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Il proprietary deal flow

di Daniele Pilchard

capitolo estratto dal libro:

(seconda edizione: luglio 2006)

Il proprietary deal flow


di Daniele Pilchard

In questo capitolo si cercher, per quanto possibile, di tradurre in considerazioni metodologiche lesperienza operativa sul campo nellattivit di ricerca e selezione di opportunit di investimento, in particolare nei confronti delle medie imprese familiari. Nel mondo del private equity, il termine deal flow indica il flusso di opportunit di investimento che giungono allattenzione dellinvestitore attraverso vari canali, i quali devono essere costantemente alimentati da unattivit di marketing e origination dove contano molto la professionalit, lesperienza e la rete di contatti. Per comprendere limportanza di tale aspetto, opportuno in primo luogo descrivere larena competitiva nella quale si muovono gli investitori istituzionali nel capitale di rischio.

2.1

Il mercato del private equity

Il nuovo scenario in cui si trovano oggi a operare gli intermediari finanziari la risultante di diverse forze di cambiamento originatesi dalla globalizzazione dei mercati, dagli sviluppi delleconomia reale e dallorientamento delle autorit governative e monetarie verso una politica di progressiva deregolamentazione. In due decenni il private equity, da semplice comparsa e asset class marginale, emerso come uno dei protagonisti dei mercati finanziari e si stima che attualmente circa il 20 per cento in valore delle transazioni di M&A siano originate dal private equity. Anche se il ridimensionamento dellintero comparto delle aziende hightech legate a Internet nel 2000 e la pi generale crisi dei mercati borsistici internazionali nel 2001 aveva imposto una pausa di riflessione anche al settore del private equity, seppure esso sia meno sensibile alle variazioni congiunturali di breve periodo e tradizionalmente pi legato ai fondamentali delleconomia, negli ultimi anni lo stock di capitali disponibili per operazioni di private equity aumentato in maniera quasi esponenziale. Al momento

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della revisione di questo capitolo (marzo 2006) le stime vedono il 2005 come un anno boom per la raccolta di nuovi capitali (il cosiddetto fund raising) per una somma record di 261 miliardi di dollari a livello mondiale, di cui 44 miliardi raccolti da soli sei mega-fund sul totale di 479 nuovi fondi censiti1. Tale fenomeno, trainato dal proliferare di veicoli di investimento diretti quali i fondi chiusi, indiretti come i fund-of-funds e fenomeno pi recente dallaffacciarsi su questo mercato anche degli hedge fund, ha ricevuto una straordinaria spinta propulsiva dalla poderosa liquidit presente sui mercati finanziari e dal sempre maggiore interesse da parte di fondi pensione, banche, assicurazioni ecc. per lasset class rappresentato dal private equity. In presenza di tassi reali prossimi allo zero per impieghi a basso profilo di rischio, tali investitori istituzionali hanno infatti lesigenza di diversificare lallocazione degli ingenti portafogli in gestione e sono alla ricerca di strumenti innovativi per comporre una gestione complessa di portafoglio. I rendimenti molto soddisfacenti che i migliori gestori di fondi chiusi hanno saputo realizzare (il cosiddetto track record) hanno inoltre autoalimentato il processo, richiamando linteresse di nuovi investitori istituzionali attraverso il lancio in successione di fondi aventi dimensioni sempre pi consistenti. Per meglio caratterizzare il mercato e le diverse specializzazioni degli operatori inoltre opportuno distinguere i quattro principali settori di intervento degli investitori nel capitale di rischio: le operazioni di leveraged buy-out, cio le acquisizioni del controllo attraverso lutilizzo della leva finanziaria (alle quali si stima siano attualmente destinati il 65-70 per cento dei capitali disponibili), le operazioni di expansion (minoranze), il venture capital (start-up/early stage) e le ristrutturazioni (turnaround/ special situations). In Italia la liquidit disponibile per investimenti, da parte dei soli fondi italiani, era di 4,9 miliardi di euro a fine 20052. Se consideriamo anche i fondi paneuropei (che possono destinare, su base opportunistica, una quota del 5-10 per cento dei capitali a investimenti in Italia) e gli investitori captive (per esempio le banche), lordine di grandezza della liquidit complessiva potenzialmente disponibile di 10 miliardi di euro (una somma che potrebbe lievitare fino a 40 miliardi tenendo conto della leva finanziaria). In Europa nel 2005 lammontare di risorse investite da fondi chiusi, merchant bank e finanziarie di partecipazione in imprese non quotate ha raggiunto il record di 43 miliardi di euro (vedi Tab. 2.1) mentre si registrata

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Fonte: Private Equity Intelligence. Fonte: AIFI PriceWaterhouseCoopers.

