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APPUNTI

LEZIONE 2
Scorsa settimana: all’inizio di una nuova fase di una storia umana sull’arcipelago giapponese; tracce di primi insediamenti umani;
il paleolitico.

A partire più o meno da 13500 anni fa si sviluppa una prima società complessa o, meglio, abbiamo degli elementi che portano a
dire sulla base di studi archeologici e para antropologici, che nell’arcipelago giapponese ci sono delle comunità di homo sapiens
che hanno una serie di relazioni complesse, strutturate attorno ad alcune attività che sono sostanzialmente quelli della caccia e
della raccolta, della vita semi nomadica e dell’utilizzo di strumenti elementari come il fuoco, per creare una nicchia, ovvero un
contesto naturale ma piegato alle necessità di queste comunità e dei suoi abitanti.

Come molti animali anche l’essere umano è in grado di modificare l’ambiente in cui vive a proprio piacimento. L’elemento del
fuoco è il principale strumento che gli esseri umani, nel paleolitico soprattutto, insieme agli strumenti di pietra, utile a formare,
riformare e plasmare l’ambiente circostante a soddisfazione dei bisogni primari degli esseri umani. FUOCO come primo
elemento che cambia un po’ la prospettiva e che cambia il rapporto tra animali, in particolare homo sapiens, e ambiente, natura.

Tracce di questo cambiamento e di questa vera rivoluzione, si ritrovano nei manufatti che ci sono arrivati fino ad oggi.

Jomon è un termine che tradotto letteralmente dal giapponese significa “traccia di corda” e si riferisce alle decorazioni che si
possono vedere, per esempio, nei vasi. il primo vaso a destra della slide viene considerato il più antico esemplare di vasellame di
jomon e viene datato più o meno intono tra il 14esimo e l’8avo millennio, 7000 anni di distanza. Le tecnologie che datano in
modo specifico ancora non ci sono, ma l’intervallo di tempo in cui questo vaso è stato creato, prodotto è quello di questi 7000
anni.

A fianco si ha una prova di una evoluzione tecnica, artigianale, della produzione vasaria delle comunità jomon.

Sostanzialmente questo tipo di reperti/manufatti avevano, possiamo immaginare, ipotizzare sulla base delle prove che abbiamo
a nostra disposizione due finalità fondamentali: conservazione e cottura; poi gradualmente pensando ai vasi un po’ più artistici
possiamo ipotizzare uno scopo rituale. Un utilizzo di questi contenitori, recipienti per cerimonie. Non si hanno elementi
sufficienti per arrivare alla conclusione che questi vasi venivano utilizzati per scopi rituali.

Abbiamo elementi sufficienti per dire invece che quella (a fianco dei vasi) che questo effettivamente aveva degli scopi rituali, una
statuetta antropomorfa chiamata (dogū). Anche in questo caso ha queste decorazioni molto elaborate che sembrano anche
riprendere un po’ quelle del vaso, ma parliamo di un reperto del primo millennio a.C, quindi molto più recente rispetto al
vasellame. Ha delle forme antropomorfe ma estremizzate (occhi enormi, braccia e gambe corte, ha dei vestiti, una sorta di
tunica, e sembra possedere dei gioielli). Anche in questo caso c’è un dibattito su quale fosse l’utilizzo dei dogù, molto
probabilmente servivano in qualche modo a ingraziarsi o favorire la fertilità, proteggere i nuclei familiari. C’è comunque un
riferimento al fatto che gli uomini in questo momento storico hanno in mente un mondo ultraterreno, hanno in mente una
comunicazione con realtà non umane.

è impossibile che questi reperti siano prodotto di una stessa e unica cultura rimasta unica e uguale a sé per tutto questo tempo,
appunto dal 14esimo millennio al primo. Ma sicuramente ci sono stati degli influssi, delle influenze che però non si riescono a
ricostruire in maniera dettagliata perché mancano, al di là dei manufatti e dei reperti, delle testimonianze scritte per esempio.

Con il periodo Jomon si entra in quello che è il neolitico giapponese, ovvero un periodo della storia umana in cui dalla semplice
lavorazione della pietra e dall’utilizzo del fuoco per scopi appunto immediati, per sopravvivenza, iniziamo ad avere delle nuove
complessità, delle interazioni più complesse tra uomini e altri esseri viventi, tra uomini e ambiente, e tra membri delle stesse
comunità che si riconoscono come composte tra simili.

