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SCHEDE: 1/6

1 Ignoto ceroplasta settentrionale fine sec. XVIII - prima metà sec. XIX
San Leonardo da Porto Maurizio
cera colorata (parti anatomiche), stoffa, legno, cm. 167 x 91 x 75 ca.

Per il suo apostolato S.Alfonso de’ Liguori lo definì “ gran ministro del Vangelo”, “celebre e
dotto missionario”. Dal 1708 alla morte predicò quasi ininterrottamente in gran parte d’Italia.
(Bibliotheca Sanctorum, v.2, pp.1210, 1213) Questa sua attività ne ha ispirato l’iconografia,
dove generalmente è raffigurato col crocifisso sul petto o in mano. (A.Cattabiani, Santi
d’Italia, Rizzoli, Milano, 1993, p.600) Il modello ostunese appare molto somigliante ad un
ritratto conservato nel convento di S.Bonaventura al Palatino in Roma, nella stanza in cui il
Santo morì il 25 novembre del 1751. Il forte realismo espressivo del simulacro di
S.Leonardo, eseguito a grandezza naturale, è dovuto, oltre che all’atteggiamento,
all’espressione del volto, che lo vede ritratto con lo sguardo rivolto al cielo, la fronte
corrugata e la bocca semiaperta, quasi in procinto di parlare. Il tutto accentuato dalla quasi
crudezza nei particolari e dalle forti intensità coloristiche delle sfumature, che esaltano la
singolare verosimiglianza con una carnagione non più giovanile, e dall’uso di indumenti veri
(quest’ultimo espediente conferma la tradizione illusionistica della ceroplastica, preferita in
passato per ottenere simulacri molto vicini al vero). Opera pregevole e di grande effetto
rivela, ad una ancor più attenta osservazione, la ricerca quasi maniacale da parte
dell’esecutore di un realismo esasperato, che si evidenzia ancor più nella resa scrupolosa
dell’epidermide, nella smozzicatura dell’unghia trasandata, nel cranio rasato e nella crescente
barba, riprodotta pelo per pelo (a tal fine alcuni ceroplasti non esitavano ad utilizzare
addirittura unghie e capelli veri; vedi il ritratto in cera di Luigi XIV di Antoine Benoist 1632-
1717, conservato nel museo di Versailles). La statua risulta più volte citata nei documenti
d’archivio ed è insieme alla originale base decorata, conservata integralmente.
Per quel che riguarda l’iconografia del S.Leonardo ostunese è convinzione di chi scrive che la
mano sinistra reggesse originariamente lo strumento di autoflagellazione o “disciplina”
attualmente legato alla cintola, per simboleggiare il motto del Santo: “Patire e amare”.
(Opere, Venezia, 1868-69, v.5, p.335)
S.P.P.

Bibliografia:
ASCO, Archivio post-unitario, cat. 7, cl.V, b.89, f. 14.
ACPO, f. 23, 2 giugno 1908.
Archivio Parrocchiale della SS.Annunziata, Libro delle Conclusioni della Confraternita dello
Spirito Santo per l’anno 1914, pp.242-245.
2 Ignoto scultore meridionale del XIX secolo
San Francesco d’Assisi
cartapesta e legno dipinti, cm. 173 x 78 x 65 ca.

In un affresco della Basilica inferiore di Assisi, Cimabue raffigurò San Francesco piccolo di
statura, con i capelli scuri, la barba rada e nera, piuttosto magro, e con le dita lunghe mentre
mostra le stimmate ricevute sul monte della Verna. Altre raffigurazioni lo rappresentano con
le stimmate, il saio grigio, diventato poi nero o marrone, la corda bianca con i tre nodi
simboleggianti i voti di obbedienza, povertà e castità, un libro in mano e la croce.
(A.Cattabiani, Santi d’Italia, Rizzoli, Milano, 1993, pp.390, 394) Il simulacro della
SS.Annunziata ostunese è raffigurato con il saio marrone, la corda legata alla cintola e ad essa
appeso il rosario, le stimmate alle mani e ai piedi e una ferita sanguinante sul costato, così
come il Cristo, in atto di estatica contemplazione del Crocifisso, tenuto tra le mani.
Riconducibile alla prima metà dell’Ottocento, il S.Francesco ostunese conserva i colori
originali. Le estremità, in legno, sono di mediocre fattura. L’intera figura, seppur imprigionata
nel paludato saio, risulta ben proporzionata e rimanda per tecnica esecutiva, alle numerose
statue realizzate in legno e cartapesta sparse sul territorio. Valgono come esempio quelle
presenti nella chiesa dell’Immacolata di Latiano, opere dello scultore ostunese Giuseppe
Greco, particolarmente attivo in area brindisina durante la metà dell’Ottocento. (Le Chiese e
il Patrimonio Sacro, a cura della Biblioteca Comunale di Latiano, Latiano, 1993, v.3, pp. 260-
271 e passim) Tuttavia, la presenza in Ostuni di altri artisti, alcuni provenienti da Napoli, (A.
Latorre, Le Confraternite di Fasano dal XVI al XX secolo. Prime indagini
sull’associazionismo laicale, Fasano, 1993, p.53 n.74) ci obbliga alla cautela, non fosse altro
che per alcune caratteristiche comuni. La statua risulta citata nei documenti d’archivio,
sempre collocata sull’altare intitolato al Santo.

S.P.P.

