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ED I Z I O N E NA Z I O NALE

DEL L E O P E R E D I G I U S E P P E PARIN I
Istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (D. M. 2 giugno 1999)

d i retta da g io rg io ba roni
Co m m issione sc ie ntifica
Giorgio Baroni, Presidente
Franco Anelli (Rettore pro tempore
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Marco Ballarini · Paolo Bartesaghi · Anna Bellio
Davide De Camilli · Andrea De Pasquale, Segretario tesoriere
Marco Elefanti (Direttore amministrativo pro tempore
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Edoardo Esposito · Pietro Frassica · Bortolo Martinelli
Silvia Morgana · Andrea Rondini · Giuseppe Savoca
William Spaggiari · Corrado Viola

Ente che ha chiesto Istituzione conservatrice


di istituire l ’ edizione delle carte pariniane

S ede
Biblioteca Nazionale Braidense
Via Brera 28, i 20121 Milano,
tel. 02/86460907, fax 02/72023910
MINISTERO
PER I BENI E
LE ATTIVITÀ
CULTURALI

Con il contributo di
l e tt e r e
G I US E P P E PA R I N I

a c u r a d i co r r a d o v i o la

con la co l la b o r a z i on e d i
pao lo ba rt e s ag h i e g i ova n n i c ata la n i

P I SA · ROMA
FA B R I ZI O SER R A ED I TORE
MMXIII
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isbn 978-88-6227-556-9
isbn elettronico 978-88-6227-558-3
isbn (rilegato) 978-88-6227-557-6
S OM M AR IO

Introduzione 9
Tavola delle abbreviazioni 23
Nota al testo 41
Il corpus: esclusioni e inclusioni 41
Fonti manoscritte 46
Fonti a stampa. Storia della fortuna e storia editoriale 48
La presente edizione 59
Criteri di trascrizione 60
Note 68
Distribuzione del lavoro 69
Ringraziamenti 70

Lett e re 71

Indice cronologico e incipitario delle lettere 239


Indice dei destinatari 244
Indice dei nomi 245
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INTRODU ZIONE

i.
ar conto innanzitutto del titolo di questo volume, che pro-
D segue la serie dell’Edizione Nazionale dopo pezzi significati-
vi del Parini ‘maggiore’ e ‘minore’ – l’aggettivazione è ovviamen-
te carducciana, e il riferimento va nello specifico al Ripano Eupilino
(2011), agli Scritti polemici e alle Odi (entrambi 2012) –, equivale a
mettere in chiaro già in limine, a scanso di eventuali equivoci, due
aspetti essenziali dei testi che qui si pubblicano: la natura peculia-
re del corpus, e, in parallelo, l’attitudine di fondo del Parini episto-
lografo. Ma anche, di riflesso, le caratteristiche tecniche di questo
lavoro editoriale.
Lettere, dunque: e si prenda pure il sostantivo nel senso di una
pluralità collettanea, di un assemblaggio editoriale (e non d’au-
tore), di un accorpamento, se non di disiecta, certo di singularia;
i quali si presentano accomunati sì dall’esteriore caratterizzazio-
ne epistolare, ma sono talora intimamente diversi l’uno dal-
l’altro (per occasione, motivo, scopi, stile, struttura…), tanto da
configurare una varietà tipologica che va dalla vera e propria
familiaris alla supplica scritta in terza persona, dalla lettera uffi-
ciale, anche redatta per incarico e a nome di tutto un corpo («in
nome de’ Professori delle Scuole Palatine», nº 15), alla commen-
datizia, dall’accompagnatoria di altri testi fino al memoriale o a
quella che oggi diremmo ‘autocertificazione’. Non illogico per-
ciò, stante l’obiettiva inadeguatezza al caso specifico di apparen-
ti sinonimi come Carteggio e Corrispondenza, che il più neutro
sostantivo-titolo Lettere si sia subito imposto su di un concorren-
te come Epistolario: un termine, quest’ultimo, foriero di possi-
bili travisamenti per la semantica di compiutezza e organicità
che vi è sottesa, quanto meno sul piano connotativo. Perché
epistolario può intendersi all’incirca come ‘libro di lettere’: e di
‘libro di lettere’, per la presente raccolta, non si può proprio
parlare.
10 introduzione

ii.
Di Parini ci restano soltanto 66 lettere inviate a 391 destinatari fra
il 1752 e il 1798: quasi sicuramente il più «magro»2 epistolario del
nostro Settecento. La non foltissima letteratura critica che se n’è
occupata specificamente sottolinea questo primato negativo at-
traverso un raffronto di per sé eloquente: quello con le quasi due-
cento di Carlo Gozzi e le cinquecento circa di Vittorio Alfieri, gli
altri due epistolografi meno effusivi del nostro siècle epistolaire.3
Certo è che, nel caso di Parini, l’esiguità del corpus residuo con-
segue in primo luogo alla scarsa propensione del poeta al com-
mercio epistolare. È lui stesso a ricordare come fatto noto la pro-
pria «poltroneria» al destinatario non identificato della nº 4 («Voi
sapete, ch’io son poltrone»), la quale lo ha indotto a scrivere una
sola responsiva anziché due: perché, sentenzia per celia, «uno dei
primi assiomi della poltroneria si è di non multiplicar gli enti sen-
za necessità». Scusandosi con lo stampatore Giuseppe Bernardoni
di non aver risposto a una sua prima «graziosissima» lettera e «tar-
dato di rispondere» a una seconda, eccolo accampare, scrive, «una
invincibile mia pigrizia a scriver Lettere» (nº 63): e sì che si trattava
di impartire all’editore delle Odi istruzioni precise e tempestive
per la stampa. Ma anche oltre un quarto di secolo prima egli po-
teva giustificare il costante ritardo nel rispondere alle «carissime»
di Pellegrino Salandri dichiarando di non aver «molta corrispon-
denza di lettere», e perciò di non incaricare «veruna persona» al
prelievo della posta durante la villeggiatura «in campagna» (nº 6).
Al trovarsi «in campagna», e a una «serie di combinazioni» corre-
late, è imputato un ritardo di un mese e mezzo nel rispondere a
Giambattista Bodoni, che pure l’aveva «così di fresco favorito ed
onorato» stampando una «bellissima Edizione» dei suoi «poveri

1 Ma di due lettere, i ni 4 e 19, il destinatario è affatto ignoto, e perciò il computo


complessivo potrebbe diminuire di una o due unità, non potendo escludersi, a
rigore, che una o entrambe siano indirizzate a un altro dei destinatari noti. Ma
cfr. infra, in nota ai detti numeri.
2 L’aggettivo è in Foresti 1948, p. 149.
3 Il raffronto è ad es. in Spaggiari 2011, p. 163, che si raccomanda quale miglior
lettura complessiva dell’epistolario pariniano. Per una ricognizione analitica della
tradizione a stampa degli epistolari di Gozzi e Alfieri, cfr. Viola 2004, pp. 13-15 e 330,
e Viola 2008, pp. 8 e 97.
introduzione 11
versi» (nº 56). Ancora, al Salandri: «Le pochissime corrispondenze
che io ho ne’ paesi esteri, e la mia naturale indifferenza o piuttosto
poltroneria sono il motivo per cui non soglio andar troppo fre-
quentemente alla Posta; e questo fa che molte volte manco invo-
lontariamente a miei doveri» (nº 11). Di «condannevole dimenti-
canza», colpa «grande», «fallo», «dilazione», «trascuraggine»,
imperdonabile «eccesso d’inciviltà» si accusa e scusa rispondendo
con ritardo ad Angelo Mazza nell’agosto 1774 (nº 22). Persino dalla
«veneratissima» Silvia Curtoni Verza, alla quale pure indirizza pa-
role da vero «Adoratore», si lascia «prevenir nello scrivere» (nº 52);
e la colpa è ammessa, nell’attacco, con un’espressione – un
«Dovrei vergognarmi» – che troveremo replicata tal quale, nella
medesima sede, in altra lettera, quella posteriore di più di due
anni e già ricordata al Bodoni (nº 56): una formularità che potreb-
be leggersi, forse, come indizio espressivo di una coazione a ripe-
tere.1 Ma se da un lato non bisogna travisare, assolutizzandolo, il
giudizio affatto topico di ‘trivialità’ riferito alla prosa epistolare
nella prima, già citata delle tre lettere ‘galanti’ alla Curtoni (nº 56),
dall’altro va anche registrata una testimonianza che il Reina, pri-
mo editore delle Opere, ricavava da una missiva pariniana a Gio-
vanni Paradisi oggi irreperibile: secondo la quale il poeta «astene-
vasi dal commercio epistolare, non amando che la purità delle sue
Lettere fosse stuprata da qualche mascalzone».2
Né mancano testimonianze simili ab extra, in lettere di terzi.
Così Saverio Bettinelli, il 10 giugno 1782, disingannava Clementi-
no Vannetti, che fin dal giugno di due anni prima, su invito del
Bettinelli stesso, aveva scritto a Parini per accompagnare l’invio di
una sua Epistola in versi: «s’ella presente un carteggio con lui, oh
vedrà un nuovo misantropo in Letteratura familiare, come lo è
nel tardar tanti anni il fin dell’opera».3 E ancora il 23: «Se Parini le

1 Per un’altra «formula» replicata nella prosa epistolare pariniana cfr. Spaggiari
2011, pp. 167-168.
2 Reina 1801-1804, i, p. lxii. Il corsivo è del Reina, a segnalare le precise parole
della lettera di Parini a Paradisi. Queste medesime parole tratte dalla Vita del Reina
– «le parole di un classico» – citava Manzoni scrivendo al Grossi nell’aprile 1820, a
sostegno del sospetto che «alla posta si aprono le lettere»: Grossi 2005, i, p. 208.
3 BCTRov, Ms. 6. 33, cc. 27-28 (edita in Vittori 1899, pp. 75-76). L’«opera» che
Parini tarda a concludere è naturalmente il Giorno. Dell’accompagnatoria di
Vannetti a Parini accennata a testo, databile tra il 2 e il 6 giugno 1780, sappiamo da
due lettere del roveretano al Bettinelli appunto recanti quelle date: BCTRov, Ms. 6.
5, cc. 54-55.
12 introduzione
scriverà, ciò ch’io non credo, n’avrei gran piacere».1 Perché l’au-
tore del Giorno è, senza meno, «un pigraccio ipocondriaco per
non dire altro».2
All’esilità del carteggio ‘attivo’ non può rimediare, neppure
parzialmente, come invece accade in altri casi, quello ‘passivo’, di
fatto pressoché inesistente per la dispersione postuma delle carte
pariniane; le quali, scrive sconsolato il Reina a Diodata Saluzzo il
22 luglio 1801, «caddero sgraziatamente in barbare mani, per in-
giuria de’ tempi», e «tutto il carteggio fu dato alle fiamme».3 Non
è dunque possibile, oggi, ricostruire compiutamente la rete epi-
stolare pariniana in tutta la sua consistenza reale. Se però si con-
sidera la riluttanza del poeta alla pratica del corrispondere, non
sarà forse irragionevole presumere che alla rete residua non deb-
bano mancare molte maglie, e poche o addirittura nessuna delle
principali. Si aggiunga che, se ci fosse giunto, il carteggio passivo
non ci avrebbe probabilmente consentito di registrare molti altri
‘corrispondenti’ – s’intenda qui la qualifica nel suo senso forte,
con riferimento cioè ai titolari di uno scambio protratto nel tem-
po e ‘corrisposto’ dal destinatario –, ma semmai di stilare una lista
di mittenti di una o poche lettere ciascuno: per lo più, è presumi-
bile, accompagnatorie di lavori letterari in versi o in prosa inviati
in lettura al poeta presto celebre e verosimilmente lasciate da lui
senza risposta, o al più degnate di qualche parola di circostanza.4

1 Bettinelli a Vannetti, 23.vi.1782, BCTRov, Ms. 6. 33, c. 129. Il pronostico dovette


peraltro rivelarsi inesatto, giacché il 3 agosto 1791 lo stesso Bettinelli, sempre scri-
vendo a Vannetti, citerà un passo di lettera perduta di Parini a Vannetti, che qui si
riporta (il corsivo, del manoscritto, segnala appunto la citazione): «L’Ab. Parini ne
dice a lei altrettante [scil. lodi] dicendo che le belle riflessioni di lei su le due lingue non
solo istruiscono, ma aprono un vasto campo a nuove idee» (BCTRov, Ms. 6. 38, c. 160).
2 Bettinelli a Vannetti, 11.xi.1784, BCTRov, Ms. 6. 33, cc. 249-250. Ma anche a Ip-
polito Pindemonte il Parini era sembrato «infingardo assai»: così il veronese scrive-
va il 7 giugno 1783, sempre al Vannetti: «Parini […] mi disse che avea pensato di scri-
vervi una lunga lettera […], ma che per la solita sua infingardaggine si rimase di
farlo. Di fatti egli è infingardo assai, e lentissimo nel comporre» (Cimmino 1963, ii,
p. 46).
3 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 751 (e, per le vicende dei manoscritti pariniani,
ivi, pp. 760-765). Non par dubbio che per «carteggio» il Reina intenda quello ‘passi-
vo’, cioè le lettere scritte al Parini dai corrispondenti (e al limite le minute pariniane,
sempre che esistessero davvero: il che non risulta).
4 Di qualche lettera diretta al Parini si dà il testo qui infra, nella fascia di com-
mento posta in calce ai ni 16 (Girolamo Ferri), 22 (Angelo Mazza), 43 (Francesco Gri-
selini), 56 (Giambattista Bodoni), 59 ( Johann Joseph Wilczeck), 66 (Ruggero Ragaz-
introduzione 13

iii.
Tuttavia, pur nella loro esiguità quantitativa, i materiali che ci so-
no giunti non impediscono la delineazione di un quadro comples-
sivo, o per lo meno il rilievo di alcuni nuclei d’interesse. Il primo
e più cospicuo è senz’altro riferibile al ruolo pubblico del Parini
intellettuale-funzionario, regio professore di «eloquenza superio-
re» e in stretto contatto con personaggi-chiave dell’amministra-
zione della Lombardia austriaca, come Gian Luca Pallavicini, Jo-
hann Joseph Wilczeck, Carlo Giuseppe Firmian, Gian Rinaldo
Carli, Antonio Greppi. Naturalmente, della collaborazione di Pa-
rini con gli organi di Governo, di quello che lui stesso definisce
«ardentissimo zelo di ben servire il suo Principe, e d’impiegarsi
con tutte le forze a vantaggio della sua Patria» (nº 9), emergono
qui i risvolti più legati alle vicende di una esistenza sempre preca-
riamente dipendente, per le condizioni materiali, dalla benevolen-
za munifica del potere: ecco dunque l’agognata istituzione della
cattedra milanese di eloquenza, la reiterata istanza di benefici ec-
clesiastici o di altri incrementi stipendiali, l’officiosa gratitudine
per le attenzioni o i donativi ricevuti, la richiesta di «qualche stan-
za» in più a Brera o di un posticipo della data d’inizio per il suo in-
segnamento. Pur senza mai derogare a una sua garbata dignità di
contegno, è un Parini tutt’altro che restio a «percoter / le dure il-
lustri porte» dei potenti. Petitio e gratulatio le due dimensioni
esclusive – anche a livello di tipologia epistolare, di organizzazio-
ne e coloritura retorica del testo – di queste lettere ai «Grandi»
(nº 27). I più ampi processi storico-politici e di riforma ammini-
strativa allora in corso, alla cui realizzazione Parini reca il suo con-

zi). A queste devono aggiungersene una (s. d. [1791]) del meratese ma cremonese
d’adozione Cosimo Galeazzo Scotti (1759-1823), riportata in Bellò 1823, pp. 173-175,
e un’altra (17.viii.1798) del ministro degli Affari Interni della Cisalpina Diego Guic-
ciardi (1756-1837), trascritta in Gioja 1878, p. 26. Del pochissimo rimasto delle cor-
rispondenze con Paradisi e Vannetti s’è già detto. Di altre lettere abbiamo soltanto
notizia: due (23.xii.1790 e 29.ix.1791) del piacentino Giampaolo Maggi (1744-1823) so-
no sunteggiate in Peri 1911, p. 56n (ma cfr. anche Carini 1995, p. 135); ad altre, che
il Parini avrebbe diretto non si sa in che anno al mortarese Luigi Travelli (1761-1836)
per offrirgli una cattedra a Brera, fa cenno Trona 1838, p. 18. Infine, Valente 1914
pubblica come di Gasparo Gozzi al Parini una lettera del 29.ix.1764 che in realtà è
indirizzata all’abate Giulio Perini da Giambattista Gozzi, figlio di Gasparo: cfr.
Gozzi 1999, p. 1143.
14 introduzione
tributo di fedele «servitore», come il riordinamento generale del-
l’istruzione superiore voluto da Maria Teresa, o, negli anni della
Cisalpina, l’organizzazione dei teatri nazionali nell’ambito di un
più vasto «piano di pubblica educazione», si profilano soltanto sul-
lo sfondo, o si intuiscono nel dettaglio dei «servizi» prestati dal
poeta e da lui esibiti in forma di memoriale come crediti per la ri-
scossione di qualche vantaggio personale: e sono mansioni non
prive di un certo rilievo, come la redazione del piano e delle leggi
per l’Accademia di Belle Arti di Mantova e per quella di Agricol-
tura e Manifatture, la compilazione della «Gazzetta di Milano», la
composizione dell’Ascanio in Alba per le nozze arciducali, il ruolo
di esaminatore dei professori in provincia, la stesura di pareri e re-
lazioni, la revisione formale di manoscritti e di atti governativi, la
partecipazione alla Commissione per la riforma dei libri scolastici
elementari e altro ancora. Sia pure nei limiti che si sono detti e in
maniera meno diretta rispetto ai vari scritti per le riforme e l’or-
ganizzazione degli studi e delle accademie,1 anche questi docu-
menti epistolari attestano, come è stato autorevolmente osserva-
to, «da un lato un impegno civile e una volontà riformatrice non
inferiori a quelli degli intellettuali illuministi inseriti nella gestione
dello stato, e dall’altro il prestigio di cui godette sia come poeta
sia come uomo di cultura».2
La deferenza dovuta allo status del destinatario si traduce in una
prosa ben consapevole dei necessari ingredienti retorici ma in nes-
sun caso corriva all’unzione servile o al vaniloquio cerimonioso;
e talora affiorano persino toni meno formali, soprattutto quando
la lettera non è occasionata da ragioni d’ufficio. Come nelle gra-
tulatorie al Greppi (ni 27 e 35), il quale, con «un atto di cortesia
spontanea ed opportuna», lo aveva omaggiato della china neces-
saria a guarire da un’ostinata «terzana» e successivamente risarcito
ad abundantiam di un furto di biancheria con il «regalo di due pezze
finissime di Tela d’Olanda»: a lui Parini sente di dover addurre
l’«esuberanza» dei suoi «affetti» a scusante della «lunghezza dello
scrivere» (nº 35). A Gian Rinaldo Carli, allora presidente del Regio
Magistrato Camerale, che lo aveva generosamente ospitato nel
suo palazzo durante i lavori di risistemazione delle scuole di Brera,
indirizza nella primavera del 1780 (nº 41) alcune righe all’insegna di

1 Li si veda raccolti nella sez. iv di Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 273-398.


2 Così Gennaro Barbarisi introducendo Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 16-17.
introduzione 15
un’arguta e divertita autoironia: parole che davvero reclamano
estesa citazione, sia per la loro freschezza e sapidità, sia come spe-
cimen di un registro tonale non così frequente, nelle lettere (il solo
passo degno di confronto è l’«Ingrasso, ringiovanisco, divento bel-
lo, che è una meraviglia» della nº 21 al Paganini):
mi pare d’esser diventato un gran Signore. L’altro giorno venne qualcu-
no a prendermi colla carrozza, per condurmi alla Società Patriotica. Io
passai per un grande appartamento, scesi appoggiato al bastone per un
magnifico scalone, montai in carrozza, e mi ci sdraiai con quella felicità,
che conviene ad un Duca gottoso. Se io impazzisco, la colpa sarà di V. E.,
ma anche la pazzia ha i suoi piaceri, e di questi ancora sarò debitore a
Lei. Invidio a V. E. il soggiorno della campagna; e invidio V. E. al soggior-
no stesso. Qualche volta ci troveremo insieme V. E., la campagna, ed io.
Anche il Giovin Signore, recandosi al termine del Mattino al
«pranzo» della «Dama» (vv. 1071-1074), scende le scale del palazzo
avito e, aiutato non dal bastone ma dalle «braccia» di uno dei tanti
servi, sale il «dorato / cocchio» e ci si «sdraia»: non però felice
come un duca gottoso, ma «tacito, e severo / sur un canto», con il
cruccio altezzoso che si conviene al suo rango e all’occasione
solenne dell’uscita in pubblico.

iv.
Ma anche i «grandi personaggi» possono «mostrare un generoso
interesse» alla poesia: e si sorprende allora il Parini impegnato nel-
la promozione fuori di Lombardia del Mezzogiorno, «Poemetto
consecutivo al Mattino», di cui il 17 agosto 1765 egli invia una copia
fresca di stampa all’ex-governatore della Lombardia austriaca
Gian Luca Pallavicini, da più di un decennio trasferitosi a Bologna
(nº 2).
Per il resto, la storia compositiva e redazionale del Giorno de-
posita nelle lettere qualche scarna ma non disprezzabile traccia. A
cominciare, nell’ordine, dalle dichiarazioni solo apparentemente
contraddittorie sulle effettive intenzioni di ultimare il poema che
si leggono nella lettera del settembre 1766 all’editore veneziano
Colombani, al quale dichiara sì di aver «quasi dimesso il pensiere»
della Sera, ma intanto propone l’idea e le condizioni contrattuali
di una futura «edizione elegante di tutte e tre i poemetti» (nº 3).
Ha poi una certa rilevanza, da questo punto di vista, la lettera al
Bodoni del novembre 1791 (nº 56): ne risulta che nell’inverno del-
16 introduzione
l’anno successivo il poeta si riproponeva di ultimare le due restan-
ti parti del Giorno e di compiere l’intera opera, ed era comprensi-
bilmente tentato da un’edizione definitiva bodoniana, nella quale
avrebbe innestato le aggiunte preparate al testo di Mattino e
Mezzogiorno. Ma, com’è noto, neppure col Bodoni le trattative in-
tavolate riuscirono concludenti. A un’edizione andata in porto,
ma delle Odi, si riferiscono invece i «pochi cangiamenti» al testo
di Alla Musa («que’ pochi senili miei versi»), preziosi per la filologia
pariniana, comunicati a Febo d’Adda nel giugno 1795 (nº 62).
Informazioni più dettagliate riguardano alcune prose critiche
pariniane degli anni Sessanta: e sono anzi le lettere, in questo ca-
so, a fornire testimonianze fondamentali e non attingibili ad altra
fonte. Così, soltanto dalla lettera al Salandri del dicembre 1768
sappiamo di una progettata ma poi abortita edizione luganese del
Femia di Pier Jacopo Martello, per la quale Parini aveva scritto la
prefazione (nº 6); mentre la prima delle tre missive al Bettinelli
contiene una preziosa assunzione di paternità dell’estratto del
Tableau de l’histoire moderne del Méhégan, comparso anonimo in
un giornale milanese nell’estate del 1767 (nº 7).

v.
Purtroppo, a differenza di quanto avviene per tanti altri epistolari
settecenteschi, le missive pariniane non consentono di ricostruire
che in minima parte le letture del poeta nell’arco dei trentacinque
anni compresi dalla composizione del Mattino alla morte: i com-
menti sulle novità letterarie sono rari e pressoché tutti di circo-
stanza, espressi come sono direttamente agli autori che a loro vol-
ta li hanno occasionati con l’invio dei propri libri o testi; e di
regola, e comprensibilmente, la gratitudine per l’omaggio fa velo
all’acume del giudice. Così, per quanto diffuso, resta sulle gene-
rali il plauso rivolto al Bettinelli per l’Entusiasmo («spiritoso e filo-
sofico Libro […] pieno di cose nuove ed importanti, e di principj
atti a rimetter sulla buona via gl’ingegni Italiani», nº 7: ma è nota,
d’altronde, la scarsa stima del Parini per il letterato gesuita).1 Non
diversamente, il giudizio sulle opere di Angelo Mazza si risolve in
un generico apprezzamento del «merito» nelle «cose letterarie»
del letterato parmense, noto a Parini «e per fama e per produzio-

1 Cfr. infra, in nota a questa stessa lettera.


introduzione 17
ni»; mentre il promesso invio da parte dello stesso Mazza del poe-
metto sul Bello armonico, «materia così poetica insieme e filosofi-
ca», desta in lui il ricordo di «alcuni versi abbastanza pregevoli» del
torinese Gaetano Emanuele Bava di S. Paolo, che è poi uno dei
due soli giudizi su opere di terzi che sia dato spigolare in tutto
l’epistolario pariniano (l’altro è relativo alle Quattro parti del giorno
di Ippolito Pindemonte; e tanto questo, di cui si dirà infra, quanto
quel netto e svelto «abbastanza pregevoli» riferito al poemetto del
Bava fanno davvero rimpiangere la rarità di simili giudizi, che an-
che da altre fonti sappiamo espressi «con somma libertà»).1
Un piccolo capolavoro di retorica è l’elogio dell’Uso, un poe-
metto di imitazione pariniana del bresciano Durante Duranti:2
rinviato a una prossima occasione l’impegno di «scendere a qual-
che particolare», l’emulo è invitato a cancellare la «meretricia
Iscrizione» All’unico immortale Parini: «Potrebbe darsi che io fossi
immortale: ma unico non sarò già più»; tale era sì nel suo «gene-
re», ma fintantoché scendevano in lizza con lui soltanto dei «pig-
mei» (nº 33). Altre volte, alla riconoscenza per l’omaggio si ag-
giunge quella per gli elogi rivolti al suo nome nei lavori di cui
viene omaggiato: è il caso di un sonetto del Bettinelli (nº 37) o di
una biografia del medesimo Duranti composta dal Corniani (nº
44). Due soli giudizi spiccano sugli altri, da cui si differenziano per
un certo impegno critico: il primo è quello inusualmente circo-
stanziato sul «bel poemetto» del Rezzonico L’eccidio di Como, dove
al rilievo di alcuni luoghi «ammirati» seguono puntuali osserva-
zioni di carattere generale e particolare (nº 48); il secondo, altret-
tanto inusualmente privo di schermature retoriche, per lo meno
in apparenza, è rivolto nel febbraio 1797, dal poeta ormai «vec-
chio», ai Versi di Diodata Saluzzo Roero, che gli appaiono «singo-
lari», in rapporto alla «freschissima età» dell’autrice, sia per matu-
rità di esiti sia per prolificità, e gli suggeriscono un confronto fra
i «tanti e così felici componimenti» di una «Donzella» e i «pochi»
da lui fatti «a grande stento e tanto mediocri» nel corso della sua
carriera (nº 65); confronto che, a voler dar credito alla professione

1 «Parla poi con somma libertà delle cose stampate, stima pochissimi»: così Pin-
demonte scrive a Vannetti a proposito di Parini nella cit. lettera del 7 giugno 1783
(Cimmino 1963, ii, p. 47).
2 Sulle imitazioni del Giorno, ancora utile Agnelli 1888; e cfr. anche, per un
quadro bibliografico, la sezione viii (Imitazioni) di Bustico 1929, pp. 40-44.
18 introduzione
di schiettezza che segue subito dopo («io non asserisco mai se non
ciò che a tutto rigore mi sembra vero, e […] non amplifico mai nè
biasimando nè lodando per qualsivoglia motivo»), verrebbe fatto
di giudicare umanissimo e in tutto sincero, se non fosse la trascri-
zione nella «triviale prosa di una lettera», per dirla col Parini della
nº 52, di un complimentoso sonetto, il xl del Ripano, dettato quasi
mezzo secolo prima in lode di un’altra giovane poetessa.1
Si aggiunga pure, su un piano più generale, il rilievo preoccu-
pato sulle sorti della poesia, che nel 1768 Parini vede minacciata
dell’imperversante ‘filosofismo’ («sono oggimai mancati quei po-
chi che qui facevan professione di seguitar le Muse […]. Tutto ci
è divenuto politica, e filosofia: e mio danno s’io dico una bestem-
mia, credo, che non ci sia nè Muse, nè politica, nè filosofia»: nº 6).
Ma se è troppo poco, in ogni caso, per tracciare un quadro atten-
dibile dei gusti pariniani in fatto di letteratura contemporanea, i
giudizi sopra riportati hanno il merito, tuttavia, di restituire una
parte delle relazioni intrattenute da Parini con i letterati coevi. Per
completare il dossier, alle già ricordate deve aggiungersi almeno
la ferma lettera indirizzata ad Angelo Teodoro Villa nel gennaio
del 1776, a chiarire i rapporti reciproci temporaneamente compro-
messi dalla rivalità amorosa per l’attrice Teresa Mussi, a seguito di
un punzecchiante sonetto del ‘trasformato’ milanese (nº 28). Meri
atti dovuti, significativi meno di rapporti personali con i singoli
destinatari che di relazioni con i loro ruoli di rappresentanza ac-
cademica nonché di vicinanza a Parini da parte di precisi ambienti
culturali, sono invece le gratulatorie al Salandri (nº 11) e al Pizzi
(nº 31), per l’ascrizione rispettivamente all’Accademia Virgiliana
di Mantova e all’Arcadia; e così pure l’accettazione dell’incarico,
poi non eseguito, di redigere l’elogio della defunta Maria Teresa,
accettazione che Parini partecipa al segretario della Patriotica nel
gennaio 1781 (nº 43).
vi.
Una sezione a sé stante formano le tre già ricordate lettere ‘galan-
ti’ alla Curtoni Verza, che a Carducci parvero «appassionate».2 Il
Reina, pubblicando il quarto volume delle opere pariniane, dove
le «leggiadre ed affettuose» lettere sono edite per la prima volta (e
giudicate «uno de’ più vaghi ornamenti di questo elegante Volu-

1 Cfr. Albonico 2011, p. 110. 2 Carducci 1942, p. 331.


introduzione 19
me»), lo dedicava alla Curtoni, lusingandosi di non essere da lei
biasimato per la divulgazione di queste epistole, in cui il «sommo
Letterato Italiano de’ tempi nostri» le si rivolgeva parlando «il di-
vino linguaggio dell’amore».1 Si tratta in effetti di un piccolo can-
zoniere epistolare, singolarmente compatto nel tono («questo
mio tenore di scrivere tra il faceto e il galante») e nel tempo (meno
di due mesi, tra il 22 gennaio e il 12 marzo del fatidico 1789). Il ca-
talogo delle bellezze della dama ha però ben poco del petrarchi-
smo, a cui pure sembra alludere, si direbbe, quasi con involontaria
parodia: a cantare le «grazie dello spirito e della persona» della
donna lontana è un «animo fieramente sensibile a quel bello che
esce dall’ordinario corso della natura e della educazione», lo «zelo
proporzionatamente esaltato» di chi si riconosce «l’uomo il più
sensitivo della terra»; e il ritratto ha i colori, ben settecenteschi, di
una vibrante sensiblerie individuale che si dispiega in una consoli-
data dimensione di sociabilité. Ci sono sì gli «occhi» e addirittura
«la bella mano»: ma i primi, «vivacissimi», sono apprezzati come
«validi interpreti della penetrazione e della energia del di Lei ani-
mo», e la seconda è riconosciuta tale non tanto «perchè bella»,
quanto perché «appartenente ad una persona fornita di tante gra-
zie e di tanti meriti», e ammirata nell’atto di deporre «in carta» le
«cose dettate» da una «mente sì bene ornata ed inspirata dalle Mu-
se». E ci sono soprattutto, del tutto antipetrarchisticamente, «lab-
bra […] efficacemente parlanti», di «poderosa muscolosità», dalle
quali «viene con tanto impeto scagliata la persuasione». Si disegna
insomma il profilo virile di una donna di carattere, avvezza alla
discussione nei salotti dell’epoca (celebre, del resto, il suo salon
veronese di palazzo Bra), incline, in letteratura, a certo gusto pre-
romantico allora di moda (e il classicista Parini le rimprovera il
suo scrivere «di morti di tombe o d’altre simili […] malinconie»,
inadatte «alla sua età, al suo sesso ed alla piacevole economia della
vita»: giudizio in linea con l’altro, espresso poco più sotto e già ri-
chiamato, sui versi pindemontiani: «benchè non mi soddisfaccia-
no del tutto per rispetto al tutto, contengono per altro delle cose
belle»); una donna che in società sa imporsi, oltre che farsi ammi-
rare, per doti di «spirito», «grazia» e «cultura» tanto «più singolari
e prepotenti» in quanto «ravvivate da una lievissima tinta maschi-
le». La mascolinità esteriore riverbera dunque una ‘virilità’ inte-

1 Reina 1801-1804, iv, p. [4].


20 introduzione
riore; e si osserva indubbiamente, a livello di lessico galante, un
rinnovamento del «galateo amoroso» in direzione di un «gusto
sensuale nuovo»,1 ma anche – a monte, sul piano ideologico – una
parallela conferma dei tratti ‘maschili’ convenzionalmente attri-
buiti all’intelligenza, alla cultura, all’abilità dialettica, soprattutto
se queste doti, come in questo caso, siano riconosciute «singolari
e prepotenti».
D’altra parte, i soli servizi d’amore che il Parini sessantenne, at-
tempato cicisbeo-poeta, può promettere alla fascinosa dama sono
quelli di un «vecchierello immaginoso, che senza stancarla le so-
spiri qualche volta da vicino» (perché, quanto al «fare all’amore»,
penseranno i «bei giovani» ad accorrere a «tanto splendore»). Non
sorprende allora che, nell’ultima, più composta lettera alla Cur-
toni (e nel frattempo il pronome allocutorio è passato dal Lei al
voi), la prosa epistolare faccia luogo ad «alcuni pochi […] versi»: è
il sonetto Silvia immortal, benchè dai lidi miei, offerto «in testimonio
di ricordanza ossequiosa e perpetua» all’«Adorabile Silvia». Accol-
ti e fissati una volta per tutte nelle forme definitive della poesia, i
sospiri possono infine decantarsi e abbandonare la «triviale prosa
di una lettera» (nº 52).
vii.
Un sentimento d’amore più inquieto e passionale, quello per la
Mussi, sostanzia per larga parte, un quindicennio prima, le cinque
lettere al medico Giuseppe Paganini, fidato intermediario nei rap-
porti segreti, anche epistolari, tra il poeta e l’amata. È questo il ve-
ro Parini intimo dell’epistolario: il Paganini, insieme con il desti-
natario ignoto della commendatizia per il Risi (nº 19), è, oltre
all’allievo Zanoia (nº 32), l’unico corrispondente al quale il poeta
si rivolga con la seconda persona singolare, un tu di affetto sincero,
di calda amicizia e di piena confidenza (sono dunque queste le sole
lettere di maniera «compagnesca», per seguire la classificazione
formale del Baretti,2 dell’intero epistolario); l’unico al cui «cuore»
e «fede» egli affidi «i segreti più grandi e più intimi dell’animo» suo

1 Ricaldone 2000, p. 190.


2 Nella Scelta di lettere familiari fatta per uso degli studiosi di lingua italiana (1779),
Baretti distingue tre «maniere» epistolari sulla base degli allocutori caratteristici di
ciascuna di esse: il Vostra Signoria della «signorile», il voi dell’«amichevole» e il tu
della «compagnesca», in uso tra «quelli che sono legati […] d’un affetto cordiale»:
Baretti 1912, pp. 3-6 (e cfr. Petrucci 2008, p. 123).
introduzione 21
(nº 25); il solo al quale non trascuri mai di scrivere per proprio «pia-
cere» e «interesse» (nº 26), e di cui desideri la «dolcissima compa-
gnia» (nº 23). E accanto al Paganini e alla moglie, la cui «amicizia»
è «cresciuta a dismisura», ricorda grato Parini, «in occasione delle
tante gentilezze, parzialità, ed assistenze usatemi nella mia malat-
tia» (nº 23), s’intuisce la cerchia più ristretta degli amici milanesi, i
cui nomi ricorrono insistentemente nei saluti: «D.n Alessandro»,
«l’Ab.e Bonsignori», «la Sig.ra Teresina», «la Tognina, il Bellati, il
Pietrino, l’Avv.o Casali»; una picciola compagnia fidata e cordiale
(vi si intravede lo «stuol d’amici numerato e casto» dell’ode Alla
Musa, v. 25), che il desiderio del poeta, scrivendo a Milano da Cantù
a proposito di una gita sulle colline di Montesolaro («Monsorè,
uno de’ luoghi più deliziosi che io abbia mai visto»), non esita a
proiettare nell’amena cornice della vita rustica: «Oh quanto ci sta-
remmo noi bene con un numero d’amici, radunativi, non dalla va-
nità e dall’ambizione, ma dalla benevolenza e dall’amore!» (nº 23).
Ma anche il tema pur così sentito ed evidente dell’idillio de ami-
citia, come, a maggior ragione, le informazioni circa la propria sa-
lute e un «affare» che pure doveva stare molto a cuore al corri-
spondente, quello per la carica di medico seniore al Santa Corona,
è destinato a passare in second’ordine rispetto ai «vaneggiamenti»
(nº 24) del Parini innamorato: ed ecco susseguirsi nelle lettere,
espressi con un patetismo a tratti quasi febbrile, i timori, le amba-
sce, i dubbi, le esitazioni, i sospetti, i patemi di un «cuore» che è
«nel maggior tumulto», «nello stato più penoso e violento» che
«abbia provato mai» (nº 25). Tra le «fantasie di questa sua adultis-
sima fanciullaggine» vien fatto allora di spigolare, di tanto in tan-
to, un autoritratto appena abbozzato, una breve confessione non
priva di rilievo prosopografico, un frammento introspettivo con
cui Parini sembra quasi voler giustificare la propria accusata «in-
discrezione» (nº 26): «La natura mi ha disposto a dei sentimenti,
che mi dovevan render perpetuamente infelice: ed io son così de-
bole, che non ho mai saputo far uso della ragione per domarli, o
almeno per moderarli» (nº 25); o ancora, ma con riferimento più
specifico alla situazione contingente: «io sono come un uomo
smarrito, che si lascia condurre dal caso, e dalla tristezza che lo la-
cera» (nº 26). È, insomma, la «malattia di spirito» autodiagnosti-
cata come ormai cronica in una lettera al Mazza di qualche mese
prima (ad essa, scrive, «per motivi segreti al mio cuore, sono fre-
quentemente soggetto»: nº 22).
TAVO L A DEL L E ABBR EVI AZ I O NI

i. Biblioteche e archivi
ABSBMi = Archivio della Basilica di San Babila - Milano
ACGu = Archivio Comunale - Gualtieri (Re)
AGCRSRm = Archivio Generalizio dei Padri Somaschi - Roma
ANVMn = Accademia Nazionale Virgiliana - Mantova
AOMMi = Archivio dell’Ospedale Maggiore - Milano
ASBo = Archivio di Stato - Bologna
ASDCo = Archivio Storico della Diocesi - Como
ASDMi = Archivio Storico Diocesano - Milano
ASMi = Archivio di Stato - Milano
ASNo = Archivio di Stato - Novara
ASPv = Archivio di Stato - Pavia
ASTs = Archivio di Stato - Trieste
BAMi = Biblioteca Ambrosiana - Milano
BARm = Biblioteca Angelica - Roma
BAV = Biblioteca Apostolica Vaticana - Città del Vaticano
BCASFo = Biblioteca Comunale Aurelio Saffi - Forlì
BCCNNo = Biblioteca Civica Carlo Negroni - Novara
BCLFDGLi = Biblioteca Comunale Labronica Francesco Domenico Guer-
razzi - Livorno
BCOme = Biblioteca Civica - Omegna (Vb)
BCQBs = Biblioteca Civica Queriniana - Brescia
BCTMn = Biblioteca Comunale Teresiana - Mantova
BCTn = Biblioteca Comunale - Trento
BCTRov = Biblioteca Civica Tartarotti - Rovereto (Tn)
BEUMo = Biblioteca Estense Universitaria - Modena
BLLondon = British Library - London
BNBMi = Biblioteca Nazionale Braidense - Milano
BNCFi = Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze
BNMVe = Biblioteca Nazionale Marciana - Venezia
BNUTo = Biblioteca Nazionale Universitaria - Torino
BPPr = Biblioteca Palatina - Parma
BSCr = Biblioteca Statale - Cremona
BSLu = Biblioteca Statale - Lucca
BTMi = Biblioteca Trivulziana - Milano
CBVGMon = Consorzio Brianteo Villa Greppi - Monticello Brianza (Lc)
FRMMi = Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico -
Milano
HHSWien = Haus-, Hof- und Staatsarchiv - Wien
HSPPhil = Historical Society of Pennsylvania - Philadelphia
24 tavola delle abbreviazioni
MCRRm = Museo Centrale del Risorgimento - Roma
MMSMi = Museo Martinitt e Stelline - Milano
PAK = Pokrajinski Arhiv - Koper
PMLNY = Pierpont Morgan Library - New York
RMLPhil = Rosenbach Museum & Library - Philadelphia
SAAAW = Smithsonian’s Archives of American Art - Washington

ii. Opere1
Acerbi-Marcocchi 1988 = Ricerche sulla Chiesa di Milano nel Settecento, a cu-
ra di Antonio Acerbi e Massimo Marcocchi, Milano, Vita e Pensiero, 1988.
Agnelli 1888 = Giuseppe Agnelli, Precursori e imitatori del «Giorno» di
Giuseppe Parini, Bologna, Zanichelli, 1888.
Albonico 2011 = Giuseppe Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, a cura
di Maria Cristina Albonico, presentazione di Giorgio Baroni, introduzio-
ne di Anna Bellio, Pisa-Roma, Fabrizio Serra, 2011 (Edizione Nazionale
delle Opere di Giuseppe Parini, dir. Giorgio Baroni).
Alfonzetti 2001 = Beatrice Alfonzetti, Congiure. Dal poeta della botte
all’eloquente giacobino (1701-1801), Roma, Bulzoni, 2001.
Allevi 1970 = Febo Allevi, Fortuna ed eredità del Parini, Firenze, Le Mon-
nier, 1970.
Amaduzzi-Gabrielli 1773 = Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta, cur.
Giovanni Cristofano Amaduzzi - Cleofe Gabrielli, ii, Romae, apud Grego-
rium Settarium ad insigne Homeri, 1773.
Andrés 2006 = Juan Andrés, Epistolario, a cura di Livia Brunori, Valencia,
Generalitat Valenciana, 2006, 2 voll.
Antolini 1832 = Lettere familiari di celebri Italiani antichi e moderni corredate
di grammaticali e tipografiche annotazioni, e di copiosi paralleli per la retta pro-
nunzia di moltissime voci, ad esercizio della studiosa gioventù da Francesco
Antolini, Milano, Luigi di Giacomo Pirola, 18322 [18251].
[Antonini] 1996 = Angelo Maria Durini cardinale umanista nel secondo cente-
nario della morte, 1796-1996, [a cura di Ezio Antonini], Atti del convegno,
Lenno, 15 maggio 1996, Lenno, Biblioteca Comunale Vittorio Antonini,
1996.
Aporti 1910 = Giuseppe Parini, Prose scelte … Trattato dei principî delle belle
lettere. Discorsi e scritti letterarî, con prefazione e per cura di Pirro Aporti,
Milano, Sonzogno, 1910.

1 La presente bibliografia registra le opere citate in ogni parte del volume, com-
presa l’Introduzione. Di regola le edizioni delle opere di un autore sono siglate con
il nome dell’autore seguìto dall’anno di edizione: fanno eccezione le opere parinia-
ne, qui indicate con il nome del curatore (ad es. Caretti 1951, anziché Parini 1951)
per rendere immediatamente perspicuo il riferimento all’edizione, che altrimenti,
se la sigla recasse il nome dell’autore, sarebbe lasciato all’indicazione del solo mil-
lesimo (salvo, però, per quelle edizioni, come la Parini 1936, di cui resti ignoto il
nome del curatore).
tavola delle abbreviazioni 25
Arato 1987 = Franco Arato, Carlo Amoretti e il giornalismo scientifico nella
Milano di fine Settecento, «Annali della Fondazione Einaudi», 21, 1987, pp.
175-220.
Argentieri et alii 1999 = Anna Giulia Argentieri et alii, Finanza e poli-
tica nell’età di Maria Teresa: Antonio Greppi (1722-1799), «Archivio storico
lombardo», s. xii, vol. v, 1998-1999, a. cxxiv-cxxv, pp. 203-401.
Arnaldi - Pastore Stocchi 1985 = Storia della cultura veneta, a cura di
Girolamo Arnaldi e Manlio Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza, 1985.
Atti 1783 = Atti della Società Patriotica di Milano, Milano, Monastero di S. Am-
brogio Maggiore, 1783.
Auvray 1905 = Lucien Auvray, Inventaire de la Collection Custodi (autogra-
phes, pièces imprimées et autres documents biographiques) conservée à la Biblio-
thèque Nationale (Mss. Italiens 1545-1566), «Bulletin italien de la Faculté des
lettres de Bordeaux», iii-v, 1903-1905.
Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885 = Famiglie notabili milanesi. Cenni storici
e genealogici, raccolti dai signori Fausto Bagatti Valsecchi, Felice Calvi,
Luigi Agostino Casati, Damiano Muoni, Leopoldo Pullè, Milano, Vallar-
di, 1875-1885, 4 voll.
Balestrieri 2001 = Domenico Balestrieri, Rime Milanesi per l’Accademia
dei Trasformati, a cura di Felice Milani, Milano-Parma, Fondazione Bem-
bo - Guanda, 2001.
Ballarini 2010 = Marco Ballarini, Lo Jefte di Antonio Mussi e lo stile
tragico, in Ballarini-Bartesaghi 2000, pp. 97-133
Ballarini-Bartesaghi 2010 = Erudizione e letteratura all’Ambrosiana tra
Sette e Ottocento, a cura di Marco Ballarini e Paolo Bartesaghi, «Studi
ambrosiani di italianistica», 1, 2010.
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pp. 569-633.
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Turchi 1999, pp. 225-232.
Barbarisi et alii 2000 = L’amabil rito. Società e cultura nella Milano di Parini,
a cura di Gennaro Barbarisi et alii, Bologna, Cisalpino, 2000, 2 voll.
Barbarisi-Bartesaghi 2005 = Giuseppe Parini, Prose ii . Lettere e scritti
vari, ed. critica a cura di Gennaro Barbarisi e Paolo Bartesaghi, Milano,
led, 2005.
Barbarisi-Esposito 1998 = Interpretazioni e letture del Giorno, Gargnano del
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Milano, Cisalpino, 1998.
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Zanoia, «Giornale storico della letteratura italiana», lxxxv, 1925, fasc. 255,
pp. 308-328.
Baretti 1912 = Giuseppe Baretti, La scelta delle lettere familiari, a cura di
Luigi Piccioni, Bari, Laterza, 1912.
26 tavola delle abbreviazioni
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Bari, Laterza, 1936, 2 voll.
Baroni 2000 = Attualità di Giuseppe Parini: poesia e impegno civile, a cura di
Giorgio Baroni, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali,
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Bartesaghi 2009 = Paolo Bartesaghi, Galanteria ‘ardita’ e carità ‘temera-
ria’ in poesie e lettere inedite di Giuseppe Parini, «Studi sul Settecento e l’Ot-
tocento», iv, 2009, pp. 155-167.
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Trasformati, «Studi ambrosiani di italianistica», 1, 2010, pp. 47-95.
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italiano e la Scuola del secolo xxi , Atti del Congresso Internazionale, Udine,
8-10 aprile 2010, a cura di Andrea Battistini, Claudio Griggio, Renzo Rab-
boni, Pisa-Roma, Serra, 2011 (Biblioteca di “Seicento & Settecento”, 1).
Beccaria 1984 = Cesare Beccaria, Carteggio (parte i : 1758-1768), a cura di
Carlo Capra, Renato Pasta, Francesca Pino Pongolini, Milano,
Mediobanca, 1984 (Edizione Nazionale delle Opere, diretta da Luigi Firpo
e Gianni Francioni, iv).
Beccaria 1996 = Cesare Beccaria, Carteggio (parte ii : 1769-1794), a cura di
Carlo Capra, Renato Pasta, Francesca Pino Pongolini, Milano, Medioban-
ca, 1996 (Edizione Nazionale delle Opere, diretta da Luigi Firpo e Gianni
Francioni, iv).
Bédarida 1928 = Henri Bédarida, Parme et la France de 1748 à 1789, Paris,
Champion, 1928.
Bellò 1823 = Luigi Bellò, Memorie su la vita, e su gli scritti del sacerdote
Cosimo Galeazzo Scotti professore di storia universale e particolare degli Stati
Austriaci nell’I. R. Liceo di Cremona, Cremona, fratelli Manini, 1823.
Bellorini 1913-1915 = Giuseppe Parini, Prose, a cura di Egidio Bellorini,
Bari, Laterza, 1913-1915, 2 voll.
Beltramo Ceppi Zevi 1991 = La Braidense. La cultura del libro e delle bibliote-
che nella società dell’immagine, a cura di Claudia Beltramo Ceppi Zevi, Fi-
renze, Artificio, 1991.
Bembo 1953 = Amelia Bembo, Parini e Zanoia. Una lettera inedita del Maestro
al discepolo, «Ultrapadum», vii, 1953, pp. 48-50.
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Nazionale Virgiliana, Mantova, Accademia Nazionale Virgiliana, 1987.
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cremasco, Crema, Cazzamalli, 1888.
Benvenuti 1996 = Giovanna Benvenuti, I rapporti del cardinal Durini con
Giuseppe Parini e l’ode La Gratitudine, in [Antonini] 1996, pp. 41-74 (anche
in «Acme», il, 1996, 3, pp. 205-222; poi, col titolo L’ode La Gratitudine e i
rapporti con il cardinal Durini, in Benvenuti 2009, pp. 35-52).
Benvenuti 2009 = Giovanna Benvenuti, Precettor d’amabil rito. Studi su
Giuseppe Parini, Milano, Angeli, 2009.
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Restaurazione, Torino, Einaudi, 1980.
tavola delle abbreviazioni 27
Berlan 1865 = Francesco Berlan, Lettere inedite di illustri Italiani nelle
scienze e nelle lettere cavate dalla raccolta di autografi del cav. Damiano Muoni
pubblicate e commentate, Milano, Gareffi, 1865 (estr. da «L’Istruzione pub-
blica», i, 1865).
Bernardoni 1848 = Giuseppe Bernardoni, Per Giuseppe Parini considerato
specialmente come poeta morale e civile. Epistola in versi, Milano, Bernardoni,
1848.
Bernuzzi 2001 = Marco Bernuzzi, Gli affetti del teologo pittore. Antonio
Mussi, amico e corrispondente di Lorenzo Mascheroni, in Stella-Lavezzi
2001, pp. 347-395.
Berra 2010 = La figura e l’opera di Francesco Saverio Quadrio, a cura di Claudia
Berra, Ponte in Valtellina (So), Biblioteca Comunale, 2010.
Bertana 1898 = Emilio Bertana, Sei lettere inedite del Parini, «Rassegna
bibliografica della letteratura italiana», vi, 1898, 3-4, pp. 81-88.
Bertarelli 1909 = Achille Bertarelli, Catalogo dell’opera incisa di Dom.
Cagnoni (1754-1796), in appendice a Novati 1909.
Bertazzoli 1993 = Michele Bertazzoli, Il difficile Ottocento, in Caprio-
li-Rimoldi-Vaccaro 1993, pp. 97-105.
Bertoldi 1893 = Alfonso Bertoldi, Il Duranti e il Parini, «Nuova
Antologia», s. iii, vol. xlviii, a. xxviii, 1893, 1, pp. 523-532.
Bertoldi 1900 = Alfonso Bertoldi, Prose critiche di storia e d’arte, Firenze,
Sansoni, 1900.
Bertoldi-Spongano 1957 = Giuseppe Parini, Le Odi, a cura di Alfonso
Bertoldi (1a ed. 1890), con nuova presentazione di Raffaele Spongano, Fi-
renze, Sansoni, 1957.
[Bertone-Negro-Occelli 1804] = [Luigi Bertone, Giovanni Negro,
Giuseppe Giovanni Occelli], Précis historique sur le Lycée de Turin.
Description de la fête et discours prononcés lors de son ouverture solemnelle le 6
frimaire an 13, Turin, chez Botta, Prato et Paravia, [1804].
Bettinelli 1769 = Saverio Bettinelli, Dell’Entusiasmo delle belle arti, Mi-
lano, Galeazzi, 1769.
Bettinelli 1780-1782 = Saverio Bettinelli, Opere, Venezia, Zatta, 1780-
1782, 8 tt.
Bettinelli 1800-1801 = Saverio Bettinelli, Opere edite e inedite in prosa e
in versi, Venezia, Cesare, 1800-1801, 24 voll.
Bettoni 1832 = Giuseppe Parini, Opere, Milano, Nicolò Bettoni e comp.,
1832, 4 voll.
Biancardi 2002 = Giovanni Biancardi, Gli scherzi pariniani (Il Parafoco -
La Ventola - Il Ventaglio), «Acme», lv, 2002, 3, pp. 83-125.
Bianchi 1938 = Giuseppe Parini, Pagine scelte, a cura di Dante Bianchi, Pa-
dova, cedam, 1938.
Bianchi 1965 = Giuseppe Parini, Poesie e prose, [a cura di Enrico Bianchi],
Firenze, Salani, 1965 (19271).
Biglione di Viarigi 2001 = Luigi Amedeo Biglione di Viarigi, Poesia
pariniana a Brescia, in Martinelli-Annoni-Langella 2001, pp. 141-165.
28 tavola delle abbreviazioni
Boghen Conigliani 1908 = Emma Boghen Conigliani, Giuseppe Parini.
Letture scelte ed annotate ad uso delle R. Scuole Normali, Firenze, Bemporad,
1908.
Bologna 1969 = Lettere autografe di grandi Italiani, [a cura di Giulia
Bologna], Milano, Club degli Editori, 1969.
Bologna et alii 1996 = Marco Bologna et alii, Finanza e politica nell’età di
Maria Teresa: Antonio Greppi (1722-1799), «Archivio storico lombardo», s.
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Mazza 1816-1819 = Angelo Mazza, Opere, Parma, Paganino, 1816-1819, 5
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Modelli 1830 = Modelli d’ogni genere di lettere in prosa opportuni specialmente alla
gioventù studiosa e raccolti dall’illustri scrittori italiani per cura di R… C…,
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Morgana 2010 = Silvia Morgana, Carlo Amoretti bibliotecario e divulgatore
scientifico, «Studi ambrosiani di italianistica», 1, 2010, pp. 135-150 (poi, col
titolo La divulgazione scientifica di Carlo Amoretti, in Morgana 2011, pp. 99-
114).
Morgana 2011 = Silvia Morgana, Mosaico italiano. Studi di storia linguisti-
ca, Firenze, Cesati, 2011.
Morgana-Bartesaghi 2012 = Giuseppe Parini, Prose. Scritti polemici
(1756-1760), a cura di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi, Pisa-Roma, Ser-
ra, 2012 (Edizione Nazionale delle Opere di Giuseppe Parini, dir. Giorgio
Baroni).
Nacinovich 2003 = Annalisa Nacinovich, «Il sogno incantatore della filo-
sofia». L’Arcadia di Gioacchino Pizzi, 1772-1790, Firenze, Olschki, 2003.
Nardi 1710 = Isidoro Nardi, Il segretario principiante ed istruito, Roma, Pla-
cho, 1710.
Nardini 1810 = Scelta di lettere familiari degli autori più celebri con note ed
accenti che indicano la pronuncia ad uso dei licei del Regno, [a cura di Leonar-
do Nardini], Milano, Stamperia Reale, 1810.
Navoni et alii 2000 = Gian Andrea Irico. Un erudito nell’Europa dei Lumi, Trino,
Tridinum, 2000.
Nicora 2000 = Laura Nicora, L’attività di Giuseppe Parini dal Teatro Ducale
alla Scala, in Barbarisi et alii 2000, ii, pp. 911-931.
Novati 1909 = Francesco Novati, Un libro milanese del Settecento illustrato,
«Il libro e la stampa», n.s., iii, 1909, 4-6, pp. 107-126.
36 tavola delle abbreviazioni
Occelli 1771 = Joseph Joannes Occelli Taurinensis, ut j. u. prodoctor renuntiare-
tur, in Regia Scientiarum Academia die 27. Junii hora 5. pomeridiana anno a par-
tu Virginis 1771, Taurini, per Josephum Davico, 1771.
Occelli 1772 = Prolyta Joseph Joannes Occelli Taurinensis j. u. laureae candida-
tus in Regia Scientiarum Academia anno a partu Virginis 1772. die 13. Junii hora
7. pomeridiana, Augustae Taurinorum, excudebat haeredes Avondo, 1772.
Occelli 1807 = Essai pathologique et thérapeutique sur le cancer … pour être reçu
docteur en chirurgie, Turin, imprimerie de la Cour d’Appel, 1807.
Ostoja 1951 = Andrea Ostoja, L’archivio Pallavicini nell’Archivio di Stato di
Bologna, «Notizie degli Archivi di Stato», xii, 1951, pp. 75-81.
Ostoja 1956 = Andrea Ostoja, Un autografo inedito del Parini diretto al ma-
resciallo conte Gian Luca Pallavicini a Bologna, «Strenna storica bolognese»,
vi, 1956, pp. 103-106.
Ostoja 1959 = Andrea Ostoja, Un cittadino ferrarese di elezione: il
maresciallo Gian Luigi Pallavicini, statista e riformatore del Settecento, «Ferra-
ra viva», i, 1959, pp. 110-115.
Pace 1970 = Antonio Pace, An Addendum to the Correspondence of Parini,
«Italica», xlvii, 1970, 1, pp. 296-300.
Paglia 1881 = Enrico Paglia, Una lettera inedita del poeta Giuseppe Parini.
Nota letteraria letta nella tornata del giorno 11 luglio 1880 all’Accademia Virgi-
liana in Mantova, Mantova, Stab. Tipografico Mondovì, 1881, pp. 159-167
(estr. da «Atti e Memorie della R. Accademia Virgiliana», 1879-1880).
Pagliero 1991 = Giovanni Pagliero, L’Accademia Fossanese, in Venturi
et alii 1991, ii, pp. 605-612.
Paladini 1861 = Lettere di ottimi autori sopra cose familiari, raccolte da Luisa
Amalia Paladini ad uso specialmente delle giovinette italiane, Firenze,
Felice Le Monnier, 1861.
Panizza 1956 = Mario Panizza, L’Austria e gli studi superiori ecclesiastici
nella Diocesi di Milano durante l’ultimo trentennio del sec. xviii , «Memorie
storiche della Diocesi di Milano», iii, 1956, pp. 167-221.
Parini 1791 = Odi dell’abbate Giuseppe Parini già divolgate, Piacenza, Nic-
colò Orcesi, 1791.
Parini 1814 = Giuseppe Parini, Poesie scelte, Milano, Bernardoni, 1814.
Parini 1936 = Giuseppe Parini, Poesie e Prose, Sancasciano Val di Pesa (Fi),
Società Editrice Toscana, [1936].
Pasini 1905a = Ferdinando Pasini, Il Parini e Gian Rinaldo Carli, «Rivista
d’Italia», febbraio 1905, pp. 245-255.
Pasini 1905b = Ferdinando Pasini, La prolusione del Parini alle Scuole Pala-
tine, «Rassegna bibliografica della letteratura italiana», xiii, 1905, pp. 229-
234.
Pecchiai 1917 = Pio Pecchiai, La «Società Patriottica» istituita in Milano dal-
l’imperatrice Maria Teresa. Cenni storici, «Archivio storico lombardo», s. v,
1917, 1, pp. 25-152.
Peri 1911 = Severo Peri, Isotta Pindemonte Landi e Ippolito Pindemonte a Pia-
cenza, Pisa, Spoerri, 1911.
tavola delle abbreviazioni 37
Petronio 1957 = Giuseppe Parini, Opere, a cura di Giuseppe Petronio, Mi-
lano, Rizzoli, 1957.
Petrucci 2008 = Armando Petrucci, Scrivere lettere. Una storia plurimille-
naria, Roma-Bari, Laterza, 2008.
Pindemonte 1788 = Ippolito Pindemonte, Saggio di poesie campestri, Par-
ma, Stamperia Reale, 1788.
Pizzigoni 1864 = Carlo Pizzigoni, Fiori di stile epistolario italiano. Caro -
Sassetti - Tasso - Galilei - Redi - Lastesio - Gozzi - Baretti - Parini - Monti - Gio-
dani - Foscolo - Perticari - Pellico - Leopardi - Giusti - Gherardini, Milano, Car-
rara, 1864.
Pizzo 2007 = L’Archivio del Museo Centrale del Risorgimento. Guida ai fondi
documentari, a cura di Marco Pizzo, Roma, Gangemi, 2007.
Raccolta 1830 = Raccolta di prose e lettere scritte nel secolo xviii , vol. iii, Lettere
familiari, t. ii, Milano, Società tipog. de’ Classici Italiani, 1830.
Regolamento 2004 = Riproduzione anastatica del Regolamento capitolarmente
stabilito pel buon governo del Pio Albergo Trivulzi. In occasione della mostra
“Trivulzio, Martinitt e Stelline: due secoli dedicati ai poveri”, Milano, Fonda-
zione Pini, 18 novembre 2004 - 18 gennaio 2005, Milano, Azienda di Servizi
alla Persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio
[Lampi di Stampa], [2004].
Reina 1801-18041 = Giuseppe Parini, Opere … pubblicate e illustrate da Fran-
cesco Reina, Milano, Genio Tipografico, 1801-1804, 6 voll.
Rezzonico 1815-1830 = Carlo Castone Della Torre di Rezzonico,
Opere, Como, Ostinelli, 1815-1830, 10 voll.
Rezzonico 1977 = Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, Opere
poetiche, a cura di Elvio Guagnini, Ravenna, Longo, 1977.
Ricaldone 2000 = Maria Luisa Ricaldone, Le donne in Parini, in Bar-
barisi et alii 2000, pp. 187-203.
Riva 1901 = Giuseppe Riva, Le visite del cardinal Durini alle case del Parini e
del Balestrieri, «Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Rendiconti»,
xxxiv, 1901, pp. 773-792.
Rosini 2000 = Sara Rosini, Pietro Verri e il balletto, «Studi settecenteschi»,
20, 2000, pp. 257-314.
Rosmini 1887 = Lettera inedita di Giuseppe Parini, «Il Rosmini», i, 6 aprile 1887,
8, p. 528.
Rota 1987 = Daniele Rota, Pietro Custodi, i, La figura e l’opera. Scritti memo-
rialistici, Lecco, Cattaneo, 1987.
Rubbi 1782 = Andrea Rubbi, Elogj degli uomini illustri italiani scritti da ita-
liani moderni autori, Venezia, Marcuzzi, [1782], 12 voll.
Rubbi 1789 = «Giornale poetico o sia Poesie inedite d’Italiani viventi», [a
cura di Andrea Rubbi], ii, Venezia, Pietro Marcuzzi, 1789.

