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APPUNTI

lezione 2

Scorsa settimana: all’inizio di una nuova fase di una storia umana sull’arcipelago giapponese; tracce di primi insediamenti umani;
il paleolitico.

A partire più o meno da 13500 anni fa si sviluppa una prima società complessa o, meglio, abbiamo degli elementi che portano a
dire sulla base di studi archeologici e para antropologici, che nell’arcipelago giapponese ci sono delle comunità di homo sapiens
che hanno una serie di relazioni complesse, strutturate attorno ad alcune attività che sono sostanzialmente quelli della caccia e
della raccolta, della vita semi nomadica e dell’utilizzo di strumenti elementari come il fuoco, per creare una nicchia, ovvero un
contesto naturale ma piegato alle necessità di queste comunità e dei suoi abitanti.

Come molti animali anche l’essere umano è in grado di modificare l’ambiente in cui vive a proprio piacimento. L’elemento del
fuoco è il principale strumento che gli esseri umani, nel paleolitico soprattutto, insieme agli strumenti di pietra, utile a formare,
riformare e plasmare l’ambiente circostante a soddisfazione dei bisogni primari degli esseri umani. FUOCO come primo
elemento che cambia un po’ la prospettiva e che cambia il rapporto tra animali, in particolare homo sapiens, e ambiente, natura.

Tracce di questo cambiamento e di questa vera rivoluzione, si ritrovano nei manufatti che ci sono arrivati fino ad oggi.

Jomon è un termine che tradotto letteralmente dal giapponese significa “traccia di corda” e si riferisce alle decorazioni che si
possono vedere, per esempio, nei vasi. il primo vaso a destra della slide viene considerato il più antico esemplare di vasellame di
jomon e viene datato più o meno intono tra il 14esimo e l’8avo millennio, 7000 anni di distanza. Le tecnologie che datano in
modo specifico ancora non ci sono, ma l’intervallo di tempo in cui questo vaso è stato creato, prodotto è quello di questi 7000
anni.

A fianco si ha una prova di una evoluzione tecnica, artigianale, della produzione vasaria delle comunità jomon.

Sostanzialmente questo tipo di reperti/manufatti avevano, possiamo immaginare, ipotizzare sulla base delle prove che abbiamo
a nostra disposizione due finalità fondamentali: conservazione e cottura; poi gradualmente pensando ai vasi un po’ più artistici
possiamo ipotizzare uno scopo rituale. Un utilizzo di questi contenitori, recipienti per cerimonie. Non si hanno elementi
sufficienti per arrivare alla conclusione che questi vasi venivano utilizzati per scopi rituali.

Abbiamo elementi sufficienti per dire invece che quella (a fianco dei vasi) che questo effettivamente aveva degli scopi rituali, una
statuetta antropomorfa chiamata (dogū). Anche in questo caso ha queste decorazioni molto elaborate che sembrano anche
riprendere un po’ quelle del vaso, ma parliamo di un reperto del primo millennio a.C, quindi molto più recente rispetto al
vasellame. Ha delle forme antropomorfe ma estremizzate (occhi enormi, braccia e gambe corte, ha dei vestiti, una sorta di
tunica, e sembra possedere dei gioielli). Anche in questo caso c’è un dibattito su quale fosse l’utilizzo dei dogù, molto
probabilmente servivano in qualche modo a ingraziarsi o favorire la fertilità, proteggere i nuclei familiari. C’è comunque un
riferimento al fatto che gli uomini in questo momento storico hanno in mente un mondo ultraterreno, hanno in mente una
comunicazione con realtà non umane.

è impossibile che questi reperti siano prodotto di una stessa e unica cultura rimasta unica e uguale a sé per tutto questo tempo,
appunto dal 14esimo millennio al primo. Ma sicuramente ci sono stati degli influssi, delle influenze che però non si riescono a
ricostruire in maniera dettagliata perché mancano, al di là dei manufatti e dei reperti, delle testimonianze scritte per esempio.

Con il periodo Jomon si entra in quello che è il neolitico giapponese, ovvero un periodo della storia umana in cui dalla semplice
lavorazione della pietra e dall’utilizzo del fuoco per scopi appunto immediati, per sopravvivenza, iniziamo ad avere delle nuove
complessità, delle interazioni più complesse tra uomini e altri esseri viventi, tra uomini e ambiente, e tra membri delle stesse
comunità che si riconoscono come composte tra simili.

Si hanno sostanzialmente tre fasi in questo lunghissimo periodo che viene identificato come periodo Jomon.

Prima fase (compresa tra il 14esimo e il sesto millennio a.C.). Si trattava di un’economia estrattiva, basata appunto su attività
quali la caccia, pesca, raccolta di tuberi, vegetali ad uso alimentare dall’ambiente e frutta, soprattutto quella a guscio.
(Semi nomadica) Le comunità sembrano spostarsi dove c’è più disponibilità di queste risorse, aree boschive, entroterra, sui
litorali, lungo i corsi dei fiumi. Si spostavano a seconda delle disponibilità di queste risorse, probabilmente anche a seconda del
clima, delle stagioni. Non esistevano ancora insediamenti stanziali.

Gli utensili erano ancora creati e fatti di pietra lavorata.

Seconda fase (jomon intermedio) compresa tra il sesto e il terzo millennio a.C. dal 5.000 al 2.000 a.C circa

Si hanno già insediamenti semi-stanziali con spazi appositamente creati per ospitare riti. Queste comunità rendendosi più
indipendenti dai cicli naturali, trovandosi in una condizione di graduale adesione allo stile di vita stanziale, adottano dei nuovi
stili di vita, delle nuove norme di convivenza che passano naturalmente attraverso i riti, che potevano servire in una comunità
primitiva di questo tipo appunto per propiziare, per favorire fertilità, per proteggere i nuclei familiari o intere comunità da
qualsiasi minaccia del caso, esempio attacchi da altre comunità, anche se non si hanno tracce di eventi bellici, proteggersi
semplicemente anche da animali, garantire la sicurezza del nucleo familiare o della comunità.

In questa seconda fase si hanno anche tracce di forme precoci di agricoltura, in una piccola disponibilità di terra, legata
comunque all’ambiente di comunità. Oppure piccole forme di domesticazione di specie vegetali, sempre nelle aree boschive per
attirare animali e favorire la buona riuscita di una battuta di caccia. Si hanno una maggiore complessità di manufatti e del
vasellame in generale.

PICCOLA NOTA: il suolo giapponese è molto carico di elementi acidi; quindi, è difficile far sopravvivere per lungo tempo tracce
organiche; quindi, abbiamo pochi resti organici che sono arrivati dall’epoca Jomon. Il poco che ci è pervenuto di organico è
arrivato grazie all’azione di depositi, di conchiglie sostanzialmente che hanno una composizione chimica meno acida e che ha
permesso a molti reperti, tra cui vasellame, di arrivare a noi e ha favorito le ricerche degli specialisti. Nati come veri e propri
depositi di rifiuti domestici, chiamati KAIZUKA?. Ha permesso di ricostruire questioni come la dieta del periodo Jomon, ecc.

Terza fase (le datazioni delle slide sono diverse da quelle del libro, quella del libro è più antiquata) tra il terzo e il primo millennio
a.C.

Ps: all’esame non ci sarà una domanda su quando finisce il perido Jomon

Si assiste al periodo di massimo splendore delle culture Jomon e contemporaneamente anche al loro drastico declino. Questo
drastico declino demografico può essere dipeso da alcuni fattori legati probabilmente, da una parte, dal venir meno di risorse
fondamentali per la vita delle comunità jomon (una minima variazione del clima di alcune aree del gippone dove queste
comunità erano ormai diventate quasi stanziali), prede animali, frutta e alimenti da raccogliere dalla natura. Quindi una piccola
variazione del clima potrebbe aver messo in crisi tutto un sistema di approvvigionamento alimentare che nei millenni erano
diventato estremamente specializzato, complesso, ma evidentemente molto vulnerabile. Alcune ipotesi puntano invece alla
diffusione di nuove malattie, epidemie, che avrebbero decimato la popolazione Jomon, probabilmente anche in questo caso,
possiamo ipotizzare, in conseguenza della trasformazione della vita semi nomadica in una vita semi stanziale quindi in
conseguenza della creazione di comunità più densamente popolate, dove poteva essere favorito il salto di specie di batteri o
infestanti.

A partire dal secondo millennio ci sono tracce di insediamenti di nuovi nuclei, composti da esseri umani, soprattutto nelle aree
sudoccidentali dell’arcipelago giapponese e che potrebbero aver portato, tra le altre con nuove conoscenze e nuove tecniche,
anche un fenomeno molto umano che è quello della guerra e della conquista. Quindi il conflitto con altre popolazioni e
l’assorbimento delle popolazioni jomon all’interno di nuove dinamiche demografiche, potrebbe aver favorito la scomparsa e il
declino della cultura Jomon.

Nel secondo millennio, più o meno dal 1250 a.C si ha evidenza di cambiamenti della cultura materiale e di abitanti
dell’arcipelago giapponese. Sono tracce fondamentali che ci parlano di una vera e propria rivoluzione, perché compaiono tracce
di cerealicultura, questa volta su appezzamenti più estesi e in maniera omogenea, non in maniera casuale come poteva essere
quella delle comunità jomon, in spazi segregati e dedicati a questo tipo di attività.

La cultura Jomon non scompare totalmente, si hanno influenze anche in quest’evoluzioni della cultura materiale jomon e quindi
non scompare ma viene assorbita in questi nuovi flussi e in alcune aree dell’arcipelago stabilisce un’evoluzione indipendente da
quelle che sono le evoluzioni (che vedremo più avanti) in particolare nelle isole principali dell’arcipelago, nelle isole in sostanza
del sud di hokkaido, nel monshu e il kyushu soprattutto.
Nell’estremo nord est e nell’estremo nord di quello che noi adesso conosciamo come Giappone, in particolar modo nell’isola di
Hokkaido, si trovano tracce di culture Jomon fino addirittura al 700 d.C., quindi molto più avanti rispetto a quella che è
convenzionalmente conosciuta come la data di fine del periodo Jomon (circa 500 a.C.). quindi le culture Jomon rimangono vive a
livello regionale, rimangono sostanzialmente indipendenti da questi assorbimenti di nuove culture, soprattutto nelle zone più a
Nord, più settentrionali.

Dal sesto secolo a.C. emergono dagli studi archeologici evidenze del fatto che una nuova cultura, una nuova civiltà, si innesta
nell’arcipelago e gradualmente diventa dominante, assorbendo e marginalizzando le culture precedenti. L’ascesa di questa
nuova cultura, rispetto all’evoluzione che abbiamo visto delle culture Jomon è estremamente rapida, nello spazio di 300 anni
questa nuova popolazione con questa nuova cultura diventerà sostanzialmente dominante in tutto l’arcipelago.

Questa nuova cultura che si innesta nel continente (portata da migranti di origine probabilmente nordasiatica) porta con sé
appunto le tecniche di coltivazione di cereali, inizialmente si hanno tracce di coltivazioni legate all’orzo o al grano saraceno, per
esempio. Culture già diffuse da secoli nel continente, in particolare in Cina e nella penisola coreana.

Il periodo di cui ci occupiamo a partire grossomodo dal sesto secolo, con accelerazioni però tra il quarto e il terzo secolo a.C, a
livello cronologico coincidono in parte con le turbolente vicende che animano il continente, in particolare la Cina orientale dove
effettivamente emergono delle prime formazioni statali, addirittura imperiali quasi unitarie e che hanno però delle proiezioni di
potere di ambito regionale; di fatto conquistano vasti territori dopo aver consolidato il proprio potere in una specifica località.
C’è una proiezione appunto espansiva di alcune formazioni statali sul continente, fenomeno che avrebbe prodotto di
conseguenza il fenomeno migratorio diretto alle isole giapponesi, o comunque avrebbe contribuito a spingere popolazioni al di
fuori del continente verso le isole giapponesi, che erano tutt’altro che densamente popolate dai Jomon, anzi, le comunità Jomon
erano piuttosto sparse quindi non c’erano grossi insediamenti. Quindi per questi migranti che si insediavano tra l’altro in zone
relativamente abbandonate, anche in conseguenza delle trasformazioni geologiche (si parla di una grande eruzioni che per secoli
e secoli avrebbe scoraggiato gli insediamenti umani in particolare nell’area del Kyushu). Per questi migranti la penisola
giapponese in cui potevano arrivare senza molti sforzi, per esempio della corea, erano delle terre di nessuno, che potevano
essere tranquillamente colonizzate, messe a frutto.

Il fenomeno polito regionale molto interessante che si vede in questa fase è l’ascesa delle dinastie HAN in Cina tra il terzo secolo
a.C. e il terzo secolo d.C. Gli HAN sono la prima dinastia a creare una formazione statale a vocazione imperiale, espansiva. Gli han
arrivano fino alla penisola coreana, stabiliscono degli avamposti militari per intervenire e avere un maggiore controllo sugli affari
di questa regione e della penisola in particolare.

Per avere comunità agricole, stanziali, dedite all’agricoltura, prosperose è necessario trovare delle terre adatte.

Secondo james scott hanno avuto un ruolo fondamentale le terre “umide”. Umide perché attraversate da fiumi, ma irrorate da
una molteplicità di canali, corsi d’acqua piccoli. Terre umide, secondo alle quali si sarebbero creati i primi insediamenti stanziali.

Le terre umide sono importantissime perché c’è disponibilità di risorse alimentari anche di vario tipo: vegetazione, esseri viventi
che vivono negli ambienti acquatici, altri animali che predano quelli d’acqua, ecc.; la terra è tendenzialmente più fertile, fertilità
portata dai minerali, dalle sostanze contenute o trasportate dall’acqua dei fiumi che si depositano sul suolo in maniera periodica.
Il terreno fertile è una condizione necessaria per la coltivazione, per seminare specie vegetali già domesticare, già manipolate
dall’essere umano per essere cresciute sotto la supervisione degli esseri umani. Nelle terre umide si trova maggiore disponibilità
di prede più semplici da catturare. In parte già le comunità Jomon si insediano anche in queste aree del Giappone dove appunto
c’è maggiore disponibilità d’acqua.

L’ingresso delle nuove colture (di cui abbiamo parlato prima) dipendono sostanzialmente dalla conquista di queste terre umide,
dove questi nuovi migranti applicano una tecnica distintiva della civiltà dell’asia orientale e cioè la risicultura a immersione. Oltre
appunto a tracce di coltivazione di orzo e grano saraceno, che erano già presenti e richiedevano un minore apporto di acqua, la
cultura del riso a immersione quindi nelle risaie coperte dell’acqua, richiede una disponibilità d’acqua piuttosto consistente,
quindi deve essere per forza fatta in spazi pianeggianti (con le tecniche dell’epoca) un terreno umido anche esposto a
inondazioni, serve un apporto tecnologico, ingegneristico, anche in questo caso molto più consistente rispetto alle altre forme di
agricoltura disponibili nelle isole giapponesi nel lungo periodo Jomon. Per creare una risaia di quel tipo servono appunto canali
di irrigazione, dighe, creazione di margini artificiali. Il riso è una coltura che arriva in una fase successiva, non con le prime
migrazioni, non a partire dal secondo millennio, ma gradualmente si hanno tracce di risicultura più consistenti e più estese a
partire sostanzialmente da questa fase che noi chiamiamo appunto YAYOI medio e tardo, a partire quindi intorno al
primo/quarto secolo d.C.
Si entra nel periodo YAYOI

La cultura yayoi si è sviluppata nelle isole giapponesi più o meno a partire dal primo millennio a.C. e testimonia una evoluzione
stanziale e agricolo delle popolazioni.

Lo stile di vita nomadico e semi nomadico delle popolazioni Jomon, viene gradualmente sostituito da un’economia fondata e
incentrata sull’agricoltura. In questa fase successiva all’insediamento delle culture yayoi il riso diventa appunto dominante
perché rispetto ad altri cereali poteva essere raccolto e conservato in maniera più semplice e conservato a seconda delle
necessità dei produttori. (le altre attività caccia, pesca raccolta, ecc non spariscono, vengono integrate, la necessità, la
dipendenza, degli umani di queste pratiche si riduce in favore dell’agricoltura).

L’agricoltura nonostante diventi un’attività dominante per l’approvvigionamento alimentare degli esseri umani non è la sola cosa
che gli esseri umani fanno in Giappone.

Già nell’epoca Jomon si hanno tracce di contatti, di commerci interni o anche con altre aree dell’asia, commerci interni
all’arcipelago sempre seguendo le vie fluviali navigabili e le zone litoranee più facilmente attraversabili. Tutto ciò rimane anche
con lo sviluppo di nuovo tecnologie e nuove tecniche agricole. Rimangono anche i contatti con il continente, in particolare con le
zone più vicine, più prossime all’arcipelago.

Ricostruzioni dei villaggi yayoi (dal sito di yoshinogari) che è uno dei villaggi yayoi più rappresentativi e più evoluti. Rispetto alle
carrucole del periodo medio jomon, che rappresentavano gli insegnamenti di quella cultura, qua abbiamo strutture addirittura
quasi monumentali, piuttosto imponenti. Strutture sopraelevate. Ai fini della conservazione per esempio dei cereali, predisporre
un granaio sopraelevato preveniva la decadenza degli alimenti conservati. Poteva favorire la conservazione appunto del riso e
proteggere gli alimenti da intrusioni di parassiti o di piccoli animali che potevano cibarsene e anche dalle muffe.

Gli edifici sopraelevati potevano permettere un maggiore controllo da un punto di vista strategico, militare, c’è una particolarità
in questa ricostruzione di yoshinogari e che ci testimonia un’evoluzione non solo a livello di manufatti, l’evoluzione più
importante dal punto di vista politico è il fatto che i villaggi di quest’epoca a partire dal 500 a.C, con il consolidarsi di una cultura
stanziale dominata dall’agricoltura, hanno con sé un approccio alla protezione, e che portano a identificare dei confini, creare
delle palizzate o dei muri che servono a delimitare, in particolar modo sono utili a delimitare gli abitati e le aree coltivate. Sono a
tutti gli effetti delle strutture difensive, che dovevano dare dei segnali a chi viveva all’interno di questi confini e a chi anche
arrivava e vedeva questi confini dall’esterno. È evidente che queste nuove culture portano con sé una cifra di fatto bellica,
militare. All’interno delle ricostruzioni dei villaggi yayoi si trovano altre strutture sopraelevate atte allo stoccaggio degli alimenti.
Oltre a ulteriormente approfondire la distinzione tra edifici abitati o predisposti per l’abitazione e spazi rituali, spazi dedicati a
una religione arcaica, che chiaramente con l’introduzione dell’agricoltura inizia a ruotare intorno ai cicli agricoli, alle stagioni
della semina, del raccolto.

Con le nuove ondate migratorie che noi rivediamo a partire dal secondo millennio a.C. emergono le prime tracce di utilizzo di
metalli, e in particolar modo di bronzo. Rispetto alla terracotta, i metalli devono essere lavorati a temperature molto più alte,
quindi l’introduzione di strumenti metallici all’interno dell’arcipelago giapponese ci dice che sono entrate nuove tecniche di
forgiatura e nuove tecniche di utilizzo del fuoco, quindi il controllo di questa risorsa. La tecnologia è evoluta, è migliorata c’è una
maggiore raffinatezza anche nella produzione vasaria, che porta alla creazione di strumenti, utensili migliori per conservare,
tostare e cuore gli alimenti; l’arte vasaria ha una somiglianza molto forte quella del periodo yayoi in Giappone con la cultura
humun?? In corea, quindi possiamo immaginare che il ceppo etnico culturale provenga di fatto dalla penisola coreana, non solo
per il vasellame ma anche per effetto per gli oggetti rituali in bronzo che sono stati ritrovati anche in Giappone, soprattutto gli
specchi e le campane, e anche in parte per la produzione bellica.

Questa nuova cultura oltre all’agricoltura porta di fatto la guerra, non c’è traccia di scontri bellici tra comunità Jomon, ma non
possiamo escludere totalmente che non esistessero conflitti tra comunità per competizione appartenenti a queste culture. Le
comunità Jomon vivevano in modo piuttosto sparso, erano disperse nell’arcipelago; quindi, non c’era davvero bisogno di
competere tra le comunità per il possesso e il controllo di determinate aree, che sono sostanzialmente aree produttive, aree che
potevano essere messa a frutto da un punto di vista agricolo; quindi, da qui arriva la questione bellica e della competizione tra le
comunità yayoi. La competizione emerge perché, soprattutto in un contesto ambientale, fisico, come quello Giapponese c’è
scarsa disponibilità di terreni pianeggianti e coltivabili a cereali. Bisogna anche considerare il fattore delle comunità stanziali, una
volta che hanno trovato un bacino sufficiente di risorse tendono ad espandersi ed è il caso delle popolazioni yayoi, che
avrebbero avuto come ulteriore vantaggio competitivo rispetto alle popolazioni precedenti, tassi di fertilità più alti.
Quindi si ha un’evoluzione della cultura materiale, un’evoluzione anche dei riti. Non sappiamo molto della ritualità della
comunità Jomon (sappiamo solo delle statuine dogù), rispetto alla ritualità yayoi si hanno deli elementi in più perché molti tratti
dei riti, della spiritualità di queste comunità possono essere paragonate a fenomeni diffusi già per esempio nell’asia, in cina e
nella penisola coreana e ciò ci porta a immaginare una specie di sfera culturale della civilizzazione dell’asia orientale, fondata
appunto su alcune dinamiche in particolar modo sulla produzione, sulla coltivazione e sull’agricoltura di riso.

È una ritualità evidentemente incentrata sui ritmi dell’agricoltura; (quelle in basso nella slide) sono incisioni ritrovate nel
vasellame di tipo yayoi, si vedono appunto tra i vari simboli degli alberi a cui sono appese probabilmente quella campane che
venivano utilizzati nei riti, degli animali probabilmente animali già addomesticati che facevano parte delle domus (nuclei allargati
che comprendevano la convivenza di uomini ma anche animali già domestici), essiccatori, gli edifici sopraelevati, imbarcazioni,
ecc; Quindi ritualità non solo concentrata sui ritmi dell’agricoltura ma probabilmente basata anche su una concezione dell’aldilà,
di mondi ultraterreni, ecc. (ci sono diverse ipotesi).

(Sopra) abbiamo dei ritrovamenti tipici della archeologia asiatica, soprattutto dall’area che va appunto dall’asia centrale, dalla
mongola, alla cina e alla penisola coreana, e che vede protagonisti appunto le ossa oracolari; ossa di animali, probabilmente
selvaggina, che venivano raccolte e utilizzate per prevedere il futuro. Queste ossa venivano toccate con degli strumenti
incandescenti e chiaramente la reazione dell’osso rispetto al fuoco dava dei pattern, degli schemi, visibili ad occhio nudo ma
chiaramente interpretabili solo da determinate figure all’interno di comunità, che potevano essere figure a cui veniva
riconosciuta un’anzianità di un certo tipo o una competenza superiore a quella dei comuni abitanti. La divinazione diventa con il
consolidarsi delle culture yayoi un momento fondamentale della vita di comunità perché appunto si chiedeva di divinare, cioè,
interpretare dei segnali, rispetto al futuro, rispetto magari all’esito di un viaggio, di una spedizione militare, di un raccolto; e
diventava anche fonte di legittimazione politica. Nel contesto dell’arcipelago giapponese saper divinare (avere un potere
riconoscibile in ambito spirituale) significava anche avere un potere di fatto politico. Il potere politico e religioso vanno di pari
passo in queste comunità.

Prime testimonianze.

A partire dal primo secolo d.C. si hanno notizie di emissioni da parte delle formazioni statali, che si sono sviluppate e consolidate
intanto nel continente, verso le isole giapponesi. Le dinastie HAN cinesi comunicano, evidentemente, con alcune formazioni
statali o con dei piccoli proto-stati sviluppatisi in Giappone.

È soprattutto con il terzo secolo d.C. che si hanno però delle notizie più precise e che le interazioni tra formazioni statali
sull’arcipelago giapponese e altre formazioni statali sul continente si intensificano. Da alcune formazioni statali dell’arcipelago
vengono inviati dei messaggeri, ambasciatori, verso le corti di alcuni regni in Cina, soprattutto dopo la dissoluzione degli ultimi
HAN, in particolar modo nel 238 si ha notizia di una missione che parte dall’arcipelago e va alla corte del regno di Wei, in Cina
centrale.

Abbiamo le prime notizie rispetto alla vita delle comunità umane in Giappone in un’opera datata 297 d.C. scritta in cinese,
appratente a questa stessa corte (wei). Le cronache del regno di Wei contengono appunto una prima descrizione storica di
quella che era la vita all’interno di una formazione statale o proto-statele sviluppatasi nell’arcipelago giapponese. In queste
prime testimonianze il Giappone è identificato con il nome di Wa, che aveva un significato piuttosto sminuente nei confronti di
chi ci abitava, da un prospettiva diciamo sino centrica, da una prospettiva diciamo più evoluta di una formazione statale cinese, i
fenomeni a cui i messaggeri assistevano in Giappone, sembravano un po’ cose da selvaggi fondamentalmente, abitudini di vita
piuttosto arretrate (sempre provenendo da uno stato, da un contesto più avanzato da un punto di vista istituzionale).

lezione 3

Si parla di protostoria quando si ha insieme a manufatti, ritrovamenti, reperti fisici, testimonianze storiche non autoctone, non di
quella realtà geografia di cui ci occupiamo, ma che ci sono riferiti da altri soggetti. In questo caso siamo in una fase protostorica
perché abbiamo notizie delle società, delle economie, ecc, giapponesi da fonti cinesi. Parliamo di storia quando queste fonti si
aggiungono a quelle autoctone.

Le notizie che vengono riportate dal Wei zhi ci aiutano a confermare delle informazioni che abbiamo dai lavori archeologici. Dai
reperti, dagli scavi archeologici sui siti yayoi abbiamo delle informazioni che vengono ulteriormente confermate anche da queste
fonti terze. Non è solo il Wei zhi che ci dà quel tipo di informazioni, sappiamo che queste società erano già stratificate, avevano
delle gerarchie interne dagli scavi sui siti di epoca yayoi, e anche appunto dalle notizi che ci arrivano dalle fonti cinesi.
Questo modello incentrato su una stratificazione della società, su gerarchie che aiutano a governare meglio la realtà sociale
sempre più complessa, rimanda a dei modelli che arrivano dall’esterno, sono prodotto dell’adattamento di alcuni modelli
culturali, politici, e istituzionali, conseguenza dell’adozione dell’agricoltura stanziale come prima voce di una politica economica
antica che è un fenomeno piuttosto diffuso nelle fasi arcaiche della storia antica delle società umane, non solo in Giappone,
soprattutto in gran parte del mondo dove l’agricoltura a un certo punto della storia umana diventa un’attività dominante per la
sopravvivenza e sussistenza delle popolazioni.

Queste gerarchie (piramidi sociali) si fondano sulla base della concentrazione di alcune risorse fondamentali nelle mani di pochi
individui, spesso riuniti in clan, in gruppi imparentati, che potevano detenere il potere su estensioni di terreni, su mezzi di
produzione, su mezzi di controllo e di stoccaggio del raccolto, legati ovviamente ancora una volta a una cultura di tipo agricola
stanziale. Maggiori risorse significava per l’epoca anche accesso a beni simbolici, per esempio i manufatti di bronzo che si
trovano già nel periodo yayoi e si troveranno in maniera sostanziale anche nel periodo successivo (kofun), che servivano a
segnalare una differenza a livello sociale. Chi aveva più risorse poteva permettersi di acquistare/procurarsi beni anche
provenienti da molto distanti, dal continente per esempio, e in questo senso, evidenziare ulteriormente il proprio status sociale
più elevato.

Alcune categorie di persone in questo sistema potevano avere accesso a contatti, attraverso le rotte commerciali sulle vie
marittime, con il continente, guadagnare un margine competitivo su concorrenti a livello interno, a livello dimestico. Quindi
alcuni clan, che magari esercitavano già un potere su un determinato territorio, per fattori anche puramente casuali (ad es. il
territorio si trova su una costa vicina alla corea e quindi le rotte commerciali che collegavano questa zona alla corea erano più
praticabili). Insomma, grazie anche a questi fattori alcuni gruppi si arricchiscono e acquisiscono più potere e più prestigio, in un
ambiente sempre più caratterizzato da una competizione tra formazioni statali.

Si hanno tracce di queste dinamiche di competizione nei testi Wei zhi. Infatti, nei testi viene scritto che himiko invia al regno di
wei como dono degli schiavi. Gli schiavi sono prova di guerre e di cattura, di conflitti, che vedono gruppi di individui, di
formazioni proto-statali scontrarsi gli uni con gli altri per il controllo di determinate risorse. Le risorse sono agricole, territoriali,
minerarie, materie prime che servono ad alimentare un’economia incentrata sempre di più sulla produzione agricola stanziale,
ma sono anche risorse umane. La vita dell’essere umano in questa vicenda storica non è attribuita a nessun tipo di sacralità,
l’essere umano è una risorsa, che può offrire lavoro, che può diventare un bene di scambio, un dono a un sovrano straniere.
Vengono presi schiavi però naturalmente gli sconfitti, in questo sistema. Perché himiko invia degli schiavi come dono al re di
Wei? Perché chiaramente fa politica e cerca di legittimarsi internamente, dialogando con un regno percepito come più forte e
avanzato all’esterno dell’arcipelago giapponese.

Come risponde il re di wei al dono di himiko? Chiamandola “regina di Wa”. In questo frangente storico Wa indica un’entità
geografica, nella percezione sino centrica del mondo, che non si estende a tutto il Giappone moderno e contemporaneo.
Quest’entità geografica poteva eventualmente racchiudere le isole del kyushu e del monshu, quelle con cui c’erano più contatti,
il regno di wei, o comunque i regni cinesi avevano più contatti evidentemente. All’interno di questo territorio, il regno di Wei,
che è solo uno dei regni che si formano dopo la dissoluzione della dinastia Han, quindi ha una visione estremamente parziale, il
regno di yamatai, dove c’è questa leader carismatica che potere sia spirituale sia politico, cioè himiko, solo uno delle piccole
dimensioni delle formazioni statali che sono nate nel territorio di wa, ma essendo quello con maggiori capacità e risorse, in
grado appunto di comunicare con lo stato tributario del regno di Wei e riconosciuto da Wei stesso come autorità suprema in
tutto il territorio di Wa, che appunto corrisponde al kyushuu e al lo monshu.

Wa è il nome più allargato più esteso per l’arcipelago giapponese nella visione sino-centrica, che tradotto letteralmente vuol dire
NANI????. Tendenzialmente veniva utilizzato per descrivere l’arretratezza delle popolazioni presenti nell’arcipelago; quindi, non
era un complimento quel carattere, tanto che poi nella storia della diplomazia antica tra regni giapponese e dinastie imperiali
cinesi, un certo punto quel carattere viene modificato. In questo frangente storico ancora porta un’idea di una superiorità dei
regni dell’attuale cina nord orientale (come wei) rispetto a una realtà percepita come ancora barbarica, arretrata, per quanto
popolata da buoni selvaggi, perché effettivamente nella lettera del re di Wei a Himiko si legge di come Himiko abbia in qualche
modo accettato e integrato in sé principi di tipo confuciano, come si è effettivamente una sovrana di un regno subordinato
obbediente a un’autorità più elevata, che è quella del regno di Wei.

Tutte queste dinamiche sostando il nostro focus dal gippone a quello che succede intorno all’arcipelago, queste strutture di
preminenza dell’agricoltura tra le attività economiche, di consolidamento di strutture sociali ben definite, si vedono replicate in
diverse dimensioni politiche sul continente, soprattutto nella penisola coreana, dove a partire dal quarto secolo d.C. anche sulla
stregua della dissoluzione della dinastia han e della formazione di vari regni nel contesto cinese, si vengono a consolidare delle
formazioni statali di rilievo nel nord della penisola con il nome Koguryo che si contende la supremazia sulla penisola coreana con
altri due stati almeno, in quello che è conosciuto come periodo dei 3 regni più la confederazione di Kaya?, gli altri due regni sono
a ovest, nella parte meridionale della penisola, paekche; e a est, sempre nella parte meridionale della penisola, Silla.

I rapporti tra formazioni statali dell’arcipelago e formazioni statali della penisola coreana, soprattutto della sua appendice
meridionale, sono accertati, intensi. Soprattutto il legame con paekche è ampiamente dimostrato anche dalla diffusione di alcuni
caratteri, di alcuni manufatti, di alcuni elementi appunto della cultura materiale delle due aree, e soprattutto è dimostrato
perché da queste zone sarebbero rientrati poi i minerali ferrosi che avrebbero poi contribuito alla diffusione degli strumenti e
delle tecniche della metallurgia in Giappone. Considerando il fatto che sostanzialmente ferro e bronzo arrivano in maniera quasi
contemporanea nell’arcipelago, evidentemente frutto di una rielaborazione a un passaggio molto ravvicinato proprio in questa
zona del continente.

Il modello ancora una volta di riferimento e la necessità di definire degli strumenti di governo, delle istituzioni specifiche, in
questa ona dell’asia orientale, arriva dal fatto che a partire dal 200 a.C. (terzo secolo a.C.) si viene a definire una formazione
statale, una sovranità piuttosto estesa, in questa area piuttosto estesa dell’attuale Cina, sotto il controllo della dinastia han, in
particolare lungo il bacino del Fiume Giallo e dello yanz???? Con però un’estensione anche verso la penisola coreana. Questo
fenomeno politico che caratterizza almeno 4 secoli della storia umana nella regione tra 200 a.C e 200 d.C., crea dei flussi
migratori in uscita dal continente e diretti verso le isole giapponese, provoca però di conseguenza anche un adattamento delle
strutture politiche e sociali nelle aree interessate dall’avanzata della dinastia dell’impero Han. Porta quindi, tra le altre cose, alla
sistematizzazione della società on ranghi, quindi al controllo di una maggiore complessità attraverso questi nuovi strumenti,
all’adozione di principi filosofici e politici che in qualche modo direzionano l’azione del governo, e anche all’introduzione di
strumenti pratici, strumenti di coercizione anche nelle popolazioni, che rendono i principi e l’azione di governo chiaramente più
efficace.