Bibliografia:
ASCO, Archivio post-unitario, cat. 7, cl.V, b.89, f. 14.
ACPO, f. 23, 2 giugno 1908.
3 Ignoto cartapestaio salentino del XIX secolo
Crocifisso
cartapesta e argilla dipinta, cm. 47 x 39 x 7.5 ca.
croce in legno dipinto, cm. 114 x 49,5 x 1,5

Il Gesù Crocifisso, raffigurato spirante sulla croce, è databile alla prima metà dell’Ottocento.
Le evidenti sproporzioni del simulacro, particolarmente ravvisabili nella testa realizzata in
argilla, autorizzano l’attribuzione dell’opera a un aiuto di bottega o a mano poco esperta. Il
Crocifisso conserva ancora intatta l’originaria cromìa, ma necessita di un intervento di
restauro e pulitura. Non risulta citato in alcun documento.

S.P.P.
6 Gallucci Cesare (1899-1980)
Angioletti adoranti (n°4)
cartapesta dipinta, cm. 58 x 44 x 25 ca. (perizoma rosso), cm. 60 x 35 x 32 ca.
(per. celeste), cm. 45 x 45 x 30 ca. (per. verde), cm. 47 x 25x 30 ca. (per. oro).
Iscrizioni: Scultore Cesare Gallucci/e figli/Lecce-Viale Taranto 31/Italia

I quattro Angioletti adoranti, realizzati dal maestro leccese tra gli anni Trenta-Quaranta, quasi
sicuramente facevano parte di un apparato liturgico-devozionale. Infatti, le posture degli
stessi lasciano intuire quest’impiego. Ancora oggi statue o gruppi di notevoli dimensioni
vengono attorniati da angioletti librati in aria o sistemati ai piedi delle statue, creando così dei
veri e propri apparati, in special modo durante la celebrazione di importanti eventi religiosi.
Di discreta fattura, realizzati seguendo le antiche tecniche di lavorazione della carta,
denunciano l’apprendistato dell’artista presso la bottega di G. Malecore, al quale, con queste
opere, risulta legato nei modelli compositivi. Nonostante l’etichetta reperita alla base di due
di essi confermi la presenza in bottega dei figli Attilio e Carmelo, attribuisco l’intera paternità
dei soggetti al padre Cesare. L’attribuzione esclusiva è suffragata dal fatto che, durante la
permanenza della bottega in viale Taranto, i figli Attilio e Carmelo erano poco più che ragazzi
e ancora in procinto di intraprendere l’attività paterna. Gli Angioletti conservano tutti la
cromìa originale, ma hanno bisogno di un tempestivo intervento di restauro. Nessuna notizia
ci è pervenuta dai documenti d’archivio.

S.P.P.
5 Ignoto cartapestaio salentino seconda metà sec. XIX - prima metà del sec. XX
Gesù (frammento)
cartapesta dipinta, cm. 26 x 20 x 15 ca.

Le proporzioni della testa del Gesù lasciano intuire le reali dimensioni della statua. In via
ipotetica, potrebbe trattarsi della testa del Cristo risorto, menzionato più volte nei documenti
d’archivio, opera andata distrutta in epoca imprecisata e mancante alla dotazione patrimoniale
della chiesa. La fattura e le tecniche di realizzazione rivelano l’acquisita perizia dei processi
di lavorazione della carta, ma l’anatomia, l’espressività del volto e la cromìa denunciano
risultati plastici piuttosto mediocri.

S.P.P.

Bibliografia:
ASCO, Archivio post-unitario, cat. 7, cl.V, b.89, f. 14.
ACPO, f. 23, 2 giugno 1908.
4 Ignoto cartapestaio meridionale seconda metà sec. XIX - prima metà sec. XX
Santi Cosma e Damiano
cartapesta e argilla dipinte
a) S.Cosma, cm. 42 x 20 x 11 ca.
b) S.Damiano, cm. 41 x 21 x 9 ca. (privo dei dati iconografici)

Nella basilica romana dei Santi Cosma e Damiano vi è la più antica rappresentazione (VI
sec.) dei due santi gemelli, medici a Egea in Cilicia. Essi venivano detti “anargiri” cioè senza
denaro, perchè praticavano la medicina senza chiedere compensi. Entrambi, con barba e baffi,
sono rappresentati con il borsello da medico al braccio e nelle mani la corona d’alloro dei
martiri. In epoca rinascimentale l’iconografia di Cosma e Damiano si arricchì di nuovi
attributi. Oltre ai mutati indumenti fanno la loro apparizione, nelle mani dei medici, gli
strumenti della professione: la cassetta da chirurgo, il mortaio da farmacista, la scatola degli
unguenti ecc. (A.Cattabiani, Santi d’Italia, Rizzoli, Milano, 1993, pp.293-295) I tratti
somatici con cui i Santi taumaturghi della SS.Annunziata sono stati rappresentati, risultano
differenti dalla iconografia del VI secolo e più vicini a quella di epoca rinascimentale,
maggiormente diffusa. Essi sono rappresentati col volto giovanile e imberbe, indossano larghi
calzoni infilati negli stivali e su di essi una tunica, riccamente decorata e semiaperta sul
davanti, terminante a mezza gamba, secondo la moda orientaleggiante. Ampi mantelli rossi
sono appoggiati sulle spalle ed hanno, lungo i lembi, ricche applicazioni dorate. Queste
aggraziate statuine, ad un analisi più attenta, non appaiono tuttavia perfettamente
proporzionate. Probabilmente di fattura napoletana, possono essere considerate esempi di
statuaria definita con “decorazione ricchissima” secondo la classificazione usata nel
commissionare le opere. Pur conservando ancora intatta l’originaria cromìa, le statuine
necessitano di un tempestivo intervento di restauro e pulitura. Non risultano citate in alcun
documento.

S.P.P.

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