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Author(s): G. Visconti
Source: Divus Thomas , 1978, Vol. 81, No. 2 (1978), pp. 169-176
Published by: Edizioni Studio Domenicano
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882), cioè «ha la sua unità e coerenza dalla sua [di S. Tommaso] personale
concezione della verità », quantunque sia ciò che essa è anche « grazie alle
influenze delle differenti fonti da lui usate per la ricerca della verità » (p.
882). Una volta stabilita l'originalità di ambedue i sistemi filosofici ed esclusa
pertanto la loro comunanza cioè appartenenza a un unico sistema, il rapporto
tra loro può essere stabilito su nuove basi, con il seguente risultato: « è in
rapporto alla ricerca della verità che noi vediamo le filosofie di S. Bona-
ventura e di S. Tommaso essere sintesi originali, ma non diverse ( not diverse ),
simili e dissimili al tempo stesso ( both similar and dissimilar) per molti aspet-
ti » (ib.). Nei singoli capitoli Qu inn ha messo in luce e discusse quelle che,
a suo parere, sono le somiglianze e le dissomiglianze per le quali le due fi-
losofie sono « sviluppi separati », ma non diversi (cf. pp. 135, 218, 440, 663,
ecc.), dei vari punti di dottrina. Una «non diversità» che sussisterebbe nono-
stante le posizioni «completamente dissimili», «completamente differenti» che
i due filosofi assumono anche su punti fondamentali come quello della na-
tura delle sostanze spirituali e, conseguentemente, dell'unità, quanto alla na-
tura e quanto alle operazioni, della persona umana (cf. p. 218 e passim).
U concetto di due sistemi originali che contengono anche dottrine com-
pletamente differenti, ma che, ciò non ostante, non sono diversi fra loro si
presenta come qualcosa di assai sottile. Possiamo ammettere che anch'esso
è espressione di un difficile equilibrio imposto dai testi i quali non permet-
tono di prendere, su questo punto come su altri, posizioni troppo nette, al
di là di un certo limite, simili a quelle che sembra abbiano caratterizzato la
critica precedente. D'altra parte, poiché - come abbiamo notato a proposito
del metodo scelto dall'A. - tutti gli studiosi pretendono di trarre conclusioni
dall'analisi dei testi, rimane sempre la possibilità e la probabilità che il Padre
Quinn veda contestata l'interpretazione che egli dà di questi e pertanto, più
o meno radicalmente, anche i suoi risultati. Egli scrive che lo scopo di questo
studio in rapporto a quelli precedenti non è « né di dare una soluzione alle
controversie tra gli storici, né di iniziare un'altra controversia sulla natura
e il carattere della filosofia di S. Bonaventura » (p. 841). In realtà, è ovvio
che con la presente opera egli ha portato un notevole contributo per la solu-
zione delle controversie passate, ma è inevitàbile, al tempo stesso, che ponga
qualche premessa di nuove discussioni, utili per fare qualche nuovo passo
verso la verità.
Anche il giovane studioso italiano L. Mauro, dell'Università di Genova,
dedicato un volume al pensiero, anzi, si dovrebbe forse dire: alla figura, d
Dottore Serafico, persuaso di avere qualcosa di nuovo da dire (5). Anche il M
si preoccupa giustamente del metodo. E' necessario, secondo lui, ricercare
di là della testimonianza dei fatti e delle parole, la intenzionalità vera e p
fonda, lo "spiritus" da cui egli è stato guidato sia nell'elaborazione del suo
pensiero che nella realizzazione della sua opera » (p. 3). Questo « spirito »,
« centro », « intenzionalità », « chiave interpretativa » l'A. crede di averla tro-
vata « nella fedeltà di Bonaventura alla tradizione agostiniana, che tuttavia
non deve essere vista come acritica accettazione di tesi garantite dall'autorità,
ma, piuttosto, come un originale ripensamento di esse alla luce di quanto di
nuovo avveniva, dal punto di vista culturale, nel mondo cristiano » (p. 5). L'A.