Definizione di un confine fisico che non è solo geografico ma è anche politico che si vede appunto nel nord del territorio
amministrato dalla dinastia han (la muraglia cinese). Questo confine identificava naturalmente, in vari periodi della storia delle
dinastie cinesi,

è importante identificare le aree dell’arcipelago giapponese dove queste strutture (quelle che si possono legare allo sviluppo
dello stato antico in asia orientale, prendono maggiormente piede, e cioè nelle piane del kyushuu e nelle piane del kinai, dove
abbiamo tracce ed evidenza della nascita dei primi stati antichi, delle prime formazioni proto-statali, caratterizzati appunto da
tutte queste dinamiche e di cui traiamo informazione anche dalle cronache cinesi. Di sicuro da qui emergono i primi fenomeni di
formazione degli stati antichi anche in Giappone; sono aree nell’arcipelago che più di altre hanno contatti con il continente.

Nella zona antistante lo stretto di tsushima, dove c’è appunto l’sola di tsushima, che è un po’ì il punto mediano nella rotta tra
kyuushu e sud della penisola coreana, si hanno una grande concentrazione, per esempio, di siti di epoca yayoi, quindi di quelle
culture agrarie, fondamentalmente, che sarebbero entrate dal continente. E poi si ha il kinai, Giappone centro.-occidentale, la
regione sostanzialmente occupata oggi dall’area metropolitana di osaka, dove si hanno altri elementi che ci portano a dedurre,
l’emergere e la presenza in questa regione di una formazione statale in grado di esprime anche una sua cultura piuttosto
omogenea, unitaria, di avere in sostanza un’egemonia culturale anche in termini di diffusione di strutture architettoniche,
soprattutto siti funerari monumentali, in qualche modo standardizzati, creati su un modello specifico, influenzato dai precedenti
continentali, ma adattato anche in questo caso alla realtà locale.

Perché uno stato nasca in antichità, serviva il controllo di zone umide, terre coltivabili, concentrate in quelle che sono piane
alluvionali, dove si poteva utilizzare e sfruttare al meglio la presenza di un fiume e la possibilità che questo fiume esondasse
portando sostanze nutritive e di conseguenza favorendo una maggiore produttività del terreno. In queste Piave alluvionali si
coltivavano cereali e gradualmente, a partire dal tardo periodo yayoi (quindi spingendoci sempre più tra il primo e il quarto
secolo d. C.) la cultura, il grano dominate, in questo nuovo assetto è il riso; Il riso coltivato in risaie a immersione, quindi con
necessità ulteriore di un apporto di acqua costante e di tecniche e tecnologie ingegneristiche piuttosto complesse, per un
periodo comunque arcaico della storia del paese. (siamo ancora al neolitico).

Gli stati antichi sono circoscritti da confini. Rispetto a anche alle ricostruzioni dei villaggi dell’epoca Jomon, si ha una novità che
sono queste palizzate che dividono l’abitato dal resto dell’ambiente circostante, e venivano utilizzati anche queste sorte di
tecnologie di confinamento, venivano utilizzare anche per disegnare i limiti delle aree coltivabili. Avevano uno scopo protettivo,
difensivo. Da un altro punto di vista servivano a identificare per chi stava all’interno, in queste formazioni sociali, un confine
invalicabili, che divideva la civiltà dalla barbaria. Segnare un confine tra area civilizzata e aree popolate da popolazioni nomadi,
probabilmente anche arretrate, non acculturate. Cambia anche l’immagine che uno stato proietta di sé, come area civilizzata e
sottoposta a determinate regole di convivenza e determinate istituzioni, incentrata su modi di convivenza strutturati intorno a
un’attività economica principale che è l’agricoltura stanziale. Quindi quei confini servivano anche a contenere eventuali fughe
dallo stato, eventuali fughe di chi è stato catturato per la sua anche forza lavoro verso l’esterno.

C’è un altro elemento che caratterizza quasi tutti gli stati antichi che è un sistema di scrittura, in Giappone si avranno tracce di
questo sistema di scrittura solo nell’ottavo secolo d.C. (c’erano delle prove di scrittura precedenti, sono stati ritrovati dei reperti
databili al sesto secolo d.C., dove troviamo tracce di scrittura cinese su alcuni reperti, su una spada in particolar modo, ma non
c’è una prova, un’evidenza archeologica o storica consistente per poter dire che esisteva un sistema di scrittura univoco per
tutti, per tutte le aree e per tutti gli staterelli antichi che nascono e si diffondono e si sviluppano anche nell’arcipelago
giapponese. Quindi questo elemento di fatto in Giappone non esiste prima dell’ottavo secolo, quando effettivamente emerge
uno stato più forte degli altri, in grado di sottoporre alla propria sovranità gran parte dell’area che le cronache cinesi già
identificavano come “Wa”).

Alla fine di questo periodo di introduzione dell’agricoltura, di passaggio, di profonda modifica dello stile di vita degli abitanti
dell’arcipelago, siamo appunto al momento di transizione da questo periodo storico di adattamento a nuovi stili di vita verso un
nuovo periodo, caratterizzato dall’emergere del rafforzamento delle formazioni statali sul territorio dell’arcipelago.

La cultura di questo periodo che gli storici chiamo kofun (dal nome dei tumuli, sepolture monumentali che iniziano a diffondersi
a partire dal quarto secolo in gran parte del territorio delle isole principale del Giappone tra il kyushuu e monshu) è
caratterizzata

Quando muore himiko viene costruito per lei un grande tumulo, piuttosto ampio, e il corpo di himiko è seguito da centinaia di
suoi attendenti, dopo himiko viene nominato un nuovo re, ma subito dopo emergono conflitti, contrasti che gettano
nuovamente il regno di yamatai nel caos. Il fatto che sia stato costruito per himiko un tumulo di grandi dimensioni ci fa pensare
che himiko appartenesse appunto a quella categoria di persone, tendenzialmente leader locale, possiamo anche chiamarli
re/regine; quindi, leader di piccole formazioni statali che iniziano a prendere piede appunto a partire dal terzo/quarto secolo
d.C. che vi avevano un modello di riferimento. Un modello di riferimento visibile appunto nello stile architettonico e di modifica
dell’ambiente circostante delle loro sepolture. (ci sono molti stili di sepoltura che avevano connessioni con le culture delle aree e
delle regioni meridionali della penisola coreana, quindi ancor una volta c’è un legame molto stretto con le dinamiche
sociopolitiche della penisola coreana; anche in coreana si ritrovano appunto sepolture a forma di tumolo). In Giappone
ritroviamo sepolture che uniscono queste due forme (un tondo e un rettangolo) a creare una sorta di forma a buco di serratura.
Sono chiaramente rispetto ai tumuli stili di sepoltura più recenti, più evoluti, ma che caratterizzano profondamente l’evoluzione
di questi due secoli (dal quarto al sesto secolo d.C., il periodo kofun). La monumentalità quindi l’espansione, la grandezza di
queste sepolture, rispetto a necropoli, fosse comuni, all’interno delle quali in periodo yayoi venivano ritrovati resti di esseri
umani magari chiudi in delle giare, usate come bare, sono molto più grandi, molto più appariscenti; quindi, anche in morte i
membri dell’élite locali tenevano a segnalare la loro differenza con il resto della popolazione. Himiko, giustamente, da sovrana di
questa piccola formazione statale, ma riconosciuta dal regno di Wei come regina del Giappone per come era conosciuto
all’epoca, riceva una sepoltura monumentale, quindi fa parte di una élite. Questo stile di sepoltura di diffonde in kyushuu, in
moshu e nella regione del kinai, dove si trova appunto questo tipo di forma (a buco di serratura) dove si uniscono due elementi
importanti della visione e della filosofia dell’epoca, che sono l’elemento cielo e l’elemento terra. All’interno di questo kofun, i
leader locali, i re e regine locali, venivano sepolti rivolti verso nord (qui ci sono dei collegamenti on le traduzioni provenienti
soprattutto dal centro dell’Asia) e circondati da oggetti di vita quotidiana che avevano arricchito la loro vita, come ad esempio
specchi, spade, lance, attrezzi agricoli, ecc. molto spesso sono oggetti di metallo, di bronzo o ferro nelle epoche più recenti. I
destinatari di questi tipi di sepolture sono membri di rilevo, di spicco, dei cosiddetti clan. Nei più corredati potevano comparire
anche questo tipo di reperti artistici, statuine di terracotta che rappresentavano usi e costumi locali dell’epoca; i vestiti di queste
statuine ci rimandano a uno stile di abbigliamento diffuso nella penisola coreana più o meno nello stesso periodo; oltre a
statuette in tenuta militare (a riprova del fatto che la guerra era un fenomeno integrato nella vita dell’élite giapponesi tra il
quarto e il sesto secolo d.C.

Haniwa (nome delle statuine) erano una sorta di corteo funebre, rappresentavano, insieme agli oggetti di vita quotidiana, una
sorta di scorta che aveva comunque delle sembianze quotidiane per il defunto verso la sua vita nell’aldilà.

La regione del Kinai è appunto ancora una volta quella parte del Giappone compresa oggi nell’area metropolitana di Osaka,
attraversata da diversi fiumi, tra cui il fiume Yamato, da cui deriva la cosiddetta cultura yamato.

Gli yamato sono questa popolazione chiaramente di provenienza ancestrale continentale che avrebbe avuto il maggiore
successo nell’opera di formazione e creazione di uno stato antico in Giappone. Sono quelli che hanno più successo e che quindi a
un certo punto hanno la possibilità e le capacità di trasformarsi in una dinastia imperiale (creare un proprio impero), anche se
molto più ristretto rispetto alle dinastie imperiali cinesi, ma seguendo quel modello ricreano una sorta di dimensione imperiale
anche all’intero nel Giappone, soprattutto nel Giappone centro occidentale e meridionale.

Nel bacino appunto del fiume Yamato si hanno questo tipo di elementi architettonici (slide 12), i kofun monumentali più
importanti del Giappone, e più evidenti da un punto di vista scenografico. Alcuni di questi sono proprietà della famiglia
imperiale, quindi la famiglia imperiale oggi dichiara una sorta di discendenza diretta da questi sovrani dell’area del Kinai,
vedendoli un po’ come loro progenitori, antenati, fondatori della casata imperiale giapponese, appunto oggi rappresentata
dall’imperatore narukito, e per ciò, essendo proprietà della famiglia imperiale, negli anni, i lavori di scavo sono stati impediti.

La diffusione di queste sepolture monumentali in quest’area del Giappone, ci racconta dell’emergere del rafforzamento di una
formazione politica specifica, di una formazione statale che aveva a capo un esponente di questo clan Yamato, proveniente e
dominante nel Giappone centro occidentale.

Tra il quarto e il sesto secolo (in corrispondenza del periodo kofun) la sovranità Yamato dalla regione del Kinai si sarebbe estesa
attraverso accordi diplomatici, ma sostanzialmente attraverso guerre di conquista e di cattura, verso sud ovest (in questa prima
fase). Tra il quarto e sesto secolo viene consolidato un dominio in tutto il Giappone centro meridionale. Questo clan dominata da
un’élite e da alcune famiglie in qualche modo imparentate con una linea di discendenza principale, era governata dai cosiddetti
Okimi (grandi re) con alleanze con altre famiglie, che avevano potere più o meno circoscritto a diverse regioni dell’estensione dei
domini Yamato. A queste famiglie (uji), in qualche modo sottoposte, per cui gli Yamato fungevano in qualche modo da garanti,
da arbitri delle controversie, veniva concesso un discreto potere, un discreto margine di decisione e di arbitrarietà, per esempio
nel controllo di alcuni territori e anche nella ingegnerizzazione della natura a livello locale per favorire la produzione agricola e di
conseguenza, anche l’arricchimento, il versamento di tributi verso i grandi re Yamato.

Una ragione dell’ascesa degli Yamato sarebbe appunto dipesa dalla loro abilità diplomatica, che faceva leva però su una
disponibilità di risorse maggiori rispetto ad altre realtà politiche, e dalla loro capacità di sottomettere altre realtà contendenti e
concorrenti, diventando arbitri di contese, capi di una sorta di confederazione di piccoli staterelli, che a un certo punto cedono
parte della loro sovranità a un’autorità più potente, più ricca, con maggiori capacità. In questo frangente alcune sovranità
contendenti e quindi avversarie, concorrenti di Yamato nel controllo delle risorse territoriali ma anche appunto nell’accesso a un
certo tipo di rotte commerciali che mettevano in comunicazione il Giappone occidentale con la penisola coreana, fondate sullo
scambio soprattutto di risorse minerarie (es. sabbie ferrose?, ma soprattutto per le forniture belliche, quindi l’importante era
accaparrarsi linee di fornitura di risorse utili alla metallurgia). In questo frangente, gli Yamato si scontrano e sottomettono
sovranità contendenti come quella di Izumo, e avviano anche un’espansione militare verso sudovest che ingloba, che porta
all’assorbimento all’interno della realtà Yamato, di popolazioni che risiedevano nell’arcipelago Giapponese, ma che non avevano
origine nord asiatica, come probabilmente avevano gli Yamato (la cui origine, ancora una volta, è verosimilmente continentale;
erano eredi di una tradizione ancestrale portata nell’arcipelago giapponese dai primi migranti fuoriusciti dalla penisola coreana
nel primo millennio a.C.). tra queste popolazioni non Yamato, non di origine nordasiatica, ma verosimilmente di origine
arcipelagica, oceanica, dal sud est asiatico, c’erano questi Kumaso? Che vivevano nelle zone meridionali del kyushuu. Nel mito i
kumaso vengono sottomessi, conquistati dal principe Yamato takeru. Rappresentante, simbolo della forza militare degli Yamato
ed eroe della saga della conquista, dell’evoluzione del rafforzamento del dominio Yamato sull’arcipelago giapponese.

Scontro tra Yamato e altre potenti realtà locali (consiglio di lettura=la guerra del riso e del ferro di mizushi shigeru)

Izumo è uno di questi regni diciamo dimenticati e assorbiti nella sovranità yamato, tanto che degli Izumo si trovano traccia nei
miti di fondazione della dinastia imperiale giapponese, nelle prime storie e nei primi poemi come il kogiki? E nelle cronache
dinastiche giapponesi; troviamo traccia di Izumo grazie alle divinità più rappresentative di questa sovranità, rappresentate nei
miti di corte dell’ottavo secolo con susano? E Okuni Nushi (sono divinità appunto entrate poi nel pantheon shinto, sulla base
probabilmente di accordi diplomatici tra Yamato e Izumo, ma soprattutto sulla base, probabilmente, a fronte di una superiorità
Yamato che a un certo punto conquista e sottomette Izumo, che però deve essere stata, tra i vari avversari che la sovranità si
trova sul suo percorso, una delle realtà più resistenti e più difficilmente conquistate, tanto che alcuni imperatori, discendenti da
Yamato quando si cristallizza la dinastia imperiale giapponese a partire dal settimo secolo, daranno ordine di costruire dei
santuari a Okuni nushi per garantirsi alcuni benefici e soprattutto per ridurre l’impatto della mala sorte sul proprio governo e sul
proprio impero. Ancora oggi tra i santuari più importanti dello shinto c’è Izumo taisha che appunto è dedicato a Okuni nushi,
Divinità locale molto rispettata fin dai periodi più arcaici e dagli stessi regnanti di origine Yamato. Izumo si trova tra la prefettura
di shimane e la prefettura di tottori; quindi, è verosimile pensare che il potere di Izumo che è in epoca Kofun si estendeva fino a
nord, ai confini con l’attuale prefettura di nigata, dipendesse in gran parte dalla sua vicinanza con i regni coreani e con questa
realtà della parte meridionale e del sud della penisola coreana, da cui probabilmente Izumo traeva ricchezza e potere, nel
controllo soprattutto delle rotte commerciali e di alcune risorse fondamentali.

Confrontando i dati che si ricavano sia dalle storie dinastiche giapponesi (quelle opere che iniziano ad essere composte e
pubblicate nell’ottavo secolo d.C., quindi a partire 710), di alcune cronache cinesi, si riesce a ricostruire storicamente la vicenda
reale di alcuni sovrani Yamato che contribuiscono ulteriormente al rafforzamento degli assetti statali, alla formazione appunto
dello stato antico arcaico in Giappone, e che avevano in questo caso ancora una volta delle connessioni con il continente, dei
rapporti comunque diplomatici con, soprattutto, la corea e un ruolo effettivo negli affari regionali. Quindi tracce del loro
coinvolgimento per esempio in conflitti, in missioni, in spedizioni militari si hanno dalle cronache cinesi, da alcune testimonianze
coreane e poi, a posteriori, anche nelle cronache dinastiche giapponesi. Si riesce per esempio a ricostruire la presenza, tra il
terzo e il quarto secolo, di un re (okimi) appunto chiamato nintoku, nel quarto secolo di un altro importante re Yamato (ingyo) e
poi dal quinto secolo (a partire dalla metà del 400 e i primi decenni del 400) si ha una figura storica che viene nominata da
un’autorità, nuovamente da un regno cinese, re di Wa, che va sotto il nome nelle cronache cinesi come BU? E in giapponese è
conosciuto come yuryaku; di fatto il riconoscimento di yuryaku è quello di generalissimo pacificatore dell’oriente, ancora una
volta segnalare come queste realtà nell’arcipelago avessero un rapporto tributario con le realtà continentale, e che ricevessero
legittimità politica non solo internamente, ma anche negli affari regionali proprio da questi loro rapporti con soggetti egemonici,
e in particolar modo con soggetti cinesi. Questo ulteriormente ci parla del fatto che questi sovrani Yamato erano pienamente
coinvolti dalla competizione tra stati sulla penisola coreana; quindi, partecipavano attivamente alla vita politica della penisola
coreana, inviando militari a supporto in particolar modo del regno di Paekche contro alleanze militari formate dal sostegno
cinese per esempio (in una fase più avanzata). Yamato come alleata di paekche e in questo senso come parte integrante degli
assetti regionali e della vita politica dell’area.

Collega chiede se esistessero dei rapporti di vassallaggio:

effettivamente a partire dal periodo Kofun sappiamo, grazie al ritrovamento soprattutto di questa spada (chiama spada di
inariyama, databile al quinto/sesto secolo d.C.) che la sovranità yamato aveva intessuto rapporti di vassallaggio con dignitari
locali, con clan che avevano un potere consistente a livello locale e che dichiaravano la loro subordinazione a quest’autorità
centrale, offrendo per esempio supporto nei servizi militari o altre forme di pagamento tributario materiale. In questa spada
sono state rintracciate delle iscrizioni che parlano appunto del sostegno di questo dignitario (è stata ritrovata in un kofun) a una
spedizione militare della regione, probabilmente sotto la guida, sotta l’autorità del re yuryaku. La spada di inariyama è
fondamentale a livello anche della storia della lingua giapponese perché sono state evidenziate dagli studi archeologici sul
reperto delle tracce di iscrizioni in caratteri cinesi utilizzate a puro scopo fonetico( significa che in Giappone esisteva sicuramente
una lingua parlata a livello locale, parlata anche dalle élite locali, che non aveva però un suo sistema grafico, ma che veniva
ricondotta alla grafia cinese, che però rappresentavano dei fonesi proprio della lingua dell’arcipelago. La grafia viene adattata
sulla base dell’espressione verbale locale, quindi la lingua scritta serve solo a cristallizzare dei suoni, non c’è tutto la parte
semantica del carattere).

lezione 4

Yamatoo è il nome che si dà a questo clan, questa formazione sociale che riesce a strutturarsi e a consolidare il proprio potere, la
propria sovranità, in questa regione che corrisponde all’odierna area metropolitana di Osaka, che è una delle zone su cui si
hanno maggiori evidenze del radicamento delle culture agricole stanziali. In sostanza è uno dei poli da cui sarebbe partito tutto il
processo di sedentarizzazione delle popolazioni e di costituzione di sistemi di organizzazione di governo delle società complesse,
appunto i primi proto-stati dell’arcipelago. Di questo abbiamo già ovviamente testimonianza nelle cronache dinastiche di alcuni
regni cinesi, in particolar modo del regno di Wei. Leader politica e spirituale himiko (non si conosce l’esatta posizione del regno
che himiko avrebbe governato, ma possiamo quasi con certezza dire che fosse dislocato o nel kyushuu o nelle regioni centro
occidentali dell’omonshu?). Non si può dire con certezza che Himiko appartenesse a questo clan da cui poi si sarebbe sviluppata
una prima dinastia imperiale locale (Yamato) e che quindi quelle 3 figure della scorsa lezione siano deigli eredi, dei successori di
Himiko (Nintoku, Ingyo, yuryaku). La stessa struttura di governo Himiko, se noi accettassimo l’ipotesi che Himiko è stata tra le
prime leader di questo clan Yamato, dovremmo accettare il fatto che da un sistema di governo, da un sistema ereditario anche
del potere assoluto su basi matrilineare, si sia passato quasi per magia a un sistema patrilineare, a una discendenza che pregia
naturalmente gli eredi al trono di sesso maschile. Quindi non possiamo avere la certezza che Himiko fosse una leader di Yamato,
ma ancora una volta siamo sicuri che avesse un’autorità piuttosto consolidata in uno di questi primi staterelli che nascono e si
sviluppano sull’arcipelago giapponese, sulla base di un sistema socioeconomico incentrato sull’agricoltura stanziale.
I personaggi che si vedono in questa slide (Nintoku, Ingyo, Yuryaku) sono dei sovrani che sicuramente storicamente avevano la
loro base di potere appunto nella regione del Kinai (Giappone centro occidentale), perché a loro è stato attribuito la proprietà di
alcuni dei Kofun più monumentali e grandi dell’area. Costoro sarebbero sostanzialmente tra i primi sovrani della discendenza
imperiale che arriva fino ad oggi, sempre stando al mito che si è costituito intorno alla casata imperiale giapponese, come la più
longeva della storia umana. Questi sovrani avrebbero in qualche modo avuto un potere diffuso e radicato nelle piave de Kinai,
ma la loro autorità si sarebbe estesa anche, oltre a quella regione, che comunque per più secoli è rimasta la più ricca, la più
connessa con il resto dell’Asia. Perché dice che la loro autorità si sarebbe spinta anche oltre questa regione? Perché tra le altre
cose, in particolar modo, sappiamo che tra il quarto e il sesto secolo questa popolazione (clan Yamato) con i suoi sovrani
avrebbe promosso delle iniziative militare, delle spedizioni vere e proprie, nelle regioni a sud ovest del Kinai, fino ad arrivare alla
punta più meridionale del kyushuu. Di ciò si ha prova appunto nei miti, nelle storie di fondazione del Giappone, in cui a un certo
punto si parla di questo ero appunto sostanzialmente mitologico, un principe, un figlio di un re Yamato (i capi di questa
popolazione venivano identificati con il termine di OKIMI=grande re), Yamato Kakeru, sarebbe stato inviato nel sud del kyushuu
a conquistare una popolazione di origine probabilmente non nord asiatica, probabilmente di un ceppo etnico diverso
proveniente da altre strade che nel corso dei secoli, nei millenni, avevano portato ai primi insediamenti umani nell’arcipelago.

Quindi c’è una vocazione all’espansionismo militare, e ancora una volta si vede come la guerra diventa parte della vita
quotidiana, diventa un fenomeno abbastanza conosciuto. Si è visto che già nei kofun venivano sepolti i militari con i loro oggetti
di vita quotidiana, comprese le armi, prima in bronzo, poi in ferro. Anzi si sa che fin dal periodo yayoi sappiamo che in quale
modo insieme alle tecniche dell’agricoltura sono state introdotte dinamiche conflittuali, competitive di questo tipo, per il
controllo delle risorse tra le varie popolazioni insediate nell’arcipelago.

Scorsa lezione: abbiamo anche parlato del fatto che Yamato per ottenere questa sua posizione di supremazia tra le varie
formazioni statali nate in parte nell’arcipelago avrebbe stretto alleanze con altre formazioni simili, altre le avrebbe sottomesse e
conquistate, tra questi per esempio Izumo, uno degli avversari forse sconfitti con maggiore difficoltà, che aveva il controllo di
una vasta area costiera nelle regioni dell’omonshu occidentale, e che deteneva un controllo quasi monopolistico sulle rotte
commerciali che univano la costa occidentale del Giappone alla penisola coreana.

Il potere di Yamato si fondava su porsi come arbitri di controversie, garanti di alleanze, proprio perché loro dagli altri clan
aristocratici veniva ceduta parte della sovranità in cambio di protezione, tutela dei benefici; fenomeno che diventerà sempre più
strutturato e sempre più istituzionalizzato, probabilmente a parte dalle forme del 7imo secolo; quindi il loro potere si fondava
diciamo sul tacito accordo oltre che sulle loro capacità, oltre che sulle loro maggiori risorse rispetto agli altri clan.

Al di là dei primi due Nintoku e Ingyo, abbiamo un altro sovrano Yamato che è Yuryaku o bu come è conosciuto in alcune
cronache cinesi della disastia Han, o di altre dinastie che succedono alle dinastie Han e al regno di Wei, e che si ritrovano ad
intrecciare i loro raporti con queste formazioni statali dell’arcipelago Giapponese.

Yuryaku che vive e regna nel quinto secolo d.C., viene investito da un regno cinese in particolare, del ruolo di generalissimo
pacificatore dell’est, evidentemente gli viene riconosciuta una forza militare, un carisma anche di un certo tipo per cui oltre al
suo ruolo di grande re Yamato assume un ruolo in ambito di protettore regionale, come arbitro delle contese e delle dispute che
avvengono non tanto nell’arcipelago giapponese, ma nella penisola coreana. A partire dal terzo/quarto secolo d.C. in Corea si
viene a creare un sistema di regni, che dà il nome al periodo storio “periodo dei 3 regni”, un sistema incentrato sulla
competizione per il controllo delle risorse della penisola coreana che vede protagonista anche, in particolar modo, la formazione
statale presieduta dagli Yamato in Giappone. Quindi gli Yamato partecipano attivamente alle dispute tra i 3 regni coreani
(Paekche, Silla, Koguryo) e nel quinto secolo appunto la forza militare Yamato ricade da spingere un’autorità appunto
considerata egemonica, in quel momento, a riconoscerne e legittimare il ruolo di Yuryaku come pacificatore, come massima
autorità militare della regione.

Quindi abbiamo notizie dell’esistenza di questi sovrani da evidenze interne che sono state ritrovate appunto in Giappone e dalle
cronache cinesi, soprattutto per quello che riguarda la figura di Yuryaku.

Yuryaku è chiamato ulteriormente in questo reperto archeologico di importanza cruciale, che è la spada di Inariyama, data tra il
quinto e il sesto secolo d.C.; quest’arma è stata rinvenuta in anni recenti in un Kofun a Saitama, nella regione del Kanto, più o
meno a ridosso dell’area metropolitana di Tokyo, a riprova del fatto che questo stile di sepolture rituali e monumentali si
diffonde dal Kinai ad altre regioni, come se fosse un modello di riferimento per i dignitari locali, e una sorta di ulteriore
marcatore di un’egemonia culturale che ha la sua basa appunto delle regioni del Giappone centro occidentale, e testimonia
l’esistenza di rapporti che si potrebbero definire di vassallaggio (per utilizzare un termine riferito tendenzialmente alla realtà del
medioevo europeo) tra dignitari locali e la superiorità Yamato, infatti decifrando le iscrizioni che sono ancora visibili sulla lama
della spada, gli studiosi sono arrivati a interpretare e a comprendere il fatto che chi possedeva questa spada aveva prestato
servizio militare nel contesto di una missione, di una spedizione Yamato in queste regioni del Giappone, cioè già nell’area del
Kanto occidentale. I rapporti di vassallaggi sono sostanzialmente incentrati sulla prestazione di un servizio da parte di un
individuo, o di un gruppo sociale, che ha una certa quantità di risorse a propria disposizione a favore di un’autorità superiore in
cambio naturalmente di benefici di ogni genere, dall’autorità a livello locale, alla protezione, a ricompense di qualsivoglia natura.

(risposta a una domanda) Le iscrizioni rinvenute sulla lama della spada fanno riferimento a delle spedizioni militari, condotte
probabilmente sotto l’autorità di Yuryaku nell’area del Kanto, a dimostrazione del fatto che chi possedeva questa spada era
sostanzialmente alle dipendenze della sovranità Yamato, quindi aveva un rapporto per così dire di vassallaggio, offriva un
servizio all’autorità centrale in ambio di un beneficio, di una ricompensa, che poteva essere anche l’investitura a signore locale,
padrone incontrastato di una determinata località.

Su questa spada sono stati rinvenuti dei caratteri cinesi al puro scopo fonetico, quindi senza il loro aspetto semantico, ma solo a
riprodurre i suoni di quella che era la lingua autoctona, la lingua locale. È una delle prime più antiche testimonianze di una lingua
scritta.

Questo per completare il quadro della figura di questi re Yamato, di cui noi abbiamo testimonianza storica per le loro sepolture
monumentali, ma anche per le spedizioni militari che avrebbero ordinato per estendere la loro autorità su porzioni di territorio
più vaste.

Yuryaku fra gli altri è stato investito di un ruolo di pacificatore, di arbitro delle contese sul territorio della penisola coreana,
perché si rifà alla ricchezza, alla disponibilità di giacimenti, sabbie ferrose, di manifatture anche legate al mondo della
metallurgia, da cui in Giappone venivano importare materie prime per la costruzione di armi e utensili utili alla vita agricola, e
prodotti finiti; secondo alcuni studiosi (queste ipotesi sono ancora oggetto di dibattito) oltre agli interessi economici (da un
punto di vista degli Yamato nei confronti della penisola coreana) ci sarebbero stati anche dei legami ancestrali con i clan
aristocratici e con le sovranità della penisola coreana, in particolar modo con quelle di paekche, tra i 3 regni coreani; non è un
caso infatti che nelle scarse notizie che si hanno sulle guerre intestine? Della penisola coreana, spesso si trovano riferimenti a
guerrieri Yamato inviati dall’arcipelago giapponese, a sostenere imprese militari o difensive di paekche contro Koguryo e Silla.
Esisteva un’alleanza, ma esisteva anche un’uniformità, un terreno comunque dal punto di vista culturale, lo si vede appunto
nelle forme delle sepolture monumentali, lo si vede nell’omogeneità e nella somiglianza dei manufatti ritrovati. I contatti tra
sovranità Yamato e sovranità Paekche erano piuttosto intensi e ravvicinati, e gli scambi sarebbero stati continui; per esempio noi
sappiamo di un’alleanza militare tra Paekche e Yamato ancora in un periodo in cui ancora Yuryaku, nel quinto secolo, e abbiamo
notizia di ciò da una stele che oggi è conservata in territorio nord coreano, che però è importantissima nella cultura della
penisola, appunto la stele di Gwanggaeto il grande, che fu un condottiero, leader politico e militare del regno di Koguryo (quello
più a nord dei 3) che avrebbe respinto, grazie al suo valore militare e alla sua abilità, un attacco militare da parte di un congiunto
portato da Paekche e Yamato in maniera congiunta.

Il quinto secolo è appunto un periodo piuttosto turbolento, nella storia dell’arte militare, in corea ci sono i 3 regni, in Cina ci
sono vari stravolgimenti e successioni di diverse dinastie imperiali; un periodo di turbolenze che dura fino alla fine del sesto
secolo (alla fine del 500). Questi mutamenti politici e sociali che avvengono nel continente hanno un impatto diretto anche sugli
affari dell’arcipelago. Il quinto secolo è solo però un momento, in una vicenda piuttosto lunga (da 3 secoli in poi) di continui
disordini e ribaltamenti di fronti, di mutamenti di equilibri politici e militari a partire dalla Cina, dove al dissolversi della dinastia
Han, anche qui si ha una successione di tre regni, tra cui il regno di Wei, ma che si contente l’autorità suprema e il potere sulle
vaste aree dell’attuale Cina, con altre formazioni statali, sempre alla ricerca di un vantaggio competitivo rispetto al diretto
concorrente.

Nella penisola coreana si hanno dinamiche molto simili, appunto, influenzate anche in questo caso dai disordini cinesi, per
esempio Koguryo, lo stato più settentrionale di questi 3 regni della penisola coreana, a fronte di un’incertezza politica nella
vicina Cina, decide di concentrare la propria attività diplomatica e di sicurezza proprio sulla penisola coreana, decide quindi di
intraprendere un percorso che lo porterà a poi unificare sotto un’autorità centrale con sede nelle zone settentrionali della
penisola, tutta la penisola. Non prima però di assistere e sostenere in qualche modo la conquista da parte di Silla della
confederazione Gaya, che insieme a Paekche era un partner, soprattutto da un punto di vista soprattutto economico e
commerciale, delle formazioni statali Yamato in Giappone. Yamato, quindi, con la conquista di Gaya da parte di Silla perde un
importante terminale delle rotte commerciali che portavano nell’arcipelago manufatti, beni soprattutto dell’industri metallurgica
coreana, e si ritrova a dover cercare una maggiore organizzazione, più moderna anche, dei suoi apparati statali di controllo; con
il sostegno, naturalmente, di uno stato già relativamente avanzato, e quindi ha le competenze, ha la stessa cultura in termini di
governo, in termini di organizzazione dello stato proveniente appunto dall’alleato Paekche; una sorta di rapporto che vedrebbe
conoscenze, competenze, tecniche, tecnologie fluire dalla penisola coreana verso l’arcipelago, e forza militare a beneficio delle
interazioni militari sul continente e quindi a sostegno anche della sopravvivenza anche di paekche, schiacciata com’è a partire
dal 562 tra il potere di Koguryo a nord e le spinte si Silla da Est.

Domanda= i rapporti tra Yamato esistevano prima del 562?

Risposta= probabilmente sì, ma non si può datare con precisione quando iniziano i rapporti di alleanza tra Yamato e Paekche, in
realtà abbiamo delle prove che ci portano a dire che Yamato e Paekche hanno una radice comune, hanno delle origini comuni,
hanno una cultura molto simile e delle relazioni molto strette in tutto il periodo Kofun (tra il quarto e il sesto secolo
sicuramente), ma come conseguenza di rapporti di sangue ancestrali

(ALTRA DOMANDA) Il lungo periodo di disordini in Cina in cui abbiamo una successione appunto periodi di 3 regni, 16 regni,
dinastie del nord, dinastie del sud, termina con la ridefinizione di un’autorità centrale in quel territorio sollo la dinastia dei Sui,
alla fine del sesto secolo, tra la dinastia in realtà la cui sovranità durerà neanche un secolo, ma che getterà le basi per una
dinastia molto più importante e duratura che è quella dei NOME INCOMPRENSIBILE.

