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APPUNTI

LEZIONE 2
Scorsa settimana: all’inizio di una nuova fase di una storia umana sull’arcipelago giapponese; tracce di primi insediamenti umani;
il paleolitico.

A partire più o meno da 13500 anni fa si sviluppa una prima società complessa o, meglio, abbiamo degli elementi che portano a
dire sulla base di studi archeologici e para antropologici, che nell’arcipelago giapponese ci sono delle comunità di homo sapiens
che hanno una serie di relazioni complesse, strutturate attorno ad alcune attività che sono sostanzialmente quelli della caccia e
della raccolta, della vita semi nomadica e dell’utilizzo di strumenti elementari come il fuoco, per creare una nicchia, ovvero un
contesto naturale ma piegato alle necessità di queste comunità e dei suoi abitanti.

Come molti animali anche l’essere umano è in grado di modificare l’ambiente in cui vive a proprio piacimento. L’elemento del
fuoco è il principale strumento che gli esseri umani, nel paleolitico soprattutto, insieme agli strumenti di pietra, utile a formare,
riformare e plasmare l’ambiente circostante a soddisfazione dei bisogni primari degli esseri umani. FUOCO come primo
elemento che cambia un po’ la prospettiva e che cambia il rapporto tra animali, in particolare homo sapiens, e ambiente, natura.

Tracce di questo cambiamento e di questa vera rivoluzione, si ritrovano nei manufatti che ci sono arrivati fino ad oggi.

Jomon è un termine che tradotto letteralmente dal giapponese significa “traccia di corda” e si riferisce alle decorazioni che si
possono vedere, per esempio, nei vasi. il primo vaso a destra della slide viene considerato il più antico esemplare di vasellame di
jomon e viene datato più o meno intono tra il 14esimo e l’8avo millennio, 7000 anni di distanza. Le tecnologie che datano in
modo specifico ancora non ci sono, ma l’intervallo di tempo in cui questo vaso è stato creato, prodotto è quello di questi 7000
anni.

A fianco si ha una prova di una evoluzione tecnica, artigianale, della produzione vasaria delle comunità jomon.

Sostanzialmente questo tipo di reperti/manufatti avevano, possiamo immaginare, ipotizzare sulla base delle prove che abbiamo
a nostra disposizione due finalità fondamentali: conservazione e cottura; poi gradualmente pensando ai vasi un po’ più artistici
possiamo ipotizzare uno scopo rituale. Un utilizzo di questi contenitori, recipienti per cerimonie. Non si hanno elementi
sufficienti per arrivare alla conclusione che questi vasi venivano utilizzati per scopi rituali.

Abbiamo elementi sufficienti per dire invece che quella (a fianco dei vasi) che questo effettivamente aveva degli scopi rituali, una
statuetta antropomorfa chiamata (dogū). Anche in questo caso ha queste decorazioni molto elaborate che sembrano anche
riprendere un po’ quelle del vaso, ma parliamo di un reperto del primo millennio a.C, quindi molto più recente rispetto al
vasellame. Ha delle forme antropomorfe ma estremizzate (occhi enormi, braccia e gambe corte, ha dei vestiti, una sorta di
tunica, e sembra possedere dei gioielli). Anche in questo caso c’è un dibattito su quale fosse l’utilizzo dei dogù, molto
probabilmente servivano in qualche modo a ingraziarsi o favorire la fertilità, proteggere i nuclei familiari. C’è comunque un
riferimento al fatto che gli uomini in questo momento storico hanno in mente un mondo ultraterreno, hanno in mente una
comunicazione con realtà non umane.

è impossibile che questi reperti siano prodotto di una stessa e unica cultura rimasta unica e uguale a sé per tutto questo tempo,
appunto dal 14esimo millennio al primo. Ma sicuramente ci sono stati degli influssi, delle influenze che però non si riescono a
ricostruire in maniera dettagliata perché mancano, al di là dei manufatti e dei reperti, delle testimonianze scritte per esempio.

Con il periodo Jomon si entra in quello che è il neolitico giapponese, ovvero un periodo della storia umana in cui dalla semplice
lavorazione della pietra e dall’utilizzo del fuoco per scopi appunto immediati, per sopravvivenza, iniziamo ad avere delle nuove
complessità, delle interazioni più complesse tra uomini e altri esseri viventi, tra uomini e ambiente, e tra membri delle stesse
comunità che si riconoscono come composte tra simili.

Si hanno sostanzialmente tre fasi in questo lunghissimo periodo che viene identificato come periodo Jomon.

Prima fase (compresa tra il 14esimo e il sesto millennio a.C.). Si trattava di un’economia estrattiva, basata appunto su attività
quali la caccia, pesca, raccolta di tuberi, vegetali ad uso alimentare dall’ambiente e frutta, soprattutto quella a guscio.
(Semi nomadica) Le comunità sembrano spostarsi dove c’è più disponibilità di queste risorse, aree boschive, entroterra, sui
litorali, lungo i corsi dei fiumi. Si spostavano a seconda delle disponibilità di queste risorse, probabilmente anche a seconda del
clima, delle stagioni. Non esistevano ancora insediamenti stanziali.

Gli utensili erano ancora creati e fatti di pietra lavorata.

Seconda fase (jomon intermedio) compresa tra il sesto e il terzo millennio a.C. dal 5.000 al 2.000 a.C circa

Si hanno già insediamenti semi-stanziali con spazi appositamente creati per ospitare riti. Queste comunità rendendosi più
indipendenti dai cicli naturali, trovandosi in una condizione di graduale adesione allo stile di vita stanziale, adottano dei nuovi
stili di vita, delle nuove norme di convivenza che passano naturalmente attraverso i riti, che potevano servire in una comunità
primitiva di questo tipo appunto per propiziare, per favorire fertilità, per proteggere i nuclei familiari o intere comunità da
qualsiasi minaccia del caso, esempio attacchi da altre comunità, anche se non si hanno tracce di eventi bellici, proteggersi
semplicemente anche da animali, garantire la sicurezza del nucleo familiare o della comunità.

In questa seconda fase si hanno anche tracce di forme precoci di agricoltura, in una piccola disponibilità di terra, legata
comunque all’ambiente di comunità. Oppure piccole forme di domesticazione di specie vegetali, sempre nelle aree boschive per
attirare animali e favorire la buona riuscita di una battuta di caccia. Si hanno una maggiore complessità di manufatti e del
vasellame in generale.

PICCOLA NOTA: il suolo giapponese è molto carico di elementi acidi; quindi, è difficile far sopravvivere per lungo tempo tracce
organiche; quindi, abbiamo pochi resti organici che sono arrivati dall’epoca Jomon. Il poco che ci è pervenuto di organico è
arrivato grazie all’azione di depositi, di conchiglie sostanzialmente che hanno una composizione chimica meno acida e che ha
permesso a molti reperti, tra cui vasellame, di arrivare a noi e ha favorito le ricerche degli specialisti. Nati come veri e propri
depositi di rifiuti domestici, chiamati KAIZUKA?. Ha permesso di ricostruire questioni come la dieta del periodo Jomon, ecc.

Terza fase (le datazioni delle slide sono diverse da quelle del libro, quella del libro è più antiquata) tra il terzo e il primo millennio
a.C.

Ps: all’esame non ci sarà una domanda su quando finisce il perido Jomon

Si assiste al periodo di massimo splendore delle culture Jomon e contemporaneamente anche al loro drastico declino. Questo
drastico declino demografico può essere dipeso da alcuni fattori legati probabilmente, da una parte, dal venir meno di risorse
fondamentali per la vita delle comunità jomon (una minima variazione del clima di alcune aree del gippone dove queste
comunità erano ormai diventate quasi stanziali), prede animali, frutta e alimenti da raccogliere dalla natura. Quindi una piccola
variazione del clima potrebbe aver messo in crisi tutto un sistema di approvvigionamento alimentare che nei millenni erano
diventato estremamente specializzato, complesso, ma evidentemente molto vulnerabile. Alcune ipotesi puntano invece alla
diffusione di nuove malattie, epidemie, che avrebbero decimato la popolazione Jomon, probabilmente anche in questo caso,
possiamo ipotizzare, in conseguenza della trasformazione della vita semi nomadica in una vita semi stanziale quindi in
conseguenza della creazione di comunità più densamente popolate, dove poteva essere favorito il salto di specie di batteri o
infestanti.

A partire dal secondo millennio ci sono tracce di insediamenti di nuovi nuclei, composti da esseri umani, soprattutto nelle aree
sudoccidentali dell’arcipelago giapponese e che potrebbero aver portato, tra le altre con nuove conoscenze e nuove tecniche,
anche un fenomeno molto umano che è quello della guerra e della conquista. Quindi il conflitto con altre popolazioni e
l’assorbimento delle popolazioni jomon all’interno di nuove dinamiche demografiche, potrebbe aver favorito la scomparsa e il
declino della cultura Jomon.

Nel secondo millennio, più o meno dal 1250 a.C si ha evidenza di cambiamenti della cultura materiale e di abitanti
dell’arcipelago giapponese. Sono tracce fondamentali che ci parlano di una vera e propria rivoluzione, perché compaiono tracce
di cerealicultura, questa volta su appezzamenti più estesi e in maniera omogenea, non in maniera casuale come poteva essere
quella delle comunità jomon, in spazi segregati e dedicati a questo tipo di attività.

La cultura Jomon non scompare totalmente, si hanno influenze anche in quest’evoluzioni della cultura materiale jomon e quindi
non scompare ma viene assorbita in questi nuovi flussi e in alcune aree dell’arcipelago stabilisce un’evoluzione indipendente da
quelle che sono le evoluzioni (che vedremo più avanti) in particolare nelle isole principali dell’arcipelago, nelle isole in sostanza
del sud di hokkaido, nel monshu e il kyushu soprattutto.
Nell’estremo nord est e nell’estremo nord di quello che noi adesso conosciamo come Giappone, in particolar modo nell’isola di
Hokkaido, si trovano tracce di culture Jomon fino addirittura al 700 d.C., quindi molto più avanti rispetto a quella che è
convenzionalmente conosciuta come la data di fine del periodo Jomon (circa 500 a.C.). quindi le culture Jomon rimangono vive a
livello regionale, rimangono sostanzialmente indipendenti da questi assorbimenti di nuove culture, soprattutto nelle zone più a
Nord, più settentrionali.

Dal sesto secolo a.C. emergono dagli studi archeologici evidenze del fatto che una nuova cultura, una nuova civiltà, si innesta
nell’arcipelago e gradualmente diventa dominante, assorbendo e marginalizzando le culture precedenti. L’ascesa di questa
nuova cultura, rispetto all’evoluzione che abbiamo visto delle culture Jomon è estremamente rapida, nello spazio di 300 anni
questa nuova popolazione con questa nuova cultura diventerà sostanzialmente dominante in tutto l’arcipelago.

Questa nuova cultura che si innesta nel continente (portata da migranti di origine probabilmente nordasiatica) porta con sé
appunto le tecniche di coltivazione di cereali, inizialmente si hanno tracce di coltivazioni legate all’orzo o al grano saraceno, per
esempio. Culture già diffuse da secoli nel continente, in particolare in Cina e nella penisola coreana.

Il periodo di cui ci occupiamo a partire grossomodo dal sesto secolo, con accelerazioni però tra il quarto e il terzo secolo a.C, a
livello cronologico coincidono in parte con le turbolente vicende che animano il continente, in particolare la Cina orientale dove
effettivamente emergono delle prime formazioni statali, addirittura imperiali quasi unitarie e che hanno però delle proiezioni di
potere di ambito regionale; di fatto conquistano vasti territori dopo aver consolidato il proprio potere in una specifica località.
C’è una proiezione appunto espansiva di alcune formazioni statali sul continente, fenomeno che avrebbe prodotto di
conseguenza il fenomeno migratorio diretto alle isole giapponesi, o comunque avrebbe contribuito a spingere popolazioni al di
fuori del continente verso le isole giapponesi, che erano tutt’altro che densamente popolate dai Jomon, anzi, le comunità Jomon
erano piuttosto sparse quindi non c’erano grossi insediamenti. Quindi per questi migranti che si insediavano tra l’altro in zone
relativamente abbandonate, anche in conseguenza delle trasformazioni geologiche (si parla di una grande eruzioni che per secoli
e secoli avrebbe scoraggiato gli insediamenti umani in particolare nell’area del Kyushu). Per questi migranti la penisola
giapponese in cui potevano arrivare senza molti sforzi, per esempio della corea, erano delle terre di nessuno, che potevano
essere tranquillamente colonizzate, messe a frutto.

Il fenomeno polito regionale molto interessante che si vede in questa fase è l’ascesa delle dinastie HAN in Cina tra il terzo secolo
a.C. e il terzo secolo d.C. Gli HAN sono la prima dinastia a creare una formazione statale a vocazione imperiale, espansiva. Gli han
arrivano fino alla penisola coreana, stabiliscono degli avamposti militari per intervenire e avere un maggiore controllo sugli affari
di questa regione e della penisola in particolare.

Per avere comunità agricole, stanziali, dedite all’agricoltura, prosperose è necessario trovare delle terre adatte.

Secondo james scott hanno avuto un ruolo fondamentale le terre “umide”. Umide perché attraversate da fiumi, ma irrorate da
una molteplicità di canali, corsi d’acqua piccoli. Terre umide, secondo alle quali si sarebbero creati i primi insediamenti stanziali.

Le terre umide sono importantissime perché c’è disponibilità di risorse alimentari anche di vario tipo: vegetazione, esseri viventi
che vivono negli ambienti acquatici, altri animali che predano quelli d’acqua, ecc.; la terra è tendenzialmente più fertile, fertilità
portata dai minerali, dalle sostanze contenute o trasportate dall’acqua dei fiumi che si depositano sul suolo in maniera periodica.
Il terreno fertile è una condizione necessaria per la coltivazione, per seminare specie vegetali già domesticare, già manipolate
dall’essere umano per essere cresciute sotto la supervisione degli esseri umani. Nelle terre umide si trova maggiore disponibilità
di prede più semplici da catturare. In parte già le comunità Jomon si insediano anche in queste aree del Giappone dove appunto
c’è maggiore disponibilità d’acqua.

L’ingresso delle nuove colture (di cui abbiamo parlato prima) dipendono sostanzialmente dalla conquista di queste terre umide,
dove questi nuovi migranti applicano una tecnica distintiva della civiltà dell’asia orientale e cioè la risicultura a immersione. Oltre
appunto a tracce di coltivazione di orzo e grano saraceno, che erano già presenti e richiedevano un minore apporto di acqua, la
cultura del riso a immersione quindi nelle risaie coperte dell’acqua, richiede una disponibilità d’acqua piuttosto consistente,
quindi deve essere per forza fatta in spazi pianeggianti (con le tecniche dell’epoca) un terreno umido anche esposto a
inondazioni, serve un apporto tecnologico, ingegneristico, anche in questo caso molto più consistente rispetto alle altre forme di
agricoltura disponibili nelle isole giapponesi nel lungo periodo Jomon. Per creare una risaia di quel tipo servono appunto canali
di irrigazione, dighe, creazione di margini artificiali. Il riso è una coltura che arriva in una fase successiva, non con le prime
migrazioni, non a partire dal secondo millennio, ma gradualmente si hanno tracce di risicultura più consistenti e più estese a
partire sostanzialmente da questa fase che noi chiamiamo appunto YAYOI medio e tardo, a partire quindi intorno al
primo/quarto secolo d.C.
Si entra nel periodo YAYOI

La cultura yayoi si è sviluppata nelle isole giapponesi più o meno a partire dal primo millennio a.C. e testimonia una evoluzione
stanziale e agricolo delle popolazioni.