1 Si mantiene il 1801 indicato nel frontespizio del primo volume, benché l’edi-
zione Reina abbia preso «avvio soltanto negli ultimi giorni del 1802» (Spaggiari
2000, pp. 138-139 e 163-166) e sia uscita «dai torchi del Genio Tipografico nel gennaio
del 1803» (Isella 1999a, p. 21).
38 tavola delle abbreviazioni
Rubbi 1795 = «L’Epistolario ossia scelta di lettere inedite famigliari curiose
erudite storiche galanti ec. ec. di donne e d’uomini celebri morti o viventi
nel secolo xviii o nel mdcc», [a cura di Andrea Rubbi], Venezia, Graziosi,
a. i, 1795.
Rubbi 1796 = «L’Epistolario ossia scelta di lettere inedite famigliari curiose
erudite storiche galanti ec. ec. di donne e d’uomini celebri morti o viventi
nel secolo xviii o nel mdcc», [a cura di Andrea Rubbi], Venezia, Graziosi,
a. ii, 1796.
Saluzzo Roero 1796 = Versi di Diodata Saluzzo fra gli Arcadi Glaucilla
Erotea, Torino, Soffietti, 1796.
Saluzzo Roero 1797 = Diodata Saluzzo Roero, Versi … Nuova edizione
con aggiunte dell’autrice, Torino, Morano, 1797, 2 voll.
Saluzzo Roero 1843 = Diodata Saluzzo Roero, Poesie postume … Ag-
giunte alcune lettere d’illustri scrittori a lei dirette, [a cura di Coriolano di
Bagnolo], Torino, Chirio e Mina, 1843.
Salveraglio 1881 = Giuseppe Parini, Le Odi … riscontrate su manoscritti e
stampe, a cura di Filippo Salveraglio, Bologna, Zanichelli, 1881.
Sanesi 1922 = Ireneo Sanesi, Una lettera e un sonetto di Giuseppe Parini,
«Athenaeum», x, 1922, 2, pp. 77-88.
Savarese 1968 = Giuseppe Parini, Il Giorno e altre opere scelte, introduzione
scelte e commento di Gennaro Savarese, Firenze, La Nuova Italia, 1968.
Scherillo 1900 = Michele Scherillo, Studi di letteratura italiana, Napoli,
Giannini, 1900, 2 voll.
Serena 1898 = Augusto Serena, A proposito di una Raccolta. Noterelle pari-
niane, Treviso, prem. stab. tip. Ist. Turazza, 1898 (estr. da «Coltura e Lavo-
ro», Treviso, xxxviii, 1898, 12) (poi in Serena 1900, pp. 127-138).
Serena 1900 = Augusto Serena, Pagine letterarie, Roma, Forzani e C., 1900.
Siboni 2004 = Giorgio Federico Siboni, Una vita per gli archivi: Ilario
Corte (1723-1786) e il suo contributo alle riforme teresiane, «Acme», 57, 2004, 2,
pp. 163-186.
Silvestri 1821 = Giuseppe Parini, Opere … Prose, Milano, Giovanni Silve-
stri, 1821 (Biblioteca scelta di opere italiane antiche e moderne, 104).
Spaggiari 2000 = William Spaggiari, L’eremita degli Appennini. Leopardi e
altri studi di primo Ottocento, Milano, Unicopli, 2000.
Spaggiari 2004 = William Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, Reggio
Emilia, Diabasis, 2004.
Spaggiari 2011 = William Spaggiari, «Seguitar le Muse». Sul Parini
epistolografo, in Viola 2011b, pp. 161-171.
Spini 1984 = Ugo Spini, L’attività incisoria di D. Cagnoni per edizioni bresciane
(1756-1775), «Commentari dell’Ateneo di Brescia», Brescia, Geroldi, 1984,
pp. 62-115.
Stara-Tedde 1906 = Giorgio Stara-Tedde, Dall’Archivio d’Arcadia. Il Pa-
rini e l’Arcadia, «Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti», s. vi, i, 1906,
3, pp. 176-177.
Stella-Lavezzi 2001 = Esortazioni alle storie, Atti del convegno «… parlano
un suon che attenta Europa ascolta»: poeti scienziati cittadini nell’Ateneo pavese
tavola delle abbreviazioni 39
tra riforme e rivoluzione, Università di Pavia, 13-15 dicembre 2000, a cura di
Angelo Stella e Gianfranca Lavezzi, Milano, Cisalpino, 2001.
Tissoni 1983 = Roberto Tissoni, Considerazioni su Diodata Saluzzo (con
un’appendice di lettere inedite ad Alessandro Manzoni), in Ioli 1983, i, pp. 145-
199.
Tissot 1761 = Samuel-Auguste-André-David Tissot, Avis au peuple sur
sa santé, Lausanne, de l’imprimerie de J. Zimmerli aux dépens de François
Grasset, 1761.
Tongiorgi 1997 = Duccio Tongiorgi, L’eloquenza in cattedra. La cultura
letteraria nell’Università di Pavia dalle riforme teresiane alla Repubblica Italia-
na (1769-1805), Milano, Cisalpino, 1997.
Trampus 1992 = Antonio Trampus, Riforme politiche e «pubblica felicità»
negli scritti di Carli sulla pubblica educazione, «Quaderni istriani», 5-6, 1991-
1992 (ma 1992), pp. 13-40.
Trampus 2004 = Gianrinaldo Carli nella cultura europea del suo tempo, a cura
di Antonio Trampus, «Quaderni giuliani di storia», xxv, 2004, 1.
Trona 1838 = Edoardo Trona, Elogio storico del professore e canonico d. Luigi
Travelli letto in latino nel 1837 nella solenne inaugurazione degli studj … tradu-
zione del professore G. G. stampata per l’inaugurazione del monumento alla me-
moria dell’ill.re defunto eretto in Mortara il 24 febb.o 1838 coll’aggiunta di alcune
poesie dello stesso Travelli, Mortara, Luigi Capriolo, 1838.
Vaccaro 1988 = Luciano Vaccaro, I «veri cristiani». Esperienze di apostola-
to laicale a Milano tra Settecento e Ottocento, in Acerbi-Marcocchi 1988,
pp. 253-304.
Valente 1914 = Lettere inedite di Gasparo Gozzi e Apostolo Zeno pubblicate ed
annotate da Umberto Valente, «Rivista di Roma», 10 marzo 1914, pp. 297-301.
Venturi 1952 = Lionello Venturi, La peinture italienne du Caravage à
Modigliani, Genève, Skira, 1952.
Venturi 1958 = Illuministi italiani. Riformatori lombardi, piemontesi e toscani,
a cura di Franco Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1958.
Venturi 1969 = Franco Venturi, Settecento riformatore, i, Da Muratori a
Beccaria, Torino, Einaudi, 1969.
Venturi 1987 = Franco Venturi, Settecento riformatore, v/i, Torino, Ei-
naudi, 1987.
Venturi et alii 1991 = Dal trono all’albero della libertà. Trasformazioni e conti-
nuità istituzionali nei territori del Regno di Sardegna dall’antico regime all’età
rivoluzionaria, Atti del convegno, Torino, 11-13 settembre 1989, Roma, Mi-
nistero dei Beni Culturali e Ambientali. Ufficio centrale per i beni archi-
vistici, 1991, 2 tt.
Verri 1910-1942 = Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, dal 1766 al
1797, 13 voll.; vol. i, pt. i-ii, a cura di Emanuele Greppi e Alessandro Giu-
lini, Milano, Cogliati, 1923, voll. ii e iii, a cura di Francesco Novati e Ema-
nuele Greppi, Milano, Cogliati, 1910-1911; vol. iv, a cura di Francesco No-
vati, Emanuele Greppi e Alessandro Giulini, Milano, Cogliati, 1919; voll.
v-vii, a cura di Emanuele Greppi e Alessandro Giulini, Milano, Cogliati,
1926-1931; vol. viii, a cura di Alessandro Giulini e Giovanni Seregni, Mila-
40 tavola delle abbreviazioni
no, Milesi & figli, 1934; vol. ix, a cura di Giovanni Seregni, Milano, Milesi
& figli, 1937; voll. x-xii, a cura di Giovanni Seregni, Milano, Giuffré, 1939-
1942.
Verri 1999 = Pietro Verri, Cronaca di Cola de li Picirilli, Milano, Palazzo
Sormani, 1999 (I Quaderni di Palazzo Sormani, 22).
Verri 2003 = Pietro Verri, Scritti di argomento familiare e autobiografico, a
cura di Gennaro Barbarisi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003.
Verri 2004 = Pietro Verri, I «Discorsi» e altri scritti degli anni Settanta, a
cura di Giorgio Panizza, con la collaborazione di Silvia Contarini, Gianni
Francioni, Sara Rosini, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2004.
Vetro 2010 = Gaspare Nello Vetro, Lucrezia Agujari, la Bastardella, Par-
ma, Conservatorio di Musica Arrigo Boito, 20102.
Vianello 1933 = Carlo Antonio Vianello, La giovinezza di Parini, Verri
e Beccaria, Milano, Baldini e Castoldi, 1933.
Vianello 1935 = Carlo Antonio Vianello, Pagine di vita settecentesca,
Milano, Baldini e Castoldi, 1935.
Vicinelli 1963 = Augusto Vicinelli, Il Parini e Brera. L’inventario e la pian-
ta delle sue stanze. La sua azione nella scuola e nella cultura milanese nel secondo
Settecento, Milano, Ceschina, 1963.
Viola 2004 = Corrado Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio
bibliografico, Verona, Fiorini, 2004 (C.R.E.S., Edizioni e Strumenti, 1).
Viola 2008 = Corrado Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio
bibliografico. Primo supplemento, Verona, Fiorini, 2008 (C.R.E.S., Edizioni e
Strumenti, 4).
Viola 2011a = Corrado Viola, La Repubblica delle Lettere e l’epistolografia,
in Battistini-Griggio-Rabboni 2011, pp. 27-42.
Viola 2011b = Le carte vive. Epistolari e carteggi nel Settecento, Atti del primo
Convegno internazionale di studi del Centro di Ricerca sugli Epistolari
del Settecento, Verona, 4-6 dicembre 2008, a cura di Corrado Viola,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011.
Vita Nuova 1876 = Una lettera inedita di Giuseppe Parini, «La Vita Nuova», i, 16
maggio 1876, 10, p. 160.
Vittore 1863 = Gaio Giulio Vittore, Ars rhetorica, in Halm 1863.
Vittori 1899 = Vittorio Vittori, Clementino Vannetti. Studio del secolo
passato, Firenze, Elzeviriana, 1899
Zanoia 1823 = Giuseppe Zanoia, Due sermoni, Forlì, Moretti e Bardandini,
1823 (nozze Albicini - Albergati Capacelli).
Ziccardi 1935 = Giovanni Ziccardi, Forme di vita e d’arte nel Settecento,
Firenze, Le Monnier, 1935.
Zorzoli 1980 = Maria Carla Zorzoli, Le tesi legali all’Università di Pavia
nell’età delle riforme: 1772-1776, Milano, Cisalpino, 1980.
Zuradelli 1961 = Giuseppe Parini, Opere scelte, a cura di Gianna Maria
Zuradelli, Torino, Utet, 1961.
NOTA AL TES TO

Il corpus : esclusioni e inclusioni

C ome si è anticipato nell’Introduzione, le lettere che qui si pub-


blicano sono 66. Dal novero sono stati esclusi alcuni testi
pariniani che, anche se pensati, scritti e prodotti per un preciso
‘destinatario’, sono però di mera cornice epistolare, avendo natu-
ra, scopi, forma radicalmente diversi da quelli che la tradizione ri-
conosce alla lettera come suoi propri.1 È il caso, ad esempio, delle
lettere al Branda e di quella al Soresi sui Pregiudizj delle Umane Let-
tere del Bandiera, che altro volume di questa Edizione Nazionale
opportunamente inserisce tra gli Scritti polemici,2 ma anche delle
tre Lettere del Conte N. N. a una falsa divota, che al Reina, invece, par-
ve bene includere nella sezione epistolare delle opere, mentre si
tratta, com’è noto, di un manifesto polemico contro l’ipocrisia re-
ligiosa.3 Non diversamente sono stati esclusi, anche perché a fir-
ma non del solo Parini, i due pareri dell’estate 1798 sulle disserta-
zioni partecipanti al concorso per l’organizzazione dei teatri
nazionali,4 come pure l’altro rivolto nell’agosto 1791 alla R. I. Con-
ferenza governativa per consigliare una modifica del programma
d’insegnamento.5 Né è stata inclusa la relazione sulla sua cattedra
compilata nel 1786 su istanza della Commissione Ecclesiastica e
degli Studi.6 A fortiori, non hanno luogo in questa edizione gli ‘at-
ti’ sottoscritti dal Parini, nessuno dei quali, del resto, presenta for-

1 Cfr. Petrucci 2008.


2 Morgana-Bartesaghi 2012, rispettivamente pp. 107-197 e 61-93.
3 Cfr. Reina 1801-1804, iv, pp. 198-222. Per un’edizione moderna delle tre Lettere
si veda Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 163-174, che correttamente le inserisce tra
le Prose letterarie e accademiche.
4 Indirizzati al «Cittadino Ministro», il primo parere (7 termidoro a. vi [=
25.vii.1798]) è sottoscritto da «Parini, Longo, Mascheroni», il secondo (11 fruttidoro
a. vi [= 28.viii.1798]) da «Parini, Longo»: li si legga entrambi in Barbarisi-Barte-
saghi 2005, pp. 370-372, dove figurano nella sezione di Contributi alle riforme e
all’organizzazione degli studi e delle accademie (1767-1796).
5 In Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 360-363, è intitolato Parere sull’insegnamen-
to all’Accademia e inserito nella cit. sezione di Contributi alle riforme…
6 In Barbarisi-Bartesaghi 2005 è anch’essa tra i Contributi alle riforme…, p. 359,
sotto il titolo editoriale di Princìpi seguiti in 17 anni di insegnamento.
42 nota al testo
ma epistolare.1 Non è epistolare neppure il biglietto autografo
che si conserva all’Ambrosiana, interfoliato in una raccolta epi-
grafica manoscritta assemblata dal patrizio milanese Giorgio
Giulini tra il 1751 e il 1760, nel quale un giovane Parini trascrisse il
testo di due epigrafi esistenti in chiese di Longone.2
La più recente edizione critica dell’epistolario pariniano riporta
come prima lettera questo breve documento conservato al-
l’ASMi, privo di data e di sottoscrizione: «L’Abate Parini sendo per
far l’edizione di un suo Poemetto nominato il Mattino, dimanda
la privativa dell’edizione per tre anni, colla proibizione all’intro-

1 In dettaglio: la dichiarazione relativa all’eredità Caspani datata 21.ix.1767; il


promemoria sulla relazione trasmessa alla R. Giunta Economale dal vicario della
Martesana il 26.vii.1771 (una sorta di ricorso sempre relativo all’eredità Caspani);
una dichiarazione attestante la frequenza alle sue lezioni da parte di un Giosuè
Bianconi, datata 29.ii.1784; un’altra analoga dichiarazione a favore di un G. G. Ap-
piani del 9.xii.1787; una sorta di dichiarazione dei redditi del 7.iii.1798; un ricorso
all’Amministrazione dei Beni Nazionali per il mancato versamento di un «livello
annuo di lire ventisei» del 31.xii.1798; il testamento del 15.x.1798. Nell’ed. Barbari-
si-Bartesaghi 2005, questi documenti sono raccolti in un’apposita sezione, la ix,
intitolata Atti personali e d’ufficio (1767-1798), pp. 705-720. Per una definizione di ‘atto’
come «testimonianza scritta di un fatto di natura giuridica, compilata con l’osser-
vanza di determinate forme», e in ciò costitutivamente diverso dalla ‘lettera’, si ve-
da Mazzoleni 1970, p. 215. Ci sono pervenute, infine, anche due ricevute rilasciate
dalla Tesoreria della Pubblica Istruzione: la prima, del 14.x.1784, per la somma di
lire 500, è conservata nell’Autografoteca Bastogi della BCLFDGLi; la seconda, del
1.xii.1794, per lire 333, alla BEUmo, Autografoteca Campori, Parini Giuseppe; e si
tratta in entrambi i casi di moduli prestampati e compilati di propria mano dal Pa-
rini negli spazi bianchi. Una terza ricevuta, datata 4.ix.1797, è descritta nel catalogo
dell’asta Christie’s nº 2387 di Libri autografi e stampe, tenutasi a Roma il 12.xii.2000.
2 BAMi, Q 39 inf. (1), Monumenta ad agrum Mediolanensem spectantia collecta opera
et studio Comitis Georgii Giulini Patritii Mediolanensis mdccli , f. 174r-v. Al f. 176r, sub
titulo «Longone. i», il Giulini riporta il testo della seconda epigrafe (romana, l’altra
essendo moderna: cfr. CIL, v, 5645) e così registra: «Lapis parieti insertus in fronte
Ecclesiae S. Mariae huius vici in Plebe Incini. Apographus huius inscriptionis debe-
mus diligentiae eruditissimi iuvenis ac lepidissimi Poetae Abbatis Parini». Longone
(oggi Longone al Segrino) non è distante da Bosisio, il paese natale del Parini, e co-
me Bosisio apparteneva al medesimo plebato di Incino. La qualifica di ‘abate’ non
riporta a una data posteriore al 1754, essendo essa conferita anche ai semplici chie-
rici, prima dell’ordinazione sacerdotale. Per una sommaria descrizione del codice
giuliniano, cfr. Castiglioni 1952. Il Giulini (1714-1780) collaborò col Parini e con
Pietro Verri alla redazione della Borlanda impiasticciata, a stampa nel 1751, e succes-
sivamente alla traduzione della Colombiade della Du Boccage (1758); tra i rifondatori
dei Trasformati, ne fu poi segretario (1762) e conservatore perpetuo, ospitandone
le riunioni accademiche nel proprio palazzo: in una di queste frequenti occasioni
di collaborazione e d’incontro il Parini potrebbe aver consegnato il suo biglietto bre-
vi manu al destinatario. Cfr. DBI, 57, 2001, pp. 4-9.
nota al testo 43
durlo, e venderlo stampato fuori di Paese».1 Non si tratta però,
com’è parso agli editori, di un’istanza in terza persona vergata dal
Parini stesso: l’autografia è senza dubbio da escludere, anche
volendo pensare a un «autografo calligrafico».2 Il testo è scritto
nella metà destra del foglio, a partire dall’alto, mentre nella parte
sinistra, iniziando più o meno laddove finisce il testo, trovano
spazio la successiva registrazione dell’esito – favorevole, nella
fattispecie – della pratica e la sua parte dispositiva («21 Luglio|
S. A. S. accorda la|privativa, e si dia|Decreto al Reg.º|Cap.no di
Giusti.ia|fatto|come da minuta»). Inoltre, nella medesima cartel-
la dell’ASMi, accanto al documento in questione, si conserva, in-
dirizzata al «Regio Cap.no di Gius.a» in data 21 luglio 1765, la noti-
fica della concessione da parte di «S. A. S.» dell’esclusiva a favore
dello «stampatore e librajo Giuseppe Galeazzi»: firmata da Remi-
gio Fuentes, membro della Segreteria di Governo e uomo di fidu-
cia del plenipotenziario conte Firmian, vi si comunica che al tipo-
grafo milanese è stata accordata la «privativa» per la stampa e la
vendita, e «l’introduzione e vendita» di eventuali «edizioni fora-
stiere», del «nuovo Poemetto intitolato il Mezzo giorno», e si dà
perciò mandato al Capitano di Giustizia di «notificare alli Stampa-
tori e librai di questo stato la succennata difesa e proibizione di ri-
stampare il d.o Poemetto». Poiché la data di questa comunicazio-
ne del Fuentes coincide con quella riportata nel dispositivo del
documento e considerato che l’imprimatur del Mezzogiorno è del
24 luglio 1765 (mentre quello del Mattino è del 24 marzo: del 1763,
ovviamente), ne consegue che l’estensore del documento abbia
equivocato sul titolo (Mattino in luogo di Mezzogiorno): impreci-
sione non certo imputabile al Parini.3 Piuttosto che a una supplica
pariniana, bisognerà dunque pensare a una sorta di registrazione
d’ufficio redatta da un segretario.
Durante le ricerche sono infine emerse due missive che recano
entrambe la firma «Parini» e sono attribuite al poeta di Bosisio nei

1 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 599; ma qui si trascrive dall’originale: ASMi,


Autografi Monti-Parini, cart. 178.
2 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 658. Per alcuni esempi di usi grafici difformi
e sicuramente non pariniani, si vedano la a maiuscola e minuscola, la z, la e, la p
maiuscola (per una descrizione sommaria della grafia pariniana cfr. qui infra, al §
Criteri di trascrizione).
3 A queste stesse conclusioni giunse il Vicinelli, che per primo segnalò il docu-
mento: cfr. Vicinelli 1963, p. 16n.
44 nota al testo
cataloghi delle biblioteche in cui si conservano (l’Estense di Mo-
dena e il Museo Centrale del Risorgimento di Roma): tuttavia si
può affermare con certezza che nessuna delle due è pariniana.1
Quanto alle inclusioni, il corpus propriamente epistolare acco-
glie, accanto a vere e proprie lettere private o ‘familiari’, un
numero non esiguo – non esiguo, beninteso, relativamente al-
l’esiguità stessa del corpus – di suppliche redatte in terza persona
(ni 9, 45, 46, 47, 57, 58, 61). Il loro inserimento, che potrebbe ap-
parire in controtendenza rispetto al criterio sopra dichiarato per
le esclusioni e va dunque giustificato, ci è parso imporsi, nel caso
specifico, per almeno due ordini di motivi. In primo luogo si trat-
ta di documenti tutt’altro che estranei, e anzi ben interni, a una
delle due dimensioni esclusive delle lettere pariniane ai «grandi
personaggi» (destinazione, questa, che individua una delle tipo-
logie più rappresentate nel corpus), quella cioè della petitio.2
Secondariamente, in Parini queste suppliche presentano sovente,
a dispetto della terza persona, forme ibride tra il «familiare» e il
«negoziale»3 (e così riproducono, fra l’altro, anche a livello del
singolo pezzo, il generale ibridismo dell’‘epistolario’ pariniano):
nell’esporre l’oggetto della propria istanza, infatti, l’estensore è
solito richiamare le proprie condizioni di vita, come pure i suoi
rapporti non solo con l’autorità che il destinatario rappresenta,
ma con la persona stessa del destinatario; tanto che questi docu-

1 Per quella della BEUMo, da attribuirsi a un omonimo incisore parmense, si ve-


da qui infra, in nota alla nº 31. Qualche osservazione più particolare reclama l’altra
(MCRRm, Lettere autografe, 917/20). Essa è datata «Torino addì 19 Agosto 1772» (e
non «marzo», come nella scheda archivistica acclusa al documento), e non risulta
che il Parini si recasse mai a Torino, o per lo meno che vi fosse nell’estate di quel-
l’anno. Il destinatario, in effetti, è un amico del Parini, l’abate di origini monregalesi
ma milanese di adozione Pier Domenico Soresi (1711-1778), accademico Trasforma-
to e precettore in casa Serbelloni prima dello stesso Parini (e diverse lettere inviate
al Soresi sono nei fascc. 18-22 del Fondo Airoldi, con il quale il documento in
questione entrò al MCRRm: cfr. Pizzo 2007, p. 32); ma l’estensore della lettera gli
si rivolge con un deferente «V. S. Ill.ma», mentre fin dal 1756, indirizzando proprio al
Soresi la Lettera sui Pregiudizi delle umane lettere del Bandiera, il Parini faceva uso,
con lui, di un ben più comitale «voi». L’autografia del corpo della missiva, poi, va
esclusa nel modo più assoluto, e non è pariniana neppure la firma «parini» (sempre
che non debba leggersi «perini»).
2 Per questo aspetto si rinvia supra, al § iii dell’Introduzione.
3 Per la distinzione, già antica e frequente nella trattatistica de arte epistolandi,
cfr. almeno Vittore 1863, p. 447 (per la retorica latina) e Cavalcanti 1944, p. 384
(per il Quattrocento volgare).
nota al testo 45
menti, per il loro valore autobiografico, contribuiscono a pieno
titolo alla delineazione di quel profilo prosopografico del mitten-
te che è uno degli obiettivi tradizionalmente perseguiti dallo stu-
dio dei testi epistolari. A queste ragioni si aggiunge, da un lato,
il conforto della trattatistica epistolare, dal Cinquecento fino a
tutto il Settecento e oltre, nella quale è ricorrente la classificazio-
ne della supplica come una delle varie forme della lettera;1 dal-
l’altro quello della tradizione editoriale più autorevole e recente,
che non ha esitato a inserire queste suppliche fra le lettere.2 Sim-
metricamente, esistono missive come la nº 8 o la nº 30, entrambe
dirette al Wilczeck, il cui fine è sempre quello di chiedere al de-
stinatario un intervento politico auspicato dal mittente come
vantaggioso per la sua vita privata: esse, però, pur avendone la
sostanza, non sono formalmente suppliche, e infatti evitano la
terza persona a favore della prima (e si può osservare, in aggiun-
ta, come in questi casi il richiamo alla benevolenza privata del
destinatario nei confronti del mittente preceda, anziché seguire,
come invece nelle suppliche in terza persona, l’esposizione delle
benemerenze pubbliche del secondo verso l’autorità rappresen-
tata dal primo).
Breve discorso a parte reclamano le due missive scritte a nome
del «corpo» dei professori delle Scuole Palatine (ni 12 al Kaunitz e
15 a Maria Teresa), il cui inserimento sembra confliggere con
l’espunzione, sopra dichiarata, dei due pareri a firma plurima del
1798 sulle dissertazioni partecipanti al concorso per i teatri nazio-
nali. Si tratta in realtà di casi radicalmente diversi: nelle due mis-
sive, che hanno identica struttura, Parini parla in terza persona
plurale per tutto il corpo della lettera («Rimasero […] i Professori
vivamente commossi […]. Ammirarono […]. Deliberarono […]»:
nº 12; «i Professori […] provarono […] una consolazione tutta loro
propria»: nº 15), ma si dichiara estensore in proprio del testo nel-
l’ultimo capoverso, introdotto in entrambi i casi da un perentorio
pronome di prima persona singolare («Io, ch’ebbi l’onore d’essere
deputato dal Corpo de’ Professori ad eseguire questo atto […],
non ho creduto […]»: nº 12; «Io […], che hò la segnalatissima glo-
ria d’essere a ciò formalmente deputato in nome de Professori

1 Per un solo esempio tratto da uno dei manuali epistolari più in voga nell’Italia
del Settecento, si veda Nardi 1710, p. 17.
2 Cfr. su tutte l’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005.
46 nota al testo
delle scuole Palatine […] espongo […]»: nº 15), ed è lui solo a sot-
toscrivere, sia pure aggiungendo alla firma il titolo di «Professore
delle Belle Lettere», quasi a giustificare il suo ruolo di membro e
portavoce autorizzato del corpo docente. L’assunzione di pater-
nità per quanto attiene alla stesura del testo è confermata dalla nº
13 a Giuseppe Croce, in cui il Parini usa direttamente la prima
persona per accompagnare e inoltrare per via gerarchica la «com-
piegata» nº 12 al Kaunitz.

Fonti manoscritte
Di 11 lettere (ni 1, 5, 13, 15, 22, 27, 35, 41, 44, 48, 50) è purtroppo ri-
sultato irreperibile l’autografo (ma per una di queste, la nº 41,
disponiamo del microfilm, e per un’altra, la nº 34, di un’edizione
facsimilare), mentre i ni 12, 15, 60 e 62 ci sono tramandati da
apografi o idiografi. In caso di irreperibilità del manoscritto, ci si
è naturalmente attenuti alle fonti a stampa di più sicura affidabi-
lità filologica (e, salvo ove diversamente indicato, si tratta quasi
sempre dell’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005, dalla quale si sono
tratti i ni 5, 13, 22, 27, 35, 48).
Per le restanti 54 lettere disponiamo degli originali autografi,
per lo più in stato di buona conservazione e in condizioni di age-
vole leggibilità. Come risulta dal prospetto che segue, è Milano il
luogo dove essi si conservano in numero più consistente, con i
due ricchi giacimenti dell’Ambrosiana (18 lettere) e dell’Archivio
di Stato (13), cui si affiancano quelli decisamente minoritari della
Braidense (2) e dell’Archivio dell’Ospedale Maggiore (1); il resto
si distribuisce tra Mantova (5 in tutto), Forlì (3), Modena (2), men-
tre singoli esemplari si conservano non solo in Italia (Venezia, Bo-
logna, Brescia, Trieste, Como), ma anche all’estero (Londra,
Vienna) e addirittura oltreoceano (New York, Philadelphia). La-
sciando a parte il Fondo Reina, donato all’Ambrosiana da Cristo-
foro Bellotti nel 1910 e poi riordinato dal Mazzoni in vista della sua
edizione del 1925, fondo che anche per le lettere come per il resto
della produzione pariniana si conferma come la «base fondamen-
tale» per ogni lavoro di edizione,1 gli autografi accessibili sono
tuttora depositati per due terzi nei luoghi di conservazione del
carteggio passivo dei destinatari, mentre il restante terzo, disse-

1 Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 15.


nota al testo 47
minato a singoli pezzi in varie collezioni epistolari e autografote-
che di biblioteche pubbliche, proviene dai canali del collezioni-
smo privato. Ne risulta il seguente quadro sinottico:
Bologna
– ASBo: 2
Brescia
– BCQBs: 33
Como
– ASDCo: 55
Forlì
– BCASFo: 16, 40, 64
London (UK)
– BLLondon: 49
Mantova
– ANVMn: 6, 11
– BCTMn: 7, 36, 37
Milano
– AOMMi: 38
– ASMi: 9, 12, 29, 39, 45, 46, 47, 57, 58, 59, 60, 61, 66
– BAMi: 8, 17, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 30, 43, 51, 52, 53, 54, 62, 63, 65
– BNBMi: 18, 42
Modena
– BEUMo: 31, 56
New York (U.S.A.)
– PMLNY: 19
Philadelphia (Pennsylvania, U.S.A.)
– HSPPhil: 14
Trieste
– ASTs: 41
Venezia
– BNMVe: 3
Wien (Österreich)
– HHSWien: 10
48 nota al testo

Fonti a stampa.
Storia della fortuna e storia editoriale
Una sola lettera pariniana vede la luce vivente l’autore, quella al
Corniani del 1781, pubblicata nella seconda e ultima annata (1796)
di un curioso periodico di esclusivo contenuto epistolare, l’«Epi-
stolario» del Rubbi, tappa significativa della fortuna del genere
nell’Italia di fine Settecento.
A pochi anni di distanza segue, attesissima, l’edizione Reina,
che in coda alle opere inserisce una sezione epistolare di 16 lettere
(comprese le tre fittizie a una falsa divota). Ma nei confronti del-
l’edizione, come osserva il contemporaneo Pietro Custodi, è
subito «generale la doglianza» per la «nissuna scelta» e la «scarsa
critica»: e proprio le «lettere insignificanti» sono, sempre secondo
il Custodi, tra i motivi di insoddisfazione per la «faragine» di testi
di disparato valore messa insieme dal Reina.1 Di lì a poco anche
l’edizione Silvestri delle Prose, uscita dapprima nel 1821 e poi ri-
pubblicata nel 1830 e nel 1836, dichiara come inevitabile l’omissio-
ne delle 16 lettere fino ad allora note, «perché in esse nulla v’ha
che possa accrescere la fama dell’Autore».2
A monte di questi giudizi agisce evidentemente una concezio-
ne che può dirsi ‘bellettristica’, ben salda fino alla metà dell’Otto-
cento,3 per la quale anche un’edizione completa di un autore deve

1 Le parole del Custodi, tratte da una nota intitolata Parini e Reina, si leggono
ora nell’Appendice Ultima ii a di Rota 1987, pp. 1235-1236, che ristampa integralmente
Auvray 1905, dove per la prima volta esse furono pubblicate. Il biasimo per l’ope-
razione editoriale del Reina dovette davvero essere «generale»: anche il Foscolo, nel
1807, disse il Reina giustamente «lapidato» per l’edizione pariniana, al pari degli
editori delle opere alfieriane: Foscolo 1952, p. 186; e per analoghi giudizi del Pin-
demonte e di Isabella Teotochi Albrizzi, anche se riferiti al solo terzo volume del
Reina, cfr. Cimmino 1963, ii, pp. 371-373.
2 Silvestri 1821, p. 8. Pure, all’inizio dell’Avviso preliminare (riproposto tal qua-
le ancora nel 1830 e nel 1836), l’editore caldeggiava che anche le prose fossero altret-
tanto «avidamente studiate ed imitate» quanto le poesie, poiché «non la cedono alle
Poesie in originalità, forza, nobiltà, leggiadria, ed in quella facilità e naturalezza che
spesso si desiderano nei nostri Prosatori» (p. 5): ma si riferiva, evidentemente, ai
Principi delle belle lettere, ai discorsi, ai programmi per opere di pittura e di scultura,
ai pareri e giudizi letterari, non certo alle lettere.
3 E anche oltre, se ancora il Bertana, scrivendo in una importante testata della
cosiddetta Scuola storica, poteva pronosticare che una raccolta completa di tutte le
lettere allora note «rare od inedite del Parini […] non sarebbe riuscito un florilegio
di buona prosa epistolare (chè certo le lettere e, in generale, tutte le prose pariniane
nota al testo 49
limitarsi ai soli scritti provvisti di dignità letteraria, con esclusione
di quei testi che, come le lettere, per la loro costitutiva compro-
missione con la sfera del privato e del quotidiano, appaiono, o
possono apparire, assai meno ‘monumenti’ che ‘documenti’.1
D’altra parte la netta e «generale» censura per l’operazione edito-
riale del Reina va comprensibilmente correlata con il profilo
specifico di un epistolario come quello pariniano, occasionale,
eterogeneo, frammentario, legato, come s’è visto, a situazioni
contingenti e a fini pratici, e in quanto tale ritenuto assai poco
confacente, con le sue petitorie e gratulatorie ai potenti, all’im-
magine romantica, allora in via di consacrazione, dell’uomo eti-
camente superiore in lotta con la sua epoca corrotta. Un venten-
nio dopo, lo stesso Reina, che aveva contribuito a innescare
questo processo di trasfigurazione del Parini con la Vita premessa
alle Opere, provvede a condensare la sua precedente edizione in
due volumi per i Classici Italiani, sacrificando ovviamente, con
qualcos’altro di minore, quasi tutte le lettere, e sapientemente
trascegliendo e dislocando le due residue.2
Sta di fatto che la prima edizione Reina rimane per circa un se-
colo l’unica disponibile per il Parini epistolare. Poche persino le
antologie ottocentesche di modelli epistolari che accolgono, e

non richiamano punto alla mente le squisitezze stilistiche e la potente originalità


del poeta)» (Bertana 1898, p. 81). Ancora un decennio dopo il curatore di un’anto-
logia di Prose scelte del Parini dichiarava di tralasciare le «due brevi lettere a Diodata
Saluzzo ed al conte Wilnech [sic]», cioè le sole a lui note in quanto tràdite dalla sua
edizione di riferimento, la Reina 1825 (cfr. qui infra), «perchè di carattere privato»;
parimenti istruttiva l’elencazione dei «concetti di opportunità» che gli avevano sug-
gerito l’esclusione di altre prose: «Le avvertenze pel segretario d’un’accademia di belle
arti, perchè di tipo regolamentare; Il programma della cattedra biennale di belle lettere,
perchè già contenuto in sostanza nel Trattato […], e quanto alla forma troppo di-
dattico; I pareri intorno a varie pubblicazioni del tempo, perchè, al tempo nostro,
di mediocre interesse; […] i soggetti di belle arti e la bella descrizione delle feste per
le nozze di Ferdinando d’Austria con Beatrice d’Este, perchè lavori occasionali di
cronaca cittadina», ecc. (Aporti 1910, pp. 8-9).
1 Non è casuale, del resto, la relativa esiguità di edizioni epistolari in Italia nel
corso del Settecento: cfr. Viola 2011a.
2 Cfr. Reina 1825, ii (Prose scelte), che espunge anche le tre polemico-trattatisti-
che a una falsa divota. Le due sole scampate al deciso sfoltimento sono la lettera alla
Saluzzo Roero (pp. 262-263) e quella al Wilczeck dell’autunno 1769 (pp. 391-396): il
loro mantenimento si giustifica rispettivamente tramite la collocazione della prima
tra i Pareri e giudizj letterarj (pp. 262-263) e in ragione del rilevante contenuto della
seconda (il Parini vi illustra estesamente la sua idea di «Eloquenza superiore» in
relazione all’istituenda cattedra milanese).
50 nota al testo
non senza parsimonia, lettere pariniane (Nardini 1810, Modelli
1830, Raccolta 1830, Antolini 1832, Fanfani 1855, Paladini 1861,
Pizzigoni 1864, Mattii 1869). Ancor meno numerose, certo per
la rarità della merce disponibile, le edizioni di inediti in opuscoli
per nozze, che invece formano in larga parte la tradizione a stam-
pa di altri autori del nostro Settecento (se ne conta una soltanto,
Micheli 1905). Qualche raro pezzo singolo esce intanto in prima
edizione negli opera omnia dei corrispondenti del Parini (Rezzo-
nico 1815-1830, Saluzzo Roero 1843) o nelle edizioni del loro
carteggio (Brigidi 1855), oltre che per opera di strenui cultori di
cose lombarde «di ambiente manzoniano» (Cantù 1854).1
Per assistere a una più decisa e capillare ripresa degli scavi, bi-
sogna attendere la fine dell’Ottocento, quando, con le ricerche do-
cumentarie della Scuola storica, si apre quella che tuttora appare
come la stagione più florida degli studi pariniani (tra 1881 e 1891
escono gli egregi commenti al Giorno di Borgognoni e alle Odi di
Salveraglio, di D’Ancona, di Bertoldi).2 Anche Carducci, i cui stu-
di sul Parini precedono di poco e accompagnano quelli della Scuo-
la storica, pensa a un’edizione congiunta di Rime scelte e Lettere
(«una raccolta ragionata, con indicazione delle fonti»), che propo-
ne insistentemente, tra 1881 e 1891, all’allievo Salveraglio, biblio-
tecario all’Ambrosiana, il quale trascriverà alcune lettere negli ap-
parati della sua ricordata edizione delle Odi (Salveraglio 1881):
ma il progetto sfuma per il trasferimento di questi alla Nazionale
di Catania.3 Intanto la pubblicazione di singole lettere prosegue in
contributi di taglio e impegno diversi: saggi specifici (Paglia 1881,
Bertana 1898, Sanesi 1922), lavori di erudizione biografica volti
a sondare la rete relazionale del Parini (Bertoldi 1893, Marche-
si 1904, Pasini 1905a), inventari di fondi manoscritti (Majer 1904;
e, prima, di collezioni di autografi: Berlan 1865), ricostruzioni
storico-ambientali (Bortolotti 1900, Pasini 1905b, Pecchiai
1917; Vianello 1933; un genere, questo, saldamente presente
nella bibliografia pariniana, come provano fra gli altri i lavori di
Valmaggi, Vicinelli e altri).
Ma ad ampliare significativamente il corpus, raccogliendo pres-
soché tutte le lettere pariniane allora note, sono soprattutto le

1 La definizione è in Allevi 1970, p. 45.


2 Sul Parini e la Scuola storica si veda l’omonimo saggio poi raccolto in Spaggiari
2004, pp. 168-195. 3 Lo documenta Spaggiari 2004, pp. 174-175.
nota al testo 51
benemerite edizioni critiche di Egidio Bellorini (1913-1915) e di
Guido Mazzoni (1925). Nel frattempo le carte pariniane erano sta-
te conferite dagli eredi Bellotti alla Biblioteca Ambrosiana (1910).
Archiviata definitivamente la vecchia idea di edizioni-‘monumen-
to’, selettive del meglio a tutela e conferma dell’immagine cano-
nizzata dell’autore, è ora vivamente avvertita l’esigenza di dispor-
re di edizioni quanto più possibile complete, che consentano uno
studio rinnovato e integrale dell’uomo Parini, da condursi sulla
base di un più largo e solido fondamento. Un’esigenza condivisa
e dichiarata, negli stessi anni, anche al di fuori dell’ambito filolo-
gico, come prova una notevole antologia ‘d’autore’: quella firma-
ta nel 1924 da Carlo Linati per «Le più belle pagine degli scrittori
italiani scelte da scrittori viventi» della Treves.
Alle raccolte di Bellorini e soprattutto di Mazzoni, via via in-
crementate, fino a tempi recenti, da nuove ma pur sempre nume-
rate trouvailles di singoli pezzi (Bembo 1953, Ostoja 1956, Chan-
dler 1960, Costa 1970, Pace 1970, Isella 1985a, Barbarisi
1999, Nicora 2000, Bartesaghi 2009), guardano inevitabilmen-
te alcune importanti edizioni antologiche delle opere pariniane
pubblicate nel corso degli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento
da competenti specialisti per alcune delle maggiori case editrici
italiane (Caretti 1951, Petronio 1957, Zuradelli 1961, Sava-
rese 1968, Bonora 1969). Restano, tuttavia, eccezioni, per quan-
to rimarchevoli; perché più numerose sono da sempre le raccolte
che, pur estendendosi alle prose e non alle sole poesie, escludono
le lettere,1 e queste sono a loro volta incomparabilmente minori-
tarie rispetto alle antologie del solo Parini in versi.
A segnare un ultimo, cospicuo tournant nella storia editoriale
delle lettere pariniane dopo Reina, Bellorini e Mazzoni, è infine il
secondo dei due volumi di Prose uscito per le cure congiunte di
Gennaro Barbarisi e Paolo Bartesaghi nel 2005, che si pone fino ad
oggi come l’edizione di riferimento sia per il profilo filologico, sia
per l’aspetto del commento dei testi.

1 A titolo d’esempio: Silvestri 1821; Bettoni 1832; Giusti 18605; Boghen Co-
nigliani 1908 (erronea l’indicazione di Bustico 1929, p. 87, nº 405, che pone questa
antologia scolastica fra le edizioni di lettere pariniane, trascrivendone il titolo come
Lettere scelte anziché come Letture scelte); Aporti 1910; Guastalla 1913; Guastalla
1924; Parini 1936; Bianchi 1938; Cremonese 1959; Bianchi 1965 (19271); Mazzoni
1967; Caretti 1969; LIZ 1993, ecc.
52 nota al testo
Il quadro crono-bibliografico che segue ricostruisce analitica-
mente la storia editoriale delle lettere pariniane: esso elenca in-
nanzitutto le prime edizioni, di cui, se necessario, si dà in calce
una breve descrizione; non esclude però le principali riedizioni, le
quali, se sono prive di significato sul piano più strettamente filo-
logico, si rivelano di utilità tutt’altro che secondaria per chi voglia
delineare un quadro compiuto della fortuna dell’epistolario pari-
niano. I numeri si riferiscono ovviamente all’ordinamento di que-
sto volume, e sono in tondo nel caso di prime pubblicazioni, in
corsivo per le riedizioni, preceduti da asterisco a indicare una ri-
produzione fotografica o facsimilare del manoscritto:
Rubbi 1796
44
Reina 1801-1804
8, 17, 24, 34, 43, 44, 51, 52, 53, 54, 62, 63, 65
Le lettere – 16 in tutto per l’inclusione delle tre fittizie alla «falsa divo-
ta» – sono nel iv dei 6 voll., dedicato a Silvia Curtoni Verza e com-
prensivo di due elogi, quattro discorsi, il dialogo sulla nobiltà, una no-
vella e pensieri vari. Cfr. supra. Le due lettere al Paganini (ni 17 e 24),
prive di anno, sono attribuite al 1781.
Nardini 1810
52, 53
Rezzonico 1815-1830
48
Reina 1825
8, 65
Sono i voll. 107 e 108 dell’«Edizione delle opere classiche italiane del
secolo xviii»: il primo di Poesie, il secondo di Prose. Riproduce il testo
di Reina 1801-1804. Cfr. supra.
Modelli 1830
8, 34, 44, 48, 51, 65
I ni 8, 48, 65 sono nel t. iv e ultimo, pp. 51-52 e 153-158; i ni 34, 44, 51 nel
t. iii, pp. 29-30 e 100-102. L’anonimo curatore, il comasco R. C., si
propone di «presentare a’ giovani studiosi in poca mole il più bel fiore
delle italiane lettere» su cui «modellar» lo «stile» (p. 8).
Raccolta 1830
17, 52, 53
nota al testo 53

Antolini 1832
8
Saluzzo Roero 1843
65
Cantù 1854
3, 48
La nº 48 è riportata alla nota 39 di p. 65, senza indicazione della fonte,
come «non inserita nella raccolta del Reina». Mazzoni 1925 osserva
che il Cantù «talvolta credè inedito l’edito» (p. lxvii).
Brigidi 1855
16
Fanfani 1855
8
Paladini 1861
17, 34, 51
Pizzigoni 1864
17, 34, 65
Antologia epistolare destinata a «Giovinetti» e «Fanciulle», con lettere
di vari autori dal Cinquecento (Caro) all’Ottocento (Gherardini). Le
3 lettere pariniane – nell’ordine: 34, 17, 65 (la 17, al Paganini, è priva di
data) – sono a pp. 74-76.
Berlan 1865
18, 42
Raccoglie Lettere inedite di illustri Italiani provenienti dall’autografote-
ca di Damiano Muoni, poi dispersa.
Mattii 1869
48
È una delle tante antologie epistolari destinate «alla gioventù». La let-
tera pariniana, già edita, viene inclusa tra le «inedite» della parte ii, a
pp. 47-48, e qualificata come lettera «erudita».
Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885
55
La lettera è riportata al vol. i (1875), nel supplemento alla iii e ultima
tavola dedicata alla famiglia Durini, in pp. non num.
54 nota al testo

Vita Nuova 1876


64
Paglia 1881
6
Salveraglio 1881
42, 43, 55, 66
Alle pp. xxxviiin-xxxix e 235-236 sono riportati anche brani dei ni 18
e 24.
Rosmini 1887
28
L’articolo, anonimo e privo di alcun commento, si limita a trascrivere
abbastanza fedelmente il testo della lettera (ma il millesimo indicato
nella data, per refuso, è «1716» pro «1776»), solo dichiarando in nota che
l’«originale è posseduto dal Prof. Stoppani».
Bertoldi 1893
33
Ripresa anche in Bertoldi 1900, pp. 85-86.
Bertana 1898
7, 13, 31, 36, 37, 56
Le sei lettere, che l’editore con obiettività giudica non «di grande im-
portanza», salvo, «forse», la nº 56 al Bodoni, sono le sole che gli sia riu-
scito di raccogliere in vista di un progettato ma abortito volume con-
tenente «quante più lettere rare od inedite del Parini fosse stato
possibile». Interessante anche quest’altra confessione introduttiva:
«Ricerche ne ho fatte, ma il successo fu di troppo inferiore alle più mo-
deste speranze; sicché la pubblicazione di questo scarso manipolo di
lettere pariniane vorrebbe anzitutto servire di sprone a chi con mi-
gliori aiuti, con più sagacia e fortuna di ricercatore potesse accingersi
all’impresa, ch’io quasi abbandono per disperata» (p. 81).
Fumagalli 1899
*11, *66
Come in testa al frontespizio, l’Albo pariniano esce «Per il primo cente-
nario della morte di Giuseppe Parini - xv agosto mdccclxxxxviii -
Omaggio della Biblioteca Nazionale di Brera», per cura del biblioteca-
rio braidense Giuseppe Fumagalli e con le fotografie di Carlo Vismara.
Il facsimile della nº 66 si trova nella sez. ii, La vita del Parini. Luoghi, per-
sone, documenti biografici, p. 63, fig. 70; quello della nº 11 nella sez. iii,
Gli scritti del Parini. Autografi, edizioni, illustrazioni, p. 69, fig. 79.
nota al testo 55

Bortolotti 1900
12, 18, 31, 55, 57, 58, 60, 61, 66
Pubblica 5 nuove lettere, tre delle quali (ni 12, 57, 61) nell’appendice
di Documenti inediti e rari che si pubblicano separatamente (pp. 229-258).
La 55, data per inedita, era già stata pubblicata nel 1875 da Felice Calvi
in Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885. Anche della 66, data per ine-
dita, aveva pubblicato un facsimile l’anno precedente Fumagalli
1899, p. 63.

Marchesi 1904
55
La lettera, già edita in Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885 e in Bor-
tolotti 1900, p. 142, è qui ritrascritta dall’autografo (p. 100) secondo
criteri rigorosamente conservativi.

Pasini 1905a
41
Pasini 1905b
10
Lamentando in limine che, nel caso del Parini, ancora «si desideri il
sussidio più utile a chi studi i grandi uomini, vale a dire l’epistolario»,
il Pasini pubblica, oltre alla lettera del Parini al Kaunitz, anche la re-
sponsiva del secondo al primo del 28.xii.1769.

Micheli 1905
22
Bellorini 1913-1915
3, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31, 34, 36, 37,
41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 60, 61, 62,
63, 65, 66
I due volumi raccolgono le sole Prose pariniane e sono rispettiva-
mente il 53 e il 71 della collana crociano-laterziana degli «Scrittori
d’Italia». Le Lettere sono nel vol. ii, dove formano la sez. xiv, penul-
tima dell’edizione (l’ultima è di Scritti vari e frammenti): in numero
di 45, 11 di esse sono pubblicate per la prima volta. Non è avanzata
alcuna proposta di datazione per le 6 lettere al Paganini (ni 17, 21, 23,
24, 25, 26), tutte prive di millesimo, che sono conseguentemente
confinate dopo le lettere datate o sicuramente databili, e numerate
da xl a xlv.
56 nota al testo

Pecchiai 1917
38, 42
La 38 è riprodotta in fac-simile in tav. fuori testo, posta tra le pp. 88 e
89; la 42 è trascritta a pp. 88n-89n.
Sanesi 1922
4
Linati 1924
3, 8, 18, 25, 30, 41, 53, 65
Antologia ‘d’autore’, inserita come nº 20 nella collana «Le più bel-
le pagine degli scrittori italiani scelte da scrittori viventi» dell’edito-
re Treves. È firmata dallo scrittore comasco, ma milanese di
adozione, Carlo Linati (1878-1949), cultore di letteratura e storia
lombarde (Manzoni, De Marchi, Grossi, Dossi…) e anello impor-
tante della linea espressionistica lombarda tra gli scapigliati e Gadda
(cfr. Isella 1994, pp. 139-145). L’inserimento delle 8 lettere si inqua-
dra nell’intento, esplicitamente dichiarato dall’antologista, di far
emergere dalla produzione di Parini non solo il fustigatore del de-
grado morale aristocratico, ma il poeta intero in tutta la sua
complessa umanità.
Mazzoni 1925
3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28,
29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 50, 51, 52, 53,
54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 65, 66
A pp. 981-1030, dopo una nota Sul testo indicante le fonti di ciascun
pezzo (pp. 976-980), raccoglie 69 Lettere e documenti autobiografici; delle
54 lettere (la nº 20 è fuori sezione, a p. 265n), 5 sono pubblicate per la
prima volta. L’editore dichiara criteri «scrupolosamente» conservativi
quanto alla «lezione» delle fonti, «ma non così alla loro grafia nè alla
loro interpunzione» (p. xc). Come già in Bellorini 1913-1915, le 6 let-
tere al Paganini (ni 17, 21, 23, 24, 25, 26), tutte prive di millesimo, sono
lasciate senza data precisa, collocate prima dei «documenti», in coda
alle lettere datate o databili, e numerate da 50 a 55.
Galbiati 1929a
*34
Galbiati 1929b
34
La dà erroneamente per inedita.
nota al testo 57

Vianello 1933
1
Caretti 1951
3, 6, 7, 8, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 28, 30, 33, 46, 48, 52, 53, 54, 56, 63, 65
Quella delle Lettere è l’ultima sezione (pp. 625-665) dedicata al Parini
nelle Poesie e prose Ricciardi: vi sono 23 pezzi, di cui l’ultimo è il testa-
mento. Anche Caretti, come già Bellorini e Mazzoni, colloca fuori or-
dine, numerandole da xvii a xxii e ponendole in coda alle lettere da-
tate, prima del testamento, le 6 lettere prive di millesimo al Paganini,
che pure a p. 653n, sulla base di Foresti 1948, dice databili «con buone
ragioni» la prima al 1773 e le altre cinque al 1774.
Bembo 1953
32
Cfr. qui infra, in nota alla lettera.
Ostoja 1956
*2
Al testo del breve articolo (pp. 103-104) segue la riproduzione fotogra-
fica dell’autografo (pp. 105-106).
Petronio 1957
3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 35,
36, 37, 42, 43, 44, 45, 48, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 59, 60, 62, 63, 65, 66
«Classici Rizzoli». Riprende la titolazione mazzoniana di Lettere e do-
cumenti autobiografici (pp. 1111-1212), riunendovi 50 pezzi, di cui pro-
priamente 44 lettere.
Chandler 1960
49
Zuradelli 1961
3, 6, 7, 8, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 36, 52, 53, 54, 56, 62, 63, 65
Opere scelte dei «Classici italiani» Utet. Riprendendo la struttura di Ca-
retti 1951, la sezione epistolare, anche qui posta in coda al volume e
intitolata Dalle lettere e documenti autobiografici (pp. 1027-1076), com-
prende 22 pezzi, di cui 21 lettere e il testamento.
Savarese 1968
7, 30, 46
Il volume, della collana «Scrittori italiani», è organizzato in quattro se-
zioni: Il Giorno, Odi, Poesie minori, Prose. Queste ultime (pp. 273-331)
58 nota al testo
comprendono testi tratti dalla lettera contro il Branda, dal Discorso so-
pra la poesia, dai Principi delle belle lettere, dallo scritto Sul decadimento
delle belle lettere, dal Dialogo sopra la nobiltà, dai Soggetti di pitture deco-
rative e, in ultimo, dalle Lettere (pp. 326-331), che l’editore, a p. xxii, di-
chiara di trascrivere da Caretti 1951. Ciascuna lettera è preceduta da
un breve cappello introduttivo e annotata a piè pagina.
Bonora 1969
3, 6, 7, 8, 9, 10, 17, 18, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30, 31, 41, 42, 44, 48, 52,
53, 54, 56, 57, 58, 63, 65, 66
Pubblica in coda al volume, anch’essa riprendendo l’etichetta di Maz-
zoni 1925, 32 tra Lettere e documenti autobiografici (ultimo dei quali, an-
che qui, il testamento).
Bologna 1969
*59
Costa 1970
49
Pace 1970
14
Isella 1985a
19
Barbarisi 1999
15
Nicora 2000
39
Barbarisi-Bartesaghi 2005
2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26,
27, 28, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48,
49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 65, 66
Edizione critica in due volumi delle prose pariniane: il vol. i, Prose i , a
cura di Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi (2003), comprende le Lezio-
ni e gli Elementi di retorica; le Prose ii contengono Lettere e scritti vari. I
pezzi sopra elencati sono 60, ma l’edizione ne conta 61 per l’inseri-
mento, come prima lettera, del documento dell’ASMi di cui s’è di-
scusso supra, al § Il corpus: esclusioni e inclusioni. Le lettere sono nella
sez. viii (Epistolario [1763-1798]), pp. 597-704 (a pp. 599-657 i testi; a pp.
658-704 una ricca Nota ai testi filologico-esegetica per ciascuna lettera),
scorporate dagli Atti personali e d’ufficio [1767-1798] (sez. ix, pp. 705-720).
nota al testo 59
I Criteri editoriali di p. 23 dichiarano, come sole deroghe alla trascrizio-
ne conservativa, l’abbassamento delle maiuscole non retoriche e la
normalizzazione dell’interpunzione.
Bartesaghi 2009
40, 64
La nº 64 è data come inedita, ma fu pubblicata per la prima volta in
Vita Nuova 1876.

La presente edizione
Questo volume raccoglie esclusivamente e integralmente le let-
tere pariniane finora note (1752-1798). Rispetto all’ultima edizione
completa, la Barbarisi-Bartesaghi 2005, il corpus qui raccolto
presenta sei pezzi in più, i ni 1, 4, 20, 32, 40 e 64: i primi due, di cui
resta irreperibile l’autografo, recuperati rispettivamente da Via-
nello 1933 e da Sanesi 1922; il terzo da Mazzoni 1925; il quarto
da Bembo 1953; il quinto pubblicato nel frattempo da Bartesaghi
2009; il sesto già a stampa da oltre un secolo (Vita Nuova 1876), ma
riscoperto autonomamente ancora da Bartesaghi 2009. Quanto
alla nº 16, poi, il rinvenimento dell’autografo ne ha consentito una
più sicura trascrizione.
I testi sono stati sistematicamente ricollazionati sugli originali,
ciò che ha permesso di correggere sviste ed errori delle stampe
anche più recenti.1

1 Questi, ad es., alcuni degli emendamenti rispetto all’ed. Barbarisi-Bartesa-


ghi 2005 (le cui lezioni si riportano qui di seguito in prima sede, a sinistra dei rispet-
tivi emendamenti): nº 2: «Becelli» → «Occelli»; «Giuseppe» → «Giusep[p]e»; nº 3:
«non ne posso» → «non me ne posso»; «non ne posso aspettare» → «non me ne pos-
so aspettare»; «io non piglierò mai» → «io non mi piglierò mai»; nº 6: «settimana»
→ «settimana passata»; «Femia, e con esso» → «Femia; e la condotta de’ suoi emuli
per rispetto ad esso. Deliberai adunque di far ristampare il Femia, e con esso»; nº
9: «che si presentasse» → «che gli si presentasse»; nº 12: «in eterna beatitudine» →
«in eterna benedizione»; nº 16: «equidem» → «ecquidem»; «si quid me» → «si quid
in me»; nº 19: «Tu non potevi farmi» → «Tu non potevi mai farmi»; «possibile, che
possono» → «possibile, e che possono»; nº 31: «che sopravanzano» → «che mi so-
pravanzano»; «Mi ristringo» → «Mi restringo»; «prego lei specialmente» → «prego
Lei spezialmente»; nº 36: «gentilissima sua lettera» → «gentilissima Lettera»; «prez-
zo in che tengo» → «pregio in cui tengo»; nº 37: «coll’occasione» → «all’occasione»;
nº 38: «potesse far» → «potesse far meglio»; «finito al termine» → «finito nel termi-
ne»; nº 39: «Piadina» → «Piadena»; nº 41: «fra i quali io mi pregerò» → «frà i quali
io mi pregierò»; nº 44: «Le dirà bensì» → «Le dirò bensì»; nº 46: «cagionevole di sa-
lute» → «cagionevolissimo di salute»; nº 47: «sperando qualche elemento riguarda
all’anzianità» → «sperando qualche clemente riguardo all’anzianità»; nº 51: «Egli
60 nota al testo

Criteri di trascrizione
La grafia del Parini è sufficientemente nitida, chiara, ordinata,
per lo più priva di correzioni, e dunque di agevole decifrazione.
Il ductus, uniformemente regolare, si presenta lievemente inclina-
to a destra. Fra i tratti caratteristici della grafia pariniana si osser-
vano: la scarsa elevazione, all’uso settecentesco, del tratto verti-
cale di l, t, b ed f; il deciso allungamento sotto il rigo, invece, della
p e della g (non però della f ); la forma tondeggiante della e, ver-
gata con doppio tratto, che la rende spesso simile alla a; la chiu-
sura a ricciolo (talora quasi un minuscolo cerchiolino) del gambo
nelle vocali a, e, i in fine di parola; lo scendere sotto il rigo della
e maiuscola.
Come prescrivono le norme di questa Edizione Nazionale, la
trascrizione segue criteri rigorosamente conservativi, non solo
per l’ortografia (A), ma anche per la mise en page del testo (B).
A) Quanto all’ortografia, non si sono alterati rispetto agli ori-
ginali:
– il sistema maiuscole/minuscole, benché non sempre unifor-
me, talora nella stessa lettera; nella nº 14, ad es., si riscontra
un’oscillazione come «copia»/«Copia», e nella nº 30 «governo»
(semel) / «Governo» (quater), «canzone»/«Canzone», «Suoi»/
«suo», e vi compare «mantova», nonché un’inconsueta minu-
scola iniziale in titoli come «sig.r conte»;
– le oscillazioni grafiche («megliorare»/«migliore») e, a fortiori,
sintattiche (sebbene usato tanto con l’indicativo quanto con il
congiuntivo: «sebbene gli si fecero» vs «sebbene si persuada»,
entrambi nella nº 9);1 i grafemi oggi caduti in desuetudine, co-
me la j italiana (intervocalica: «librajo»; iniziale: «jeri»; e più
spesso desinenziale: «maj», «augurj», «indizj», «encomj», «sus-
sidj», «vizj», «uficj», «varj»)2 e, a fortiori, latina («judicare»,
«Jan[nuariis]»); gli usi arcaici o difformi di scempie («afflige»,

debb’esser» → «Egli vi debb’esser»; nº 55: «dirò quasi impetuosamente» → «dirò


quasi, tanto impetuosamente»; nº 57: «senza ingiuria di verun altro» → «senza in-
giuria nè scomodo di verun altro»; nº 60: «dev.mo obbl.mo serv.re» → «dev.mo obb.mo
servo»; nº 61: «R. Imperial C. di Governo» → «R. I. Conferenza di Governo».
1 Sempre il congiuntivo, invece, con benché: «benchè non mi soddisfacciano». Si
osserva anche un caso di indicativo in dipendenza da verbum dolendi: «Mi spiace che
[…] si è aggiunta una cateratta» (nº 65).
2 Ma naturalmente vi sono anche uscite in -i: «librai» (nº 3).
nota al testo 61
«difidenza», «diferii») e geminate («deffinitivamente», «Collo-
nello» [ter nella nº 6], «esaggerate»); le forme analitiche di avver-
bi («in oltre»;1 contra, «perora» in luogo di «per ora») e di prepo-
sizioni articolate («su gli», «su le», «a i»; ma per queste ultime la
forma sintetica è decisamente prevalente: «sulla», «sulle», «de-
gli», «agli», «ai» ecc.); le brachilogie alfanumeriche indicanti i
mesi («7.bre», «9.bre»,2 «x.bre»); le sviste («tutte e tre i poemetti»,
nº 3), tanto più se di non sicura emendabilità («dei bel Sonetto
da Lei scritti», nº 34: ci è noto un solo sonetto di Bettinelli in lo-
de di Parini, ma a rigore non si può escludere, nella imponente
e mal censita produzione poetica bettinelliana, l’esistenza di un
altro sonetto gemello oggi disperso). Giova qui avvisare che è
degli originali il numero plurale di «qualche» pro «alcune»
(«qualche offerte»; «qualche mesi»; «qualche note»), del resto
tutt’altro che estraneo agli usi coevi (per un altro esempio pa-
riniano, si veda, nella prima lettera al Branda, un «qualche civili
Signore» al femminile plurale3);
– l’interpunzione, anche nel caso di usi non più vigenti, come i
punti che seguono immediatamente le cifre, sia nelle date che
nel corpo della lettera. Più in particolare, non sono state espun-
te le virgole fra soggetto e predicato, che a volte sembrano
causate dalla mancata delimitazione di un inciso appositivo
(«L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare»), né
quelle che precedono tanto la congiunzione copulativa (benin-
teso, in dittologie aggettivali e nominali: «utili, e nobili»; «la
munificenza, e la magnificenza»), quanto la congiunzione su-
bordinante dichiarativa («sente, che sia per conchiudersi», «cre-
do, che non ci sia») e il pronome relativo non appositivo («quel-
lo, che»; «un beneficio, che corona gli infiniti altri»). Né si sono
inserite virgole a separare i singoli elementi di una serie («Lo
scrissi lo consegnai»; «l’età la salute e i mezzi», «di morti di tom-
be», «corretti variati in qualche parte ed accresciuti», «giovane
buono savio e studioso»: e sono probabilmente asindeti inten-
zionali). Neppure è stato integrato il punto esclamativo al ter-
mine di frasi che lo reclamerebbero, come quelle aperte da un
«Oh» (e hanno invece il punto fermo: «Oh quantum diducet os,

1 Due «in oltre» anche nella Lettera al Branda: cfr. Morgana-Bartesaghi 2012,
p. 115. 2 Ma «Novembre», per esteso, nella nº 51.
3 Morgana-Bartesaghi 2012, p. 115.
62 nota al testo
et cachinnabit tui, meique amicissimus Rosa, si id unquam
monstri, per tuas litteras, rescierit.», nº 18), o introdotte dai de-
precativi «Ah» e «Deh», in cui altrove l’esclamativo è presente
(«Ah se ciò fosse, non saprei darmene pace per tutti i motivi»
contra «Ah se Ella si fosse qui trovata questo inverno […] quanto
il mio cuore sarebbe stato lontano dalla noia!»; «Deh, in nome
dell’amicizia che hai per me e della perfetta conoscenza, che io
ne ho, ti scongiuro di fare il possibile per sincerarmi su questo
affare» contra «Deh perchè le vostre circostanze e le mie mi fan-
no disperare di rivedervi mai più!»). Analogamente, non è stato
integrato l’interrogativo al termine di un periodo come il se-
guente: «Com’è possibile, che la vecchia, che dianzi era tutta
mia, voglia perseguitar l’amico a mio riguardo, ora che sono as-
sente, come è possibile ciò, se non fosse accaduto qualche sini-
stro.» (un «com’è possibile, che», regolarmente seguìto dall’in-
terrogativo, è invece nella prima lettera al Branda1). Ma queste
ultime inavvertenze nell’uso dell’interpunzione si trovano nel-
la nº 25, una lettera che lo stesso Parini dice dettata in uno stato
di «agitazione» di «spirito»: e il mantenimento della punteggia-
tura originaria ha qui il vantaggio di confermare la dichiarazio-
ne dell’autore. È parimenti degli originali la presenza o l’assen-
za del punto o della virgola dopo l’allocutivo-vocativo iniziale,
nell’intestazione della lettera;
– gli accenti e gli apostrofi. I primi, che a volte il Parini dimentica
di apporre, perché evidentemente li aggiungeva, secondo l’uso
del tempo, ex post, a fine riga, se non in fase di rilettura («Citta»
pro «Città», nº 24; «sopra di se» pro «sopra di sé», nº 37; «piu» pro
«più», nº 66), sono sempre stati trascritti come gravi, e conser-
vati anche se difformi e del tutto minoritari rispetto all’uso pa-
riniano (è il caso della preposizione «fra», che nelle lettere figu-
ra accentata una sola volta, contro altre 16 occorrenze prive di
accento). Quanto agli apostrofi, sono grafie senza dubbio in-
tenzionali «ognaltro» e «ognaltra», del resto analogiche rispetto
al tipo ognuno: se ne trovano infatti esempi anche nel Giorno
(MZ, v. 850; NT, vv. 259 e 521); va infine registrato un solo caso
(contro 60) di elisione non segnalata dall’apostrofo della -i nella
preposizione articolata dei (nº 12), altri trovandosene in un apo-
grafo assai corrivo nell’uso dei segni diacritici (nº 15).