Ricordare semplicemente soprattutto la caduta di gaya e le conseguenze di ciò sui rapporti tra Yamato e Paekche, che si fanno
ancora più stretti, soprattutto perché alla crisi di Paekche che inizia intorno a questo periodo seguirà un ulteriore fuoriuscita di
risorse, umane soprattutto e in particolar modo delle élite locali, verso l’arcipelago giapponese. Questa fuoriuscita di élite locali
porterà nuove risorse nell’arcipelago, anche da un punto di vista artistico, architettonico, e culturale. Si iniziano a vedere le
prime tracce di architettura con tetti a spiovente (che diventerà tipica), per esempio dei tempi buddhisti, o per esempio dei
palazzi, delle residenze in cui verranno ospitate altre sovranità dell’arcipelago stesso, che sono evidentemente di origine
continentale. Queste élite coreane, che andranno a trovare rifugio politico in Giappone, verranno integrate nel sistema di
governo dello stesso regno Yamato.

Fin dal terzo secolo si ha un consolidamento delle strutture statali, dello stato come principio organizzativo di società sempre più
complesse. È la tendenza alla formazione di queste società verticistiche che vedono, il loro apice esponenti di elite con una
quantità di risorse maggiori rispetto ad altri. Nel caso del giappone, questo processo vede l’emergersi di sovranità, di veri e
propri sistemi monarchici ma dove clan aristocratici hanno un ruolo fondamentale; si vede l’emergere appunto di questi grandi
re (okimi), propri della discendenza sempre più patrilineare, Yamato, sotto il quale gli esponenti dell’aristocrazia vengono
suddivisi per rnghi; con il consolidamento dello stato Yamato, su un modello e granze anche alle interazini costanti che c’erano
con i regni della corea meridionale, in particolar modo con paekche, i sovrani Yamato iniziano ad organizzare il loro sistema di
potere mantenendo il vertice assoluto di questa piriamidice decisionale, ma poggiandosi a famiglie, clan, con risorse importanti a
loro disposizione a cui vengono assegnati dei ranghi, a seconda della loro importanza, ranghi che sarnno ereditari e che
determineranno il ruolo della struttura di potere degli esponenti di quel clan, o di un singolo ramo del dato clan. La definizione
dei ranghi nobiliari, è un processo che si ritrova anche nei regni della corea meridionale, non è un processo esclusivo e proprio
della sovranità Yamato, anzi è un ulteriore riprova che esisteva una cultura di governo comune, molto fluida tra l’arcipelago e la
penisola. Sotto gli okimi esistevano ranghi kimi, omi, muraji, e a un certo punto nella storia dell’evoluzione politica della
dovranità Yamato, si trova anche un rango appositamente creato per le elite di provenienza corena, le elite provenienti da
paekche, che diventernno parte integrante appunto del sistema di potere Yamato, incentrato sugli equilibri tra questa dinastia
che si conferma e consolida il suo potere al vertice e altre famiglie nobiliarie, altri poteri autoctoni; è questa la conseguenza di
un processo di riforma che i sovrani Yamato avviano proprio a fronte delle turbolenze a livello regionale, e della necessità di
abituardi a degli standard esistenti in quel momento storico. Necessità appunto favorita o comunque incentrata dal rischio
costante di perdere la propria autonomia, la propsia indipendenza tra una sfera di sovranità più ampie e pi§ importanti; è in
questo frangente che appunto si affermano al centro del potere Yamato esponenti di clan, di questi clan che costituivao un po’ la
base della rete del potere degli Yamato stessi. Vi erano all’incirca una decina di clan tra i più importanti (puoi anche ricordarne
almeno tre: soga, mononobe, nakatomi); tra questi clan aristocratici ovviamente si innescano in una situazione come quella di
tipo confederale che si ha in Giappone, in cui gli Yamato sono un’autorità suprema ma devono il proprio potere a una sorta si
cessione volontaria di soranità da parte di altri clan aristocratici con poteri radicati a livello locale; il margine della competizione
tra clan si articola intorno alla conquista di maggiori fette di poteri in termini politici, maggiori benefici concessi da parte degli
Yamato, maggiore influenza decisionale che si basa anche sul possesso di maggiori risorse rispetto ad altri, maggiori risorse iin
termini territoriali, di terreni potenzialmente disponibili e da mettere a frutto con l’agricoltura, controllo di risorse, di risorse
primarie, di nodi all’interno di reti commerciali regionali.

Domanda: come potevano i clan influenzare maggiormente l’orientamento e la direzione politica?


Risposta: tramite alleanze matrimoniali con la dinastia regnante.

Quindi, tra questi clan aristocratici si scatena una vera e propria competizione a fornire spose per i grandi re, quelli che poi
diventano il vero e proprio centro del potere, quantomeno a livello simbolico. Quindi la competizione tra i clan, si instaura
proprio sul fornire eredi al trono al clan Yamato, che siano però anche membri, almeno per il 50%, di altri clan aristocratici che
quindi una volta saliti al trono possano concedere maggiori libertà, benefici maggiori appunto ai loro clan di appartenenza per
via materna. Queste dinamiche vedranno raggiungere il loro apice tra il decimo e l’undicesimo secolo, ma già con questi clan
sono piuttosto accentuate, e in particolare dalle prime contese che si sviluppano a questa corte ancora arcaica che i grandi re
Yamato raccolgono intorno a sé, i primi a spuntarla e ad avere un’autorità più elevata rispetto ad altri sono i Soga; che con il
regno di Kinmei, che governa quasi una trentina d’anni nel sesto secolo, ottengono degli incarichi piuttosto importanti a corte,
come funzionari, come addetti alla raccolta dei tributi, sono sostanzialmente dei ministri delle finanze dell’epoca. I soga, tra
l’altro sono un clan di cui è accertata la provenienza continentale, quindi osno accertate le origini coreane; e oltre a favorire una
modernizzazione (in termini dell’epoca) dell’apparato statale dello stato Yamato, favoriranno l’introduzione di caratteri culturali
ancora oggi vivi in Giappone come l’adozione della religione buddhista, e saranno probabilmente i fautori di questa maggiore
vicinanza con il regno di Paekche. Primo capo clan, primo capo famiglia di rilievo del clan soga, che raggiunge un rango e una
posizione a livello sociale importante è Soga no Iname.

In questa concezione dello stato non si viene promossi a una determinata posizione all’interno dell’amministrazione dello stato
antico per merito, l’unico merito è appartenere a un clan giusto, un clan maggiormente alleato con un rapporto più stretto con il
centro del potere. I ranghi sono ereditari, quindi i figli e i discendenti di Soga no Iname avranno diritto ad occupare lo stesso
ruolo amministrativo nell’apparato pubblico statale dell’epoca del loro antenato. Quindi le cariche in questo frangente storico
dipendono fortemente dal rango e quindi da questioni di sangue, di appartenenza.

Tra i discendenti di Soga no Iname c’è Soga no Umako, altra importante figura nella modernizzazione dello stato Yamato, la cui
influenza sarà tale da dare in sposa una sua figlia a un erede al trono (a un successore di Kinmei) e vedere alla fine del sesto
secolo sul trono ma come regnante effettiva una sua nipote, Suiko, aiutata nella gestione del potere Yamato da un altro suo
erede, un altro suo discendente, shotoku (è il suo reggente) (principe). Entrambi, sia Suiko che Shotoku, sono appartenenti al
clan Soga, ma parte anche del clan Yamato allargato.

In questa fase, verso la fine del sesto, proprio sotto la regina Suiko, si ritorna un po’ a quella struttura di potere che si è già visto
nel caso di Himiko.

Shotoku è ricordato, forse più di Suiko, tra i padri della futura sedizione giapponese antica e anche contemporanea. Fu un uomo
politico estremamente importante per la trasformazione di un proto-stato agrario in uno stato antico nel vero senso della
parola. Questo processo è piuttosto complesso e lungo (diversi secoli) e vede tra le altre cose, in affiancamento alle regioni locali
i cui i clan erano gli esponenti principali, passano anche appunto dall’introduzione del buddhismo, la cui data ufficiale (stabilita
nelle cronache dinastiche locali autoctone) risale al 538 d.C. nel 552, proprio sotto il regno di Kinmei (colui che supervisiona e
favorisce l’ascesa del clan Soga), Kinmei riceve una lettera dal suo omologo di Paekche, re Song Myong, lettera nella quale si
spiegano le caratteristiche di questa nuova religione, di questa dottrina in grado di conferire tutte le felicità e una conoscenza
anche superiore di altre dottrine di origine continentale.

C’è una modernizzazione nell’antichità degli apparati istituzionali, quindi si pass da forme di governo meno codificate, meno
istituzionalizzata, a forme statali antiche paragonabili a quelle di altre zone del mondo dove esistevano fenomeni simili. Se la
dinastia han, che è la prima formazione statale centralizzata con anche delle dinamiche politiche amministrative si sviluppa nel
secondo secolo a.C. per avere sviluppi del genere in Giappone per avere istituti del genere in Giappone bisogna aspettare,
stando alle fonti a nostra disposizione, il sesto secolo d.C. prima dell’adozione integrale di concezioni religiose, filosofiche, di
origine continentale, i proto stati agrari erano sostanzialmente governati da leader che univano il loro potevano spirituale a
quello politico, si autolegittimano rivendicando un’origine divina e un legame ancestrale con la terra che governavano, sui cui in
qualche modo esercitavano potere, potere che consistenza sostanzialmente nella capacità di mobilitare forza lavoro, di tenerla
sotto controllo e di estrarre ricchezza dal territorio, sia con la produzione e l’estrazione di risorse dal quel territorio; le cose qui si
complicano, entrano nuove concezioni dal mondo, prima fra tutte quella offerta dal buddhismo combinate ad altre correnti di
pensiero molto importanti tra cui il confucianesimo. Nel 603 è datata la costruzione della prima vera capitale, la prima vera sede
della monarchia Yamato, in un’area sempre compresa nella regione del Kinai, chiamata Oharida (Asuka) e che da anche il nome a
questo sottoperiodo del lungo periodo Yamato. Il lungo periodo Yamato caratterizzato dall’ascesa di questa formazione sociale
nella gerarchia di potere dell’arcipelago ha una sua seconda fase evolutiva a partire dal settimo secolo, che noi chiamiamo
periodo Asuka.
Un anno dopo la creazione della prima sede fisica della monarchia Yamato viene redatta la prima costituzione, la prima legge
fondamentale della storia del Giappone, è la cosiddetta costituzione in 17 articoli è attribuita al principe Shotoku ed è più che
una costituzione nel senso moderno, è un insieme di precetti, di linee guida morali, dirette non tanto ai cittadini (nel senso
moderno del termine) quanto più ai dipendenti dell’amministrazione statale, cioè a coloro che facente parte dell’aristocrazia del
tempo, veniva assunta dalla monarchia con funzioni di, per esempio, supervisione governo a livello locale in tutte le regioni e
province sottoposte alla sovranità Yamato. (erano più norme comportamentali).

lezione 5

Uno dei meccanismi più utilizzato, più diffuso era l’alleanza matrimoniale. Guardano un po’ alla vicenda del grande re Yamato,
Kinmei si capisce bene come il clan dei Soga, diventa un pilastro del potere Yamato, a partire dal periodo storico segnato dal
regno di Kinmei, a cavallo tra la prima e la seconda metà del 500, del sesto secolo. Kinmei prende come consorti due figlie di
Soga no Iname (che è uno dei primi esponenti del clan Soga ad emergere come persona che acquisisce un titolo di massimo
livello nell’amministrazione statale Yamato, ovvero OOMI, significa ministro). Dall’alleanza matrimoniale di Kinmei come erede
dei re Yamato, prende in moglie due figlie del capo famiglia di uno dei clan più importanti dell’aristocrazia giapponese
dell’epoca, e da lì favorisce l’ascesa di queste figure, grazie a questo ruolo di primo livello (le due cose si alimentano a vicenda, il
ruolo di primaria importanza che Iname riveste gli permette poi appunto di presentare le sue figlie come consorti ufficiali a
sovrani). La discendenza di Kinmei e delle due figlie, le sue due consorti ufficiali daranno origine ovviamente a due imperatori,
tra questi anche a una sovrana, una regina, appunto Suiko, durante il regno della quale Soga no Umako (secondo genito di Soga
no Imane) (soga no Iname dà al re Kinmei in sposa la sua primo genita, il secondo genito è Soga no Umako) quindi soga no
Umako, che eredita una funzione di altissimo livello all’interno dello stato monarchico dal padre, sarà sostanzialmente nel
periodo di regno di Suiko, zio di una sovrana; in questo sistema di relazioni personali quindi avrà una grandissima voce in
capitolo negli affari di stato. Oltretutto, suo pronipote, cioè il principe Shotoku, figlio dell’imperatore Yomei, nipote anch’egli di
Soga no Iname, diventerà reggente della regina Suiko. Quindi la discendenza dei Soga occuperà di fatto tutte le posizioni più
importanti all’interno dell’amministrazione statale, grazie a questo tipo di dinamiche, dinamiche di alleanza sancite da rapporti
personali, da alleanze matrimoniali.

È uno schema abbastanza esemplare di fenomeni che si troveranno anche più avanti; tutte le principali famiglie che acquisiranno
dei ruoli di primo livello nell’amministrazione dello stato Yamato, e poi dello stato antico giapponese, instaureranno delle
dinamiche di questo tipo con la dinastia regnante; queste alleanze formalizzate da rapporti matrimoniali, in cui chiaramente c’è
l’erede maschio (c’è un’importanza sempre maggiore della linea di discendenza maschile, quindi patriarcale) a cui i clan alleati,
subordinanti della dinastia regnante forniscono consorti. Quindi molto spesso i sovrani per via matrilineare avranno sangue di
clan aristocratici subordinati alla casata regnante.

Il principe shotoku è una figura fondamentale nell’evolversi nella storia antica del Giappone perché a lui è attribuita la prima
costituzione dell’antichità giapponese. Non si trattava di una costituzione nel sento moderno del termine, quanto più di un
insieme di regole di comportamento, di indicazioni morali ispirate a due modelli di pensiero, due filosofie che iniziano a
influenzare fortemente i sistemi di governo e di gestione delle relazioni sociali anche in Giappone, cioè il confucianesimo da una
parte (mescolo anche qui a degli elementi di taoismo), eredità cinese, e dell’altro il buddhismo. Quindi confucianesimo +
taoismo e buddhismo entrano a pieno diritto, almeno nella filosofia dei governatori del Giappone; chi governa inizia a ragionare
secondo questi modelli che sono di provenienza continentale.

Il messaggio fortissimo della costituzione in 17 articoli del 604 è: questa è la dinastia regnante, a questa dinastia voi funzionari
(perché appunto è una serie di ordini morali diretta agli aristocratici che vengono assunti nella macchina amministrativa statale)
dovete ubbidire a loro, e questa rimane per sempre.

Nel primo articolo si educa l’importanza della famiglia, quindi assenza di conflitti tra i vari strati di questa società fortemente già
gerarchizzata, in cui appunto ciascuno riveste il proprio ruolo che non può essere cambiato (sulla base del precetto
fondamentale che essendo noi figli dobbiamo ubbedire ai nostri padri, ai nostri superiori per età o per ruolo sociale, perché da
questa bbedienza dipende l’armonia, il convivere armonioso di tutte le componenti della società, in particolar modo
dell’armonia tra chi governa e chi è governato). Nella seconda parte del primo articolo si invita chi ha potere, per colore che
governano anche a livello locale o chi ha una responsabilità comunque inferiore che deve sottostare al sovrano, ad andare
d’accordo tra loro, a rimanere nei loro rispettivi ruoli; a chi invece è governato si raccomanda di assumere un atteggiamento
conciliatorio, cioè di obbedienza; e in questo modo non nasceranno contese, non nasceranno dispute.
Nel secondo articolo vengono citati i tre tesori buddhisti (a dimostrazione del fatto che sempre di più, a partire dalla metà del
sesto secolo quando arrivano i primi oggetti, i primi teschi buddhisti, il buddhismo ha assunto una funzione importantissima nel
contesto aristocratico giapponesi) tre tesori che sono appunto il Buddha, la legge buddhista e gli ordini religiosi. Tutti devono
riconoscere l’importanza di questa nuova religione, nuova filosofia dell’epoca. (A dimostrazione ulteriore del fatto che i
componenti dell’aristocrazia del sesto secolo sostenevano una necessità di importare conoscenze, importare culti, tecniche di
governo del continente, hanno avuto la meglio su colore che invece hanno avuto la meglio su colore che invece hanno avuto un
atteggiamento più conservatore, sui clan per esempio che difendevano i culti locali. Infatti, i Soga al di là dell’alleanza
matrimoniale con la dinastia regnante escono vincitori da una contesa con altre famiglie aristocratiche proprio sulla diffusione
del buddhismo contro la tutela dei culti locali, su cui si basava gran parte del potere dei clan, per tutto il periodo tardo yayoi e
Kofun). Qui si dice: dobbiamo tutti, i sudditi e in particolar modo tutti colore che hanno un ruolo pubblico nello stato devono
osservare e praticare questa nuova religione, più che i culti locali.

Gli articoli 5 e 7 sono a pieni titoli i precetti morali che vengono dati agli amministratori locali, ai funzionari locali dello stato a cui
viene imposto di avere una condotta moderata, di non lasciarsi andare a passatempi lasciavi ma a dedicarsi all’amministrazione
e a non suscitare sentimenti negativi, invidia verso chi occupa questo tipo di posizione da parte di chi fa parte di uno strato di
popolazione per esempio produttiva.

Articolo 7: ognuno deve rispettare il proprio ruolo assegnato, quindi senza uscire dal ruolo che viene assegnato a ciascun
amministratore dello stato. (Quando gli uomini saggi ricevono un incarico si sollevano da tutte le parti elogi nei loro confronti, se
invece persone senza principi vengono nominate e assumono delle cariche pubbliche allora disastri e i tumulti si moltiplicano.)

Nel 642 tutti i nodi delle precedenti contese aristocratiche per il potere, per garantire una linea di discendenza maschile alla
dinastia regnante, nel 645 vengono al pettine. I soga, che fino a quel momento avevano determinato i destini della corte
Yamato, diventano oggetto di una congiura con più soggetti partecipanti attivi, sostenuta soprattutto da un principe imperiale,
Naka no Oe, e tra vari clan aristocratici, tra cui il clan Nakatomi (poi Fujiwara). Nel 645 appunto i Soga verranno di fatto
allontanati dal potere, l’episodio clou di questa fase sarà l’uccisione di Soga no Iruka, nipote di Umako, figlio di Emishi, che in
quel momento storico era a capo dell’amministrazione statale; quindi, aveva ereditato il ruolo di altissimo livello. E a questa
nuova coalizione di aristocratici che si pongono a tutela di un erede al trono nello specifico, prenderanno il controllo de facto
dello stato, allontanando definitivamente i Soga dal potere che avevano occupato per quasi un secolo.

Dato che gli imperatori potevano avere diverse consorti tutti i bambini o le bambine che nascevano da questi rapporti (da
consorti ufficiali) potevano pregiarsi del titolo di principe imperiale; quindi, avere una possibilità di ascendere al trono; e di
conseguenza gli stessi aristocratici erano in combutta e competevano gli uni contro gli altri per puntare sul cavallo migliore, in
modo da ottenere maggiore prestigio e maggiori benefici dalla posizione.

I figli delle concubine in qualche modo rimanevano all’interno della famiglia imperiale e avevano diritto a un trattamento di
riguardo, non avevano la stessa levatura dei figli delle consorti, ma avevano sicuramente un rango nobiliare e potevano aspirare
ad ascendere in qualche caso al trono. (se non ci sono eredi maschi dalle consorti è ovvio che si va a “pescare” da altri parti).

Al di là degli scontri tra aristocratici, quello che succede dopo il 645 è perfettamente in linea con le riforme che erano state
avviate all’inizio del 600 dagli stessi Soga. I Soga vedevano come chiave della sopravvivenza del sistema statale giapponese,
incentrato appunto sui sovrani della casata regnante Yamato, l’assunzione di un modello di governo di tipo continentale; da qui
arriva anche la spinta dell’introduzione del buddhismo. I soga avevano probabilmente legami (anche di sangue) con l’aristocrazia
coreana di Paekche, quindi sono loro i primi fautori delle alleanze e dei rapporti molto stretti con quel regno in particolare della
corea meridionale.

A favorire un’accelerazione dei processi di riforma in quella direzione, cioè nella direzione di acquisire il più possibile e di
rimodernare l’apparato governativo statale sui precetti continentali, è la nascita, la fondazione, all’inizio del settimo secolo della
Tang. Quindi c’è nuovamente all’inizio del settimo secolo un soggetto politico militare estremamente dominante nel continente,
che assume una rilevanza regionale. Da i tang, lo stato monarchico giapponese sotto il dominio Yamato, assumerà modelli di
governo, istituzioni di governo, ma anche usi e costumi, il calendario per esempio. Lo stesso regno Yamato viene suddiviso sul
modello continentale in province e le terre vengono, per così dire, nazionalizzate, ovvero si sottrae la residuale sovranità ai clan
per accentrare tutto il potere nella figura del sovrano, che diventa proprietario di tutto il territorio, fino a quel momento
sottoposto all’autorità Yamato e all’autorità dei clan aristocratici alleati degli Yamato. C’è però un cambiamento di prospettiva
(riforma taika), se fino a quel momento gli Yamato erano i più forti in una coalizione di clan, adesso tutto il territorio è di
proprietà del sovrano Yamato, quindi il sovrano ha potere assoluto sul territorio; dato che però il sovrano è anche una persona
estremamente magnanima, concede a individui sulla base di alcune caratteristiche, il diritto di usufrutto della terra, in cambio di
un pagamento sottoforma di tributi, che possono essere estratti sotto forma di parte del raccolto, sulla base di quantità di
terreno che è concessa, un altro metodo di tassazione è il lavoro, la prestazione di lavoro sottoforma per esempio di corvè?
Lavori fatti appunto gratuitamente, senza un salario, ma per questioni di pubblica utilità, per esempio per costruire una strada,
per adeguare per esempio un sistema di irrigazione, o costruire anche il palazzo dell’imperatore.

Insieme a queste riforme c’è anche una riforma importantissima che colpisce direttamente tutta la popolazione produttiva, che è
la prestazione di servizio militare. Questa riforma sarà però di breve durata.

Le riforme taika riordinano lo stato monarchico sulla base di modelli continentali.

Questa cosa della proprietà assoluta del territorio in mano al sovrano arriva anch’essa dal continente, ed è portata avanti per
legittimane ulteriormente la centralità e il potere assoluto del sovrano. In qualche modo celando la dipendenza del sovrano dal
potere delle casate aristocratiche. Le casate aristocratiche perdono la proprietà, l’autorità assoluta in una data zona del
Giappone, ma questa autorità verrà comunque concessa a loro attraverso la macchina amministrativa dello stato. O vengono
concessi a quella famiglia dei diritti sul territorio, dei benefici fiscali.

È qui forse che parte l’inizio di questi rapporti di vassallaggio, del feudalesimo vero e proprio, perché di fatto adesso il territorio è
concesso, perché tutto il territorio è dell’imperatore. Tutto ciò che è in qualche modo utilizzo di un territorio è un beneficio che
ti viene concesso da un’autorità suprema a cui tu devi offrire dei servizi. Se sei un aristocratico devi offrire il servizio
dell’amministrazione del governo, della provincia, altrimenti devi dare al sovrano tramite il governatore della provincia, per
esempio il 30% del tuo raccolto, se c’è una spedizione militare vieni coscritto, quindi devi andare a combattere, oppure vieni
mobilitato come forza lavoro, sempre per ringraziare il sovrano per la concessione che ti fa sul territorio.

Le riforme taika sono avviate da questa nuova classe dirigente che si innesca sulle ceneri dei Soga, che però ha come sua
componente aristocratica principale non più il clan Soga, ma il clan dei Nakatomi (poi fujiwara).

A partire dal 645 quindi dalle riforme taika, vengono gettate le basi di quello che si chiamerà stato ritsuryo, perché è a partire dal
645 che si perfezionano le dinamiche di definizione, di codici di procedura civile e penale. Lo stato monarchico si dota di ulteriori
strumenti di controllo e di governo sulle comunità. Adesso si prescrivono le pene per chi non obbedisce alle leggi e si viene a
creare un sistema giuridico arcaico (in cui il sovrano è ancora una volta è il massimo arbitro delle contese). Quindi da qui si entra
in quella fase chiamata è detta dello stato Ritsuryo. Lo sviluppo dello stato ritsuryo si concluderà poi nel 718 con l’adozione del
codice yoryo??. Si hanno degli elementi di pericolo civile, amministrativo e penale.

Organigramma dello stato ritsuryo: al vertice dello stato c’è il sovrano, il sovrano sempre meno gestirà gli affari di questa
macchina che si espande su base quotidiana (quindi come succede anche negli stati moderni, il Capo dello Stato di solito non è
colui che si occupa per esempio di avviare iter legislativi, amministrare una data sfera di competenza. Il Capo dello Stato ha un
ruolo di fatto simbolico. Chi governa effettivamente sono i membri dell’esecutivo, i primi ministri, i ministri deputati ad
amministrare una data sfera di competenza); al di sotto del Capo dello Stato c’è l’esecutivo, ci sono due uffici principali che
costituiscono il ramo esecutivo dello stato che sono il Daijokan (di fatto il governo, ufficio del primo ministro. È effettivamente
l’esecutivo di governo, quello che si occupa degli affari dell’amministrazione) e Jingikan (ufficio degli affari religiosi, deputato a
gestire i rituali, i riti, la sfera della religiosità antecedente al buddhismo, quindi quella legata fondamentalmente ai culti dei clan,
ovvero al culto della casa regnante, quindi in subordini ai culti dei clan, che vengono però ritrovati nel culto dei discendenti della
stirpe Yamato); tolto il daijokan (presieduto appunto dal primo ministro, dal capo dei ministri, quindi il più alto funzionario
dell’amministrazione civile) ci sono i ministeri da cui dipenderanno tutta una serie di istituti a livello provinciale, quindi da questa
struttura principale dipende tutta una serie di uffici provinciali, i KOKOFU, che governeranno appunto singole province del regno,
in un sistema di stanziale responsabilità collettiva che vedrà le comunità di regione, di area e di villaggio, rappresentate, il
responsabile appunto per esempio del versamento dei tributi e altre questioni come la coscrizione, alla fornitura di forza lavoro
ecc, fino ad arrivare ai nuclei familiari, che nel sistema ritsuryo (a partire da queste riforme a cavallo tra il settimo e l’ottavo
secolo) in qualche odo dovranno essere registrate; è un sistema soprattutto quello che scende a livello di villaggi e famiglie, p un
sistema di raccolta di dati fondamentalmente, in cui si arriva a capire quanti sudditi ci sono sotto la volontà di un singolo sovrano
(ci saranno i primi registri di famiglia, depositati, soprattutto quando il buddhismo si diffondere effettivamente a livello locale,
nei singoli monasteri e templi buddhisti locali, il buddhismo avrà quindi anche una funzione non solo religiosa ma di supporto
all’amministrazione dello stato, e questa funzione sarà mantenuta anche più avanti nel tempo).

Il settimo secolo è uno di quei periodi piuttosto tumultuosi nella storia dell’asia nordorientale, nel 618 emerge e consolida il
proprio potere su vaste aree della Cina la dinastia Tang, che ha, come era già stato per gli Han, una vocazione espansiva, cerca di
immettere territori i n vaste aree spingendosi sia ad ovest verso le piane dell’asia centrale, sia verso est, verso la penisola
coreana, tutto ciò porta a dei mutamenti, per esempio, negli equilibri politici della penisola coreana. In seguito all’emergere di
questa fondazione statale piuttosto potente dal punto di vista politico e militare (tang), Koguryo e Paekche perderanno
gradualmente il potere, entreranno in una fase di crisi che finirà con l’unificazione di parte della penisola coreana sotto il
dominio di Silla. Yamato, come attore importante negli scenari principali fino a quel momento (probabilmente Yamato forniva
soldati a Paekche, o comunque c’era un’alleanza difensiva con il regno coreano), partecipa alle opere, alle operazioni di difesa e
alle campagne militari sul continente della metà del settimo secolo e si ritrova nuovamente sul fronte degli sconfitti (nel 662 una
coalizione militare formata dalle forze Tang e Silla, segnerà il crollo di Paekche). Ancora una volta da Paekche saranno accolti in
Giappone esponenti dell’aristocrazia ma anche della classe artigianale di quel regno. a partire dal 662 (anno identificato come
anno del crollo di Paekche), Yamato non invierà più (almeno per un centinaio d’anni) uomini sulla penisola coreana. Ci sarà una
sorta di ritiro e di concentrazione sulle opere di ammodernamento relativo al periodo antico dello stato, e una costituzione non
solo di un sistema di governo moderno, ma anche di un apparato di difesa moderno, a fronte di una minaccia militare posta
proprio dal rafforzamento della dinastia Tang. Per esempio, pochi anni più tardi lo stesso imperatore Tenmu (che regna dal 673
al 686) avvierà un’altra serie di riforme tese a compattare nuovamente l’aristocrazia, allargare i ranghi estendendoli ad altre
frazioni della società, per ulteriormente integrare l’aristocrazia nelle dinamiche burocratiche, amministrative, sempre in virtù di
una loro subordinazione, di una loro obbedienza assoluta. Pare che anche, per consolidare ulteriormente la centralità del potere
dei sovrani Yamato, chi succede a Tenmu, la sua consorte Jitō (governa dal 686 al 697) abbia iniziato ad utilizzare il termine
Tenno per descrivere i sovrani; l’effetto dell’utilizzo di questo termine e di ulteriormente consolidare la posizione abbicale, dei
sovrani eredi del lignaggio Yamato, che da ookimi (grandi re) diventano effettivamente imperatori. (ancora oggi ci si riferisce
all’imperatore del Giappone come tonno).

Da capitali reali, quindi, iniziano ad essere costituite delle capitali imperiali. Nara, voluta dall’imperatrice Genmei, diventerà la
prima vera capitale semipermanente dell’impero. Che viene a costituirsi come entro politico e centro religioso, capitale appunto
sia dell’amministrazione dello stato sia della vita religiosa del paese. e sarà così soprattutto poi quando, su impulso di alcuni
sovrani per regni buddhisti, verrà costruito a nara il todaiji, un enorme templio buddhista pensato come centro direzionale del
cult buddhista in Giappone, nucleo vero e proprio del buddhismo Yamato. Al contempo i sovrani Yamato istituzionalizzeranno
anche i culti dei clan, a partire dal culto familiare della dinastia regnante, cioè quello legato alla dea solare Amaterasu, che
sarebbe stata per l’appunto la divinità solare da cui discenderebbe il primo sovrano Yamato. Amaterasu, divinità progenitrice
della casata regnate, viene ad avere una sua dimora fissa nel santuario di Ise, che si trova oggi nella prefettura di mie. In questo
santuario vengono custoditi (e appunto diventa un’importante sede anche del potere imperiale) i 3 tesori fondamentali della
dinastia, che sarebbero stati consegnati proprio dalla dea Amaterasu al fondatore della casata regnante e che sarebbero stati
tramandati di padre in figlio (la spada, lo specchio e i gioielli).

Le prime forme autoctone scritte giapponesi che arrivano al termine di questo percorso di riforma dello stato, di accentramento
e centralizzazione del potere nelle mani del sovrano. A partire nei primi anni degli anni 10 del 700, quindi nel 712 viene così
pubblicata quest’opera fondamentale che è il Kojichi (tradotto racconti di fatti antichi) in cui si racconta, in questa opera in versi,
la nascita dell’arcipelago giapponese, delle sue divinità e della dinastia regnante. A partire dal 713 i sovrani Yamato, che nel
frattempo si sono trasferiti in questa capitale semipermanente a Nara, iniziano a raccogliere dati e informazioni sulle province
del regno, con i cosiddetti fudoki, uno dei pochi che è stato ritrovato integro e proprio quello dedicato a Izumo.

A distanza di qualche anno vedono la luce le prime cronache, i primi annali, in stile cinese della dinastia regnante, il cosiddetto
Nihonshoki E poi si arriva alla metà dell’ottavo secolo alla prima raccolta di poesie, di componimenti in versi, naturalmente scritti
anche questi scritti su modelli cinesi (la raccolta del manyoshu).

lezione 6

I primi decenni dell’ottavo secolo sono fondamentali perché emerge una cultura di corte stanziale più elaborata, frutto anche di
una serie di riforme che strutturano lo stato antico giapponese su modelli continentali, prendendo spunto dal modello cinese
Tang. c’è un accentramento del potere nel sovrano e successivamente nella corte, il potere sarà ancora una volta estremamente
concentrato poi nelle mani di poche famiglie, di pochi clan aristocratici; però a livello simbolico il sovrano avrà un ruolo di
prim’ordine ancora una volta. Si conclude quel percorso che è iniziato nel quarto secolo con prime formazioni proto statali,
l’emergere di questa cultura piuttosto omogenea, che aveva come massima espressione quella delle sepolture monumentali per
i leader locali, per i dignitari più in vista delle singole località, e in particolare nella regione del Kinai (cioè dell’omonshu centro
occidentale), si arriva al completamento di questa opera di strutturazione dello stato antico del Giappone, con l’integrazione
anche delle pratiche di governo, delle conoscenze, delle competenze, importate dall’estero, dal continente e adattate alla realtà
locale. Il buddhismo è tra questi indirizzi filosofici, religiosi, che vengono integrati nella realtà di governo e nella struttura stessa
dello stato antico giapponese (costituzione in 17 articoli attribuita dal principe shotoku, dove viene esplicitato il rispetto dei 3
tesori buddhisti, tra le varie norme di comportamento che vengono imposte agli amministratori dello stato antico). Il buddhismo
inizia a diffondersi, sulla spinta naturalmente della classe aristocratica, dell’élite della metà del sesto secolo, e nei primi decenni
dell’ottavo secolo si consolida come una religione di stato, come un ulteriore sostegno alla legittimazione interna dei sovrani
discendenti appunto dai grandi re Yamato. A Nara, città della regione che oggi chiamiamo Kansai, viene istituito una sorta di polo
di governo del buddhismo giapponese che ha il suo centro decisionale direzionale proprio nel todaiji, che è una delle costruzioni
in legno più grande al mondo all’interno del quale tra l’altro verrà costruita una delle statue in bronzo di Buddha sicuramente più
grandi dell’epoca, ma ancora oggi tra le più imponenti e maestose che si può trovare in Asia; e sempre a Nara si stabilisce la
capitale del regno, una delle prime capitali permanenti di quello che sarà un impero. Centro politico e centro spirituale della vita
dell’arcipelago trovano una loro collocazione geografica quasi definitiva.