dichiara che il suo lavoro si propone di « enucleare » tale « centro » (ib.),
forse nel senso che dopo averlo scoperto («al di là della testimonianza dei
fatti e delle parole » cioè per una specie di intuizione divinatoria?), tenta in
questo libro di « enucleare » il pensiero di S. B. intorno ad esso o, come dice
egli stesso, « di illuminare per così dire dall'interno il pensiero bonaventu-
riano, attraverso un'analisi rigorosamente fedele ai testi, traendo continua
ispirazione da questo suo punto focale » (p. 7). L'espressione più immediata
dello « spirito » bona ven tur iano, sembra dica l'A., è il « problema » bona ven -
turiano (cap. II) che si identificherebbe con l'agostiniano inquietum est cor
nostrum . U discorso bonaventuriano nascerebbe cioè dall'esigenza di togliere
la contraddizione « tra lo smarrimento del senso del divino e della propria
originaria missione da parte dell'uomo ed il permanere in lui di una incoer-
cibile tensione escatologica, che si traduce in una intensa ricerca del divino
ordinata ad un contatto con Dio (contemplatio) che anticipi in una qualche
misura sulla terra quella che sarà, nell'altra vita, la visione "facie ad fa-
ciem" » (p. 25).
All'argomento complesso, come si è potuto costatare anche dalle opere
recensite nelle pagine precedenti, della filosofia in S. Bonaventura l'A. dedica
un capitolo prima di passare a una esposizione più sistematica del suo pen-
siero. Dopo aver sintetizzate le opinioni precedenti, segnatamente quelle con-
trapposte di Gilson e di Van Steenberghen intorno alle quali, a suo dire, le
altre si sarebbero polarizzate radicalizzandosi e irrigidendosi (cf. p. 33), l'A.,
guidato da una sua analisi dei testi, giunge alle seguenti conclusioni: a) Bo-
naventura ammette certamente la possibilità per la ragione umana di co-
struire una filosofia autonoma nel metodo e nei principi, distinta dalla teologia
(cf. p. 42 e passim); b) nell'opera di B. è indubbia la presenza di dottrine
filosofiche, e pertanto è legittimo tentare di ricostruire, a partire da esse, la
visione filosofica bonaventuriana (cf. p. 193 e passim). Ma non si può dimen-
ticare che queste idee e dottrine appaiono, nel complesso della sua opera, vital-
mente e strettamente, « spesso in maniera inestricabile », connesse, più di quanto
non avvenga in altri teologi medievali, per es. in S. Tommaso, con quelle teolo-
giche (cf. pp. 193-194 e passim). Ciò si spiega con il fatto che a S. Bonaventura,
come a S. Agostino, interessa non l'uomo astratto considerato in un ipotetico
« stato naturale », bensì l'uomo reale, storico, portatore di una vocazione sopran-
naturale (cf. p. 43 e passim); c) Rapporto con Aristotele: Bonaventura considera
Aristotele un grande scienziato ( physicus ) e come tale lo rispetta e lo utilizza,
ma «per quanto riguarda il problema di fondo di tutta la sintesi bonaventu-
riana, che è quello di orientare l'uomo alla "reductio ad Deum" e di dare una
risposta alla sua incoercibile tensione verso Dio, Bonaventura ritiene che Ari-
stotele non abbia niente da suggerire e, come tale, non lo consulta ed anzi mette
in guardia quanti fanno dell'aristotelismo la sapienza senz'altro, dimenticando
che si tratta di un sapere esclusivamente scientifico » (p. 55); d) Bonaventura e
Tommaso d'Aquino: B. non è un Tommaso « dimidiatus », come lo vorrebbe in
un certo senso Van Steenberghen, « al contrario, a mio avviso, è necessario rico-
noscere che la sintesi bonaventuriana è qualcosa di molto diverso - sia riguardo
al metodo che riguardo ai risultati ed al contesto in cui è stata elaborata - da
quella di S. Tommaso; è necessario, in modo particolare, prendere atto che queste
G. Visconti