che sfruttavano le vie dacqua dei laghi Maggiore e di Lugano, il Ticino e altri umi minori per la commercializ zazione dei prodotti, DONATI 1999, pp. 163-169, 404.

mitiva pianta ad aula unica quadrangolare, di VI-VII secolo, alla quale in un momento successivo si aggiunse un abside quadrangolare, afancata da due ambienti laterali con sepolture, GELICHI, NOBILE 1995, pp. 9-11. 60 Per cui MONNERET DE VILLARD 1914. Una sintesi dello stato delle indagini in CAPORUSSO 1998; in CAPORUSSO 1995-97, pp. 233-236, note sulle ultime indagini che hanno rilevato che gli edici religiosi inglobarono parte degli edici romani e una torre tardoantica (?).

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Tav. XVI) S.Pietro a Campione (da CAPORUSSO, BLOCKLEY 1996)

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Tav. XVI) S.Martino a Sonvico (da FOLETTI 1997)

Tav. XVIII) S.Ilario a Bioggio (da FOLETTI 1997)

diamento romani, frequentati fino al VI secolo. Considerata la sua posizione daltura, elevata su un picco, e lapparente mancanza di abitati nelle vicinanze fa pensare ad una fondazione esaugurale di un luogo pagano 61, del quale si sono volute cancellare le tracce, soprattutto considerando lesistenza a valle di un altro edificio di culto di VII/VIII secolo 62. Il legame con linsediamento antico, senza
61 SANNAZARO 1992, pp. 62-63.

eccessive fratture dallet romana allaltomedievo, nel caso ticinese di Muralto, sembra dimostrato dal fatto che S.Stefano sorto su un abitato romano (Tav. XIX), con edici anche duso artigianale e produttivo, mentre S.Vittore utilizza in parte gli ambienti di una villa romana (Ta v. XX), di cui sfrutta i vani termali come fonte battesimale, e di fabbricati adiacenti a questa, andati parzialmente in disuso nel V/VI secolo. Le due chiese di Muralto
62 In corso di studio da parte degli addetti dellUfcio Cantonale dei Monumenti storici di Bellinzona.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Tav. XIX) S.Stefano a Muralto (da FOLETTI 1997)

hanno annesse aree cimiteriali con sacello funerario (S.Stefano) e sepolture prive di corredo coeve alledicio altomedievale63. Nel VII secolo, epoca alla quale si attribuiscono cronologicamente i corredi funerari longobardi rinvenuti negli edifici di culto (prima met del secolo), la frequentazione di numerose chiese riette una mutata mentalit dei possidenti e dei nobili longobardi, anche su modello delle case regnanti. Si riscontrano in questo periodo - soprattutto a partire dalla met del secolo - rifacimenti e ristrutturazioni, ad esempio le chiese lignee sono sostituite da edici in muratura (S.Tom a Carvico), in molti altri casi a edici a piante semplicate ed essenziali ad aula unica rettangolare o quadrangolare si aggiunge labside presbiteriale semicircolare (S.Stefano a Garlate, SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio, S.Pietro a Gravesano, SS.Quirico e Giuletta a Melide, SS.Nazaro e Celso ad
63 FOLETTI 1997. 64 I due esemplari di S.Stefano di Garlate sono in pietra gesso-

Airolo), pi raramente quadrata (S.Stefano a Muralto). La nuova classe dirigente ha necessit devozionali e di rappresentanza. Non sembra un caso che molte delle cappelle e degli oratori frequentati dalla nobilt del tempo, sepolta con o senza corredo, si distinguano per la deposizione in altari e nicchie, appositamente realizzate, di capselle portareliquie in argento o in altro materiale (gesso, stucco), datate dal IV/V secolo allaltomedioevo. Le capselle sono segno di una devozione antica, legata alla presenza di reliquie (corpi santi), danno alledicio unaura di storia e di santit che cattura. I reliquiari sono concentrati soprattutto nella Brianza orientale e attorno al medio corso dellAdda, li troviamo a SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero (due esemplari), a S.Giovanni Battista al castello di Brivio (due esemplari) e a S.Stefano di Garlate (due esemplari)64.
laltare, BASERGA1903; i pezzi in marmo, stucco, pietra gessosa hanno unattribuzione generica dallet tardoantica allaltomedioevo, la capsella argentea di Brivio con raffigurazione delladorazione dei magi, ottenuta a sbalzo e a bulino, si data al V secolo; i materiali di Garlate, una capsella parallelepipeda in argento e le tre laminette in argento, si datano al IV-V secolo, per confronti. I temi rafgurati sono nel primo caso una scena biblica lavorata a sbalzo, nel secondo gure di oranti crucifere. La capsella argentea di forma ellittica di Garbagnate Monastero, simile a quella di Civate, si dovrebbe datare al V-VI secolo, SANNAZARO 1994, pp. 291-299.

sa ed una in argento e sono state recuperate sotto laltare parrocchiale odierno, in una fossa chiusa da una lastra rettangolare di marmo bianco decorata da una croce greca apicata, i tre di SS.Nazaro e Celso a Garbagnate, uno in stucco, uno in argento, un terzo del quale si conserva solo il coperchio, erano deposti sotto laltare romanico in una fossa ricoperta da una lastra in marmo decorata come quella di Garlate, i due ultimi esempi rinvenuti a S.Giovanni Battista al castello di Brivio, uno in marmo, laltro in argento si trovavano in un loculo posto sotto

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Tav. XX) S.Vittore a Muralto (da FOLETTI 1997)

Tav. XXI) S.Carpoforo a Gorduno (da FOLETTI 1997)

Le chiese di castello, in molti casi non ancora indagate archeologicamente (Castello di Brivio, S.Stefano a Lecco, S.Vittore a Laino dIntelvi, S.Vittore a Monte Brianza, Motta fortificata di Gorduno, Tav. XXI), pongono grossomodo gli stessi problemi degli altri edici di culto, con la differenza che chiaro lambito cui si riferiscono, riconoscibile primariamente nel fare riferimento ad uno spazio precisato, e quindi ad una comunit denita, anche se non si in grado di conoscere la capacit di attrazione territoriale di un castello, che in alcuni casi come a Castelseprio (centro di una giurisdizione territoriale), o con pi dubbi allIsola Comacina (castrum e luogo sacro, in una posizione di transito notevole) e a Bellinzona (funzione di ricetto della popolazione circostante in caso di pericolo) spesso dovette essere molto ampia. La posizione degli edifici di culto, allinterno dello spazio definito dalle mura, variabile: centrali sono S.Vittore a Monte Brianza, S.Giovanni a Castelseprio, mentre sono decentrati S.Vittore a Laino, S.Carpoforo a Gorduno, Madonna della Rocchetta (Tav. XXII), S.Eufemia e S.Giovanni allIsola Comacina. A Bellinzona non stato identicato alcun edicio di culto tardoantico e/o altomedievale. Rimane in taluni casi aperto il rapporto cronologico tra chiesa e fortificazioni, quale delle due strutture sia sorta per prima, o se siano sorte contemporaneamente. Queste chiese non si distinguono per la struttura dalle altre, ad eccezione di S.Eufemia allIsola Comacina (aula biabsidata). Si tratta per lo pi di semplici aule ad ununica navata (almeno nella
65 LUSUARDI SIENA, SESINO 1987-88, pp. 97-129. 66 In questa localit si registra un mutamento di rito dalla

fase iniziale) con abside semicircolare o quadrangolare (Madonna della Rocchetta). Talvolta contengono sepolture di rango, relative a guerrieri e a capi militari, o a personalit di alto lignaggio, benefattori o fondatori, di fatto gure di riferimento per la comunit, sepolti con armi e vesti in broccato. Le sepolture sono in rari casi allinterno delledicio: una sepoltura di cavaliere a Castelseprio (rideposizione nel muro di controfacciata) 65, cui si unisce lepigrafe funeraria di Wideramm, una di guerriero a Gorduno66 (nellarea antistante la facciata della chiesa a ridosso di una torre probabilmente tardoromana). A Monte Brianza una ricca sepoltura nota alle cronache locali. Essa si trovava presso la porta antica del castello e conteneva uno scheletro dalla statura gigantesca...entro muri come in una stanza, sepolto con oggetti doro, uno scudo da parata e un elmo (?) (corredo perduto)67. Sono sepolture singole, non relative ad un gruppo, solo a Castelseprio si rileva unampia area cimiteriale con deposizioni coperte da lastre monolitiche crucigere, di personalit di alto lignaggio, poste allesterno e a ridosso dellabside. Su questa localit si svilupp col tempo una nobilt di castello i cui rappresentanti raggiunsero il titolo di conte, svolgendo talvolta attivit in rappresentanza dellimperatore a Milano 6 8 . A Laino dIntelvi due sepolture (manomesse) sono state scoperte casualmente allesterno del muro di cinta (una femminile conteneva orecchini a cestello aurei di VI/VII secolo, laltra maschile uno scra masax)69. La funzione, forse prevalente, di ricetto delle popolazioni locali che distinse il castello di
67 BERETTA 1960, p. 34; BROGIOLO 1997, pp. 69, 78. 68 GELICHI-BROGIOLO 1996, p. 156. 69 GIUSSANI 1913-14, pp. 61-73; NOBILE DE AGOSTINI,

tomba con corredo, presso la torre e la chiesa, che venne aperta e le armi riseppellite poco distanti, in una fossa a parte, DE MARCHI 1997, p. 303.

RAPI, UBOLDI 2000, pp. 22-24.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Tav. XXII) Madonna della Rocchetta (da BROGIOLO 1997)

Bellinzona pu essere suffragata dalla presenza di sepolture prive di corredo70. A Castel San Pietro gli edici di culto pi antichi sono andati interamente perduti, a testimoniare lappartenenza allaltomedioevo rimane nellodierna Chiesa Rossa (dedicata a S. Pietro) una lastra di ciborio o di pluteo, decorata ad intreccio
70 MEYER 1976. 71 DONATI 1980, pp. 52-55; il momento di maggior fortuna,

geometrico regolare, datato ad et carolingia (infra ). Sondaggi operati allinterno delledificio hanno rivelato la presenza di unarea cimiteriale tardoromana71 (Tav. XXIII). La fabbrica, in origine forse lignea, sorse quindi presso un insediamento preesistente, che continu a vivere da et gota al Rinascimento. A Morbio Superiore gli edifici che

grazie alla posizione in altura che domina il Mendrisiotto e la

Val dIntelvi, linsediamento forticato di Castel S.Pietro dovette averlo in et gota (nellarea sono state trovate monete di Giustiniano), MARTINELLI 1996 et al., pp. 129-205.

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Tav. XXIII) Chiesa Rossa a Castel San Pietro (da DONATI 1980)

attorniano loratorio di S.Martino (Tav. XXIV, un fabbricato quadrangolare allesterno, a pianta semicircolare allinterno e con un ambiente absidato) hanno fatto pensare che si trattasse di un edificio di culto integrato in una fortificazione, anche in considerazione del fatto che il luogo posto su una collina che controllava il passaggio, attraverso la Val di Muggio, verso la Val dIntelvi e il lago di Como72.
72 FOLETTI 1997.

Tendenzialmente le dediche santoriali degli oratori attivi nellaltomedioevo rimandano ad et tardoantica, S.Vittore ad esempio (Laino, Monte Brianza, Muralto, Arsago Seprio), S.Stefano (Muralto, Lecco, Garlate, Bulciago, Lenno), S.Carpoforo (Gorduno), SS.Nazaro e Celso (Garbagnate Monastero, Campione, Lanzo dIntelvi, Milano), SS.Cosma e Damiano (Como), per fare solo pochi

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Tav. XXIV) S.Martino a Morbio Superiore (da FOLETTI 1997)

esempi. S.Eufemia allIsola Comacina, fondata nel VII secolo, che ha la stessa dedica delle chiese di Piona e di Incino, riprende le esigenze di missionariato e di propaganda del culto tricapitolino, cui ader la regina Teodolinda, particolarmente diffuso nellarea del lago di Como e in Brianza73. Dai dati considerati risulta, inne, che numerosi edifici di culto sorsero sopra o nei pressi di
73 BOGNETTI 1967, pp. 305-345.

preesistenze romane 74, presso vici (S.Vincenzo in Galliano, SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio, S.Eufemia ad Incino), o nellarea di ville e di insediamenti romani (S.Stefano e S.Vittore a Muralto, S.Stefano di Garlate, S.Martino a Trezzo, Ta v. XXV, S.Eufemia allIsola Comacina), impostandosi o direttamente sui loro resti e utilizzandone spazi e ambienti o nei loro pressi (S.Ilario a Bioggio). In
74 BERTOLONE 1954 e 1958.

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Tav. XXV) S.Martino di Trezzo (da LUSUARDI SIENA1997)

Ta v. XXVI) S.Antonino a Besazio (da FOLETTI 1997)

molti casi si rileva una soluzione di continuit non quantificabile temporalmente, in altri casi uno iato molto breve. Questo pi evidente quando ledificio di culto altomedievale viene preceduto da un edicio duso religioso o funerario tardoantico, di cui ne costituisce la prosecuzione spesso con ampliamenti e mutamenti dutilizzo (SS.Nazaro e Celso ad Airolo, S.Stefano a Garlate, S.Vincenzo a Galliano, forse S.Vittore a Terno dIsola). Il caso pi frequente concerne il rapporto con aree cimiteriali tardoantiche (IV/V secolo) che si riscontra per S.Vittore a Terno dIsola, per SS.Pietro e Paolo e S.Abondio a Stabio, per la Chiesa Rossa a Castel S.Pietro, per S.Antonino a Besazio
75 BERTOLONE 1958, a proposito di una cava di pietra ollare a Chiavenna che conserva uniscrizione (nome proprio, del

( Ta v. XXVI), per S.Abondio a Mezzovico, per S.Lorenzo a Gudo, per SS.Nazaro e Celso ad Airolo. In conclusione si pu dire, anche pensando alla fondazione tardoantica di molti castelli, che nel passaggio allaltomedioevo lorganizzazione degli insediamenti preesistenti tenne perch non vennero meno le ragioni economiche, di sussistenza e di approvvigionamento dei prodotti rurali, e commerciali dettate principalmente dalle strade. I mutamenti riguardarono soprattutto lorganizzazione territoriale, non il lavoro agricolo e la frequentazione di depositi di materie prime (selve, cave 75 , miniere, laghi, fiumi, corsi dacqua, paludi), come in buona parte attestano
proprietario della cava ?) incisa nella parete datata allaltomedioevo.

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Tav. XXVII) S. Giorgio a Morbio Inferiore (da FOLETTI 1997)

anche le fonti scritte ( s u p r a ). Le vie, pur con nuovi percorsi, furono i principali fattori di continuit e sviluppo economico. Gli edifici di culto di nuova fondazione (VII secolo) non sono molti, tra questi S.Tom a Carvico (edicio ligneo di met VII), S.Martino a Sonvico (sepoltura di met VII), SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero (tomba di VII), SS.Pietro e Paolo a Stabio (met VII), S.Martino a T r e z z o (met VII) (Tavv. XIII, III, XXV). 3. Impianti edilizi ed arredi liturgici

La variet delle tipologie e di soluzioni costruttive ampia, per fare un esempio abbiamo: a) aule uniche a pianta rettangolare (o quadrangolare, Tavv. XI, XIV, X, XIX, XV, XII, VI, VII), distribuite prevalentemente in Canton Ticino, con datazioni tendenziali a partire dal V/VI secolo no ad esempi pi tardi. Spesso gli edici, che presentano questo impianto, sono di dimensioni modeste e hanno funzione di sacelli santoriali e mausolei
76 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995. 77 BROGIOLO 1995-97, pp. 236-238.

familiari. A questa tipologia appartengono, con dimensioni variabili, SS.Nazaro e Celso ad Airolo (IV/VI secolo, poi con abside semicircolare), S.Pietro a Gravesano (V/VI secolo, poi nel VI/VIII con abside semicircolare), S.Lorenzo a Gudo (VI secolo, cui venne aggiunto, agli inizi del VII secolo, un secondo corpo quadrangolare), S.Stefano di Muralto (IV/V secolo, ampliato nel VI/VII con unarea presbiteriale quadrata), S.Abbondio a Mezzovico (di VI secolo in legno, successivamente ampliato), SS.Quirico e Giuletta a Melide (VI/VII secolo, cui nel VIII/IX venne aggiunta unabside semicircolare), SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (VI/VII secolo, in et altomedievale ampliato e completato con laggiunta di unabside 76 ), S.Stefano a Garlate (fase pi antica, ampliata nel VII secolo con laggiunta di un corpo rettangolare assiale al primo e con la costruzione di unabside semicircolare77). b) aule uniche con abside quadrata (Tavv. III, XIV, XIX, XXII), gli esempi sono piuttosto numerosi in Canton Ticino78. In Italia sono attestati nelle regioni settentrionali. La tipologia, di tradizione
78 FOLETTI 1997.

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tardoantica, considerata propria dei territori transalpini79 prossimi alle Alpi. Di certo le testimonianze lombarde, piemontesi (chiesa e cappelle della Novalesa80), friulane (la chiesa di Nimis), si attestano soprattutto in area subalpina e prealpina, forse risentendo linflusso (o partecipando di una cultura comune) delle aree alpine pi settentrionali. La datazione del tipo va tendenzialmente da met VI al VII/VIII, pu trattarsi di mausolei familiari e di luoghi di preghiera, oratori. Hanno questa conformazione gli edici relativi a S.Abondio e a SS.Pietro e Paolo di Stabio (di V/VI secolo il primo, di prima met VII il secondo), S.Martino a Trezzo (met del VII secolo81), SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero (prima met VII82), S.Giorgio a Morbio Superiore (VII secolo), S.Martino a Morbio Inferiore (fase di VII secolo), S.Stefano a Muralto (ampliamento delledificio ad impianto rettangolare semplice, attribuito allVIII/IX secolo), S.Martino a Quinto (attribuita dubitativamente al IX secolo), S.Maria di Sumirago (di VIII/IX secolo)83, Madonna della Rocchetta (VII ?)84, il battistero di S.Giovanni ad Incino (V/VI secolo). A S.Stefano di Muralto si tratta di un ampliamento delledicio originariamente a pianta rettangolare attribuito allVIII/IX secolo85. c) chiese in legno documentate dal IV allVIII secolo (Tavv. XIV, XVII, XVIII), possono avere limpianto di un semplice sacello rettangolare o essere provviste di abside trapezoidale o semicircolare. In un secondo momento vengono ricostruite in muratura. Appartengono a questa categoria: S.Pietro a Gravesano (un sacello di III/IV secolo), S.Martino a Sonvico (prima met del VII secolo), Chiesa Rossa a Castel San Pietro (VII secolo?)86, S.Tom a Carvico (prima met VII), S.Ilario a Bioggio, edicio probabilmente a pianta rettangolare datato alla prima met dellVIII secolo (prima fase delledicio), S.Vittore a Terno dIsola (altomedievale ?), S.Maria Nullate a Fermo alla Battaglia (epoca altomedievale)87. d) aule uniche rettangolari con abside (Tavv. I, VIII, XVI, XVIII, XXVIII, XVII, XXVI), costruita come prolungamento dei muri perimetrali laterali o impostata sui perimetrali mediante muri ( spalle a ferro di cavallo) sono diffuse soprattutto dal VII secolo, quando edici pi antichi ad aula rettangolare vengono ampliati (vedi punto a). Nascono con questo impianto S.Maurizio a Erba (no al VII, poi biabsidata come S.Eufemia allIsola Comacina), S.Tom a Carvico (VII secolo), S.Zenone a Campione (VII secolo), S.Pietro a Campione
79 SENNHAUSER 1979, pp. 193-218, si veda anche lintervento tenuto al Seminario su tardoantico ed altomedioevo (Garda, 14-15 aprile 2000), sul tema Luoghi di culto e popolamento rurale tra VII e VIII secolo in Italia settentrionale. 8 0 CANTINO WATAGHIN 2000, pp. 129-141; BROGIOLO 1997, cit. 81 LUSUARDI SIENA1997, cit. 82 BASERGA1906, pp. 101-114.

(nella fase altomedievale pi antica), S.Ilario a Bioggio (forse gi nella fase in cui era costruita in legno), S.Pietro ad Arbedo (VII/VIII secolo), S.Pietro al Motto di Dongio (ne VI secolo), S.Martino a Sonvico (met dellVIII secolo), S.Antonino a Besazio (met del VII secolo), S.Martino a Mendrisio (VII secolo), il battistero di S.Giovanni allIsola Comacina. S.Vittore a Muralto ha navata e coro rettangolari (fase di VI/VII secolo), nei SS.Cosma e Damiano a Como ledicio pi antico ha pianta cruciforme di grandi dimensioni, poi ridotta ad aula unica absidata88. Attualmente non possibile ricostruire le piante di S.Vittore a Terno dIsola e di S.Vincenzo a Galliano (per la quale prevedibile unaula unica monoabsidata). Lampiezza delledicio, solo raramente riscontrata, pu incidere sul ruolo e sulle funzioni. Per quanto attiene agli elementi relativi allarredo sacro, panche, altari, transenne o gradini di separazione tra larea del coro presbiteriale e la navata possiamo considerarli indizi di svolgimento di attivit religiose di diverso tenore (preghiera, servizio religioso, ecc.). La presenza di reliquie, oltre alla titolazione, pu indicare culti e devozioni particolari di difcile denizione o uno status connesso al rilievo e alla capacit di attrazione, che i proprietari pubblici o privati delledicio desiderano trasmettere allesterno, con signicato a doppia direzione: dei nobili da un lato e della popolazione rurale dallaltro. Il prestigio di un luogo, oltre che dal rango del proprietario in caso di oratori privati, anche determinato dalla qualit degli arredi scultorei e dagli elementi decorativi (mosaici pavimentali, affreschi, epigrafi in memoria). Questi optional di qualit mettono spesso in relazione un edicio, apparentemente periferico, con centri abitati di maggior peso territoriale e con le citt (centri di produzionee luoghi di formazione di modelli culturali), sottolineandone limportanza locale e/o la subalternit rispetto ad essi. In questa direzione sono interessanti, ad esempio, il pluteo decorato ad intreccio geometrico regolare - e di buona fattura - conservato alla Chiesa Rossa di Castel San Pietro, che P.A. Donati (1980) datava ad et carolingia e voleva proveniente, per confronti, da Lugano o da Como. La decorazione scultorea e le epigrafi funerarie di Manifret e di Odelbertus di S.Vincenzo in Galliano rimandano quanto meno a contatti con lambiente milanese, come i papiri della stessa chiesa hanno confronti con altri conservati in S.Giovanni a Monza89. Gli elementi che
83 MARIOTTI 1992, pp. 83-89. 84 BROGIOLO 1997, cit. 85 FOLETTI 1997, cit. 86 DONATI 1980, cit. 87 CAPORUSSO 1994, pp. 175. 88 CALC 1993, pp. 99-100. 89 SANNAZARO 1994, cit.

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Tav. XXVIII) S. Paolo ad Arbedo (da FOLETTI 1997)

costituiscono laltare di S.Martino di Sonvico (colonne con capitelli di VIII/IX secolo) rispondono al clima culturale dellepoca -con confronti in S.Vincenzo a Galliano 90- lepigrafe funeraria di Aldo e Grauso dei SS.Pietro ed Andrea di Beolco, datata alla ne del VII secolo, stata riferita ad ambiente artistico pavese. Transenne e altri elementi di separazione tra pubblico ed eventuale ofciante sono a S.Zenone di Campione, nei SS.Nazaro e Celso di Airolo (in legno), ai SS.Nazaro e Celso di Garbagnate (un muro divisorio), al Motto di Dongio e in S.Pietro a Gravesano (in muratura intonacata), in S.Martino di Sagno presso Mendrisio (a lastre di granito con incavi); panchine per i fedeli in preghiera o i visi90 Altari pi poveri, a titolo di esempio, sono a SS.Nazaro e

tatori si hanno nei SS.Quirico e Giuletta di Melide. Nei casi di capselle e reliquiari, come in quello degli altari, esistono problemi irrisolti che riguardano la contemporaneit della nicchia o dellaltare con lepoca di fondazione o di ristrutturazione della chiesa. Altari e reliquie in ogni caso possono essere trasferiti 91 da altre localit e deposti in momenti successivi allapertura delledificio di culto per ragioni diverse (riconsacrazione, mutamenti di rito, riferimento a nuove dediche santoriali, esigenze di riqualicazione del sito per motivi di propaganda). Lo stesso vale per gli arredi liturgici (salvo quelli ssi e incorporati nella fabbrica), quali i plutei e i loro apparati architettonici, nonch in teoria per le epigrafi, che possono
91 Si veda lesempio eclatante della translazione delle reliquie a S.Giulia di Brescia dalla Gorgona, BROGIOLO 2000, pp. 143155.

Celso di Garbagnate Monastero e a S. Ilario di Bioggio, ma la casistica ampia, FOLETTI 1997.

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essere acquisiti in un momento successivo alla fondazione o alla ristrutturazione delledificio, segnando lo sviluppo economico del proprietario, della comunit e liturgico, ma che talvolta pongono problemi non da poco. Ad esempio laltare in marmo di S.Martino di Sonvico sembra stratigracamente coevo alledificio di culto pi antico costruito in legno. Ma la sua composizione lascia dubbi, infatti la mensa sorretta da una colonnina con capitello capovolto (a sua volta poggiante su unepigrafe romana): un rimontaggio dei singoli elementi incoerente e incomprensibile (visto che la mensa conserva lincavo di appoggio del capitello che avrebbe dovuto essere, quindi, immediatamente sotto la mensa). quasi certo quindi il suo trasferimento da altro luogo (supra). In base agli elementi disponibili sembra difcile, infine, definire lelemento discriminante dei diversi culti, ortodosso, ariano, tricapitolino (recepibile pi che altro dalla titolazione a S.Eufemia, nei casi comaschi). 4. Conclusioni Il VII secolo, per quanto scarsamente documentato archivisticamente e archeologicamente, ha tutte le caratteristiche di un periodo cruciale, di transizione tra una societ mobile ed una societ che va via via organizzandosi, in particolare per quanto riguarda la propriet terriera, le gerarchie sociali, i rapporti con il clero e il progressivo lento avanzamento verso lassunzione dei simboli di potere legati alla tradizione tardoantica. Assistiamo, infatti, nonostante lesiguit e la parzialit delle informazioni a disposizione, a numerosi esempi di sepolture in edifici di culto (mausolei, sacelli, oratori), scelti come luogo di memoria di s e della propria famiglia e di distinzione sociale. Da parte longobarda, la rappresentazione della propria appartenenza ad un alto ceto, o comunque alla societ dei liberi, ancora affidata al corredo funebre e alla nobilt della struttura funeraria (prevalgono infatti sepolture in sarcofagi di riutilizzo, tombe a lastre di pietra con copertura monolitica realizzate con cura). La distribuzione abbastanza tta di sacelli familiari e di mausolei indizio di una propriet terriera e di un ceto di deles del re che si sta territorializzando, facendosi seppellire dove, almeno transitoriamente, vive. Questa constatazione trova riscontro in quanto tramandato dai documenti scritti di VIII secolo, che parlano chiaramente di unalta nobilt

di sangue o di funzione, spesso di provenienza cittadina ma che vive nel contado, pur conservando legami con i centri urbani, la corte e lalto clero. La circolazione degli uomini, i contatti tra campagne, citt e centri abitati maggiori, traspaiono nel VII secolo anche dalla cultura comune che investe decorazione scultorea, cultura epigraca, metalli lavorati (provenienti soprattutto dalle sepolture). Chi lavora nel VII secolo non compare apertamente, ne chiaro dove si faccia seppellire (le possibilit sono molte), ma labitare dei proprietari fondiari sul territorio la prima prova della presenza di una popolazione rurale, che peraltro anima lEditto di Rotari (643), composta da servi, servi casati, massari, bovari, che lavorano la terra e attendono a tutti i lavori relativi allallevamento del bestiame, alla produzione e alla gestione della propriet. Lalta societ che progressivamente si sta stabilizzando nelle sue funzioni, sul territorio, culturalmente investe in ristrutturazioni e rifunzionalizzazioni di edici di culto. Nel VII secolo nascono molte chiese e gli edifici preesistenti vengono ampliati e dotati di spazi destinati alla preghiera o al culto (absidi, cori, ecc.). Sono investimenti spirituali, politici e di rappresentanza, limitazione si rivolge alle mode e alle scelte di una monarchia che fonda e dota di beni monasteri e chiese. Le campagne continuano ad essere lavorate e forniscono i prodotti per le classi alte, il clero, la popolazione rurale ed urbana. La distribuzione continua ed sorretta da una rete viaria e insediativa che, nonostante tutto, ha retto lurto delle guerre e delle occupazioni avvenute nel VI secolo. molto alta, infatti, la continuit/contiguit con insediamenti di et romana e tardoromana, esistono vuoti cronologici ancora da colmare, ma levidenza numerica dei riscontri fa pensare ad una buona tenuta insediativa. In questo periodo (con particolare attenzione per il secondo trentennio del VII secolo) cominciano a precisarsi i centri abitati che acquisiscono sionomia di villaggi (ad esempio Galliano, Agrate, Campione, Muralto, Stabio, Incino), in altri casi evidente la funzione residenziale di una famiglia o di una comunit (ad esempio Garlate, Ossuccio, Trezzo, Stabio), in altri ancora sembra prevalere il ruolo del singolo, fondatore, benefattore, signore del luogo (Garbagnate Monastero, Beolco, Gorduno). Si riconosce, inne, il ruolo territoriale, rivolto a pi centri demici, di un luogo di culto (Terno dIsola, Carvico, Muralto, Campione, Garlate, Incino).
La carta di distribuzione si deve a Diana Limonta

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Aurora Cagnana

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LUOGHI DI CULTO E ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO IN FRIULI VENEZIA GIULIA FRA VII E VIII SECOLO
Aurora Cagnana

Fig. 1) Il territorio dellattuale Friuli-Venezia Giulia in relazione ai conni della diocesi di Aquileia deniti nell811 (da TAGLIAFERRI 1981, rielaborata).

1. Il quadro delle circoscrizioni ecclesiastiche Per lo studio delle vicende del popolamento fra tarda antichit e altomedioevo, il territorio del Friuli Venezia Giulia pu essere considerato unarea campione di singolare importanza. Questa terra di frontiera, straordinariamente ricca di testimonianze archeologiche, stata teatro, come poche altre
* Ringrazio i colleghi Isabel A HUMADA, Eliano C ONCINA, e, in particolare, Fabio PIUZZI, che da molti anni operano sul territorio friulano, per il loro generoso aiuto. Dedico questo testo alla piccola Maddalena, che in questi giorni mi ha allietata con la sua nascita. 1Non si conosce il momento esatto in cui Aquileia fu elevata alla dignit metropolitica; di certo nel 314 non lo era ancora, se al

regioni italiane, di successive ondate migratorie, che hanno contribuito a spezzare lunit amministrativa precedente e a creare nuovi centri di potere. Quanto allorganizzazione ecclesiastica del territorio, essa rimasta a lungo imperniata su Aquileia, che nel corso del V secolo era divenuta sede di una nuova provincia metropolitica1. I conni della giurisdizione aquileiese, con le loro alterne vicenconcilio di Arles il vescovo Teodoro fa seguire al nome lindicazione topograca de civitate Aquileiensi, Provincia Dalmatiae (MENIS 2000, p.193). Secondo il Tagliaferri lautorit metropolitica di Aquileia si sarebbe consolidata fra gli anni 70 e 80 del IV secolo (TAGLIAFERRI 1981, pp. 10-11). In realt la prima notizia sicura risale al 442, anno in cui papa Leone Magno scrive al vescovo Januario invitandolo a indire un sinodo di tutti i suoi provincialium sacerdotum (MENIS 2000, p. 193).