Si entra in quella che viene descritta come epoca Nara, caratterizzata proprio da questo consolidamento ulteriore di queste
strutture dello stato monarchico in Giappone, il consolidamento anche del Buddhismo come religione centrale della vita politica
e spirituale soprattutto dell’aristocrazia e in particolare dell’arcipelago; prima epoca della classicità giapponese. Il
consolidamento appunto delle strutture statali e il rafforzamento dell’aristocrazia al vertice di esse, porta a una certa stabilità
della vita di corte, che produce una vitalità culturale che fino a quel momento non era stata registrata.

A partire appunto dai primi anni 10 dell’ottavo secolo, si ha la pubblicazione delle prime vere opere scritte nella storia
giapponese. Sono opere scritte con il sistema di scrittura cinese, spesso utilizzato ancora una volta a scopo di rappresentazione
della lingua locale. Tra le prime opere c’è il racconto di fatti antichi, ovvero il Kojiki (712), che è una cosmogonia del Giappone,
ovvero in quest’opera in versi si narra dell’origine del Giappone e si narra anche di come il primo imperatore abbia ricevuto da
una discendente di queste prime due divinità progenitrici, l’incarico di governare il paese. è più che una storia, un racconto
mitologico, che serve però a legittimare il fulcro del potere politico di quest’epoca, serve a cristallizzare tutte quelle convinzioni e
credenze su cui in ere precedenti si era fondata l’ascesa al potere del clan Yamato da una parte e di tutti i clan a livello locale,
cioè di fatto viene cristallizzata l’origine divina del potere politico nell’arcipelago, cioè chi governa, chi è al vertice dello stato
monarchico giapponese in questa fase della storia, è lì non per meriti ma perché di fatto non ci sono alternative a far governare
chi discende dalle divinità che hanno creato il mondo. Oltretutto nel Kojiki ci sono diversi episodi che narrano di altre vicende di
altre divinità, che sono tutte divinità riconducibili ai culti locali, che sempre in epoche precedenti a questa, avevano avuto dei
legami con l’emergere delle strutture gerarchiche e del potere dei clan in diverse province del regno; quegli stessi clan che in
qualche modo poi vengono coinvolti direttamente, se inizialmente avevano sostenuto in una forma confederale l’emergere del
potere Yamato, gradualmente vengono assorbiti in questa struttura di potere più moderna, vengono affidati vengono identificati
dal vertice di questo potere dei ranghi nobiliari, e all’interno di questi ranghi classificati i culti di appartenenza ai clan, sulla base
di questi ranghi vengono distribuite cariche, privilegi, prestigi di varia natura, ma soprattutto da un punto di vista amministrativo
burocratico. I miti, le divinità da cui discendevano i vari poteri a livello globale, vengono rappresentate anch’esse nel Kojiki,
naturalmente in subordine delle divinità fondamentali a cui si richiamava il potere della dinastia regnante, il culto della dea
Amaterasu. In qualche modo però viene celebrato il legame che i clan, le varie formazioni proto-statali che erano nate in epoca
Kofun soprattutto, a partire dall’adozione dell’agricoltura stanziale, vengono rappresentate; quindi, si rafforza anche il legame
tra queste formazioni e poi il potere centrale, i discendenti dei grandi re Yamato. Legato alle vicende mitologiche poche poi
avrebbero dato origine alla struttura monarchica, agli assetti di potere dell’ottavo secolo, c’è la raccolta di dati sugli usi e costumi
delle singole province sottomesse al potere dei discendenti dei grandi re Yamato, di cui noi abbiamo notizia e traccia nei fudoki
(713), i cosiddetti gazzettini locali. Non sono opere in versi, sono di fatto opere di cronaca, quasi dei reportage sulle realtà locali,
che i sovrani e imperatori giapponesi si ritrovano a governare, ma di cui molto spesso non sapevano granché, quindi su questi
gazzettini sono raccolte informazioni pratiche su usi e costumi delle singole province sottoposte all’autorità Yamato, uno dei più
importanti Fudoki è quello su Izumo (era uno, di queste formazioni proto statali, che in qualche modo aveva costituito un
concorrente, un avversario molto tenace all’ascesa della sovranità e dell’egemonia degli Yamato, e che controllava gran parte
della costa occidentale dell’omonshu). Pochi anni dopo l’inizio di quest’opera di raccolta dati sulle singole province, viene
pubblicata la prima vera storia di corte modellata sui precedenti continentali, in particolare sull’annalistica di origine cinese,
intitola appunto Nihonshoki o cronache del Giappone (720), a questa prima raccolta seguiranno altre raccolte successive; nella
prima parte si mescola informazioni storiche al mito, dopodiché la trattazione è piuttosto schematica, per singolo anno di una
specifica era vengono registrati degli eventi fondamentali, si parla dei sovrani del singolo periodo, si danno anche informazioni
sui caratteri anche di questi sovrani. in questa fase della storia del Giappone ci sono anche i primi componimenti poetici, ci sono
le prime raccolte di poesie che vengono datate al 750, in particolar modo la prima raccolta della poesia classica giapponese
(anche in questo caso scritta dal sistema di scrittura importato dalla Cina) è il Manyōshū, l’ispirazione, le tematiche che si
ritrovano in questi componimenti è anch’esso di origine continentale. I poeti di queste raccolte sono sostanzialmente uomini
appartenenti alle classi aristocratiche, coloro che avevano accesso poi alle fonti anche cinesi, che avevano un canale di
comunicazione con le culture e con le tradizioni continentali e iniziano a produrre le loro poesie, con la loro sensibilità, molto
spesso però modellata, ispirata a cose che provenivano dalla Cina Tang e dalle epoche precedenti sempre della Cina.

Nell’ottavo secolo si completa questo processo di saldatura fra sfere religiose, la prospettiva che abbiamo in questo momento p
sempre quella dell’aristocrazia del tempo, è chiaro che a livello popolare possiamo immaginare fossero ancora diffusi i culti pre-
introduzione del buddhismo, perché erano i più accessibili, perché erano i più legati alle stesse dimensioni geografiche e spaziale
del luogo in cui la gente nasceva, cresceva e viveva. La questione del buddhismo è una questione sostanzialmente elitaria,
aristocratica, anche perché per accedere ai testi sacri, alle pratiche spirituali del buddhismo era necessaria una conoscenza dei
sistemi di scrittura con cui i testi sacri buddhisti venivano importati in Giappone (cinese classico), era necessario una guida, un
avviamento a questo mondo piuttosto complesso da comprendere, ma lo stesso buddhismo prometteva una salvezza poi e una
liberazione dalle preoccupazioni quotidiane, attraverso però una serie di pratiche piuttosto complesse, accessibili a una ristretta
cerchia (almeno in questo periodo storico, perché poi il buddhismo avrà delle fasi in cui si aprirà alla popolazione in senso lato).
Questa fase storia è di fatto l’equivalente di un culto misterioso per gran parte della popolazione, è una grande chiave per
garantire, per legittimare il potere degli imperatori, dei sovrani giapponesi ma è sostanzialmente una questione aristocratica.
Stessi aristocratici che favoriscono questa saldatura con i culti locali, con i culti che furono appunto degli Uji, dei clan da cui
emergono membri dell’aristocrazia burocratica di questo periodo storico. È una leva importante che garantisce la permanenza
del potere nelle mani dei sovrani e non a caso, nell’ottavo secolo, su volontà dell’imperatore Shōmu la governance, le strutture
dirigenziali del buddhismo di epoca Nara, vengono concentrate nella capitale imperiale, a Nara; di qui appunto la costituzione
del Todaiji. I legami tra corte e clero buddhista si fanno estremamente fitti e densi, tanto che alcuni esponenti poi del clero
buddhista dell’epoca verranno integrati anche nella macchina amministrativa dello stato, da cui una serie di scandali, soprattutto
uno in particolare, sarà appunto il segnale dell’attivo coinvolgimento di uomini religiosi nell’attività e nel governo dello stato
monarchico stesso.

A partire da questo momento storico i sovrani giapponesi iniziano a favorire la diffusione del culto buddhista in tutte le province
del regno; quindi, è a questo punto che c’è una sorta di pria vera diffusione a livello popolare anche del credo buddhista.

Nel 741 lo stesso imperatore Shōmu promulga un editto per la fondazione di monasteri e templi nelle province. Questi
monasteri e templi assumeranno nel tempo una funzione importantissima nel governo dello stato antico e premoderno
giapponese, perché inizieranno a funzionare come vere e proprie anagrafi, in cui ci saranno procedure legate alla registrazione
delle singole unità, nuclei familiari, perché condivideranno anche molto spesso gli spazi di culto e le attività commerciali con i
santuari dei culti locali, molti templi e monasteri buddhisti sorgono nelle stesse aree dove ci sono anche santuari che noi
chiamiamo oggi “shinto”, quindi si crea questa unità, ed è un’unità che favorisce e aiuta ulteriormente la modernizzazione dello
stato antico nell’ottavo secolo. Sempre per volontà dell’imperatore Shōmu, sarà inaugurato il grande Buddha oggi custodito
ancora nel Todaiji.

I rapporti tra corte e clero buddhista si faranno piuttosto tesi, soprattutto nella seconda metà dell’ottavo secolo. A partire dalla
fine degli anni 40, per arrivare poi all’inizio degli anni 70 del 700, le relazioni tra corte e clero buddhista diventeranno oggetto di
riforme, di revisioni periodiche. Pietra dello scandalo sarà appunto l’imperatrice conosciuta con due nomi, perché questa
sovrana prenderà due nomi nei suoi due mandati al vertice dello stato giapponese (r. 749-758; 764-770), Kōken e/o Shōtoku. Nel
suo secondo mandato, soprattutto, da devota buddhista affida l’amministrazione dello stato a un monaco, conosciuto con il
nome di Dōkyō, che stando alle cronache poi successive, l’avrebbe in qualche modo traviata o comunque lei si sarebbe lasciata
andare all’infatuazione per questo monaco e avrebbe fatto incavolare tutti i clan aristocratici che fino a quel momento avevano
di fatto mantenuto il monopolio su determinate cariche di alto livello nell’amministrazione dello stato, in particolar modo i
Fujiwara, i Tachibana, che si contendevano un po’ la supremazia per i posti più importanti dei ministeri e i posti di consigliere
dell’imperatore, avviano questa cospirazione, frutto delle tensioni create dalle decisioni di Koken di consegnare il potere a un
uomo del clero. Dopodiché, il rapporto sarà sostanzialmente rivisto e anche a livello spaziale, si passerà con la fondazione di
quella sarà la capitale di fatto permanente Giappone (fino almeno al 1868), a livello spaziale saranno rivisti i rapporti tra centro
del potere politico tra palazzo imperiale e templi delle scuole buddhiste, a Nara era tutto sostanzialmente accentrato a
brevissima distanza, a Heian (la città che noi oggi conosciamo come Kyoto) i templi buddhisti saranno in qualche modo ai margini
dello sviluppo urbano quindi saranno in qualche modo tenuti a distanza dal centro vero e proprio del potere politico.
Innanzitutto, si cercherà di limitare gli influssi del clero buddhista negli affari di corte, considerando però che sarà comunque il
sovrano a governare anche il clero buddhista; quindi, sarà lui/lei a nominare i vertici dei monasteri e dei templi buddhisti; quindi,
il potere anche sul buddhismo sarà accentrato nelle mani del sovrano.

La mappa del potere: al centro c’è l’imperatore, il sovrano (il sovrano ancor auna volta occupa un ruolo di massimo livello nella
struttura gerarchica della società giapponese classica.
Tra i primi sovrani che cercano di riportare la figura imperiale al centro della vita politica (uscire dalla posizione simbolica in cui i
giochi di potere tra aristocratici avevano relegato i sovrani) ci sono appunto Kanmu e uno dei suoi figli, Saga, che tra l’altro
appunto dallo loro ebbero delle discendenza piuttosto ampie considerando il fatto che per i sovrani la poligamia era
assolutamente normale, quindi c’erano 0 e più consorti e imperatrici allo stesso tempo, da cui discendevano ulteriori principi che
potevano almeno ambire a salire sul trono al posto del padre, Saga era appunto uno dei figli di Kanmu che eredita la posizione
del padre al vertice dello stato monarchico dell’epoca. Tra principi imperiali emergevano anche diverse contese, sostenute ora
da ora da una frazione aristocratica ora dall’altra, un sistema piuttosto fluido di alleanze, che aveva come scopo quello di portare
alla data frazione aristocratica una quantità di prestigio e di privilegi maggiore a seconda della loro vicinanza con il sovrano in
carica. Kanmu ha all’incirca 36 figli, Soga ne avrà addirittura 49; proprio per queste discendenze numerose emerge un problema
pratico che è quello di mantenere tutte queste persone, tutte queste persone dovevano pendere dalla corte, cioè, erano a spese
della famiglia imperiale, contribuivano agli oneri di mantenimento della famiglia imperiale. Quindi l’imposizione fiscale nei
territori governati da questo stato monarchico era in alcune zone piuttosto ardua (parliamo di un periodo storico in cui i tributi
vengono riscossi sottoforma di percentuali di raccolto, sottoforma di lavoro non pagato, ecc.)

Per i principi imperiali che venivano esclusi dalle procedure di successione al trono, per esempio perché figli di concubine, si
dava per esempio un rango aristocratico, decidono di concedere ad alcuni figli esclusi dalle dinamiche di successione dei
cognomi, dei ranghi aristocratici e delle funzioni nello stato specifiche, quindi viene concessa loro la possibilità di mantenersi al
di fuori della corte, da Kanmu per esempio deriva un cognome, quindi una casata aristocratica, che è quella dei Taira. Da Saga
deriva un altro ramo di un’altra importante famiglia aristocratica, Minamoto. Questo comporta, oltre che una riduzione della
spesa, una riduzione dei fenomeni conflittuali degli eredi al trono, quindi viene fatto nell’ottica di garantire, di preservare e
mantenere il potere accentrato nelle mani del sovrano, che ha comunque un potere decisionali maggiore, soprattutto per i
sovrani che non muoiono in carica, hanno il potere di designare i loro successori.

Si apre una fase della storia del Giappone in cui i sovrani poi molto spesso sono persone di 20anni, qualche imperatore diventerà
imperatore anche in età infantile (4 anni) e quindi sempre di più saranno fondamentali figure di consiglieri, reggenti, centrali
nell’amministrazione dello stato e daranno la possibilità anche ai clan aristocratici di accrescere ulteriormente la loro influenza.
Però in questa fase i sovrani sono persone che arrivano al loro ruolo già adulti e hanno una capacità decisionale di
accentramento ancora del potere piuttosto elevata.

Tra le varie iniziative che vengono avviate verso la fine dell’ottavo secolo c’è quella di rivedere alcune questioni legate alla stessa
modernizzazione dello stato su modello continentale, tra cui la questione di dotarsi di un esercito di leva, una soluzione che sarà
abolita sotto il regno di Kanmu a favore della formazione di unità militari di milizie locali, costituite da nobili delle province, in
alcuni casi anche esponenti di queste nuove famiglie aristocratiche, a cui viene dato l’incarico di formare milizie professionali;
unità militari che saranno sempre di più utilizzate nell’espansione verso nord est nello stato Ritsuryo, nel regno Yamato.
Dall’ottavo secolo in avanti la preoccupazione strategica più importante, soprattutto quando vengono meno le spedizioni militari
verso la corea, la principale preoccupazione strategica sarà la frontiera nordorientale.

Contro queste popolazioni che appunto stavano alla periferia nordorientale del regno Yamato, vengono inviate numerose
spedizioni militari nel corso dell’ottavo secolo, soprattutto a partire dalla seconda metà. Si sa che intensificano le attività militari
in questa regione del paese, in questa che oggi è conosciuta come regione del Tohoku, si hanno traccia di questa intensificazione
dell’attività militare perché si sa che nella seconda metà dell’ottavo secolo vengono nominati dei generali a cui vengono concessi
dei poteri speciali, di fatto una notorietà massima nelle zone in cui avvengono queste spedizioni militari, anche in questo caso le
cariche vengono date ad esponenti principali dei clan della nobiltà, ancora una volta a riprova del fatto che c’è un processo
ancora in corso di rafforzamento dello stato Ritsuryo e di espansione dei territori.

Quindi iniziano queste spedizioni verso nord est e portano da una parte a un rafforzamento dello stato Yamato nel Kinai, ma
anche a un’espansione della sua autorità in zone precedentemente non occupate e non ricondotte all’autorità dei sovrani del
Kinai, che erano abitate da queste popolazioni EDI JOMON che vengono descritte nelle cronache degli annali di corte come
Emishi (barbari), replicando la stessa ottica che emissari cinesi quando arrivarono nel 250 nelle isole del Giappone applicano
vedendo la realtà del regno di Himiko. Tutte le popolazioni che non condividono con gli Yamato la produzione agricola,
l’agricoltura stanziale e tutto ciò che ne derivava dal punto di vista politico e spirituale sono considerati barbari; questi barbari
vengono inglobati nell’autorità Yamato grazie a processi di conquista e di violenza bellica. Inglobati perché di qui a qualche
decennio i successori dei capi di queste comunità non Yamato verranno coinvolti attivamente nel governo delle regioni,
soprattutto in quelle del nord est, perché più legate a quell’ambiente, perché conoscono meglio il territorio e perché servono a
legittimane il potere dell’autorità centrale agli occhi delle popolazioni locali, quindi gli eredi degli emishi del nordest del
Giappone verranno poi gradualmente inglobati e coinvolti nell’autorità dei sovrani del kinai. Per i sovrani del Kinai le regioni del
nord est sono una frontiera sconosciuta, la distanza geografica è piuttosto consistente, nonostante lo stato Ritsuryo comincia ad
avere una serie di strade, infrastrutture che percorrono l’arcipelago da ovest verso est, e quindi anche da nord a sud.

Al di fuori delle isole giapponesi gran parte dell’Asia orientale e dell’Asia centrale sono in qualche modo ricondotte all’autorità di
un impero di ambito regionale, che è appunto l’Impero Tang che oltre ad avere autorità assoluta su gran parte della Cina, ha dei
regni e dei protettorati alleati e ha determinante egemonia quasi caos continentale, arriviamo quasi alle porte della Turchia. Il
Giappone e i regnanti giapponesi hanno relazioni con questa dimensione geografica, anzi in qualche mod traggono ulteriore
legittimazione da questi contatti, importano conoscenze, competenze, tecnologie, pratiche di governo, filosofie, biologie, proprio
da qui. I sovrani giapponesi invieranno dei propri emissari, come già facevano le formazioni proto-statali (tipo quella di Himiko),
nella città che oggi è conosciuta come SIAN, che all’epoca si chiamava Xi’an ed era la capitale di questo vastissimo impero. Xi’an
(la capitale dell’impero Tang) era il termine asiatico di quell’insieme di connessioni e rotte commerciali trans continentali che
univano Asia e Europa, quelle su cui da una decina d’anni a questa lo stesso governo cinese dice che vuole ricostruire la via della
seta; la via della seta erano un insieme di rotte commerciali che passavano attraverso l’Asia centrale e univano sostanzialmente
la Cina all’Europa. A Xi’An le emissioni di studio vanno a ricercare modelli di governance, modelli istituzionali, modelli giuridici
dallo studio della Cina Tang provengono i codici amministrativi e panali del Giappone classico, i codici Taiho del 701 e Yoro del
718, che danno la forma definitiva allo stato Ritsuryo, e poi a Xi’An si arriva in una città che è un emporio a cielo aperto, è qui
che ci si approvvigiona di beni di importazione, beni preziosi, dalla seta alle traduzioni dei testi buddhisti, all’arte buddhista e ad
altri manufatti di cui c’era richiesta, in Giappone soprattutto nelle frange aristocratiche della popolazione, spezie, sete, tessuti e
altri manufatti erano al cento degli interessi commerciali (che in qualche modo andavano di pari passo con l’interesse culturale
per l’avanzamento istituzionale, tecnologico, ecc di questo stato antico).

lezione 7

Nella scorsa lezione si è visto come per le spinte politiche che arrivano dal vertice massimo dello stato antico giapponese si
determinano delle riforme che portano al consolidamento del potere dello Stato del Giappone antico. Il modello è sempre
quello continentali, in particolar modo quello che sembra essere più efficace in quel momento storico, che è il modello
proveniente dalla Cina Tang, dalla Cina Tang vengono importate codici di legge, filosofie di governo, nuove conoscenze, grazie
all’invio da parte della corte giapponese di missioni di studio; si prendono a modello anche le tecniche urbanistiche, di
organizzazione degli spazi dalla Cina Tang, il caso della nuova capitale che viene istituita edificata, per volere dell’imperatore
Kanmu nel 794, che è la capitale che rimarrà più a lungo capitale del regno, Heian, è modellata secondo le indicazioni e le
credenze legate anche alle geomanzia di origine continentale, quindi orientamento di palazzi imperiali, delle strutture del
governo, segue anche la conformazione fisica del territorio, a seconda di quello che era considerato l’orientamento più
favorevole, in qualche modo una posizione che potesse prevenire l’accadere di sciagure, di disastri che erano all’ordine del
giorno; tutta questa serie di elementi che chiaramente sono un’importazione e un adattamento locale di modelli cinesi, che
hanno a che vedere con quelle che erano le filosofie, le credenze diffuse e consolidatasi nel continente, che vengono introdotte
con le riforme appunto della seconda metà dell’ottavo secolo, insieme all’adozione del calendario, di una divisione del tempo
secondo quelli che erano i modelli provenienti dal continente, da una sfera culturale considerata più avanzata in quel momento
storico. Come già era successo per Nara anche Heian (attuale Kyoto) diventa un centro politico e culturale; alla luce però degli
scandali che avevano visto i coinvolgimenti tra clero e uomini e donne di corte, si ripensa anche all’organizzazione, alla
disposizione ei templi buddhisti, che vengono in qualche modo allontanati il più possibile dai centri del potere temporale
effettivo, al contrario di quello che succedeva a Nara. In questa nuova capitale andranno a risiedere anche i principali esponenti
delle casate nobiliari, tutti coloro che hanno una funzione importante nello stato, tutti gli amministratori, la nobiltà di corte che è
anche una nobiltà burocratica, perché lavora per lo stato, nei massimi livelli dello stato antico giapponese. Quindi
l’organizzazione dello spazio a Heian terrà conto anche di questi fattori, ci sarà un’area dedicata al palazzo imperiale dove
risiedono i sovrani, consorti, concubine, ecc., tutti coloro che iniziano a diventare un numero consistente (principi imperiali, figli
di concubine, ecc.) e poi intorno naturalmente anche i palazzi dei grandi funzionari di corte, dei grandi nobili, che cercano in
qualche modo di stare il più vicino possibile al fulcro del potere, dopodiché si dividerà la stessa organizzazione spaziale della
capitale in quartieri dedicati ad ospitare l’attività mercantile, le attività produttive; il tutto in un sistema che sottolinea la
dipendenza dell’élite sociale e politica dell’epoca dalle risorse che devono essere trasportate dalla capitale; è in questo
momento storico che iniziano ad essere avviati i primi lavori che collegano tutto l’arcipelago, che portano dalle province alla
capitale, che saranno utilissime per il trasporto di risorse, ma anche per favorire lo spostamento di militari. Nello spostamento
della capitale (se Nara era una capitale semipermanente adesso diventa una capitale di fatto permanente fino a 1868), si creano
delle fratture tra la corte e gli esponenti del clero buddhista, e soprattutto degli esponenti delle scuole tradizionali del
buddhismo di Nara, quelle che avevano basato e si erano sviluppate e avevano consolidato il proprio potere dalla prima
introduzione del buddhismo, nella metà del sesto secolo, fino a questo momento storico. Anche perché i sovrani, dato che
mettono di tasca propria i finanziamenti per mandare la gente a studiare in Cina, promuoveranno quei monaci che torneranno
dalla Cina con nuove scoperte da un punto di vista della dottrina, e quindi daranno loro la sanzione imperiale per creare delle
nuove scuole, che sono le nuove scuole del buddhismo di epoca Heian, che iniziano a distinguersi dalle scuole di epoca Nara;
saranno proprio queste scuole che vengono fondate in epoca Heian, a diventare dominanti nel buddhismo Giapponese, oltre che
da un punto di vista dottrinale,, da un punto di vista politico. Tra questi innovatori del buddhismo, ci sono in particolare due
monaci Kūkai (774-835) e Saichō (767-822) che saranno i fondatori delle scuole Shingon (Monte Kōya) e Tendai (Monte Hiei,
Enryakuji), hanno partecipato a questa spinta di scoperta, di studio della Cina, e hanno cercato, tra i primi della loro generazione,
di avvicinarsi il più possibile alle origini della legge buddhista, quindi andare fino in Cina per recuperare testi sacri tradotti
direttamente dagli originali in sanscrito, disponibili appunto in Cina e in cinese classico, ma più vicini delle traduzioni e di altri
adattamenti che erano stati fatti nel tempo e che erano entrati in Giappone tramite una rielaborazione ulteriore fatta da monaci
sulla penisola coreana.

Shingon e Tendai sono le scuole di fatto che escono in epoca Heian e saranno per molto tempo dominanti nell’ambito del
buddhismo giapponese, soprattutto la scuola Tendai, che sarà quella più aperta ad assorbine anche al suo interno i culti locali,
diventerà un vero e proprio polo del potere in epoca Heian (sul finire della classicità) e anche in periodo medievale. Di fatti il
monte Hiei dove si trova la sede (il templio Enryakuji) diventerà un importantissimo polo di potere nel Giappone centro
occidentale, e promuoverà una forma di buddhismo aperta alle commistioni con altri culti, con altre pratiche provenienti da altre
scuole, avrà un approccio più omnicomprensivo, riuscirà a integrarsi meglio di altre scuole buddhiste nel sostrato religioso e
rituale delle province giapponese. A differenza invece della Shingon che promuover invece una forma di buddhismo più
elaborata, di tipo esoterico, quindi di non facile comprensione, il tutto condito da pratiche ascetiche molto impegnative sia per la
mente che per il corpo.

A partire dall’ottavo secolo, quindi ancora una volta sull’onda delle riforme amministrative che vengono portate avanti da parte
della nobiltà, in tutto il territorio su cui i sovrani del Kinai rivendicano una loro sovranità, si viene a creare un sistema di
assegnazione dei territori coltivabili per individuo o nucleo familiare, fondato su caratteristiche individuali (es. la grandezza della
famiglia) in quello che è conosciuto come sistema kubunden, ciascun individuo corrisponde a una data parcella di terreno da
coltivare, in questa parcella di terreno, il suddito è obbligato a produrre il più possibile e a versare una quota fissa di questo
prodotto annualmente al sovrano, in cambio della concessione del sovrano ad utilizzare quella parcella del territorio. Questo è il
sistema di fatto su cui si fonda la tassazione, la fiscalità fino più o meno alla metà dell’ottavo secolo. Oltre al tributo in termini di
raccolto, il tributo può essere di manodopera per lavori di utilità pubblica (corvée). Per chi fa parte della popolazione produttiva
vivere sotto un governo di tipo statale (soprattutto per come si configurano gli stati antichi) non è semplice, anzi è una
maledizione, allora si evade, si fa resistenza. Il risultato di questi fenomeni di evasione dallo stato nell’ottavo secolo diventano
estremamente visibili, perché le molte terre che erano coltivate iniziano progressivamente ad essere abbandonate, quindi ci
sono campi incolti (quindi meno tributi versati alla capitale che arrivano a corte); lo stato si impoverisce di queste risorse, ma lo
Stato perché funzioni ha bisogno che le risorse affluiscano verso le capitali in maniera costante, continua, perché nelle capitali
vive una classe di persone che non lavora, ed è alle dipendenze di tutto un sistema produttivo. Per risolvere questo problema, a
partire dall’ottavo secolo, soprattutto su spinta di alcuni sovrani, proveranno a riformare il sistema di tassazione (il fisco
monarchico) passando da un sistema contributivo individuale (fondato sui singoli nuclei familiari) a un sistema di contribuzione
per procura (decentralizzato, fondato non più sugli individui ma sull’estensione del terreno messo a coltura); protagonisti della
raccolta dei tributi su questo nuovo sistema organizzativo sono i governatori delle province.

Il sistema kobunden prevedeva che un dato territorio, tutto il territorio del regno facente capo al sovrano del Kinai, fosse
suddiviso in piccole porzioni di territorio affidate a individui con nuclei familiari, per il loro sviluppo (coltivazione), in questo
sistema di distribuzione del terreno, chi coltiva ha solo l’usufrutto del territorio, può ricavare il necessario per la propria
sopravvivenza ma parte del raccolto che ne ricaverà andrà versato al sovrano, in questo sistema ciascun individuo è responsabile
per il versamento del tributo; cambia se l’individuo responsabile della coltivazione viene a mancare l’esattore non raccoglie
quella parte di tributo.

Parte del territorio, che prima era tutto di proprietà del sovrano, gradualmente, a fronte appunto di queste forme di evasione, di
resistenza alle imposizioni dello stato, viene privatizzato, viene concesso a soggetti di fatto privati per il loro sviluppo e per la
loro messa a valore; a beneficiare di questi fenomeni di privatizzazione in questo periodo storico, in particolar modo nel periodo
Heian (ma le fondamenta di questo sistema di amministrazione del territorio si ritrovano già in periodo Nara), sono gli
aristocratici, le grandi famiglie aristocratiche di Heian, e istituzioni religiose, soprattutto scuole buddhiste, che possono costruire
su questi territori di fatto privati, esenti dalla normale imposizione fiscale, i loro monasteri, i loro templi, possono però dotarsi
anche di un sistema di produzione agricola indipendente, autonoma, possono sfruttare le date risorse di un territorio nello
specifico (che non erano per forza agrarie, ma potevano essere risorse legate per esempio alle aree boschive, quindi estrazione
di legname, vendita di legname, estrazione mineraria, sale, tutte materie che in uno stato antico servivano e venivano utilizzate
per gli scopi più vari), quindi alcune terre incolte verranno affidate a soggetti con maggiori risorse per la loro messa a valore; ciò
creerà due finali paralleli per la contribuzione alle casse dello stato imperiale, da una parte abbiamo il fisco di stato (che
nell’ottavo secolo subisce questa riforma), dall’alta abbiamo gli shōen, che sono appunto queste tenute private di cui i
proprietari che spesso vivono al di fuori dello Shoen e delegano la gestione giornaliera della tenuta a contadini ambienti,
amministratori magari legati per rapporti di vassallaggio alla stessa casa nobiliare, ricevono dei benefici in termini di non
intrusione dello stato negli affari interni alla tenuta, quindi banalmente gli esattori non entrano in quel territorio; sono benefici
speciali, privilegi speciali, concessi alle grande famiglie aristocratiche, ma naturalmente se erano anche direttamente coinvolti
nell’amministrazione dello stato, in cambio di questi privilegi speciali, sarà richiesto il versamento di un contributo, che diventerà
oggetto di negoziazioni tra casate aristocratiche e sovrani e questo porterà a un sistema fiscale duale , il contributo versato dagli
shoen verso le casse imperiali sarà oggetto di riforme, perché anche in questo caso istanze di evasione o di non versamento di
tributi ci saranno inevitabilmente, anche perché le casate nobiliari di Heian (in particolare i Fujiwara) raccolgono i frutti della loro
posizione di potere, avranno la loro agenda politica propria e quindi tenteranno di mantenere il maggior numero di risorse
all’interno dei loro patrimoni, queste dinamiche saranno comunque utilizzate dalle grandi casate aristocratiche e dalle istituzioni
religiose, soprattutto dalle scuole buddhiste, proprio per mantenere la loro posizione di privilegio e di legittimità agli occhi del
sovrano, ma soprattutto questi privilegi saranno usati come leva proprio nei confronti dei sovrani per la stessa legittimità e
autorità dei sovrani stessi.

I Fujiwara esprimono un’autorità, un’egemonia quasi assoluta negli affari di corte. Il loro potere inizia a radicarsi a partire dal 645
quando insieme a principe imperiale (Nakatomi no Kamatari, capostipite dei fujiwara), rovescia i Soga e occupa il vuoto di potere
che si viene a creare. Il simbolo del potere raggiunto dai Fujiwara a corte alla metà del nono secolo è il monopolio assoluto su
die importantissime cariche, cioè quello di reggente di un imperatore bambino (sesshō) e reggente di un imperatore adulto
(kampaku).

I reggenti sono i primi segretari del sovrano, i portavoce del sovrano, sono coloro che gestiscono la corrispondenza, che scrivono
gli editti per il sovrano.

È proprio alla metà dell’800 (858) che un esponente della casata Fujiwara (Yoshifusa) diventa reggente di un imperatore
bambino, Seiwa. Da quel momento in avanti la consuetudine di avere un Fujiwara ai massimi livelli, quindi anche al di sopra di
tutta la struttura dell’esecutivo che si viene a creare con le riforme che portano alla definizione dello stato Ritsuryo, diventerà
costante. I Fujiwara occuperanno i livelli dell’amministrazione statale più vicini all’imperatore stesso, inizieranno a parlare invece
dell’imperatore. La loro vicinanza ai sovrani si baserà sul fatto che i sovrani tendenzialmente saranno i nipoti dei reggenti stessi;
quindi, parte del potere dei Fujiwara a corte dipenderà da quelle dinamiche di cui si è parlato evidenziando le caratteristiche del
potere a corte dei Soga. Quindi dame della casata Fujiwara verranno offerte in dono ai sovrani, come imperatrice e consorti,
questo sistema di fatto si basa sulla capacità di queste donne di avere dei figli maschi he poi possono essere messi sul trono,
naturalmente controllati sotto la sorveglianza e la tutela dei reggenti della casata dei Fujiwara stessi. Questo è il primo fattore
che determina l’egemonia dei Fujiwara a corte: il loro essere strettamente imparentati con i sovrani. Secondo fattore è la loro
capacità, chiaramente giocata sulla loro posizione di forza, di allontanare dalla corte i loro diretti avversari politici, quindi di
favorire, grazie alle posizioni che occupano nell’amministrazione dello stato, l’allontanamento di altre persone non gradite.