Si hanno sostanzialmente tre fasi in questo lunghissimo periodo che viene identificato come periodo Jomon.

Prima fase (compresa tra il 14esimo e il sesto millennio a.C.). Si trattava di un’economia estrattiva, basata appunto su attività
quali la caccia, pesca, raccolta di tuberi, vegetali ad uso alimentare dall’ambiente e frutta, soprattutto quella a guscio.
(Semi nomadica) Le comunità sembrano spostarsi dove c’è più disponibilità di queste risorse, aree boschive, entroterra, sui
litorali, lungo i corsi dei fiumi. Si spostavano a seconda delle disponibilità di queste risorse, probabilmente anche a seconda del
clima, delle stagioni. Non esistevano ancora insediamenti stanziali.

Gli utensili erano ancora creati e fatti di pietra lavorata.

Seconda fase (jomon intermedio) compresa tra il sesto e il terzo millennio a.C. dal 5.000 al 2.000 a.C circa

Si hanno già insediamenti semi-stanziali con spazi appositamente creati per ospitare riti. Queste comunità rendendosi più
indipendenti dai cicli naturali, trovandosi in una condizione di graduale adesione allo stile di vita stanziale, adottano dei nuovi
stili di vita, delle nuove norme di convivenza che passano naturalmente attraverso i riti, che potevano servire in una comunità
primitiva di questo tipo appunto per propiziare, per favorire fertilità, per proteggere i nuclei familiari o intere comunità da
qualsiasi minaccia del caso, esempio attacchi da altre comunità, anche se non si hanno tracce di eventi bellici, proteggersi
semplicemente anche da animali, garantire la sicurezza del nucleo familiare o della comunità.

In questa seconda fase si hanno anche tracce di forme precoci di agricoltura, in una piccola disponibilità di terra, legata
comunque all’ambiente di comunità. Oppure piccole forme di domesticazione di specie vegetali, sempre nelle aree boschive per
attirare animali e favorire la buona riuscita di una battuta di caccia. Si hanno una maggiore complessità di manufatti e del
vasellame in generale.

PICCOLA NOTA: il suolo giapponese è molto carico di elementi acidi; quindi, è difficile far sopravvivere per lungo tempo tracce
organiche; quindi, abbiamo pochi resti organici che sono arrivati dall’epoca Jomon. Il poco che ci è pervenuto di organico è
arrivato grazie all’azione di depositi, di conchiglie sostanzialmente che hanno una composizione chimica meno acida e che ha
permesso a molti reperti, tra cui vasellame, di arrivare a noi e ha favorito le ricerche degli specialisti. Nati come veri e propri
depositi di rifiuti domestici, chiamati KAIZUKA?. Ha permesso di ricostruire questioni come la dieta del periodo Jomon, ecc.

Terza fase (le datazioni delle slide sono diverse da quelle del libro, quella del libro è più antiquata) tra il terzo e il primo millennio
a.C.

Ps: all’esame non ci sarà una domanda su quando finisce il perido Jomon

Si assiste al periodo di massimo splendore delle culture Jomon e contemporaneamente anche al loro drastico declino. Questo
drastico declino demografico può essere dipeso da alcuni fattori legati probabilmente, da una parte, dal venir meno di risorse
fondamentali per la vita delle comunità jomon (una minima variazione del clima di alcune aree del gippone dove queste
comunità erano ormai diventate quasi stanziali), prede animali, frutta e alimenti da raccogliere dalla natura. Quindi una piccola
variazione del clima potrebbe aver messo in crisi tutto un sistema di approvvigionamento alimentare che nei millenni erano
diventato estremamente specializzato, complesso, ma evidentemente molto vulnerabile. Alcune ipotesi puntano invece alla
diffusione di nuove malattie, epidemie, che avrebbero decimato la popolazione Jomon, probabilmente anche in questo caso,
possiamo ipotizzare, in conseguenza della trasformazione della vita semi nomadica in una vita semi stanziale quindi in
conseguenza della creazione di comunità più densamente popolate, dove poteva essere favorito il salto di specie di batteri o
infestanti.

