Sei sulla pagina 1di 6

Note per una storia della cartapesta in area brindisina.

Gli esempi di Fasano


Salvatore P.Polito
Nel nutrito catalogo di opere d’arte che costituisce l’enorme patrimonio
della nazione, contribuendo a fare dell’Italia un Paese unico al mondo
per ricchezze legate all’urbanistica, all’architettura e alle arti figurative,
constatiamo purtroppo che la plastica cartacea occupa ancora un posto
di secondo piano. Forse per l’uso, a torto considerato consumistico ed
effimero, di questa pur antica forma d’arte. La statuaria in cartapesta, di
cui si trovano testimonianze quattro-cinquecentesche in chiese del
Centro e del Settentrione d’Italia1, è ampiamente documentata nel
Meridione e, a partire dalla metà circa dell’Ottocento, in special modo
nella provincia leccese2 e in area jonico-salentina. Qui, essa fu
certamente ispirata da più antichi e nobili esempi di sculture veneziane
e napoletane, importate perlopiù in legno, e dalla naturale propensione
alla plastica di un popolo che già da secoli si era esercitato con
pregevoli risultati sulla tenera pietra locale 3 .
A ciò va aggiunto quel forte senso di religiosità cristiana e di devozione
popolare che ha progressivamente incoraggiato la produzione di
simulacri realizzati con questa antica tecnica. Fatta esclusione per la
produzione marginale dei tanti mestieranti, i quali a partire dalla metà
dell’Ottocento avevano cominciato ad imitare e copiare i lavori dei
maestri, possiamo oggi parlare della statuaria in cartapesta come di
un’autentica forma d’arte. A testimonianza di ciò, la bellezza delle
innumerevoli opere tuttora gelosamente conservate nelle chiese delle
province di Lecce e di Brindisi.
Scorrendo la letteratura a partire dal contributo di Luigi De Simone,
dagli scritti di Pietro Marti, di Nicola Vacca, di Pietro e Giuseppe
Palumbo, oltre che dagli innumerevoli articoli pubblicati a cavallo del
secolo fino ai più recenti interventi, si evince chiaramente l’interesse
suscitato, sia in campo nazionale che internazionale, e la particolare
attenzione guadagnata nel ristretto ambito della produzione artistica
salentina4 . Nel quadro di una più estesa valorizzazione e salvaguardia
dei beni culturali, la catalogazione delle opere in cartapesta, promossa
dal rinnovato interesse per il patrimonio artistico locale e non, va
lentamente arricchendosi grazie a nuove scoperte 5.
Particolarmente impegnativo comunque appare, in mancanza di fonti,
censire la produzione settecentesca, al contrario di quella, ben nutrita e
in parte documentata dell’Otto-Novecento 6.
In una ristretta area geografica, quella brindisina, dove opere di famosi
cartapestai leccesi convivono insieme a quelle di non meno apprezzati
artisti locali spiccano manufatti cartacei di pregevole fattura. Però,
nonostante l’elevato livello raggiunto, gli artisti del Brindisino
continuarono ad essere misconosciuti nel contesto d’una produzione
forse ingiustamente considerata tutta leccese. Un esempio
estremamente significativo possono considerarsi le famose statue
presenti in Francavilla Fontana e Latiano, città di rilevante interesse
artistico nell’ambito della provincia di Brindisi 7. Qui convivono opere
in cartapesta cronologicamente collocabili tra Settecento e Novecento,
realizzate anche da artisti nati e vissuti in quest’area. Artisti della
levatura del francavillese Pietro Paolo Pinca (1758-1832), pittore oltre
che scultore, a cui viene attribuita la statua in cartapesta policroma di
S.Rocco nella Collegiata, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo, il Cristo
sotto la Croce , il Cristo con pane, il Cristo alla canna, nella chiesa di S.
Chiara, in Francavilla Fontana 8 .
