Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Le interrogazioni oracolari
Testi di riferimento:
• DVC: S. Dakaris, I. Vokotopoulou, A.P. Christidis, Τα χρηστηρια ελασματα της Δωδωνης των
ανασκαφων Δ. Ευαγγελιδη, I-II, ed. S. Tselikas, indices G. Papadopoulos, Athenai 2014.
• LOD: È. Lhôte, Les lamelles oraculaires de Dodone, Genève 2006.
******************************
DVC 1363 A
Commento
Commento
***
Commento
Si tratta di un palinsesto che presenta nella linea superiore, leggibile, il nome di Thurii a probabile
indicazione di un’interrogazione relativa a uno spostamento verso la città in possibile connessione
con la sua fonazione o per commercio.
Thurii (LOD nr. 111)
“Per Leton sarà meglio e preferibile non fidarsi mai volontariamente del Turino…”
Commento
Si tratta di una interrogazione fatta da un dorico in affari con un cittadino di Thurii di cui
evidentemente non si fida. Sul rovescio della lamella compare un B da interpretare come numero
d’ordine.
Il ductus incurvato di alcune lettere e la forma di Y escludono una datazione troppo alta; anche
l’allineamento delle lettere in alto non consente di ipotizzare una datazione anteriore alla metà
del IV sec. a.C.
Metaponto
Μεταποντίνος
Ἀρχίας
Commento
Si tratta di una laminetta (palinsesto) tronca sulla parte destra dove doveva essere graffita la
domanda o, secondo una recente ipotesi, di un visitatore di Dodona che ha voluto lasciare con la
sua firma un segno del suo passaggio.
***
Taranto
LOD nr. 5
Dio. Alla buona fortuna.
La città dei Tarantini interroga Zeus Naios e Diona
riguardo alla sua prosperità generale (= a tutte le sue cose),
e riguardo ai territori che ha in mano e riguardo ….
Commento
Il segno usato per indicare l’aspirazione è tipico dell’Occidente coloniale. L’omega a punta e
allineato in alto, così come il pi. Il dialetto presenta alcune forme tipiche del dorico severior, tipico
appunto di Taranto.
Si tratta di una interrogazione pubblica che testimonia i rapporti, già noti, fra la città e l’Epiro e che
potrebbe far pensare a una sua datazione in connessione con la spedizione del Molosso o con quella
di Pirro.
***
Eraclea
Commento
Alfabeto calcidese. Iscrizione integrata sulla base del seguente verso di Euripide
Eur. Her. 901: ἔχεις ὁδόν τιν', ὦ πόλις, δίκαιον·
Questo frammento è stato assimilato al nr 155, che presenta le stesse dimensioni ed è stato
rinvenuto nella stessa campagna di scavi.
Si è ipotizzato che fra il 475 e il 450 alcuni cittadini di Reggio abbiano sentito il bisogno di consultare
l’oracolo e, per distinguersi da quei Regini che si erano spostati a Tegea con Micito, reggente per i
figli di Anassilao, abbiano precisato la loro origine proprio dalla città dello Stretto e non da altri
luoghi. Come si evince da una iscrizione di Olimpia, Micito si definiva ancora Regino.
LOD nr 155
Dediche di Pirro (280/279 a.C.)
L’iscrizione, contenente una dedica votiva, consta di quattro linee regolari di testo
incise in puntinato e allineate a sinistra, mutile nella parte finale sul lato destro e,
limitatamente alla prima e parzialmente alla seconda riga, nella parte iniziale sul lato
sinistro. Accantonata l’erronea definizione di tabula aenea offerta da alcuni editori
sembra oggi trovare spazio l’ipotesi che tende a riconoscere nel mutilo supporto
bronzeo che reca l’iscrizione, genericamente indicato da Carapanos come una delle
spoglie sottratte ai Romani sul campo di battaglia di Eraclea, la parte superstite di uno
scudo (clipeus) romano dell’oggetto. La scelta dello scudo apparirebbe tuttavia
particolarmente consona al modus operandi del sovrano epirota. Al pari degli scudi
macedoni, anche le spoglie sottratte ai Romani dovevano essere affisse al portico di
colonne ioniche che circondava su tre lati il recinto sacro a Zeus al cui interno si
ergeva la quercia sacra. La scelta del santuario di Dodona si giustifica con la
centralità che l’antico centro oracolare assume sotto il regno di Pirro, il quale, oltre a
ingrandirne le strutture, ne innalza la sede a simbolo «dell’unione nazionale
epirotica» La precisa datazione dell’iscrizione, senza alcun dubbio riferibile a una
delle vittorie di Pirro sui Romani (Eraclea o Ascoli), dipende dall’identificazione
della parola finale della seconda linea, di cui si legge chiaramente il τ iniziale e parte
della prima asta obliqua di un α. Le proposte degli editori oscillano, infatti, fra
τ[αῦτα] o τά̣[δε] che meglio rispondono all’impaginazione regolare del testo,
apparentemente inciso in un rettangolo ideale nella metà superiore della lamina
bronzea, e l’etnico Ταραντῖνοι. Nei suoi elementi essenziali il testo richiama la dedica
consacrata da Alessandro Magno dopo la vittoria del Granico, di cui si ha menzione
in Plutarco e in Arriano con una tendenza all’imitatio Alexandri