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Capitolo 1
5. Infine, il diritto europeo esercita un’influenza sul procedimento e sul processo amministrativo Il
Codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) stabilisce che la giurisdizione
amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e «del
diritto europeo». Questa espressione include anche i principi elaborati dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo. In materia di procedimento amministrativo, la Corte di
Strasburgo ha per esempio imposto all’ordinamento italiano, facendo leva sull’art. 6 della
Convenzione europea sui diritti dell’uomo in tema di equo processo, di accrescerele garanzie nei
procedimenti sanzionatori che si svolgono innanzi alle autorità di regolazione (Sentenza sul caso
Grande Stevens del 30 giugno 2014). Inoltre, nel settore degli appalti pubblici, sono intervenute
direttive europee che hanno anticipato, per esempio, sviluppi del diritto nazionale in tema di tutela
risarcitoria e di possibilità di esperire particolari tipi di rimedi. La direttiva 2007/66/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, in natura di procedure di ricorso negli
appalti pubblici, in particolare, ha imposto al legislatore italiano di prevedere un rito speciale in
materia di contratti pubblici che ha caratteri marcatamente differenziati quanto alle regole
procedurali e ai poteri del giudice amministrativo (ora contenuti, come si vedrà, negli artt. 120-124
Codice del processo amministrativo).
Capitolo 2
A pag. 63 è aggiunto prima della parte dedicata alle riserve di legge il seguente capoverso:
Il riordino delle competenze legislative statali e regionali operato con il disegno di legge
costituzionale approvato in seconda lettura dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016 (G. Uff. 15
aprile 2016 n. 88), all’intero della riforma del bicameralismo paritario, non ha avuto esito positivo,
non avendo ottenuto il consenso necessario in occasione del referendum confermativo del 4
dicembre 2016.
Capitolo 3
A pag. 144 è aggiunto prima del paragrafo 10 il seguente capoverso in sostituzione di quello a pag.
143:
Accanto a questa forma di accesso introdotta sin dall’inizio dalla l. n. 241/1990, sono state aggiunte
altre fattispecie di accesso che non pongono invece un problema di qualificazione della situazione
giuridica soggettiva di chi lo richiede.
Una prima fattispecie è prevista in materia di tutela dell’ambiente. In questo ambito l’accesso alle
informazioni è consentito a chiunque ne faccia richiesta senza necessità di dichiarare un proprio
interesse (art. 3 d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195 di attuazione della direttiva 2003/4/CE).
A livello di amministrazioni locali, i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto a ottenere dagli
uffici tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato e sono tenuti al segreto d’ufficio (art.
43, comma 2, d.lgs. 18 agosto 200, n. 267).
Del tutto sganciato dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva è anche il cosiddetto
accesso civico introdotto di recente nell’ambito della normativa anticorruzione che (art. 5 dl.gs. 14
marzo 2013, n. 33, come sostituito dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97). La nuova disposizione,
ribattezzata con una certa enfasi come “Freedom of Information Act” (FOIA) sulla scorta
dell’esempio statunitense, prevede due fattispecie.
In primo luogo, chiunque può richiedere l’accesso alle informazioni e ai dati che le amministrazioni
avrebbero comunque l’obbligo di pubblicare sui propri siti o con altre modalità tutte le volte in cui
esse hanno omesso questo adempimento (comma 1).
In secondo luogo, con previsione ancor più generale volta a “favorire forme diffuse di controllo sul
perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la
partecipazione al dibattito pubblico”, chiunque ha diritto di accedere ai dati e documenti detenuti
dalle pubbliche amministrazioni, anche di quelli per i quali non sussiste un obbligo di pubblicazione
(comma 2). In realtà, questa forma di accesso generalizzato non riguarda, sotto il profilo oggettivo,
tutti i dati e le informazioni detenute dall’amministrazione, in quanto l’art. 5-bis prevede una serie
tassativa di esclusioni in relazioni alla necessità di tutelare interessi pubblici e privati come per
esempio la sicurezza nazionale, la difesa, le relazioni internazionali, la protezione dei dati personali,
la libertà e segretezza della corrispondenza e più in generale tutti i casi di esclusione di cui all’art.