A partire dal secondo millennio ci sono tracce di insediamenti di nuovi nuclei, composti da esseri umani, soprattutto nelle aree
sudoccidentali dell’arcipelago giapponese e che potrebbero aver portato, tra le altre con nuove conoscenze e nuove tecniche,
anche un fenomeno molto umano che è quello della guerra e della conquista. Quindi il conflitto con altre popolazioni e
l’assorbimento delle popolazioni jomon all’interno di nuove dinamiche demografiche, potrebbe aver favorito la scomparsa e il
declino della cultura Jomon.

Nel secondo millennio, più o meno dal 1250 a.C si ha evidenza di cambiamenti della cultura materiale e di abitanti
dell’arcipelago giapponese. Sono tracce fondamentali che ci parlano di una vera e propria rivoluzione, perché compaiono tracce
di cerealicultura, questa volta su appezzamenti più estesi e in maniera omogenea, non in maniera casuale come poteva essere
quella delle comunità jomon, in spazi segregati e dedicati a questo tipo di attività.

La cultura Jomon non scompare totalmente, si hanno influenze anche in quest’evoluzioni della cultura materiale jomon e quindi
non scompare ma viene assorbita in questi nuovi flussi e in alcune aree dell’arcipelago stabilisce un’evoluzione indipendente da
quelle che sono le evoluzioni (che vedremo più avanti) in particolare nelle isole principali dell’arcipelago, nelle isole in sostanza
del sud di hokkaido, nel monshu e il kyushu soprattutto.
Nell’estremo nord est e nell’estremo nord di quello che noi adesso conosciamo come Giappone, in particolar modo nell’isola di
Hokkaido, si trovano tracce di culture Jomon fino addirittura al 700 d.C., quindi molto più avanti rispetto a quella che è
convenzionalmente conosciuta come la data di fine del periodo Jomon (circa 500 a.C.). quindi le culture Jomon rimangono vive a
livello regionale, rimangono sostanzialmente indipendenti da questi assorbimenti di nuove culture, soprattutto nelle zone più a
Nord, più settentrionali.

Dal sesto secolo a.C. emergono dagli studi archeologici evidenze del fatto che una nuova cultura, una nuova civiltà, si innesta
nell’arcipelago e gradualmente diventa dominante, assorbendo e marginalizzando le culture precedenti. L’ascesa di questa
nuova cultura, rispetto all’evoluzione che abbiamo visto delle culture Jomon è estremamente rapida, nello spazio di 300 anni
questa nuova popolazione con questa nuova cultura diventerà sostanzialmente dominante in tutto l’arcipelago.

Questa nuova cultura che si innesta nel continente (portata da migranti di origine probabilmente nordasiatica) porta con sé
appunto le tecniche di coltivazione di cereali, inizialmente si hanno tracce di coltivazioni legate all’orzo o al grano saraceno, per
esempio. Culture già diffuse da secoli nel continente, in particolare in Cina e nella penisola coreana.

Il periodo di cui ci occupiamo a partire grossomodo dal sesto secolo, con accelerazioni però tra il quarto e il terzo secolo a.C, a
livello cronologico coincidono in parte con le turbolente vicende che animano il continente, in particolare la Cina orientale dove
effettivamente emergono delle prime formazioni statali, addirittura imperiali quasi unitarie e che hanno però delle proiezioni di
potere di ambito regionale; di fatto conquistano vasti territori dopo aver consolidato il proprio potere in una specifica località.
C’è una proiezione appunto espansiva di alcune formazioni statali sul continente, fenomeno che avrebbe prodotto di
conseguenza il fenomeno migratorio diretto alle isole giapponesi, o comunque avrebbe contribuito a spingere popolazioni al di
fuori del continente verso le isole giapponesi, che erano tutt’altro che densamente popolate dai Jomon, anzi, le comunità Jomon
erano piuttosto sparse quindi non c’erano grossi insediamenti. Quindi per questi migranti che si insediavano tra l’altro in zone
relativamente abbandonate, anche in conseguenza delle trasformazioni geologiche (si parla di una grande eruzioni che per secoli
e secoli avrebbe scoraggiato gli insediamenti umani in particolare nell’area del Kyushu). Per questi migranti la penisola
giapponese in cui potevano arrivare senza molti sforzi, per esempio della corea, erano delle terre di nessuno, che potevano
essere tranquillamente colonizzate, messe a frutto.