Altra presenza degna di rilievo è quella di Vincenzo Zingaropoli,
originario di S.Giorgio Jonico (1779-1836), che alle qualità del primo,
aggiunge le doti di abile ritrattista, prediligendo il genere sacro. Egli
alternò alla produzione pittorica l’arte della plastica cartacea,
realizzando la statua di S. Giuseppe e il Cristo risorto per la Collegiata
francavillese, la Santa Filomena per la chiesa di S.Biagio e il Cristo nel
Getsemani per la chiesa di S. Chiara9. Continuatori di quest’arte,
Nicola Distante (1837-1917) e il carovignese Ferdinando Cellino
(1853-1916), quest’ultimo ritratto in una foto di gruppo fra i
collaboratori più stretti della “bottega” del Guacci 10. E ultimo, solo in
ordine di tempo, il latianese Agesilao Flora (1863-1952), “valente
decoratore e apprezzato paesaggista”, che con piglio manageriale tentò
di “industrializzare” quella che allora era considerata un’espressione di
artigianato locale. Di lui purtroppo, si conoscono pochi esemplari di
statuaria sacra, peraltro sparsa sul territorio, mentre particolarmente
interessanti appaiono gli altorilievi per “autonoma fisionomia artistica e
originalità di soggetto”11.
Importante centro dell’estrema provincia brindisina, anche se
storicamente appartenente alla Terra di Bari, la città di Fasano,
documenta il rapporto stretto tra la committenza locale e artisti di area
salentina e non. Qui, particolarmente rilevante appare il “ruolo svolto
dalle confraternite, anche se spesso inconsapevolmente, come soggetti
attivi nell’ambito della cultura artistica locale”.
Infatti, “ anche se dettate da esigenze di tipo devozionale o da
motivazioni di prestigio, piuttosto che da precise e consapevoli scelte
culturali, le committenze confraternali sono quasi sempre autorevoli
testimonianze del livello e del gusto artistico raggiunto all’epoca (...) e
costituiscono spesso la fetta più consistente del patrimonio
architettonico, pittorico, lapideo e scultoreo” 12. Tacitamente a gara tra
loro, sovente interrompevano i rapporti di collaborazione, finendo col
dotarsi del necessario arredo sacro per assolvere autonomamente e con
decoro, spesso meravigliando e stupendo i confratelli e i concittadini, ai
compiti della congrega nei servizi di culto. A tale proposito appare
esemplare la controversia scoppiata tra la confraternita del SS.
Sacramento e quella del Purgatorio. Il pregevole simulacro del Cristo
morto, conservato nella chiesa delle Anime del Purgatorio,
“appartenente al Venerabile Sodalizio sotto il medesimo nome”, venne
commissionato dopo un contenzioso scoppiato con i confratelli del SS.
Sacramento. Altri episodi, taluni incresciosi, si verificavano anche fra
confratelli, richiedendo a volte l’autorevole intervento del priore 13.
Probabile, quindi, che la dotazione di statue e arredi sacri rispondesse
proprio a quel principio di autonomia tipico di ogni sodalizio.
A volte, invece, si riteneva necessario “per i posteri confratelli”,
verbalizzare nei Registri delle conclusioni della confraternita anche le
modifiche che venivano apportate alle statue di proprietà della
confraternita14. E’ il caso delle “innovazioni” sulla statua del Cristo
portante la Croce, con ogni probabilità opera di artista napoletano e
custodita nell’oratorio della Confraternita del SS.Sacramento, eretto
“pro defunctis fratibus et soribus” nel 1608 e, come attestano le due
lapidi esistenti, ampliato nel 1860 15.
Come puntualmente ci riferisce la Latorre, la statua nell’aula attigua
alla chiesa Matrice di Fasano venne fatta realizzare dalla stessa
confraternita nel 1826. Per essa viene indicato “come probabile autore
un tale Paternò, di Napoli”16.
L’ipotesi della paternità del Cristo al Paternò purtroppo non è
suffragata da alcun documento, ma la fattura dell’opera rimanda ad altri
esempi di sculture di area napoletana 17.
