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Le frasi che sono

passate alla storia


“veni, vidi, vici”

—Giulio Cesare
Veni, vidi, vinsi è la frase con la quale,
secondo la tradizione, Gaio Giulio Cesare
annunciò la straordinaria vittoria riportata il
2 agosto del 47 a.C. contro l'esercito di
Farnace II del Ponto a Zela, nel Ponto.
Ancora oggi questa frase è utilizzata spesso
ironicamente per indicare un'impresa
compiuta con un successo rapido, totale e
senza grosse difficoltà.
A rendere famosa questa frase è stato
Plutarco che nella sua “Vita di Cesare”,
contenuta nella sua famosa raccolta di
biografie dal titolo Vite parallele , ha
riportato il discorso del condottiero romano.
“alea iacta est”

-Giulio Cesare
Questa espressione possiamo tradurla come “il dado è stato gettato”.
Secondo lo storico Svetonio, fu pronunciata dal comandante romano
Caio Giulio Cesare nel gennaio del 49 a.C.
Il racconto, tramandato dallo storico Svetonio, riferisce che Cesare,
dopo aver concluso felicemente le campagne in Gallia e averne tratto
grande prestigio e fama, aveva presentato la sua candidatura al
consolato. Il senato, però, temendo la sua potenza, decretò che egli
avrebbe dovuto congedare le sue legioni e recarsi a Roma come
cittadino privato.
Cesare escogitò un piano per impadronirsi del potere: diede l’ordine
alle sue coorti di precederlo di nascosto per non destare sospetti; la
notte seguente le raggiunse nel massimo segreto al fiume Rubicone,
che scorreva nei pressi di Rimini e serviva da confine tra la Gallia
Cisalpina e l’Italia, e chiunque l’avesse oltrepassato al comando di un
esercito sarebbe stato considerato un nemico di Roma. Lì Cesare si
fermò. Mentre era ancora indeciso su quale decisione prendere, vide
un giovane misterioso di straordinaria bellezza che suonava il flauto.
Mentre molti soldati e trombettieri erano accorsi ad ascoltarlo, lo
sconosciuto prende la tromba di uno di questi e oltrepassa il fiume.
Cesare colpito da questo strano evento, prende la sua decisione di
oltrepassare il fiume, quindi esclama "andiamo, dunque, per la strada
idicata dai prodigi degli dei! il dado è tratto"
“Tu quoque Brute, fili mi”

—Giulio Cesare
Tu quoque Brute fili mi è una frase latina il cui
significato letterale è Anche tu, Bruto, figlio mio. La
tradizione vuole che Gaio Giulio Cesare abbia
pronunciato queste parole rivolgendosi a Giunio
Bruto riconoscendolo fra i suoi uccisori. Sempre la
tradizione vuole che Bruto abbia pronunciato
nell’occasione, la famosa frase Sic semper tyrannis!
(Così sempre ai tiranni!).
La frase (anche nella forma abbreviata Tu quoque)
viene utilizzata anche ai giorni nostri esprimendo
amara sorpresa nei confronti di colui che, da noi
beneficiato, ci ripaga con l’ingratitudine; spesso e
volentieri la si usa anche in contesti scherzosi,
esprimendo finta sorpresa, nel cogliere in fallo
qualcuno che commette un errore o dal quale ci si
aspettava un diverso comportamento.
Grazie per
l’attenzione
Corretto Carlo, Cosentino Chiara, De Conciliis Marta, De Martino Desireè, Di
Natale Bianca,
Frisone Gian Antonio, Galluccio Tommaso
2AM

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