Il fenomeno polito regionale molto interessante che si vede in questa fase è l’ascesa delle dinastie HAN in Cina tra il terzo secolo
a.C. e il terzo secolo d.C. Gli HAN sono la prima dinastia a creare una formazione statale a vocazione imperiale, espansiva. Gli han
arrivano fino alla penisola coreana, stabiliscono degli avamposti militari per intervenire e avere un maggiore controllo sugli affari
di questa regione e della penisola in particolare.

Per avere comunità agricole, stanziali, dedite all’agricoltura, prosperose è necessario trovare delle terre adatte.

Secondo james scott hanno avuto un ruolo fondamentale le terre “umide”. Umide perché attraversate da fiumi, ma irrorate da
una molteplicità di canali, corsi d’acqua piccoli. Terre umide, secondo alle quali si sarebbero creati i primi insediamenti stanziali.

Le terre umide sono importantissime perché c’è disponibilità di risorse alimentari anche di vario tipo: vegetazione, esseri viventi
che vivono negli ambienti acquatici, altri animali che predano quelli d’acqua, ecc.; la terra è tendenzialmente più fertile, fertilità
portata dai minerali, dalle sostanze contenute o trasportate dall’acqua dei fiumi che si depositano sul suolo in maniera periodica.
Il terreno fertile è una condizione necessaria per la coltivazione, per seminare specie vegetali già domesticare, già manipolate
dall’essere umano per essere cresciute sotto la supervisione degli esseri umani. Nelle terre umide si trova maggiore disponibilità
di prede più semplici da catturare. In parte già le comunità Jomon si insediano anche in queste aree del Giappone dove appunto
c’è maggiore disponibilità d’acqua.

L’ingresso delle nuove colture (di cui abbiamo parlato prima) dipendono sostanzialmente dalla conquista di queste terre umide,
dove questi nuovi migranti applicano una tecnica distintiva della civiltà dell’asia orientale e cioè la risicultura a immersione. Oltre
appunto a tracce di coltivazione di orzo e grano saraceno, che erano già presenti e richiedevano un minore apporto di acqua, la
cultura del riso a immersione quindi nelle risaie coperte dell’acqua, richiede una disponibilità d’acqua piuttosto consistente,
quindi deve essere per forza fatta in spazi pianeggianti (con le tecniche dell’epoca) un terreno umido anche esposto a
inondazioni, serve un apporto tecnologico, ingegneristico, anche in questo caso molto più consistente rispetto alle altre forme di
agricoltura disponibili nelle isole giapponesi nel lungo periodo Jomon. Per creare una risaia di quel tipo servono appunto canali
di irrigazione, dighe, creazione di margini artificiali. Il riso è una coltura che arriva in una fase successiva, non con le prime
migrazioni, non a partire dal secondo millennio, ma gradualmente si hanno tracce di risicultura più consistenti e più estese a
partire sostanzialmente da questa fase che noi chiamiamo appunto YAYOI medio e tardo, a partire quindi intorno al
primo/quarto secolo d.C.
Si entra nel periodo YAYOI

La cultura yayoi si è sviluppata nelle isole giapponesi più o meno a partire dal primo millennio a.C. e testimonia una evoluzione
stanziale e agricolo delle popolazioni.

Lo stile di vita nomadico e semi nomadico delle popolazioni Jomon, viene gradualmente sostituito da un’economia fondata e
incentrata sull’agricoltura. In questa fase successiva all’insediamento delle culture yayoi il riso diventa appunto dominante
perché rispetto ad altri cereali poteva essere raccolto e conservato in maniera più semplice e conservato a seconda delle
necessità dei produttori. (le altre attività caccia, pesca raccolta, ecc non spariscono, vengono integrate, la necessità, la
dipendenza, degli umani di queste pratiche si riduce in favore dell’agricoltura).

L’agricoltura nonostante diventi un’attività dominante per l’approvvigionamento alimentare degli esseri umani non è la sola cosa
che gli esseri umani fanno in Giappone.

Già nell’epoca Jomon si hanno tracce di contatti, di commerci interni o anche con altre aree dell’asia, commerci interni
all’arcipelago sempre seguendo le vie fluviali navigabili e le zone litoranee più facilmente attraversabili. Tutto ciò rimane anche
con lo sviluppo di nuovo tecnologie e nuove tecniche agricole. Rimangono anche i contatti con il continente, in particolare con le
zone più vicine, più prossime all’arcipelago.