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Fig. 2) Lepigrafe rinvenuta nella pieve di S.Maria Maddalena di Invillino, che menziona un Ianuarius presbiter (Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli).

de, ora dampliamento, ora di riduzione, possono costituire un indizio dimportanza non trascurabile per lo studio del popolamento rurale, soprattutto se esaminate in relazione alle testimonianze archeologiche dei luoghi di culto e in particolare delle chiese battesimali. Fra i secoli VII e VIII lorganizzazione territoriale della chiesa dAquileia attraversa importanti trasformazioni che interessano sia la circoscrizione diocesana, sia i conni della provincia metropolitica. Entro la prima met dellVIII secolo la diocesi aquileiese registra un notevole ampliamento della sua giurisdizione, dovuto allannessione dei territori di Julia Emona (Lubiana), dove lultimo vescovo attestato nel 590, e di Julium Carnicum (Zuglio), dove la serie dei vescovi si estingue con Amatore, attorno al 7402. In seguito a queste annessioni la congurazione territoriale della diocesi aquileiese divenne vastissima: comprendeva, infatti, la porzione orientale del Friuli Venezia Giulia, no al corso del Tagliamento, il Cadore, la Carinzia, la Stiria meridionale, la Slovenia. Con Carlo Magno il confine settentrionale fu ssato al corso della Drava, fra Lienz-Aguntum e Ptuj- Poetovium (Fig.1). Ad occidente esso era ancora costituito dal Tagliamento, oltre il quale si trovava la diocesi di Concordia, mentre a sud ricalcava per un buon tratto il corso della Kulpa. Pi incerti sono invece i limiti orientali, che dovevano comunque seguire in parte il corso del ume Solla e attraversare la Sava3. Questi limiti, ssati denitivamente allinizio del IX secolo, erano destinati a durare (con varia2 Per la storia della circoscrizione diocesana e metropolitica di Aquileia cfr. M ENIS 1964; T AGLIAFERRI 1981, p. 8 e ss.; MENIS 2000, pp. 193 207. Lultimo vescovo emonese noto, Patricius, partecip ai sinodi di Grado (573-577 e 579), mentre allepoca del sinodo di Marano, nel 590, risulta che si schier per la parte cattolica. Dopo questa data la sua sede vescovile dovette decadere (M ENIS 2000, p. 200). Lultimo vescovo di Julium Carni cum , invece, Amatore, attestato allinizio dellVIII secolo.

zioni poco signicative) no alle soglie dellepoca moderna, facendo di Aquileia la pi vasta diocesi dEuropa. Allampliamento della circoscrizione diocesana fa per da contrappunto, nel corso dei secoli VII e VIII, una vistosa contrazione della giurisdizione metropolitica; la divisione del patriarcato in seguito allo Scisma dei tre capitoli (sancita ufficialmente nel 607) e la conseguente creazione della nuova autorit metropolitica di Grado, comport una signicativa riduzione del territorio aquileiese. Tale divisione non fu superata neppure nel 699, in seguito alla ricomposizione dello Scisma, dato che, anche dopo quella data, i due patriarcati dAquileia e Grado continuarono a coesistere; il secondo vedr attribuirsi, quali suffraganei, diversi vescovati sorti lungo la costa veneto-bizantina. Ancora pi drastiche le riduzioni territoriali subite dalla Provincia Aquileiese sul confine settentrionale. Nel 798, infatti, la promozione di Salisburgo a sede metropolitana, voluta da Carlo Magno, comport la sottrazione ad Aquileia del territorio della diocesi di Sabiona (la cui sede si era nel frattempo trasferita a Bressanone) che venne annessa alla nuova provincia salisburghese4. In conclusione, nei secoli che si affrontano in questa sede, il territorio dellattuale regione Friuli Venezia Giulia risulta suddiviso in tre diverse circoscrizioni religiose: compresa nella diocesi di Concordia la parte ad Ovest del Tagliamento, nellimmensa diocesi aquileiese quella a Est e, inne, in quella di Grado la fascia lagunare. Sporadiche ma preziose indicazioni contenute
Come gi il suo predecessore Fidenzio (rifugiatosi attorno al 700 presso i duchi longobardi di Cividale) lasci JuliumCarni cum per recarsi a Cividale, dove incontr lopposizione del patriarca Callisto, ivi trasferitosi nel 737, per volont del quale si estinse la serie dei vescovi di Zuglio (MENIS 2000, p. 200). 3 Cfr. M ENIS 1964, p. 33; TAGLIAFERRI 1981, p. 9 4 MENIS 1964, p. 33.

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nelle fonti scritte attestano che, almeno dalla fine dellVIII secolo, le campagne friulane erano compiutamente suddivise in circoscrizioni plebanali. Nel Concilio tenutosi nel 796 a Cividale per volont del Patriarca Paolino, fra le altre disposizioni impartite al clero e alla popolazione rurale, si vieta anche di contrarre matrimoni sine notitia sacerdotis plebis5. Lesistenza di una rete di chiese battesimali sembra provata anche da unaltra attestazione di notevole interesse, costituita da un reperto epigraco, ritrovato murato nella chiesa pievana di S.Maria Maddalena a Invillino (Fig.2). Si tratta di un frammento di cimasa con tabella dedicatoria nella quale menzionato un Ianuarius presbiter e un famo lo Tevortoalio.6 Anche questo documento, che datato fra la ne del VII e linizio dellVIII secolo, attesta, indirettamente, lesistenza di un clero locale gi bene organizzato. Infatti, in tale periodo il termine presbiter (come archipresbiter, plebanus, praepositus) generalmente indicativo del chierico che ofcia una Fig. 3) La suddivisione del territorio del Friuli- Venzia Giulia in Arcidiaconati (da DE VITT 1990, rielaborata). chiesa battesimale e la rispettiva circoscrizione pievana7. Con tale interpretazione concorda inoltre la dedica a S. Giovanni Battista, che sembra appunto rimandare allesistenza di un battistero. co elenco delle pievi poste alla sinistra del TagliaPi problematica invece la menzione della mento risale al 1247; in quellanno esse furono sotecclesia Sancti Laurenti di Boga (Buia), nel Friuli toposte ad una decima stabilita dal patriarca Bercollinare, che appare in un diploma carolingio, toldo; rispetto a molte altre citt italiane, si tratta peraltro di dubbia autenticit8. Lespressione cum di un elenco piuttosto tardo, tuttavia per sette di omnibus facultatibus suis che vi ricorre stata queste pievi costituisce la prima citazione 14. Di assunta come prova della funzione pievana delledipoco successive sono le Rationes Decimarum ficio9 . Tuttavia, alla luce delle pi sistematiche (1296), rassegna pi completa della precedente15. ricerche sulle fonti scritte altomedievali, tale interIl quadro territoriale offerto da queste fonti dimopretazione appare piuttosto forzata; non sembra stra che nel XIII secolo il vasto territorio della diopossibile, senza espliciti riferimenti nelle fonti, cesi aquileiese era suddiviso in arcidiaconati, retti interpretare le citazioni di ecclesiae e delle relative da ecclesiastici che esercitavano poteri vicini a pertinenze fondiarie come pievi, tanto pi che nei quelli vescovili e che sinserivano perci fra i secoli VIII e IX le chiese pievane sono decisamente patriarchi e le pievi, troppo numerose e troppo lonpi rare delle fondazioni private10. tane per essere controllate direttamente da AquiFino al XII secolo, le indicazioni sullesistenza leia 16. Dei dieci arcidiaconati che costituivano il di chiese battesimali nelle campagne friulane sono territorio della diocesi, quattro erano in Italia: uno piuttosto sporadiche11. Solo col XIII secolo avanzacorrispondeva al Cadore e tre allarea dellattuale to si dispone del quadro completo di tali circoscriFriuli (Fig.3). Il pi vasto era larcidiaconato infezioni, sia per il territorio afferente alla diocesi di riore, che comprendeva quasi trenta pievi; quello Concordia12 sia per quello di Aquileia13. Il pi antisuperiore, esteso la met, corrispondeva alla
5 P IUSSI 1998 p. 62 cap. VIII, 15. 6 MOR 1964, p.367 e ss., data il pezzo fra VII e VIII secolo; in 10 SETTIA 1982, p. 445 e ss. 11 Per una puntuale rassegna delle fonti scritte cfr. D E V ITT

BIERBRAUER 1987, p.46; tav.9, il frammento datato alla prima met dellVIII secolo. 7 VIOLANTE 1980, p. 967. 8 MGH Dipl. Karol. I, 234, n.175. In realt non certo se si tratti di un originale o di una copia posteriore (al proposito cfr. MENIS, 1982, col. 97, n. 30). 9 M ENIS 1982, cc. 46-47.

1990, pp. 44-53.


12 DEGANI 1977. 13 SELLA VALE 1941. 14 MARCUZZI 1910 Sinodi, p. 327 (DE VITT 1990, p. 34, nota 4). 15 SELLA VALE 1941; DE VITT 1990, p. 34. 16 SELLA VALE 1941, XXVI-XXX.

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fascia collinare e pedemontana ed era suddiviso in quindici pievi; infine quello della Carnia abbracciava lalta montagna e, pur essendo di poco maggiore, comprendeva solo undici pievi. Sulle valli Fella e Resia i diritti arcidiaconali erano invece esercitati dal monastero di Moggio, mentre analoghi diritti detenevano il capitolo di Cividale e quello di Aquileia17. Tale suddivisione, che secondo il Menis risalirebbe allAltomedioevo 1 8 , sembra rispecchiare, essenzialmente, i caratteri geograci del territorio, in quanto corrisponde in larga misura alle tre diverse aree di pianura, collina e montagna. Anche se la sua compiuta denizione non si coglie prima del XIII secolo, in ogni caso utile porre a confronto la diversa entit del popolamento in queste tre aree geograche. Si pu osservare, ad esempio, che mentre non vi una grande differenza fra zona collinare e pianura (la prima comprende, infatti, quindici pievi; la seconda, vasta il doppio, ne comprende trenta), la zona montana decisamente meno popolata e le circoscrizioni religiose raggiungono talora unestensione enorme. il caso della pieve di Gorto, che si estendeva sulle valli del Degano, Pesarina, Calda e sulla conca di Sappada, con una circoscrizione che corrisponde a tre o quattro delle pi piccole pievi della zona collinare. Alcuni studiosi hanno osservato che tale differenza potrebbe essere dovuta alla pi antica cristianizzazione della zona pianeggiante e collinare, ma anche alla persistenza, in montagna, di antiche circoscrizioni, insieme ecclesiastiche e civili, le quali non subirono smembramenti nel corso dei secoli: le pievi di valle19. Vedremo pi avanti come lesame dei dati archeologici pi recenti consenta di modicare, almeno in parte, questo quadro. 2. La situazione delle ricerche archeologiche Le vicende della cristianizzazione rurale di questo ampio e articolato territorio hanno costituito loggetto di ricerca di diversi studiosi, ai quali si deve la raccolta sistematica delle fonti scritte e materiali e talora anche la proposta di modelli interpretativi di carattere pi generale. Per Pio Paschini, ad esempio, le prime pievi del territorio friulano corrisponderebbero ai pi antichi luoghi forticati, ma tale ricostruzione, come stato giustamente osservato, fondata solo su labili indizi e su ipotesi presentate con sicurezza eccessiva20. Non priva di stimoli pure la ricostruzione di Guglielmo Biasutti, anche se basata su un assunto metodologico piuttosto tradizionale, qual la presunta successione cronologica delle dedicazioni dei santi21.
17 DE VITT 1984, p. 25 e ss.; DE VITT 1990, pp. 1 32. Per lorigi-

Interessanti contributi a questo tema sono stati offerti anche da alcuni insigni studiosi, i quali hanno affrontato lorigine dellistituto plebanale in particolari porzioni del territorio22. Assai ricco e articolato in particolare il quadro proposto da Gian Carlo Menis, anche perch fondato su solidi presupposti metodologici, ovvero sul sistematico raffronto fra dati archeologici e testimonianze provenienti dalle fonti scritte23. Secondo questo studioso, al quale si deve la pi completa analisi critica dei monumenti paleocristiani e altomedievali della diocesi dAquileia, un consistente fenomeno di cristianizzazione del territorio avrebbe preso avvio fra la ne del IV e linizio del V secolo, e sarebbe testimoniato da una notevole quantit di evidenze archeologiche, oltre che da riferimenti letterari. Fra questi ultimi il pi significativo sarebbe il sermo rusticus, nel quale il vescovo Fortunaziano avrebbe redatto un breve commento ai Vangeli, con lo scopo di rivolgersi a una gran parte della popolazione celtica romanizzata della pianura friulana24. Una seconda ondata di evangelizzazione, fra la fine dellVIII e linizio del IX secolo, sarebbe stata guidata da Aquileia nei confronti delle popolazioni poste al di l delle Alpi e si sarebbe diretta verso la Carniola, la Stiria, la Croazia. Infine una generale riorganizzazione del popolamento rurale sarebbe stata realizzata dopo la met del X secolo, epoca alla quale risalirebbe anche listituzione degli Arcidiaconati sopra descritti25. Pur riconoscendo limportanza e la sistematicit di questi contributi, dai quali non si pu ovviamente prescindere, non pare per inutile tentare una rilettura di tutti i dati archeologici no ad ora raccolti, focalizzando lattenzione sui secoli VIIVIII, epoca di grandi trasformazioni storiche e politiche, il cui riesso sullorganizzazione del territorio stato di non poca importanza. Attraverso lo spoglio delle pubblicazioni regionali di carattere storico-archeologico, unitamente allesame di alcuni dati di scavo ancora inediti, conservati presso gli archivi del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli, ho potuto raccogliere testimonianze materiali relative a quarantasei luoghi di culto, distribuiti nei territori extraurbani, per i quali sono attestate fasi di VII e VIII secolo (Fig 4 e Fig.5). Queste testimonianze materiali si trovano un po in tutto il territorio regionale, ma in prevalenza nellarea collinare e nella pianura. Fra gli indicatori archeologici ho considerato sia i frammenti scultorei darredo liturgico, indizi inequivocabili dellesistenza di chiese, sia i resti murari veri e propri, relativi a edici posti in luce
21 BIASUTTI 1966. 22 CUSCITO 1987; MOR 1969. 23 MENIS 1958, MENIS 1999. 24 Lespressione riportata in San Gerolamo, De viris illustri bus, 97; cfr. MENIS 1974, p. 53. 25 MENIS 1964, p. 33.

ne di tale istituzione cfr. anche MENIS 1964, p. 34. 18 MENIS 1964, p. 34. 19 DE VITT, 1984, p. 27. 20 DE VITT 1990, p. 45. Cfr. P ASCHINI 1975, p. 340.

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attraverso ricerche archeologiche. Nove chiese sono indiziate soltanto da resti murari; ventisette solo da reperti scultorei, mentre in dieci casi lesistenza di un luogo di culto con fasi di VIIVIII secolo testimoniata sia da resti archeologici che da frammenti di arredo liturgico. Per quanto concerne i reperti scultorei, si dispone del poderoso c o r p u s curato da A m e l i o Tagliaferri relativamente alle citt e al territorio delle diocesi di Aquileia e Grado26. Ai reperti in esso raccolti vanno aggiunti quelli provenienti dal Friuli occidentale, ovvero dalla diocesi di Concordia, studiati in particolare dal Gaberscek27. Se si considerano poi altri ritrovamenti sporadici, editi solo parzialmente28, si dispone in totale di circa 120 frammenti di arredo liturgico, provenienti da chiese sparse nel territorio rurale. interessante osservare che, fra questi, Fig. 4) Localizzazione dei luoghi di culto con fasi di VII-VIII secolo trentatr pezzi presentano una attestati da elementi archeologici. Il numero entro cerchio indica la datazione piuttosto ampia (VIIIpresenza di strutture murarie, il numero semplice i ritrovamenti di IX secolo), undici sono databili arredo liturgico. allinizio dellVIII secolo; trentacinque al pieno VIII secolo e quarantuno fra la ne dellVIII e linizio del IX secolo29. Sono invece diciasette le chiese con fasi di VIIstruzione pressoch completa della pianta (comVIII secolo attestate da resti archeologici. Fra queplesso di colle Zuca e S.Maria Maddalena a Invilliste quattro sono indiziate solo da lacerti murari no; S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano, S.Pietro di (S.Maria di Gorto, S.Giorgio di Nogaro, S.Marco in Ragogna, SS.Gervasio e Protasio di Nimis, Basiliano; S.Giuliano a Grado). Per altre quattro S.Lorenzo di Buia, S.Martino a Rive dArcano, la planimetria pu essere ricostruita parzialmente S.Andrea di Venzone, S.Maria in Sylvis di Sesto al (S.Martino di Ovaro, S.Pietro ad Osoppo, S.MartiReghena). no dAsio, S.Daniele), mentre per ben nove edici i Va osservato per che la qualit metodologica resti archeologici sono tali da consentire una ricodelle ricerche di valore disuguale: oltre la met di
26 TAGLIAFERRI 1981, nel quale sono catalogati circa 600 pezzi,

provenienti soprattutto dai grandi centri di Grado, Cividale, Aquileia e, in misura minore, dal territorio extraurbano. 27 GABERSCEK 1980; dove si esaminano in particolare i frammenti di Sesto al Reghena, oltre ad altri frammenti sporadici provenienti dal territorio del Friuli occidentale. Per Sesto al Reghena cfr. inoltre L AMBERT 1999. 28 il caso dei pezzi di Visco, Mariano, Farra, per i quali cfr. TOMADIN 1986. 29 Delle ventisette chiese attestate solo da resti scultorei conservano manufatti di datazione ampia, fra VIII e IX secolo, le chiese di: S.Maria di Udine (TAGLIAFERRI 1981, pp. 324 328); S.Maria Assunta in Basiliano (TAGLIAFERRI 1981, pp. 201-202); S.Maria Assunta a Muggia (CUSCITO 1995, p. 387 e ss.); S.Martino a Muggia (CUSCITO 1975); S.Michele a Iudrio, Cormons (TAGLIAFERRI 1986, vol. II, p. 294); S.Giovanni in Tuba a S.Giovanni al Timavo (T A G L I A F E R R I 1981, pp. 303 309); S.Ulderico a Flaibano (TAGLIAFERRI 1981, pp.309 310); S.Giovanni Battista a Firmano, Premariacco (TAGLIAFERRI 1981, pp.314-315); a S.Giovanni di

Cordenons; S.Giacomo al Castello di Maniago; S.Martino di Meduno; nella chiesa dei Battuti di Prata; a S.Fosca di Solimbergo; nel cortiletto della porta orientale di Spilimbergo (GABERSCEK 1980, p.137 e segg.); a Farra dIsonzo, e a Mainizza (TOMAD I N 1986); a S.Martino di Visco (T A S S I N 1983, pp. 17-18); a S.Maria di Barbana, nellisola di Grado (TAGLIAFERRI 1981, pp. 424 425); a S.Michele a Castelmonte. Frammenti di arredo liturgico databili allinizio dellVIII secolo sono invece attestati nelle chiese di S.Giorgio in Brazzano (Cormons) (TAGLIAFERRI 1981, pp. 302-303); mentre al pieno VIII secolo risalgono invece i pezzi rinvenuti a San Canzian dIsonzo (TAGLIAFERRI 1981, pp. 318-319). Elementi di arredo liturgico databili fra la ne dellVIII e linizio del IX sono inne attestati nelle chiese di S.Stefano in Clama, ad Artegna (TAGLIAFERRI 1981, pp. 198-201); nel S.Lorenzo in Villuza a S.Giacomo di Ragogna (TAGLIAFERRI 1981, pp. 315-316); nei SS.Vito, Modesto, Crescentio a Fagagna (TAGLIAFERRI 1981, pp. 319-320);a S.Martino a Turrida di Sedegliano (TAGLIAFERRI 1981, pp. 320-323); a S.Girolamo a Cervignano (BUORA 1984, pp. 35-36); a S.Pietro di Zuglio (TAGLIAFERRI 1981, pp. 334-338; GABERSCEK 1986-87, pp. 39-41).

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Fig. 5) Tabella riassuntiva dei luoghi di culto con fasi di VII-VIII secolo attestati da elementi archeologici.

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Fig. 6) Planimetria della pieve di S.Maria di Gorto, con evidenziati alcuni lacerti murari in fase con una sepoltura (S) (da CALLIGARO 1997).

questi edifici stata messa in luce nel corso di scavi effettuati velocemente, nellurgente necessit di ricostruire i crolli causati dal terribile sisma del 1976. Il recupero necessariamente affrettato dei dati ha comportato perci la perdita di buona parte delle informazioni. Non mancano per, anche in questi casi, essenziali relazioni di scavo, talora corredate almeno da alcune osservazioni sulle relazioni stratigrache fra i muri, oppure fra strutture murarie e tombe databili in base al corredo. Anche dal punto di vista della distribuzione territoriale, gli edici attestati rappresentano un buon campione di dati: cinque si trovano nellarcidiaconato di Carnia, otto nellarcidiaconato superiore e tre in quello inferiore; due chiese sono attestate anche nella diocesi di Concordia e una nella fascia lagunare (Fig. 4). Si dispone perci di una base statistica sufficientemente ampia per ricostruire un panorama generale e per tentare di proporre alcune considerazioni interpretative. 3. Chiese e popolamento altomedievale nellArci diaconato di Carnia Le strutture murarie poste in luce nel sottosuo30 DALLOSTE, 1999, p. 17 e ss.

lo della pieve di S.Maria di Gorto (n.1), su un rilievo dominante la valle del Degano, rivestono unimportanza notevole trattandosi di una chiesa che, dal XII secolo, attestata come centro di un vasto territorio pievano 30. Gli scavi condotti nel 1986 hanno posto in luce il livello della chiesa bassomedievale, pavimentato con lastre scistose che sigillavano una successione di eventi pi antichi, pur troppo indiziati soltanto da modesti lacerti murari. Si sono per distinte almeno tre fasi: la prima era rappresentata da un muro appoggiato direttamente sulla roccia; alla seconda risaliva la costruzione di una vasca in fase con un piano di calpestio e con un muro (Fig.6); mentre in una terza fase erano state realizzate strutture murarie con un orientamento completamente diverso, associate a due inumazioni. Il ritrovamento di un frammento scultoreo attribuibile ai secoli VIII-IX suggerisce che a tale periodo sia da ricondurre una delle sequenze individuate, anche se non possibile stabilire quale31. Problematica risulta inoltre la funzione della vasca realizzata nella seconda fase, di forma rettangolare, dotata di due scalini alle estremit, rivestita di cocciopesto alle pareti. Bench si sia supposto che si tratti di una vasca battesimale, sembra per pi accettabile lipotesi di una sepoltura, anche in conseguenza del fatto che era
31 CALLIGARO 1997, p. 137 e ss.

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Fig. 7) S.Martino di Ovaro. Planimetria dei resti del complesso cultuale rinvenuto sotto la chiesa tardo-gotica (scavi 1992 - 1995).

coperta con un lastrone di pietra. In base ai dati disponibili si pu in conclusione affermare che nel sottosuolo della chiesa pievana di S.Maria di Gorto non si sono rinvenute tracce sicure dellesistenza di un luogo di culto anteriore allVIII-IX secolo. La presenza di sepolture parrebbe invece pi antica se si considera che in una di esse stato rinvenuto un orecchino, confrontabile con un analogo esemplare da Ptuj (Slovenia), datato alla fine del IV secolo32. Ancora inedita invece una scoperta archeologica di notevole rilievo, effettuata nel sottosuolo della chiesa di S.Martino di Ovaro (n.2), menzionata a partire dal XIV secolo quale suffraganea di S.Maria di Gorto33 . Ledificio di culto attuale, di aspetto tardo gotico, ubicato poco lontano dalla chiesa matrice, ma in posizione pianeggiante, presso il ume Degano. Nel 1992 la realizzazione di una trincea lungo tutto il perimetro della chiesa, per il drenaggio e il consolidamento delle fondazioni, ha posto casualmente in luce alcune sepolture ad inumazione, sistemate entro fosse delimitate da pietre, che risultavano tagliate dai muri delledicio medievale (Fig.7). Ulteriori sondaggi effettuati allinterno della chiesa attuale hanno portato allindividuazione di altre sepolture
32 Ibidem, p. 146; g. 7. 33 DALLOSTE 1999, p. 76, doc. n.7.

e di opere murarie di notevole interesse. Sotto al pavimento stata, infatti, evidenziata la presenza di un piano duso pi antico, formato da lastre di pietra e databile al XIV secolo in base ai reperti numismatici. Il sottostante piano di preparazione sigillava i resti di una poderosa struttura muraria, costituita da bozzette legate da calce, dello spessore di cm 120 in fondazione e di cm 105 in elevato (Fig.8). Tali resti murari sembrano delimitare una pianta poligonale, con diagonale di oltre m 5,00 e lati di m 2,5 circa. Una serie di sepolture a inumazione risultava in parte addossata ai muri delledicio e in parte tagliata dalle fondazioni della chiesa trecentesca. Da una di queste si recuperato un orecchino a lunula di tipo paleoslavo, che per la forma e per i caratteri della decorazione trova puntuale riscontro in un esemplare dalla necropoli di Kranje (Slovenia) databile fra la ne del IX e gli inizi dellXI secolo 34. Pur in mancanza di uno scavo in estensione comunque possibile riconoscere una sequenza cronologica relativa che vede nella costruzione poligonale lelemento pi antico, rispetto al quale le inumazioni risultano immediatamente posteriori; una di queste risale, con ogni probabilit, a unepoca compresa fra la ne del IX e linizio dellXI secolo. Il tutto stato poi sepolto
34 SAGADIN , 1988, p. 112 e ss.; tav. 18; tomba n 118, nn 7,8.

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Fig. 8) S.Martino di Ovaro. Particolare delle strutture murarie rinvenute sotto al pavimento della chiesa attuale.

sotto il pavimento trecentesco della chiesa di San Martino, pi volte rimaneggiata nel corso dei secoli. Quanto alledicio poligonale, non pare infondata lipotesi che in esso sia da riconoscere una struttura battesimale, anche se saranno necessarie ulteriori verifiche archeologiche, alle quali si rimanda anche per una puntualizzazione cronologica del manufatto. Ulteriori sondaggi di scavo, condotti fra il 1995 e il 1999 nella zona esterna, in aderenza al lato Nord della chiesa35, hanno portato allindividuazione di strutture murarie che delimitavano un grande edicio dotato di un accesso sul lato Sud. Ivi stata individuata anche una zona sepolcrale, costituita da inumazioni plurime, deposte entro fosse foderate di pietre, oppure delimitate da lastroni monolitici di rocce scistose (Fig.9). Anche in questo caso non possibile ssare una puntuale sequenza cronologica per questi eventi, ma si pu osservare la forte somiglianza tipologica di alcune tombe con analoghi sepolcri del complesso di Colle Zucca, a Invillino. In particolare la tomba 8 di Ovaro, parallela al muro E-W delledicio, presenta dimensioni di m 1,87 x 0,80, forma trapezoidale, fondo intonacato dipinto di rosso, cuscini lapidei sui lati brevi E ed W, deposizione plurima di sei
35 CAGNANA c.s.

individui in posizione supina, progressivamente respinti su un lato del sepolcro, che doveva essere riaperto ogni volta che veniva introdotto un nuovo individuo (Fig.10). Anche questi caratteri trovano puntuale riscontro in alcune tombe del complesso di Colle Zuca a Invillino. In particolare la tomba 18, sistemata nellabside Sud della tricora e coeva alla chiesa altomedievale (per IV), presenta gli stessi caratteri della tomba di Ovaro. Dopo questa prima serie di indagini sembra pertanto possibile affermare che nei pressi della chiesa di S.Martino, su una vasta area pianeggiante, dove nessun indizio nelle fonti scritte faceva presumere lesistenza di strutture precedenti, larcheologia rivela invece considerevoli tracce di un complesso di culto, molto probabilmente battesimale, nei pressi del quale si continuato a seppellire anche nel corso dellAltomedioevo. Fino ad oggi non disponiamo di elementi archeologici certi per stabilire la cronologia del primo impianto, ma i caratteri architettonici e le dimensioni del grande edicio poligonale sembrano richiamare da vicino il battistero di Hemmaberg, datato al V secolo36. Resta da chiarire anche la cronologia di una fase di distruzione, evidenziata dalle tracce di un incendio che ha termotrasformato la soglia in pietra dellapertura
36 BIERBRAUER 1988, p. 48 e ss.; GLASER 1991; GLASER 1997, pp. 96-121.

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coli cimiteri, che, per i caratteri dei sepolcri e degli oggetti di corredo, sono ben inquadrabili fra V-VI e VIIVIII secolo37. In genere tali ritrovamenti sono costituiti da piccoli gruppi di tombe, come si evince dalle espressioni alcune, quattro, un piccolo sepolcreto, che ricorrono nelle relazioni, non di rado corredate da schizzi o disegni. Tali sepolture sono generalmente costituite da fosse delimitate e protette da lastroni in pietra; talora (come nei citati casi di Ovaro e Invillino) stata evidenziata anche la presenza di cuscini lapidei. Oltre ai caratteri dei sepolcri, sono soprattutto gli oggetti di corredo rinvenuti al loro interno che forniscono ulteriori elementi di cronologia: frequenti sono gli orecchini a tre cerchi, ritrovati anche a Invillino e nelle necropoli dellIstria, che ben si datano fra la ne del VI e la met dellVIII secolo, ma con una massima diffusione allinizio del VII secolo38. In altri casi sono invece presenti orecchini a lunula con terminazione seghettata a frangia, oppure decorata a cerchielli incisi. Le fibule in bronzo fuso, con decorazione a cerchielli incisi, attestate nel tipo cruciforme, zoomorfo, a disco, sono presenti anche a Invillino (periodo III, secoli V-VII) e sono assai Fig. 9) S.Martino di Ovaro. Particolare dellarea sepolcrale posta frequenti nelle sepolture tardoantinei pressi delledicio di culto. che di tutto larco alpino orientale39. Un ulteriore indicatore archeologico rappresentato dal coltellino con posta sul lato Sud. Tale evento traumatico non caratteristica terminazione ad anello, detto tipo sembra comunque avere messo fuori uso il comFarra, deposto frequentemente nelle sepolture e plesso, la cui frequentazione sembra essere contidatabile fra VI e VII secolo40.A questi ritrovamennuata anche successivamente allincendio. Se il ti casuali va aggiunto lo scavo sistematico, edito seguito delle ricerche archeologiche, previste per solo parzialmente, di una piccola necropoli formalestate 2000, non contraddir le ipotesi interpreta da oltre cinquanta tombe, posta in luce in locatative fin qui prospettate, il complesso di Ovaro lit Liariis, poco distante dalla chiesa battesimale parrebbe da considerare come una ecclesia bapti - di Ovaro41. Anche in questo caso le tombe presensmalis alla quale doveva fare riferimento la popotavano una tipologia analoga a quella sino ad ora lazione rurale delle vallate vicine. descritta e molte recavano oggetti di corredo (buA tale proposito larcheologia offre una serie le in bronzo, coltelli tipo Farra, orecchini, eccetepiuttosto ricca di dati che attestano lesistenza, ra) ben databili fra VI e VII secolo. Da questa ricca proprio fra V e VII secolo, di un tto popolamento serie di testimonianze archeologiche si evince perdelle valli del Degano, del But e dellalto Tagliaci un quadro territoriale caratterizzato da un tto mento (Fig.11). popolamento sparso, costituito da modesti nuclei Non pochi ritrovamenti occasionali effettuati abitati. Questa rete demografica (dovuta forse a in passato attestano lesistenza di oltre venti siti, un fenomeno di ripopolamento tardoantico della costituiti da singole sepolture o, pi spesso, da picmontagna) doveva fare riferimento, per gli uffici
37 La fonte bibliograca principale costituita da BROZZI 1989, 39 Cfr.B IERBRAUER 1991, p. 123 e ss.; BIERBRAUER 1987, pp. 145-

che ha raccolto con sistematicit tali testimonianze. Per un primo studio del popolamento tardoanticoaltomedievale in questarea cfr. inoltre CAGNANA, C ONCINA, c.s. 38 BIERBRAUER 1986, p. 147 e ss.; T ORCELLAN 1986, pp. 43-46.

147.
40 GIOVANNINI, 1989, pp. 35-36. 41 CONCINA 1992; CONCINA 1997.

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Fig. 10) S.Martino di Ovaro. Particolare della tomba n. 8, con 6 inumazioni.

Fig. 11) Distribuzione territoriale delle testimonianze archeologiche databili fra V e VII secolo rinvenute in Carnia.

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Fig. 12) S.Stefano di Cesclans. Planimetria delle varie fasi architettoniche. A tratteggio tto la chiesa con torrione antistante, databile allVIII secolo (da PIUZZI 1998).

Fig. 13) La pieve di S.Pietro di Zuglio.

religiosi, ai grandi complessi cultuali posti in luce dalla ricerca archeologica a Julium Carnicum, sul colle Zuca di Invillino, ed ora anche a S.Martino di Ovaro La funzione battesimale di questi complessi indicata dalla presenza di appositi edici, mentre non sembra che essi abbiano rappresentato un luogo obbligato di sepoltura per la popolazione rurale che, a quanto risulta, deve aver continuato a usare piccoli cimiteri posti accanto ai villaggi. probabile che le sepolture che si trovano presso i grandi complessi di culto siano da riferire a personaggi ragguardevoli, oppure ad alcune delle famiglie locali. Il fatto che la chiesa battesimale non costituisca il centro cimiteriale per il circondario si accorda, daltra parte, con quanto emerge dallanalisi delle fonti scritte, che indicano solo nellet carolingia laffermazione dellobbligo di sepoltura presso la chiesa pievana42. Il quadro n qui delineato si rivela importante anche in relazione alla storia delle circoscrizioni
42 Cfr. S ETTIA 1982, pp. 457-458: se ne deve concludere che

ecclesiastiche di questarea alpina. Intanto parrebbe da rivedere lipotesi che nella chiesa di S.Maria di Gorto, pieve nel XII secolo, sia da identicare la chiesa battesimale della valle del Degano gi dal V secolo, come proposto in passato43, poich tale ipotesi non si concilia con il ritrovamento, poco lontano, dei poderosi resti del complesso cultuale paleocristiano di S.Martino di Ovaro. dunque pi probabile che in et tardoantica fosse questultimo il centro battesimale di riferimento per un ampio comprensorio rurale; in un momento ancora imprecisato dellAltomedioevo tale funzione deve essere stata trasferita alla chiesa di Gorto. Purtroppo la frammentariet dei dati archeologici rinvenuti negli scavi della pieve di S.Maria ha impedito di stabilire con certezza in quale momento questo luogo sia divenuto sede di una chiesa battesimale. Il ritrovamento di un frammento scultoreo databile fra VIII e IX secolo, indizio, quantomeno, di un rinnovamento dellarredo liturgico,
ma, legato da allora allamministrazione del battesimo la pieve tender ad acquisire stabilmente anche il monopolio delle deposizioni funebri. 43 MENIS 1994, p. 66; g.5.

nemmeno in Italia possibile parlare di un originario diritto di sepoltura riservato alla chiesa battesimale; forse soltanto a partire dal IX secolo insieme con il diritto di riscuotere la deci-

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potrebbe suggerire che anche il trasferimento della funzione battesimale da Ovaro a Gorto sia da ssare in tale arco cronologico. Lipotesi di uno spostamento della chiesa battesimale verso una posizione daltura parrebbe indirettamente rafforzata anche dai risultati degli scavi effettuati recentemente nella chiesa di S.Stefano di Cesclans (n.6), attestata come pieve nel XIII secolo e posta poco distante dalle precedenti. Le indagini nel sottosuolo hanno, permesso di datare in unepoca non anteriore allVIII-IX secolo i resti di un edificio di culto (Fig. 12), dotato di un torrione di ingresso44. Alcuni frammenti ceramici riconducibili al VII-VIII secolo, infatti, erano sigillati dai muri perimetrali delledicio, per il quale costituiscono perci un termine post quem che fa escludere lesistenza di una chiesa anteriore al VII secolo inoltrato. Piuttosto la costruzione delledicio di culto stata preceduta da due fasi di sepolture, la pi antica delle quali era costituita da una sorta di mausoleo o tomba monumentalizzata, scavata nella roccia e poi intonacata. Fig. 14) S. Pietro di Zuglio. Frammento di arredo scultoreo. Questi dati sembrano indicare che, analogamente al caso di S.Maria di Gorto, anche per la pieve di S.Stefano di Cesclans pare da escludersi unorigine paleocristiana, fra V e VI secolo, come dopo il 1984 e databili fra la seconda met dellVIII proposto in passato45. I dati archeologici portano e linizio del IX secolo 48. Tali reperti indicano, infatti a collocare dopo la ne del VII secolo la fonancora una volta, lesistenza di una consistente dazione della chiesa battesimale di S.Stefano. fase architettonica da porsi fra la ne dellVIII e Pi problematico invece ricostruire la cronolinizio del IX secolo, anche se non dato sapere se logia di unaltra pieve daltura: S.Pietro di Zuglio si tratti della riedicazione oppure della costruzio(n.5; Fig.13). Non ben chiaro, infatti, a quali ne ex novo della chiesa battesimale. comunque prove archeologiche si riferiscano gli Autori che signicativo che tale intervento sia di poco postesostengono lesistenza di resti paleocristiani sul riore alla soppressione del vescovato della sottoluogo46. Solo uniscrizione che menziona il vescovo stante citt di Julium Carnicum. Januarius, databile al 490 d.C., fu vista nel 1453 In questo quadro territoriale pare piuttosto stida Ciriaco dAncona in vertice montis in eccl(es)ia molante tentare anche una rilettura delle celebri S(an)ctorum Petri et Paulie and in seguito perevidenze archeologiche rinvenute a Invillino, sul duta47. Non vi alcun elemento per stabilire che colle Zuca (n. 3) e sul colle Santino (n. 4) (Fig.15). quella fosse la sua posizione originaria; anzi pare Nel primo caso il grandioso complesso cultuale, assai pi probabile che essa vi sia stata trasferita forse dotato di battistero, mi pare difficilmente dalla sottostante area paleocristiana di Zuglio. Di interpretabile come luogo di culto del modesto abinotevole importanza inoltre la presenza del ricco tato posto in luce sul colle Santino. Pi probabilcontesto di frammenti scultorei (plutei, amboni, mente da ravvisare in esso una grandiosa chiesa cibori, cornici; Fig.14) rinvenuti in buona parte battesimale, punto di riferimento per un pi ampio
44 P IUZZI 1998, pp. 394-395. 45 AA.VV. 1987. 46 Per un riassunto degli studi sulla pieve di S.Pietro di Zuglio 47 QUAI 1973, p. 113. 48 TAGLIAFERRI 1981, pp.332-338; GABERSCEK 1986-87, pp.39-40.

cfr. T AGLIAFERRI 1981, pp. 332-333, nota 1.