Lo stile di vita nomadico e semi nomadico delle popolazioni Jomon, viene gradualmente sostituito da un’economia fondata e
incentrata sull’agricoltura. In questa fase successiva all’insediamento delle culture yayoi il riso diventa appunto dominante
perché rispetto ad altri cereali poteva essere raccolto e conservato in maniera più semplice e conservato a seconda delle
necessità dei produttori. (le altre attività caccia, pesca raccolta, ecc non spariscono, vengono integrate, la necessità, la
dipendenza, degli umani di queste pratiche si riduce in favore dell’agricoltura).

L’agricoltura nonostante diventi un’attività dominante per l’approvvigionamento alimentare degli esseri umani non è la sola cosa
che gli esseri umani fanno in Giappone.

Già nell’epoca Jomon si hanno tracce di contatti, di commerci interni o anche con altre aree dell’asia, commerci interni
all’arcipelago sempre seguendo le vie fluviali navigabili e le zone litoranee più facilmente attraversabili. Tutto ciò rimane anche
con lo sviluppo di nuovo tecnologie e nuove tecniche agricole. Rimangono anche i contatti con il continente, in particolare con le
zone più vicine, più prossime all’arcipelago.

Ricostruzioni dei villaggi yayoi (dal sito di yoshinogari) che è uno dei villaggi yayoi più rappresentativi e più evoluti. Rispetto alle
carrucole del periodo medio jomon, che rappresentavano gli insegnamenti di quella cultura, qua abbiamo strutture addirittura
quasi monumentali, piuttosto imponenti. Strutture sopraelevate. Ai fini della conservazione per esempio dei cereali, predisporre
un granaio sopraelevato preveniva la decadenza degli alimenti conservati. Poteva favorire la conservazione appunto del riso e
proteggere gli alimenti da intrusioni di parassiti o di piccoli animali che potevano cibarsene e anche dalle muffe.

Gli edifici sopraelevati potevano permettere un maggiore controllo da un punto di vista strategico, militare, c’è una particolarità
in questa ricostruzione di yoshinogari e che ci testimonia un’evoluzione non solo a livello di manufatti, l’evoluzione più
importante dal punto di vista politico è il fatto che i villaggi di quest’epoca a partire dal 500 a.C, con il consolidarsi di una cultura
stanziale dominata dall’agricoltura, hanno con sé un approccio alla protezione, e che portano a identificare dei confini, creare
delle palizzate o dei muri che servono a delimitare, in particolar modo sono utili a delimitare gli abitati e le aree coltivate. Sono a
tutti gli effetti delle strutture difensive, che dovevano dare dei segnali a chi viveva all’interno di questi confini e a chi anche
arrivava e vedeva questi confini dall’esterno. È evidente che queste nuove culture portano con sé una cifra di fatto bellica,
militare. All’interno delle ricostruzioni dei villaggi yayoi si trovano altre strutture sopraelevate atte allo stoccaggio degli alimenti.
Oltre a ulteriormente approfondire la distinzione tra edifici abitati o predisposti per l’abitazione e spazi rituali, spazi dedicati a
una religione arcaica, che chiaramente con l’introduzione dell’agricoltura inizia a ruotare intorno ai cicli agricoli, alle stagioni
della semina, del raccolto.

Con le nuove ondate migratorie che noi rivediamo a partire dal secondo millennio a.C. emergono le prime tracce di utilizzo di
metalli, e in particolar modo di bronzo. Rispetto alla terracotta, i metalli devono essere lavorati a temperature molto più alte,
quindi l’introduzione di strumenti metallici all’interno dell’arcipelago giapponese ci dice che sono entrate nuove tecniche di
forgiatura e nuove tecniche di utilizzo del fuoco, quindi il controllo di questa risorsa. La tecnologia è evoluta, è migliorata c’è una
maggiore raffinatezza anche nella produzione vasaria, che porta alla creazione di strumenti, utensili migliori per conservare,
tostare e cuore gli alimenti; l’arte vasaria ha una somiglianza molto forte quella del periodo yayoi in Giappone con la cultura
humun?? In corea, quindi possiamo immaginare che il ceppo etnico culturale provenga di fatto dalla penisola coreana, non solo
per il vasellame ma anche per effetto per gli oggetti rituali in bronzo che sono stati ritrovati anche in Giappone, soprattutto gli
specchi e le campane, e anche in parte per la produzione bellica.

Questa nuova cultura oltre all’agricoltura porta di fatto la guerra, non c’è traccia di scontri bellici tra comunità Jomon, ma non
possiamo escludere totalmente che non esistessero conflitti tra comunità per competizione appartenenti a queste culture. Le
comunità Jomon vivevano in modo piuttosto sparso, erano disperse nell’arcipelago; quindi, non c’era davvero bisogno di
competere tra le comunità per il possesso e il controllo di determinate aree, che sono sostanzialmente aree produttive, aree che
potevano essere messa a frutto da un punto di vista agricolo; quindi, da qui arriva la questione bellica e della competizione tra le
comunità yayoi. La competizione emerge perché, soprattutto in un contesto ambientale, fisico, come quello Giapponese c’è
scarsa disponibilità di terreni pianeggianti e coltivabili a cereali. Bisogna anche considerare il fattore delle comunità stanziali, una
volta che hanno trovato un bacino sufficiente di risorse tendono ad espandersi ed è il caso delle popolazioni yayoi, che
avrebbero avuto come ulteriore vantaggio competitivo rispetto alle popolazioni precedenti, tassi di fertilità più alti.
Quindi si ha un’evoluzione della cultura materiale, un’evoluzione anche dei riti. Non sappiamo molto della ritualità della
comunità Jomon (sappiamo solo delle statuine dogù), rispetto alla ritualità yayoi si hanno deli elementi in più perché molti tratti
dei riti, della spiritualità di queste comunità possono essere paragonate a fenomeni diffusi già per esempio nell’asia, in cina e
nella penisola coreana e ciò ci porta a immaginare una specie di sfera culturale della civilizzazione dell’asia orientale, fondata
appunto su alcune dinamiche in particolar modo sulla produzione, sulla coltivazione e sull’agricoltura di riso.

È una ritualità evidentemente incentrata sui ritmi dell’agricoltura; (quelle in basso nella slide) sono incisioni ritrovate nel
vasellame di tipo yayoi, si vedono appunto tra i vari simboli degli alberi a cui sono appese probabilmente quella campane che
venivano utilizzati nei riti, degli animali probabilmente animali già addomesticati che facevano parte delle domus (nuclei allargati
che comprendevano la convivenza di uomini ma anche animali già domestici), essiccatori, gli edifici sopraelevati, imbarcazioni,
ecc; Quindi ritualità non solo concentrata sui ritmi dell’agricoltura ma probabilmente basata anche su una concezione dell’aldilà,
di mondi ultraterreni, ecc. (ci sono diverse ipotesi).

(Sopra) abbiamo dei ritrovamenti tipici della archeologia asiatica, soprattutto dall’area che va appunto dall’asia centrale, dalla
mongola, alla cina e alla penisola coreana, e che vede protagonisti appunto le ossa oracolari; ossa di animali, probabilmente
selvaggina, che venivano raccolte e utilizzate per prevedere il futuro. Queste ossa venivano toccate con degli strumenti
incandescenti e chiaramente la reazione dell’osso rispetto al fuoco dava dei pattern, degli schemi, visibili ad occhio nudo ma
chiaramente interpretabili solo da determinate figure all’interno di comunità, che potevano essere figure a cui veniva
riconosciuta un’anzianità di un certo tipo o una competenza superiore a quella dei comuni abitanti. La divinazione diventa con il
consolidarsi delle culture yayoi un momento fondamentale della vita di comunità perché appunto si chiedeva di divinare, cioè,
interpretare dei segnali, rispetto al futuro, rispetto magari all’esito di un viaggio, di una spedizione militare, di un raccolto; e
diventava anche fonte di legittimazione politica. Nel contesto dell’arcipelago giapponese saper divinare (avere un potere
riconoscibile in ambito spirituale) significava anche avere un potere di fatto politico. Il potere politico e religioso vanno di pari
passo in queste comunità.

Prime testimonianze.

A partire dal primo secolo d.C. si hanno notizie di emissioni da parte delle formazioni statali, che si sono sviluppate e consolidate
intanto nel continente, verso le isole giapponesi. Le dinastie HAN cinesi comunicano, evidentemente, con alcune formazioni
statali o con dei piccoli proto-stati sviluppatisi in Giappone.

È soprattutto con il terzo secolo d.C. che si hanno però delle notizie più precise e che le interazioni tra formazioni statali
sull’arcipelago giapponese e altre formazioni statali sul continente si intensificano. Da alcune formazioni statali dell’arcipelago
vengono inviati dei messaggeri, ambasciatori, verso le corti di alcuni regni in Cina, soprattutto dopo la dissoluzione degli ultimi
HAN, in particolar modo nel 238 si ha notizia di una missione che parte dall’arcipelago e va alla corte del regno di Wei, in Cina
centrale.

Abbiamo le prime notizie rispetto alla vita delle comunità umane in Giappone in un’opera datata 297 d.C. scritta in cinese,
appratente a questa stessa corte (wei). Le cronache del regno di Wei contengono appunto una prima descrizione storica di
quella che era la vita all’interno di una formazione statale o proto-statele sviluppatasi nell’arcipelago giapponese. In queste
prime testimonianze il Giappone è identificato con il nome di Wa, che aveva un significato piuttosto sminuente nei confronti di
chi ci abitava, da un prospettiva diciamo sino centrica, da una prospettiva diciamo più evoluta di una formazione statale cinese, i
fenomeni a cui i messaggeri assistevano in Giappone, sembravano un po’ cose da selvaggi fondamentalmente, abitudini di vita
piuttosto arretrate (sempre provenendo da uno stato, da un contesto più avanzato da un punto di vista istituzionale).

LEZIONE 3
Si parla di protostoria quando si ha insieme a manufatti, ritrovamenti, reperti fisici, testimonianze storiche non autoctone, non di
quella realtà geografia di cui ci occupiamo, ma che ci sono riferiti da altri soggetti. In questo caso siamo in una fase protostorica
perché abbiamo notizie delle società, delle economie, ecc, giapponesi da fonti cinesi. Parliamo di storia quando queste fonti si
aggiungono a quelle autoctone.

Le notizie che vengono riportate dal Wei zhi ci aiutano a confermare delle informazioni che abbiamo dai lavori archeologici. Dai
reperti, dagli scavi archeologici sui siti yayoi abbiamo delle informazioni che vengono ulteriormente confermate anche da queste
fonti terze. Non è solo il Wei zhi che ci dà quel tipo di informazioni, sappiamo che queste società erano già stratificate, avevano
delle gerarchie interne dagli scavi sui siti di epoca yayoi, e anche appunto dalle notizi che ci arrivano dalle fonti cinesi.
Questo modello incentrato su una stratificazione della società, su gerarchie che aiutano a governare meglio la realtà sociale
sempre più complessa, rimanda a dei modelli che arrivano dall’esterno, sono prodotto dell’adattamento di alcuni modelli
culturali, politici, e istituzionali, conseguenza dell’adozione dell’agricoltura stanziale come prima voce di una politica economica
antica che è un fenomeno piuttosto diffuso nelle fasi arcaiche della storia antica delle società umane, non solo in Giappone,
soprattutto in gran parte del mondo dove l’agricoltura a un certo punto della storia umana diventa un’attività dominante per la
sopravvivenza e sussistenza delle popolazioni.

Queste gerarchie (piramidi sociali) si fondano sulla base della concentrazione di alcune risorse fondamentali nelle mani di pochi
individui, spesso riuniti in clan, in gruppi imparentati, che potevano detenere il potere su estensioni di terreni, su mezzi di
produzione, su mezzi di controllo e di stoccaggio del raccolto, legati ovviamente ancora una volta a una cultura di tipo agricola
stanziale. Maggiori risorse significava per l’epoca anche accesso a beni simbolici, per esempio i manufatti di bronzo che si
trovano già nel periodo yayoi e si troveranno in maniera sostanziale anche nel periodo successivo (kofun), che servivano a
segnalare una differenza a livello sociale. Chi aveva più risorse poteva permettersi di acquistare/procurarsi beni anche
provenienti da molto distanti, dal continente per esempio, e in questo senso, evidenziare ulteriormente il proprio status sociale
più elevato.

Alcune categorie di persone in questo sistema potevano avere accesso a contatti, attraverso le rotte commerciali sulle vie
marittime, con il continente, guadagnare un margine competitivo su concorrenti a livello interno, a livello dimestico. Quindi
alcuni clan, che magari esercitavano già un potere su un determinato territorio, per fattori anche puramente casuali (ad es. il
territorio si trova su una costa vicina alla corea e quindi le rotte commerciali che collegavano questa zona alla corea erano più
praticabili). Insomma, grazie anche a questi fattori alcuni gruppi si arricchiscono e acquisiscono più potere e più prestigio, in un
ambiente sempre più caratterizzato da una competizione tra formazioni statali.

Si hanno tracce di queste dinamiche di competizione nei testi Wei zhi. Infatti, nei testi viene scritto che himiko invia al regno di
wei como dono degli schiavi. Gli schiavi sono prova di guerre e di cattura, di conflitti, che vedono gruppi di individui, di
formazioni proto-statali scontrarsi gli uni con gli altri per il controllo di determinate risorse. Le risorse sono agricole, territoriali,
minerarie, materie prime che servono ad alimentare un’economia incentrata sempre di più sulla produzione agricola stanziale,
ma sono anche risorse umane. La vita dell’essere umano in questa vicenda storica non è attribuita a nessun tipo di sacralità,
l’essere umano è una risorsa, che può offrire lavoro, che può diventare un bene di scambio, un dono a un sovrano straniere.
Vengono presi schiavi però naturalmente gli sconfitti, in questo sistema. Perché himiko invia degli schiavi come dono al re di
Wei? Perché chiaramente fa politica e cerca di legittimarsi internamente, dialogando con un regno percepito come più forte e
avanzato all’esterno dell’arcipelago giapponese.

Come risponde il re di wei al dono di himiko? Chiamandola “regina di Wa”. In questo frangente storico Wa indica un’entità
geografica, nella percezione sino centrica del mondo, che non si estende a tutto il Giappone moderno e contemporaneo.
Quest’entità geografica poteva eventualmente racchiudere le isole del kyushu e del monshu, quelle con cui c’erano più contatti,
il regno di wei, o comunque i regni cinesi avevano più contatti evidentemente. All’interno di questo territorio, il regno di Wei,
che è solo uno dei regni che si formano dopo la dissoluzione della dinastia Han, quindi ha una visione estremamente parziale, il
regno di yamatai, dove c’è questa leader carismatica che potere sia spirituale sia politico, cioè himiko, solo uno delle piccole
dimensioni delle formazioni statali che sono nate nel territorio di wa, ma essendo quello con maggiori capacità e risorse, in
grado appunto di comunicare con lo stato tributario del regno di Wei e riconosciuto da Wei stesso come autorità suprema in
tutto il territorio di Wa, che appunto corrisponde al kyushuu e al lo monshu.