Nello stesso oratorio, inoltre, la pregevole statua del Cristo spirante,
condotta fino agli anni ‘60 in processione, così come accade ancora
oggi per il Cristo portante la Croce, e quella dell’Addolorata.
La Matrice fasanese, peraltro, si rivela ricca di statuaria in cartapesta;
opere di notevole fattura, alcune provenienti dall’attigua chiesetta di
S.Giuseppe, come il San Giuseppe commissionato dalla omonima
confraternita nel 1888, come si evince dagli inventari della stessa, al De
Pascalis(1862-1895) e al Manzo (1849-1942), per pochi anni impegnati
in società. Negli stessi inventari, tra l’altro, si legge che il bastone del
Santo, di legno argentato, “non lo si riteneva esser degno del loro
Patrono” e che perciò fu sostituito nel 1920 con un bastone in vero
argento18, il Cristo risorto, donato nel 1906 dal principe Telesio (socio
onorario della Confraternita) e il S.Carlo Borromeo del Cav. Caretta
(1871-1950), opera riconducibile intorno agli anni ‘20. Fanno inoltre
parte del patrimonio della Matrice la prima statua della Madonna di
Pozzo Guascito, realizzata probabilmente nel 1948 in occasione dei
lavori che consistettero nell’aggiunta della parte superiore del coro, 19 a
mio parere opera di pregevole fattura senz’altro anteriore a quella data.
Le due statue raffiguranti rispettivamente il S.Cuore di Gesù e il
S.Cuore di Maria, firmate queste dal solo Manzo e datate al 1910, e
infine il S.Giovanni Battista e la Madonna con Bambino, chiusa
quest’ultima in una nicchia dello scalone laterale destro del coro che
ritengo si possano attribuire allo stesso autore per affinità stilistiche. 20
Insieme a queste sono conservate le sculture in legno di S.Anna e il
gruppo del Calvario.
In definitiva, altre opere degne di nota oltre quelle della chiesa e della
confraternita del Purgatorio, adornano le restanti chiese della città di
Fasano. Esse, tutte, testimoniano l’ingente valore di un patrimonio
ancora tutto da scoprire, frutto dell’operosità delle province
meridionali, le quali pur ispirandosi alla capitale Napoli, seppero
tuttavia raggiungere autonome e, a volte, considerevoli forme
d’espressione artistica.
_________________________________________________
1

Note
1 cfr. E.Rossi-Roìss, Cartapesta & Cartapestai, Maestà di Urbisaglia (Mc), 1983, p.19, e A.Contenti, Nel
Regno della Cartapesta e del Barocco, in “Artigiani di Puglia”, a cura di B.Tragni, Bari, 1986, p. 286.Inoltre
è da segnalare la scoperta durante i recenti restauri (1995-97), nella controriformata chiesa del Gesù (1568-
1584) in Roma, di una formella in cartapesta nel soffitto della chiesa. Questo la dice lunga circa l’impiego
della cartapesta anche da parte di grandi architetti quali il Vignola.
2
cfr. C.Ragusa, Guida alla cartapesta leccese, Galatina, 1993, p.49 e sgg.
3
cfr. A.Contenti, Nel Regno della Cartapesta..., pp. 283-286.
4
Sono fonfamentali tra gli altri i contributi di L.G.De Simone, La plastica cartacea in Lecce, Trani, 1892;
P.Marti, La modellatura in carta, Tip. Edit. Sal., Lecce,1894; A.Caggiula-Carlucci, La cartapesta in Lecce, in
“Numero Unico per le feste inaugurali nel giugno 1898”, Lecce, 1898; P.Palumbo, Storia di Lecce, Stab.Tip.