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Fig. 15) Ubicazione del colle Zuca (sede di un complesso paleocristiano) e del monte Santino (sede della pieve altomedievale di S.Maria Maddalena) in un rilievo del 1804.

Fig. 16) Colle Zuca (Invillino). Resti della chiesa altomedievale impostata sui ruderi della tricora paleocristiana (da VANNACCI LUNAZZI 1997).

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Fig. 17) Invillino. Planimetrie delle chiese altomedievali di colle Zuca (a sin.) e di S.Maria Maddalena (a destra) (da BIERBRAUER 1988).

Fig. 18) Venzone. Planimetria degli scavi del duomo di S.Andrea con evidenziata la fase di VI-VII secolo (rilievo Soprintendenza B.A.A.A.A.S. del Friuli V. Giulia).

comprensorio rurale. In seguito a un incendio, che Bierbrauer colloca intorno al 600 d.C., luso della grande aula interrotto e sui resti della tricora viene edificata una chiesa assai pi modesta, di forma rettangolare (Fig.16), che resta in uso no al IX secolo49. Il luogo di culto di riferimento del comprensorio rurale si sposta allora sul colle Santino (signicativamente denominato in loco colle della pieve), dove gli scavi hanno posto in luce i resti di una chiesa rettangolare, associata ad un cimitero di VIII secolo. Questo edificio, provvisto di vasca battesimale in entrata, stato realizzato in due fasi, essendo stata aggiunta in un secondo momento labside quadrata (Fig.17). Purtroppo gli scavi non hanno permesso di precisarne la datazione assoluta, anche se si potuto accertare che entrambe le fasi sono sicuramente anteriori alledicio del XII-XIII secolo, identificabile con la pieve di
49 BIERBRAUER 1988, pp. 27 e ss. 50 MOR 1963, 1964, p. 367 e segg.; BIERBRAUER 1987, p. 46.

S.Maria Maddalena. sulla parete meridionale di tale chiesa che stato trovato il frammento epigraco citato pi sopra, datato fra la ne del VII e linizio dellVIII secolo e che attesta, per questepoca, lesistenza di un clero ben strutturato50. Ci che preme osservare come, anche in questo caso, levidenza archeologica indichi uno spostamento della pieve altomedievale rispetto alla chiesa battesimale paleocristiana, che pare essere avvenuto, anche in questo caso, fra VIII e IX secolo. Per la chiesa di S.Andrea di Venzone, dove scavi di emergenza hanno posto in luce le tracce di una chiesetta rettangolare, non possibile svolgere considerazioni ulteriori. La cronologia al VI-VII del pi antico impianto (Fig.18), certamente anteriore alla fase glizoiana (met XIII secolo), stata proposta sulla base dei caratteri stilistici di un pilastrino recuperato nel corso degli scavi51.
51 Lo scavo inedito. Una breve relazione si trova presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Per alcune notizie sugli scavi cfr. C LONFERO 1988.

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4. Le ricerche archeologiche nelle chiese dellAr cidiaconato superiore Tre importanti luoghi di culto del Friuli collinare, SS.Gervasio e Protasio di Nimis (n. 9), S.Pietro di di Osoppo (n. 13) e S.Pietro di Ragogna (n. 8), presentano alcune caratteristiche comuni di un certo interesse: ubicazione sul sito di un castrum tardoantico identicabile con sicurezza con quelli menzionati da Paolo Diacono; continuit duso dallepoca paleocristiana al pieno Medioevo; funzione plebanale. Nel caso di Ragogna la presenza di un battistero attestata n dalla fase paleocristiana52. Tra queste fondazioni ecclesiastiche, quella dei Santi Gervasio e Protasio di Nimis una delle prime ad essere state oggetto dindagini archeologiche programmate 53. Ledicio deve la sua peculiare importanza al fatto di trovarsi nella localit del castrum Nemas , citato da Paolo Diacono in relazione allinvasione avara del 610 (H.L.IV, 37). La chiesa, attestata come sede plebanale dal 1247, conserva nel sottosuolo le tracce di una pi antica fondazione, che il Menis ha datato alla seconda met del VI secolo, con planimetria ad aula unica rettangolare (Fig.19), preceduta da un nartece e conclusa da un presbiterio quadrato e rialzato 54. Durante gli scavi sono stati posti in luce importanti frammenti scultorei altomedievali che erano stati reimpiegati nella chiesa romanica; alcuni sono stati datati, genericamente, fra VIII e IX secolo, mentre per altri stato possibile restringere la cronologia ad un periodo compreso fra lVIII secolo inoltrato e i primi decenni del IX secolo55. La chiesa di Osoppo posta su una sommit naturale, protetta da fianchi molto scoscesi, in prossimit di una fortezza pi volte ampliata nel corso dei secoli, gravemente danneggiata durante lultimo conitto mondiale e successivamente dal terremoto (Fig.20). Alcuni sterri effettuati negli anni Cinquanta allinterno dellaula hanno posto in luce strutture pi antiche, ma hanno devastato purtroppo la stratigrafia. Nuove ricerche, intraprese fra il 1986 e il 1989, hanno interessato ci che restava dellaula, il presbiterio e la sacrestia. In questultimo ambiente sono state recuperate interessanti testimonianze relative al periodo tardoantico e altomedievale, costituite da strutture domestiche (focolari) e da sepolture collocabili nel VII secolo 56. stata inoltre identicata una fase tardoantica della chiesa, rappresentata da un edificio a pianta rettangolare, con pedana presbiteriale sopraelevata, forse collegata allaula tramite scalini (Fig.21). Non essendo stati raccolti elementi cronologici pi precisi, la datazione delledicio al V-VI stata proposta in relazione al confronto
52 LUSUARDI SIENA, VILLA 1998, pp. 183-184. 53 MENIS 1968. 54 MENIS 1968, p. 88 e ss. 55 TAGLIAFERRI 1981, pp. 310-314.

Fig. 19) Nimis. Planimetria della fase altomedievale della pieve dei SS.Gervasio e Protasio (da MENIS 1968).

dei caratteri planimetrici con altri edici paleocristiani57. La chiesa compare, come sede pievana, in una citazione dellXI secolo58 e ci fa presupporre una continuit del culto anche nei secoli dellAltomedioevo, anche se per tale periodo non esistono ancora precisi riscontri archeologici. Maggiori informazioni si possiedono, invece, per la chiesa di S.Pietro di Ragogna, identicabile con il castrum Reuniae citato da Venanzio Fortunato (Vita Sancti Martini, 4, 644-651) e da Paolo Diacono (Fortunato e H.L.II,13). Accurate indagini archeologiche, effettuate di recente, hanno consentito di ricostruire con un certo margine di sicurezza la successione degli eventi costruttivi, nonostante le manomissioni operate in epoca postmedievale avessero asportato ampie porzioni del deposito archeologico. Si tuttavia potuto accertare che a una fase paleocristiana, datata posteriormente alla met
56 PIUZZI, VOUK 1989, cc. 225-274; PIUZZI 1998, pp. 392-394. 57 VILLA 1995, p. 87 e ss. 58 L USUARDI SIENA, VILLA 1997, p. 282.

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Fig. 20) Osoppo, veduta della fortezza.

Fig. 21) I resti della chiesa tardoantica di S.Pietro di Osoppo (da VILLA 1995).

Fig. 22) Ragogna. Planimetria della fase altomedievale della chiesa di S.Pietro (da LUSUARDI SIENA, VILLA 1998).

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del V secolo e costituita da unaula con banco presbiteriale, ha fatto seguito una totale ricostruzione altomedievale delledificio, databile forse alla seconda met dellVIII secolo, in relazione al ricco contesto di frammenti scultorei reimpiegati nelle murature o rinvenuti negli strati medievali 59. Questa nuova chiesa risulta caratterizzata da importanti trasformazioni: eliminazione del banco presbiteriale, ampliamento dellaula, aggiunta di unabside rettangolare (Fig.22). Fra le due fasi deve essere intercorso un periodo di distruzione e di uso degradato delledificio, attestato da uno straterello di bruciato depositatosi sul pavimento della prima fase, da tracce di arrossamento degli intonaci, da piani duso in limo 60. Fin dallepoca paleocristiana attestata la presenza di un battistero, costituito da una vasca quadrangolare foderata di cocciopesto, che subisce alcune modifiche successive, legate al passaggio dal rito dellimmersione a quello dellaspersione. Tracce di edici di culto di VII VIII secolo sono attestate anche in altre due chiese pievane del Friuli collinare, entrambe ubicate sul sito di castelli altomedievali: S.Daniele e la gi menzionata pieve di S.Lorenzo di Buia (cit. 762), dove sono stati posti in luce anche i resti di un fonte battesimale. Nel primo caso i residui murari di una chiesa databile allVIII-IX secolo (Fig.23) sono emersi in seguito a scavi condotti negli anni Ottanta dalla Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia 61. Tale fondazione religiosa (la cui ricostruzione planimetrica ancora piuttosto incerta) stata ipoteticamente collegata ad una fase dincastellamento carolingio dellaltura. importante osservare che, precedentemente alla costruzione della chiesa, sono attestate nella zona delle strutture produttive. Gli scavi effettuati sotto la pieve di San Lorenzo di Buia hanno portato allindividuazione di una chiesa databile fra VI e VII secolo62. Ledicio era costituito da una semplice aula rettangolare, pavimentata in cocciopesto e dotata, nel settore orientale, di un presbiterio rialzato di un gradino (Fig.24). Accostata alla parete settentrionale si rinvenuta la vasca battesimale, di forma leggermente ovoidale, incavata a terra no a una profondit di circa cm 40 dalla quota del pavimento circostante. La cronologia delledificio si evince dal corredo della tomba addossata al muro perimetrale sud (con buone argomentazioni ritenuta in fase con esso) che conteneva monili tipici del VI-VII secolo63. stato osservato che con tale cronologia
59 Ibidem, p. 187. 60 Ibidem, p. 185. 61 AAVV 1993; PIUZZI 1998, pp. 391-392. 62 MENIS 1982; MENIS 1995. 63 MENIS 1982, c.74 e sss. 64 Ibidem, c.78.

concorda anche il tipo di pianta ad aula unica, rettangolare, con parete piana, priva di abside esterna. La prima fase della chiesa sinterrompe in seguito ad un incendio del quale furono trovate imponenti tracce fra i materiali depositati sia sopra il pavimento, sia allesterno delledicio64. Tale temporaneo abbandono non ha impedito una ricostruzione del luogo di culto, attestata da unabsidiola messa in luce ad Est del primo impianto. Nel X secolo ledificio doveva essere compreso allinterno del castello di B o g a , il cui possesso risulta confermato, nel 983, al patriarca di Aquileia tramite un diploma di Ottone II65. Una fase edilizia collocabile attorno alla met dellVIII secolo emersa anche negli scavi della pieve di S. Martino a Rive dArcano66. In tale arco cronologico sembra, infatti, da porre una fase di ampliamento di un pi antico edicio paleocristiano, del quale fu mantenuta labside semicircolare (Fig.25). Un ricco contesto di reperti scultorei, databili allVIII secolo (Fig.26), sembra suggerire per quel periodo un signicativo rifacimento dellarredo liturgico67. Fra le chiese altomedievali poste in luce dallanalisi archeologica degli ultimi anni, ve ne una sola, quella di S.Silvestro, ubicata nel borgo di S.Salvatore di Maiano, che non ha mai rivestito una funzione plebanale68. Il luogo celebre poich nei suoi pressi stata rinvenuta una delle pi ricche necropoli longobarde del Friuli, utilizzata fra la ne del VI e la seconda met del VII secolo69. La chiesetta attuale, posta sulla sommit di un modesto rilievo, stata pi volte rimaneggiata. Alcuni sondaggi di scavo sono stati effettuati, sia allinterno che allesterno, dal Museo A r c h e o l o g i c o Nazionale di Cividale nel 1995. Essi hanno portato allindividuazione di un edicio di culto segnalato dai resti di unabside a semicerchio oltrepassato (Fig.27). Non essendo stati raccolti elementi cronologici nel corso dello scavo, una datazione allAltomedioevo pu essere proposta solo sulla base dei caratteri planimetrici dellabside. Dagli scavi emerso inoltre un ulteriore elemento architettonico, costituito da una muratura ad andamento Nord-Sud, nella quale erano ben visibili dei fori quadrangolari, verosimilmente utilizzati per linserimento di pilastrini che dovevano sorreggere, con ogni probabilit, gli elementi della recinzione presbiteriale. suggestivo collegare tale manufatto con il frammento di lastra marmorea, di rafnata fattura, rinvenuta nella vicina chiesa parrocchiale di Mels, dove era stata certamente reimpie65 M.G.H. Dipl. German. II, 360, n. 304. 66 L USUARDI SIENA, PIUZZI, VILLA 1997, pp. 45-46. 67 LUSUARDI SIENA 1997, p. 145 e segg. 68 Lo scavo stato edito solo in forma preliminare (cfr.C ONCINA 1995, pp. 45-52). 69 L OPREATO 1995.

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Fig. 23) S.Daniele del Friuli. Planimetria con posizionamento delle murature altomedievali (rilievo di F.Piuzzi).

Fig. 24) Buia. Planimetria della pieve di S.Lorenzo con indicazione dellaula paleocristiana (A) e dellabsidiola preromanica (B) (da MENIS 1982).

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Fig. 25) S.Martino a Rive dArcano. Planimetria della fase del periodo III (met VIII secolo, circa) (da L USUARDI SIENA 1997).

Fig. 26) S.Martino a Rive dArcano. Frammento di ambone (da LUSUARDI SIENA 1997).

Fig. 27) S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano. Resti dellabside altomedievale.

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Fig. 28) S.Giorgio di Nogaro. Planimetria degli scavi con indicazione del lacerto musivo (A) e dellabside paleocristiana (B); del muro impostato sui resti dellabside (C) e del focolare altomedievale (F) (da LAVARONE 1992).

gata70. Lanalisi stilistica del pezzo ne ha evidenziato le analogie con il ciborio cividalese di Callisto. Se tale reperto proviene veramente dalla chiesa di S.Silvestro, come stato ipotizzato, la sua datazione allinizio dellVIII secolo potrebbe estendersi a quella delledicio di culto, o almeno a un suo importante rifacimento. Ci rende lecita lipotesi che la chiesa altomedievale di S.Silvestro, posta nei pressi di una importante necropoli, sia stata edificata, su committenza di una famiglia locale di origine longobarda, forse legata allentou rage dei duchi cividalesi. Il fatto che ledicio sia rimasto completamente estraneo alla successiva rete plebanale sembra rafforzare lipotesi che si trattasse di una fondazione privata. 5. Indagini archeologiche nelle chiese dellArci diaconato inferiore Rispetto alle zone precedentemente descritte, la pianura friulana presenta una quantit decisamente minore di dati archeologici, anche se alcuni sono particolarmente signicativi. Di notevole interesse sono i risultati emersi dallo scavo della chiesa di S.Giorgio di Nogaro,
70 TAGLIAFERRI 1981, p. 300 e ss. 71 LAV ARONE 1986-87, p. 155; AA.VV. 1992.

poco distante da Palmanova71. Essi hanno rivelato lesistenza di un edicio di culto di notevole impegno, attestato dai resti di murature perimetrali e di unabside semicircolare (Fig.28). Alcuni brandelli di pavimento musivo, conservati in aderenza a tali murature, ne hanno suggerito una datazione attorno al V secolo 72. Una seconda fase testimoniata dalla presenza di un livello duso sovrapposto direttamente sulla cresta di rasatura della muratura absidale. Su tale livello si sono svolte attivit antropiche, quali lallestimento di un focolare delimitato da muretti in pietre e laterizi (Figg. 29, 30). I reperti ceramici contenuti indicavano una datazione compresa fra VI e VII secolo73. Poich lo strato duso e il focolare sono stati interpretati come una fase di cantiere, la loro datazione stata assunta quale termine ad quem per la seconda fase della chiesa, attestata da un muro con andamento Nord-Sud collegato a un pavimento di laterizi. Piuttosto che una fase di cantiere, mi parrebbe per pi logico interpretare tale evidenza come una fase di abbandono, che segnala vistosamente una diversa destinazione duso della chiesa. In tal caso la datazione al VI-VII secolo avrebbe valore di termine post quem per la ricostruzione
72 LAVARONE, 1992, pp. 45-54. 73 FASANO, 1992, pp. 69-78.

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Fig. 29) S.Giorgio di Nogaro. Particolare dellabside paleocristiana rasata e del livello carbonioso ad essa sovrapposto. (Da LAVARONE 1992).

Fig. 30) S.Giorgio di Nogaro. Particolare del focolare altomedievale impostato sui resti dellabside paleocristiana (da LAVARONE 1992).

Fig. 31) S.Marco in Basiliano. Planimetria degli scavi (da BERTOLISSI 1995).

successiva e sarebbe attestata una notevole cesura nella storia di questo luogo di culto, dopo la quale esso risulta ricostruito, ma in tono decisamente minore. Residui murari e sepolture altomedievali sono state rinvenute nel corso di scavi effettuati nella chiesetta di S.Marco in Basiliano (suffraganea della pieve di Variano), che per alcuni studiosi sarebbe da identicare con la localit Duas Basi licas, citata nel 762 in una donazione a favore del monastero di Sesto al Reghena74. Delle due tombe a inumazione poste in luce sotto al pavimento della chiesa (Fig.31), quella pi antica presentava
74 BERTOLISSI 1995 p. 25.

le pareti rivestite da fine intonaco rosato ed era dotata di un cuscino lapideo. Difcile per stabilire lesatta relazione stratigrafica fra queste tombe e due lacerti murari appartenenti ad un probabile luogo di culto, non meglio noto da altre evidenze75. 6. Le testimonianze archeologiche nelle diocesi di Grado e Concordia Diverse fonti scritte medievali, soprattutto cronachistiche, attestano lesistenza di numerosi luoghi di culto nella laguna di Grado 76. Tuttavia solo
75 LOPREATO 1986-87, pp. 122-123. 76 MARCHESAN 1974, p. 93 e ss.

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Fig. 32) S.Martino dAsio. Planimetria della fase altomedievale (da PIUZZI 1998).

Fig. 33) S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena. Particolare del presbiterio triabsidato dopo gli scavi del 1987 (da TORCELLAN 1986/87).

nellisola di San Giuliano si sono conservate alcune tracce materiali di un edicio forse det altomedievale (n. 44). Si proposto di interpretarle come parti dellarco trionfale di una basilichetta rimasta inglobata in una casa colonica. Pur in mancanza di elementi cronologici certi, stata proposta una datazione allet paleocristiana, con rifacimenti altomedievali77. Ad occidente del Tagliamento, nel territorio
77 Ibidem, pp. 101-102.

pertinente alla diocesi di Concordia, sono documentati i resti di due luoghi di culto, con fasi accertate di VII-VIII secolo: S.Martino dAsio (n.21) e la chiesa abbaziale di S.Maria in Sylvis , a Sesto al Reghena (n.46). Nel primo caso si tratta di una chiesa plebanale, dove gli scavi hanno posto in luce diverse fasi di ristrutturazione78. La pi antica era costituita da unaula rettangolare di m 10 x 4 circa, databile tra
78 PIUZZI 1998, pp. 395-396.

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evidenzi la parte absidale, fu oggetto di ricerche archeologiche tra la ne degli anni Ottanta e linizio degli anni Novanta. In un primo intervento si era posto in luce tutto il luogo di culto, che risultava parzialmente inglobato nelle fondazioni della pi grande chiesa bassomedievale, ancor oggi esistente79. In corrispondenza del presbiterio sono state evidenziate due lastre con i segni dellalloggiamento delle colonne che costituivano forse la pergula presbiteriale (Fig.33). Tali resti architettonici sono stati datati fra la ne dellet longobarda e linizio dellet carolingia. Pi recentemente il Menis ha rivisto i dati di scavo e ne ha proposto una diversa lettura interpretativa80. Ledicio avrebbe due fasi: la prima, databile fra la ne del VII e linizio dellVIII secolo, sarebbe rappresentata soltanto da una chiesetta triabsidata, mentre solo in un secondo momento si sarebbe aggiunto il quadriportico antistante (Fig.34). A queste due fasi costruttive corrisponderebbero anche diverse funzioni delledicio: pievana in un primo tempo e poi abbaziale; a questultima fase risalirebbe anche la pergula per la divisione dellarea presbiteriale. 7. Osservazioni sui caratteri architettonici e costruttivi Per quanto concerne i caratteri materiali degli edici di culto n qui esaminati, mi sembrano da rimarcare, in primo luogo, le proporzioni assai modeste (Fig.35). Lampiezza dellarea compresa, infatti, fra i 60 mq circa di San Martino dAsio e i 150 mq circa dei Santi Gervasio e Protasio di Nimis. Si tratta perci di costruzioni piuttosto piccole, soprattutto se rapportate ai grandiosi complessi paleocristiani dellarea alpina: quello di colle Zuca ad Invillino, ad esempio, copre unarea di oltre 200 mq, mentre il grande edificio di Ovaro misura m 24,5 in lunghezza x m 9,50 in larghezza81. Anche i caratteri formali delle piante sono piuttosto semplici: in quattro casi (S.Martino dAsio, S.Lorenzo di Buia, S.Andrea di Venzone, chiesa altomedievale di colle Zuca a Invillino) si tratta di aule rettangolari senza nessuna ulteriore articolazione, secondo una tipologia attestata anche nellItalia nord-occidentale, in Francia e in Svizzera e che, per alcuni studiosi, sarebbe da ricondurre al tipo del sacello funerario 82. Nei casi di Buia e S.Martino dAsio solo un lieve rialzo di quota differenzia larea presbiteriale dal resto dellaula. In tre casi (S.Pietro di Ragogna, S.Maria Maddalena di Invillino, SS.Gervasio e Protasio di Nimis) attestata la presenza di unabside rettangolare che movimenta leggermente lessenzialit della pianta, sempre ad aula unica. Questo schepagna di scavi svoltasi nel luglio 2000; non erano ancora note allepoca in cui si svolto il convegno di Gardone sul Garda (aprile 2000). 82 FOLETTI 1998, p. 119 e ss.

Fig. 34) S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena. Planimetria dopo gli scavi del 1991 (da MENIS 1999).

VII e VIII secolo in base alla sequenza stratigraca (Fig.32). La pianta era priva dellabside esterna; solo un leggero dislivello di quota differenziava la regione presbiteriale dallaula. In fase con ledicio si sono rinvenute diverse inumazioni, scavate nella roccia calcarea e dislocate entro il perimetro della chiesa. Per almeno due di loro stata accertata una pratica di riutilizzo che ha suggerito lidea di una tomba di famiglia. Di diversa natura ledicio cultuale di S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena. Individuato per la prima volta nel 1801 da padre A.M.Cortinvis, che
79 TORCELLAN 1986-87, pp. 178-179; T ORCELLAN 1988. 80 MENIS 1999, pp. 53-73. 81 Queste dimensioni sono state accertate nel corso della cam-

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Fig. 35) Fondazioni ecclesiastiche di VII e VIII secolo del Friuli Venezia Giulia. Planimetrie a confronto. In alto, chiese ad aula rettangolare: (da sinistra) S.Martino dAsio; S.Lorenzo di Buia; S.Andrea di Venzone, chiesa di colle Zuca a Invillino. Nella fascia mediana, chiese con abside rettangolare: (da sinistra) S.Pietro di Ragogna; S.Maria Maddalena di Invillino; SS.Gervasio e Protasio di Nimis (con torre in facciata); S.Stefano di Cesclans (con torre in facciata). Nella fascia in basso, chiese con abside semicircolare: (da sinistra) S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano; S.Martino a Rive dArcano; S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena.

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Fig. 36) San Martino di Ovaro. Particolare della tecnica muraria.

Fig. 37) Chiesa altomedievale di colle Zuca a Invillino. Particolare della tecnica muraria.

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ma architettonico, assai diffuso in tutto larco alpino, oltre che in Francia e in Svizzera costituirebbe la soluzione pi semplice ed economica per la costruzione del presbiterio83. Interessante , nei due casi di Nimis e Cesclans, la presenza di una torre in facciata, interpretabile come campanile. La terminaz ione ad abside circolare attestata nei soli casi di S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano e di S.Martino a Rive dArcano. Pi articolata (e pi sviluppata in proporzione alla supercie dellaula) invece la regione presbiteriale della chiesa di S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena, costituita da un transetto sviluppato a Te triabsidato. Tuttaltro che abbondanti sono i dati che riguardano i materiali e le tecniche costruttive, anche per il fatto che gli edici di culto sono documentati, in genere, da modesti lacerti murari. Nulla dato sapere, ad esempio, circa i caratteri delle coperture o degli inssi, mentre qualche elemento in pi si conosce per le pavimentazioni. In nessuno dei casi esaminati parrebbe attestata la presenza di mosaici, che pure erano utilizzati in area urbana, come provano i casi celebri del lacerto pavimentale del battistero di Callisto (conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli) o quello dellepiscopio di Aquileia. Le chiese di VII-VIII secolo edificate nel territorio rurale dovevano invece essere pavimentate con letti di calce (S.Martino a Rive dArcano) o, al massimo, con cocciopesto, come indicano i casi di Buia, Nimis, San Martino dAsio. anche questo un elemento che, oltre alle dimensioni, concorre a differenziare le fondazioni ecclesiastiche altomedievali dai pi impegnativi impianti paleocristiani che, anche nelle aree rurali, risultano, in pi di un caso, pavimentati con ricche decorazioni musive84. Per quanto riguarda invece le opere murarie, non sembra vi siano da rimarcare vistose differenze rispetto alle tecniche attestate negli impianti paleocristiani; le strutture sono sempre costituite da elementi di raccolta (ciottoli, scaglie scistose) privi di una lavorazione che vada oltre lo spacco; essi non sono stati molto selezionati per dimensioni e risultano posti in opera secondo una tessitura priva di corsi, che non esclude limpiego di elementi inclinati a spina pesce. Poco sappiamo dei rivestimenti, che dovevano comunque essere costituiti, se non da intonaci affrescati, almeno di un essenziale rinzaffo, del quale si rintracciano talora dei residui sulle pietre. 8. Luoghi di culto e territorio: considerazioni conclusive Questa breve e rapida rassegna di dati suggerisce alcune interpretazioni di carattere generale.
83 ARSLAN 1954, p. 514. 84 Pavimentazioni a mosaico sono emerse in seguito agli scavi

Fig. 38) SS.Gervasio e Protasio di Nimis. Particolare della tecnica muraria.

Intanto la ricerca archeologica nelle chiese ha dimostrato, in quasi tutti i casi esaminati, lesistenza di tracce materiali di fondazioni pi antiche. Tuttavia, accanto agli elementi di continuit, mi sembra si possano mettere a fuoco anche innegabili segni di cesura, che si impongono allattenzione. Laddove larcheologia ha documentato lesistenza di fondazioni paleocristiane, queste ultime presentano spesso i segni di brusche interruzioni duso. Tracce dincendi, di cambiamenti di funzione o comunque di un uso degradatodei pavimenti sono attestati un po in tutte le regioni esaminate. Ad Ovaro il grande complesso paleocristiano sembra essere messo fuori uso, una prima volta, da un incendio le cui tracce sono state evidenziate in tutta larea scavata. Anche sul colle Zuca, a Invillino, i grandi edici di culto sono stati smantellati in seguito a un incendio e successivamente, sulla trichora, stata costruita una chiesa rettangolare, di dimensioni decisamente pi modeste.
raccolte nellarea archeologica di S.Martino di Ovaro e nei livelli di distruzione della fase paleocristiana di S.Pietro di Ragogna.

sul colle Zuca di Invillino, e diverse tessere musive sono state

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Anche nel Friuli collinare si riconoscono i segni di una interruzione duso in non poche costruzioni religiose. A San Lorenzo di Buia, ad esempio, la prima fase della chiesa battesimale sinterrompe in seguito ad un incendio, che il Menis ha rintracciato in tutta larea scavata. Anche nella chiesa di San Pietro di Ragogna la fase paleocristiana e la successiva ristrutturazione altomedievale risultano intervallate da un deposito di livelli limosi. Un vistoso segno di interruzione duso stato evidenziato, inne, nella pianura friulana, a S.Giorgio di Nogaro, dove limpianto paleocristiano risulta letteralmente distrutto e sulla cresta di rasatura dellabside viene persino impostato un focolare. Se dunque lesistenza di una cesura evidente nellutilizzo di questi luoghi di culto provata da chiare tracce archeologiche, pi difcile per stabilire lesatta cronologia di tali eventi traumatici. Lincendio che distrugge (o danneggia seriamente) il complesso di Ovaro non stato ancora datato, mentre per quello di Colle Zuca il Bierbrauer ha proposto una data attorno al 600 d.C.. Del potente strato di bruciato della chiesa di S.Lorenzo di Buia sappiamo invece che esso copre il pavimento della fase edilizia di VI-VII secolo. Quanto al livello limoso di Ragogna, esso risulta stratigracamente posteriore alla chiesa di V secolo, mentre a S.Giorgio di Nogaro sappiamo che lo strato di distruzione dellimpianto paleocristiano conteneva ceramiche databili al VIVII secolo. Bench lacunosi e in qualche caso problematici, questi dati sembrerebbero comunque orientare verso una cronologia compresa fra VI e VII secolo. Se cos fosse, questa cesura storica andrebbe messa in relazione, con tutta probabilit, con una delle pi acute fasi della crisi politica e militare del territorio friulano, che proprio in tale periodo registra la divisione del patriarcato e subisce le invasioni longobarda e avara. Si pu pertanto pensare che la prima fase di cristianizzazione, avviata nel corso del V secolo e concretizzatasi nella costruzione di edici battesimali talora grandiosi, abbia subito intorno allinizio del VII secolo una prima, notevole battuta darresto.