1 Cfr. Morgana-Bartesaghi 2012, p. 122.


nota al testo 63
Al criterio dell’assoluta conformità agli originali si è derogato
in misura minima:
– normalizzando il segno =, equivalente delle virgolette o dei
due punti seguiti da virgolette, non solo perché oggi non più in
uso, ma anche perché suscettibile di fraintendimento;
– rendendo con il corsivo il sottolineato del manoscritto (ma il
corsivo non è stato esteso a titoli di opere che negli originali
non siano sottolineati, come «Femia», quater nella nº 6; «la mia
Sera», ter nella nº 3; «il mio Mezzodì», sempre nella nº 3, ecc.);
– trascrivendo con «etc.» e con «per» i relativi simboli tachigrafici,
altrimenti irriproducibili;
– integrando fra quadre i grafemi omessi dallo scrivente per svi-
sta (tre soli casi: «Giusep[p]e», nº 2; «isceglie[re]», nº 8;
«Profes[s]ori», nº 28) o per brevità («Ron[n]a», nº 51: e qui, caso
unico nelle lettere, è il titulus a segnalare l’omissione nell’auto-
grafo), o ancora caduti a causa di guasti meccanici del mano-
scritto («Segre[t.º]», nº 30);
– eliminando il segno di contrazione ~ e portando ad apice la de-
sinenza delle parole abbreviate nei rari casi in cui quest’ultima
già non vi si trovi ma sia al rigo.
Per quest’ultimo aspetto, si ritiene utile fornire qui di seguito,
anche per evitare un eccesso di fastidiosi scioglimenti ad loca,
l’elenco completo delle abbreviazioni presenti nelle lettere pari-
niane e in altri documenti citati nella fascia di commento, non tut-
te, oggi, di immediata perspicuità:
7.bre = settembre
8.bre = ottobre
9.bre, 9.mbre = novembre
A., Ab., Ab.e, Abb.e = abate/abbate
A. = anno
A. C. = amico carissimo
A. V. = Altezza Vostra
Accad.a = accademia
affez.mo, affez.o = affezionatissimo
Ant.o = Antonio
Ap.le = aprile
Apost.a = apostolica
Avv.o = avvocato
B. V. = Beata Vergine
C. A. = Carissimo amico
Cam.li = camerali
64 nota al testo
Can. = canonico
Cap.no, Cap. = capitano
Card. = cardinale
Ces. = cesareo, -a
C.o = chierico
Co., C.te, Con., C. = conte
Col.mo = colendissimo
Conserv.e, Cons.e, Cons.i = conservatore, -i
Cons.e, Consig.re, Cons.i = consigliere, -i
consideraz.e, consid.e = considerazione
cor. = corrente
D., D.n = don
d.a, d.o = detta, -o
D.na = donna
d.r = dottor
degni.mo = degnissimo
Deleg.to = delegato
Dev.o, Dev.mo, Devot.ma = devotissimo, -a
Distintiss.o = distintissimo
Div.mo = Divotissimo
E. V. = Eccellenza Vostra
Ecc.mo = Eccellentissimo
Em.mo = Eminentissimo
etc. = eccetera
Es. = Esecutivo
Fabb.e = fabbriche
Feb.o = febbraio
formalm.te = formalmente
F.co = Francesco
G.le = Generale
g.o, g.no = giorno
Genn.o, Gen.o = gennaio
Gius.a, Giusti.ia = Giustizia
Gius.e = Giuseppe
gloriosam.te = gloriosamente
H. = Hieronymus
Id. = Idibus
Ill., Ill.mo = illustre, illustrissimo
infrasc.o = infrascritto
Jan. = Januariis
lett.a, lett.e = lettera, -e
M. S. = Maestà Sua
M.s. = manoscritta
M. V. = Maestà Vostra
Mag.o = maggio
nota al testo 65
March., M.se = marchese
Mil.o = Milano
Obb.mo, obbligati.ma = obbligatissimo, -a
Ornatiss.a, Ornatiss.o = ornatissima, -o
p. p. = prossimo passato
P.re = padre
P. S. = Post Scriptum, Post Scritta1
P.ve = pieve
pet.e = petente
Pres. = presentato, -a
P.ron, P.rone Pd.one = Padron, -one
R.2 = Repubblicano
R., Reg., R.a, Reg.a, Reg.o = Regio, -a
R. A. V. = Regia Altezza Vostra
R. I. = Regia, -o Imperiale
Riv.ma, Riv.mo = riveritissima, -o
S. A. = Sua Altezza
S. A. R. = Sua Altezza Reale
S. A. S. = Sua Altezza Serenissima
S. C. R. A. M. V. = Sacra Cesarea Reale Apostolica Maestà Vostra
S. E. = Sua Eccellenza
S. M. = Sua Maestà
S. P. D. = salutem plurimam dicit
S.ta = Santa
Segr.o, Segret.o = segretario
Ser.mo = Serenissimo
Ser.re, Serv.re = servitore
Sig.r, S.r = signor
Sopraint.za = Sopraintendenza
Sottoscriz. = sottoscrizione
Stimat.mo, Stimatiss.o = stimatissimo
sud.o = suddetto
Sup.e = superiore
Um.mo, Umil.mo, U.mo, U.me = umilissimo, -e
V. E. = Vostra Eccellenza
V. M. = Vostra Maestà
V.o = Vostro
V. R. = Vostra Reverenza
V. S. = Vostra Signoria
V. S. Ill.ma = Vostra Signoria illustrissima
vivam.te = vivamente
X.bre = dicembre

1 Il femminile è nella nº 25. 2 Soltanto nella data della nº 66.


66 nota al testo

B) Quanto all’impaginazione:
– all’edizione del documento è sempre premesso, in cifra araba,
il numero progressivo d’ordine della lettera, cui seguono, fra
quadre in quanto indicazione editoriale, il nome del destinata-
rio e, ove non sia già presente nel documento, la data ricostrui-
ta dall’editore;
– il vocativo iniziale, negli originali, è collocato sempre in testa al
foglio, talora al centro, talaltra a sinistra. Ricorrono i seguenti
tipi: «C. A.», anche invertito in «A. C.», nelle lettere più confi-
denziali, al cui destinatario Parini si rivolge con il voi o con il tu;
«Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo» o l’analogo «Sig.r e P.ron Riv.mo» in
quelle più formali, in cui l’allocutorio è il «V. S. Ill.ma»; e, salendo
di grado: «Eccellenza», in genere seguito da un punto fermo (da
virgola soltanto nella nº 29: ma, beninteso dopo l’ampio spazio
bianco di prassi, il corpo della lettera inizia in ogni caso con la
maiuscola); «Altezza» (nº 12 al principe Kaunitz); «Eminenza»
(nº 55 al card. Durini) o «Em.mo Principe» (nº 1 all’arcivescovo
Pozzobonelli); «Sacra Cesarea Reale Apostolica Maestà» (nº 15
all’imperatrice Maria Teresa). Si registrano anche alcuni casi di
intestazione ‘personalizzata’, con richiamo del nome, cogno-
me o titolo del destinatario: «Sig.r D. Ant.o stimatiss.o» (nº 5, trà-
dita però da stampe); «Ornatiss.o Sig.r Bodoni» (nº 56); «Ill.mo
Sig.re Prof. Col.mo» (nº 22 al Mazza, anch’essa però trascritta da
stampe); nonché un «Ornatiss.a Sig.ra Contessa» (nº 52 alla Cur-
toni), che, attraverso l’«Ornatiss.a Dama» della nº 53, si converte
poi in un più confidenziale e audace «Adorabile Silvia» (nº 54).
Perfettamente conforme alle prescrizioni classiche la salutatio
che apre l’unica lettera latina (nº 16): «Iosephus Parinius Hiero-
nymo Ferrio / S. P. D.». Costituisce un caso a sé la nº 66, che, se-
condo l’uso repubblicano, premette in capo al foglio il binomio
rivoluzionario di «Libertà» e «Eguaglianza» alla data e al voca-
tivo «Cittadino Ministro»;
– la data compare tanto in alto a sinistra, tra il vocativo iniziale e
il corpo, quanto, più frequentemente, in calce alla lettera, tra il
corpo e la sottoscrizione, a fianco o talora appena sotto il geni-
tivo («Di V. E.», «di V. S. Riv.ma», «di V. S. Ill.ma» ecc.) che precede
la sottoscrizione. Non sempre essa figura in forma completa.
Quanto all’elemento topico, poco meno della metà circa delle
66 lettere reca l’indicazione di Milano, sia per esteso (la nº 18,
nota al testo 67
in latino, ha ovviamente il locativo «Mediolani»), sia nella più
frequente forma abbreviata «Mil.º» (sono 31 per la precisione,
incluse due datate «Di casa» e una «Da Brera», e dunque an-
ch’esse inviate da Milano). Si può verosimilmente affermare,
però, che tutte le lettere, anche quelle prive di indicazione di
luogo, siano spedite dalla città lombarda. Cinque sole le ecce-
zioni, datate dai luoghi di villeggiatura di Rovagnate (nº 21),
Cantù (nº 23) e Vaprio (d’Adda, ma naturalmente il determi-
nante, estraneo all’uso e certo superfluo sia per il mittente che
per il destinatario, non è esplicitato: ni 60, 62, 63; in quest’ulti-
mo caso si ha «Vavero», formato sul dialettale Vàver). Quanto
alle date croniche, l’arco cronologico in cui si dispone il corpus
comprende ben quarantasei anni, tra il 1752 e il 1798. Sicura-
mente non varca i termini indicati nessuna delle 35 lettere prive
di data, di cui 16 mancanti del solo millesimo (integrato fra qua-
dre) e le rimanenti anche di giorno e mese (ma la nº 5, stando
al Mazzoni, che la pubblicò sulla base di un autografo ora irre-
peribile, ha una data appuntata a tergo): esse si possono tutte
situare cronologicamente con buona approssimazione sulla ba-
se di elementi interni o di dati esterni storici o biografici. Fanno
eccezione, e la loro collocazione nella sequenza cronologica è
di necessità convenzionale, la nº 40, collocabile nel decennio
1770-1780, e la nº 64, priva dell’anno ma databile tra 1792 e 1796,
per le quali rinviamo alle note ad locum. Nella sola nº 66, ultima
della raccolta, la data è indicata secondo il calendario repubbli-
cano («14. Messidoro a. vi. R.», corrispondente al 2 luglio 1798);
– il corpo della lettera può presentare una suddivisione in para-
grafi, che sembra in rapporto piuttosto con l’intenzione dello
scrivente di individuare all’interno del testo aree omogenee per
argomento che non con l’estensione del testo stesso: vi sono in-
fatti lunghe lettere del tutto prive di accapo (ni 30, 52, 53) e altre
più brevi scandite in più capoversi (48, 50, 51, 57, 60);
– ai già ricordati genitivi, posti subito in calce al corpo, sulla sini-
stra, fa seguito, oltre alla data (quando questa, se presente, non
sia posta in apertura), la sottoscrizione, quasi sempre composta
di due elementi. Precede una formula di ossequio, consistente
in aggettivi, per lo più di grado superlativo, seguìti da sostantivi
più o meno deferenti, a seconda dei casi, in coerenza con la qua-
lifica dell’intestazione: dagli officiosi «Umilissimo e Fedelissi-
mo Suddito» (nº 15 a Maria Teresa d’Austria), «Umilissimo Ser-
68 nota al testo
vidore» (nº 9 a «Vostra Altezza» il Kaunitz), «Um.mo Div.mo e
Obb.mo Serv.re» (in lettere intestate «Eccellenza», «Sig.r e P.ron
Riv.mo» ecc.) fino ai comitali «Vostro Affez.mo Amico e Serv.re»
(nº 4) o, nel registro galante, «Vostro vero e riverente Adorato-
re» (nº 54, all’«Adorabile Silvia»). Segue, subito sotto, la firma,
la quale reca nome e cognome per esteso nelle lettere più for-
mali, o, in quelle più intime rivolte a un tu, il solo cognome, an-
che abbreviato all’iniziale e di regola preceduto da un possessi-
vo d’affetto: «Il tuo amico. P.» (nº 17), «Il tuo Parini» (nº 19),
«Tutto tuo. Il Parini» (nº 21), «Il tuo P.» (nº 24), tutti dopo un
confidenziale «Addio». Il solo cognome, secondo il più spiccio
stile repubblicano, compare anche nella nº 66, dopo il laconico
congedo «Salute e Rispetto». A volte, la firma è seguìta dal tito-
lo professionale, come nelle lettere scritte a nome del «corpo»
docente delle Palatine («Prof.e di belle Lettere»: nº 12; «Profes-
sore delle belle lettere»: nº 15) o nella nº 62 («Prof.e di Lett.e e di
Arti, e Sopraintendente etc.»). Due casi particolari in cui l’as-
senza di sottoscrizione appare motivata da una stesura cursoria
della lettera sono rappresentati dai ni 25 e 26, redatte da un Pa-
rini agitato dalle evidenti ambasce d’amore per la Mussi;
– in quattro soli casi compare in calce un poscritto: nella nº 23 è
posto fra un «Addio» e la sottoscrizione («Il tuo Parini»), e non
è esplicitato da «P. S.» (così anche nella nº 26); nella nº 21, come
nella più formale nº 38, viceversa, segue la sottoscrizione ed è
introdotto dalla sigla.
In difetto degli autografi, i criteri enunciati valgono anche per la
trascrizione degli apografi e delle prime stampe (caso limite la nº
12, trascritta da un apografo che si segnala per singolari difformità
d’uso nell’interpunzione e nel rapporto maiuscole/minuscole).

Note
Le note editoriali sono di tre tipi (gli ultimi due solo eventualmen-
te presenti):
A) In calce al testo di ogni lettera è collocata una fascia di com-
mento, a sua volta suddivisa in tre aree, nelle quali si danno, ri-
spettivamente e nell’ordine, le seguenti informazioni:
– collocazione e descrizione (natura e caratteristiche materiali ed
esterne) della fonte manoscritta da cui si trascrive (o, in difetto
di questa, dichiarazione d’irreperibilità o inaccessibilità);
nota al testo 69
– fonti a stampa (limitatamente alla più recente ed. Barbarisi-
Bartesaghi 2005, alla prima stampa e alle due più autorevoli e
diffuse edizioni precedenti, Bellorini 1913-1915 e Mazzoni
1925; a ricostruire nella sua interezza la storia editoriale di
ciascuna lettera provvede l’elenco inserito qui supra, lungo il §
Fonti a stampa)
– commento, teso al chiarimento del testo della lettera e del suo
contesto di immediato riferimento (eventuale ripresa delle let-
tere di proposta o di risposta del corrispondente, o delle missive
di terzi variamente attinenti; essenziali notizie – biografiche, bi-
bliografiche, storiche, storico-letterarie… – su fatti, personaggi
o testi citati, ecc.).
B) A piè di pagina, invece, in conformità alle norme di questa
Edizione Nazionale, sono poste essenziali note esplicative, nume-
rate con cifra araba, utili al chiarimento di espressioni che posso-
no riuscire, oggi, non immediatamente perspicue a un pubblico
non specialistico (per le ragioni che hanno consigliato questa scel-
ta editoriale, inusuale per un’edizione critica, si veda la Presenta-
zione premessa da Giorgio Baroni ad Albonico 2011, pp. 10-11).
C) Alcune lettere, per lo più trascritte da minute, sono corre-
date anche di un apparato critico-filologico, posto sempre a piè di
pagina ma numerato alfabeticamente, che dà conto di correzioni
d’autore, inserimenti, varianti, eventuali interventi estranei pre-
senti nel manoscritto e delle scelte operate dall’editore.

Distribuzione del lavoro


Oltre alla revisione finale della trascrizione, che ha comportato
un’ulteriore collazione sugli originali, nonché alla sua uniforma-
zione redazionale, al curatore si deve la stesura dell’Introduzione,
della Nota al testo e delle note filologiche e linguistiche a piè pagi-
na, nonché la messa a punto definitiva del commento.
Della trascrizione e della compilazione degli Indici (dei destina-
tari, dei nomi e Incipitario delle lettere) si è invece fatto carico Gio-
vanni Catalani, che ha altresì prestato al curatore il suo prezioso
aiuto nello svolgimento di ulteriori ricerche utili alla redazione
definitiva del commento.
Il commento ai testi è per larga parte di Paolo Bartesaghi, che
ha generosamente messo a disposizione del curatore i materiali
dell’ed. Barbarisi-Bartesaghi 2005 da lui integrati con gli esiti
70 nota al testo
di ulteriori ricerche: irrinunciabile punto di riferimento nello svol-
gimento del presente lavoro.
Ringraziamenti
Il curatore e i collaboratori sentono infine il dovere di ringraziare
quanti a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di que-
sto volume. Innanzitutto: Giorgio Baroni, direttore della presente
Edizione Nazionale, per il costante sostegno e gli utilissimi stimo-
li all’esecuzione del lavoro; i colleghi del Comitato scientifico
dell’Edizione, per i loro preziosi suggerimenti; gli amici del Cen-
tro di Ricerca sugli Epistolari del Settecento (c. r. e. s.) del Dipar-
timento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di
Verona, per le feconde discussioni di metodologia ecdotica.
Informazioni e aiuti di vario genere hanno prodigato nel corso
delle ricerche Gian Paolo Ansaloni, Francesca Barbieri, Lorenzo
Bassi, Giovanni Biancardi, Alfredo Buonopane, Cristina Cappel-
letti, Roberta Carpani, Fabio Forner, Bruno Grazioli, Edoardo
Greppi, Stefano Locatelli, Raffaella Occelli, Paola Patrucchi, Sara
Rosini, William Spaggiari, Romano Ugolini.
Infine, la ricerca e la consultazione delle fonti manoscritte con-
servate in Italia e all’estero sono state agevolate da un folto stuolo
di bibliotecari, archivisti, conservatori, membri di istituzioni cul-
turali, che si elencano qui di seguito con riconoscenza: Fabrizio
Alberti (MCRRm), Elisabetta Arioti (ASBo), Marco Ballarini e
Stefano Serventi (BAMi), Raffaella Barbierato (BSCr), Marianna
Belvedere e Cristina Cenedella (MMSMi), Carla Bertona
(BCCNNo), Andrea Bolognesi (BTMi), Zdenka Bonin (PAK),
Orsola Braides, Orfea Granzotto e Alessandro Moro (BNMVe),
Maurizio Brioli (AGCRSRm), Marco Buonocore (BAV), Claudia
Cravini e Cristina Luschi (BCLFDGLi), Andrea De Pasquale e
Caterina Silva (BPPr), Pasquale Di Viesti (BCTMn), Dana
Dorman e Alessandra Merrill (HSPPhil), Ennio Ferraglio
(BCQBs), Mirella Fidomanzo (BARm), Rinaldo Filosi (BCTRov),
Gerda Hekermann e Thomas Just (HHSWien), Antonella Imolesi
(BCASFo), Fabrizio Pagani (ASDMi), Marco Paoli (BSLu), Viviana
Rebonato (ANVMn), Anna Rossi (ASDCo), Marina Valori e Maria
Pia Bortolotti (ASMi), Miriam Saini (CBVGMon), Maria Emanue-
la Salvione (ASPv), Karen Schoenewaldt (RMLPhil), Eva Soos
(PMLNY), Simona Spanò (BCOme), Grazia Tatò (ASTs), Maria
Marcella Vallascas (ASNo), Margaret Zoller (SAAAW).
L e tte re
1

[A Giuseppe Pozzobonelli,
arcivescovo di Milano]

Em.mo Principe.
Essendo chiamato ed eletto alla celebrazione delle Messe lasciate
dalla fu Anna Parina e delle altre di jus della veneranda scuola del
S. S.mo Sacramento di Bosisio, Pieve di Incino, il C.o Giuseppe Parini
di d.o luogo, ricercasi da codesta Cancelleria per l’approvazione di
esso la visita dei rispettivi beni; ma non potendo il detto chierico,
d’assai onorevole in umile stato caduto, e carico di genitori ottua-
genarii soggiacere alle gravi spese che si richiedono per quella e po-
tendosi altrove agevolmente comprendere la rendita di questi, egli
nelle pietosissime braccia dell’E. V. si getta umilmente scongiuran-
dola che si degni di alleviare la necessità di lui, ordinando alla Can-
celleria l’approvazione di dette messe senza la visita di detti beni.
Che della grazia etc.
1752 - 31 agosto del Chierico Giuseppe Parini

Autografo non rintracciato.

Già Salveraglio 1881, p. xxxiv, segnalò la supplica come conservata


genericamente all’«Archivio della Curia arcivescovile», datandola impre-
cisamente al 1754 e riportandone altresì, ma con qualche approssimazio-
ne, un breve brano, da «d’assai notevole» a «gravi spese». Qui si trascrive
da Vianello 1933, pp. 48-49, nota 10, che per primo ne pubblicò integral-
mente il testo, previo emendamento, nel vocativo iniziale, dell’improba-
bile qualifica di «Ecc.mo» in «Em.mo» e sostituzione di «etc.» ai tre puntini
editoriali indicanti omissis dopo «grazia».
In calce alla trascrizione del documento, il Vianello così ne indica la
segnatura: «Arch. Arciv. Ordinazioni 1752». Da ricerche effettuate tra i
fascicoli dell’ASDMi contenenti le ordinazioni degli anni 1752-1754, in
particolare nell’attuale filza y 2675, dove ora dovrebbe trovarsi, quello
relativo al Parini risulta purtroppo irreperibile.
In una nota, Mazzoni 1925, p. 1033, avvertiva che Vincenzo Bortolotti
stava allora «lavorando a un nuovo libro sul Parini, dove […] pubblicherà
74 giuseppe parini
due lettere del P. medesimo all’Arcivescovo di Milano, in data del 1752 e
del 1754». È probabile che la prima di queste due lettere vada identificata
nella supplica presente, riscoperta dunque autonomamente dal Vianello
qualche anno dopo. D’altra parte non si ha notizia di alcun altro volume
pariniano del Bortolotti oltre a Bortolotti 1900.

Con atti datati 11 giugno e 26 novembre 1752, il Parini era stato nominato
titolare, «a priore et Scholaribus V. Scholae S. S. loci Bosisii» (Vianello
1933, p. 48, nota 8), del «beneficio istituito nel 1609 da Gennaro de’ Nobili
per due messe settimanali da celebrarsi in Bosisio, cui era annesso l’as-
segno di L. 104, essendosi il canonico Agudio [scil. Giuseppe Candido
(1698-1773), primo mecenate e amico del Parini] reso garante della cele-
brazione di quelle, ove il Parini non le dicesse o facesse dire» (ivi, p. 41).
Al conferimento del beneficio ecclesiastico bastavano gli ordini minori,
che il Parini aveva ricevuto fra i 16 e i 18 anni (giugno 1745: tonsura; pri-
mavera del 1747: esorcistato e accolitato; riceverà suddiaconato, diacona-
to e sacerdozio solo tra il maggio e il 14 giugno 1754). Ma la «curia ritenne
idonei tali titoli solo il 27 maggio 1754», dopo che il poeta ebbe presentato
questa istanza di «dispensa dall’onere della visita vicariale ai suoi beni in
Bosisio, il che gli fu concesso, previe informazioni assunte» (ibid.).
Il card. Giuseppe Pozzobonelli (1696-1783), di famiglia marchionale
milanese, fu arcivescovo di Milano dal 1743, succedendo a Carlo Gaetano
Stampa; già accademico Filodosso e poi Trasformato, è ricordato con
affetto («nost Arziveschev Posbonell») da Domenico Balestrieri nelle
Sestinn in lod de Cavallasca rezitæ in l’Accademia di Trasformæ (Balestrie-
ri 2001, p. 17). Su di lui cfr. Castiglioni 1932.
Del «beneficio con obbligo di messa» istituito da Anna Maria Parini
Latuada (m. 1741) a favore del pronipote, esiste un Prospetto riepilogativo
redatto dallo stesso Parini in data del 16 brumaio a. vi repubblicano
(6.xi.1797) e pubblicato da Scherillo 1900, i, p. 1 (cfr. anche Barbarisi-
Bartesaghi 2005, p. 718).
lettere 75

[A Gian Luca Pallavicini]

Eccellenza.
Il D.r Occelli al suo ritorno da Bologna ha lusingato fortemente
l’amor proprio dell’autor del Mattino coll’annunciargli, che un
Personaggio illustre di cui la miglior parte di Milano si rammenta
ancora con piacere, e con sentimenti di gratitudine e d’ammira-
zione la giustizia, l’umanità, la munificenza, e la magnificenza, ha
fatto qualche conto della sua Operetta, ed ha mostrato di deside-
rarne il seguito. Io non ho potuto resistere a un così potente sol-
letico della gloria letteraria: e coll’occasione del pubblicarsi il
Mezzogiorno, Poemetto consecutivo al Mattino, ho voluto pro-
curarmi l’onore di presentarmi rispettosamente a V. E. in qualità
d’Autore dell’una, e dell’altra operetta; e di esporre al suo dilicato
giudizio quest’ultima, sperando che V. E. voglia avere per lo Mez-
zogiorno quella generosa condiscendenza che mi vien detto aver
Lei dimostrato per lo Mattino. Niuna cosa è più atta ad empir di
consolazione e di coraggio l’animo degli Scrittori, quanto il vede-
re al nostro tempo Grandi personaggi mostrare un generoso in-
teresse anche per gli talenti più mediocri. V. E. si distingue fra gli
altri; perchè, sebbene la finezza del suo gusto mi debba collocare
in un mezzano posto tra i Poeti d’Italia, nondimeno la sua magna-
nimità le fa avere tanta cura di me, quanta si potrebbe sperare da
quelli che mi sono di gran lunga superiori. Quindi è ch’io serberò
eternamente nel mio cuore que’ vivissimi affetti di compiacimen-
to, e di riconoscenza, co’ quali ora ho l’onore di protestarmi col
più umile ossequio.
Di V. E. Mil.o 17. Agosto 1763.
Um.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re
Giusep[p]e Parini.

ASBo, Archivio Pallavicini, busta 280, Serie iiia. Autografo; bifoglio di


mm 210 × 340, scritto solo alla c. 1r-v; sulla c. 1r figura in alto, centrale:
«Eccellenza.», seguito da ampio spazio bianco; il corpo della lettera co-
76 giuseppe parini
mincia a metà pagina, con incipit sporgente a sinistra e incolonnamento
del testo con breve margine di rientro; anche sulla c. 1v la scrittura occu-
pa la medesima parte della pagina, lasciando bianca la metà superiore;
la firma del Parini si trova in basso a destra nella c. 1v; in alto a destra
della c. 2v compaiono data, luogo, mittente e indirizzo: «1763. de’ 17. Ago-
sto / Milano / Ab. Parini / Rj a’ 22. d.o».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 599. Edita per la prima volta da Ostoja


1956: «forse l’unica lettera di Giuseppe Parini indirizzata a Bologna, ove
all’inizio della sua gloria letteraria risulta così aver avuto i primi lettori
ed ammiratori» (p. 103).

Gian Luca Pallavicini (1697-1773), conte genovese, ambasciatore a Vien-


na, fu nominato da Maria Teresa vicegovernatore di Mantova e, nel 1745,
ministro plenipotenziario della Lombardia, dove curò l’espletamento
del censimento e il riordino delle finanze. Dal 1750 al 1753 fu governatore
della Lombardia austriaca, succedendo al rivale Ferdinand Bonaventura
von Harrach; in questo periodo ebbe come valido collaboratore Gabrie-
le Verri. Nel 1753, sostituito da Beltrame Cristiani, si trasferì a Bologna,
lasciando definitivamente Milano. Cfr. Ostoja 1951; Ostoja 1959; Ven-
turi 1969, pp. 423-424; Capra 1987, passim; Capra 2002, pp. 50-52.
Difficile l’identificazione dell’Occelli. Da informazioni avute dagli at-
tuali eredi della famiglia piemontese, si ha notizia di un Fabrizio (fl. 1723),
medico operativo presso varie corti italiane ed europee, e di un Lamber-
to (fl. 1734), dottore in scienze naturali e membro di numerose accade-
mie. La BNUTo conserva invece due stampe relative ad altrettante sedu-
te dell’Accademia delle Scienze di Torino in cui intervenne un Giuseppe
Giovanni, che nel 1772 era candidato alla laurea in utroque e «prolyta»,
cioè studente al quinto anno di una facoltà giuridica (cfr. Occelli 1771
e Occelli 1772), e nel novembre del 1804 figurava tra gli oratori al-
l’«ouverture solemnelle» del Liceo di Torino (cfr. [Bertone-Negro-
Occelli 1804]). Infine un Francesco Gioioso Occelli, di Carrù, si laurea-
va in chirurgia nel 1807 presso l’Università di Torino stampando un Essai
pathologique et thérapeutique sur le cancer (cfr. Occelli 1807).
lettere 77

[A Paolo Colombani]

Sig.r e P.ron Riv.mo


Mil.o 10. 7.bre 1766.
Fu per errore che esibii a V. S. Riv.ma il mio Mezzodì. II Sig.r Gra-
ziosi m’avea scritto, raccomandandomisi per esso. Come1 io tardai
molto a rispondergli, mi dimenticai del cognome, e scambiai Gra-
ziosi in Colombani. Tuttavia non mi dolgo di questo equivoco,
avendo io la medesima stima per lei, che ho per il Sig.r Graziosi.
Quanto alla mia Sera, io ne ho quasi dimesso il pensiere; non
che non mi piaccia di compiere i tre Poemetti da me annunciati;
ma perchè sono stomacato dell’avidità, e della cabala2 degli stam-
patori. Non solo essi mi hanno ristampato in mille luoghi gli altri
due; ma lo hanno fatto senza veruna participazion meco, senza
mandarmene una copia, senza lasciarmi luogo a correggervi pure
un errore.
Questa Sera è appena cominciata; ed io non mi son dato veruna
briga di andare avanti; veduto, che non me ne posso aspettare il
menomo vantaggio; e probabilmente non proseguirò, se non
avrò stimoli a farlo.
Aggradisco le proposizioni3 di lei; e su questo proposito le ri-
spondo che sarebbe mia intenzione di fare un’edizione elegante
di tutte e tre i poemetti qualora l’opera fosse compiuta. Se Ella
adunque si risente di farla io mi esibisco4 di darle la Sera terminata
per il principio della ventura Primavera; e insieme gli altri due
Poemetti corretti in molti luoghi, e migliorati.
Il prezzo che io ne pretendo senza speranza di dibatterne5 uno
zero è di cento cinquanta zecchini da pagarsi un terzo alla conchiu-
sione del contratto, e il restante al consegnarsi del manoscritto.a

a Il passo da Il prezzo a manoscritto è segnato a fianco con tratto di evidenzia-


zione.

1 Con valore causale. 2 cabala: intrighi, imbrogli.


3 proposizioni: proposte. 4 mi esibisco: mi offro, mi impegno.
5 dibatterne: detrarne, defalcarne.
78 giuseppe parini
Se Ella non è di ciò contenta non s’incomodi a scrivermi più oltre.
Io mi sono indotto a risponderle in grazia della pulitezza1 con cui
ella mi scrive. Così non ho fatto con molti altri librai, e fra questi,
con due o tre Veneziani i quali hanno ardito di farmi le esibizioni2
che fannosi a’ compositori d’almanacchi,3 alle lett.e vigliacche de’
quali io non mi piglierò mai il disagio di rispondere.
Farò il possibile per promulgar l’esito4 del suo Giornale. E con
tutta la stima mi protesto,
Di V. S. Riv.ma
Div.mo e Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini

BNMVe, mss. It. classe x, codice 19 (6525), Lettere autografe d’illustri Italia-
ni, miscellanea in cui la lettera del Parini, imbraghettata a supporto
cartaceo, è stata recentemente numerata a matita 148 e 149. Autografo;
bifoglio di mm 182 × 251, scritto a piena pagina solo sulla c. 1r-v; sulla c. 2v
l’indirizzo: «Al Riv.mo Sig.r Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Paolo Colombani|
Librajo in Venezia», con tracce di ceralacca. La data è apposta in alto a
destra sulla c. 1r, con ampio spazio bianco fra intestazione e testo.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 600. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 153-154,


nº i; Mazzoni 1925, p. 981, nº i.

Il Parini utilizza qui il termine Mezzodì per indicare il Mezzogiorno, pub-


blicato a Venezia nel 1765 dal Colombani stesso.
Paolo Colombani (1722-1800), libraio ed editore veneziano, pubblicò
diversi opuscoli e periodici. Il «Giornale» che il Parini s’impegna a diffon-
dere è assai probabilmente il «Giornale della Generale Letteratura
d’Europa», costituito da annunci librari e recensioni dei più importanti
scritti dei philosophes francesi, che Francesco Griselini (1717-1787) diresse
presso il Colombani proprio negli anni 1766-1767 (sul Griselini, cfr. DBI,
59, 2002, pp. 691-696). Contrasti tra il Griselini e il Parini si verificarono
alla costituzione della Società Patriotica, quando alla carica di segretario,
cui aspirava il Parini, venne scelto il Griselini (cfr. Barbarisi-Bartesa-
ghi 2005, p. 390).
Antonio Graziosi (1741-1818), altro libraio ed editore veneziano, accol-
se tra le sue edizioni, nel 1764, la traduzione del Saggio sopra l’uomo di

1 pulitezza: urbanità (cfr. il fr. politesse).


2 esibizioni: offerte. 3 compositori d’almanacchi: gazzettieri.
4 promulgar l’esito: promuovere la vendita.
lettere 79
Alexander Pope ad opera di Zaccaria Seriman, ripubblicò il Mezzogiorno
nel 1766 e si distinse anch’egli per l’intensa attività pubblicistica. Si fece
promotore della diffusione del «Corrier letterario» di Francesco Griselini
(1765-1768).
Fra il 1763 e il 1765 a Venezia furono effettuate ristampe del Mattino e
del Mezzogiorno anche ad opera degli editori Giambattista Pasquali (con
indicazione di Milano, 20 gennaio 1764 per il Mattino e 20 agosto 1765 per
il Mezzogiorno) e Bortolo Baronchelli.
Su Colombani, Graziosi e l’editoria veneta del secondo Settecento,
cfr. Infelise 1985, passim; Infelise 1989, pp. 158-162 (per Graziosi) e 191-
192 (per Colombani).
80 giuseppe parini

[A destinatario ignoto]

Mil.º 30. Marzo 1767


C. A.
Voi sapete, ch’io son poltrone: non vi maravigliate adunque se
non ho finora risposto alla vostra. Uno de’ primi assiomi della pol-
troneria si è di non multiplicar gli enti senza necessità. Voi vedre-
te, che non era necessario di scrivervi due Lett.e quando con una
sola mostro d’aver ricevuti gli ordini vostri, e allo stesso tempo
d’avervi ubbidito. Io non ho ricevuto, come voi mi accennate, ve-
run comando dal Sig. D.r Agnelli: e sebbene io sia in ogni tempo
disposto a servirlo, godo, che l’accidente forse non mi obblighi a
divider fra due un piccolissimo uficio che diventerebbe più picco-
lo della metà. Resta a vedere se il sonetto che qui incluso vi tra-
smetto vaglia qualcosa: voi ne giudicherete. Io ho, egli è vero
un’altissima venerazione per il Padre Salabue; ma voi sapete che
in un momento d’aridezza poetica (e io son soggetto assaissimo a
di questi momenti) tutti i colpi per grandi che sieno non fanno la
menoma impressione. Ad ogni modo sarò perfettamente conten-
to se lo considererete non per un compenso, ma per un segno del-
la mia perpetua riconoscenza per i piaceri che con tanta genero-
sità m’avete fatti. I miei rispetti a vostra moglie e al D.r Agnelli; e
resto col desiderio di rivedervi presto a Milano.
Vostro Affez.mo Amico e Serv.re
Giuseppe Parini.

Fama della virtù, del duro e acerbo


Viver va innanzi al Precursor di Cristo;
E sul Giordan prepara il popol misto
Mentr’egli affretta ad annunciare il Verbo.
Ei giugne alfine; e pien di foco e nerbo,
Studia, parlando, far dell’alme acquisto:
Commovonsi al suo dire il buono e il tristo,
Il molle Grande e il Fariseo superbo.
lettere 81

Ma il popol duro sol di plauso inane


Empie le valli, Elia gridando; e il vento
Seco della Missione il frutto porta.
Non imitar, Lugan, le turbe insane;
Ma i raccolti nel cor semi trasporta
Nella tua casa, e cova il pentimento.

Autografo non rintracciato.

Si trascrive dalla prima edizione, Sanesi 1922, p. 88. Il Sanesi vide l’ori-
ginale («disteso e racchiuso fra due lastre di vetro che lo preservano
dall’umidità e dalla polvere») in casa del valtellinese Eugenio Morelli
(1881-1960), illustre tisiatra, docente di patologia speciale medica all’Uni-
versità di Pavia e senatore del Regno. Dalla descrizione del Sanesi (p. 80n)
si ricava trattarsi di un bifoglio, recante il testo della lettera alla c. 1r e il
sonetto alla 2r. Ricerche effettuate presso gli eredi del Morelli non hanno
dato esito.

Alla collettanea di versi per il predicatore Maurizio Salabue (fl. 1762-1780),


intitolata Applausi poetici al merito esimio del Reverendissimo P. Abbate Don
Maurizio Salabue Canonico Regolare Lateranense il quale predica in Lugano
l’egregio suo Quaresimale nel 1767, Lugano, per gli Agnelli e Comp., [1767],
contribuirono 25 autori, in prevalenza luganesi e religiosi (per lo più cor-
religionari del festeggiato o somaschi). Il sonetto del Parini si trova a p.
viii (con un errore tipografico al v. 8 – Grandee, il : Grande, e il – e queste
varianti: v. 2 inanzi : innanzi; v. 5 nerbo : nerbo,; v. 14 : Casa : casa; cfr. ora
Mazzoni 1925, p. lxxxii). Mancano purtroppo, nell’opuscolo, avvisi uti-
li a chiarirne la genesi o a suggerire l’identità del curatore, che resta dun-
que ignoto, come già notarono Sanesi 1922 e il pur dettagliatissimo
Calderari 2002, nº 34, pp. 52-53 (e cfr. anche Calderari 2005, nº 24, pp.
179-181). Difficile, conseguentemente, identificare il destinatario della
lettera. Certo il vocativo iniziale di confidenza e l’allocutivo voi fanno
pensare a un amico del Parini. Se poi dovesse trattarsi di uno dei contri-
butori degli Applausi, i saluti rivolti alla moglie impongono di pensare a
un laico: il che restringerebbe a sette i nomi possibili: Jacopo Alessandro
Calvi, Pietro Corbellini e altri cinque del tutto anonimi o designati con
le sole iniziali, come i luganesi «G. A.», «P. J. V.», «D. G. R.». Nessun ulte-
riore chiarimento si ricava da una lunga lettera che il somasco luganese
Giambattista Riva scrisse sulla raccolta al marchese bolognese Filippo
Hercolani il 16 maggio 1767, da Roma, dove era generale del suo ordine
(AGCRSRm, Auctores, R. G. P. 38).
82 giuseppe parini
Il «D.r Agnelli» è il sacerdote Giovanni Battista (1706-1788), proprieta-
rio di una tipografia in Milano e, dal 1746, di un’altra a Lugano, la prima
del Canton Ticino, da cui fra l’altro uscì il Ripano Eupilino (cfr. Albonico
2011, pp. 25-26). Su di lui cfr. i citt. Calderari 2002 e Calderari 2005.
Anche l’anno prima (secondo Bustico 1929, p. 65, nº 304) o nel 1761
(secondo Mazzoni 1925, p. 368) il Parini aveva partecipato con un altro
sonetto (Oh crudi affetti, che dintorno al core) a un’analoga iniziativa edito-
riale in onore di un quaresimalista, gli Annali poetici alla profonda dottrina
e singolare eloquenza del nostro reverendo padre Antonio Maria Negri…, Firen-
ze, Bonducci, s. d.
Quanto all’accusato «momento d’aridezza poetica», va ricordato che
proprio nel 1767 il Parini iniziava la collaborazione con il neoistituito
Supremo Consiglio di Economia.
lettere 83

[Ad Antonio Greppi]


[13 settembre 1768]

Sig.r D. Ant.o stimatiss.o


Ella ascriva alla troppa gentilezza delle sue offerte e alle circo-
stanze della mia fortuna la mia impertinenza nell’incomodarla.
Oggi deve partire per Vienna il Piano degli Studj. Non vi è dunque
tempo da perdere perchè io possa profittare de’ Suoi graziosi
uficj. La supplico adunque di volere stamattina adoperarsi a mio
favore presso la nota persona, sperando io che, qualora ancora
non sia nominato il soggetto1 per la Cattedra d’Eloquenza in Pa-
via, non sia impossibile di stabilirla in Milano, come io desidero.
È superfluo l’aggiungere molte parole per istimolare il suo cuore
già naturalmente così benefico, massime a mio riguardo. Sono col
massimo ossequio
di V. S. Ill.ma
dev.mo obb.mo serv.re
Giuseppe Parini.

Autografo non rintracciato.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 601. Lettera pubblicata per la prima vol-


ta da Mazzoni 1925 (p. 982, lettera ii), sulla base dell’autografo allora
giacente nell’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando
la scritta a tergo: «Per V. S. Ill.ma = Sig.r D. Antonio Greppi - Sig.r Sig. P.on
Col.mo SS. MM. Milano, Ab.te Parini, 1768. 13 sett.re». La ricerca di
detta Raccolta d’autografi presso la Villa Greppi di Monticello Brianza
(CBVGMon), l’ASMi, l’ASDMi e l’ACGu non ha dato alcun esito. Non
ha avuto riscontro la segnalazione di un fondo Greppi all’Archivio Segreto
Vaticano, dove fosse eventualmente confluita la Raccolta d’autografi.

Il Piano generale di riforma delle scuole, voluto dal Kaunitz, doveva per-
venire a Vienna in tempo per essere approvato prima dell’inizio dell’an-

1 soggetto: titolare.
84 giuseppe parini
no scolastico 1768-1769. Il Parini aveva il compito di illustrarvi la parte re-
lativa alla Cattedra di Eloquenza delle Scuole Palatine; il Beccaria invece
era responsabile della Cattedra di Economia e Commercio. In questa fa-
se si parlava ancora di Cattedra di Eloquenza e non di Belle Lettere. Il Parini
chiese appoggio per la cattedra di Milano al Greppi, perché intervenisse
presso il Firmian, ma la questione dell’organizzazione universitaria restò
insoluta fino al 1769, quando, il 23 settembre, Firmian scrisse al Kaunitz:
«Per la cattedra di eloquenza e di storia avevo in vista l’abate Parini e
l’abate Villa. […] Se due devono essere queste cattedre, avrei proposto il
primo per Milano ed il secondo per Pavia. Si tratta di due uomini di ta-
lento, conosciuti ambedue per qualche saggio dato al pubblico del loro
sapere e pressati dal bisogno di un impiego» (ASMi, Studi, Parte Antica,
Università di Pavia, cart. 376; anche Vicinelli 1963, p. 35).
Il conte Antonio Greppi (1722-1799), a cui il Parini era stato presentato
da Teresa Fogliazzi (cfr. Vianello 1933, p. 138), divenne suo grande pro-
tettore: a lui il Parini dovette il rapporto di fiducia con il conte Firmian
e i numerosi incarichi pubblici che ne seguirono. Sul Greppi cfr. Greppi
1995; Bologna et alii 1996; Argentieri et alii 1999; DBI, 59, 2002, pp. 312-
316; Levati-Liva 2006. Per la rete epistolare del Greppi (Baretti, Verri,
ecc.), cfr. Viola 2004 e Viola 2008, ad Ind.
Il Parini fece pervenire al Greppi una copia del discorso di apertura
della Cattedra di Belle Lettere con la seguente lettera di accompagna-
mento di Teresa, datata 16 dicembre 1769 (la lettera, edita anche da
Nicora 2000, p. 928, giace autografa in ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, da
cui qui si trascrive):
Sig. Compare ed amico Stimat.mo
Il nostro abate Parini, mi da precisa comissione di trasmetterle la qui inchiu-
sa Prolusione, pensi il mio caro Sig.r Compare con quanto piacere io l’ad-
dempio sapendo la Stima, e l’attaccamento ch’egli ha per lei, e l’amicizia
ch’ella ha per questo Stimabile letterato. Con questa occasione poi godo an-
che il piacere di ramemor[ar]le la mia Sincera, e se vuole tenera amicizia.
Spiacemi che gli affarj lo trattenghino lontano per ora, pensi a rendersi a suoi
amici il più presto possibile e mi creda fra questi coi Sentimenti della più per-
fetta stima, e sincero attaccamento.
Di Lei Sig. Compare Stimati.mo
Milano 16 xbre 1769
Devoti.ma et obbligati.ma Serva
Angiolini Fogliazzi
Su Francesco Fogliazzi (Borgo San Donnino 1725 - Milano 1802) cfr. Ja-
nelli 1978, p. 170; DBI, 48, 1997, pp. 488-491; Lasagni 1999, ii, pp. 775-777.
Su Teresa Fogliazzi (1733-1792) cfr. Farina 1995, p. 463; DBI, 48, 1997,
pp. 491-492; Lasagni 1999, ii, pp. 777-779.
Su Gaspare Angiolini, cfr. la nota alla lettera 24.
lettere 85

[A Pellegrino Salandri,
segretario della R. Accademia di Scienze
e Belle Lettere di Mantova]

C. A.
Mil.o 12. x.bre 1768.
È una fatalità, ch’io debba sempre risponder tardi alle carissime
vostre. Siccome io non ho molta corrispondenza di lettere; e per-
ciò quando sono in campagna non incarico veruna persona, che
le levi per me dalla Posta; così io non ho trovato la vostra se non
al mio ritorno in città, ch’è seguito questa settimana passata. Ho
adunque il dispiacere di commettere un doppio mancamento a
vostro riguardo: l’uno di risponder tardi; e l’altro di non poter ser-
vire nè il Sig. Collonello di Baschiera nè voi per ciò che desiderate.
Il Femia del Martelli non fu altrimenti stampato a Lugano co-
me voi supponete, e come io aveva veramente intenzione di fare
già è parecchi anni. Voi sapete meglio di me, che la prima edizione
del Femia fu fatta in Milano per mezzo dello Argelati al tempo che
il Martelli viveva. Ne furono poi per prepotenza del Maffei fatte
sopprimere il più che si potè le copie, talmente che sono divenute
rarissime. Erami capitata una Lettera inedita del Martelli assai
lunga, nella quale si raccontavano le vicende del suo Femia; e la
condotta de’ suoi emuli per rispetto ad esso. Deliberai adunque di
far ristampare il Femia, e con esso alcune note che vi servivano di
chiave, fattevi già dall’Abate Quadrio manoscritte sopra una co-
pia stampata, ch’egli possedeva. A questo unendo la lunga Lettera
inedita del Martelli, io faceva conto, che mi dovesse riuscire un vo-
lumetto di una mole convenevole. Il Capitano Fe, che voi avete
conosciuto, s’incaricò di farne fare la stampa a Lugano; ma dopo
aver da me ricevuto il manoscritto, tirò tanto in lungo la cosa, che
io me ne stancai. Dopo qualche tempo mi propose egli, se io gli
voleva vendere il manoscritto quale si stava: e io, che come sapete
ho sempre più avuto bisogno di vendere che di comprare, gliel
vendetti. Questo Capitan Fe non istà più a Milano già da più anni;
e per quel ch’io so, non ha più pensato a pubblicare sì fatto mano-
86 giuseppe parini
scritto. Vo facendo pratiche per trovarvene una copia o stampata
o M.s. di esso Femia: ma sono oggimai mancati que’ pochi che qui
facevan professione di seguitar le Muse; e non c’è più chi goda di
conservar simili opere. Tutto ci è divenuto politica, e filosofia: e
mio danno s’io dico una bestemmia, credo, che non ci sia nè Mu-
se, nè politica, nè filosofia. Una copia M.s. ne aveva l’Abate Villa,
che ora è a Firenze col Nuncio: un’altra stampata il Can. Irico, che
sta in Trino sua patria. Non lascerò di far diligenza per averne una
copia in qualche modo, premendomi infinitamente di servir voi e
il Sig.r Collonello, ad amendue i quali io professo già da tanto tem-
po inalterabile servitù e divozione. Onoratemi d’altri vostri co-
mandamenti che mi compensino di quello che ora m’avete fatto
inutilmente. Presentate i miei umili ossequj al Sig.r Collonello; e
consideratemi qual sono colla più sincera stima
Di voi C. A.
Div.mo e Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

ANVMn, Archivio, busta 11, Lettere di Accademici e altri. Autografo; bifo-


glio di mm 200 × 300, scritto a piena pagina sulle cc. 1r-v e 2r; in alto, sulla
c. 1r, compare la data; manca l’indicazione del destinatario.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 601-602. Pubblicata per la prima volta


da Paglia 1881. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 160-161, lettera iv; Mazzoni
1925, p. 991, lettera v (segue Bellorini).

In questa lettera il Parini spiega le ragioni per cui non era stata realizzata
l’edizione di Lugano del Femia nel 1761, per la quale aveva scritto la pre-
fazione (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 229-231 e 264-265). Essen-
do il 12 dicembre del 1768 un lunedì, il ritorno in città del Parini va collo-
cato tra il 5 e il 10 dello stesso mese.
Merita di essere ricordata la lettera del 6 agosto 1809 con cui Alessandro
Manzoni ringraziò Francesco Reina dell’invio di una copia del Femia, che
gli era servita per chiarire qualche dubbio sull’originalità del Giorno pari-
niano rispetto allo stesso Femia (cfr. Manzoni 1986, i, pp. 93-94, nº 62).
La vicenda di questa lettera del Parini è ricostruita con attenzione dal
suo primo editore, Enrico Paglia, che ne diede comunicazione al-
l’ANVMn nella seduta dell’11 luglio 1880: cfr. Paglia 1881.
Scrive Francesco Reina nella sua Vita del Parini: «Il Femia di Pier-Jaco-
po Martelli, Dramma Satirico, in cui sotto il nome di Femia si censurò
Scipione Maffei; composizione scritta in eccellenti Versi Sciolti, per mo-
lettere 87
strare a Maffei, che Martelli sapeva farne da non invidiare que’ della Me-
rope, fu l’unica opera che desse a Parini, per propria confessione, alcuna
norma del suo verseggiare. Ingenuo com’egli era, amava di ristampare
il Femia con una Lettera inedita di Martelli, ed un suo proprio ragiona-
mento, che lo riguardava, ma trovò fatalmente smarrita ogni cosa» (Rei-
na 1801-1804, i, pp. xiv-xv). Sulla possibile ispirazione martelliana di al-
cuni passi del Giorno cfr. Isella-Tizi 1996, ii, pp. xxvi e 492.
Su Pier Jacopo Martello (1665-1727), cfr. Magnani Campanacci 1994.
Su Francesco Saverio Quadrio (1695-1756), l’erudito valtellinese autore
del Della storia e ragione d’ogni poesia (1739-1752), cfr. Berra 2010.
Pellegrino Salandri (Reggio Emilia 1723-1771) visse a Modena e a Mila-
no, membro dell’Accademia dei Trasformati (l’insegna dei Trasformati
appare sul frontespizio della corona degli ottantun sonetti da lui dedicati
alle Lodi di Maria). Si ritirò poi a Mantova dove divenne segretario per-
petuo dell’Accademia di Scienze e Lettere. Compose poesie e sonetti di
toni affini al Parini. Il Salandri viene ricordato nella Lettera di Giuseppe
Parini Milanese in proposito d’un’altra scritta contro di lui dal padre d. Paolo
Onofrio Branda Milanese come fonte, insieme con il Soresi, della notizia
della presunta morte del padre Bandiera: cfr. Morgana-Bartesaghi
2012, p. 179 e n.
Sul Salandri, cfr. Donati 1912, pp. 312-315; Maier 1959, pp. 1171-1172;
Gasperoni 1965, pp. 161-186; cfr. la nota in Beccaria 1984, pp. 618-619;
Venturi 1987, pp. 637-640.
Su Giovanni Andrea Irico (1704-1782), accademico Trasformato, dotto-
re dell’Ambrosiana dal 1748 al 1764 e poi parroco a Trino, storico della
liturgia e avversario del Branda tra 1756 e 1757, cfr. Navoni et alii 2000 e
Bartesaghi 2010.
Il colonnello romano Nicolò Baschiera (?-1780), ingegnere, ufficiale
del genio militare, fu uno dei maggiori protagonisti del dibattito idrau-
lico settecentesco; suoi interventi e progetti in ASMi, Acque, Parte Antica,
cart. 386 e Commercio, p. a., cart. 16. Su di lui, cfr. Bonora Previdi 2009.
Nominato, nel 1768, direttore degli ingegneri militari per le fortificazioni
in Italia, si trasferì da Mantova a Milano nell’estate del 1769. Non è stato
possibile precisare in che cosa avrebbe dovuto essergli utile il Parini: le
lettere del Salandri al Baschiera conservate presso l’ANVMn (Archivio
Storico, Serie Segreteria, busta 5, fasc. 3) datano tutte tra il 1770 e il 1771.
L’abate Villa è, ovviamente, Angelo Teodoro (cfr., qui, la lettera 28).
88 giuseppe parini

[A Saverio Bettinelli]

Sig.re e P.ron Col.mo


Le lodi, che V. R. s’è degnata di pubblicamente compartirmi
nella sua bell’Opera sull’Entusiasmo, sono tanto più lusinghiere
per me, quanto che mi sono giunte improvvise per parte d’un
lodator dilicato,1 e d’un uomo di merito conosciuto. Io non
ebbi mai l’onore di conoscere V. R. altrimenti che per fama;
onde non è da dubitare, che l’amicizia, l’interesse o altra simile
prevenzione l’abbia sedotta a mio favore. Posso adunque
confortarmi con questa deliziosa bevanda senza che verun taci-
to rimorso me la venga ad amareggiare. Bisogna, che ci sia
qualche occulta armonia fra le anime nostre, dappoichè Ella mi
ha lodato col titolo di Saggio anche senza intenzione di lodar
me. Il mio amor proprio non può a meno di non farmi correre
incontro ad un encomio così segnalato, palesandomele per au-
tore dell’Estratto dell’Opera di Mehegan:a e qualora la predetta
armonia sussistesse veramente, ciò sarebbe per me un nuovo
motivo di compiacenza e di gloria. Io non mi stenderò a farle
tutti gli elogj che vorrei del suo spiritoso e filosofico Libro, per-
chè qualche maligno non ci accusasse d’una clandestina collu-
sione:2 soltanto le dirò all’orecchio, che sebbene io non abbia
finora potuto fare altro che trascorrerlo di fuga,3 m’è parso
tuttavia pieno di cose nuove ed importanti, e di principj atti a
rimetter sulla buona via gl’ingegni Italiani, che anche in materia
di Arti, o giacciono oppressi da una fanatica Superstizione, o
nuotano incerti fra un ozioso Scetticismo. Seguiti Ella pure a
illuminare, ed illustrar l’Italia colle sue nobili produzioni; e mi

a pag. 349 aggiunto in interlinea.

1 dilicato: dotato di buon gusto.


2 clandestina collusione: segreta intesa.
3 trascorrerlo di fuga: scorrerlo rapidamente.
lettere 89
faccia l’onore di considerarmi d’ora innanzi quale mi glorierò
d’essere immancabilmente
Di V. R.
Milano. 10. Maggio 1769.
U.mo Div.mo e Obb.mo Serv.e
Giuseppe Parini

BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365, lett. 1. Autografo; bifoglio
di mm 170 × 215, scritto a piena pagina sulle cc. 1r-v e 2r; manca l’indica-
zione del destinatario; dopo l’intestazione, segue un ampio spazio bian-
co. La presente lettera e le lettere 34-35, indirizzate anch’esse al Bettinelli,
sono state acquisite dalla Biblioteca tramite l’editore-scrittore mantova-
no Viviano Guastalla (1836-1912) il 9 marzo 1868.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 603. Resa nota da Bertana 1898, pp. 86-


87. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 162-163, lettera v; Mazzoni 1925, p. 992,
lettera vi.

Saverio Bettinelli (1718-1808), al termine di un lungo parallelo tra Grecia


e Italia, sin dalla prima edizione del suo trattato Dell’Entusiasmo delle belle
arti (Milano, Galeazzi, 1769), introdusse questa nota a proposito del mo-
do di scrivere storia: «Non pretendesi d’aver compiuto il confronto, ma
sol di suscitare la curiosità degl’ingenui amatori della storia italiana, che
oggi coltivasi felicemente. Quanto a noi ci giustifichi il detto d’un saggio:
L’opere di questo genere [scil. di argomento generale] dove più che la diligenza
ne’ dettagli si considera la massa delle cose conducenti alla riflessione, nè posso-
no, nè debbono esser così scrupolosamente esaminate» (p. 349, nota i). Senza co-
noscerne l’identità, il Bettinelli utilizzava l’anonimo recensore del Qua-
dro della istoria moderna del Méhégan, da cui aveva tratto la citazione. Con
la presente lettera il Parini rivelò di essere l’autore dell’estratto.
Il Parini veniva lodato in un altro passo Dell’Entusiasmo, questa volta
esplicitamente: «È curioso il cercare perchè a Milano siano più rari i poe-
ti, come sembra ad alcuno, ed amino que’ poeti il comico stile più che
altro, come osservossi di Ceva, di Maggi, di Lemene e d’alcuni viventi; nè
alcuno a certa eccellenza è arrivato, fuorchè l’Ab. Parini, mentre per al-
tra parte riescono nelle scienze, e sono ingegni sottili ed acuti comune-
mente. I pensatori filosofi, i grandi giurisprudenti, i profondi teologi qui-
vi abbondano» (Bettinelli 1769, pp. 360-361, nota b).
In una successiva ristampa, gli elogi del Bettinelli al Parini divennero
più espliciti: «Chi non si sdegna a vederle [scil. le poesie inglesi e tede-
sche] encomiate in tanti giornali, e con sì poca intelligenza, fino a lodar
le poco felici del P. Bertola a fronte delle sì vaghe e sobrie del P. Soave, e
90 giuseppe parini
degli Abati Belli e Parini? Il Milanese Parini scosse l’Italia col suo Mattino
e Mezzogiorno veramente originali, ma sin ora egli è il sol creatore, cui
tosto copiarono altri servilmente» (Bettinelli 1780-1782, ii, p. 328).
La prima edizione dell’opera di Bettinelli, con dedica al Firmian, ven-
ne pubblicata a Milano da Galeazzi nel 1769, per interessamento di Pietro
Verri: cfr. Bonora 1982, pp. 180-194, con la riproduzione delle lettere di
Verri a Bettinelli conservate presso la BCTMn. Le lettere di Bettinelli a
Verri si trovano alla FRMMi, Archivio Verri, cart. 268.
Il giudizio genericamente positivo sull’Entusiasmo va riscontrato con
la testimonianza contenuta in una lettera di Ippolito Pindemonte, che il
7 giugno 1783 così riferiva di un colloquio avuto con Parini: «stima po-
chissimi: il nostro Bettinelli, ciò sia tra noi, nulla affatto» (Cimmino 1963,
ii, p. 47).
Su Bettinelli, cfr. da ultimo [Crotti-Pizzamiglio] 2010 e Catalani
2011.
lettere 91

[Al conte Johann Joseph Wilczeck]


[settembre-ottobre 1769]

L’occhio di parzialità con cui V. S. Ill.ma si è sempre degnata di


riguardarmi; le umanissime promessea ch’Ella graziosamente
mi fece poche ore prima della sua partenza per la campagna; le
varieb novelle che sic spargono per la città,d tutto ciò mi fa co-
raggio ad incomodarla con questa mia Lett.a. Fino da quando io
fui invitato a Parma per esservi impiegato nella Lettura d’Elo-
quenza e di Logica, come a V. S. Ill.ma è ben noto, Ella ebbe la
degnazione di farmi nascere in cuore delle speranze d’essere
adoperato in patria, qualora fosse seguita la riforma degli studj
che fin d’allora si prometteva. Si compiacque d’insinuarmi1 più
volte ch’io non partissi di Milano, interponendo qualche volta
alle proprie insinuazioni anche il nome di S. E.2 e assicurandomi
in oltre, che io non mi sarei trovato malcontento dell’essermi
trattenutoe in Patria. Guardimi il cielo, che io pretendaf col ram-
memorarle queste cose, di farle credere, che io abbia lasciato di
accettar la proposizione di Parma in grazia di esse; e così con-
stituire in Leig quasi un’obbligazione a mio favore. No, io non
ebbi la generosità di rimanermi in patria unicamente per questi
motivi;h sebbene io dovessi confidare assaissimo sopra le grazio-
se espressioni ch’Ella in quel tempo si compiacque di farmi. V.
S. Ill.ma conosce troppo bene il mio carattere, e mi usa la giusti-
zia di non credermi capace di sorprendere per queste vie basse
ed indirette un patrocinio chei sempre è venuto all’incontro del

a le umanissime promesse è preceduto da il discorso che ebbe, cassato.


c
b varie aggiunto in interlinea. che si aggiunto in interlinea.
d Cassato e poco leggibile, forse Scritti o…
e dell’essermi trattenuto è corretto in interlinea su di trattenermi.
f g
Cassato e poco leggibile, forse così. Cassato un obbligo.
h
Cassato e. i Cassato spontaneamente.

1 insinuarmi: consigliarmi, suggerirmi.


2 Il conte Carlo di Firmian.
92 giuseppe parini
mio tenue merito così spontaneamente, e con tanta magnanimi-
tà. Ciò dico soltanto per farle sovvenire la per me graziosa epo-
ca in cui cominciai a sentire le testimonianze della sua favorevo-
le prevenzione1 a riguardo mio.
Nell’inverno di questo anno passato poi il Sig.r Consigliere Pe-
cis si compiacque d’accrescere le già da me concepute speranze
col propormi, coll’intelligenza, cred’io, anche di S. E.,2 una
cattedra d’Eloquenza Sup.e, in caso che questa cattedra fosse di
quelle che si destinavano per Milano. V. S. Ill.ma può immaginarsi
se io abbracciai con tutto l’ardore una proposizione che tanto mi
onora, non altro desiderando io più vivamente, che d’impiegare i
miei quali si sieno talenti in servigio del mio Principe, e della mia
Patria, e di ottenere un carattere3 pubblico che mi dia qualche
distinzione nel mio paese. Non ho tralasciato di poi di coltivare
questa felice disposizione nel Sig.r Consigliere Pecis, e per mezzo
di lui, secondo che io credo, anche nell’animo di S. E. e di qualche
altro ministro della Deputazione.
Ma ora è sparsa voce, che questa cattedra d’Eloquenza Sup.e in
Milanoa non si fondi altrimenti: e quando ciò si verificasse, tutte
le mie speranze se ne sarebbero andate al vento. Quando sia vero
che il superiore discernimento della Reg.a Deputazione nonb ab-
bia giudicato necessaria questa cattedra, sarò io pure del medesi-
mo parere, gloriandomi io d’assoggettare il mio particolar senti-
mento alle ponderate decisioni d’un Corpo4 così illuminato.
Ma, quando ciò non sia, e che all’opposto sia stata giudicata o
necessaria, od utile almeno, sarò glorioso di vedere un così rispet-
tabile giudizio accordarsi colla mia privata e spontanea opinione.
L’Eloquenzac Sup.e appartiene alla Filosofia, ed approfitta mas-
simamente della Logica, della metafisica, e della morale. Non si
occupa ella soltanto materialmente de’ vocaboli, de’ tropi, dello
stile, delle parti, e de’ vari generi dell’orazione, ec., cose proprie
di quella Retorica, che ordinariamente si abbandona alle scuole
inferiori per avvezzare i giovani a tesser soffribilmente un discor-

a in Milano aggiunto in interlinea. b non aggiunto in interlinea.


c
L’Eloquenza è preceduto dal cassato Una cattedra di.

1 prevenzione: disposizione d’animo, inclinazione.


2 coll’intelligenza … di S. E.: di concerto … con il Firmian.
3 carattere: ruolo, carica. 4 Corpo: consesso.
lettere 93
so. Quest’Eloquenza Sup.e si stende sopra1 i confini delle idee
accoppiate a’ vocaboli, e conseguentemente sopra laa proprietà di
questi, sopra il loro valor reale, e sopra quello d’opinione, cose
tutte che contribuiscono alla chiarezza, alla forza, alla nobiltà del
discorso. Passa inoltre alla composizione de’ vocaboli nelle frasi,
nelle perifrasi, ec., fissa i limiti della loro accettazione secondo la
diversità degli stili, secondo la natura dell’idioma e secondo le re-
gole inalterabili del buon gusto. Richiama la composizione de’
membri, e de’ periodi al giudizio dell’orecchio, e ne tempera i mo-
di, fra la natura della lingua, fra il gusto vegliante,2 e le meccani-
che impressioni del suono. Quest’è la menoma parte, ma però ne-
cessaria dell’Eloquenza Sup.e. Si vale poi della Logica, scegliendo,
o rigettandob la varietà delle pruove, vestendole, colorendole, di-
stribuendole secondo la varietà delle circostanze, e delle conve-
nienze: e questo scegliere, vestire, colorire, distribuire secondo la
varietà delle circostanze e delle convenienze, suppone una pro-
fonda conoscenza della morale per isceglie[re], le maniere, gli
stili, i colori dell’argomentazione, che meglio rivolgano a nostro
favore le diverse passioni de’ diversi uomini sempre a seconda de-
gl’immutabili principj del retto, e dell’onesto. Qui è dove suben-
trano la dilicatezza,3 lo spirito, la vivacità, il calore, l’entusiasmo,
e tutti quelli altri accompagnamenti dell’argomentazione, chec
prevenendo, agitando e soggiogando gli animi v’introducono la
persuasione e la deliberazione.d Tutto questo è suggetto dell’Elo-
quenza Sup.e. Ma non lo insegna già essa per la sola via de’ nudi e
freddi precetti. Essa vi accoppia costantemente gli esempi più il-
lustrie presi da tutte le lingue e da tutte le età, e da tutti gli scrittori:
anzi prende occasione da questi esempj di fissare pochi e chiari
precetti ripetuti immediatamente dalla natura e dal cuore dell’uo-
mo confermandone di tanto in tantof l’autenticità, colla decisione
de’ maestrih più classici d’ogni nazione. Nè questa Eloquenza

a Cassato loro.
c
b Cassato secondo le varie circostanze. Cassato agitando.
d Cassato Nè quest’Eloquenza, se si trattiene solamente sopra ciò che si chiama
Oratoria. e Cassato di buona Eloquenza.
f
di tanto in tanto aggiunto in interlinea.
h
maestri è corretto in interlinea su Autori.

1 si stende sopra: tratta, concerne. 2 vegliante: in corso, vigente.


3 dilicatezza: raffinatezza (cfr. il fr. délicatesse).
94 giuseppe parini
Sup.e si trattiene solamente sopra ciò che si chiama Oratoria. Spa-
zia pur anco sopra la Poesia, e su tutte le altre opere, che si chia-
mano di Gusto, e d’Immaginazione, e quivi richiama le menti a
fini più utili, e nobili, le conduce su le vie del buon gusto; seconda,
e coltiva i genj nascenti;a raddrizza le menti ne corregge l’intem-
peranza o la vanità, sempreb coi grandi esempj, de’ classici, de’
giudiziosi, e degli onesti scrittori, d’ogni tempo, e d’ogni paese.
Così si spargono in una città, la dilicatezza, il buongusto, la coltu-
ra cose tutte, che V. S. Ill.ma ben sa quanto influiscano ai costumi
d’un popolo.
Questa è l’idea che io ho d’una Cattedra d’Eloquenza Sup.e e se
questa idea nonc è falsa, una simile cattedra non può a meno di
non esser riconosciuta per utile infinitamente.
E tanto più utile dee riputarsi in Milano dove ad onta di tante
recenti cure di Sua M. non si può negare che regni ancora di molta
barbarie. Senza far torto a quegl’individui che per lo solo impeto
del loro talento si aprono una strada fra le tenebre, V. S. Ill.ma ben
vede quanto sì le pubbliche come le private scritture manchino
per lo piùd d’ordine, di precisione, di chiarezza, di dignità. Gli Av-
vocati, generalmente parlando non hanno idea del buon scrivere,
non dico io già di quello che si riferisce semplicemente alla gram-
matica od allo stile, che è pure molto importante, ma di quello
che ha rapporto alle convenienze degli affari, e delle persone, cosa
che dovrebb’esser tutta propriae di loro.
I Predicatori, non parlo io de’ frati, a’ quali non s’appartienef
naturalmente nè fondamentalmente la predicazione della Chiesa
cattolica; e che oltre di ciò non si può sperar di correggere, i
Predicatori, dissi, per lasciar da parte tutto il resto di cui mancano,
sono generalmente privi della prima facoltà: cioè di farsi sentir
con piacere; e ciò più per difetto d’abilità in loro, che di pietà ne’
cittadini. Che dirò io a V. S. Ill.ma di tanti giovani sonettanti1 che
infestano il nostro paese, persuasi d’esser qualcosa d’importante,

a Cassato rettifica. b Cassato con gli esem.


c
se questa idea non è corretto in interlinea su non ne ho una falsa idea.
d per lo più è corretto in interlinea su d’ordinario.
e tutta propria è corretto su pro.
f
ai quali non s’appartiene è corretto in interlinea su che non sono.