24, comma 1 della legge n. 241/90. Per chiarire meglio la casistica delle esclusioni e dei limiti è
prevista l’adozione di linee di guida da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione, d’intesa con il
Garante della protezione dei dati personali (comma 6).
In ogni caso, sotto il profilo soggettivo, l’esercizio del diritto di accesso civico di cui alle
disposizioni ora citate “non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva
del richiedente” (art. 5, comma 3).
Capitolo 4
A pag. 221 tutti i capoversi ad eccezione dell’ultimo sono sostituiti come segue:
L’annullamento del provvedimento illegittimo può essere pronunciato, sotto il profilo soggettivo,
dal giudice amministrativo, dalla stessa amministrazione in sede di esame dei ricorsi amministrativi
(in particolare i ricorsi gerarchici); dagli organi amministrativi preposti al controllo di legittimità di
alcune categorie di provvedimenti. In queste ipotesi l’annullamento è doveroso, nel senso che deve
essere necessariamente pronunciato ove sia accertato un vizio.
Ha invece carattere discrezionale e costituisce una delle manifestazioni del potere di autotutela della
pubblica amministrazione l’annullamento d’ufficio.
Il potere in questione può essere esercitato dallo stesso organo che ha emanato l’atto (cosiddetto
autoannullamento) o da altro organo al quale sia attribuito per legge (per esempio l’annullamento
gerarchico o quello attribuito al ministro nei confronti degli atti adottati dai dirigenti ex art. 14,
comma 3, d.lgs. n. 165/2001)).
Capitolo 5
Di regola la conferenza si svolge in forma semplificata, cioè in modalità asincrona (art. 14-bis). In
pratica, l’amministrazione procedente acquisisce entro termini stabiliti (decorsi i quali opera il
silenzio-assenso) le determinazioni motivate (assenso, dissenso, proposta di modifica) di
competenza delle altre amministrazioni. La conferenza si conclude con una determinazione
motivata. Se gli atti di dissenso pervenuti non possono essere superati, la conferenza si chiude nei
procedimenti a istanza di parte con il rigetto della domanda (comma 5). La modalità asincrona,
introdotta dal d.lgs. n. 127/2016 con finalità acceleratorie, contraddice in parte la logica di questo
istituto, il cui pregio principale è quello dell’esame congiunto e contestuale delle questioni.
Nel caso di determinazioni di particolare complessità, la conferenza di servizi è convocata in forma
simultanea e con modalità sincrona, convocando cioè una riunione alla quale sono invitate tutte le
amministrazioni interessate (art. 14-ter).
Alle pagg. 259-260 la parte “Il dissenso dei partecipanti alla conferenza di servizi” è sostituita come
segue:
Il secondo attiene al dissenso manifestato da una o più amministrazioni partecipanti alla conferenza
di servizi. Nella formulazione originaria la l.n. 241/1990 prevedeva il principio dell’unanimità dei
consensi, che è stato poi superato dati i suoi effetti paralizzanti. Infatti, come accade in molti
contesti, questo principio attribuisce a qualsiasi decisore un potere di veto insuperabile.
Si è optato così per la regola attuale in base alla quale la determinazione finale motivata all’esito
della conferenza di servizi adottata dall’amministrazione procedente è formulata sulla base delle
«posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti» (art. 14-ter, comma 7).
Quest’ultima espressione va intesa in senso qualitativo, anziché in quello quantitativo di voto a
maggioranza dei partecipanti, e consente dunque di superare il dissenso espresso da singole
amministrazioni. In caso di approvazione unanime la determinazione è immediatamente efficace
(art. 14-quater, comma 3).