Wa è il nome più allargato più esteso per l’arcipelago giapponese nella visione sino-centrica, che tradotto letteralmente vuol dire
NANI????. Tendenzialmente veniva utilizzato per descrivere l’arretratezza delle popolazioni presenti nell’arcipelago; quindi, non
era un complimento quel carattere, tanto che poi nella storia della diplomazia antica tra regni giapponese e dinastie imperiali
cinesi, un certo punto quel carattere viene modificato. In questo frangente storico ancora porta un’idea di una superiorità dei
regni dell’attuale cina nord orientale (come wei) rispetto a una realtà percepita come ancora barbarica, arretrata, per quanto
popolata da buoni selvaggi, perché effettivamente nella lettera del re di Wei a Himiko si legge di come Himiko abbia in qualche
modo accettato e integrato in sé principi di tipo confuciano, come si è effettivamente una sovrana di un regno subordinato
obbediente a un’autorità più elevata, che è quella del regno di Wei.

Tutte queste dinamiche sostando il nostro focus dal gippone a quello che succede intorno all’arcipelago, queste strutture di
preminenza dell’agricoltura tra le attività economiche, di consolidamento di strutture sociali ben definite, si vedono replicate in
diverse dimensioni politiche sul continente, soprattutto nella penisola coreana, dove a partire dal quarto secolo d.C. anche sulla
stregua della dissoluzione della dinastia han e della formazione di vari regni nel contesto cinese, si vengono a consolidare delle
formazioni statali di rilievo nel nord della penisola con il nome Koguryo che si contende la supremazia sulla penisola coreana con
altri due stati almeno, in quello che è conosciuto come periodo dei 3 regni più la confederazione di Kaya?, gli altri due regni sono
a ovest, nella parte meridionale della penisola, paekche; e a est, sempre nella parte meridionale della penisola, Silla.

I rapporti tra formazioni statali dell’arcipelago e formazioni statali della penisola coreana, soprattutto della sua appendice
meridionale, sono accertati, intensi. Soprattutto il legame con paekche è ampiamente dimostrato anche dalla diffusione di alcuni
caratteri, di alcuni manufatti, di alcuni elementi appunto della cultura materiale delle due aree, e soprattutto è dimostrato
perché da queste zone sarebbero rientrati poi i minerali ferrosi che avrebbero poi contribuito alla diffusione degli strumenti e
delle tecniche della metallurgia in Giappone. Considerando il fatto che sostanzialmente ferro e bronzo arrivano in maniera quasi
contemporanea nell’arcipelago, evidentemente frutto di una rielaborazione a un passaggio molto ravvicinato proprio in questa
zona del continente.

Il modello ancora una volta di riferimento e la necessità di definire degli strumenti di governo, delle istituzioni specifiche, in
questa ona dell’asia orientale, arriva dal fatto che a partire dal 200 a.C. (terzo secolo a.C.) si viene a definire una formazione
statale, una sovranità piuttosto estesa, in questa area piuttosto estesa dell’attuale Cina, sotto il controllo della dinastia han, in
particolare lungo il bacino del Fiume Giallo e dello yanz???? Con però un’estensione anche verso la penisola coreana. Questo
fenomeno politico che caratterizza almeno 4 secoli della storia umana nella regione tra 200 a.C e 200 d.C., crea dei flussi
migratori in uscita dal continente e diretti verso le isole giapponese, provoca però di conseguenza anche un adattamento delle
strutture politiche e sociali nelle aree interessate dall’avanzata della dinastia dell’impero Han. Porta quindi, tra le altre cose, alla
sistematizzazione della società on ranghi, quindi al controllo di una maggiore complessità attraverso questi nuovi strumenti,
all’adozione di principi filosofici e politici che in qualche modo direzionano l’azione del governo, e anche all’introduzione di
strumenti pratici, strumenti di coercizione anche nelle popolazioni, che rendono i principi e l’azione di governo chiaramente più
efficace.

Definizione di un confine fisico che non è solo geografico ma è anche politico che si vede appunto nel nord del territorio
amministrato dalla dinastia han (la muraglia cinese). Questo confine identificava naturalmente, in vari periodi della storia delle
dinastie cinesi,

è importante identificare le aree dell’arcipelago giapponese dove queste strutture (quelle che si possono legare allo sviluppo
dello stato antico in asia orientale, prendono maggiormente piede, e cioè nelle piane del kyushuu e nelle piane del kinai, dove
abbiamo tracce ed evidenza della nascita dei primi stati antichi, delle prime formazioni proto-statali, caratterizzati appunto da
tutte queste dinamiche e di cui traiamo informazione anche dalle cronache cinesi. Di sicuro da qui emergono i primi fenomeni di
formazione degli stati antichi anche in Giappone; sono aree nell’arcipelago che più di altre hanno contatti con il continente.

Nella zona antistante lo stretto di tsushima, dove c’è appunto l’sola di tsushima, che è un po’ì il punto mediano nella rotta tra
kyuushu e sud della penisola coreana, si hanno una grande concentrazione, per esempio, di siti di epoca yayoi, quindi di quelle
culture agrarie, fondamentalmente, che sarebbero entrate dal continente. E poi si ha il kinai, Giappone centro.-occidentale, la
regione sostanzialmente occupata oggi dall’area metropolitana di osaka, dove si hanno altri elementi che ci portano a dedurre,
l’emergere e la presenza in questa regione di una formazione statale in grado di esprime anche una sua cultura piuttosto
omogenea, unitaria, di avere in sostanza un’egemonia culturale anche in termini di diffusione di strutture architettoniche,
soprattutto siti funerari monumentali, in qualche modo standardizzati, creati su un modello specifico, influenzato dai precedenti
continentali, ma adattato anche in questo caso alla realtà locale.

Perché uno stato nasca in antichità, serviva il controllo di zone umide, terre coltivabili, concentrate in quelle che sono piane
alluvionali, dove si poteva utilizzare e sfruttare al meglio la presenza di un fiume e la possibilità che questo fiume esondasse
portando sostanze nutritive e di conseguenza favorendo una maggiore produttività del terreno. In queste Piave alluvionali si
coltivavano cereali e gradualmente, a partire dal tardo periodo yayoi (quindi spingendoci sempre più tra il primo e il quarto
secolo d. C.) la cultura, il grano dominate, in questo nuovo assetto è il riso; Il riso coltivato in risaie a immersione, quindi con
necessità ulteriore di un apporto di acqua costante e di tecniche e tecnologie ingegneristiche piuttosto complesse, per un
periodo comunque arcaico della storia del paese. (siamo ancora al neolitico).

Gli stati antichi sono circoscritti da confini. Rispetto a anche alle ricostruzioni dei villaggi dell’epoca Jomon, si ha una novità che
sono queste palizzate che dividono l’abitato dal resto dell’ambiente circostante, e venivano utilizzati anche queste sorte di
tecnologie di confinamento, venivano utilizzare anche per disegnare i limiti delle aree coltivabili. Avevano uno scopo protettivo,
difensivo. Da un altro punto di vista servivano a identificare per chi stava all’interno, in queste formazioni sociali, un confine
invalicabili, che divideva la civiltà dalla barbaria. Segnare un confine tra area civilizzata e aree popolate da popolazioni nomadi,
probabilmente anche arretrate, non acculturate. Cambia anche l’immagine che uno stato proietta di sé, come area civilizzata e
sottoposta a determinate regole di convivenza e determinate istituzioni, incentrata su modi di convivenza strutturati intorno a
un’attività economica principale che è l’agricoltura stanziale. Quindi quei confini servivano anche a contenere eventuali fughe
dallo stato, eventuali fughe di chi è stato catturato per la sua anche forza lavoro verso l’esterno.

C’è un altro elemento che caratterizza quasi tutti gli stati antichi che è un sistema di scrittura, in Giappone si avranno tracce di
questo sistema di scrittura solo nell’ottavo secolo d.C. (c’erano delle prove di scrittura precedenti, sono stati ritrovati dei reperti
databili al sesto secolo d.C., dove troviamo tracce di scrittura cinese su alcuni reperti, su una spada in particolar modo, ma non
c’è una prova, un’evidenza archeologica o storica consistente per poter dire che esisteva un sistema di scrittura univoco per
tutti, per tutte le aree e per tutti gli staterelli antichi che nascono e si diffondono e si sviluppano anche nell’arcipelago
giapponese. Quindi questo elemento di fatto in Giappone non esiste prima dell’ottavo secolo, quando effettivamente emerge
uno stato più forte degli altri, in grado di sottoporre alla propria sovranità gran parte dell’area che le cronache cinesi già
identificavano come “Wa”).

Alla fine di questo periodo di introduzione dell’agricoltura, di passaggio, di profonda modifica dello stile di vita degli abitanti
dell’arcipelago, siamo appunto al momento di transizione da questo periodo storico di adattamento a nuovi stili di vita verso un
nuovo periodo, caratterizzato dall’emergere del rafforzamento delle formazioni statali sul territorio dell’arcipelago.

La cultura di questo periodo che gli storici chiamo kofun (dal nome dei tumuli, sepolture monumentali che iniziano a diffondersi
a partire dal quarto secolo in gran parte del territorio delle isole principale del Giappone tra il kyushuu e monshu) è
caratterizzata

Quando muore himiko viene costruito per lei un grande tumulo, piuttosto ampio, e il corpo di himiko è seguito da centinaia di
suoi attendenti, dopo himiko viene nominato un nuovo re, ma subito dopo emergono conflitti, contrasti che gettano
nuovamente il regno di yamatai nel caos. Il fatto che sia stato costruito per himiko un tumulo di grandi dimensioni ci fa pensare
che himiko appartenesse appunto a quella categoria di persone, tendenzialmente leader locale, possiamo anche chiamarli
re/regine; quindi, leader di piccole formazioni statali che iniziano a prendere piede appunto a partire dal terzo/quarto secolo
d.C. che vi avevano un modello di riferimento. Un modello di riferimento visibile appunto nello stile architettonico e di modifica
dell’ambiente circostante delle loro sepolture. (ci sono molti stili di sepoltura che avevano connessioni con le culture delle aree e
delle regioni meridionali della penisola coreana, quindi ancor una volta c’è un legame molto stretto con le dinamiche
sociopolitiche della penisola coreana; anche in coreana si ritrovano appunto sepolture a forma di tumolo). In Giappone
ritroviamo sepolture che uniscono queste due forme (un tondo e un rettangolo) a creare una sorta di forma a buco di serratura.
Sono chiaramente rispetto ai tumuli stili di sepoltura più recenti, più evoluti, ma che caratterizzano profondamente l’evoluzione
di questi due secoli (dal quarto al sesto secolo d.C., il periodo kofun). La monumentalità quindi l’espansione, la grandezza di
queste sepolture, rispetto a necropoli, fosse comuni, all’interno delle quali in periodo yayoi venivano ritrovati resti di esseri
umani magari chiudi in delle giare, usate come bare, sono molto più grandi, molto più appariscenti; quindi, anche in morte i
membri dell’élite locali tenevano a segnalare la loro differenza con il resto della popolazione. Himiko, giustamente, da sovrana di
questa piccola formazione statale, ma riconosciuta dal regno di Wei come regina del Giappone per come era conosciuto
all’epoca, riceva una sepoltura monumentale, quindi fa parte di una élite. Questo stile di sepoltura di diffonde in kyushuu, in
moshu e nella regione del kinai, dove si trova appunto questo tipo di forma (a buco di serratura) dove si uniscono due elementi
importanti della visione e della filosofia dell’epoca, che sono l’elemento cielo e l’elemento terra. All’interno di questo kofun, i
leader locali, i re e regine locali, venivano sepolti rivolti verso nord (qui ci sono dei collegamenti on le traduzioni provenienti
soprattutto dal centro dell’Asia) e circondati da oggetti di vita quotidiana che avevano arricchito la loro vita, come ad esempio
specchi, spade, lance, attrezzi agricoli, ecc. molto spesso sono oggetti di metallo, di bronzo o ferro nelle epoche più recenti. I
destinatari di questi tipi di sepolture sono membri di rilevo, di spicco, dei cosiddetti clan. Nei più corredati potevano comparire
anche questo tipo di reperti artistici, statuine di terracotta che rappresentavano usi e costumi locali dell’epoca; i vestiti di queste
statuine ci rimandano a uno stile di abbigliamento diffuso nella penisola coreana più o meno nello stesso periodo; oltre a
statuette in tenuta militare (a riprova del fatto che la guerra era un fenomeno integrato nella vita dell’élite giapponesi tra il
quarto e il sesto secolo d.C.

Haniwa (nome delle statuine) erano una sorta di corteo funebre, rappresentavano, insieme agli oggetti di vita quotidiana, una
sorta di scorta che aveva comunque delle sembianze quotidiane per il defunto verso la sua vita nell’aldilà.

La regione del Kinai è appunto ancora una volta quella parte del Giappone compresa oggi nell’area metropolitana di Osaka,
attraversata da diversi fiumi, tra cui il fiume Yamato, da cui deriva la cosiddetta cultura yamato.

Gli yamato sono questa popolazione chiaramente di provenienza ancestrale continentale che avrebbe avuto il maggiore
successo nell’opera di formazione e creazione di uno stato antico in Giappone. Sono quelli che hanno più successo e che quindi a
un certo punto hanno la possibilità e le capacità di trasformarsi in una dinastia imperiale (creare un proprio impero), anche se
molto più ristretto rispetto alle dinastie imperiali cinesi, ma seguendo quel modello ricreano una sorta di dimensione imperiale
anche all’intero nel Giappone, soprattutto nel Giappone centro occidentale e meridionale.

Nel bacino appunto del fiume Yamato si hanno questo tipo di elementi architettonici (slide 12), i kofun monumentali più
importanti del Giappone, e più evidenti da un punto di vista scenografico. Alcuni di questi sono proprietà della famiglia
imperiale, quindi la famiglia imperiale oggi dichiara una sorta di discendenza diretta da questi sovrani dell’area del Kinai,
vedendoli un po’ come loro progenitori, antenati, fondatori della casata imperiale giapponese, appunto oggi rappresentata
dall’imperatore narukito, e per ciò, essendo proprietà della famiglia imperiale, negli anni, i lavori di scavo sono stati impediti.

La diffusione di queste sepolture monumentali in quest’area del Giappone, ci racconta dell’emergere del rafforzamento di una
formazione politica specifica, di una formazione statale che aveva a capo un esponente di questo clan Yamato, proveniente e
dominante nel Giappone centro occidentale.

Tra il quarto e il sesto secolo (in corrispondenza del periodo kofun) la sovranità Yamato dalla regione del Kinai si sarebbe estesa
attraverso accordi diplomatici, ma sostanzialmente attraverso guerre di conquista e di cattura, verso sud ovest (in questa prima
fase). Tra il quarto e sesto secolo viene consolidato un dominio in tutto il Giappone centro meridionale. Questo clan dominata da
un’élite e da alcune famiglie in qualche modo imparentate con una linea di discendenza principale, era governata dai cosiddetti
Okimi (grandi re) con alleanze con altre famiglie, che avevano potere più o meno circoscritto a diverse regioni dell’estensione dei
domini Yamato. A queste famiglie (uji), in qualche modo sottoposte, per cui gli Yamato fungevano in qualche modo da garanti,
da arbitri delle controversie, veniva concesso un discreto potere, un discreto margine di decisione e di arbitrarietà, per esempio
nel controllo di alcuni territori e anche nella ingegnerizzazione della natura a livello locale per favorire la produzione agricola e di
conseguenza, anche l’arricchimento, il versamento di tributi verso i grandi re Yamato.