1 sonettanti: dediti alla composizione di sonetti di scarso valore.


lettere 95
che dietro a questa vanità estremamente nociva alle famiglie, ed
allo Stato, perdono i talenti che dovrebbero esser meglio impiega-
ti. Non vi ha pur uno fra questi che sappia cantar degnamente le
lodi della virtù o del suo Principe; pur uno che sia capace di con-
tribuir1 una Comedia od una Tragedia al Teatro, pur uno che fac-
cia unaa cosa degna della delicatezza e dell’eleganza del nostro se-
colo. Se fra le città d’uno Stato ve ne ha unab ove si debba meglio
coltivar la delicatezza, e il buon gusto, certamente è quella dove
risiede una Corte, dove s’aduna un corpo maggiore di nobiltà, che
è la sede de’ magistrati supremi, e che per queste ragioni invita
maggior copia di forestieri, etc.c

BAMi, S. P. 6/5, xi. 1. Minuta autografa priva di indirizzo; bifoglio di mm


198 × 300; scritto d’altra mano in alto sulla c. 1r: «Al Firmian». Sulla c. 2v
in basso, cassato, scritto a rovescio rispetto al testo della lettera, l’incipit
di altra brutta copia di lettera, «La degnazione con cui V. A. S.|ha».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 604-607, 664-665. Reina 1801-1804, iv,


pp. 161-168 (con avvertenza: «Fu scritta prima del 1770»); Bellorini 1913-
1915, ii, pp. 154-158 (con data 1768), lettera ii; Mazzoni 1925, pp. 982-984,
lettera iii.

La critica è unanime nell’indicare nel Wilczeck il destinatario, come si


ricava dall’accenno allo stesso Wilczeck nella successiva lettera al Fir-
mian (cfr. lettera 9). La datazione va assegnata al periodo immediata-
mente precedente l’11 novembre 1769, quando il Kaunitz propose uffi-
cialmente la sostituzione del nome della Cattedra di Eloquenza in
Cattedra di Belle Lettere, come più confacente al programma elaborato
dal Parini e unito al Piano Generale presentato a Vienna. Il Firmian, in
una lettera al Kaunitz del 17 ottobre 1769, ricordò esplicitamente che la
parte riguardante la Cattedra di Eloquenza era stata predisposta dall’aba-
te Parini: potrebbe con ogni probabilità riconoscersi nel testo iv.5 di
Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 304-316 (ASMi, Studi, Parte Antica, Uni-
versità di Pavia, Provvidenze generali, Nuovo piano, cart. 376; cfr. Borto-
lotti 1900, pp. 59-60).

a faccia una è corretto in interlinea su sia atto a far.


b Cassato che merit.
c
Qui termina il manoscritto BAMi, S. P. 6/5 xi.1; al margine superiore della
pagina è scritto e cancellato Ami.

1 contribuir: offrire, donare.


96 giuseppe parini
Per affinità di materia con il contenuto della lettera, Mazzoni 1925
(pp. 982-990) unì alla lettera al Wilczeck quattro frammenti di documen-
ti che trasse da BAMi, S. P. 6/5 vii. 7 e chiamò: iii bis, ter, quater, quinquies.
Bellorini 1913-1915, ii, pp. 223-232, aveva invece creato una sezione spe-
cifica che escludeva la lettera al Wilczeck e comprendeva soltanto i quat-
tro frammenti, sotto il titolo Frammenti di un programma didattico. Bono-
ra 1967, p. 1100, seguì Mazzoni.
Per i quattro frammenti cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 381-382.
Anche Vicinelli 1963 (p. 36, n. 20 e p. 73, n. 74) si oppose alla confluenza
dei frammenti fra le lettere e alla datazione unitaria 1768-69, che Mazzo-
ni 1925 (p. 990) aveva proposto per lettera e frammenti.
Su Johann Joseph Wilczeck (1738-1819), dal 1766 membro del Consiglio
Superiore di economia e dal 1782 successore del Firmian come ministro
plenipotenziario, cfr. Capra 2002, passim.
Il rifiuto della «proposizione di Parma» si riferisce alla proposta di
Guillaume Du Tillot, ministro del Duca di Parma, che nel 1767 aveva in-
vitato il Parini a insegnare Eloquenza e Logica all’Università di Parma.
Il consigliere Giuseppe Pecis (1716-1799), di piccola nobiltà bergama-
sca, visse a Milano dal 1761. Fu autore di varie opere in prosa e in poesia.
Il poema epico L’Austriade (1764) gli guadagnò la stima della corte vien-
nese. Ricoprì numerose cariche e fu membro del Consiglio Superiore di
Economia, della Giunta per l’istruzione voluta da Maria Teresa e di una
Giunta per i confini, acqua e strade creata il 6 ottobre 1768. Nel 1786 gli
venne affidato il dipartimento competente su confini, araldica, natura-
lizzazioni, feudi, archivi all’interno del Consiglio di Governo voluto da
Giuseppe ii. Cfr. Capra 1987, passim.
Sull’Università di Pavia, cfr. Memorie 1878; Tongiorgi 1997; Stella-
Lavezzi 2001.
lettere 97

[Al conte Carlo Firmian]


[novembre-dicembre 1769]

Eccellenza
Poichè l’U.mo Serv.re dell’E. V. il P.re Giuseppe Parini fu in istato di
conoscere i proprj doveri, e di far qualche fondamento sopra gli
studj da esso fatti, altro più non desiderò, che d’avere occasione
d’adoperare i suoi tenui talenti in servigio di S. M. e della Patria:
e sebbene gli si fecero qualche offerte d’impiego sotto altri do-
minj, non giudicò di accettarle, sempre sperando, che gli si pre-
sentasse in patria una così favorevole circostanza.
V. E. ebbe la degnazione d’alimentare in lui una simile fiducia
colle umanissime espressioni delle quali più volte l’onorò: e il Sig.
Consiglier Pecis fino dall’anno passato si compiacque di propor-
gli, forse anche col benigno consentimento di V. E., una Cattedra
d’Eloquenza Sup.e, in caso che questa fosse nel numero delle Cat-
tedre che si destinavano per Milano.
Non potè essere accettata dal Parini, che col sentimento della
più grande soddisfazione e riconoscenza una proposizione1 che
tanto l’onorava; e perciò contento attendeva, che il caso si verifi-
casse per indirizzar poi a V. E. le sue U.me Suppliche. Nè tralasciò
egli di pregare il Sig. Consigliere Pecis, che ne volesse prevenire V.
E., come anche si raccomandò poi caldamente al Sig. Consigliere
Conte di Willecek, perchè si compiacesse di far con essa il mede-
simo uficio in qualche momento d’ozio che le venisse concesso
dalla presente villeggiatura.
Ora sente, che sia per conchiudersi l’affare degli Studj: e sebbe-
ne si persuada quanto sia utile, che la maggior parte delle Catte-
dre resti a Pavia, pure si lusinga, che questa che di sua natura più
influisce sopra la coltura, e sopra il gusto universale, possa esser
destinata per la Città dove risiede la Corte, il Governo, i Magistrati
supremi, il maggior corpo della Nobiltà, e il più gran numero di

1 proposizione: proposta.
98 giuseppe parini
cittadini: e che in tal guisa si concilj la più comune utilità colla for-
tuna di lui, e colle diverse relazioni che gli rendono il vivere assai
meno incomodo e dispendioso in Milano.
In tale supposizione il Parini ardisce di supplicare umilmente V.
E. che, qualora non lo stimi affatto indegno d’un tanto onore, si
degni di proporlo a S. M. per la d.a Cattedra d’Eloquenza Sup.e, as-
sicurandola, che tutt’altro potrà in lui mancare, fuorchè un arden-
tissimo zelo di ben servire il suo Principe, e d’impiegarsi con tutte
le forze a vantaggio della sua Patria.

ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178. Autografo calligrafico; bifoglio di


mm 210 × 290, scritto sulla c. 1r-v (bianco il primo quarto superiore di cia-
scuna carta); senza indicazione relativa a luogo, destinatario né data.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 608. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 158-160


(la colloca prima dell’ottobre 1769); Mazzoni 1925, p. 990, lettera iv (la
assegna al periodo 1768-69).

Trattandosi di richiesta, con ogni probabilità rivolta al conte di Firmian


per ottenere la Cattedra di Eloquenza a Milano nel momento del riordino
delle cattedre universitarie tra Milano e Pavia, è verosimile la datazione
settembre-ottobre 1769.
Per le offerte di impiego «sotto altri dominj», cfr. la nota alla lettera
precedente.
Già l’anno precedente – 1768 – si era parlato di nomine. Si conosce
la corrispondenza ufficiale e privata relativa alle Scienze Commerciali
per il Beccaria: Cfr. BAMi, Z 248-249 sup.; Beccaria 1984, pp. 883-684,
lettera di Paolo Frisi dell’8 novembre 1768. Per il Parini manca la docu-
mentazione.
Carlo Giuseppe Gottardo conte di Firmian (Trento 1718 - Milano 1782),
ambasciatore austriaco a Napoli dal 1752 al 1758, dopo la morte di Beltra-
me Cristiani (3 luglio 1758) divenne ministro plenipotenziario a Milano;
alla morte gli subentrò il Wilczeck (cfr. la nota alla lettera precedente).
Sul Firmian, cfr. DBI, 48, 1997, pp. 224-231.
Sul Pecis, cfr. la nota alla lettera precedente.
«Willecek» è ovviamente il Wilczeck.
lettere 99

10

[Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg]

La squisitezza del gusto, con cui l’Altezza Vostra sente e giudica


il Bello delle Lettere e delle Arti; e la dichiarata e pubblica prote-
zione, che a queste accorda per gloria del Principe e sua, esigono
da me il tributo de’ pochi sentimenti, che mi ha permesso d’espor-
re sopra questa materia la strettezza del tempo conceduto alla
dettatura ed alla recita della mia Prolusione alla Cattedra delle
Belle Lettere, a cui la Clemenza di Sua Maestà si è degnata di de-
stinarmi. Tanto più son debitore di questo tributo all’Altezza Vo-
stra, quanto che Ella si è degnata di sollevarmi dalla mia oscurità,
di mettermi in vista al Sovrano, d’assistermi nelle strettezze della
mia fortuna, e quello, che più mi consola, di pormi in grado di ser-
vire al mio Principe ed alla Patria, cosa, che ho sempre desiderato
vivamente, e per cui non ho accettate onorevoli proposizioni
fattemi altronde,1 già sono molti anni, come è ben noto a questo
Governo. Vostra Altezza non solo si fa gloria di proteggere i
grandi talenti; ma si degna puranco d’animare i mediocri, affine
di render tutti gl’individui, per quanto si può, vantaggiosi allo
Stato. Voglia il Cielo, che questo breve Discorso, che ardisco di
presentarle, sia tale da poter reggere innanzi alla delicatezza del
suo gusto, ed alla solidità del suo giudizio. Niuna cosa potrebbe
meglio servire ad animare il mio zelo, ed a rendermi glorioso, che
il favore d’un Voto così rispettabile.
Sono, con profondissima venerazione
Di Vostra Altezza
Milano. 16. dicembre. 1769.
Umilissimo Servidore
Giuseppe Parini

HHSWien, AT-OeStA Große Korrespondenz 405, Konv. A, fol. 64. Auto-


grafo calligrafico; monofoglio, di mm 220 × 330, scritto in c. 1r, con ampio

1 proposizioni fattemi altronde: proposte fattemi da altre sedi.


100 giuseppe parini
spazio bianco al margine superiore. Non figura nei microfilm dell’ASMi
che riproducono la Lombardei Korrespondenz.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 609. Pubblicata per la prima volta da


Pasini 1905b, pp. 231-232. Bellorini 1913-1915, ii, p. 163, lettera vi; Maz-
zoni 1925, pp. 992-993, lettera vii.

La distribuzione delle cattedre universitarie tra Pavia e Milano e il con-


ferimento degli incarichi d’insegnamento lasciarono pochissimo tempo
al Parini per preparare la prolusione.
Dopo aver letto il discorso del Parini, Kaunitz (ASMi, Studi, Parte
Antica, cart. 258) scrisse al Firmian (Pasini 1905b, pp. 231-232, ricava la
lettera dalla tuttora inedita Vita e Reggimento del Conte Carlo di Firmian del
funzionario absburgico trentino, bibliofilo ed erudito Antonio Mazzetti
(1784-1841), conservata alla BCTn, mss. 1405-1407; cfr. Bortolotti 1900,
p. 67; passi della lettera anche in Cantù 1892, p. 336):
corrisponde pienamente alla mia aspettazione il discorso dell’Abate Parini,
pronunziato nell’aprimento della nuova sua Cattedra di Belle Lettere, del
quale V. E. si è compiaciuta di rimettermi alcuni esemplari con una sua d’offi-
zio de’ 16 corrente … Traspira da questo saggio il buon gusto ed il calore, da
cui è animato l’Autore; ed ho motivo, non solo di compiacermi della scelta
da lui fatta, sembrandomi collocato nella vera sua nicchia, ma anche di ripro-
mettermi il vantaggio di chi vorrà mettere a profitto i lumi del Professore. In
questi sentimenti scrivo all’abate Parini in risposta alla di lui lettera. Ciò
nonostante potrà l’E. V. medesima assicurarlo della mia soddisfazione, per
così vieppiù animarlo a distinguersi in questa per lei onorifica destinazione.
Kaunitz, il 28 dicembre 1769, scrisse direttamente al Parini (Pasini 1905b,
p. 233):
Illustrissimo Signore.
Non appartiene che all’uomo d’ingegno elevato e d’anima delicata il sentir
con calore il Bello, e il communicarne con forza agli altri le scosse e l’agita-
zione che v’imprime. Di tal carattere essendo marcato il Discorso pronunzia-
to da V. S. Ill.ma nell’apertura della Cattedra di Belle Lettere affidate da Sua
Maestà in codeste Scuole Palatine, e trasmessomi con sua lettera de’ 16 cor-
rente, nulla può aggiungersi per far l’elogio e della produzione e dell’Autore.
Questo nuovo saggio corrisponde intieramente alla mia aspettazione, ed al-
le mire, che per il bene del nuovo Sistema Letterario mi ero prefisso, nel pro-
porre a Sua Maestà, nostra Signora, la di Lei persona per una destinazione
nuova e luminosa. L’importanza e l’amenità dell’oggetto, l’influenza nelle
più belle parti dell’Enciclopedia, la gloria di esser il primo onorato di tale in-
carico, e l’illuminata beneficenza di una Sovrana che sveglia e protegge gl’in-
gegni, devono essere a V. S. Ill.ma continui stimoli di fervore e motivi di sod-
disfazione. Sono con sincera e distinta stima […]
lettere 101

La lettera del 16 dicembre, di cui parla Kaunitz, è da identificare con la


presente, che quasi sicuramente pervenne a Vienna, tramite il Firmian,
insieme con alcune copie del Discorso (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005,
pp. 379-380). Il Parini allude genericamente alle proposte del Du Tillot
(cfr. la nota alla lettera 8).
102 giuseppe parini

11

[A Pellegrino Salandri,
segretario della R. Accademia di Scienze
e Belle Lettere di Mantova]

Ill:mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo


Le pochissime corrispondenze che io ho ne’ paesi esteri, e la mia
naturale indifferenza o piuttosto poltroneria sono il motivo per
cui non soglio andar troppo frequentemente alla Posta; e questo
fa che molte volte manco involontariamente a miei doveri. Il
mancamento presente nondimeno è di tale gravezza, che mi ren-
derà più cauto nell’avvenire. Frattanto priego V. S. Ill.ma di perdo-
narmi la tardanza di cui mi conosco reo innanzi ad un Corpo1 ri-
spettabile, che mi ha onorato così distintamente, e innanzi ad una
persona alla quale professo così alta stima, e tante antiche e recen-
ti obbligazioni. La priego pure istantemente d’intercedere perchè
mi sia perdonato questo fallo dall’Illustre Adunanza alla quale ab-
biamo l’onore d’appartenere amendue; e nello stesso tempo di
farle a mio nome sinceri e vivissimi ringraziamenti del fregio2 sin-
golare di cui mi ha novamente condecorato,3 oltre ogni mio me-
rito nè assoluto nè ad essa4 relativo. Io non potrei facilmente spie-
garle quale sia stato il tenero sentimento e la vera riconoscenza
del mio animo nel vedermi impensatamente sollevato dalla mia
oscurità, ed aggiunto ad un Concilio d’uomini così segnalati nella
Repubblica delle Lettere, senza che io avessi neppure ardito di
chiedere una simile grazia. Forse non m’inganno credendo che
questo nobile tradimento mi venga da V. S. Ill.ma. Ella adunque ne
porti la pena coll’assumersi l’obbligo di ben comprendere
l’ampiezza e la verità de’ miei sentimenti, e di esporli con quel-
l’eloquenza che loro si conviene all’Accademia: e si assicuri che,
per quanto sia grande la felicità del suo ingegno, e celebre la sua

1 Corpo: consesso (con riferimento all’Accademia mantovana).


2 fregio: onore.
3 novamente condecorato: recentemente insignito.
4 Scil. adunanza.
lettere 103
eloquenza per fecondità d’immagini e per energia d’espressione,
non potrà però mai adeguare la grandezza della soddisfazione,
che ho provata, e della gratitudine che conservo, e conserverò
eternamente verso l’Accademia e verso di Lei. Per quanto mi per-
metteranno le occupazioni del nuovo impiego di cui Sua Maestà
s’è degnata di onorarmi, procurerò in avvenire di consagrare i
miei piccoli talenti al servigio dell’Accademia medesima, e di si-
gnificarle, anche coll’opera, il pregio in cui tengo la grazia, che mi
è stata così generosamente compartita. Intanto ho l’onore di di-
chiararmi col maggiore ossequio
Di V. S. Ill.ma Milano 2 Genn.o 1770.
Div.mo Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini

ANVMn, Archivio, busta 11, Lettere di Accademici e altri. Autografo; bifo-


glio di mm 230 × 380, scritto a piena pagina solo sulla c. 1r; dopo l’intesta-
zione un ampio spazio bianco; manca l’indicazione del destinatario.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 610. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 164-165,


lettera vii; Mazzoni 1925, p. 933, lettera viii (segue Fumagalli 1889,
dove è riprodotta in fac-simile al nº 79, p. 69).

Il Parini ringrazia della nomina a membro della Reale Accademia di


Scienze e Belle Lettere di Mantova, che, nata nel 1768, assunse nel 1797 il
nome di Virgiliana per volontà di Napoleone Bonaparte (cfr. Benedini
1987) e la qualifica di Nazionale nel 1983. L’Archivio Storico della stessa
ANVMn (Serie Segreteria, busta 5, fasc. 3) conserva copia della lettera, da-
tata 18 dicembre 1769, con cui Pellegrino Salandri informava il Parini del
conferimento:
Al S.r Ab. Gius.e Parini Pubblico Profess.e d’Eloquenza, Milano
Ill.mo Sig.r Sig.re P.n Col.mo
Era questa Reale Accademia di Scienze, e belle Lettere fino dall’anno scorso
desiderosa di dare a V. S. Ill.ma un attestato della giusta estimazione, in cui è
il degno suo nome fra Noi, ma la legge imposta da S. M. di non aggregare
che in pubblica Convocazione ed il ritardo, che ha sofferto l’apertura del
Teatro Scientifico han portato la dilazione all’Accademia di questa sua vera,
e pienissima soddisfazione.
D’ordine della medesima le rimetto la Patente di Socio, e vi unisco l’Elen-
co dell’Anno Accademico.
Ella ha saputo farsi utile all’universale coi due Divini Poemetti del matti-
no, e del mezzo giorno, che Le danno il carattere di originale, ed alla lingua
104 giuseppe parini
italiana la gloria di avere fra suoi Scrittori finalmente onde non invidiare ai
latini in questo genere di scrivere libero ed utile sopra ogni altra maniera. Si
compiacerà la Nostra Accademia, che le nuove Edizioni, che se ne faranno,
e che anch’essa la sera, che sospira di non essere defraudata, vada col nome
in fronte d’un nostro Collega. Sa che la giustizia renduta dal Mecenate de’
Nostri tempi al sapere di V. S. Ill.ma l’occuperà più seriamente, e diuturna-
mente; ma quindi prende ancora speranza l’Accademia, che vorrà soccorrer-
la con quelle perle d’Eloquenza che di mano in mano usciranno dalla sua
penna maestra per assisterci nella penuria, in cui siamo di domestici provve-
dimenti, e richezze. La Nostra Accademia fù creata da S. M., andrà crescen-
do di mano in mano, se tutti concorreremo con la nostra quota a renderla
degna dell’Instituzione.
Ella può farlo più di ogni altro per il sublime Suo ingegno, ed avrà cuore
di farlo pèl carattere di onestà, di Letteratura, e di buon Suddito, di cui si è
sempre pregiata. Io per me confido moltissimo n[ella] nostra antica amicizia,
e nel nuovo titolo di Confra[…] che acquisto in quest’incontro, e portandole
i Complimenti, e le Congratulazioni di tutta la Società per l’eloquenza, la di
cui gloria è assicurata coll’affidarla a così degno soggetto, passo a dirmi col
più cordiale rispettoso attaccamento
Di V. S. Ill.ma
Per Salandri, cfr. anche la lettera 6.
lettere 105

12

[Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg]

Altezza.
Pervenute a’ Professori delle Scuole Palatine le Medaglie coniate
per eternar la memoria d’un’epoca così fausta, qual è quella della
presente restaurazione de’ pubblici Studj, ne ringraziarono essi
tostamente S. E. il Sig.r Ministro Plenipotenziario, alcuni in parti-
colare, e il Corpo tutto per mezzo del Reg. Delegato D. Giuseppe
Croce.
Nel dì quattro poi dell’andante Aprile fu comunicata al Corpo
de’ Professori congregati Lettera di Governo in data 30 Marzo,
nella qual venivano eccitati a diriger formalm.te i Loro ringrazia-
menti per Le medaglie Stesse all’A. V., e al medesimo tempo,
perchè Le grazie fosser più colme, fu loro comunicato il Reale
Dispaccio riguardante i Pubblici Studii, dato il dieciotto Febrajo
del presente anno
Rimasero per tanto i Professori vivam.te commossi dalla singo-
lar degnazione, con cui all’A. V. piacque di riguardarli distinguen-
doli con sì onorifico dono: e deputarono me a renderle in nome
del Corpo1 cumulatissime grazie; e ad assicurarla, che sarà questo
dono riconosciuto da essi non tanto per un onore, quanto per un
Segno rammemorativo2 dell’obbligo che hanno di verificare dal
Canto Loro ciò, che con si nobile monumento viene autenticato
alla posterità
Ammirarono poi altamente nel Reale Dispaccio La instancabi-
le provvidenza, e munificenza, con cui S. M. degnasi di beneficare
ogni giorno per tutte Le vie, e a tutti gli oggetti possibili questa
fortunatissima Provincia: e provarono estrema contentezza nel
veder colle nuove Clementissime disposizioni, felicitato sempre
più quello, che dopo il loro Principe, hanno di più sacro, e di più
caro, cioè La pubblica educazione della Lor Patria, e il comodo, e
la perfezione degli Studj Loro.

1 Corpo: consesso (dei professori).


2 Segno rammemorativo: pro memoria.
106 giuseppe parini
Deliberarono perciò di volgersi con questa occasione all’A. V.
La quale sa così gloriosam.te secondare Le santissime intenzioni
d’una tanta Sovrana, supplicandola, che si degni di presentare a
nome loro umilissimamente davanti al Trono della M. S. Le signi-
ficazioni della loro intima, e profondissima riconoscenza; e ren-
derla certa, che si studieranno maj sempre di concorrere con tutte
le loro forze, affinchè tanti ottimi Stabilimenti1 ottengano il loro
pienissimo effetto, e il nome della M. S. sia, anche per questo
Capo, in consolazione della presente età, e in eterna benedizione
delle future.
Io, ch’ebbi l’onore d’essere deputato dal Corpo de Professori ad
eseguire questo atto verso L’A. V. non ho creduto di poterlo con
più efficacia adempire, che nudamente esponendole i comuni Ri-
spettosissimi Sentimenti: Supplico adunque, e confido a nome
dello stesso Corpo, che l’A. V. si degni di considerarli, e promo-
verli secondo la Loro ingenuità ed intenzione, troppo facile ad es-
sere sentita dal suo nobilissimo animo, caratterizzato singolar-
mente per li rari pregj d’incomparabile delicatezza, e generosità.
Sono con profondissimo rispetto
Di V. A.
Milano 7 aprile 1771.
Sottoscriz. = Umilissimo Servidore
Giuseppe Parini
Prof.e di belle Lettere

ASMi, Studi, Parte Antica, Università di Pavia, Provv. Gen., Nuovo piano,
cart. 377. Apografo; bifoglio di mm 220 × 330, scritto nella c. 2r-v.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 611-612. Riprodotta per la prima volta


da Bortolotti 1900, documento 4, pp. 235-236, che la giudica copia di
una precedente copia «allegata alla minuta accompagnatoria del conte
Firmian al principe Kaunitz» (p. 235). Bortolotti (p. 69) ritiene la lettera
effettivamente inviata al Firmian, che l’avrebbe mandata al Kaunitz do-
po averne tratta copia (cfr. però la nota alla lettera 14). Bellorini 1913-
1915, ii, pp. 166-167, lettera ix; Mazzoni 1925, pp. 994-995, lettera x (a p.
977 annota che «l’originale di tale lettera è nell’archivio privato del sig.
Vambianchi di Milano»).

1 Stabilimenti: deliberazioni, disposizioni.


lettere 107

La lettera del 30 marzo 1771 del Firmian a don Giuseppe Croce, che il Pa-
rini indica all’inizio del secondo paragrafo, è riprodotta da Bertana
1898, p. 81, nota 2, e parzialmente da Bortolotti 1900, pp. 68-69. In essa,
Firmian scrisse di «trovar bene […] che dall’Università si rendano le gra-
zie a S. A. il sig. Principe di Kaunitz per il dono fatto a professori delle
medaglie coniate in memoria della ristorazione della medesima», ag-
giungendo: «Potrà Ella [scil. il Croce] adunque unire questi professori, i
quali faranno la formale Deputazione nell’Abate Parini, qual professore
d’Eloquenza, a presentare in una lettera al sig. Principe li riconoscenti
sentimenti del Corpo delle Scuole Palatine». La lettera del Parini venne
«cambiata» dal Croce, e quindi non fu inviata (cfr. la nota alla lettera 14).
Il Parini fa riferimento al «Reale Dispaccio» del 18 febbraio 1771, nel
quale, tra l’altro, Maria Teresa («una tanta Sovrana»), con le «nuove cle-
mentissime disposizioni», confermava di destinare alla città di Milano la
biblioteca Pertusati, acquistata dalla Congregazione dello Stato con de-
liberazione del 4 maggio 1763, con l’intento di farne dono all’arciduca
Ferdinando. Sulle vicende dell’acquisizione, che costituì il nucleo iniziale
della Biblioteca Braidense, cfr. i documenti dell’ASMi, Biblioteche. Biblio-
teca di Brera, cartt. 25-27. Una versione diversa si legge in Verri 1999, pp.
13-15 e p. 29, n. 15.
Sulla biblioteca di Brera, cfr. Grossi Turchetti 1979; Furlani 1982;
Beltramo Ceppi Zevi 1991.
108 giuseppe parini

13

[A don Giuseppe Croce]

Eccellenza,
In adempimento degli ordini di V. E. e della Deputazione in me
fatta1 dal Corpo dei Professori sottometto umilmente alla supe-
riore ispezione dell’E. V. la compiegata2 lettera; e supplico a nome
dei Professori medesimi che V. E. si degni di inoltrarla ov’è desti-
nata.
Sono con profondissimo rispetto
di V. E.
Umilis.mo Serv.re
Mil.o, 8 aprile 1771.

Autografo non rintracciato.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 612. Pubblicata per la prima volta da


Bertana 1898, sulla base dell’autografo posseduto dal collezionista mi-
lanese Carlo Vambianchi. Bellorini 1913-1915, ii, p. 165, lettera viii;
Mazzoni 1925, pp. 993-994, lettera ix.

La lettera accompagna lo scritto ufficiale di ringraziamento al Kaunitz


(cfr. lettera 12).
Di antica famiglia patrizia milanese, Giuseppe Croce insegnò istitu-
zioni civili dal 1753 presso le Scuole Palatine, di cui divenne delegato in-
terinale nel 1766 per incarico del Firmian. Vicario di provvisione nel 1763
e nel 1770, nel 1771 venne nominato senatore e nel 1786 passò dal Senato
al Supremo Tribunale di Giustizia eretto da Giuseppe ii, dove rimase fi-
no al 1791. Morì nel 1806. Su di lui cfr. Beccaria 1996, ad Ind.

1 Deputazione in me fatta: incarico a me affidato.


2 compiegata: acclusa.
lettere 109

14
[A don Giuseppe Croce]

Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo


Sottopongo al giudizio ed alla direzione di V. S. Ill.ma la brutta co-
pia della seconda Lett.a, perchè Ella levi, aggiunga, cambj, comu-
nichi come meglio le parrà. Desidero, che V. S. Ill.ma me la rimetta
dentro d’oggi per farne la bella Copia; e mi avvisi, se le è possibile,
prima del pranzo quando Ella abbia qualche cosa, che sia neces-
sario di comunicar meco. Sono col maggior rispetto
Di V. S. Ill.ma
Di Casa. 11. Ap.le 1771.
U.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

HSPPhil, Simon Gratz Collection, 250A. Autografo; monofoglio di mm


200 × 280, piegato in tre. Sul retro il sigillo in ceralacca e, al centro, l’in-
dirizzo, preceduto, in alto, da «Parini»:
All’Ill.mo Sig.e Sig.e Col.mo
Il Sig.r Don Giuseppe Croce
Special Delegato delle R. Scuole
Palatine

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 612-613. Pubblicata per la prima volta


da Pace 1970.
Il Croce, nello spazio tra la data e la firma a piè di pagina, annotò:
La lettera diretta al Sig.r Principe di Kaunitz è stata cambiata, dallo stesso
Abb.e Parini per insinuazione del segret.o Corti dopo essere stata da me pre-
sentata a S. E. il Sig.r Co. di Firmian accompagnata non da questa dell’Abb.e
Parini, ma da una mia come Speciale Deleg.to, ed oggi g.o 20. Aprile hò man-
dato alle mani del Segr.o sud.o la lettera cambiata per il Sig.r Principe sud.o

La lettera ufficiale inviata al Kaunitz il 20 aprile, quindi, non fu quella


scritta dal Parini il 7 dello stesso mese (la lettera 12), ma una seconda, che
il Parini trasmise in brutta copia al Croce e che non è pervenuta né nella
forma preparatoria né in quella definitiva.
Sul «Corti» (Ilario Corte), cfr. la nota alla lettera 21.
110 giuseppe parini

15

[A Maria Teresa d’Asburgo]

Sacra Cesareaa Reale Apostolica Maestà


L’annunzio della preziosa concessione, che la S. C. R. A. M. V. è
per fare del Real Figliuolo Ferdinando Arciduca a questa fortunata
Provincia, per quì stabilmente trattenerlo con degne elettissime
Nozze riempiè d’inesprimibile consolazione i Professori delle
Scuole Palatine, quando venne loro formalmente recato per
lettera del g.o 2. del cadente Luglio. Il sentimento del loro cuore
eguagliò la grandezza delle idee, che in sì fausta circostanza occu-
parono la mente loro: quella cioè della perfezionata felicita d’una
intera nazione: quella della maravigliosa liberalita d’un Augusta
Genitrice, che stacca dalle sue braccia una così adorabile porzione
della Regia Prole, consegnandola allo amore, ed al destino delle
soggette popolazioni: quella finalmente della vicina stabile pre-
senza d’una vivissima imagine di Colei, che tutti adorano come
Gran Madre, e come Servatrice de Popoli.
Ma i Professori, per clemenza della S. C. R. A. M. V. elevati al
nobilissimo impiego di formare il giovane popolo nella cognizio-
ne, e nell’amore della verita, e della giustizia, su cui riposa la mole
della pubblica felicità, provarono ancora una consolazione tutta
loro propria nell’annunciato faustissimo avvenimento. Riflettero-
no essi alla santissima disciplina, nella quale hà la M. V. educato la
mente sublime, e il docilissimo cuore del Real Figliuolo; e si assi-
curarono di veder crescere infinitamente a vantaggio comune il
peso, e l’autorità delle loro instituzioni, accoppiandosi a quelle
l’esempio luminoso d’un Giovane Principe celebre fin d’ora per la
profonda, ed estesa cognizione del vero, e per l’abituale esercizio
d’un esimia virtù.
Commossi però1 altamente dal conoscere la sublimita, e la im-
portanza d’un beneficio, che corona gli infiniti altri da V. M. com-

a Cesarea è scritto dopo il cassato Reale.

1 però: perciò.
lettere 111
partiti alla Patria loro, non poterono resistere all’impeto dell’inti-
ma loro riconoscenza, e delegarono chi a nome di tutti umilissi-
mamente la significasse alla M. V.
Io adunque, che hò la segnalatissima gloria d’essere a ciò for-
malmente deputato in nome de Professori delle scuole Palatine ai
piedi della S. C. R. A. M. V. espongo con profonda venerazione i
sinceri loro vivissimi ringraziamenti. E intanto essi rapiti da tanta
beneficenza, da tanta contentezza, da tanta gratitudine accende-
ranno sempre più nel loro cuore i voti per la perpetuità del vostro
felicissimo imperio. Benediranno instancabilmente nelle private,
e nelle solenni concioni l’adorato vostro nome: e ne loro scritti ga-
reggeranno colla riconoscente tradizione del popolo per com-
mendare la gloriosa memoria de’ vostri fasti, delle vostre virtù,
della incomparabile clemenza vostra alla più remota posterità
Milano 23. Lugl. 1771.
Della Sacra Ces. Reale Apost.a M. V.
Umilissimo e Fedelissimo Suddito
Giuseppe Parini
Professore delle belle lettere.

BAV, Autogr. Patetta, 1328, cart. 17, f. 1r-v. Apografo; monofoglio di mm


295 × 200. Sono del manoscritto le vistose oscillazioni nell’uso di apostro-
fi e accenti. La cartella 17 contiene anche la trascrizione del documento
fatta dal Patetta e altri documenti di interesse pariniano.

Pubblicata per la prima volta da Barbarisi 1999, pp. 229-230, dal quale
trascrive Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 613-614. Barbarisi 1999 de-
scrive il documento come «originale apografo calligrafico» (p. 228), di-
cendolo «rinvenuto anni fa nei fondi non schedati della Vaticana da una
mia conoscente» (p. 225).

I documenti dell’ASMi, Potenze Sovrane, Parte Antica, cart. 75, permetto-


no di collocare il testo del Parini all’interno di un iter procedurale com-
plesso. Il 2 luglio 1771, Giuseppe Croce e Francesco Sartirana, rispettiva-
mente responsabili delle Scuole Palatine e dell’Università di Pavia,
furono informati ufficialmente da Gian Rinaldo Carli, a nome della De-
putazione agli Studi (nominata il 24 novembre 1765 e composta da Pecci,
Daverio, Pecis e Cicognini), che l’arciduca Ferdinando (1754-1806), quar-
togenito di Maria Teresa e Francesco Stefano di Lorena, avrebbe sposato
112 giuseppe parini
Maria Beatrice d’Este, figlia di Ercole iii Rinaldo, e che, dopo le nozze,
si sarebbe insediato stabilmente in Milano; il 23 luglio, a nome dei pro-
fessori delle Palatine, il Parini inviò al Croce la lettera ufficiale di felicita-
zioni e di ringraziamento, da lui predisposta; il 3 agosto il Croce la tra-
smise al Carli:
Ho l’onore di presentare a V. S. la qui compiegata lettera statami oggi con-
segnata dall’Abbate don Giuseppe Parini professore delle Belle Lettere, che
fu dal corpo de’ lettori Palatini delegato a compiere in nome comune li atti
della dovuta umilissima riconoscenza e ringraziamento per la fausta notizia,
comunicata dall’E. V. qual vicario della Giunta degli Studj colla pregiatissima
sua del 2 luglio prossimo scorso, della venuta a Milano di S. A. S. l’Arciduca
Ferdinando, perché si degni inoltrarlo alla Corte, e con rispettosissimo osse-
quio mi professo […].
Il 10 agosto il Carli la fece pervenire al Firmian; il 22 il Kaunitz ricevette
la lettera e il 29 rispose al Firmian con preghiera di riferire ai professori
la «plenaria» soddisfazione della Corte, così aggiungendo:
Benchè quest’atto di dovuta attenzione abbia sembrato alquanto ritardato,
dopo che gli altri Tribunali, Dicasteri, e Corpi pubblici della Lombardia Au-
striaca hanno già soddisfatto da qualche tempo a’ loro doveri; tuttavia non
ho voluto defraudare detti Professori della fiducia da loro concepita, che sa-
rebbero accolti con eguale gradimento i rispettosi loro sentimenti.
L’iter si concluse il 2 settembre, quando il Firmian assicurò il Carli che i
Sovrani si erano «compiaciuti» dell’atto compiuto dai professori dei due
studi (Milano e Pavia). La lettera «coimpiegata», di cui parla Croce nella
lettera al Carli, non è stata reperita. Per le precedenti qui citate, cfr. Bar-
barisi-Bartesaghi 2005, p. 669.
Sul matrimonio dell’arciduca, celebrato il 15 ottobre, cfr. Barbarisi-
Bartesaghi 2005, p. 433 e la nota alla lettera 29. Su Gian Rinaldo Carli,
cfr. la lettera 40 e la relativa nota; sulla Deputazione agli Studi, cfr. Capra
1987, pp. 226-227.
lettere 113

16
[A Girolamo Ferri]

Iosephus Parinius Hieronymo Ferrio


S. P. D.
Basinii Parmensis Epistolam ex Bibliothecae huiusce nostrae
codicibus descriptam mitto, minus ecquidem diligenter, quam et
tua in me benevolentia, et meum erga te studium videbantur ex-
poscere. Quod ab humanitate, comitateque tua postulo ne mihi
potius quam tempori tribuas. Si vero eam ipsam Epistolam ne
integram quidem habes, illos argue qui Bibliothecae praefecti
sunt. Nefas est iis aliquid ex reconditis codicibus absolutissimum
edere; ne scilicet adimatur inane raritatis pretium, si toti in com-
munem utilitatem proferantur. Quae sive lex sive consuetudo an
aliquid barbari sentiat, ipse videris. Ego quidem non ausim judi-
care propter patriae, ac civium meorum dignitatem. Ceterum,
si quid in me unquam perspicies vel facultatis, vel gratiae, utere
tanquam tua: tunc etenim mihi videor beatissimus, cum in viros
probe litteratos, ac tui similes officia confero. Tibi vero cur non
omnia debeam, qui meum tam eximia cum laude nomen volue-
ris evulgari ea litteratorum lingua, quam et optime calles, et
strenue vindicasti. Sed in hoc ipso tum memoris animi, tum vo-
luntatis erga te meae argumentum habes, quod tibi ut gratifica-
rer maximum facinus feci; ut nimirum latine scriberem, immo
ad te scriberem. Plane ego nihil tale sum ausus ex quo illas
grammaticorum scholas puer deserui. Oh quantum diducet os,
et cachinnabit tui, meique amicissimus Rosa, si id unquam mon-
stri, per tuas litteras, rescierit. Vale. Mediolani. Data. Id. Jan. A.
mdcclxxiii.

BCASFo, Raccolta Piancastelli, sez. Carte Romagna, busta 171/235. Au-


tografo; bifoglio di mm 195 × 290, scritto sulla c. 1r-v. La risposta del Ferri
è trascritta più avanti, sulla c. 2r, in calce alla lettera pariniana. Trattan-
dosi di minuta, essa è priva della data e della indicazione del destinata-
rio; talvolta di difficile lettura, non presenta però cancellature o ripen-
samenti.
114 giuseppe parini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 616. Pubblicata per la prima volta da


Brigidi 1855, pp. 278-279, e poi da Cantù 1863, il quale però non identi-
ficò il destinatario, nominandolo come Giuseppe anziché come Girola-
mo, ma si corresse poi in Cantù 1892, pp. 416-422, senza peraltro indica-
zioni di fonti. Segue il Cantù Mazzoni 1925, p. 996, lettera xii, che
riporta anche le lettere del Ferri al Parini (pp. 1034-1035).

Girolamo Ferri (Longiano, Parma, 1713-1786) aveva celebrato l’opera del


Parini in una lettera a Nicola Pecci (Ferri 1771, xlv, pp. 203-204):
Nihil dico de Poesi, in qua plurimos habuimus et nonnullos habemus adhuc
excellentes; quos inter Parinium vestrum habui semper excellentissimum:
qui sicuti Nobilium, ita Litteratorum mores, optandum, ut novo illo neque
Hetruscis, neque Latinis, neque Graecis antea, quod sciam, cognito (nisi for-
te Socraticum velis dicere) magnificae dissimulationis genere, toto suo, risu
cum gravitate coniuncto, sale multo perfricaret; quando Litteratores, rana-
rum instar aestivae pluviae beneficio turmatim exsilientium, erumpunt
undique ad eorum imaginem facti; quibus similes esse malint, quam aliquid
inter suos et cum suis.
Interessato all’umanista Basinio da Parma, il Ferri, già nel 1773, mentre
era professore di eloquenza nell’Università di Ferrara (vi ebbe scolaro
Vincenzo Monti), aveva pubblicato in Amaduzzi-Gabrielli 1773, ii,
due lettere di Basinio, una a Roberto Osio da Rimini (ivi, p. 300) e una
seconda a Sigismondo Malatesta (ivi, pp. 400-416): nel commento an-
ticipava il progetto di un’edizione dell’Astronomicon di Basinio ed era
alla ricerca di inediti basiniani. Egli aveva chiesto dunque al Parini di
ricercare all’Ambrosiana di Milano e di trascrivergli la lettera di Basi-
nio a Teodoro Gaza, Epistola exametro carmine ad Theodorum Gazam
conscripta:
H. Ferrius Iosepho Parinio
Mediolanum.
Vide quid mihi sumpserim. Istam in bibliotheca ambrosiana epistolam non-
dum editam ad Gazam Basinii parmensis, qui floruit saeculo xv adhuc stan-
te, asservari certo scio. Ego, qui de poetae operibus aliquid cogito, in eam
spem veni facili negotio futurum, ut per te descriptam habeam; idque quam-
primum. Qua de re ne defrauder, erit humanitatis tuae curare; observantiae
vero in te meae, quam in Alambertianis publice testatum volui, illud efficere,
ut apud hominem memorem et gratum beneficium intelligas posuisse.
Ferrariae, nonis dec. mdcclxxii .
La lettera sopra riportata è trascritta sulla base di Mazzoni 1925 (che se-
gue Cantù 1863), di cui si corregge il millesimo (1773). La lettera auto-
grafa del Parini reca incontrovertibilmente la data del 1773: e del resto ri-
sponde alla citata del Ferri «nonis dec.», cioè 5 dicembre 1772.
lettere 115

La risposta del Parini al Ferri avrebbe dovuto contenere anche il testo in-
tegrale della lettera di Basinio a Gaza, ma per l’opposizione di Baldassare
Oltrocchi, l’allora prefetto dell’Ambrosiana (dal 1767 al 1797) – così alme-
no sostiene il Parini –, dovette limitarsi a una descrizione sommaria, a
una riproduzione «mancam et mutilam».
Il Ferri allora così gli scrisse (BCASFo, Raccolta Piancastelli, sez. Carte
Romagna, busta 171/235), spronandolo, tra l’altro, a ultimare la tanto at-
tesa «Poematis parte vespertina»:
Ferrium amem necesse est. Ut enim caetera praetermittam, ea mihi neces-
situdine est conjunctus, qua nemo alius. Quod si non esset, qui praeclarum
facinus non amarem, quo litteras latinas a Parinio importunissimus homi-
num extorsit? A Parinio, inquam, qui rebus omnibus ornatus, quae elegan-
tem scriptorem et politum faciunt ut amemus et probemus, facultatem eam
callidissimus celari volebat, qua litterati a vulgo in primis secernuntur. Ita
factum, ut Latinitati propugnatorem additum gloriemur, quem nostris et
alienis nequicquam contra nitentibus objiciamus. At quas litteras! quae ho-
minem cum Latinis quotidie versatum ostendant. Serio. Gratias tibi ago ha-
beoque magnas, qui et epistolam Basinianam, etsi mancam et mutilam,a ro-
ganti miseris, et ea lingua rescribendum putaveris, quam qui oppugnant,
quod facinus faciant, non sentiunt miseri; nisi forte illud tacite fateri volunt,
quod vulpecula in Aesopiis. Praefectos istos vestros quos appellem, nescio.
Invidosne, an malevolos? Blattarum certe et tinearum amatores egregios,
quibus ne quid demensi pereat, tantopere timent.b Atqui illud ego quaere-
bam, cuius esset Andreas ille Contrarius. Numquid ad familiam nobilissi-
mam pertineret, quae Ferrariae secundum Atestios principatum tenuit, de-
siitque esse cum Hercule, Alphonso ii . imperante. Sed heus tu! Quid de
Poematisc parte vespertina? Visne sine pedibus opus plane singulare, que-
madmodum sine corpore Basiniana isthaec nostra? Cave id flagitii admiseris,
mi Parini, Musis reclamantibus, Gratiis, et Apolline. Manum iterum ad ta-
bulam: quam tam bene incohatam et institutam, tamquam Venerem alte-
ram, nisi ipse perfeceris, qui praestet, quod reliquum est, frustra expecta-
mus. Noli nos diutius desiderio tabescere. Hoc hominis, nationis, poesis
ipsius dignitas postulat. Hoc Rosa amantissimus; qui te Latinum factum, mi-
hi crede, non mirabitur, si te bene noverit; hoc rogat denique
Quidquid est hominum venustiorum.
Vale; remque naviter aggressus, expedi quam celerrime.

Alla lettera sopra citata del Ferri a Nicola Pecci, seguiva immediatamen-
te quella a Michele Rosa, indicato come «amantissimus» sia del Pecci che
del Parini. Plausi del Rosa per il Parini in Cavazzuti-Pasini 1912, p. 34.

c
a Cassato ad me. b In interlinea cavent. Cassato tui.
116 giuseppe parini
Nicola Pecci, senese, di umili origini, auditore di rota nella sua città,
nel 1763 venne a Milano, dove fu scelto come membro della Deputazione
agli Studi, con nomina del 24 novembre 1765 (ASMi, Uffici regi, Parte An-
tica, cart. 221); direttore del Collegio fiscale e consultore del governo dal
1771, fu delegato dal Firmian alla riforma delle scuole nel milanese, insie-
me con mons. Michele Daverio, con cui lavorò nella Commissione del
1774 per la riforma dei libri elementari scolastici (cfr. Barbarisi-Barte-
saghi 2005, pp. 382-383). Divenne consultore di governo (1777), segretario
di stato (1784) e poi vicepresidente del Consiglio di Governo (1786). Morì
nel 1788.
Michele Rosa (1731-1812), riminese, autore del Saggio d’osservazioni cli-
niche (1766), uno dei cattedratici più illustri della facoltà di medicina
dell’ateneo pavese dal 1767 al 1772 (quando passò all’Università di Mode-
na), fu tenuto in grande considerazione dal Firmian, che lo consultò in
vista della riforma dell’Università, negli anni 1769-1771. Sul Rosa, cfr. la
voce a lui dedicata in De Tipaldo 1834-1845,vi, 1838, pp. 471-487; Memorie
1878, pp. 210-212; Stella-Lavezzi 2001, p. 274.
Su Girolamo Ferri, Basinio da Parma e Teodoro Gaza, cfr. rispettiva-
mente DBI, 47, 1997, pp. 154-156; 7, 1965, pp. 89-99; 52, 1999, pp. 737-746.
lettere 117

17

[A Giuseppe Paganini]

13. Luglio. [1773]


Io mi trovo in un’aria felicissima, in un paese amenissimo, sopra
una collina, donde domino un interminabile orizzonte di pianure
e di montagne, in una compagnia piena di amicizia e di cordialità:
e nondimeno io sono il più infelice di tutti gli uomini. Tu ne indo-
vini la cagione. Ah per carità fammi il piacere di consegnar subito
l’inchiusa,1 per sollevare in parte il mio dolore lusingandomi la
fantasia. Salutami tua moglie, e D.na Paola. Scrivimi: e conta sopra
tutta la mia riconoscenza. Addio
Il tuo amico. P.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 4. Autografo; bifoglio di mm 173 × 220, scritto solo


sulla c. 1r, fino a metà pagina circa; senza indicazione del destinatario e
dell’anno, come tutte le lettere al Paganini.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 615. Reina 1801-1804, v, p. 176; Bello-


rini 1913-1915, ii, p. 200, lettera xl; Mazzoni 1925, p. 1016, lettera l.

Le lettere al dr. Paganini sono state da Bellorini e da Mazzoni accorpate


a parte, alla fine dell’epistolario, senza indicazione dell’anno, subito do-
po la lettera alla contessa Diodata Saluzzo Roero (che è del 1797).
Ziccardi 1935, pp. 206-207, avanzò l’ipotesi che si alludesse a France-
sca Castelbarco Simonetta. Foresti 1948, pp. 149-172, ha dimostrato in-
vece che si tratta di Teresa Mussi, amata dal Parini negli anni 1773-1774.
La prima lettera al Paganini è del 1773, mentre le altre quattro, successive,
sono del 1774 (8, 12, 25 settembre e 1 ottobre).
Giuseppe Paganini, nato nel 1728, medico dell’ospedale Santa Corona
di Milano, fu confidente del Parini nella vicenda con la Mussi, fungendo
anche da tramite nello scambio di lettere fra i due. All’ASMi alcune
lettere del Paganini riguardano un suo ricorso del 22 dicembre 1774
per ottenere una promozione alla carica di medico seniore dell’ospeda-

1 l’inchiusa: la lettera acclusa.


118 giuseppe parini
le S. Corona, per la quale avrebbe invano presentato ricorso il 22 dicem-
bre 1774 (cfr. Foresti 1948, pp. 155-156). Fu collocato a riposo nel 1798.
Parla di lui il Baretti, che lo ebbe come medico curante a Milano nel 1761-
1762 (cfr. Baretti 1936, lettera lxxiv del 4 agosto 1762; altri brevi cenni
alle pp. 155, 201, 223, 265).
Nella lettera del Parini dell’8 settembre da Cantù (nº 23), si fa riferi-
mento a Tommaso Bonsignori, nel 1774 segretario della Commissione
per la riforma dei libri scolastici (cfr. la testimonianza del Parini sull’atti-
vità svolta dal Bonsignori in seno alla commissione in Barbarisi-Bar-
tesaghi 2005, pp. 382-385): i saluti al Bonsignori e l’accenno alla causa per
la promozione al S. Corona sono gli indizi sui quali il Foresti ha fondato
la datazione di questo gruppo di lettere e l’identificazione della protago-
nista femminile (l’«amico», cui le successive lettere al Paganini fanno
insistentemente cenno, è da intendersi come «amica») in Teresa Mussi,
attrice probabilmente lombarda, della famiglia di Antonio Mussi, profes-
sore dell’Università di Pavia (cfr. la nota alla nº 51), celebrata in Milano
come fine dicitrice di versi e conosciuta dal Parini in occasione delle re-
cite che il conte Carlo Pertusati organizzava nel proprio palazzo. A lei il
Parini dedicò il frammento di epistola poetica La Bellezza del creato e da
lei sarebbero stati ispirati gli Scherzi, gli sciolti Viva cui piace in fra i tumulti
assorto (Mazzoni 1925, pp. 507-508, nº cci), alcune canzonette e, proba-
bilmente, i sonetti Che spettacol gentil, che vago oggetto e Più non invidio chi
vedralla ignuda? (Mazzoni 1925, p. 436, civ, e p. 437, cv). Ha segnalato la
genesi «sentimentale» degli Scherzi per primo il Reina, secondo il quale
essi sarebbero stati composti «ad istanza di Teresa Mussi amica tenera
dell’autore, e donna di cor patetico e gentile, e di forme leggiadre» (Rei-
na 1801-1804, ii, p. 229). Cfr. ora Biancardi 2002. Soprannominata «l’an-
tica forbice di Parigi» in un curioso elenco di dame milanesi intervenute
a una festa di ballo del 1791 (Giulini 1921, p. 255), Teresa Mussi si sposò
solo in età matura (cfr. Farina 1995, p. 783). Su di lei, e su altre amiche
del Parini, cfr. Ricaldone 2000.
Giuseppe De Necchi Aquila (Pavia 1745 - Milano 1800), trasferitosi gio-
vanissimo a Milano, ottenne l’incarico di poeta al Regio Teatro Ducale;
ai tempi della Repubblica Cisalpina ricoprì importanti mansioni a Pavia.
Protetto da personaggi influenti come la duchessa Serbelloni, il conte di
Castelbarco, Pietro Verri, il card. Durini e il Parini, fu autore di drammi
in musica, poemetti, orazioni e prose di vario genere. Tradusse le Odi di
Orazio; fondò e diresse il «Giornale letterario di Milano» (1786). In una
lettera a Giovan Battista Corniani del 12 giugno 1781, ai tempi della vi-
cenda del mancato elogio di Maria Teresa, riferì la testimonianza di un
non meglio precisato «dr. Paganino», «amicissimo di Parini»: verosimil-
mente il Paganini di questa e altre lettere pariniane, come suppone
anche Candiani 1988, p. 102. Sul De Necchi, cfr. Stella-Lavezzi 2001,
pp. 407-414.
lettere 119
Donna Paola è la Castiglioni (1751-1846), nata Litta Visconti Arese e
sposa del marchese Giuseppe Castiglioni dal 1769. Per lei il Parini com-
pose La recita dei versi, Il dono, O la tua stirpe egregia (ode incompiuta, in
Mazzoni 1925, p. 503) e i due sonetti Quand’io sto innanzi a que’ due lumi
bei e Le fresche ombre tranquille, i colli ameni (Mazzoni 1925, p. 375, xxxv e
p. 458, cxl). Cfr. Farina 1995, p. 633.
120 giuseppe parini

18

[Al conte Carlo Firmian]

Eccellenza
Ardisco di scrivere con mano incerta all’E. V. dal letto, in cui mi
trovo novamente malato di febbre terzana. La mia presente situa-
zione, oltre l’ordinaria cagionevolezza della mia salute, mi fa ora
sentir maggiormente il peso della mia ristretta fortuna; e ciò mi
dà occasione di pensare con maggior cautela all’età più avanzata.
Io ho sempre riconosciuto in V. E. l’autore spontaneo della mia,
qualunque sia, sorte presente:a e se io non la godo migliore, non
è certo dipenduto dal cuore troppo magnanimo dell’E. V., ma da
un certo mio stoicismo, e dalla conoscenza del poco mio merito,
che mi ha renduto o modesto, o meno attivo di quel che sarebbe
convenuto al mio bisogno. Che sarebbe di me quando mai il giro
delle cose umane portasse che V. E. dovesse felicitar colla sua pre-
senza altri paesi? Io mancherei di sostegno in quel tempo appunto
che più mi bisognerebbe, cioè nella mia vecchiezza. Stimo adun-
que prudenza di ricorrere ad un Padre, che finora per moto pro-
prio mi ha soccorso ed anche onorato,b rappresentandogli il mio
stato, acciocchè quando se ne dia l’occasione, si degni d’averne
quel riguardo, che dalla grandezza del suo animo gli verrà sugge-
rito. Io non ho altri beni in questo mondo, che lo stipendio di Pro-
fessore; e il piccolo Beneficio, che per la protezione di V. E. ottenni
l’anno passato.c Ma questo, contro l’intenzione di V. E. e contro
l’aspettazione mia, è riuscito così picciola cosa, che quasi mi ver-
gogno di dirle, che non rende più di cento sessanta lire, l’anno.
Dall’altra parte presentemente è caro ogni cosa: ho le prime ne-
cessità, a cui supplire: ho quelle che porta la mia poca salute; e
quelle finalmente in cui mi pone la mia comunque umilissima
condizione. Io non oserò suggerire a V. E. i mezzi con cui meglio-

a Il passo da Io ho sempre a presente è evidenziato da un tratto verticale a margine


sinistro.
b Stimo adunque … onorato è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro.
c
Io non ho … passato è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro.
lettere 121
rare la mia fortuna. Troppo bene Le verranno indicati dalla pene-
trazione della sua mente, renduta anche più perspicace dal suo
connaturale amore della beneficenza. Io ho l’onore d’esser cono-
sciuto dall’E. V.: ed Ella vedrà come ciò si possa meglio consegui-
re, o con un impiego migliore, o con un accrescimento d’impie-
ghi, o con qualche Beneficio o pensione ecclesiastica. Guardimi il
cielo che io avessi intenzione con quanto ardisco d’esporre a V. E.
d’importunarla oltre il rispetto, che le si deve. Io non desidero al-
tro perora, se non che questo foglio serva d’una memoria presen-
te all’E. V. in caso che Le si offerisse luogo di farmi sentire ulte-
riormente l’influenza della sua protezione. L’umanità, che V. E. si
è sempre degnata di dimostrarmi,a e quella massimamente, che
mi dimostrò pochi giorni sono, quando ebbi l’onore di presentar-
mele, sono il motivo, che oltre l’esposte mie circostanze, m’han-
no indotto alla temerità d’importunarla scrivendo; e a pregarla in
oltre di ritenere nel solo suo discretissimo cuore questi miei sen-
timenti. Chieggo all’E. V. umilmente perdono di quanto ho ardito
di fare: e sono con profondo rispetto
Di V. E. Mil.o 5. Dicembre 1773.
Umiliss.mo Serv.re
Giuseppe Parini

BNBMi, Aut. B vi 23/1. Autografo; bifoglio di mm 195 × 288, scritto sulle


cc. 1-2r-v solo sulla metà inferiore. Sulla c. 1r, in alto: «Eccellenza»; nel-
l’angolo a sinistra la scritta autografa «Abate Parini». La cartella Aut. B
vi 23 contiene anche una seconda lettera manoscritta del Parini al Fir-
mian, la nº 42: una nota archivistica segnala che i due autografi furono
acquistati nel 1907 da Luigi Battistelli; entrambi recano il timbro del col-
lezionista Damiano Muoni.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 614-616. Pubblicata per la prima volta


da Berlan 1865, p. 7. Bortolotti 1900, pp. 81-83; Bellorini 1913-1915,
ii, pp. 167-169, lettera x; Mazzoni 1925, pp. 995-996, lettera xi. Borto-
lotti, che la riprodusse dal Berlan, annotò (p. 83): «Questa lettera fu
copiata dagli autografi già posseduti dal fu Damiano Muoni, ufficiale
all’Archivio di Stato [scil. di Milano], e pubblicata nel 1866 [recte 1865]
dal prof. Francesco Berlan. Anche questa lettera dovrebbe far parte
dell’Archivio di Stato», ma all’ASMi non è reperibile, e Mazzoni, che la

a L’umanità … dimostrarmi è evidenziato da un tratto verticale a margine sinistro.


122 giuseppe parini
ricopiò dal Berlan, avvertì che nemmeno alla BAMi la lettera «né fu mai
né vi è» (p. 977).

Il beneficio a cui allude Parini era quello di San Colombano e Paolo in


Vaprio d’Adda, per ottenere il quale si era interessato il Firmian, che
aveva scritto al card. Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, la seguente
lettera di raccomandazione:
Il Sacerdote Giuseppe Parini, Lettore di Belle Lettere in queste Scuole Ca-
nobbiane, credendo valevole la mia interposizione di V. Em.za per riportare
qualche benefizio semplice di quegli lasciati dal defunto Canonico Sormani,
m’ha pregato di presentarle questa di lui supplica. Benchè sappia di non aver
io tanto merito per riportare grazie da V. Em.za, ad ogni modo facendo tutto
il fondamento sopra l’animo generoso dell’Em.za V., e per trattarsi di persona
di cui ne fo molto conto, m’avvanzo a pregarla di esaudirlo, che unirò questa
nuova obbligazione alle moltissime che le professo per comprovarmi in tutte
le occasioni quali col maggior rispetto, ed ossequio mi protesto […].
La lettera del Firmian è datata 18 febbraio 1772 (ASMi, Autografi Monti-
Parini, cart. 178, copia non autografa. In ASMi, Culto, Parte Antica, cart.
533 si trova invece la minuta, con numerose correzioni); non reperita la
supplica del Parini, che, comunque, ebbe buon esito: il beneficio venne
accordato con il decreto arcivescovile del 25 febbraio, seguito da placito
governativo del 17 luglio 1772. Il godimento effettivo del beneficio decor-
se dal 22 ottobre 1772.
Secondo l’inventario redatto alla morte del poeta (cfr. Vicinelli 1963,
pp. 268-269), il beneficio avrebbe dovuto rendere 240 lire, metà a Pasqua
e metà a San Martino; in realtà, in questa supplica al Firmian il Parini la-
mentava che non rendesse più di 160 lire complessive. Per altri benefici,
cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 717-719.
lettere 123

19

[A destinatario ignoto]

A. C.
Mil.º 30. Gen.º [1774]
Tu non potevi mai farmi un favore più grande, nè più sensibile,
che quello d’avermi donata e mantenuta per tanti anni la tua ami-
cizia. Vuoi tu farmene ora un altro non meno grande, nè meno
importante? Assisti con tutte le tue forze, e con tutte le tue ade-
renze, e in tutti i modi che ti è possibile, e che possono più giovare
il Sig. Giovanni Risi, che viene costì per farsi laureare. Fa tuo con-
to, che io tanto troverò grande il favore della tua amicizia, quanto
sarà grande l’assistenza, che presterai al mio raccomandato. Que-
sti è una delle persone che io più stimo ed amo per le qualità del
suo cuore, e per le obbligazioni, che gli ho. Poche sono le persone
che io conosca del suo carattere; e pochissime volte perciò mi
accade di raccomandare con tanto calore quanto fo adesso. Non
aggiungo di più; e lascio fare al tuo buon animo, e all’amor che
mi porti.
A rivederci presto. Addio.
Il tuo Parini.

PMLNY, Dept. of Literary and Historical Manuscripts, Misc. Italian, Id.


125374, MA 1346-216. Autografo; monofoglio di mm 225 × 338. Provenien-
za: dalla collezione del pittore e bibliofilo londinese Charles Fairfax
Murray (1849-1919).

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 617. Pubblicata per la prima volta da


Isella 1985a.

La lettera viene datata al 1774, perché Giovanni Risi conseguì la laurea in


legge all’Università di Pavia il 9 febbraio di quell’anno (cfr. Zorzoli
1980, pp. 79 e 449). Giovanni era fratello dell’avvocato fiscale Paolo Risi,
citato dal Parini nel celebre capitolo al canonico Candido Agudio, Cano-
nico, voi siete il padre mio (v. 58; Mazzoni 1925, pp. 442-444), e autore delle
Animadversiones ad criminalem iurisprudentiam pertinentes; presso di lui il
124 giuseppe parini
Parini abitò per circa un decennio. Paolo Risi viene nominato anche nel-
la postilla autografa posta dal Parini alla fine dello stesso capitolo (BAMi,
S. P. ii. 3, p. 67): «Canonico carissimo, non lasciate di farmi oggi questa
grazia per amor di Dio perchè sono senza un quattrino, e ho mille cose
da pagare. Verso le 23 e mezzo io anderò a casa Riso [scil. Risi], e spero
che m’avrete consolato. Non mostrate a nessuno la mia miseria descritta
in questo foglio. Il vostro Parini, che vi è debitore di quanto ha». Per
Paolo Risi, cfr. anche la lettera che egli indirizzò al Beccaria l’11 giugno
1769 (Beccaria 1984, pp. 61-62). In ASMi, Studi, Parte Antica, Università
di Pavia, cart. 376, alcuni documenti riguardano Paolo Risi e la bocciatu-
ra, da parte del Kaunitz, della proposta di affidargli l’insegnamento del
Diritto a Pavia. Per Giovanni Risi, cfr. la lettera del Parini trasmessa al
Greppi tramite Teresa Angiolini (lettera 39 e relativa nota). Padre dei due
è Girolamo, che, in qualità di notaio, prestò assistenza al Parini nella ver-
tenza per entrare in possesso dell’eredità dello zio (cfr. il promemoria del
Parini trasmesso alla Giunta Economale il 26 luglio 1771 dal vicario della
Martesana: Barbarisi-Bartesaghi 2005, ix.2, pp. 707-711 e 716-717).
lettere 125

20

[Al principe Sigismondo Chigi]


[gennaio-febbraio 1774]

Io non ho ritenuto veruna copia di quei versi, che feci pochi


giorni sono di commissione di V. S. Ill.ma e desiderando io di pure
averne una per la singolarità del fatto: così priego la V. S. Ill.ma di
restituirmi quella che io le mandai scritta di mia mano. Spero che
V. S. Ill.ma non mi negherà questo favore: e sono col maggior
ossequio

BAMi, S. P. 6/1 ii. 3, p. 27. Minuta autografa priva di data, intestazione,


firma e indicazione del destinatario; due bifogli sciolti di mm. 200 × 290,
inseriti l’uno nell’altro e numerati 23-30. Sulla p. 23 in alto a destra l’an-
notazione «dell’ab. Parini scritte di suo carattere».

Pubblicata per la prima e unica volta da Mazzoni 1925, p. 265, nota 4 (in
calce al testo della Cantata, pp. 265-267).

