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LA FILOSOFIA DI SAN BONAVENTURA

Author(s): G. Visconti
Source: Divus Thomas , 1978, Vol. 81, No. 2 (1978), pp. 169-176
Published by: Edizioni Studio Domenicano

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/45079088

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LA FILOSOFIA DI SAN BONAVENTURA

Le pubblicazioni su S. Bonaventura che, come quelle su S. Tommaso,


no ricevuto un notevole impulso in occasione del centenario celebrato nel
1974, meriterebbero parimenti, se ne avessimo la possibilità, di essere presen-
tate ai lettori in un'ampia rassegna. La nostra Rivista ha dedicato una re-
censione alla monumentale raccolta di studi, S. Bonaventura 1274-1974 , edita
cura et studio Commissionis Intemationalis Bonaventurianae (cf. «Divus Tho-
mas», 1975, pp. 141-147), pubblicazione che offre un saggio dell'ampiezza e
varietà dell'interesse che, ancora e sempre più, anima la ricerca sul Dottore
Serafico (1). Si va dagli studi storico- sociologici sul suo influsso in questa o
quella regione (2), in questo o quell'aspetto della cultura, alle più sottili di-
squisizioni teoretiche intorno a singoli punti della sua teologia o filosofia. In
queste pagine presenteremo alcuni scritti nei quali è messo in particolare ri-
salto il problema della collocazione della filosofia nel pensiero di S. Bona-
ventura.
In Italia, i Frati Minori Conventuali dell' «Istituto Teologico S. Antonio
Dottore» (Padova), « eredi - come essi stessi si definiscono - di una pluri-
secolare tradizione che si rifa compatta al magistero speculativo di Giovanni
Duns Scoto », avvertendo « l'insostituibile complementarità recata dalla strug-
gente meditazione di Bonaventura al tagliente raziocinio del Dottore Sottile »,
e consapevoli parimente che l'attualità del pensiero di S. Bonaventura, fedele
« alla linea platonico-agostiniana dell'antica teologia », « splende di luce nuova
dopo il Concilio Vaticano II », hanno pubblicato come « semplice e cordiale
omaggio al loro grande confratello e antico superiore generale nella ricorrenza
del VII centenario della sua morte », una raccolta di saggi (3) di argomento
svariato, ma tutti, ciascuno a suo modo, interessanti.

(1) Per una bibliografia essenziale aggiornata che comprende anche le


principali pubblicazioni uscite in occasione del VII centenario, si potrà vedere
il volume di L. Mauro di cui parliamo alla fine. Alcuni scritti recenti su San
Bonaventura sono recensiti nella nota di J. I. Saranyana, Bibliografía buena -
venturiana en el septimo centenario , in «Scripta theologica», 1975, pp. 325-852.
(2) Per es. La Fundación Universitaria Española ha dedicato, in occa-
sione del centenario, una serie di conferenze ad alcuni aspetti dell'influsso di
S. Bonaventura in Spagna, raccolte poi nel volume San Buenaventura , Fund.
Univ. Española, Madrid 1976, pp. 142. Nella prima conferenza lo studioso
francescano M. De Castro, La enseñanza de san Buenaventura en las Univer-
sidad españolas , studia la penetrazione e la presenza della dottrina del Se-
rafico negli Istituti di insegnamento teologico in Spagna, principalmente sulla
scorta, in mancanza, almeno per il momento, di altri documenti, delle dispo-
sizioni emanate dai Capitoli generali e provinciali dell'Ordine riguardo agli
studi. A. Huerga, O.P., rintraccia La huella de san Buenaventura en Fray Luis
de Granada e M. Andres Martin, in un orizzonte più ampio, La influencia de
san Buenaventura en la mística española de la edad de oro.
(3) Teologia e filosofia nel pensiero di S. Bonaventura. Contributi per una
nuova interpretazione. Morcelliana, Brescia 1974, pp. 256, L. 4.500.