Ricostruzioni dei villaggi yayoi (dal sito di yoshinogari) che è uno dei villaggi yayoi più rappresentativi e più evoluti. Rispetto alle
carrucole del periodo medio jomon, che rappresentavano gli insegnamenti di quella cultura, qua abbiamo strutture addirittura
quasi monumentali, piuttosto imponenti. Strutture sopraelevate. Ai fini della conservazione per esempio dei cereali, predisporre
un granaio sopraelevato preveniva la decadenza degli alimenti conservati. Poteva favorire la conservazione appunto del riso e
proteggere gli alimenti da intrusioni di parassiti o di piccoli animali che potevano cibarsene e anche dalle muffe.

Gli edifici sopraelevati potevano permettere un maggiore controllo da un punto di vista strategico, militare, c’è una particolarità
in questa ricostruzione di yoshinogari e che ci testimonia un’evoluzione non solo a livello di manufatti, l’evoluzione più
importante dal punto di vista politico è il fatto che i villaggi di quest’epoca a partire dal 500 a.C, con il consolidarsi di una cultura
stanziale dominata dall’agricoltura, hanno con sé un approccio alla protezione, e che portano a identificare dei confini, creare
delle palizzate o dei muri che servono a delimitare, in particolar modo sono utili a delimitare gli abitati e le aree coltivate. Sono a
tutti gli effetti delle strutture difensive, che dovevano dare dei segnali a chi viveva all’interno di questi confini e a chi anche
arrivava e vedeva questi confini dall’esterno. È evidente che queste nuove culture portano con sé una cifra di fatto bellica,
militare. All’interno delle ricostruzioni dei villaggi yayoi si trovano altre strutture sopraelevate atte allo stoccaggio degli alimenti.
Oltre a ulteriormente approfondire la distinzione tra edifici abitati o predisposti per l’abitazione e spazi rituali, spazi dedicati a
una religione arcaica, che chiaramente con l’introduzione dell’agricoltura inizia a ruotare intorno ai cicli agricoli, alle stagioni
della semina, del raccolto.

Con le nuove ondate migratorie che noi rivediamo a partire dal secondo millennio a.C. emergono le prime tracce di utilizzo di
metalli, e in particolar modo di bronzo. Rispetto alla terracotta, i metalli devono essere lavorati a temperature molto più alte,
quindi l’introduzione di strumenti metallici all’interno dell’arcipelago giapponese ci dice che sono entrate nuove tecniche di
forgiatura e nuove tecniche di utilizzo del fuoco, quindi il controllo di questa risorsa. La tecnologia è evoluta, è migliorata c’è una
maggiore raffinatezza anche nella produzione vasaria, che porta alla creazione di strumenti, utensili migliori per conservare,
tostare e cuore gli alimenti; l’arte vasaria ha una somiglianza molto forte quella del periodo yayoi in Giappone con la cultura
humun?? In corea, quindi possiamo immaginare che il ceppo etnico culturale provenga di fatto dalla penisola coreana, non solo
per il vasellame ma anche per effetto per gli oggetti rituali in bronzo che sono stati ritrovati anche in Giappone, soprattutto gli
specchi e le campane, e anche in parte per la produzione bellica.

Questa nuova cultura oltre all’agricoltura porta di fatto la guerra, non c’è traccia di scontri bellici tra comunità Jomon, ma non
possiamo escludere totalmente che non esistessero conflitti tra comunità per competizione appartenenti a queste culture. Le
comunità Jomon vivevano in modo piuttosto sparso, erano disperse nell’arcipelago; quindi, non c’era davvero bisogno di
competere tra le comunità per il possesso e il controllo di determinate aree, che sono sostanzialmente aree produttive, aree che
potevano essere messa a frutto da un punto di vista agricolo; quindi, da qui arriva la questione bellica e della competizione tra le
comunità yayoi. La competizione emerge perché, soprattutto in un contesto ambientale, fisico, come quello Giapponese c’è
scarsa disponibilità di terreni pianeggianti e coltivabili a cereali. Bisogna anche considerare il fattore delle comunità stanziali, una
volta che hanno trovato un bacino sufficiente di risorse tendono ad espandersi ed è il caso delle popolazioni yayoi, che
avrebbero avuto come ulteriore vantaggio competitivo rispetto alle popolazioni precedenti, tassi di fertilità più alti.
Quindi si ha un’evoluzione della cultura materiale, un’evoluzione anche dei riti. Non sappiamo molto della ritualità della
comunità Jomon (sappiamo solo delle statuine dogù), rispetto alla ritualità yayoi si hanno deli elementi in più perché molti tratti
dei riti, della spiritualità di queste comunità possono essere paragonate a fenomeni diffusi già per esempio nell’asia, in cina e
nella penisola coreana e ciò ci porta a immaginare una specie di sfera culturale della civilizzazione dell’asia orientale, fondata
appunto su alcune dinamiche in particolar modo sulla produzione, sulla coltivazione e sull’agricoltura di riso.