Una ragione dell’ascesa degli Yamato sarebbe appunto dipesa dalla loro abilità diplomatica, che faceva leva però su una
disponibilità di risorse maggiori rispetto ad altre realtà politiche, e dalla loro capacità di sottomettere altre realtà contendenti e
concorrenti, diventando arbitri di contese, capi di una sorta di confederazione di piccoli staterelli, che a un certo punto cedono
parte della loro sovranità a un’autorità più potente, più ricca, con maggiori capacità. In questo frangente alcune sovranità
contendenti e quindi avversarie, concorrenti di Yamato nel controllo delle risorse territoriali ma anche appunto nell’accesso a un
certo tipo di rotte commerciali che mettevano in comunicazione il Giappone occidentale con la penisola coreana, fondate sullo
scambio soprattutto di risorse minerarie (es. sabbie ferrose?, ma soprattutto per le forniture belliche, quindi l’importante era
accaparrarsi linee di fornitura di risorse utili alla metallurgia). In questo frangente, gli Yamato si scontrano e sottomettono
sovranità contendenti come quella di Izumo, e avviano anche un’espansione militare verso sudovest che ingloba, che porta
all’assorbimento all’interno della realtà Yamato, di popolazioni che risiedevano nell’arcipelago Giapponese, ma che non avevano
origine nord asiatica, come probabilmente avevano gli Yamato (la cui origine, ancora una volta, è verosimilmente continentale;
erano eredi di una tradizione ancestrale portata nell’arcipelago giapponese dai primi migranti fuoriusciti dalla penisola coreana
nel primo millennio a.C.). tra queste popolazioni non Yamato, non di origine nordasiatica, ma verosimilmente di origine
arcipelagica, oceanica, dal sud est asiatico, c’erano questi Kumaso? Che vivevano nelle zone meridionali del kyushuu. Nel mito i
kumaso vengono sottomessi, conquistati dal principe Yamato takeru. Rappresentante, simbolo della forza militare degli Yamato
ed eroe della saga della conquista, dell’evoluzione del rafforzamento del dominio Yamato sull’arcipelago giapponese.

Scontro tra Yamato e altre potenti realtà locali (consiglio di lettura=la guerra del riso e del ferro di mizushi shigeru)

Izumo è uno di questi regni diciamo dimenticati e assorbiti nella sovranità yamato, tanto che degli Izumo si trovano traccia nei
miti di fondazione della dinastia imperiale giapponese, nelle prime storie e nei primi poemi come il kogiki? E nelle cronache
dinastiche giapponesi; troviamo traccia di Izumo grazie alle divinità più rappresentative di questa sovranità, rappresentate nei
miti di corte dell’ottavo secolo con susano? E Okuni Nushi (sono divinità appunto entrate poi nel pantheon shinto, sulla base
probabilmente di accordi diplomatici tra Yamato e Izumo, ma soprattutto sulla base, probabilmente, a fronte di una superiorità
Yamato che a un certo punto conquista e sottomette Izumo, che però deve essere stata, tra i vari avversari che la sovranità si
trova sul suo percorso, una delle realtà più resistenti e più difficilmente conquistate, tanto che alcuni imperatori, discendenti da
Yamato quando si cristallizza la dinastia imperiale giapponese a partire dal settimo secolo, daranno ordine di costruire dei
santuari a Okuni nushi per garantirsi alcuni benefici e soprattutto per ridurre l’impatto della mala sorte sul proprio governo e sul
proprio impero. Ancora oggi tra i santuari più importanti dello shinto c’è Izumo taisha che appunto è dedicato a Okuni nushi,
Divinità locale molto rispettata fin dai periodi più arcaici e dagli stessi regnanti di origine Yamato. Izumo si trova tra la prefettura
di shimane e la prefettura di tottori; quindi, è verosimile pensare che il potere di Izumo che è in epoca Kofun si estendeva fino a
nord, ai confini con l’attuale prefettura di nigata, dipendesse in gran parte dalla sua vicinanza con i regni coreani e con questa
realtà della parte meridionale e del sud della penisola coreana, da cui probabilmente Izumo traeva ricchezza e potere, nel
controllo soprattutto delle rotte commerciali e di alcune risorse fondamentali.

Confrontando i dati che si ricavano sia dalle storie dinastiche giapponesi (quelle opere che iniziano ad essere composte e
pubblicate nell’ottavo secolo d.C., quindi a partire 710), di alcune cronache cinesi, si riesce a ricostruire storicamente la vicenda
reale di alcuni sovrani Yamato che contribuiscono ulteriormente al rafforzamento degli assetti statali, alla formazione appunto
dello stato antico arcaico in Giappone, e che avevano in questo caso ancora una volta delle connessioni con il continente, dei
rapporti comunque diplomatici con, soprattutto, la corea e un ruolo effettivo negli affari regionali. Quindi tracce del loro
coinvolgimento per esempio in conflitti, in missioni, in spedizioni militari si hanno dalle cronache cinesi, da alcune testimonianze
coreane e poi, a posteriori, anche nelle cronache dinastiche giapponesi. Si riesce per esempio a ricostruire la presenza, tra il
terzo e il quarto secolo, di un re (okimi) appunto chiamato nintoku, nel quarto secolo di un altro importante re Yamato (ingyo) e
poi dal quinto secolo (a partire dalla metà del 400 e i primi decenni del 400) si ha una figura storica che viene nominata da
un’autorità, nuovamente da un regno cinese, re di Wa, che va sotto il nome nelle cronache cinesi come BU? E in giapponese è
conosciuto come yuryaku; di fatto il riconoscimento di yuryaku è quello di generalissimo pacificatore dell’oriente, ancora una
volta segnalare come queste realtà nell’arcipelago avessero un rapporto tributario con le realtà continentale, e che ricevessero
legittimità politica non solo internamente, ma anche negli affari regionali proprio da questi loro rapporti con soggetti egemonici,
e in particolar modo con soggetti cinesi. Questo ulteriormente ci parla del fatto che questi sovrani Yamato erano pienamente
coinvolti dalla competizione tra stati sulla penisola coreana; quindi, partecipavano attivamente alla vita politica della penisola
coreana, inviando militari a supporto in particolar modo del regno di Paekche contro alleanze militari formate dal sostegno
cinese per esempio (in una fase più avanzata). Yamato come alleata di paekche e in questo senso come parte integrante degli
assetti regionali e della vita politica dell’area.

Collega chiede se esistessero dei rapporti di vassallaggio:

effettivamente a partire dal periodo Kofun sappiamo, grazie al ritrovamento soprattutto di questa spada (chiama spada di
inariyama, databile al quinto/sesto secolo d.C.) che la sovranità yamato aveva intessuto rapporti di vassallaggio con dignitari
locali, con clan che avevano un potere consistente a livello locale e che dichiaravano la loro subordinazione a quest’autorità
centrale, offrendo per esempio supporto nei servizi militari o altre forme di pagamento tributario materiale. In questa spada
sono state rintracciate delle iscrizioni che parlano appunto del sostegno di questo dignitario (è stata ritrovata in un kofun) a una
spedizione militare della regione, probabilmente sotto la guida, sotta l’autorità del re yuryaku. La spada di inariyama è
fondamentale a livello anche della storia della lingua giapponese perché sono state evidenziate dagli studi archeologici sul
reperto delle tracce di iscrizioni in caratteri cinesi utilizzate a puro scopo fonetico( significa che in Giappone esisteva sicuramente
una lingua parlata a livello locale, parlata anche dalle élite locali, che non aveva però un suo sistema grafico, ma che veniva
ricondotta alla grafia cinese, che però rappresentavano dei fonesi proprio della lingua dell’arcipelago. La grafia viene adattata
sulla base dell’espressione verbale locale, quindi la lingua scritta serve solo a cristallizzare dei suoni, non c’è tutto la parte
semantica del carattere).

LEZIONE 4
Yamatoo è il nome che si dà a questo clan, questa formazione sociale che riesce a strutturarsi e a consolidare il proprio potere, la
propria sovranità, in questa regione che corrisponde all’odierna area metropolitana di Osaka, che è una delle zone su cui si
hanno maggiori evidenze del radicamento delle culture agricole stanziali. In sostanza è uno dei poli da cui sarebbe partito tutto il
processo di sedentarizzazione delle popolazioni e di costituzione di sistemi di organizzazione di governo delle società complesse,
appunto i primi proto-stati dell’arcipelago. Di questo abbiamo già ovviamente testimonianza nelle cronache dinastiche di alcuni
regni cinesi, in particolar modo del regno di Wei. Leader politica e spirituale himiko (non si conosce l’esatta posizione del regno
che himiko avrebbe governato, ma possiamo quasi con certezza dire che fosse dislocato o nel kyushuu o nelle regioni centro
occidentali dell’omonshu?). Non si può dire con certezza che Himiko appartenesse a questo clan da cui poi si sarebbe sviluppata
una prima dinastia imperiale locale (Yamato) e che quindi quelle 3 figure della scorsa lezione siano deigli eredi, dei successori di
Himiko (Nintoku, Ingyo, yuryaku). La stessa struttura di governo Himiko, se noi accettassimo l’ipotesi che Himiko è stata tra le
prime leader di questo clan Yamato, dovremmo accettare il fatto che da un sistema di governo, da un sistema ereditario anche
del potere assoluto su basi matrilineare, si sia passato quasi per magia a un sistema patrilineare, a una discendenza che pregia
naturalmente gli eredi al trono di sesso maschile. Quindi non possiamo avere la certezza che Himiko fosse una leader di Yamato,
ma ancora una volta siamo sicuri che avesse un’autorità piuttosto consolidata in uno di questi primi staterelli che nascono e si
sviluppano sull’arcipelago giapponese, sulla base di un sistema socioeconomico incentrato sull’agricoltura stanziale.
I personaggi che si vedono in questa slide (Nintoku, Ingyo, Yuryaku) sono dei sovrani che sicuramente storicamente avevano la
loro base di potere appunto nella regione del Kinai (Giappone centro occidentale), perché a loro è stato attribuito la proprietà di
alcuni dei Kofun più monumentali e grandi dell’area. Costoro sarebbero sostanzialmente tra i primi sovrani della discendenza
imperiale che arriva fino ad oggi, sempre stando al mito che si è costituito intorno alla casata imperiale giapponese, come la più
longeva della storia umana. Questi sovrani avrebbero in qualche modo avuto un potere diffuso e radicato nelle piave de Kinai,
ma la loro autorità si sarebbe estesa anche, oltre a quella regione, che comunque per più secoli è rimasta la più ricca, la più
connessa con il resto dell’Asia. Perché dice che la loro autorità si sarebbe spinta anche oltre questa regione? Perché tra le altre
cose, in particolar modo, sappiamo che tra il quarto e il sesto secolo questa popolazione (clan Yamato) con i suoi sovrani
avrebbe promosso delle iniziative militare, delle spedizioni vere e proprie, nelle regioni a sud ovest del Kinai, fino ad arrivare alla
punta più meridionale del kyushuu. Di ciò si ha prova appunto nei miti, nelle storie di fondazione del Giappone, in cui a un certo
punto si parla di questo ero appunto sostanzialmente mitologico, un principe, un figlio di un re Yamato (i capi di questa
popolazione venivano identificati con il termine di OKIMI=grande re), Yamato Kakeru, sarebbe stato inviato nel sud del kyushuu
a conquistare una popolazione di origine probabilmente non nord asiatica, probabilmente di un ceppo etnico diverso
proveniente da altre strade che nel corso dei secoli, nei millenni, avevano portato ai primi insediamenti umani nell’arcipelago.

Quindi c’è una vocazione all’espansionismo militare, e ancora una volta si vede come la guerra diventa parte della vita
quotidiana, diventa un fenomeno abbastanza conosciuto. Si è visto che già nei kofun venivano sepolti i militari con i loro oggetti
di vita quotidiana, comprese le armi, prima in bronzo, poi in ferro. Anzi si sa che fin dal periodo yayoi sappiamo che in quale
modo insieme alle tecniche dell’agricoltura sono state introdotte dinamiche conflittuali, competitive di questo tipo, per il
controllo delle risorse tra le varie popolazioni insediate nell’arcipelago.

Scorsa lezione: abbiamo anche parlato del fatto che Yamato per ottenere questa sua posizione di supremazia tra le varie
formazioni statali nate in parte nell’arcipelago avrebbe stretto alleanze con altre formazioni simili, altre le avrebbe sottomesse e
conquistate, tra questi per esempio Izumo, uno degli avversari forse sconfitti con maggiore difficoltà, che aveva il controllo di
una vasta area costiera nelle regioni dell’omonshu occidentale, e che deteneva un controllo quasi monopolistico sulle rotte
commerciali che univano la costa occidentale del Giappone alla penisola coreana.

Il potere di Yamato si fondava su porsi come arbitri di controversie, garanti di alleanze, proprio perché loro dagli altri clan
aristocratici veniva ceduta parte della sovranità in cambio di protezione, tutela dei benefici; fenomeno che diventerà sempre più
strutturato e sempre più istituzionalizzato, probabilmente a parte dalle forme del 7imo secolo; quindi il loro potere si fondava
diciamo sul tacito accordo oltre che sulle loro capacità, oltre che sulle loro maggiori risorse rispetto agli altri clan.

Al di là dei primi due Nintoku e Ingyo, abbiamo un altro sovrano Yamato che è Yuryaku o bu come è conosciuto in alcune
cronache cinesi della disastia Han, o di altre dinastie che succedono alle dinastie Han e al regno di Wei, e che si ritrovano ad
intrecciare i loro raporti con queste formazioni statali dell’arcipelago Giapponese.

Yuryaku che vive e regna nel quinto secolo d.C., viene investito da un regno cinese in particolare, del ruolo di generalissimo
pacificatore dell’est, evidentemente gli viene riconosciuta una forza militare, un carisma anche di un certo tipo per cui oltre al
suo ruolo di grande re Yamato assume un ruolo in ambito di protettore regionale, come arbitro delle contese e delle dispute che
avvengono non tanto nell’arcipelago giapponese, ma nella penisola coreana. A partire dal terzo/quarto secolo d.C. in Corea si
viene a creare un sistema di regni, che dà il nome al periodo storio “periodo dei 3 regni”, un sistema incentrato sulla
competizione per il controllo delle risorse della penisola coreana che vede protagonista anche, in particolar modo, la formazione
statale presieduta dagli Yamato in Giappone. Quindi gli Yamato partecipano attivamente alle dispute tra i 3 regni coreani
(Paekche, Silla, Koguryo) e nel quinto secolo appunto la forza militare Yamato ricade da spingere un’autorità appunto
considerata egemonica, in quel momento, a riconoscerne e legittimare il ruolo di Yuryaku come pacificatore, come massima
autorità militare della regione.

Quindi abbiamo notizie dell’esistenza di questi sovrani da evidenze interne che sono state ritrovate appunto in Giappone e dalle
cronache cinesi, soprattutto per quello che riguarda la figura di Yuryaku.

Yuryaku è chiamato ulteriormente in questo reperto archeologico di importanza cruciale, che è la spada di Inariyama, data tra il
quinto e il sesto secolo d.C.; quest’arma è stata rinvenuta in anni recenti in un Kofun a Saitama, nella regione del Kanto, più o
meno a ridosso dell’area metropolitana di Tokyo, a riprova del fatto che questo stile di sepolture rituali e monumentali si
diffonde dal Kinai ad altre regioni, come se fosse un modello di riferimento per i dignitari locali, e una sorta di ulteriore
marcatore di un’egemonia culturale che ha la sua basa appunto delle regioni del Giappone centro occidentale, e testimonia
l’esistenza di rapporti che si potrebbero definire di vassallaggio (per utilizzare un termine riferito tendenzialmente alla realtà del
medioevo europeo) tra dignitari locali e la superiorità Yamato, infatti decifrando le iscrizioni che sono ancora visibili sulla lama
della spada, gli studiosi sono arrivati a interpretare e a comprendere il fatto che chi possedeva questa spada aveva prestato
servizio militare nel contesto di una missione, di una spedizione Yamato in queste regioni del Giappone, cioè già nell’area del
Kanto occidentale. I rapporti di vassallaggi sono sostanzialmente incentrati sulla prestazione di un servizio da parte di un
individuo, o di un gruppo sociale, che ha una certa quantità di risorse a propria disposizione a favore di un’autorità superiore in
cambio naturalmente di benefici di ogni genere, dall’autorità a livello locale, alla protezione, a ricompense di qualsivoglia natura.

