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PER TUTTI

RENDIMENTO E RISCHIO

Raffaele Fiocco
.
Raffaele Fiocco

INVESTIMENTI:
RENDIMENTO E RISCHIO
ECONOMIA PER TUTTI
N° 6 Investimenti: rendimento e rischio
Di Raffaele Fiocco

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I QUADERNI DE LA GAZZETTA DELLO SPORT – Anno 29


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INDICE

Prefazione 7
Investimenti:
rendimento e rischio 13
Bibliografia 97
.
PREFAZIONE
DI ALESSANDRA BONFIGLIOLI

Le famiglie italiane hanno risparmiato


in media quasi un quinto del loro reddi-
to disponibile annuale durante la pan-
demia. Malgrado questo tasso di rispar-
mio sia di recente tornato al suo livello
precrisi, tra il 10 e l’11 per cento, la ric-
chezza accumulata negli ultimi anni è
significativa. Circa un terzo di questi
capitali è detenuto in attività liquide,
come i conti correnti o i depositi banca-
ri, che tipicamente rendono molto poco
– quando non rappresentano addirittu-
ra un costo netto. In tempi di inflazio-
ne elevata, il valore reale di queste atti-

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ECONOMIA

vità patrimoniali viene eroso in maniera


significativa da un anno all’altro: 10.000
euro tenuti sul conto corrente da marzo
2022 saranno in grado, a marzo 2023,
di comprare l’equivalente di ciò che co-
stava 8.800 euro a inizio periodo, data
un’inflazione del 12 per cento. Diventa
quindi fondamentale impiegare i nostri
risparmi in modo da preservare, se non
incrementare, il loro potere d’acquisto
nel tempo. Ma come orientarsi tra gli
innumerevoli investimenti disponibili,
in particolare quelli finanziari, per sce-
gliere quello che fa al caso nostro?
Probabilmente, l’espressione «investi-
menti finanziari» fa accendere in molti
di noi una lampadina di allarme che ci
allerta contro il rischio. Al contrario, per
altri può richiamare immagini cinema-
tografiche con al centro Michael Dou-
glas o Leonardo Di Caprio nei panni
di spregiudicati tycoon – magnati – del-
la finanza. Comunque sia, l’immagina-
rio collettivo lega gli investimenti finan-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

ziari all’idea di rischio e rendimento. E


lo fa a ragion veduta, poiché questi so-
no due concetti che stanno alla base del-
le decisioni intertemporali in condizioni
di incertezza: gli economisti chiamano
così le «scelte» da compiere, come quel-
le relative agli investimenti.
Lungi dal raccomandare qualunque
forma specifica di investimento finan-
ziario, l’economia ci può invece indica-
re l’approccio da seguire per prendere in
maniera razionale e informata le deci-
sioni in materia. A tal fine è importan-
te prima definire con chiarezza le no-
stre preferenze, i nostri obiettivi, e le
caratteristiche degli strumenti finanzia-
ri a nostra disposizione. Mentre è scon-
tato che vogliamo ottenere il massimo
rendimento possibile, è bene conside-
rare anche altri elementi fondamenta-
li. Che orizzonte temporale abbiamo,
ovvero, quando pensiamo di voler uti-
lizzare il denaro che investiamo oggi?
Ne avremo bisogno tra meno di 5 anni

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ECONOMIA

o contiamo di non utilizzarlo per 10 o


20 anni? Tali interrogativi sono rilevan-
ti perché il profilo temporale dei rendi-
menti può variare significativamente tra
strumenti finanziari diversi.
Quanto rischio siamo disposti ad ac-
collarci? Alcune attività finanziarie ga-
rantiscono la restituzione del capitale
investito e in genere di un certo tasso di
interesse, mentre altre no. Queste ulti-
me possono differire, inoltre, nel grado
di incertezza riguardo a quanto ripaghe-
ranno a scadenza: in certi casi ci si può
limitare a eventuali perdite e guadagni
di piccola entità, in altri si può perdere
tutto ovvero guadagnare più del doppio
della somma iniziale. Oltre al rischio in-
sito all’attività sottostante – per esem-
pio, i profitti di impresa nel caso delle
azioni – gli investitori possono esse-
re esposti anche a quello derivante dal-
la loro informazione limitata sullo stato
dell’attività. La cosiddetta «asimmetria
informativa» infatti può pregiudicare il

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

rendimento dell’operazione – per esem-


pio, perché il management dell’impre-
sa persegue altri obiettivi non dichiarati
né osservabili dal piccolo azionista. L’at-
teggiamento nei confronti del rischio (o
attitudine al rischio) è una caratteristica
personale di ogni individuo, e perciò è
importante conoscere la propria al mo-
mento di scegliere come investire.
Una volta identificati il nostro oriz-
zonte temporale e l’attitudine al rischio,
bisogna conoscere le caratteristiche de-
gli strumenti finanziari a nostra dispo-
sizione. Che rendimento ci si può aspet-
tare da ciascuno di essi durante il nostro
arco temporale preferito, e con quali
scostamenti rispetto alla media (cioè il
grado di rischio)? È necessario lasciare
l’individuazione delle preferenze all’in-
trospezione individuale, ma bisogna an-
che essere informati sugli elementi di-
stintivi di una serie di strumenti – che
vanno dai titoli di Stato alle criptova-
lute, passando per azioni e fondi di in-

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ECONOMIA

vestimento – e sul funzionamento dei


mercati sui quali vengono scambiati.
Risulterà evidente che i titoli con ren-
dimenti più alti sono anche contrad-
distinti da un maggiore rischio. Tutta-
via, la teoria della finanza può aiutarci
a massimizzare la redditività degli in-
vestimenti limitando l’assunzione di ri-
schio.

Acquisire una prospettiva più ampia e


precisa possibile sugli strumenti finan-
ziari a disposizione, sui mercati di scam-
bio e sui rischi connessi è di particolare
rilevanza ai fini delle scelte individua-
li, ma ci permette anche di considerarne
le conseguenze a livello aggregato. Per
esempio, ci porterà a riconoscere come
l’introduzione di forme di investimento
sempre nuove possa costituire un’oppor-
tunità di guadagno, ma anche una fon-
te di maggiori rischi e una sfida per gli
organismi che vegliano sulla stabilità fi-
nanziaria dei Paesi.

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INVESTIMENTI:
RENDIMENTO E RISCHIO

Una panoramica sugli investimenti

Quando decidiamo di investire i nostri


risparmi, ci troviamo di fronte a un nu-
mero di opzioni potenzialmente illimi-
tato. Le scelte di investimento sono in-
nanzitutto dettate da esigenze personali
che riguardano l’orizzonte temporale di
riferimento. Alcuni individui prediligo-
no investimenti a medio-lungo termine
e sono disposti a rinunciare al loro capi-
tale per un po’ di anni, perché non han-
no particolare bisogno di liquidità; altri,
invece, preferiscono investimenti a bre-
ve termine in considerazione di spese

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ECONOMIA

importanti – come l’acquisto di una ca-


sa. Inoltre, le decisioni su come impie-
gare denaro dipendono dall’attitudine
al rischio connesso alla possibilità che
l’investimento non generi il rendimento
che ci si aspettava. Determinati sogget-
ti, infatti, sono più propensi a scegliere
investimenti rischiosi con la prospetti-
va di elevati guadagni futuri, mentre al-
tri risultano più avversi al rischio e pre-
feriscono forme di investimento meno
redditizie ma più sicure. A fronte di una
domanda differenziata di investimento,
esistono molteplici strumenti a disposi-
zione. All’interno delle attività finanzia-
rie, due tipologie molto diffuse sono le
azioni e le obbligazioni.
Le azioni costituiscono quote del ca-
pitale di un’impresa e il loro rendimento
dipende sia dall’andamento della quota-
zione del titolo sia dai dividendi – ovve-
ro una porzione degli utili della società
– distribuiti eventualmente dall’impresa
emittente. Le azioni, però, non garanti-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

scono la restituzione del capitale inve-


stito. Se l’impresa cresce, le azioni au-
mentano di valore e l’investitore può
ottenere cospicui guadagni. Tuttavia, se
l’impresa incontra difficoltà economi-
che, si possono subire perdite talvolta
pesanti.
Le obbligazioni sono emesse da
un’impresa o uno Stato per ottenere pre-
stiti e, diversamente dalle azioni, danno
diritto al rimborso del capitale maggio-
rato di un interesse, normalmente cor-
risposto tramite cedole. Neanche le ob-
bligazioni sono completamente scevre
da rischi, in quanto occorre considerare,
tra le altre cose, la capacità dell’emitten-
te di ripagare i debiti che ha contratto.
A fronte di un maggiore rischio, le azio-
ni possono costituire una forma di inve-
stimento più redditizia delle obbligazio-
ni su orizzonti temporali medio-lunghi.
La distinzione tra azioni e obbligazio-
ni evidenzia come, al fine di selezionare
l’opzione migliore, risulti fondamenta-

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ECONOMIA

le analizzare i parametri di rendimen-


to e rischio di un investimento. Si tratta
di elementi indissolubilmente legati l’u-
no all’altro che, nonostante siano entra-
ti nel lessico quotidiano, meritano alcu-
ni approfondimenti, specialmente nella
situazione attuale caratterizzata da ele-
vata incertezza e tensioni internazionali.

Rendimento di un investimento

L’obiettivo di ciascun investitore è di ot-


tenere un guadagno facendo fruttare il
capitale investito. Il rendimento deri-
vante dall’impiego di denaro rappre-
senta la ricompensa che l’investitore si
aspetta di ricevere in futuro per la ri-
nuncia al consumo nel presente. Per va-
lutare e confrontare investimenti alter-
nativi, ci si può servire di una serie di
indicatori. Uno di quelli più diffusi è il
cosiddetto «ritorno sull’investimento»
(ROI, acronimo di Return On Invest-
ment). Il ROI è calcolato come rappor-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

to tra il guadagno netto (o perdita netta)


dell’investimento e il suo costo. Per ca-
pire meglio il meccanismo, facciamo un
esempio. Supponiamo di acquistare del-
le azioni di una società a un prezzo di
10 euro ciascuna, con un dividendo di 1
euro, e di rivenderle dopo un anno a 11
euro. Il ROI di questo investimento è
pari a (11 + 1 - 10) / 10 = 0,2 o, equiva-
lentemente, 20 per cento per azione. Tra
i vantaggi del ROI vi sono senza dubbio
la sua versatilità e semplicità. Essendo
calcolato in termini relativi, ovvero co-
me rapporto, il ROI consente di classi-
ficare facilmente le diverse opportunità
di investimento in base alla loro reddi-
tività. Tuttavia, non tiene direttamente
in considerazione la durata dell’investi-
mento. Tutti noi preferiremmo un inve-
stimento con un ROI del 20 per cento
su un anno rispetto a un investimen-
to con lo stesso ROI calcolato però su
un orizzonte di 10 anni. Questa sempli-
ce osservazione illustra l’importanza del