Se questi dati sembrano validi per tutto il territorio regionale, le vicende dei secoli successivi pongono invece in evidenza una marcata differenziazione fra le diverse aree geograche del Friuli Venezia Giulia. Nella zona alpina emergono tracce di radicali trasformazioni nellorganizzazione ecclesiastica del territorio: in ben due casi, (Ovaro e Invillino), la sede della chiesa pievana risulta chiaramente spostata rispetto al luogo della baptismalis eccle sia paleocristiana, che risulta abbandonato. Purtroppo mancano dati archeologici certi per stabilire esattamente le coordinate temporali di tale traslazione, che pu essere posta, genericamente, nel corso dellVIII secolo. Anche gli scavi nella pieve di S.Stefano di Cesclans (dove non si sono trovate tracce di edici religiosi anteriori alla ne del VIIVIII secolo) confermerebbero questa ricostruzione, che non pare contraddetta neppure nel caso della pieve di San Pietro di Zuglio, per quanto ne sappiamo no ad ora. nella fascia collinare del Friuli che si riscontra invece una maggiore continuit nellubicazione delle chiese battesimali. In ben cinque casi, infatti, le sedi pievane insistono sul sito di precedenti chiese paleocristiane (Osoppo, Nimis, Ragogna, Buia, S.Martino a Rive dArcano), due delle quali (Ragogna e Buia) presentano gi nella fase pi antica tracce sicure di un battistero. Se ne pu perci concludere che nel Friuli collinare, dopo un momento dinterruzione traumatica nelluso delle chiese tardoantiche, la riorganizzazione della rete plebanale medievale (che pu genericamente collocarsi nel corso dellVIII secolo) abbia rispettato lubicazione dei precedenti centri battesimali. Complesse e forse molteplici possono essere le cause di questa maggiore continuit nellubicazione delle sedi del culto; non pare privo di signicato il fatto che in ben tre casi le chiese si trovino sul sito di castra tardoantichi (Ragogna, Osoppo, Nimis) che devono avere avuto un ruolo decisivo quali punti di riferimento, anche amministrativo, per lorganizzazione territoriale.

Aurora Cagnana

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CHIESE DEL VII E VIII SECOLO IN ALTO ADIGE


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=|=|=|=|=|= _____________

Conne di stato Conne tra il municipium Tridentum, dal 569 ducato Longobardo, e laZona dei Franchi, dal 591 dei Baiuvari Conne tra le provincie tardoantiche, dal 537 in mano dei Franchi vie primarie vie secondarie

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Fig. 1) Le chiese del VII e VIII secolo: 1 Malles, S. Stefano a Burgusio; 2 Malles, S. Benedetto; 3 Glorenza, S. Giacomo a Sles; 4 Silandro, S. Giorgio a Corces; 5 Lana, S. Giorgio a Foiana; 6 Meltina, S. Valentino a Salonetto; 7 Naturno, S. Procolo; 8 Lana, S. Martino vecchio; 9 Tirolo, chiesa scavata sotto Castel Tirolo; 10 Tirolo, S. Pietro a Quarazze; 11 Montagna, S. Vigilio e Lorenzo a Castelfeder; 12 Bolzano, S.Vigilio sul Virgolo; 13 Caldaro, S. Pietro a Castelvecchio; 14 S. Genesio, S. Cosma e Damiano; 15 Bolzano, chiesa parrocchiale; 16 S. Lorenzo di Sebato, chiesa parrocchiale; 17 19 Chiusa, le chiese della sede vescovile di Sabiona.

Nell alto Medioevo lAlto Adige, territorio di confine dal periodo romano, diventa zona di contatto tra Franchi, Baiuvari e Longobardi. Lungo la linea Merano Chiusa corre il conne del munici pium Tr i d e n t u m , dal 569 ducato longobardo di Trento. Linstallazione del ducato longobardo fu preceduta da spedizioni militari franche in territo-

rio ostrogoto e dalla riconquista del territorio da parte dei bizantini; seguirono spedizioni militari e scorrerie predatorie dei Franchi in territorio longobardo no alla pace del 591. Le province Rezia I e II e Norico, e con ci anche la zona settentrionale dellAlto Adige, sono nelle mani dei Franchi dal 536/537. Dopo la pace del 591 tra Franchi e Longo-

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bardi subentrano i Baiuvari. Dopo il 774, data della conquista del regno longobardo da parte di Carlo Magno, e dopo la sottomissione del ducato della Baviera nel 788, tutto il territorio delle Alpi orientali sotto lamministrazione dei Carolingi. Su questo sfondo storico vanno viste e interpretate le chiese del VII e VIII secolo. Le chiese altomedievali qui presentate costituiscono tre gruppi dal punto di vista della posizione (fig. 1): chiese su vie di collegamento primarie e secondarie, prevalentemente nel territorio dei Franchi/Baiuvari o in zona di conne (10, di cui due sopra chiese paleocristiane); chiese nei castra o in posizione di castrum su territorio longobardo (4, tra le quali due paleocristiane) e chiese nella sede vescovile di Sabiona (3, di cui due paleocristiane). Tra le chiese nuove come tipo architettonico prevalgono chiese a sala rettangolare, piccolissime nel VII secolo, leggermente pi grandi e talvolta a tre absidi nellVIII/IX secolo, in due casi chiese in legno e alcuni casi singolari. difcile attribuire le chiese nettamente al VII e allVIII secolo, dato che le prime talvolta sembrano cominciare gi nel V/VI secolo e le seconde hanno la tendenza a prolungarsi nel IX secolo. L E CHIESE SITUATE SULLE VIE DI COLLEGAMENTO ED IN ZONADI CONFINE Le chiese qui presentate in alcuni casi si trovano in posizione appartata, lontano da ogni luogo abitato, ma un tempo su importanti vie di collegamento. Non potevano avere compiti di cura danime per conto dellistituzione ecclesiastica ed da escludere anche la pura e semplice devozione per spiegare lesistenza di queste chiese. Sono invece da interpretare come chiese padronali nellambito dellorganizzazione amministrativa da parte dei nuovi signori del territorio. Un funzionario, incaricato di un compito preciso in un certo luogo (p.e. controllo e sicurezza di un tratto di via) e proprio per questo dotato di un fondo terriero, costruisce presso la sua curtis una piccola chiesa, larreda e vi accosta il cimitero per la sua famiglia. Sepolture allinterno della chiesa indicano una posizione elevata del funzionario, probabilmente gi nobile nel senso medievale e feudale. Sulle vie per lEngadina e la Valtellina Con tre chiese altomedievali (ed altre da scavare) sembra particolarmente tta la rete di chiese nellAlta Val Venosta, pi precisamente nella zona di Malles e Glorenza. Diverse vie portano verso il S-charl-Joch e nellEngadina oppure verso il Giogo S. Maria/Pass Umbrail/Wormser Joch, che collega la Val Venosta con la Valtellina, mentre il passo Resia sembra di minore importanza ed controllato dalla vasta conca di Malles.
1 DALRI 1993, pp. 51-57, tavv. 1-27.

La pi antica di queste chiese S. Stefano di B u r g u s i o (comune di M a l l e s ), scavata nel 1987/19891 (gg. 2, 3). Sorge solitaria sullaspro pendio sul versante destro dellancora piccolo Adige circa 200 m sopra il fondovalle. Dal 1146 circa fa parte della dotazione dei nobili di Tarasp al convento benedettino di Monte S. Maria, da loro fondata. La prima chiesa una sala rettangolare di 8,30x3,80 m, cio appena 33 m 2, spessore di muro 0,60m, muro ovest 0,70 m, muratura con argilla con poca calce, intonaco in calce. Sono stati messi allo scoperto i muri laterali e il muro occidentale sotto il pavimento pi recente e la prosecuzione verso est con tracce di affreschi nei muri del coro successivo, inoltre laltare inglobato nellaltare odierno e il pavimento in malta, di un gradino pi basso nel coro, perch il fondo scende fortemente da ovest verso est. Allinterno della chiesa furono scavate quattro tombe orientate ovest-est ed allesterno altre sepolture, sempre senza corredo, e variamente orientate. Questa prima chiesa viene datata nel VI secolo in base allo spessore dei muri (?) e al fatto che nella seconda chiesa ci sono tombe con corredo del VII secolo. Se giusta la datazione, questa chiesa pi vecchia dellultima chiesa paleocristiana dei SS. Cosma e Damiano (comune di S. Genesio), ma la piccolezza e le tombe sono elementi delle chiese altomedievali. In una seconda fase la chiesa venne ampliata verso sud e verso ovest. Spessore del muro occidentale 1,00m, muro settentrionale 0,70 m, muratura in argilla. Rimase il coro precedente il quale, per lampliamento verso sud, divenne in parte rientrante. Allinterno della chiesa furono scavate quattro tombe in cista con corredo, distrutte. La pi importante la tomba N. 2 allangolo tra coro e allargamento verso sud. Contiene resti di undici sepolture tra cui la penultima con 15 elementi di cintura in ferro ageminati in argento, databili nel secondo quarto del VII secolo. A questo periodo appartiene anche un puntale di cintura in ferro ageminato in argento e ottone, proveniente da unaltra tomba a cista. La chiesa viene datata nella prima met del VII secolo in base al corredo della penultima sepoltura della tomba N. 2. Difficilmente databile (X o XI secolo) la terza fase della chiesa, ora a due piani con arco trionfale e coro rientrante rettangolare, che non entra nel periodo qui da trattare, ma che fa vedere come elementi della prima chiesa vengono rispettati e riutilizzati lungamente. Il coro delle precedenti fasi venne rivestito e rinforzato da contrafforti sostenenti degli archi ciechi (spessore dei muri del coro 1,00/1,30/1,80 m). La navata invece una costruzione completamente nuova, con i muri laterali dello spessore di 1,60 m e il muro ovest di 1,80 m; muratura con pietre in parte lavorate e per lo pi messe in lari con malta di argilla e calce, usata

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Fig. 2) S. Stefano a Burgusio visto da nord.

Fig. 3) S. Stefano a Burgusio, piante della fase 1 (V/VI sec.) e della fase 2 (VII sec.) 1:200.

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Fig. 4) S. Benedetto a Malles da nord-ovest. La chiesa rinforzata completamente e dotata di un campanile nel Duecento.

Fig. 5) S. Benedetto a Malles. La parete est con le tre absidi a nicchia.

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Fig. 7 (sopra) S. Benedetto a Malles, pianta 1:200.

Fig. 6 (a lato) S. Benedetto a Malles. Colonna lavorata in stucco nellangolo nord-est, unica conservata in situ.

sia per la muratura che per lintonaco, questultimo con giunti. Larco trionfale costruito di blocchi lavorati molto grandi e disposti in parte verticalmente. Questa chiesa esiste tuttoggi, il muro sud nel XII secolo fu rinforzato a 2,40 m, con pietre lavorate piatte e lari angolari. Tra le chiese della zona di Malles/Glorenza entra anche la chiesa di S. Benedetto a Malles (figg. 4-7), famosa per gli affreschi e gli stucchi carolingi, conservatisi in parte e datati dagli storici dellarte allinizio del IX secolo2. Ledicio invece databile al secolo VIII in base a pi strati di imbiancature sotto gli affreschi e gli stucchi3. Nel XII secolo la chiesa fu rinforzata da un muro romanico e fornita di un campanile. una chiesa ad aula rettangolare triabsidata, lunga 9,30/9,40 m, larga 5,45/5,50 m, dunque di circa 51 m2, alta 5,20 m (dal recente pavimento che potrebbe dare il livello originale); le fondamenta sono alte pi di un metro. Lo spessore dei muri di 0,65 m, il muro orientale misura 0,90m abbondanti. Le tre absidi sono conformate come nicchie nel muro est. La muratura in pietre di cava con argilla nelle fondamenta, con malta di calce e argilla nellalzato, lintonaco in malta di calce. La chiesa pi piccola e pi recente quella di S. Giacomo a Sles (comune di Glorenza), scavata
2 RBER 1991; RASMO 1981, pp. 19-32, tavv. 16-44; 61-98;

nel 19934 (gg. 8-10). Sorge isolata sul pendio di un cono di deiezione sul versante destro della valle, tra Glorenza e Prato allo Stelvio, dove un tempo correva la strada/sentiero verso il giogo di S. Maria/Wormser Joch per Bormio. La prima chiesa una sala rettangolare di 5,50/5,70x3,40 m, cio di appena 25 m2. Sono stati trovati il muro orientale, alto due lari sotto il pavimento della seconda fase, e pezzi e negativi dei muri nord e ovest. Spessore del muro 0,80 m, muratura in argilla, intonaco in calce. In base allintitolazione la prima chiesa non databile prima del IX secolo, anche se la piccolezza farebbe pensare al VII. Tra il X e il XII secolo la chiesa ricevette unabside, allinizio del Duecento affreschi romanici. Di questi abbiamo trovato i frammenti deposti ordinatamente (?) sul pavimento in calce della seconda fase e coperti di argilla della chiesa stessa (ora ricomposti e riportati in luogo), distrutta nella guerra del 1499 fra Impero e Tirolo contro unalleanza di cantoni svizzeri. Verso il 1580 la chiesa venne abbattuta per la costruzione della successiva chiesa gotica a livello pi elevato, distrutta dai Francesi nel 1799, da allora in rovina, riassettata negli anni Novanta. I muri del cimitero, trovato sotto il suolo attuale, sono databili nel X/XI (nord) e nel XII secolo (est). Tra le tombe recuperate non ci sono sepolture del primo periodo.
3 EMMENEGGER, STAMPFER 1990, pp. 247-268. 4 NOTHDURFTER 1997a, pp. 417- 446.

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Fig. 8) S. Giacomo a Sles, Glorenza. In fondo a destra la chiesa, a sinistra il maso Sles, tra i due complessi la strada che portava verso il passo di S. Maria e a Bormio.

Fig. 9) S. Giacomo a Sles, Glorenza. Muri est e sud della chiesa ad aula, pavimento della seconda chiesa (con abside) che allinizio del Duecento venne decorata di affreschi.

Fig. 10) S. Giacomo a Sles, Glorenza, pianta 1:200.

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Fig. 11) S. Giorgio a Corces da nord-est. La chiesa medievale gi restaurata, lo scavo della piccola chiesa e, sullo sfondo, Corces.

Sulla scorciatoia per la Valle dellInn Nellarco di circa 100 km in linea daria (tra Passo Resia e Passo del Brennero) esiste una via di collegamento tra la media Val Venosta sul versante sud e la media Valle dellInn sul versante nord del crinale principale alpino. Essa porta dalla Val di Silandro attraverso il Giogo di Tasca (Tascheljchl) nella Val Senales e da qui, attraverso i valichi del Giogo Alto, del Giogo Basso e del Giogo di Tisa (3200 m), nella tztal e nella Valle dellInn. questo il tragitto che stava percorrendo luomo venuto dal ghiaccio, ed la via che ancora oggi percorrono le 3000 pecore dalla Val Venosta e dalla Val Senales quando vengono condotte ai pascoli estivi della tztal. In epoca tardoromana ed altomedievale era una scorciatoia della Via Claudia Augusta, e nel basso Medioevo vi si affacciavano le propriet dei nobili di rango Ursin/Ronsberg, rappresentanti dei Guel, e dellabbazia di Ottobeuren, una fondazione guelfa. Allinizio di questa via, sulle ripide rocce del versante sinistro della Val dAdige, sorge la rovina della chiesa di S. Giorgio a Corces (comune di Silandro). La posizione, circa 200 m sopra Corces (gg. 11-15), alquanto particolare. Larea ripida a gradoni e restringentesi tra due gole roc5 NOTHDURFTER 1999a, pp. 97-110; NOTHDURFTER

ciose protetta verso valle da frane rocciose, verso monte accessibile solo da una persona per volta. Sondaggi archeologici nel corso del consolidamento della rovina della chiesa pi recente (databile al XII secolo) furono eseguiti nel 1996/19975 e ripresi nel 2000. Portarono alla luce il muro sud di un edificio precedente sotto lattuale muro meridionale, separato da uno strato di terra, con limpostazione di un arco appena visibile ad est e che si perde nellattuale muro occidentale, e 4,60 m del muro nord visibile allesterno nellattuale muro settentrionale; al centro dellabside odierna un incasso per la deposizione delle reliquie, scavato nella roccia e rivestito di malta; al centro della navata odierna una tomba nella roccia, il fondo solo 0,55 m sotto il pavimento medievale, pavimento e pareti rivestiti di malta, che sembra un cocciopesto, con resti di scheletro scompigliati; a ovest, in parte resecate dal muro occidentale attuale, quattro tombe disturbate dalla costruzione della chiesa odierna, tra cui una senza scheletro, ma con una bula in lamina dargento a stampo con piastra in bronzo, ed unaltra tomba, fortunatamente quasi intatta, accompagnata da un muricciolo a secco sul lato nord, la sepoltura orientata ovest-est, il corredo in situ: una fibbia della

1999b, pp. 85-92.

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Fig. 12) S. Giorgio a Corces da nord. A sinistra la tomba incassata nella roccia, a destra parte del muretto a secco che circondava la tomba; in fondo il muro nord della chiesa, gi rifatto, ma a destra in basso si vede un tratto del muro della prima chiesa.

Fig. 13) S. Giorgio a Corces da est. In primo piano i muri nord e ovest di un terzo edicio. La muratura con pietre irregolari e abbondante malta di calce fa pensare al tardoantico.

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Fig. 14) S. Giorgio a Corces. Nellabside (gi rifatta) il loculo per le reliquie, in primo piano la tomba centrale scavata nella roccia.

Fig. 15) S. Giorgio a Corces, pianta 1:200 delle due chiese e di un presumibile mausoleo precedente.

cintura, un pettine dosso con astuccio decorato e un anello da pollice doro del diametro di 2,30 cm con disco ornamentale di un orecchino a cestello, cio con ligrane a forma di S e nel centro una pietra. In base al corredo le sepolture allinterno della chiesa vanno dallinizio (orecchino) alla ne (bula a disco) del VII secolo. Per la ricostruzione sono a disposizione solo lincasso per la deposizione delle reliquie, cio il posto per laltare, circa 4,60 m del muro nord e circa 5 m del muro sud con limpostazione di un arco (trascurabile, perch forse appartenente a un edificio precedente). Includendo le tombe si potrebbe pensare ad una chiesa ad aula (lunga ca. 7,60 m con la larghezza di 4,29/4,40 m) con coro rientrante, supponendo labside sotto lodierna abside. A nord-est della chiesa stata scavata una seconda chiesa (S. Giorgio 2) piccolissima, di 4x2 m allinterno, la parte orientale in malta di calce con un blocco murato di 1x1 m addossato al muro est (interpretato come altare) ed un arco crollato ad ovest; la parte occidentale invece costruita a secco. Di recente a nord della chiesa di S.Giorgio stata scoperta una tomba circondata da muri a secco, con davanti al muro occidentale frammenti

di vetro di et tardoantica (?), la tomba stessa, scavata nella roccia, con lastra per cuscino per il capo, lo scheletro messo da parte per fare posto ad una seconda sepoltura, non avvenuta, la tomba riempita in un secondo tempo di pezzi di malta con cocciopesto. Lesame di questa tomba fa pensare ad un mausoleo costruito in legno su basamento in muro a secco. Questo fatto induce ad ipotizzare che sulle rocce ripide sopra Corces prima delle chiese sorgevano dei mausolei. La parte occidentale della piccola chiesa 2 in un primo tempo potrebbe essere stata un mausoleo, le sepolture forse in tombe a cista, dato che la roccia al livello del pavimento e scoscesa verso valle non ha segni di lavorazione. In un secondo tempo il mausoleo sarebbe stato trasformato in chiesa, abbattendo il muro est (asportando le tombe?) ed aggiungendo la parte orientale con altare e arco divisorio. Quanto alla chiesa pi grande si potrebbe ipotizzare un mausoleo intorno alla tomba centrale, che difatti di livello troppo alto in confronto allincasso per le reliquie. Farebbero parte del mausoleo il muro sud e il muro nord sotto i muri attuali della chiesa. Limpostazione di un arco nel muro sud segnerebbe la posizione del muro orientale. Il muro ovest sarebbe stato sotto il muro recente. Questo sarebbe il mausoleo pi importante, murato con calce, pavimento e intonaco in coc-

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ciopesto come la tomba stessa. Per la costruzione della chiesa nel VII secolo i muri est ed ovest vennero abbattuti insieme al mausoleo adiacente, nella cui tomba n parte dei calcinacci, mentre le pietre venivano riutilizate per lallungamento dei muri laterali verso ovest e per la costruzione del coro. Nel VII secolo la chiesa serviva per le sepolture della famiglia del funzionario, forse gi nobile. Circa 40 m distante dalla chiesa di S.Giorgio, sullorlo della gola verso est, sorge un terzo edicio in muratura tardoantica con calce bianca mescolata con sabbia grossa (tipica per il tardoantico), crollato a sud e ad est; si sono conservati due muri rispettivamente di 5,30 m e 5,25 m ed un pavimento in calce. Allesterno ad ovest anni fa stata segnalata una tomba. Non ci sono indizi per una chiesa e per questo si pu avanzare lipotesi che si tratti di un mausoleo. I mausolei, in base alla presenza di cocciopesto e di vetri tardoantichi, sarebbero databili al V/VI secolo. La conferma dipende dalla datazione dei vetri non ancora studiati. Se gli scarsi accertamenti sono interpretati correttamente, la prima volta che in Alto Adige abbiamo dei mausolei precedenti alle prime chiese. Sulla via per la Val di Non La chiesa di S. Giorgio a Foiana (comune di Lana) sorge sul versante destro della Val dAdige a sud-ovest di Merano (gg. 16-18), circa 200 m sopra il fondovalle e poco sopra lodierna strada verso il Passo Palade (1519 m). Lantica via di collegamento dalla conca di Merano attraverso il Passo Palade per la Val di Non e pi oltre per le Giudicarie e il Lago di Garda, con collegamenti trasversali con la Val dAdige e, attraverso il Passo di Tonale, con Brescia e Milano, ha avuto unimportanza sopraregionale secolare. Nellet del Ferro il percorso era unimportante rotta commerciale dal territorio etrusco n nel cuore delle Alpi; in et romana sorgevano lungo il tragitto grandi insediamenti; per il tardoantico sono noti dei castra da S. Ippolito, un buon tratto a monte di S. Giorgio, no a Sanzeno, Nanno/Anagnis e Verv in Val di Non. Lintero itinerario da Lana no al Lago di Garda nellalto Medioevo appartiene al ducato di confine di Trento ed soggetto quindi alla sovranit longobarda. Proprio in territorio longobardo stata scavata la prima chiesa in legno6. La chiesa sorge su uno sperone roccioso, davanti alla facciata passa lantica via incassata, in parte ancora percorribile. Furono messe allo scoperto due file di buche di palo allinterno della chiesa del Duecento e una buca fuori situata pi in alto. Le buche si trovano a distanze irregolari e non sono allineate una allaltra. La buca pi occi6 GLEIRSCHER, NOTHDURFTER 1987, pp. 267-305; NOTHDURFTER 1990b, pp.148-170, in part. pp. 149- 163; NOTHDURFTER 1997b, pp. 53-79, in part. pp. 74-77.

dentale a sud era per un palo doppio, intorno al quale si trovavano resti di una traversa, grazie alla quale si capito che questa era la zona dingresso. Nella parte anteriore una buca pi piccola verso il centro stata interpretata come incasso di una transenna del coro. Tracce di traverse di soglie ai pali ad est potevano indicare una conclusione orientale della chiesa a forma di trapezio. I pali erano grossi circa 30 cm (quelli della transenna del coro meno) ed infissi nel terreno morenico per 10/25 cm senza base o zeppe di pietra. Facevano eccezione il palo 5 posteriore di sinistra e il palo 13 allesterno: entrambi erano inssi nel terreno per 0,5 m. Il palo 13 era ssato con zeppe di pietra, il palo 5 per rivestito di malta (nella malta un frammento di mattone). Nel rivestimento di malta era rimasta impressa la forma ottagonale del palo. I resti di legno conservatisi sono stati identificati come cirmolo. La chiesa stata ricostruita a navata trapezoidale, lunga 5,30 m e larga 4,10 m (a ovest), dunque circa 22 m2, con un coro ugualmente esteso in lunghezza e a forma trapezoidale, lungo 4,40 m e largo 3,20 m (alla transenna), e con un atrio della larghezza della navata e profondo 1,50 m. In base alle piccole dimensioni la chiesa potrebbe essere datata al VII secolo, mancano per tombe con corredo che possano darne conferma. Come costruttori della chiesa in legno sono da escludere i Longobardi, perch in Italia costruivano in pietra, secondo la tradizione romana. Sono da escludere i Baiuvari, perch non erano signori del territorio. Resta lorganizzazione viaria carolingia dopo la sottomissione del regno longobardo nel 774. Nel corso avanzato del IX secolo al posto della chiesa in legno venne costruita una chiesa triabsidata in muratura, della quale abbiamo scavato nel coro attuale i due tronconi di muro che dividono labside mediana dalle laterali e ad ovest, fuori dalla chiesa, il muro occidentale e, nelle fondamenta del muro recente sud, resti del muro meridionale con tombe in muratura e senza corredo. La lunghezza della chiesa senza absidi di 12,50 m, larghezza 6,30/6,90 m. Il tipo di chiesa triabsidata si mantenuto no oggi nella vicina chiesa di S. Margherita a Lana, anchessa allinizio della via per la Val di Non, ai piedi della salita. di dimensioni simili, ma leggermente pi corta. Unaltra chiesa triabsidata stata scavata recentemente sotto Castel Tirolo (vedi sotto). Le chiese triabsidate nei Grigioni sono grandi chiese abbaziali, databili allVIII secolo. Per S. Giorgio e S. Margherita si pu proporre il IX secolo (muratura irregolare) in base alla situazione storica; la datazione della chiesa sotto Castel Tirolo tende al IX/X secolo. In ogni modo queste chiese non fanno pi parte della relazione.

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Fig. 16) S. Giorgio a Foiana da sud-ovest.

Fig. 17) S. Giorgio a Foiana, pianta 1:200.

Fig. 18) S. Giorgio a Foiana. Coro ed altare della chiesa odierna. Visibili i due tronchi di muro dellabside centrale della chiesa triabsidata. Nella zona antistante una buca di palo della chiesa in legno.

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Fig. 20 (sopra) S. Valentino a Salonetto, pianta 1:200. La ricostruzione della chiesa in legno ipotetica.

Fig. 19 (a lato) S. Valentino a Salonetto da ovest. La croce segna il posto della chiesa che nel 1770 venne abbandonata e sostituita da una nuova chiesa nel paese.

Sulla via attraverso laltipiano tra Merano e Bolzano La valle dellAdige tra Merano e Bolzano accompaganata a nord (sul lato sinistro) dallaltipiano di Avelengo, Meltina e S. Genesio, detto Salten, che in ripide rocce precipita verso il fondovalle. Tra Merano e Bolzano laltipiano raggiungibile in due punti: da Settequerce, in comune di Terlano, passando per la chiesa dei SS. Cosma e Damiano (vedi sotto), verso S. Genesio, e da Vilpiano lungo un sentiero ripido verso Meltina, passando per la chiesa di S. Valentino a Salonetto (comune di Meltina), oggi rovina, che sorge sullorlo dellaltipiano (gg. 19-22). Anche qui stata scavata una chiesa in legno negli anni 1990-1991 (lo scavo non ancora pubblicato). Sono state messe allo scoperto buche di palo ad est e a nord dellabside pi recente del IX/X secolo e sia allinterno che allesterno della navata. I pali erano ssati con zeppe di pietra, nel riempimento delle buche cerano resti di legno carbonizzato. La ricostruzione di un edificio ad aula, con coro trapezoidale, atrio e un piccolo annesso ipotetica. pi grande di tutte le chiese del VII/VIII
7 GLEIRSCHER 1991, pp. 629-634.

secolo e perci databile non prima dellVIII/IX: laula misura 8,50x6,50 m, 55 m2 abbondanti, latrio ha la larghezza dellaula e la profondit di 1,20 m, il coro profondo 2,20 m e largo 3 m ad est. Lannesso a nord-est lungo 3,80 m e largo 1,40 m. Una seconda serie di buche senza zeppe di pietra potrebbe segnalare una fase con abside pi recente. Al X secolo databile la chiesa in muratura con abside a ferro di cavallo, pi volte manomessa nel periodo romanico e con affreschi del Quattrocento. Alla chiesa in pietra dovrebbero appartenere le poche tombe senza corredo. La chiesa in legno, in base a considerazioni storiche, pu essere attribuita ai Baiuvari. La Val dAdige tra Merano e Bolzano faceva parte del ducato di Trento. La valle nellVIII secolo era nelle mani dei Longobardi, poi contesa tra Longobardi e Baiuvari, il c astrum Maiense (Zenoburg) sopra Merano e il castrum Bauzanum (forse il Virgolo) secondo le fonti scritte cambiarono pi volte di signore7. Attraverso laltipiano poteva snodarsi il collegamento in periodi di scontri. Con ci la chiesa di S. Valentino a Salonetto pu essere inserita nellorganizzazione viaria dei Baiuvari.

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Fig. 21) S. Valentino a Salonetto. Lesterno dellabside, visibili buche di palo della chiesa in legno.

Fig. 22) S. Valentino a Salonetto. Linterno verso est con altare medievale e decorazione pittorica del Trecento.

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Sulle vie del fondovalle La chiesa di S. Procolo a Naturno (gg. 2327), famosa per gli affreschi preromanici che no oggi non sono datati, sorge a circa mezzo chilometro ad est del centro del villaggio, sulle pendici orientali del grande conoide alluvionale sul quale si estende Naturno. In posizione quasi analoga, sulla pendice occidentale, si trova la chiesa parrocchiale, dedicata a S. Zeno, il pi importante dei due santi veronesi Zeno e Procolo. S. Procolo la prima delle piccole chiese isolate che stata scavata nel 1985/1986; nel 1986/1987 vennero restaurate le pitture8. Lo scavo ha messo allo scoperto una casa tardoantica leggermente ad ovest, distrutta da un incendio databile, in base ad un frammento di orecchino a cestello trovato nelle ceneri intatte, al primo quarto del VII secolo; un piccolo cimitero nelle rovine della casa e poi la prima chiesa. Sembrava tutto chiaro: la prima chiesa si in gran parte mantenuta nellodierna chiesa: laula rettangolare di 5,35x4,84 m, 26 m2 scarsi, alta 3,50 m (dal pavimento odierno no alla risega visibile nei muri laterali), il coro profondo 2,60 m (incluso il gradino) e rastremato a trapezio, largo 3,16 m a ovest e 2,65 m ad est, diviso dallaula dallarco trionfale fuori asse (0,72 m a nord, 1,08 m a sud), largo 3,16 m e alto 2,60 m, la nestra nel muro sud della navata, dove originariamente si trovava anche lentrata. Al posto della parete est del coro addossato il campanile (recentemente dendrodatato al 1170 in base a 7 campioni; per analisi tipologiche invece verosimile una datazione non prima del 1300); nel Trecento i muri della navata vennero elevati, lingresso spostato al lato ovest, nel coro fu imposta una volta a botte che richiedeva rinforzi allesterno, cos che oggi navata e coro stanno sotto un tetto unico a due falde. La chiesa costruita in area scoscesa e incorpora tre metri del muro settentrionale della casa per il muro nord. La navata costruita in muratura di pietre disuguali con pochissima malta di calce di colore grigiastro. Allangolo sud-ovest allesterno si trovavano tracce dellintonaco originale della stessa malta. Allinterno non solo mancavano tutte le tracce di intonaco, ma nel muro nord per lumidit si era disfatta perfino la malta della muratura. Solo nella parte occidentale sono stati registrati resti di malta di argilla con intrusioni di calce. Questa stessa malta verde si trova nellaltare odierno ed , secondo gli accertamenti del restauro, il supporto delle pitture della navata, che per non raggiunge in nessun punto la zona dello zoccolo (un campione a destra dietro la porta e sullaltare). Nelle fondamenta del muro meridionale del coro, unico muro con zoccolo sporgente, la
8 ST.PROKULUS NATURNS. ARCHOLOGIE.WANDMALEREI 1990, pp. 17-162 (relazione di scavo); KOFLER, NOTHDURFTER, RUPP 2000, pp. 8-38; VORROMANISCHE KIR-

malta non quella in calce della navata, ma una malta bianca lattiginosa contenente inclusioni di carbone. La stessa malta stata constatata nei frammenti di intonaco con pitture trovati intorno alle fondamenta del campanile (a nord) ed appartenenti al muro orientale abbattuto per la costruzione del campanile. La stessa malta stata constatata dai restauratori nelle lacune degli affreschi sulla parete dellarco trionfale. Lunico pavimento scavato nella navata, uno strato sottile di malta di calce e argilla sopra acciottolato al centro, su strati sterili di ghiaia e sabbia nella met nord, con numerose rappezzature e mancante nella met sud, sembrava collegato ad una tomba murata nellangolo sud-est della navata. La tomba di 1,90x0,85 m, profonda 1,65 m, con fori per trave a mezza altezza e un buco sul fondo, in un primo momento stata attribuita alla chiesa originaria, elemento questo che ha potuto spiegare larco trionfale fuori asse. Dal 1365 la tomba servita per la tumulazione della famiglia nobile degli Annenberg, per il VII secolo stata interpretata come sepoltura del fondatore della chiesa, un signore terriero. Inoltre lo scavo ha portato allo scoperto due transenne in legno nella zona antistante lodierno scalino davanti allarco trionfale: due buche di palo in legno, circondate di malta in collegamento con il pavimento, distanti 1,10 m luna dallaltra e rispettivamente 1,30 m e 1,80 m dai muri laterali; non in contatto con le colonnine unimpronta negativa di una trave di soglia rettangolare nella met nord ed una scanalatura nel muro per linnesto della transenna, della quale nella met sud non si sono trovate tracce. Ad est doveva esserci stato uno scalino (per un masso di pietra sporgente dal lato settentrionale dellarco trionfale) ed il livello del pavimento del coro doveva corrispondere allincirca a quello odierno. Sotto laltare, collocato in modo obliquo rispetto al coro, sono state trovate le grosse pietre delle fondamenta di un altare precedente, largo 1,00 m, profondo 0,80 m, posizionato diritto e pi avanzato verso la navata, con resti di malta giallastra e poco consistente. A sud e ad est della chiesa stato scavato un cimitero di circa 60 sepolture, attribuibili allalto Medioevo, tra cui solo quattro con corredo, la tomba 44 privilegiata, perch orientata nord-sud, con il cranio verso laltare, distrutta alla parte destra per il rinforzo del coro, ma sulla sinistra con un sax e un fodero ornato da piastre in bronzo con occhi di dado e ribattini a testa sferica. In base a questa tomba la chiesa stata datata alla met del VII secolo, deducendo la pianta (navata con coro trapezoidale) da chiese in legno a nord delle Alpi ed interpretandola (per la piccolezza della navata) come chiesa di un signore terriero.
CHENBAUTEN 1966-1971, p. 230, 1991, p. 301 (bibliografia completa).