(risposta a una domanda) Le iscrizioni rinvenute sulla lama della spada fanno riferimento a delle spedizioni militari, condotte
probabilmente sotto l’autorità di Yuryaku nell’area del Kanto, a dimostrazione del fatto che chi possedeva questa spada era
sostanzialmente alle dipendenze della sovranità Yamato, quindi aveva un rapporto per così dire di vassallaggio, offriva un
servizio all’autorità centrale in ambio di un beneficio, di una ricompensa, che poteva essere anche l’investitura a signore locale,
padrone incontrastato di una determinata località.

Su questa spada sono stati rinvenuti dei caratteri cinesi al puro scopo fonetico, quindi senza il loro aspetto semantico, ma solo a
riprodurre i suoni di quella che era la lingua autoctona, la lingua locale. È una delle prime più antiche testimonianze di una lingua
scritta.

Questo per completare il quadro della figura di questi re Yamato, di cui noi abbiamo testimonianza storica per le loro sepolture
monumentali, ma anche per le spedizioni militari che avrebbero ordinato per estendere la loro autorità su porzioni di territorio
più vaste.

Yuryaku fra gli altri è stato investito di un ruolo di pacificatore, di arbitro delle contese sul territorio della penisola coreana,
perché si rifà alla ricchezza, alla disponibilità di giacimenti, sabbie ferrose, di manifatture anche legate al mondo della
metallurgia, da cui in Giappone venivano importare materie prime per la costruzione di armi e utensili utili alla vita agricola, e
prodotti finiti; secondo alcuni studiosi (queste ipotesi sono ancora oggetto di dibattito) oltre agli interessi economici (da un
punto di vista degli Yamato nei confronti della penisola coreana) ci sarebbero stati anche dei legami ancestrali con i clan
aristocratici e con le sovranità della penisola coreana, in particolar modo con quelle di paekche, tra i 3 regni coreani; non è un
caso infatti che nelle scarse notizie che si hanno sulle guerre intestine? Della penisola coreana, spesso si trovano riferimenti a
guerrieri Yamato inviati dall’arcipelago giapponese, a sostenere imprese militari o difensive di paekche contro Koguryo e Silla.
Esisteva un’alleanza, ma esisteva anche un’uniformità, un terreno comunque dal punto di vista culturale, lo si vede appunto
nelle forme delle sepolture monumentali, lo si vede nell’omogeneità e nella somiglianza dei manufatti ritrovati. I contatti tra
sovranità Yamato e sovranità Paekche erano piuttosto intensi e ravvicinati, e gli scambi sarebbero stati continui; per esempio noi
sappiamo di un’alleanza militare tra Paekche e Yamato ancora in un periodo in cui ancora Yuryaku, nel quinto secolo, e abbiamo
notizia di ciò da una stele che oggi è conservata in territorio nord coreano, che però è importantissima nella cultura della
penisola, appunto la stele di Gwanggaeto il grande, che fu un condottiero, leader politico e militare del regno di Koguryo (quello
più a nord dei 3) che avrebbe respinto, grazie al suo valore militare e alla sua abilità, un attacco militare da parte di un congiunto
portato da Paekche e Yamato in maniera congiunta.

Il quinto secolo è appunto un periodo piuttosto turbolento, nella storia dell’arte militare, in corea ci sono i 3 regni, in Cina ci
sono vari stravolgimenti e successioni di diverse dinastie imperiali; un periodo di turbolenze che dura fino alla fine del sesto
secolo (alla fine del 500). Questi mutamenti politici e sociali che avvengono nel continente hanno un impatto diretto anche sugli
affari dell’arcipelago. Il quinto secolo è solo però un momento, in una vicenda piuttosto lunga (da 3 secoli in poi) di continui
disordini e ribaltamenti di fronti, di mutamenti di equilibri politici e militari a partire dalla Cina, dove al dissolversi della dinastia
Han, anche qui si ha una successione di tre regni, tra cui il regno di Wei, ma che si contente l’autorità suprema e il potere sulle
vaste aree dell’attuale Cina, con altre formazioni statali, sempre alla ricerca di un vantaggio competitivo rispetto al diretto
concorrente.

Nella penisola coreana si hanno dinamiche molto simili, appunto, influenzate anche in questo caso dai disordini cinesi, per
esempio Koguryo, lo stato più settentrionale di questi 3 regni della penisola coreana, a fronte di un’incertezza politica nella
vicina Cina, decide di concentrare la propria attività diplomatica e di sicurezza proprio sulla penisola coreana, decide quindi di
intraprendere un percorso che lo porterà a poi unificare sotto un’autorità centrale con sede nelle zone settentrionali della
penisola, tutta la penisola. Non prima però di assistere e sostenere in qualche modo la conquista da parte di Silla della
confederazione Gaya, che insieme a Paekche era un partner, soprattutto da un punto di vista soprattutto economico e
commerciale, delle formazioni statali Yamato in Giappone. Yamato, quindi, con la conquista di Gaya da parte di Silla perde un
importante terminale delle rotte commerciali che portavano nell’arcipelago manufatti, beni soprattutto dell’industri metallurgica
coreana, e si ritrova a dover cercare una maggiore organizzazione, più moderna anche, dei suoi apparati statali di controllo; con
il sostegno, naturalmente, di uno stato già relativamente avanzato, e quindi ha le competenze, ha la stessa cultura in termini di
governo, in termini di organizzazione dello stato proveniente appunto dall’alleato Paekche; una sorta di rapporto che vedrebbe
conoscenze, competenze, tecniche, tecnologie fluire dalla penisola coreana verso l’arcipelago, e forza militare a beneficio delle
interazioni militari sul continente e quindi a sostegno anche della sopravvivenza anche di paekche, schiacciata com’è a partire
dal 562 tra il potere di Koguryo a nord e le spinte si Silla da Est.

Domanda= i rapporti tra Yamato esistevano prima del 562?

Risposta= probabilmente sì, ma non si può datare con precisione quando iniziano i rapporti di alleanza tra Yamato e Paekche, in
realtà abbiamo delle prove che ci portano a dire che Yamato e Paekche hanno una radice comune, hanno delle origini comuni,
hanno una cultura molto simile e delle relazioni molto strette in tutto il periodo Kofun (tra il quarto e il sesto secolo
sicuramente), ma come conseguenza di rapporti di sangue ancestrali

(ALTRA DOMANDA) Il lungo periodo di disordini in Cina in cui abbiamo una successione appunto periodi di 3 regni, 16 regni,
dinastie del nord, dinastie del sud, termina con la ridefinizione di un’autorità centrale in quel territorio sollo la dinastia dei Sui,
alla fine del sesto secolo, tra la dinastia in realtà la cui sovranità durerà neanche un secolo, ma che getterà le basi per una
dinastia molto più importante e duratura che è quella dei NOME INCOMPRENSIBILE.

Ricordare semplicemente soprattutto la caduta di gaya e le conseguenze di ciò sui rapporti tra Yamato e Paekche, che si fanno
ancora più stretti, soprattutto perché alla crisi di Paekche che inizia intorno a questo periodo seguirà un ulteriore fuoriuscita di
risorse, umane soprattutto e in particolar modo delle élite locali, verso l’arcipelago giapponese. Questa fuoriuscita di élite locali
porterà nuove risorse nell’arcipelago, anche da un punto di vista artistico, architettonico, e culturale. Si iniziano a vedere le
prime tracce di architettura con tetti a spiovente (che diventerà tipica), per esempio dei tempi buddhisti, o per esempio dei
palazzi, delle residenze in cui verranno ospitate altre sovranità dell’arcipelago stesso, che sono evidentemente di origine
continentale. Queste élite coreane, che andranno a trovare rifugio politico in Giappone, verranno integrate nel sistema di
governo dello stesso regno Yamato.

Fin dal terzo secolo si ha un consolidamento delle strutture statali, dello stato come principio organizzativo di società sempre più
complesse. È la tendenza alla formazione di queste società verticistiche che vedono, il loro apice esponenti di elite con una
quantità di risorse maggiori rispetto ad altri. Nel caso del giappone, questo processo vede l’emergersi di sovranità, di veri e
propri sistemi monarchici ma dove clan aristocratici hanno un ruolo fondamentale; si vede l’emergere appunto di questi grandi
re (okimi), propri della discendenza sempre più patrilineare, Yamato, sotto il quale gli esponenti dell’aristocrazia vengono
suddivisi per rnghi; con il consolidamento dello stato Yamato, su un modello e granze anche alle interazini costanti che c’erano
con i regni della corea meridionale, in particolar modo con paekche, i sovrani Yamato iniziano ad organizzare il loro sistema di
potere mantenendo il vertice assoluto di questa piriamidice decisionale, ma poggiandosi a famiglie, clan, con risorse importanti a
loro disposizione a cui vengono assegnati dei ranghi, a seconda della loro importanza, ranghi che sarnno ereditari e che
determineranno il ruolo della struttura di potere degli esponenti di quel clan, o di un singolo ramo del dato clan. La definizione
dei ranghi nobiliari, è un processo che si ritrova anche nei regni della corea meridionale, non è un processo esclusivo e proprio
della sovranità Yamato, anzi è un ulteriore riprova che esisteva una cultura di governo comune, molto fluida tra l’arcipelago e la
penisola. Sotto gli okimi esistevano ranghi kimi, omi, muraji, e a un certo punto nella storia dell’evoluzione politica della
dovranità Yamato, si trova anche un rango appositamente creato per le elite di provenienza corena, le elite provenienti da
paekche, che diventernno parte integrante appunto del sistema di potere Yamato, incentrato sugli equilibri tra questa dinastia
che si conferma e consolida il suo potere al vertice e altre famiglie nobiliarie, altri poteri autoctoni; è questa la conseguenza di
un processo di riforma che i sovrani Yamato avviano proprio a fronte delle turbolenze a livello regionale, e della necessità di
abituardi a degli standard esistenti in quel momento storico. Necessità appunto favorita o comunque incentrata dal rischio
costante di perdere la propria autonomia, la propsia indipendenza tra una sfera di sovranità più ampie e pi§ importanti; è in
questo frangente che appunto si affermano al centro del potere Yamato esponenti di clan, di questi clan che costituivao un po’ la
base della rete del potere degli Yamato stessi. Vi erano all’incirca una decina di clan tra i più importanti (puoi anche ricordarne
almeno tre: soga, mononobe, nakatomi); tra questi clan aristocratici ovviamente si innescano in una situazione come quella di
tipo confederale che si ha in Giappone, in cui gli Yamato sono un’autorità suprema ma devono il proprio potere a una sorta si
cessione volontaria di soranità da parte di altri clan aristocratici con poteri radicati a livello locale; il margine della competizione
tra clan si articola intorno alla conquista di maggiori fette di poteri in termini politici, maggiori benefici concessi da parte degli
Yamato, maggiore influenza decisionale che si basa anche sul possesso di maggiori risorse rispetto ad altri, maggiori risorse iin
termini territoriali, di terreni potenzialmente disponibili e da mettere a frutto con l’agricoltura, controllo di risorse, di risorse
primarie, di nodi all’interno di reti commerciali regionali.

Domanda: come potevano i clan influenzare maggiormente l’orientamento e la direzione politica?


Risposta: tramite alleanze matrimoniali con la dinastia regnante.

Quindi, tra questi clan aristocratici si scatena una vera e propria competizione a fornire spose per i grandi re, quelli che poi
diventano il vero e proprio centro del potere, quantomeno a livello simbolico. Quindi la competizione tra i clan, si instaura
proprio sul fornire eredi al trono al clan Yamato, che siano però anche membri, almeno per il 50%, di altri clan aristocratici che
quindi una volta saliti al trono possano concedere maggiori libertà, benefici maggiori appunto ai loro clan di appartenenza per
via materna. Queste dinamiche vedranno raggiungere il loro apice tra il decimo e l’undicesimo secolo, ma già con questi clan
sono piuttosto accentuate, e in particolare dalle prime contese che si sviluppano a questa corte ancora arcaica che i grandi re
Yamato raccolgono intorno a sé, i primi a spuntarla e ad avere un’autorità più elevata rispetto ad altri sono i Soga; che con il
regno di Kinmei, che governa quasi una trentina d’anni nel sesto secolo, ottengono degli incarichi piuttosto importanti a corte,
come funzionari, come addetti alla raccolta dei tributi, sono sostanzialmente dei ministri delle finanze dell’epoca. I soga, tra
l’altro sono un clan di cui è accertata la provenienza continentale, quindi osno accertate le origini coreane; e oltre a favorire una
modernizzazione (in termini dell’epoca) dell’apparato statale dello stato Yamato, favoriranno l’introduzione di caratteri culturali
ancora oggi vivi in Giappone come l’adozione della religione buddhista, e saranno probabilmente i fautori di questa maggiore
vicinanza con il regno di Paekche. Primo capo clan, primo capo famiglia di rilievo del clan soga, che raggiunge un rango e una
posizione a livello sociale importante è Soga no Iname.

In questa concezione dello stato non si viene promossi a una determinata posizione all’interno dell’amministrazione dello stato
antico per merito, l’unico merito è appartenere a un clan giusto, un clan maggiormente alleato con un rapporto più stretto con il
centro del potere. I ranghi sono ereditari, quindi i figli e i discendenti di Soga no Iname avranno diritto ad occupare lo stesso
ruolo amministrativo nell’apparato pubblico statale dell’epoca del loro antenato. Quindi le cariche in questo frangente storico
dipendono fortemente dal rango e quindi da questioni di sangue, di appartenenza.

Tra i discendenti di Soga no Iname c’è Soga no Umako, altra importante figura nella modernizzazione dello stato Yamato, la cui
influenza sarà tale da dare in sposa una sua figlia a un erede al trono (a un successore di Kinmei) e vedere alla fine del sesto
secolo sul trono ma come regnante effettiva una sua nipote, Suiko, aiutata nella gestione del potere Yamato da un altro suo
erede, un altro suo discendente, shotoku (è il suo reggente) (principe). Entrambi, sia Suiko che Shotoku, sono appartenenti al
clan Soga, ma parte anche del clan Yamato allargato.

In questa fase, verso la fine del sesto, proprio sotto la regina Suiko, si ritorna un po’ a quella struttura di potere che si è già visto
nel caso di Himiko.

Shotoku è ricordato, forse più di Suiko, tra i padri della futura sedizione giapponese antica e anche contemporanea. Fu un uomo
politico estremamente importante per la trasformazione di un proto-stato agrario in uno stato antico nel vero senso della
parola. Questo processo è piuttosto complesso e lungo (diversi secoli) e vede tra le altre cose, in affiancamento alle regioni locali
i cui i clan erano gli esponenti principali, passano anche appunto dall’introduzione del buddhismo, la cui data ufficiale (stabilita
nelle cronache dinastiche locali autoctone) risale al 538 d.C. nel 552, proprio sotto il regno di Kinmei (colui che supervisiona e
favorisce l’ascesa del clan Soga), Kinmei riceve una lettera dal suo omologo di Paekche, re Song Myong, lettera nella quale si
spiegano le caratteristiche di questa nuova religione, di questa dottrina in grado di conferire tutte le felicità e una conoscenza
anche superiore di altre dottrine di origine continentale.