I Fujiwara, sfruttando la loro posizione alla corte, creeranno una sorta di ministero parallelo delle finanze che si occuperà di
gestire il patrimonio e le finanze della casata, quindi tutte le proprietà anche terriere. Quindi, i Fujiwara accumuleranno un
potere economico di enorme rilievo all’interno dello stato, anche dal punto di vista finanziale. L’apice del potere di questa
famiglia di avrà sotto Fujiwara no Michinaga, che sarà reggente imperiale per almeno due decenni (tra il 996 e il 1019).
Michinaga sarà il fautore di una stabilità politica a corte, che non si vedeva dai tempi dei Soga, e sarà il simbolo dell’egemonia
dei Fujiwara a corte.

Questa stabilità politica data dall’egemonia dei Fujiwara, favorirà soprattutto uno sviluppo della cultura di corte, quasi senza
precedenti, e che si articolerà in particolar modo nell’adattamento di modelli, di cultura aristocratica, adottati ancora una volta
dal continente, per la creazione di esperimenti, di modelli autoctoni, che avranno le loro massime espressioni, da un lato
dell’urbanizzazione (e architettura quindi), ma soprattutto nella letteratura, continua la tradizione annalistica dall’epoca Nara.
Abbiamo i primi esempi nell’epoca Heian, soprattutto tra il nono e undicesimo secolo, di prosa creativa, i primi romanzi e poi i
diari; quindi, emergono queste forme che caratterizzano la letteratura classica giapponese con i nikki (diari) e i monogatari
(prosa creativa, romanzi). I capolavori di quest’era sono ad esempio Shōmonki, Tosa nikki, Makura no sōshi, Genji monogatari,
ecc. (sono tutti esperimenti creativi in letteratura, scritta per altro in kana, fatti da dame di corte).
In questo periodo storico c’è lo sviluppo anche parallelo della poesia sia in caratteri cinesi, i kanshi (che erano un’occupazione
tendenzialmente maschile), che la poesia Waka (scritta in kana). C’è una prima parte di sviluppo delle arti figurative e delle arti
performative, musica e teatro.

Oltre a Heian si sviluppano altri centri soprattutto commerciali nelle zone costiere, ma anche centri politici distaccati dalla
capitale del regno; è il caso del Dazaifu (che sta oggi nell’attuale Fukuoka), qui arrivavano ambascerie, missioni diplomatiche dal
continente, da qui sono partite alcune spedizioni, alcune missioni di studio verso la Cina, qui venivano esiliati i nobili non graditi
ai Fujiwara, e qui c’è una prima forma di sviluppo di un sistema di difesa contro una potenziale minaccia proveniente dal
continente.

L’egemonia dei Fujiwara a corte garantisce una stabilità politica interna che però non è rappresentativa di tutto ciò che succede
nel paese, di tutto ciò che succede nel regno al di fuori di Heian. Soprattutto nelle regioni che in qualche modo sono state
conquistate più avanti nel tempo (a partire diciamo dal sesto secolo) iniziano ad emergere forme di malcontento e forme di
rivolta anche, insurrezione militare. Non a caso alla metà più o meno del decimo secolo (939-940), un’esponente della nobiltà
delle province, Taira no Masakado (i Taira sono gli eredi della vastissima progenie di Kanmu), inizia parte delle rivendicazioni
territoriali sulla base di sue conquiste militari a tutti gli effetti, e arriva al punto di proclamarsi nuovo imperatore nell’area che
oggi corrisponde Kantō. Negli stessi anni più o meno (941) un altro esponente della nobiltà, Fujiwara no Sumitomo, annette con
la sua abilità militare e strategica, alcune province (3) più vicino alla sede politica e religiosa del regno, tra Shikoku e Kansai. In
risposta a queste iniziative la corte risponde inviando spedizioni militari formati dalle principali casate nobiliari che avevano dalla
loro una forza militare a reprimere queste insurrezioni; le tendenze all’emergere di queste insurrezioni continua di fatto per un
secolo, quindi alla metà del 15esimo secolo abbiamo ulteriori rivolte, questa volta nelle zone del nordest, dove il clan Abe inizia a
fare delle rivendicazioni territoriali, a volersi rendere autonomi da Heian, anche in questo caso verranno inviate forze militari,
capitanate dagli esponenti dalla dei Minamoto (progenie dell’imperatore Seiwa, che avranno compiti specifici tra cui quello del
mantenimento dell’ordine pubblico e della partecipazione attiva delle spedizioni militari ordinate dal sovrano).

lezione 8

A un consolidamento del potere degli aristocratici a corte, a un’egemonia dei Fujiwara che mantiene le cose abbastanza stabili
ad Heian, fuori c’è tensione; il sistema al governo del territorio uscito fuori dalle riforme e dal consolidamento dello Stato
Ritsuryo non funziona bene come volevano i fautori delle politiche dell’epoca. In particolare perché frange dell’aristocrazia
provinciale iniziano a ribellarsi al potere e all’autorità centrale; ci sono notevoli istanze di rivolta, di resistenza, uno dei fattori di
instabilità sono fenomeni di evasione dallo stato che riguardano la popolazione produttiva, che via via lasciano i campi incolti,
cercano di fuggire, l’altro fattore di instabilità nelle province è causato nelle rivolte a livello più alto nella società, soprattutto chi
ha il potere militare nelle province, cerca di esercitarlo e cerca di sottolineare la proprio autonomia da Heian, è il caso di queste
rivolte che scoppiano nelle province di Taira no Masakado che alla metà del decimo secolo conquista 3 province nella regione
del Kanto, scalza i governatori provinciali inviati da Heian e si proclama nuovo imperatore nella zona del Kanto, quindi a Est. Le
rivolte vengono sedate.

Quindi ci sono delle piccole istanze di guerra civile nel paese.

Negli stessi anni un altro esponente dell’aristocrazia delle province con una porzione di potere militare a sua disposizione
Fujiwara no Sumitomo, agisce più o meno in senso parallelo di quanto fatto da Taira no Masakado e conquista anche lui con la
forza alcune province tra la zona del Kansai e Shikoku, anche in questo caso rivendita il controllo di un’area molto importante
soprattutto per i traffici commerciali nell’arcipelago. Anche Fujiwara no Sumitomo arriva a sottomettere alcune province,
controlla alcune zone strategiche del paese, viene soppresso dalle forze poi imperiali e la sua rivolta viene controllata anche in
questo caso.

Le rivolte delle province raggiungono il loro apice tra la metà del decimo e la metà dell’undicesimo, con le rivolte per esempio
nel nord est da parte di clan che sono in qualche modo prodotti del processo di conquista e di incorporazione delle popolazioni
del nord est del Giappone nel sistema Yamato. Contro cui a partire dall’ottavo secolo Heian invia delle spedizioni militari per
rafforzare quella frontiera nordorientali considerata ancora instabile in epoca Heian. Contro gli Abe la corte di Heian invia un
comandante Minamoto no Yoshiie, che riporterà l’ordine nel nord est e i Minamoto (il clan a cui apparteneva Yoshiie)
inizieranno a mettere radici in quest’area del Giappone e a costruire le loro reti di alleanze.

Dalla fine dell’undicesimo secolo ci sono vari conflitti, varie tensioni a livello globale che vedono coinvolti dei clan aristocratici,
che però a differenza degli aristocratici di cui si è parlato finora, hanno dalla loro, non tanto la forza della loro esposizione a
modelli di governo, di pensiero continentale, hanno dalla loro la forza delle armi; quindi, sono i rappresentanti di una nuova
aristocrazia che guadagna influenza in questo periodo, proprio per in qualche modo effetto delle rivolte che scoppiano nelle
province, e che richiedono alla corte di intervenire per mantenere l’ordine pubblico. A partire dal 10/11esimo secolo emerge
sempre di più la forza, l’influenza negli scenari nazionali di una nuova aristocrazia che non è l’aristocrazia civile di Heian, non è
quella che ha sostenuto fin dall’inizio il consolidamento del potere dei sovrani giapponesi.

I Minamoto intervengono in questa ribellione che si verifica nell’area dell’odierno Tohoko, quindi nell’estremo nordest, in
un’area molto lontana dalla capitale, ma vengono inviati da Heian; vengono inviati con il compito di organizzare una forza
armata per reprimere queste rivolte nel 1050 e si iniziano a creare i primi rapporti di vassallaggio, i primi rapporti di tipo feudale
con i clan locali dell’area, oltre ai clan con cui i Minamoto avevano evidentemente rapporti già in precedenza. Minamoto no
Yoshiie è discendente dell’imperatore Seiwa, e in questo frangente storico a capo di una casata conosciuta come Minamoto o
anche come Seiwa genshi (Minamoto del ramo seiwa). Come altre casate dell’aristocrazia militare, anche i Minamoto sono il
prodotto della fuoriuscita di eredi, discendenti di imperatori dalla corte imperiale; i fondatori di queste nuove casate
aristocratiche sono discendenti esclusi dalle dinamiche di successione al trono. A loro vengono dati compiti, incarichi, più finanze
e risorse per mantenersi e per creare una casata che duri nel tempo al di fuori però della vita di corte. Molto spesso a queste
casate viene dato un ruolo di mantenimento dell’ordine pubblico o un incarico di tipo militare, e saranno queste stesse casate a
partecipare attivamente e guidare spedizioni militari in questo frangente storico.

Parlavamo di instabilità politiche al di furi della capitale Heian, perché a Heian, almeno nell’arco di due secoli, comando in
maniera unilaterale i Fujiwara. (comandano i Fujiwara perché sono imparentati con la discendenza imperiale, quindi un gran
numero per via materna anche eredi del lignaggio Fujiwara e in questa dinamica il potere di questa importante casata
aristocratica verrà mantenuto e redo molto duraturo). Questo sistema si basa su fondamenta molto fragili, basta che si salti una
generazione, basta che una donna Fujiwara, una consorte, ecc., non sforni un erede maschio al trono e il sistema va totalmente
in crisi, perché bisogna attingere ad altri potenziali eredi al trono che non siano direttamente Fujiwara; e questo è quello che
succede sotto la reggenza di Fujiwara no Yorimichi (primo genito di Fujiwara no Michinaga, l’artefice di molte decisioni a corte
nella seconda metà del 900 e i primi decenni del 1000) quando una delle figlie del reggenti imperiale, Yorimichi, non dà un figlio
maschio all’imperatore dell’epoca e si arriva per vie diplomatiche di negoziato, all’incoronazione di Go-Sanjō, la cui madre non
era direttamente figlia di un reggente, di un consigliere imperiale dei Fujiwara, ma era Fujiwara di seconda generazione (era
anche lei figlia di una Fujiwara, era figlia di un imperatore ma non aveva un legame diretto con un Fujiwara al potere in uel
momento). Quindi Go-Sanjo è il primo imperatore in 200 anni a non essere direttamente esposto a uno zio, un coglionato, un
nonno Fijiwara reggente; provano subito dopo l’incoronazione a stabilire una forma di restaurazione del potere imperiale, tanto
che parlando di Go-Sanjo si parla di governo diretto (shinsei), senza l’intermediazione di reggenti della casata Fujiwara. Per un
breve periodo, quindi, sotto Go-Sajo si arriva a un ridimensionamento dell’egemonia dei Fujiwara (non è eliminata del tutto dagli
affari di corte). A partire da Go-Sanjo, oltre a questo tentativo di riportare al centro dell’azione politica di governo i sovrani, si
consolida la pratica da parte degli imperatori giapponese (soprattutto quelli che in qualche modo cercano di staccarsi dalle
influenze dei Fujiwara) la consuetudine a abdicare poco dopo l’ascesa al trono (pochi anni tipo 3/4) e dii ritirarsi a vita monastica
come imperatori abdicatari.

L’undicesimo secolo è importante per quanto riguarda la storia politica del Giappone, perché vede l’emergere di questo
fenomeno chiamato insei (governo dal chiostro), significa che gli imperatori che abdicavano e si ritiravano a vita monastica non
abbandonavano totalmente la vita politica, ma continuavano a tessere le loro trame di potere, le loro alleanze strategiche, nel
tentativo di mantenere una voce in capitolo nell’azione di governo. Il fenomeno dell’insei emerge come controaltare per
controbilanciare l’egemonia dei Fujiwara a corte, e sarà uno degli altri poteri che casualmente saranno protagonista di una
continua disputa di potere con gli stessi Fujiwara e si scambieranno contro la stessa casata nobiliare il ruolo di egemonia negli
affari di corte. L’oggetto del contendere, quindi dove si formeranno le contese più aspre sarà la questione della successione al
trono, cioè dove i Fujiwara propenderanno per un candidato, gli imperatori abdicatari cercheranno di favorire un candidato a
loro più gradito, e per far sì che il proprio candidato emerga vincitore dalla contesa con altre fazioni si richiederà sempre di più
l’intervento delle casate dell’aristocrazia militare.

Già l’emergere ti questo fenomeno del Governo dal chiostro frazione ulteriormente il potere della corte, e serve a dividere
ulteriormente la corte in frazioni, c’è chi sta per esempio dalla parte dei Fujiwara che sostengono un determinato erede al trono,
c’è chi sta invece dalla parte del sovrano abdicatario che manda avanti il suo ere al trono; dall’altro ci sono soggetti come i
templi, i monasteri buddhisti che entrano prepotentemente nelle questioni di successioni al vertice della società del periodo
Heian, perché riescono ad adunare oltre a risorse economiche, anche risorse di tipo militare; i templi buddhisti godono di
esenzioni fiscali, hanno dei territori a loro disposizione, sono comunque delle sorte di zone franche in cui si ritirano anche gli
imperatori a vita monastica, spesso attirano anche persone considerate all’epoca anche ai limiti del fuorilegge, spesso con
capacità militari o comunque di tipo bellico. Iniziano a crearsi in molti templi buddhisti delle vere e proprie milizie, a protezione
dei territori assegnati dalla corte ai templi stessi, e anche come forma di controllo del territorio, di mantenimento dell’ordine
pubblico sugli stessi territori. Ciò si installa in un più ampio contesto di competizione tra vecchie scuole del buddhismo di Nara e
nuove scuole del buddhismo Heian. Per i pretendenti al trono in questo frangente, sarà fondamentale ottenere supporto,
sostenere le proprie candidature, la propria posizione nelle più ampie dispute per l’ascesa al trono, sarà importantissimo non
solo ottenere il sostegno delle casate dell’aristocrazia militare, ma sempre di più anche il sostegno di templi e di istituzioni
religiosi, che dalla loro hanno risorse materiali e anche risorse belliche. Si creano delle alleanze molto fluide a sostegno dell’uno
o dell’altro pretendente al trono.

In particolar modo a partire dalla prima metà del dodicesimo secolo (1100) sempre di più quelle famiglie, quegli esponenti delle
casate dell’aristocrazia militare che erano state inviate sulle frontiere a combattere i nemici ecc. vengono chiamate dai sovrani a
corte perché la situazione a Heian è sempre meno sostenibile, è sempre più viva la contesa tra singoli clan aristocratici, tra
singole casate, e tra vari pretendenti al trono; c’è bisogno di ordine e quindi le famiglie che hanno un maggior quantitativo di
armi e di uomini a loro disposizione vengono convocate dalle alte sfere della corte di Heian per mantenere una situazione di
pace e di calma solo apparente, perché queste stesse casate che hanno a loro disposizione forza militare interverranno
direttamente nelle contese; è il caso di due famiglie in particolare quella dei Taira (discendenti da Kanmu) e dei Minamoto,
entrambi stirpi aristocratiche con una percentuale di sangue imperiale a cui nel tempo a partire dall’ottavo secolo vengono
affidati vari compiti tra cui governare le province, e al contempo accumulando forza militare, riuscendo a costruire anche delle
reti di alleanze, di vassallaggio molto estese nelle province del regno; soprattutto si è visto che i Minamoto, a partire da
Minamoto no Yoshiie sono tra i responsabili della difesa dei confini, delle frontiere nord orientali del regno. Tra i Taira e i
Minamoto in particolare, una volta che questi saranno chiamati a corte a patteggiare per uno o per l’altro pretendente l trono si
creeranno delle dinamiche anche in questo caso di conflitto. Nella seconda metà del dodicesimo secolo queste dinamiche di
conflitto sfociano in veri e propri scontri armati, che si sviluppano nelle stesse aree più importanti della capitale. Le competizioni
non sono solo per favorire uno o l’altro pretendente al trono, sono ovviamente anche per ottenere dei trattamenti di maggiore
favore da parte dei sovrani; quindi, anche nomine di più alto rango o tradizionalmente assegnate a esponenti dell’aristocrazia di
rango più alto, iniziano in sostanza a saltare degli schemi.

Nella seconda metà dell’undicesimo secolo a Heian ci sono delle insurrezioni, delle rivolte, delle sommosse interne che sono
sommosse soprattutto aristocratiche.

In questi conflitti sono coinvolte anche altre casate aristocratiche, in questi due casi abbiamo dei conflitti aristocratici armati che
nascono per dispute di successione; quindi, le due fazioni si schierano a favore dell’uno o dell’altro pretendente al trono poi
chiaramente di arriva al punto in cui una frazione ha la meglio sull’altra, oppure si trova un accordo, una sorta di pace
temporanea.

Dallo Hōgen no ran (1156) e dallo Heiji no ran (1160) escono vincitori i Taira, e in particolar modo un uomo politico che
assumerà un’influenza rilevante, o meglio arriverà ai massimi vertici della corte del temo, Taira no Kiyomori, alla fine dello Heiji
no ran nel 1160 diventerà capo dell’esecutivo imperiale (daijō daijin), cioè primo ministro dell’epoca, e quindi avrà un ruolo di
estrema importanza, solitamente non concesso ad aristocratici del suo rango (Taira no Kiyomori aveva sì un legame con la casata
imperiale ma era figlio di governatori di provincia, quindi era un aristocratico di medio basso livello, che formalmente non
poteva occupare un ruolo di primo di livello). Taira no Kiyomori è il primo esponente di questa emergente aristocrazia militare a
governare di fatto il regno. Arriva, dopo 13 anni più o meno di governo, a infiltrarsi nelle dispute di successione a determinarle
direttamente. Sfruttando la sua posizione di primo livello nell’esecutivo imperiale trova un accordo con la casata imperiale per
dare in sposa una delle sue figlie a un imperatore, da questa relazione nasce Antoku, che nel 1180 diventa, soprattutto per
volere di Kiyomori, imperatori.

Al momento in cui viene incoronato Antoku ha 2 anni; l’imperatore diventa poi una sorta di figura a schermo per gli interessi
della classe aristocratica e di chi arriva a determinati ruoli nell’amministrazione statale. L’influenza maggiore arriva da Kiyomori.

Quando Kiyomori spinge e favorisce l’incoronazione di Antoku, succede che sale al trono un imperatore che è figlio di un clan
aristocratico di basso rango (il fatto che abbia 2 anni non è un fatto strano, gli imperatori bambini erano piuttosto normali in
quest’epoca), succede quindi che gli altri eredi al trono si ribellano e in particolare sarà uno a lanciare una sorta di adunata e di
coalizione delle persone di buona volontà contro questa violazione gravissima delle dinamiche di successione fatta su pressione
e per volere di Taira no Kiyomori. Chiaramente la nomina di Antoku è una nomina divisiva.

Si creano quasi 3 centri del potere diversi nell’arcipelago, i Taira arrivano ad acquisire talmente tanta influenza da spostare nel
1180, con l’incoronazione di Antoku, la capitale da Heian a un’altra sede, che oggi è nella città di Kobe, la capitale dei Taira si
chiamerà Fukuhara-kyō. (questo spostamento avrà brevissima durata). I Minamoto intanto spostano il baricentro del loro potere
a est, nell’area del Kanto. (I Minamoto dopo essere stati sconfitti dai Taira sono stati esiliati, non possono rientrare ad Heian, e
trovano rifugio nel Kanto).

I Taira al loro interno affrontano dei cambiamenti molto importanti perché, dopo almeno un decennio di potere incontrastato, il
vero leader della casata, Taira no Kiyomori muore nel 1181 e lascia la guida del clan ai figli, che però non avranno un’eredità
facile, soprattutto perché dovranno gestire gli affari del clan in un contesto di guerra aperta con i Minamoto. È un conflitto che
dura 5 anni, è conosciuto come guerra Genpei. Minamoto contro Taira è un conflitto che dura 5 anni, inizia nel 1180, con
l’incoronazione di Antoku, finisce nel 1185 con la morte di Antoku (7 anni), e al termine del conflitto viene catturato anche il
leader dei Taira dell’epoca, Taira no Munemori (figlio di Kiyomori), e giustiziato. Al termine di questo conflitto che riguarda di
fatto tutto il regno, emerge un nuovo potere nell’arcipelago che è quello del clan dei Minamoto, che è un clan di nobiltà militare
che non scende a patti e compromessi con l’imperatore dell’epoca; quindi, non stabilisce la sede del proprio potere nelle
istituzioni dello stato Ritsuryo ma crea delle istituzioni parallele allo stato imperiale, stabilendo la propria sede di governo a
Kamakura. Yoritomo, che è appunto il leader più importante in questa fase della sua casata militare, della casata militare dei
Seiwa Genji, stabilisce la propria sede di governo a Kamakura, e manda Minamoto no Yoshitsune, uno dei suoi più importanti
generali a controllare, a presidiare Heian, a mantenere l’ordine pubblico nella capitale imperiale; questo porta Yoahitsune ad
avvicinarsi molto al centro del potere a corte, per quanto simbolico ancora molto importante negli assetti politici dell’arcipelago,
tanto che Yoshitsune riceve delle nomine da parte dell’imperatore, come amministratore della capitale. Tra Yoshitsune e
Yoritomo si sviluppa una dinamica di conflittuale che porta tra il 1187 e il 1189 Yoritomo a dare la caccia a Yoshitsune.

Dopo l’89 quando Yoshitsune muore, succede che Yoritomo si ritrova ad essere l’uomo più potente del regno, anche più
dell’imperatore, e però si ritrova ad esser l’uomo più potente del Giappone in un periodo in un momento storico in cui c’è
tensione a corte, c’è tensione nelle province e c’è bisogno di una sorta di governo efficace, che compensi in qualche modo le
inefficienze del governo dell’aristocrazia civile dei secoli precedenti.

L’imperatore Go-toba, che nel frattempo era asceso al trono, grazie anche al favore dei Minamoto, decide di nominare Yoritomo
sei-i taishōgun (generale dei generali), una carica che era temporanea e che era stata riservata ai capi militari impegnati nelle
campagne militari nel nordest in secoli precedenti, questa carica non sarà più temporanea ma diventerà permanente.

Il consolidamento delle strutture dello stato e delle istituzioni dello stato antico giapponese, coincide con un utilizzo massiccio
del territorio, e con uno sfruttamento importante delle risorse a disposizione delle comunità di esseri umani dell’arcipelago,
soprattutto emerge con la creazione delle prime capitali delle prime sedi di governo, un bisogno costante di una risorsa in
particolare che è il legname, al di là del cibo (che è la prima forma di tributo). Il fabbisogno, l’aumento dell’estrazione di legname
nelle province e in tutte le zone del territorio in cui questa risorsa è disponibili, ha delle conseguenze importanti per quanto
riguarda l’aumento della fragilità del terreno, e quindi a partire dal 7/8avo secolo, molte carestie saranno provocate anche
dall’aumento dell’erosione dei terreni in conseguenza di un sfruttamento massiccio delle risorse forestali e un annata di raccolti
andata male, incide sull’aumento delle carestie, sullo sviluppo anche di epidemie. Contemporaneamente a questi fenomeni e in
coincidenza dei contatti più stressi con il continente, in Giappone entrano delle malattie di tipo epidemico, già diffuse in Europa
e in tutta la piattaforma euroasiatica.

lezione 9

Yoritomo in definitiva negli ultimi anni degli anni 80 del 12esimo secolo, estende il proprio potere dalla capitale di Kamakura alla
capitale imperiale fino alle frontiere più nordorientali del regno. Fatto ciò, ed eliminato anche uno dei suoi più importanti
concorrenti dal palcoscenico, Yoritomo, ponendo una certa pressione nei confronti della corte e dei sovrani di quel periodo
riceve una nomina importante, che segnerà appunto almeno 7 anni della sua carriera, perché diventerà, per nomina
dell’imperatore Go-Toba, sei-i taishōgun (generale dei generali), è una carica che diventerà da Minamoto no Yoritomo in poi fino
più o meno al 1868 una carica permanente di cui si sentirà parlare e riparlare; lo shogun diventerà di fatto un ruolo decisivo nella
politica dell’arcipelago perché sarà il responsabile del controllo effettivo del territorio e delle decisioni politiche più importanti
che verranno prese dalla fine del 12esimo secolo fino alla seconda metà del 19esimo.

Quando si consolida la parte shogunale, quindi tutta la struttura di governo facente capo a Minamoto no Yoritomo, si creano
delle dinamiche molto simili a quelle che si sono viste per la nascita e lo sviluppo dello stato imperiale; quindi, naturalmente c’è
una posizione di vertice, c’è un leader assoluto e un leader sulla carta solo militare. Il ruolo di sei-i taishōgun prima di Yoritomo
era riservato a questi generali a cui veniva delegata l’autorità assoluta in alcune zone in cui era richiesta una guida sul campo, in
particolar modo in ambito di campagne militari, quelle spedizioni, quelle missioni sulla frontiera nordorientale che erano
diventate essenziali tra l’8avo e il nono secolo per estendere l’autorità dello stato Yamato anche in zone precedentemente non
toccate dall’autorità stessa dell’imperatore. Quindi si creano delle dinamiche molto simili alla costituzione della corte di un
governo con a capo un imperatore; quindi, si crea un sistema di potere di fatto uguale, si creano due corti separate, cioè lo
Shogun diventa una sorta di secondo sovrano, che determina le politiche e decide su gran parte del territorio dell’arcipelago;
rispetto alla corte e all’aristocrazia tradizionale, l’aristocrazia militare ha dalla sua il potere delle armi. È un controllo più radicato
sul territorio al di fuori della capitale imperiale stessa. Il bakufu (Kamakura “governo della tenda” perché l’origine di questo
termine è legata alle campagne militari sulle frontiere nordorientali e si richiama l’esperienza miliare) diventa una struttura
permanente di sostegno ma anche in competizione con la corte imperiale a Heian, anche in questo caso si creano due dinamiche
parallele (che saranno ancora una volta di tipo competitivo). Lo shogun è di nomina imperiale, non è una struttura totalmente
indipendente dalla corte imperiale stessa; per diventare shogun bisogna ricevere la nomina da parte del sovrano stesso. La
continuità nel tempo della carica shogunale, sarà influenzata dalle pressioni militari dei detentori del potere a Kamakura, quindi
saranno i Minamoto di fatto a fare pressioni sulla corte per ricevere questa nomina che gli conferisce una legittimità non
soltanto militare ma anche amministrativa, e in più su creeranno le solite dinamiche di alleanze matrimoniale con l’aristocrazia
civile e in particolar modo con la casata imperiale stessa.

A Minamoto no Yoritomo oltre alla carica shogunale, gli viene concesso il diritto di nomina dei funzionari provinciali, sia di coloro
che gestiscono l’ordine pubblico nelle province, sia di coloro che riscuotono i tributi. Grazie a queste deleghe concesse dalla
corte imperiale lo shogunato rafforza il proprio controllo sul territorio di tutto il regno. Lo shogun stabilisce un ufficio di
rappresentanza a Heian, chiamato Rokuhara tandai, e un altro nel Kyushu chiamato Chinzei bugyō. Quindi Kamakura, Heian e
Kyushu sono le 3 aree da cui lo shogunato inizia ad esprimere la propria autorità nel territorio del regno. Grazie alle deleghe
ricevute dall’imperatore il Bakufu controlla i funzionari provinciali, che sono gli Shugo e gli Jitō, sono funzionari militari e civili
nominati nelle province.

Nel 1892 Yoritomo arriva a costituire tutta questa struttura di potere che da Kamakura a arriva a controllare tutte le province
che prima erano controllare da uomini inviati dalla corte di Heian a governare. Dopo appena 7 anni però l’autorità di Yoritomo
viene a mancare, perché muore in seguito a un’incidente, lasciano il clan nelle mani dei suoi due figli, che però muoiono in
seguito a congiure della corte interna allo shogunato. Infatti, dopo Yoritomo saranno altri due esponenti del clan Minamoto,
eredi diretti di Minamoto ad occupare la carica Shogunale, ma a partire però dagli anni 20 del tredicesimo secolo (1200) non sarà
più nessun Minamoto ad essere nominato al vertice dell’istituzione shogunale. Dopo Sanetomo (secondo genito di Yoritomo) gli
esponenti del ramo Seiwa dei Minamoto non occuperanno più il ruolo di shogun, dopo la porte di Sanetomo anche lui per
congetture, saranno esponenti ancora una volta dell’aristocrazia civile di Heian a prendere il controllo quantomeno
nominalmente dello Shogunato, quindi di reinstalla questo rapporto reciproco, sarà favorirà la nomina imperiale di principi di
esponenti della stessa casata reale alla guida dello shogunato, o al massimo l’incarico shogunale verrà assegnato ad esponenti
per esempio dei Fujiwara o di casate affini legate al ramo dominante dei Fujiwara. Solo nominalmente la figura dello shogun avrà
un ruolo dopo Yoritomo, chi deciderà sugli affari del regno non saranno più esponenti del clan Minamoto, ma neanche gli
shogun nominati dalla corte, saranno a tutti gli effetti gli Hōjō; Tra i vari alleati del clan Minamoto (in questo caso non sono
vassalli perché esisteva tra i Minamoto e gli Hojo un’alleanza matrimoniale, la moglie di Yoritomo apparteneva agli Hojo, quindi
non si può parlare degli Hojo come dei vassalli dei Minamoto, ma di loro alleati). In questo sistema grazie alla loro vicinanza, alla
loro alleanza molto stressa con i Minamoto, gli Hojo fin dal periodo in cui Yoritomo ha il potere assoluto in questa struttura,
emergono come consiglieri, come reggenti dello shogun, sono gli alleati più vicini, i consiglieri più stretti di questo dittatore
militare. Questa carica occupata dagli esponenti, dagli uomini della casata Hojo, il ruolo secondo solo a quello dello shogun, è
definito shikken. Saranno gli shikken (che saranno sostanzialmente appartenenti al clan Hojo), soprattutto dopo la morte di
Yoritomo, a determinare gli assetti di potere in questa struttura. Quindi saranno loro a gestire i rapporti con la corte, a nominare
gli inviati ad Heian nel Kyushu, a gestire le nomine a livello provinciale dei funzionari (degli shugo e degli Jito), saranno loro a
determinare anche e a controllare i samurai dokoro. Gli Hojo sono una casata, per altro, che si allea con i Minamoto grazie al
matrimonio tra Masako e Yoritomo, ma che derivava dal clan Taira, era un ramo del clan Taira; quindi, in fin dei conti, chi
controlla e chi gestisce di fatto lo shogunato di Kamakura a partire dagli anni 20 del tredicesimo secolo, sono degli esponenti del
clan Taira. Il loro ruolo non è semplicissimo, perché si trovano appunto anche a gestire la corte da Kamakura, e molto spesso
essendo comunque esponenti di un rango aristocratico meno elevato della nobiltà tradizionale di Heian, si ritrovano in qualche
modo in conflitto, a gestire anche delle dinamiche di contrasto e di invidia per il ruolo ottenuto. Gli hojo comunque cercando di
mantenere, grazie all’apparato shogunale predisposto da Yoritomo un’influenza sulle questioni di corte, in particolare gestire e
presentarsi come garanti dei conflitti che si creano ancor auna volta intorno alle successioni al trono, cercando di orientare la
scelta verso candidati imperatori favorevoli al mantenimento della struttura duale del potere, e quindi del mantenimento della
struttura shogunale stessa. Queste pratiche hanno successo relativamente, fino ad esempio in particolare fino al 1221, momento
in cui gli Hojo inviano forze armate ad occupare la capitale imperiale a fronte di disordini che ancora una volta esplodono a
Heian, e a fronte del fatto che a Heian si sta creando un fronte anti-shogunale (Anti Hojo) che pesca naturalmente dai delusi di
questo nuovo assetto di potere. Lo stesso imperatore Go-Toba quando le forze Hojo vanno ad Heian viene catturato ed esiliato;
quindi, allontanato dalla capitale imperiale stessa e quindi l’esilio di Go-Toba, significa trovare un nuovo successore al trono,
successore che sia più favorevole e meno predisposto ad organizzare delle congiure contro gli shikken, e contro il sistema di
potere che gli Hojo hanno creato. Con l’occupazione militare di Heian nel 1221, via via gli Hojo cercano di estendere e rafforzare
il loro controllo territoriale e la loro rete di alleanze anche intorno alla capitale e nelle aree più lontane dalla sede fisica e
geografica del loro potere. Il processo di consolidamento del potere dello shogunato di Kamakura è difficile, complesso e
contestato, e denso di fenomeni di resistenza.

Nel primo decennio di governo più o meno incontrastato degli shikken c’è quello che è un rafforzamento dell’apparato
amministrativo e del controllo degli Hojo stessi che passa anche appunto attraverso queste dinamiche di ricorso allo strumento
militare per riportare la pace e determinare la fine di alcune contese.

Tra gli anni ’30 e ’40 (1230-40) del tredicesimo secolo vengono approvati codici e regolamenti per gli amministratori militari;
quindi, per coloro che lo shogunato nomina nelle provincie, in modo da rafforzare ancora una volta il controllo su queste cariche
di elezione di elezione dello shogunato (Codice Jōei/Goseishibai shikimoku); sono codici equivalenti un po’ a quella che era la
costituzione in 17 articoli per principe Shotoku del 604, cioè si cerca di dare norme di condotta, di sottolinea anche ancora una
volta la superiorità dell’apparato shogunale rispetto ai suoi dipendenti, e la centralità del potere dello shogun rispetto ai suoi
delegati nelle province. Tra il 1230 e ’40 si verificano però anche pestilenze, carestie (che hanno legami con quelle dinamiche
ambientali della scorsa lezione); questi fenomeni portano lo shogunato a rivedere periodicamente la raccolta tributaria,
favorendo anche fenomeni redistributivi, quindi riduzione del carico fiscale sulla popolazione produttiva.

Dopo 20 anni circa di pace apparente con la corte e con i sovrani, si riaprono i conflitti ancora una volta tra il 1240 e 1250 gli
Hojo si ritrovano pienamente coinvolti nelle dinamiche di Heian anche ricorrendo alla forza militare.