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170 G. VISCONTI

Per quanto riguarda la teologia, il pensiero di S. Bonaventura - essi scri-


vono - «viene a incontrarsi mirabilmente con il recupero operato dai Padri
conciliari della centralità del mistero di Cristo, della storicità della salvezza,
della sacralità del mondo e dell'uomo... » (p. 7). Il P.G. Panteghini, Teologia
del Verbo o teologia dell'Incarnazione? Fondamenti e limiti del cristocentrismo
bonaventuriano , illustra il primo tema partendo dalla domanda: « tra il
cristocentrismo storico-materiale di Tommaso e quello teologico-formale di
Scoto, quale è la posizione di Bonaventura? » (p. 12). È un fatto, risponde l'A.,
che « non c'è discorso teologico del Dottore Serafico che non si richiami espli-
citamente a Cristo » (ib.); pertanto il cristocentrismo bonaventuriano non sol-
tanto oltrepassa quello di Tommaso, ma « è più insistente e capillare di quello
dello stesso Scoto e degli scotisti » (ib.). In definitiva, per quanto riguarda la
concezione cristocentrica della teologia, « la Scuola francescana può unire le
figure dei suoi due più grandi maestri trovando, in un certo senso, la sua anima
in Scoto e il suo corpo in Bonaventura » (p. 13). Il secondo aspetto elencato
della rinnovata attualità della teologia bonaventuriana è messo in rilievo da
T. Lorenzin, Storia della salvezza e sacramenti della fede in S. Bonaventura ,
mentre il P. Angelico Poppi, La passione di Gesù nelle opere di S. Bonaven-
tura , richiama la nostra attenzione sul « metodo esegetico esistenziale e
attualizzante » di S. Bonaventura che « dovrebbe interessare molto anche gli
studiosi odierni » (p. 122). La teologia morale di S. Bonaventura, vista anch'essa
dal lato della sua attualità, non è dimenticata: C. Squarise presenta la At-
tualità della dottrina bonaventuriana sulla coscienza.
I due saggi seguenti affrontano temi ormai classici, ma sempre molto in-
teressanti, nell'ambito degli studi sul pensiero filosofico di S. Bonaventura.
P. ŚCAPIN, «Dio da Dio». Approccio bonaventuriano del problema di Dio , de-
linea il nucleo della teologia naturale del Serafico, e Antonino Poppi torna
sulla discussione annosa, ma tuttora aperta, Se e come è possibile la filosofia
in S. Bonaventura. Egli sottolinea, al tempo stesso, la difficoltà del problema
e l'urgenza che venga messo a fuoco « con obiettività e consapevolezza cri-
tica », ed espresso in partenza nei suoi termini esatti: «occorre riproporsi il
quesito radicale, se (Bonaventura) possa e debba venir considerato come un
filosofo, prima ancora di decidere in quale corrente sia catalogabile» (p. 182).
Respinge la soluzione di Gilson che egli chiama, fra l'altro, «riduzionismo
mistico », e numerose altre interpretazioni che tendono a negare la presenza
di una vera filosofia in S. Bonaventura, e anche trova insufficienti « i più vi-
gorosi tentativi per ricuperare l'aspetto filosofico del pensiero bonaventuriano
contro la negazione di Gilson » (p. 183) che sarebbero, a suo parere, quello di
Van Steenberghen e quello del P. Robert. Ci ricorda che per il Serafico la
mente nel suo cammino verso la verità è chiamata a percorrere un itinerario
fatto di successivi gradini: dal livello empirico-sperimentale della scienza do-
vrà salire alla filosofia (o metafisica), di qui alla sapienza che è « lettura bi-
blico-teoretica dell'esperienza » e infine all'unione mistica con Dio, « ove si
esige il sacrificio di ogni sforzo ascensivo dal basso », così che, per B., « la ra-
gione viene necessariamente a concludersi nel mistero» (p. 190). In S. B., al
dire dell'A., il movimento teologico-filosofico del pensiero sarebbe caratteriz-
zato da una perenne « dialettica di dubbio e di sicurezza », e sarebbe ricer-
cando le radići di tale dialettica che noi scopriremmo l'originalità di B. filo-
sofo: « scopriremo con felice sorpresa - scrive Poppi - che al di là della on-