L’efficacia della determinazione finale è invece sospesa nel caso in cui i rappresentanti di
amministrazioni che curano interessi pubblici ritenuti di rango prioritario (ambientale,
paesaggistico, storico-artistico, salute, incolumità) propongono una opposizione al presidente del
Consiglio dei ministri il quale convoca una riunione per cercare di trovare una soluzione condivisa
(art. 15-quinquies). Se il dissenso non è superato, la determinazione finale viene rimessa al
Consiglio dei ministri (comma 6).
La conferenza di servizi è soprattutto uno strumento di coordinamento tra pubbliche
amministrazioni, ma in alcuni casi anche i soggetti privati possono partecipare, ma senza diritto di
voto (artt. 14-ter, comma 6,). Si tratta di un’altra tendenza che si iscrive nella visione collaborativa
dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.
La disciplina della conferenza di servizi decisoria incrina il principio dell’esclusività delle
competenze attribuite alle singole amministrazioni, nessuna delle quali è dunque in grado di opporre
veti assoluti. Si pone così la questione se le amministrazioni dissenzienti siano legittimate a tutelare
le proprie prerogative impugnando innanzi al giudice amministrativo il provvedimento che non
tiene conto del loro dissenso. Ad ogni buon conto, gran parte delle difficoltà che ha incontrato in
questi anni la conferenza di servizi decisoria dipendono dalla riluttanza di tante amministrazioni a
cogestire con altre amministrazioni le proprie competenze.
Capitolo 7
Capitolo 8
A pag. 328 l’ultimo capoverso (che termina a pag. 329) è sostituito come segue:
Da un punto di vista fenomenico, i comuni, come si è già accennato, sono oggi circa 8.000 e godono
di un radicamento nella popolazione locale molto elevato. Le province (circa un centinaio) sono un
ente intermedio tra i comuni e le regioni. Esse si riallacciano concettualmente alla riorganizzazione
dello Stato francese in epoca rivoluzionaria ispirata al centralismo e all’istituzione (secondo criteri
geometrici) dei dipartimenti con a capo i prefetti dipendenti direttamente dal governo centrale. Le
province costituiscono un livello di governo che sembrava destinato a essere superato essendo
ritenuto poco funzionale e troppo oneroso. Infatti il disegno di legge di riforma costituzionale, già
citato e che non è stato confermato dalla consultazione referendaria del 4 dicembre 2016,
proponeva la soppressione delle province. Peraltro, nelle more, la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha
modificato le regole di elezione del consiglio provinciale e del presidente della provincia
prevedendo che essi siano nominati dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della
provincia. È difficile a questo punto prevedere se le province verranno rivitalizzate oppure se tra
qualche tempo verrà ripreso il tentativo di modifica della Costituzione.
Il regime introdotto dal d.lgs. n. 175/2016 per le società a controllo pubblico prevede l’obbligo di
dotarsi di: regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme a
tutela della concorrenza, un ufficio di controllo interno, codici di condotta, programmi di
responsabilità sociale d’impresa (art. 6). Sono previste una serie di prescrizioni minute, quali, per
esempio, limiti al numero dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, tetti ai
compensi, divieti alla corresponsione di gettoni di presenza, ecc. (art. 11). Trovano applicazione le
disposizioni in materia di trasparenza con finalità di anticorruzione previste dal d.lgs. 14 marzo
2013, n. 33 (art. 22). Il personale deve essere assunto nel rispetto dei principi di trasparenza,
pubblicità e imparzialità e dei principi previsti dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 per i dipendenti
delle pubbliche amministrazioni (art. 19, comma 2).
A pag. 358 il penultimo capoverso prima del paragrafo 10 è sostituito come segue:
In base al già citato meccanismo di vigilanza unico nel settore bancario che ha preso avvio alla fine
del 2014, la Banca centrale europea e le autorità nazionali cogestiscono numerosi poteri. In
particolare i provvedimenti di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria sono rilasciati
all’esito di un procedimento composito che prevede una prima valutazione positiva da parte
dell’autorità nazionale sulla base del diritto interno e una seconda valutazione positiva successiva
da parte della Banca centrale europea sulla base del diritto europeo. La Banca centrale europea si
può avvalere delle strutture organizzative delle autorità di vigilanza nazionali La vigilanza sulle
maggiori banche europee è esercitata da squadre miste di funzionari delle autorità dei vari Stati
membri.