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ECONOMIA

concetto di «valore temporale del dena-


ro» (time value of money), in base al qua-
le una data somma oggi vale di più della
stessa domani, perché può essere inve-
stita in prospettiva di un guadagno fu-
turo. L’inflazione esaspera la riduzione
del valore del denaro nel tempo, provo-
cando una diminuzione del potere d’ac-
quisto.
Per investimenti di durata plurien-
nale, invece, uno degli indicatori più
utilizzati è il «tasso annuo di crescita
composto» (CAGR, acronimo di Com-
pounded Average Growth Rate). Il CA-
GR misura il rendimento medio di un
investimento, supponendo che il capita-
le sia reinvestito periodicamente. Esso
si basa sul concetto di «capitalizzazione
composta», secondo il quale gli interes-
si percepiti in ogni periodo non vengo-
no scorporati dal capitale ma generano
essi stessi ulteriori interessi. La formu-
la per il CAGR è abbastanza sempli-
ce: si divide il valore finale dell’investi-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

mento per quello iniziale, si eleva poi


tale rapporto a uno fratto il numero di
anni di investimento, sottraendo uno
dal risultato. La variazione percentua-
le si ottiene moltiplicando il tutto per
100. Per comprendere meglio il concet-
to, immaginiamo di avere investito 50
euro nel 2020 in azioni. Il valore è pri-
ma sceso a 40 euro nel 2021, poi è sa-
lito a 100 euro nel 2022. Dividendo il
valore finale dell’investimento per quel-
lo iniziale otteniamo 100 / 50 = 2. Ele-
vando 2 a uno fratto il numero di an-
ni di investimento (pari a 2, dal 2020 al
2022), si ricava che il CAGR del nostro
investimento è uguale (approssimativa-
mente) a 41,42 per cento. Ciò consente
di misurare l’andamento medio dell’in-
vestimento su un arco temporale plu-
riennale, prescindendo dalle oscillazio-
ni annuali. Nel nostro esempio, infatti, il
tasso di rendimento annuale è negativo,
e pari a -20 per cento dopo il primo an-
no, mentre diventa positivo, e pari a 150

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ECONOMIA

per cento, dopo il secondo anno. Nelle


decisioni di investimento, oltre al ren-
dimento, stanno acquisendo sempre più
rilevanza i cosiddetti criteri ESG (En-
vironmental, Social and Governance), che
riguardano aspetti ambientali, sociali e
di governance dell’azienda, tra i quali la
riduzione dell’inquinamento, l’attenzio-
ne alla parità di genere, nonché l’etica e
la trasparenza. Tali criteri sono alla base
dell’idea di finanza sostenibile.

Rischio di un investimento

In generale, il rischio si riferisce a una


situazione caratterizzata da incertez-
za riguardo a un risultato futuro. In am-
bito finanziario, il rischio consiste nella
possibilità che il rendimento di un in-
vestimento si discosti rispetto alle atte-
se. Quindi, il rischio è essenzialmente le-
gato alla volatilità dei rendimenti. Una
misura comune di rischio è la variabili-
tà dei rendimenti rispetto al loro valore

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

medio. Quando i rendimenti sono certi,


il rischio è assente. In realtà, nessun in-
vestimento è completamente privo di ri-
schi, anche se per alcuni è prossimo allo
zero (risk free). Un investimento in azio-
ni è più rischioso di quello in obbliga-
zioni in quanto i rendimenti delle prime
dipendono dall’andamento economico
della società emittente, mentre le secon-
de offrono interessi il cui pagamento è
prioritario rispetto ai dividendi azionari
e assicurano il rimborso del capitale pre-
stato eccetto in caso di fallimento dell’e-
mittente. Investire in titoli di Stato ero-
gati da Paesi a elevata solidità finanziaria
implica rischi pressoché nulli.
Il processo di selezione del portafo-
glio ottimale delle attività in cui inve-
stire prevede innanzitutto di identificare
l’insieme delle combinazioni efficienti,
che offrono cioè i rendimenti attesi più
elevati a parità di rischio. All’interno di
questo insieme, viene successivamente
individuato il portafoglio più adeguato

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ECONOMIA

a soddisfare le preferenze dell’investitore


sulla base della sua attitudine al rischio.
Considerando due sole attività in cui si
investe, una correlazione positiva tra le
due indica che i loro rendimenti si muo-
vono nella stessa direzione, mentre una
correlazione negativa indica che i loro
rendimenti seguono andamenti oppo-
sti. Un investitore può ridurre il rischio
del proprio portafoglio diversificando
gli investimenti tra attività i cui rendi-
menti sono negativamente correlati. In
questo modo, le perdite su un titolo po-
tranno essere compensate dai guadagni
sull’altro. Consideriamo due imprese, A
e B, i cui profitti (interamente distribui-
ti sotto forma di dividendi) possono es-
sere pari a 100 mila euro o nulli, con una
probabilità del 50 per cento. Essi presen-
tano una correlazione negativa tale che
quando l’impresa A ottiene un profitto
di 100 mila euro l’impresa B registra un
profitto nullo, e viceversa. Se un investi-
tore acquista le azioni solamente di una

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

delle due imprese, percepisce un rendi-


mento pari 100 mila euro con una pro-
babilità del 50 per cento, ovvero un ren-
dimento atteso di 50 mila euro, ma deve
anche accettare il rischio di non riceve-
re nulla. Una diversificazione del porta-
foglio tramite l’acquisto del 50 per cento
delle azioni di ciascuna impresa consen-
te all’investitore di ottenere con certezza
un rendimento di 50 mila euro e, quin-
di, di annullare il rischio perché se l’im-
presa A ottiene un profitto di 100 mila
euro l’impresa B non ottiene nulla, e vi-
ceversa.
Una misura di rischio degli investi-
menti comunemente utilizzata dagli
operatori finanziari è il cosiddetto «va-
lore a rischio» (VaR, acronimo di Va-
lue at Risk), che rappresenta la perdita
massima possibile durante un perio-
do di tempo predefinito (come un gior-
no), con un certo intervallo di confiden-
za statistica. Per esempio, un portafoglio
con un VaR pari a 100 euro calcolato a

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ECONOMIA

un giorno, e con un intervallo di con-


fidenza del 95 per cento, indica che la
perdita massima non sarà superiore a
100 euro a fine giornata, con una pro-
babilità del 95 per cento. Vi è, tuttavia,
una probabilità del 5 per cento che la
perdita massima possa essere maggiore
di 100 euro.
Risulta importante identificare i di-
versi tipi di rischio a cui si può essere
esposti quando si decide di mettere a
frutto del denaro. Per iniziare, una di-
stinzione fondamentale da fare è tra «ri-
schio specifico» (specific risk) e «rischio
sistematico» (systematic risk). Il rischio
specifico è legato alle caratteristiche pe-
culiari dell’emittente del titolo (come
una società o uno Stato), che dipendono
dalla solidità finanziaria e dalle prospet-
tive economiche dell’emittente stesso.
Tale rischio può essere ridotto attraver-
so un’accurata diversificazione del por-
tafoglio, suddividendo l’investimento
tra titoli erogati da emittenti differen-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

ti. Il rischio sistematico riguarda, inve-


ce, il mercato nel suo complesso e non
può essere eliminato tramite la diversifi-
cazione. Recessioni globali, tensioni in-
ternazionali e guerre sono infatti deter-
minanti di rischio sistematico.
La relazione tra il rendimento e il ri-
schio di un’attività finanziaria può esse-
re espressa tramite un modello finan-
ziario, noto come Capital Asset Pricing
Model (CAPM), il quale si basa sul-
la considerazione che il rischio siste-
matico, al contrario di quello specifico,
non può essere rimosso tramite la di-
versificazione. Secondo questo modello,
il rendimento atteso di un titolo risulta
pari al rendimento privo di rischio (risk
free), come quello di un titolo di Stato
emesso da un Paese a elevata solidità fi-
nanziaria, a cui va aggiunto un premio
che esprime la remunerazione per il ri-
schio sistematico. Il rendimento atteso
del titolo cresce con la reattività del suo
stesso valore ai movimenti di merca-

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ECONOMIA

to, perché il titolo possiede un maggior


grado di rischio sistematico. Di conse-
guenza, un investitore richiederà ren-
dimenti più elevati per detenere attivi-
tà più rischiose.
Oltre a quelle appena descritte, esi-
stono altre tipologie di rischio. Per
esempio, il «rischio di liquidità» (liqui-
dity risk) riguarda la facilità con cui il
capitale investito può essere liquidato,
ovvero convertito in denaro senza so-
stanziale perdita di valore o elevati costi
di smobilizzo. Per gli investimenti de-
nominati in valuta estera esiste altresì il
«rischio di cambio» (exchange rate risk),
connesso alla volatilità del rapporto di
cambio con cui la valuta estera può es-
sere convertita in quella dell’investitore.

Attitudine al rischio

Il livello di rischio che si è disposti a sop-


portare presenta generalmente una ri-
levante componente soggettiva, che di-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

pende dall’atteggiamento individuale. Vi


sono individui più propensi a rischiare
nella speranza di ottenere elevati guada-
gni. Altri prediligono investimenti meno
redditizi ma più sicuri. L’attitudine al ri-
schio presenta significative caratteristi-
che demografiche. Secondo vari studi, le
donne sono più caute degli uomini ne-
gli investimenti; inoltre, l’avversione al
rischio è maggiore per le persone anzia-
ne. In economia, un soggetto viene de-
finito «avverso al rischio» se preferisce
ricevere con certezza il valore atteso di
una quantità aleatoria anziché la quanti-
tà stessa soggetta a incertezza. Al contra-
rio, un soggetto propenso al rischio pre-
ferisce una quantità aleatoria al valore
atteso della stessa con certezza. Quando
un soggetto è indifferente tra queste due
opzioni, viene definito neutrale al rischio.
Per chiarire meglio il concetto, conside-
riamo una lotteria legata al lancio di una
moneta che assegna 20 euro se esce testa
e nulla se esce croce. Dato che si ottengo-

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ECONOMIA

no 20 euro con una probabilità del 50 per


cento, il guadagno atteso è 10 euro. Un
individuo propenso al rischio preferisce
partecipare alla lotteria anziché ottenere
10 euro con certezza o, equivalentemen-
te, è disposto a spendere più di 10 euro
per parteciparvi. Al contrario, un sogget-
to avverso al rischio vuole spendere me-
no di 10 euro. Interpretando la parteci-
pazione alla lotteria come l’acquisto di
un titolo, un individuo avverso al rischio
richiede una compensazione, per esem-
pio sotto forma di minor prezzo d’ac-
quisto o più elevati tassi di interesse, per
essere incentivato ad acquistare il titolo.
Tale compensazione rappresenta il pre-
mio per il rischio. Oltre che avversione al
rischio (risk aversion), gli individui pos-
sono manifestare avversione alle perdite
(loss aversion). Ciò accade particolarmen-
te durante i periodi di crisi, qualora siano
più sensibili al timore di perdere dena-
ro rispetto alla prospettiva di guadagnare
un determinato importo.

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

Rendimento e rischio sono stretta-


mente legati l’uno all’altro e vanno nel-
la stessa direzione. Investimenti che
promettono lauti guadagni sono gene-
ralmente caratterizzati da rischi più ele-
vati. Al contrario, investimenti poco ri-
schiosi producono rendimenti bassi. Per
trovare il giusto equilibrio tra rendimen-
to e rischio, è utile farsi un’idea dei prin-
cipali strumenti finanziari e dei mercati
dove vengono scambiati.