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LA FILOSOFIA DI S. BONAVENTURA J7ļ

nipresente e onnioperante teoria agostiniana della illumin


prevale la lezione di Anselmo del Proslogion nelle pagine
robuste di Bonaventura, in quei punti cioè (e sono frequenti) nei quali la ne-
cessità e l'assolutezza del vero e dell'essere sono fondati elencticamente con il
massimo di rigore, mediante l'ostensione dell'impossibilità della negazione »
(p. 191). « Sono istanti questi - prosegue l'A. - pieni di bagliori intellettuali
che collocano s. Bonaventura nel novero dei grandi speculativi » (ib.).
Gli ultimi saggi del volume sono di indole storico- documentaria: l'epice-
dio in morte di S. Bonaventura (V. Gamboso), un sermone di Bernardino Aqui-
lano in lode di S. Bonaventura (c. 1484) (Id), elenco e descrizione di mss. e
stampati bonaventuriani esistenti nella biblioteca antoniana di Padova (G.
LuiSetto).
Ma lo studio sulla filosofia bonaventuriana di gran lunga più ampio e
più sistematico di quanti abbiano visto la luce in questi anni ci viene dal be-
nemerito « Pontifical Institute of Mediaeval Studies » di Toronto, opera, matu-
rata in lunghi anni di ricerche e riflessioni, di uno dei più stimati studiosi
dell'argomento, professore al medesimo Institute, il Padre basiliano John Fran-
cis Quinn (4). Per capire il posto, certamente importante, che esso viene ad
occupare nella storia delle ricerche sul Serafico converrà esaminare anzitutto
lo scopo che l'A. si propone e che definisce l'indole dell'opera. Si tratta -
scrive Quinn - di «stabilire la costituzione della filosofia di S. Bonaventura
nel suo complesso, con particolare riguardo alle sue fonti storiche » (p. 11).
Avremo dunque una esposizione sistematica, non uno studio critico, della fi-
losofia di S. B., fatta però da un « un punto di vista storico », quello precisa-
mente della sua « costituzione storica » cioè delle sue componenti esaminate
nella loro indole, origine, rapporti reciproci all'interno del sistema. Un se-
condo scopo, non estraneo al primo, era « un confronto del pensiero di S.
Bonaventura con la dottrina filosofica di S. Tommaso » (p. 99). Connesso per
più versi con il primo è il terzo scopo che Quinn si proponeva nel porre
mano a questo enorme lavoro, quello cioè di « contribuire a risolvere i pro-
blemi che dividono gli storici sulla costituzione storica della sua (di S. B.)
filosofia » (ib.). Si direbbe che tale confronto critico con gli studiosi prece-
denti conferisce un significato peculiare all'opera la quale non per nulla si
apre con una grande rassegna dei risultati cur sono giunti sinora gli storici
del pensiero di S. B. e si chiude, corrispondentemente, con una parimente
ampia «Conclusione generale» intitolata Gli storici e la filosofia bonaventu-
riana in cui l'autore compie, in modo più sistematico di quanto non abbia
fatto nei singoli capitoli, il lavoro di revisione al quale abbiamo accennato
e del quale riparleremo fra poco.
La novità e l'originalità di questo libro che ne giustificano la pubblicazione
e, per così esprimerci, le pretese, consistono non soltanto nell'ampiezza, per
la quale supera certamente tutti i precedenti lavori del genere, ma più speci-
ficamente - agli occhi del suo autore - nel metodo: « il nostro lavoro di-
pende esclusivamente dalla testimonianza offerta dai testi di S. Bonaventura
stesso. Così, guidati soltanto dai suoi testi, seguiremo le loro indicazioni ed,

(4) J. F. Quinn, The Historical Constitution of St. Bonaventure' s Philo-


sophy. Studies and Texts 23, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, Toronto
1973, pp. 982; $ 25.