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Tabella 2.1 Private equity in Europa: raccolta e investimenti negli anni 2002, 2003, 2004 e 2005 (in milioni di euro)
2002 Raccolta UK Francia Germania Spagna Olanda Svezia Italia Danimarca Norvegia Belgio Svizzera Finlandia Portogallo Austria Polonia Ungheria Irlanda Rep. Ceca Grecia Slovacchia Islanda Totale Europa 14.201 4.799 1.644 640 1.195 642 1.996 301 347 125 209 720 72 177 119 12 201 49 66 7 12 27.534 Investim. 10.385 5.851 2.506 968 1.722 1.468 2.626 242 201 360 312 456 69 146 118 17 105 35 45 3 13 27.648 27.021 29.095 27.451 36.921 59.500 43.000 2003 Raccolta 14.991 2.038 1.191 879 2.052 2.151 1.937 211 317 212 351 150 125 164 26 40 60 94 29 3 Investim. 13.539 4.246 2.481 1.337 1.092 1.015 3.034 414 276 304 223 441 116 113 133 34 255 13 26 3 2004 Raccolta 10.057 2.411 1.983 1.577 3.207 3.651 1.663 536 560 564 176 221 248 122 304 109 47 5 5 5 Investim. 19.086 5.227 3.766 1.967 1.659 1.622 1.480 395 308 298 272 223 161 141 130 96 61 20 5 4 1.345 3.065 2005* Raccolta Investim.

* Dettaglio raccolta / investimenti per paese al momento non disponibile.

Fonte: EVCA European Venture Capital Association

una ripresa, anzi un vero boom del fund raising con una raccolta record di 59,5 miliardi di euro3. Tutte le analisi concordano nel ritenere che in Europa vi siano notevoli potenzialit di sviluppo per il mercato del capitale di rischio. comunque un dato di fatto che attualmente si registri, per effetto della massiccia liquidit disponibile e del fenomeno di autoalimentazione prima evidenziato,
3

Fonte: EVCA/Thomson Financial/PricewaterhouseCoopers.

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Figura 2.1 Media dei multipli* per transazioni LBO in Europa


8,0

7,5

7,0

6,5

6,0 1997 1998 * Enterprise value/EBITDA. Fonte: JP Morgan 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

una sovrabbondanza di capitali rispetto alle opportunit di investimento interessanti ed effettivamente realizzabili. Pertanto lofferta di capitali rischia di anticipare un po troppo la domanda, la quale stenta a tradursi da potenziale a effettiva. Leccesso di offerta, alimentato anche dalla disponibilit delle banche a finanziare operazioni di leveraged buy-out con multipli Debt/EBITDA sempre pi aggressivi (media europea di 5,6 volte lEBITDA nel 2005 rispetto a 4,6 nel 2004 e al minimo di 4,2 nel 20024) sta quindi provocando un inevitabile effetto inflazionistico sui prezzi delle aziende acquisite, come appare evidente nel grafico di Fig. 2.1. Anche in Italia il potenziale del private equity elevato, in diretta conseguenza della necessit di accelerare lo sviluppo internazionale delle aziende familiari e di risolvere, in casi frequenti, problemi di ricambio generazionale o situazioni di conflitto tra soci. Nel nostro paese la cultura finanziaria allinterno delle aziende in fase di rapida evoluzione e si avviato il processo di sensibilizzazione della struttura imprenditoriale verso modelli pi simili a quelli dei paesi industriali avanzati, con particolare riferimento a un rapporto pi equilibrato tra mezzi propri e mezzi di terzi e alle esigenze di trasparenza che lapertura al mercato comporta, con particolare riferimento allimplementazione di sistemi di corporate governance idonei ad assicurare un adeguato controllo sulle attivit aziendali.
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Fonte: Standard & Poors.