Investimenti nei mercati finanziari

I mercati finanziari sono i luoghi in cui


avviene lo scambio di attività finanzia-
rie. Al giorno d’oggi si tratta essenzial-
mente di piattaforme informatiche che
favoriscono l’incontro tra la domanda e
l’offerta di strumenti finanziari. Una di-
stinzione preliminare e importante da
fare è quella tra mercato regolamenta-
to e non regolamentato. Come la deno-
minazione stessa suggerisce, un mercato

29
ECONOMIA

regolamentato è dotato di un quadro di


regole preciso, con l’obiettivo di garan-
tire trasparenza, ordinato svolgimen-
to delle negoziazioni e tutela degli in-
vestitori. L’ottemperanza a tali regole
da parte degli operatori finanziari è ga-
rantita a sua volta dalle autorità di con-
trollo. Invece, in un mercato non rego-
lamentato (detto anche OTC, acronimo
di Over The Counter) le modalità di
contrattazione non sono standardizza-
te e i titoli scambiati possono assume-
re caratteristiche atipiche. Questo assi-
cura maggiore flessibilità e consente la
compravendita di una gamma di tito-
li più ampia. Tuttavia, la minore traspa-
renza e liquidità di tale tipologia impli-
cano un aumento del rischio connesso
ai titoli scambiati.
Il mercato regolamentato si suddivide
a sua volta in mercato primario e mer-
cato secondario. Nel primario vengono
collocati i titoli di nuova emissione, che
non sono mai stati scambiati prima, co-

30
InvestImentI: rendImento e rIschIo

me nuove azioni e obbligazioni di una


società o nuovi titoli di Stato. Nel secon-
dario si negoziano titoli già in circolazio-
ne, che vi rimangono sino alla scadenza.
La borsa valori è un mercato regolamen-
tato secondario dove vengono scambiati
diversi strumenti finanziari, quali azio-
ni, obbligazioni, titoli di Stato e prodot-
ti derivati. Il mercato di borsa è carat-
terizzato da una contrattazione continua
tra gli operatori interessati che procedo-
no con ordini di acquisito o vendita in
tempo reale per via telematica. L’equi-
librio tra domanda e offerta determina
l’andamento dei prezzi dei singoli titoli.
Un aumento della domanda di un titolo
comporta un prezzo più elevato. Quando
invece l’offerta di un titolo cresce, il suo
prezzo si riduce. Lo scambio dei titoli
in borsa ne assicura un’elevata liquidità,
in quanto è possibile procedere imme-
diatamente alla compravendita sul mer-
cato. In Italia, nell’ambito del processo
di privatizzazione e liberalizzazione dei

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ECONOMIA

mercati finanziari, a partire dal 1998 è


operativa una società per azioni, deno-
minata Borsa Italiana, con sede princi-
pale a Milano (comunemente conosciu-
ta come «Piazza Affari»), che si occupa
dell’organizzazione e gestione del mer-
cato borsistico italiano, assicurando il
corretto ed efficiente svolgimento del-
le negoziazioni. Integratasi nel 2007 con
la Borsa di Londra tramite l’acquisizio-
ne da parte del London Stock Exchan-
ge Group, Borsa Italiana è confluita nel
2021 in Euronext, dando vita alla princi-
pale piazza finanziaria d’Europa.

Strumenti finanziari: le obbligazioni

Un’obbligazione (bond) è un titolo di


debito emesso da una società priva-
ta (corporate bond), oppure da uno Sta-
to sovrano (sovereign bond), o da un al-
tro ente pubblico, allo scopo di reperire
finanziamenti. Attribuisce all’investi-
tore che acquista il titolo il diritto al-

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InvestImentI: rendImento e rIschIo

la restituzione del capitale prestato (al-


la scadenza definita nel titolo). A ciò si
aggiunge una remunerazione sotto for-
ma di interessi, corrisposti generalmen-
te tramite cedole, al fine di ricompen-
sare l’acquirente dell’obbligazione per la
rinuncia temporanea a una data somma
di denaro e per i rischi assunti, tra i qua-
li rientrano quelli connessi al mancato
rispetto della promessa di rimborso del
capitale e di pagamento degli interes-
si a causa dell’insolvenza dell’emittente.
Specialmente in un contesto di elevata
inflazione, è importante distinguere tra
tasso di interesse nominale e reale di un
titolo. Il primo è quello effettivamente
concordato e pagato, mentre il secondo
corrisponde a ciò che può essere acqui-
stato con quella somma (ovvero il po-
tere d’acquisto) ed è pari alla differenza
tra il tasso di interesse nominale e il tas-
so di inflazione. Per esempio, conside-
riamo un investimento in obbligazioni
pari a 100 euro. Esse fruttano un tasso

33
ECONOMIA

di interesse nominale del 3 per cento e


quindi consentono di ottenere 103 euro.
Se l’inflazione è pari al 4 per cento, dob-
biamo spendere 104 euro per acquistare
gli stessi beni e servizi che prima costa-
vano 100 euro. Ciò significa che il tas-
so di interesse reale, ovvero quello depu-
rato dall’inflazione, è pari al 3 per cento
meno il 4 per cento, ovvero -1 per cen-
to. Pertanto ci troviamo di fronte a una
perdita in termini di potere d’acquisto.
Il rendimento di un’obbligazione è co-
stituito, oltre che dagli interessi, dal gua-
dagno (o perdita) in conto capitale, se il
titolo è acquistato a un prezzo minore
(o maggiore) di quello a cui è rimborsa-
to o venduto. Le obbligazioni zero cou-
pon sono prive di cedole e il loro ren-
dimento è determinato dalla differenza
tra il valore di rimborso e il prezzo di
emissione, detta «scarto di emissione».
È possibile contrattare i titoli obbliga-
zionari scambiati nei mercati finanzia-
ri prima della loro naturale scadenza e i

34
InvestImentI: rendImento e rIschIo

prezzi oscilleranno in base all’andamen-


to del mercato.
Le obbligazioni presentano caratteri-
stiche tecniche molto diverse a seconda
dell’emittente e delle sue necessità di fi-
nanziamento. Un’importante distinzio-
ne è tra obbligazioni ordinarie e strut-
turate. Le obbligazioni ordinarie (che
sono le più comuni) possono essere sud-
divise in obbligazioni a tasso fisso, che
attribuiscono al sottoscrittore un inte-
resse predeterminato, e obbligazioni a
tasso variabile, che offrono un tasso di
interesse in linea con quelli di merca-
to. Le obbligazioni a tasso fisso posso-
no presentare rischi più elevati rispet-
to a quelle a tasso variabile. Questo vale
soprattutto per quelle di lunga durata,
per le quali gli investitori possono ave-
re maggiori esigenze di vendita sul mer-
cato prima della loro scadenza. Infatti,
il prezzo delle obbligazioni a tasso fis-
so è strettamente legato alle oscillazio-
ni dei tassi di interesse di mercato. Più

35
ECONOMIA

precisamente, all’aumentare dei tassi di


interesse di mercato, il prezzo di un’ob-
bligazione a tasso fisso si riduce, e vice-
versa. Per chiarire questo concetto con
un esempio, supponiamo di acquistare
un’obbligazione con una cedola annua
dell’1,5 per cento a un prezzo di 50 euro.
Il tasso dell’1,5 per cento corrisponde a
quello di mercato per la stessa scadenza
dell’obbligazione. Se la Banca Centrale
Europea (BCE) aumenta i tassi al 2 per
cento, l’obbligazione continuerà a paga-
re una cedola annua dell’1,5 per cento,
che rappresenta un rendimento inferio-
re a quello di mercato. Di conseguenza,
la domanda di mercato per questo titolo
si ridurrà, facendone scendere il prezzo
sotto i 50 euro. Essendo legato all’anda-
mento dei tassi di interesse, questo ri-
schio prende il nome di «rischio di tas-
so di interesse».
Le obbligazioni possono essere sog-
gette ad altre tipologie di rischio. Come
precedentemente detto, particolarmen-

36
InvestImentI: rendImento e rIschIo

te rilevanti sono il rischio legato all’in-


solvenza dell’emittente, noto come «ri-
schio di credito» o «rischio emittente», e
il «rischio di liquidità», connesso alla fa-
cilità con cui si può vendere il titolo sul
mercato prima della scadenza. I titoli in
valuta estera presentano altresì un «ri-
schio di cambio» legato alle fluttuazioni
del tasso di cambio con la valuta del Pa-
ese dell’investitore.
Le obbligazioni strutturate sono più
complesse di quelle ordinarie e si com-
pongono di due elementi: un’obbligazio-
ne ordinaria e un contratto derivato. Il
primo elemento prevede l’eventuale pa-
gamento di cedole e la restituzione del
capitale investito. Il secondo elemento
lega la remunerazione a determinati in-
dici finanziari e di mercato. Quindi, le
obbligazioni strutturate sottopongono i
sottoscrittori a rischi più elevati di quel-
le ordinarie.
Possiamo individuare una distinzio-
ne tra obbligazioni anche in base al me-

37
ECONOMIA

rito creditizio, ovvero al rischio di per-


dite in caso di difficoltà economiche
dell’emittente. Per esempio, le obbli-
gazioni subordinate consentono il pa-
gamento delle cedole e il rimborso del
capitale solamente dopo la soddisfazio-
ne dei creditori ordinari. Se non rimane
più nulla, gli obbligazionisti subordinati
perdono l’intero capitale.

I titoli di Stato

Le obbligazioni governative, meglio no-


te come titoli pubblici o titoli di Stato,
vengono emesse da uno Stato sovrano
per finanziare la spesa pubblica e il rim-
borso dei titoli in scadenza. I titoli di
Stato sono una forma di investimento
particolarmente adatta ai piccoli rispar-
miatori per diverse ragioni. Innanzitut-
to, presentano una rischiosità general-
mente piuttosto limitata in confronto
ad altre forme di investimento (come le
azioni e le obbligazioni societarie), sep-

38
InvestImentI: rendImento e rIschIo

pur differente a seconda del Paese. Inol-


tre, possono garantire alcune forme di
protezione (come contro l’inflazione)
e sono facilmente liquidabili tramite la
vendita sul mercato secondario.
In Italia, i titoli di Stato sono eroga-
ti tramite il Ministero dell’Economia e
delle Finanze (MEF) che si avvale della
collaborazione della Banca d’Italia. Pos-
sono essere acquistati sia al momento
dell’emissione, tipicamente tramite un
meccanismo d’asta riservato agli inter-
mediari istituzionali autorizzati (quali
le banche e le imprese di investimento),
sia sul mercato secondario, dove – come
abbiamo detto – si scambiano quotidia-
namente titoli già in circolazione.
Sulla base dei criteri di remunerazio-
ne, i titoli di Stato possono essere clas-
sificati in differenti categorie: zero cou-
pon, tasso fisso e tasso variabile. I Buoni
Ordinari del Tesoro (BOT) e i Certi-
ficati del Tesoro Zero Coupon (CTZ)
costituiscono titoli zero coupon a bre-

39
ECONOMIA

ve-medio termine, che non prevedono


la corresponsione di cedole periodiche
e offrono un rendimento pari alla diffe-
renza tra il valore di rimborso e il prez-
zo di emissione. In particolare, i BOT
sono titoli di durata non superiore a 12
mesi, che vengono rimborsati «alla pa-
ri». Questo significa che il valore di rim-
borso coincide con il valore nominale
del titolo, pari a 100 euro. Per esem-
pio, un BOT a 12 mesi con un prezzo di
emissione di 94 euro ha un rendimento
uguale a (100 - 94) / 94, che corrispon-
de – approssimativamente – al 6,38 per
cento. I CTZ si differenziano dai BOT
essenzialmente per la durata più estesa,
pari a 24 mesi.
I Buoni del Tesoro Poliennali (BTP)
sono titoli caratterizzati da cedole fis-
se pagate semestralmente, con scadenza
medio-lunga (dai 18 mesi ai 50 anni). Il
rendimento di un BTP corrisponde al
tasso fisso della cedola a cui va aggiun-
ta la differenza tra il valore di rimbor-