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172 G- VISCONTI

evitando conclusioni semplicemen


che sarà limitato agli autori citati esplicitamente nei suoi scritti. Nondimeno,
per quanto riguarda le dottrine che sono importanti per determinare lo scopo
primario, ma non sono documentate da S. Bonaventura stesso, cercheremo di
determinare le loro fonti sulla base delle prove disponibili caso per caso »
(p. 100). Insomma, è il metodo del « ritorno alle cose stesse », si direbbe oggi,
al quale del resto nessun ricercatore asserirebbe di essere disposto a rinunciare.
Conseguentemente al metodo dall'autore stesso definito, il corpo dell'opera
che si distende, tra l'introduzione e la conclusione, per l'enorme spazio di
circa 750 fitte pagine formato grande, consiste in una particolareggiata ana-
lisi esegetica dei testi filosofici di S. Bonaventura, « rispettando il contesto
teologico del suo pensiero filosofico» (p. 99).
A differenza di quanto avviene per la filosofia di S. Tommaso, non ci
sono familiari «somme» né tanto meno manuali scolastici in cui qualcuno
abbia tentato di dare una forma sistematica alla filosofia bonaventuriana.
Tanto più significativo è pertanto il tentativo del P. Quinn di disporre il pe
siero filosofico del Serafico in un corpus organico, sia pure in funzione d
scopo primario che egli si propone in quest'opera. Suggerimenti per l'attua-
zione di questa sistematizzazione, se vogliamo così chiamarla, gli sono venuti,
come egli stesso dichiara (cf. p. 100), dagli storici che prima di lui hanno
studiato il pensiero bonaventuriano e ne hanno messo in luce il tema cen-
trale e le dottrine fondamentali . Il tema centrale della filosofia di S. Bona-
ventura, precisa Quinn, consiste nel suo insegnamento sulla conoscenza natu-
rale, mentre le dottrine fondamentali, a ciascuna delle quali è dedicata una
delle quattro parti in cui si divide il libro, sono: 1. La fondazione della co-
noscenza naturale, trattata in tre capitoli (composizione di corpo e anima
nell'uomo, essenza e natura dell'anima umana, problema della pluralità delle
forme); 2. I princìpi e i modi (potenze e operazioni) della conoscenza natu-
rale, con due capitoli, riguardanti rispettivamente le distinzioni poste da S. B.
tra le potenze conoscitive e tra i due modi conoscitivi, scientifico e sapien-
ziale; 3. Certezza e illuminazione della conoscenza naturale, in due capitoli in
cui si tratta, fra l'altro, della dottrina bonaventuriana circa l'analogia e della
natura della filosofia; 4. Natura della teologia, con due capitoli incentrati sul
rapporto fede-ragione entro la teologia e sul problema connesso della «filo-
sofia cristiana».
Sulla base dei risultati raggiunti nella lunghissima analisi, l'A. giudica
se e come le opinioni espresse dagli studiosi precedenti sui vari problemi ri-
guardanti la costituzione storica della filosofia di S. Bonaventura siano o non
siano avvalorate dai testi dello stesso. Dall'esame risulta in realtà, scrive Quinn,
che alcune sono conformi ai testi; altre per sé no, ma, da un certo punto di
vista e in un certo grado, è possibile trovare anche per queste ultime una
giustificazione nei testi. Per quanto riguarda i risultati della sua ricerca, pos-
siamo dire che l'A. li sintetizza al tempo stesso che li mette a confronto con
le conclusioni dei predecessori. Conforme agli scopi che l'opera si proponeva,
essi riguardano principalmente i segaienti punti:
a) Il carattere della filosofia di S. Bonaventura. Alcuni studiosi - ci ri-
corda Quinn - non ammettono che si possa parlare di una filosofia bona-
venturiana distinta dalla teologia. Bonaventura, secondo loro, è soltanto un
teologo: teologo neoplatonico agostiniano (Mandonnet), teologo che, pur ci-

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LA FILOSOFIA DI S. BONAVENTURA J73

tando spesso Aristotele, è un decisivo avversario del Filosofo, seguace, invece, e


