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Lago di Lecco, 8 ottobre 2020

Intervengo in merito alla notizia battuta ieri da diversi organi di informazione, in base alla quale,
secondo i quattro "esperti" autori di un libro pieno di deduzioni presuntive (Leonardo "non avrebbe
mai ricevuto i materiali per poter realizzare l'opera"), Leonardo non avrebbe mai dipinto la Battaglia di
Anghiari sulle pareti del Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, in Firenze, sfatando così quello che
viene definito un mito creato dalla penna di Dan Brown.
Fermo restando che la conoscenza di Leonardo passa per ben altre pagine che non quella relativa al
decoro o meno da parte sua delle pareti di Palazzo Vecchio, vorrei ricordare che del cartone
preparatorio dell'opera (copiato da diversi artisti tra i quali Rubens) e soprattutto del dipinto stesso
abbiamo diverse testimonianze scritte da parte dei biografi dell'epoca.
Leonardo, all'epoca in cui ricevette la commissione nel 1503, rientrava a Firenze dalle esperienze
milanesi e al soldo del Duca Valentino, e venne accolto dalla città come un vero e proprio eroe della
patria, tanto che in cima al Battistero venne posta una statua del Rustici a sua immagine e somiglianza,
come ho già avuto modo di annunciare qualche mese fa.
Alla commissione di questo dipinto si riferisce un appunto ritrovato nel 2005 dal professor Veit Probst,
storico e direttore della Biblioteca Universitaria di Heidelberg, scritta nel 1503 dal cancelliere fiorentino
Agostino Vespucci a margine di un libro contenente una raccolta di lettere dell'oratore romano Marco
Tullio Cicerone e conservata presso la prestigiosa Università tedesca:
"Come il pittore Apelle. Così fa Leonardo da Vinci in tutti i suoi dipinti, ad esempio per la testa di Lisa del Giocondo e
di Anna, la madre della Vergine. Vedremo cosa ha intenzione di fare per quanto riguarda la Grande Sala del Consiglio,
di cui ha appena siglato un accordo con il Gonfaloniere."
Del cartone preparatorio dell'opera effettivamente ne parlò il Vasari, dicendo che era talmente bello e
innovativo per via di alcune soluzioni semovibili che lo rendevano dinamico, e già la gente accorreva per
vedere solo quello.
Al fatto che il dipinto venne effettivamente realizzato, invece, abbiamo più d'una testimonianza diretta.
Paolo Giovio vide i resti del dipinto e ne lasciò una viva descrizione nella biografia sulla vita di
Leonardo, scritta tra il 1523 e il 1527:
"Nella sala del Consiglio della Signoria fiorentina rimane una battaglia e vittoria sui Pisani, magnifica ma
sventuratamente incompiuta a causa di un difetto dell'intonaco che rigettava con singolare ostinazione i colori sciolti in olio
di noce. Ma il rammarico per il danno inatteso sembra avere straordinariamente accresciuto il fascino dell'opera
interrotta".
Una seconda volta, invece, è l'autore dell'Anonimo Gaddiano (manoscritto del 1540 circa conservato in
originale alla Biblioteca Nazionale di Firenze), a fare chiaramente riferimento alla sala Grande del
Consiglio:
"Fece per dipingere nella sala Grande del Consiglio del palazzo di Firenze il cartone della guerra de Fiorentinj, quando
ruppono a Anghiari Niccholo Picci(ni)no, capitano del duca Filippo di Milano, il quale comincio a mettere in opera in
detto luogho, come anchora oggi si vede, et con vernice."
"... come anchora oggi si vede" recita il Gaddiano.
Una terza volta è il Vasari a parlarne, nella prima stesura de Le Vite del
1550 edita da Torrentini, quella libera dalle censure imposte nel 1568 da
Pio V e Cosimo I:
"Et imaginandosi di volere a olio colorire in muro, fece una composizione d’una
mistura sí grossa, per lo incollato del muro, che continuando a dipignere in detta
sala, cominciò a colare, di maniera che in breve tempo abbandonò quella."
Riguardo la mancanza dei materiali addotta come giustificazione dai
quattro "esperti" autori di una tesi così aleatoria quanto pregiudizievole,
fondata su argomentazioni assai labili, vorrei tornare sulla statua di
Leonardo che la città eresse sul Battistero ad opera di Giovan
Francesco Rustici, uno scultore formatosi nel Giardino di San Marco
che lavorò a strettissimo contatto con Leonardo, ospitandolo a casa sua
al ritorno da Milano; di lui, tra le altre cose ci rimangono proprio
quattro gruppi in terracotta ispirati dalla Battaglia di Anghiari.
Scrive il Vasari:
"E nella statuaria fece pruove nelle tre figure di bronzo che sono sopra la porta di San Giovanni da la parte di
tramontana, fatte da Giovan Francesco Rustici ma ordinate col consiglio di Lionardo, le quali sono il piú bel getto e di
disegno e di perfezzione, che modernamente si sia ancor visto."
Queste statue, nella cui esecuzione intervenne direttamente Leonardo, vennero fuse col bronzo
comprato personalmente dal Rustici impegnando la propria casa.
Non escludo quindi che i materiali per il dipinto al Salone dei Cinquecento ad opera di Leonardo, della
cui testimonianza diretta credo non ci sia dubbio alcuno, a questo punto, potesse essere stato comprato
da qualche suo collaboratore.
A parte ciò, vorrei si smettesse di speculare su Leonardo continuando a perpetrare una mistificazione di
ciò che egli fu e fece in ordine solo a quell'imperativo imposto dalla Chiesa (Savonarola, falò delle
vanità, Bolle papali e Inquisizioni) per arginare il movimento neoplatonico che è alla base del
Rinascimento, di cui Leonardo fu un riferimento primo e assoluto per tutti i suoi contemporanei.
Così facendo non si fa un buon servizio nè alla città di Firenze e nemmeno all'arte e alla storia che ne
hanno fatto riferimento primo nello sviluppo politico, economico e sociale che ha concorso a formare
la moderna società.

Riccardo Magnani

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