40
InvestImentI: rendImento e rIschIo

so e il prezzo di emissione. Trattandosi


di un titolo a tasso fisso, il prezzo di un
BTP varia a seconda dei tassi di interes-
se sul debito pubblico italiano. A parti-
re dal 2021, ai BTP si sono affiancati i
BTP Green, con lo scopo di finanzia-
re la spesa pubblica con positivo impat-
to ambientale. Una nuova tipologia è al-
tresì rappresentata dai Buoni del Tesoro
Poliennali step up (chiamati anche BTP
Futura), ideati per sostenere il «futuro
del Paese» a fronte della crisi sanitaria
ed economica. Essi garantiscono rendi-
menti minimi prefissati con un mecca-
nismo step up, che prevede un aumento
delle cedole nel tempo a seconda del pe-
riodo di detenzione.
Tradizionali titoli di Stato a tasso
variabile sono i Certificati di Credito
del Tesoro (CCT). A partire dal 1991,
in Italia sono stati emessi CCT con
una durata di 7 anni e cedole semestra-
li il cui rendimento corrisponde a quel-
lo dei BOT a 6 mesi più un margine

41
ECONOMIA

predeterminato. Nel 2010 i CCT so-


no stati modificati e sostituiti dai Cer-
tificati di Credito del Tesoro indiciz-
zati all’EURIBOR (CCTeu). I CCTeu
hanno una durata tra i 3 e i 7 anni e of-
frono cedole indicizzate al tasso di in-
teresse interbancario EURIBOR (a 6
mesi), che rappresenta il tasso di in-
teresse medio al quale le banche con-
feriscono depositi in prestito ad altre
banche all’interno dell’area dell’euro.
Trattandosi di titoli a tasso variabile,
i CCTeu garantiscono una remunera-
zione in linea con i rendimenti di mer-
cato, a cui si aggiunge una protezione
degli investitori con passività lega-
te all’andamento dell’EURIBOR, che
è un parametro di indicizzazione dei
mutui ipotecari a tasso variabile.

I titoli di Stato a tasso fisso possono


essere indicizzati all’inflazione al fine di
garantire una salvaguardia contro l’au-
mento del livello dei prezzi e, quindi,

42
InvestImentI: rendImento e rIschIo

l’erosione del potere d’acquisto. Si trat-


ta dei Buoni del Tesoro Poliennali in-
dicizzati all’inflazione europea (BTP€i)
e dei Buoni del Tesoro Poliennali indi-
cizzati all’inflazione italiana (BTP Ita-
lia). I BTP€i sono titoli di Stato con du-
rata medio-lunga (dai 5 ai 30 anni). Il
capitale rimborsato a scadenza e le ce-
dole semestrali sono rivalutati in ba-
se all’andamento dell’inflazione nell’U-
nione Europea. Per misurare tale livello
di inflazione si ricorre all’indice armo-
nizzato dei prezzi al consumo (IAPC),
con esclusione dei tabacchi. Le cedo-
le pagate al sottoscrittore sono variabi-
li in termini nominali ma determina-
no un rendimento costante in termini
reali, ovvero sulla base del potere d’ac-
quisto. L’ammontare di ciascuna cedola
è ottenuto moltiplicando il tasso di in-
teresse fisso, stabilito all’emissione, per
il capitale che viene rivalutato sulla ba-
se dell’inflazione registratasi tra la da-
ta di godimento (ovvero il momento a

43
ECONOMIA

partire dal quale iniziano a maturare gli


interessi) e la data di pagamento della
cedola. L’ammontare rimborsato a sca-
denza non può essere inferiore al valo-
re nominale anche in caso di deflazio-
ne, ovvero di riduzione del livello dei
prezzi. Diversamente dai BTP€i, i BTP
Italia forniscono una protezione contro
l’aumento del livello dei prezzi in Ita-
lia, calcolato attraverso l’indice naziona-
le dei prezzi al consumo per famiglie di
operai e impiegati (FOI), con esclusio-
ne dei tabacchi.
Un’altra tipologia italiana di strumen-
ti finanziari, simile ai titoli di Stato e
talvolta a essi assimilata, è rappresenta-
ta dai buoni fruttiferi postali, che, tut-
tavia, presentano alcune caratteristiche
peculiari. Si tratta di uno dei prodotti fi-
nanziari tradizionalmente più apprezza-
ti dagli italiani, in grado di convogliare i
risparmi postali in investimenti di me-
dio-lungo termine. I buoni fruttiferi po-
stali sono emessi dalla Cassa Depositi

44
InvestImentI: rendImento e rIschIo

e Prestiti (CDP), una società per azio-


ni controllata dal Ministero dell’Econo-
mia e delle Finanze, che ne detiene una
quota pari all’82,77 per cento. Esisto-
no buoni fruttiferi postali a tasso fisso, a
tasso variabile, o con premi legati all’an-
damento di determinati indici di merca-
to. Diversamente dai titoli di Stato che,
come qualsiasi obbligazione, danno di-
ritto al rimborso del capitale a scadenza
e hanno prezzi soggetti alle fluttuazio-
ni di mercato (in caso di scambio pri-
ma della scadenza), i buoni fruttiferi po-
stali garantiscono in qualsiasi momento
la restituzione del capitale e il pagamen-
to degli interessi eventualmente matura-
ti. Tali strumenti rappresentano, quindi,
una modalità di investimento particolar-
mente rassicurante per i risparmiatori.

Le azioni

Nell’ambito degli strumenti finanzia-


ri di investimento, le azioni rivestono

45
ECONOMIA

un ruolo rilevante. Un’azione è un tito-


lo che costituisce la quota minima in cui
è suddiviso il capitale di una particola-
re tipologia di società, denominata «so-
cietà per azioni». L’emissione di azio-
ni consente alla società di finanziare le
proprie attività. L’azionista è un socio, e
non un creditore, della società. Di con-
seguenza, partecipa di norma sia all’at-
tività gestionale, esercitando il diritto di
voto in assemblea, sia a quella econo-
mica, ottenendo guadagni e sostenendo
perdite. Il rendimento delle azioni è in-
certo e dipende essenzialmente dai ri-
sultati economici dell’azienda.
La prima fonte di rendimento è data
dalla differenza tra il prezzo di vendita
e quello di acquisto di un’azione. Quan-
do tale differenza è positiva, abbiamo un
guadagno in conto capitale. Altrimen-
ti, si registra una perdita in conto capi-
tale. Tale guadagno o perdita si realizza,
ovviamente, all’atto della vendita delle
azioni.

46
InvestImentI: rendImento e rIschIo

La seconda fonte di rendimento di-


pende dagli utili della società, una por-
zione dei quali viene distribuita perio-
dicamente (di solito una volta all’anno)
tramite dividendi. Quindi, coloro che
detengono le azioni per poco tempo ri-
cevono quasi esclusivamente guadagni o
perdite in conto capitale, mentre gli in-
vestitori a medio-lungo termine perce-
piscono altresì un rendimento periodico
sotto forma di dividendi.
Un investitore ha generalmente l’op-
portunità di scegliere tra diverse cate-
gorie di azioni a seconda della propria
attitudine al rischio e del maggior in-
teresse al rendimento oppure all’aspet-
to gestionale. Oltre alle azioni ordinarie,
una società può emettere altre tipologie
di azioni, in base alle proprie disposizio-
ni statutarie. Tra le più diffuse, vi sono
le «azioni privilegiate» che attribuisco-
no un diritto di priorità rispetto a quel-
le ordinarie in termini di distribuzio-
ne degli utili e di rimborso del capitale

47
ECONOMIA

allo scioglimento della società, a fron-


te di una limitazione del diritto di voto
che può essere esercitato nelle sole as-
semblee straordinarie. Ancora più adat-
te ai fini del mero investimento finan-
ziario sono le «azioni di risparmio», che
assegnano privilegi patrimoniali sot-
to forma di dividendi rispetto alle azio-
ni ordinarie ma sono prive del diritto di
voto. Le azioni che attribuiscono mag-
giore potere decisionale sono quelle «a
voto plurimo e maggiorato».
Per la compravendita di azioni, ge-
neralmente ci si rivolge a intermedia-
ri finanziari autorizzati, quali banche
e società di intermediazione mobiliare
(SIM). Con lo sviluppo delle tecnolo-
gie informatiche e digitali, si sono rapi-
damente diffuse nel corso degli ultimi
decenni piattaforme di trading elettro-
nico che operano tramite Internet (su
siti web o applicazioni) e consentono
agli investitori di effettuare operazioni
online di compravendita di azioni e al-

48
InvestImentI: rendImento e rIschIo

tri strumenti finanziari in tempi ridotti.


All’interno del sistema di contrattazio-
ni gestito da Borsa Italiana, un ruolo ri-
levante è svolto dal Mercato Telematico
Azionario (MTA), destinato alla quota-
zione di imprese a capitalizzazione me-
dio-grande. Le azioni delle 40 società
a maggiore capitalizzazione (cosiddet-
te blue chips) – tra cui Eni, Intesa San
Paolo e Stellantis – compongono l’indi-
ce FTSE MIB (acronimo di Financial
Times Stock Exchange Milano Indice
di Borsa) che riflette l’andamento del
valore dei titoli compresi nel paniere.
Il FTSE MIB rappresenta, in un cer-
to modo, lo stato di salute del mercato
azionario italiano. Il grafico in Figura 1
illustra l’andamento del FTSE MIB nel
corso degli ultimi 4 anni. Si evidenzia-
no marcate oscillazioni delle quotazioni
azionarie, con un crollo nei primi mesi
del 2020 a causa dello scoppio della cri-
si sanitaria, a cui ha fatto seguito un re-
cupero significativo nel corso del 2021.

49
ECONOMIA

27.720

24.624

21.529

18.433

15.337

12.241
gennaio 2020 gennaio 2021 gennaio 2022

Figura 1 – Indice FTSE MIB


Fonte: Borsa Italiana

In un clima di forti tensioni internazio-


nali, esplose con il conflitto tra Russia e
Ucraina, si è verificata una marcata fles-
sione nel 2022.
Le azioni possono generare rendi-
menti cospicui, in particolare su oriz-
zonti medio-lunghi. Il grafico in Figura
2 rappresenta l’andamento nel corso de-
gli ultimi 40 anni dell’Indice S&P 500
(creato dall’agenzia Standard & Poor’s
Global Ratings). Esso misura il valore

50
InvestImentI: rendImento e rIschIo

delle azioni delle 500 aziende statuni-


tensi a maggiore capitalizzazione. Co-
me si può vedere, il valore dell’indice è
pressoché quintuplicato tra la fine de-
gli anni Novanta e il 2021. Il rendimen-
to più elevato che può essere offerto dal
mercato azionario ricompensa l’investi-
tore per il maggior rischio di perdite del
capitale investito (equity risk premium)
rispetto a forme di investimento relati-
vamente sicure come i titoli di Stato.