C’è una modernizzazione nell’antichità degli apparati istituzionali, quindi si pass da forme di governo meno codificate, meno
istituzionalizzata, a forme statali antiche paragonabili a quelle di altre zone del mondo dove esistevano fenomeni simili. Se la
dinastia han, che è la prima formazione statale centralizzata con anche delle dinamiche politiche amministrative si sviluppa nel
secondo secolo a.C. per avere sviluppi del genere in Giappone per avere istituti del genere in Giappone bisogna aspettare,
stando alle fonti a nostra disposizione, il sesto secolo d.C. prima dell’adozione integrale di concezioni religiose, filosofiche, di
origine continentale, i proto stati agrari erano sostanzialmente governati da leader che univano il loro potevano spirituale a
quello politico, si autolegittimano rivendicando un’origine divina e un legame ancestrale con la terra che governavano, sui cui in
qualche modo esercitavano potere, potere che consistenza sostanzialmente nella capacità di mobilitare forza lavoro, di tenerla
sotto controllo e di estrarre ricchezza dal territorio, sia con la produzione e l’estrazione di risorse dal quel territorio; le cose qui si
complicano, entrano nuove concezioni dal mondo, prima fra tutte quella offerta dal buddhismo combinate ad altre correnti di
pensiero molto importanti tra cui il confucianesimo. Nel 603 è datata la costruzione della prima vera capitale, la prima vera sede
della monarchia Yamato, in un’area sempre compresa nella regione del Kinai, chiamata Oharida (Asuka) e che da anche il nome a
questo sottoperiodo del lungo periodo Yamato. Il lungo periodo Yamato caratterizzato dall’ascesa di questa formazione sociale
nella gerarchia di potere dell’arcipelago ha una sua seconda fase evolutiva a partire dal settimo secolo, che noi chiamiamo
periodo Asuka.
Un anno dopo la creazione della prima sede fisica della monarchia Yamato viene redatta la prima costituzione, la prima legge
fondamentale della storia del Giappone, è la cosiddetta costituzione in 17 articoli è attribuita al principe Shotoku ed è più che
una costituzione nel senso moderno, è un insieme di precetti, di linee guida morali, dirette non tanto ai cittadini (nel senso
moderno del termine) quanto più ai dipendenti dell’amministrazione statale, cioè a coloro che facente parte dell’aristocrazia del
tempo, veniva assunta dalla monarchia con funzioni di, per esempio, supervisione governo a livello locale in tutte le regioni e
province sottoposte alla sovranità Yamato. (erano più norme comportamentali).

LEZIONE 5
Uno dei meccanismi più utilizzato, più diffuso era l’alleanza matrimoniale. Guardano un po’ alla vicenda del grande re Yamato,
Kinmei si capisce bene come il clan dei Soga, diventa un pilastro del potere Yamato, a partire dal periodo storico segnato dal
regno di Kinmei, a cavallo tra la prima e la seconda metà del 500, del sesto secolo. Kinmei prende come consorti due figlie di
Soga no Iname (che è uno dei primi esponenti del clan Soga ad emergere come persona che acquisisce un titolo di massimo
livello nell’amministrazione statale Yamato, ovvero OOMI, significa ministro). Dall’alleanza matrimoniale di Kinmei come erede
dei re Yamato, prende in moglie due figlie del capo famiglia di uno dei clan più importanti dell’aristocrazia giapponese
dell’epoca, e da lì favorisce l’ascesa di queste figure, grazie a questo ruolo di primo livello (le due cose si alimentano a vicenda, il
ruolo di primaria importanza che Iname riveste gli permette poi appunto di presentare le sue figlie come consorti ufficiali a
sovrani). La discendenza di Kinmei e delle due figlie, le sue due consorti ufficiali daranno origine ovviamente a due imperatori,
tra questi anche a una sovrana, una regina, appunto Suiko, durante il regno della quale Soga no Umako (secondo genito di Soga
no Imane) (soga no Iname dà al re Kinmei in sposa la sua primo genita, il secondo genito è Soga no Umako) quindi soga no
Umako, che eredita una funzione di altissimo livello all’interno dello stato monarchico dal padre, sarà sostanzialmente nel
periodo di regno di Suiko, zio di una sovrana; in questo sistema di relazioni personali quindi avrà una grandissima voce in
capitolo negli affari di stato. Oltretutto, suo pronipote, cioè il principe Shotoku, figlio dell’imperatore Yomei, nipote anch’egli di
Soga no Iname, diventerà reggente della regina Suiko. Quindi la discendenza dei Soga occuperà di fatto tutte le posizioni più
importanti all’interno dell’amministrazione statale, grazie a questo tipo di dinamiche, dinamiche di alleanza sancite da rapporti
personali, da alleanze matrimoniali.

È uno schema abbastanza esemplare di fenomeni che si troveranno anche più avanti; tutte le principali famiglie che acquisiranno
dei ruoli di primo livello nell’amministrazione dello stato Yamato, e poi dello stato antico giapponese, instaureranno delle
dinamiche di questo tipo con la dinastia regnante; queste alleanze formalizzate da rapporti matrimoniali, in cui chiaramente c’è
l’erede maschio (c’è un’importanza sempre maggiore della linea di discendenza maschile, quindi patriarcale) a cui i clan alleati,
subordinanti della dinastia regnante forniscono consorti. Quindi molto spesso i sovrani per via matrilineare avranno sangue di
clan aristocratici subordinati alla casata regnante.

Il principe shotoku è una figura fondamentale nell’evolversi nella storia antica del Giappone perché a lui è attribuita la prima
costituzione dell’antichità giapponese. Non si trattava di una costituzione nel sento moderno del termine, quanto più di un
insieme di regole di comportamento, di indicazioni morali ispirate a due modelli di pensiero, due filosofie che iniziano a
influenzare fortemente i sistemi di governo e di gestione delle relazioni sociali anche in Giappone, cioè il confucianesimo da una
parte (mescolo anche qui a degli elementi di taoismo), eredità cinese, e dell’altro il buddhismo. Quindi confucianesimo +
taoismo e buddhismo entrano a pieno diritto, almeno nella filosofia dei governatori del Giappone; chi governa inizia a ragionare
secondo questi modelli che sono di provenienza continentale.

Il messaggio fortissimo della costituzione in 17 articoli del 604 è: questa è la dinastia regnante, a questa dinastia voi funzionari
(perché appunto è una serie di ordini morali diretta agli aristocratici che vengono assunti nella macchina amministrativa statale)
dovete ubbidire a loro, e questa rimane per sempre.

Nel primo articolo si educa l’importanza della famiglia, quindi assenza di conflitti tra i vari strati di questa società fortemente già
gerarchizzata, in cui appunto ciascuno riveste il proprio ruolo che non può essere cambiato (sulla base del precetto
fondamentale che essendo noi figli dobbiamo ubbedire ai nostri padri, ai nostri superiori per età o per ruolo sociale, perché da
questa bbedienza dipende l’armonia, il convivere armonioso di tutte le componenti della società, in particolar modo
dell’armonia tra chi governa e chi è governato). Nella seconda parte del primo articolo si invita chi ha potere, per colore che
governano anche a livello locale o chi ha una responsabilità comunque inferiore che deve sottostare al sovrano, ad andare
d’accordo tra loro, a rimanere nei loro rispettivi ruoli; a chi invece è governato si raccomanda di assumere un atteggiamento
conciliatorio, cioè di obbedienza; e in questo modo non nasceranno contese, non nasceranno dispute.
Nel secondo articolo vengono citati i tre tesori buddhisti (a dimostrazione del fatto che sempre di più, a partire dalla metà del
sesto secolo quando arrivano i primi oggetti, i primi teschi buddhisti, il buddhismo ha assunto una funzione importantissima nel
contesto aristocratico giapponesi) tre tesori che sono appunto il Buddha, la legge buddhista e gli ordini religiosi. Tutti devono
riconoscere l’importanza di questa nuova religione, nuova filosofia dell’epoca. (A dimostrazione ulteriore del fatto che i
componenti dell’aristocrazia del sesto secolo sostenevano una necessità di importare conoscenze, importare culti, tecniche di
governo del continente, hanno avuto la meglio su colore che invece hanno avuto la meglio su colore che invece hanno avuto un
atteggiamento più conservatore, sui clan per esempio che difendevano i culti locali. Infatti, i Soga al di là dell’alleanza
matrimoniale con la dinastia regnante escono vincitori da una contesa con altre famiglie aristocratiche proprio sulla diffusione
del buddhismo contro la tutela dei culti locali, su cui si basava gran parte del potere dei clan, per tutto il periodo tardo yayoi e
Kofun). Qui si dice: dobbiamo tutti, i sudditi e in particolar modo tutti colore che hanno un ruolo pubblico nello stato devono
osservare e praticare questa nuova religione, più che i culti locali.

Gli articoli 5 e 7 sono a pieni titoli i precetti morali che vengono dati agli amministratori locali, ai funzionari locali dello stato a cui
viene imposto di avere una condotta moderata, di non lasciarsi andare a passatempi lasciavi ma a dedicarsi all’amministrazione
e a non suscitare sentimenti negativi, invidia verso chi occupa questo tipo di posizione da parte di chi fa parte di uno strato di
popolazione per esempio produttiva.

Articolo 7: ognuno deve rispettare il proprio ruolo assegnato, quindi senza uscire dal ruolo che viene assegnato a ciascun
amministratore dello stato. (Quando gli uomini saggi ricevono un incarico si sollevano da tutte le parti elogi nei loro confronti, se
invece persone senza principi vengono nominate e assumono delle cariche pubbliche allora disastri e i tumulti si moltiplicano.)

Nel 642 tutti i nodi delle precedenti contese aristocratiche per il potere, per garantire una linea di discendenza maschile alla
dinastia regnante, nel 645 vengono al pettine. I soga, che fino a quel momento avevano determinato i destini della corte
Yamato, diventano oggetto di una congiura con più soggetti partecipanti attivi, sostenuta soprattutto da un principe imperiale,
Naka no Oe, e tra vari clan aristocratici, tra cui il clan Nakatomi (poi Fujiwara). Nel 645 appunto i Soga verranno di fatto
allontanati dal potere, l’episodio clou di questa fase sarà l’uccisione di Soga no Iruka, nipote di Umako, figlio di Emishi, che in
quel momento storico era a capo dell’amministrazione statale; quindi, aveva ereditato il ruolo di altissimo livello. E a questa
nuova coalizione di aristocratici che si pongono a tutela di un erede al trono nello specifico, prenderanno il controllo de facto
dello stato, allontanando definitivamente i Soga dal potere che avevano occupato per quasi un secolo.

Dato che gli imperatori potevano avere diverse consorti tutti i bambini o le bambine che nascevano da questi rapporti (da
consorti ufficiali) potevano pregiarsi del titolo di principe imperiale; quindi, avere una possibilità di ascendere al trono; e di
conseguenza gli stessi aristocratici erano in combutta e competevano gli uni contro gli altri per puntare sul cavallo migliore, in
modo da ottenere maggiore prestigio e maggiori benefici dalla posizione.

I figli delle concubine in qualche modo rimanevano all’interno della famiglia imperiale e avevano diritto a un trattamento di
riguardo, non avevano la stessa levatura dei figli delle consorti, ma avevano sicuramente un rango nobiliare e potevano aspirare
ad ascendere in qualche caso al trono. (se non ci sono eredi maschi dalle consorti è ovvio che si va a “pescare” da altri parti).

Al di là degli scontri tra aristocratici, quello che succede dopo il 645 è perfettamente in linea con le riforme che erano state
avviate all’inizio del 600 dagli stessi Soga. I Soga vedevano come chiave della sopravvivenza del sistema statale giapponese,
incentrato appunto sui sovrani della casata regnante Yamato, l’assunzione di un modello di governo di tipo continentale; da qui
arriva anche la spinta dell’introduzione del buddhismo. I soga avevano probabilmente legami (anche di sangue) con l’aristocrazia
coreana di Paekche, quindi sono loro i primi fautori delle alleanze e dei rapporti molto stretti con quel regno in particolare della
corea meridionale.

A favorire un’accelerazione dei processi di riforma in quella direzione, cioè nella direzione di acquisire il più possibile e di
rimodernare l’apparato governativo statale sui precetti continentali, è la nascita, la fondazione, all’inizio del settimo secolo della
Tang. Quindi c’è nuovamente all’inizio del settimo secolo un soggetto politico militare estremamente dominante nel continente,
che assume una rilevanza regionale. Da i tang, lo stato monarchico giapponese sotto il dominio Yamato, assumerà modelli di
governo, istituzioni di governo, ma anche usi e costumi, il calendario per esempio. Lo stesso regno Yamato viene suddiviso sul
modello continentale in province e le terre vengono, per così dire, nazionalizzate, ovvero si sottrae la residuale sovranità ai clan
per accentrare tutto il potere nella figura del sovrano, che diventa proprietario di tutto il territorio, fino a quel momento
sottoposto all’autorità Yamato e all’autorità dei clan aristocratici alleati degli Yamato. C’è però un cambiamento di prospettiva
(riforma taika), se fino a quel momento gli Yamato erano i più forti in una coalizione di clan, adesso tutto il territorio è di
proprietà del sovrano Yamato, quindi il sovrano ha potere assoluto sul territorio; dato che però il sovrano è anche una persona
estremamente magnanima, concede a individui sulla base di alcune caratteristiche, il diritto di usufrutto della terra, in cambio di
un pagamento sottoforma di tributi, che possono essere estratti sotto forma di parte del raccolto, sulla base di quantità di
terreno che è concessa, un altro metodo di tassazione è il lavoro, la prestazione di lavoro sottoforma per esempio di corvè?
Lavori fatti appunto gratuitamente, senza un salario, ma per questioni di pubblica utilità, per esempio per costruire una strada,
per adeguare per esempio un sistema di irrigazione, o costruire anche il palazzo dell’imperatore.

Insieme a queste riforme c’è anche una riforma importantissima che colpisce direttamente tutta la popolazione produttiva, che è
la prestazione di servizio militare. Questa riforma sarà però di breve durata.

Le riforme taika riordinano lo stato monarchico sulla base di modelli continentali.

Questa cosa della proprietà assoluta del territorio in mano al sovrano arriva anch’essa dal continente, ed è portata avanti per
legittimane ulteriormente la centralità e il potere assoluto del sovrano. In qualche modo celando la dipendenza del sovrano dal
potere delle casate aristocratiche. Le casate aristocratiche perdono la proprietà, l’autorità assoluta in una data zona del
Giappone, ma questa autorità verrà comunque concessa a loro attraverso la macchina amministrativa dello stato. O vengono
concessi a quella famiglia dei diritti sul territorio, dei benefici fiscali.

È qui forse che parte l’inizio di questi rapporti di vassallaggio, del feudalesimo vero e proprio, perché di fatto adesso il territorio è
concesso, perché tutto il territorio è dell’imperatore. Tutto ciò che è in qualche modo utilizzo di un territorio è un beneficio che
ti viene concesso da un’autorità suprema a cui tu devi offrire dei servizi. Se sei un aristocratico devi offrire il servizio
dell’amministrazione del governo, della provincia, altrimenti devi dare al sovrano tramite il governatore della provincia, per
esempio il 30% del tuo raccolto, se c’è una spedizione militare vieni coscritto, quindi devi andare a combattere, oppure vieni
mobilitato come forza lavoro, sempre per ringraziare il sovrano per la concessione che ti fa sul territorio.