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Fig. 23 (sopra) S. Procolo a Naturno, pianta 1:200.

Fig. 24 (a lato) S. Procolo a Naturno da sud-ovest. La chiesa rialzata e dotata del campanile nel Trecento.

Fig. 25) S. Procolo a Naturno. Visibili la trave di soglia e una buca di palo in legno, circondata di malta, nella parte davanti la preparazione per il pavimento.

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Fig. 26) S. Procolo a Naturno. Interno, visibili le pitture altomedievali.

Fig. 27) S. Procolo a Naturno. La tomba a sud-est della navata, in base a strati di malta nella muratura databile al periodo romanico. Una tomba precedente deve aver causato la posizione spostata fuori asse sia dellarco trionfale che della transenna. Le pietre lungo lasse sono del fondo morenico.

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Un piccolo convegno in occasione della pubblicazione degli scavi archeologici e degli interventi restauratori port a una lunga discussione intorno alla datazione sia delledificio che degli affreschi ed intorno al susseguirsi delle pitture nel coro, sullarco trionfale e nella navata, che cerco di riferire brevemente. noto da tempo che le pitture della navata e dellarco trionfale sono attribuibili a due mani diverse. Adesso sappiamo che le pitture della navata si sovvrappongono alle pitture della parete dellarco trionfale nellangolo nord-est e sono dunque posteriori. Inoltre stato accertato che le pitture della navata si trovano su un intonaco bagnato sottile applicato sopra lintonaco di argilla verde con intrusioni di calce. Questa malta, secondo i restauratori, sarebbe anche la malta dei muri in alzato, mentre larcheologia ha constatato malta di calce nelle fondamenta e nella zona dello zoccolo, e argilla solo nella parte occidentale del muro nord (riparazione?) e nellaltare. Per larco trionfale i dati tecnici sono tutti dei restauratori: le pitture nellintradosso dell arco trionfale si trovano su un intonaco bagnato, il supporto dovrebbe essere la malta bianca contentente carbone, constatata nelle lacune dellarco trionfale. Per le pitture del coro (del muro est abbattuto; mancano tracce di pitture sul muro nord e sud) le informazioni sono dellarcheologia: sui frammenti dintonaco di 4-7 cm, contenente carbone, le pitture sono distese direttamente, senza intonaco bagnato, mentre dallaltra parte lintonaco porta il negativo della muratura. Sembra delinearsi una successione dal coro allarco trionfale e alla navata. Le pitture dellarco trionfale e della navata hanno molti elementi in comune e non possono essere distanti nel tempo. I frammenti del coro sembrano distinguersi per i motivi decorativi. Manca no ad ora lanalisi delle malte e dei supporti, e le critiche sono state severe9: sulla datazione delle pitture ne sappiamo quanto prima. Per quanto riguarda larcheologia, la datazione della chiesa ad aula con coro trapezoidale al VII secolo e la deduzione da modelli lignei sono state criticate duramente 10; le transenne, lunico elemento nuovo accettato come contributo da parte dellarcheologia, non possono essere contemporanee al coro rientrante ed alle pitture, piuttosto sarebbero da attribuire ad una chiesa precedente, forse in legno, dato che buche di palo sono state trovate sia allinterno della chiesa (una, attribuita alla casa precedente) che allesterno sul lato sud (due, attribuite a tombe come segno di riconoscimento; pertiche); il coro trapezoidale andrebbe bene per il X secolo, non per il VII, lo stesso vale per le pitture; il collegamento del pavimento con la tomba murata non convince; la tomba 44 allester9 EXNER 1990, pp. 558-572.

no, che d la datazione, non collegata stratigracamente alla chiesa. Escludendo una chiesa in legno si propone qui una ricostruzione della prima chiesa come semplice aula rettangolare, lunga 7,50 m allinterno (la posizione del muro orientale data dalla tomba 44 che rimane allesterno), larga 4,84 m, cio 36 m 2 abbondanti; una transenna e un gradino dividono il coro (profondo 2,50 m) dallaula dei laici; nella transenna con le colonnine laccesso al coro non mediano, ma spostato a nord di circa 1,00 m; la trave di soglia innestata nel muro sembra servire da gradino, anche se incassata di 0,17 m sotto il pavimento ed alta solo 13 cm, mentre lo zoccolo dellaltare richiedeva il pavimento del coro pi alto di 0,25 m; laltare di 1,00x0,80 m distante dal muro circa 0,50 m e dal gradino 1,15 m; appartengono a questa chiesa la nestra nel muro sud della navata (chiusa allesterno nel XV secolo), lingresso a sud (spostato ad ovest nel periodo gotico), lunico pavimento scavato, perch collegato ai letti di malta intorno alle colonnine lignee della transenna, ed una tomba sul lato sud dellaula che ha avuto come conseguenza la posizione non mediana dellaccesso al coro. La tomba non quella murata che oggi esiste e la quale, per gli strati di malta nella muratura, va datata al periodo romanico, ma una tomba precedente, contemporanea alla costruzione della chiesa. La ricostruzione di una prima chiesa rettangolare del tutto ipotetica. Il fatto che le fondamenta e la malta della muratura nel coro con larco trionfale e nella navata siano diverse pu far supporre un periodo diverso di costruzione. Ma non si sono trovate tracce delle fondamenta del muro est che doveva correre all interno della chiesa odierna. Le fondamenta dei muri laterali abbattuti ad est potrebbero essere state integrate nei muri di rinforzo del Quattrocento, in ogni modo nel prolo del muro sud si vedono le pietre piatte e regolari per langolo sud-ovest della navata, mentre manca un angolo sud-est della navata, il muro continua irregolare a livello uguale ma con malta diversa, contenente sabbia pi grossa, e termina ad est con pietre pi grandi e disposte orizzontalmente. Una chiesa ad aula rettangolare corrisponde al quadro delle chiese del VII/VIII secolo, mentre cori rientranti, di solito absidi, no ad ora non ne conosciamo prima del X secolo. Fa specie il fatto che ricostruzioni di chiese nel X secolo portano ad un ingrandimento, mentre S. Procolo diventa pi piccola. Dato che toccato solo il coro, potrebbe trattarsi di una ristrutturazione rappresentativa, con arco di trionfo che d spazio ad un programma pittorico impressionante, voluto dal signore terriero. Lipotesi di una chiesa rettangolare precedente alla chiesa con coro trapezoidale avrebbe come
10 KOBLER 1990, pp. 553-557.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITALIASETTENTRIONALE

Fig. 29) S. Martino vecchio a Lana, pianta 1:200.

Fig. 28) S. Martino vecchio a Lana da est. In primo piano, appena visibile a sinistra, labside romanica, in fondo il pavimento e il muro ovest della chiesa romanica; al centro il muro est e laltare addossato della prima chiesa.

conseguenza una datazione delle pitture nel X secolo, cio piu tarda di quanto si pensasse. Per la storia locale sarebbe un fatto grave, perch queste vengono comunemente indicate come le prime pitture medievali nel mondo di lingua tedesca. Lo scrivente ha ritenuto opportuno questo lungo excursus, perch in italiano manca una relazione sufciente dei lavori degli ultimi 15 anni. A Lana esistono pi nuclei insediativi con le rispettive chiese: Lana di Sopra con S. Lorenzo (non pi esistente); Lana di Sotto con la chiesa parrocchiale, sotto la cui sagrestia, a quattro metri di profondit, ci si imbattuti in un complesso di edici dellet imperiale, ricostruito in et tardoromana, livelli di distruzione, tombe tra le rovine e tracce di una prima chiesa con piccola abside semicircolare, con sepolture; Lana di Mezzo con due chiese: S. Pietro con antico cimitero e S. Martino vecchio. Sotto la chiesa gotica di S. Martino vecchio a Lana (gg. 28-29), profanata e inglobata in un complesso di abitazioni (convento dellOrdine Teutonico dallOttocento), oltre labside e i muri laterali della precedente chiesa romanica, nel 1998 sono stati scoperti resti di un edicio romano (un muro nord-sud, tegole ed una stampigliatura su tegola della prima
11 NOTHDURFTER 2000, pp. 221-223.

et imperiale) sepolture di neonati, strutture in legno bruciate (argilla bruciata), forse tardoromane, ed una prima chiesa11. Allinterno del coro gotico corre un muro dello spessore di 0,55 m che si perde a sud sotto labside romanica e a nord sotto il coro gotico. Addossato al muro si trova un blocco murato, largo 1 m e profondo 0,80 m, con intonaco di malta di calce e con davanti un lastricato come podio. Resti di sepolture scompigliate nello scavo di fondazione del muro meridionale gotico e soprattutto le sepolture (adulti e bambini) appena sotto il pavimento romanico ad ovest ed in parte sotto il muro stesso ci indussero ad interpretare i resti murari ad est come appartenenti ad una chiesa. Si pu ricostruire unaula quadrata di circa 5,80x5,80 m, cio 34 m2 scarsi, nella quale il muro ovest si serve del muro romano come fondamento, mentre del muro meridionale non sono rimaste tracce a causa delledicazione della chiesa romanica e il muro settentrionale corre al di fuori della chiesa recente. La piccolezza della chiesa, la mancanza di un coro rientrante e la presenza di sepolture inducono alla datazione nel VII/VIII secolo; ma la pianta quadrata ed il fatto che la chiesa non abbia ricevuto un coro rientrante fanno pensare ad un periodo avanzato dellalto Medioevo (X/XI secolo).

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Fig. 30) La posizione delle due chiese: quella sotto Castel Tirolo e, verso sinistra in fondo, S. Pietro a Quarazze, viste da est.

In zona di conne Gli accertamenti delle due chiese paleocristiane di S. Pietro di Quarazze e la chiesa scavata sotto Castel Tirolo sono veramente sorprendenti: distanti solo un quarto dora luna dallaltra, ambedue semplici aule rettangolari con abside larga (non accertata per S. Pietro a Quarazze), ambedue, a quanto pare, senza banco presbiteriale, ma fornite di un loculo per le reliquie murato con gradini di accesso. Gli scavi sotto Castel Tirolo (comune di Tirolo), iniziati nel 1992 e ancora in corso 12, hanno portato in luce la chiesa paleocristiana databile al V-VI secolo (gg. 30-31), il loculo intatto, riempito di pietre e malta, il reliquiario ancora nel compartimento superiore di una nicchia chiusa da una lastra verticale. Siccome non si sono trovate tracce di incendio o di distruzione, la chiesa paleocristiana deve essere stata in uso per tutto il VII e lVIII secolo, no alla costruzione della chiesa triabsidata di uguale lunghezza, ma pi larga (aggiunta dellabside settentrionale), per la quale proposta la datazione al IX/X secolo. Sembra che in questoccasione il loculo sia stato aperto, controllato e quindi riempito (di nuovo?) di pietre e malta e sigillato con un segno a ferro di cavallo. Cos le reliquie sarebbero rimaste valide per la chiesa
12 DALRI 1997, pp. 81-100.

triabsidata, la quale era dotata di tre altari, uno in ciascuna delle absidi, separate dallaula da un gradino, laula stessa divisa in una zona presbiteriale ed in una zona per i laici (chiesa abbaziale?). La chiesa di S. Pietro a Quarazze (comune di Tirolo) la pi piccola delle chiese paleocristiane (gg. 32-34), larga appena 3,20 m, lunga circa 11 m (?), con annessi laterali a nord, forse anche a sud. Mentre la chiesa paleocristiana sotto Castel Tirolo ha vita no al IX-X secolo, a S. Pietro si succedono due chiese cruciformi nel breve tempo di 200 anni. La prima sembra una semplice ristrutturazione, riconoscibile solo attraverso il pavimento in calce con cocciopesto: vennero aperti i vani laterali verso laula, rimanevano in uso sia il loculo che laltare. Laltare a quattro colonnine stato trovato inglobato nellaltare romanico della chiesa odierna. La seconda chiesa un edicio completamente nuovo, la chiesa che ancora oggi esiste, a croce latina con cupola e torre centrale, abside a ferro di cavallo allinterno e poligonale allesterno, un annesso a nord con funzione di vano tombale, anchesso con abside poligonale, forse leggermente pi recente, per fare posto ad un sarcofago rialzato in marmo bianco, evidentemente una sepoltura ancora pi importante di quelle in due tombe murate che occupano lannesso stesso (la storia locale attribuisce le sepolture alla famiglia nobile

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Fig. 31) La chiesa sotto Castel Tirolo. Due tombe appartenenti ad una fase avanzata della chiesa paleocristiana, in fondo labside sud della chiesa triabsidata.

Fig. 32) S. Pietro a Quarazze da est.

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Fig. 33) S. Pietro a Quarazze. Ricostruzione isometrica della terza chiesa (ne VIII secolo) da RASMO 1981, p. 35.

Fig. 34) S. Pietro a Quarazze, pianta 1:200 della seconda e terza chiesa (VI, VII e ne VIII secolo).

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Fig. 35) S. Vigilio e S. Lorenzo a Castelfeder da est.

Fig. 36) S. Vigilio e S. Lorenzo a Castelfeder, pianta 1:200.

dei Wanga che nel basso Medioevo avevano il patronato della chiesa). Lungo i muri nord e sud della navata allesterno si trovano altre tombe, il diritto di sepoltura si conservato no ad oggi. Tra le chiese semplici emerge qui unarchitettura di alta qualit. Deriva dalla tradizione bizantina e ravennate lungo il litorale adriatico nella seconda met dellVIII secolo e ha dei paralleli nelle chiese veronesi di S. Zeno a Bardolino e di S. Pietro in Valle di Gazzo Veronese, datate al IX secolo. Secondo Nicol Rasmo13 certe caratteristiche come labside, le due lesene eleganti di marmo bianco con scanalature (e le due colonne di marmo rosso trentino?) alla crociera e le nestre a doppio arco inducono alla datazione allVIII secolo, mentre i muri massicci e le volte a botte robuste sembrano portare pi verso il IX secolo. Gli stucchi14 trovati murati in una nestra nel muro sud della navata e nellaltare romanico, in un primo momento vennero attribuiti da Reimo Lunz e da Rasmo al IX secolo, nel 1981 invece Rasmo li vede vicini agli stucchi di Disentis nei Grigioni e ritorna alla datazione della chiesa e degli stucchi alla ne dellVIII secolo. L E CHIESE NEI CASTRA Sul lato occidentale della Val dAdige i castra si allineano messi in fila da Caldaro fino a Tesana presso Merano, sul lato orientale si trovano il
13 RASMO 1949, pp. 111-114; RASMO 1976, p. 147; RASMO 1981 pp. 33-37. 14 LUNZ 1978, pp. 6-33.

castrum Castelfeder presso Montana ed il Virgolo presso Bolzano. Si tratta di punti strategicamente importanti in localit naturalmente munite e facilmente difendibili, in alcuni casi fortificate e quasi sempre con una chiesa. Si pu supporre che questi insediamenti in altura siano stati organizzati dallamministrazione pubblica nel tardo antico e diventati poi rifugio di comunit circostanti nellalto Medioevo. Tutte le chiese dei castra divennero meta di pellegrinaggio e perci si sono mantenute fino alla profanazione nella seconda met del Settecento. Lesteso colle roccioso di Castelfeder (comune di Montagna) circondato da un muro di difesa con cammino di ronda sopra pilastri quadrati ed archi ciechi. Allinterno si trovano una torre con filari di opus spicatum , resti di insediamento, tombe ad avello e, sul punto pi alto, la chiesa di S.Vigilio e S. Lorenzo (gg. 35-38) scavata nel 1985/198615. Il muro di forticazione attribuibile in via dipotesi al periodo della riconquista bizantina dopo la met del VI secolo (al Doss Trento sotto cemento visibile un resto di muro dello stesso tipo). Un edicio profano (ceramica) di pianta romboidale, lungo 9,60 m e largo 7,40 m (71 m2), con entrata a sud fu adattato a chiesa, trasferendo lentrata ad ovest. Da una delle tombe circondate da pietre e distrutte allinterno della chiesa deriva una fibbia di cintura di tipo Bieringen e questo
1 5 BAGGIO, DAL RI 1986, pp. 849-864; BAGGIO, DAL R I

1989, pp. 35-38.

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Fig. 37) S. Vigilio e S. Lorenzo a Castelfeder, muri sud e ovest.

Fig. 38) Castelfeder verso sud. Parte del muro di forticazione.

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Fig. 39) S. Vigilio al V i r g o l o , pianta 1:200.

Fig. 40) S. Pietro a Castelvecchio. Il colle isolato visto da est, in cima la chiesa. Sullo sfondo il lago di Caldaro.

Fig. 41) S. Pietro a Castelvecchio. I resti murari della chiesa, il frontone in parte ristrutturato.

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porta alla datazione della chiesa nella prima met del VII secolo. Le tombe ad ovest allesterno della chiesa, anche queste distrutte da ricercatori abusivi, potrebbero essere state interrate prima dello spostamento dellentrata, dato che lingresso rispetta la loro posizione. Tombe di neonati si trovano a sud e ad est. Al IX-X secolo databile labside rientrante a forma di ferro di cavallo con pilastri allesterno. La chiesa di S. Vigilio sul Virgolo (comune di Bolzano), un dosso roccioso ad est della conca di Bolzano, stata scavata nel 1992/1993 e nel 199516 (g. 39). unaula di soli 6x4,20 m allinterno, cio 25 m 2 abbondanti, spessore di muro 0,75 m. La chiesa sorge su un fondo roccioso che scende ripidamente da nord a sud, per cui a nord la roccia venne demolita per dare sostegno al muro del quale non si trovata traccia, mentre il muro meridionale poggiava sulla roccia almeno tre metri pi in basso. I reperti ricuperati nel materiale di livellamento (frammenti di bicchiere di vetro verde chiaro) sono del V secolo e fanno supporre costruzioni esistenti nel periodo tardo antico, mentre resti di scheletri scomposti portano ad ipotizzare un mausoleo precedente. Allesterno della chiesa furono scoperte delle sepolture violate in antico, databili al VI/VII secolo in base a resti di corredo (fibula a staffa a braccia uguali in ferro anzich in bronzo ed un frammento di fibula del tipo a disco composito). Lunica sepoltura allinterno della chiesa databile alla met del secolo VIII in base a due elementi di cintura di ottone argentato e dorato di provenienza italico-bizantina. Dal 650 circa il Virgolo nelle mani dei Baiuvari, supposto che il castrum Bauzanum, nominato da Paolo Diacono per lanno 680, sia da identificare col Virgolo. In quellanno i Longobardi cacciano il comes baiuvaro, che dovrebbe per essere tornato nellVIII secolo. Il Virgolo successivamente rimane in possesso dei Baiuvari. Per la chiesa recente con abside qui si propone il X secolo in base allabside a ferro di cavallo con due oculi e con pilastri allesterno ed allirregolarit della muratura. Diversi invece i risultati dello scavo: una moneta nella tomba 5, attribuita alla prima chiesa e distrutta nel corso delledificazione della seconda chiesa, porta alla datazione nel XII secolo. Dei castra lungo il versante destro della Val dAdige stata scavata solo la chiesa di S. Pietro a Castelvecchio (comune di Caldaro)17. Sorge in cima al colle roccioso di Castelvecchio (gg. 40-41). una chiesa paleocristiana ad aula con abside larga ed annessi di traverso, circondata da vani laterali (praticamente inscritta in un rettango16 BOMBONATO, DALRI 1999, pp. 221-223. 17 DALRI, RIZZI 1995, p. 104, g. 19,1-2 (foto aerea, rilievo). 18 NOTHDURFTER 1992, pp. 38-47. 19 LUNZ 1990, pp. 46-48. DAL RI, RIZZI 1995, pp. 92-93, p.

lo 18), databile al V/VI secolo e ristrutturata nel VII/VIII, secondo le norme della nuova liturgia: lo scavo del 1998, non ancora pubblicato, ha potuto mettere allo scoperto la demolizione parziale del presbiterio paleocristiano (bema centrale, banco presbiteriale e solea) ed il trasferimento del presbiterio nellabside, elevata di due gradini e divisa dallaula da una transenna. Qualche chilometro a nord, presso Appiano, si trova il vasto insediamento di Lamprecht, unico c a s t r u m senza chiesa, secondo quanto risulta dalla piantina di vecchi scavi dellinizio del XX secolo, ma con cinta muraria di pietrame legato con calce19. Secondo i reperti recuperati, linsediamento potrebbe gi cominciare nel III secolo e perdura no al VII/VIII secolo. Sempre nel comune di Appiano noto il castrum Predonico20, circondato da una complessa cinta muraria, che ha come elemento caratteristico degli spigoli triangolari verso lesterno, dunque attribuibile al periodo bizantino come il muro di Castelfeder. Allinterno una serie di edici sono addossati alle mura. La chiesa di S. Vigilio non stata scavata ma, in base allintitolazione, potrebbe essere attribuita al VI/VII secolo. Il castrum pi settentrionale S. Ippolito a Tesimo, su un colle dominante sopra Lana, sulla via per la Val di Non. Piccoli resti della forticazione si trovano nella parte nord. In base all intitolazione la chiesa potrebbe essere attribuita ancora al tardoantico, dato che S. Ippolito e S. Cassiano dImola, questultimo patrono della diocesi di Sabiona, sono spesso nominati insieme nel V-VI secolo (p. e. a Milano). La chiesa dei SS. Cosma e Damiano (comune di S. Genesio), scavata nel 198521, lultima chiesa grande paleocristiana e sembra aver perdurato fino al periodo romanico (figg. 42-45). Sorge sulle ripide rocce sopra Terlano al lato settentrionale della Val dAdige tra Bolzano e Merano. una chiesa ad aula di 14,40x7,60 m con coro trapezoidale rientrante ed annessi laterali. Per la costruzione della chiesa stato abbattuto un grande edicio tardoromano distrutto da unincendio, per il quale era stato spianato il terreno, abbassando la roccia che sale verso nord e riempendo di argilla il franamento di blocchi che scende ripidamente verso sud-ovest. Ledicio databile alla seconda met del VI secolo in base allintitolazione e per i tre elementi di cintura in argento nella pertinente sepoltura a cappuccina, forse lultima di questo tipo. Lintitolazione ai santi medici e il fatto che la chiesa romanica era meta di pellegrinaggio, legata allacqua salutifera che si trovava sempre in una cavit di un cocuzzolo roccioso poco al di sotto della
20 DALRI, RIZZI 1995, pp. 92-93 e p. 107, g. 24,1-2 ( Pianta e muri di casa). 21 NOTHDURFTER 1985, pp. 253-264; NOTHDUFTER 1993 pp. 33-66.

107, g. 24,1-2 (pianta e muri di casa).

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Fig. 42) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. Nel ripido pendio del colle roccioso a sinistra la chiesa (in cima il castello di Greifenstein), pi indietro, a destra, appena visibile, il colle del Virgolo.

Fig. 43) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. La cavit nella roccia poco al di sotto della chiesa, dove lacqua salutifera non si esaurisce mai.

Fig. 44) SS. Cosma e Damiano a Settequerce, pianta 1:200, la ricostruzione del coro ipotetica.

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Fig. 45) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. Il coro della chiesa attuale, visibili labside romanica abbattuta e il pavimento della chiesa paleocristiana. Una cavit nel pavimento, con minimi resti di un muro, potrebbe essere interpretata come loculo.

chiesa, portano allinterpretazione della chiesa paleocristiana come santuario (forse costruita dallamministrazione bizantina con funzione anche di c a s t r u m oppure di caposaldo). Forse perfino il grande edicio tardoromano, che per la costruzione della chiesa stato abbattuto, doveva la sua esistenza allacqua salutare. LE CHIESE DELLASEDE
VESCOVILE

Tra tutte le chiese paleocristiane solo le chiese grandi di Bolzano e di S. Lorenzo di Sebato hanno avuto uninterruzione di lunga durata. Mancava lorganizzazione amministrativa e con ci mancavano i mezzi per il mantenimento delle chiese come opere pubbliche. A B o l z a n o crollato il muro sud quando la chiesa venne riedificata su pianta ridotta: il muro sud passa ora sopra il banco presbiteriale22. In base a lacerti di decorazione pittorica di questo secondo edicio, attribuibili in via ipotetica ai secoli VIII/IX23, linterruzione sarebbe stata di 200 anni, secondo Rasmo perno di 300, supponendo che la distruzione sia avvenuta gi nel V secolo. A S. Lorenzo di Sebato stato documentato un uso profano nel V e nel VI secolo
22 RASMO 1957, pp. 7-2, in part. pp. 11-12, g. 11 (pianta). 23 SPADAPINTARELLI 1981, pp. 143-148.

secondo datazione C14 24. Questa profanazione dovrebbe prolungarsi almeno nel VII-VIII secolo, dato che non esistono tracce di una chiesa altomedievale. Daltra parte possibile che, dopo un periodo di profanazione, la chiesa paleocristiana sia stata ristrutturata, forse pi piccola, e usata di nuovo. Lo scavo si concentrato su una piccola parte del coro. Il coro rettangolare di una seconda chiesa databile solo verso la ne del X secolo in base alla tecnica muraria con grandi ciottoli disposti in lari. Il vescovado di Sabiona (comune di Chiusa) si rivela passivo e conservatore in tutto lalto Medioevo. Rimane esclusivamente vescovado della popolazione romana, contrario alla fondazione di conventi, forse per impedire ai sovrani di intervenire. Daltra parte mancano dotazioni da parte degli imperatori o duchi fino al 901. Nelle fonti scritte, dopo Ingenuino, il vescovado non viene pi nominato no a met del secolo VIII. Le due chiese paleocristiane25 hanno continuit nellalto Medioevo con un minimo di ristrutturazione, e una chiesa viene costruita vicino al vecchio battistero (g. 46).
24 DALRI, RIZZI 1995, p. 98, nota 12. 25 BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, pp. 243-300.

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Fig. 46) Sabiona da sud. In cima la chiesa di S. Croce sopra la chiesa a due aule paleocristiana ed altomedievale e, un gradino di sotto, il castello vescovile (oggi convento). Seguono verso valle il grande giardino del convento senza tracce di costruzioni e la forticazione medievale con, ad est, la chiesa barocca di Nostra Signora e la piccola chiesa di S. Maria. Sul terrazzo racchiuso dal muro medievale stato scavato linsediamento tardoantico con, ad est, il battistero paleocristiano, vicino al quale, nel secolo VIII, venne costruita la chiesa, mentre le rovine dellinsediamento ad ovest venivano usate per il cimitero. Poco sotto il muro medievale sorgeva la grande chiesa paleocristiana ed altomedievale con sepolture allinterno ed allesterno. Tutto il pendio verso valle era cimitero.

La chiesa sul pendio, terza chiesa in ordine di grandezza, appartiene al tipo diffuso di aula con abside larga, annessi traversali, atrio ed annessi laterali. arredata di tomba murata per le reliquie (con gradini di accesso, camera a volta e nicchia), di bema elevato, banco presbiteriale e solea. Ladattamento alla nuova liturgia sembra databile alla met del VII secolo in base a due sepolture con elementi multipli di cintura interrate nel primo pavimento. Venne demolito il presbiterio paleocristiano di quanto era necessario per mettere un nuovo pavimento in malta, a livello pi basso nella navata e negli annessi laterali, a livello pi alto di uno o due gradini nellabside (il pavimento dellabside documentato solo da una foto del 1929). Nel primo terzo dellabside venne installato il nuovo loculo (attribuito ad una prima fase della chiesa paleocristiana nelle note preliminari 26), molto pi piccolo, ma sempre in forma di un mausoleo, chiuso probabilmente a volta murata e coperta dal pavimento. Contemporaneamente, in base alla malta bianca uguale, si pu desumere che i due vani a sinistra e a destra dellabside furono trasformati in absidi laterali, inoltre vennero
26 ibid. pp. 271-277, p. 276 g. 7.

costruiti una cappella laterale ed un annesso a nord, raggiungibile con una scala con gradini di spoglia in marmo dallannesso laterale settentrionale. Sono stati documentati un incendio nella seconda met del VII secolo, seguito da uso profano dei vani laterali, ed una distruzione parziale provocata da una frana (gg. 47-48). In seguito i vani laterali a nord e la cappella laterale furono abbandonati e chiusi da muri. Il muro nord della navata e dellannesso laterale vennero rinforzati da un secondo muro. La ne della chiesa avvenne dimprovviso, col crollo della parte sud-est, databile verso linizio del secolo VIII, in base alle ultime sepolture con corredo ad ovest della chiesa. La chiesa paleocristiana ed altomedievale di S. Croce (prima del Mille S. Cassiano) in cima alla rupe di Sabiona (gg. 49-51) un edicio rettangolare di circa 21x13 m con due aule parallele, con, ad ovest, latrio della chiesa sud ed un vano tombale forse aperto verso linterno della chiesa nord, e con, ad est, un vano battesimale, del quale sono state trovate solo la vasca battesimale ed un minimo resto di pavimento. La mancanza di un loculo per le reliquie e di un banco presbiteriale in ambe-

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Fig. 47) Sabiona, la chiesa sul pendio vista da est. In primo piano il loculo della fase due e tre nellabside; allincrocio degli annessi traversali con la navata e labside il loculo paleocristiano; i vani laterali nord chiusi, i muri rinforzati.

Fig. 48) Sabiona, la chiesa sul pendio, pianta dellultima fase (ne VII / inizio VIII sec.), 1:300. Gli annessi nord sono abbandonati, i muri della navata e dell annesso di traverso rafforzati verso nord.

Fig. 49) Sabiona, la chiesa di S. Croce da nord.

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Fig. 50) Sabiona, la chiesa di S. Croce. Gli scarsi resti della chiesa paleocristiana ed altomedievale. In primo piano a destra parte dellatrio dellaula sud con la scala a tre gradini e pavimento, a sinistra il vano tombale con lultimo pavimento (il terzo), la tomba ancora chiusa e con i resti di un altare collocato sopra la tomba. In secondo piano ed in parte no nellabside centrale romanica il pavimento altomedievale delle aule, su livello pi basso nellaula sud, pi alto nellaula nord (della chiesa romanica sono le fondamenta dei pilastri e tratti di pavimento tagliati). Appena visibili le tracce del muro divisorio tra le aule: negativi di malta e bordi rialzati del pavimento.

due le aule (forse distrutti dalledicazione romanica basilicale con le tre absidi) indusse allerronea datazione della chiesa nel VII secolo27. Linsieme di due aule parallele, di una tomba importante e di un vano battesimale spinse Franz Glaser ad interpretare la tomba come tomba di martire con sopra laltare della chiesa nord, che
27 ibid. pp. 284-290, p. 285 g. 10.

dunque sarebbe stata orientata ad ovest, mentre la chiesa sud sarebbe stata arredata di bema e banco presbiteriale, ed il vano battesimale, collegato con la chiesa nord, avrebbe avuto il fonte battesimale nellangolo sud e un accesso dallesterno a nord 28. Questa ricostruzione della chiesa forse non corrisponde alla realt, ma d unimpressione
28 GLASER 1997,pp. 730-736.

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Fig. 51) Sabiona, la chiesa di S. Croce, pianta. 1:300 ca.

completa di una chiesa paleocristiana che riunisce tutte le funzioni di una chiesa vescovile (chiesa per la celebrazione della santa messa, battistero, con signatorium) del V secolo. La posizione della chiesa sulla sommit di Sabiona un elemento importante che induce ad interpretare la chiesa come chiesa vescovile dal V secolo, anche se il vescovo nelle fonti scritte emerge solo a met del VI secolo. Nellalto Medioevo venne abbandonato il vano battesimale, ma la chiesa rimase a due aule fino all XI/XII secolo, quando fu costruita la chiesa romanica sulla stessa pianta. Manca anche in seguito ogni traccia di altari. Nelle aule fu posato un pavimento di malta di calce su ciottolato, nella parte orientale rinnovato con malta di argilla. La chiesa sud aveva ora un gradino che portava al coro leggermente elevato, un nuovo muro ovest e un intonaco contenente carbone nella malta. La stessa malta si trova nel muro di recinto ad est, che mette fuori uso il fonte battesimale, passandovi sopra. Il vano tombale venne chiuso verso linterno della chiesa nord e dotato di un accesso con dei gradini dallesterno, di un nuovo pavimento e di affreschi.
29 BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, pp. 269-271.

La chiesa di S. Maria (gg. 52-55) lunica chiesa che venne costruita nel VII-VIII secolo (datata in un primo momento in epoca romanica). In parte doveva sostituire la chiesa sul pendio, crollata. Sorge venti metri pi in alto, sullargine orientale del terrazzo (oggi occupato dalla forticazione medioevale con le due chiese di S. Maria e di Nostra Signora), dove nel tardoantico era stato eretto il battistero 29 nel contesto di un insediamento che, dopo due distruzioni nel VI secolo, fu abbandonato. Ad est venne costruita la piccola chiesa, verso ovest le rovine vennero usate per il cimitero (circa 100 tombe, solo due tombe con corredo). La chiesa di un tipo che ricorda il tardoantico, anche se le dimensioni e la tecnica corrispondono a quelle dellalto Medioevo: aula rettangolare, lunga 6 m, larga 4,40 m, cio 26 m 2 abbondanti, labside rientrante solo a nord, larga 3,78 m e profonda 4m. La muratura irregolare, la malta di calce molto magra, lintonaco con malta di calce con argilla. lunica chiesa con abside del VII-VIII secolo che fin adesso conosciamo oltre le chiese cruciformi di Quarazze (non accertato per S. Giorgio a Corces).

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Fig. 52) Sabiona, la chiesa di S. Maria. Labside vista da nord.