5,000

4,000

3,000

2,000

1,000

0
1999 2000 2010 2020

Figura 2 – Indice S&P 500


Fonte: Google Finance

51
ECONOMIA

I fondi comuni di investimento

Un’ulteriore forma di investimento è


rappresentata dai fondi comuni, che ri-
uniscono le risorse finanziarie di una
pluralità di risparmiatori in un unico
patrimonio investito in attività finan-
ziarie (quali azioni, obbligazioni e tito-
li di Stato) e, in alcuni casi, in immobi-
li. La partecipazione a un fondo comune
avviene tramite la sottoscrizione di quo-
te che conferiscono uguali diritti e sono
di uguale valore. Inoltre l’investitore ac-
quisisce il diritto al rimborso del valore
del fondo (per la sua quota di spettan-
za). Tuttavia, non esiste alcuna garanzia
sul rendimento del fondo o sulla restitu-
zione integrale del capitale, che dipen-
dono dall’andamento del mercato.
Il patrimonio di un fondo viene am-
ministrato da una società di gestione
del risparmio (SGR) che si occupa della
scelta degli investimenti e procede a una
diversificazione del portafoglio difficil-

52
InvestImentI: rendImento e rIschIo

mente replicabile da parte del singo-


lo investitore, a causa della sua general-
mente ridotta dotazione patrimoniale e
mancanza di informazioni adeguate.
Il patrimonio di un fondo è giuridi-
camente separato da quello del gesto-
re, garantendo una protezione contro i
creditori di quest’ultimo. A fronte del-
la possibilità di rendimenti elevati, oc-
corre tenere in considerazione il rischio
connesso all’oscillazione dei rendimen-
ti e all’integrità del capitale. A questo
proposito, a ciascun fondo viene attri-
buito un determinato profilo, calcola-
to in base all’indicatore sintetico di ri-
schio e rendimento (SRRI, che sta per
Synthetic Risk and Reward Indicator).
Questo indice misura l’oscillazione set-
timanale dei rendimenti attorno alla lo-
ro media, su un orizzonte temporale di
5 anni. Sono individuate 7 classi in or-
dine di rischio crescente. Alla classe 1
appartengono i fondi con rischio mini-
mo, con una volatilità inferiore allo 0,5

53
ECONOMIA

per cento; all’opposto, la classe 7 inclu-


de i fondi con rischio massimo, con una
volatilità superiore al 25 per cento. La
volatilità dei rendimenti viene calcolata
sulla base della deviazione standard (o
scarto quadratico medio), che è un indi-
ce statistico di dispersione e corrisponde
alla radice quadrata della varianza, ov-
vero della media aritmetica dei quadra-
ti degli scarti dei valori dalla loro media.
Questo implica che gli scostamenti sot-
to e sopra la media si cumulano anziché
compensarsi. Per farci un’idea, conside-
riamo due fondi, A e B, con un rendi-
mento settimanale pari a 10 euro per
ciascuno dei 5 anni di riferimento, tran-
ne per il terzo anno, in cui il rendimen-
to del fondo A è di 9,9 euro e quello del
fondo B è di 18 euro. La volatilità dei
rendimenti del fondo A è pari allo 0,4
per cento circa e perciò a tale fondo vie-
ne attribuito il livello di rischio mini-
mo (classe 1); invece, il fondo B ha una
volatilità pari al 27,59 per cento circa e

54
InvestImentI: rendImento e rIschIo

quindi presenta il livello di rischio mas-


simo (classe 7). Il fondo B è più rischio-
so del fondo A ma offre un rendimento
atteso più elevato.
I fondi comuni sono aperti o chiusi. I
fondi aperti consentono di sottoscrivere
quote, o chiederne il rimborso, in qualsi-
asi momento, e investono generalmente
in attività finanziarie quotate. All’inter-
no dei fondi aperti, a seconda delle at-
tività di investimento, possiamo distin-
guere tra fondi azionari (che investono
principalmente in azioni), obbligazio-
nari (che investono prevalentemente in
obbligazioni), bilanciati (che investono
sia in azioni sia in obbligazioni) e mo-
netari (che investono in strumenti del
mercato monetario a breve termine, co-
me i BOT). A loro volta, i fondi aperti
includono quelli armonizzati, sottoposti
alla normativa dell’Unione Europea, e
non armonizzati, che non sono soggetti
ai vincoli europei e consentono maggio-
ri libertà di investimento ma implicano

55
ECONOMIA

rischi più elevati – come i fondi comuni


di investimento speculativo (cosiddetti
hedge funds) e i fondi di fondi (che in-
vestono il proprio patrimonio in quote
di altri fondi). Per i fondi chiusi, le quo-
te possono essere sottoscritte solamen-
te nel periodo di offerta (prima dell’i-
nizio dell’operatività) e sono rimborsate
alla scadenza del fondo. Principalmente,
i fondi chiusi si dedicano a investimen-
ti poco liquidi (per esempio, immobili).

I derivati

I prodotti derivati sono strumenti fi-


nanziari complessi che hanno acquisito
una rilevanza crescente come forma di
investimento nel corso degli ultimi de-
cenni. Come si evince dall’etimo, si trat-
ta di titoli il cui valore «deriva», ovvero
dipende, da quello di un’attività sotto-
stante (underlying asset), che può avere
natura finanziaria (come le azioni) o re-
ale (come le materie prime). Un deriva-

56
InvestImentI: rendImento e rIschIo

to ha a oggetto una previsione sul fu-


turo andamento del valore dell’attività
sottostante. Quindi, il valore dei deri-
vati varia in base all’andamento di ta-
le attività. I derivati assolvono a diver-
se funzioni. Innanzitutto, consentono
la copertura da un rischio finanziario
(detta hedging), bilanciando le perdi-
te o i guadagni di determinate attività
con i guadagni o le perdite sul merca-
to dei derivati. Inoltre, si possono uti-
lizzare come mezzi di speculazione, as-
sumendo dei rischi al fine di realizzare
un profitto basato sull’andamento atteso
dei prezzi dell’attività sottostante. I de-
rivati possono altresì svolgere un ruolo
di arbitraggio, consentendo un profitto
privo di rischio dovuto a un momenta-
neo disallineamento tra l’andamento del
prezzo del derivato e quello dell’attività
sottostante.
Tra le categorie più diffuse di deri-
vati vi sono i contratti a termine. Es-
si prevedono un accordo tra le parti per

57
ECONOMIA

la consegna di una determinata quanti-


tà di attività sottostante a un prezzo (de-
livery price) e una data (maturity date)
prestabiliti. L’acquisto di un contrat-
to a termine è dettato da un’aspettativa
di un aumento futuro del valore dell’at-
tività sottostante. Infatti, in caso di ap-
prezzamento di tale attività, l’acquirente
pagherebbe un prezzo inferiore a quel-
lo di mercato. Il rischio connesso è, ov-
viamente, che l’attività perda valore. In
questo caso, l’acquirente si troverebbe
a pagare un prezzo maggiore di quel-
lo di mercato. Un investitore può sot-
toscrivere un contratto a termine per
coprirsi dai rischi connessi ad altre at-
tività. Per esempio, un’impresa italiana
che si rifornisce negli Stati Uniti e pa-
ga in dollari può acquistare un contrat-
to a termine euro-dollaro. Così facendo,
può coprirsi dal rischio di cambio con-
nesso all’eventualità di apprezzamento
del dollaro nell’arco temporale che in-
tercorre tra la stipulazione del contratto

58
InvestImentI: rendImento e rIschIo

di fornitura e il pagamento a favore del


fornitore statunitense.
Le principali tipologie di contratti a
termine sono i futures e i forwards. I fu-
tures sono caratterizzati da un elevato
grado di standardizzazione che ne con-
sente lo scambio sui mercati regolamen-
tati. I futures possono avere a oggetto sia
un’attività finanziaria, come una valuta
(currency futures) o un indice azionario
(stock index futures), sia una merce, co-
me oro, petrolio e cereali (commodity fu-
tures). Il funzionamento del mercato dei
futures è affidato a un organo indipen-
dente, detto camera di compensazione
(clearing house), che diviene controparte
delle operazioni, assumendosi il rischio
di insolvenza dei soggetti inadempienti.
In Italia tale ruolo è svolto da Euronext
Clearing, che ha raccolto l’eredità del-
la Cassa di Compensazione e Garanzia
dopo la cessione di Borsa Italiana a Eu-
ronext nel 2021. I forwards differisco-
no dai futures essenzialmente per la lo-

59
ECONOMIA

ro atipicità, che li rende negoziabili sui


mercati non regolamentati (OTC).

Criptovalute

Tra gli appassionati di investimenti in


mercati finanziari stanno acquisendo
sempre maggiore popolarità le cripto-
valute (cryptocurrencies), monete virtuali
che si generano e scambiano esclusiva-
mente per via telematica. Una delle crip-
tovalute più diffuse è il Bitcoin, creato nel
2009 da uno o più inventori con lo pseu-
donimo di Satoshi Nakamoto. Le crip-
tovalute vengono definite come «rappre-
sentazioni digitali di valore», emesse da
soggetti privati e non sottoposte al di-
retto controllo da parte di banche cen-
trali o altre autorità pubbliche. Il funzio-
namento delle criptovalute si basa sulla
tecnologia blockchain (traducibile come
«catena di blocchi») che consente di me-
morizzare ciascuna transazione in un re-
gistro pubblico e condiviso in manie-

60
InvestImentI: rendImento e rIschIo

ra sicura, verificabile e permanente per


mezzo di sistemi di software altamente
specializzati di crittografia. Tutto ciò av-
viene senza la necessità di intervento di
parti terze che garantiscano l’autenticità
delle transazioni.
A dispetto dell’etimo, le criptovalute
non sono valute aventi corso legale e la
loro accettazione come mezzo di paga-
mento in cambio di beni e servizi avvie-
ne solamente su base volontaria (peral-
tro in forma sinora piuttosto limitata).
Il prezzo delle criptovalute è determi-
nato dalla domanda e dall’offerta di
mercato e, pertanto, può essere sogget-
to a forti oscillazioni. L’investimento in
criptovalute è, quindi, di natura essen-
zialmente speculativa. Si possono otte-
nere guadagni elevati ma esistono note-
voli rischi di perdere il capitale investito.
In assenza di un quadro giuridico pre-
ciso che determini obblighi informati-
vi e regole di trasparenza, gli investito-
ri sono altresì privi di tutela in caso di

61
ECONOMIA

condotte fraudolente o fallimento del-


le piattaforme su cui avviene lo scam-
bio delle criptovalute. Risulta, quindi,
importante procedere all’implementa-
zione di politiche regolatorie che af-
frontino in maniera adeguata le criticità
legate alla diffusione delle monete vir-
tuali, promuovendone i potenziali van-
taggi. Al fine di disciplinare il mercato
delle criptovalute e proteggere adegua-
tamente gli investitori, la Commissione
Europea ha proposto nel settembre del
2020 il Regolamento MiCA (Markets
in Crypto-Assets), che dovrebbe esse-
re approvato definitivamente dal Parla-
mento Europeo ad aprile del 2023.

Beni rifugio

I flussi di capitali da parte degli inve-


stitori possono essere anche diretti ver-
so attività non finanziarie bensì reali,
tra le quali rientrano i cosiddetti «be-
ni rifugio», il cui valore viene ritenuto

62
InvestImentI: rendImento e rIschIo

più sicuro in periodi di forte turbolenza


dovuta a eventi eccezionali, quali guer-
re, pandemie ed elevata inflazione. Be-
ni rifugio per eccellenza sono le materie
prime preziose, come oro, argento, pal-
ladio e platino. Per esempio, le quota-
zioni dell’oro sono passate da circa 1500
dollari l’oncia a gennaio del 2010 a ol-
tre 2300 dollari a febbraio del 2012, du-
rante la crisi del debito sovrano europeo,
e da circa 1700 dollari a novembre del
2019 a 2250 dollari ad agosto del 2020,
a causa dello scoppio della pandemia da
COVID-19. Altri tradizionali beni ri-
fugio sono immobili, opere d’arte e gio-
ielli. I beni rifugio non sono comunque
esenti da fluttuazioni di prezzo, com-
portando dei rischi per gli investitori.