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Permane tuttavia una certa diffidenza da parte delle aziende a conduzione familiare nellaprire il capitale a soci finanziari. Infatti, tanto pi gli imprenditori vedono in queste operazioni il rischio di una perdita del controllo e dellidentificazione con limpresa, tanto meno sembrano propensi a lasciarsi avvicinare da eventuali investitori che, avendo lesigenza di monetizzare linvestimento nel medio periodo, pongono anche precise condizioni contrattuali per il disinvestimento. Anche se gli imprenditori non hanno generalmente una visione chiara sul ruolo degli operatori di private equity e manifestano una certa diffidenza nellavvicinarli, comunque destinata a crescere la domanda di capitale di rischio e di accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese pi dinamiche e innovative, con il conseguente ampliamento delle attivit e delle opportunit per gli intermediari finanziari, sia in termini di servizi, sia in termini di intervento diretto nel capitale. Tale processo potr registrare unaccelerazione se favorito anche da una normativa fiscale destinata a incentivare la capitalizzazione delle imprese. In tale scenario, destinato a diventare sempre pi competitivo, caratterizzato da un numero crescente di operatori sempre pi specializzati e dal costante incremento dello stock di capitali disponibili, un elemento essenziale per il successo la capacit di scouting, cio di individuare le migliori opportunit di investimento prima che siano visibili anche dalla concorrenza, evitando per quanto possibile le aste competitive (procedura di vendita pi idonea alle privatizzazioni e alle dismissioni da parte dei fondi, mentre presenta controindicazioni se loggetto della cessione unazienda familiare).

2.2

Schematizzazione del processo di finalizzazione del deal

Il processo di finalizzazione del deal pu essere idealmente scomposto in tre fasi: origination implementation closing questo, peraltro, uno schema universale, che pu essere applicato sia per analizzare lo svolgimento di ogni attivit professionale e imprenditoriale che abbia finalit di tipo economico, sia per schematizzare quei comportamenti relazionali che hanno lo scopo di raggiungere obiettivi di tipo sociale, politico ecc. Le tre fasi operano anche una distinzione di tipo concettuale, utile a definire quali sono gli atteggiamenti pi idonei da assumere nelle varie fasi del processo, a individuare le attitudini caratteriali e la vocazione dei singoli

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individui. Cambiano infatti gli atteggiamenti e le capacit richieste al variare delle tre fasi: a. nella fase di origination: atteggiamento curiosit/disponibilit (capacit: relazionali) Individuare unopportunit interessante selezionandola tra tante altre, tentare lapproccio, vincere la diffidenza della controparte, farsi accettare, distinguersi, vincere la concorrenza, far s di essere scelti, enfatizzare i vantaggi per la controparte, guadagnare la sua fiducia; b. nella fase di implementation: atteggiamento critico/prudenziale (capacit: analitiche) Studiare e valutare la controparte, ottenere pi informazioni possibili, intuire le sue intenzioni, studiare i punti di forza e di debolezza, valutare il proprio potere contrattuale; c. nella fase di closing: atteggiamento negoziale (capacit: negoziali) Esporre le proprie esigenze, fare accettare alla controparte le proprie condizioni, massimizzare il rapporto benefici/costi, fare il proprio tornaconto. Cambiano pertanto le attitudini caratteriali e le vocazioni professionali che si mostrano pi adatte nelle varie fasi del processo: alla vocazione commerciale (luomo di marketing) segue quella analitica (lanalista) e poi quella negoziale (il negoziatore). Traducendo lo schema in termini organizzativi, in una piccola struttura la stessa persona necessariamente deve ricoprire anche contemporaneamente i tre ruoli, mentre in una struttura pi ampia si potrebbe pensare a una maggiore segmentazione e specializzazione in base alle caratteristiche professionali e alle attitudini caratteriali, in particolare per la fase di origination (ricerca e selezione delle opportunit di investimento). Nellattivit di merchant banking un bravo professionista deve comunque saper gestire con competenza le tre fasi del processo, facendosi eventualmente assistere da consulenti esterni quando necessitano pareri specialistici (in particolare nella fase di closing indispensabile lassistenza di un legale per gli aspetti contrattuali).