Fig. 54) Sabiona, la chiesa barocca di Nostra Signora e la chiesa di S. Maria viste da sud-est.

Fig. 53) Sabiona, la chiesa di S. Maria. Parte sud dellabside con muratura altomedievale (lo zoccolo dellaltare e il reliquiario sono dellOttocento, quando venne abbassato il pavimento, cos che non sono rimaste tracce dei pavimenti).

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Fig. 55) Sabiona, la chiesa di S. Maria, pianta 1:300. Le tombe altomedievali (sigle nere) sono orientate al vano battesimale paleocristiano del quale, oltre la vasca, non si sono trovate tracce. Dellabside della chiesa altomedievale la parte nord non originale.

RISULTATI Tutte le chiese, sia quelle paleocrisitane che quelle altomedievali, esistono ancora oggi o esistevano almeno no alla profanazione nel Settecento. Fanno eccezione la chiesa sotto Castel T i r o l o , demolita sistematicamente per la costruzione del castello verso la ne dellXI secolo, e la chiesa sul pendio di Sabiona, crollata nella parte sud-est e di seguito spianata intenzionalmente (non si trovavano tracce di humus nella rovina). Le chiese grandi paleocristiane, pur avendo vissuto periodi di distruzione e di uso profano o di abbandono nel VII-VIII secolo, diventavano chiese parrocchiali. Nella sede vescovile di Sabiona la chiesa di S. Croce era la chiesa del vescovo e, dopo il trasferimento della sede a Bressanone verso la ne del X secolo, chiesa del palatium vescovile, ormai castel30 BHME 1996, pp. 477-507.

lo. La chiesa di S. Maria era meta di pellegrinaggio, un fatto che richiese continui ingrandimenti no alla costruzione ottagonale barocca di Nostra Signora, ma la piccola chiesa di S. Maria si conservata almeno in parte. Le chiese nei c a s t r a diventavano meta di pellegrinaggio delle comunit della zona circostante. Sopravvivono, come chiese padronali, anche tutte le chiese piccole. Le chiese piccole, piccolissime, in legno, pi o meno isolate rappresentano il fenomeno veramente nuovo delledilizia altomedievale. Nel tentativo di capire questo fenomeno si partiti da un fenomeno analogo a nord delle Alpi: nel territorio degli Alamanni e dei Baiuvari stato notato che, a partire dal VI secolo ad ovest e dal VII secolo ad est del Reno, allinterno delle necropoli merovinge le tombe ricche diradano e si spostano allorlo, sotto grandi tumuli oppure vicino a piccolissime chiese in legno30. Contemporaneamente si diffondono ricche tombe allinterno di chiese, un uso che ha inizio nelle chiese sepolcrali dei re merovingi e in seguito dei nobili ad ovest e poi ad est del Reno. Quando le chiese con sepolture allinterno o con piccoli cimiteri si trovano sparse nel territorio o in punti strategicamente importanti 3 1 , vengono interpretate come chiese di nobili, funzionari del re merovingio o del duca della regione. S. Procolo a Naturno stato il primo caso in cui stato possibile adottare questa argomentazione: un funzionario, dotato di terreno, costruisce la chiesa in un piccolo cimitero e vi seppellisce la sua famiglia. S. Stefano a Burgusio sarebbe da attribuire ad un funzionario di alto rango, dato che si seppellisce allinterno ed allesterno nel VI secolo e di nuovo, nella chiesa allargata, nel VII secolo. S. Giorgio a Corces, per la posizione in un punto strategico, da interpretare come caposaldo di dominio in mano ad un funzionario nobile, anche se adesso, ipotizzando mausolei precedenti, si potrebbe pensare ad uno stato simile gi nel tardo antico (questo, in via ipotetica, potrebbe valere anche per S. Vigilio al Virgolo). I corredi delle tombe sono scarsi in confronto a quelli a nord delle Alpi. Questo vale anche per le tombe pi ricche, che sono state scavate allinterno e nei vani laterali della chiesa sul pendio di Sabiona. Va anche detto che il corredo non permette di distinguere sepolture romane da sepolture longobarde, franche o baiuvare. Inoltre le tombe dell VIII-IX secolo non hanno piu corredi, in altri casi non sono state scavate le tombe appartenenti alla prima chiesa. Il solo fatto che esiste il diritto di sepoltura, p.e. presso la chiesa sotto Castel Tirolo, con tombe allinterno in periodo avanzato, e presso la chiesa cruciforme di S. Pietro a Quarazze, con lannesso tombale e tombe lungo i muri, fa pensare a signori terrieri di alto rango. Mentre a nord delle Alpi le piccole chiese con
31 BURZLER 1993, pp. 191-230 e 272-275.

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sepolture di solito spariscono nel corso di poche generazioni, nel nostro territorio hanno continuit fino nellEvo moderno. Nel basso Medioevo esse continuano ad essere chiese di signori terrieri, giungendo alla ne nelle mani di conventi. Queste chiese talvolta sono state ristrutturate o ingrandite nel IX-X secolo, talvolta riedificate in periodo romanico, fornite di un campanile e arredate di affreschi e poi rimaste pi o meno ferme, altre ristrutturate ed affrescate in periodo tardogotico. Alcune di queste chiese sono diventate chiese liali (S. Giorgio a Corces, S. Giorgio a Foiana, S. Valentino a Salonetto), altre perfino parrocchiali (S. Pietro a Quarazze), altre hanno conservato il diritto di sepoltura. NellEvo moderno la continuit un fenomeno local, che ha a che fare con la

mancanza di guerre o di ribellioni, con la continuit della dinastia dei Tirolo e degli Asburgo dal Duecento in poi e con limmutata situazione delle propriet fondiarie e delle strutture delle comunit rurali. Futuri scavi porteranno allallargamento e alla diversificazione del quadro delle chiese del VII/VIII secolo, dato che no ad ora sono state scavate con successo solo chiese profanate ad ovest e a sud del territorio, mentre larcheologia non riuscita ad entrare nelle chiese parrocchiali o in chiese di livello giuridicamente pi alto. Le poche chiese parrocchiali scavate in parte o interamente non hanno portato risultati, perch gli interventi non sono stati programmati con intento scientifico, bens dettati dallemergenza.

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BIBLIOGRAFIA

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CHIESE DI VII VIII SECOLO NEL TRENTINO: PRIMI DATI DALLE RECENTI RICERCHE
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Accepta itaque fiducia exiit beatus Vigilius incunctanter eorum territoria et aliquam partem Veronensium vel Brixianorum, verbum domini praedicando, ad Christi fidem convertens, ultra triginta fundavit deo ecclesias. cos descriveva la forte opera missionaria del vescovo patrono di Trento, morto nellanno 400 (o, forse, 405), lanonimo autore della Passio S. Vigilii , redatta in et altomedievale1. Vigilio avrebbe dunque fondato pi di trenta chiese nei territori delle due citt contermini al capoluogo trentino non ancora evangelizzati dai rispettivi vescovi. Secondo la critica pi recente siamo qui per in presenza della trasposizione a ritroso in quellepoca della realt politica e religiosa del VI/VII secolo che si trovava a misurarsi con il problema della conversione dei Longobardi 2 o, ancor pi verosimilmente, di quella del VII/VIII, nel tentativo di dare una legittimazione successiva di un allargamento dei conni diocesani trentini su territori o zone dinuenza che prima erano stati di Brescia e di Verona3. E probabilmente da attribuire pure al medesimo periodo il quadro della realt pastorale di Trento delineato sempre dalla Passio allarrivo in
1 Ledizione ancor oggi seguita dagli studiosi quella curata da

citt della salma di Vigilio, che la tradizione storiografica fino a pochi anni orsono, proprio a far capo a questo testo agiograco, voleva morto martire nella Val Rendena: occursio magna facta est vicinarum omnium ecclesiarum sacerdotum et populi christiani qui ad eius exequias concurre runt. Tollentesque veneranda pignora, tertio die passionis suae in basilica quam antea construxe rat ad portam Veronensem, cum magna gloria et aromatibus condiderunt4. Importante, ai ni del tema da noi affrontato in questa sede, sarebbe dunque lattestazione per questo periodo di una forte attivit pastorale da parte della chiesa trentina, il che implicitamente sembrerebbe presupporre non solo una diffusa presenza di edici adibiti al culto, differenziati per importanza e funzioni, ma anche una gi avanzata organizzazione delle comunit cristiane locali5. Le fonti archivistiche trentine antecedenti allavanzato XII secolo sono per estremamente rarefatte e di conseguenza anche la documentazione relativa alla iniziale organizzazione della cura danime, ivi compresa la realt degli edici destinati al culto, per il nostro territorio sostanzialmente inesistente 6, fatto salvo il capoluogo, Trento. Per esso dati storici ed archeologici ci testimomedesimo vescovo intendeva erigere sul luogo del loro martirio (ledizione critica pi recente e corretta sta in MENESTO 1985, pp.151 170). 5 Mancano a tuttoggi prove concrete a suffragio di tale presunto fenomeno, lasciando cos ancora aperto il problema, che riguarda non solo il nostro territorio ma tutta lItalia settentrionale, se lorganica ripartizione territoriale in circoscrizioni minori allinterno della diocesi sia maturata nei secoli compresi fra la comparsa del cristianesimo nelle vallate alpine e il VII/VIII secolo o se essa dovette essere conseguenza della legislazione carolingia allinizio del IX secolo, come per lo pi ritiene lodierna storiograa ( CURZEL 1999, pp. 19 - 41). La legislazione carolingia in materia dovette comunque influire sostanzialmente sullorganizzazione della chiesa trentina, ne sono prova lavvio di una lunga serie di vescovi germanici e il riordinamento liturgico, come testimonia il Sacramentario Trentino redatto nel IX secolo (DELLORO, ROGGER 1983 1984). 6 Recente un lavoro (CURZEL1999) che con metodo rigoroso traccia un quadro delle pievi nel Trentino e della loro organizzazione.

CESARINI SFORZA1905. 2 FORLIN PATRUCCO 1986, p. 164; SPINELLI 1993, pp. 94 95. 3 ROGGER1996, pp. 57 58 (nella sua redazione pi completa e denitiva, dice lA., occorre spostarla dopo il VII secolo, cio dopo la ricomposizione dellunit religiosa con re Cuniperto nel sinodo di Pavia del 698). Vorremmo qui ricordare che negli anni dal 680 al 690 ad opera del duca di Trento, Alachi, ribellatosi al re, ampi lembi territoriali prima facenti parte di quei municipia dovettero essere inclusi nel ducato longobardo di Trento. 4 Quelli sopra riportati risultano a tuttoggi gli unici accenni diretti delle fonti darchivio in merito allesistenza di edifici religiosi nel territorio trentino prima del X secolo, dopo la menzione - avvenuta tre secoli prima circa (397), nelle lettere di accompagnamento delle reliquie dei martiri anauniesi inviate da S. Vigilio a S. Sempliciano vescovo di Milano e a S. Giovanni Crisostomo vescovo di Costantinopoli - di un ecclesia nella citt di Trento e di quella eretta in Anagnia ad opera e a spese dei tre missionari cappadoci, nonch di una basilica che il

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niano infatti la presenza di una sede vescovile e di chiese n dalla seconda met del IV secolo7. Anche le fonti epigrafiche, con riferimento ai secoli che vanno dal VI al X sono particolarmente avare: due iscrizioni funerarie, una, da Riva del Garda, databile al 5398, laltra, dal colle di Tenna, fra i laghi di Levico e Caldonazzo nellAlta Valsugana, genericamente collocata tra il VI e il VII 9, altre due del IX/X secolo, provenienti da Besagno di Mori nel Trentino meridionale, testimonianti la presenza di un oratorium/ titulus10. Lesistenza di edici di culto, fra V e VI secolo, ci invero indirettamente documentata da alcuni reliquiari in pietra (dalla Valle di Non)11 mentre alcune lastre tombali e frammenti di esse, da Sanzeno12 e da Mezzocorona13, nella piana rotaliana, tra valle dellAdige e valle di Non, testimoniano la presenza di coevi cimiteri cristiani. Analoga funzione per i secoli VIII/IX svolta dai non infrequenti elementi di installazioni presbiteriali decorate a bassorilievo con i tipici motivi dellarte longobardo - carolingia (soprattutto nellarea dellAlto Garda e delle valli Giudicarie) riutilizzati nei paramenti murari di chiese pi recenti o depositati in sedi museali. Si tratta in tutti questi casi di testimonianze importanti ma, ovviamente, connotate da ben precisi limiti di ordine scientico14. Una mirata ricerca archeologica sul campo per parte sua stata avviata solo negli ultimi anni: i primi esigui dati sono attualmente in fase di elaborazione e di necessaria integrazione con quelli, pure essi ancora limitati, relativi al popolamento rurale e agli insediamenti. Sebbene in presenza di un simile quadro non proprio confortante, si duciosi nella possibilit di riuscire in tempi relativamente brevi, non solo con nuove indagini, ma anche mediante lapprofondimento, il confronto, linterpolazione di detti pur scarsi documenti in possesso delle discipline coinvolte nello studio di questo settore, ad offrire fruttuosi nuovi contributi, come gi avvenuto per altri territori dellItalia settentrionale. Quella del convegno loccasione per riferire,
7 Una panoramica sulle testimonianze archeologiche relative

in breve sintesi, degli scavi e delle ricerche archeologiche effettuate nellultimo decennio, frutto sostanzialmente di interventi demergenza nel corso di lavori di restauro di edifici religiosi o di complessi castellani nel Trentino che hanno messo in evidenza strutture o fornito comunque informazioni pertinenti a luoghi di culto tra VII e VIII secolo15 (g. 1). Delle dieci chiese di seguito presentate otto sono ancor esistenti, seppur dopo aver attraversato molte e talora convulse vicende storiche, tre risultano aver continuit fino ai giorni nostri ed essere regolarmente ofciate quali chiese pievane (S. Maria Assunta di Civezzano, allimbocco settentrionale della Valsugana, nelle vicinanze di Trento, S. Giustina di Cretto di Pieve di Bono nella valle del Chiese e S. Dionisio, Rustico ed Eleuterio a S. Croce nel Bleggio, nel T r e n t i n o Occidentale); tre, dedicate tutte a S. Martino, individuate in strutture fortificate (una nel castello di Stenico; laltra in quello di Drena, oggi ridotta alle sole fondazioni; la terza sul monte omonimo, alle spalle di Riva del Garda, lungo un antico percorso verso il lago di Ledro e le valli bresciane, probabile antica pertinenza del monastero di S. Salvatore di Brescia, sconsacrata e fatta demolire nel XVIII sec.); sempre nel Rivano, e pure sconsacrata, allinizio del secolo scorso, quella di S. Maria del Pernone a Varone, mentre su un dosso in Val di Gresta, tra il bacino benacense e la valle dellAdige, oggi assolutamente lontana da abitati e da strade di comunicazione, fu eretta S. Tom, ricostruita pochi anni or sono dallo stato di semi - rudere in cui era caduta; nella bassa valle dellAdige, non distante dallantico tracciato della via Claudia Augusta, in unarea assai ricca di testimonianze romane e altomedievali, si erge S. Pietro in Bosco ad Ala, non pi ofciata, mentre lungo un tracciato un tempo di non secondaria importanza, fra le valli del ume Avisio e le terre del Veneto orientale, forse di fondazione privata, S. Stefano di Fornace, aperta al culto solo il giorno del Santo titolare. Va inne rilevato che sia a S. Maria di Civezzacorpus della scultura altomedievale del Trentino, afdato dal lUfcio alla prof. Paola Porta dellIstituto di Antichit ravennati e bizantine dellUniversit di Bologna. 15 Si tratta, come il lettore avr modo di vericare, di informazioni non di grandissimo rilievo, non solo per i limiti, in termini spazio/temporali, imposti agli interventi della soprintendenza dalla tipologia dei medesimi, ma anche per il fatto che il loro approfondimento e lo studio dei materiali di scavo sono tuttora in corso ( prevista una loro prossima pubblicazione). Corre inoltre lobbligo di unavvertenza: la situazione spesso assai compromessa delle sequenze stratigrache indagate, la modestia delle strutture archeologiche rinvenute, lassenza di materiali puntualmente datanti hanno reso estremamente difcile operare una netta distinzione cronologica tra le fasi di VII/ VIII secolo e quelle dei secoli immediatamente precedenti e successivi. Per questo motivo lA. si visto costretto, suo malgrado, a presentare in questa sede dati riferibili ad un arco temporale pi ampio rispetto a quello contemplato dal convegno.

alle chiese trentine dallaffermazione del cristianesimo alla ne del I millennio stata presentata dallo scrivente nel contesto di un simposio organizzato da H.R.SENNHAUSER a Muestair (Svizzera) dal titolo Fruehe Kirchen im oestlichen Alpenraum, attualmente in fase di stampa. 8 GARZETTI 1984 1986, n. 1084. 9 PACI 1993, pp.153 - 156. 10 Sulle prime falde del Monte Baldo, tra la valle dellAdige e il lago di Garda, non lontano da Brentonicum, uno dei castelli trentini distrutti dai Franchi nel 590 (PAOLO DIACONO, H. L., III, 31) Cfr. ORSI 1882. 11 NOLL1972. 12 BONFANTI, DALRI1986. 13 DALRI, ROSSI 1987. 14 Ein fase di conclusione lopera di catalogazione e studio del

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Fig. 1) LOCALIZZAZIONE DELLE CHIESE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Civezzano, chiesa parrocchiale Fornace, S. Stefano Ala, S. Pietro in Bosco Varone, S. Maria del Pernone Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino Drena, S. Martino Mori, S. Tommaso Stenico, S. Martino Bleggio Sup., SS. Dionisio, Distico, Eleuterio Pieve di Bono, S. Giustina

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no che a S. Maria del Pernone a Riva esiste una fase precedente, assegnabile al V/VI secolo che, sicuramente nel primo caso, dubitativamente nel secondo, venne a utilizzare strutture murarie di costruzioni romane. Limpressione generale che si ricava dallinsieme dei dati che in effetti in un periodo, per ora genericamente assegnabile tra VII e IX, si assista ad una diffusione dei luoghi di culto nel nostro territorio con la presenza, accanto alle chiese pubbliche di diritto vescovile, di altre, frutto di iniziative delle comunit locali o di privati, spesso collocate su alture, nel contesto delle prime, ancora piuttosto oscure, fasi di incastellamento. Per quanto attiene la loro architettura diremo che si tratta di una modesta architettura in cui il materiale utilizzato quello offerto dalle risorse locali: pietrame non lavorato, ciottoli, malta di calce, talora integrata con argilla per strutture murarie (mediamente larghe tra i cm 60 e 70) e pavimenti; verosimilmente scandole in legno per i tetti. Le planimetrie, almeno per il periodo ante

VIII/IX secolo, sono a semplice aula rettangolare, in cui laccesso solitamente realizzato nella parete meridionale , prive di abside, orientate con altari a blocco. Abside che invariabilmente compare nelle fasi successive. Civezzano (Alta V alsugana) Chiesa par rocchiale (XVI sec.) (gg. 2-4) Un edificio religioso realizzato attorno al V secolo, utilizzando le strutture murarie di una costruzione romana (II-IV sec. d.C.), viene parzialmente ristrutturato con la sua trasformazione in una architettura ecclesiale costituita da un ambiente ad aula unica e piccola abside semicircolare racchiudente il precedente spazio presbiteriale, rialzato. Chiaro un episodio di abbandono e profanazione denunciato dalla presenza al centro di esso di un focolare con resti di ossa animali e minuscoli frammenti ceramici. La funzione del medesimo e, con esso, la sacralit delledicio vengono successivamente ripristinate. I rapporti stra-

Fig. 2) Civezzano, S. Maria Assunta. Fase 2.

Fig. 3) Civezzano, S. Maria Assunta. Fase 3.

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Fig. 4) Civezzano, S. Maria Assunta. Vista generale dello scavo.

Fig. 5) Fornace, S. Stefano. Fase 1.

tigraci inducono ad indicare per la fase profanazione/ripristino un generico VI/VII sec. Far seguito un totale rifacimento dellassetto absidale della chiesa che, verosimilmente tra VIII e IX secolo, diventa triabsidato. La chiesa, dotata, sembra, di muro di cinta, fu afancata da cimitero dalle fasi pi antiche, perlomeno dal IX secolo (dati radiometrici), fino alla met del secolo XIX. Giova qui ricordare il ritrovamento, a Civezzano, tra gli anni Ottanta del secolo XIX e linixio del XX, in due aree distanti dalla chiesa in oggetto, delle due note necropoli longobarde con tombe, una femminile, laltra maschile, provviste di ricco corredo funebre datate alla prima met del VII secolo. Fornace (Alta Valsugana) Chiesa di S. Stefano (XV/XVI sec.) (gg. 5-8) Chiesa risalente sostanzialmente nella sua redazione attuale al tardo XV inizi XVI sec.,

situata nella frazione omonima, 1 km. a S/E del paese, originariamente intitolata a S. Cipriano, lungo un antico percorso che conduceva dalla Valsugana alle valli di Fiemme e, scendendo per la valle di Cembra, a quella dellAdige, aggirando cos Trento e gli impaludamenti a nord di essa. Non molto distante, al maso Saro, negli anni Venti del secolo scorso si rinvenne una piccola necropoli romana. Nel terreno ad essa circostante no alla prima met del XVIII sec. si seppellivano i defunti di Lona e Lases, due paesi collocati a diversi chilometri di distanza sulle propaggini nord orientali del Calisio. Nel sottosuolo resti pertinenti a un piccolo edicio orientato, n dallinizio ancheggiato da cimitero, con due fasi costruttive altomedievali: - la pi antica, testimoniata da pochi elementi, caratterizzata da unaula rettangolare priva di abside, delle dimensioni di m 11,5X 5,5 e provvista di una sepoltura nellangolo sud occidentale con inumato privo di corredo, radiometricamente datata 1370 +- 60, A. D. 560+-60; -la seconda, eretta, tra lVIII e il IX sec., avente

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Fig. 6) Fornace, S. Stefano. Fase 2.

Fig. 7) Fornace, S. Stefano. Vista generale della fase altomedievale.

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Fig. 8) Fornace, S. Stefano. Epigrafe funeraria altomedievale.

identiche dimensioni della precedente, salvo la sostituzione della parete orientale con unabside semicircolare, che presenta un altare a blocco e la pavimentazione con lastre di pordo locale; essa caratterizzata da sepolture privilegiate tra cui la principale, in posizione quasi centrale, in adiacenza allarea presbiteriale sopraelevata di circa 20 cm., chiaramente manomessa in antico e ricoperta con una lastra, frammentata e incompleta, in marmo rosso. Essa riporta in bassorilievo, nellarea centrale, una croce, in quella superiore una fascetta con decorazione a matassa soprastante unepigrafe funeraria (+ hIC REQUICE ( s i c ) BL...). Ad intrecci erano pure decorati alcuni elementi in pietra arenaria facenti parte di una nestrella circolare. Il tutto assegnabile ad un tardo VIII IX sec. Bibliograa: CIURLETTI, RIZZI 1996. Ala Chiesa di S. Pietro in Bosco (Va l l e dellAdige) (XIII XVIII sec.) (gg. 9-10) Chiesa di impianto romanico, con interventi ed aggiunte cinque- e settecentesche, situata 2 km a Sud del paese, sul fondovalle, sopra un piccolo rialzo terroso. La leggenda vuole che qui sia avvenuto lincontro tra Teodolinda, fuggitiva dalla Baviera davanti allinvasione franca e Autari, i quali, come ricorda Paolo Diacono (H.L., 3, XXX), si sposarono il 15 maggio 589 nel campo di Sardi, presso Verona, tradizionalmente collocato dagli studiosi qualche chilometro a Sud della nostra chiesa. Ritrovamenti fortuiti e mai ben localizzati fanno del sito e delle campagne vicine sede di rinvenimenti di et romana ma anche longobarda, tra cui le appliques in bronzo di una cintura databile al VII sec. . Nel blocco dellaltare nel 1802 si rinvenne un miliare della Claudia Augusta a Pado di met IV sec. Nel sottosuolo, in corrispondenza dello spazio presbiteriale della chiesa di XI/XII sec., modesti
Fig. 9) Ala, S. Pietro in Bosco.

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Fig. 10) Ala, S. Pietro in Bosco. Panoramica delle strutture di fase 2.

resti sono pertinenti alla chiusura, verosimilmente bi (o tri -) absidata, di un primo edicio sacro (misure unica absidina sopravvissuta: larghezza m 2,4 circa; profondit m 2,2 circa; spessore muro 50-60 cm). Allesterno di essa un campo cimiteriale, parzialmente occupato dalla sovrapposizione della chiesa successiva, una cui sepoltura stata radiometricamente datata alla met del IX secolo. Nel terreno rimescolato di riempimento di unaltra, una bula di tipo Gurina Crepault, solitamente datata al VI sec., farebbe supporre limpiego del sito a scopo cimiteriale gi in et precedente al nostro edicio. Le opere di decussione del dosso per la costruzione della chiesa romanica, le trasformazioni e le aggiunte posteriori nonch lininterrotto uso, per secoli, del terreno adiacente alledificio a scopo cimiteriale, hanno impedito ulteriori accertamenti. Riva del Garda/ Varone Chiesa di S. Maria del Pernone (XIX sec.) (gg. 11-13) Edicio da tempo sconsacrato e recentemente, dopo una serie di trasformazioni finalizzate a

diversi usi, trasformato con un accurato intervento di restauro, in centro per servizi culturali. Di essa, collocata alle spalle della cittadina gardesana, sul conoide del torrente Varone e ricostruita nella seconda met del secolo scorso, si ha memoria in un documento del 1229. La zona sede di numerosi rinvenimenti pertinenti allet romana; non lontano, in occasione dellampliamento del locale cimitero, nei recenti anni Ottanta, si individuarono i resti di una villa romana eretta a seguire landamento della collina. Una prima fase collocabile tra il V e il VI sec.; di essa (dimensioni m.15,5 x 7) sono rimaste alcune tombe con corredo16, alcuni brani murari pertinenti alla zona absidale volta a S/E e, al centro di questa, un loculo cruciforme interrato per le reliquie (di tradizione greco orientale ?). Segue una seconda fase che ricalca la precedente e che, seppur con modiche stilistiche interne e un allungamento dellaula sul fronte settentrionale, giunge no al XIX secolo. Una lastra di installazione presbiteriale decorata con motivi fitomorfi a girali reimpiegata nella struttura interna del campanile e un frammento con decorazione a treccia rinvenuti in scavo testimoniano una fase liturgica assegnabile allVIII/IX sec.

16 CAVADA 1992, pp.120 121; g. 19; CAVADA, 1996, p.25, g. 8.

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Fig. 11 sopra) Riva del Garda, Varone, chiesa di S. Maria del Pernone. Fase 2.

Fig. 12 in alto a destra) Riva del Garda, Varone, chiesa di S. Maria del Pernone. Vista generale dello scavo.

Fig. 13 in basso a destra) Riva del Garda, Varone, chiesa di S. Maria del Pernone. Elemento lapideo altomedievale reimpiegato (interno).

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Fig. 15) Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino. Vista generale.

Fig. 14) Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino.

Monte S. Martino Chiesa di S. Martino (Riva del Garda/Tenno) (gg. 14-15) I ruderi della chiesa sono situati in unarea boscosa a circa m 750 s.l.m., sul monte S. Martino (anticamente Englo), il cui possesso fra i secoli XIII e XVII secolo fu oggetto di lunghissime liti tra gli abitanti di Riva del Garda e Pranzo, paese su cui incombe il anco sudorientale della montagna Pranzo, con Arco (Arquino) e il Monte, indicato come facente parte del Summolaco allinterno del distretto autonomo (iudiciaria) di Sirmione in una pergamena datata 25 settembre 771, nella quale si parla di una permuta di terreni tra Anselperga, glia del re Desiderio e della regina Ansa, abbattis sa monasterii Domini Salvatoris di Brescia e
17 CDL, II, 257. A proposito delle localit trentine allinterno del Sommolago si veda, da ultimo: BROGIOLO, LUSUARDI SIENA, SESINO 1989, p.14, g.1.

Andreas Clericus abitante a Gosenago (MN): al monastero viene assegnata una portione de casa una masaricia in vico Prantio que recte fuit per quondam Valterio et modo reguntur Iohanes17. Numerose campagne di scavo hanno portato alla luce, alcune centinaia di metri pi a monte del nostro edicio sacro, un grande complesso di natura santuariale di et romana (I - IV sec. d.C.), con tracce di preesistenze di III- II sec. a.C., pure afferenti ad un luogo di culto indigeno, mentre immediatamente attorno e sotto la chiesa ricerche attualmente in atto stanno evidenziando ampi resti di un sito forticato assegnabile ad un arco di tempo assai ampio tra il IV e il VII sec. d.C. Il primo documento relativo alledificio sacro risale al 1636: un atto visitale che rivela che in

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Fig. 16) Castello di Drena, chiesa di S. Martino.

stato di abbandono. Situazione confermata da successive visite dei legati vescovili, motivo per cui esso fu sconsacrato e fatto abbattere dal vescovo di Trento nel 175018. Le indagini, non ancora ultimate, oltrech rivelarci per essa fasi medievali con alterne fortune (documentato, verosimilmente, un terremoto del XII sec.), hanno portato in luce alcuni frammenti di allestimenti liturgici di VIII/IX sec. che rimandano dunque la sua erezione per lo meno a quel periodo. Drena/Castello - Chiesa di S. Martino (valle di Cavedine) (gg. 16-18) Alcuni manufatti di VI-VII secolo lasciano presumere una presenza antropica sulla collina, anche se non sono sufcienti a documentarne linsediamento stabile. Il castrum Drenae citato per la prima volta in un documento del 1175, allorch viene venduto ai signori dArco. Ai piedi del mastio centrale le indagini hanno portato alla scoperta di
18 GUELLA1996, pp. 252 - 255.

una chiesa che riutilizza per, previo spostamento dellingresso e rifacimento della pavimentazione, un edicio precedente (m 9 x 6 circa; spessore delle strutture murarie cm 60-70) che presenta orientamento canonico (Nord-Ovest/Sud-Est), con ingresso, centrato, ad Ovest. E ad aula semplice con abside semicircolare. Il presbiterio doveva essere diviso dallaula a mezzo di una transenna, di cui sono stati trovati alcuni frammenti, decorati da stilizzati motivi a rilievo zoomorfi e vegetali di VIII-IX secolo; del tutto afni a questi sono alcuni frammenti di una nestrella in arenaria . Il pavimento originario si componeva di lastre calcaree, ssate da malta. Allesterno della chiesa si trova un cimitero in cui frequente luso della semplice fossa terragna, ma, come nel castello di Stenico, documentata anche la presenza di ununica tomba-ossario, scavata nella roccia Si potrebbe trattare di una chiesa fortificata con funzioni parrocchiali . Bibliograa: CAVADA, 1990; CAVADA, PONTALTI 1996.

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Fig. 17) Castello di Drena, chiesa di S. Martino. Planimetria da CAVADA 1990.

Fig. 18) Castello di Drena, chiesa di S. Martino.

Mori/V ignolo (Valle di Gresta) Chiesa di S. Tommaso (S. Tom) (gg. 19-21) Ricordata solo nel 1709, la chiesetta (m 7,7 x 4,3), con orientamento canonico, sorge a m 700 daltezza, sui margini scoscesi di un vasto anteatro terrazzato alle spalle di Nago Torbole prospiciente il lago di Garda, presso un percorso viario antico che dal bacino lacustre conduce, passando per la localit dal signicativo toponimo di Garda, alla valle di Gresta e di l nella valle dellAdige. Fino a qualche anno fa ridotta a livello di ruderi, presenta, seppur denunciando interventi successivi, un impianto romanico. Brevi indagini condotte al suo interno nel corso di recenti restauri (1993) hanno evidenziato lesistenza di pi piani pavimentali: il pi antico, direttamente impostato sulla roccia, in grandi lastre di pietra spaccate, i successivi in battuto di calce. Alla distanza di poco pi di un metro, poche decine di centimetri sotto il terreno, allaltezza

della spalla che distingue labside dalla parete settentrionale dellaula, si rinvenne una tomba a cassa (m 1,60 x 0,80) con quattro lastre di calcare bianco di reimpiego e fondo in ciottoli e pietre qua e l coperti da calce. Inizialmente doveva ospitare uno o, pi verosimilmente, diversi inumati le cui ossa erano sconvolte e il cui corredo, inedito (due orecchini in bronzo a cappio, un orecchino in argento a poliedro, vaghi di collana in pasta vitrea, due pettini dosso a doppia la, privi di decorazione, frammenti di tre braccialetti in bronzo con estremit a testa di serpente, un coltello in ferro, frammentato, una fibbia di cintura a testa di cavallo) pure recuperato mescolato e sconvolto nel deposito tombale, riferibile ad individui, maschili e femminili di et longobarda (tardo VI /prima met VII sec.). In due fasi successive furono inumati altri quattro individui; inne il loculo venne utilizzato quale ossario con lintroduzione caotica di ossa verosimilmente reperite allinterno o in adiacenza alla chiesa.

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Fig. 19) Mori, S. Tommaso.

Fig. 20) Mori, S. Tommaso.

Fig. 21) Mori, S. Tommaso. Tomba a cassa.

Purtroppo scavi e scassi attorno alla chiesa, precedenti lintervento dellUfcio, hanno stravolto il terreno impedendo di cogliere eventuali relazioni crono-stratigrache tra la tomba e la medesi-

ma, frequentata almeno a partire dal X XII sec., come denunciano alcuni frammenti di ceramica comune pettinata rinvenuti sul primitivo pavimento.

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Fig. 22) Castello di Stenico, chiesa di S. Martino.

Fig. 23) Stenico, S. Martino (CAVADA 1996a).

Fig. 24) Stenico, S. Martino. Veduta generale dello scavo.