Oltre alla lettera, i due bifogli contengono due trascrizioni della medesi-
ma Cantata pariniana (inc. «Qual prodigio fia mai?»): la prima, in pulito,
alle pp. 23-24; la seconda in scrittura più corsiva e con correzioni; bianche
le pp. 28-30.
La Cantata è datata 1773 nell’apografo ambrosiano iii 8, pp. 41-42 (di
mano di Agostino Gambarelli), mentre Reina 1801-1804, iii, pp. 247-249,
la assegna al 1774, valendosi delle informazioni ricevute dal segretario
della Società Patriotica, Carlo Amoretti, nella lettera di accompagna-
mento dell’autografo:
Di Casa 3 Maggio 1801. V.I.
Amoretti saluta il C. Avv.º Reina, e quì compiegata gli manda la Cantata ori-
ginale composta da Parini a richiesta del fu Principe Chigi pel gran Ballo che
diede in Casa Imbonati a S. Fedele nel Carnevale del 1774. coll’intervento de’
RR. Arciduchi ai quali la Cantata allude.
Non fu messa in musica, perché il Maestro di Cappella Sig. Colla, marito
della così detta Bastardina, che dovea cantarla, pretendea che il poeta can-
giasse le arie, per la qualità, e quantità de’ versi, e le collocasse ove a Lui pia-
cea; e Parini non era poeta da servire ai capricci d’un maestro di cappella.
126 giuseppe parini
Riguardo all’elogio di Dadda, Amoretti l’ha chiesto al Segret.º Alfieri, che
gli rispose di non sapere d’averlo, ma che l’avrebbe cercato. Sinora non gli
ha dato riscontro. È probabile che trovisi nell’Archivio della Società Patrio-
tica; e se, quando il Cav. Reina avrà il permesso d’andarvi, vorrà un compa-
gno che l’aiuti a cercarlo, lo scrivente s’offre ad esser seco.
La lettera dell’Amoretti si trova in BAMi, S. P. 6/5 xii. 4, p. 18, vergata su
bifoglio di mm 142 × 200 scritto solo sulla prima facciata e numerato 18
sul primo recto, dove appunto è il testo della lettera.
Su Sigismondo Chigi (Roma 1736 - Padova 1793), principe di Campa-
gnano, letterato e mecenate, dedicatario dei famosi sciolti di Vincenzo
Monti (1783), giudicato a ragione «persona interessante per le sue singo-
larità» da Alessandro Verri (lettera al fratello Pietro del 2.ii.1774: Verri
1910-1942, vi, nº cci, p. 177), cfr. DBI, 24, 1980, pp. 755-758. Rimasto vedovo
di Flaminia Odescalchi nel 1771, il Chigi si era portato a Milano, dove eb-
be presto modo di consolarsi dei lutti familiari in avventure galanti.
Il ballo si tenne la sera del 13 febbraio 1774 nel palazzo Imbonati a S.
Fedele, già sede dell’Accademia dei Trasformati. Della festa, «riuscita ve-
ramente magnifica» (pare che il Chigi vi spendesse circa «sei mila zecchi-
ni»), dà una dettagliata «relazione» Pietro Verri in lettera al fratello Ales-
sandro del 16 febbraio 1774: vi si legge fra l’altro, a conferma delle notizie
dell’Amoretti, che vi intervennero, per «fare una sorpresa, che già era
nota, l’Arciduca, l’Arciduchessa», cioè i coniugi (dal 1771) Ferdinando
d’Austria e Maria Beatrice, «il duca di Modena, il duca e la duchessa di
Cumberland ecc.», e che «al partire della cena si ritrovò nella sala del bal-
lo la Aguiari, detta la Bastardina, che è la prima donna del Teatro, da cui
fu cantata la poesia» (Verri 1910-1942, vi, nº ccviii, pp. 182-184: 183).
Quest’ultima è l’acclamata virtuosa Lucrezia Aguiari (Ferrara 1747? - Par-
ma 1783), celebrata anche da Mozart per l’eccezionale estensione e agili-
tà della voce, la quale, dopo il suo rientro definitivo da Londra (1780), di-
venne moglie del cembalista e compositore Giuseppe Colla, nelle cui
opere aveva cantato come primadonna fin dal Vologeso re dei Parti (1770).
Sul Colla (Parma 1731 [ma 1739 secondo Vetro 2010, p. 64] - 1806), già a
servizio del duca di Parma dal 1766, cfr. DBI, 26, 1982, pp. 766-768, donde
risulta che già il 31 dicembre 1762 il Regio Ducal Teatro di Milano ne ave-
va dato l’Adriano in Siria; un altro dramma musicale del Colla, Il Tolomeo,
fu rappresentato al Regio Ducal Teatro a ridosso del ballo del Chigi, il
26 dicembre 1773, giorno d’apertura della stagione di carnevale 1774 (cfr.
Vetro 2010, p. 102). Sulla Aguiari, meglio che la voce del DBI, cfr. Vetro
2010, che tace dell’esibizione in casa Imbonati, ma a p. 103 ricorda come
la cantante, a Milano, interpretasse nel gennaio del 1774 anche l’Androme-
da di Giovanni Paisiello e si distinguesse nell’eseguire una cantata del
Colla in una sontuosa accademia tenutasi nel palazzo del conte Tomma-
so Marini. Per la Aguiari, che aveva udita a Pavia nel 1776, scrisse versi an-
lettere 127
che il card. Angelo Maria Durini, il mecenate e corrispondente del Parini
(cfr. ivi, pp. 115-118 e 143-144).
La destinazione della cantata pariniana al ballo del Chigi e il fatto che
il Parini, nella lettera, ne parli come di «versi» da lui composti «pochi
giorni sono» impongono di pensare, per la missiva in questione, a una
data anteriore al 13 febbraio 1774. Quanto al terminus a quo, va considerato
il largo anticipo con cui si procedette ai preparativi della festa, iniziati
grosso modo all’inizio della seconda decade di gennaio, dacché Pietro Ver-
ri, scrivendo il 9 febbraio al fratello Alessandro, dice il «divertimento»
«preveduto un mese prima» (Verri 1910-1942, vi, nº cciv, p. 180).
128 giuseppe parini

21

[A Giuseppe Paganini]

A. C.
9. Agosto. [1774]
Rovagnate.
Saluto te e tua moglie. Desidero che stiate bene come sto anch’io.
Se saluterai in mio nome anche la Tognina, il Bellati, il Pietrino,
l’Avv.o Casali etc., mi farai grande piacere. Saprai a quest’ora che
sono senza servitore; fa il possibile di trovarmene uno. Tu sai il
mio gusto e i miei bisogni. Se fosse maritato, nè vecchio, nè brut-
to, tanto meglio. Nondimeno comunque, purchè sia buono. Qua-
lor ti capiti, fissalo anche subito, se ciò bisogna. In somma fa tu.
Io resto qui sino al principio del mese venturo. Ingrasso, ringiova-
nisco, divento bello, che è una meraviglia. Addio.
Tutto tuo.
Il Parini.

P. S. In caso che tu mi scriva, fa avere le lettere in casa del Segret.o


Corti, donde mi saranno spedite.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 11. Autografo; bifoglio di mm 178 × 250, scritto solo sul-
la c. 1r. La c. 2v, mutila, conserva un segno di ceralacca e la sola parte si-
nistra dell’indirizzo:
All’Ill.mo Sign.
Il Sig.r D.r Gius<…>
Nella Contrada <…>
Milano.
Manca indicazione dell’anno (1774, secondo Foresti 1948, p. 156).

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 617; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 200-


201, lettera xli, che la pubblicò per la prima volta; Mazzoni 1925, pp.
1016-1017, lettera li.

Del «segretario Corti», ossia Ilario Corte (1723-1786), uomo di fiducia del
Parini, proprietario di un «casino» a Rovagnate, parla anche don Giusep-
lettere 129
pe Croce nella postilla inserita nella lettera dell’11 aprile 1771 (cfr. lettera
14 e relativa nota). Il Corte, archivista e poi segretario del Senato, intimo
amico, fino al 1770, di Pietro Verri, cui fornì i materiali per le Considera-
zioni sul commercio dello Stato di Milano, fu chiamato a Vienna nel 1767 per
riordinare l’archivio del Dipartimento d’Italia. Nel 1769, tornato a Mila-
no, divenne segretario della Deputazione agli Studi. Su di lui cfr. Gaspa-
ri 1980, pp. 729-732; e cfr. altresì la nota alle pp. 462-463 di Beccaria 1984,
e Siboni 2004.
Francesco Bellati (1749/50-1819) pubblicò nel 1773 la traduzione in mi-
lanese del primo canto dell’Orlando Furioso. Nel 1790 tradusse in dialetto
milanese l’ode pariniana A Silvia, per invito diretto dell’arciduca Ferdi-
nando. Fu segretario della regia Camera dei Conti e poi direttore del
Censo a Milano. Su di lui, cfr. Isella 1999a, pp. 120-121.
Problematica l’identificazione delle altre persone citate.
130 giuseppe parini

22

[Ad Angelo Mazza]

Ill.mo Sig.re Prof. Col.mo.


Io sono reo presso di V. S. Ill.ma d’un tale eccesso d’inciviltà, che
non potrò mai farmene bastevoli rimproveri, e così grande mi
sembra la mia colpa che non so addurre scusa che mi vaglia. Tut-
tavia mi chiamerei fortunatissimo se Ella volesse usar meco tanto
della sua bontà da attribuire parte del mio fallo a due malattie fi-
siche, le quali ho notoriamente avuto questo inverno, e ad una
malattia di spirito, a cui, per motivi segreti al mio cuore, sono fre-
quentemente soggetto. Io conosceva già e per fama e per produ-
zioni sue il merito di V. S. Ill.ma nelle cose letterarie, ma la bontà
ch’Ella ha avuto di farmi il prezioso regalo delle sue opere, e d’in-
dirizzarsi a me per consiglio, mi ha fatto pienamente conoscere la
straordinaria gentilezza e modestia insieme dell’animo suo. Dopo
una così condannevole dimenticanza, non meriterò fede presso di
Lei, se Le dirò che uno de’ motivi della mia dilazione è stato il
disegno che avevo di ragionar seco a lungo di cose poetiche, in oc-
casione degli scritti ch’Ella s’è compiaciuta di mandarmi.
Ma che importa se avendo anche un motivo di più, io non ne ho
poi fatto nulla, e non ho che aggravato la mia colpa? Questa mia
ingenua ed ampla confessione spero che, se non altro, potrà meri-
tarmi qualche perdono presso di Lei: e la mia maggior diligenza e
buona creanza in avvenire spero che in parte mi giustificherà so-
pra la mia passata accidentale condotta. Ella mi faccia pur l’onore
di mandarmi il suo Poema sopra il Bello, che con quella occasione
sfogherò ben volentieri le mie qualunque siano idee poetiche con
una mente come la sua, fatta singolarmente per ben giudicare.
Un cavalier Torinese, di cui non mi ricordo il cognome, e il
quale venne a trovarmi due anni sono, mi fece sentire alcuni versi
abbastanza pregevoli di una sua composizione sopra lo stesso
argomento. Godrò di vedere due begl’ingegni italiani gareggiare
sopra una materia così poetica insieme e filosofica.
Per amor di Dio, m’assicuri Ella d’avermi perdonato la quasi
mia villania, coll’onorarmi della sua confidenza; e si persuada
lettere 131
ch’Ella troverà in me, se non un giudice abbastanza illuminato,
almeno un amico sincero e zelante; il quale sarà sollecito di can-
cellar dall’animo di Lei la cattiva impressione che vi potesse aver
fatto la passata sua trascuraggine. Continui ad onorare l’Italia col-
le sue nobili produzioni; e creda questi miei sentimenti dettati da
quella stessa sincerità, colla quale ho l’onore di protestarmi
di V. S. Ill.ma
dev.mo obb.mo serv.re
Giuseppe Parini.
Milano, 14 agosto 1774.

Autografo non rintracciato.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 618-619. Pubblicata per la prima volta


da Micheli 1905, pp. 5-6. L’autografo non è reperibile nel Fondo Miche-
li-Mariotti della BPPr (già esaminato scrupolosamente da William Spag-
giari e ora riesaminato dai curatori), dove è conservata la collezione di
lettere indirizzate ad Angelo Mazza dai vari corrispondenti. Mazzoni
1925, pp. 996-997, lettera xiii, segue Micheli 1905.

L’accenno del Parini a «una malattia dello spirito» riconduce alla vicenda
sentimentale con Teresa Mussi (cfr. nota alla lettera 17, e le lettere 25, 26,
28). Il poema sopra il bello, di cui il Parini gradisce l’invio, indica il Poe-
metto sul bello armonico, cominciato nel 1773, rimasto interrotto e inedito
fino alla pubblicazione in Mazza 1816-1819, iii, p. 165.
Potrebbe essere indirizzata al Parini la seguente lettera del Mazza,
conservata in ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 105, e recante in alto a sini-
stra l’indicazione: «1793. 28 agosto. Parma»:
Dall’Ill.ma Amarilli mi era stato prenunciato l’atto cortese che V. S. Ill.ma vo-
leva meco usare presentandomi le sue Odi, e a Lei palesai quanto io avessi
prezioso questo dono. Ora colla gentilissima sua de’ 23 cor. Ella si è compia-
ciuta d’inviarmele, e non differisco ad attestare la mia viva riconoscenza e
renderle le più distinte grazie. Io assaporirò con tutto il piacere le bellezze
di questa sua Poesia, e sono sicuro che vi ravviserò quel merito sublime
nell’autore che la sua modestia non gli lascia conoscere. La prego di favorir-
mi le cagioni di comprovarle coi fatti li sentimenti della chiara stima e con-
fidenza con cui mi pregio di protestarmi […].
Si tratterebbe delle Odi dell’abate G. P. già divolgate a cura del discepolo
Agostino Gambarelli, stampate nel 1791 presso G. Marelli. La Bandettini
(per la quale cfr. lettera 59 e relativa nota) proveniva da Milano, dove ave-
va appena conosciuto il Parini; a lei il Mazza dedicò un’ode in quello stes-
132 giuseppe parini
so 1793: Alla signora Teresa Bandettini che invitò l’autore a comporre per la na-
scita del secondogenito del Marchese Lanfranco Cortesi l’anno 1793.
Su Angelo Mazza (1741-1817), oltre alla voce del DBI, 72, 2009, pp. 476-
480, cfr. Cappelletti 2009.
Il cavaliere torinese incontrato dal Parini nel 1772 è Gaetano Emanuele
Bava, conte di S. Paolo (Fossano, Cuneo, 1737-1829), che compì un viag-
gio di studio in varie città d’Italia dal 1772 al 1776. Amico di Gian France-
sco Galeani Napione, Carlo Denina e Vittorio Alfieri, fondò l’Accademia
Fossanese e fu autore di componimenti poetici, tra cui Il bello e il bello vi-
sibile (pubblicato in Poemetti italiani, Torino, Pane e Barberis, 1797), cui fa
riferimento il Parini. Su di lui, cfr. Pagliero 1991, ii, pp. 605-612. L’iden-
tificazione si basa sulla lettera di Angelo Mazza del 12 maggio 1772 a Mel-
chiorre Cesarotti, in cui gli annuncia: «Il Conte di San Paolo Cavaliere
Torinese […] si recherà a Venezia e a Padova […]. Esso è impaziente di
conoscervi di persona, come vi onora altamente per fama» (in Cesarot-
ti 1811-1813, xxxv, p. 226; ivi, xl, in data 17 maggio 1772, la risposta del
Cesarotti).
lettere 133

23

[A Giuseppe Paganini]

C. A.
Cantù. 8. 7.bre [1774]
Nell’atto che io era per iscriverti con un’occasione, che parte di-
mani, ricevo la graziosissima tua; e mi riesce graditissimo anche
l’essere stato prevenuto. Veggo da ciò quanta sia la sollecitudine
della tua amicizia; e te ne sono obbligato col più vivo del cuore. La
mia salute non è peranco ristabilita punto: e benchè non mi sia tor-
nata la febbre, io soffro però cotidianamente gl’incomodi che sof-
frivo a Milano con flati quasi continovi,1 che non mi lasciano risve-
gliar l’appetito, che mi producono un ingombramento nojoso di
capo; e mi rendono bene spesso gravoso a me medesimo. Io pas-
seggio; io vo spesso a cavallo; io non mangio altri frutti che una so-
la pesca al pranzo; io piglio interrottamente la china; io mastico
ogni mattina delle bacche di ginepro, suggeritemi dalla lettura che
qui ho fatta delle Opere di Tissot; ma tutto questo finora non mi
produce nessun sensibile vantaggio. Le forze per altro mi pare che
vadano acquistando qualche cosa, benchè assai lentamente. Spero
nel tempo, nell’aria, e nella tranquillità dello spirito, che procuro
ad ogni costo di guadagnarmi. Cantù è un bel paese, ma incomo-
dissimo per passeggiare e per cavalcare. Le donne sono il diavolo:
e se fossi anche sano vigoroso e di buon umore, non ci sarebbe pe-
ricolo che io facessi la menoma infedeltà alla Sig.ra Teresina; della
qual cosa ella sarà contentissima. Fui l’altro giorno a Monsorè,
uno de’ luoghi più deliziosi che io abbia mai visto. Credimi che io
ho desiderato la tua dolcissima compagnia massimamente quel
giorno. Oh quanto ci staremmo noi bene con un numero d’amici,
radunativi, non dalla vanità e dall’ambizione, ma dalla benevolen-
za e dall’amore! Perchè non ho io la mente libera per descriverlo
proporzionatamente alla sensazione che mi ha fatto?
Ho ricevuto colla tua lettera anche l’acclusa. Non so esprimerti
quanto io sia obbligato a chi l’ha scritta. Bisognerebbe essere il

1 flati quasi continovi: flatulenze gastriche quasi continue.


134 giuseppe parini
più caparbio, anzi il più ribaldo degli uomini a non credere che
l’espressioni in essa contenute non provengano da un cuore sin-
cerissimo e sensibilissimo. Ti priego efficacemente di farne i miei
ringraziamenti a chi si deve col massimo calore della tua eloquen-
za, per così esprimere almeno in parte la forza della mia soddisfa-
zione, e della mia riconoscenza. Gli farai scusa se per ora non gli
scrivo, perchè la sua lett.a mi ha messo il cuore e la mente troppo
in tumulto; e dall’altra parte non mi resta tempo di scriver come
vorrei per la presente occasione. Gli consegnerai nondimeno l’ac-
clusa, la quale non consiste, che in puri complimenti ostensibili.
Stanotte mi sognai che il soggetto1 di cui parlo era morto, e che
io lo vedeva in questo stato. A tal proposito raccomando con tutto
l’animo a te e a lui la sua salute. Gli dirai che la mia lontananza
era necessaria per esso e per me; e che questa non pregiudicherà
punto nell’animo mio a quella veemenza di affetti che ho, e che
debba avere per lui. Tosto che mi si presenterà altro mezzo, gli
confermerò io stesso per lettera questi sentimenti: ma frattanto
raccomando di nuovo a te e a lui la sua salute; e ti priego di dar-
mene nuova sinceramente.
La persona, che ti recherà questa mia si fermerà a Mil.o per
qualche giorni; onde se ti piacerà; e se non ti sarà di grave inco-
modo potrai scrivermi per mezzo suo. L’amicizia che io avevo per
te e per tua moglie, sebbene non consistesse che in sterili senti-
menti dell’animo era però a un grado singolare. Ma ora è essa cre-
sciuta a dismisura in occasione delle tante gentilezze, parzialità,
ed assistenze usatemi nella mia malattia; e che la presente divisio-
ne mi suggerisce e rappresenta più al vivo di quel che facesse la
consuetudine del vivere insieme. Caro amico, assicurati, che io
non dimenticherò mai quanto io sia debitore a te e a tua moglie.
Voglio star lontano da Mil.o; e non ostante vorrei esserci anche per
tuo riguardo. Salutami caramente la Sig.ra Teresina, D.n Alessan-
dro, e Bonsignori. Addio.
Il mio gentilissimo albergatore ti ricambia cordialmente i salu-
ti. Se tu vedi l’Ab.e Passeroni fagli i miei più cordiali saluti, ringra-
ziamenti etc. etc. e digli che quanto prima gli scriverò.
Il tuo Parini.

1 il soggetto: la donna.
lettere 135

BAMi, S. P. 6/5 xi. 13. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto sulle
cc. 1r-v e 2r. Manca l’indicazione del destinatario e dell’anno; secondo
Foresti 1948, p. 156, è del 1774.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 676-677. Bellorini 1913-1915, ii, pp.


201-203, lettera xlii, che la pubblica per la prima volta; Mazzoni 1925,
pp. 1017-1018, lettera lii.

Foresti 1848, p. 157n, riporta il passo dell’Avis di Tissot, individuato co-


me fonte della terapia cui il Parini si sottoponeva per curare i disturbi di
cui soffriva: «Dans les endroits où la nature de l’air rend ces fievres fre-
quentes, l’on doit bruler souvent, dans les chambres, surtout dans celles
où l’on couche, quelques herbes ou quelques bois aromatiques; mâcher
tous les jours de grains de genievre, & employer, pour boisson, une in-
fusion fermentée de cette même graine» (Tissot 1761, § 242, p. 296). Sa-
muel-Auguste-André-David Tissot (Grancy, Vaud, 1728 - Losanna 1797)
fu il primo a introdurre nella sua regione d’origine l’inoculazione anti-
vaiolosa; amico di Rousseau e medico privato del Firmian, insegnò Me-
dicina Pratica all’Università di Pavia dal 1781 al 1783 e compose anche un
trattato sulla salute degli uomini di lettere.
Dei suoi disturbi digestivi il Parini parla anche nella lettera ad Angelo
Mazza del 14 agosto 1774, e nella lettera al Greppi del 17 agosto 1775 elogia
l’«ottima china» che gli aveva mandata (cfr. lettere 26 e 27). Il Parini in-
tendeva celebrare i benefici della china in un’ode, rimasta però incom-
piuta: Oh corteccia possente (Mazzoni 1925, p. 505).
Sul Tissot, cfr. Memorie 1878, pp. 223-227; Stella-Lavezzi 2001, pp.
280-286.
Gian Carlo Passeroni (Condomine, Nizza, 1713 - Milano 1803), accade-
mico Trasformato, trascorse quasi tutta la sua lunga vita a Milano. Au-
tore del Cicerone, satira di costume edita tra il 1755 e il 1774, compose sette
volumi di favole esopiane, pubblicate fra il 1779 e il 1788. A lui il Parini ri-
volse i versi sciolti O meco infin da gli anni miei più verdi (Mazzoni 1925,
p. 514, componimento ccviii, incompiuto) e gli dedicò i vv. 43-48 di La
recita dei versi. Cfr. Caretti 1951, pp. 763-782, che colloca il Passeroni tra
i poeti satirici; Maier 1959, pp. 380-389.
Monsoré (Montesolaro) è un paesino collinare nei pressi di Cantù. Ne
parla anche Gian Rinaldo Carli nella lettera del 3 settembre 1767 al Kau-
nitz: cfr. Marcelli 1955-1956, p. 571.
Il «numero d’amici» alieni «dalla vanità e dall’ambizione» rivivrà in
poesia nello «stuol d’amici numerato e casto» che «lieto deride» la «splen-
dida turba» e il «vano fasto» (Alla Musa, vv. 25-28; a sua volta «antitetico
allo stuol de’ clienti della Caduta, 54»: Ebani 2010, p. 280n).
136 giuseppe parini

24

[A Giuseppe Paganini]

C. A. 12. 7.bre [1774]


Fra poco tempo non avrò più il piacere nè meno di trattenermi
teco per lett.e, perchè tu sarai così lontano che io non saprò come
diriggertele. Però frattanto che tu sei in città non voglio perder
l’occasione di scriverti, nè di meritarmi tue risposte, le quali mi
serviranno di qualche sollievo nella più critica circostanza, in cui
mi sia mai trovato. Un uomo, che o per sua colpa o senza, sia in-
volto in qualche calamità, non si può dir pienamente infelice fin-
chè gli resta un amico, con cui liberamente sfogare il suo dolore;
un amico, che venga egli medesimo a raccogliere la ridondanza
del nostro affanno; un amico, che compatisce ciò che è proprio
dell’uomo e di certi caratteri; un amico che non ha la sciocca cru-
deltà di rimproverarci, e di darci delle lezioni morali giusto in
mezzo all’alterazionea maggiore del nostro spirito. Un tale amico
sei tu caro Paganini; ed io trovo pure il conforto di potermi a te
mostrare qual sono nella mia fiera situazione. Crederesti tu che
nè la lontananza, nè gli oggetti della campagna, che soglion farmi
tanta impressione, non mi posson punto distrarre dal pensier tor-
mentoso, che ho meco portato dalla Cittab? Crederesti tu che mil-
le volte mi sento violentato a ritornare; e che mille volte violento
me medesimo a non lo fare? Ma parliamo d’altro. M’immagino
che tu ora comincerai a dar le tue disposizioni per la villeggiatura.
Felice te, se tu vi potrai andare scompagnato dalle idee, che mi ci
hanno accompagnato me! A buon conto io ti auguro ogni sorta di
divertimento, e modo di procurarteli; e chi sa che il mio animo
non si disponesse di venirti a trovare almeno per pochi giorni? Per
altro non assicuro niente, perchè io non so quel ch’io mi voglia,
quel ch’io mi faccia, nè quel che debba esser di me. Desidererei di
sapere, se tu hai ulteriori nuove del tuo affare di Vienna, che mi
possano esser grate. A questo proposito ti priego anche d’un pia-
cere, cioè di vedere alla Posta grande, se maic ci fosser lett.e per

c
a Cassato morale. b Sic nel ms. Cassato non.
lettere 137
me e trasmettermele, perchè io ne aspetto da Angiolini. Ti priego
ancora, se tu hai nuove di quelle che tu credi che mi possano in-
teressare, di farmene cenno. Io cerco tutti i mezzi di potermi di-
strarre, e ogni cosa può esser buona a farmi guadagnar qualche
momento. Sono due o tre giorni che la mia salute va meglio; onde
vo sperando di potermi col beneficio di quest’aria ristabilire,
quando io ottenga dia mettere un po’ più in calma il mio spirito.
Ma per ottener questo bisognerebbe o non ricevere o non leggere
le carte, che mi vengono per mezzo tuo. Questo però non è pos-
sibile perchè, se non altro, il dovere e la gratitudine mi obbligano
ed a ricevere ed a rispondere. Qui troverai una acchiusab, che ti
priego di consegnare occultamente al noto soggetto.1 In tanto io
mi valgo di te, perchè la necessità a ciò mi obbliga, oltre la tua
amichevole esibizione. Per altro, ti avvertisco sinceramente, che
se mai, per qualsivoglia delicatezza, quest’opera ti rincrescesse, io
sospenderò di più oltre incomodarti a tal riguardo. Tu mi farai un
piacer sensibile se mi darai nuove della salute del soggetto mede-
simo; e se mi dirai sinceramente quale ti sembri per rapporto a
me.2 Già il mio male non può esser più grave di quel che è: e una
verità saputa potrebbe forse animarmi a profittar delle circostan-
ze per iscuotere il giogo. So quanto sei delicato, e quanto mi ami.
Però non dubito, che fossi mai per iscrivermi cosa o ingiustamen-
te lusinghevole per me, o ingiustamente d’aggravio all’altra per-
sona. Solo ti avviso, per tutta l’amicizia, che hai per me, di non
toccarmi nemmeno per ombra nulla, che riguardi il vicino esito
di questo maladetto affare. Scusa, ti priego con quella conoscenza
del mondoc e con quella umanità, che tu hai i vaneggiamenti d’un
tuo amico. Salutami di tutto cuore la Sig.ra Teresina; e fa i miei
complimenti a D.n Alessandro, ed all’Ab.e Bonsignori. Procura di
star sano; ed amami come fai. Addio.
Il tuo P.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 3. Autografo; bifoglio di mm 183 × 248, scritto fino a


metà della c. 2v.

c
a Cassato poter. b Corretto su acclusa. Cassato che tu hai.

1 soggetto: la donna amata. 2 per rapporto a me: nei miei confronti.


138 giuseppe parini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 621-622. Reina 1801-1804, iv, pp. 172-


175; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 203-205, lettera xliii; Mazzoni 1925, pp.
1918-1019, lettera liii.

Per l’«affare» di cui Paganini aspettava notizie da Vienna, e anche per


Bonsignori, cfr. la nota alla lettera 17.
Gaspare Angiolini (Firenze 1731 - Milano 1803), danzatore e interprete
di balli da lui stesso allestiti, ottenne l’apprezzamento del Metastasio per
Le départ d’Enée ou Didon abandonnée. Compose il Don Jouan ou Le festin de
pierre e collaborò con Gluck e Calzabigi alla riforma dell’opera in musi-
ca. Nel 1774 fu a Vienna per un breve periodo, dopo la chiusura della sta-
gione del Real Ducal Teatro di Milano. I cenni all’Angiolini in questa let-
tera confermano la datazione del 1774 proposta da Foresti 1948, p. 156.
Nella disputa intercorsa tra Angiolini e Noverre sul ballo pantomimo,
il Parini parteggiò per l’Angiolini: sull’argomento, cfr. Candiani 1989,
pp. 91-122; Lombardi 1998; Lombardi 2000; Rosini 2000, pp. 257-314;
Verri 2004, pp. 595-664.
Su Teresa Angiolini Fogliazzi cfr. la nota alla lettera 5.
lettere 139

25

[A Giuseppe Paganini]

25 7.bre [1774]
C. A.
Con tutta la cordialità ringrazio te e tua moglie della graziosa
premura in cui vivete della mia salute. Non ho replicato alla tua
del 18 perchè le cose, che in essa mi scrivesti dell’amico, mi posero
in tal sospetto e turbamento, che mi tolsero e la voglia e la libertà
del pensare; e mi fecero risolvere d’aspettare altre lett.e o tue o
dell’amico stesso, colle quali speravo d’essere schiarito. Ma con
mia sorpresa l’ultima tua del 22 mi conferma anzi ne’ medesimi
sospetti, ed accresce l’agitazione del mio spirito. Perdonami se in
questa mia parlerò più delle relazioni che ho con altri, che di quel-
le che ho teco. Non potrei fare altrimenti nello stato in cui mi tro-
vo: e dall’altra parte credo che sia un coltivare la nostra amicizia
il depositar, come fo, nel tuo solo cuore e nella sola tua fede i se-
greti più grandi e più intimi dell’animo mio. Io non so quel ch’io
mi pensi dell’estrema malinconia, di cui mi parli nella tua del 18:
come parimenti della rigorosa custodia, in cui vive l’amico. La no-
vità di questo, e la circostanza che tu rilevi nella P. S., cioè che
quando tu gli consegnasti l’ultima mia, non ti parve che vi fosser tan-
ti torbidi, mi fa dubitar con tutto il fondamento che non gli sia sta-
ta sorpresa la mia lett.a, oppure qualche risposta, ch’egli mi pre-
parasse. Questo è quello che mi ha tenuto e mi tiene tuttavia nella
più grande agitazione, ch’io possa esprimerti. Vedo dalla premu-
ra, che ti sei fatto di rilevar nella P. S. l’accennata circostanza,
vedo, io dico, che tu avevi qualche notizia, o che almeno avevi lo
stesso sospetto che io. Temo che l’amico non abbia fatta qualche
imprudenza e che si sia vergognato di comunicarla a te. Dubito
anche che te l’abbia comunicata; e che tu ti guardi dal parlarmene
per non affliggermi maggiormente. Talvolta, non ostante le forti
e replicate dimostrazioni dell’amico, sono costretto a fargli il tor-
to d’immaginarmi qualche suo sutterfugio. In somma il mio spi-
rito e il mio cuore sono stati finora, e sono nel maggior tumulto,
e nello stato più penoso e violento, che io abbia provato mai. Deh,
140 giuseppe parini
in nome dell’amicizia che hai per me e della perfetta conoscenza,
che io ne ho, ti scongiuro di fare il possibile per sincerarmi su que-
sto affare. Qualunque sia la cosa, levami in ogni modo dall’orribi-
le incertezza, in cui vivo.
La natura mi ha disposto a dei sentimenti, che mi dovevan ren-
der perpetuamente infelice: ed io son così debole, che non ho mai
saputo far uso della ragione per domarli, o almeno per moderarli.
Sa il cielo quali sforzi ho fatto per allontanarmi questo poco tem-
po: e la mia fatalità vuole che anche nel mio ritiro venga il diavolo
a perseguitarmi. Com’è possibile, che la vecchia, che dianzi era
tutta mia,1 voglia perseguitar l’amico a mio riguardo, ora che so-
no assente, come è possibile ciò, se non fosse accaduto qualche si-
nistro. Ciò che mi fa più pena si è, che temo non ne sia consape-
vole il vecchio o qualche altra persona che più importi. Ah se ciò
fosse, non saprei darmene pace per tutti i motivi. Qualunque fos-
se per esser l’esito vicino di questo mio sventurato affare, io l’ave-
va portato fin qui salvando i miei riguardi. Ma tutto sarebbe ora
rovinato, se io indovinassi ciò che temo. Fa il possibile, ti replico,
fa il possibile di sincerarmi su quest’oggetto. So che non mi farai
il torto di credere che io abbia azzardato delle cose, che non mi
convengano; ma tu sai come sono le lett.e d’un certo genere, e co-
me s’interpretano dai materiali.2 Ti posso anzi dire, che io racco-
mandavo caldamente all’amico d’esser cauto nello scrivere. Ma
usciamo da questi oggetti tristi: e scusa l’indiscrezione con cui ti
aggravo d’incomodi.
La mia salute va piuttosto bene; ma non posso dire, che sia pe-
ranco in istato di consistenza. Non fo abuso di nulla; eppure ab-
bondo ancora di flati e bullicamenti3 al ventre, il quale però mi
serve discretamente. Mi si va svegliando l’appetito; ma se io man-
gio secondo la voglia, non dormo bene, e mi desto col palato ri-
gido, o imbrattato. Alla sera non mangio che una minestra. Di
giorno passeggio abitualmente, e vo frequentemente a cavallo. Se
ti suggerisce niente, che faccia al proposito, fammi il piacere di
prescrivermelo. Vorrei anche che mi avvisassi se posso far nulla
per ingrassare; e se mai il latte, che qui è buono, potesse esser utile
diluendolo. Sebbene mi par di presentire, che la mia salute non

1 era tutta mia: era tutta dalla mia parte.


2 dai materiali: dalle persone grossolane.
3 flati e bullicamenti: flatulenze e fermentazioni.
lettere 141
debba più tornar nemmeno nello stato, in cui era prima ch’io mi
malassi.
Mi rallegro con tutto il cuore delle buone speranze che mi dai
circa il tuo affare, e massime della prestezza con cui si ha da risol-
vere.
Io farò il possibile per venirti a trovare in campagna; ma non so
bene se ci riuscirò. Per quest’anno odio troppo invincibilmente
quelle tue vicinanze. Nondimeno sarò di certo a Mil.º sulla fine
d’ottobre per venir teco a Canzo. Potrebbe anche darsi, che io vi
facessi una sfuggita anche prima d’allora, perchè la vicinanza
m’invita a fare una scorsa di pochi giorni nel Piano d’Erba. Ciò pe-
rò s’intende per il mese venturo, e se potrò rimetter lo spirito in
qualche maggior tranquillità.
Salutami l’amico; e se lo credi di buona fede, fagli scusa se è
costretto a soffrir delle pene per me. Io non voglio sapere in chea
situazione egli sia presentemente, o sia per essere: ma dalle tue
lettere parmi di rilevare, che le cose vadano peranco in lungo; il
che pure mi spiace per molte ragioni. Non vorrei al mio ritorno
trovarlo ancor nello stato in cui lo lasciai.
Questa mia ti sarà recata dal mio servitore. Egli si fermerà a
Mil.o per pochi giorni; e tu potrai consegnare a lui le tue lettere,
se come spero, avrai comodità di scrivermi.
Ti auguro felicissima la villeggiatura, la quale in tutt’altra oc-
casione farei assai più volentieri teco, che con qualunque altro. Se
avrò tempo di farti aver lettere in città dopo il ritorno del mio ser-
vitore, lo farò: altrimenti ci rivedremo alla fine del venturo. M’im-
magino che tu pure mi scriverai per l’ultima volta per ora; onde
ti priego che tu abbi la pazienza di soddisfarmi quanto ti è possi-
bile in ciò che puoi immaginarti esser di mio desiderio.
Salutami carissimamente tua moglie; e ringraziala della bontà
che ha per me.
I miei complimenti a D.n Alessandro.
Dirai a Bonsignori, che ho ricevuta la sua; e che procuri di non
ammalarsi per la troppa sollecitudine nel noto affare.
Scusami scusami ti priego delle mie perpetue importunità: e
sta sano.
Io non iscrivo niente all’amico, perchè nè so, nè voglio avven-
turarmi a nulla nello stato d’incertezza, in cui mi trovo.

a Cassato stato.
142 giuseppe parini

BAMi, S. P. 6/5 xi. 12. Autografo; due bifogli di mm 184 × 240, inseriti
l’uno nell’altro, il secondo scritto solo fino a metà della c. 1v. Sulla c. 2v,
d’altra mano (a matita): «Lettera di Parini». Senza indirizzo né firma.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 623, 678. Bellorini 1913-1915, ii,


pp. 205-208, lettera xliv (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 1019-1021,
lettera liv.

Per «l’affare» di Paganini, cfr. la nota alla lettera 17; e anche qui Parini
evoca il mal d’amore per la Mussi (cfr. ancora la nota alla lettera 17, e le
lettere 22, 26 e 28).
lettere 143

26

[A Giuseppe Paganini]

C. A. 1. 8.bre [1774]
Non voglio trascurare anche questa volta l’occasione di scriverti
per mio piacere e per mio interesse. Sarò breve per accomodar-
mi all’imminente partenza di chi ti recherà questa mia. Sempre
più ti sono obbligato della frequenza e sollecitudine, con cui ti
sei compiaciuto dì scrivermi; ed assai più della bontà con cui hai
secondato le fantasie di questa mia adultissima fanciullaggine.
La lett.a dell’Amico, che tu m’hai mandata, l’ho trovata piena di
desolazione. Io non la credo esaggerata non ostante l’invincibile
pregiudizio, che l’amico stesso s’è fatto nel mio spirito colla
passata condotta. Non posso dunque a meno di non averne tutto
quel sentimento, che merita. Ma non posso attestarglielo in
iscritto come vorrei, perchè non mi par prudente di avventurare
altre lett.e per mani ignote, come al presente converrebbe fare.
Se mai tu avessi occasione di parlargli, o di scrivergli confidente-
mente ti priego con tutto il cuore di fargli scusa, e di assicurarlo,
che, non demeritandolo lui, io sarò sempre pertinacemente lo
stesso per amore, per ragione, e per gratitudine. Sebbene al mio
partire ti avessi pregato di non scrivermi nulla intorno al termine
del di lui affare; ora però l’incertezza mi riesce gravemente pe-
nosa; distribuendomi sopra molti giorni la riflessione d’un solo.
In caso adunque che tu abbi libertà e voglia di scrivermi un’altra
volta prima della tua partenza, mi farai grande piacere a dirmi
quel che sai senza riserva delle circostanze di questo affare. Il
mio maggior timore si è che non si prolunghi questa cosa anche
dopo il mio ritorno in città. Desidererei ancora che tu mi dicessi
schiettamente quel che ti sia parsoa della sua disposizione: e co-
me abbia dato luogo d’esser soddisfatti a te e a tua moglie colla
sua presente condotta a vostro riguardo. In somma vorrei, se fos-
se possibile, mille cose; e fra l’altre che tu mi perdonassi la mia
indiscrezione.

a Cassato e poi riscritto.


144 giuseppe parini
Assicurati che farò il possibile di risolvermi a venirti a trovare
per qualche giorni.
Se andrò a Canzo non ti avrò per dimenticato. Fammi un mil-
lione di complimenti a tua moglie: e tu divertiti allegramente. La
mia salute va meglio. Ti ringrazio de’ tuoi suggerimenti, e ne pro-
fitterò. Mi fermerò qui per pochi altri giorni; e non so poi quale
direzione io sia per pigliare. Ti giuro che io sono come un uomo
smarrito, che si lascia condurre dal caso, e dalla tristezza che lo la-
cera. Addio.
Scrivimi un’altra volta se puoi.

BAMi, S. P., 6/5 xi. 14. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto sulla
c. 1r-v; senza indirizzo né firma.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 626-627. Bellorini 1913-1915, ii, pp.


209-210, lettera xlv (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 1021-1022, lette-
ra lv.

L’«amico» cui allude Parini è, evidentemente, Teresa Mussi (cfr. la nota


alla lettera 17 e le lettere 22, 25, 28).
lettere 145

27

[Ad Antonio Greppi]


[Milano, 17 agosto 1775]

Ill.mo Sig.re Sig.re e P.on Col.mo,


Perchè V. S. Ill.ma s’interessa tanto per la salute d’un piccolo uo-
mo come io sono, non posso esimermi dal darle parte d’essermi
per ora liberato dalla mia terzana, in cui ero ricaduto, e nello stes-
so tempo del ringraziarla dell’ottima china di cui Ella mi ha favo-
rito così gentilmente e alla cui forza debbo l’immediata sospen-
sione d’una febbre ostinata. Creda V. S. Ill.ma che io ho un’anima
non punto vile nè ottusa;1 ma tale che sa riconoscere anche nei
piccoli tratti tutta l’indole delicata e generosa del di Lei cuore. Un
atto di cortesia spontanea ed opportuna, accompagnato da
espressioni affatto degne di Lei e così lusinghiere per me, io lo va-
luto tanto quanto i più grandi beneficj ch’Ella mi ha fatto o che
sapesse mai farmi. Aggiugnerò anche questa alle antiche mie ob-
bligazioni, e prego Dio mi ponga in istato di mostrarLe col fatto
la ricordanza che ho de’ miei doveri e i vivi sentimenti di gratitu-
dine che conservo verso di Lei. Finora ho dovuto comparirLe in-
giusto e sconoscente perchè, non sapendomi io avvilire fino a im-
portunare e pianger continuamente davanti ai Grandi e ai Ministri
di qui o della Corte, la mia condizione non s’è potuta migliorare.
Spero nondimeno che una volta o l’altra i miei superiori conosce-
ranno che anche le persone meno presuntuose e meno assistite
non sono le più insufficienti. Frattanto, pieno di giustissima am-
mirazione delle Sue virtù e di sincerissima compiacenza della
bontà con cui Le piace di distinguermi, ho l’onore di dichiararmi
con tutto il rispetto
di V. S. Ill.ma
Dev.mo e Obbl.mo Ser.re

Autografo non rintracciato.

1 vile … ottusa: meschina … insensibile.


146 giuseppe parini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 627. Pubblicata per la prima volta da


Mazzoni 1925, p. 997, lettera xiv, che la trasse dall’autografo allora con-
servato nell’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando
la scritta a tergo: «Milano, ab. Parini, 1775, 17 agosto».
lettere 147

28

[Ad Angelo Teodoro Villa]

A. C.
16. Genn.o 1776.
Ho ricevuta e fatta comunicare la vostra al Sig.r Prevosto Bossi:
e ne attendo e vi parteciperò la risposta. A me intanto pare che
avreste dovuto fissar più precisamente il termine in cui intendete
di trasmettere i vostri scritti, perchè gli altri nostri colleghi hanno
premura di far presto il debito1 loro.
Rispetto al foglio a parte della vostra lettera, mi guarderò bene
dall’andare in collera con voi per le puerilità, che contiene. Soltan-
to vi assicuro, che nè in questa nè in altre occasioni io non vi ho
fatto mai nè il torto nè l’onore d’esser geloso di voi. Tutt’altre so-
no le ragioni, per cui io tratterò o non tratterò la nota persona. Se
non concedeste tanto a cotesto vostro piccolo amor proprio, non
dareste corpo a certe sciocchezze, che non meritano di solleticar-
lo. Voi sapete, che io mi son talvolta doluto di voi con voi, che non
mostraste tutto l’interesse nel sostener la causa de’ vostri amici.
Se sapete distinguere i sentimenti, vedrete che questo è tutt’altra
cosa che gelosia. Del resto io conosco voi e me: e voi dovete esser
persuaso da tante pruove, che io ho un’anima, che si eleva mille
miglia al disopra di queste coglionerie. Guardatevi adunque un’al-
tra volta dal prestar fede a simili o sogni o imposture, che non deb-
bono occupare il commercio letterario2 di due Regj Profes[s]ori.
Altrimenti io dirò, che voi avete gusto d’accarezzare e nodrir nel
vostro animo delle fantasie puerili solamente perchè vi fanno sup-
porre d’avere o eguale o maggior merito del mio; il che sarebbe
una delle infinitesimamente piccole vanità del mondo. Comun-
que sia però io non intendo che nè i vostri sogni, nè le mie rifles-
sioni sopra di essi abbiano ad interromper punto la nostra solida
e leale amicizia di tanti anni. Addio.
Vostro Affez.º Amico e Serv.e
Giuseppe Parini.

1 debito: dovere. 2 commercio letterario: rapporti professionali.


148 giuseppe parini

BAMi, Fondo Casati, cart. 5, fasc. 12. Autografo; bifoglio, mm 200 × 290,
scritto nella 1r; in 2v tracce di sigillo e indirizzo: «All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron
Col.mo|Il Sig.r Ab.e D.r Ang. Teodoro Villa|R. Professore di Storia ed
Eloquenza|nella R.a Università di|Pavia». Sul fascicolo che la contiene
c’è un’annotazione a matita, con parole poco leggibili, tra cui: «Carduc-
ci, sua Monografia» (con probabile riferimento a Carducci 1942, p. 323).

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 628. Pubblicata per la prima volta in Ro-


smini 1887, donde la trasse Bellorini 1913-1915, ii, pp. 169-170, lettera xi,
valendosi anche di correzioni a penna, di mano d’ignoto, su un esemplare
del periodico; Mazzoni 1925, p. 998, lettera xv, s’avvale invece dell’auto-
grafo, che allora (p. 977) si trovava presso l’Archivio Greppi di Casate.
La «nota persona» è Teresa Mussi (cfr. la nota alla lettera 17, e le lettere
22, 25, 26). In Foresti 1948, p. 170, è riprodotto il sonetto Gustai gli atti
soavi, e i cari accenti, che Angelo Teodoro Villa avrebbe composto in oc-
casione della visita a Pavia della «bella dama» senza il «suo sposo»:
Gustai gli atti soavi, e i cari accenti,
E tutta io vidi a’ moti suoi pietosi
L’anima grande entro a que’ rai vezzosi.
Bella cagion de’ miei sospiri ardenti.
Dov’era il mio Rival, che più clementi
Ebbe gli astri per sè? Che a lui nascosi
Non avrei del mio cor gl’invidiosi
Sensi già un tempo, or placidi, e contenti.
Detto gli avrei: cresca per voi sul vago
Volto in Lei la bellezza, e in voi l’affetto,
Ch’io l’alma adoro, e del mio amor son pago.
Sian pur le membra esca, e diletto
Ad amator più illustre, anch’io m’appago
D’un ben, che all’amor mio non è disdetto.
Il Parini rispose al sonetto del Villa con questa lettera risentita.
Gli scritti, di cui si parla in apertura, si riferiscono alla Grammatica gre-
ca che il Villa doveva compilare per la Commissione dei libri elementari
scolastici del 1774: cfr. il Piano per la riforma dei libri elementari scolastici,
dell’ottobre di quell’anno, in Barbarisi-Bartesaghi 2005, iv.5.1, pp.
325-347: 335-340.
L’oblato e prevosto Gianmaria Bossi, professore nelle Scuole Palatine
e docente di teologia nel Ginnasio di Brera, ebbe una parte importante
nella riforma degli studi.
Angelo Teodoro Villa (Binasco 1723 - Pavia 1794), segretario del gover-
natore Gian Luca Pallavicini, precettore di greco di Girolamo Trivulzio,
lettere 149
segretario di mons. Archinto, fu membro dell’Accademia dei Trasforma-
ti, diventandone più volte conservatore, e insegnò Eloquenza e Storia
nell’Università di Pavia dal 1769 al 1786, quando gli fu lasciata la sola
cattedra di Eloquenza. Tradusse dai classici latini e greci, e compose nu-
merose orazioni in italiano e in latino. Le sue Lezioni d’eloquenza (Pavia,
Monastero di San Salvatore, 1780) ebbero notevole successo: in età napo-
leonica furono prescritte come testo obbligatorio per le università e le
scuole superiori. Collaborò con il Parini ai lavori della Commissione per
la riforma dei libri scolastici elementari e fu sempre in ottimi rapporti
con lui, se si escludono alcuni momenti nel 1774, come traspare dalla pre-
sente lettera. Cenni al Villa sono anche nella lettera del Parini a Salandri
(cfr. lettera 6).
Nella biblioteca del Parini figurava il De Studiis Litterariis (cfr. Barba-
risi-Bartesaghi 2005, x.2.4, p. 747, nº 269 dell’inventario). Su di lui, cfr.
Stella-Lavezzi 2001, pp. 197-199.
150 giuseppe parini

29

[Al conte Carlo Firmian]

Eccellenza,
Mi sono più volte presentato all’anticamera di V. E.; ma, non
avendole le sue multiplici occupazioni permesso di ricevere, non
ho potuto aver l’onore di rappresentarle in persona le mie occor-
renze. Prevalendomi adunque della degnazione, che l’E. V. ha
avuto, d’accordarmi che io le faccia anche in iscritto, ardisco di
umiliarle il memoriale qui contenuto. Non aggiungo alla presen-
te importunità anche quella d’esporle le mie critiche circostanze,
avendolo io fatto altre volte che mi presi la libertà di scrivere; e
dall’altra parte son certo che V. E. le sa da se medesima misurare
con quella penetrazione che è tutta propria della magnanimità del
suo cuore. Molto meno mi stendo a supplicar l’E. V. con molte pa-
role. Il tempo è preziosissimo per essa; la sua beneficenza è famo-
sa per tutta l’Europa: io ne ho delle pruove luminose a mio riguar-
do: e perciò supplicandola di condonare la mia temerità, ho
l’onore d’esser, con profondo rispetto, di V. E.
Dev.mo e Obb.mo Serv.re
21 Luglio 1776.

ASMi, Atti di Governo, Parte Antica, Benefici Occorrenze particolari. N. 19,


cart. 533. Autografo; foglio di mm 210 × 300, scritto a piena pagina.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 629. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 170-


171, lettera xii (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 998-999, lettera xvi.

Il memoriale di cui si parla potrebbe essere il testo della lettera 30, tra-
smesso per via gerarchica, tramite il Wilczeck.
lettere 151

30

[Al conte Johann Joseph Wilczeck]


[Milano, 1776]

Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo


La perfetta conoscenza che io ho del carattere di V. S. Ill.ma; e la
fondata persuasione in cui sono della parzialità, con cui ella mi ri-
guarda, mi hanno fatto condannare la freddezza con cui le racco-
mandai la mia persona prima della sua partenza di qui. Le mie cir-
costanze mi hanno condotto a rifletter meglio; ed a prendermi la
libertà di supplir per lettera a ciò che io non feci nell’abboccarmi
seco. Spero nella sua bontà ch’ella non sarà per disapprovare la
mia risoluzione; nèa conseguentemente per rigettare dal canto
suo alcuni pensieri, che mi si presentano risguardanti il migliora-
mento della mia fortuna. Dirò con sincerità quel che sento, salvo
sempre, ch’ella ne faccia quell’uso, che a lei sembrerà convenevo-
le e prudente: essendo io pienamenteb convinto che non resterà
da lei, che io non ottenga l’effetto desiderato. Scrissi sulla fine del
passato anno una lettera al Sig.r Barone de Sperges parlandogli fra
l’altre cosec did più occasioni in cui questo governo si degnò di va-
lersi dell’opera mia nella serie di otto o dieci anni: ee citai in con-
ferma di quanto io diceva, i mezzi e le persone, per le quali passa-
rono le cose ordinatemi. N’ebbi una graziosissima risposta tutta
propria a rinvigorire le mie speranze, benchè egli mi avvertisse
che la Cortef nulla o ben poco sapeva di quanto io gli avevo espo-
sto. Stimo adunque necessariog d’indicar brevemente anche a V.
S. Ill.ma varie delle dette cose esposte, per l’occasioneh che se Le
presentasse di valersene a mio favore. Fino da otto o nove anni fa

a Segue per rigettare, cassato.


b Corretto in interlinea su intimamente.
c
parlandogli fra l’altre cose corretto in interlinea su esponendogli varie cose che mi
riguardavano e fra queste più gli prestai. d Il di è ripetuto.
f
e Aggiunta in interlinea la e. Cassato non.
g
Segue, cassato, di rammemorare.
h
per l’occasione corretto in interlinea su quando.
152 giuseppe parini
ci fu pensiero di stabilire in Milano un’Accademia di Belle Arti,
che poi è stato ultimamente eseguito. Allora fui comandato per
parte del Segret.o Castelli di scrivere un piano per un’Accad.a si-
mile, e massime per ciò che risguarda la incumbenza del Segreta-
rio. Lo scrissi lo consegnai allo stesso Segret.o Castelli; e di lì a
qualch’anno, ritornato lo stesso pensiere, ne diedi, a ricerca del
Segret.o Trogher un’altra Copia. In seguito per mezzoa dello stes-
so Trogher, fui comandato di compilar le Leggi per l’Accad.a di
Belle Arti di mantova:b e lo feci. Venne parimenti pensiere di for-
mare un’Accad.a d’Agricoltura e Manifattura; e per il canale1 del
Segre[t.o]c Castelli fu a ciò delegato il M.se Beccaria: ed io fui as-
sunto con esso all’estensione del Piano e delle Leggi, le quali, trat-
tone alcune cose, si sono ritenute letteralmente nella presente
erezione della detta Accad.a Determinò la Corte di fare scriver
meglio la Gazzetta di Milano; e mi fu ordinato dal Governo di scri-
verla. La scrissi per un anno intero sinchè io fui fatto Professore,
per un miserabile premio2 datomi dallo Stampatore Ricchini, che
ne ha la privativa. Nelle nozze di S. A. R. volle il Governo un
Dramma allusivo da recitarsi alternando con quello dell’ab.e Me-
tastasio:d ed io lo composi, ed assistetti all’esecuzione. Nella stes-
sa occorrenza mi si comandò di faree una descrizione elegante
delle Feste Nuziali; ed io la feci; e la consegnai al Segret.o Trogher.
Di queste due cose io non ebbi veruna rimunerazione nè dalla
Corte, nè dagli Arciduchi; benchè S. E. il sig.r conte di Firmian mi
facesse un regalo del proprio, e in proprio nome. Tre anni fa il Go-
verno mi fece l’onore di farmi tornare a mie spese dalla vacanza
a Milano, per essere uno degli Esaminatori de’ Professori da man-
darsi nelle Città provinciali. In questo decorso di tempo poi sono
stato più volte comandato massime per mezzo del fu ab.e Salva-
dori, ora ad esaminare manoscritti, ora af dare il mio parere sopra
libri Scolastici, ora ad assistere alla correzione di cose da stamparsi
per ordine del Governo, e simili. Finalmente già da due anni sono
uno de’ membri della Commissione delegata alla nuova compila-
zione de’ Libri Scolastici. Da queste ed altre cose, che per brevità

a Segue, cassato, del Segret. b Sic nel ms.


c
Strappo sul margine. d Cassato e io […].
f
e Cassato scrivere. Cassato darne.

1 per il canale: per mezzo. 2 premio: compenso.


lettere 153
tralascio, V. S. Ill.ma vedrà, che la Corte ed il Governo mi hanno
fatto e mi fanno l’onore di considerarmi abile in qualche materia,
senza che nondimeno me ne sia venuto

BAMi, S. P. 6/5, xi. 15. Minuta autografa; foglio di mm 184 × 250, scritto a
tutta pagina sia sul recto sia sul verso; mutila in fine, la minuta non reca
data né indirizzo.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 629-631. Bellorini 1913-1915, ii, pp.


170-171, lettera xiii (prima edizione); Mazzoni 1925, pp. 998-999, lettera
xvii.

Dal contenuto, si deduce che si tratti di un memoriale rivolto al Wil-


czeck.
Parini, elencando i servizi prestati al Governo negli ultimi 8-10 anni (la
redazione del piano e delle leggi per l’Accademia di Belle Arti di Manto-
va e per quella di Agricoltura e Manifatture, la compilazione della «Gaz-
zetta di Milano», la composizione dell’Ascanio in Alba per le nozze arci-
ducali e la descrizione delle relative feste, il ruolo di esaminatore dei
professori in provincia, la stesura di pareri e relazioni, la revisione forma-
le di manoscritti e di atti governativi, la partecipazione alla Commissione
per la riforma dei libri scolastici elementari e altro ancora), parla della re-
cente apertura dell’Accademia di Brera (1776); inoltre dichiara di essere
membro da due anni della Commissione per la riforma dei libri scolastici
elementari, insediata nel 1774. Il documento è quindi assegnabile al 1776
e si collega alla precedente lettera al Firmian. Analogo promemoria nella
lettera 46.
Il nuziale «Dramma allusivo» è l’Ascanio in Alba, «in cui Parini, per
evitare l’assurdo di sentir uomini cantare fuori della natura, scelse la sua
favola da’ tempi eroici, e v’introdusse Dei, e Semidei, de’ quali non co-
noscendosi l’indole soprannaturale può fingersi proprio il canto, ed ogni
altra straordinaria maniera del Dramma Lirico, inteso al diletto nascente
dal maraviglioso. Se Metastasio fu osservabile per la dolcezza del suo dire
e per la inimitabile sua facilità, Parini meritò assai dal lato della nobile
e semplice locuzione, e della convenienza e condotta della favola» (cfr.
Reina 1801-1805, i, p. xx).
L’Ascanio fu rappresentato al Teatro Regio Ducale di Milano il 17 ot-
tobre 1771, musicato da un giovanissimo Mozart, e alternato al Ruggiero
di Metastasio, che invece si avvaleva della musica di Johann Adolph Has-
se (cfr. Degrada 2000, pp. 741-743; Nicora 2000; Candiani 2001; per il
testo della Descrizione delle feste arciducali, cfr. Barbarisi-Bartesaghi
2005, vi.1, pp. 411-432: 419-420 sull’Ascanio in Alba).
154 giuseppe parini
Quanto alle persone nominate dal Parini, il barone Joseph von Sper-
ges (?-1791) era Consigliere di Corte a Vienna e referendario del Diparti-
mento d’Italia dal 1766. L’abate Giuliano Castelli, livornese, era segreta-
rio alla Deputazione agli Studi; don Leopold Trogher era Segretario del
Governo assegnato al Ministro plenipotenziario Firmian (su entrambi,
cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 374). «Ricchini», cioè Giuseppe Ri-
chino Malatesta (1694-1793), era lo stampatore regio camerale che pagò
privatamente il Parini per tutto il 1769 (cfr. Bruni 1981). L’abate Angelo
Salvadori (Salvatori), membro della Giunta Economale e segretario del
Firmian, era vivo ancora nel 1775: cfr. ASMi, Culto, Parte Antica, cart. 1347,
sub datam 3 ottobre 1775.
Sugli incarichi dichiarati dal Parini nella lettera, cfr. Bortolotti 1900,
pp. 85-86.
lettere 155

31

[A Gioachino Pizzi,
custode generale d’Arcadia]

Ill.mo Sig.re Sig.re P.rone Col.mo


L’onor singolare, che cotesto illustre Corpo dell’Arcadia s’è de-
gnato di farmi: e l’espressioni di gentilezza e di bontà, con cui V.
S. Ill.ma me ne porge la notizia, formeranno sempre una dolce
compiacenza per il mio animo, atta a rendermi più cari i giorni
della vita, che mi sopravanzano. Egli è vero che io mi sento uno
interno rimorso, che nasce dalla coscienza ch’io ho di non meri-
tare una sì nobile dimostrazione a mio riguardo: e di doverla anzi
alla graziosa prevenzione1 d’alcuno, che per troppa amicizia, mi
ha rappresentato2 all’Arcadia per un soggetto troppo più degno di
quel, che io non sento di essere. Ma io non amo di discutere que-
sta cosa con V. S. Ill.ma; sì per non meritarmi la taccia di poco ri-
spettoso, o di poco riconoscente verso quelli, che hanno contri-
buito a decorarmi3 così altamente; come anche per non essere
accusato di affettata modestia, nel mentre che non intendo di fare
altro che esprimere gl’ingenui4 sentimenti del mio animo. Mi re-
stringo adunque a ringraziar quanto so e posso tanto V. S. Ill.ma,
quanto il Sig.re Abate Goudar, e gli altri, che si sono adoperati a
mio favore: e prego Lei spezialmente di rappresentare in mio no-
me all’illustre Ceto,5 a cui ora appartengo la grandezza della mia
soddisfazione, della mia riconoscenza, e del mio rispetto. Sono
colla più distinta stima, e col più sincero ossequio
Di V. S. Ill.ma
Milano. 17. Maggio 1777.
Dev.mo e Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

1 graziosa prevenzione: benevola disposizione.


2 rappresentato: descritto, presentato.
3 decorarmi: distinguermi, farmi onore.
4 ingenui: sinceri. 5 Ceto: consesso.
156 giuseppe parini

BEUMo, Autografoteca Campori, Parini Giuseppe. Autografo; foglio di mm


180 × 250, scritto sulla c. 1r-v a piena pagina; manca l’indicazione del de-
stinario. Dopo l’intestazione è lasciato uno spazio bianco più ridotto del
consueto.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 631-632. Pubblicata per la prima volta


in Bertana 1898, pp. 84-85. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 173-174, lettera
xiv; Mazzoni 1925, p. 1000, lettera xviii.

Manca l’indicazione del destinario, ma, in base al contesto, Bertana (p.


81) l’ha sicuramente identificato in Gioachino Pizzi (in Arcadia Nivildo
Amarinzio), custode generale dell’Arcadia romana, al quale il Parini ri-
volge il ringraziamento per l’elezione a membro dell’accademia (col no-
me di Darisbo Elidonio). Del Pizzi è infatti la seguente lettera, cui evi-
dentemente risponde quella del Parini:
Un poeta della sua sfera, che ha saputo essere originale nella nostra lingua,
e introdurre nel Parnaso Toscano un nuovo genere di poesia ingagliardito
dalla filosofia e dalla cognizione del cuore umano, e dei costumi, gode me-
ritamente i suffraggi de’ veri letterati d’Italia, e di quei pur d’Oltramonte.
L’Accademia adunque degli Arcadi ha indritto di annoverarla tra i suoi Pa-
stori, e di ascrivere il nome di V. S. Ill.ma fra tanti illustri Poeti e scienziati che
la compongono.
Il Sig. Ab. Godard, vero suo estimatore, ha procurato all’Arcadia sì bel-
l’onore: mi ha di più assicurato che la sua gentilezza si compiacerà di man-
darmi delle Rime per inserirle nel xiii tomo delle Poesie degli Arcadi. Ella si
accerti che il suo nome andrà in compagnia de’ più celebri Rimatori Italiani
che si son degnati spedirmi le loro produzioni. Io non ho altro oggetto che
di stampare un volume il quale non contenga solamente canore bagattelle,
ma che sia degno dell’età in cui viviamo, e del gusto filosofico che si è saputo
insinuare nei parti dell’immaginazione.
Le invio il diploma della sua annoverazione alla nostra accademia, e sia
questo un picciolissimo omaggio alla tanta sua dottrina e al suo nome, a cui
l’Arcadia ha corrisposto co’ plausi universali di gradimento nel giorno in cui
l’annunziai.
Da i due Poemetti già impressi io aveva appreso ad ammirarla altamente,
come autore originale, e che si scarta dal vulgo poetico.
Mi attesta il Sig. Ab. Godard che il terzo suo Poema, vicino ad uscire in lu-
ce, sia un vero capo d’opera pieno di bellezze inimitabili, tratte dalla sorgen-
te della buona Filosofia, e seco Lei me ne congratulo quanto più posso.
Accetti il tributo che offre ai suoi talenti l’Arcadia e il Custode, e mi creda
con la più sincera stima e rispetto, ecc.
La lettera, conservata in copia alla BARm, Fondo Moderno, Arcadia, Ar-
chivio storico, fra altre del Pizzi a celebri letterati italiani e stranieri, è tra-
scritta senza indicazioni di data da Stara-Tedde 1906, da cui qui si cita.
lettere 157
Gioachino Pizzi (1716-1790) riorganizzò l’Arcadia attraverso la rete del-
le colonie, a cui impresse un carattere unitario. Promosse il ruolo intel-
lettuale delle donne (nel 1758 pubblicò Il trionfo delle donne forti) e coronò
in Campidoglio Corilla Olimpica. Imitatore del Frugoni, scrisse vari
componimenti occasionali, oltre a due drammi, Il grande Cidde e Creso re
di Lidia. Fu il quinto custode generale d’Arcadia (succedendo a Michele
Giuseppe Morei, alias Mireo Rofeatico), dal 1772 fino alla morte. Cfr. Do-
nato 2000; Nacinovich 2003; Baragetti 2012, pp. 108-143 (sui rapporti
con Parini le pp. 123-124).
L’abate Luigi Godard (1740-1824), in Arcadia Cimante Micenio, inse-
gnò prima a Malta, poi a Roma; fu prima vice-custode e poi, dal novem-
bre 1790, custode dell’Arcadia di Roma. Su di lui cfr. Dionisotti 1998,
pp. 55-79; DBI, 57, 2001, pp. 500-503; Baragetti 2012, ad Ind.
Oltre alla lettera al Pizzi, il fascicolo della Biblioteca Estense di Mode-
na contiene altri tre testi pariniani autografi: la lettera a Giambattista Bo-
doni (cfr. più oltre la lettera 56), i versi Il Parafoco (inc. «Stava un giorno
Citerea»; testimone da aggiungere a quelli presenti in BAMi), il sonetto
Un Prete vecchio, brutto, puzzolente, la ‘ricevuta’ dello stipendio del mese
di ottobre 1794, autografa solo nella firma e nella qualifica: «PPP. e So-
praintendente». Un’altra lettera datata 14 luglio 1750, scritta da Parma e
indirizzata all’abate Lodovico Preti di Bologna, che reca indubbiamente
la firma «Giuseppe Parini», non è certamente del Parini, per contenuto,
grafia, struttura formale, stile, lingua, uso di carta filigranata diversa da
quella abituale, ma va attribuita all’omonimo incisore parmense Giusep-
pe Parini (fl. metà Settecento), del quale la BNCFi, Vari 445, 150, conserva
un’altra missiva allo stesso Preti, inviata da Parma il 14 aprile del mede-
simo 1750 (su di lui cfr. Venturi 1952, ad Ind.).
La vicenda della collaborazione del Parini al volume tredicesimo del-
le Rime degli Arcadi, stampato nel 1780 presso l’editore Paolo Giunchi
a Roma, è nota nei suoi vari aspetti. Come membro della Colonia
Insubre, il Parini accolse l’invito inviando quindici componimenti:
quattordici sonetti, di cui dieci, tolti con lievi modifiche dalle Alcune
poesie di Ripano Eupilino (sono i sonetti xv, xviii-xx, xxiv, xxvii, xxix,
xxx, xli, più il sonetto xxxv, costituito da ottonari, alle pp. 139-145) e
l’ode Perchè turbarmi l’anima, che nell’indice ha come titolo Su la libertà
campestre, risalente al 1758, trasmessa a Roma in una stesura di sole un-
dici strofe, alle pp. 146-149 (Gambarelli nel 1791 la propone col titolo La
vita rustica, nella stesura di 14 strofe, e con le varianti introdotte dal
Parini dopo l’edizione del 1780). Cfr. Isella 2006, pp. xiii e xvii-xviii
e Albonico 2011, pp. 39-40. Per l’edizione delle Odi secondo Gamba-
relli e Reina, cfr. la ristampa anastatica Carrai 1999 (dove, per svista,
alla p. xiv, si indicano in nove invece che in undici le strofe dell’ode
nell’edizione degli Arcadi e del Reina).
158 giuseppe parini

32

[A Giuseppe Zanoia]

Caro Zanoia,
Ebbi il tuo invito di venire alla tua Omegna e l’accetterei se gli ac-
ciacchi non mi vietassero di muovermi da Milano e posso dire an-
che di casa.
E a non venire, come è mio antico desiderio, faccio davvero un
sacrifizio.
Mi è anche grave adesso lo scrivere per causa della vista che si
fa sempre più tenue. Pazienza anche per questo!
Ti saluto con affetto
tuo Giuseppe Parini
18 ottobre 1777.