continuatore deiragostinismo (Gilson), ecc. Tra quanti ammettono in S. B.
una filosofia distinta dalla teologia c'è De Wulf secondo il quale B. orga-
nizza il proprio sistema filosofico intorno al principio aristotelico atto-potenza
cui però sovrappone le dottrine agostiniane, così che la sua filosofia dovrebbe
essere definita come «vecchia scolastica» o «pre- tomismo». Ora, scrive Quinn,
nessuna di queste o altre simili opinioni risulta giustificata, nel suo complesso,
dai testi bonaventuriani, dall'analisi dei quali risulta, invece, che B. «ha for-
mato e sviluppato una coerente e molto consistente sintesi di dottrine filoso-
fiche » (p. 843) la cui anima e fondamento va ricercata nell'« uso che egli fa
del principio di partecipazione, come noi abbiamo mostrato ad ogni livello
del suo pensiero » (ib.). Pertanto, secondo l'A., nessuna singola fonte storica
alla quale egli attinge e nessuna combinazione delle fonti storiche può essere
isolata come fondamentale per la sua sintesi filosofica, poiché egli usa le fonti
« secondo che esse si conformano, o possono essere conformate, ai propri prin-
cìpi filosofici» (ib.).
b) La «filosofia cristiana » di S. Bonaventura. Fu Gilson, scrive l'A., a de-
finire la filosofia di S. B. come «filosofia cristiana», nel senso preciso che
essa, «in ragione della dipendenza dalla sua teologia, non potrebbe rimanere
vera se fosse separata dalla illuminazione della fede e dallo specifico ordine
della sapienza cristiana» (p. 860). P. Quinn ribadisce che i testi non appog-
giano l'opinione di Gilson, bensì quella dei suoi critici, sostenitori della tesi
che nel pensiero di B. la filosofia è distinta dalla teologia.
c) Confronto tra la filosofia di S. Bonaventura e quella di S. Tommaso .
Tale confronto è collocato nel contesto del più ampio problema se nel sec.
XIII, in conseguenza dell'entrata di Aristotele, si fosse formata una sintesi fi-
losofica «comune», sostanzialmente condivisa dai Maestri dell'università di
Parigi. La tesi di una «sintesi comune» di cui S. B. avrebbe rappresentato lo
stadio primitivo («vecchia scolastica») caratterizzato da una incompleta assi-
milazione di Aristotele, e S. Tommaso la forma più matura, fu difesa da
De Wulf nei suoi primi scritti sull'argomento e più tardi da lui attenuata
(sostituzione dell'espressione «patrimonio comune» a quella di «sintesi comune»)
in seguito alle critiche di altri studiosi come Gilson e Chenu. Il P. Quinn,
a sua volta, per quanto riguarda il rapporto tra S. B. e S. Tommaso scrive:
« i nostri studi comparativi delle dottrine filosofiche di S. Bonaventura e di
S. Tommaso non hanno messo in luce alcuna comunanza tra esse in quanto
dottrine filosofiche » (p. 880). Giudicare della loro concordia o del loro di-
vario in base alla diversità o alla comunanza delle fonti storiche da loro uti-
lizzate, così da affermare, per es., che S. Bonaventura è «agostiniano» nel
senso che in lui trionferebbe Agostino, mentre Tommaso, nel medesimo senso,
sarebbe «aristotelico», è un criterio che si rivela fallace. Sulla base dei testi
risulta invece, prosegue Quinn, che le loro filosofie sono «originali» e che
pertanto non sono state le fonti storiche a condizionare i princìpi filosofici
dei due autori, bensì questi a guidare la scelta di quelle. «Di conseguenza,
come la filosofia di S. Bonaventura non è né fondamentalmente agostiniana
né essenzialmente un aristotelismo neoplatonizzante, ma bonaventuriana , così
anche la filosofia di S. Tommaso non è né fondamentalmente aristotelica né
essenzialmente un aristotelismo neoplatonizzante, bensì è tomista » (pp. 881-