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Fig. 26) Bleggio Superiore, S. Croce, cripta.

Fig. 25) Bleggio Superiore, S. Croce.

Stenico/ Castello Chiesa di S. Martino (valli Giudicarie Esteriori) (XIII sec.) (gg. 22-24) Nella cappella palatina, trasformata nel corso dei secoli e nella quale restauri nalizzati al suo consolidamento statico nel 1988/89 avevano fatto scoprire un magnico ciclo di affreschi duecenteschi, un breve scavo su unarea di mq 21 ha messo in evidenza i resti di un primo piccolo edicio ecclesiale (m 5 x 3,30 ca.) con muri in pietrame e calce povera (largh. media m 0,50) non perfettamente simmetrici, con tracce di ingresso sul lato lungo meridionale, pavimento forse in lastre di pietra rossa poggiate su un letto di terra e malta. Vi sono tracce di interventi di ristrutturazione successiva. A breve distanza dallangolo sud-occidentale, una tomba ad avello scavata nella roccia e ricoperta di uno strato di malta (cfr. S.Martino di Drena). Si tratta probabilmente di una cappella privata, allo stato attuale delle conoscenze ledificio pi antico nellarea del castrum de Stinigo, allodio della comunit dei villaggi del Banale. Frammenti di pietre lavorate ritrovate nel corso dello scavo sono riconducibili ai numerosi elementi di praecin -

tiones liturgiche in pietra arenaria rinvenuti in passato nel sito, databili allVIII e IX secolo. Nel XIII sec. edicio verr totalmente rasato e sulle macerie sar innalzata una chiesa pi grande (m 8 X 4, 70) rispetto alla precedente, provvista di abside semicircolare col pavimento probabilmente in lastre di calcare e lingresso sul fronte occidentale. Bibl.: Cavada 1996a. Bleggio Superiore/S.Croce Chiesa pieva na dei SS. Dionisio, Rustico ed Eleuterio (Valli Giudicarie) (XVI XX sec.) (gg. 25-27) Menzionata dal 1153, rimaneggiata in et gotica e ricostruita nel XVI sec. (la facciata di gusto classico del 1913), sorge a 630 m s.l.m., sullaperto versante rivolto ad est dellampia conca del Bleggio ( antico toponimo documentato da un frammento epigrafico romano: Sextus Blegina, Lomaso). La cripta di S.Agata, terza, accanto a quella del Duomo di Trento e della parrocchiale di Brentoni-

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Fig. 27) Bleggio Superiore, fraz. S. Croce, SS. Dionisio, Rustico, Eleuterio: cripta di S. Agata (tratto di abside di fase precedente).

co sul M.Baldo, delle cripte superstiti nel Trentino, il residuo di una fase romanica delledicio non altrimenti documentata. La presenza di elementi frammentati di installazioni in pietra nel corridoio di comunicazione con la soprastante cappella del Rosario, nonch nel paramento murario del campanile, depongono a favore della presenza di una chiesa di VIII/IX secolo. Lavori volti al restauro del pavimento della cripta negli anni Sessanta e Settanta hanno intercettato al di sotto di esso resti di unabside semicircolare del tutto estranea alla cripta, pertinente probabilmente ad una chiesa primitiva. Ulteriori lavori di restauro nel 1996 hanno offerto loccasione di una loro nuova individuazione e messa in carta e il ritrovamento a breve distanza degli stessi di un ambone in pietra arenaria con decorazione to- e zoomorfa. Pieve di Bono/Creto Chiesa di S. Giustina (Valle del Chiese) (XVI-XIX sec.) (gg. 28-29) Il paese di Creto nel comune di Pieve di Bono

occupa un triangolo di terra alla confluenza del torrente Adan con il ume Chiese. Lattuale chiesa, costruita fra il 1587 e il 1590, fu soggetta a restauri e rifacimenti nel XVIII (facciata) e nel XIX sec. Allinterno di una cappella ricca di affreschi quattrocenteschi, situata sul anco settentrionale del presbiterio, residuo dello spazio presbiteriale di una precedente chiesa abbattuta nel XVI sec., indagini archeologiche hanno evidenziato, coperta dallaccumulo dei materiali di demolizione, una struttura absidata con traccia di banco presbiteriale addossato e, antistanti ad essa, otto colonne disposte su due le pressoch parallele. Testimonianza di una cripta di una fase certamente romanica della chiesa pievana, monumentalmente non documentata ma della cui esistenza ab immemora bili ci parla un documento del 1221 e confermataci dalla scoperta fra i materiali di riempimento di un capitello scolpito su tutti i quattro lati con motivi zoo- e antropomor assegnabile al XII secolo, ma anche di un edificio ancora precedente, databile allVIII/IX sec., come stanno a documentare sei frammenti in arenaria di elementi di praecintiones presbiteriali con motivi decorativi a treccia19.

19 Tale struttura potrebbe aver assunto la funzione di cripta

solo in una seconda fase, dopo aver costituito in origine lo spazio absidale di una chiesa fuori terra come alcuni indizi, tutti da vericare, quali larticiosit del rialzo terroso su cui poggia

la chiesa attuale, indurrebbero a sospettare (una situazione non diversa forse da quella, altrettanto incerta, della chiesa di S. Croce del Bleggio (supra).

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Fig. 28) Pieve di Bono, S. Giustina. Fase 1.

Fig. 29) Pieve di Bono, S. Giustina. Vista generale dello scavo.

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BIBLIOGRAFIA

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PROBLEMI RIGUARDANTI LE CHIESE DEI SECOLI VII E VIII SUL TERRITORIO DELLA SVIZZERA
Hans Rudolf Sennhauser

In questo contributo metter a fuoco la Svizzera settentrionale e nord-occidentale (g. 1), elaborando due tipi di problemi: da una parte il rapporto fra la sepoltura e ledicio (in particolare la sepoltura e la chiesa) e dallaltra la tipologia iconograca delle chiese. La fascia cronologica del VII e VIII secolo promettente da almeno due punti di vista: negli ultimi anni ha acquisito sempre maggiore importanza nellambito della ricerca degli archeologi medievali e nel concetto di Storia dellinsediamen to ritroviamo le due problematiche citate -le sepolture e le tipologie dellarchitettura ecclesiasticaproprio fra le priorit dellesplorazione archeologica relativa a questo periodo. Ci sono numerose novit fra le pubblicazioni; la pi recente la tesi di dottorato discussa allUniversit di Basilea da Reto Marti, incentrata sulla storia dellinsediamento nella Svizzera nord-occidentale, apparsa nellaprile del 20001. Il secondo aspetto, grazie al quale vale senzaltro la pena di concentrarsi su questo periodo, si fonda come generalmente noto sul fatto che per questo arco cronologico abbiamo particolari indicazioni che aiutano a ricostruire sequenze e datazioni. Nel VII e ancora nella prima parte dellVIII secolo soprattutto le suppellettili funerarie aiutano a questo scopo, mentre a partire dal 700 circa si incominciano a trovare fonti scritte. Per un buon numero di chiese della Svizzera orientale e settentrionale, addirittura no ai margini del cantone di Berna abbiamo documenti sangallesi, in gran parte in occasione di donazioni (g. 2) e per larea occidentale - il Giura, la valle dellAare, un territorio che altrimenti registra le prime intitolazioni ecclesistiche soltanto a partire dal XIII secolo - la Vita di San Germano di Moutier-Grandval , scritta intorno al 700 e ad esempio un documento di Strasburgo del 762 testimoniano con sicurezza lesistenza di singole chiese, citate con riferimento alla localit o con il nome del santo cui erano intitolate2. Le biografie dei santi contemporanei -ho gi citato quella di Germano, ma soprattutto
1 Reto Marti, Zwischen Rmerzeit und Mittelalter. Forschun gen zur frhmitelalterlichen Siedlungsgeschichte der Nordwe stschweiz (4.-10- Jahrhundert). Text- und Katalogband , (Archologie und Museum 41 A e B), Liestal 2000.

Fig. 1) I territori trattati nel testo: il cantone di Basilea campagna (BL) e parti del cantone di Berna (BE).

importanti sono le cronache delle gesta di Colombano e di Gallo- e le Vite scritte poco pi tardi, come ad esempio la Vita di San Lucio dei Grigioni, redatta in epoca carolingia, consentono di ricostruire determinati contesti ed eventi. Per i Grigioni il
2 Heinrich Bttner, Studien zur Geschichte von Moutier-Grand -

val und St. Ursanne , in: Festschrift Oskar Vasella zum 60. Geburtstag am 15. Mai 1964, Freiburg, Schweiz 1964, p. 9 ss.

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Fig. 2) Le propriet terriere del monastero di San Gallo intorno al 920, secondo la ricostruzione di Elisabeth Schudel.

testamento del vescovo Tello del 765, che contiene una donazione espiatoria al convento di Disentis, di importanza eccezionale. La situazione delle fonti e lo stato delle ricerche consentono poco a poco di avanzare prudentemente alcune ipotesi di lavoro riguardo alle modalit e al grado di cristianizzazione del paese. Mi concentrer dapprima sulle sepolture allinterno degli edici, in particolare delle chiese. 1. Gi da molto tempo si notato con quale frequenza soprattutto nella zona mediana della valle dellAare e nella Svizzera occidentale (g. 3) si ritrovino tombe merovingiche allinterno di rovine di ville romane (g. 4)3. Occasionalmente sorge limpressione che i morti siano stati deposti del tutto intenzionalmente in determinate parti o celle allinterno delle rovine; comunque da riutare lopinione che si siano create sepolture nelle rovine per evitare di sottrarre porzioni di terra fer3 Per una prima panoramica sullargomento: Hans Rudolf Sennhauser, Recherches rcentes en Suisse. Edices funraires, cimetires et glises , Actes du XIe Congrs International dArchologie Chrtienne, Lyon, Vienne, Grenoble, Genve et Aoste

tile con aree cimiteriali. Si deve pensare che i poderi occupati e coltivati in epoca romana in buona parte erano stati ceduti e abbandonati. I nuovi arrivati a partire dal VI secolo si insediarono nelle antiche aziende agricole, ma in genere non andarono ad abitare nella casa padronale romana. Se si riflette sulla diffusione in epoca merovingica di tombe costruite secondo la tipologia antica, non pu non profilarsi il pensiero che anche il seppellimento di morti in rovine di antiche fattorie, edici abitativi o annessi, possa essere interpretato come tentativo di realizzare un sepolcro di tradizione antica (g. 5). Alcuni di questi luoghi hanno poi anche avuto unevoluzione paragonabile agli edici funerari sorti indipendentemente: divennero infatti nuclei dai quali si svilupparono edifici ecclesiastici. Se possibile immaginarsi questo genere di parallelismi, dovrebbe essere anche consentito andare un passo pi in l e paragonare le rovine riempite di sepolture con le chiese cimiteriali del periodo tardoantico precedente.
(2128 septembre 1986) (Collection de lEcole Franaise de Rome 123 Studi di Antichit Cristiana XLI), Roma 1989, pp. 15151533.

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Fig. 3) I principali insediamenti romani dellaltipiano e le strade che li collegavano.

Fig. 4) Oberbipp (BE), tombe rinvenute fra le rovine di una villa romana.

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Fig. 5) Edici funerari rinvenuti fra le rovine di edici romani (Vuippens, Hitzkirch). Edici funerari come nuclei di antiche chiese.

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Fig. 6) Chiese sviluppatesi da edici funerari.

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Fig. 7) Svitto, San Martino, chiesa I, ai margini di unantica area cimiteriale.

2. In epoca merovingica, comunque, non si utilizzarono soltanto edifici antichi e rovine per seppellire, ma come abbiamo gi accennato, si costruirono anche nuovi edifici funerari (fig. 6), impensabili senza la conoscenza delle tipologie tradizionali. Edifici di questo genere rimangono, inglobati nelle mura delle chiese ad Ardon e a Muralto. Entrambi presentano una pianta quadrata. A Biel-Mett invece si ritrovata una camera sepolcrale di pianta rettangolare. Tutte e tre sono state trasformate in cappelle o chiese: le prime con laggiunta di un piccolo coro e la terza di un coretto e di una navata di proporzioni maggiori. Lo stesso avvenuto nei pressi di Hettlingen, nel cantone di Zurigo e a Oberdorf, nel cantone di Basilea campagna: entrambi i casi hanno origine in epoca merovingica e non romana. Esempi di questo tipo permettono di inferire che lo stesso genere di sviluppo si ripetesse: usanze relative al culto dei morti vengono riprese e associate a nuovi signicati cristiani, quindi tramandate: gli edici funerari diventano cappelle o chiese, nelle quali viene offerto un sacricio sullaltare per i vivi e per i morti. 3. In due casi molto chiaro che tombe pi antiche, situate ai margini di unarea cimiteriale pi o meno estesa, vennero integrate nella parete esterna di una chiesa costruita pi tardi in quel luogo. Nella chiesa di San Martino di Svitto (g. 7) si trattava di una tomba di una donna allincirca ventenne, morta intorno al 700. Se in questo caso
4 Hans Rudolf Sennhauser, Zum Abschluss der Ausgrabung in der ehemaligen Johanniskirche von Lyss , in Dorfpost 69, Lyss 1969, pp. 23. 5 Cfr. Barbara Scholkmann, Christianisierung und Kirchen bau. berlegungen zu Topographie, Chronologie und Typologie der frhmittelalterlichen Kirchen im alemannischen Raum , in Mission und Christianisierung am Hoch- und Oberrhein (6.8.

possibile dubitare che si trattasse di unintenzione vera e propria, a Lyss (g. 8) nel canton Berna, non pi possibile avere dubbi, in quanto la tomba durante la costruzione del muro perimetrale venne modificata4. Le ossa della met destra del corpo vennero accuratamente impilate sopra i resti della met sinistra, la tomba venne circondata di sassi e coperta con lastre, integrate nella muratura della prima chiesa. Una nicchia ad arcosolio segnala la posizione della tomba al di sotto del livello del pavimento. I dati non possono essere fraintesi: la tomba pi antica della chiesa e appartiene a un cimitero, forse tribale, non particolarmente denso di sepolture. Quando si costru la prima chiesa si cerc di integrare la tomba preservandola il pi possibile e la sua ubicazione venne ricordata mediante la nicchia ad arcosolio visibile sulla parete. Fino allepoca della Riforma la nicchia si conserv visibile. Laddove una tomba diviene il nucleo dal quale si sviluppa una chiesa, di solito si trova nelle adiacenze di un cimitero riservato a persone dellalta societ, che desiderarono distinguersi verso la ne del periodo delle sepolture a le.5 A Lyss potrebbe trattarsi di un simile cimitero esclusivo riservato a una trib privilegiata: non possibile stabilirlo per ora. A Svitto invece questa eventualit da scartare, in quanto si riscontra un ampliamento dellarea cimiteriale al cui margine settentrionale venne fondata la chiesa di San Martino6.
Jahrhundert), a cura di Walter Berschin, Dieter Geuenich, Heiko Steuer (Archologie und Geschichte, Freiburger Forschungen zum ersten Jahrtausend in Sdwestdeutschland 10), Stuttgart 2000, pp. 111138. 6 Max Martin, Das Frauengrab 48 in der Pfarrkirche St. Mar tin in Schwyz, MHVS 66, 1974, pp. 139145.

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Fig. 8) Lyss (BE), San Giovanni, tomba ad arcosolio e pianta della chiesa I.

4. Spesso nelle chiese altomedioevali rurali si riscontrano diversi tipi di atri (g. 9), che nella maggior parte dei casi presentano unampiezza pari alla navata. Molto frequentemente vi si rinvengono sepolture, anche nel caso di chiese dove la navata e il coro non sono stati utilizzati per seppellire (g. 10). Questo uso richiama immediatamente il costume paleocristiano di inumare i morti negli atri e nei vestiboli. Occasionalmente deve essere interpretato come un atto di umilt, paragonabile alla sepoltura sotto la gronda. Ad esem7 Karl Heinrich Krger, Knigsgrabkirchen der Franken,

pio Pipino si era fatto seppellire a Saint-Denis davanti allingresso della chiesa, in modo che i fedeli dovessero passare sopra la sua tomba7. 5. In un certo gruppo di chiese le tombe, allineate in una successione di le, riempiono lintera navata (g. 11). Il parallelismo con le chiese cimiteriali pi antiche di Sion e di St-Maurice non deve essere trascurato e significativamente questo gruppo di chiese raggiunge la massima concentrazione nel territorio pi fortemente romanizzato della Svizzera occidentale e ai margini del canton
derts, (Mnstersche Mittelalter-Schriften 4), Mnchen 1971, p. 182.

Angelsachsen und Langobarden bis zur Mitte des 8. Jahrhun -

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Fig. 9) Tombe situate allinterno di atri.

Grigioni (fig. 12). In queste chiese funerarie in parte si continuato a seppellire per lungo tempo; ad esempio a San Giacomo di Sissach si riescono a distinguere tre fasi distinte di sepolture. Qui mi pare poco probabile che si tratti del cimitero di una specica trib, in quanto le singole tombe, molto consuete per tipologia, distribuite liberamente nellinterno della chiesa, non corrispondono alla densit e regolarit che presentano le sepolture famigliari o tribali. Le file inoltre ricordano la distribuzione delle tombe nei cimiteri strutturati ad allineamento precedenti la costruzione delle chiese. Sorge limpressione che ci si fosse sforzati di abituare la popolazione a farsi seppellire nellambito della chiesa, proprio continuando lantico costume delle chiese sepolcrali e cimiteriali. 6. In tutti i contesti di chiese e sepolture nora considerati il rapporto con la tradizione cristiana pi antica facilmente dimostrabile. Esiste

per un altro, ultimo genere di sepoltura che non obbedisce a questa regola e dove il rapporto fra tomba ed edicio raggiunge un equilibrio diverso (g. 13). Qui altre funzioni assumono un ruolo pi importante rispetto al culto dei morti, cosa che diventa particolarmente evidente laddove si trovi ununica o un numero molto esiguo di tombe in una chiesa relativamente spaziosa, come ad esempio a Tuggen, a Blach, a Granges Marnand, a Meilen o a Messen. Questi edici sono sorti chiaramente n dallinizio come chiese (luogo dove viene somministrata leucarestia) e contemporaneamente come edici funerari. Questo gruppo di edici rompe al tempo stesso un antico tab, se si considera che in queste architetture non sta in primo piano il morto, bens unaltra destinazone delledicio. Fondamentalmente si contravviene a un antico divieto, secondo il quale non era permesso seppellire allinterno di aree abitate (con alcune eccezioni, ad esempio le

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Fig. 10) Cosiddette tombe di donatori: in alto Tuggen (Svitto), in basso Spiez (Berna), sepoltura sotto la gronda.

tombe dei fondatori), n in edici abitati o frequentati per altri scopi. La legge delle dodici tavole recita: Hominem mortuum in urbe ne sepelito neve urito8. Solo alla ne dellAntichit -SantAmbrogio ha fatto portare i corpi di Gervasio e Protasio rinvenuti nel 386 nella basilica ambrosiana facendoli seppellire sotto laltare- e soprattutto a partire dal VI secolo si incontrano con maggiore frequenza sepolture allinterno degli insediamenti. signicativo che siano state prese di posizione ecclesiastiche e cristiane ad avviare questa evoluzione. proprio la chiesa che in futuro sottolineer cos tanto la comunit dei santi, vivi e morti. Sul concetto della compresenza contemporanea di queste due realt si fonda anche la sepoltura ad sanctos, vale a
8 Rudolf Dll, Das Zwlftafelgesetz, 5. Aufl. Heimeran , Mn-

dire la sepoltura pi vicina possibile al compimento dellatto di salvazione di Cristo che si ripete nel sacricio della messa. Questo gruppo di chiese non pare tanto antico, quanto medioevale. Non si trova nemmeno corrispondenza con le usanze antiche, laddove per realizzare una tomba si pratica semplicemente un buco nel pavimento, che pu essere di malta o di lastre lapidee, e poi lo si richiude alla belle meglio. Le chiese di questo gruppo assumono chiaramente la funzione di case di Dio, come ci indicano gi le dimensioni delle loro piante. Sono chiese destinate alla cura delle anime dei viventi e di un determinato gruppo di morti, cio i parenti della famiglia dei fondatori e proprietari delledicio9. Le
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Fig. 11) Chiese cimiteriali. Chiese funerarie con absidi.

tombe di questi ultimi paiono esser state distribuite allinterno delle chiese secondo criteri, che incominciamo soltanto adesso a capire10. Le posizioni sullasse centrale di un edicio, vicino ai muri laterali, da una parte o dallaltra della chiesa, negli angoli occidentali, in fila davanti allingresso del coro, allinterno e allesterno della parete occidentale, nonch nelle immediate adiacenze dei muri perimetrali esterni della chiesa, sono state privilegiate in tutti i tempi. Con questultimo gruppo di chiese ci troviamo di fronte a uninnovazione portata dallavvicendarsi dei tempi: si tratta s di edici destinati alla messa, alla celebrazione festiva delleucarestia, che servono anche a consistenti comunit di fedeli, eppure al tempo stesso sono anche edici funerari. Fondamentalmente occorre riconoscere una differenza fra le chiese di questo gruppo, nelle quali si trova soltanto una tomba o alcune poche privilegiate sepolture e il gruppo delle chiese che affonda le
10 Marti, p. 149. La questione se le donne venissero seppellite

proprie radici nella tradizione delle chiese cimiteriali. Forse non sar mai possibile stabilire in quale misura la differenza coinvolga anche le ragioni della fondazione e i fondatori. Comunque nelle chiese funerarie la celebrazione delleucarestia, anche quando chiaramente presente un altare, non era la ragione primaria della loro fondazione; acquisiva piuttosto importanza pi tardi come il caso delle chiese cimiteriali paleocristiane, che sembrano essersi trasformate nel corso del tempo in chiese di pellegrinaggio o in parrocchie. Le chiese di questi due gruppi non possono forse essere separate con precisione in ogni caso, e possiamo ipotizzare lesistenza di forme miste, che rendono il quadro meno chiaro. Queste forme potrebbero aver avuto origine nellampliamento della cerchia cui si concedeva il diritto di sepoltura nella propria chiesa, oppure secondo altre modalit non pi ricostruibili nei dettagli. Quindi
il pensiero della comunit che si divide in donne e uomini, mentre nella seconda prevale lidea della comunit famigliare, che viene sepolta vicina.

di preferenza al nord e gli uomini di preferenza al sud dovr essere posta di nuovo dopo la nostra identicazione dei gruppi 5 e 6 (cfr. Marti, p. 149, nota 15). Nella prima tipologia prevale

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Fig. 12) Chiese destinate alla celebrazione della messa e alla sepoltura, chiese private con presbiterio rettangolare rientrato.

potrebbe essere esistito fra le vere chiese cimiteriali, situate soprattutto al centro degli insediamenti, come ad esempio sappiamo nel tessuto urbano di Sion, di St-Maurice e di Ginevra, e le chiese dotate di singole sepolture, un gruppo intermedio, riscontrabile anche in ambienti pi rurali (Risch, Muttenz eccetera). Provvisoriamente sar meglio non caricare la distinzione di troppe ipotesi, prendendola comunque sul serio ed evitando di gettare nello stesso calderone tutto ci che rientra nella categoria di pianta con tomba o tombe. Sarebbe un errore, confermato anche dallosservazione che la maggior parte delle chiese del gruppo che abbiamo presentato hanno lo stesso genere di pianta: sono chiese a sala con presbiterio rettangolare di larghezza inferiore rispetto al corpo princi-

pale, che per comodit diremo presbiterio rientrato. Questa tipologia nel nostro territorio ha un aspetto chiaramente non antico, si riscontra solo a partire dal VI secolo e nelle regioni come i Grigioni o il Ticino, sempre pi vicine alle tradizioni tardoantiche, non si trova quasi. Non improbabile che le caratteristiche estranee allantichit nora constatate abbiano qualcosa a che fare fra loro. Dedichiamoci ora alle tipologie di edici sacri rurali altomedioevali del VII e VIII secolo. Procederemo analizzando due aree appartenenti rispettivamente alla Svizzera nordoccidentale e allaltopiano bernese, che comunque permettono di delineare in gran parte i caratteri del patrimonio dellintera Svizzera settentrionale.

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Fig. 13) Chiese con sepolture: chiese a sala con presbiterio rettangolare rientrato, pianta rettangolare e chiese a sala con abside.

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Fig. 14) Tipologie di antichi edici ecclesiastici nel cantone di Basilea campagna.

La Svizzera nordoccidentale oggetto della tesi di dottorato di Reto Marti - nella gura 1 segnata in alto larea nei dintorni di Basilea. Marti ha tracciato la storia degli insediamenti della zona fra il IV e il X secolo, analizzando tombe, chiese, insediamenti e fonti scritte: il suo lavoro ha posto solide basi, che saranno indispensabili alle ricerche future. Sempre la gura 1 mostra in basso una parte del cantone di Berna entro lampio arco delineato dallAare fra il lago di Thun e quello di Brienz, nonch lungo il corso del ume sullaltipiano. Metter a confronto gli esempi tratti dai dintorni di Basilea, che si vedono a sinistra, con edici dellaltipiano bernese, sulla base di un lavoro di Peter Eggenberger, dedicato alle chiese lignee bernesi11. Io stesso ho nora aggiunto e vi propongo in questa trattazione una dozzina di ulteriori esempi. Nella gura 14 gli edici sacri no all800 sono contraddistinti dalle lettere A-D, mentre quelli pi tardivi non lo sono. Nella gura 15 invece visualizzata la collocazione geograca degli edici di cui ci serviamo come esempi. La possibilit di un confronto immediato offerta dal colore. La lettera A
11 Peter Eggenberger, Typologie und Datierung der frhmitte -

segnala nella gura 14 una chiara tradizione tardoromana, mentre nella figura 15 significa un ritorno ad essa nel primo Medioevo. La lettera B nella gura 14 signica: edici altomedioevali che si attengono pi o meno letteralmente agli esempi tardoromani, C segnala gli edifici altomedioevali quadrangolari dellaltipiano e D si riferisce alle chiese a sala con presbiterio rettangolare rientra to. Nella gura 14 sono segnate con la lettera C le chiese lignee di pianta quadrangolare dellaltipiano, mentre le chiese con il presbiterio rettangolare rientrato corrispondono alla lettera D. Nella gura 14 sono rappresentati i dintorni delle sedi episcopali tardoantiche di Kaiseraugst e Basilea, mentre la gura 15 mostra la vasta zona dellaltipiano fra le localit romane di Olten e Soletta ad est, Avenches ad ovest: un territorio romanizzato, chiaramente ripopolatosi con intensit nellalto Medioevo. Nei dintorni di Basilea predominano gli edici precoci, la chiesa episcopale di Kaiseraugst, poi Lausen, un edicio relativamente piccolo con una tomba importante nel vestibolo e la chiesa cimiteriale di Sissach. La tomba nel vestibolo di
mittelalterlicher Holzbau. Bericht ber die 10. Sitzung der Arbeitsgemeinschaft Mittelalter in Detmold 1985 , a cura di Heiko Steuer, Zeitschrift fr Archologie des Mittelalters 13, 1985, pp. 199227.

lalterlichen Holzkirchen des Kantons Bern , Archologie der Schweiz 2, 1993, pp.9396. Cfr. anche: Peter Eggenberger, For schungen an Holzkirchen in der Schweiz, pp. 225227, Frh -

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Fig. 15) Antiche chiese a nord e a sud di Berna.

Lausen non un argomento contrario allipotesi che la piccola chiesa servisse ad esempio alla familia di un possedimento vescovile, come si pensato12 . Il gruppo delle chiese contrassegnate dalla lettera A domina il campionario; persino Lausen, che allinizio aveva allincirca le dimensioni delle chiese altomedioevali che si vedono nella gura 15, stata ampliata in seguito. Se in pratica al di fuori di Muttenz non troviamo che edici quadrangolari, possiamo forse interpretare questo fatto come una minore attrattiva delle valli nei dintorni di Basilea per quello strato della popolazione che usava fondare chiese, a Muttenz come altrove. A questo stesso strato sociale sono attribuibili le chiese della tipologia di Schftland eccetera, ma anche le chiese con tombe ad arcosolio o atri destinati alla sepoltura (chiese a sala con presbiterio rientrato, eccetera). La forma delle chiese indica che la nuova lite era dominata da proprietari terrieri provenienti da ovest, e trova conferma anche nella diffusione delle tombe ad arcosolio. Nellarea del cantone di Berna qui messa in rilievo si constata che gli edici che risalgono a tipologie pi antiche, contrassegnate dalle lettere A o B, vengono a trovarsi ai
1 2 Maria Wi t t m e r-Butsch, Hypothesen zur Deutung

margini. In realt per non sorgono affatto in posizioni marginali, bens centrali, cio nelle valli dei fiumi Aare e Langeten. Il territorio intorno al quale si dispongono, tuttavia, era coltivato in epoca romana e pi tardi venne abitato di nuovo. Le tipologie delle chiese corrispondono a questa immagine: nel vuoto creatosi fra le localit continuativamente abitate dallantichit si inserisce uno strato di edici qui segnati con le lettere C e D: chiese a sala rettangolari e chiese a sala con presbiterio rettangolare rientrato, e tutte queste costruzioni sono prevalentemente lignee. Le chiese a sala con presbiterio rettangolare, segnate dalla lettera D, dovrebbero appartenere, per quanto riguarda il gruppo pi settentrionale, alla tipologia di Muttenz, di Schftland, eccetera, ma rappresenterebbero una evoluzione pi recente, databile allVIII secolo. Soltanto le chiese in pietra di Biel-Mett a nord-ovest e Leissigen (in basso sulla carta) possono essere pi antiche. In generale, o a grandi linee, possiamo dire per il nostro territorio che chiese antiche o che si rifanno allantichit, soprattutto di epoca carolingia, sono caratterizzate da unabside. La chiesa a sala
Liestal (Schweiz) vom 13. bis 15. Mrz 1995. a cura di Michael Schmaedecke (Archologie und Museum 33), Liestal 1995, pp. 4556.

ausgewhlter Quellenfragmente, in Lndliche Siedlungen zwi schen Sptantike und Mittelalter. Beitrge zum Kolloquium in

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Fig. 16) Edici ecclesiastici con tombe ad arcosolio secondo la ricostruzione di H.W.Bhme, con integrazioni.

Fig. 17) Chiese ed edici funerari in architettura lignea.

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con abside inequivocabilmente la forma pi diffusa nel periodo pi remoto e laddove, come nei Grigioni, non lascia emergere altre tipologie, quali la chiesa a sala con presbiterio rettangolare rientrato, indice di una ricca tradizione antica, intensamente conservata. Edici dalla pianta quadrangolare ricordano sempre antichi mausolei e generalmente debbono essere interpretati come luoghi di sepoltura, chiese cimiteriali, coemeteria subteglata. La sala rettangolare pura si trova dappertutto e in ogni epoca; per un verso la forma pi semplice, per un altro molto versatile e pu presentarsi come povera, ma anche ampia e grandiosa, come testimonia ad esempio un gruppo di cattedrali carolinge (fra le altre Salisburgo, Worms, eccetera). Altrettanto difcile risulta linterpretazione di quella che viene chiamata chiesa lignea. Una chiesa lignea pu appartenere a qualunque epoca, tipologia o tecnica costruttiva. Pu trattarsi di un riparo sopra una tomba, di una piccola chiesa, di una sala o di uno spazio a pi navate, di una chiesa retta da sostegni verticali lignei, oppure costruita su unarmatura lignea orizzontale, e conosciamo anche combinazioni delle varie tipologie; persino possibile che una serie di edifici in pietra costruiti in successione sia interrotta da un edificio ligneo (forse provvisorio?). comunque possibile inquadrare storicamente la forma della chiesa a sala con presbiterio rettangolare rientrato: rappresenta linusso franco nella Svizzera settentrionale e orientale, che in genere si esprime anche attraverso alcune caratteristiche dei costumi rinvenuti nelle tombe. Le fonti scritte ci forniscono informazioni di vario tipo, in particolare le Vite dei santi a proposito del ruolo e della diffusione del cristianesimo nei secoli VII e VIII. Il vescovo alsaziano Eticho manda San Germano nel Giura, non per svolgere opera di missionario, ma espressamente afnch con i suoi monaci tenga aperta la strada romana che conduceva a Biel attraverso il passo della Pierre Pertuis. San Colombano e San Gallo invece trovano nella Svizzera orientale tuttaltra situazione. Gallo si era recato con il suo maestro e padre spirituale Colombano, su richiesta del re dellAustrasia Teodoberto, nel territorio dellattuale Svizzera nordorientale, in un castello di nome Turegum (la futura Zurigo) e in un villaggio sulla costa settentrionale del lago, chiamato popolarmente Tuccina (lattuale Tuggen). Come dice il testo della Vita 13: il luogo piacque loro, ma non il malvagio carattere degli abitanti. Regnava fra di essi crudelt e cattiveria, ed erano anche caduti preda della
13 Autore il monaco sangallese Wetti, che scrisse la Vita di San Gallo allepoca dellabate Gozberto (816-837), su richiesta dellabate stesso. Wetti mor nell824: il testo risale quindi agli anni 816-824 e riprende la versione originaria della vita di San

Fig. 18) Sistemi di sostegni verticali lignei: rappresentazione schematica.

superstizione pagana. Per cui i servitori di Dio cercarono di abitare in mezzo a costoro e di insegnare a pregare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Gallo per, del quale ci siamo proposti di celebrare le meravigliose azioni in questopera, per grazia di Cristo, aveva seguito n dallinizio della sua vita claustrale lesempio di Colombano, uomo di Dio, dividendo le sue fatiche, e ora incominci ad incendiare i luoghi sacri dei pagani e a buttare nel lago le offerte che erano state portate agli idoli. Quando gli abitanti della regione videro i loro templi bruciati, afferrarono le armi dellodio, che teneva prigioniero il loro cuore e giunsero a decidere di ammazzare Gallo, luomo di Dio e di cacciare in malo modo Colombano. Quando san Colombano si accorse di ci preg Dio, che guidi il cielo, e secondo la cui volont tutto si svolge sulla terra, colpisci questo popolo, in modo che le cattive intenzioni nutrite contro i tuoi servitori ricadano sulla sua testa. La sua posterit sia votata allo sterminio (Salmi, 109, 13)! Quando arriveranno nel fiore degli anni, possano essere colpiti da insensibilit e pazzia, cosicch, oppressi dal peso dei debiti, ricoGallo, redatta intorno al 680, circa 30 anni dopo il decesso del santo, una fonte che si considera pertanto molto attendibile. Cfr. Johannes Duft, Die Lebensgeschichten der Heiligen Gallus und Otmar, St. Gallen/Sigmaringen 1988, p. 20 s.