Autografo non rintracciato.

Pubblicata per la prima e unica volta, con il corredo di un vacuo com-


mento e purtroppo senz’alcuna indicazione relativa al luogo di conser-
vazione della lettera, da Bembo 1953, p. 50, da cui qui si trascrive (pur con
qualche sospetto per la curiosa parsimonia di segni interpuntivi e per
l’insolita frequenza degli accapo). Il contributo della Bembo, comparso
in una rivista locale di scarsa diffusione, è sfuggito alle bibliografie pari-
niane (anche alla ricca e precisa rassegna di Clerici 1998), sicché la let-
tera manca a tutte le edizioni successive al 1953.

Il prete Giuseppe Antonio Zanoia nacque a Genova l’11 gennaio 1752 da


famiglia di origini omegnesi. Architetto, pittore e poeta, si formò e ope-
rò a lungo a Milano, dove fu canonico ambrosiano e dal 1805 tenne la cat-
tedra di architettura civile nell’Accademia di belle arti di Brera, della qua-
le fu anche segretario: fu dunque collega del Parini, del quale era stato
discepolo (cfr. Germano 1919). Suo un fortunato sermone Sulle pie dispo-
sizioni testamentarie (1802), che il Reina credette pariniano e inserì nella
sua edizione (cfr. Reina 1801-1804, iii, pp. 151-158), ma che fu poi stampa-
to con altri due – uno dei quali, A Davo, satireggia la pratica dell’evira-
zione, come l’ode famosa del Parini – nell’edizione dei suoi Sermoni
procurata dall’amico Giuseppe Bossi (Milano, Luigi Mussi, 1809). Oltre
lettere 159
alla poesia satirica, nella quale cercò di conciliare la maniera dei latini
(Orazio e Giovenale, ma soprattutto Persio) con quella pariniana (cfr.
Barbieri-Baroni 1925), scrisse commedie di imitazione goldoniana (La
capricciosa pentita, Il ravvedimento, I matrimonii ragionevoli), e fu anche ac-
clamato oratore sacro e profano. Significativo che, nell’Ottocento, prima
un nuptiale (Zanoia 1823) e poi una raccolta di satirici italiani (Carcano
1853-1854, iv, pp. 70-76) gli attribuissero un sermone, La visione di Parini,
diretto A Sofronio (Giampiero Arese, altro discepolo del Parini e amico
del Manzoni), che è invece di Giovanni Torti. Lo Zanoia trascorse «tutta
la sua vita operosa, serena e tranquilla […] tra Omegna e Milano»
(Barbieri-Baroni 1925, p. 309); e a Omegna, sulla riva sinistra del lago
d’Orta, morì il 7 ottobre 1817. Su di lui si vedano ora Cane 1996 e Cerut-
ti-Cirio-Nay 2006.
160 giuseppe parini

33

[A Durante Duranti]

Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo


Appena potei scorrere, come ho fatto avidamente, e con gran-
dissimo piacere, il Poemetto di V. S. Ill.ma, che esso mi fu rapito
dalle mani da questo Sig.r Presidente Conte Carli: e quindi, come
suole accader delle cose belle, è andato in giro per tutta la città,
raccogliendo tuttavia sull’ali la soavissima rugiada de’ comuni
applausi. Finora non mi è peranco tornato: e questa è la ragione,
per cui ho tardato a scrivere a V. S. Ill.ma; e mi sono innocente-
mente1 guadagnato qualche colpo della sua piacevolissima sfer-
za. Parevami pure, che fosse obbligo mio di scendere a qualche
particolare scrivendole su questa Operetta, affine di mostrar più
sensibilmente il piacere ch’essa mi ha fatto; o sfogar, come con-
veniva, il dolore e la stizza in me nata, per l’offesa da lei fatta al
mio amor proprio spezialmente coll’eccellenza d’alcuni passi.
Cancelli ella quella meretricia2 Iscrizione: All’unico immortale
Parini. Potrebbe darsi che io fossi immortale: ma unico non sarò
già più. Io lo era stato finora nel mio genere: io mi credeva un
cavaliere fatato.3 Tristo me! ora mi avveggo che finora non erano
scesi a combatter meco fuor che de’ pigmei; o almeno che non
ci è mago, le cui fatucchierie non possano essere sciolte da un
mago altrettanto indiavolato. Riceva ella frattanto queste espres-
sioni come intimi sentimenti dell’animo, quali sono: e si aspetti
poi di vederli confermati in modo più circostanziato, quando il
Poemetto mi sia restituito. Frattanto mi consolo col pensare, che
congiuntamente co’ versi di lei volano per l’Italia anche gli elogi,
ch’Ella si è degnata di farmi: e tanto più quanto che tali versi
danno grandissima autorità al grazioso giudice, che pronuncia a
mio favore. Il buon gusto poi, con cui ella sa scegliere la forma
del lodare, sfuggendo le prolisse ed ampollose declamazioni de’
cattivi panegiristi del nostro secolo, lusinga assai meglio la mia

1 innocentemente: senza colpa. 2 meretricia: adulatoria.


3 fatato: protetto da un incantesimo, e perciò imbattibile.
lettere 161
vanità, ed accresce il peso del giudizio, che mi risguarda. Sarò
d’ora innanzi debitore a lei d’una quantità di sensazioni piacevo-
li, che sono entrate a tessere la tela del resto della mia vita. Del
che e di tante altre cose ringraziandola senza fine, sono col mag-
gior rispetto
Di V. S. Ill.ma
Milano 17. Ap.le 1778.
Dev.mo ed Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

BCQBs, Autografi, cart. 9, fasc. 1. Autografo; bifoglio scritto sulle cc. 1r-v
e 2r, di mm 170 × 220; senza indicazione del destinatario. La lettera è in-
serita in una cartelletta che indica come sia pervenuta alla BCQBs il 25
gennaio 1831, in seguito a donazione da parte del figlio del destinatario,
conte Carlo Duranti.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 632-633. Pubblicata per la prima volta


da Bertoldi 1893, pp. 530-531. Mazzoni 1925, pp. 1000-1001, lettera xix.

Durante Duranti (Brescia, 6 ottobre 1718 - Palazzolo, 14 novembre 1780),


allievo del Bettinelli, collaborò con il Mazzuchelli alla compilazione
degli Scrittori d’Italia; oltre che dei Trasformati, fu socio di numerose
accademie d’Italia e presidente di quella di Scienze e Arti di Brescia. Inviò
al Parini, con dedica, le prime due parti del poemetto L’uso (Bergamo,
Locatelli, 1778, e Venezia, Savioni, 1778; la terza, intitolata Il Vedovo, uscì
a Brescia nel 1780, per i tipi del Berlendis). In occasione della sua morte,
Giovan Battista Corniani (cfr. la nota alla lettera 44) ne stese l’elogio
funebre. Cfr. Vianello 1933, pp. 288-289; DBI, 42, 1993, pp. 126-130; Bi-
glione di Viarigi 2001, che legge L’uso del Duranti in parallelo al Gior-
no (pp. 142-149) e trascrive la lettera del Parini al bresciano dall’autografo
(pp. 149-150), sia pure con qualche lieve imprecisione; sul Duranti trage-
diografo, cfr. Alfonzetti 2001, pp. 145-159. Sulla scorta della lettera
pariniana, Alfonso Bertoldi dubita «di ciò che il Cantù, senza prova di
nessuna specie, afferma, e moltissimi dopo di lui han ripetuto; che, cioè,
il Parini, “a proposito del Durando autore dell’Uso”, uscisse fuori un bel
giorno a dire: Pur troppo so d’aver fatto de’ cattivi scolari» (Bertoldi 1893,
p. 531).
Nel 1778, Gian Rinaldo Carli era «presidente» del Regio Ducal Magi-
strato Camerale, che del precedente Supremo Consiglio di Economia
aveva ereditato struttura e competenze in campo di censo e di commer-
cio (cfr. la nota alla lettera 40).
162 giuseppe parini

34

[A Giovan Battista d’Adda]

Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo


L’illustre consesso, di cui V. S. Ill.ma è così degno individuo, dopo
avermi singolarmente distinto coll’onore de’ suoi comandamenti,
aggiugne anche il nobile regalo, che mi si presenta in questo pun-
to. Io sono sinceramente persuaso di non meritarlo a verun titolo:
ma il rispetto e la riconoscenza mi obbligano di non pensare ad
altro che a riceverlo. Ben lungi nondimeno dallo averlo in conto
d’un premio, che non mi è dovuto, lo riconosco anzi come un atto
di quella munificenza, con cui l’illustre Consesso è portato a
proteggere e stimolare i cittadini, che hanno il generoso desiderio
di concorrer seco ad accrescer lo splendore della patria comune,
in quel modo, che vien permesso ai loro talenti. Supplico pertanto
V. S. Ill.ma di rappresentare a’ suoi rispettabili Colleghi questi miei
veri sentimenti; e di render loro vivissime grazie per me, così
dell’uno, come dell’altro atto di benignità con cui si sono degnati
di distinguermi ed onorarmi. Ardisco nel medesimo tempo di
supplicarla che si degni di continuarmi quella parzialissima prote-
zione alla quale mi riconosco spezialmente debitore così di questa
come di altre per me fortunate circostanze. Sono col maggior
rispetto
Di V. S. Ill.ma
6 Giugno 1778
Dev.mo ed Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

L’autografo, dato come esistente nell’Archivio Borromeo Arese di Mila-


no, è riprodotto in facsimile in Galbiati 1929a, tav. xiii: da qui proviene
la trascrizione. Una copia calligrafica di questa lettera (foglio di mm
200 × 250, scritto sulla c. 1r, a tutta pagina) si trova in BAMi, S. P. 6/5 viii.
9, p. 11. L’incipit di questa lettera, cancellato, è anche sul verso di BAMi, S.
P. 6/5 viii. 13, p. 56, dopo i Soggetti per le quattro piccole medaglie della stanza
del Giove (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 573).
lettere 163

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 633. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 174-175,


lettera xv (prima edizione); Mazzoni 1925, p. 1001, lettera xx. Galbiati
1929b la pubblicò ritenendola inedita e segnalandola presso l’Archivio
Borromeo in Milano, con busta recante l’indirizzo: «All’Ill.mo Signore
Sig. Padrone Colendissimo il Sig. Marchese Don Giambattista d’Adda».

In questa lettera il Parini ringrazia il d’Adda e i membri del comitato del


Nuovo Teatro alla Scala per il dono della tabacchiera d’oro del valore di
728,25 lire, acquistata utilizzando il fondo di 50 gigliati (equivalenti a 750
lire milanesi). Nell’inventario dei beni, redatto alla morte del poeta, la ta-
bacchiera però non compare (cfr. Bortolotti 1900, p. 91 e Vicinelli
1963, p. 274, n. 11).
In BAMi, S. P. 6/5 viii. 9, c. 5, questo biglietto:
Il Garbagnati si fa un piacere di rassegnare allo Stimatissimo Cittadino Reina
la Copia del Soggetto eseguito sul Telone del Teatro grande alla Scala dalli
Fratelli Ricardi, e composto dal Celebre Abate Parini e vi ha unito anche la
Copia della lettera ch’egli ha scritto in ringraziamento della ricognizione1
datagli di 50. Zecchini ossia d’una Tabachiera d’oro di detto valore.
Si protesta con Stima, e consid.e
Da Casa 4. Giugno 1801.
Per questo biglietto e per le vicende relative al soggetto del telone per il
Teatro alla Scala, cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 561.

1 ricognizione: riconoscimento, premio.


164 giuseppe parini

35

[Ad Antonio Greppi]


[Milano, 17 giugno 1778]

Ill.mo Sig.re e Pr.on Col.mo,


Al solo sentirmi annunciare il cameriere di V. S. Ill.ma ho indovi-
nato l’atto di generosità ch’Ella si è degnata d’usare a mio riguar-
do. Tutto il mondo, ed io il primo, per tante pruove che ne ho, co-
nosce e predica1 la singolare delicatezza del di Lei animo; onde
non mi è costato molto l’indovinare, anzi di Lei sola avrei indovi-
nato una simile cosa. Il cameriere Le potrà essere testimonio che
io ho ricevuto il di Lei regalo con lagrime di consolazione su gli
occhi, non già per vedermi così abbondantemente compensato
delle piccole perdite da me fatte, ma per aver avuto un nuovo mo-
tivo di ammirare un carattere così raro nella presente società qual
è il suo. Io conosco tanto la industriosa delicatezza del di Lei cuore
che son persuaso che Ella conosca intimamente anche me mede-
simo e che sia portato a rendermi tutta quella giustizia, che mi
lusingo di meritare. Io non posso adunque fare altro che ringra-
ziarla con tutti i più vivi sentimenti del mio cuore del momento
felicissimo ch’Ella mi ha fatto gustare, mostrandomi con un nuo-
vo e così abbondante e così pronto e così avvertito beneficio il più
bel carattere e le più eccellenti qualità di cui possa vantarsi un ani-
mo umano. Le giuro che le mie espressioni provengono dal cuore
e da un cuore spogliato d’ogni interesse. Possa Ella vivere lunga-
mente per esemplo straordinario nella carriera della fortuna e nel
magnanimo e sagace uso di questa. Tali sono i miei sincerissimi
augurj e quelli di tutte le persone, che al par di me sanno misurare
l’estensione e la finezza del di Lei cuore. Perdoni all’esuberanza
dei miei affetti la lunghezza dello scrivere e frattanto che mi
riserbo a manifestarglieli in persona mi creda quale mi glorierò
sempre di essere
di V. S. Ill.ma
Dev.mo ed Obb.mo Ser.re

1 predica: proclama.
lettere 165

Autografo non rintracciato.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 634. Pubblicata per la prima volta da


Mazzoni 1925, p. 1002, lettera xxi, sulla base dell’autografo allora gia-
cente presso l’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’autografi, segnalando
la scritta a tergo: «Milano, ab.te Parini, 1778, 17 giugno».

Questa lettera trae origine dal furto di biancheria subito dal Parini, di cui
troviamo una conferma nelle cronache settimanali di Paolo Emilio
Guarnieri: «I ladri perseguitano il S. Abbate Parini. Fu per la seconda vol-
ta rubato, e per consimil modo, di tutta la biancheria. Ciò però ha dato
motivo ad una nobil azione del suddetto E. Co. Greppi. Il quale accom-
pagnò con graziosissimo biglietto un regalo di due pezze finissime di
Tela d’Olanda al medesimo Abbate» (Paolo Emilio Guarnieri, «Gaz-
zetta di Milano» [1778] «dai 24 Giugno al primo Luglio», pp. 2-3 del ms.
inedito, BAMi, S. C. v. ii. 7). La «Gazzetta di Milano» è costituita dai di-
spacci settimanali inviati dal Guarnieri al conte Giacomo Pier Francesco
Durazzo, ambasciatore cesareo a Venezia, attenti soprattutto a quello
che avveniva all’interno della Società Patriotica. Giulini 1928, senza
conoscerne l’autore, ne ha resi noti pochi passi, in forma talora appros-
simativa. Vianello 1935, pp. 151-152, ha identificato il Guarnieri. Il «gra-
ziosissimo biglietto» del Greppi è andato smarrito.
166 giuseppe parini

36

[A Saverio Bettinelli]

Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo


Un ostinato dolor di testa che da più giorni mi afflige, mi lascia
appena questo momento di sollievo, per render come posso infi-
nite grazie a V. S. Ill.ma della gentilissima Lettera, e dei bel Sonetto
da Lei scritti in onor mio. Nell’ordinario venturo1 studierò di si-
gnificarle meglio i sentimenti, ch’ella ha suscitati in me con un at-
to così straordinario di bontà; e di trattenermi seco più a lungo.
Frattanto accetti queste corte espressioni, come indizj della più
grande riconoscenza; e del pregio in cui tengo gli encomja che mi
provengono da una persona del suo merito e della sua riputazio-
ne. Sono col maggiore ossequio
Di V. S. Ill.ma
Mil.o 24. Feb.o 1779.
Dev.mo ed Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365, lett. 2. Autografo; bifoglio
di mm 170 × 210, scritto solo sulla c. 1r; segno di ceralacca sulla c. 2v, dove
figura l’indirizzo: «All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Ab.e Saverio
Bettinelli|Mantova».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 635. Pubblicata per la prima volta da


Bertana 1898, p. 87. Bellorini 1913-1915, ii, p. 175, lettera xvi; Mazzo-
ni 1925, pp. 1002-1003, lettera xxiii.

Il Parini ringrazia Bettinelli per gli elogi espressi nel seguente sonetto (si
cita da Bettinelli 1800-1801, xviii, p. 172, sonetto lii, nota a):

a Aggiunto in interlinea gli encomj.

1 Nell’ordinario venturo: con il prossimo corriere, nel successivo invio di corri-


spondenza.
lettere 167

E chi è costui che al suon de l’aurea cetra,


Qual tu Arno e Tebro oggi più omai non senti
Dall’Adda altero oltre le vie de’ venti
Levasi al par coi regnator dell’etra?
E non di Giove al fulmine s’arretra,
Non di Giunone alle pupille ardenti,
Ch’anzi dai numi al divin canto intenti
Grazia non pur ma maraviglia impetra?
Tu se’, Parini; ah tu novello Orfeo
Nato a placar le deità tremende
L’estro rinnova, ed il portento Acheo;
Passa l’Alpi nevose, e a Marte crudo,
Che di Germania in sen tal fiamma accende,
Fà con l’arpa depor l’asta e lo scudo.
Il riferimento degli ultimi versi alla guerra di Boemia del 1778 induce a
datare il sonetto del Bettinelli a quello stesso anno. Bertana 1898, pp.
83-84, seguìto da Bellorini 1913-1915, ii, p. 175, individuò nel sonetto del
Parini Ardono, il credi, al tuo divino aspetto, volto a celebrare l’arciduchessa
Maria Beatrice, il testo che avrebbe occasionato gli elogi del Bettinelli
(cfr. Mazzoni 1925, p. 379). La prima volta il sonetto del Parini uscì ano-
nimo, e la sua paternità fu rivendicata dieci anni dopo in Rubbi 1789, ii,
p. 143 (il componimento, intitolato Nozze e col v. 1 Ardono, tel giuro al tuo
divino aspetto, è ivi, p. 53; cfr., per il testo, Isella 1985b, soprattutto pp.
49-52 e 61, e, per una lettura, Carducci 1942, pp. 331-333, che lo giudica
«veramente notevole» e «del più bello stile tra i latini e il secolo decimo-
sesto»; sulla collaborazione del Parini al «Giornale poetico» del Rubbi è
specifico Serena 1898).
Non ci è pervenuta la lettera di accompagnamento del sonetto. I
rapporti tra Parini e Bettinelli, al momento cordiali, si raffreddarono in
seguito, come risulta dall’epistolario tra Gianrinaldo Carli e Bettinelli
(cfr. Vianello 1935, p. 121; Catalani 2009, pp. xviii, 31-46). Cfr. anche
la lettera 7 e la relativa nota.
168 giuseppe parini

37
[A Saverio Bettinelli]

Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo.


Agli antichi debiti, che ho verso V. S. Ill.ma per lo splendore, ch’ella
s’è compiaciuta di dare al mio nome ne’ suoi nobilissimi scritti, si
aggiungono anche le recenti obbligazioni. L’attribuire a me singo-
larmente un componimento tanto lodato da lei; l’accompagnar
questo giudizio con un Sonetto, e con una lettera di quel pregio,
che oggi da pochissimi si può aspettare in Italia; il pigliarsi cura di
divulgare il Sonetto medesimo per farmi onor maggiore, cotesto
è un accumulare in una volta e in una sola persona tutti gl’irrita-
menti della vanità letteraria. Qualunque sia il componimento,
ch’ella mi attribuisce, io non sono in libertà di non creder pregevole
una cosa lodata da lei, persona così illustre per tante eccellenti pro-
duzioni dello stesso genere. Chiunque poi ne sia l’autore sarà egli
ben contento, vedendo, nel suo silenzio, cader sopra di se uno de’
più invidiabili elogi, e per la natura dell’elogio stesso, e molto più
per la qualità dello scrittore donde parte. Godo che l’abituale
prevenzione di V. S. Ill.ma a mio favore le faccia credere che quel
componimento sia mio; giacchè all’occasione di quello, provo la
influenza dell’amicizia e della stima, ch’ella mi ha sempre fatto
l’onor d’accordarmi. Sono anzi tentato di desiderare che potenti
motivi obblighino l’autore a resistere alla fune delle lodi; acciocchè
si dubiti sempre che quel componimento mi appartenga; e per
conseguenza io goda sempre dell’onor singolare, ch’ella mi ha fat-
to. Questo sentimento potrebbe esser tacciato di viltà: ma, avuto
riguardo all’eccellenza del fine, ardirei di chiamar questa una
magnanima viltà. D’altra parte chi se ne dicesse autore non sareb-
be creduto, non potendo mai sembrar probabile, che una persona
della intelligenza e del tatto di lei in questo genere di cose abbia po-
tuto ingannarsi attribuendomelo. Lieto adunque della gloria, che,
comunque sia, mi proviene da’ suoi encomj, ammirerò sempre la
facilità e la generosità, con cui ella, portata dalla superiorità del suo
genio, vola spontaneamente a cinger gli altri di quelli allori,a ch’ella
a Una breve parola cassata (che?).
lettere 169
sola ha oggi diritto di ottenere. Sono co’ più vivi sentimenti di ri-
conoscenza, d’ossequio, e d’amicizia
Di V. S. Ill.ma
Mil.o 27 Feb.o 1779.
Dev.mo e Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

BCTMn, Carteggio Bettinelli, busta 11, fasc. 365. lett. 3. Autografo; bifo-
glio di carta azzurrina, di mm 185 × 240, scritto sulle cc. 1r-v; l’indirizzo,
«All’Ill.mo Sig.re Sig.r P.ron Col.mo|Il Sig.r Ab.e Saverio Bettinelli|Manto-
va», compare sulla c. 2v, come nella lettera precedente, con segno di
ceralacca.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 635-636. Pubblicata per la prima volta


da Bertana 1898, pp. 87-88. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 176-177, lettera
xvii; Mazzoni 1925, p.1003, lettera xxiv.

L’involuta, artificiosa retorica del complimento di cui il Parini sembra


voler dar prova nella lettera – non senza sornioni ammicchi, si direbbe –
ha indotto a giudicare «non […] chiari» (Barbarisi-Bartesaghi 2005, p.
683) i motivi per cui egli esiti ad «assumere apertamente la paternità del
sonetto che al Bettinelli era tanto piaciuto» (Bertana 1898, p. 84). In ef-
fetti, nella lettera il poeta argomenta, con divertita arguzia, nel modo se-
guente: attribuendogli il lodato sonetto, il Bettinelli riconosce o meglio
costituisce «pregevole» il componimento e insieme dimostra «amicizia»
e «stima» nei suoi riguardi; meglio, perciò, lasciare che «si dubiti sempre»
dell’attribuzione, di modo che egli possa continuare a godere di quel
duplice onore che un’esplicita ammissione diminuirebbe; tanto più che
l’attribuzione è irrefutabile, provenendo da chi non può ingannarsi «in
questo genere di cose».
Per la non facile identificazione del sonetto attribuito al Parini dal
Bettinelli, si vedano le considerazioni di Mazzoni 1925 in nota al sonetto
ccxxxvi.
Sul Bettinelli, cfr. la lettera precedente e la lettera 7, con relative note.
170 giuseppe parini

38

[A Pietro Secco Comneno]


[giugno in. 1779]

Il Tedesco della Zecca, che come più abile ho scelto per fare il
Sigillo pretende non meno di quindici zecchini per farlo. Io gliene
ho esibiti1 dodici: ma egli non è contento. Non ho ardito di
strignere2 il contratto senza consultar V. S. Ill.ma. Ella mi dica che
debba fare, perchè mi sono impegnato di dar risposta decisiva3 per
dimani. Si tratta d’un lavoro piuttosto grande, e d’una composi-
zione di due figure etc. D’altra parte il Cagnoni più intelligente di
me in questa materia non crede il prezzo esorbitante, tanto più
che in Milano non si conosce chi potesse far meglio. Attendo il di
lei grazioso riscontro: ed ho l’onore di protestarmi
Dev.mo ed Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

P. S. L’Artista darà il lavoro finito nel termine di sei settimane. Il


Cagnoni poi ha oramai terminato il Rame4 della Patente.

AOMMi, Autografi di letterati, tit. vii, 156. Autografo; bifoglio di mm 187 ×


230, senza indicazione di destinatario né data, scritto solo sulla c. 1r, con
tracce di ceralacca sulla 2v. Il breve margine lasciato alla sinistra è occu-
pato dal poscritto, vergato perpendicolarmente al corpo della lettera.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 636-637. Edita per la prima volta in fac-


simile da Pecchiai 1917, che la ritiene sicuramente indirizzata al conte
Pietro Secco Comneno.

Nella tornata dell’8 giugno 1779 della Società Patriotica, il Parini presen-
tò il disegno della patente da rilasciarsi ai soci e informò di aver commis-
sionato l’esecuzione del sigillo all’artefice della Zecca.

1 esibiti: offerti, proposti. 2 strignere: concludere.


3 decisiva: definitiva, risolutiva. 4 Rame: lastra incisa.
lettere 171
Questa lettera è di poco precedente alla riunione sopra indicata ed è
dunque databile ai primi di giugno di quell’anno. Le incisioni sono opera
di Domenico Cagnoni (Verona, ? - 8 gennaio 1797), incisore regio dal 5 ot-
tobre 1770, per decreto promulgato da Francesco iii, duca di Modena, in
nome dell’imperatrice Maria Teresa.
Per la scelta dell’emblema della Società Patriotica, il 26 febbraio 1778
era stata costituita una Commissione composta dal Parini e dal Verri.
Nella seduta del 30 aprile, il Parini osservò: «La voce Patriotica, che qua-
lifica la Società, non è latina, nè per anco adottata dagli italiani. La me-
daglia potendo aver la leggenda in una delle due lingue, resta adunque il
farne la scelta» (Pecchiai 1917, p. 87). Per l’emblema propose, in alter-
nativa: due cornucopie col caduceo, una figura con al piede gli attrezzi
agricoli, un cittadino incoronato dall’Onore. L’emblema effettivamente
realizzato rappresentò l’Agricoltura incoronata da Mercurio (Paolo
Emilio Guarnieri nella ricordata «Gazzetta di Milano», per gli avveni-
menti della settimana dal 17 al 24 marzo, a p. 36 del ms. sopra cit., annota:
«La medaglia di questa società ha da un lato la Sovrana, e dall’altro
l’Agricoltura coronata da Mercurio»).
Il 20 aprile 1779 il Parini riferì sull’incarico ricevuto dal Secco Comne-
no di stendere le istruzioni per i soci corrispondenti (cfr. il testo elabora-
to dal Parini in Barbarisi-Bartesaghi 2005, iv.7, pp. 355-358). Il 27 giu-
gno 1780 il poeta venne proposto come membro della Commissione
incaricata di pubblicare il primo volume degli Atti della Società Patriotica,
ma vi rinunciò e l’incarico passò a Paolo Frisi, che si dimise a sua volta:
ad assolvere il compito fu poi padre Ermenegildo Pini (1739-1825), pro-
fessore di matematica (1765-1771) e di scienze naturali (1771-1812) alle scuo-
le di S. Alessandro. Le riunioni successive della Patriotica furono condi-
zionate dalle vicende relative alla morte di Maria Teresa e dal problema
dell’elogio (cfr. la lettera 40). Secco Comneno tenne una prima comme-
morazione il 23 dicembre e propose di affidare ufficialmente al Parini la
stesura dell’elogio solenne a nome della Società. Su tutta la vicenda, cfr.
Frisi 1995, particolarmente le pp. vii-lxix dell’introduzione di G. Bar-
barisi.
Il conte Pietro Francesco Secco Comneno (1734-1816), nobile lombar-
do, collaborò al «Caffè», fu eletto nel 1769 nella Giunta dei Banchi, diven-
ne regio amministratore delle Finanze nel 1771, poi subito consigliere del
Magistrato Camerale; nel 1780 passò alla Camera dei Conti, di cui, per
quattro anni, fu anche presidente. Seguì con zelo e competenza gli affari
concernenti la costruzione del teatro della Scala e della Cannobbiana,
dopo l’incendio del Teatro Ducale del 1776. Spesso critico nei suoi con-
fronti era stato Pietro Verri nelle lettere al fratello Alessandro (cfr., in
Verri 1910-1942, le lettere del 10 gennaio 1768, 28 dicembre 1768, 11 feb-
braio 1769 e 16 maggio 1770). Per volontà del Kaunitz partecipò all’orga-
nizzazione della Società Patriotica, di cui fu consigliere e, nel 1780, con-
172 giuseppe parini
servatore anziano. Su di lui, cfr. Pecchiai 1917, pp. 37-52 (la ricostruzione
di Pio Pecchiai, direttore dell’AOMMi, qui seguita anche per quanto ri-
guarda la cronologia e i temi delle varie sedute della Società Patriottica
nel 1778-1779, si basa su documenti del Fondo Secco Comneno, da lui con-
sultati presso l’AOMMi, andato distrutto nel primo dopoguerra).
Maestro della Zecca di Milano, allora da poco rinnovata, era Michele
Leitner, nominato in pianta stabile secondo il prospetto dell’organico del
personale della nuova Zecca allegato al dispaccio imperiale del 18 otto-
bre 1779 (cfr. la trascrizione del documento in Chiaravalle-Johnson-
La Guardia 1984, p. 118).
Domenico Cagnoni per la Società Patriotica predispose il rame della
patente con l’emblema (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 685) ed ese-
guì alcune vignette per il volume degli Atti. Cfr. Bertarelli 1909; DBI,
16, 1973, pp. 338-342; Spini 1984.
lettere 173

39

[Ad Antonio Greppi]


[Milano, gennaio 1780]

Il dottore Giovanni Risi, fratello del fiscale, stato in questo ultimo


triennio Regio Podestà di Piadena, e liberato con lode dal suo
Sindacato, desidera d’esser raccomandato a S. E. il Sig.r Conte di
Firmian per ottenere la conferma nella stessa Pretura per il trien-
nio venturo, affine di risparmiare le spese gravi di trasporto della
sua numerosa famiglia: oppurea per essere trasportato a Pretura
migliore.

ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, Residui (miscellanea), n. 173. Autografo; fo-
glio di mm 187 × 230, scritto solo sulla metà superiore della c. 1r; senza
data, destinatario né firma.

La ‘raccomandazione’ del Parini è «annessa» alla seguente lettera di Te-


resa Angiolini:
Conoscendo la stima che il mio degni.mo Sig.r Conte e Compare ha per le
persone di merito e particolarmente per il Sig. Abate Parini, ho accetato con
piacere la comissione che questo mi ha dato di suplicare V. S. Ill.ma di anche
proteggere il Dottore Risi nel modo espresso nella qui annessa Carta; non
permetendoli la di lui indisposizione di venire a fare quest’uficio in persona.
Nel servire un amico stimabile godo nel poter assicurare V. S. Ill.ma di que
sentimenti di gratitudine di rispetto con cui sarò sempre del mio Rispettabile
Sig.r Conte e Compare.
di Casa Gen.o 1780 Devot.ma obb.ma serva e comare
Teresa Angiolini
Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 637. Le due lettere sono state pubblicate
in appendice a Nicora 2000, p. 931 (il fondo archivistico è esattamente
il 401, e non il 410). Del dr. Risi si parla nella lettera 19.

a Scritto a sostituzione del cassato o almeno di essere promosso.


174 giuseppe parini

40

[A Gian Rinaldo Carli]


[1770-1780]

Co’ Signori che mi onorano de’ loro riguardi, divento alle volte
temerario; ma lo divento soltanto quando si tratta di far bene a
qualcuno. Ora è il caso. Il presentatore di questo ha bisogno d’una
protezione per ciò che espone nel suo Memoriale. Io non so tro-
varne una migliore in questo affare di V. S. Ill.ma e per questo uso
seco della mia temerità. Non ardirei di raccomandare altro che
persona onesta, massimamente a Lei. Dimando perdono se non
vengo in persona perchè è l’ora della scuola. Sono col maggior ri-
spetto
Di V. S. Ill.ma
V.o Dev.mo e Obbl.mo Ser.re
Giuseppe Parini.

BCASFo, Raccolta Piancastelli, Sez. Aut. xix sec., busta 147, ad vocem
Parini Giuseppe. Autografo; bifoglio di mm 170 × 215, scritto nella 1r. Nella
2v ceralacca e indirizzo: «Per V. S. Ill.ma|Sig.r Conte Carli|Sig.r e P.ron
Col.mo».

Pubblicata per la prima volta in Bartesaghi 2009.

Il conte Carli non può che essere Gian Rinaldo Carli, con il quale il Parini
entra in contatto ‘professionale’ dopo la costituzione del Consiglio Su-
periore di Economia (1765), di cui il Carli è presidente, con competenze
anche per le riforme culturali nel milanese. La presente lettera va collo-
cata tra gli anni 1770-1780: qui non si ravvisa ancora il tono confidenziale
che contraddistingue la lettera al Carli del 22 aprile 1780. Per un inqua-
dramento generale di questo testo, cfr. Bartesaghi 2009.
Sui rapporti con il Carli, cfr. la lettera successiva.
lettere 175

41
[A Gian Rinaldo Carli]
Mil.o 22. Ap.le 1780.

E dal S.r Conte Fiscale fratello, e dal S.r Conte Melleri ho ricevuto
felici nuove della salute di V. E. Il vivo desiderio che io aveva di ve-
derla ristabilita per molti anni non poteva crescere per li nuovi be-
nefici ch’Ella si è degnata di farmi: ma questo desiderio è ora ac-
compagnato da un sentimento di riconoscenza, che me lo rende
assai più caro, e grazioso. Ho una dolce fiducia che i miei voti sa-
ranno esauditi e ch’Ella riceverà per lungo tempo i miei ingenui1
ringraziamenti. Frattanto io godo della delizia dei palazzi che V.
E. si è degnata di aprirmi. Le sensazioni che io ci pruovo sono tan-
to più piacevoli quanto che sono sempre accompagnate dalle idee
della generosa amicizia, di cui Ella s’è degnata onorarmi. Dall’al-
tra parte mi pare d’esser diventato un gran Signore. L’altro giorno
venne qualcuno a prendermi colla carrozza, per condurmi alla
Società Patriotica. Io passai per un grande appartamento, scesi ap-
poggiato al bastone per un magnifico scalone, montai in carrozza,
e mi ci sdraiai con quella felicità, che conviene ad un Duca gotto-
so. Se io impazzisco, la colpa sarà di V. E., ma anche la pazzia ha i
suoi piaceri, e di questi ancora sarò debitore a Lei. Invidio a V. E.
il soggiorno della campagna; e invidio V. E. al soggiorno stesso.
Qualche volta ci troveremo insieme V. E., la campagna, ed io. In-
tanto Ella ne profitti con quella cautela, che meglio possa conser-
varla a Lei, ed a suoi servidori, frà i quali io mi pregierò sempre
d’esser annoverato. Sono col maggior rispetto.

ASTs, Manoscritti della famiglia Carli, microfilm 1398, fotogramma 139,


corrispondente alla filza 1470 dell’Inventario redatto da Majer 1904, pp.
141-142. In tale fondo è conservata gran parte delle lettere dei corrispon-
denti del Carli, tra cui Isidoro Bianchi, Alessandro Verri e il Parini. La
lettera del Parini reca l’indicazione: «p. 724» e «p. 725», dovuta ai curatori
della trasposizione in microfilm. Il riscontro del testo su supporto ma-

1 ingenui: sinceri.
176 giuseppe parini
gnetico non consente di fornire altre notazioni codicologiche. I mano-
scritti inventariati dal Majer all’Antico Archivio Municipale di Capodi-
stria furono asportati nel 1944 dalla Sopraintendenza bibliografica di Ve-
nezia e sono oggi alla BNMVe. Nel 2006, Livia Brunori, nel pubblicare le
lettere al Carli dell’ex gesuita spagnolo Juan Andrés, informava che il ma-
teriale d’origine era costituito da «dos grandes volúmenes manuscritos
que reúnen 101 cartas de Carli y muchas centenas de misivas dirigidas a
él, de los años 1737-1793», aggiungendo che i manoscritti del “Fondo Car-
li” si conservano alla BNMVe, «pero son inaccessibles» (Andrés 2006, ii,
p. 720). Inaccessibilità che, purtroppo, perdura tuttora.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 637-638. Edita per la prima volta da Pa-


sini 1905a. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 177-178, lettera xviii; Mazzoni
1925, p. 1004, lettera xxv.

Sull’ospitalità al Parini in occasione dei lavori di risistemazione della


«fabbrica delle scuole» in Brera, affidata al Piermarini, Gian Rinaldo Car-
li ritornò in una lettera del 28 giugno al marchese Girolamo Gravisi, suo
cugino: «In questa casa ho dato un quartierino all’abate Parini, il quale
presto pubblicherà la Sera e la Notte unitamente al Mattino e al Mezzogior-
no riveduti e corretti» (Vianello 1935, p. 139). I rapporti tra Carli e Parini
si raffreddarono ai tempi della Rivoluzione francese. In una lettera al
Greppi del 1 gennaio 1793 (riprodotta parzialmente da Vianello 1935, p.
120, da cui si cita; in ASMi, Fondo Greppi, cart. 401, Miscellanea, nel gruppo
delle lettere del Carli al Greppi non è compresa quella citata dal Vianel-
lo), Carli scrisse: «Io sono così pieno d’orrore per l’eccesso d’iniquità suc-
ceduto in Parigi che non posso pensarci senza fremere. Eppure, crede-
rebbe Ella? In Milano nella Bottega di Speranza [scil. il libraio Domenico
Speranza, in Corsia dei Servi, frequentato quasi quotidianamente dal
Parini, secondo la testimonianza del Reina], al Camino del Ridotto in
Teatro e altrove si difende e si loda il fatto!».
La scarna annotazione del Carli, utilizzata per individuare il momen-
to in cui Parini pensò di articolare la Sera in due parti distinte, trova con-
ferma e ulteriori precisazioni nella «Gazzetta di Milano» del già ricordato
Paolo Emilio Guarnieri ([1780], pp. 114-115, «dai 12 ai 19 agosto»), di poco
posteriore, sfuggita agli studiosi:
Pare che il tanto celebrato Parini finalmente sia poco lontano dal momento
di dar fuori la sua tanto aspettata Sera. Viene animato a questo da Passeroni
ed altri, ma siccome quest’ultima parte della sua poesia venne a diventar più
lunga assai dell’altre a causa dell’ampiezza dell’argomento, così verrà divisa
in due porzioni: una si dirà Sera, l’altra Notte! Per altro se Parini non corri-
sponde alla lusinga comune, anzi se in lui va illanguidendosi la vena, come
al pubblico è paruto di rilevare dal Mattino al Mezzogiorno, l’epoca vuol esse-
re molto decisiva alla sua gloria massime dopo i già comparsi poemetti del
lettere 177
Bo[n]di e del Duranti, che hanno tutti incontrato, i quali devon esser tutti
superati, tanto più che per colmo dello staio Parini sopra di essi non ha mai
pronunziato una favorevole sententia, quantunque forse per lettera scriven-
done agli autori si sarà contenuto, come è ragionevole, nei limiti della civiltà
e del giudizio. Non è dunque tutto timor panico quello di Parini, e non è
inutile la di lui insaziabilità di limare e riforbire i suoi versi.

Gian Rinaldo Carli (Capodistria 1720 - Cusano Milanino 1795), di nobile


famiglia istriana, trasferitosi a Milano, fu presidente del Supremo Consi-
glio di Economia dal 1765 al 1771, poi del Regio Magistrato Camerale dal
1771 al 1780. Si interessò di storia, economia, finanza. Collaborò al «Caffè»
con l’articolo Della patria degli Italiani. Su di lui, cfr. DBI, 20, 1977, pp. 161-
167; Trampus 1992. Sui suoi difficili rapporti con Pietro Verri seguiti a
una stretta amicizia, cfr. Verri 2003, p. 106; Trampus 2004. Sul deterio-
rarsi di quelli col Parini, cfr. Pasini 1905a e, più recentemente, Catalani
2009, pp. xviii, 31-46.
Come già indicò Pasini 1905a (pp. 246-247), il «Conte Fiscale» è Giro-
lamo Carli (1728-1790). Chiamato a Milano dal fratello Gian Rinaldo, la-
sciò Venezia, dove esercitava l’avvocatura. Fu nominato sindaco fiscale
nel 1768 e avvocato fiscale l’anno seguente; nel 1786 divenne Presidente
del Tribunale Criminale di prima istanza e direttore dell’Ufficio di Polizia.
Lasciò un trattato sulle Leggi matrimoniali e sugli impedimenti dirimenti.
Giovanni Battista Mellerio, zio del più famoso Giacomo e conte dal
1776, fu responsabile della riscossione delle imposte dal 1750/1751 al 1770,
insieme con il Greppi. Allo scioglimento della Ferma, entrò con Pietro
Verri e Placido Velluti a far parte del Dipartimento delle Finanze (ope-
rante all’interno del Magistrato Camerale, di cui era presidente il Carli),
dove restò fino al dicembre del 1778, curando il settore del dazio della
mercanzia. Cfr. Capra 2002, ad Ind.
Il passo finale della lettera, di tono scherzoso, presenta «una situazio-
ne speculare a quella che di lì a poco avrebbe aperto l’ode La caduta»
(Spaggiari 2011, p. 170); per un paragone con l’epilogo del Mattino, vv.
1071-1074, cfr. qui supra l’Introduzione, p. 15.
178 giuseppe parini

42

[Al conte Carlo Firmian]

Eccellenza.
La Società Patriotica mi ha dato l’onorevolissimo incarico di
tessere un Elogio alla defunta Sovrana sua gloriosa Institutrice.
Ma quanto l’incumbenza è sommamente consentanea a i senti-
menti del mio cuore; altrettanto è sproporzionata alle facoltà
della mia mente. In tale circostanza da niun altro potrei sperare
più benigni più grandi e più efficaci sussidj, che da V. E. Ardisco
dunque di supplicare la singolare umanità dell’E. V. che voglia
aver la degnazione di farmi comunicare quelle cose più straordi-
narie intorno alle virtù di una tanta Sovrana, che V. E. giudicherà
più opportune, e le quali le debbono spezialmente esser note in
grazia delle ben meritate gloriose relazioni in cui Essa è collocata.
Chiedo umilmente perdono della temerità mia: e sono con pro-
fondo rispetto
Di V. E.
26. Dicembre 1780.
Umil.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

BNBMi, Aut. B vi 23/2. Autografo; bifoglio di mm 250 × 330, scritto so-


lo sulla metà inferiore della c. 1r; in alto l’indicazione: «Eccellenza». La
cartelletta che la contiene (cfr. la lettera 18) indica nel Firmian il desti-
natario.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 638. Pubblicata per la prima volta da


Berlan 1865, p. 7. Bellorini 1913-1915, ii, p. 178, lettera xix; Mazzoni
1925, pp. 1004-1005, lettera xxvi, segnala erroneamente che l’autografo
«non si trova nella Braidense nè nell’Archivio di Stato di Milano» (p. 978).
Entrambi seguono Berlan e accolgono la sua persuasiva proposta di
identificare il destinatario nel Firmian.
Pecchiai 1917, p. 88n, riteneva probabile invece l’identificazione in
Gian Rinaldo Carli.
Sulle vicende dell’elogio in morte di Maria Teresa, cfr. qui la lettera 43.
lettere 179

43

[A Francesco Griselini,
segretario della Società Patriotica]

Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo


Mi sono sempre gloriato d’ubbidire alla Società Patriotica in tut-
to ciò, che si è compiaciuta d’ordinarmi. Assai più me ne glorio
presentemente che l’Incarico offertomi è per tanti titoli onorevole
e prezioso. Accetto adunque l’incumbenza di tesser l’Elogio alla
defunta Sovrana, accingendomi ad eseguirla in quel miglior mo-
do che i miei deboli talenti mi permetteranno di fare. Priego V. S.
Ill.ma di render nota alla Società questa mia disposizione; e di rin-
graziarla vivamente in mio nome dell’onor singolare che s’è de-
gnata di compartirmi. Sono con perfetto ossequio
Di V. S. Ill.ma
2. Gen.o 1781.
Dev.mo Obb.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 2. Autografo; bifoglio di mm 215 × 330, scritto solo sulla
c. 1r.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 639, che indica però il destinatario in


Carlo Amoretti. Pubblicata per la prima volta da Reina 1801-1804, iv, p.
171. Bellorini 1913-1915, ii, p. 179, lettera xx; Mazzoni 1925, pp. 1004-
1005, lettera xxvii. Né Reina né Bellorini né Mazzoni identificano il se-
gretario della Patriotica cui è destinata la lettera.

È la lettera con cui il Parini accettò l’incarico di tesser l’elogio funebre di


Maria Teresa, affidatogli nell’adunanza del 23 dicembre 1780 dalla Società
Patriotica a seguito dell’auspicio formulato dal presidente, conte Pietro
Secco Comneno, e comunicatogli dalla seguente lettera del segretario,
Francesco Griselini (la si cita dai verbali delle sedute della Patriotica, con-
servati in copia unica in BNMi, A. F. xi. 33, Appuntamenti della Società Pa-
triotica dalla sua istituzione sino all’anno 1783 incluso, p. 133, donde trascrive,
con minime imprecisioni, Salveraglio 1881, p. xxi):
180 giuseppe parini

La Società Patriotica nella sessione, che tenne ai 23. del mese p. p., relativa-
mente al suggerimento del Sig. Con. Secchi, ha determinato, che in una
solenne ragunanza si reciti un Elogio alla memoria immortale dell’Augusta
difonta Sovrana, e tutti i Socj sono concorsi nel sentimento di appoggiarne
l’incarico ai lumi superiori di V. S. Ill.ma.
In sequela di ciò mi è stato ordinato di ricercarle se Ella sia, come si desi-
dera, per assumersi tale impegno, e di riferire prontamente la sua risposta al
prefatto [sic] Sig. Conte.
In attenzione della medesima io son e sarò sempre con i sentimenti del
maggior ossequio.
Di V. S. Ill.ma
Casa 2. Gennajo 1781.
Umiliss. Dev. Obblig. Servitore
F.co Griselini. Segr.
La presenza della firma in calce a questa lettera sembra fugare ogni
dubbio circa l’identificazione del destinatario della responsiva parinia-
na, il cui autografo manca d’indirizzo. È vero che Pecchiai 1917, p. 110,
data all’11 dicembre 1780 il decreto giubilativo che rimosse dal segreta-
riato della Patriotica Francesco Griselini, cui subentrò l’abate Carlo
Amoretti; ma si può supporre che l’avvicendamento, avvenuto tra l’al-
tro in coincidenza con le festività di fine anno, divenisse effettivo solo
il 3 febbraio 1781, quando il Griselini fu nominato segretario emerito e
socio corrispondente (cfr. Atti 1783, p. 27), e che pertanto, nelle more, la
corrispondenza ufficiale della Società continuasse a essere firmata dal
Griselini.
Nella riunione del successivo 30 gennaio, il Parini accettò di recitare
l’elogio nella tornata solenne del 10 maggio e di lasciarlo inserire in aper-
tura del primo volume degli Atti della Società, dopo il proemio, secondo
la proposta formulata dal curatore, prof. Ermenegildo Pini. Il 22 marzo
si concordarono poi, presente il Parini, le modalità della recita del 10
maggio. Ma il 15 di questo mese Cesare Beccaria, conservatore anziano
della Patriotica, comunicava ai soci che la pubblica adunanza del 10 non
si era potuta tenere per «la malattia» del poeta (è la «lunga malattia di ca-
po» da cui il 15 giugno scrive a Giovan Battista Corniani di cominciare
«appena […] a riaversi»: cfr. qui infra la lettera 44), aggiungendo però che
questi «credeasi in istato di recitarlo [scil. l’elogio] avanti la fine del mese»
e fissando a quel tempo la tornata solenne. Il segretario così ne scrisse al
Parini (Salveraglio 1881, p. xxiv):
Il sig. Marchese conservatore ha significato alla Società i suoi incomodi e il
desiderio suo di protrarre per quindici giorni ancora la pubblica sessione. La
Società ben sensibile al di Lei male ha non solo a ciò volontieri acconsentito
ma essendo fra quindici giorni il dì dell’Ascensione l’ha protratta sino ai 31
del corrente.
lettere 181

Sennonché cinque giorni dopo, nella seduta straordinaria del 20 maggio


1781, il Beccaria ebbe a comunicare ufficialmente la rinuncia del poeta
rendendone pubblica la lettera con cui la formalizzava (Appuntamenti del-
la Società Patriotica dalla sua istituzione sino all’anno 1783 incluso, BNBMi,
A. F. xi. 33, vol. i, pp. 143-144, col. 1; il verbale è a firma del segretario Carlo
Amoretti):
Il Sig. March. Conserv.eAnziano espose alla Società i motivi d’averla convocata
straordinariamente, giacchè altra sessione erasi tenuta pochi dì prima. La
cagione principale fu per una lettera ricevuta dal Sig. Abbate Parini, in cui
questi pregava la Società a scioglierlo dal datogli, ed accettato incarico di reci-
tare nella già fissata pubblica adunanza l’Elogio dell’Augusta Fondatrice. Scri-
veva in tal lettera, che mal ferma era la sua salute quando la Società gli fece
l’onore di volgersi a lui per tal Elogio; ma che ciò non ostante egli l’accettò spe-
rando di presto ristabilirsi. Non lasciò d’occuparsene, malgrado la poca salute
e un pressochè continuo mal di capo, e si lusingò di potervi dare compimento
in breve. Essendo vicino il prefisso tempo se ne occupò piucchè mai, cosicchè
il soverchio studio indebolì vieppiù la sua mente: sperò trovar sollievo e forza
nell’aria più pura della campagna; ma ivi il male crebbe a segno che disperando
di poter servire alle viste della Società credè necessario di ritirarsi dall’impe-
gno, per non protrarre più lungamente l’aspettazione dell’Elogio, tanto più
che non aveva alcuna speranza di pronto ristabilimento. Avendo ciò esposto il
Sig. March. propose di protrarre la pubblica Sessione in Settembre, tempo a
cui per insinuazione della Reg. Corte s’è già fissata per gli anni avvenire, e in
essa, omettendo l’elogio funebre, che sarebbe fuor di tempo, recitare delle dis-
sertazioni intorno alla Società, delle quali sarebbesi in altra sessione parlato.
Pochi giorni dopo, il Beccaria, non senza imbarazzo, annunciò a Vienna
ufficialmente la soppressione della solenne celebrazione (lettera del 24
maggio 1781 a Ferdinando d’Asburgo-Lorena, in Copia-Lettere della Socie-
tà Patriotica, 1781-1784, BNBMi, A. F. xi. 37, vol. i, p. 4, edita in Beccaria
1996, pp. 580-581):
Mi do l’onore di presentare a Vostra Altezza Reale le solite coppie delle due
sessioni della Società Patriotica de’ 5 Aprile e de’ 15 Maggio, che venner ap-
provati [sic] nella sessione ultima de’ 20 del corrente. S’uniscono ad esse al-
cune copie del programma de’ premi dati e de’ quesiti proposti dalla Società
e che pubblicar si doveano nell’adunanza solenne. Questa è restata sospesa
come meglio rileverà dagli Appuntamenti de’ 20 Maggio per la malattia del
R. Prof. Sig. Ab. Parini, che dovea in essa recitare l’Elogio della defunta
Imperatrice d’immortal memoria, e si terrà in Settembre per seguire così le
insinuazioni della R. Corte, giacchè mancando l’Elogio, mancava la ragion
principale di anticiparla.
Nella col. 2 dei citati Appuntamenti della Società Patriotica, p. 144, si legge
la seguente annotazione: «La lettera [scil. della rinuncia del Parini] è pres-
so il Sig. M.se Beccaria» (il documento risulta oggi smarrito).
182 giuseppe parini
Reina 1801-1804, i, p. xxi, senza indicarne la fonte e senza renderlo
pubblico integralmente, riporta un passo di uno scritto del Parini a Gian-
rinaldo Carli che offre una spiegazione diversa della rinuncia: «io non tro-
vo […] veruna idea soddisfacente, su cui tessere l’elogio della Imperadrice: ella
non fu che generosa: donare l’altrui non è virtù» (il corsivo, del Reina, segnala
le precise parole del Parini); spiegazione che non convince Salveraglio
1881, pp. xxvi-xxx (il quale ricorda la dedica dell’edizione Reina a Napo-
leone), e che Bortolotti 1900, p. 105 (il quale però legge «ella non fu
generosa», senza il che), suppone «inventata di sana pianta, contrastando
solennemente con le opinioni del poeta intorno a Maria Teresa».
Su tutte queste vicende, cfr. l’introduzione di Gennaro Barbarisi a
Frisi 1995, particolarmente le pp. xv e l-li, dove è riprodotto il verbale
della seduta della Patriotica; e cfr. anche Berlan 1865, pp. 6-7, e Salve-
raglio 1881, pp. xx-xxx.
Sul Griselini cfr. qui supra, in nota alla lettera 3. Sul poligrafo Carlo
Amoretti (Oneglia 1741 - Milano 1816), agostiniano e poi prete secolare,
dottore dell’Ambrosiana, storico dell’arte ma soprattutto cultore di
scienze agrarie ed economiche, cfr. Arato 1987 e Morgana 2010.
lettere 183

44

[A Giovan Battista Corniani]

Una lunga malattia di capo, che m’ha influito sopra la mente, e


mi ha cagionato anche dei dispiaceri dell’animo, e dalla quale ap-
pena comincio a riavermi, m’impedisce tuttora di applicare; e i
medici mi comandano di non farlo. Non pertanto il bello Elogio
da V. S. Ill.ma regalatomi, e le lodi, ch’Ella vi ha sparse delle cose
mie, mi obbligano a farle un cenno della gratitudine che io pruo-
vo. Non mi torna conto di esaminare quanto l’amicizia, di cui Ella
mi onora, abbia potuto farle illusione a mio riguardo. Le dirò ben-
sì ingenuamente,1 che le pubbliche lodi datemi da una persona del
merito di Lei non potevan giugner più opportune per una certa
mia fatale circostanza, della quale rimetto altre volte a parlarle.
Sebbene adunque io non sia mai stato gran cosa avido di lodi, que-
sta volta nondimeno son contento d’averle ottenute, e massima-
mente da Lei. Non mi stendo a farle complimenti sul suo Elogio
per la difficoltà, che ho tuttavia allo scrivere. Mi basta di dirle con
tutta verità, che questo è l’Elogio non meno del Conte Duranti,
che dell’ingegno e del giudizio e del cuore di Lei medesima. Ella
interpreti queste poche parole per quel molto, che le vorrei dire,
e sia certa, che queste non provengono dalla riconoscenza, ma
dalla giustizia. Continovi a farsi onore nella Letteratura Ella che
il può far così bene: e si degni di considerar sempre me fra il nu-
mero de’ suoi veri estimatori. Sono col maggior ossequio
Milano 15 Giugno 1781.

Autografo non rintracciato.

Per la maggior conformità del testo con l’usus pariniano, si trascrive qui
da Reina 1801-1804, iv, pp. 177-178, accogliendo da Barbarisi-Bartesa-
ghi 2005, pp. 639-640, che peraltro non dichiara la propria fonte, la rein-
tegrazione del consueto «Ill.ma» in luogo di «Illustr.» e la collocazione in
calce della data (ma non l’erronea lettura «dirà» pro «dirò», né la paragra-

1 ingenuamente: schiettamente.
184 giuseppe parini
fatura, né l’aggiunta della formula «Dev.mo e Obbl.mo Serv.re», non fatta
precedere dal genitivo «Di V. S. Ill.ma»). Degne di nota due pur minime
varianti della prima edizione, Rubbi 1796, pp. 45-46, che qui non si segue
essendo nota la prassi manipolatoria di quella raccolta: «di non lo fare»
pro «di non farlo»; «il può così bene» pro «il può far così bene» (si aggiunga
il refuso «illuzioni» pro «illusioni» e lo scioglimento «Illustriss.» di
«Ill.ma»). Dal Reina sembrano dipendere Bellorini 1913-1915, ii, pp. 179-
180, lettera xxi e Mazzoni 1925, p. 1005, lettera xxviii, nei quali le diffe-
renze riguardano solo punteggiatura, maiuscole e resa delle abbrevia-
zioni.

Il Parini ringrazia il Corniani per le lodi da lui espresse nell’elogio del


Duranti (cfr. la lettera 33; Rubbi 1782, viii, pp. 26-27):
Quì egli [scil. Durante Duranti] un sommo diletto prendea nel riandare le
opere de’ poeti, e singolarmente si compiacea nella lettura del mattino, e del
mezzogiorno poemetti di lavoro eccellente dell’immortale Parini, e già trop-
po celebri per aver d’uopo de’ nostri encomj. Avendo egli frequentemente
alle mani quest’opera, ed esaminandola in ogni sua parte, vide, che forse si
poteva alquanto più estendere la critica al costume presente. E in fatti l’abate Parini
essendo limitato a sferzare soltanto i ridicoli del mondo nobile, lasciava ad
altro prode campione aperto un campo vastissimo, ove poter egli smasche-
rare, e conquidere i vizj coperti d’oro, e le colpe intatte de’ grandi, e de’ po-
tenti. Il conte Durante si accinse all’opera, e scrisse il poema dell’uso. Le me-
schine occupazioni, e le facende degli odierni illustri zerbini si rassomigliano
quasi tutte in quasi tutte le ore del giorno; ma la fantasia fecondissima del
sovra-lodato Parini le ha variate, e distinte con sempre nuove figure, e le ha
insieme legate con un’artificio inimitabile. Il conte Durante presenta egli an-
cora nell’accennato poema molti quadri coloriti con forza, molti altri con
leggiadria, e risplende per molti lampi d’immaginazione che rallegrano, e
temperano la uniformità dell’amara ironìa, ch’egli pure maestrevolmente
maneggia, così che non lascia luogo ad equivoci. Ciò non ostante l’opera pa-
riniana riesce più dilettevole a leggersi, e ciò forse procede dalla diversità del-
l’assunto, poichè Parini, come abbiamo di sopra osservato prende di mira il
ridicolo, e il ridicolo si manifesta sempre in aria gioconda, e festevole, dove
il conte Durante si propone di scardassare il vizio, e il vizio sotto qualunque
aspetto si mostri, desta sempre una qualche idea di dolore.
Fu il Corniani stesso a trasmettere l’autografo pariniano al Rubbi perché
lo inserisse nel suo «Epistolario». Scriveva infatti il conte bresciano al ti-
pografo veneziano Antonio Graziosi il 7 novembre 1795 (Rubbi 1795,
xlix, nº 508, pp. 391-392):
Mi vennero giorni sono casualmente alle mani alcuni fogli dell’Epistolario.
Mi piacquero, benchè letti di sfuggita. M’invogliai d’associarmi e ne invogliai
altri ancora. […] M’è venuto quindi il pensiero di contribuire a questa intra-
presa, quanto per me si può. […] La mia inerzia per dire il vero non mi ha
lettere 185
permesso di essere molto accurato nel tener conto delle lettere degli uomini
illustri, che mi hanno onorato della loro corrispondenza. Ma pure jeri l’altro
frugando in certi miei scartafacci ne ho ritrovato alcune, di cui unisco alla
presente gli originali. Sono di celebri nomi: ab. Parini, co: Durante Duranti,
co: Rezzonico ec. […] Mi basta darle la prova dell’applauso mio per la sua
ben concepita idea, e di quella candida stima, ed amicizia, che le professo […]

Su Giovan Battista Corniani (Orzinuovi, 18 febbraio 1742 - Brescia, 13


novembre 1813) cfr. DBI, 29, 1983, pp. 267-271. Del Corniani figura, tra i li-
bri posseduti dal Parini, la prima edizione dell’opera I primi quattro secoli
della letteratura italiana dopo il suo Risorgimento, Bassano, Remondini, 1796
(cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 746, nº 237 dell’inventario).
186 giuseppe parini

45

[All’arciduca Ferdinando d’Austria]


[1783]

Altezza Reale.
Nella imminente Provvista de’ Benefici semplici vacanti,
l’Umil.mo Serv.re dell’A. V. R. il Sacerdote Giuseppe Parini Pro-
fess.e di Belle Lett.e nelle Scuole Palatine, sperando qualche beni-
gna contemplazione1 alle sue circostanze di fortuna di salute e di
servigio
Umilmente supplica la R. A. V. che si degni di nominarlo ad al-
cuno de’ mentovati Beneficii. Che etc.

ASMi, Culto, Parte Antica, Benefici vari, 1779-1783, cart. 545, fasc. 6 (1783,
concorrenti a Benefizj), n. 72. Autografo calligrafico; bifoglio di mm 220 ×
330, scritto sulla c. 1r; in alto, centrale: «Altezza Reale», seguito da
ampio spazio bianco; a sinistra, d’altra mano: «Parini Prete Gius.e R.º
Profess.e pet.e Beneficio»; sulla c. 2v: «Altezza Reale dal Sacerdote
Giuseppe Parini».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 640. Bellorini 1913-1915, ii, p. 181,


lettera xxiii; Mazzoni 1925, p. 1006, lettera xxx.

Sull’arciduca Ferdinando d’Austria, cfr. Capra 1987, ad Ind.

1 contemplazione: considerazione, riguardo.


lettere 187

46

[Al conte Johann Joseph Wilczeck]


[1783]

Nella imminente Provvista de’ Benefici Semplici vacanti il Sacer-


dote Giuseppe Parini si prende la libertà di umilmente ricordar la
sua persona all’E. V. Ciò non fa egli per sollecitare inopportuna-
mente le beneficenze superiori; ma soltanto per non aversi a rim-
proverare di non essersi presentato a qualche benigna disposizio-
ne che possa essere nel Reale Governo a favore di lui.
A questa occasione permetta V. E. che il Parini, necessitato dal-
la qualità di supplicante ed affidato alle antiche e recenti dimostra-
zioni di bontà dategli dall’E. V., esponga per la prima volta le sue
circostanze senza pusillanimità e senza iattanza.
Sono già da1 quattordici anni ch’ei copre la Cattedra di Belle
Lett.e nelle Scuole Palatine: non ha mai mancato d’Uditori: ed ha
procurato sempre d’assisterli con esattezza e con zelo.
In tal decorso di tempo, quando d’immediata quando di media-
ta commissione del Governo, è stato applicato ad altre operazioni
straordinarie: come a formare un Piano d’istituzione d’un’Acca-
demia di Belle Arti, copia del quale esiste presso di lui: a cooperare
ad un Piano d’istituzione della Società Patriotica in compagnia de’
Cons.i M.se Beccaria e C.te Secchi. Sì nell’uno che nell’altro caso
gli furon date ragionevoli speranze dell’Impiego di Segretario
nelle dette Istituzioni: ma ciò non ebbe poi luogo.
Creatasi dal Governo con approvazion della Corte una Com-
missione Letteraria per la formazione de’ Libri Elementari sco-
lastici, la quale, indipendentemente dagli Individui della Com-
missione, non fu condotta a termine in tale incumbenza, dopo
avere il Parini compilato sulle memorie de’ suoi Colleghi e sulle
proprie il Piano da tenersi nella formazione de’ mentovati libri,
cooperò all’eseguimento per lo spazio di tre anni, come appari-
sce dai Saggi presentati al Governo, e dalle memorie esistenti
presso di lui.

1 da: circa.
188 giuseppe parini
Nelle Nozze di S. A. R. compose e mise in scena per superior
commissione un Dramma che fu rappresentato a vicenda con
uno dell’Ab.e Metastasio.
Per queste e simili cose non ebbe il Parini nè ricercò mai nè gra-
tificazione nè aumento al suo soldo primitivo di lire duemila.
Altronde, lasciando di parlare de’ suoi studj privati, si è egli abi-
tualmente prestato giusta la sua tenue capacità, a qualunque gli
ha fatto l’onore di ricercarlo della sua opera o direzione in materia
di Letteratura o di Belle Arti, come per l’una parte è notorio, e per
l’altra ne possono render conto a V. E. spezialmente lo Scultore
Franchi, e il Pittore Martini.
Il Parini rispettosamente sottopone le accennate cose alla beni-
gna riflessione di V. E. stimolato dalla sua presente condizione fi-
sica ed economica. Egli è privo di patrimonio, innoltrato nell’età,
infermo delle gambe, cagionevolissimo di salute: e, sebbene con-
tento della mediocrità, teme d’andare incontro ad una vecchiezza
più d’ognaltra incomoda e male assistita.
Questi ultimi motivi spera egli che possano interessare l’uma-
nità di V. E. ad assisterlo, quanto sia permesso dal miglior ordine,
o nella presente occasione di Provvista o in altra simile.

ASMi, Culto, Parte Antica, cart. 545, fasc. 6, n. 72. Autografo calligrafico;
bifoglio grande, di mm 220 × 330. Scritto sulle cc. 1r-v con ampio margine
a sinistra. In alto a sinistra, d’altra mano: «Parini Regio Professore|pe-
tente|Beneficio»; sulla c. 2v, in posizione centrale: «Per vostra Eccellen-
za Promemoria di Giuseppe Parini».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 640-641. Bellorini 1913-1915, ii, pp.


182-183 (indica il destinatario nel conte Wilczeck in forma dubitativa),
lettera xxiv; Mazzoni 1925, pp. 1006-1007, lettera xxxi.