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882), cioè «ha la sua unità e coerenza dalla sua [di S. Tommaso] personale
concezione della verità », quantunque sia ciò che essa è anche « grazie alle
influenze delle differenti fonti da lui usate per la ricerca della verità » (p.
882). Una volta stabilita l'originalità di ambedue i sistemi filosofici ed esclusa
pertanto la loro comunanza cioè appartenenza a un unico sistema, il rapporto
tra loro può essere stabilito su nuove basi, con il seguente risultato: « è in
rapporto alla ricerca della verità che noi vediamo le filosofie di S. Bona-
ventura e di S. Tommaso essere sintesi originali, ma non diverse ( not diverse ),
simili e dissimili al tempo stesso ( both similar and dissimilar) per molti aspet-
ti » (ib.). Nei singoli capitoli Qu inn ha messo in luce e discusse quelle che,
a suo parere, sono le somiglianze e le dissomiglianze per le quali le due fi-
losofie sono « sviluppi separati », ma non diversi (cf. pp. 135, 218, 440, 663,
ecc.), dei vari punti di dottrina. Una «non diversità» che sussisterebbe nono-
stante le posizioni «completamente dissimili», «completamente differenti» che
i due filosofi assumono anche su punti fondamentali come quello della na-
tura delle sostanze spirituali e, conseguentemente, dell'unità, quanto alla na-
tura e quanto alle operazioni, della persona umana (cf. p. 218 e passim).
U concetto di due sistemi originali che contengono anche dottrine com-
pletamente differenti, ma che, ciò non ostante, non sono diversi fra loro si
presenta come qualcosa di assai sottile. Possiamo ammettere che anch'esso
è espressione di un difficile equilibrio imposto dai testi i quali non permet-
tono di prendere, su questo punto come su altri, posizioni troppo nette, al
di là di un certo limite, simili a quelle che sembra abbiano caratterizzato la
critica precedente. D'altra parte, poiché - come abbiamo notato a proposito
del metodo scelto dall'A. - tutti gli studiosi pretendono di trarre conclusioni
dall'analisi dei testi, rimane sempre la possibilità e la probabilità che il Padre
Quinn veda contestata l'interpretazione che egli dà di questi e pertanto, più
o meno radicalmente, anche i suoi risultati. Egli scrive che lo scopo di questo
studio in rapporto a quelli precedenti non è « né di dare una soluzione alle
controversie tra gli storici, né di iniziare un'altra controversia sulla natura
e il carattere della filosofia di S. Bonaventura » (p. 841). In realtà, è ovvio
che con la presente opera egli ha portato un notevole contributo per la solu-
zione delle controversie passate, ma è inevitàbile, al tempo stesso, che ponga
qualche premessa di nuove discussioni, utili per fare qualche nuovo passo
verso la verità.
Anche il giovane studioso italiano L. Mauro, dell'Università di Genova,
dedicato un volume al pensiero, anzi, si dovrebbe forse dire: alla figura, d
Dottore Serafico, persuaso di avere qualcosa di nuovo da dire (5). Anche il M
si preoccupa giustamente del metodo. E' necessario, secondo lui, ricercare
di là della testimonianza dei fatti e delle parole, la intenzionalità vera e p
fonda, lo "spiritus" da cui egli è stato guidato sia nell'elaborazione del suo
pensiero che nella realizzazione della sua opera » (p. 3). Questo « spirito »,
« centro », « intenzionalità », « chiave interpretativa » l'A. crede di averla tro-
vata « nella fedeltà di Bonaventura alla tradizione agostiniana, che tuttavia
non deve essere vista come acritica accettazione di tesi garantite dall'autorità,
ma, piuttosto, come un originale ripensamento di esse alla luce di quanto di

(5) L. Mauro, Bonaventura da Bagnoregio. Dalla philosophia alla contem-


plalo. Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Genova 1976, pp. 238.

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LA FILOSOFIA DI S. BONAVENTURA 175