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Fig. 19) Strada romana attraverso la Svizzera occidentale e percorso dei santi Colombano e Gallo verso San Gallo.

Fig. 20) Strade altomedioevali che attraversavano il territorio della Svizzera.

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stiane situate intorno agli antichi centri si rivolsero di nuovo al paganesimo. A Bregenz Colombano e Gallo, ad esempio, trovarono una chiesa gi dedicata a SantAurelia, che recava tre immagini di dei nelle sue tre nicchie -si trattava forse di una precoce chiesa a sala triabsidata? Le fonti narrative ci informano che nella Svizzera settentrionale e orientale, dove a differenza di quella occidentale e del Giura a partire dal VI secolo risiedevano soprattutto Alamanni, era in corso unattivit missionaria. Il territorio degli Alamanni pi o meno identico alla porzione svizzera di quella che fu la diocesi di Costanza, fondata come si crede intorno al 600 come episcopato alamanno. In questa parte del paese, la Svizzera settentrionale e orientale, prevale per la tipologia della chiesa a sala con il presbiterio rettangolare rientrato. Si pu ritenere che questa forma sia caratteristica delle chiese donate da privati, in quanto vi si rinvengono frequentemente ricche tombe, o perlomeno la forma pi facilmente riconoscibile come tale. Si tratta di chiese private nelle quali veniva celebrata leucarestia, per esempio per la familia dei proprietari terrieri e nelle quali potevano essere anche sepolte persone particolarmente privilegiate -la famiglia del proprietario o almeno coloro che avevano fatto costruire la chiesa. Se si considera il numero elevato di edici sparsi in tutta la regione, si pu immediatamente percepire che la cristianizzazione del paese intorno ai centri rimasti cristiani dipendeva meno dai vescovi -i quali avrebbero piuttosto favorito forme architettoniche tradizionali- che non dai proprietari terrieri, una sorta di nobilt privata, che voleva soprattutto assicurarsi la salute dellanima e la conservazione della memoria. La problematica pu essere precisata sulla base di alcune constatazioni e riflessioni che riguardano le tipologie dellarchitettura ecclesiastica e i corredi funerari. La gura 22 mostra una carta che segnala la diffusione delle tombe nelle chiese allinterno del gruppo numero 2 denito nel 1993 da Anke Burzler. Gli esempi che risalgono agli anni compresi fra il 570 e il 590 sono segnati con un punto scuro, mentre quelli che si collocano fra il 590 e il 610 si distinguono con il triangolino nero. Entrambi i gruppi sono concentrati in gran parte sul territorio dellattuale Svizzera settentrionale e orientale. La gura 23 segnala la diffusione delle crocette in lamina doro, dove si constata che in Svizzera non ne sono state trovate. Come si spiega questo fenomeno, se il legame fra le crocette doro trovate nella Germania meridionale con quelle longobarde dellItalia settentrionale rimane indiscutibile e in generale si suppone che una missione venuta da sud sia passata dai

Fig. 21) Il territorio della diocesi di Costanza.

noscano la loro vergogna e si convertano! Cos si compir su di loro la profezia del salmista: La sua iniquit ricade sul suo capo e gli piomba sulla testa la sua violenza (Salmi, 7, 17). Quello che Wetti dice sugli abitanti di Tuggen sembrerebbe una vaticinatio ex eventu : Wetti ha evidentemente conosciuto gli sviluppi della storia. I gli degli abitanti della regione, che Colombano e Gallo avevano cercato di convertire invano, si sono poi chiaramente rivolti al cristianesimo verso la met del VII secolo, forse anche un popi tardi. Cos giungiamo allincirca allepoca in cui si suppone che venisse fondata la chiesa di Tuggen, datata attraverso un gruppo di tre tombe dotate di corredo funerario. La cronaca agiograca indicativa del momento della conversione al cristianesimo non solo degli abitanti a nord del lago di Zurigo, bens di una regione pi vasta. Quello che possiamo concludere da altre fonti, anche se non hanno la stessa affidabilit della Vita Galli , indica che la popolazione rurale intorno alle localit centrali maggiori, come ad esempio Coira, in genere venne convertita pi intensamente solo nel corso del VII o addirittura dellVIII secolo. Cos, per esempio, i dintorni di Coira nel VI secolo erano ancora in gran parte pagani e a Zillis sembra che no al VI secolo inoltrato si sia praticato il culto mitraico in una grotta primitiva molto vicina alla chiesa cristiana del V secolo. Daltra parte nel VI secolo comunit cri-

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Fig. 22) In alto: diffusione delle crocette in lamina doro secondo la ricostruzione di H.W.Bhme (veduta parziale). In basso: diffusione delle tombe nelle chiese dello strato numero 2, 570-590 (punto nero), 590-610 (triangolo nero) secondo la ricostruzione di Anke Burzler.

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Fig. 23) Carta con sovrapposizione dellarea di diffusione delle crocette di lamina doro e delle chiese con tombe dei donatori: chiese a sala prevalentemente con presbiterio rettangolare.

Grigioni e da Coira? Si dovrebbe supporre, invece, che sia esistito una sorta di blocco che imped la penetrazione missionaria longobarda dallItalia settentrionale nel territorio della Svizzera, giacch, da quanto abbiamo detto nora dovrebbe essere evidente che non ci fosse pi necessit di missioni nelle montagne svizzere. Ma se la cristianizzazione venne attivata dallesterno, allora occorre pensare che provenisse in questa fase non dal sud, ma dallovest, sotto legida dei Franchi, che dominavano il territorio elvetico dal 536. Le chiese a sala con presbiterio rettangolare rientrato - ma non solo loro - lo testimoniano; dal punto di vista cronologico si pu collocare lo sviluppo di questa tipologia costruttiva nel nostro territorio prima della comparsa delle crocette in lamina doro nella Germania meridionale, alla ne del VI secolo. Il grup-

po delle chiese dotate di tombe si identica invece con linusso franco, esplicatosi gi prima, intorno alla met del VI secolo. Questo inusso si pu considerare gi stabilmente ancorato nella Svizzera settentrionale ed orientale quando incomincia la missione alamanna nella Germania meridionale, caratterizzata dalle crocette doro. E perch cos? I Franchi avevano preso questo territorio a Teodorico e per loro era molto importante che rimanessero aperte le strade che attraverso le Alpi conducevano allItalia settentrionale, come si ricava anche dalle istruzioni ricevute da Gallo e Colombano e dal loro itinerario seguito allinizio del VII secolo. possibile che abbiano dato espressione a questa volont anche con la (ri?)-fondazione della sede vescovile di Basilea, nonch con la sottomissione della val Venosta a Coira, dando seguito per un

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verso allantica regola di far coincidere le divisioni civili con quelle religiose, daltra parte, almeno nelle intenzioni, controllando efcacemente il territorio e i passi alpini ivi compresi. Se si fa un confronto con il compito dato al convento di MoutierGrandval di custodire le strade nel Giura, emerge con chiarezza come la volont di garantire la sicurezza delle strade e dei principali passi alpini fosse una delle preoccupazioni prioritarie dellepoca14.

Senza volerlo siamo passati dalla cosiddetta archeologia degli edifici ecclesiastici alla storia politica e culturale generale della Svizzera altomedievale: la forza espressiva di grande complessit e pure cos concreta degli edifici sacri medievali, propria non solo delle chiese conventuali, vescovili o di pellegrinaggio, bens anche delle semplici chiese rurali, riesce sempre ad affascinarci di nuovo. Traduzione di: Vera Segre Rutz

FONTI DELLE IMMAGINI:


1 Sfondo: carta in rilievo dellUfcio Topograco Federale, Berna. 2 Hektor Ammann, Karl Schib, Historischer Atlas der Schweiz, Aarau 1951, p.13. 11 Sion secondo la ricostruzione di Alessandra Antonini, Sion VS, Sous-le Scex, ein sptantik-frhmittelalter licher Bestattungsplatz. Grber und Bauten, tesi di dottorato, Zuirgo 2000 (dattiloscritto). Gli esempi ginevrini sono tratti dalle pubblicazioni di Charles Bonnet: Charles Bonnet et Batrice Privati, Saint-Gervais Genve: les origines dun lieu de culte , in: Archologie der Schweiz 14, 1991, 2, p. 210. - Patrimoine et architecture, cahiers no. 3, aot 1997: Autour de lglise. Fouilles archologiques Genve 1967-1997, e di Jean Terrier (Meinier) 12 Oberwil, Muttenz, Sissach secondo la ricostruzione di Reto Marti (cfr. nota 1) 14 Secondo la ricostruzione di H.W.Bhme, in: Archologisches Korrespondenzblatt 1989, Heft 3, p. 287. Integrata dagli esempi di Svitto e Schiers. 22 In alto: secondo la ricostruzione di H.W.Bhme, Art. Goldblattkreuze, in: Reallexikon der Germanischen Altertumskunde, vol. 12, 1998, p. 315. In basso: secondo la ricostruzione di Anke Burzler, in: Markus Hneisen ( a cura di), Frhgeschichte der Region Stein am Rhein. Archologische Forschungen im Ausfluss des Untersees (Antiqua 26 / Schaffhauser Archologie 1), Basel 1993, ill. 187, p. 231. Ad eccezione delle carte alle gure 2 e 22, nonch delle piante di Sion, Sous-le-Scex, Genve, St-Gervais, Muttenz, Oberwil e Sissach, tutti i disegni sono stati eseguiti da Alfred e Niklaus Hidber (Ufcio Sennhauser).

14 Cfr. Knut Schaeferdiek, Art. Bekehrung (Alemannen) , in Reallexikon der Germanischen Altertumskunde 2, 1976, p. 184, e Horst Wolfgang Bhme, G o l d b l a t t k r e u z e, ebda., 12, 1998, pp. 312318 (Bibliografia). Inoltre Anke Burzler, in

Markus Hneisen, Frhgeschichte der Region Stein am Rhein. Archologische Forschungen am Aususs des Untersees (Antiqua 26 Schaffhauser Archologie I), Basel 1993, pp. 191, 218 ss., 222 ss., 229, 390.

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LUOGHI DI CULTO TRA VII E VIII SECOLO: PROSPETTIVE DELLA RICERCAARCHEOLOGICA ALLA LUCE DEL CONVEGNO DI GARDA
Gian Pietro Brogiolo

In una recente sintesi, aggiornata al 1998 (BROGIOLO et al. 1999) sono state pubblicate 82 schede di altrettanti luoghi di culto dellItalia settentrionale databili tra il V e il IX secolo. Nel censimento sono stati considerati solo gli edifici con una cronologia attendibile, indipendentemente dalla funzione che non sempre accertata. Il campione analizzato, seppur signicativo, fortemente lacunoso: ad esempio, non sono state inserite nel catalogo le chiese testimoniate solo da resti epigrafici e di arredo liturgico, particolarmente numerose per i secoli VIII-IX secolo, n quelle menzionate da fonti scritte. Dopo il 1998, numerosi scavi hanno messo in luce nuovi luoghi di culto: soltanto quelli pubblicati nel Notiziario 1998 della Soprintendenza archeologica della Lombardia riguardano ben 17 luoghi di culto, la maggior parte dei quali con fasi tra V e VIII secolo. La distribuzione dei dati censiti non omogenea. Un terzo circa si concentra nel territorio a nord di Milano (diocesi di Milano, Como, Novara) per un totale di 27 chiese alle quali sono da aggiungere le 39 censite per il Canton Ticino (diocesi di Milano e Como). Un totale dunque di 56 che equivale per numero a tutte le rimanenti dellItalia settentrionale (55). Tra queste, emergono altri tre territori rappresentati peraltro da modesti campioni: quello delle diocesi di Trento e Verona (13), quello friulano pertinente alle diocesi di Aquileia e Zuglio (11) ed inne quello dellarea bizantina dellesarcato (7). evidente che lunico territorio con buona documentazione quello a nord di Milano, ed su questo che si possono costruire alcune ipotesi interpretative da confrontare con quelle proposte per alcune regioni doltralpe. In particolare mi paiono significative quelle avanzate da Reynaud (1999) per la Francia e da Sennhauser (1989 e in questo volume) per la Svizzera. Il recente contributo di J.F. Reynaud (1999) sulladattamento e la riorganizzazione ecclesiastica in Gallia tra VII e VIII secolo, individua tre processi di trasformazione: (1) la ricristianizzazione di numerose regioni grazie alla conversione delle

lites germaniche; (2) il contemporaneo abbandono dei cimiteri aperti e laffermazione delle inumazioni presso le chiese che divengono il centro di attrazione dei nuovi villaggi; (3) la ridefinizione delle prerogative del presbiter e conseguentemente dell ecclesia da lui retta, con la diffusione della pratica del battesimo dei bambini e lassunzione di rendite patrimoniali. Per lItalia settentrionale siamo ben lontani da una sintesi e, per alcuni degli aspetti sottolineati da Reynaud, brancoliamo nel buio. Nulla sappiamo di eventuali processi di ricristianizzazione in alcune regioni, anche se la generale continuit dei luoghi di culto tardo antichi nella maggior parte delle aree considerate (infra ) porterebbe ad escludere fenomeni diffusi di ritorno al paganesimo. Ma poco conosciamo anche delle fasi di conversione allortodossia romana delle componenti pagane, ariane e tricapitoline della societ tra VII-VIII secolo, temi sui quali non si andati nora aldil dei contributi degli storici (si pensi, ad esempio, ai lavori del Bognetti sulle attivit missionarie orientali (riassunti in BOGNETTI 1966), mentre del tutto assente qualsiasi informazione archeologica. Anche il problema del contesto insediativo nel quale sorgono le chiese sembra al di fuori degli interessi della maggior parte degli archeologi, mentre solo occasionalmente stato indagato dagli storici (in particolare da Settia, per la cui bibliograa si veda il contributo di Azzara in questi atti). In larga misura, coincide con la ne delle ville romane e la nascita dei villaggi altomedievali, fenomeno che si sviluppa su un ampio arco temporale, praticamente dal V al X secolo, ma proprio il VII secolo appare cruciale in quanto coincide, in molti regioni, con il radicamento della nuova aristocrazia longobarda nelle propriet rurali. Proprio allinterno di questo processo da vericare la tendenza alla concentrazione in villaggi rispetto alla tenuta dellinsediamento sparso tardo romano incentrato sulle ville. Levoluzione degli aspetti devozionali materia che attende ancora studiosi in grado di denirla, sia sulla base delle fonti scritte, puntuali nel descrivere il culto delle reliquie dallet liutpran-

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dea in poi (TOMEA c.s.) sia di quelle archeologiche, che attraverso i vani e le nicchie destinate ad ospitare i reliquiari ne mostrano una continuit dal tardo antico in poi. Tutti questi temi sono importanti ed chiaro che lo studio delle chiese altomedievali dovrebbe essere affrontato con sistematicit. In primo luogo con una dettagliata descrizione degli edici, dei quali serve conoscere non solo la forma (pianta, aperture, organizzazione interna), e le dimensioni, ma anche le tecniche costruttive di murature, pavimenti, softti e coperture, le decorazioni, leventuale arredo liturgico. Fondamentali sono anche la documentazione delle sepolture (posizione, forma, tecnica costruttiva, corredo e ritualit della deposizione) e i rapporti con il contesto insediativo. Informazioni che vanno distribuite nella sequenza del luogo di culto e dunque articolate nei periodi principali individuati. E proprio da questo punto di vista appare prioritario affinare la periodizzazione e linterpretazione funzionale. Distinguere, come in questa sede, le chiese di VII e VIII, rispetto a quelle pi antiche e posteriori, certo valido in una prima approssimazione, ma occorre proporsi lobiettivo di scansioni ancora pi circoscritte. Appare inoltre auspicabile unattenzione peculiare per il VII secolo, un periodo ltro non solo, come si detto, per linsediamento, ma anche negli aspetti ideologici, per il serrato confronto tra ariani, scismatici e ortodossi. Per questo secolo cruciale inoltre indispensabile riconsiderare sistematicamente i luoghi di culto in rapporto alle aree cimiteriali e ai riti funerari, non solo per verificare la relazione tra cimiteri aperti e sepolture presso le chiese, ma anche per valutare, caso per caso, le strategie familiari ai diversi livelli sociali. Le datazioni, non limitate ai tradizionali corredi funerari, non sempre presenti nelle sepolture, bens fondate su analisi sistematiche al C14 sembrano offrire un quadro inedito delledilizia religiosa del VII secolo. Sullevergetismo di VIII secolo abbiamo da sempre migliori informazioni, grazie alle fonti scritte che lo mostrano come il risultato del confronto in atto tra le diverse componenti delle aristocrazie sia allinterno di un singolo ducato, sia tra un centro di potere e laltro (MITCHELL2000). Aristocrazie che, dopo la conversione delle minoranze ariane e pagane, si muovono ormai alla conquista delle sedi laiche ed ecclesiastiche del potere, avendo come punto di riferimento la citt e come riferimenti culturali le corti e gli episcopia (GASPARRI 2000). In secondo luogo, sempre pi chiaro come lo studio delle campagne, e delle chiese che vi sono state costruite, non possa essere disgiunto da una riessione complessiva sullinterazione citt-terri-

torio (su questi temi si vedano i contributi in BROGIOLO, GAUTHIER, CHRISTIE 2000). Le ricerche sulla campagna altomedievale devono per collocarsi in una prospettiva gerarchica diversa rispetto allet antica, sia dal punto di vista economico che sociale. A partire dal V secolo e con un sviluppo che appare pienamente dispiegato nel VII e nellVIII, si va affermando un processo di gerarchizzazione delle campagne grazie allemergere di nuovi importanti centri demici (i grandi castra) e di una costellazione di insediamenti nucleati minori che allentano, e in taluni territori spezzano il rapporto citt campagna, anticipando fenomeni che avranno pieno sviluppo in et feudale. La nuova gerarchia insediativa induce un adattamento della rete dei luoghi di culto con modalit che dobbiamo presumere altamente pragmatiche, allinterno delle quali le aristocrazie laiche ed ecclesiastiche hanno largo spazio di manovra per rinforzare la propria immagine ed il proprio potere (CRACCO RUGGINI 1998). La costruzione della chiesa, come ha sottolineato da tempo Heiko Steuer (1989) per larea merovingia, uno degli elementi che contribuisce a ssare linsediamento nel quale emerge come classe dirigente la nobilt dei fondatori di chiese. In questi processi, tra fine VII e VIII secolo, appare rilevante, anche se da valutare regione per regione, il ruolo dei monasteri (CANTINO WATAGHIN 2000). Nella loro fondazione si esprimono, in modo ancora individualistico ed occasionale, sia le pulsioni di una societ che vive ormai con intensa e sincera partecipazione la nuova fede, divenuta peraltro componente essenziale del sistema di potere (ERHART, DE YONG 2000), sia le strategie familiari di conservazione del patrimonio e del rango sociale in un periodo nel quale erano sovente in bala del mutevole favore dei potenti (LA ROCCA1998). Questo convegno non pretendeva di offrire risposte esaustive a tutti i problemi che lo studio dei luoghi di culto altomedievale comporta. Su almeno sei ha per fornito indicazioni quanto mai stimolanti. 1. Continuit e cesura nellutilizzo dei luoghi di culto paleocristiani Tra Lombardia e Piemonte sono rari i casi di luoghi di culto, si tratti di oratori funerari o di chiese battesimali, che rechino segni di distruzione violenta. Sembrano costituire eccezione le regioni connarie. In Alto Adige, le grandi chiese paleocristiane di Bolzano vengono riedicate in pianta ridotta dopo un abbandono di un paio di secoli, S. Lorenzo di

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Sebato, viene utilizzata per scopi profani n dal V secolo (Nothdurfter). Nel Friuli, su un campione di 17 edici con dati archeologici, tre hanno evidenze di incendio (S. Martino di Ovaro, complesso cultuale del colle di Zuca e S. Lorenzo di Buia), e due di attivit che parrebbero incompatibili con un luogo di culto (le chiese di S. Giorgio di Nogaro e S. Pietro di Ragogna). Tutte queste cesure si collocano tra VI e VII secolo e sono riferite da Aurora Cagnana alle invasioni longobarda e avara. Talora sono attesati usi domestici, plausibilmente occasionali, come nel caso della parrocchiale di Civezzano (Ciurletti), di S. Vincenzo di Sesto Calende (BROGIOLO e al. 1983) e del battistero di Cureggio (Pant, Pejrani), ma sarei cauto nel collegare questi fenomeni sempre ad una perdita di funzione. Del resto, anche tutte le chiese distrutte da incendio e abbandonate, riprendono la funzione liturgica. La norma, come stato osservato (BROGIOLO, GELICHI, WATAGHIN 1999), un sostanziale rispetto per il culto. Le chiese battesimali appaiono dunque stabili, non solo perch investite di una funzione giuridica, ma anche perch spesso, ad esempio quelle lungo le strade, vennero fondate non in rapporto ad un singolo sito ma ad un territorio che in quelle strade aveva un punto di riferimento. Da segnalare il caso di Dorzano (Pant, Pejrani), con un ampliamento, dovuto ad incremento demograco, nel corso del VII secolo, seguito da un abbandono nel IX, a seguito di una riorganizzazione che comporta il trasferimento della cura danime in altra sede. 2. Chiesa e insediamento Nella maggior parte dei casi, il rapporto tra chiesa e insediamento, non compare nelle relazioni di scavo che si limitano a considerare il solo luogo di culto. Grave lacuna che non appare compensata dalle poche eccezioni. La pi signicativa certo quella di Mombello in Piemonte, presentata in questo convegno da Gabriella Pant e Luisella Pejrani, sia per la qualit della sequenza (villa rustica romana, abbandono, rioccupazione con edici in tecnica povera, un nuovo edicio di VII secolo coevo alla chiesa privata), sia per la possibilit di attribuire il settore occupato nel VII-VIII secolo ad una famiglia aristocratica longobarda che si fa seppellire in una chiesa privata, a duecento metri di distanza dalla propria casa, mantenendo il costume funerario germanico. Mombello offre dunque il dato archeologico del radicamento dellaristocrazia longobarda nelle propriet terriere, suggerito con informazioni pi frammentarie anche altrove, ad esempio da analoghi casi lombardi a Trezzo, Palazzo Pignano, Garbagnate Monastero ecc. (De Marchi).

questo solo un aspetto di un rapporto pi ampio, che va valutato a scala regionale, attraverso una molteplicit di parametri archeologicamente rilevabili, tra luoghi di culto e (a) ville romane, (b) castelli tardo antichi-altomedievali, (c) villaggi romani e di nuova fondazione, (d) necropoli, (e) viabilit. Segnalo, per lItalia settentrionale, i lavori di Marina de Marchi (1994, 1997) per la Lombardia, di Micheletto e Pejrani (1997) per il Piemonte, di Bierbrauer (2001) per il Friuli. 3. Tipologia dei luoghi di culto Dalle relazioni, integrabili con altri dati, possibile ricavare un primo censimento delle tipologie attestate nelle campagne dellItalia settentrionale: (a) chiese a semplice aula rettangolare, particolarmente diffuse nel patriarcato di Aquielia e dunque anche in Friuli, a S. Martino dAsio, S. Lorenzo di Buia, S. Andrea di Venzone, colle di Zuca. (b) chiese ad aula unica e abside semicircolare, il tipo pi semplice e pi diffuso: in Friuli S. Silvestro di S. Salvatore di Maiano e S. Martino di Rive dArcano, in Lombardia-Canton Ticino a S. Stefano di Garlate, SS. Agata e Sisinnio di Ossuccio, S. Zenone di Campione, S. Pietro di Dongio, SS. Nazaro e Celso di Airolo, SS. Quirico e Giuletta di Melide, S. Pietro a Campione, S. Martino II di Sonvico, S. Stefano III di Muralto, S. Paolo di Arbedo, in Alto Adige a S. Giacono a Soeles e S. Giorgio di Corces, in Trentino a Fornace S. Stefano (abside aggiunta ad unaula rettangolare), parrocchiale di Civezzano, S. Tom di Mori, S Martino di Castel Drena e S. Martino di Campi sopra Riva del Garda, SS. Dionisio, Rustico ed Eleuterio di Bleggio; (c) chiese ad aula unica con abside rettangolare: in Friuli, S. Pietro di Ragogna, S. Maria Maddalena di Invillino, SS. Gervasio e Protasio di Nimis, in Lombardia Canton Ticino a S. Martino di Trezzo, Garbagnate monastero, S. Giorgio di Morbio inferiore, in Alto Adige a S. Procolo di Naturno con abside trapezoidale; (d) chiese ad aula unica e tre absidi: Civezzano II, oltre alle ben note S. Benedetto di Malles, Sirmione S. Salvatore che si rifanno agli esempi di S. Felice di Pavia e S. Maria dAurona di Milano; (e) chiese con transetto e tre absidi (pianta a T): S. Maria in Silvis a Sesto al Reghena (ex VII-in VIII), S. Salvatore I a Brescia, Sabiona chiesa sul pendio; (f) chiesa a croce latina con cupola e torre centrale, come S. Pietro di Quarazze, datata tra VIII e IX secolo, che ha confronti nel S. Zeno di Bardolino e nel S. Pietro di Gazzo veronese. Molte di queste chiese sono provviste di atrio ( S. Maria in Silvis a Sesto al Reghena (in una seconda fase di

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met VIII), S. Tom II di Carvico, S. Zenone di Campione), talora aggiunto, un paio soltanto di westwerk in facciata (S. Stefano di Cesclans e SS. Gervasio e Protasio di Nimis) La tecnica costruttiva, nella stragrande maggioranza dei luoghi di culto, in muratura, prevalentemente con legante di malta. Raramente con argilla (S. Benedetto di Malles ). Pochi sono gli edici lignei, per ora concentrati tra Lombardia-Canton Ticino (S. Tom di Carvico) e Trentino-Alto Adige (S. Giorgio di Foiana, S. Valentino a Salonetto, Vigo di Fassa). 4. Funzione Quanto a funzione quattro sono le categorie di luoghi di culto, documentati in area rurale, di cui si trattato in questo convegno: (a) chiese con cura danime, nella stragrande maggioranza dei casi di fondazione pi antiche del periodo considerato in questa sede; non mancano peraltro eccezioni, come ad Invillino colle Santina, dove la vasca, ubicata nellatrio di una chiesa ad aula rettangolare con abside quadrata, viene datata allVIII secolo (Cagnana), e a Fiera di Primiero, collocata nella navata e attribuita ad et carolingia (BOMBONATO, RAVAGNAN 1997); (b) chiese con funzione funeraria, sovente di origine tardo antica, appartenenti ad un gruppo, come s. Agata e Sisinnio di Ossuccio, S. Vittore di Terno dIsola, forse S. Stefano di Garlate (De Marchi), la chiesa di Ticineto (Pant, Pejrani), quella tardo antica di S. Maria del Pernone di Arco (Ciurletti); (c) chiese con funzione funeraria, appartenenti ad una famiglia di proprietari terrieri. Oltre a quella di Mombello, di cui si gi fatto cenno, ve ne sono numerose altre: in Alto Adige, quella di S. Stefano di Burgusio, le due o tre chiese di S. Giorgio di Corces, quella di controversa interpretazione e datazione di S. Proculo di Naturno (Nothdurfter); in Trentino, quelle di S. Stefano di Fornace, S. Tommaso di Mori/Vignolo, S. Martino di Stenico (Ciurletti); in Lombardia-Canton Ticino, quelle di S. Zenone di Campione dItalia, S. Lorenzo di Gudo, S. Antonio di Besazio, S. Carpoforo di Gorduno, SS. Nazaro e Celso di Airolo, SS. Quirico e Giulitta di Melide, S. Pietro a Gravesano, SS. Nazaro e Celso di Garbagnate (De Marchi). In Piemonte, la chiesa di Sizzano, fondata nel V secolo dai proprietari di una villa; viene utilizzata in funzione funeraria solo nel corso del VII (Pant, Pejrani); (d) santuari sorti attorno ad una tomba di un

santo, come S. Giulio dOrta e S. Lorenzo di Gorzano, trasformata in funeraria nel VII secolo (Pant, Pejrani); Nellalto medioevo sembrano rari i mutamenti di funzione da funeraria a battesimale e viceversa. Ben attestato ancora una volta un caso piemontese, quello di Centallo (Cn). Il luogo di culto con annesso battesimale, fondato nel V secolo da un proprietario terriero, perde il battistero nel VI, plausibilmente perch trasferito ad altra chiesa battesimale e viene utilizzato come chiesa funeraria della comunit sviluppatasi nellambito dellazienda agricola (Pant, Pejrani). Al contrario, nel S. Giovanni Battista di Cesano Boscone il battistero viene realizzato in un vano laterale delledicio paleocristiano, gi adibito ad uso funerario (Ceresa Mori 1996). Talora, nel VII secolo la chiesa battesimale viene integralmente ricostruita come nel caso del S. Pietro nel castello di Ragogna, in Friuli (LUSUARDI SIENA, VILLA1998). Pi costante sembra invece la ne delluso funerario di molte cappelle private nel corso dellVIII secolo, da mettere in relazione, come sottolineano Pant e Pejrani, con la riorganizzazione plebana della cura danime, processo questo assai lungo che avr come conseguenza la rarefazione di nuove fondazioni private e forse anche le situazioni di abbandono e rovina menzionati nei capitolari di Lotario dell825 e 832 (Azzara). 5. Complessi polifunzionali La ricerca sulle chiese rurali ha da tempo messo in luce come talora esistessero pi edifici, ciascuno con una propria funzione. Oltralpe sono ben noti i casi dIsle le Jourdain e del castrum dAuxerre (REYNAUD 1999). Una situazione simile spesso ipotizzabile anche in Italia settentrionale sulla base di fonti eterogenee (come ad esempio per Garlate, ove vennero presumibilmente fondate tra V e VII secolo ben tre chiese: S. Agnese con cura danime, S. Stefano con funzione funeraria e S. Vincenzo, da identificare forse nel battistero: Brogiolo c.s.). Pi rari i casi documentati archeologicamente: Isola Comacina, Appiano Gentile, Muralto. Il doppio luogo di culto risponde allesigenza, sentita almeno no al VI secolo, di tenere distinte la chiesa con cura danime, talora provvista di battistero localizzato in un edicio indipendente, e la chiesa funeraria. Forse la stessa dedica serviva a riconoscere la differente funzione, se non casuale che a Garlate, Muralto e Appiano, la chiesa funeraria sia intitolata a S. Stefano, ma su questi temi occorrerebbe riprendere gli studi con metodi pi critici e pi contestualizzati di quanto si fatto in passato.

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La presenza di pi luoghi di culto probabilmente il risultato di un processo che inizia nel V ed ancora in atto nel VII, se a quel secolo si possono datare le trasformazioni in chiesa di precedenti mausolei, come stato proposto per Muralto e Garlate. Anche per questo interessante problema storiograco, servono ricerche archeologiche mirate ed esaustive che si rivolgano non solo a tutti i luoghi di culto documentati, ma anche alle aree cimiteriali e agli edici residenziali collegati. 6. Processi di acculturazione Non vi evidenza di processi di ricristianizzazione, quali quelli attestati nella Svizzera, cui ha fatto cenno Sennhauser nel suo intervento, ma solo di adesione al Cristianesimo delle componenti pagane immigrate con linvasione longobarda e a seguito della colonizzazione slava tra IX e X secolo. Sui modi in cui si espresse la conversione dei Longobardi al cristianesimo, particolarmente signicativi mi paiono gli esempi di costruzione di un luogo di culto in una precedente area cimiteriale aperta, come a Trezzo S. Martino, S. Lorenzo di Gudo (De Marchi), S. Stefano di Cesclans (Cagnana), S. Procolo di Naturno e S. Giorgio di Corces

(Nothdurfter), situazioni che trovano confronti con larea merovingia (Sennhauser). Quanto a fenomeni pi tardi di conversione, Aurora Cagnana nel suo esauriente contributo allude ad una serie di sepolture con elementi di corredo paleoslavo (su cui vedi anche BROGIOLO, POSSENTI 2001). Si tratta di forme di colonizzazione, presumibilmente di IX-X secolo, del tutto analoghe a quelle che si verificarono in Istria al tempo del duca Giovanni, subordinato del marchese del Friuli, e che provocarono le lagnanze dei romani che sfociarono nel famoso placito di Risano dell804. I colleghi croati (esaurienti sintesi in Bizantini, Croati, Carolingi) hanno da parte loro sottolineato gli aspetti archeologici ed architettonici del processo di evangelizzazione, nel corso del IX secolo, dei territori dalmati soggetti ai conti croati, ad opera di missionari provenienti dal Patriarcato di Aquileia. I luoghi di culto, che, a tuttoggi, costituiscono la fonte archeologica principale per lo studio dellaltomedioevo, meriterebbero infine di essere indagati come testimonianza delle aristocrazie rurali. Alcuni spunti sono certo emersi dalle relazioni e dalle discussioni, purtroppo non pubblicate, ma su questi temi occorrer tornare a confrontarsi in altre occasioni.

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