Capitolo 9
A pag. 379-380 i primi tre capoversi del paragrafo 5 sono sostituiti come segue:
Più volte si è fatto cenno ai servizi pubblici locali. Sin dall’inizio del secolo scorso, con la legge
Giolitti del 1903, essi costituiscono una parte rilevante delle attività svolte a favore della collettività
dai comuni e dalle province.
La disciplina dei servizi pubblici locali è contenuta nel Testo unico degli enti locali (artt. 112 ss.
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e in leggi settoriali (statali, ma anche regionali) che regolano servizi
specifici come la distribuzione dell’energia elettrica e del gas o i trasporti locali.
Essa ha subito nel corso degli anni numerose modifiche tese ad aprire il settore a un maggior grado
di concorrenza (in particolare art. 23-bis d.l. 25 giugno 2008, n. 112 e successive modificazioni).
Tuttavia, le principali disposizioni in materia di modalità di affidamento e di gestione dei servizi
che perseguivano queste finalità sono venute meno in seguito a una consultazione referendaria
svoltasi nel 2011. Sono state altresì dichiarate incostituzionali le disposizioni legislative emanate
subito dopo la consultazione popolare (art. 4 d.l. n. 138/2011) per colmare il vuoto normativo
perché ritenute elusive della volontà popolare (sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012).
L’ultimo tentativo di riforma organica dei servizi pubblici locali avviato dalla legge Madia nel 2015
non è stato coronato di successo per effetto della già ricordata sentenza della Corte costituzionale
(n. 251 del 2016) che ha ritenuto incostituzionale la legge di delega (art. 19 della l.n. 124/2015)
perché ritenuta lesiva delle prerogative regionali. La materia avrebbe comunque necessità di un
riordino.
Capitolo 10
A pag. 389 l’ultimo periodo del primo capoverso è sostituito come segue:
Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è disciplinato da un complesso
di regole speciali, diverse sotto numerosi profili da quelle del diritto del lavoro privato, oggi
riordinate nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro nelle
pubbliche amministrazioni), più volte modificate, da ultimo nell’ambito della legge Madia di
riforma della pubblica amministrazione (legge n. 124/2015 anche se non tutte le deleghe legislative
sono state esercitate per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016 più volte
citata).
Capitolo 12
N.B. Tutti gli articoli citati nel capitolo 12 relativi al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 devono essere
sostituiti con gli articoli corrispondenti del nuovo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
A pag. 429 la parte relativa all’Autorità nazionale anticorruzione è sostituita come segue:
Sotto il profilo organizzativo, al mercato dei contratti pubblici è preposta l’Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC) con funzioni di vigilanza, controllo e di regolazione dei contratti pubblici
(art. 213 Codice). L’ANAC ha assorbito le funzioni della precedente Autorità di vigilanza sui
contratti pubblici (d.l. 26 giugno 2014, n. 90 convertito in legge 11 agosto 2014, n. 14).
L’Autorità è preposta alla vigilanza e al controllo sui contatti pubblici e svolge “attività di
regolazione degli stessi” (art. 213, comma 1) attraverso l’emanazione di “linee guida, bandi-tipo,
capitolati-tipo, contratti-tipo e altri strumenti di regolazione flessibile” (comma 2).