Intermediari finanziari

La necessità dell’intermediazione fi-
nanziaria nasce dalla presenza di ineffi-
cienze nei mercati finanziari, legate es-

63
ECONOMIA

senzialmente a costi di transazione in


termini di tempo, denaro, nonché ricer-
ca di informazioni per mettere in colle-
gamento coloro che dispongono di ri-
sorse finanziarie da investire e coloro
che ne domandano. In Italia, come nella
maggior parte dei Paesi, esistono mol-
teplici istituzioni che operano in quali-
tà di intermediari finanziari. Le banche,
oltre all’attività più tradizionale legata
al credito, possono svolgere servizi e at-
tività di investimento. Questi includo-
no gestione e negoziazione di titoli per
conto proprio o del cliente, sottoscrizio-
ne e/o collocamento di titoli nell’ambito
di un’offerta al pubblico standardizza-
ta, gestione del patrimonio del clien-
te, nonché consulenza personalizzata
in materia di investimenti. Tali attività
possono essere esercitate anche da so-
cietà di intermediazione mobiliare, che
hanno sostituito gli agenti di cambio.
La gestione collettiva del risparmio
raccolto tra il pubblico di investitori è

64
InvestImentI: rendImento e rIschIo

affidata a organismi di investimento col-


lettivo del risparmio (OICR). Oltre alle
società di gestione del risparmio (SGR),
che operano nell’ambito dei fondi co-
muni di investimento, appartengono a
questa categoria le società di investi-
mento a capitale variabile (SICAV) e le
società di investimento a capitale fisso
(SICAF). Diversamente dalle SGR, le
SICAV e le SICAF sono società di cui
i risparmiatori divengono azionisti. La
differenza fondamentale tra queste due
tipologie di società è che il capitale di
una SICAV varia a seconda delle nuo-
ve sottoscrizioni e delle richieste di rim-
borso. Si tratta di un organismo aperto
che consente a un investitore di sotto-
scrivere nuove azioni ed esigere il rim-
borso delle stesse.

Autorità di vigilanza

Un’autorità di vigilanza si rende ne-


cessaria in alcuni contesti al fine di ga-

65
ECONOMIA

rantire il corretto funzionamento di


un determinato ambito di attività. Per
quanto riguarda i mercati finanziari, in
Italia esistono diverse autorità di vigi-
lanza. Un ruolo di primo piano è svol-
to dalla Banca d’Italia, che rappresen-
ta la banca centrale dello Stato italiano
e fa parte dell’Eurosistema – composto
dalle banche centrali nazionali dell’area
dell’euro e dalla Banca Centrale Euro-
pea. La Banca d’Italia svolge una serie
di funzioni dirette ad assicurare la stabi-
lità monetaria e finanziaria. Nell’ambito
delle attività di supervisione sui mercati
finanziari, persegue obiettivi di ordina-
to e regolare svolgimento delle transa-
zioni, efficienza, affidabilità dei siste-
mi e contenimento dei rischi. I poteri
di controllo sugli intermediari finan-
ziari attengono principalmente alla so-
lidità patrimoniale. A partire dal 2006,
l’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato (AGCM), nota come «An-
titrust», ha assunto le competenze in

66
InvestImentI: rendImento e rIschIo

tema di tutela della concorrenza e dei


consumatori nel settore del credito pre-
cedentemente spettanti alla Banca d’I-
talia.
Un’altra fondamentale autorità di vi-
gilanza sui mercati finanziari è la Com-
missione Nazionale per le Società e la
Borsa (CONSOB). Istituita nel 1974, la
CONSOB inizialmente esercitava so-
prattutto attività di controllo della tra-
sparenza delle informazioni fornite al
pubblico dalle società quotate. Succes-
sivamente, le funzioni della CONSOB
sono state rafforzate con l’assegnazio-
ne del compito di tutelare l’investitore
nel momento precedente la decisione di
investimento, accertando la correttez-
za dei comportamenti degli interme-
diari finanziari. Nel corso del tempo, la
CONSOB ha acquisito maggiori poteri
di controllo e un più marcato peso isti-
tuzionale, intervenendo attivamente nel
processo di riorganizzazione dei merca-
ti finanziari in Italia.

67
ECONOMIA

Più dettagliatamente, le attività del-


la CONSOB si articolano in diversi
settori. Innanzitutto, esercita un’attivi-
tà di vigilanza sulle società di gestione
dei mercati regolamentati (come Bor-
sa Italiana), sulla trasparenza e l’ordina-
to svolgimento delle negoziazioni, non-
ché sulla trasparenza e la correttezza dei
comportamenti degli intermediari fi-
nanziari. Inoltre, alla CONSOB sono
affidate le funzioni di regolamentazione
dei servizi e delle attività di investimen-
to da parte degli intermediari finanziari
e di autorizzazione di diverse procedure,
tra le quali la pubblicazione di prospet-
ti informativi e documenti d’offerta. La
CONSOB si occupa altresì del controllo
dei dati forniti al mercato dagli emitten-
ti quotati al fine di assicurarne la traspa-
renza, sanzionando eventuali comporta-
menti scorretti. All’attività di controllo
del sistema finanziario partecipa anche il
Ministero dell’Economia e delle Finan-
ze che, tramite il Dipartimento del Te-

68
InvestImentI: rendImento e rIschIo

soro, svolge funzioni connesse all’analisi,


alla regolamentazione e alle politiche di
vigilanza dei mercati finanziari e dei re-
lativi operatori.
Il compito di salvaguardia della sta-
bilità finanziaria dell’Unione Europea
compete all’Autorità europea degli stru-
menti finanziari e dei mercati (ESMA,
acronimo di European Securities and
Market Authority). Istituita nel 2011,
l’ESMA si propone di tutelare gli inve-
stitori e promuovere mercati finanzia-
ri stabili e ordinati, rafforzando la coo-
perazione in materia di vigilanza tra le
autorità nazionali competenti a livel-
lo europeo. L’organo che guida i lavo-
ri dell’ESMA e gode di ampia respon-
sabilità decisionale è il Consiglio delle
Autorità di Vigilanza, il quale risulta
formato, oltre che dal Presidente dell’E-
SMA, dai responsabili delle autorità na-
zionali competenti all’interno dell’Unio-
ne Europea, tra cui la CONSOB (a cui
si aggiungono membri senza diritto di

69
ECONOMIA

voto). Per conseguire i propri obiettivi,


l’ESMA svolge una serie di attività, che
comprendono la valutazione dei rischi e
delle vulnerabilità emergenti nel sistema
finanziario, il completamento di un cor-
pus unico di norme a livello europeo, il
rafforzamento della convergenza in ma-
teria di vigilanza, nonché il controllo di-
retto di specifici soggetti finanziari, qua-
li le agenzie di rating del credito.

Valutazione del rischio di insolvenza

I mercati finanziari, come molti altri set-


tori, sono affetti da problemi di «asim-
metria informativa», che emergono
quando alcuni operatori economici di-
spongono di informazioni più precise
di altri ed esiste un conflitto di interes-
si tra tali operatori. Nel caso dei merca-
ti finanziari, coloro che investono i pro-
pri capitali spesso non hanno accesso a
informazioni accurate riguardanti l’affi-
dabilità dei beneficiari delle somme in-

70
InvestImentI: rendImento e rIschIo

vestite. Al fine di informare adeguata-


mente gli investitori circa i rischi che
corrono, si è diffusa la pratica di asse-
gnare una valutazione, o rating in ingle-
se, del rischio di insolvenza connesso ai
titoli emessi sui mercati finanziari. Il ra-
ting fornisce informazioni sulla capacità
di un’impresa o di uno Stato di assolvere
ai suoi impegni di pagamento. Tale giu-
dizio viene espresso da società specializ-
zate indipendenti, note come agenzie di
rating, sotto forma di un codice alfabe-
tico o alfanumerico che assegna un pun-
teggio sulla base di una scala standar-
dizzata di valutazione. Il rating di un
emittente (detto anche rating di con-
troparte o issuer credit rating) riguarda la
solvibilità complessiva del soggetto che
emette il titolo, mentre il rating di un’e-
missione valuta la capacità di rimborso
del capitale e di pagamento degli inte-
ressi in merito a una particolare emissio-
ne di titoli. Il rating influenza l’immagi-
ne dell’impresa o dello Stato emittente e

71
ECONOMIA

la sua capacità di attrarre finanziamen-


ti. Per esempio, un declassamento del
rating (cosiddetto downgrading) obbli-
ga l’impresa o lo Stato emittente a offri-
re rendimenti più elevati in modo tale da
compensare gli investitori per il maggior
rischio di mancato pagamento.

La forma più tradizionale di rating è


il rating di credito, che riguarda la sol-
vibilità di una società. Il rating di credi-
to internazionale valuta i rischi connessi
al trasferimento di titoli esteri nella va-
luta del Paese dell’investitore. Sovente al
centro della cronaca finanziaria, soprat-
tutto negli ultimi anni, è il rating sul de-
bito delle nazioni, che indica l’affidabi-
lità di uno Stato in termini di rimborso
del proprio debito. Un’ulteriore tipolo-
gia di rating concerne il rischio che uno
Stato metta in atto delle misure volte a
bloccare eventuali uscite di capitali dai
propri confini (cosiddetto country ceiling
rating).

72
InvestImentI: rendImento e rIschIo

Dato che il rating ha un profon-


do impatto sulla scelta degli investi-
tori, le agenzie di rating sono tenute a
compiere un’analisi accorta e dettaglia-
ta prima di emettere il proprio giudi-
zio. Nel caso di una società, viene ef-
fettuato innanzitutto un esame della
situazione finanziaria (financial profi-
le), che riguarda le componenti di bi-
lancio al fine di valutare la redditività
dell’azienda. Si procede poi allo studio
del settore di appartenenza e dell’anda-
mento del mercato (business profile) per
paragonare la situazione dell’azienda a
contesti simili. Il rating così assegnato
è sottoposto a periodiche revisioni che
tengono conto di cambiamenti riguar-
danti l’azienda stessa o il settore di ap-
partenenza.

Agenzie di rating

Le agenzie di rating più conosciute e


influenti a livello globale sono Stan-

73
ECONOMIA

dard & Poor’s Global Ratings (S&P),


Moody’s Investors Service e Fitch Ra-
tings. Fondate nella prima metà del
secolo scorso, tali agenzie hanno ac-
quisito un ruolo di primo piano nella
finanza internazionale. In base all’ulti-
mo report pubblicato dall’ESMA a di-
cembre del 2022, nell’Unione Europea
S&P detiene una quota di mercato pari
al 50,13 per cento, seguita da Moody’s
con il 32,79 per cento e da Fitch con
il 10,05 per cento. Il rating assegnato
da ciascuna agenzia dipende dalla scala
di valori adottata. Inoltre, l’analisi può
basarsi su un orizzonte di breve, medio
o lungo termine.
Nel caso di S&P, il rating a lun-
go termine varia da AAA, che indi-
ca il grado di solvibilità massima, a D,
che corrisponde allo stato di insolven-
za. Un livello di rating almeno pari a
BBB- attribuisce al titolo in questio-
ne un rischio relativamente contenuto
(investment grade). Un livello di rating

74
InvestImentI: rendImento e rIschIo

inferiore a BBB- indica che il titolo ha


natura meramente speculativa, con ele-
vato rischio di insolvenza (non-invest-
ment grade o speculative grade). Si parla
in questi casi anche di «titolo spazza-
tura» (junk bond). Al ridursi del rating
del titolo aumenta il rischio di insol-
venza e, di conseguenza, il titolo deve
incorporare maggiori rendimenti attesi
per attrarre gli investitori. Fitch adot-
ta una scala di valutazione molto simi-
le a quella di S&P. Per quanto riguarda
Moody’s, il rating a lungo termine va-
ria da Aaa (massimo grado di solvibili-
tà) a C (stato di insolvenza), con un li-
vello minimo pari a Baa3 per attribuire
al titolo lo status di investimento rela-
tivamente sicuro (investment grade).
I titoli pubblici di Paesi come Au-
stralia, Germania e Svizzera, in vir-
tù della loro solidità finanziaria, sono
caratterizzati dal livello di rating mas-
simo. Il rating attualmente attribuito
all’Italia è decisamente più basso, pa-

75
ECONOMIA

ri a BBB per S&P e Fitch e Baa3 per


Moody’s. Tale rating indica un’adegua-
ta capacità di assolvere agli obblighi fi-
nanziari, tuttavia soggetta alla possibi-
lità di peggioramento, specialmente in
caso di condizioni economiche avverse.
Questo giudizio è imputabile all’eleva-
to debito pubblico (stimato attorno al
145 per cento del prodotto interno lor-
do nel 2022) a cui si aggiunge una si-
gnificativa instabilità politica, che im-
pedisce l’implementazione di riforme
strutturali necessarie allo sviluppo del
Paese.