Già in epoca Heian, grazie ai contatti continui con il continente e alle missioni di studio che la corte decide di finanziare e inviare
verso la Cina Tang, si vengono a sviluppare nuove scuole buddhiste, in particolar modo Shingon e Tendai; con il periodo
Kamakura (a partire dal 12esimo e 13esimo secolo) c’è un nuovo impulso nella creazione di nuove scuole buddhiste, sempre
dalle due dominanti di epoca Heian, questa volta c’è meno intervento della corte imperiale nel finanziare spedizione verso il
continente di monaci, i traffici con il continente sono, dal punto di vista ufficiale estremamente limitate, ma si moltiplicano le
dinamiche e le possibilità non ufficiali per attraversare il mare e andare sul continente. Emergono nuove scuole, alcune delle
quali si legheranno a doppio filo all’emergere della governance di tipo militare, quindi alla stessa strutturazione e al
consolidamento del potere dello shogunato, in particolare la scuola Zen, che diventerà l’espressione del buddhismo ufficiale,
sanzionata dallo shogunato; insieme allo Zen, che deriva appunto dall’esperienza e dallo studio della scuola // in Cina e poi
tradotta e adattata alle condizioni locali del Giappone, si apriranno strade che porteranno il buddhismo ad ampliare il suo
pubblico. A partire dal 12esimo e 13esimo secolo il buddhismo (fino a quel momento il buddhismo era legato all’emergere di
un’aristocrazia di un sistema di poteri di vertici, legalo all’élite, al consolidamento anche di dinamiche elitarie all’interno della
società antica giapponese) arriva finalmente alla popolazione, grazie all’impulso di alcune scuole del buddhismo, soprattutto alle
scuole legate all’Amidismo e legate al culto di Nichiren; sono indirizzi del buddhismo che portano un messaggio di speranza e di
salvezza accessibile a una frazione della popolazione più ampia, rispetto allo studio, alla meditazione, a quelle pratiche ascetiche
che richiedevano un grande sforzo da parte dei fedeli. Alcuni monaci come Shinran e Ippen attraverseranno tutto il regno,
porteranno il messaggio buddhista tra la popolazione, coinvolgendola attivamente con rituali in gruppo, danze, eventi pubblici
aperti a tutti. Altri appunto cercheranno strade per la salvezza accessibili anche alla popolazione meno acculturata, meno colte,
grazie magari alla ripetizione di un mantra facilmente ricordabile. Si inizia però a diffondere il culto buddhista perché il clima del
regno, a fronte anche di questo ripetersi di conflitti, pestilenze ed eventi negativi legati alle fragilità strutturali della mente
giapponese, si inizia a diffondere una sorta di visione estremamente pessimistica, in qualche modo si viene a creare una sorta di
clima di fine della storia, il messaggio e il successo di alcune scuole in questo periodo si basa su una concezione di precarietà
legata alla vita in un momento storico molto lontano dagli insegnamenti originali del Buddha. L’idea di star attraversando un
periodo critico della storia favorisce l’adesione e la popolarizzazione di alcune scuole buddhiste. Si dividono in due correnti, una
corrente del buddhismo ancora una volta legate all’élite della società dell’epoca (la scuola zen riceverà il favore dello
shogunato), dall’altro abbiamo fenomeni come quelle legate al culto di Amida aperte alle classi subalterne.

Al di là di quello che succede tra Kamakura e Heian, al di là della creazione di nuove comunità religiose, tra il 12esimo e il
13esimo secolo si vengono a creare delle situazioni di autonomia politica; quindi, quel sistema di potere centralizzato che era
stato costruito tra il settimo e il nono secolo viene a crollare definitivamente. È come se si creassero da u nucleo centrale in cui
era stato concentrato tutto il potere, tutta l’autorità del regno diverse particelle, molto spesso autonome, indipendenti l’una
delle altre, nominalmente magari all’interno di una stessa autorità sovrana, ma a tutti gli effetti autonomi e indipendenti l’una
dalle altre. Quindi si hanno due capitali che sono in dinamiche di competizione, una capitale imperiale e una shogunale; la
capitale imperiale è sempre di più teatro di contese, di guerre e di conflitti; quindi, si avvia a un percorso di declino e di
abbandono. Le comunità religiose si affrancano dal potere politico, si autogovernano anche perché godono di un’autonomia
territoriale, hanno un loro sistema di protezione, possono benissimo vivere in maniera autonoma dalla protezione di uno stato e
di un regno. nelle province ci sono sempre più comunità di villaggio, che sono padrone di fatto dei loro destini e spesso
relativamente autonome da un potere centrale, che si quello della corte imperiale, o che si auwello dello shogunato; nelle
province soprattutto si vengono a delineare dei vuoti di potere entro i quali agiscono di fatto le comunità autonome. Molto
spesso saranno le comunità autonome governare o gestite anche da movimenti religiosi; quindi, questi nuovi movimenti che
nascono a partire dal 12esimo secolo contribuiranno anche alla progressiva autonomia di realtà locali. Alcune scuole religiose nel
pieno della crisi della capitale imperiale controlleranno delle aree anche estese di heian, al di là della permanenza di un potere
imperiale estremamente ridotto, ridimensionato rispetto ai secoli precedenti. In questo contesto oramai siamo in un momento
storico in cui esistono dei poli al di là delle capitali dell’impero e dello shoguanto, esistono dei centri commerciali, degli empori
regionali, delle città affacciate soprattutto sul mare, che vivono e traggono ricchezza e risorse dai loro contatti con il continente.
Kamakura è tra queste, ma ci sono anche Dazaifu, Hakata, Sakai, Heian per via del suo affaccio sul mare; qui avvengono scambi
sempre meno a livello formale, sempre più a livello informale, gestiti da singole casate, da cosiddetti pirati dell’epoca, che in
qualche modo agivano a livello commerciale, mercantile, non solo facendo razzia sulle coste del Giappone, della penisola
coreana e della Cina orientale, ma anche trasportando beni e persone da una parte all’altra del mare del Giappone e del Mare
Giallo, aggirando tutte le limitazioni del periodo imposte dai regni dell’epoca. In queste aree quindi si viene a creare ricchezza in
conseguenza dell’aumento e del progressivo sviluppo di scambi commerciali con il continente, saranno queste aree appunto
dove avvengono maggiori scambi, dove vengono ad accumularsi maggiori ricchezze grazie a un’economia concentrata
soprattutto sullo scambio di beni reali; sarà qui che si concentreranno le attività di razzia e di furto da parte dii questi gruppi di
pirati (wako) che agiscono nella regione. Alcune di questi centri commerciali svilupperanno un’economia di fatto specializzata,
per esempio nella zona del Kansai si svilupperà l’economia incentrata sulla produzione della distillazione del riso; città come
Kamakura invece trarranno la loro principale fonte di ricchezze dallo sfruttamento delle risorse boschive, dal legname, e dal fatto
che questo legname sarà richiesto non solo all’interno dell’arcipelago ma anche all’esterno, dove le risorse forestali erano già
state sfruttate appieno nei secoli precedenti. Ci sono, a seconda delle regioni, anche realtà produttive che costituiranno il centro
dell’attività economica in questo momento storico; e oltre a queste dinamiche di autonomia, di accumulazione di fondi e di
ricchezza, siamo di fronte all’emergere di quella che è l’era della pirateria asiatica, già diffusa in epoca Heian, ma che diventa con
l’entrata in crisi dei sistemi di governo, diventa un fenomeno piuttosto consistente. Ai margini dello stato, sia quello imperiale
che shogunale, vivono comunità extra statali, comunità di individui che resistono alle norme che sono sempre di più al centro
dell’agire polito, della corte imperiale; queste comunità extra statali sono fatte dei cosiddetti popoli del mare (Kaimin), i pirati
(wako), e poi nelle zone più interne dell’arcipelago ci sono comunità di briganti (akuto). In questo periodo storico l’economia è
fatta da scambi incentrati da quelli che dono di fatto i commerci incentrati sulle dinamiche del baratto, e che vedono il Giappone
esportare verso il continente, per esempio, pelli e pellicce animali, metalli preziosi che favoriscono soprattutto nelle aree
avanzate dove ci sono stati già più avanzati in particolare in Cina e in Corea, favoriscono la nascita di zecche di stato e
produzione di beni simbolici come il denaro.

lezione 10

Tra il 12esimo e il 13esimo secolo anche la corte, anche la vita agiata dei nobili viene sconvolta dalle tensioni, dai conflitti
costanti, dallo smarrimento a livello istituzionale a cui si assiste con la perdita graduale di autorità del regime tanto
faticosamente uscito fuori dalle riforme dell’ottavo e il nono secolo; quindi, in generale si può parlare di una sorta di clima
intellettuale molto pessimistico e si diffonde su larga scala, a livello di tutta la popolazione in tutte le fasce della popolazione, e
questo favorisce lo sviluppo di nuove correnti religiose, che cercano di rispondere al bisogno di salvezza che ciascun individuo
inizia a volere in una situazione del genere. Questo clima pessimistico che si diffonde nel paese viene racchiuso da
un’espressione che diventa parte anche dell’insegnamento buddhista e di alcune scuole in particolare, tra cui l’Amidismo e la
scuola di Nichiren, che è il cosiddetto “mappoo?” (significa fine della legge, inteso come fine della legge buddhista), l’idea di
Mappo inizia a serpeggiare nella popolazione giapponese a partire dal 12esimo secolo in avanti e indica un momento storico
ormai così lontano dall’insegnamento originale del Buddha da essere di fatto momento di crisi, non c’è più una legge, una
direzione.

Fino a 1h di lezione ha fatto riassunto, quindi inutile.

Espansione e creazione dell’impero mongolo.


A partire dalla prima metà 13esimo secolo (1200circa) Gengis Khan si mette a capo di un’orda di cavalieri e inizia a conquistare e
ad annettere sotto il suo controllo territori vastissimi in Asia centrale soprattutto a partire dall’area della Mongolia dell’Asia
centrosettentrionale, arrivando di fatto fino alle porte dell’Europa, e annettendo sotto il suo controllo un territorio vastissimo.
Dopo Gengis Khan il regno viene suddiviso in 4 grande aree e spartito fra i suoi successori. Alla seconda metà del 13esimo
secolo, uno dei suoi nipoti, Kublai Khan, consolida la supremazia mongola nel nordest asiatico, in particolar modo nel nordest
della Cina e crea di fatto nel 1271 una nuova dinastia cinese, entrando a pieno titolo nelle lotte intestine al continente per la
supremazia su quello che era l’impero degli Han. Kublai Khan istituisce questa nuova dinastia, che rispetto alle dinastie cinesi
precedente, è una prima dinastia considerata barbarica, istituita da un capo militare al di là delle barriere fisiche e biologiche che
la dinastia Han avevano segnalato nel nordest del loro regno (muraglia cinese). Fonda appunto la dinastia chiama Yuan e colloca
la capitale del suo impero della dinastia cinese a Khanbaliq (oggi: Pechino), sottomette gran parte del nord est della Cina, ottiene
la sottomissione anche del regno di goryo?, quindi del regno più importante che controlla la penisola coreana. Dopodiché invia
degli emissari alla corte giapponese (Dazaifu), che ancora in quel momento si occupava di gestire le relazioni “internazionali” del
regno, e gli viene intimato di sottomettersi alla sua egemonia, ma soprattutto viene intimata l’interruzione dei rapporti
commerciali con Song (Lin’an [Hangzhou]), che erano in quel momento i nemici di Kublai Khan per l’egemonia e la supremazia in
Cina. A questo messaggio Kublai Khan non riceve risposta, e quindi decide di rendere il messaggio più chiaro e invia una prima
spedizione nel 1274 di 30.000 uomini verso le coste del Giappone, sono militari e marinai proveniente dalle realtà appunto
mongole, sono uomini armati della cavalleria mongola (la cavalleria è lo strumento di offesa più importante per questa armata),
e ci sono anche delle forze provenienti dalla corea, che supportano le spedizioni militari verso il Giappone. Queste forze
approdano ad Hakata, nel Kyushu, e qui colgono di sorpresa le difese giapponesi, le forze shogunali che intervengono a bloccare
l’avanzata delle forze mongolo; c’è uno scontro che dura pochi giorni, e la battaglia dell’era Bun’ei si conclude con la ritirata delle
forze mongole ma non si sa come sia possibile, perché guardando anche i numeri delle forze in campo rimane un dibattito
aperto su come le forze dello shogunato siano riuscire a respingere uno degli eserciti più avanzati e più forti dell’epoca, la
tradizione, soprattutto quella che è stata insegnata nelle scuole giapponesi nella modernità, quindi a partire dalla fine del 1800 e
nella contemporaneità, è che le forze dello shogunato siano state aiutate dai cosiddetti venti divini (dai kamikaze) che avrebbero
distrutto la flotta mongola, o comunque avrebbero convinto i mongoli a ritirarsi verso zone a loro più conosciute, verso la base;
in realtà non esiste una spiegazione storicamente accettata da tutti gli storici che si sono occupati della questione; si sa che il
primo tentativo di invasione mongola finisce in un fallimento (non porta nessun risultato effettivo per Kublai Khan), è un
campanello d’allarme per le forze dello shogunato e fu probabilmente (stando alle ipotesi più accreditate) una pura
dimostrazione di forza da parte delle forze di Kublai Khan. Probabilmente non c’era nessuna intenzione di procedere alla
conquista del Giappone da parte delle armate mongole. La prima invasione mongola porta a una riorganizzazione delle strutture
di difesa delle fortificazioni della costa del Kyushu da parte dello shogunato. In quel momento storico il leader, la figura di
maggiore responsabilità all’interno dello shogunato è Tokimune (all’epoca della prima invasione ha appena 23 anni, nella
seconda ne ha 30, quindi è considerato un leader piuttosto giovane anche per l’epoca); Tokimune cerca di rafforzare le strutture
di difesa dell’arcipelago e di organizzare una vera e propria forza di difesa nazionale.

Il secondo tentativo da parte dei mongoli del 1281 è caratterizzato dal fatto che questa volta sembra esserci a conti fatti una
ragione importante, ovvero l’esecuzione capitale di nuovi emissari che Kublai Khan manda verso il Giappone. Quindi emissari,
arrivati a Dazaifu, vengono catturati e giustiziati, la risposta diplomatica non convince le autorità mongole che decidono di
radunare nuove forze per piegare definitivamente le resistenze giapponesi. Partono due plotoni che convergono sul Giappone,
una dalla costa orientale della Cina che attraversa il Mar Giallo e arriva sulle coste del Kyushu, dove convergono anche delle
forze provenienti dalla penisola coreana. Vede quadruplicare le forze inviare, da 30.000 si passa a 140.000, a rispondere a questa
nuova impresa militare ci sono tra i 40.000 e i 60.000 uomini al comando degli Hojo e dello Shogunato; anche in questo caso c’è
una battaglia che dura questa volta due mesi. Da parte dei Mongoli c’è un avanzamento tecnologico, che arrivano oltre che con
la loro cavalleria anche con la polvere da sparo, con i primi proiettili a cui sono esposte le forze dei guerrieri giapponesi. Ad
agosto del 1281 pare ci sia stato un tifone, forti piogge e forti venti che hanno effettivamente decimato la flotta mongola, che
dopo due mesi di combattimento in un territorio non ben conosciuto dai vertici militari dalle forze mongole, i tifoni
contribuiscono a segnare il fallimento di questo secondo tentativo di invasione del Giappone. A fronte di ciò, le autorità
giapponesi di Corte e shogunato, cercano di creare una narrazione incentrata sula vittoria delle forze shogunali, favorita anche
da un intervento divino; cioè, gli eventi tipici della stagione, i tifoni vengono considerati una sorta di protezione divina sul paese.

lezione 11

Dopo le tentate invasioni mongole del 1274 e 1281, il sistema shogunale, in particolar modo tutto l’assetto polito duale del
regno viene a gradualmente disgregarsi, entra in una crisi da cui non uscirà, anzi nonostante alcuni tentativi di riportare ordine si
approfondirà.
Tornando alle scorse lezioni, gli Hojo si trovano in una situazione di assoluto dominio degli affari dello shogunato, dopo la morte
di Yoritomo, gestiscono gli affari politici nello shogunato ma intervengono anche fortemente nella corte, influenzando le
decisioni sull’ascesa al trono, questo crea non poche tensioni con la corte tanto che esistono dei conflitti tra le due parti, si vede
come il sistema politico si sia divido in due che in qualche modo trovano un coordinamento, coordinano le loro attività sulla base
di un tacito accordo, in cui è l’imperatore a delegare il potere territoriale allo shogun, d’altra parte però sono gli apparati dello
shogunato che intervengono in maniera diretta a dirimere le questioni di successione a corte, quindi anche a intervenire negli
scontri che scoppiano tra le varie casate militari e civili che ruotano intorno alla corte imperiale di Heian. Le tensioni spesso
sfociano in scontri militari, tanto che negli anni 20 del 1200 (30 anni dopo la creazione dello shogunato di Kamakura), le truppe
di Kamakura marciano su Heian, occupano la capitale, catturano l’imperatore ritenuto responsabile di una congiura contro lo
shogunato e viene esiliato. Gli Hojo hanno questa fortuna anche di ritrovarsi in questo punto della loro vicenda politica a
ritrovarsi contro uno degli imperi più potenti della loro epoca a livello globale, ovvero l’impero mongolo. Dopodiché le cose
dovrebbero favorire un trionfo, una glorificazione anche degli Hojo che per la prima volta nella storia hanno organizzato, si sono
resi responsabili dell’organizzazione di un sistema di difesa di portata nazione (secondo gli storici qui c’è in questo momento
storico, nel 13esimo secolo, la nascita di una coscienza di appartenenza a un gruppo, a un’identità ben specifica), ci si potrebbe
quindi aspettare che gli Hojo escano dalla vicenda come degli eroi nazionali (questa chiaramente è parte della narrazione che lo
stesso shogunato vorrebbe imporre) ma le cose a conti fatti vanno in modo molto diverso, e anzi, dal dopo il secondo tentativo
di invasione mongola del Giappone, gli Hojo e lo shogunato di Kamakura precipitano in una crisi , che porterà alla dissoluzione di
questo centro di potere; perché si tratta non di una guerra di cattura, non di una serie di vicende militari che portano alla
conquista di nuovi territori che possono essere suddivisi tra i vincitori, ma si tratta di un’operazione di difesa, da cui ai difensori
rimane ben poco. Le famiglie che partecipano alle operazioni di difesa del regno, alcune possono essere ricompensate
(soprattutto gli alleati più stretti degli Hojo) in un processo ancora una volta di accentramento del potere nelle mani della stessa
famiglia degli shikken, altre famiglie militari invece si ritrovano in serie difficoltà economiche perché hanno investito gran parte
delle loro risorse seguendo un ordine dello shogunato, e si vedono ricompensate con poco o nulla. Nel sistema di potere
dell’epoca, la ricompensa, la spartizione di un bottino, soprattutto in una visione militare del mondo era essenziale, e favoriva il
rafforzamento dei rapporti di vassallaggio, che entrano in crisi dopo la seconda tentata invasione mongola del Giappone. I
rapporti di alleanza tra le casate militari e gli Hojo entrano in crisi, il Bakufu si trova in una crisi di legittimità, non ha più il
consenso di cui godeva fino a quel momento, e che ha permesso allo stesso organo di governo di organizzare una difesa
efficiente e trattenere per due mesi l’avanzata dei mongoli sul territorio dell’arcipelago.

La legittimità, l’autorità shogunale inizia a disintegrarsi e progressivamente, soprattutto nella capitale imperiale, iniziano a
prendere forze esponenti dell’aristocrazia e anche della stessa famiglia imperiale, che riescono a radunare un fronte anti-
shogunale, un fronte diciamo avversario, contrario alle ingerenze degli Hojo sugli affari di corte, ma che in generale che si pone
l’obiettivo di rivedere i rapporti tra Heian e Kamakura. Protagonista di questo fenomeno della costituzione di un fronte anti-
shogunale è Go-Daigo, che nel 1319 un po’ per caso (si crea un vuoto di discendenza, non c’è un erede diretto del sovrano che
abdica o muore, e quindi bisogna scegliere da rami, dalla discendenza secondaria dell’imperatore. Go-Daigo è proveniente dal
ramo secondario della discendenza del suo predecessore), diventa imperatore. È però un principe imperiale che in qualche
modo si prepara ad occupare il ruolo che occuperà per una decina d’anni o poco più, studia in maniera molto attenta i classici
confuciani, quindi si forma su quello che è il modello confuciano, riscopre alcuni classici che sono opere fondamentali del
pensiero politico continentale e inizia a mettere nero su bianco un piano di ripristino dell’autorità e della centralità negli affari
del regno del sovrano, modellato chiaramente sull’esempio cinese, in cui il sovrano ha una posizione di supremazia e superiorità
assoluta rispetto a tutte le altre componenti della società. Questo modello di governo convince tutti quelli che un po’ avevano
maturato uno scontento nei confronti della gestione shogunale degli affari del regno; quindi, della gestione degli Hojo in
particolare; Go-Daigo riesce in qualche modo a radunare attorno a sé tutti i delusi del periodo e tutti coloro che nutrivano del
malcontento nei confronti dello shogunato. Sono sia esponenti delle casate dell’aristocrazia militare, sia dell’aristocrazia civile
della capitale imperiale. Tra le prime iniziative che Go-Daigo prende una volta salito al trono, c’è quella di una revisione del fisco.
Nelle riforme fiscali che Go-Daigo studia e cerca di applicare in questo momento storico c’è un’opera di tassazione, che non è più
una tassazione diretta sul prodotto o sulla persona o sul terreno, è una tassa indiretta sulle attività produttive; cosa che darà
effettivamente nuove risorse e nuove liquidità da utilizzare in un ripristino della corte e anche dello splendore degli apparati di
corte, e poi ovviamente può essere investito in logiche di difesa e di rafforzamento materiale anche del fronte anti shogunale,
l’oggetto delle riforme fiscali inaugurate da Go-Daigo saranno i distillatori. A Heian nasce una fiorente industria di distillazione
del nihonshu (di riso), anche in risposta a una domanda del mercato.

Gli Hojo che hanno un controllo ancora piuttosto radicato sulla capitale intercettano delle informazioni e capiscono che qualcosa
si sta muovendo alle loro spalle, anche perché, dopo la seconda invasione mongola si sviluppa questo malcontento nel regno che
vede protagonisti soprattutto le casate aristocratiche. Nel 1331 gli Hojo ordinano una nuova spedizione militare contro la
capitale imperiale, fanno catturare Go-Daigo che anche in questo caso viene esiliato verso un’isola a vita; quindi, gli Hojo cercano
nuovamente con la forza di ristabilire l’ordine shogunale. Go-Daigo però ha una rete di alleanze molto influente e molto abile a
raggirare i controlli dello shogunato stesso e nell’opporsi allo shogunato, tanto che dopo appena due anni gli esponenti del
fronte guidati da Go-Daigo riescono, con una operazione segreta che sfugge ai controlli dello shogunato, a librare lo stesso
imperatore e a riportarlo a Heian, ripristinandolo nella sua carica. Questo succede in un contesto di conflitto in cui le truppe Hojo
si scontrano con le truppe del fronte capitanato da Go-Daigo, che hanno nel 1333 la meglio, e riescono a costruire un cordone di
sicurezza intorno al sovrano. Nel 1333 viene avviato un processo di restaurazione nella carica della figura imperiale (Kenmu
shinsei = ripristino ordine imperiale) e vede un percorso di ripristino della centralità della figura dell’autorità imperiale. Gli Hojo
vengono tenuti a bada e sarà direttamente l’imperatore e nominare a tutti gli effetti gli shogun, senza interferenze da parte degli
Hojo. Go-Daigo punta a estendere l’autorità imperiale anche nelle zone in cui fino a quel momento l’autorità principale era dello
shogun, d’altro canto punto a costituire un potere uniforme su territorio della corte imperiale dello stesso sovrano. Tra le prime
iniziative a livello politico c’è quella della decisione di chi nominare a capo dello shogunato (spesso si ritorna a una consuetudine
che era quella di nominare dei principi imperiali).

Gli equilibri in questa situazione molto fluida sono molto complessi da mantenere, e infatti poco dopo la presa del potere e
l’avvio dei processi di restaurazione imperiale, tra le varie casate che sostengono, almeno tra il 1333 e il 1336, la restaurazione
imperiale di Go-Daigo, ce n’è una che emerge sulle altre; questa è una casata militare che rivendica una discendenza diretta da
Yoritomo, e sono conosciuti con il cognome di Ashikaga, gli Ashikaga nel processo di restaurazione imperiale prendono il
controllo di Kamakura, quindi si impossessano della sede dello shogunato, e da lì rafforzano ulteriormente la loro rete di potere,
Ashikaga Takauji, che è uno dei generali che sostengono la restaurazione di Go-Daigo, che sostengono appunto le operazione di
difesa del fronte di Go-Daigo contro il fronte shogunale, vinee prima mandato ad allontanare gli Hojo da Kamakura, a prendere
possesso e controllo di quella regione in nome dell’imperatore, ma chiaramente inizia a dettare lui legge nelle zone sottoposte
al suo controllo.

Takauji rafforza la sua posizione mantenendo il controllo a Kamakura e nel Kanto, costituisce delle reti di alleanza che gli
permettono di raggiungere un’autostima tale da violare apertamente degli ordini imperiale, e in particolare l’ordine di rientrare
nella capitale. Takauji non ci pensa neanche per sbaglio a rientrare nella capitale, perché vuole effettivamente giocarsi tutte le
carte che ha per ricostituire un potere assoluto della classe militare nel paese. utilizza la restaurazione di Go-Daigo come
occasione per prendere il controllo dello shogunato che fino agli anni 30 del 1300 era in mano agli Hojo. Violando l’ordini di Go-
Daigo di rientrare nella capitale, Takauji si ritrova a dover affrontare delle spedizioni di forze di Go-Daigo che vengono tutte
respinte, finché nel 1336 (3 anni dopo l’inizio della restaurazione kenmu) Takauji decide di marciare sulla capitale imperiale; sulla
strada si ritrova ulteriori spedizioni militari inviate contro di lui dalla capitale stessa, ottiene dei rinforzi da alleati, quindi riesce a
radunare una forza militare tale da sconfiggere i suoi avversati da entrare a Heian (Kyoto), prendere il controllo della capitale e
costringere alla fuga Go-Daigo. Il 1336 è l’anno di passaggio dal primo shogunato al secondo, è l’anno della fondazione
dell’istituzione della dittatura militare che passa sotto il nome di “Shogunato Muromachi” (Kyoto). Go-Daigo, nel frattempo, che
deve riconoscere la sua inferiorità militare soprattutto a Takauji stesso, si rifugia a Yoshino (nei pressi di Nara) e qui creerà una
sorta di nuova corte distaccata, e mentre a Kyoto Takauji dà vita al suo governo militare, fa nominare un nuovo imperatore e si
da dare le credenziali di shogun, Go-Daigo cerca di mantenere il suo ruolo di imperatore fondando una nuova corte.

Inizia quindi nel 1336 anche il periodo delle due corti, cioè quella della corte del nord, che ha sede nella capitale imperiale a
Kyoto e che è controllata di fatto dagli Ashikaga, e la corte del sud, che invece risponde a Go-Daigo. Continua questa divisione in
due del potere, e continuerà fino alla fine del 14esimo secolo. (nanbokuchō =periodo delle due corti)

La configurazione del potere del nuovo shogunato è piuttosto simile quella che era stata già nello shogunato di Kamakura, ci
sono però delle differenze: intanto, viene meno la reciprocità del rapporto tra imperatore e shogun (infatti è Takauji stesso a
decidere chi deve andare sul trono), l’influenza dello shogunato a corte non si gioca più su alleanze e su giochi diplomatici, si
base sempre più su espressioni di forza, su gesta e iniziative militari; la nomina a shogun dovrà essere sempre fatta da un
imperatore, quindi sarà sempre più importante per lo shogun mantenere al vertice della piramide sociale del tempo una figura
favorevole all’esistenza dello shogunato stesso. Lo shogunato non è più lontano dalla capitale imperiale, lo shogunato è a Kyoto,
è nella capitale imperiale; quindi, i due punti di riferimento del potere politico dell’epoca sono nello stesso luogo fisico; quindi, le
pressioni politiche dello shogunato sono più facilmente applicabili. Ovviamente, spostandosi nella capitale imperiale,
nell’organigramma del potere shogunale entra a far parte un ufficio distaccato dello shogunato a Kamakura. Grazie al controllo
dell’area dei Kamakura e del Kanto, lo shogunato di Muromachi avrà una rete di vassallaggio anche in quelle regioni
precedentemente controllate dagli Hojo, in più istituisce un ufficio legale, un ufficio per i contenziosi che possono nascere tra i
singoli esponenti delle casate militari subordinate all’autorità degli Ashikaga (Monchūjo, che sarà di fatto il ramo giudiziale del
potere dello shogunato). Come per gli shogun di Kamakura, anche lo shogun Muromachi (esponente del clan Ashikaga) avrà il
diritto concesso per nomina imperiale a scegliere i funzionari da inviare nelle province. Qui però ci sono delle novità, le decisioni
a livello locale non saranno prese in maniera unilaterale dallo shogun, ma il processo decisionale vedrà protagonista gli
esponenti dei cosiddetti kenmon. I kenmon sono le famiglie con potere, che hanno dalla loro un potere politico relativamente
importante. Per esteso in realtà nella categoria kenmon rientrano anche esponenti dell’aristocrazia civile, esponenti
dell’aristocrazia militare, ma anche monasteri e templi buddhisti, che già da un paio di secoli si sono armati e potenziati, sia da
un punto di vista dii controllo amministrativo, fiscale del territorio, sia da un punto di vista militare. Questi soggetti sono i veri
portatori di interesse nella macchina amministrativa dello shogunato.

Tra le casate kenmon, in particolare tra le casate dell’aristocrazia militare che sostengono il potere degli Ashikaga si creerà una
dinamica molto importante di competizione per l’accesso al ruolo di carré ovvero vice-shogun. Anche in questo nuovo
shogunato il potere effettivo viene ancor auna volta delegato, soprattutto dopo Takauji. Al ruolo di carré si alterneranno uomini
proveniente da queste 4 grandi casate dell’aristocrazia militare, che sono gli Shiba, gli Hatakeyama, gli Hosokawa e gli Yamana, e
saranno loro ad essere i principali portatori di interesse dello shogunato e a determinare le sorti dell’uno o dell’altro erede a
seggio shogunale, soprattutto in momenti di crisi di successione.

Altra novità sono i Daimyo (grandi nomi), che si riferisce agli esponenti della classe militare dell’aristocrazia di medio basso
rango, che ha la base del proprio potere nelle province e che inizia a dettare la propria legge nelle zone sottoposte al proprio
controllo militare. I daimyo spesso non hanno nessun tipo di investitura dal centro; quindi, agiscono in maniera indipendente da
quelle che sono le indicazioni dello shogunato. Spesso anzi sono in conflitto con gli emissari, coloro che vengono nominati dallo
shogunato a gestire gli affari delle province, in altri casi invece capita che questi daimyo, nel caso si tratti di esponenti di casate
vassalle degli Ashikaga, occupino anche dei ruoli ufficiali nell’assetto istituzionale nello shogunato di Muromachi.

Ashikaga Yoshimitsu è un importante figura del periodo, soprattutto della seconda metà del 14eseimo secolo, fino alla prima
metà del 15esimo, perché è colui che risolleva e consolida per breve tempo il potere dello shogunato di Muromachi, è il
responsabile di alcuni elementi del patrimonio artistico e culturale giapponese, è colui che fa costruire il padiglione d’oro.
Ashikaga Yoshimitsu diventa shogun nel 1368 (a 10 anni) ma poi attraverso il suo percorso di formazione, diventa probabilmente
lo shogun più influente di questa fase storica, perché al di là del suo contributo culturale, da un punto di vista politico riesce a
consolidare l’opera di Ashikaga Takauji e ad estendere l’autorità del suo clan, utilizzando le reti di alleanze, stringendo alleanze
importanti soprattutto con esponenti dell’aristocrazia militare del Kyushu, con cui avvia opere di diplomazia, consolida
un’alleanza strategica con il più importante dei kenmon che sostengono il potere shogunale, che è la famiglia degli Hosokawa
(kanrei). Gli Hosokawa per diversi decenni monopolizzeranno il ruolo di vice shogun; quindi, avranno di fatto nelle loro mani la
gestione esecutiva del potere shogunale. Il successo più importante avviene quando Ashikaga Yoshimitsu non è più shogun da
un po’ di anni, ma è shogun emerito (si è ritirato a vita monastica), e dalla sua posizione di shogun emerito, riceve un’investitura
di ambito regionale molto importante a re del Giappone. Alla fine del 1300 Ashikaga Yoshimitsu riesce a creditarsi come
intermediario tra la corte del nord e la corte del sud e a sanare la frattura tra le due corti; quindi, riesce con la sua opera
diplomatica a riunificare le due corti che si erano separate. In questo processo Yoshimitsu strappa alla corte di Yoshino anche le
prerogative della gestione della corrispondenza e delle comunicazioni con l’estero. Yoshimitsu è considerato quindi nel 1402
nella prospettiva cinese, il sovrano del regno dell’arcipelago.

In questo processo Yoshimitsu investe molte risorse nella ricostruzione di intere aree della capitale, nell’abbellimento e nella
ricerca estetica sia per arti preformistiche che l’architettura, sotto la supervisione di Yoshimitsu, la capitale imperiale (Kyoto) si
arricchisce di nuove ville, di nuove residenze per l’aristocrazia, di nuovi templi, costruiti sulla base di un principio molto
importante nell’architettura giapponese che è quello dello shōin-zukuri, cioè utilizzando materiali leggeri, costruendo spazi che
possono essere riorganizzati a seconda delle necessità, e arricchendo anche la città di questi giardini Zen, che sono creati a
simboleggiare la natura, ma rispondono anche a una necessità effettiva di riduzione del consumo e dell’utilizzo di risorse come
l’acqua. Yoshimitsu è anche il protettore delle arti a corte e il promotore della creazione e della codifica in particolare del teatro
Nō.