L’attribuzione all’Autorità di poteri di regolazione molto ampi costituisce una delle principali
novità del nuovo Codice e su di essa si è aperta una discussione in dottrina e in giurisprudenza in
ordine alla qualificazione giuridica delle singole tipologie di atti (regolamenti, atti amministrativi
generali, soft law?), anche atteso che il Codice prevede in termini generali la loro impugnabilità
innanzi al giudice amministrativo. In particolare le linee-guida, che sono adottate previa
consultazione con le categorie e i soggetti interessati e analisi e verifica di impatto della
regolazione, sono definite in alcuni casi vincolanti, in altri casi non vincolati. Alle linee-guida fanno
rinvio numerose disposizioni specifiche del Codice, per esempio, in tema di compiti del
responsabile del procedimento (art. 31), di requisiti e capacità minime delle imprese che intendono
partecipare a procedure per l’affidamento di lavori (art. 83, comma ), di requisiti reputazionali ai
fini del rating delle imprese (art. 83, comma 10), di standard di qualità dei controlli sulle imprese
che gli organismi di attestazione (SOA) devono rispettare ai fini dell’attestazione dei requisiti (art.
84, comma 2), ecc.
L’Autorità è titolare in particolare di poteri ispettivi, può richiedere informazioni e documenti, può
supportare le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti e nella gestione delle procedure di
particolare importanza (cosiddetta vigilanza collaborativa), può irrogare sanzioni amministrative.
L’Autorità gestisce una banca dati nazionale dei contratti pubblici, avvalendosi anche di un apposito
Osservatorio. In analogia con il modello delle autorità indipendenti, formula proposte e invia
segnalazioni al Governo e al Parlamento.
L’Autorità gestisce un nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di
committenza (art. 38), suddivise per ambiti di attività, bacini territoriali, fasce di importo, per le
quali è prevista l’iscrizione in un elenco. Ai fini della qualificazione, che ha una durata
quinquennale, ciascuna stazione appaltante deve dimostrare il possesso di una serie di requisiti, tra i
quali una capacità adeguata di progettazione, di gestire le procedure e di verificare l’esecuzione dei
contratti attraverso una struttura organizzativa dotata di personale professionalmente preparato, ecc.
Le stazioni appaltanti possono gestire le procedure entro i limiti della qualificazione ottenuta. Il
nuovo sistema tende a contrastare il fenomeno dell’eccessivo numero di stazioni appaltanti che
spesso non sono attrezzate in modo adeguato per gestire procedure complesse e favorire forme di
aggregazione e di centralizzazione degli acquisti.
Gestisce anche il sistema del rating di impresa applicabile ai fini della qualificazione delle imprese
(cioè dell’ammissione alla partecipazione alle singole gare) attraverso il rilascio di una
certificazione ad opera della stessa Autorità (art. 83, comma 10). Il sistema tende a valutare i
requisiti reputazionali in base a indici quantitativi e qualitativi (incluso il rating di legalità). Anche
questo sistema mira a far sì che siano ammesse a partecipare alle gare, a seconda delle tipologie di
attività e degli importi, soltanto le imprese più affidabili, e ciò a garanzia dell’interesse alla corretta
gestione dei contratti pubblici.
L’Autorità gestisce e aggiorna anche l’Albo dei componenti delle commissioni giudicatrici (art. 78)
che devono essere nominate per valutare le offerte relative a contratti aggiudicati in base al criterio
del miglior rapporto qualità/prezzo che, come si vedrà, richiede valutazioni di tipo qualitativo
relative ai contenuti delle offerte. A garanzia di una maggior imparzialità, il Codice introduce il
principio del sorteggio dei commissari (per ciascuna procedura di gara) tra gli iscritti all’Albo (art.
77). Ai fini dell’iscrizione l’Autorità accerta il possesso di requisiti di moralità, competenza e
professionalità da essa stessa definiti in un atto di regolazione.
Un potere particolarmente incisivo attribuito all’Autorità è, come si è accennato, quello di invitare
(con una raccomandazione) le stazioni appaltanti a esercitare il potere di autotutela entro sessanta
giorni nel caso in cui essa riscontri vizi di legittimità negli atti del procedimento (art. 211). La
raccomandazione ha natura vincolante e il mancato adeguamento da parte della stazione appaltante
è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del dirigente responsabile ed è
valutato negativamente ai fini del sistema reputazionale della stazione appaltante già menzionato.