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2.3

La ricerca delle opportunit di investimento

Nel settore degli investimenti nel capitale di rischio lorigination, cio la creazione di un flusso costante di opportunit di investimento, rappresenta un fattore chiave per avviare il processo. In particolare nella gestione di un fondo chiuso la fase di origination si concentra ed esaurisce nei primi tre-quattro anni di vita del fondo (il cosiddetto investment period). Poich la cattiva semina pregiudica il buon raccolto anche se le condizioni climatiche sono favorevoli, sottovalutare limportanza dellorigination, senza dedicare a questa fase adeguate risorse professionali aventi attitudini e competenze specifiche confidando solo nella rete di conoscenze e contatti esterni (o, per linvestitore di emanazione bancaria, nella rete di sportelli e di rapporti commerciali con le aziende clienti della banca), rischia di compromettere non solo la quantit, ma soprattutto la qualit e lesclusivit del deal flow. Inoltre, nel nostro paese al contrario che negli Stati Uniti le inefficienze informative sono ancora elevatissime. Mancando infatti dei referenti naturali per il finanziamento delle operazioni di private equity, i piccoli e medi imprenditori, che pure abbiano sviluppato delle iniziative valide, per esempio sotto il profilo tecnologico o dellinnovazione, non sanno normalmente a chi rivolgersi (eccezion fatta per lo sportello bancario sotto casa) e questa condizione di per s scoraggia lofferta di progetti innovativi. In Italia, in particolare per quanto riguarda le operazioni di private equity nei confronti di medie imprese, non esiste un forte mercato dellM&A e sono praticamente assenti consulenti e intermediari specializzati in questo tipo di operazioni. Pertanto gli operatori non possono normalmente contare su un flusso di offer documents professionalmente predisposti, com invece consuetudine nei mercati statunitense e anglosassone, dove operatori di M&A e intermediari qualificati affiancano e assistono le aziende nellelaborazione del business plan e nella predisposizione della documentazione secondo gli standard richiesti dagli investitori finanziari, facilitando in tal modo lincontro tra domanda e offerta. In Italia gli investitori in private equity devono piuttosto affidarsi alle capacit di origination interne (il cosiddetto proprietary deal flow) e sviluppare una rete di intermediari/consulenti piuttosto informale e diversificata, dove non inconsueto avere a che fare con mediatori/segnalatori professionalmente poco qualificati, interessati a incassare una commissione di intermediazione, senza apportare valore aggiunto.

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2.4

La gestione delle fonti esterne

Le fonti esterne (operatori di M&A, intermediari, consulenti, commercialisti, avvocati, altri professionisti, la rete commerciale della banca ecc.) rappresentano il flusso di opportunit proveniente spontaneamente e disordinatamente dal mercato. Lapproccio necessariamente di tipo opportunistico. Rappresentano la fonte principale di nuove opportunit, caratterizzata per da: casualit; qualit generalmente scadente; operazioni spesso gi note tra gli addetti ai lavori; su quelle buone (poche) c, in genere, bagarre.

Vanno pertanto affinate le tecniche di selezione allingresso (griglie), al fine di evitare uneccessiva casualit e dispersione su operazioni di scarso interesse o non rientranti nelle strategie di investimento. Le fonti esterne vanno pertanto adeguatamente selezionate, istruite, indirizzate, motivate e gestite. In estrema sintesi, la qualificazione e il follow-up della rete di corrispondenti pu avvenire: informandoli sulle tipologie e le priorit di operazioni interessanti per gli investimenti (griglia di selezione); garantendo, se il caso, un coinvolgimento professionale nelloperazione (al di l di una mera logica da segnalatori/intermediari); dando comunque un riscontro sollecito alle loro segnalazioni anche in caso di non interesse (che va in ogni caso motivato); effettuando un follow-up sistematico sui professionisti pi qualificati (ci crea anche una buona immagine, soprattutto in provincia); attuando azioni promozionali mirate (seminari, convegni); cercando di essere i primi della lista (rapporto non esclusivo ma almeno preferenziale).