È una ritualità evidentemente incentrata sui ritmi dell’agricoltura; (quelle in basso nella slide) sono incisioni ritrovate nel
vasellame di tipo yayoi, si vedono appunto tra i vari simboli degli alberi a cui sono appese probabilmente quella campane che
venivano utilizzati nei riti, degli animali probabilmente animali già addomesticati che facevano parte delle domus (nuclei allargati
che comprendevano la convivenza di uomini ma anche animali già domestici), essiccatori, gli edifici sopraelevati, imbarcazioni,
ecc; Quindi ritualità non solo concentrata sui ritmi dell’agricoltura ma probabilmente basata anche su una concezione dell’aldilà,
di mondi ultraterreni, ecc. (ci sono diverse ipotesi).

(Sopra) abbiamo dei ritrovamenti tipici della archeologia asiatica, soprattutto dall’area che va appunto dall’asia centrale, dalla
mongola, alla cina e alla penisola coreana, e che vede protagonisti appunto le ossa oracolari; ossa di animali, probabilmente
selvaggina, che venivano raccolte e utilizzate per prevedere il futuro. Queste ossa venivano toccate con degli strumenti
incandescenti e chiaramente la reazione dell’osso rispetto al fuoco dava dei pattern, degli schemi, visibili ad occhio nudo ma
chiaramente interpretabili solo da determinate figure all’interno di comunità, che potevano essere figure a cui veniva
riconosciuta un’anzianità di un certo tipo o una competenza superiore a quella dei comuni abitanti. La divinazione diventa con il
consolidarsi delle culture yayoi un momento fondamentale della vita di comunità perché appunto si chiedeva di divinare, cioè,
interpretare dei segnali, rispetto al futuro, rispetto magari all’esito di un viaggio, di una spedizione militare, di un raccolto; e
diventava anche fonte di legittimazione politica. Nel contesto dell’arcipelago giapponese saper divinare (avere un potere
riconoscibile in ambito spirituale) significava anche avere un potere di fatto politico. Il potere politico e religioso vanno di pari
passo in queste comunità.

Prime testimonianze.

A partire dal primo secolo d.C. si hanno notizie di emissioni da parte delle formazioni statali, che si sono sviluppate e consolidate
intanto nel continente, verso le isole giapponesi. Le dinastie HAN cinesi comunicano, evidentemente, con alcune formazioni
statali o con dei piccoli proto-stati sviluppatisi in Giappone.

È soprattutto con il terzo secolo d.C. che si hanno però delle notizie più precise e che le interazioni tra formazioni statali
sull’arcipelago giapponese e altre formazioni statali sul continente si intensificano. Da alcune formazioni statali dell’arcipelago
vengono inviati dei messaggeri, ambasciatori, verso le corti di alcuni regni in Cina, soprattutto dopo la dissoluzione degli ultimi
HAN, in particolar modo nel 238 si ha notizia di una missione che parte dall’arcipelago e va alla corte del regno di Wei, in Cina
centrale.

Abbiamo le prime notizie rispetto alla vita delle comunità umane in Giappone in un’opera datata 297 d.C. scritta in cinese,
appratente a questa stessa corte (wei). Le cronache del regno di Wei contengono appunto una prima descrizione storica di
quella che era la vita all’interno di una formazione statale o proto-statele sviluppatasi nell’arcipelago giapponese. In queste
prime testimonianze il Giappone è identificato con il nome di Wa, che aveva un significato piuttosto sminuente nei confronti di
chi ci abitava, da un prospettiva diciamo sino centrica, da una prospettiva diciamo più evoluta di una formazione statale cinese, i
fenomeni a cui i messaggeri assistevano in Giappone, sembravano un po’ cose da selvaggi fondamentalmente, abitudini di vita
piuttosto arretrate (sempre provenendo da uno stato, da un contesto più avanzato da un punto di vista istituzionale).

LEZIONE 3

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