Nel corso degli ultimi anni, l’opera-


to delle agenzie di rating è stato sot-
toposto ad aspre critiche nel dibatti-
to pubblico. Le agenzie di rating sono
state accusate di essere responsabili, al-
meno in parte, della crisi finanziaria
dei mutui subprime statunitensi scop-
piata nel 2007 e della successiva crisi
del debito sovrano europeo. Un primo

76
InvestImentI: rendImento e rIschIo

tema riguarda l’elevata concentrazione


di mercato nel settore del rating, che
è dominato essenzialmente da tre sog-
getti. Stimolare la competizione appa-
re, tuttavia, difficile almeno nel breve
periodo, in quanto nuove imprese in-
tenzionate a entrare nel mercato avreb-
bero bisogno di tempo per guadagnare
la fiducia degli investitori.
Le agenzie di rating sono state, inol-
tre, accusate di operare in una situazio-
ne di conflitto di interessi. Una moti-
vazione è da ricondurre al modello di
business delle agenzie di rating, in ba-
se al quale i proventi di tali agenzie de-
rivano in maniera significativa dai sog-
getti stessi che emettono i titoli da
valutare (cosiddetto issuer-pays model).
Un’altra fonte di conflitto di interessi
deriva dalla struttura proprietaria del-
le agenzie di rating e riguarda l’emis-
sione di valutazioni a favore di imprese
con cui esistono legami societari diret-
ti o indiretti.

77
ECONOMIA

Le agenzie di rating sono state al-


tresì accusate di avere commesso rile-
vanti errori di valutazione, attribuen-
do rating troppo generosi a società poi
finite in bancarotta e mostrando ec-
cessiva cautela nel rivedere le proprie
posizioni di fronte ai primi segnali di
crisi. Alla luce di queste considerazio-
ni, nell’Unione Europea si è provvedu-
to a sottoporre le agenzie di rating al
controllo da parte dell’autorità di vigi-
lanza ESMA, imponendo a esse l’ob-
bligo di rispettare norme più stringenti
in termini di indipendenza, trasparen-
za e neutralità nell’emissione dei giudi-
zi, da esprimere sulla base di standard
scientifici rigorosi.

Crisi finanziarie:
la bolla delle dot-com

I legami tra rendimento e rischio di un


investimento appaiono particolarmen-
te interessanti da analizzare durante i

78
InvestImentI: rendImento e rIschIo

periodi di forte instabilità finanziaria.


È utile, quindi, ripercorrere alcune tap-
pe delle crisi finanziarie che hanno at-
traversato gli ultimi decenni.

Con lo sviluppo del settore informa-


tico e di Internet, nel corso degli an-
ni Novanta furono create numerose
aziende operanti per via telematica, no-
te come dot-com companies per l’utilizzo
di siti web con il dominio «.com» (do-
ve «.» sta per dot, ovvero punto, e «com»
sta per commercial, ovvero commercia-
le). Questo segnò il passaggio da un’e-
conomia legata al settore manifatturie-
ro e all’industria pesante (chiamata old
economy) a un’economia caratterizzata
da un impetuoso sviluppo delle tecno-
logie informatiche e digitali (la cosid-
detta new economy). L’euforia generale
indusse numerosi investitori a finan-
ziare le dot-com companies nella con-
vinzione che il valore dei titoli emes-
si da tali aziende avrebbe continuato a

79
ECONOMIA

crescere. La prospettiva di futuri rial-


zi dei prezzi dei titoli dot-com innescò
ingenti acquisti da parte degli investi-
tori, che fecero ulteriormente lievitare
i prezzi. La bolla speculativa delle dot-
com improvvisamente scoppiò nel me-
se di marzo del 2000, quando diverse
aziende dot-com pubblicarono bilan-
ci deludenti che resero evidente come
i loro titoli fossero sopravvalutati. Gli
investitori si precipitarono a vendere
i titoli in portafoglio, per ridurre il ri-
schio di ingenti perdite, determinando
un drastico crollo delle quotazioni. A
seguito dello scoppio della bolla, mol-
te aziende dot-com fallirono o subiro-
no durissimi colpi. La bolla speculati-
va delle dot-com è esemplificativa della
spirale che si innesca attraverso una fa-
se di rendimenti sempre più elevati, au-
to-alimentati dagli acquisti di investi-
tori in preda all’euforia, che alla fine
sfocia in un crollo dovuto alle vendite
per il timore di perdere tutto.

80
InvestImentI: rendImento e rIschIo

La crisi finanziaria del 2007-2008

A cavallo tra la fine del secolo scorso


e l’inizio di quello presente, negli Sta-
ti Uniti le banche erogarono massic-
ciamente mutui ipotecari a clienti ad
alto rischio di insolvenza, definiti mu-
tui subprime. Ciò stimolò i prezzi delle
abitazioni, generando una bolla immo-
biliare. I mutuatari traevano vantaggio
dai bassi tassi di interesse e le istituzio-
ni finanziarie che concedevano i mutui
potevano rientrare dal prestito anche
in caso di mancato pagamento riven-
dendo a prezzi elevati le abitazioni pi-
gnorate. La bolla immobiliare venne
anche favorita dalle cartolarizzazio-
ni dei mutui, tramite le quali le banche
trasformavano i mutui in titoli nego-
ziabili e li trasferivano a soggetti terzi,
noti come «società veicolo», recuperan-
do (almeno in parte) immediatamente
la somma prestata. I titoli cartolarizza-
ti venivano scambiati prevalentemente

81
ECONOMIA

sui mercati non regolamentati (OTC)


e il loro valore faceva significativo af-
fidamento sulle valutazioni delle agen-
zie di rating.
A partire dal 2007, in seguito a una
serie di rialzi dei tassi di interesse da
parte della Federal Reserve – la banca
centrale degli Stati Uniti – aventi l’o-
biettivo di contrastare la bolla immobi-
liare, divenne evidente che molti pos-
sessori di mutui subprime non erano in
grado di rimborsare i propri debiti, de-
cretando lo scoppio della bolla immo-
biliare. Le valutazioni troppo genero-
se concesse dalle agenzie di rating nei
confronti dei titoli cartolarizzati furo-
no riviste al ribasso. La perdita di va-
lore di siffatti titoli creò considerevoli
difficoltà finanziarie non solamente al-
le società veicolo a cui i titoli erano sta-
ti trasferiti ma anche alle banche, che
si trovavano esposte nei confronti del-
le società veicolo stesse e possedevano i
titoli per motivi di investimento.

82
InvestImentI: rendImento e rIschIo

La crisi finanziaria del 2007-2008 ha


innalzato significativamente la percezio-
ne del rischio da parte dei mercati. Co-
me abbiamo visto, nel 2011 è stata creata
l’ESMA, dotata di poteri di vigilanza sui
mercati finanziari e, in particolare, sul-
le agenzie di rating, accusate di sottova-
lutazione dei rischi e conflitto di inte-
ressi. Al fine di aumentare la trasparenza
dei mercati e la tutela degli investitori,
è stato altresì introdotto l’obbligo di re-
digere documenti informativi – chiama-
ti KID (Key Information Document) e
KIID (Key Investor Information Do-
cument) – contenenti in forma sintetica
e standardizzata le caratteristiche prin-
cipali dei prodotti di investimento. Ta-
li documenti devono presentare le in-
formazioni essenziali atte a guidare gli
investitori nell’assunzione di decisioni
di investimento consapevoli, consenten-
do di comprendere i rischi, i costi, i gua-
dagni e le perdite potenziali, nonché di
operare un confronto con prodotti simili.

83
ECONOMIA

La crisi del debito sovrano europeo

A partire dal 2009 incominciarono a


diffondersi preoccupazioni circa la cre-
scita incontrollata del debito pubblico
di alcuni Stati europei, a causa della re-
cessione scatenata dai mutui subprime
statunitensi. La crisi del debito sovrano
europeo coinvolse inizialmente Grecia,
Irlanda e Portogallo per poi estendersi a
Italia e Spagna. Per quanto riguarda l’I-
talia, a partire dal luglio del 2011, data
la minore fiducia degli investitori nella
capacità di rimborso del debito pubbli-
co, i rendimenti dei titoli di Stato (con
scadenza decennale) crebbero conside-
revolmente, raggiungendo un differen-
ziale con gli omologhi titoli tedeschi di
575 punti base (ovvero 5,75 per cento)
a novembre del 2011. Nel frattempo, le
agenzie di rating decisero i primi de-
classamenti del debito pubblico italia-
no. Per esempio, S&P operò numerosi
tagli del rating, che passò in breve tem-

84
InvestImentI: rendImento e rIschIo

po da A+ a BBB+ (con prospettive fu-


ture negative) a gennaio del 2012.
Per far fronte alla situazione critica
e recuperare la fiducia degli investito-
ri, vennero varate dal governo misure di
emergenza e di austerità. Nonostante
questi sforzi, lo spread con i titoli tede-
schi riprese ben presto a salire, superan-
do i 500 punti base a luglio del 2012. Al
fine di placare le turbolenze dei mercati,
il 26 luglio del 2012 il Presidente della
Banca Centrale Europea (BCE), Ma-
rio Draghi, tenne un discorso, divenu-
to famoso per la locuzione whatever it
takes adottata in quell’occasione, in cui
sostenne solennemente che «la BCE è
pronta a fare tutto ciò che è necessario
– whatever it takes – per preservare l’eu-
ro», assicurando che «sarà abbastanza».
La BCE incominciò a adottare misu-
re sempre più incisive che culminarono
a partire dal 2015 con il programma di
quantitative easing, consistente nell’ac-
quisto di titoli pubblici e privati. Do-

85
ECONOMIA

po il discorso di Draghi, lo spread con


i titoli tedeschi iniziò a calare rapida-
mente, anche se le agenzie di rating de-
cisero ulteriori declassamenti. A luglio
del 2013 S&P tagliò il rating del debito
pubblico italiano a BBB (con prospet-
tive negative) e a dicembre del 2014 a
BBB- (con prospettive stabili), appe-
na un gradino sopra il livello di «tito-
li spazzatura» (junk bonds). Il program-
ma di quantitative easing da parte della
BCE permise di contenere i rendimenti
dei titoli pubblici in tutta l’area dell’eu-
ro, in virtù della riduzione della perce-
zione del rischio connesso al debito so-
vrano.