In definitiva, l’Autorità nazionale anticorruzione è preposta alla regolazione e alla vigilanza
sull’intero sistema degli appalti pubblici. Si tratta di una scelta organizzativa del legislatore
nazionale, non imposta dalle direttive europee, giustificata dall’obiettivo di rendere più efficiente,
più concorrenziale e meno esposto a fenomeni corruttivi il sistema dei contratti pubblici ancora
piuttosto diffusi.
Capitolo 14
Nel Codice non venne tuttavia incluso l’articolo in questione. Tuttavia l’art. 34 del Codice
attribuiva al giudice amministrativo il potere di condannare l’amministrazione ad adottare le
«misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio». Il Codice non
aveva cioè accolto il principio della tipicità delle azioni e ciò aveva consentito alla giurisprudenza
di ritenere ammessa anche l’azione di adempimento (Ad. Plen. n. 3/2011).
Il d.lgs. n. 160/2012 elimina ogni dubbio interpretativo prevedendo «l’azione di condanna al rilascio
di un provvedimento richiesto» (integrando l’art. 34, comma 1, lett. c), Codice). La disposizione
stabilisce soltanto che essa deve essere proposta contestualmente all’azione di annullamento del
provvedimento di diniego o all’azione avverso il silenzio e che essa è ammessa nei limiti posti
dall’art. 31, comma 3, Codice con riguardo all’azione avverso il silenzio, cioè come si vedrà qui di
seguito, solo nei casi in cui sia possibile accertare la fondatezza della pretesa.
Nel processo di cognizione sono esperibili altre due azioni: l’azione avverso il silenzio, proponibile
cioè in caso di mancata risposta da parte dell’amministrazione di fronte alla richiesta di un
provvedimento amministrativo presentata da un privato (art. 31, commi 1, 2 e 3); l’azione di
accertamento della nullità di un provvedimento amministrativo (art. 31, comma 4).
A pag. 495 dopo il terzo capoverso del punto 1 è inserito il seguente capoverso:
Le disposizioni sul processo innanzi alla Corte dei conti sono ora contenute nel Codice della
giustizia contabile approvato con d. lgs. 26 agosto 2016, n. 174 emanato in base a una delega
contenuta nella legge Madia n. 124/2015 di riforma della pubblica amministrazione.
A pag. 495 gli ultimi due capoversi sono sostituiti come segue:
Il giudizio di responsabilità amministrativa è promosso dalla Procura regionale nel termine di
prescrizione di cinque anni (art. 66, comma 1). Prima di emettere il decreto di citazione in giudizio,
il procuratore notifica al presunto responsabile un invito a dedurre nel quale sono esplicitati gli
elementi essenziali del fatto illecito Deduzioni scritte difensive e documenti possono essere
presentati entro un termine non inferiore a 45 giorni (art. 67). Questi può chiedere di essere sentito
personalmente, facendosi anche assistere da un avvocato. Il procuratore è titolare di poteri istruttori
d’ufficio molto estesi (esibizione e sequestro di documenti, ispezioni, audizioni personali,
accertamenti, perizie, consulenze). Scaduto il termine per le deduzioni a difesa, il procuratore entro
un termine perentorio di 45 giorni emette l’atto di citazione oppure dispone l’archiviazione (art. 86
e art 69). L’atto di citazione è notificato al convenuto dopo che il presidente ha fissato l’udienza
pubblica e assegnato il termine per il deposito di scritti difensivi. La fase dibattimentale avviene
davanti alla sezione regionale della Corte dei conti, la quale può disporre l’acquisizione di ulteriori
elementi probatori. Contro le decisioni delle sezioni regionali è ammesso l’appello alle sezioni
giurisdizionali centrali (art. 189). La proposizione dell’appello sospende l’esecuzione della sentenza
impugnata (art. 190, ultimo comma).