nuovo avveniva, dal punto di vista culturale, nel mondo cristiano » (p. 5). L'A.
dichiara che il suo lavoro si propone di « enucleare » tale « centro » (ib.),
forse nel senso che dopo averlo scoperto («al di là della testimonianza dei
fatti e delle parole » cioè per una specie di intuizione divinatoria?), tenta in
questo libro di « enucleare » il pensiero di S. B. intorno ad esso o, come dice
egli stesso, « di illuminare per così dire dall'interno il pensiero bonaventu-
riano, attraverso un'analisi rigorosamente fedele ai testi, traendo continua
ispirazione da questo suo punto focale » (p. 7). L'espressione più immediata
dello « spirito » bona ven tur iano, sembra dica l'A., è il « problema » bona ven -
turiano (cap. II) che si identificherebbe con l'agostiniano inquietum est cor
nostrum . U discorso bonaventuriano nascerebbe cioè dall'esigenza di togliere
la contraddizione « tra lo smarrimento del senso del divino e della propria
originaria missione da parte dell'uomo ed il permanere in lui di una incoer-
cibile tensione escatologica, che si traduce in una intensa ricerca del divino
ordinata ad un contatto con Dio (contemplatio) che anticipi in una qualche
misura sulla terra quella che sarà, nell'altra vita, la visione "facie ad fa-
ciem" » (p. 25).
All'argomento complesso, come si è potuto costatare anche dalle opere
recensite nelle pagine precedenti, della filosofia in S. Bonaventura l'A. dedica
un capitolo prima di passare a una esposizione più sistematica del suo pen-
siero. Dopo aver sintetizzate le opinioni precedenti, segnatamente quelle con-
trapposte di Gilson e di Van Steenberghen intorno alle quali, a suo dire, le
altre si sarebbero polarizzate radicalizzandosi e irrigidendosi (cf. p. 33), l'A.,
guidato da una sua analisi dei testi, giunge alle seguenti conclusioni: a) Bo-
naventura ammette certamente la possibilità per la ragione umana di co-
struire una filosofia autonoma nel metodo e nei principi, distinta dalla teologia
(cf. p. 42 e passim); b) nell'opera di B. è indubbia la presenza di dottrine
filosofiche, e pertanto è legittimo tentare di ricostruire, a partire da esse, la
visione filosofica bonaventuriana (cf. p. 193 e passim). Ma non si può dimen-
ticare che queste idee e dottrine appaiono, nel complesso della sua opera, vital-
mente e strettamente, « spesso in maniera inestricabile », connesse, più di quanto
non avvenga in altri teologi medievali, per es. in S. Tommaso, con quelle teolo-
giche (cf. pp. 193-194 e passim). Ciò si spiega con il fatto che a S. Bonaventura,
come a S. Agostino, interessa non l'uomo astratto considerato in un ipotetico
« stato naturale », bensì l'uomo reale, storico, portatore di una vocazione sopran-
naturale (cf. p. 43 e passim); c) Rapporto con Aristotele: Bonaventura considera
Aristotele un grande scienziato ( physicus ) e come tale lo rispetta e lo utilizza,
ma «per quanto riguarda il problema di fondo di tutta la sintesi bonaventu-
riana, che è quello di orientare l'uomo alla "reductio ad Deum" e di dare una
risposta alla sua incoercibile tensione verso Dio, Bonaventura ritiene che Ari-
stotele non abbia niente da suggerire e, come tale, non lo consulta ed anzi mette
in guardia quanti fanno dell'aristotelismo la sapienza senz'altro, dimenticando
che si tratta di un sapere esclusivamente scientifico » (p. 55); d) Bonaventura e
Tommaso d'Aquino: B. non è un Tommaso « dimidiatus », come lo vorrebbe in
un certo senso Van Steenberghen, « al contrario, a mio avviso, è necessario rico-
noscere che la sintesi bonaventuriana è qualcosa di molto diverso - sia riguardo
al metodo che riguardo ai risultati ed al contesto in cui è stata elaborata - da
quella di S. Tommaso; è necessario, in modo particolare, prendere atto che queste

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due sintesi sono animate da uno spi


(p. 195).
Alla luce delle precedenti considerazioni metodologiche e storiche, il Mauro
espone in tre brevi capitoli i grandi temi del discorso bonaventuriano i cui « pro-
tagonisti » sono, come per S. Agostino (cf. p. 26), l'uomo e Dio e i rapporti tra
loro: Esistenza e azione creatrice di Dio (le prove dell'esistenza di Dio, l'esem-
plarismo, caratteri dell'atto di creazione); La creazione (composizione ilemorfica
degli esseri creati, la dottrina della luce, la pluralità delle forme, le «rationes se-
minales »); L'uomo (natura dell'anima umana, l'immortalità dell'anima, lo dot-
trina della conoscenza, libertà e vita morale , ingrediamur in caliginem).
Concludendo questa breve nota, potremmo dire che le opere esaminate
attestano un passo importante compiuto negli studi storici riguardanti la filo-
sofia di S. Bonaventura, cioè la persuasione, ormai largamente accettata, che
essa esiste. Un altro passo non meno importante ancora da compiere, passando
dal piano storico a quello teoretico, sarebbe di saggiare concretamente la
possibilità e i vantaggi di costituirla in un organismo autonomo e di collau-
darne criticamente il valore scientifico.

G. Visconti

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