Le riforme taika sono avviate da questa nuova classe dirigente che si innesca sulle ceneri dei Soga, che però ha come sua
componente aristocratica principale non più il clan Soga, ma il clan dei Nakatomi (poi fujiwara).

A partire dal 645 quindi dalle riforme taika, vengono gettate le basi di quello che si chiamerà stato ritsuryo, perché è a partire dal
645 che si perfezionano le dinamiche di definizione, di codici di procedura civile e penale. Lo stato monarchico si dota di ulteriori
strumenti di controllo e di governo sulle comunità. Adesso si prescrivono le pene per chi non obbedisce alle leggi e si viene a
creare un sistema giuridico arcaico (in cui il sovrano è ancora una volta è il massimo arbitro delle contese). Quindi da qui si entra
in quella fase chiamata è detta dello stato Ritsuryo. Lo sviluppo dello stato ritsuryo si concluderà poi nel 718 con l’adozione del
codice yoryo??. Si hanno degli elementi di pericolo civile, amministrativo e penale.

Organigramma dello stato ritsuryo: al vertice dello stato c’è il sovrano, il sovrano sempre meno gestirà gli affari di questa
macchina che si espande su base quotidiana (quindi come succede anche negli stati moderni, il Capo dello Stato di solito non è
colui che si occupa per esempio di avviare iter legislativi, amministrare una data sfera di competenza. Il Capo dello Stato ha un
ruolo di fatto simbolico. Chi governa effettivamente sono i membri dell’esecutivo, i primi ministri, i ministri deputati ad
amministrare una data sfera di competenza); al di sotto del Capo dello Stato c’è l’esecutivo, ci sono due uffici principali che
costituiscono il ramo esecutivo dello stato che sono il Daijokan (di fatto il governo, ufficio del primo ministro. È effettivamente
l’esecutivo di governo, quello che si occupa degli affari dell’amministrazione) e Jingikan (ufficio degli affari religiosi, deputato a
gestire i rituali, i riti, la sfera della religiosità antecedente al buddhismo, quindi quella legata fondamentalmente ai culti dei clan,
ovvero al culto della casa regnante, quindi in subordini ai culti dei clan, che vengono però ritrovati nel culto dei discendenti della
stirpe Yamato); tolto il daijokan (presieduto appunto dal primo ministro, dal capo dei ministri, quindi il più alto funzionario
dell’amministrazione civile) ci sono i ministeri da cui dipenderanno tutta una serie di istituti a livello provinciale, quindi da questa
struttura principale dipende tutta una serie di uffici provinciali, i KOKOFU, che governeranno appunto singole province del regno,
in un sistema di stanziale responsabilità collettiva che vedrà le comunità di regione, di area e di villaggio, rappresentate, il
responsabile appunto per esempio del versamento dei tributi e altre questioni come la coscrizione, alla fornitura di forza lavoro
ecc, fino ad arrivare ai nuclei familiari, che nel sistema ritsuryo (a partire da queste riforme a cavallo tra il settimo e l’ottavo
secolo) in qualche odo dovranno essere registrate; è un sistema soprattutto quello che scende a livello di villaggi e famiglie, p un
sistema di raccolta di dati fondamentalmente, in cui si arriva a capire quanti sudditi ci sono sotto la volontà di un singolo sovrano
(ci saranno i primi registri di famiglia, depositati, soprattutto quando il buddhismo si diffondere effettivamente a livello locale,
nei singoli monasteri e templi buddhisti locali, il buddhismo avrà quindi anche una funzione non solo religiosa ma di supporto
all’amministrazione dello stato, e questa funzione sarà mantenuta anche più avanti nel tempo).

Il settimo secolo è uno di quei periodi piuttosto tumultuosi nella storia dell’asia nordorientale, nel 618 emerge e consolida il
proprio potere su vaste aree della Cina la dinastia Tang, che ha, come era già stato per gli Han, una vocazione espansiva, cerca di
immettere territori i n vaste aree spingendosi sia ad ovest verso le piane dell’asia centrale, sia verso est, verso la penisola
coreana, tutto ciò porta a dei mutamenti, per esempio, negli equilibri politici della penisola coreana. In seguito all’emergere di
questa fondazione statale piuttosto potente dal punto di vista politico e militare (tang), Koguryo e Paekche perderanno
gradualmente il potere, entreranno in una fase di crisi che finirà con l’unificazione di parte della penisola coreana sotto il
dominio di Silla. Yamato, come attore importante negli scenari principali fino a quel momento (probabilmente Yamato forniva
soldati a Paekche, o comunque c’era un’alleanza difensiva con il regno coreano), partecipa alle opere, alle operazioni di difesa e
alle campagne militari sul continente della metà del settimo secolo e si ritrova nuovamente sul fronte degli sconfitti (nel 662 una
coalizione militare formata dalle forze Tang e Silla, segnerà il crollo di Paekche). Ancora una volta da Paekche saranno accolti in
Giappone esponenti dell’aristocrazia ma anche della classe artigianale di quel regno. a partire dal 662 (anno identificato come
anno del crollo di Paekche), Yamato non invierà più (almeno per un centinaio d’anni) uomini sulla penisola coreana. Ci sarà una
sorta di ritiro e di concentrazione sulle opere di ammodernamento relativo al periodo antico dello stato, e una costituzione non
solo di un sistema di governo moderno, ma anche di un apparato di difesa moderno, a fronte di una minaccia militare posta
proprio dal rafforzamento della dinastia Tang. Per esempio, pochi anni più tardi lo stesso imperatore Tenmu (che regna dal 673
al 686) avvierà un’altra serie di riforme tese a compattare nuovamente l’aristocrazia, allargare i ranghi estendendoli ad altre
frazioni della società, per ulteriormente integrare l’aristocrazia nelle dinamiche burocratiche, amministrative, sempre in virtù di
una loro subordinazione, di una loro obbedienza assoluta. Pare che anche, per consolidare ulteriormente la centralità del potere
dei sovrani Yamato, chi succede a Tenmu, la sua consorte Jitō (governa dal 686 al 697) abbia iniziato ad utilizzare il termine
Tenno per descrivere i sovrani; l’effetto dell’utilizzo di questo termine e di ulteriormente consolidare la posizione abbicale, dei
sovrani eredi del lignaggio Yamato, che da ookimi (grandi re) diventano effettivamente imperatori. (ancora oggi ci si riferisce
all’imperatore del Giappone come tonno).

Da capitali reali, quindi, iniziano ad essere costituite delle capitali imperiali. Nara, voluta dall’imperatrice Genmei, diventerà la
prima vera capitale semipermanente dell’impero. Che viene a costituirsi come entro politico e centro religioso, capitale appunto
sia dell’amministrazione dello stato sia della vita religiosa del paese. e sarà così soprattutto poi quando, su impulso di alcuni
sovrani per regni buddhisti, verrà costruito a nara il todaiji, un enorme templio buddhista pensato come centro direzionale del
cult buddhista in Giappone, nucleo vero e proprio del buddhismo Yamato. Al contempo i sovrani Yamato istituzionalizzeranno
anche i culti dei clan, a partire dal culto familiare della dinastia regnante, cioè quello legato alla dea solare Amaterasu, che
sarebbe stata per l’appunto la divinità solare da cui discenderebbe il primo sovrano Yamato. Amaterasu, divinità progenitrice
della casata regnate, viene ad avere una sua dimora fissa nel santuario di Ise, che si trova oggi nella prefettura di mie. In questo
santuario vengono custoditi (e appunto diventa un’importante sede anche del potere imperiale) i 3 tesori fondamentali della
dinastia, che sarebbero stati consegnati proprio dalla dea Amaterasu al fondatore della casata regnante e che sarebbero stati
tramandati di padre in figlio (la spada, lo specchio e i gioielli).

Le prime forme autoctone scritte giapponesi che arrivano al termine di questo percorso di riforma dello stato, di accentramento
e centralizzazione del potere nelle mani del sovrano. A partire nei primi anni degli anni 10 del 700, quindi nel 712 viene così
pubblicata quest’opera fondamentale che è il Kojichi (tradotto racconti di fatti antichi) in cui si racconta, in questa opera in versi,
la nascita dell’arcipelago giapponese, delle sue divinità e della dinastia regnante. A partire dal 713 i sovrani Yamato, che nel
frattempo si sono trasferiti in questa capitale semipermanente a Nara, iniziano a raccogliere dati e informazioni sulle province
del regno, con i cosiddetti fudoki, uno dei pochi che è stato ritrovato integro e proprio quello dedicato a Izumo.

A distanza di qualche anno vedono la luce le prime cronache, i primi annali, in stile cinese della dinastia regnante, il cosiddetto
Nihonshoki E poi si arriva alla metà dell’ottavo secolo alla prima raccolta di poesie, di componimenti in versi, naturalmente scritti
anche questi scritti su modelli cinesi (la raccolta del manyoshu).

LEZIONE 6
I primi decenni dell’ottavo secolo sono fondamentali perché emerge una cultura di corte stanziale più elaborata, frutto anche di
una serie di riforme che strutturano lo stato antico giapponese su modelli continentali, prendendo spunto dal modello cinese
Tang. c’è un accentramento del potere nel sovrano e successivamente nella corte, il potere sarà ancora una volta estremamente
concentrato poi nelle mani di poche famiglie, di pochi clan aristocratici; però a livello simbolico il sovrano avrà un ruolo di
prim’ordine ancora una volta. Si conclude quel percorso che è iniziato nel quarto secolo con prime formazioni proto statali,
l’emergere di questa cultura piuttosto omogenea, che aveva come massima espressione quella delle sepolture monumentali per
i leader locali, per i dignitari più in vista delle singole località, e in particolare nella regione del Kinai (cioè dell’omonshu centro
occidentale), si arriva al completamento di questa opera di strutturazione dello stato antico del Giappone, con l’integrazione
anche delle pratiche di governo, delle conoscenze, delle competenze, importate dall’estero, dal continente e adattate alla realtà
locale. Il buddhismo è tra questi indirizzi filosofici, religiosi, che vengono integrati nella realtà di governo e nella struttura stessa
dello stato antico giapponese (costituzione in 17 articoli attribuita dal principe shotoku, dove viene esplicitato il rispetto dei 3
tesori buddhisti, tra le varie norme di comportamento che vengono imposte agli amministratori dello stato antico). Il buddhismo
inizia a diffondersi, sulla spinta naturalmente della classe aristocratica, dell’élite della metà del sesto secolo, e nei primi decenni
dell’ottavo secolo si consolida come una religione di stato, come un ulteriore sostegno alla legittimazione interna dei sovrani
discendenti appunto dai grandi re Yamato. A Nara, città della regione che oggi chiamiamo Kansai, viene istituito una sorta di polo
di governo del buddhismo giapponese che ha il suo centro decisionale direzionale proprio nel todaiji, che è una delle costruzioni
in legno più grande al mondo all’interno del quale tra l’altro verrà costruita una delle statue in bronzo di Buddha sicuramente più
grandi dell’epoca, ma ancora oggi tra le più imponenti e maestose che si può trovare in Asia; e sempre a Nara si stabilisce la
capitale del regno, una delle prime capitali permanenti di quello che sarà un impero. Centro politico e centro spirituale della vita
dell’arcipelago trovano una loro collocazione geografica quasi definitiva.

Si entra in quella che viene descritta come epoca Nara, caratterizzata proprio da questo consolidamento ulteriore di queste
strutture dello stato monarchico in Giappone, il consolidamento anche del Buddhismo come religione centrale della vita politica
e spirituale soprattutto dell’aristocrazia e in particolare dell’arcipelago; prima epoca della classicità giapponese. Il
consolidamento appunto delle strutture statali e il rafforzamento dell’aristocrazia al vertice di esse, porta a una certa stabilità
della vita di corte, che produce una vitalità culturale che fino a quel momento non era stata registrata.

A partire appunto dai primi anni 10 dell’ottavo secolo, si ha la pubblicazione delle prime vere opere scritte nella storia
giapponese. Sono opere scritte con il sistema di scrittura cinese, spesso utilizzato ancora una volta a scopo di rappresentazione
della lingua locale. Tra le prime opere c’è il racconto di fatti antichi, ovvero il Kojiki (712), che è una cosmogonia del Giappone,
ovvero in quest’opera in versi si narra dell’origine del Giappone e si narra anche di come il primo imperatore abbia ricevuto da
una discendente di queste prime due divinità progenitrici, l’incarico di governare il paese. è più che una storia, un racconto
mitologico, che serve però a legittimare il fulcro del potere politico di quest’epoca, serve a cristallizzare tutte quelle convinzioni e
credenze su cui in ere precedenti si era fondata l’ascesa al potere del clan Yamato da una parte e di tutti i clan a livello locale,
cioè di fatto viene cristallizzata l’origine divina del potere politico nell’arcipelago, cioè chi governa, chi è al vertice dello stato
monarchico giapponese in questa fase della storia, è lì non per meriti ma perché di fatto non ci sono alternative a far governare
chi discende dalle divinità che hanno creato il mondo. Oltretutto nel Kojiki ci sono diversi episodi che narrano di altre vicende di
altre divinità, che sono tutte divinità riconducibili ai culti locali, che sempre in epoche precedenti a questa, avevano avuto dei
legami con l’emergere delle strutture gerarchiche e del potere dei clan in diverse province del regno; quegli stessi clan che in
qualche modo poi vengono coinvolti direttamente, se inizialmente avevano sostenuto in una forma confederale l’emergere del
potere Yamato, gradualmente vengono assorbiti in questa struttura di potere più moderna, vengono affidati vengono identificati
dal vertice di questo potere dei ranghi nobiliari, e all’interno di questi ranghi classificati i culti di appartenenza ai clan, sulla base
di questi ranghi vengono distribuite cariche, privilegi, prestigi di varia natura, ma soprattutto da un punto di vista amministrativo
burocratico. I miti, le divinità da cui discendevano i vari poteri a livello globale, vengono rappresentate anch’esse nel Kojiki,
naturalmente in subordine delle divinità fondamentali a cui si richiamava il potere della dinastia regnante, il culto della dea
Amaterasu. In qualche modo però viene celebrato il legame che i clan, le varie formazioni proto-statali che erano nate in epoca
Kofun soprattutto, a partire dall’adozione dell’agricoltura stanziale, vengono rappresentate; quindi, si rafforza anche il legame
tra queste formazioni e poi il potere centrale, i discendenti dei grandi re Yamato. Legato alle vicende mitologiche poche poi
avrebbero dato origine alla struttura monarchica, agli assetti di potere dell’ottavo secolo, c’è la raccolta di dati sugli usi e costumi
delle singole province sottomesse al potere dei discendenti dei grandi re Yamato, di cui noi abbiamo notizia e traccia nei fudoki
(713), i cosiddetti gazzettini locali. Non sono opere in versi, sono di fatto opere di cronaca, quasi dei reportage sulle realtà locali,
che i sovrani e imperatori giapponesi si ritrovano a governare, ma di cui molto spesso non sapevano granché, quindi su questi
gazzettini sono raccolte informazioni pratiche su usi e costumi delle singole province sottoposte all’autorità Yamato, uno dei più
importanti Fudoki è quello su Izumo (era uno, di queste formazioni proto statali, che in qualche modo aveva costituito un
concorrente, un avversario molto tenace all’ascesa della sovranità e dell’egemonia degli Yamato, e che controllava gran parte
della costa occidentale dell’omonshu). Pochi anni dopo l’inizio di quest’opera di raccolta dati sulle singole province, viene
pubblicata la prima vera storia di corte modellata sui precedenti continentali, in particolare sull’annalistica di origine cinese,
intitola appunto Nihonshoki o cronache del Giappone (720), a questa prima raccolta seguiranno altre raccolte successive; nella
prima parte si mescola informazioni storiche al mito, dopodiché la trattazione è piuttosto schematica, per singolo anno di una
specifica era vengono registrati degli eventi fondamentali, si parla dei sovrani del singolo periodo, si danno anche informazioni
sui caratteri anche di questi sovrani. in questa fase della storia del Giappone ci sono anche i primi componimenti poetici, ci sono
le prime raccolte di poesie che vengono datate al 750, in particolar modo la prima raccolta della poesia classica giapponese
(anche in questo caso scritta dal sistema di scrittura importato dalla Cina) è il Manyōshū, l’ispirazione, le tematiche che si
ritrovano in questi componimenti è anch’esso di origine continentale. I poeti di queste raccolte sono sostanzialmente uomini
appartenenti alle classi aristocratiche, coloro che avevano accesso poi alle fonti anche cinesi, che avevano un canale di
comunicazione con le culture e con le tradizioni continentali e iniziano a produrre le loro poesie, con la loro sensibilità, molto
spesso però modellata, ispirata a cose che provenivano dalla Cina Tang e dalle epoche precedenti sempre della Cina.