2.5

Lo scouting diretto

Lattivit di scouting diretto finalizzata a generare un proprietary deal flow di qualit e, per quanto possibile, esclusivo. Le strategie di scouting devono essere ovviamente coerenti con le politiche di investimento. In altre parole, sin dalla fase di origination lapproccio ben diverso se gli obiettivi di investimento sono operazioni di buy-out o di early-stage/expansion.

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Se, per esempio, le politiche di investimento sono indirizzate su operazioni di buy-out di aziende di grandi dimensioni e sulle privatizzazioni, sar fondamentale unazione di sviluppo ad alto livello sui canali istituzionali. Sar quindi indispensabile possedere unimmagine professionale e un track record di prestigio, essere dotati di capacit diplomatiche e lobbistiche, essere introdotti negli ambienti che contano, aver costruito nel tempo un patrimonio di contatti con i decision maker istituzionali e politici, perch questo tipo di operazioni generalmente condotto attraverso alleanze, partecipazioni a cordate, scambi di favori. Nelle pagine che seguono ci si soffermer invece sullattivit di origination per operazioni di early-stage/expansion o buy-out nei confronti delle piccole e medie imprese familiari, che rappresentano la grande opportunit di sviluppo per il private equity in Italia. Non si tratta semplicemente di incrociare i dati dei vari database disponibili e di raccogliere le segnalazioni pervenute al fine di predisporre a tavolino una lista di aziende e di nomi da contattare. Sono importanti lintraprendenza e la professionalit nellapproccio, la capacit di convincere e di costruire con la controparte un rapporto di fiducia basato sulla comprensione delle aspettative e la condivisione degli obiettivi, la creativit nel proporre soluzioni e nel sapersi inventare le operazioni, la sensibilit di intuire le potenzialit di sviluppo di unazienda e le qualit imprenditoriali di chi la gestisce (o di chi la gestir, nelle operazioni di management buy-out), ancor prima di effettuare le opportune verifiche in sede di due diligence. inoltre importante la conoscenza del territorio e delle sue regole, anche comportamentali, e quindi la presenza sul campo. Questo il motivo per cui i maggiori operatori stranieri interessati ad avviare politiche dinvestimento in Italia nel segmento del middle-market, rappresentato quasi esclusivamente dalle aziende familiari, hanno deciso di costituire strutture domestiche dedicate assumendo management italiano. Alcuni dei vantaggi/caratteristiche dello scouting diretto sono: lanalisi preliminare effettuata a tavolino in base alle politiche dinvestimento predefinite, consente di identificare in modo selettivo una rosa di aziende target che, almeno sulla carta, possiedono i requisiti primari desiderati; da ci deriva che il flusso di opportunit generato dallattivit di scouting diretto generalmente di buona qualit; laffinamento della capacit di scouting consente di scoprire opportunit interessanti ma sconosciute perch poco appariscenti o giovani, prima che siano visibili anche dalla concorrenza; consente di stimolare linteresse di imprenditori che altrimenti non

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avrebbero contattato in modo autonomo un investitore istituzionale (limprenditore si sente scelto), colmando il gap informativo tipico di un mercato ancora poco evoluto come quello italiano; permette di scavalcare gli intermediari e rende quindi pi facile stabilire una relazione personalizzata e costruire un rapporto di fiducia con limprenditore e/o la propriet; una semina di medio-lungo periodo che consente di costruire nel tempo un serbatoio di opportunit e di capitalizzare/valorizzare il proprio patrimonio contatti, consolidando il proprietary deal flow; indispensabile per implementare progetti specifici (approccio sistematico) come richiesto, per esempio, nelle strategie di investimento buyand-build o nella gestione di fondi chiusi specializzati; permette il cross selling di altri servizi (corporate finance, M&A, consulenza aziendale ecc.).