I problemi di successione emergono poco dopo dalla fine del regno di Yoshimitsu, a partire dal quinto shogun, erede di
Yoshimitsu, Yoshikazu che muore dopo poco essere messo al potere, il suo successore, sesto shogun, Yoshinori viene assassinato
in una congiura di corte-, e l’ottavo shogun, decide di abdicare dalla sua posizione di potere politico assoluto senza però
endicarne gli eredi, e ciò provoca una crisi interna allo shogunato, che vede opporsi gli uni contro gli altri soprattutto gli
esponenti della casate kenmon, in particolare Hosokawa e Yamana, che scendono in armi gli uni contro gli altri e danno origine
a un conflitto che coinvolge gran parte del regno. il regno è per altro oggetto delle varie dinamiche di potere che non si capisce
più a chi rispondere, ci sono poteri formali, poteri informali. Nelle province l’autorità shogunale è progressivamente ignorata a
favore delle autorità locali identificate dai Daimyo. Nelle province ancora una volta il sistema del fisco shogunale è incentrato
sulla tassazione dei terreni per la loro estensione, questo sistema però porta a innovazioni dal punto di vista dell’introduzione di
nuove colture, e soprattutto porterà all’introduzione in alcune zone soprattutto sotto l’autorità di alcuni Daimyo, all’introduzione
di colture più produttive, importate direttamente dal continente; e di conseguenza a uno sviluppo per alcuni poteri locali e un
arricchimento maggiore per i Daimyo locali, si tratta soprattutto di nuovi cerchi di riso, più resistenti e produttive, e altre colture
come il cotone.

Sulla scia delle dispute di successione emergono dei conflitti che investono tutto il regno, che vedo coingolti gli Hosokawa e
Yamana, guerra Ōnin (1467-77), e si concentrano in alcune aree di Kyoto che dopo essere state oggetto di opere di ricostruzione,
viene nuovamente ad essere teatro di conflitti. I Daimyo locali ne approfittano per accentuare il proprio potere a livello locale ed
erodere l’autorità shogunale stessa. Scatta quella che può essere definita una prima guerra totale in tutto il regno, che vede
coinvolti non più soltanto gli esponenti dell’aristocrazia militare, ma sempre di più frange della popolazione produttiva. La
capitale è colpita da fenomeni di distruzione e di saccheggio, ma Kyoto si ritrova nuovamente in una situazione di abbandono.

A partire dagli inizi del 15esimo secolo, iniziano le prime rivolte contadine che sono descritte in opere anche dell’arte giapponese
da, tra gli altri, Shirato Sanpei.

Nel 1485 c’è una delle più importanti rivolte contadine contro il potere shogunale e in particolar modo contro il governatore
locale della provincia di Yamashiro, della famiglia Hatakeyama, una dei kenmon che sostenevano il potere shogunale, e che vede
coinvolti anche i samurai di basso rango.

Le rivolte popolari da questo periodo in avanti vengono definite ikki.

Allo stesso modo, pochi anni più tardi, nel 1488, una nuova rivolta nella zona di Kaga scoppia con il sostegno di una setta
buddhista, la setta della terra pura, una scuola buddhista sviluppatasi in Giappone a partire dal periodo Kamakura, e che ancora
una volta arriva ad esercitare una presa tale sulla popolazione da avviare delle rivolte aperte.

La stessa cosa, pochi decenni più tardi succederà anche a Kyoto dove la setta Nichiren eserciterà un controllo diretto di intere
aree della capitale, promuovendo una governance molto diversa da quella espressa fino a quel momento.

La guerra onin porta a uno sgretolamento del potere degli Ashikaga. Il motto di questo periodo è Gekokujo, cioè i subordinati, gli
oppressi, ribaltano il potere e iniziano a dominare i loro oppressori. Gli Ashikaga perdono progressivamente legittimità e
controllo sulle province; nelle province si sviluppano e si consolidano poteri non sanzionati dal potere centrale, che creano dei
piccoli staterelli autonomi, tanto che in questo periodo si viene a configurare il concetto di Kokka, che è la parola in giapponese
moderno che indica lo stato nazionale. Kokka è una combinazione dei caratteri di Kuni (paese) e ie (casa), significa che ciascuna
provincia comincia a dipendere non più dal potere shogunale, ma dalla famiglia più potente a livello globale. In particolar mood
laddove si formano questi piccoli staterelli autonomi, i signori locali procedono un opera di rafforzamento degli assetti militari di
difesa del territorio, in particolar modo dai conflitti che nascono alla metà del 15esimo secolo, emerge un fenomeno urbanistico
che è quello della costruzione di castelli in tutte le aree più importanti, che sono espressione materiale, fisica, del potere dei
Daimyo sul territorio, e da questi castelli i Daimyo governeranno il territorio, stabiliranno alleanze con altri clan, ecc. i confine
delle province del regno stabilite fin dall’ottavo secolo, vengono totalmente stravolti e modificati in base alle autorità dei singoli
Daimyo. I più importanti rappresentanti dell’aristocrazia militare delle province sono: Nordest: (Tōhoku) Date, Takeda, Uesugi;
Est (Kantō): Hōjō, Imagawa; Centro (Chūbu): Oda, Matsudaira, Asakura; Ovest (Kansai e Kyūshū) :Chōsokabe, Mōri, Ōtomo,
Shimazu.

Questa nuova conformazione del territorio, incentrata sulla costruzione di castelli, sull’espressione del potere dei Daimyo a
livello globale, porta a fenomeni urbanistici importanti, vedrà l’emergere delle città castello, Jōkamachi. Le città si sviluppano
intro a una richiesta di beni e servizi da parte dell’élite, in questo caso saranno i daimyo a imporre le regole anche dei commerci
e delle attività imprenditoriali nei loro territori di competenza; ma soprattutto saranno i daimyo a determinare le politiche di
sfruttamento dei territori, e a trarre vantaggio e ricchezza dall’imposizione di tasse sull’utilizzo di queste risorse e sulla loro
lavorazione; oltre a ciò l’autorità dei daimyo si concentrerà e si costituirà anche intorno alla capacità di derimere contese, quindi
ancora una volta il potere giudiziario sarà rappresentato dai daimyo o da un suo vassallo diretto, questo permetterà ai daimyo di
esercitare un controllo sulla popolazione, e in particolar modo sulla classe militare, che sarà invitata e controllata con codici
imposte alle casate militari che imporrando loro di vivere il più vicino possibile al signore feudale, in modo da sottrarli a una
potenziale base di consenso nelle aree rurali, quindi in modo da staccarli da una potenziale rivolta contro i signori feudali.

Il potere dei daimyo si esprimerà anche sulla dimensione economica, grazie al controllo diretto che i daimyo stessi imporranno
sulle attività commerciali e produttive.
lezione 12

Un altro fattore importante dell’emergere dei poteri locali dei Daimyo è tanto la creazione di nuovi mercati in coincidenza
appunto con le città castello, e il fatto che le contese tra signori delle province si concentrano nelle aree dove passano le
principali arterie di comunicazione del regno. Quindi le contese principali e più violente si hanno nelle aree del Giappone dove
esistono vie di comunicazione e snodi commerciali, porte di ingresso e di uscita dall’arcipelago attraverso il continente. Il
controllo delle vie commerciali e dei punti di accesso all’arcipelago permetteva ai signori di ricavare risorse finanziarie con
l’imposizione di dazi sull’ingresso di determinate merci o contributi per il passaggio anche di persone.

Tra la metà del 15esimo e la metà del 16esimo secolo il Giappone viene stravolto da un secolo di conflitti continui estesi a gran
parte delle regioni delle 3 isole principali, i protagonisti di questi conflitti sono i Daimyo, che si pongono a capo di quelli che nella
storiografia sono chiamati “stati combattenti”, ancora una volta a sottolineare il fatto che ciascuna provincia con l’emergere del
potere locale dei daimyo diventa uno stato a sé quasi, un soggetto politico autonomo, e non a caso questo periodo è chiamato
“sengoku” (stati combattenti). A fronte dell’emergere delle autorità locali, quindi del potere incontrastato a livello regionale,
provinciale dei Daimyo, le autorità centrali che fino a quel momento avevano influenzato maggiormente la vita politica
dell’arcipelago, perdono l’influenza politica che avevano, soprattutto lo shogunato; lo shogun dalla fine del 12esimo secolo
aveva avuto un ruolo fondamentale nell’amministrazione del territorio. Con il periodo sengoku nonostante il bakufu di
Muromachi sopravviva, e sopravviverà fino alla fine del 16esimo secolo, questo è assolutamente depotenziato. Gli shogun della
casata degli Ashikaga, che nel 1336 con Ashikaga Takuji, avevano conquistato il potere a Kyoto, non hanno di fatto più nessuna
influenza negli affari politici al di fuori di Kyoto, la loro autorità è ridotta all’amministrazione del solo territorio della capitale,
perché alcuni movimenti religiosi che sono in grado di portare a termine delle sommosse di successo, iniziano a controllare
intere zone della capitale imperiale stessa, è il caso appunto della setta Nichiren, che prende il controllo effettivo a livello politico
e sociale di alcune aree della capitale; quindi c’è un depotenziamento enorme nell’autorità shogunale.

L’autorità imperiale invece: l’imperatore rimane, ma il suo potere politico effettivo era già stato ridimensionato già 4 secoli
prima, l’autorità simbolica però continua a contare, e quindi l’imperatore rimane una figura determinante perché a sua autorità
continua ad essere considerata un’autorità definitiva, un’autorità che è in grado di favorire la legittimità del potere
dell’aristocrazia militare, e sarà importantissima a legittimare appunto in particolare i 3 personaggi che vengono chiamati “i 3
unificatori”.

A partire dalla fine del 15esimo secolo navigatori, avventurieri, mercanti europei, avviano un’opera di espansione dei confini
dell’Europa ad altre zone del mondo. Navigatori, come Cristoforo Colombo, ingaggiati dalle principali monarchie del 15esimo e
del 16esimo secolo andranno alla scoperta di lande fino a quel momento inesplorate dal punto di vista europeo, con tutto quello
che ne è derivato, soprattutto massacri e morti.

Dai primi decenni del ‘400, quindi prima ancora che gli esploratori come Colombo si rivolgessero verso il continente americano,
navigatori iniziano ad esplorare il continente Africano, iniziano a battere le coste dell’Africa, fino ad arrivare alla fine el 15esimo
secolo a toccare quello che oggi chiamiamo capo di buona speranza. Vasco da Gama, un altro navigatore alle dipendenze della
corona portoghese attraversa questo punto, supera il capo di buona speranza, circumnavigando l’Africa e aprendo le rotte
sull’oceano indiano, aprendo nuove possibilità da un punto di vista commerciale per i mercanti Europei, oltre che per gli
esploratori, perché in questi mari, sull’oceano indiano c’è un traffico ricchissimo di spezie e di altri beni provenienti dall’Asia, un
traffico che riserva profitti notevoli a chi li intraprende, e non è un caso che dopo pochi decenni dall’apertura della rotta indo
africana, i commercianti portoghesi prendono il controllo quasi totale delle rotte che portavano verso l’Europa le spezie
dall’Asia, sottraendolo ad altri mercanti appunto Turchi e Arabi soprattutto.

Nel 1510, quindi pochi anni dopo la spedizione di Vasco da Gama, i portoghesi fondano un porto sulla costa occidentale
dell’India che è conosciuto come Goa. Goa diventa una delle prime entrate portoghesi in India da cui i portoghesi controllano il
traffico di spezie e di altri beni che prendono la via verso l’Europa. Subito dopo Goa, sempre sull’onda di queste nuove spedizioni
e l’apertura di queste rotte commerciali, dove il controllo europeo è di fatto consolidato, sempre i portoghesi acquisiscono il
controllo di un porto tra la penisola malese e l’isola di Sumatra. Quindi dopo Goa i portoghesi prendono il controllo anche di
Melaka e stabiliscono degli empori commerciali in tutta la regione, sia nel continente indiano sia nel sudest asiatico (soprattutto
nell’area che oggi è l’Indonesia). Il dominio sui mari, soprattutto sull’oceano Indiano dei portoghesi viene sancito ulteriormente,
e quindi il ruolo dei commercianti portoghesi in Asia meridionale, sudorientale e anche in Asia orientale in senso stretto, viene
legittimato definitivamente dalla concessione che la dinastia Ming fa ai portoghesi su un altro popolo in Cina meridionale, quello
di Macao. Macao ancora oggi vive ancora ancora del retaggio, della presenza portoghese, è ancora oggi una località
amministrativa speciale nella repubblica popolare cinese.
L’opera portoghese di apertura di nuove rotte commerciali e di dominio di fatto incontrastato almeno per un paio di secoli delle
rotte in questi spazi, consentirà a un altro navigatore portoghese, però questa volta alle dipendenze della corona spagnola,
Magellano di effettuare la prima circumnavigazione del globo. Magellano e la sua ciurma, quindi, prendono la rotte oceanica
attraverso il pacifico, arrivano in sudest asiatico e tornano poi in Europa senza Magellano (che nel 1521 muore proprio nelle
Filippine).

Quindi alla metà del 1500 oltre alle tanto decantate missioni, aperture dei mari nell’oceano Atlantico e verso l’America, c’è un
controllo europeo delle rotte commerciali che si sviluppa e si consolida in Asia.

Alla metà del 1500 sempre commercianti portoghesi, giungono quasi per caso in Giappone. Ovviamente i portoghesi iniziano a
commerciare sulle rotte sino-giapponesi, in qualche modo iniziano anche a comprare e a rispedire verso l’Europa beni richiesti
come l’argento e la seta, di cui si potevano appunto approvvigionare sulle rotte del pacifico, o comunque nei mari dell’Asia
orientale. L’attività dei commercianti portoghesi e insieme a loro, in maniera crescente, dei missionari cattolici (Compagnia di
Gesù). I missionari vanno a seguito di queste spedizioni commerciali e insieme ad altri commercianti stabiliscono dei loro
avamposti nell’opera di evangelizzazione del mondo. Il risultato più evidente dell’attività e dei commercianti e degli uomini di
fede provenienti dall’Europa meridionale, sarà la concessione da parte del daimyo locale, nel 1580 di Nagasaki al controllo
diretto della compagnia di Gesù; di fatto Nagasaki diventa una colonia del vaticano in Giappone. La compagnia di Gesù è l’ordine
appunto dei gesuiti, banalmente l’attuale papa appartiene alla compagnia di Gesù, i gesuiti sono stati coloro che più di altri
ordini religiosi hanno partecipato alle missioni di diffusione della fede cristiana, in particolare del cattolicesimo, in tutto il
mondo. Nel 1580 Nagasaki viene concessa al controllo politico e amministrativo della compagnia di Gesù e si sviluppa e
consolida la sua importanza regionale come snodo commerciale, come porto di ingresso in Giappone, come punto di arrivo delle
rotte commerciali gestite a livello regionale dei portoghesi nell’area. Insieme alla compagnia di Gesù, a Nagasaki si insedia una
sorta di ambasciatore della monarchia portoghese, quindi di fatto la presenza politica, europea, inizia a farsi sentire alla fine del
16esimo secolo. Durerà in realtà solo una decina d’anni.

I portoghesi importano in Giappone gli archibugi e le tecnologie, di conseguenza, di costruzione di queste nuove armi. (quindi
portano le armi e anche altre cose come le l’innovazione culinaria (tenpura)

I contatti con gli europei favoriranno, e soprattutto che il fatto che gli europei portano delle tecnologie molto appetibili per i
signori della guerra, perché possono effettivamente ribaltare le sorti di uno scontro armato le armi da fuoco, saranno al centro
dell’attività di Oda Nobunaga, ma chiaramente la presenta europea sarà gestita anche dagli altri due, da quelli che sono
considerati i successori di Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Questi 3 soggetti sono i cosiddetti 3
riunificatori del Giappone premoderno. (tutti e 3 erano dei signori della guerra, nati e cresciuti in un contesto di guerra totale e
di conflitto costante)

Nobunaga la cui carriera militare, carriera di kokuji (uomo delle province, daimyo delle province) inizia intorno agli anni 40 del
1500, quando dopo una vicenda piuttosto tormentata a livello familiare, viene preso prigioniero, cresce prigioniero nella casa di
un nemico di suo padre, cosa che l’altro lo accomuna a Ieyasu, prenderà le redini della propria casa, della provincia in cui la
proprio casa risiedeva e aveva il suo potere territoriale, cioè la provincia di Owari (oggi Nagoya) e da lì in avanti inizia una lunga
ascesa, che lo porterà intorno agli anni 80 del ‘500 ad essere di fatto l’ago della bilancia nella vita politica del regno. Da tempo
l’aristocrazia militare da cui proviene appunto Nobunaga dichiarava di avere un lignaggio Taira. In quest’epoca da Nagoya, dalla
provincia di Owari passavano numerose vie di comunicazione che univano l’arcipelago da est a ovest soprattutto, quindi
collegavano la zona del Kanto a Kyoto, e anche in parte na nord a sud. Ottenuto il controllo di importanti snodi di
comunicazione, il clan Oda, soprattutto quando Nobunaga diventa capo, inizia a promuovere sui territorio sottoposti al proprio
controllo politiche economiche che oggi definiremmo di tipo liberale, fa una cosa impopolare per la classe mercantile dell’epoca,
abolendo le gilde, cioè le corporazioni le associazioni di professioni che erano in particolar modo dal 12esimo secolo in avanti
avevano costituito un importante potere a livello locale, contrattando in qualche modo facendo resistenza anche alle politiche
adottate dalle autorità centrali per preservare e consolidare un potere economico. Sostanzialmente Nobunaga crea dei mercati
liberi nei territori sottoposti al suo controllo, dove non bisogna essere affiliati a corporazioni per avviare un’attività economica,
né bisogna pagare dei contributi all’autorità politica locale, questo favorisce la trazione di attività di imprese nei territori, su cui
naturalmente nobunaga esige altre forme di tassazione, chiaramente non impone dei dazi per l’attività commerciale ma fa virare
altri aspetti, mantenendo in questo caso un controllo importante sulle politiche fiscali e rimpolpando di fatto quelle che sono le
casse della sua casata. Gradualmente queste politiche anche di tipo liberale in ambito economico e la sua apertura anche ai
rapporti con gli europei favoriranno ovviamente un aumento rilevante sviluppo economico delle zone sottoposte al controllo del
suo clan e a un avanzamento anche da un punto di vista tecnologico, soprattutto per quanto riguarda il comparto militare,
perché dagli europei e dai contatti che Nobunaga instaura con commercianti portoghese, anche con stessi missionari europei,
Oda stesso ne trarrà dei benefici in termini soprattutto strategici, che gli permetteranno gradualmente di consolidare il proprio
potere al di là della piccola provincia di Owari di estendere al propria autorità, il proprio potere in tutto il Giappone centrale e
nella sua opera di conquista, iniziare a ingraziarsi l’aristocrazia, la nobiltà tradizionale della capitale, che nei lunghe decenni di
conflitto totale delle province aveva perso le proprie rendite territoriali, perché gran parte dei territorio che appartenevano a
proprietari assenti sul territorio erano stati inglobali nei possedimenti terrieri dei singoli signori della guerra. Oda Nobunaga
invece conquista territori e piano piano ritaglia, ridistribuisce questi territori nuovamente all’aristocrazia tradizionale; è una
mossa che ha uno scopo politico ben preciso, che è quello di ingraziarsi ancora una volta il potere appunto simbolico che risiede
nella capitale imperiale, sia appunto l’aristocrazia sia la stessa casata imperiale. Il suo percorso politico militare è costellato di
scontri con altri signori della guerra, in particolare con i clan Imagawa e Takeda, in parte anche con i Matsudaira, quelli che
diventeranno Tokugawa a partire dagli anni 90 del ‘500, ma vedono un vantaggio da parte dello stesso Nobunaga nel ricorrente
utilizzo che fa delle armi da fuoco; gli artigiani, coloro che verranno poi ad avviare le proprie attività produttive ed economiche
nei territori controllati da Oda Nobunaga saranno in grado di replicare gli archibugi importati in Giappone dagli europei, quindi
nello spazio di pochi anni (i primi archibugi sembra siano arrivati negli anni 40 del ‘500), nel 1549, avendo evidentemente prima
di altri capito che quelli potevano dargli una grossa mano nella sua opera di conquista, nella sua ambizione di estensione della
propria autorità, Nobunaga fa un ordine, dà una commissione ai fabbri dei suoi territori di 500 archibugi, che vengono
immediatamente messi in campo e dati agli uomini di Nobunaga coinvolti negli scontri con i signori della guerra vicini. Le armi da
fuoco danno alle forze militari di Nobunaga un vantaggio competitivo sugli altri signori della guerra, e quindi permetteranno
sostanzialmente ad Oda, che unirà l’innovazione tecnologica a delle tattiche, delle strategie belliche considerate piuttosto
spregiudicare, porteranno Oda a consolidare il proprio potere nel Giappone centrale e ad estenderlo fino ad arrivare alla capitale
imperiale. Grazie anche a questa opera diplomatica di redistribuzione delle terre alla nobiltà tradizionale, che gli varranno una
legittimazione anche verso i poteri tradizionali di Kyoto. In ogni caso Nobunaga è famoso soprattutto per la sua opera di
conquista, per la sua opera militare, tanto che si lega a lui l’espressione tenka fubu (=governare con la forza). Oda Nobunaga
nella sua parabola di signore della guerra, al di là dell’eliminazione totali di molti dei suoi contendenti, ci sono storie legale alla
distruzione, al radere al suolo templi, monasteri buddhisti che lo ostacolavano nel suo percorso di consolidamento della sua
egemonia, e di fatto si racconta che Nobunaga fosse un personaggio carismatico ma anche spregiudicato.

Riassunto nobunaga/qualche data chiave

1560 Nobunaga ha già consolidato il suo piccolo staterello e ha esteso il suo controllo su vati territori del Giappone centrale al di
fuori della provincia di Owari

1568 a fronte dei successi militari e a fronte della sua politica di avvicinamento alla nobiltà di corte, Nobunaga viene chiamato a
risolvere una di queste dispute per la successione a seggio shogunale, la corte lo chiama alla capitale e gli da mandato per
mettere fine a una disputa interna allo shogunato, una disputa che aveva visto l’allontanamento dal seggio shogunale di
Ashikaga Yoshiaki in nome di un altro Ashikaga contendente a Yoshiaki, sostenuto dai Kenmon. Nobunaga non va molto per il
sottile e decidere di sostenere la legittimità di Yashiaki e ripristina Yashiaki sul seggio shogunale. Assumerà un controllo de facto
delle questioni interne allo shogunato. Nobunaga entra tra i famosi kenmon, che decidono la direzione che lo shogunato deve
prendere, decidono anche chi mettere sul seggio shogunale appunto.

Tra il 1568 e il 1573 Nobunaga consolida il suo potere nella capitale, anche compiendo atti piuttosto audaci come la distruzione
dell’Enryakuji (il templio, la base di una delle due scuole del buddhismo Heian, la scuola Tendai).

1573 sospettando che Yoshiaki, lo shogun che lui stesso aveva rimesso sul suo seggio mettendosi contro altre famiglie dei
kenmon, sospettando che stesse tramando qualcosa e che volesse tradirlo da un momento all’altro, Nobunaga depone Yoshiaki
e lo costringe a fuggire dalla capitale. Il 1573 è l’anno in cui formalmente e convenzionalmente si colloca la fine del Bakufu di
Muromachi, Yoshiaki è l’ultimo shogun del Bakufu Moromachi. Il fronte degli Ashikaga fedele a Yoshiaki troverà nuovi alleati nei
signori del Kyushu che organizzeranno un fronte avversario a Nobunaga; Nobunaga intanto però ha il controllo del Giappone
centrale e il controllo della capitale, ha abolito lo shogunato, e, essendosi avvicinato negli anni precedenti alla corte, ottiene
nomine paragonabili al suo rango nobiliare 8relativamente basso) all’interno dello stato imperiale, che in qualche modo viene un
po’ ripristinato nella sua funzione anche politica, non solo simbolica. Nobunaga riceverà delle nomine importanti, ad alti livelli
dell’assetto di corte, come ministro della destra, capo della guardia imperiale, con deleghi in ambito di sicurezza e militare, e nel
frattempo però apre altri fronti di scontro con altri signori della guerra da cui l’ex shogun Yoshiaki si era riparato, in particolar
modo il clan dei Mōri sarà uno dei principali avversari di Nobunaga in questa fase della sua carriera politica.

Tra la fine degli anni 70 e gli anni 80 nobunaga dedica le sue attenzioni militari soprattutto a reprimere qualsiasi resistenza
proveniente dai movimenti religiosi, dalle scuole buddhiste, compiendo atti piuttosto drastici di distruzione totale, attraverso
operazioni militari. Esce trionfante nel 1581 anche dalla campagna contro la setta degli Ishiyama-Honganji; conquista anche
questo territorio, e l’ano successivo però all’apice del suo potere anche a Kyoto cade vittima di una congiura di uno dei suoi
generali infedeli, Akechi Mitsuhide, e muore tragicamente. Nel 1582 quindi muore il principale signore della guerra giapponese
fino a quel momento, e da questo momento storico in avanti inizia la scalata sociale di Hideyoshi.

Hideyoshi è un personaggio abbastanza unico nella storia del Giappone premoderno, perché contrariamente ad altri signori della
guerra, e contrariamente al suo signore (Nobunaa), di Hideyoshi pare non ci fosse una genealogia nobiliare o che comunque lo
legava all’aristocrazia militare delle province, pare che Hideyoshi fosse figlio di un soldato semplice, ma sotto la guida e la
protezione di Nobunaga Hideyoshi ascende le gerarchie dell’esercito di Nobunaga, fino agli anni 80 del ‘500 in cui Hideyoshi è di
fatto un altro dei più importanti, dei più fedeli generali di Nobunaga. Mentre Nobunaga cade vittima della congiura di Akechi
Mitsuhide, Hideyoshi si trova lontano dalla capitale, ma ricevuta la notizia converge con tutti gli uomini ai suoi ordini verso
Kyoto, dà avvio a una caccia all’uomo nei confronti di Akechi e di fatto ricostituisce l’egemonia che era stato di Nobunaga e
ripristina il controllo militare della capitale, naturalmente ponendo se stesso a Capo della nuova struttura di potere, il che solleva
numerosi dubbi da parte degli altri alleati, degli altri signori della guerra, fino a quel momento sottomessi e in parte alleati a
Nobunaga, che non vedono di buon occhio questa cosa; tra questi ci sono tra l’altro anche i Tokugawa, c’è anche Tokugawa
Ieyasu che inizialmente è un po’ restio a sostenere l’autorità di Toyotomi Hideyoshi. Da attendente di Nobunaga diventa
generale e alla metà degli anni 80 del 500 completata l’opera della conquista e sottomissione militare di altre parti del regno che
Nobunaga non era riuscito a sottomettere, in particolare Shikoku e Kyūshū, riesce ad eliminare le resistenze di altri importanti
clan dei signori della guerra, soprattutto nel Giappone centrale per quello che riguarda i Tokugawa e nel Giappone meridiona pr
quello che riguarda Shimazu), riconquista il controllo di un porto fondamentale per i traffici regionali come Nagasaki,
sottraendolo alla compagnia di Gesù, quindi elimina quella colonia, e inizia a classificare i signori della guerra a seconda del suo
rapporto di alleanze e di fedeltà con questi; di fatto colloca intorno a sé signori della guerra che lui considera più fedeli e relega
alle periferie del regno signori di cui si fidava meno, quindi inizia una categorizzazione dei Daimyo sulla base del loro rapporto
con il centro del potere. I fudai sono coloro che in qualche modo sono più fedeli al signore, i Tozamu invece sono i signori
cosiddetti esterni, quelli di cui Hideyoshi ha ottenuto formalmente la sottomissione ma che meritano un’attenzione particolare
perché sono dei clienti un po’ scomodi.

lezione 13

Recap

Il periodo sengoku è in sostanza racchiuso all’interno del periodo Muromachi, cioè, coincide con la crisi dello shogunato e gli
Ashikaga. Caratteristiche principali: ascesa politica dei signori della guerra (Daimyo), al di là dell’estensione su tutto il regno di
dinamiche di conflitto tra i signori della guerra per il controllo del territorio, delle risorse, per il potere a livello locale. Come
conseguenza dell’ascesa politica e del potere locale dei signori della guerra si hanno delle trasformazioni a livello ambientale, di
organizzazione dell’arcipelago; quindi, si vengono a creare dei nuovi tipi di insediamento (le città castello), che diventano il
centro di economie locali, riflesso di una sempre maggiore frammentazione. Questi fenomeni di frammentazione del potere e di
distribuzione lungo l’arcipelago di concentrazione delle attività economiche e quindi della ricchezza, corrispondono a un
graduale venir meno di un’autorità centrale, un’autorità politica centrale forte che era quella rappresentato dello shogunato
degli Ashikaga almeno fino al terzo shogun Yoshimitsu e che poi gradualmente entra in crisi a partire già dalla prima metà del
15esimo secolo, per poi precipitare in una crisi lunga di fatto 100 anni che culmina nella deposizione dell’ultimo shogun degli
Ashikaga, Ashikaga Yashiaki da parte di Oda Nobunaga. Però il venir meno dell’autorità centrale shogunale ha inizio proprio alla
metà del 15esimo secolo, lo shogunato non riesce più a dirimere le dispute fra i singoli signori della guerra, è preda delle sue
dinamiche di competizione interna tra le varie kenmon, ci sono dispute interne alla stessa famiglia shogunale per chi deve
occupare il seggio del leader militare assoluto del paese, l’influenza dello shogunato nelle province cade e si infrange contro
l’ascesa politica dei Daimyo. A fronte di questo fenomeno politico di perdita dell’autorità centrale da parte dello shogunato, si ha
una conservazione quanto meno del potere simbolico dell’imperatore, che ancor auna volta riemergerà come garante della
legittimazione politica dei signori della guerra, soprattutto Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi, che cercheranno di ricostruire
un’autorità e un potere centrale e unitario negli assetti del regno a partire dalla seconda metà del 16esimo secolo.

Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi, e Tokugawa Ieyasu sono ricordati sui libri di storia come i 3 unificatori del Giappone, ma
erano comunque figli del loro tempo, sono persone formatesi sul campo di battaglia, erano sostanzialmente dei signori della
guerra, interessati soprattutto a massimizzare il loro potere e la conquista e il controllo di un maggior numero di risorse possibili.

Hideyoshi pare non avesse alcun legame nobiliare, anzi veniva probabilmente dai livelli più bassi della società dell’epoca, figlio di
un soldato semplice, comunque un soldato per molto tempo agli ordini di Nobunaga, è però uno di questi casi più unici che rari
perché Hideyoshi riuscirà a scalare le gerarchie sociali del tempo e ad affermarsi come generale, per altro uno dei più importanti
generali delle armare di Nobunaga e sosterrà lo sforzo militare di Nobunaga, nel percorso che porta Nobunaga a consolidare la
propria egemonia e la propria supremazia negli affari soprattutto nel Giappone centrale tra gli anni 60 e gli anni 80 del ‘500.
Nobunaga ha inoltre un carattere piuttosto audace, preferiva eliminare direttamente i suoi avversari, Hideyoshi eredita questo
atteggiamento tanto che appunto darà la caccia all’assassino del suo signore, lo eliminerà e cercherà in qualche modo di
eliminare qualsiasi altra opposizione alla sua ascesa al potere che fino a quel momento era astato appunto nelle mani di
Nobunaga. Hideyoshi prosegue, oltre che sulla strada inaugurata da Nobunaga di conquista, di sottomissione militare di altri
Daimyo, sul percorso di diplomazia, di negoziazione continua anche con gli esponenti della corte imperiale; di fatto il prodotto
delle operazioni di conquista e di ascesa al potere di Nobunaga e Hideyoshi ha come risultato, come effetto principale il ripristino
dell’autorità imperiale anche da un punto di vista effettivo, non solo simbolico. Nobunaga conquistava territori, li sottraeva ai
signori della guerra, suoi avversari, e laddove c’era una storia di possesso di quei territori da parte di esponenti dell’aristocrazia
civile, restituiva i diritti fondiari, quindi i diritti di ricavare nuovamente ricchezza, tributi, a favore della ricostituzione di una sorta
di dignità anche economica della nobiltà di corte; Hideyoshi continua a fare lo stesso nei territori che annette sotto la sua
autorità e investe molte risorse nella ricostruzione anche della stessa capitale imperiale, che dal 1467 quando scoppia la guerra
Onin è territorio di contese, di scontri, è un campo di battaglia, è stata progressivamente abbandonata. Questa manovra di
avvicinamento ai poteri tradizionali dello stato giapponese antico lo portano nel 1585 a compiere l’ultimo salto della sua scalata
sociale, e a farsi adottare da un esponente della casata dei Fujiwara, da Konoe Sakihisa. Nel 1585 entrato di fatto in una delle
famiglie più putenti tradizionalmente dell’aristocrazia civile, Hideyoshi ottiene dall’imperatore la nomina a reggente imperiale;
sembrano saldarsi quindi gli interessi dall’aristocrazia militare delle provincie e dell’aristocrazia tradizionale. Per il momento non
viene ricostituito un nuovo shogunato, ma questo ostacolo si aggira con l’ottenimento da parte di Hideyoshi dalla più alta carica
al di sotto dell’imperatore nel sistema di potere tradizionale. Nel 1585 quindi Hideyoshi diventa reggente imperiale (kampaku) e
da questa posizione cerca di dettare legge sui Daimyo, che non sono tutti favorevoli all’ascesa di un nuovo potere centrale, e non
tutti favorevoli soprattutto all’ascesa di un personaggio che non aveva neanche un’estrazione altissima a livello sociale; ma la
nomina a Kampaku legittima Hideyoshi nella sua opera di Governo, e quindi nella sua assunzione di una funzione di governatore
assoluto, di dittatore militare nel regno. Dal ruolo di Kampaku Hideyoshi indige quello che è conosciuto come sōbu jirei, ed è un
ordine del reggente imperiale che invita tutti i Daimyo a rinunciare alla guerra come metodo di risoluzione delle controversie e
ad affidarsi all’autorità e alla magnanimità del reggente imperiale. Quindi la reggenza imperiale, la figura di Hideyoshi nello
specifico, diventa l’arbitro delle contese dei signori della guerra. Hideyoshi cerca di esercitare il proprio controllo politico e
sicurezza sui Daimyo imponendo loro di comunicare costantemente con la corte, esercitando così un controllo diretto fin negli
affari familiari delle singole casate dei singoli signori della guerra. Anche in questo caso questi meccanismi saranno perfezionati
sotto i Tokugawa, però l’imposizione di far risiedere intorno al signore, intorno a Hideyoshi, un membro della famiglia del
Daimyo inizierà ad essere un meccanismo utilizzato proprio per placare qualsiasi tentativo di sommossa da parte dei Daimyo che
hanno già dichiarato la propria sottomissione a Hideyoshi stesso. Partendo dal livello più alto della società del suo tempo, cioè
dai signori della guerra, Hideyoshi cerca di imporre la propria legge su tutti i territori annessi, conquistati, piegati al suo controllo
o al controllo dei suoi alleati. Dalla posizione di reggente imperiale Hideyoshi lancerà un’opera di riforme storica, proprio con
l’obbiettivo ultimo di ricreare un’autorità centrale e unitaria su tutto il regno. dopo aver teoricamente pacificato i Daimyo, dopo
aver creato dei meccanismi di sorveglianza e di controllo su di loro, Hideyoshi cercherà di rimpolpare le casse dello stato
imperiale imponendo una forma di tassazione anche sugli stessi Daimyo, avviando così dei prelievi fiscali dalle casse delle singole
famiglia, come riconoscimento dell’autorità suprema del reggente e come forma di tutela anche contro qualsiasi eventuale
volontà del reggente di sostituire i Daimyo in una data località, in una data provincia e quindi di allontanarlo dal suo centro di
potere. Quindi anche in questo caso versare un contributo alla corte imperiale serviva a legittimarsi a livello locale, e a
mantenere una stabilità dello stesso potere nella provincia. Dopodiché l’obiettivo dell’opera di governo di Hideyoshi si sposta più
alla base della piramide sociale del tempo, quello che fa il reggente imperiale nel 1588 passa sotto il nome di “caccia alle spade”
(katana gari) e ha come conseguenza una cristallizzazione, la fissazione almeno di due ordini sociali distinti, da una parte i
samurai, i bushi, i guerrieri, coloro che ricevono, che hanno per legge il diritto, il permesso sancito appunto dalla legge del
reggente di portare un’arma con sé e tutti gli altri che non hanno diritto, non hanno accesso alle armi. È soprattutto smilitarizza
la popolazione produttiva, in particolar modo di smilitarizzano le comunità di villaggio, le comunità contadine, si requisiscono
tutte le armi in loro possesso. È una manovra fondamentale nell’opera di Hideyoshi perché si cerca di eliminare preventivamente
il rischio di sommosse e ribellioni popolari, il secondo effetto più importante è che fissa a livello sociale una casta samuraica, i
cosiddetti “samurai”, i “bushi”, la casta dei guerrieri, prende forma ufficialmente nel 1588. I guerrieri emergono come élite di un
assetto sociale che già esisteva ma che viene istituzionalizzato, appunto con la cosiddetta “caccia alle spade”. I requisiti per cui a
un individuo e ai suoi eredi veniva concesso di portare la spada e di avere questo diritto di sangue che si portava di padre in
figlio, sono arbitrari, non esistevano dei requisiti oggettivi che distinguevano quelli che apparterranno dal 1588 in avanti alla
classe samuraica e quelli che invece verranno integrati e inseriti in altre caste, c’erano dei requisiti arbitrari decisi da Hideyoshi e
dai suoi consiglieri, che riguardavano per esempio l’impiego di individui provenienti da determinate estrazioni, da determinate
famiglie e casate in operazioni militari a sostegno degli obiettivi politici prima di Nobunaga e poi di Hideyoshi. La trasformazione
sociale a livello della società giapponese del periodo è enorme, c’è chi avrà per diritto acquisito la possibilità di pregiarsi del
titolo di samurai e quindi poi in futuro occupare determinate posizioni a livello sociale e chi no.