Nell’ottavo secolo si completa questo processo di saldatura fra sfere religiose, la prospettiva che abbiamo in questo momento p
sempre quella dell’aristocrazia del tempo, è chiaro che a livello popolare possiamo immaginare fossero ancora diffusi i culti pre-
introduzione del buddhismo, perché erano i più accessibili, perché erano i più legati alle stesse dimensioni geografiche e spaziale
del luogo in cui la gente nasceva, cresceva e viveva. La questione del buddhismo è una questione sostanzialmente elitaria,
aristocratica, anche perché per accedere ai testi sacri, alle pratiche spirituali del buddhismo era necessaria una conoscenza dei
sistemi di scrittura con cui i testi sacri buddhisti venivano importati in Giappone (cinese classico), era necessario una guida, un
avviamento a questo mondo piuttosto complesso da comprendere, ma lo stesso buddhismo prometteva una salvezza poi e una
liberazione dalle preoccupazioni quotidiane, attraverso però una serie di pratiche piuttosto complesse, accessibili a una ristretta
cerchia (almeno in questo periodo storico, perché poi il buddhismo avrà delle fasi in cui si aprirà alla popolazione in senso lato).
Questa fase storia è di fatto l’equivalente di un culto misterioso per gran parte della popolazione, è una grande chiave per
garantire, per legittimare il potere degli imperatori, dei sovrani giapponesi ma è sostanzialmente una questione aristocratica.
Stessi aristocratici che favoriscono questa saldatura con i culti locali, con i culti che furono appunto degli Uji, dei clan da cui
emergono membri dell’aristocrazia burocratica di questo periodo storico. È una leva importante che garantisce la permanenza
del potere nelle mani dei sovrani e non a caso, nell’ottavo secolo, su volontà dell’imperatore Shōmu la governance, le strutture
dirigenziali del buddhismo di epoca Nara, vengono concentrate nella capitale imperiale, a Nara; di qui appunto la costituzione
del Todaiji. I legami tra corte e clero buddhista si fanno estremamente fitti e densi, tanto che alcuni esponenti poi del clero
buddhista dell’epoca verranno integrati anche nella macchina amministrativa dello stato, da cui una serie di scandali, soprattutto
uno in particolare, sarà appunto il segnale dell’attivo coinvolgimento di uomini religiosi nell’attività e nel governo dello stato
monarchico stesso.

A partire da questo momento storico i sovrani giapponesi iniziano a favorire la diffusione del culto buddhista in tutte le province
del regno; quindi, è a questo punto che c’è una sorta di pria vera diffusione a livello popolare anche del credo buddhista.

Nel 741 lo stesso imperatore Shōmu promulga un editto per la fondazione di monasteri e templi nelle province. Questi
monasteri e templi assumeranno nel tempo una funzione importantissima nel governo dello stato antico e premoderno
giapponese, perché inizieranno a funzionare come vere e proprie anagrafi, in cui ci saranno procedure legate alla registrazione
delle singole unità, nuclei familiari, perché condivideranno anche molto spesso gli spazi di culto e le attività commerciali con i
santuari dei culti locali, molti templi e monasteri buddhisti sorgono nelle stesse aree dove ci sono anche santuari che noi
chiamiamo oggi “shinto”, quindi si crea questa unità, ed è un’unità che favorisce e aiuta ulteriormente la modernizzazione dello
stato antico nell’ottavo secolo. Sempre per volontà dell’imperatore Shōmu, sarà inaugurato il grande Buddha oggi custodito
ancora nel Todaiji.

I rapporti tra corte e clero buddhista si faranno piuttosto tesi, soprattutto nella seconda metà dell’ottavo secolo. A partire dalla
fine degli anni 40, per arrivare poi all’inizio degli anni 70 del 700, le relazioni tra corte e clero buddhista diventeranno oggetto di
riforme, di revisioni periodiche. Pietra dello scandalo sarà appunto l’imperatrice conosciuta con due nomi, perché questa
sovrana prenderà due nomi nei suoi due mandati al vertice dello stato giapponese (r. 749-758; 764-770), Kōken e/o Shōtoku. Nel
suo secondo mandato, soprattutto, da devota buddhista affida l’amministrazione dello stato a un monaco, conosciuto con il
nome di Dōkyō, che stando alle cronache poi successive, l’avrebbe in qualche modo traviata o comunque lei si sarebbe lasciata
andare all’infatuazione per questo monaco e avrebbe fatto incavolare tutti i clan aristocratici che fino a quel momento avevano
di fatto mantenuto il monopolio su determinate cariche di alto livello nell’amministrazione dello stato, in particolar modo i
Fujiwara, i Tachibana, che si contendevano un po’ la supremazia per i posti più importanti dei ministeri e i posti di consigliere
dell’imperatore, avviano questa cospirazione, frutto delle tensioni create dalle decisioni di Koken di consegnare il potere a un
uomo del clero. Dopodiché, il rapporto sarà sostanzialmente rivisto e anche a livello spaziale, si passerà con la fondazione di
quella sarà la capitale di fatto permanente Giappone (fino almeno al 1868), a livello spaziale saranno rivisti i rapporti tra centro
del potere politico tra palazzo imperiale e templi delle scuole buddhiste, a Nara era tutto sostanzialmente accentrato a
brevissima distanza, a Heian (la città che noi oggi conosciamo come Kyoto) i templi buddhisti saranno in qualche modo ai margini
dello sviluppo urbano quindi saranno in qualche modo tenuti a distanza dal centro vero e proprio del potere politico.
Innanzitutto, si cercherà di limitare gli influssi del clero buddhista negli affari di corte, considerando però che sarà comunque il
sovrano a governare anche il clero buddhista; quindi, sarà lui/lei a nominare i vertici dei monasteri e dei templi buddhisti; quindi,
il potere anche sul buddhismo sarà accentrato nelle mani del sovrano.

La mappa del potere: al centro c’è l’imperatore, il sovrano (il sovrano ancor auna volta occupa un ruolo di massimo livello nella
struttura gerarchica della società giapponese classica.
Tra i primi sovrani che cercano di riportare la figura imperiale al centro della vita politica (uscire dalla posizione simbolica in cui i
giochi di potere tra aristocratici avevano relegato i sovrani) ci sono appunto Kanmu e uno dei suoi figli, Saga, che tra l’altro
appunto dallo loro ebbero delle discendenza piuttosto ampie considerando il fatto che per i sovrani la poligamia era
assolutamente normale, quindi c’erano 0 e più consorti e imperatrici allo stesso tempo, da cui discendevano ulteriori principi che
potevano almeno ambire a salire sul trono al posto del padre, Saga era appunto uno dei figli di Kanmu che eredita la posizione
del padre al vertice dello stato monarchico dell’epoca. Tra principi imperiali emergevano anche diverse contese, sostenute ora
da ora da una frazione aristocratica ora dall’altra, un sistema piuttosto fluido di alleanze, che aveva come scopo quello di portare
alla data frazione aristocratica una quantità di prestigio e di privilegi maggiore a seconda della loro vicinanza con il sovrano in
carica. Kanmu ha all’incirca 36 figli, Soga ne avrà addirittura 49; proprio per queste discendenze numerose emerge un problema
pratico che è quello di mantenere tutte queste persone, tutte queste persone dovevano pendere dalla corte, cioè, erano a spese
della famiglia imperiale, contribuivano agli oneri di mantenimento della famiglia imperiale. Quindi l’imposizione fiscale nei
territori governati da questo stato monarchico era in alcune zone piuttosto ardua (parliamo di un periodo storico in cui i tributi
vengono riscossi sottoforma di percentuali di raccolto, sottoforma di lavoro non pagato, ecc.)

Per i principi imperiali che venivano esclusi dalle procedure di successione al trono, per esempio perché figli di concubine, si
dava per esempio un rango aristocratico, decidono di concedere ad alcuni figli esclusi dalle dinamiche di successione dei
cognomi, dei ranghi aristocratici e delle funzioni nello stato specifiche, quindi viene concessa loro la possibilità di mantenersi al
di fuori della corte, da Kanmu per esempio deriva un cognome, quindi una casata aristocratica, che è quella dei Taira. Da Saga
deriva un altro ramo di un’altra importante famiglia aristocratica, Minamoto. Questo comporta, oltre che una riduzione della
spesa, una riduzione dei fenomeni conflittuali degli eredi al trono, quindi viene fatto nell’ottica di garantire, di preservare e
mantenere il potere accentrato nelle mani del sovrano, che ha comunque un potere decisionali maggiore, soprattutto per i
sovrani che non muoiono in carica, hanno il potere di designare i loro successori.

Si apre una fase della storia del Giappone in cui i sovrani poi molto spesso sono persone di 20anni, qualche imperatore diventerà
imperatore anche in età infantile (4 anni) e quindi sempre di più saranno fondamentali figure di consiglieri, reggenti, centrali
nell’amministrazione dello stato e daranno la possibilità anche ai clan aristocratici di accrescere ulteriormente la loro influenza.
Però in questa fase i sovrani sono persone che arrivano al loro ruolo già adulti e hanno una capacità decisionale di
accentramento ancora del potere piuttosto elevata.

Tra le varie iniziative che vengono avviate verso la fine dell’ottavo secolo c’è quella di rivedere alcune questioni legate alla stessa
modernizzazione dello stato su modello continentale, tra cui la questione di dotarsi di un esercito di leva, una soluzione che sarà
abolita sotto il regno di Kanmu a favore della formazione di unità militari di milizie locali, costituite da nobili delle province, in
alcuni casi anche esponenti di queste nuove famiglie aristocratiche, a cui viene dato l’incarico di formare milizie professionali;
unità militari che saranno sempre di più utilizzate nell’espansione verso nord est nello stato Ritsuryo, nel regno Yamato.
Dall’ottavo secolo in avanti la preoccupazione strategica più importante, soprattutto quando vengono meno le spedizioni militari
verso la corea, la principale preoccupazione strategica sarà la frontiera nordorientale.

Contro queste popolazioni che appunto stavano alla periferia nordorientale del regno Yamato, vengono inviate numerose
spedizioni militari nel corso dell’ottavo secolo, soprattutto a partire dalla seconda metà. Si sa che intensificano le attività militari
in questa regione del paese, in questa che oggi è conosciuta come regione del Tohoku, si hanno traccia di questa intensificazione
dell’attività militare perché si sa che nella seconda metà dell’ottavo secolo vengono nominati dei generali a cui vengono concessi
dei poteri speciali, di fatto una notorietà massima nelle zone in cui avvengono queste spedizioni militari, anche in questo caso le
cariche vengono date ad esponenti principali dei clan della nobiltà, ancora una volta a riprova del fatto che c’è un processo
ancora in corso di rafforzamento dello stato Ritsuryo e di espansione dei territori.

Quindi iniziano queste spedizioni verso nord est e portano da una parte a un rafforzamento dello stato Yamato nel Kinai, ma
anche a un’espansione della sua autorità in zone precedentemente non occupate e non ricondotte all’autorità dei sovrani del
Kinai, che erano abitate da queste popolazioni EDI JOMON che vengono descritte nelle cronache degli annali di corte come
Emishi (barbari), replicando la stessa ottica che emissari cinesi quando arrivarono nel 250 nelle isole del Giappone applicano
vedendo la realtà del regno di Himiko. Tutte le popolazioni che non condividono con gli Yamato la produzione agricola,
l’agricoltura stanziale e tutto ciò che ne derivava dal punto di vista politico e spirituale sono considerati barbari; questi barbari
vengono inglobati nell’autorità Yamato grazie a processi di conquista e di violenza bellica. Inglobati perché di qui a qualche
decennio i successori dei capi di queste comunità non Yamato verranno coinvolti attivamente nel governo delle regioni,
soprattutto in quelle del nord est, perché più legate a quell’ambiente, perché conoscono meglio il territorio e perché servono a
legittimane il potere dell’autorità centrale agli occhi delle popolazioni locali, quindi gli eredi degli emishi del nordest del
Giappone verranno poi gradualmente inglobati e coinvolti nell’autorità dei sovrani del kinai. Per i sovrani del Kinai le regioni del
nord est sono una frontiera sconosciuta, la distanza geografica è piuttosto consistente, nonostante lo stato Ritsuryo comincia ad
avere una serie di strade, infrastrutture che percorrono l’arcipelago da ovest verso est, e quindi anche da nord a sud.

Al di fuori delle isole giapponesi gran parte dell’Asia orientale e dell’Asia centrale sono in qualche modo ricondotte all’autorità di
un impero di ambito regionale, che è appunto l’Impero Tang che oltre ad avere autorità assoluta su gran parte della Cina, ha dei
regni e dei protettorati alleati e ha determinante egemonia quasi caos continentale, arriviamo quasi alle porte della Turchia. Il
Giappone e i regnanti giapponesi hanno relazioni con questa dimensione geografica, anzi in qualche mod traggono ulteriore
legittimazione da questi contatti, importano conoscenze, competenze, tecnologie, pratiche di governo, filosofie, biologie, proprio
da qui. I sovrani giapponesi invieranno dei propri emissari, come già facevano le formazioni proto-statali (tipo quella di Himiko),
nella città che oggi è conosciuta come SIAN, che all’epoca si chiamava Xi’an ed era la capitale di questo vastissimo impero. Xi’an
(la capitale dell’impero Tang) era il termine asiatico di quell’insieme di connessioni e rotte commerciali trans continentali che
univano Asia e Europa, quelle su cui da una decina d’anni a questa lo stesso governo cinese dice che vuole ricostruire la via della
seta; la via della seta erano un insieme di rotte commerciali che passavano attraverso l’Asia centrale e univano sostanzialmente
la Cina all’Europa. A Xi’An le emissioni di studio vanno a ricercare modelli di governance, modelli istituzionali, modelli giuridici
dallo studio della Cina Tang provengono i codici amministrativi e panali del Giappone classico, i codici Taiho del 701 e Yoro del
718, che danno la forma definitiva allo stato Ritsuryo, e poi a Xi’An si arriva in una città che è un emporio a cielo aperto, è qui
che ci si approvvigiona di beni di importazione, beni preziosi, dalla seta alle traduzioni dei testi buddhisti, all’arte buddhista e ad
altri manufatti di cui c’era richiesta, in Giappone soprattutto nelle frange aristocratiche della popolazione, spezie, sete, tessuti e
altri manufatti erano al cento degli interessi commerciali (che in qualche modo andavano di pari passo con l’interesse culturale
per l’avanzamento istituzionale, tecnologico, ecc di questo stato antico).

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