2.6

La selezione delle opportunit di investimento

Lattivit di origination comporta un notevole impegno di tempo e di risorse, essendo il capitale di rischio per sua natura estremamente selettivo ed elitario nelle scelte dinvestimento. In particolare nelle operazioni di early-stage, expansion o di buy-out su aziende familiari di piccole e medie dimensioni, il capitale di rischio si indirizza verso un target ristretto di aziende particolarmente innovative e brillanti, con livelli attesi di crescita e di redditivit notevolmente superiori alla media. Il tasso di mortalit delle operazioni in ingresso, vale a dire delle opportunit scartate rispetto agli investimenti effettivamente realizzati, quindi molto elevato (vedi Figg. 2.2 e 2.3). Per alimentare il processo pertanto necessario poter disporre di un adeguato serbatoio di opportunit che deve essere costantemente rifornito. tuttavia opportuno, al fine di evitare dispersioni di tempo e di risorse professionali su opportunit di scarso interesse, effettuare una preselezione sin dalla fase di origination, non solo in base a criteri dimensionali o alla tipologia di operazioni, ma avendo ben presenti i principali fattori chiave di successo nellattivit di private equity, che in estrema sintesi sono: capacit e qualit dellimprenditore/management (al primo posto); settore e posizionamento dellazienda target; validit e attendibilit del business plan (essenziale nelle operazioni di expansion e ventura capital); prezzo di ingresso; modalit/tempestivit del disinvestimento (way out).

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Figura 2.2 La selezione delle opportunit dinvestimento: lesperienza USA Nellesperienza degli Stati Uniti si stima che su 100 business plan sottoposti per proposte di investimento

60% delle proposte sono scartate quasi subito

25% sono scartate dopo unanalisi pi approfondita

15% sono analizzate in dettaglio, ma il 10 per cento di queste sono scartate a causa di dubbi e perplessit riguardanti il business plan e/o la qualit del management, quindi solo

5 business plans su 100 rappresentano interessanti opportunit di investimento, e solo

3 business plans su 100 sono oggetto di effettivo investimento.

Fonte: Pratts Guide to Venture Capital Sources

Figura 2.3 La selezione delle opportunit dinvestimento: un caso italiano Attivit di investimento della SOPAF SpA negli anni 1990-94

Deals esaminati: n. 522 (100 per anno circa)

Investimenti realizzati: n. 16 (3,2 investimenti/anno)

Percentuale di investimenti realizzati rispetto alle pratiche esaminate: 3,07%

Fonte: interna

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In conclusione, in un mercato dove la competizione si sta facendo rovente e i capitali disponibili per operazioni di private equity scottano nelle (capienti) tasche degli investitori alla caccia di buone opportunit di investimento (che, nonostante le potenzialit del mercato, restano una risorsa scarsa), molto difficilmente il bravo imprenditore con un buon progetto prender liniziativa di bussare alla porta dellinvestitore e quindi la capacit di generare un proprietary deal flow di qualit emerger sempre pi come fattore critico di successo. inoltre opportuno sottolineare che per essere competitivi nel segmento delle medie imprese familiari, gli investitori nel capitale di rischio devono essere in grado di offrire non solo finanza, ma anche competenze professionali. destinata infatti a diventare sempre pi marcata la distinzione tra operatori aventi un expertise puramente finanziario/contrattuale (come nelle operazioni di buy-out e turnaround) e chi invece sapr presentarsi in una veste pi creativa e collaborativa, apportando oltre al capitale di rischio un valore aggiunto strategico a supporto dello sviluppo, in affiancamento allimprenditore. Loperatore di private equity pu essere infatti paragonato al navigatore di un pilota di rally. Tutti gli imprenditori hanno la patente, ma linvestitore nel capitale di rischio deve sapere individuare il campione, il potential winner. Oltre a fornire le risorse per finanziare la preparazione della macchina e la partecipazione al campionato, linvestitore deve saper rischiare al fianco del pilota, confidando nelle sue capacit di guida e stabilendo un rapporto di reciproca fiducia. Deve saper dare suggerimenti sulla strategia da seguire in corsa, indicazioni sul percorso e sulla difficolt delle curve, incitandolo e spronandolo a spingere al massimo, condividendo rischi e successi.

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