Nonostante le cautele di Bellorini, non sembrano esserci dubbi sul-


l’identificazione del destinatario. La lettera va assegnata al 1783, per il
computo dei quattordici anni di insegnamento nelle Scuole Palatine,
dal 1769; queste ultime, anche a Brera, mantennero tale denominazione
fino al 1786. Nel 1783 il conte Wilczeck era subentrato al Firmian, dece-
duto l’anno prima, nella carica di ministro plenipotenziario. Analogo
promemoria del Parini al Wilczeck nella lettera 30, nella quale si fa ap-
punto riferimento al dramma di Parini, l’Ascanio in Alba (cfr. la lettera
30 e relativa nota).
lettere 189
Il pittore Martini è il tirolese Martin Knoller (Steinach 1725 - Milano
1804), che, insieme con lo scultore Giuseppe Franchi (Carrara 1731 - Mila-
no 1806), lavorò al Palazzo di Corte. Notizie bio-bibliografiche su en-
trambi in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 567-568.
190 giuseppe parini

47
[All’arciduca Ferdinando d’Austria]
[17 settembre 1783]
Lentate
Nella presente vacanza del Beneficio Semplice eretto sotto il
titolo della Invocazione e nella Chiesa della B. V. del luogo di
Lentate, l’Um.o Serv.re di V. A. R. il Professore Sacerdote Giuseppe
Parini, sperando qualche clemente riguardo all’anzianità ed esat-
tezza del suo servigio, alla tenuità della sua fortuna, e spezialmen-
te alle abituali e crescenti incomodità della sua salute,
Umilmente supplica la Medesima R. A. V. che si degni di nomi-
narlo al detto Beneficio. Che etc.

ASMi, Culto, Studi, Parte antica, cart. 273. Autografo; monofoglio di mm


215 × 300, scritto nella c. 1r; dopo «Lentate» segue ampio spazio. Nella c.
1v: «Beneficio Semplice in S. Maria Assunta di Lentate P.ve di Seveso.»
Oltre a questa, sempre in ASMi (Culto, Parte antica, cart. 533 e Autografi
Monti-Parini, cart. 178), esistono altre 5 versioni, di cui 4 autografe e 1 co-
pia, della supplica di Parini, alcune delle quali riportano, a parte, l’anno-
tazione del millesimo, «1783», e differiscono solo per minime varianti. Ad
esempio:
Altezza Reale.
Nella vacanza del Beneficio Semplice eretto sotto il Titolo e nell’Oratorio di
S.ta Maria Assunta di Lentate Pieve di Seveso, l’Umil.mo Serv.re di V. A. R. il
Sacerdote Professore Giuseppe Parini, osando rammemorare le sue circo-
stanze di Pubblico servigio, di salute, d’età e di fortuna,
Umilmente supplica l’A. V. R. che si degni di nominarlo al detto Beneficio.
Che etc.
Nella 1v, colonna destra del foglio, in basso, sempre di pugno del Parini:
Altezza Reale.
del
Sacerdote Profess.e Giuseppe Parini,
che supplica d’esser nominato
al Beneficio Semplice eretto
sotto il Titolo di S.ta Maria Assunta
di Lentate Pieve di Seveso.
lettere 191

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 642, dal quale si desume la data. Bor-


tolotti 1900, p. 240, documento 8; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 183-184,
lettera xxv; Mazzoni 1925, p. 1007, lettera xxxii.

La supplica del Parini non ebbe buon esito: il beneficio venne accordato
all’abate conte Carlo Melzi nell’ottobre del 1784 (cfr. Bortolotti 1900,
p. 117).
Lentate (oggi Lentate sul Seveso) è sulla destra del fiume Seveso, a 26
km a nord-ovest di Milano.
192 giuseppe parini

48

[A Carlo Castone Della Torre di Rezzonico]


[1783]

Ill.mo Sig. e P.ron Col.mo


Non posso che commendare l’eleganza la copia e l’evidenza del
bel poemetto che V. S. Ill.ma si è compiaciuto di comunicarmi. Ho
ammirato poi spezialmente la bella descrizione dell’assalto dato
alle mura di Como, la bella similitudine del torrente, l’apparizio-
ne di Plinio, etc.
Tuttavia, per servirmi della libertà, ch’ella generosamente mi
concede, ardisco di suggerire alla osservazione di lei che forse non
sia per piacer così generalmente un poemetto di genere presso
che lirico, il quale abbia bisogno di molte note per ottenere l’effet-
to poetico.
Forse ancora certe espressioni troppo artificiose tolte dall’anti-
ca erudizione poetica potrebbero non convenire del tutto ad un
componimento in cui domina un vero patetico etc.
Parmi che la introduzione di Plinio, se è considerato come
una visione, non abbia bisogno d’essere nè vaporoso nè assot-
tigliato etc. Chè se Plinio o l’apparenza di lui non si suppone
sogno, ma realtà, forse non converrebbe farne Morfeo architet-
tore etc.
A buon intenditore credo che ciò basti. Del resto rinnovando le
mie sincere significazioni di stima per li talenti singolari di V. S.
Ill.ma, sono col maggiore ossequio
Di V. S. Ill.ma
Dev.mo Obb.mo Serv.re
Parini.

Autografo non rintracciato.

Pubblicata per la prima volta, ma senza data, in Rezzonico 1815-1830, x,


pp. 299-300, dal quale qui si trascrive, previi ritocchi minimi alle formule
in protocollo ed escatocollo. La data presunta del 1783 è in Barbarisi-
lettere 193
Bartesaghi 2005, pp. 642-643, 691, che a sua volta la desume da Mazzo-
ni 1925, lettera xxix, pp. 1005-1006.

Si tratta di un ringraziamento per l’invio del poemetto L’eccidio di Como,


conosciuto dal Parini prima della pubblicazione.
Carlo Castone Della Torre di Rezzonico (1742-1796), nativo di Como,
uomo di vasti interessi, visse a lungo a Parma, dove frequentò il Frugoni.
Segretario dell’Accademia di Belle Arti di Parma attorno agli anni Set-
tanta, contribuì alla diffusione delle idee di Winckelmann; fu autore di
un Giornale di viaggio d’Inghilterra e di poemetti didattici. Nell’inventario
della biblioteca del Parini figura il suo Volgarizzamento dell’Arte Poetica di
Orazio Flacco (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 747, nº 250), ma non
l’Eccidio di Como che, nonostante indicazioni bibliografiche, peraltro
piuttosto vaghe, provenienti da più parti (Bonora 1951, p. 998; Maier
1959, p. 517, che lo segnalano come edito a Parma nel 1784), risulta pub-
blicato per la prima volta solo in Rezzonico 1815-1830, ii, pp. 135-179,
dopo esser stato letto dall’autore in Arcadia, a Roma, nel 1790 (cfr. ivi, i,
p. lxxxix; ii, p. 135).
In quel poemetto si trovano i versi criticati dal Parini: «Entro di Plinio
vi rosseggia il mesto / Simulacro. In vapori assottigliato» (vv. 323-324);
«Al capo suo sta sopra / Di stranie larve architettor Morfeo» (vv. 310-311:
cfr. ivi, p. 152). Cfr. Calcaterra 1950, pp. 343-371; Bonora 1951, con pro-
filo biografico (pp. 995-1000) e parte antologica (pp. 1001-1020); Caretti
1951, pp. 899-909; Maier 1959, pp. 517-531; Rezzonico 1977; Guagnini
1996, pp. 116-127.
194 giuseppe parini

49

[A Paolo Frisi (?)]

Sig.re e P.ron Col.mo


L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare a Parigi in
compagnia del Marchesino Trotti: e desidera da V. S. Ill.ma una
commendatizia presso il Signore di Condorçet. Egli mi crede va-
levole ad ottenergliela dalla di lei gentilezza; e questa sua creden-
za lusinga il mio amor proprio. Perciò la supplico e per lui e per
me di volergli far questa grazia, la quale sarà tanto maggiore
quanto più sollecita, dovendo egli partire verso la fine della cor-
rente settimana. Dovea dir prima che questa premura non è tanto
mia quanto anche della Sig.ra Duchessa Serbelloni, la quale mi ha
pure comandato di pregarla di ciò medesimo in suo nome. Quan-
do Ella si compiaccia di fare all’una ed all’altro questo favore, la
priego di farmi tener la Lettera in casa mia, oppure alla Sig.ra
Duchessa medesima. Sento che avrei dovuto venire io da Lei; ma
spero che serviranno di scusa presso la sua bontà le incomodità
mie e della stagione. E domandando perdono della temerità usa-
ta, sono col più distinto ossequio
di V. S. Ill.ma
Dev.mo Obb.mo Ser.re
Giuseppe Parini.
13 aprile [1784]

BLLondon, Egerton ms. 24, f. 93. Autografo; foglio senza filigrana, di


mm 190 × 250, incollato sul lato sinistro a una striscia di carta del Codice
Egerton.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 643. Lettera pubblicata per la prima vol-


ta da Chandler 1960, pp. 87-88, e poi, più correttamente, da Costa
1970, pp. 37-38.

Per quanto riguarda datazione e destinatario, Chandler propone una da-


tazione oscillante tra il 1769 e il 1775 e indica come possibile destinatario
il brillante matematico e astronomo barnabita Paolo Frisi (Melegnano
lettere 195
1728 - Milano 1784), dal 1764 docente alle Scuole Palatine. Questi, durante
il viaggio a Parigi compiuto con Alessandro Verri nel 1766, aveva cono-
sciuto direttamente, oltre a d’Alembert e agli altri philosophes, anche
Condorcet, rimanendo in corrispondenza con lui e dedicandogli l’Elogio
di Maria Teresa imperatrice (Pisa 1783), di cui lo stesso Condorcet avrebbe
firmato la prefazione alla traduzione francese (Amsterdam-Paris 1785).
Sul Frisi, oltre a DBI, 50, 1998, pp. 558-568, ancora utile Venturi 1958, pp.
289-304. Costa, esaminando, insieme con questa del Parini, alcune lettere
della corrispondenza fra Condorcet (morto nel 1794) e Frisi (morto il 22
novembre 1784, ma in buone condizioni di salute ancora nel mese di apri-
le), indica senza esitazione la data del 1784, anno nel quale Lorenzo Ga-
leazzo Trotti iniziò i suoi viaggi per l’Europa, e identifica con sicurezza
nel Frisi il destinatario sulla base di una testimonianza di Aldobrandino
Malvezzi, che, avvalendosi di un diario manoscritto del Trotti (cfr. qui in-
fra), affermò: «desideroso di vedere paesi stranieri, dopo aver percorso
tutta l’Italia, partì [scil. il Trotti] da Milano il 20 aprile 1784 per un viaggio
di diporto e d’istruzione attraverso l’Europa, tornò in Patria il 31 dicem-
bre 1797 e ne ripartì quasi subito per altri dieci anni» (Malvezzi 1924, pp.
xv-xvi). La data della lettera (13 aprile) e il giorno della partenza da
Milano (il 20 dello stesso mese) giustificano la sollecitazione del Parini a
ottenere la risposta in tempi brevi, in quanto la partenza era prevista
«verso la fine della corrente settimana» del 1784. Più di recente, Barba-
risi-Bartesaghi 2005, p. 692, ha invece ritenuto, senza meglio specifi-
care, che, «per i riferimenti alla contessa Serbelloni e per il tono usato, il
destinatario della lettera potrebbe essere Pietro Verri».
Il marchese Lorenzo Galeazzo Trotti Bentivoglio, figlio di Lodovico
(1729-1809) e di Costanza Castelbarco Visconti, nacque a Milano il 19
marzo 1759 e si laureò a Roma nel 1778. Dopo qualche anno trascorso a
Milano iniziò nel 1784 le sue peregrinazioni, recandosi nel 1784 a Parigi,
poi (1786-1787) a Londra e nel 1788 in Spagna e Portogallo, per tornare a
Parigi nel 1789, dove «assiste all’apertura degli stati generali e alla presa
della Bastiglia» (Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885, i, pp. non num.).
Nel 1791 è di nuovo in Inghilterra, e nei quattro anni successivi in Austria,
Germania, Polonia, Danimarca, Svezia e Russia. Nel 1795, a Vienna, dove
vive per oltre tre lustri, si sposa con la contessa Antonietta Schaffgotsch.
Tornato a Milano verso il 1827, vi muore il 6 giugno 1840. Tra i suoi figli
è Costanza (1800-1871), poi maritata Arconati Visconti, della quale resta-
no famosi i cenacoli liberali di Gaesbeck, in Belgio, e di Torino.
L’abate Luigi Maria Buchetti (o Bucchetti) (Milano 1747-1804), gesuita
dal 1762, insegnò al Collegio dei Nobili di Milano e, dopo la soppressione
della Compagnia, divenne precettore di giovani d’illustri famiglie, ac-
compagnandoli in viaggi d’istruzione in Italia, Inghilterra, Germania,
Olanda e Francia. Era ancora a Parigi nel 1793, quando, non potendo dis-
simulare l’indignazione per gli avvenimenti sanguinosi di cui era testi-
196 giuseppe parini
mone, resosi sospetto, si sottrasse a un mandato d’arresto fuggendo a
Venezia (cfr. Michaud 1854, pp. 94-95). Erudito poliglotta, tradusse e an-
notò gli Idilli di Mosco, Bione e Teocrito recati in versi latini dal conte Bernardo
Zamagna, Milano, Imperial Monistero di S. Ambrogio Maggiore, 1784, di
cui il Parini possedeva un esemplare (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005,
p. 743, nº 139); scrisse anche versi dialettali (una sua Canzon milanes per la
guarigione dell’arcivescovo Pozzobonelli «da on mal de pett», databile
ante 1783, si conserva in BAMi, Fondo Bossi, S. P. 6/13, vi. 12, cc. 471r-472v,
inc. «Vorè ingegnass de dì»).
Le lettere familiari e gli appunti di viaggio del Trotti, rimasti irreperi-
bili a Costa 1970, che invano li cercò alla BAMi (p. 46, nota 8), e ancora
a Barbarisi-Bartesaghi 2005 (pp. 691-692), si conservano nel Fondo
Malvezzi della BTMi («1778-1795. Nº 25 diari di Lorenzo Trotti con sue no-
te di viaggi in Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Austria, Germa-
nia, Danimarca, Boermia, Svezia, Russia»). Vi si descrivono minutamen-
te molte circostanze della pluridecennale permanenza del Trotti fuori
d’Italia, dall’arrivo a Parigi il 28 agosto 1784 fino agli anni viennesi. Quan-
to ai nomi che si leggono nella lettera del Parini, nel materiale mano-
scritto del Trotti l’abate Buchetti è citato più di una volta tra i suoi com-
pagni di viaggio, di cui fanno anche parte, per breve tempo, un «don
Giulio Dugnani», milanese, e, nel periodo londinese del 1787, anche il
«generale de Paoli» (Pasquale, il celebre politico còrso, allora esiliato in
Inghilterra, donde teneva contatti con la Francia). Non vi sono, però, ri-
ferimenti né all’interessamento del Parini e della Serbelloni, né a una
commendatizia del Frisi (se, come parrebbe, è davvero questi l’ignoto
destinatario della lettera) o di altri da presentare al Segretario perpetuo
della Reale Accademia delle Scienze di Parigi. Di fatto, Jean-Antoine-Ni-
colas de Caritat, marchese di Condorcet (1743-1794), è nominato solo in
un foglio singolo degli appunti di viaggio (BTMi, Fondo Malvezzi, cart. 7,
sub datam «Mars-Avril 1785»), in cui il Trotti annota di aver presenziato, il
6 aprile 1785, a una seduta dell’Accademia, durante la quale il Condorcet
stesso aveva letto alcuni elogi.
L’unico riferimento di interesse pariniano che sia dato spigolare dalle
lettere per gran parte inedite del Trotti (poco di esse è pubblicato in
Malvezzi 1924) è in una missiva scritta il 26 dicembre 1785, da Londra,
alla sorella, contessa Paola Trotti Taverna, in cui ricorda certe letture pa-
riniane fatte in compagnia dell’allievo del Parini, anch’egli in Inghilterra,
Agostino Gambarelli (1750-1792), di lì a poco editore delle Odi: «Mr. Gam-
barelli à la bonté de me tenir quelques fois compagnie à diner. Apres le
diner, il me fait gouter quelques excellents pieces du vaillant Parini»
(BTMi, Fondo Malvezzi, 5/iv, nº 11, c. 1v).
lettere 197

50
[A Giacomo Rezia]

Amico carissimo,
La graziosa amicizia, di cui mi avete sempre onorato, mi toglie il
ribrezzo di venirvi ad annojare con una mia raccomandazione.
Lorenzo Finatti, studente in codesta università, cerca di essere
licenziato in chirurgia. Desidero pertanto e vi priego che voi gli
prestiate tutta l’assistenza per il buono ed onorevole esito della
sua posizione, quanto comporta la giustizia ed il dovere del vostro
ufizio. Desidero ancora che voi lo raccomandiate, anche in nome
mio, a quelli de’ vostri colleghi che voi giudicherete più opportuni
allo stesso fine. Mi riprometto dalla gentilezza e bontà vostra ogni
sollecitudine nel favorirmi, e, pregandovi d’ora innanzi dal cielo
tutte le consolazioni, che merita la non comune ingenuità e deli-
catezza del vostro carattere, ho l’onore di dichiararmi, con since-
rissimo ossequio,
di voi, caro amico
Milano, 20 marzo 1788

Autografo non rintracciato.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 644, da cui si trascrive. Pubblicata per la


prima volta da Bellorini 1913-1915, ii, p. 184, lettera xxvi, con la preci-
sazione: «Autografo presso la nobile famiglia Rezia a San Giovanni di
Bellagio. Me ne favorì gentilmente copia donna Eugenia Rezia» (ivi, p.
307); Mazzoni 1925, p. 1008, lettera xxxv.

Giacomo Rezia (Menaggio 1745 - Bellagio 1815), dopo aver studiato presso
i Gesuiti a Como, si laureò in medicina a Pavia, dove ebbe come insegnan-
te Pietro Moscati, che lo introdusse presso il Firmian. Dal 1771, appena
ventisettenne, ricoprì la cattedra a Pavia di Anatomia e Istituzioni Chirur-
giche; dal 1783 passò a quella di Fisiologia e Patologia Generale, e nell’an-
no scolastico 1784-85 divenne rettore dello stesso Ateneo, di cui ampliò la
biblioteca. Fondò il Museo Anatomico e lasciò diversi scritti scientifici. Fu
amico di Samuel Tissot (cfr. lettera 23 e relativa nota), Alessandro Volta e
Lazzaro Spallanzani. Su di lui cfr. Stella-Lavezzi 2001, pp. 247-254.
198 giuseppe parini
La raccomandazione del Parini dovette sortire qualche effetto. Il mi-
lanese Lorenzo Finatti (o Finati), immatricolatosi il 6 novembre 1786
all’Università pavese per il corso di Chirurgia (ASPv, Antico Archivio
dell’Università, Reg. 810, Matricola generale degli studenti (1772-1803)), fu
licenziato in Chirurgia il 18 aprile 1788 (ivi, Reg. 610, Registro di Medici-
na - Licenze e lauree in chirurgia - Rubrica (1767-1864)), previo superamento
del solo esame in tale materia, sostenuto il giorno prima, essendo stato
dispensato, per gli «studi fatti nell’Ospedale maggiore di Milano», tanto
«dalle Terziarie», ossia dalla frequenza di ciascuno dei tre periodi in cui
era suddiviso l’anno accademico (cfr. GDLI, xx, p. 967, s.v. terzería3),
quanto «dagli esami di Fisica» (ASPv, Antico Archivio dell’Università,
Cart. 358, Facoltà di Medicina - Esami di Chirurgia (1786-1789)).
lettere 199

51

[Ad Antonio Mussi]

A. C.
Mil.o 10. Novembre. [1788]
L’Ab.e Ron[n]a, il quale trovasi in cotesto Seminario, mi è sempre
paruto un giovane buono savio e studioso: e spero che fin da que-
st’ora si sarà dato a conoscere anche a voi. Egli vi debb’esser dun-
que abbastanza raccomandato per sè stesso. Ma egli è in oltre mio
speciale amico. Però come tale io lo raccomando agli ulteriori ufi-
ci della vostra amicizia per me; confidando che ben presto egli la
saprà guadagnare anche per sè medesimo. Lusingomi che il Sig.r
Rettore, che mi ha date molte pruove di graziosa propensione in
Milano, non mi avrà dimenticato costì: e perciò raccomando an-
che alla bontà di lui l’amico mio: e priego voi di comunicargli
questa mia premura. Non soggiungo di più, sapendo quanto
l’uno e l’altro siate disposti a giovare massimamente a i buoni, ed
agli amici degli amici vostri.
Con questa occasione vi ringrazio assaissimo della memoria
che avete avuto di mandarmi le Regole del Seminario, le quali
avendo io cominciato a leggere, mi sembrano molto bene esposte
nell’una e nell’altra lingua. Presentate le significazioni del mio ri-
spetto al Sig.r Rettore: e voi amatemi e valetevi di me.
Di voi C. A.
Dev.mo Obbl.mo Ser.re ed Amico
Giuseppe Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 5. Autografo; bifoglio di carta azzurrina, di mm 184 ×


250, scritto solo sulla c. 1r. Manca l’indirizzo.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 644-645. Pubblicato per la prima volta


da Bellorini 1913-1915, ii, p. 185, lettera xxvii; Mazzoni 1925, p. 1008,
lettera xxxvi.

Il giovane che il Parini raccomanda è Tommaso Ronna (2 marzo 1767 - 23


aprile 1828), segnalato per la prima volta come parroco e canonico di San
200 giuseppe parini
Babila il 10 aprile 1797. Nel Concistoro del 18 settembre 1807 fu proclama-
to vescovo di Crema, dove si trasferì dal 1808; ai tempi della Cisalpina fu
consigliere di Stato per gli affari ecclesiastici. Al Ronna il Parini indirizzò
l’epigramma in dialetto milanese Si te savisset / Car el me Ronna (Mazzo-
ni 1925, p. 495). Documentazione sul Ronna in ABSBMi, Capitolo, Nomi-
na dei Canonici, cart. 6, Processi verbali delle Adunanze capitolari, fasc. 9. Cfr.
Benvenuti 1888, pp. 239-240; Bertazzoli 1993 (alla p. 98 Ronna viene
indicato come «prevosto» di San Babila).
Antonio Mussi (Arona 1750-1810), sacerdote, di ingegno versatile, si oc-
cupò di belle lettere, disegno e teologia. Fu in corrispondenza con S. Bet-
tinelli, M. Cesarotti e I. Pindemonte; amico di Aurelio de’ Giorgi Bertola
e coetaneo di Lorenzo Mascheroni, gli subentrò nell’anno accademico
1794-95 nel rettorato dell’Università di Pavia. Per interessamento del
card. Angelo Maria Durini fu affiliato all’Accademia degli Affidati di Pa-
via il 15 aprile del 1788 (il Parini vi era stato ammesso il 15 giugno 1786).
Pare che il Parini «avrebbe amato di averlo per successore» come inse-
gnante a Brera; nel 1800 fu eletto dottore della Biblioteca Ambrosiana e
si dedicò all’insegnamento delle Lingue Orientali in Seminario, fino alla
morte. Fu prefetto agli studi nel Seminario Generale della Lombardia
Austriaca, aperto a Pavia nel 1786. Collaborò con l’oblato Francesco Fa-
rina a redigere le costituzioni del Seminario, in italiano e latino, model-
landole su quelle dettate da san Carlo per i seminari milanesi (da qui il
riferimento alle Regole generali, nella parte finale della lettera del Pari-
ni). Le Regole del Seminario generale per la Lombardia Austriaca furono edite
a Pavia, Monastero di San Salvatore, 1787. L’anonimo Elogio storico di An-
tonio M.a Mussi (ms. in BAMi, S. P. ii. 269, n. 99) le attribuisce al Mussi,
che compose anche la tragedia Jefte e le Ricerche sulla morale delle tragedie.
Il Parini possedeva le Poesie pittoriche e le Lezioni d’eloquenza (cfr. Barba-
risi-Bartesaghi 2005, pp. 746 e 748, ni 242 e 285). Cfr. anche Bernuzzi
2001. Sul Mussi tragediografo cfr. Ballarini 2000.
Il Parini intendeva salutare il Rettore del Seminario, l’oblato France-
sco Farina (su cui cfr. ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 344, contenente la
promozione del Farina dal Seminario di Milano a quello erigendo in Pa-
via in data 2 giugno 1786). Sull’istituzione del Seminario Generale della
Lombardia in Pavia, cfr. Panizza 1956.
In Catena 1832, sono raccolti numerosi testi poetici del Mussi; la pre-
fazione accenna ai rapporti fra Mussi e Parini e ricorda come il Mussi gli
inviasse in dono un libro con la seguente dedica: «Fucatas inter Veneres,
latio hospita cultu / Judice te, fidit graeca, Parine, Venus» (p. vii).
lettere 201

52

[A Silvia Curtoni Verza]

Ornatiss.a Sig.ra Contessa.


Dovrei vergognarmi d’essermi lasciato prevenir nello scrivere, e
quel che è più prevenire da Lei veneratissima Dama. Nondimeno
è forza che io lo confessi. Anzi che vergognarmi, esulto e vo glo-
rioso del mio mancamento. Questo mi ha dato luogo a compren-
dere quanto sia grande la benignità dell’animo suo; e con quanta
generosità sappia disprezzare i minuti puntigli della condizione,
del sesso e della naturale vanità. Ma ciò che più lusinga ed appaga
il mio cuore si è che il mio peccato mi ha procurata una più valida
testimonianza della parzialità, con cui Ella si degna di riguardar-
mi. Niuna cosa, dacchè ebbi l’onore di vederla e di ammirarne in
breve tempo tante amabili e stimabili qualità, niuna cosa lo giuro
poteva più contribuire alla felicità della mia vita ulteriore che una
tale testimonianza. Forse il mio amor proprio e il mio vivo desi-
derio me ne amplifica di troppo il valore. Comunque sia anche la
illusione mi è troppo grata nel presente caso: ed è certo per altra
parte che io non amplifico l’espressione oltre la realtà del mio sen-
timento. Tornando poi alla mia mancanza spero ch’Ella vorrà cre-
dermi che non è volontaria; anzi che nasce da troppa sollecitudine
di non mancare: e che io ci ho merito piuttosto che colpa. Se io le
dicessi gentilissima Dama che da quel momento che a Lei piacque
privare la mia patria e me della sua presenza non è scorso un gior-
no neppure un giorno senza che io mi sovvenissi di Lei, e senza
che io mi dilettassi come tuttora fo di ricorrere e di contemplare
coll’imaginazione tutti gl’interni e gli esterni pregi che l’adorna-
no: se io le dicessi che io ho sempre presenti le sue sembianze per
lo appunto come se Ella mi avesse fatto la grazia di regalarmi un
suo ritratto; che mi par di sentire il tono della sua voce, di vederne
la vivacità degli occhi, l’energia dell’espressione, e quelle grazie
dello spirito e della persona tutte sue, che ravvivate da una lievis-
sima tintaa maschile sono tanto più singolari e prepotenti: se io le

a Cassato di dopo tinta.


202 giuseppe parini
dicessi queste e mille altre cose simili, io non farei altro che giu-
stificare il titolo da lei cortesemente attribuitomi di grande pittore
di verità. Ora con tali disposizioni come sarebbe stato possibile
che io trascurassi o dimenticassi di scriverle sollecitamente? Ma
l’alta stima da me conceputa di Lei, le impressioni da Lei lasciate
nel mio animo fieramente sensibile a quel bello che esce dall’or-
dinario corso della natura e della educazione, il mio zelo propor-
zionatamente esaltato mi fecero pensare a scriverle in modo più
nobile e solenne che non è la triviale prosa di una lettera. Lo avrei
fatto, ed avea di già cominciato a farlo, se la infelicità della mia fi-
sica costituzione, degl’incomodi di salute, la tristissima invernata,
le seccaggini del mio impiego, ed altre necessarie distrazioni non
mi avessero mio malgrado rallentatoa nel cammino tanto che fi-
nalmente sono stato prevenuto dalla graziosità di Lei. Ma quel
ch’è fatto è fatto. Spero anzi tengo per certo che le mie circostan-
ze mi permetteranno di comprovarle coll’opera anche la verità di
queste asserzioni. Frattanto le rendo infinite grazie della bontà
che ha avuto di rendermi cara la vita coll’obbligantissima sua let-
tera e desidero vivamente ed istantemente la supplico ch’Ella si
valga frequentemente di qualche momento di ozio per contino-
vare a bearmi. Fortunato me se cotesto ozio potesse a mio riguar-
do divenire una occupazione. Io non esagero giammai. Le perdo-
nerei se la sua modestia la facesse dubitare delle mie parole: ma
non saprei perdonarle se cotesto dubbio nascesse da una difidenza
del mio carattere. Ella non meriterebbe di conoscere nè di stimare
l’uomo il più sensitivo della terra. Ho l’onore di confermarmi
quale mi sono dichiarato di sopra
Parini.
Mil.o 22. Gen.o 1789.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 6. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250 di carta azzur-


rina, scritto solo sulla c. 1r-v. La lettera conserva ancora, sulla c. 2v, il sug-
gello di ceralacca e l’indirizzo: «A Sua Eccellenza|La Sig.ra Contessa|Sil-
via Curtoni Verza.|Verona».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 645-646. Edita per la prima volta da


Reina 1801-1804, iv, pp. 181-184; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 186-187, let-
tera xxviii; Mazzoni 1925, pp. 1008-1009, lettera xxxvii.

a Aggiunto in interlinea rallentato.


lettere 203

Silvia Curtoni (1751-1835), di Verona, sposata a Francesco Verza Guasta-


verza, è ricordata come poetessa e salonnière. Fu amica di Bettinelli, Ber-
tola, Pindemonte e Monti. L’abate Bartolomeo Lorenzi le dedicò la terza
edizione della Coltivazione dei monti (su cui ci resta una prosa critica pa-
riniana del 1778 c.a: cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, iii.7, pp. 260-261).
Conobbe il Parini a Milano il 24 settembre 1788 e si legò d’amicizia con
lui; coerentemente con la promessa qui formulata («Spero […] che le
mie circostanze mi permetteranno di comprovarle con l’opera […]»), a
lei il Parini indirizzò il sonetto Silvia immortal, benchè dai lidi miei, unito
alla lettera del 12 marzo 1789 (lettera 54). Risulta invece infondata l’ipo-
tesi che fosse la destinataria dell’ode A Silvia (Sul vestire alla ghigliottina).
Cfr. Montanari 1851; DBI, 31, 1985, pp. 490-494. Su di lei, e su altre ami-
che del Parini, cfr. Ricaldone 2000.
La «lievissima tinta maschile» che ravviverebbe le «grazie» della Cur-
toni trova riscontro in un analogo rilievo del Foscolo, il quale, scrivendo
da Verona a Isabella Teotochi Albrizzi nel giugno del 1806, osservava:
«La Verza m’ha del maschile»; e aggiungeva di preferire, tra i salotti
veronesi, quello della «malaticcia» Strozzi, benché «affettata» e «civetta»,
alle «sentenze dell’Amazzone» (Foscolo 1952, p. 115); espressione,
quest’ultima, che sembra anch’essa confermare un altro rilievo parinia-
no sulla Verza: quello, contenuto nella lettera successiva, a proposito
della «persuasione» «scagliata» «con tanto impeto» dalle “muscolose”
«labbra» di Silvia.
204 giuseppe parini

53

[A Silvia Curtoni Verza]

Ornatiss.a Dama.
Temo che se io ho fatto male lasciandole desiderare la mia pri-
ma lettera, farò forse peggio spontaneamente importunandola
colla seconda. Nondimeno io non posso resistere alla voglia di di-
mostrarle ch’Ella non può esser dimenticata da chi una volta ha
avuto l’onore di vederla e d’udirla, e, quel che è più, di vederla e
d’udirla con un animo ed un cuore simile al mio. Negherà Ella di
credermi che da gran tempo i miei pensieri non vengano più vol-
te al giorno a Verona? Se Ella nol credesse farebbe non meno tor-
to a me che a sè medesima. Tuttavia questi pensieri, qualora per
necessità sono richiamati a Milano, non mi portano veruna no-
vella nè della salute nè degli studj nè de’ piaceri di lei: ed io oggi-
mai non desidero di sapere più altra cosa che questa. È dunque
forza che io a Lei scriva pregandola che si pigli il disagio di ren-
dermene qualchea conto. Che fanno cotesti occhi vivacissimi così
validi interpreti della penetrazione e della energia del di Lei ani-
mo? E coteste labbra dalla cui poderosa muscolosità viene con
tanto impeto scagliata la persuasione? A quale de’ più gentili e
più colti cavalieri Veronesi od estranei si volgono essi o parlano
più di sovente? Sopra tutto quali cose dettate dalla mente sì bene
ornata ed inspirata dalle Muse, quali cose sta deponendo in carta
quella bella mano, che tre o quattro volte da me veduta ha stam-
pato nella mia memoria così profonda immagine di sè, non tanto
perchè bella quanto perchè appartenente ad una persona fornita
di tante grazie e di tanti meriti? Non credo io già che questa si oc-
cupi mai sempre scrivendo di morti di tombe o d’altre simili ben-
chè da lei rendute bellissime, malinconie. Altre cose si convengo-
no alla sua età al suo sesso ed alla piacevole economia della vita.
Di grazia Ella mi parli di tutto ciò. Ho tanta brama di esserne in-
formato, che volentieri m’arrischio anche a sentire alcuna cosa,
che contenga qualche poco di amaretto per me. Sa il cielo quanto

a Cassato cosa.
lettere 205
avrei caro che non pochi giorni di conoscenza, ma una lunga
consuetudine avesse fatto nascere in lei quella confidente libertà,
di cui si nodrisce l’amicizia. Quanto guadagnerei io di felicità?
Quanto sopra l’idea grande, che già ne ho, crescerebbe smisura-
tamente in faccia mia la bellezza dello spirito, del cuore e di tutta
la persona di Lei! Ma a che servono questi miei voti, quando la
realtà è così lontana? Perchè non ho io una libera fortuna che mi
basti in ogni paese? Ella può troppo bene immaginarsi dove sce-
glierei d’abitare. E neppure questo mi è possibile. Or dunque che
fare? Venga Ella a Milano, dove ha fatto sperarea che sarebbe pre-
sto tornata, dove fra le dame si è acquistata in pochi giorni tante
ammiratrici del suo spirito della sua grazia e della sua cultura. Il
nostro Carnevale non meritava ch’Ella si pigliasse l’incomodo di
qui venire. Ma nel mese d’aprile è troppo piacevole e salubre il fa-
re un corto viaggio. Altronde Ella ben sa che noi dobbiamo avere
in quel mese e giochi e spettacoli e nozze solenni: e l’augusta
amica, ch’Ella co’ radi suoi pregi si è saputa ben tosto conciliare,
ben merita, e forse spera ch’Ella le dia questa prova della sua af-
fettuosa osservanza in occasione così fausta per lei. Venga, e si
trattenga di poi qualche mesi. Vorrà Ella scriver de’ versi? Ella ci
troverà ed ozio1 ed ammiratori. Vorrà Ella conversare? Quanti
dell’un sesso e dell’altro penderanno da coteste labbra così effica-
cemente parlanti! Che se le piacerà di fare all’amore, non le man-
cheranno bei giovani, che a tanto splendore accorreranno. E se
per distrazione soffrirà che altri soltanto gliene parli, ci sarà fino a
qualche vecchierello immaginoso, che senza stancarla le sospiri
qualche volta da vicino. Ah se Ella si fosse qui trovata questo in-
verno quanto sarei stato meglio di salute, quanto avrei usato del
poco mio ingegno stato finora sommerso nel torpore e nella stu-
pidità, quanto il mio cuore sarebbe stato lontano dalla noia! Po-
chi momenti io ho provati veramente e vivacemente piacevoli in
tutto il corso di questa ria stagione. Quali sono stati essi? La prie-
go ch’Ella non mi faccia l’ingiuria di non mi credere. Essi sono
stati quelli, sì soltanto quelli, in cui le due stimabili amiche Cusa-
ni e Castiglioni, forse senza avvedersene, mi hanno renduto lieto
e beato, parlandomi di Lei. Sovviemmi ora d’un altro. Ciò fu

a Aggiunto in interlinea sperare.

1 ozio: tempo da dedicare alla poesia.


206 giuseppe parini
quando io lessi i versi recentemente pubblicati dal cavalier Pinde-
monti. Tali versi, benchè non mi soddisfacciano del tutto per ri-
spetto al tutto, contengono per altro delle cose belle. Ma quale fu
il momento in cui più mi piacquero? Voglio lasciarlo indovinare
alla rispettabilissima Silvia. Quanto sarei io felice di vedere ora
quel sorriso che le scherza sulle labbra, nell’atto dello indovinare!
Ciò s’intende quando Ella sorrida della cosa, non già se per mia
sventura sorride di me. Ma il foglio è vicino ad esser pieno; ed io
non torrei mai la penna dalla carta. Affrettiamoci come il vian-
dante a cui sopravviene la sera. In fine dopo tante ciarle che mi
resta egli ora per consolarmi? Non la presenza dell’oggetto per
cui solo io sento di sentire la vita; non una immagine davanti agli
occhi, che me ne rappresenti almeno le forme; non copia ed effu-
sione del suo spirito e delle sue grazie in lettere. Altro non mi re-
sta che ciò che ne ho profondamente stampato, dove…? nella
mente. Ma ciò è molto per eccitare il desiderio, poco per soddi-
sfarlo. Ma non è però mai poco ciò che tiene l’anima in attività.
So bene ornatissima Dama ch’Ella si maraviglierà di questo mio
tenore di scrivere tra il faceto e il galante; nè vorrei ch’Ella mi
credesse manco rispettoso per ciò. Che sarebbe se io coprissi sot-
to il velo di questo stile qualche sentimento più solido e più vivo,
che non osassi peranco di mostrarle, non essendo meglio affidato
a farlo? Con ciò significherei tanto più i riguardi d’ossequio e di
venerazione che le debbo e le professerò in eterno.
Mil.º 25 Feb.º 1789
Dev.mo Obbl.mo Ser.re
Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 7. Autografo; bifoglio di mm 193 × 235, scritto tutto a


piena pagina su carta azzurrina.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 647-649. Prima edizione in Reina 1801-


1804, iv, pp. 185-190; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 188-190, lettera xxix;
Mazzoni 1925, pp. 1010-1011, lettera xxxviii.

I «versi recentemente pubblicati dal cavalier Pindemonti» sono le ottave


del poemetto Le quattro parti del giorno (cfr. Pindemonte 1788, pp. 47-88),
in cui, a p. 58 (ott. xviii, vv. 5-8), si legge questo omaggio poetico alla
Curtoni:
lettere 207

Forse giunge il mio canto in parte alcuna,


Bench’io voglia tra lochi ermi celarmi:
Che non giungano, o Silvia, a te sue note,
Benchè romito, non bramar chi puote?
Nella nota riferita a questi versi (ivi, p. 61), il Pindemonte giustifica
l’omissione del cognome della «bella e colta Dama», dicendola «abba-
stanza nota a tutta l’Italia», soprattutto «dopo l’ultimo suo viaggio». Pro-
prio nella tappa romana di questo tour per l’Italia (giunse a Roma per la
via delle Romagne alla metà del gennaio 1787, e proseguì poi per Napoli
e Palermo, tornando a Verona via Firenze: cfr. Montanari 1851, pp. 62-
63), Silvia compose due sonetti, l’uno in morte del marito (Ben nell’aspet-
to del divin Fattore), l’altro alla propria tomba (La tomba, che mie membra
accoglier deve), destinati a essere da lei recitati in Arcadia (il che, sembra,
non avvenne perché, per l’emozione, «le mancò la voce»: DBI, 31, 1985, p.
491): a questi versi, verosimilmente, allude il Parini laddove dice la nobil-
donna occupata «sempre scrivendo di morti di tombe o d’altre simili […]
malinconie».
Stando a una testimonianza dello stesso Pindemonte di pochi anni pri-
ma, anche il giudizio pariniano su altri «due poemetti» del letterato ve-
ronese, identificabili con tutta probabilità in Gibilterra salvata e La Fata
Morgana, entrambi a stampa nel 1782, era stato positivo con riserva: «Mi
parve che a Parini», scrive Pindemonte a Vannetti il 30 giugno 1783, «non
dispiacessero i miei due poemetti, malgrado alcune cosette notate in
contrario, ed a me, che nel pregai, comunicate» (Cimmino 1963, ii, p. 49).
Del Pindemonte, il Parini possedeva il Saggio di Poesie campestri, il poe-
metto La Francia e una non meglio precisata Epistola (cfr. Barbarisi-
Bartesaghi 2005, pp. 744-745, ni 205, 177 e 175 dell’inventario della biblio-
teca). Sul letterato veronese vedi Marchi-Viola 2005.
A donna Paola Litta Castiglioni (cfr. nota alla lettera 17) la Curtoni de-
dicò uno dei suoi ‘ritratti’ (cfr. Curtoni Verza 1807). Come qui della
Curtoni, così anche della Castiglioni il Parini rievoca le doti di brillante
conversatrice in società: cfr. Il dono, vv. 25-36. La marchesa Placida Cusani
Litta è la protagonista dell’epigramma di dubbia attribuzione Signor, poco
dappoi (Mazzoni 1925, pp. 525-526).
La «poderosa muscolosità» delle labbra di Silvia può far riscontro con
i nuovamente sorridenti e non più esangui «muscoli del labro» del risa-
nato Carlo Imbonati nell’Educazione, v. 10; ma cfr. anche il «vago labro, /
e di rara facondia / e d’altre insidie fabro» di Cecilia Tron, cantato dal-
l’ormai canuto poeta nel Pericolo, vv. 61-63, o ancora i «labbri» da cui
«cade» l’«eletto e nitido / parlar» della Castelbarco, l’«inclita Nice» del
Messaggio, vv. 61-65. Per il tema del «vecchierello immaginoso» e innamo-
rato, oltre al ricordato Pericolo (l’«invecchiato nocchier» assalito nel porto
208 giuseppe parini
dalla «contumace Venere», vv. 1-30), può vedersi, in chiave di lieve
scherzo anacreontico, l’attacco della cxliv delle Poesie varie.
Le nozze solenni cui il Parini allude sono quelle di Maria Teresa, figlia
dell’arciduca Ferdinando e di Maria Beatrice d’Este, con Vittorio Ema-
nuele di Savoia, figlio di Vittorio Amedeo iii. «L’augusta amica» è l’arci-
duchessa Maria Beatrice.
Per notizie bio-bibliografiche sulla Curtoni Verza, cfr. la nota alla
lettera precedente.
lettere 209

54

[A Silvia Curtoni Verza]

Adorabile Silvia
Viene costì il Cavalier Guarini gentiluomo di Romagna molto
savio ed istruito. Colgo questa occasione di volo per indirizzarvi
questo foglio con alcuni pochi miei versi. Vi priego di gradirli
come un verace testimone dell’ossequiosa ricordanza con cui mi
glorio e glorierò di vivere perpetuamente. Deh perchè le vostre
circostanze e le mie mi fanno disperare di rivedervi mai più!
Siate sicura che il desiderio di contemplarvi e d’ammirarvi
un’altra volta da vicino è una delle più frequenti e principali
occupazioni dell’animo mio. Ma io non finirei più: e il tempo per
ora mi affretta.
Vostro vero e riverente Adoratore
Milano. 12. Marzo. [1789] Giuseppe Parini.

All’ornatissima Silvia.
Sonetto.
Silvia immortal, benchè dai lidi miei
Lontana il patrio fiume illustri e coli;
E benchè dentro ai gorghi atri letei
Ogni dolce memoria il tempo involi:
Pur con lo ingegno onde tant’alto voli
E con le vaghe forme e i lumi bei,
Dopo sì lungo variar di soli,
Viva e presente nel mio cor tu sei.
E spesso in me la fantasia si desta,
Tal che al dì chiaro e ne la notte bruna
Te veggio; e il guardo a contemplar s’arresta.
Nè ben credendo ancor tanta fortuna,
210 giuseppe parini
Palpito e dico: o l’alma Silvia è questa,
O de le Grazie o de le Muse alcuna.a
In testimonio di ricordanza
ossequiosa e perpetua
L’A. Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 8. Autografo; due bifogli di mm 170 × 225, inseriti l’uno
nell’altro, entrambi scritti solo sulla c. 1r; il primo bifoglio, in alto al
centro, reca la scritta: «Adorabile Silvia»; dopo un piccolo spazio bianco
segue il testo della lettera. Il secondo bifoglio reca il testo del sonetto.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 649-650. Prima edizione in Reina


1801-1804, iv, p. 191 (non ripubblica il sonetto, già stampato nel vol. ii);
Bellorini 1913-1915, ii, pp. 191-192, lettera xxx; Mazzoni 1925, pp. 1011-
1012, lettera xxxix.

Per la Curtoni Verza, cfr. le due lettere precedenti. Il cav. Guarini non è
stato identificato.
De Gubernatis 1913, p. 119n, ipotizzò la data del 1799, osservando che
«il sì lungo variar di soli del sonetto non avrebbe forse alcun senso, se let-
tera e sonetto fossero stati scritti poco dopo la partenza da Milano della
Contessa Silvia, che avvenne sul fine del 1788». Ma il De Gubernatis leg-
geva la lettera nel Reina, dove la data del 12 marzo 1789 appare in forma
completa, senza nulla che segnali l’assenza del millesimo nell’autografo,
e fu perciò indotto a supporre un’erronea lettura da parte dell’editore
(1789 pro 1799), laddove si tratta invece di datazione congetturale: «Nella
breve letterina che accompagna il sonetto, è indicata la data 12 marzo
1789, ma forse è da leggersi 1799». Anche a voler dar credito all’osserva-
zione relativa al «lungo variar di soli», non vi sono dunque ragioni di pen-
sare proprio al 1799 anziché a qualcuno degli anni precedenti (nulla di
preciso indica di per sé l’aggettivo «lungo»). Qui, tuttavia, si è ritenuta
più plausibile la datazione del Reina, accolta da tutti gli editori successivi,
sia perché non è improbabile che risalga a una comunicazione della
stessa Curtoni, corrispondente del Reina e dedicataria del vol. iv della
sua edizione (quello che contiene appunto le lettere pariniane), sia
perché il sostantivo «soli» al v. 7 del sonetto pare possa meglio leggersi
nell’accezione, altrettanto ben attestata, di ‘giorni’ che non in quella di
‘anni’(cfr. GDLI, xix, p. 311, Sóle7, con esempi da Dante a Bacchelli).

a alcuna è cassato e riscritto nello spazio sottostante.


lettere 211

55

[Al card. Angelo Maria Durini]


[Milano, 1791]

Eminenza.
Io scrivo momentaneamente fra l’agitazione del sentimento, che
V. E. ha destato nel mio animo col ricordarsi della mia così piccola
persona nel modo, ch’Ella si degna di farlo. Io non ho bisognia
nella mia mediocrità: ma come potrei essere così ingrato di non
accettare quello che proviene dall’E. V. tanto ingenuamente e dirò
quasi, tanto impetuosamente benefica? Ma come significarle la
mia riconoscenza ed ammirazione? Non posso altro fare che cita-
re in testimonio il presente stato del mio cuore. V. E. si contenti
per ora di queste tumultuose espressioni. E col più profondo ri-
spetto ho l’onore di protestarmi
Di V. E.
Um.o Serv.re
Giuseppe Parini.

ASDCo, Famiglia Durini, tit. ii, cart. 12, fasc. 47 (l’archivio storico della
famiglia Durini è stato depositato dalla contessa Carlangela Durini nel
settembre 2001 e dal gennaio 2004 è consultabile al Centro studi “Nicolò
Rusca” del Seminario Vescovile di Como; la cart. 13 dello stesso fondo,
con missive al card. Durini da parte di corrispondenti vari, ancora in par-
te non inventariata, non contiene documenti o lettere del Parini). Auto-
grafo; bifoglio di mm 187 × 250, scritto solo sulla c. 1r, a piena pagina; sen-
za data né destinatario; in alto, centrale, la scritta «Eminenza.», seguita
da circa un terzo di pagina bianca; alcune macchie d’inchiostro non im-
pediscono la lettura del testo.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 650. Pubblicata per la prima volta da


Bagatti Valsecchi et alii 1875-1885, i, suppl. alla tav. iii, pp. non num.
(e non da Bortolotti 1900, p. 142, né da Marchesi 1904, p. 100, come
in Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 695). Bellorini 1913-1915, ii, p. 192,
lettera xxxi; Mazzoni 1925, p. 1012, lettera xl.
a La -i è corretta sulla -a.
212 giuseppe parini

Mentre la critica è concorde nell’assegnare la lettera all’anno 1791, con-


temporanea all’ode La gratitudine, permangono dubbi se collocarla nella
fase immediatamente precedente all’ode o nel periodo successivo.
Filippo Salveraglio (cfr. Salveraglio 1881, p. 256), nel commento
all’ode in questione, ricorda, dicendo di rifarsi a «una nota rimasta ine-
dita tra le carte lasciate dal Reina», che il Durini volle nobilmente «pre-
sentare» il poeta dopo aver ricevuto l’ode. Il Parini si sarebbe allora reca-
to in visita dal Durini; ma il cardinale era già partito e aveva lasciato per
lui, nella portineria, questi versi latini:
Divino Parinio
Italiae, Parine, decus, quas dicere grates,
Quasve referre parem? Grates persolvere dignas
Non opis est nostrae…
Di, Tibi, si qua pios respectant Numina, si quid
Usquam justitia est, et mens sibi conscia recti,
Proemia digna ferant.
Virgilio.
Ex Balbiano, senectutis nostrae nidulo.
Virtutum Parinianarum perpetuus admirator
Ang. Card. Durini».
È verisimile che il Parini abbia scritto la lettera dopo questa visita al Du-
rini, andata a vuoto, per ringraziarlo del presente.
Angelo Maria Durini (1716-1796), dopo i primi studi a Milano (uscì dal-
le Arcimbolde nel 1741, l’anno appena successivo all’ingresso in esse del
Parini), si recò a Roma per studiare teologia e diritto canonico. Accom-
pagnò lo zio nunzio a Parigi nel 1759 e, dopo essere stato inquisitore pon-
tificio a Malta, divenne nel 1767 nunzio in Polonia. Nel 1774 venne richia-
mato a Roma e fu nominato primo presidente della città di Avignone.
Divenne cardinale nel 1776: da allora si trasferì a Milano e visse nelle ville
di sua proprietà nel parco di Monza (Mirabello e Mirabellino). Coltivò la
poesia latina e gli studi letterari. Mecenate e protettore delle arti, fu ami-
co del Balestrieri e del Parini. Prima della morte, arricchì dei suoi libri la
neonata biblioteca di Brera.
Sul Durini, si veda in generale Geddo 2010, che, discutendo dei rap-
porti col Parini alle pp. 201-205, segnala, e parzialmente trascrive alle pp.
343-344, un’«inedita raccolta poetica», l’Otium Larianum et Mirabellianum,
dedicata dal cardinale al poeta; cfr. anche Riva 1901 e Benvenuti 1996,
in particolare p. 51 (la lettera del Parini vi viene considerata precedente
all’ode, ed è rifiutata l’ipotesi di datazione avanzata dal Salveraglio). Per
La gratitudine, ancor utile l’introduzione di Alfonso Bertoldi, in Bertol-
di-Spongano 1957, soprattutto pp. 146-148.
lettere 213

56

[A Giambattista Bodoni]

Ornatiss.o Sig.r Bodoni.


Milano. 18. 9.bre [1791]
Dovrei vergognarmi di non aver finora risposto alla graziosiss.ma
sua del 4. 8.bre, se non isperassi che mi potesse giustificare presso
di Lei una serie di combinazioni che mi fece tardare indipenden-
temente dalla mia volontà. Io era in campagna quando la sua
Lett.a giunse a Milano; e per trascuraggine altrui mi fu spedita
tardi. Trovai in essa accusato1 il volume, di cui Ella mi faceva gra-
zioso dono; e, non vedendolo congiunto alla Lettera, dubitai che
non si fosse smarrito; e volendo pur ringraziarla e della Lett.a e
del Volume stesso, scrissi a Milano per farne ricerca in casa mia e
alla Posta e altrove; ma non ne potei saper nulla. Quindi è che spe-
rando pure che di giorno in giorno mi pervenisse, diferii di giorno
in giorno anche a scriverle. Finalmente non so da qual parte mi
arrivò: ma essendo imminente il mio ritorno in città, stimai
opportuno di aspettare a scriverle di qui, acciocchè nessun altro
sinistro non impedisse che la mia Lett.a non fosse consegnata si-
curamente alla Posta. L’avrò annoiata con sì lunga diceria; ma mi
pareva pur necessario di giustificarmi presso di Lei che merita
tanto riguardo dagli amatori delle Lettere, e specialmente da me
così di fresco favorito ed onorato colla sua bellissima Edizione de’
miei poveri versi.
Io non so come significarle bastevolmente la mia compiacenza
e la mia gratitudine così per la spontanea singolare gentilezza
ch’Ella ha usata meco appena a Lei noto, come per la nobiltà e la
eleganza della Edizione e del Volumetto, di cui, per riguardo alla
sua opera, mi ha fatto un prezioso dono. Se mai Ella è informata
del mio carattere, Ella saprà che io sento più assai il merito e la ge-
nerosità altrui di quel che io non sia capace di spiegar con parole.
La priego adunque di misurare dal mio animo anzi che dalla mia

1 accusato: annunciato.
214 giuseppe parini
penna quanto io l’ammiri, e quanto io me le professi obbligato: e
più non dico intorno a ciò.
Nella primavera ventura spero e quasi tengo per certo d’avere
in pronto due Poemetti per seguito e per termine di quelli altri
antichi due, che hanno avuto la fortuna di non dispiacere. Se mai
Ella mi facesse l’onore di meditar nulla anche intorno all’Edizione
di essi, Ella si compiaccia di farmene cenno. I due primi uscireb-
bero corretti variati in qualche parte ed accresciuti. Così tutti e
quattro verrebbero ad esser nuovi, e ridotti in una solo Poema,
che avrebbe per titolo il Giorno.
Finisco sperando ch’Ella, onorandomi d’altra sua, mi darà
luogo di rinnovarle gli attestati della mia costante gratitudine, e
di gloriarmi della sua pregiabilissima amicizia. Sono col maggiore
ossequio
Dev.mo Obb.mo Servitore
Giuseppe Parini.

BEUMo, Autografoteca Campori. Parini Giuseppe. Autografo; bifoglio di


mm 180 × 250, scritto fittamente a piena pagina sulla c. 1r-v; con tracce di
sigillo di ceralacca e indirizzo scritto sulla c. 2v: «All’Ill. Sig.re Sig.r P.ron
Col.mo Il Sig.r Gio. Batta Bodoni Tipografo di S. M. Cattolica. Parma.»;
breve spazio bianco tra intestazione e testo.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 651-652. Lettera pubblicata per la


prima volta da Bertana 1898, pp. 85-86: «fu scritta, senza fallo, nel 1791»
(p. 82). Bellorini 1913-1915, ii, pp. 193-194, lettera xxxii e Mazzoni 1925,
pp. 1012-1013, lettera xli. Entrambi seguono Bertana.

Giambattista Bodoni (1740-1813) aveva ripubblicato a Parma l’edizione


delle Odi da poco uscite a Milano presso l’editore Marelli, per cura di
Agostino Gambarelli. Il Parini ringrazia il Bodoni per l’invio della ristam-
pa e propone un’edizione del Giorno, rivisto e completato.
Sul Bodoni basti il rinvio a DBI, 11, 1969, pp. 107-115 e a Ciavarella et
alii 1990.

Alla BPPr, presso il Museo Bodoniano, nel Fondo Bodoni (busta 48, fasc.
33), esistono due minute dello stampatore dirette a Parini, che riprodu-
ciamo qui di seguito, benché già in Boselli 1914; la prima dovrebbe es-
sere la «graziosiss.ma sua del 4. 8.bre» citata sopra:

a Aggiunto in interlinea un.


lettere 215

Parma 4 8.bre 1791


Dacchè io ebbi la fortuna di conoscerla personalmente quando feci una ve-
loce gita a codesta Insubre Metropoli splendidissima, ho sempre avuto in
pensiero di dargli qualche, sebbene lieve, testimonianza della giusta venera-
zione che io ho sempre professato al raro di lei poetico valore. Mi mancò
sempre la propizia opportunità di mandare ad effetto il mio divisamento; ed
ora mi si è offerta spontaneamente. Un male impresso libercolo delle di lei
Odi uscito da’ torchi Piacentini mi è giunto alle mani nello scorso mese. Io
ho voluto riprodurlo con un pocolino di venustà, ed esattezza maggiore. Il
primo esemplare l’offro all’immortale ed incomparabile autore de’ ben tor-
niti, robusti carmi, che tutti gl’imparziali estimatori del bello Poetico riguar-
dano come il Principe de’ viventi coltivatori delle mansuete Muse; ed io pure
di buon grado mi unisco a tale univoco sentimento, e se ’l soffrano in pace i
verseggiatori della Dora e del Taro; del picciol Reno e dell’Arno; del Tebro,
dell’Adria, e più oltre del picciol Sebeto. Me fortunato se avrò saputo meri-
tare il cortese di lei compatimento! Mi accordi la sua benevolenza, e mi creda
pieno della più ingenua Osservanza, e di attaccamento insuperabile
Suo div.mo ob.mo Serv.re
Il «male impresso libercolo» sarebbe l’edizione piacentina di Orcesi (Pa-
rini 1791).
Il secondo autografo, senza data, ma presumibilmente successivo, del
1791 o al più dei primi del 1792 – Bodoni vi accenna anche a una prossima
edizione del Giorno: probabilmente quella, poi non eseguita, cui allude
il Parini nella lettera a testo – è la minuta di una commendatizia a favore
dell’incisore parmense Pietro Martini (Parma, 1738-1797), il quale, resi-
dente a Parigi «da cinque lustri» (vi era giunto nella primavera del 1768,
ed era a Parigi tra il 1789 e il 1791: cfr. Bédarida 1928, passim) ma di pas-
saggio a Parma, intende recarsi anche a Milano per conoscere Parini e
visitare la città:
Apportatore di questo mio ossequioso foglio si è l’egregio Sig.r Pietro Mar-
tini, Parmigiano, e valentissimo incisore in rame. Domiciliato già da cinque
lustri in Parigi, egli è venuto a rivedere i patrii lari, e gli antichi amici, fra quali
io mi pregio di essere del bel numero uno. Pria di ritornare alle romorose
sponde della sconvolta Senna, egli desidera osservare i pregevoli monumenti
delle belle arti che esistono in codesta Insubre Metropoli splendidissima.
Io volea dargli Commendatizia per l’autorevolissimo Plenipotenziario
Ministro; ma egli ch’è d’indole veramente aurea, e di franche ed ingenue ma-
niere, mi rispose che preferiva di conoscera l’inimitabil autor del matino a
qualunque più elevato Soggetto.
Io dunque ho voluto spontaneamente offerirgli il mezzo onde appagare
l’erudito suo desiderio, che avrà comune con tanti altri illustri viaggiatori,

a Cassato personalmente.
216 giuseppe parini
che giungendo a Milano, si recano a fausta ventura di poterla anche per brevi
momenti vedere, qualora non venga lor dato d’udirlo nelle sue colte lezioni,
e di ammirarla nelle sue eruditissime conversazioni. Imploro dunque dal di
lei animo ben fatto e cortese di accoglier con lieta fronte il mio raccoman-
dato, ch’Ella troveràa pure istruito nella italiana ed estera letteratura più di
quello che si possa aspettare da qualunque abilissimo Artefice; e con tanta
maggiore alacrità ho colto questo favorevole incontro d’indirizzarglielo,
quanto che questo mio onesto, soavissimo amico desidera di sentire se
l’incomparabile Sig.r Abate Parini sia prossimo a far godere alla dotta Europa
il tanto suo applaudito, ed atteso Poema che avrà per titolo il Giorno; di cui
gli ho supposta vicina l’impressione. Al ritorno del s.r Martini mi lusingo di
sentire ottime novelle sulla sua preziosa salute che gli desidero ferma ed atle-
tica. Mi conservi la sua pregevol grazia, mi comandib e mi credac qualed coi
più veraci sensi di ossequio e di insuperabile attaccamento ho l’onore di
soscrivermi Laus Deo Laus Laus

Alla morte del Martini, lo stesso Parini gli dedicherà l’Epigramma com-
memorativo intitolato Il ritratto dell’incisore Pietro Martini (cfr. Reina
1801-1804, iii, p. 243). Sul Martini, in difetto di una voce nel DBI, la fonte
più diffusa è il sito http://www.comune.trecasali.pr.it/allegato.asp?ID=
565376 (ultimo accesso: 15.x.2012).

a Cassato non mediocremente.


b Cassato si rivalga di me in qualunque opportunità che gli possa qui occorrere.
c
Cassato mi scrivo. d Cassato colla.
lettere 217

57
[Al conte Johann Joseph Wilczeck]
[Milano, marzo-aprile in. 1792]

Eccellenza.
L’U.mo Serv.re di V. E. il Prof.e Parini trovasi già da più d’un mese
obbligato continuamente a letto per incomodo di podagra.
In tale situazione sente più che mai la necessità d’avere qualche
Stanza al di più delle quattro, che ora gode, massime per tenere
presso di sè il Domestico, che lo assista.
Altronde si risovviene con sentimento di riconoscenza del-
l’umanissima disposizione mostratagli da V. E. per fargli assegna-
re questo comodo ulteriore.
Quindi ardisce di supplicare la medesima E. V. che si degni di
commettere1 al Sig. Conte Pertusati che visiti e concerti ciò che
sarà opportuno affine di accrescere qualche Stanza al Parini senza
ingiuria nè scomodo2 di verun altro, che abiti legalmente in Brera.

ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 178. Autografo; bifoglio di mm 190 × 285,
scritto solo sulla c. 1r, sulla colonna di destra. In basso a sinistra, d’altra
mano: «1579/858. Pres. 2 Ap.le 92.» (scritta quindi nei giorni immediata-
mente precedenti). La stessa cart. 178 ha anche una copia apografa, con
varianti «assiste» pro «assista», «alcun altro» pro «verun altro».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 652. Pubblicata dapprima da Borto-


lotti 1900, p. 143; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 194-195, lettera xxxiii;
Mazzoni 1925, p. 1013, lettera xlii (segue Bortolotti).

Il Wilczeck trasmise la domanda del Parini per l’ampliamento dell’al-


loggio in Brera al Magistrato Politico Camerale (9 aprile), ma poiché
non si giungeva ad alcuna concreta determinazione, il Parini sollecitò
nuovamente un provvedimento a suo favore. Cfr. la lettera successiva
al Pertusati.
La relativa documentazione ufficiale è in ASMi, Studi, Parte Antica,
cart. 276 e in Vicinelli 1963, pp. 120-127.

1 commettere: dar incarico. 2 ingiuria … scomodo: danno … incomodo.


218 giuseppe parini

58

[Al conte Francesco Pertusati]

Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo


Il Parini U.mo Serv.re di V. S. Ill.ma ha presentito che dal Magistra-
to siasi fatta consulta alla Conferenza Governativa sul noto affare
della ulteriore abitazione da esso domandata. Egli si prende per-
ciò la libertà di supplicar V. S. Ill.ma a dare opera, per quanto da
Lei dipende, affinchè la detta Conferenza Governativa si degni di
sollecitamente e deffinitivamente risolvere1 intorno a ciò. La
giornale2 necessità, che ha il Parini di maggiore abitazione; l’uti-
lità della stagione per l’adattamento di essa; e la imminente va-
canza delle Scuole, che porterebbe l’assenza di quelli che hanno
relazione nei cambiamenti, che possono occorrere, rendono im-
portuno e forse presuntuoso il Parini medesimo, il quale nell’atto
che chiede perdono, ha l’onore di dichiarare a V. S. Ill.ma il suo di-
stintiss.o ossequio.

Di casa. 9. Agosto. [1792]

ASMi, Autografi, cart. 178, numero di protocollo 3712/443. Autografo;


monofoglio di mm 170 × 250, scritto sulla colonna destra della c. 1r; in
basso nel margine sinistro, la data: manca l’indicazione dell’anno e del
destinatario.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 653. Pubblicata per la prima volta da


Bortolotti 1900, p. 144. Bellorini 1913-1915, ii, p. 195, lettera xxxiv;
Mazzoni 1925, pp. 1013-1014, lettera xliii.

Il destinatario va identificato con sicurezza nel conte Francesco Pertusati


(Milano, 1741-1823), soprintendente alla Fabbriche Camerali in Milano
(cfr. Bortolotti 1900, p. 144), sul quale cfr. la lettera 64, in nota. Questa
volta (cfr. la nota alla lettera precedente) la domanda del Parini venne ac-
colta con decreto del 28 agosto 1792, nº 3408: il millesimo della lettera è

1 risolvere: deliberare. 2 giornale: quotidiana (cfr. lat. diurnalis).


lettere 219
dunque il 1792. Il Pertusati informò il Magistrato Politico Camerale che
Parini avrebbe potuto da allora disporre delle due stanze lasciate libere
«senza alcuna spesa e carico del R. Erario» (ASMi, Studi, Parte Antica,
cart. 270; cfr. anche Bortolotti 1900, p. 145).
220 giuseppe parini

59

[Al conte Johann Joseph Wilczeck]


[Milano, 23-31 maggio 1793]

Eccellenza.
Mi viene spedito da Bologna l’annesso Foglio con commissione
di offerirlo a V. E. in nome della Sig.a Bandettini. Dovrei venire in
persona a presentarlo: ma ho troppe pruove della benignità con
cui V. E. rende giustizia alle mie fisiche circostanze. Oso adunque
dispensarmene: e professandomi perpetuo veneratore dell’otti-
mo animo di V. E., ho l’onore di essere
Di V. E.
Umil.mo Serv.re
Giuseppe Parini.

ASMi, Autografi, cart. 159 bis (Miscellanea). Autografo; monofoglio di


mm 180 × 230, scritto nella c. 1r, con ampio spazio dopo l’intestazione.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 653. Pubblicata per la prima volta da


Mazzoni 1925, p. 1014, lettera xliv, ricavandola da un fondo non più pre-
sente all’ASMi (perché probabilmente andato distrutto a seguito dei
bombardamenti dell’agosto 1943), Nuovi acquisti per la restituzione carte
viennesi. Riprodotta in fac-simile da Bologna 1969, documento 18, che
la ritenne erroneamente inedita e non identificò il destinatario, dichia-
rando di ricavarla dall’ASMi, Fondo Autografi, cart. 178.