Giurdignano, 1910; R.D’Otranto (alias N.acca), Le umili origini di un’arte gloriosa, in “The Italian Review-
Apulia”, a.II, n°8, New York, 1928; N.Vacca, Appunti storici sulla cartapesta leccese, in “Rinascenza
Salentina”, a.II, 1934; G.Palumbo, L’arte della cartapesta, in “ Le Cento citta d’Italia”, fasc. 57,
Ed.Sonzogno, s.a., Milano; E.Rossi-Roìss, Cartapesta & Cartapestai, cit.; A.Contenti, Nel Regno della
Cartapesta...; M.Cazzato, La cartapesta. Origini e sviluppi, in C.Ragusa, Guida alla cartapesta...; C.Ragusa,
Guida alla Cartapesta...
5
Colgo l’occasione per segnalare la pregevole statua di S.Francesco da Paola nella leccese chiesa di S.Anna,
opera originale del maestro P. Letizia; il S.Biagio (1922) nella chiesa di S.Pietro, in S.Pietro Vernotico (Br),
opera di P.Errico e, dello stesso artista, le stazioni della Via Crucis (bassorilievi dipinti), nella chiesetta di
S.Elisabetta in Lecce; la S.Agnese di R.Caretta nella chiesa Matrice di Carmiano (Le).
6
cfr. C.Ragusa, Guida alla cartapesta..., pp. 47-106
7
cfr. F.Lotesoriere-M.Rubino, Le chiese e il patrimonio sacro, a cura della Bibl. Com.unale, v..IIL, t. I,
Latiano,1993., pp. 66-77, pp. 169-197, pp. 260-277, pp. 346-351.
8
cfr. P.Sorrenti, Pittori, scultori, architetti e artisti pugliesi dall’antichità ai nostri giorni, Bari, 1990, p. 353
9
ibidem, p. 448.
10
cfr. F.Nitti-A.Pasimeni, Ferdinando Cellino-Arte sacra in cartapesta nelle chiese di Mesagne, Mesagne,
1995, pp. 22-28. Del Cellino anche il S.Luigi, ora nella chiesa Matrice di Mesagne.
11
cfr. A.Foscarini, Guida storica, Lecce, 1929, pp. 128-130, e M.Cazzato, La cartapesta..., p. 26.
Al Flora anche se non ancora suffragata da alcun documento, mi pare possa essere attribuita la bella statua
raffigurante la S.Cristina (nella chiesetta leccese di S.Elisabetta) che è anche patrona di Gallipoli, città nella
quale il Flora nel novembre del 1907, attrezzò uno studio d’arte e un laboratorio di lavorazione della
cartapesta.
12
cfr. A.Latorre, Le Confraternite di Fasano dal XVI al XX secolo, Schena ed., Fasano, 1993, p. 164
13
ibidem p.195 n.74
14
ibidem p.52
15
cfr. A. Giannaccari, Fasano nella storia e nell’attualità, Schena, Fasano, 1965, p. 84
16
cfr. A.Latorre, Le Confraternite...,p.53 n.74
17
Era in uso nel napoletano modellare le forme dei vestiti usando tela di sacco gessato, che meglio si
prestava a dare movimento e leggerezza alle forme. La stessa soluzione tecnica la ritroviamo nella inedita
statua di S.Rocco (sec. XVIII), opera di notevole fattura conservata nella chiesa della SS. Annunziata in
Leverano.
18
Il costo complessivo del bastone fu di 923 lire e 50 centesimi. Per questa circostanza venne sollecitata la
partecipazione del popolo con una pubblica sottoscrizione che fruttò alla Confraternita di S.Giuseppe 517
lire. Per questa notizia cfr. A.S. Trisciuzzi, San Giuseppe di Fasano. Il Santo-La Confraternita-L’Oratorio,
Schena, Fasano, 1995, p.58.
Occorre inoltre precisare che il S.Giuseppe, in parte, e il Gesù risorto, completamente, sono stati oggetto di
un recente restauro che ne ha travisato la originale cromìa.
19
ibidem p.83
20
Purtroppo l’imprevidente ridipintura della Madonna con Bambino non consente una lettura più
circostanziata dell’opera.

Potrebbero piacerti anche