Tutte le spade che requisite dalla popolazione, da chi non avrà più il diritto di portare un arma, verranno fuse e utilizzate per
costruire un’enorme statua di Buddha a Tokyo.

L’opera amministrativa di Hideyoshi dalla fine degli anni 80 del ‘500 si estende dall’ambito fiscale all’ambito sociale, nell’ottica di
ricostruire un’autorità centrale. Nel 1592 Hideyoshi rinuncia alla sua carica di reggente, lascia la reggenza imperiale a suo figlio
adottivo Hidetsugu e assumerà il ruolo, inedito fino a quel momento, di reggente emerito (taikō). Questo ruolo, ancora una volta
sottolinea la centralità della figura di Hideyoshi nel panorama politico istituzionale del tempo, sottrae Hideyoshi da tutta una
serie di dinamiche di successione, e di eventuali congiure, colpi di stato ai suoi danni e lo legittima definitivamente come autorità
suprema nel panorama politico istituzionale del tempo; perché di fatto il nuovo reggente imperiale dovrà rendere conto, non
tanto all’imperatore, ma a Hideyoshi stesso. Da questa posizione Hideyoshi è ulteriormente in grado di promuovere delle
riforme soprattutto a livello di politica economica e di conoscenza del territorio, e infatti avvia quelli che sono conosciuti come
Taiko kenchi (studi del territorio ordinati dl Taiko) che sono di fatto i sondaggi catastali. Nel lungo secolo di conflitto e di costante
ricorso alla guerra nelle province, si è persa totalmente la dimensione della conoscenza, del territorio, della suddivisione delle
province che era stata con tanta fatica fatta nell’ottavo secolo, quindi bisogna capire effettivamente quanto produttivi siano dei
territori, quante tasse imporre a un territorio rispetto a un alto; i sondaggi catastali servono proprio per questo, per dare
ulteriore leva di politica allo stato nell’esercizio del suo potere, di governo. Non è un caso che seguito dei sondaggi catastali,
Hideyoshi intervenga direttamente anche sul sistema fiscale, istituendo una nuova forma di prelievo del fisco, che va sotto il
nome di kokudaka ((raccolto atteso per dimensione campo), ovvero il sistema fiscale sarà basato non più sulla dimensione del
territorio, non più sul prodotto di un dato territorio, ma sul prodotto previsto, per superficie di terreno, quindi si calcolano sia
l’estensione del territorio, sia quanto all’interno di quel territorio di può produrre, soprattutto in termini di riso, che diventa
sostanzialmente una valuta; parallelamente però già da qualche tempo, l’economia giapponese ha integrato se pur in maniera
primitiva il denaro, monete, proveniente dal continente, dalla Cina in particolar modo. Sotto Hideyoshi si trovano le risorse
sufficienti per portare a termine quell’idea di creazione di una moneta valida in tutto il regno del Giappone; Hideyoshi fa di più
anzi, crea un sistema valutario suddiviso in 3 ordini, dal taglio più prezioso dalle piastre d’oro, fino al taglio più di uso comune, le
monetine in rame. (tra l’oro e il rame c’è quella in argento). Questa valuta sarà effettivamente in corso, e sarà messa sul mercato
proprio a partire dal governo di Hideyoshi, e inizierà a diventare dominante nelle transazioni economiche commerciali, interne
appunto al Giappone.

Toyotomi Hideyoshi è stato un importantissimo signore della guerra, il che vuol dire che ha avuto come principale strumento a
sua disposizione quello di utilizzare appunto la forza per far valere le sue ragioni.

Nel 1590 Hideyoshi deve affrontare resistenze interne, deve affrontare dei Daimyo che non sono affatto pacificati, e non sono
affatto soddisfatti dell’indirizzo che Hideyoshi sta dando alla sua opera di governo, soprattutto i Daimyo che hanno vissuto per
generazioni di un’autonomia totale nei loro territori, si trovano a dover avere a che fare con un’autorità più alta di loro e le cose
non sempre vanno come ci si aspetterebbe. Quindi al di là di quello che Hideyoshi cerca di fare per tenere a bada i Daimyo, i
signori della guerra comunque faranno veramente resistenza all’ascesa di Hideyoshi negli scenari nazionali. Quindi del 1590 a
fronte di un’ennesima rivolta, sommossa all’autorità centrale del reggente emerito, mossa appunto dagli Hojo del ramo
Odawara, che controllavano l’area del Kanto; contro appunto questa sommossa Hideyoshi decide di mandare le sue armate e di
reprimerla, chiaramente nel sangue. La sconfitta degli Hojo del ramo di Odawara, porta Hideyoshi a occupare un ruolo di
supremazia totale, e quindi solo con il 1590 si stabilisce effettivamente un controllo di fatto assoluto del territorio delle 3 isole
del Giappone, perché a seguito del trionfo di Hideyoshi sugli Hojo, anche un importantissimo clan di signori della guerra del nord
est, quello dei Date (Date masamune) consegneranno la loro dichiarazione di sottomissione al Taiko (reggente emerito,
Hideyoshi). Hideyoshi però non è soddisfatto del controllo esclusivo delle 3 isole principali del Giappone e dei suoi turbolenti
signori della guerra, decide di lanciare un’operazione militare verso il continente.

Si inizia l’anno successivo alla sottomissione degli Hojo, e quindi anche dei Date, a fare dei preparativi, naturalmente tra
Hideyoshi, i suoi consiglieri e i Daimyo vicini, per una spedizione militare in Corea, che avrebbe avuto come obiettivo di
sottometter perfino la Cina e l’India. Tra i vari scritti lasciati di Hideyoshi, ne è stato trovato uno in cui Hideyoshi dichiara di non
desiderare altro che il suo nome si conosciuto anche al di fuori del Giappone, in Cina e in India; a testimonianza del fatto che la
visione geopolitica di Hideyoshi comprendeva non solo le isole giapponesi, ma una dimensione continentale che si estendeva
dall’Asia orientale fino all’Asia meridionale, queste dimensioni geografiche sono unite dalla comune esperienza all’eredità, alla
cultura del buddhismo, quindi di fatto l’India era di fatto la culla dove il buddhismo è nato e si è sviluppato in prima istanza, la
Cina dove è stato rielaborato e adattato alle culture statali, religiose e autoctone dell’Asia orientale, e poi chiaramente il
Giappone abbiamo visto come si interfaccia appunto con questa religione proveniente da queste aree.

Nella primavera del 1592 i preparativi per una spedizione militare verso il continente sono pronti e c’è la partenza
effettivamente di questa spedizione militare. Al di là di tutto, l’interesse di Hideyoshi in termini strategici, era legato
sostanzialmente al riaprire dei canali di commercio diretti con la Cina, che erano stati interrotti soprattutto dal fatto che il regno
di Choson, che è il regno che aveva controllo su gran pare della penisola coreana, non aveva rapporti diplomatici pacifici con il
Giappone di Hideyoshi, soprattutto perché c’era la questione delle pirateria e quindi non si riusciva a trovare un assetto pacifico,
insomma esistevano tensioni tra il Gippone di Hideyoshi e il regno di Choson, per risolvere una volta per tutte queste tenzioni,
Hideyoshi pensa giustamente di mandare 200.000 uomini e cercare di sottomettere al suo controllo anche la penisola coreana.

La primavera del 1592 segna l’inizio di quella che è passata alla storia come Guerra Imjin (prima guerra dell’Asia orientale), è un
episodio piuttosto importante perché è davvero un primo conflitto su larga scala, molto vicini alla modernità e che riguarda i
principali regni della regione, Il Giappone, la Corea Choson, e in particolar modo la dinastia Ming; sulla questione
dell’opportunità di avviare questa spedizione militare, secondo altre ricostruzioni storiche c’è anche un fattore di crisi interna
alla dinastia Ming; ad ogni modo 1592, Hideyoshi supervisiona, sempre rimanendo in Giappone, dirama ordini e riceve
aggiornamenti sull’avanzamento della campagna militare; in Corea ci vanno a combattere i Daimyo, esponenti delle principale
casate dei signori della guerra, soprattutto del Kyushu, soprattutto dei clan che potevano avere un interesse maggiore a
espandere i propri territori sulla penisola coreana, cioè tutti i daimyo che avevano possedimenti territoriali nelle regioni più
vicine alla Corea. 200.000 uomini, 9.000 navi partono e approdano sulle coste della penisola coreana (a Busan) e da lì
gradualmente, cogliendo di sorpresa le forze Choson, avanzano fino a nord (gyeong seong); sfruttano appunto l’effetto sorpresa,
perché stando alle ricostruzioni delle trattative diplomatiche precedenti allo sbarco giapponese in Corea, sostanzialmente
Hideyoshi avrebbe rassicurato i suoi interlocutori di Choson che non avrebbe inviato uomini alla conquista della Corea, insomma
non dichiara apertamente guerra, ma invia lo stesso truppe sul continente; di fronte all’impreparazione quindi dei difensori, gli
attaccanti hanno gioco facile e si spingono fino a molto a Nord, più o meno verso il confine coni la Russia. Intanto però da un lato
le operazioni di terra vengono ostacolate dalla resistenza della popolazione locale, quindi da vere e proprie operazioni di
guerriglia organizzate da comunità di villaggio, anche da contadini coreani, quindi c’è una sorta di vera guerra di resistenza, che
vede dei successi anche da parte dei difensori, e le operazioni di difesa dall’avanzata giapponese vengono coordinate anche da
numerosi successi marittimi e navali, che vedono in particolar modo l’emergere di una figura, oggi ricordata e consacrata come
eroe nazionale in corea del sud come l’ammiraglio Yi Sun-sin. In più, una volta che le truppe giapponesi procedono verso nord,
anche la Cina Ming si accorge che anche loro stanno rischiando qualcosa, vedendo avvicinarsi le truppe giapponesi al confine,
invia inizialmente un piccolo contingente di poche migliaia di uomini, che viene facilmente sbaragliato dalle forze giapponesi, e a
quel punto a corte si ha l’idea che Hideyoshi stia facendo sul serio, e la risposta dopo poco tempo è l’invio di 50.000 soldati delle
forze imperiali cinesi, che vanno a sostenere, supportare, le operazioni di difesa messe in campo dal regno di Choson. Sono
soprattutto i successi navali della marina militare coreana che intanto interrompono le linee di rifornimento dal Giappone verso
la penisola, e spingono gradualmente tutte le parti in causa, alla primavera del 1593, ad aprire un negoziato. Hideyoshi capisce
che una volta che entra in campo l’armata imperiale cinese è difficile procede con l’opera di conquista, soprattutto se la marina
militare coreana continua a tagliare le linee di rifornimento; quindi, bisogna in qualche modo fermare le ostilità, e riorganizzare
le operazioni di conquista. Al tavolo dei negoziati, che si aprono nel 1593 e si concludono con una sorta di armistizio di cessate il
fuoco tra le parti, Hideyoshi consegna ai suoi emissari delle richieste specifiche da sottoporre alla Cina Ming e al regno di
Choson, che riguardano soprattutto due aspetti: la concessione di territori da parte di Choson al Giappone nel sud della penisola
coreana, dove rimangono delle roccaforti giapponesi, quindi di fatto c’è un controllo del territorio giapponese, quindi Hideyoshi
per sancire ulteriormente questa cosa richiede che sia agevolata l’instaurazione di un nuovo potere giapponese in queste
regioni, e in più Hideyoshi avrebbe richiesto, in cambio della pace, una sorta di patto matrimoniale tra le dinastie imperiali
giapponesi e la dinastia Ming. In realtà queste richieste, nonostante siano prodotto dell’elaborazione, della diplomazia di
Hideyoshi, non saranno mai portate al tavolo delle trattative. La risposta della Cina Ming arriva del 1596, riconoscendo a
Hideyoshi l’autorità di re del Giappone, ma senza ulteriori concessioni territoriali, né tantomeno la consegna in sposa di una
principessa imperiale cinese per l’imperatore giapponese. Il che, urta non poco Hideyoshi, che si sente un po’ preso in giro, e
non a caso, l’anno successivo alla consegna della risposta diplomatica da parte della Cina Ming, a fronte anche di una constante
tensione col vicino coreano, Hideyoshi ordina l’invio di un nuovo continente, questa volta di fatto della metà degli uomini
mandati 5 anni prima, ma naturalmente forte anche delle conquiste territoriali sul territorio della penisola, e l’agosto del 1597
100.000 uomini provenienti dalle isole Giappone, fatti non solo di soldati, esponenti della classe militare agli ordini dei singoli
signori della guerra, ma fatti anche da persone che venivano reclutate all’occasione, arrivano anch’essi in Corea, questa volta
però il regno di Choson si fa trovare pronto e organizzato a risponde anche all’invasione di terra Giapponese, anche se nelle
prime battute si registra una sconfitta navale per le forze coreane, che in sostanza facevano del loro potere navale un po’ il loro
vanto, la loro chiave di successo negli scontri militare, questo perché l’ammiraglio Yi era stato accusato di tradimento e messo in
carcere, dopo la prima sconfitta navale coreana il sovrano Choson e i suoi consiglieri lo liberano e lo reinstallano a capo della
marina militare coreana. Da quel momento in avanti iniziano nuovamente dei successi navali clamorosi per la marina militare
coreana, che ancor auna volta scoraggiano e interrompono appunto i collegamenti tra penisola e arcipelago. Questa volta le
truppe giapponesi vengono fermate molto a sud. Anche in questo caso le forze Choson sono sostenute dalle forze Ming, che
inviano nuovi rinforzi alle truppe di difesa. Il conflitto comunque continua, sia su terra sia per mare, dove appunto il controllo del
mare interno tra Giappone e corea diventa fondamentale proprio per tagliare le linee di rifornimento al fronte, fino a che nel
1598 muore Hideyoshi, muore di malattia. Due mesi dopo la sua morte c’è una battaglia navale decisiva che segna la fine del
conflitto e la fine dell’ammiraglio Yi (muore in battaglia) , gli stessi Daimyo che prendono il controllo del potere in Gippone,
ordineranno il ritiro delle truppe giapponesi. Quindi a novembre del 1598 i giapponesi vengono effettivamente allontanati dalla
penisola coreana e da quel momento in avanti, fino almeno agli anni ’30 del 20esimo secolo non ci saranno più tentativi di
conquista militare da parte del Giappone rispetto al continente.

Le cause sono diverse e sono oggetti di dibattito, una delle cause può essere il tentativo da parte di Hideyoshi di indebolire i
Daimyo, soprattutto quelli difficilmente controllabili del Kyushu, ai fini di garantirsi una sopravvivenza interna e consolidare il
proprio potere all’intero degli assetti istituzionali del Giappone. Ma sono solo ipotesi.

Sicuramente il conflitto ha avuto numerosi effetti da un punto di vista strategico militare, da un punto di vista sociali e
ambientale. Intanto, è uno dei primi conflitti, nella storia appunto dell’Asia orientale, in cui c’è un ricorso massiccio alla marina,
quindi alla guerra navale.

C’è un fattore sicuramente innegabile nella spinta alla conquista del continente da parte di Hideyoshi, che era quello del
controllo delle rotte commerciali e dell’accesso diretto, senza l’intermediazione del regno di Choson, alle risorse sul continente,
in particolar modo alla Cina.

Parliamo di un conflitto che in questo momento storico è un unico per impegno di esseri umani, di uomini, per la quantità di
soldati e di persone coinvolte, si stima appunto che le truppe giapponesi più o meno sarebbero state circa 300.000 nelle due
spedizioni, a fronte però di un impiego di oltre quasi 400.000 di uomini tra corea e Cina.

L’effetto più importane del conflitto è che le armi da fuoco, che erano state importante dai Daimyo dall’Europa, adattate,
modificate, e prodotte su scala anche in Giappone, vengono esportate e il loro utilizzo si diffonde anche sulla penisola coreane e
in Cina.

Tra il 92 e il 98 succede che Hideyoshi lascia il ruolo di reggente, assume il ruolo di reggente emerito, nasce l’unico figlio maschio
avuto da una concubina e in cui viene intestata sostanzialmente tutta l’eredita politica di Hideyoshi, Hideyori, che però è ancora
molto giovane e quindi per tutelare gli interessi e le sopravvivenze di Hideyori stesso, nel 1955 verrà formato il consiglio dei 5
anziani (gotairo). Nel frattempo, succede che l’erede designato di Hideyoshi, Hidetsugu, viene accusato di tradimento ed
eliminato. Hidetsugo aveva assunto il ruolo d Kampaku nel 1592, Hideyoshi ad un certo punto lo fa eliminare così.

A partire dal 1955 le redini degli affari di stato sono in mano a questi 5 anziani riuniti in un consiglio speciale da Hideyoshi.
Saranno sempre questi 5 anziani ad ordinare il ritiro delle truppe dalla coreana (nel 1598 alla morte di Hideyoshi).

I 5 anziani sono gli esponenti delle principali casate dei principali signori della guerra dell’epoca, in particolar modo: Tokugawa,
Mori, Uesugi, Ukita e Maeda.

Chiaramente venendo a mancare Hideyoshi, si creano delle divisioni interne al consiglio dei 5 anziani, che sfociano in una delle
più importanti fra samurai dell’epoca, che è la battaglia di Sekigahara, che determinerà appunto gli equilibri politici del regno a
partire dal 1600.

lezione 14

Il consiglio dei 5 viene ideato da Hideyoshi come forma di tutela della sua successione, questi 5 grandi anziani devono
funzionare, a venir meno dell’autorità di Hideyoshi, devono prendersi cura di Hideyori, avviarlo alla carriera politica, diplomatica,
e renderlo di fatto un leader legittimo e autorevole. Il problema è che questi signori, essendo appunto figli del loro tempo, non
osservando la situazione in termini di bene comune, ancora una volta fanno prevalere i loro interessi personali, interessi della
propria casata su quelli che erano identificati come prioritari da Hideyoshi, cioè il mantenimento di un’autorità centrale, nella
mani naturalmente della casata Toyotomi; questa è una deriva inevitabile quando all’interno di uno stesso consiglio siedono
personalità come Tokugawa Ieyasu, che dispongono di terreni la cui produttività, e quindi la cui ricchezza, era stimata in circa
2milioni di Koku. Di fatto Tokugawa Ieyasu è il membro più importante del consiglio dei 5, è il principale proprietario terriero e
Daimyo del Giappone centro orientale. Per altro non ha partecipato, non ha inviato contingenti militari nella guerra Imjin, quindi
ha preservato i suoi uomini, ha accumulato influenza anche a corte ed è sostanzialmente in competizione con gli altri signori
della guerra che siedono nel consiglio dei 5, soprattutto con i signori del kyushu, i cui interessi sono rappresentati dalla casata
dei Mori, e che siedono nel consiglio dei 5. Questo consiglio dei 5 rappresenta appunto l’egemonia più importanti nell’omonshu
e nel kyushu. Sono tutti personaggi che in maniera più o meno volontaria sostengono la volontà di Hideyoshi finché è in vita, ma
alla sua morte, di nuovo avviano processi competitivi, una rivalità piuttosto accesa che ha come campo di sfondo il futuro
dell’assetto politico e amministrativo del territorio. Quindi quando nel 1598 muore Hideyoshi queste tenzioni emergono in
maniera prepotente, Hideyori diventa sostanzialmente un burattino nelle mani dei più importanti signori della guerra dell’epoca,
l’autorità del clan Toyotomi, e in particolare di Toyotomi Hideyori, è assolutamente subordinata a quella deli membri del
consiglio dei 5, che portano avanti appunto ciascuno i propri interessi. All’interno del consiglio dei 5, si creano chiaramente
anche degli allineamenti, per esempio Maeda e Tokugawa staranno sostanzialmente dalla stessa parte, mentre i Mori avranno
più difficoltà a sottostare alla nascente egemonia di Tokugawa ieyasu sugli scenari nazionali. Le tenzioni sfociano in quello che è
ricordato come la più importante battaglia (la battaglia di sekigahara), (sekigahara si trova proprio sopra nagoya). Uno dei
protagonisti di questo scontro è Tokugawa Ieyasu (uno dei signori della guerra più ricchi, forti, autorevoli, anziani). Ieyasu è a
capo di un’armata che si stima contasse 88.000 uomini (samurai).

I due fronti sono questi: quello dell’armata dell’est, che vede come leader quasi assoluto Tokugawa Ieyasu e tutti i suoi alleanti,
tra cui appunto altri grandi signori della guerra (come i Maeda), nell’arma dell’ovest invece si schierano soprattutto i signori della
guerra del Giappone sud occidentale, in particolar modo i signori del Kyushu, il cui obiettivo è arginare l’ascesa di ieyasu,
continuare a tutelare i propri interessi mantenendo in piedi l’autorità costituita da Hideyoshi, e quindi cercando di utilizzare
Hideyori come loro strumento politico per legittimarsi.

L’idea di Ieyasu a livello politico amministrativo di governo nel territorio sarà per certi versi diversa dalle forme di governo
immaginate da Hideyoshi, che appunto cerca di riunire l’autorità simbolica della corte imperiale al nascente potere
dell’aristocrazia militare delle province; Ieyasu invece opera di reazione a questo, cioè, riafferma nuovamente l’autorità suprema
della classe militare negli scenari politici.

Il capo dell’armata dell’ovest non è un’esponente della casata dei grandi signori della guerra del Kyushu ma è un consigliere e
anche generale di Hideyoshi, Ishida Mitsunari. Intorno a Ishida si raduna questa coalizione di signori della guerra che erano
favorevoli alla permanenza al potere del clan Toyotomi, che però vivono soprattutto in fase di schieramento di un leggero
squilibro di potenza, appunto si stima che in fatti gli uomini a disposizione dell’armata dell’ovest fossero 81.000 e quindi ci fosse
una disparità di almeno 7.000 unità rispetto alle armate di Ieyasu.

A giocare un ruolo fondamentale in quello che è il trionfo di Ieyasu a Sekigahara, Sarà un altro signore della guerra, imparentato
con Hideyoshi, quindi aveva un ruolo decisivo, di rilievo nell’amministrazione, nella concezione del potere di Hideyoshi stesso,
che inizialmente schierato a supporto dell’armata dell’Ovest, grazie a una efficace opera di convinzione di Ieyasu tradirà il fronte
capitanato di Ishida, si alleerà con Ieyasu fornendo un ulteriore vantaggio all’armata dell’est e di fatto favorendo la vittoria di
quest’ultima.

Quindi nel 1600 Ieyasu vince sul campo, riafferma la propria egemonia, che già era un’egemonia territoriale, diventa anche una
egemonia militare, a suo vantaggio gioca anche il non aver partecipato alle spedizioni in Corea, quindi avere più uomini, più
risorse.

Nel 1603 Ieyasu ottiene dall’imperatore Go Yōzei la nomina a Shogun (perché grazie ad alcune dinamiche riesce a collegare il suo
clan a un ramo dei Minamoto), questo lo distingue in maniera fondamentale da un punto di vista formale dai suoi predecessori,
perché né Nobunaga né Hideyoshi avevano ottenuto la nomina shogunale. (la sua nomina a shogun durerà poco più di 2 anni)

Nel 1605 Ieyasu abdica da shogun e lascia il seggio shogunale al figlio, Hidetada, si ritira nel suo castello ma continua a fornire
consiglio al figlio, continua ad essere sostanzialmente l’autorità suprema nel regno. il centro politico, il centro decisionale del
paese nuovamente si sposta, dalla capitale imperiale (dall’area del kansai), nuovamente nel Giappone orientale, nel Kanto, dove
infatti era stata costituita la prima autorità shogunale.

Dai territori tradizionalmente controllati dai Tokugawa nel Giappone centro-orientale, gradualmente a partire dallo shogunato di
Hidetada, il centro politico del regno si sposterà in quella che oggi conosciamo come Tokyo, e che allora era conosciuta come
Edo. Era una città comunque importante dal punto di vista di snodi commerciali regionali, affacciata su una baia predisposta
anche per le comunicazioni marittime. L’area intorno a Tokyo, l’area del Kanto, nel 1590 da Hideyoshi con il sostegno di Ieyasu,
che era stata sottratta agli Hojo. A partire dalla prima metà del 1600 inizia gradualmente a diventare la base politica, il centro
delle decisioni politiche del paese, sotto l’egemonia appunto dei Tokugawa.

I Tokugawa in parte agiscono in reazione ad alcune riforme, e al tentativo di unificazione della leadership del Giappone, in parte
però proseguono sul processo di controllo soprattutto a livello sociale, avviato da Hideyoshi.

Come già aveva fatto Hideyoshi, i Tokugawa rafforzano il loro dominio in questa regione del paese e si appoggiano a una rete di
alleanza piuttosto vasta e diffusa, lì proprio nelle aree dell’omonshu orientale. Oltre ai territori sottoposti al diretto controllo
dello shogunato, e quindi dai Tokugawa, ci sono anche i territori assegnati ai cosiddetti “daimyo fudai”, categoria che aveva
ideato Hideyoshi per identificare i Daimyo a lui più fedeli, i suoi alleati storici, questa categorizzazione viene adattata agli
interessi politici dei Tokugawa e arricchita da un’ulteriore categoria e classificazione dei Daimyo, chiamato “Shinpan”, i shinpan
sono casate rappresentate dai signori dei armi secondari del grande clan Tokugawa, o sono signori di fatto imparentati con i
Tokugawa. A ciascun esponente di questi clan viene assegnato il controllo di un territorio; i territori affidati ai fudai e agli shinpan
sono relativamente piccoli, al contrario di quello che accade per la categoria dei “daimyo tozama”, tozama (“signore esterno”),
questa categoria era affidata a quei signori della guerra che avevano dichiarato la loro sottomissione un po’ forzata a Ieyasu
dopo essere stati sconfitti in battaglia Sekigahara; ai tozama vengono concessi infatti territori pià ampi e un’autonomia relativa
dalle direttive dello shogunato, che però per una serie di dinamiche di garanzie, saranno comunque soggetti all’autorità e alla
supremazia dei Tokugawa, nonostante appunto abbiano a loro disposizione territori più ampi e un’autonomia politica in termini
economici maggiori rispetto alle altre due categorie.

Questo sistema politico che vede un governo centrale e una serie di domini relativamente autonomi dal centro va sotto il nome
di Bakuhan, che è un termine derivato da Bakufu (shogunato) e Han (domini dei Daimyo).

In totale, insieme allo shogunato, quindi insieme all’area di edo, e a tutti i territori sottoposti al controllo diretto dei Tokugawa, ci
saranno in Giappone nel 1868 (alla fine del regime dei Tokugawa) più o meno 300 han, 300 domini ciascuno con il suo Daimyo a
capo, ciascuno con il proprio signore feudale; il signore feudale ha un’autonomia a livello locale, ma comunque deve rispondere
a degli obblighi importi dalla capitale, da edo. I Tokugawa si assicurano una stabilità politica e assicurano il fatto che i daimyo
non si rivoltino contro l’egemonia Tokugawa, intanto facendogli spendere una quantità enorme di finanze nella risistemazione di
infrastrutture, opere ingegneristiche, ecc. in tutto il regno, e poi per un periodo di tempo molto lungo che va dal 1603 al 1660, di
fatto obbligandoli a investire e a fornire manodopera, risorse, ecc. nella costruzione del castello di edo, i cui lavori saranno
completati nella seconda metà del 17esimo secolo.

La chiave però del controllo, della legittimazione del potere dei Tokugawa è sicuramente, oltre al controllo dei daimyo (quindi la
pacificazione definitiva o quasi dei signori della guerra), l’idea di società, e il controllo sociale che riescono a esprimere di
conseguenza le autorità dello shogunato, creato appunto nel 1603.

Una decina di anni dopo l’istituzione del nuovo shogunato (lo stesso anno in cui Ieyasu muore) il bakufu di edo promulga due
importanti codici di legge (buke & kuge shohatto) (che hanno una sorta di funzione anche morale, delle norme di
comportamento), che istituzionalizzano il sistema delle caste, creano di fatto una casta dirigente formata soprattutto da
esponenti delle casate militari, ma in cui sono più o meno posti sotto il controllo diretto dello shogunato anche gli esponenti
dell’aristocrazia di corte. Il buke shohatto (Norme di comportamento per daimyō e classe guerriera) darà dei codici di
comportamento estremamente rigorosi e rigidi ai samurai; mentre il kuge shohatto (Norme di comportamento e costume per
imperatore e nobiltà di corte) sarà diretto all’aristocrazia di corte.

Oltre a direzionare il comportamento di chi dirige, di chi ha un ruolo più elevato nella società, sotto i Tokugawa si viene a
configurare una piramide gerarchica a livello sociale molto ben definita, sulla base di un’ideologia specifica, che è quella del
neoconfucianesimo. La piramide sociale si caratterizza per un ordine quadripartito, ci sono 4 ordini sociali di riferimento, sulla
base del quale verranno identificati appunto (anche sui registri familiari dei singoli sudditi) l’estrazione sociale. Quindi ciascun
suddito riceverà un’assegnazione di un rango e in questa casta dovrà appartenere per tutta la vita, e così faranno tutti i suoi
discendenti. Il sistema caste, perfezionato da Tokugawa, creerà degli strati sociali sostanzialmente impermeabili l’uno con l’altro,
non ci sarà più possibilità di passare da uno strato all’altro, né tantomeno di creare parentele creare unioni tra caste diverse,
soprattutto in funzione di una preservazione della classe dirigente (samuraica) che apparterrà al mibun (classe) degli SHI
(occupata dagli esponenti dell’aristocrazia militare e dai samurai), gli shi sono i leader, sono la classe dirigente, sono per esteso i
samurai che gradualmente svestono i panni di guerrieri e assumono quelli di funzionari, amministratori, uomini di governo. Sotto
gli shi ci sono gli appartenenti al mibun “nō”, ovvero i contadini, tutti coloro che hanno a che vedere con la produzione agricola,
sono considerati secondi nella gerarchia, perché da loro dipende sostanzialmente la sopravvivenza in termini materiali della
classe dirigente. Sotto i contadini ci sono i “kō”, gli artigiani, anch’essi considerati comunque importanti nelle dinamiche sociali
del tempo perché dal loro lavoro emergono dei prodotti tangibili, visibili; l’ultima categoria sociale è quella degli “shō”, ovvero
quella dei mercanti, con il consolidamento dell’autorità dei Tokugawa, i mercanti saranno relegati allo strato più basso della
piramide sociale dell’epoca perché il loro lavoro non porta a risultati tangibili, non produce niente. Il paradosso di questa
struttura sociale è che spostandosi dal 17esimo al 19esimo secolo, secolo in cui finisce l’egemonia dei Tokugawa, il potere
economico nell’arcipelago sarà sempre più concentrato nelle mani di quelli che erano i fuori casta del sistema Tokugawa, a
testimonianza di come dei modelli ideali di società spesso non rappresentano quasi per nulla ciò che succede a tuti gli effetti
negli strati profondi di una società.

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