Sempre in ASMi, Autografi, cart. 159 bis (Miscellanea), si conserva anche


il biglietto di Teresa Bandettini, qui sotto riprodotto, datato 23 maggio
1793, con cui la celebre improvvisatrice chiede al Wilczeck (qui però non
nominato) di predisporle una sala con tutto l’occorrente per una sua esi-
bizione da tenersi il 31 di quel mese.
Teresa Bandettini (Lucca 1763-1837) cominciò la sua carriera artistica
come ballerina e si formò contemporaneamente una cultura letteraria,
che le permise di essere accolta, nel 1789, nell’alta società di Bologna, tra-
mite i buoni uffici del conte Ludovico Savioli. Lasciata la danza, si dedicò
all’improvvisazione, per la quale ricevette gli elogi anche dell’Alfieri.
Ammessa in Arcadia con il nome di Amarilli Etrusca, continuò nell’arte
lettere 221
dell’improvvisazione fino alla morte. «Nella primavera del 1793 venne a
Milano, diede diversi trattenimenti nelle più colte adunanze della città,
in casa del conte Wilzeck, ed una solenne, la sera di venerdì 31 maggio,
nel salone della Società Patriotica in Brera» (Bortolotti 1900, p. 147).
Una aggiunta apografa in BAMi, S. P. 6/2 iii. 6, p. 19 indica nell’11 apri-
le (1793) la data della festa in casa Wilczeck con la Bandettini. La lettera
del Parini, che introduce il bigliettino della Bandettini per la festa del 31
maggio, è quindi databile tra il 23 e il 31 maggio. Ecco il testo della lettera
della Bandettini:
Eccellenza
Io sono al maggior segno persuasa, che l’E. V. data si sarà la pena di cercar
conto di quella sala, per la quale osai supplicarla, ma nell’incertezza della riu-
scita, in cui mi vivo, mi è duopo essere seco importuna onde rilevare l’esito
della sua domanda. Lontana di diffidare un momento dalla di lei propensio-
ne a favorirmi, se la necessità non mi stringesse, avrei atteso, che V. E. da sè
stessa m’avvisasse del risultato, ma io abbisogno veramente di tal notizia, per
fare apparecchiare la sala, disporla ad Accademia, con le opportune sedie, e
lumiere. In qualunque modo però, vedo, che pel giorno 25. possibile non è
il darla; meglio dunque saria fissare la detta Accademia pel giorno 31 (quando
piaccia all’E. V.).
Ecco l’Ode al Principe Coburgo, da me corretta diligentemente; mi sono
mossa a ciò fare ad oggetto di renderla meno indegna di un tanto Leggitore;
questa istessa sarà stampata ed io mi farò un dovere d’umiliare un numero
di copie all’E. V. acciò passando per le sue mani, nel distribuirle a suoi affe-
zionati e famigliari acquistino quel merito che esse non avriano partendo
d’altra persona.
Piena di profondo ossequio priegando l’E. V. di patrocinio passo all’onore
di dirmi di V. E.
Da casa
Umili.ma Devot.ma Obblig.ma Serva
Teresa Bandettini

Il Wilczeck era grande ammiratore della Bandettini: per sua sollecitazio-


ne il Parini compose il sonetto Poi che tu riedi a vagheggiar dell’etra (Maz-
zoni 1925, p. 397, sonetto lxx) e lo inviò al Wilczeck, che così gli rispose,
il 9 dicembre 1793 (ASM, Autografi Monti-Parini, cart. 178; bifoglio di mm
185 × 220; nella colonna di sinistra della c. 1r: «1793. 9. x.bre», e più sotto
«Sig.r Ab.e Parini»; a metà colonna, di altra mano, «Cap. Appiani»; il testo
della lettera è nella colonna destra):
Ill.mo Sig.r e […] Col.mo
Ho ricevuto il Sonetto in lode della Sig.a Bandettini che V. S. Ill.ma mi ha ac-
compagnato col suo foglio. Io ne La ringrazio moltissimo anche per il modo
con cui ha eseguita questa commissione, perche non poteva farmi cosa più
grata che di combinarla, co’ riguardi ch’Ella deve alla sua salute per la quale
222 giuseppe parini
m’interesso sommamen.e. Le confermo i sentimenti di vera stima e distinta
consideraz.e con cui mi protesto […]

Sul retro, alla c. 1v, la seguente annotazione archivistica: «Lettera di Giu-


seppe Parini ad un Eccellenza con umile invio un foglio per commissio-
ne della Bandettini»; più sotto: «passata alla I. R. Direzione g.le degli
Archivj li 20 xbre 1830 pel N.º[?] 1017. Da spedire a Vienna alla Biblioteca
di S. M.».
A presentare la Bandettini al Parini, a Milano, fu il tipografo-editore
Giuseppe Bernardoni, che registrò le parole d’ammirazione del poeta al
loro primo incontro: «Signora Teresa, io credeva, dopo aver udito il duca
Molo, che, non che superarlo, nessuno lo potesse uguagliare nell’im-
provvisare; dopo udita lei, mi ricredo in tutto» (Bernardoni 1848, p. 78;
cfr. nota alla lettera 63).
Sulla Bandettini, cfr. Di Ricco 1990, e ora Caspani Menghini 2011
(alle pp. 15n e 50n sui rapporti con Parini). Sull’improvvisatore Gaspare
Mollo, cfr. ancora Di Ricco 1990, in particolare p. 67n.
lettere 223

60

[Al consigliere Pompeo Signorini]

Ill.mo Signore
Per il corso d’anni venticinque, io sonoa sempre stato presente al
momento dell’apertura delle scuole, ma inutilmente; ma inutil-
mente perchè la costumanza del nostro paese non somministra
scolari massimamente alle scuole superiori fuorchè verso il gior-
no di S.ta Caterina. Questa esperienza mi dà coraggio di supplicar
vostra S. Ill.ma che voglia interporsi affinchè mi sia concesso di ri-
manermi in villa sino al detto giorno, pronto sempre a rendermi
in città al minimo cenno. Spero dalla gentilezza di V. S. Ill.ma un
tale ufficio, e dalla benignità superiore questa grazia, mentre che
con distinto ossequio ho l’onore di confermarmi
Di V. S. Ill.ma
Vaprio 8 9.mbre [1793]
dev.mo obb.mo servo
Giuseppe Parini.

ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178. Idiografo; bifoglio di mm 145 ×


240, scritto a tutta pagina sulla c. 1r. In basso, d’altra mano: «All’Ill. Sig.
Consigliere D. Pompeo Signorini».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 654, che però lo considera «autografo


calligrafico» (ivi, p. 698). Bortolotti 1900, p. 146 (prima edizione);
Bellorini 1913-1915, ii, p. 196, lettera xxxv; Mazzoni 1925, p. 1015,
lettera xlv.

Sia Bellorini che Mazzoni computano 25 anni di servizio a partire dal


1769 e quindi datano la lettera al 1794. Si tratta invece del 1793: la Com-
missione pronunciò il proprio parere favorevole a posticipare il rientro
all’Accademia al giorno di S. Caterina (d’Alessandria: 25 novembre) l’8
novembre del ’93; il giorno dopo Pompeo Signorini partecipò la decisio-
ne al Parini. Anche il Magistrato Camerale fu informato dell’accogli-

a io sono è ripetuto senza cassatura.


224 giuseppe parini
mento della richiesta di esonero dalla cerimonia d’apertura: «La Confe-
renza governativa, avendo esaudito l’istanza del ricorrente rende inteso
il Magistrato Camerale per di lui norma e direzione. 9 novembre 1793.
Signorini» (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 276; cfr. Vicinelli 1963, p. 116,
nota 132).
Il prete toscano Pompeo Signorini (Mulazzo, 1743 - Milano 1812), già al-
to magistrato a Siena e a Firenze, fu nominato il 1 febbraio 1792 Consi-
gliere generale sugli affari ecclesiastici e sugli studi presso l’Imperial
Conferenza di Milano, dove giunse il 3 maggio 1792, iniziando la sua col-
laborazione con il Governo come relatore della Conferenza Governati-
va. Favorevole alla richiesta del Parini, egli stabilì che, «attesa non meno
l’esperienza allegata dal ricorrente, che la qualità della cattedra sostenu-
ta dal Parini, la quale non avendo circoscritto un corso di lezioni, che
potesse restare interrotto dall’assenza di alcune giornate, fosse da secon-
darsi la domanda» (ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 276; e cfr. anche Bor-
tolotti 1900, p. 146).
lettere 225

61

[Al conte Francesco Pertusati]


[Milano, 31 maggio - 15 giugno 1795]

Il Prof.e e Sopraintendente delle R. Scuole di Brera Giuseppe Pa-


rini ottenne l’abitazione in Brera da S. A. R. il Serenissimo Arci-
duca a contemplazione delle sue notorie incomodità di salute.
Questa gli fu poi accresciuta, per il medesimo titolo, fino allo stato
in cui presentemente ne gode dalla R. I. Conferenza di Governo.
Egli non ha altri Rescritti fuor che quelli, che saranno registrati
fra i Decreti del R. I. Governo, ai quali si rimette, come pure al
tranquillo possesso, in cui ne è stato mantenuto da circa diciotto
anni a questa parte. In fede di ciò egli si dà l’onore di sottoscriversi
Giuseppe Parini
Prof.e di Lett.e e di Arti, e Sopraintendente etc.

ASMi, Studi, Parte Antica, cart. 273. Autografo; bifoglio di mm 250 × 350,
scritto solo sulla c. 1r. Nella colonna di sinistra il testo del Parini; nella
colonna di destra la «Nota», diretta a Parini e contrassegnata da un «N.º
9», con cui il conte Pertusati chiedeva, a lui come a tutti gli occupanti di
locali in Brera, legittimi o meno, di presentare una dichiarazione sul
proprio stato:
Nota
N.º 9.
È della Superiore intenzione, che il R.o Professore di Lettere, ed Arti, e Pre-
fetto delle RR. Scuole Abate Parini indichi all’infrasc.o Cons.e, e Soprinten-
dente li Rescritti, che legitimino l’abitazione, ch’Esso gode di sei Stanze, ed
un Gabinetto al Piano terreno, non che di una cucina con un piccolo Vesti-
bolo nel R.o Ginnasio di Brera: Lo stesso Cons.e, e Sopraintend.te comunica
quindi la sullodata Superiore volontà al surriferito R.o Professore, affinchè
per il g.no 15. del venturo Mese voglia compiacersi di somministrare la men-
tovata indicazione, e così essere abilitato a dar compimento alla Superiore
commissione.
Dalla R.a Sopraint.za alle Fabb.e Cam.li
Milano 31. Mag.o 1795.
Pertusati Consig.re Soprintendente
226 giuseppe parini

Al R.o Profess.e di Lettere


ed Arti, e Prefetto delle
RR. Scuole Abate
Parini.

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 654. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 196-197,


lettera xxxvi (prima edizione); Mazzoni 1925, lettera xlvi, pp. 1014-1015.

La risposta del Parini è da collocare tra il 31 maggio e il 15 giugno,


termine entro il quale doveva pervenire la dichiarazione richiesta (cfr.
Vicinelli 1963, p. 127n).
Sul Pertusati, cfr. la nota alla lettera 64.
lettere 227

62
[Al marchese Febo d’Adda]
Se la bontà, con la quale V. S. Ill.ma ha accettati que’ pochi senili
miei versi, è troppo superiore al loro merito, mi è però dovuta la
giustizia ch’Ella rende ai sentimenti da cui mi sono stati dettati.
V. S. Ill.ma può farne quel che le pare, avendo io tutta la ragione
di commettermi al gusto ed al giudizio di Lei, massimamente
dopo aver letto il componimento, che ha avuto la gentilezza di
mandarmi.
Qualora V. S. Ill.ma persista nel pensiero di stampare i detti miei
versi, mi piacerebbe ch’Ella vedesse se giovasse di farvi i pochi
cangiamenti, che seguono.
«E novo entro al tuo cor sorgere affetto
Giuno che i preghi de le incinte ascolta
E vergin io de la Memoria prole»
Sarà la più grande pruova della parzialità di V. S. Ill.ma per me, se
Ella senza più oltre interrogarmi sopra di ciò userà meco libera-
mente, ritenendo, sostituendo, o cangiando la lezione come Le
parrà; e così parimenti per l’ortografia in ogni parte.
Ho l’onore di professarmi, con distintissimo ossequio e con
sincerissimi augurii d’ogni felicità
di V. S. Ill.ma
Vaprio 23 giugno [1795] Dev.mo Ob. S.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 16. Apografo; monofoglio di mm 166 × 215, scritto solo
sulla c. 1r. In testa, della stessa mano: «Lettera dell’Ab. Gius.e Parini al
March. D’Adda». Nella data, il millesimo è aggiunto fra tonde accanto
al mese: «(’95)».
Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 655, che però lo giudica «autografo cal-
ligrafico» (ivi, p. 700). Reina 1801-1804, iv, pp. 192-193; Bellorini 1913-
1915, ii, p. 197, lettera xxxvii; Mazzoni 1925, p. 1015, lettera xlvii.
L’ode Alla Musa («pochi senili miei versi») fu composta nel giugno del
1795 e pubblicata subito in Milano presso l’editore Bianchi. Per l’accogli-
mento delle varianti (vv. 82, 94 e 95), cfr. Isella 1975, pp. 180-181.
228 giuseppe parini
Febo d’Adda (1772-1836) fu uno dei sessanta Decurioni e Ciambellano
di S. M. Imperiale; durante il Regno Italico, fu nominato Consigliere di
Stato e Cavaliere della Corona ferrea; al ritorno degli Austriaci, divenne
Consigliere di Governo, Vice-presidente del Governo di Lombardia e
Cavaliere dell’ordine di Leopoldo. Discepolo (negli anni scolastici 1778-
1782) e amico del Parini, compose odi e sonetti. Aveva sposato la contessa
Leopoldina Kevenhüller. Mentre il card. Durini ne celebrò il matrimonio
in un’ode alcaica, il Parini ne cantò la maternità in Alla Musa, e Febo
d’Adda rispose con un’altra ode intitolata L’Amicizia. Alla morte del Pa-
rini, l’amico scrisse un sonetto In morte dell’abate Parini sommo poeta,
stampato in un foglio volante, e La rimembranza (cfr. Salveraglio 1881,
p. 271).
lettere 229

63
[A Giuseppe Bernardoni]

Stimatiss.o Sig.re,
Vavero, 11. 9.bre [1795]
Una invincibile mia pigrizia a scriver Lettere ha fatto che io non
ho risposto alla sua graziosissima prima, e tardato di rispondere
alla seconda. Gliene chiedo perdono; e supplisco come posso al
presente.
La ringrazio cordialmente della premura ch’Ella si è presa di
farmi trascrivere la Carta da lei mandatami; e ciò soltanto per
soddisfare una mia vana curiosità.
Ho letta la canzone all’Inclita Nice; e l’ho trovata ottimamente
corretta, salvo che nel verso: «Vale passando» etc. dove in vece di
leve, vorrebbe scriversi lieve.
Quanto al resto dell’Edizione, conoscendo io il carattere e l’abi-
lità di Lei, veggo che non posso essere in migliori mani.
Solamente la priego, che qualora le paia di dovervi apporre
qualche note, queste siano modestissime e semplicissime, senza
rimprovero nè diretto nè indiretto di cosa o di persona veruna.
Circa il verso: «Noia le facezie» etc. Ella potrà dire che nelle al-
tre Edizioni dopo la prima di Milano vi si sono fatti de’ cangia-
menti per non essersi dagli editori avvertito alla pronunciazione
toscana ed agli esempi de’ buoni scrittori di versi nell’uso delle pa-
role che hanno dittongo o trittongo, come accade della parola No-
ia etc. Ella potrà ciò dire e più brevemente e meglio che ora non
ho fatto io. Del che le lascio ogni libertà.
La Canzone all’Inclita Nice non amo che abbia nota veruna in-
dicante la persona a cui è supposta diretta.
Le fo i più sinceri ringraziamenti per le tante pene, ch’Ella si
prende per me: e le offerisco tutta la mia amicizia e servitù, dichia-
randomi tutto suo
Giuseppe Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 9. Autografo; bifoglio azzurrino di mm 188 × 240, scrit-


to solo sulla c. 1r-v; senza indirizzo.
230 giuseppe parini

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 655-656. Reina 1801-1804, iv, p. 194-195;


Bellorini 1913-1915, ii, 198-199, lettera xxxviii; Mazzoni 1925, pp. 1015-
1016, lettera xlviii.

Il tipografo milanese Bolzani, tra il novembre del 1795 e i primi mesi del
1796, ripropose l’edizione delle Odi curata da Agostino Gambarelli nel
1791, con l’aggiunta, in coda, delle tre composte dopo il 1791: All’inclita
Nice (1793), A Silvia (1795), Alla Musa (1795). Al v. 120 dell’ode a Nice il Bol-
zani accolse la correzione indicata dal Parini in questa lettera e ne rispet-
tò il desiderio di non dichiarare l’identità della donna, diversamente da
quanto si era verificato in Dalmistro 1793-1800, iii (1795), pp. 217-224,
dove figurava il titolo Alla signora contessa Castelbarco. Anche Reina 1801-
1804 (ii, p. 186) pubblicò l’ode con il titolo Il Messaggio e la seguente nota:
«Per l’inclita Nice, ossia Maria di Castelbarco». Per il v. 60 della Ca-
duta, «Noia le facezie», cfr. Isella 1975, p. 111. Sulle varianti testuali del-
l’ode anche in rapporto con la lettera al Bernardoni, cfr. Longoni 2008.
Maria Litta Arese (1761-1815), figlia del marchese Giulio Pompeo e del-
la contessa Elisabetta Borromeo Visconti (in seconde nozze), sorella di
Paola Castiglioni, sposò ancora molto giovane, il 1º maggio 1777, il conte
Carlo Ercole Castelbarco. Il Parini godeva dell’ospitalità dei Castelbarco
a Vavero (Vaprio d’Adda), dove aveva alcuni benefici (cfr. Barbarisi-
Bartesaghi 2005, ix.6, pp. 712-713 e 719).
Giuseppe Bernardoni (1771-1852), editore, pubblicista e poeta, fu allie-
vo del Parini; all’arrivo dei Francesi, si mostrò sostenitore delle idee ri-
voluzionarie e contribuì alla fondazione del Teatro Patriottico. Durante
l’occupazione austro-russa trovò riparo in Francia, da dove tornò nel
1802. Fece carriera sotto il governo austriaco e si ritirò a vita privata nel
1838.
Oltre a editare un’antologia delle poesie pariniane, Parini 1814, il Ber-
nardoni dettò un’epistola in versi Per Giuseppe Parini (Bernardoni
1848), nella cui seconda parte, pp. 37-91, sono inserite le già citate Testi-
monianze concernenti Giuseppe Parini, ordinate alfabeticamente. Su Ber-
nardoni editore delle poesie pariniane e sulle vicende editoriali dell’ode
citata nella lettera, cfr. Isella 1975, p. lvii; Carrai 1999, particolarmen-
te pp. x-xii e xvi-xvii. Sul Bernardoni collaboratore della prima Società
dei Classici Italiani, cfr. Berengo 1980, ad Ind. Sulla sua produzione in
dialetto milanese, cfr. Isella 1999a, pp. 137-139 (voce di F. Milani).
Sulla «pigrizia» del Parini nello scrivere lettere, cfr. supra, lungo l’Intro-
duzione, § ii.
lettere 231

64
[A Francesco Pertusati,
deputato del Pio Albergo Trivulzio]
Ill.mo Sig.re e P.ron Col.mo
La bontà e la cortesia, che unite a tant’altre virtù morali e cristiane
rendono V. S. Ill.ma così distinta fra’ suoi pari, spero che non le fa-
ranno sembrare impertinenza due libertà che io ardisco di pigliar-
mi con Lei. La prima si è di valermi della perversa stagione, e delle
mie note indisposizioni di salute per giustificarmi dello addirizzar-
le questa mia, in vece di venire io in persona, come per ogni conto
dovrei. La seconda si è d’abusarmi della parzialità, con cui a più se-
gnali mi è paruto che V. S. Ill.ma si degni di risguardarmi, non dubi-
tando di porgerle una Supplica, e questa col maggior calore, di cui
io mi senta capace. V. S. Ill.ma sa meglio d’ognaltro che non si vor-
rebbe mai perdere occasione di giovare altrui: e che ci sono delle
circostanze, in cui non si può senza crudeltà dispensarsene. Mi sia
dunque permesso di supplicare istantemente V. S. Ill.ma, perché, co-
me uno de’ Deputati del Luogo Pio Trivulzi, si degni d’impiegar la
sua carità, anzi d’assumersi d’inspirarla anche ne’ suoi Colleghi, af-
finchè vi sia collocato un povero vecchio settagenario di costumi e
maniere gentili, vissuto sempre onestamente del suo mestiere, fin-
chè l’età la salute e i mezzi gliel permisero. Questi è Baldassare Fac-
chetti Milanese stato già venditore di vecchi mobili, e spezialmente
di quadri, e che potrebbe per avventura esser noto anche a Lei.
Quanto sarebbe grande il compenso della mia presente licenza, se
mai il Cielo si valesse di questa per render felice un misero vecchio
negli ultimi suoi anni di questa vita passeggiera; e per accrescere il
cumulo di que’ tanti meriti, che V. S. Ill.ma si prepara per la vita im-
mortale. Non aggiungo di più per non esserle troppo lungamente
importuno, e per non diminuire in me il dolce sentimento della fi-
ducia, che ho di già conceputa. Perciò, supplicandola di perdono,
passo a dichiararmi quale ho l’onore con distintissimo ossequio
Di V. S. Ill.ma
Da Brera. 6. Feb.o
Dev.mo ed Obb.mo Servidore
Giuseppe Parini.
232 giuseppe parini

BCASFo, Raccolta Piancastelli, Sez. Aut. xix sec., busta 147, ad vocem Pa-
rini Giuseppe. Autografo; monofoglio di mm 195 × 255, con testo disposto
in 1r-v. Manca l’indirizzo.

Pubblicata per la prima volta in Vita Nuova 1876: l’autore anonimo del-
l’articolo premette alla trascrizione un brevissimo cappello introduttivo
in cui dichiara di dovere la lettera «alla cortesia di don Vittorio Melzi che
la trovò tra le carte dell’avolo conte Francesco Pertusati, ciambellano
dell’I. R. M. (1772), al quale Parini la diresse». La pagina di Vita Nuova 1876
si trova tra i documenti pariniani raccolti da Filippo Salveraglio (BAMi,
S. P. 6/11), ma sfuggì al Mazzoni, che pure quei materiali conobbe e rior-
dinò per la sua edizione. Ripubblicata come inedita e senza indicazione
del destinatario in Bartesaghi 2009.

Non registrano alcun Baldassare Facchetti gli elenchi dei «poveri» rico-
verati al Pio Albergo Trivulzio, come pure quello dei «ricorrenti» al rico-
vero (improponibile la lettura di «Lanzetti» pro «Facchetti» di Vita Nuova
1876, e in ogni caso nei detti elenchi non compare neppure un Lanzetti):
il filantropismo del Parini non dovette aver esito. All’ASMi, Fondo Tri-
vulzio, Nuovo Archivio (TNA), busta 29, è conservato l’elenco dei poveri
aggiornato fino al 30 aprile 1774. Gli elenchi dei «ricorrenti» dal 1771 al
1778 e quello dei ricoverati (uomini e donne) dal 1771 al 1810 e dal 1774 al
1829, già conservati presso l’Azienda di Servizi alla Persona Istituti Mila-
nesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio di Via Marostica 8, sono
ora all’MMSMi di Corso Magenta 59 (sull’archivio del Pio Albergo Tri-
vulzio, cfr. Cenedella 1993a). Un Giacomo Facchetti, residente in Con-
trada de’ Spadari 3237, «ripulitore di quadri» e decoratore di porcellane
attivo dal 1756 in società con un Giuseppe Sormani, è menzionato in Mo-
razzoni 1948, p. 30. Porta lo stesso cognome, ma ha nome Francesco,
anche l’«inserviente» di casa che Parini lascia erede testamentario dei
propri beni mobili (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 713-715).
La qualifica di «Deputato» non è indicazione generica, ma titolo spe-
cifico dei responsabili del funzionamento del Pio Albergo Trivulzio. I 12
deputati, la cui nomina fu stabilita nel maggio 1791, sono registrati sia
nel primo (1791) Regolamento capitolarmente stabilito pel buon governo del
Pio Albergo Trivulzi (ora riprodotto in anastatica: cfr. Regolamento 2004),
sia in un Elenco dei Sig.ri Deputati del Luogo Pio Trivulzi conservato ms.
all’ASMi, Fondo Trivulzio, Nuovo Archivio, cart. 14, insieme con la let-
tera del plenipotenziario Wilczeck all’arcivescovo di Milano del 7 mag-
gio 1791 e la risposta di questi del 22 dello stesso mese. Essi sono: il conte
don Gioachimo Gambarana; don Luigi Sopransi, segretario del Supre-
mo Tribunale di Giustizia; il conte don Carlo Archinto; don Giuseppe
Ordogno de Rosales; il sindaco don Pietro Vedani; il marchese don Gior-
lettere 233
gio Teodoro Trivulzi; il conte abate don Cesare Taverna; don Carlo Giu-
seppe Sala; don Apollonio Casati; il marchese don Francesco Piantanida;
Giuseppe Mauro; il conte don Francesco Pertusati. Di questi, sette sono
i «superstiti Deputati» dell’«Ospitale de’ Vechj» (o «Vecchi»), allora inca-
merato dal Luogo Pio Trivulzio, mentre i restanti sono di nuova nomina.
Poiché il Pertusati è fra questi ultimi, ne consegue che la lettera parinia-
na, che interpella il Pertusati «come uno de’ Deputati del Luogo Pio Tri-
vulzi», è successiva al maggio 1791; la lettera, dunque, può esser stata
scritta in un 6 febbraio di ciascuno degli anni fra il 1792 e il 1796 (non oltre,
perché con l’avvento della Cisalpina, nel maggio del 1796, decadrà anche
la giunta dei Deputati del Trivulzio). Sul Pertusati (1741-1823) cfr. Vacca-
ro 1988, pp. 262-283.
234 giuseppe parini

65
[A Diodata Saluzzo Roero]

Eccellenza.
Mil.o 12 Feb.o 1797.
Disposizioni naturali, educazione, studio, fantasia, sensitività, in-
genuità, delicatezza, nobiltà d’animo, novità conseguente di con-
cetti e d’immagini, tutto ciò che non si acquista se non con lungo
tempo ed assidua contemplazione de’ grandi esemplari, cioè fa-
coltà e dominio di locuzione, di stile, di verso, di metro etc. etc.
sono doti singolari, che tutte insieme ho riconosciute nella copio-
sa raccolta di Poesie composte da V. E. e di cui Ella si è compia-
ciuta di farmi preziosissimo regalo.
Quanto mi vergogno io mai veggendo una Donzella nella sua
freschissima età produrre tanti e così felici componimenti; mentre
io già vecchio non ne ho fatti che pochi a grande stento e tanto
mediocri!
Io non so se qualcuno mi avrà mai creduto soggetto così inte-
ressante da parlarle di me, e da farle cenno del mio carattere. Se
ciò per avventura fosse accaduto, le sarà stato detto che io non as-
serisco mai se non ciò, che a tutto rigore mi sembra vero; e che io
non amplifico mai nè biasimando nè lodando per qualsivoglia
motivo.
Ho tardato fino a quest’ora ad adempiere il mio debito, ed a si-
gnificarle i miei sentimenti, perchè io sperava e vivamente deside-
rava di far ciò in modo più solenne; ma troppe infelici circostanze
mi tengono abbattuto l’animo e la mente. Così la Provvidenza mi
conceda vita salute e tranquillità, come io profitterò de’ primi mo-
menti per render sempre più manifesta l’ammirazione che hanno
destata in me l’elevatezza del suo animo e la singolarità de’ suoi
talenti. Frattanto mi glorio di protestarmi col maggiore ossequio.
Di V. E. Dev.mo Obbl.mo Servo Giuseppe Parini.

BAMi, S. P. 6/5 xi. 10. Autografo; bifoglio di mm 184 × 250, scritto solo
sulla c. 1r-v; senza indirizzo; in alto, al centro della c. 1r e seguita da ampio
lettere 235
spazio bianco, la dicitura «Eccellenza». Sulla c. 2v, da altra mano, è stata
aggiunta la seguente postilla: «Ad Adeodata Saluzzo, ora ex-contessa Re-
vello».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 656-657. Reina 1801-1804, iv, pp. 196-


197; Bellorini 1913-1915, ii, pp. 199-200, lettera xxxix; Mazzoni 1925,
p. 1016, lettera xlix.
La lettera del Parini è pubblicata anche in Saluzzo Roero 1843, pp.
407-408. Nello stesso volume, pp. 516-518, fra le lettere indirizzate alla
poetessa da vari ammiratori e corrispondenti, si trovano anche le due
che le indirizzò il Reina: la prima (29.v.1801) per chiederle la restituzione
della lettera del Parini; la seconda (22.vii.1801) in cui le racconta la per-
dita dei manoscritti pariniani (cfr. Barbarisi-Bartesaghi 2005, x.3.1-2,
pp. 751-752).

Due le edizioni torinesi di versi pubblicate da Diodata Saluzzo Roero


(1774-1840), vivente Parini: Soffietti 1796 e Morano 1797 (cfr. Saluzzo
Roero 1796 e Saluzzo Roero 1797). Alla prima delle quali il Parini fa
qui riferimento (cfr. l’inventario della sua biblioteca in Barbarisi-Bar-
tesaghi 2005, x.2.4, p. 748, nº 279). Sulla poetessa piemontese cfr. Maier
1959, pp. 1105-1113; Tissoni 1983; Guglielminetti-Trivero 1993.
Le lodi di prolificità e di maturità artistica rivolte dal Parini alla Saluz-
zo ricordano molto da vicino quelle già indirizzate ad altra giovane poe-
tessa nel sonetto xl di Ripano Eupilino: cfr. Albonico 2011, p. 110.
236 giuseppe parini

66

[A Ruggero Ragazzi,
ministro degli Affari Interni]

Libertà. Eguaglianza.
Milano. 14. Messidoro, a. vi. R. [2 luglio 1798]
Cittadino Ministro.
Ho ricevute le Carte, che dal Direttorio Es. mi sono per mezzo
vostro spedite da esaminare. Mi spiace che alle altre infermità del-
la mia costituzione e dell’età mia si è aggiunta una cateratta, che
m’ha recentemente privato dell’uso d’un occhio, e minacciami
anche l’altro. Dico ciò per giustificarmi se mi bisognerà per l’ese-
cuzione qualche giorno piu che altrimenti non occorrerebbe, non
potendo io al meno per ora insistere al leggere o scrivere conti-
nuato senza incomodarmi o nocermi gravemente. Vorrei in per-
sona dirvi quanto vi scrivo: ma le mie gambe non mi permettono
che brevissimo e lentissimo cammino; e mi rendono impossibile
il salire le scale. Del resto sarò sempre pronto ad impiegare in van-
taggio della Patria fino alle ultime reliquie1 de’ miei sensi e della
mia mente.
Salute e Rispetto.
Parini.

ASMi, Autografi Monti-Parini, cart. 178 (dove si conserva anche una copia,
anch’essa datata 14 messidoro). Autografo; bifoglio scritto sulla metà su-
periore della c. 1r, di mm 240 × 350; a tergo, sulla c. 2v: «Al Cittadino|Mi-
nistro degli affari interni».

Barbarisi-Bartesaghi 2005, p. 657. Bellorini 1913-1915, ii, pp. 267-


268, documento 1; Mazzoni 1925, p. 1027, documento lxiv. Riprodotta
in fac-simile da Fumagalli 1899, p. 63.

Bortolotti 1900, p. 208, segnala che la risposta del Parini è dello stesso
giorno della comunicazione del Rasori, che però è dell’11 messidoro (29

1 reliquie: resti.
lettere 237
giugno; cfr. infra, in questa stessa nota). La lettera venne protocollata il
16 messidoro (4 luglio), col «N.º 4744./490. Sez. v.» (c. 2v).
La Commissione per la organizzazione dei teatri nazionali, presieduta
dal Parini, operò dal 9 ventoso anno vi (27 febbraio 1798) al 1º fiorile anno
vii (20 aprile 1799). Il programma (ASMi, Spettacoli pubblici, Parte Antica,
Teatri, Provvidenze generali, cart. 14; da questa fonte si ricavano tutti i do-
cumenti qui di seguito citati), firmato da Ruggero Ragazzi, ministro del-
l’Interno, venne approvato l’8 annebbiatore anno vi (29 ottobre 1797):
Nel tempo che le autorità superiori si occupano con ardore a formare un pia-
no di pubblica educazione, che imprima a grandi caratteri nelle menti della
gioventù i sacri principi della Libertà e della Uguaglianza e nei loro cuori
l’amore della Virtù e della Patria, il Ministero dell’Interno ha rivolta la sua
attenzione ai teatri.
Questa salutare istituzione, la quale istruì già le nazioni nella morale e nel-
la grand’arte di eccitare e correggere le passioni, senza temere gli abusi del
fanatismo, era presso noi divenuta la scuola dell’errore, dell’adulazione, e
del vizio. Il dispotismo, a cui torna meglio l’avere cittadini più corrotti che
virtuosi, più ignoranti che illuminati, più stolidi che ragionevoli, abbando-
nava volentieri questa scuola del sentimento alla sola speculazione di un avi-
do negoziante, il quale regolando il suo traffico sulla frivolezza e sulla cor-
ruzione del popolo e null’altro presentando al suo sguardo che il superbo
spettacolo della grandezza dei despoti, rendeva domestica e cara la servitù
e potentissimo l’impero della tirannide.
Volendo dunque il Direttorio esecutivo richiamare alla sua prima dignità
questa nobilissima instituzione, e sull’esempio de’ Francesi e de’ Greci, veri
e sommi maestri di Libertà, accendere negli animi de’ Cisalpini il fuoco e la
gara delle grandi e utili passioni repubblicane, mi ha autorizzato a proporre
il premio di quaranta zecchini a chi nel termine perentorio di due mesi dalla
data del presente avrà esibito al Ministro dell’interno il miglior progetto per
l’organizzazione dei teatri nazionali.
Cittadini! Ognuno di voi è debitore alla Patria dei suoi talenti. Il vero pa-
triottismo è inseparabile dal desiderio di soccorrerla co’ suoi lumi, e consa-
crare tutte alla pubblica felicità le sue cognizioni. Occupatevi dunque di que-
sto onorevole pensiero, secondate i disegni di un Governo che vi vuol tutti
educati virtuosi e felici, e l’amor della Patria più d’assai che la speranza del
premio guidi le vostre meditazioni sul proposto argomento.

Vennero nominati, come membri della commissione esaminatrice, Ser-


tori, Zingarelli e il Parini. Il 9 ventoso (27 febbraio) il ministro confermò
il Parini, ma gli affiancò Alfonso Longo e Lorenzo Mascheroni. Ne diede
quindi comunicazione al Parini (cfr. Bortolotti 1900, pp. 205-206):
Conoscendo il Direttorio Esecutivo quanta sia l’influenza de’ pubblici spet-
tacoli su i costumi d’una nazione; ed a qual grado di corrutela sieno giunti
presso di noi; premuroso di riparare il danno che ne verrebbe alla repubblica,
se più oltre ne fosse diferito il rimedio, ha fatto invitare i cittadini con pub-
238 giuseppe parini
blico Programma a proporre dei progetti per la organizzazione de’ Teatri
Nazionali con un premio di 40 zecchini a chi ne avesse presentato il migliore.
Essendone stati inoltrati varj entro il termine stabilito, e dovendosi ora pas-
sare ad esaminarli; il Direttorio medesimo confidando giustamente ne’ vo-
stri lumi anche su questa materia, vi ha destinato per uno de’ tre giudici cui
riportarsi per l’assegnamento del premio; dandovi per compagni i cittadini
Longo e Mascheroni, co’ quali potrete concertarvi. Tutti i progetti che sono
in numero di 14, io li rimetto quest’istesso giorno al cittadino rappresentante
Longo. Salute e fratellanza.

Nessuno dei lavori concorrenti fu giudicato soddisfacente, e il primo


concorso si concluse con un nulla di fatto.
Il 20 marzo 1798 fu quindi bandito un secondo concorso, di cui il Parini
ricevette comunicazione l’11 messidoro anno vi (29 giugno) tramite la
seguente lettera (Bortolotti 1900, p. 208):
Dopo il secondo programma, col quale fu riproposto il premio di 40 zecchini
a chi fra’ concorrenti avesse presentato fra lo spazio di sei decade il progetto
migliore per la organizzazione de’ teatri nazionali, otto di questi sono con-
corsi al paragone.
Il Direttorio Esecutivo conscio del vostro patriotismo e de’ vostri lumi, vi
delega nuovamente per questo secondo esame, perchè unitamente ai citta-
dini Longo e Mascheroni giudichiate, se alcuno de’ progetti, e quali di essi
meriti il premio proposto.
Gli otto progetti numerizzati si trasmettano a voi, perchè successivamen-
te si partecipino agli altri.
Salute e fratellanza.
Pel Ministro dell’Interno
Il Segretario Centrale
Rasori.

Alla missiva di Giovanni Rasori il Parini rispose con la nº 66, adducendo


i propri malanni, in particolare la cateratta, a giustificazione della lentez-
za con cui procedeva il lavoro.
Sollecito per le condizioni fisiche del poeta, il Rasori, il 19 messidoro
(7 luglio), così gli scrisse (Bortolotti 1900, p. 210): «Mi rincresce di sen-
tire che la vostra salute diventi sempre più cagionevole. Cercate di con-
servarla al meglio che sapete, essendo i momenti della vostra vita troppo
preziosi alla repubblica delle lettere. Valetevi perciò di tutto il tempo che
vi è necessario per l’esecuzione dell’esame che vi è stato affidato».
La commissione, comunque, si mise al lavoro e, in data 7 termidoro
anno vi (25 luglio 1798), stese la relazione conclusiva (la si veda riprodot-
ta in Barbarisi-Bartesaghi 2005, pp. 370-371) e, un mese dopo circa, il
giudizio sulla dissertazione di Melchiorre Gioia (cfr. ivi, p. 372).
Sul teatro drammatico in età giacobina, cfr. Bosisio 1990, soprattutto
il cap. iii; Bosisio 2000, in particolare pp. 901-910.
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I N DIC E C RONOLOGI CO
E I N CI PITAR IO DEL L E L E T T E RE
1752
1. A Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano – Essendo chiamato ed
eletto alla celebrazione – 31 agosto

1763
2. A Gian Luca Pallavicini – Il D.r Occelli al suo ritorno da Bologna – 17
agosto

1766
3. A Paolo Colombani – Fu per errore che esibii a V. S. Riv.ma il mio Mezzodì
– 10 settembre

1767
4. A destinatario ignoto – Voi sapete, ch’io son poltrone: non vi maravigliate
– 30 marzo

1768
5. Ad Antonio Greppi – Ella ascriva alla troppa gentilezza delle sue offerte –
13 settembre
6. A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e Belle
Lettere di Mantova – È una fatalità, ch’io debba sempre risponder tardi –
12 dicembre

1769
17. A Saverio Bettinelli – Le lodi, che V. R. s’è degnata di pubblicamente com-
partirmi – 10 maggio
18. Al conte Johann Joseph Wilczeck – L’occhio di parzialità con cui V. S.
Ill.ma si è sempre degnata – settembre-ottobre
19. Al conte Carlo Firmian – Poichè l’U.mo Serv.re dell’E. V. il P.re Giuseppe
Parini – novembre-dicembre
10. Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg – La squisitezza del
gusto, con cui l’Altezza Vostra sente – 16 dicembre
240 indice cronologico e incipitario delle lettere

1770
11. A Pellegrino Salandri, segretario della R. Accademia di Scienze e
Belle Lettere di Mantova – Le pochissime corrispondenze che io ho – 2
gennaio

1771
12. Al principe Wenzel-Anton von Kaunitz-Rietberg – Pervenute a’ Pro-
fessori delle Scuole Palatine le Medaglie – 7 aprile
13. A don Giuseppe Croce – In adempimento degli ordini di V. E. e della
Deputazione – 8 aprile
14. A don Giuseppe Croce – Sottopongo al giudizio ed alla direzione di V. S.
Ill.ma – 11 aprile
15. A Maria Teresa d’Asburgo – L’annunzio della preziosa concessione, che
la S. C. R. A. M. V. – 23 luglio

1773
16. A Girolamo Ferri – Basinii Parmensis Epistolam ex Bibliothecae huiusce
– Id. Jan. [13 gennaio]
17. A Giuseppe Paganini – Io mi trovo in un’aria felicissima, in un paese
amenissimo – 13 luglio
18. Al conte Carlo Firmian – Ardisco di scrivere con mano incerta all’E. V. –
5 dicembre

1774
19. A destinatario ignoto – Tu non potevi mai farmi un favore più grande –
30 gennaio
20. Al principe Sigismondo Chigi – Io non ho ritenuto veruna copia di quei
versi – [gennaio-febbraio]
21. A Giuseppe Paganini – Saluto te e tua moglie. Desidero che stiate bene –
9 agosto
22. Ad Angelo Mazza – Io sono reo presso di V. S. Ill.ma d’un tale eccesso – 14
agosto
23. A Giuseppe Paganini – Nell’atto che io era per iscriverti con un’occasione
– 8 settembre
24. A Giuseppe Paganini – Fra poco tempo non avrò più il piacere nè meno –
12 settembre
25. A Giuseppe Paganini – Con tutta la cordialità ringrazio te e tua moglie
– 25 settembre
26. A Giuseppe Paganini – Non voglio trascurare anche questa volta l’occa-
sione – 1 ottobre
indice cronologico e incipitario delle lettere 241

1775
27. Ad Antonio Greppi – Perchè V. S. Ill.ma s’interessa tanto per la salute – 17
agosto

1776
28. Ad Angelo Teodoro Villa – Ho ricevuta e fatta comunicare la vostra al
Sig.r Prevosto – 16 gennaio
29. Al conte Carlo Firmian – Mi sono più volte presentato all’anticamera di
V. E. – 21 luglio
30. Al conte Johann Joseph Wilczeck – La perfetta conoscenza che io ho del
carattere di V. S. Ill.ma – [1776]

1777
31. A Gioachino Pizzi, custode generale d’Arcadia – L’onor singolare, che
cotesto illustre Corpo dell’Arcadia – 17 maggio
32. A Giuseppe Zanoia – Ebbi il tuo invito di venire alla tua Omegna – 18
ottobre

1778
33. A Durante Duranti – Appena potei scorrere, come ho fatto avidamente –
17 aprile
34. A Giovan Battista d’Adda – L’illustre consesso, di cui V. S. Ill.ma è così
degno – 6 giugno
35. Ad Antonio Greppi – Al solo sentirmi annunciare il cameriere di V. S.
Ill.ma – 17 giugno

1779
36. A Saverio Bettinelli – Un ostinato dolor di testa che da più giorni mi
afflige – 24 febbraio
37. A Saverio Bettinelli – Agli antichi debiti, che ho verso V. S. Ill.ma – 27
febbraio
38. A Pietro Secco Comneno – Il Tedesco della Zecca, che come più abile ho
scelto – [giugno in.]

1780
39. Ad Antonio Greppi – Il dottore Giovanni Risi, fratello del fiscale – [gen-
naio]
40. A Gian Rinaldo Carli – Co’ Signori che mi onorano de’ loro riguardi –
[1770-1780]
242 indice cronologico e incipitario delle lettere

41. A Gian Rinaldo Carli – E dal S.r Conte Fiscale fratello, e dal S.r Conte
Melleri – 22 aprile
42. Al conte Carlo Firmian – La Società Patriotica mi ha dato l’onorevolis-
simo incarico – 26 dicembre
1781
43. A Francesco Griselini, segretario della Società Patriotica – Mi sono
sempre gloriato d’ubbidire alla Società Patriotica – 2 gennaio
44. A Giovan Battista Corniani – Una lunga malattia di capo, che m’ha
influito sopra la mente – 15 giugno

1783
45. All’arciduca Ferdinando d’Austria – Nella imminente Provvista de’
Benefici semplici vacanti – [1783]
46. Al conte Johann Joseph Wilczeck – Nella imminente Provvista de’
Benefici Semplici vacanti – [1783]
47. All’arciduca Ferdinando d’Austria – Nella presente vacanza del Benefi-
cio Semplice eretto – 17 settembre
48. A Carlo Castone Della Torre di Rezzonico – Non posso che commen-
dare l’eleganza la copia e l’evidenza – [1783]

1784
49. A Paolo Frisi (?) – L’Abate Buchetti persona colta e gentile, deve andare –
13 aprile
1788
50. A Giacomo Rezia – La graziosa amicizia, di cui mi avete sempre onorato
– 20 marzo
51. Ad Antonio Mussi – L’Ab.e Ron[n]a, il quale trovasi in cotesto Seminario
– 10 novembre
1789
52. A Silvia Curtoni Verza – Dovrei vergognarmi d’essermi lasciato prevenir
– 22 gennaio
53. A Silvia Curtoni Verza – Temo che se io ho fatto male lasciandole deside-
rare – 25 febbraio
54. A Silvia Curtoni Verza – Viene costì il Cavalier Guarini gentiluomo di
Romagna – 12 marzo
1791
55. Al card. Angelo Maria Durini – Io scrivo momentaneamente fra l’agita-
zione del sentimento – [1791]
indice cronologico e incipitario delle lettere 243

56. A Giambattista Bodoni – Dovrei vergognarmi di non aver finora risposto


– 18 novembre

1792
57. Al conte Johann Joseph Wilczeck – L’U.mo Serv.re di V. E. il Prof.e Parini
trovasi già – marzo-aprile in. 1792
58. Al conte Francesco Pertusati – Il Parini U.mo Serv.re di V. S. Ill.ma ha
presentito – 9 agosto

1793
59. Al conte Johann Joseph Wilczeck – Mi viene spedito da Bologna
l’annesso Foglio – 23-31 maggio
60. Al consigliere Pompeo Signorini – Per il corso d’anni venticinque, io
sono sempre stato – 8 novembre

1795
61. Al conte Francesco Pertusati – Il Prof.e e Sopraintendente delle R. Scuole
di Brera – 31 maggio - 15 giugno
62. Al marchese Febo d’Adda – Se la bontà, con la quale V. S. Ill.ma ha accet-
tati que’ pochi – 23 giugno
63. A Giuseppe Bernardoni – Una invincibile mia pigrizia a scriver Lettere
ha fatto che – 11 novembre
64. A Francesco Pertusati, deputato del Pio Albergo Trivulzio – La bontà
e la cortesia, che unite a tant’altre virtù morali – 6 febbraio [1792-1796]

1797
65. A Diodata Saluzzo Roero – Disposizioni naturali, educazione, studio,
fantasia – 12 febbraio

1798
66. A Ruggero Ragazzi, ministro degli Affari Interni – Ho ricevute le
Carte, che dal Direttorio Es. mi sono – 2 luglio
I NDIC E DEI DES TI NATARI *

Bernardoni, Giuseppe 63 Maria Teresa d’Asburgo 15


Bettinelli, Saverio 7, 36, 37 Mazza, Angelo 22
Bodoni, Giambattista 56 Mussi, Antonio 51

Carli, Gian Rinaldo 40, 41 N. N. 4, 19


Chigi, Sigismondo 20
Colombani, Paolo 3 Paganini, Giuseppe 17, 21, 23, 24,
Corniani, Giovan Battista 44 25, 26
Croce, Giuseppe 13, 14 Pallavicini, Gian Luca 2
Curtoni Verza, Silvia 52, 53, 54 Pertusati, Francesco 58, 61, 64
Pizzi, Gioachino 31
D’Adda, Febo 62 Pozzobonelli, Giuseppe 1
D’Adda, Giovan Battista 34
Della Torre di Rezzonico, Carlo Ragazzi, Ruggiero 66
Castone 48 Rezia, Giacomo 50
Duranti, Durante 33
Durini, Angelo Maria 55
Salandri, Pellegrino 6, 11
Saluzzo Roero, Diodata 65
Ferdinando d’Austria 45, 47 Secco Comneno, Pietro 38
Ferri, Girolamo 16
Signorini, Pompeo 60
Firmian, Carlo 9, 18, 29, 42
Frisi, Paolo 49
Villa, Angelo Teodoro 28
Greppi, Antonio 5, 27, 35, 39
Griselini, Francesco 43 Wilczeck, Johann Joseph 8, 30,
46, 57, 59
Kaunitz-Rietberg, Wenzel Anton
von 10, 12 Zanoia, Giuseppe 32

* Il numero indica la lettera.


I NDIC E DEI NOM I *

A gnelli, Giovanni Battista Bava di S. Paolo, Gaetano


80, 82 Emanuele 17, 132
Agudio, Giuseppe Candido 74, 123 Beccaria, Cesare 84, 98, 124,
Aguiari, Lucrezia 126 152, 180-181, 187
Alessandro, don, 21, 134, 137, 141 Bellati, Francesco 21, 128-129
Alfieri, segretario, 126 Belli, Giuseppe Gioachino 90
Alfieri, Vittorio 10, 132, 220 Bellorini, Egidio 51, 57, 86, 117, 179,
Alfonso («Alphonsus») ii d’Este 115 188, 223
Alighieri, Dante 210 Bellotti, Cristoforo 46, 51
Amoretti, Carlo 125-126, 179-182 Bembo, Amelia 158
Andrés, Juan 176 Berlan, Francesco 121-122, 178
Angiolini, Gaspare 84, 137-138 Berlendis, tipografo, 161
Angiolini, Teresa, vedi Fogliazzi Bernardoni, Giuseppe 10, 222, 230
Appiani, capitano, 221 Bertana, Emilio 48, 156, 214
Appiani, G. G. 42 Bertola de’ Giorgi, Aurelio 89, 200,
Archinto, Carlo 232 203
Archinto, Giovanni 149 Bertoldi, Alfonso 50, 161, 212
Arese, Giampietro (Sofronio) 159 Bettinelli, Saverio 11-12, 16-17, 61,
89-90, 161, 166-167, 169, 200, 203
Bacchelli, Riccardo 210 Bianchi, tipografo, 227
Balestrieri, Domenico 74, 212 Bianchi, Isidoro 175
Bandettini, Teresa (Amarilli Bianconi, Giosuè 42
Etrusca) 131, 220-222 Boccage, La Page Fiquet Anne-
Bandiera, Alessandro 41, 44, 87 Marie, madame du, 42
Barbarisi, Gennaro 14, 51, 171, 182 Bodoni, Giambattista 10-12, 15-
Baretti, Giuseppe 20, 84, 118 16, 54, 66, 157, 213-215
Baronchelli, Bortolo 79 Bolzani, tipografo, 230
Baroni, Giorgio 69 Bondi, Clemente Donnino Luigi
Bartesaghi, Paolo 51, 58, 69 177
Baschiera, Nicolò 85, 87 Bonsignori, Tommaso 21, 118,
Basinio («Basinius») da Parma 134, 137-138, 141
113-116 Borgognoni, Adolfo 50
Battistelli, Luigi 121 Borromeo Visconti, Elisabetta 230

* Il presente Indice registra tutti i nomi (eccettuato quello del Parini) citati in
ogni parte del volume, compresa l’Introduzione e la Nota al testo (non però il §
Ringraziamenti), con rinvio alla pagina. Il maiuscoletto segnala i nomi occorrenti
nelle lettere pariniane. I corrispondenti non sono registrati per le lettere a loro de-
stinate (per questi si rinvia all’Indice dei destinatari).
246 indice dei nomi
Bortolotti, Vincenzo 73-74, 106, 121, Contrario («Contrarius»), Andrea
217 115
Bossi, Gianmaria 147-148 Corbellini, Pietro 81
Bossi, Giuseppe 158 Corilla Olimpica, vedi Morelli Fer-
Branda, Onofrio 41, 58, 61-62, 87 nandez
Brunori, Lidia 176 Corniani, Giovanni Battista 17, 48,
Buchetti, Luigi Maria 61, 194- 118, 161, 180, 184-185
196 Corte («Corti»), Ilario 109,
128-129
C agnoni, Domenico 170-172 Costa, Gustavo 195
Calvi, Felice 55 Cristiani, Beltrame 76, 98
Calvi, Jacopo Alessandro 81 Croce, Giuseppe 46, 105, 107-109,
Calzabigi, Ranieri 138 111-112, 129
Carducci, Giosue 18, 50, 148 Curtoni Verza Guastaverza,
Caretti, Lanfranco 57 Silvia 11, 18-20, 52, 66, 68, 202-
Carli, Gian Rinaldo 13-14, 111- 203, 206-210
112, 135, 160-161, 167, 174-178, 182 Cusani Litta, Placida 205, 207
Carli, Girolamo 175, 177 Custodi, Pietro 48
Casali, avvocato, 21, 128
Casati, Apollonio 233 D’Adda, Febo 16, 227-228
D’Adda, Giovan Battista 163
Caspani, Carlo Francesco 42
D’Ancona, Alessandro 50
Castelbarco, Carlo Ercole 118, 230
Daverio, Michele 111, 116
Castelbarco, Maria di, vedi Litta
De Gubernatis, Angelo 210
Arese Castelbarco Visconti
Della Torre di Rezzonico, Carlo
Castelbarco Simonetta, Francesca Castone 17, 185, 193
117 De Marchi, Emilio 56
Castelbarco Visconti, Costanza 195 De Necchi Aquila, Giuseppe 118
Castelli, Giuliano 152, 154 Denina, Carlo 132
Castiglioni, Giuseppe 119 Dossi, Carlo 56
Castiglioni, Paola, vedi Litta Du Boccage, vedi Boccage
Castiglioni Duca di Parma, vedi Ferdinando
Catalani, Giovanni 69 di Borbone
Cesarotti, Melchiorre 132, 200 Dugnani, Giulio 196
Ceva, Tommaso 89 Duranti, Carlo 161
Chandler, Simon Bernard 194 Duranti, Durante 17, 161, 177,
Chigi, Sigismondo 125-127 183-185
Cicognini, Giuseppe 111 Durazzo, Giacomo Pier France-
Coburgo, principe, 221 sco 165
Colla, Giuseppe 125-126 Durini, famiglia, 53, 211
Colombani, Paolo 15, 77-79 Durini, Angelo Maria 66, 118, 127,
Condorcet («Condorçet») 200, 211-212, 228
Jean-Antoine-Nicolas de Durini, Carlangela 211
Caritat, marquis de, 194-196 Du Tillot, vedi Tillot
indice dei nomi 247
Ercole («Hercules») d’Este 115 Gambarana, Gioachimo 232
Gambarelli, Agostino 125, 131, 157,
Ercole iii Rinaldo d’Este, duca di
Modena e Reggio, 112, 246 196, 214, 230
Esopo («Aesopus») 115 Garbagnati, Gaetano 163
Gaza, Teodoro 114-116
Facchetti, Baldassarre 231- Gioia, Melchiorre 238
232 Giovenale 159
Facchetti, Francesco 232 Giulini, Giorgio 42
Giunchi, Paolo 157
Facchetti, Giacomo 232
Giuseppe ii, imperatore, 96, 108
Fairfax Murray, Charles 123
Gluck, Christoph Willibald von
Farina, Francesco 200
138
Fe, capitano, 85
Godard («Goudar»), Luigi
Ferdinando d’Austria, arcidu-
(Cimante Nicenio) 155-157
ca, 49, 107, 110-112, 126, 129, 181,
Gozzi, Carlo 10
186, 208, 225 Gozzi, Gasparo 13
Ferdinando di Borbone, duca di Gozzi, Giambattista 13
Parma e Piacenza, 96, 126 Gravisi, Girolamo 176
Ferri («Ferrius»), Girolamo 12, Graziosi, Antonio 77-79, 184
66, 113-116 Greppi, Antonio 13-14, 83-84, 124,
Finatti, Lorenzo 197-198 135, 165, 176-177
Firmian, Carlo Giuseppe Got- Griselini, Francesco 12, 78-79, 179-
tardo 13, 43, 84, 90-92, 95-96, 180, 182
98, 100-101, 106-109, 112, 116, 121- Grossi, Tommaso 11, 56
122, 135, 152-154, 173, 178, 188, 197 Guarini, cavaliere, 209-210
Fogliazzi, Francesco 84 Guarnieri, Paolo Emilio 165, 171,
Fogliazzi Angiolini, Teresa 84, 124, 176
138, 173 Guastalla, Viviano 89
Foresti, Arnaldo 118 Guicciardi, Diego 13
Foscolo, Ugo 48, 203
Francesco iii d’Este, duca di Mo- Harrach, Ferdinand Bonaventu-
dena e Reggio, 126, 171 ra von 76
Francesco Stefano di Lorena, im- Hasse, Johann Adolph 153
peratore, 111 Hercolani, Filippo 81
Franchi, Giuseppe 188-189
Frisi, Paolo 98, 171, 194-196 Imbonati, Carlo 207
Frugoni, Carlo Innocenzo 157, 193 Irico, Giovanni Andrea 86-87
Fuentes, Remigio 43
Fumagalli, Giuseppe 54 Kaunitz-Rietberg, Wenzel-An-
ton von 45-46, 55, 66, 68, 83-84,
Gadda, Carlo Emilio 56 95, 100-101, 106-109, 112, 124, 135,
Galeani Napione, Gian Francesco 171
132 Kevenhüller, Leopoldina 228
Galeazzi, Giuseppe 43, 90 Knoller, Martin 188-189
248 indice dei nomi
Lemene, Francesco de 89 Mellerio, Giacomo 177
Mellerio («Melleri»), Gio-
Linati, Carlo 51, 56
Longo, Alfonso 41, 237-238 vanni Battista 177
Litta Arese, Giulio Pompeo 230 Melzi, Carlo 191
Litta Arese Castelbarco Visconti, Melzi, Vittorio 232
Maria 207, 230 Metastasio, Pietro 138, 152-153,
Litta Castiglioni, Paola 119, 188
205, 207, 230 Mollo («Molo»), Gaspare 222
Longo, Alfonso 41, 237-238 Monti, Vincenzo 114, 126, 203
Morei, Michele Giuseppe 157
Lorenzi, Bartolomeo 203
Morelli, Eugenio 81
Morelli Fernandez, Maria Madda-
M affei, Scipione 85-87 lena (Corilla Olimpica) 157
Maggi, Carlo Maria 89
Morgana, Silvia 58
Maggi, Giampaolo 13
Mozart, Wolfgang Amadeus 126,
Majer, Francesco 176 153
Malatesta, Sigismondo 114 Muoni, Damiano 53, 121
Malvezzi, Aldobrandino 195 Mussi, Antonio 118, 200
Manzoni, Alessandro 11, 56, 86, 159 Mussi, Teresa 18, 20, 68, 117-118,
Marelli Giuseppe, tipografo, 131, 131, 139-144, 147-148
214
Maria Beatrice d’Este, duchessa di Napoleone i Bonaparte, impera-
Modena e Massa, 112, 126, 167, tore dei Francesi, 103, 182
208 Noverre, Jean-Georges 138
Maria Teresa, arciduchessa, 208
Maria Teresa d’Austria, imperatri- Occelli, dottore, 75-76
ce, 14, 18, 45, 66-67, 76, 96, 107, Occelli, Fabrizio 76
99-100, 103, 106-107, 110-111, 118, Occelli, Francesco Gioioso 76
171, 178-182 Occelli, Giuseppe Giovanni 76
Marini, Tommaso 126 Occelli, Lamberto 76
Martello («Martelli»), Pier Odescalchi Chigi, Flaminia 126
Jacopo 16, 85-87 Oltrocchi, Baldassarre 115
Martini, vedi Knoller Orazio 118, 159
Martini, Pietro 215, 216 Orcesi, tipografo, 215
Mascheroni, Lorenzo 41, 200, 237- Ordogno de Rosales, Giuseppe 232
238 Osio, Roberto 114
Mauro, Giuseppe 233
Mazza, Angelo 11-12, 16-17, 21, 66, Paganini, Giuseppe 15, 20-21,
131-132, 135 52-53, 55-57, 117-118, 136, 138, 142
Mazzetti, Antonio 100 Paganini, moglie di, 21, 117, 128,
Mazzoni, Guido 46, 51, 57, 67, 96, 134, 139, 144
117, 121, 179, 223, 232 Paisiello, Giovanni 126
Méhégan, Guillaime-Alexan- Pallavicini, Gian Luca 13, 15, 76, 148
dre de 16, 88-89 Paoli, Pasquale 196
indice dei nomi 249
Paradisi, Giovanni 11, 13 Richino («Ricchini») Malate-
Parini, Giuseppe, incisore, 44, 157 sta, Giuseppe 152, 154
Parini («Parina») Latuada, Risi, Giovanni 20, 123-124, 173
Anna Maria 73 Risi, Girolamo 124
Pasini, Ferdinando 55 Risi, Paolo 124
Passeroni, Gian Carlo 134-135, Riva, Giambattista 81
176 Ronna, Tommaso 199-200
Patetta, Federico 111 Rosa, Michele 62, 113, 115-116
Pecchiai, Pio 172 Rousseau, Jean-Jacques 135
Pecci, Nicola 111, 114-116 Rubbi, Andrea 48, 167, 184
Pecis, Giuseppe 92, 96-98, 111
Perini, Giulio 13 S ala, Giuseppe 233
Persio 159 Salabue, Maurizio 80-81
Pertusati, Carlo 118 Salandri, Pellegrino 10-11, 16, 18, 87,
Pertusati, Francesco 217-219, 103-104, 149
225-226, 232-233 Saluzzo Roero, Diodata 12, 17, 49,
Piantanida, Francesco 233 117, 235
Piermarini, Giuseppe 176 Salvadori, Angelo 152, 154
Pietrino 21, 128 Salveraglio, Filippo 50, 212, 232
Pindemonte («Pindemonti»), Sanesi, Ireneo 81
Ippolito 12, 17, 48, 90, 200, Sartirana, Francesco 111
203, 206-207 Savioli Fontana, Ludovico 220
Pini, Ermenegildo 171, 180 Schaffgotsch, Antonietta 195
Pizzi, Gioachino (Nivildo Amarin- Scotti, Cosimo Galeazzo 13
zio) 18, 156-157 Secco («Secchi») Comneno,
Plinio 192-193 Pietro 170-171, 179-180, 187
Pozzobonelli, Giuseppe 66, 74, 122, Serbelloni Ottoboni, Maria
196 Vittoria, duchessa, 118,
Preti, Ludovico 157 194-196
Sertori, commissario, 237
Quadrio, Francesco Saverio Signorini, Pompeo 223-224
85, 87 Silvestri, tipografo, 48
Soave, Francesco 89
Ragazzi, Ruggero 237 Sopransi, Luigi 232
Rasori, Giovanni 236, 238 Sormani, canonico, 122
Reina, Francesco 11-12, 18, 37, 41, Sormani, Giuseppe 232
48-49, 51, 53, 86, 118, 125-126, 157- Spaggiari, William 131
158, 163, 176, 179, 182, 184, 210, Spallanzani, Lazzaro 197
212, 235 Speranza, Domenico 176
Rezia, Eugenia 197 Sperges, Joseph von 151, 154
Rezia, Giacomo 197 Stampa, Carlo Gaetano 74
Rezzonico, vedi Della Torre Stoppani, professore, 54
Riccardi («Ricardi»), fratelli, 163 Strozzi, Camilla 203
250 indice dei nomi
Taverna, Cesare 233 Verri, Alessandro 126, 175, 195
Teotochi Albrizzi, Isabella 48, 203 Verri, Gabriele 76
Teresina 21, 133-134, 137 Verri, Pietro 42, 84, 90, 118, 126-127,
Tillot, Guillaime du 96, 101 129, 171, 177, 195
Tissot, Samuel-Auguste- Verza Guastaverza, Francesco 203
André-David 133, 135, 197 Vianello, Carlo Antonio 73-74, 176
Tognina 21, 128 Vicinelli, Augusto 43, 50
Torti, Giovanni 159 Villa, Angelo Teodoro 18, 84,
Travelli, Luigi 13 86-87, 148-149
Trivulzi, Giorgio Teodoro 233 Vismara, Carlo 54
Trivulzio, Girolamo 148 Vittorio Amedeo iii, re di Sarde-
Trogher, Leopold 152, 154 gna, 208
Tron, Cecilia 207 Vittorio Emanuele i, re di Sarde-
Trotti Bentivoglio, Lorenzo gna, 208
Galeazzo 194-196 Volta, Alessandro 197
Trotti Bentivoglio, Ludovico 195
Trotti Taverna, Paola 196 Wilczeck («Willececk»), Jo-
hann Joseph 45, 49, 95-98, 150,
Valmaggi, Luigi 50 153, 188, 217, 220-221, 232
Vambianchi, Carlo 106, 108 Winckelmann, Johann Joachim 193
Vannetti, Clementino 11-13, 17, 207
Vedani, Pietro 232 Zanoia, Giuseppe 20, 158-159
Velluti, Placido 177 Zingarelli, Nicola 237
comp osto i n c a r att e re da n t e m on otype da lla
fabr iz i o se rr a e d i to re, p i sa · ro m a .
sta m pato e ri l e gato n e l la
t i p o g r a f i a d i agna n o, ag na n o p i sa no (pisa ).

*
Aprile 2013
(cz 2 · fg 21)
ED I Z I O N E NA Z I O NALE
DEL L E O P E R E D I G I U S E P P E PARIN I
Istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (D. M. 2 giugno 1999)

d i retta da g io rg io ba roni

Giuseppe Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, a cura di Maria Cri-


stina Albonico, introduzione di Anna Bellio, 2011, pp. 280.
Giuseppe Parini, Prose. Scritti polemici (1756-1760), a cura di Silvia Mor-
gana e Paolo Bartesaghi, introduzione di Silvia Morgana e Paolo
Bartesaghi, 2012, pp. 420.
Giuseppe Parini, Lettere, a cura di Corrado Viola, con la collabora-
zione di Paolo Bartesaghi e Giovanni Catalani, 2013, pp. 256.
Giuseppe Parini, Le Odi, a cura di Mirella D’Ettorre, in preparazione.
Giuseppe Parini, Il Giorno. Il Mattino (1763); Il Mezzogiorno (1765), a
cura di Giovanni Biancardi, introduzione di Edoardo Esposito,
commento di Stefano Ballerio, in preparazione.

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