Crisi sanitaria
e tensioni internazionali

Al fine di limitare la veloce propaga-


zione della pandemia da COVID-19 e
la sua pericolosità per la salute pubbli-
ca, nella prima metà del 2020 numero-

86
InvestImentI: rendImento e rIschIo

si Paesi hanno deciso di implementa-


re, seppur in forme differenti, misure di
distanziamento sociale, divenute note
con la terminologia di lockdown. Le mi-
sure intraprese si sono concretizzate in
restrizioni alla libera circolazione delle
persone e sospensione di diverse attivi-
tà produttive non essenziali.
La crisi sanitaria ha ben presto avu-
to ripercussioni economiche e socia-
li di portata epocale: lo shock sul la-
to dell’offerta dovuto all’interruzione
di alcune filiere produttive è stato ac-
compagnato da quello sul lato della do-
manda, imputabile alla contrazione dei
consumi connessa al taglio delle retri-
buzioni e all’aumento della disoccupa-
zione. A partire da febbraio del 2020,
sui mercati finanziari si è assistito a un
crollo consistente del valore dei titoli,
in particolare di quelli azionari, a cui si
è aggiunta una forte volatilità dei prez-
zi. Al fine di contrastare gli effetti re-
cessivi della pandemia, le autorità dei

87
ECONOMIA

principali Paesi hanno adottato politi-


che di sostegno all’economia. A mar-
zo del 2020, la BCE ha avviato un pro-
gramma straordinario di acquisto di
titoli pubblici e privati per l’emergenza
pandemica (PEPP, acronimo di Pande-
mic Emergency Purchase Programme),
la cui dotazione iniziale di 750 miliar-
di di euro è stata incrementata fino a
1850 miliardi. A luglio dello stesso an-
no è stato approvato il cosiddetto Next
Generation EU (meglio noto come Re-
covery Plan o Recovery Fund) al fine di
sostenere gli Stati membri dell’Unione
Europea colpiti dalla pandemia. Data
la situazione di incertezza, le famiglie
hanno incrementato il risparmio per
motivi precauzionali. Secondo uno stu-
dio della BCE, il tasso di risparmio del-
le famiglie nell’area dell’euro è passato
dal 12-13 per cento prima dello scop-
pio della pandemia al 25 per cento nel
secondo trimestre del 2020. Questo in-
cremento di proporzioni insolite è al-

88
InvestImentI: rendImento e rIschIo

tresì imputabile alle restrizioni gover-


native che hanno limitato le possibilità
di spesa degli individui (cosiddetto «ri-
sparmio forzato»).

Le condizioni dei mercati finanziari


in Italia, come negli altri Paesi dell’U-
nione Europea, sono significativamen-
te migliorate durante il secondo seme-
stre del 2020, con un incremento della
raccolta netta dei fondi comuni aperti
dopo le tensioni emerse nei mesi pre-
cedenti. Nel 2021 è stato approvato il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilien-
za (PNRR) che, nell’ambito del Next
Generation EU, prevede l’erogazione di
sovvenzioni e prestiti all’Italia a condi-
zione che siano attuate riforme strut-
turali riguardanti, tra l’altro, digitaliz-
zazione, transizione ecologica, mobilità
sostenibile, istruzione e ricerca, nonché
inclusione e salute.
L’acquisto di titoli pubblici e pri-
vati da parte della BCE ha contribui-

89
ECONOMIA

to a tenere bassi i livelli dei rendimen-


ti sui mercati finanziari. Verso la fine
del 2021, nonostante gli effetti positi-
vi della campagna di vaccinazione con-
tro il virus da COVID-19 e delle mi-
sure a sostegno all’economia, si sono
registrati segnali preoccupanti legati
all’incremento dei prezzi delle materie
prime e dei prodotti energetici, crean-
do pressioni inflazionistiche. Lo spread
tra i rendimenti dei titoli di Stato (con
scadenza decennale) di alcuni Paesi eu-
ropei, inclusa l’Italia, e i corrisponden-
ti titoli tedeschi è cresciuto a causa del
timore di un’eventuale riduzione degli
acquisti di titoli pubblici da parte della
BCE. Con lo scoppio del conflitto tra
Russia e Ucraina a febbraio del 2022,
le prospettive economiche globali sono
notevolmente peggiorate, aumentando
le incertezze sui mercati finanziari.
In Italia, come in molti altri Paesi,
l’inflazione ha subìto un notevole ri-
alzo, passando (mediamente) dall’1,9

90
InvestImentI: rendImento e rIschIo

per cento nel 2021 all’8,1 per cento nel


2022, a causa principalmente dei rinca-
ri dei prodotti energetici e di altre ma-
terie prime. Un’inflazione più elevata
riduce il potere d’acquisto degli indivi-
dui e quindi il valore della moneta. Per
porre rimedio a questo problema, mol-
te banche centrali hanno optato per un
aumento dei tassi di interesse. La BCE
ha portato il tasso di interesse di rife-
rimento dallo 0 per cento nella prima
metà del 2022 al 3 per cento a febbra-
io del 2023. Rialzi dei tassi di interes-
se sono stati decisi anche dalla Federal
Reserve negli Stati Uniti e dalla Bank
of England nel Regno Unito. Dato che
un aumento del tasso di interesse ren-
de più conveniente risparmiare anziché
spendere, la moneta in circolazione si
riduce e, quindi, aumenta di valore, mi-
tigando le pressioni inflazionistiche. A
causa del contesto di forte instabilità e
tensioni internazionali, le prospettive di
crescita sono state riviste al ribasso e lo

91
ECONOMIA

spread tra i rendimenti dei titoli di Sta-


to italiani e i corrispondenti titoli tede-
schi si è ampliato negli ultimi mesi del
2022. I differenziali di rendimento tra i
titoli emessi dalle imprese e quelli pri-
vi di rischio sono aumentati, riflettendo
il maggior rischio percepito dagli inve-
stitori.

Alcuni suggerimenti

Come abbiamo visto, le attività che


promettono rendimenti più elevati so-
no di norma anche più rischiose. Oc-
corre, quindi, essere consapevoli che a
un maggiore guadagno potenziale si
accompagna generalmente un rischio
più elevato. Per evitare di commettere
gravi errori nelle scelte di investimen-
to, sarebbe opportuno seguire alcune
semplici regole, che risultano utili so-
prattutto in periodi di rischi per la sta-
bilità finanziaria come quello attuale.
Sulla base della disponibilità finanzia-

92
InvestImentI: rendImento e rIschIo

ria personale, è opportuno innanzitut-


to individuare quali sono gli obiettivi
di investimento. Se si vuole accresce-
re il valore del proprio capitale su un
orizzonte medio-lungo assumendosi
dei rischi, l’investimento in azioni ap-
pare più appropriato. Se l’obiettivo è,
invece, quello di proteggere il capitale
contro l’inflazione accontentandosi di
rendimenti relativamente bassi, è me-
glio investire in titoli di Stato o buo-
ni fruttiferi postali. È fondamentale,
in ogni caso, informarsi approfondita-
mente riguardo alle diverse opzioni di
investimento e scegliere accuratamente
le fonti a cui fare riferimento.
Per difendersi dalle fake news, biso-
gna verificare le fonti, confrontare in-
formazioni differenti e valutare criti-
camente i dati a disposizione, senza
fermarsi a un esame rapido e istintivo.
Per quanto conoscere la storia dei ren-
dimenti di un titolo possa essere utile,
dobbiamo tenere a mente che la perfor-

93
ECONOMIA

mance passata non necessariamente si


ripeterà in futuro.
Al fine di prendere decisioni ponde-
rate, occorrerebbe anche evitare di com-
mettere alcuni errori che appartengo-
no alla sfera emotiva, noti come «bias
comportamentali». Per esempio, alcu-
ni individui nutrono eccessiva fidu-
cia nelle proprie capacità e conoscenze
(overconfidence) e credono che esiti ne-
gativi abbiano una probabilità più eleva-
ta di capitare agli altri anziché a se stessi
(optimism bias). Un altro errore diffuso
è l’illusione di essere in grado di con-
trollare fenomeni – come l’andamento
di un titolo – su cui in realtà non si può
avere alcuna influenza (illusion of control
bias). Inoltre, è piuttosto comune cade-
re nella tentazione di dare maggior pe-
so ai fatti che confermano il proprio
punto di vista, trascurando quelli che lo
smentiscono (confirmation bias). Talvol-
ta, si attribuisce ad altri la responsabili-
tà delle proprie scelte rivelatesi sbagliate

94
InvestImentI: rendImento e rIschIo

(attribution bias). Un’altra trappola co-


mune è quella di adottare un comporta-
mento gregario per mancanza di infor-
mazioni adeguate o per la convinzione
che la condivisione con gli altri di una
scelta eventualmente sbagliata possa al-
leviarne le conseguenze (herding behav-
ior). Come abbiamo visto, tale compor-
tamento induce acquisti massicci sui
mercati finanziari sull’onda dell’euforia,
generando una bolla speculativa desti-
nata scoppiare tramite repentine vendi-
te in preda al panico.
Investire è un processo complicato e
non esiste una formula magica per cal-
colare l’investimento ottimale. Occorre
valutare attentamente le caratteristiche
delle possibili attività di investimen-
to, diversificando il portafoglio tra stru-
menti differenti in modo tale da indivi-
duare il giusto equilibrio tra rendimento
e rischio in base alle proprie preferenze.

95
.
BIBLIOGRAFIA

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finanziaria, relazione semestrale, (https://
www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rappor-
to-stabilita/index.html)
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glie durante la pandemia di Covid-19, 2021,
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97
ECONOMIA

M. Pagano, L. Pandolfi, G. W. Puopo-


lo, Economia dei mercati finanziari, il Muli-
no, Bologna 2020

98
.
Finito di stampare nel mese di marzo 2023
a cura di RCS MediaGroup S.p.A.
presso Grafica Veneta , Trebaseleghe (PD)
Printed in Italy
Alessandra Bonfiglioli è Professore Ordinario
di Economia Politica presso il Dipartimento di
Obbligazioni, titoli
Scienze Economiche dell’Università degli Studi di di Stato, azioni,
Bergamo. È laureata in Economia Politica presso
l’Università Bocconi di Milano, e ha ottenuto un
criptovalute: come
dottorato in Economia Politica alla Stockholm orientarsi tra
University in Svezia. In passato, ha ricoperto posi-
zioni accademiche in Spagna (Universitat Pompeu tante possibilità
Fabra) e nel Regno Unito (Queen Mary University di investimento?
of London). I suoi interessi di ricerca riguardano
principalmente gli effetti del commercio interna- In queste pagine
zionale e dello sviluppo tecnologico sulla produt- analizzeremo le
tività delle imprese, il mercato del lavoro, il be-
nessere aggregato e la distribuzione del reddito caratteristiche dei
principali strumenti
Raffaele Fiocco è Professore Associato di Eco- finanziari e i
nomia Politica presso il Dipartimento di Scienze
Economiche dell’Università degli Studi di Ber-
meccanismi che le
gamo. Ha conseguito il dottorato in Economia e determinano. Dopo
Finanza dell’Amministrazione Pubblica presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha colla-
aver incontrato
borato con l’Istituto di economia e politica dell’e- mercati e operatori,
nergia e dell’ambiente presso l’Università Boc-
coni e ricoperto posizioni accademiche presso rating e bolle,
l’Università Humboldt di Berlino, l’Università di capiremo perché
Mannheim (Germania) e l’Università Rovira i Vir-
gili (Spagna). I suoi interessi di ricerca riguardano rischio e rendimento
aspetti di teoria microeconomica legati all’eco- sono importanti nella
nomia industriale, economia dell’informazione e
economia della regolamentazione. scelta del portafoglio
più adatto, anche
in base alla nostra
attitudine al rischio.

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