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6.

Introduzione alle equazioni differenziali (II)


http://eulero.ing.unibo.it/~barozzi/SCAM/SCAM-tr06B.pdf

6.5. Equazioni lineari di ordine superiore al primo


Passiamo a considerare equazioni differenziali lineari del secondo ordine; una tale equazione si scriverà
y  (x) + a(x) y  (x) + b(x) y(x) = f (x), (6.5.1)
dove a, b e f sono funzioni continue, assegnate su un intervallo I della retta reale, mentre y è la funzione
incognita. L’equazione ottenuta dalla precedente scrivendo 0 al posto di f , vale a dire l’equazione
y  (x) + a(x) y  (x) + b(x) y(x) = 0, (6.5.1 )
si chiama equazione omogenea associata alla (6.5.1). Per un’equazione del secondo ordine non esiste, in
generale, un artificio che consenta di trovarne le soluzioni con una o più integrazioni eseguite sui coefficienti
a, b e sul termine noto f .
La Fisica ci presenta in modo naturale dei modelli matematici sotto forma di equazioni differenziali del
secondo ordine.
Esempio 6.5.1. Un primo, semplicissimo esempio di equazione del secondo ordine, lineare omogenea a
coefficienti costanti, è
y  (x) = 0;
le funzioni con derivata seconda identicamente nulla sono tutti (e soltanto) i polinomi di grado ≤ 1:
y(x) = c1 + c2 x.

Esempio 6.5.2. Consideriamo un grave di massa m che viene lanciato verticalmente. La sua posizione può
essere descritta da un’ordinata z, funzione del tempo t, dove immaginiamo che l’asse z sia oriantato verso
l’alto. In assenza di attrito, il secondo principio della dinamica (F = ma) fornisce
mz̈(t) = −mg,
dove abbiamo scritto −g per indicare l’accelerazione gravitazionale in quanto essa è rivolta verso il basso.
Abbiamo anche usato il simbolo z̈(t), caro ai fisici, per indicare la derivata seconda della quota z rispetto al
tempo; per la velocità si può usare, analogamente, il simbolo ż(t).
L’equazione precedente si riscrive z̈(t) = −g, da cui segue facilmente
1
ż(t) = −gt + c1 , =⇒ z(t) = − gt2 + c1 t + c2 .
2
Come si vede, la soluzione ottenuta dipende da due costanti arbitrarie. Tali costanti si possono determinare,
imponendo i valori della posizione iniziale e della velocità iniziale, z(0) e ż(0). Ad esempio se al tempo t = 0
il corpo viene abbandonato dalla quota z0 , si ha z(0) = z0 , ż(0) = 0, da cui c2 = z0 , c1 = 0.
Esempio 6.5.3. Consideriamo ancora il probema dell’esempio precedente, immaginando che ci sia un attrito
del mezzo proporzionale alla velocità. Avremo un’equazione del tipo
k
mz̈(t) = −mg − k ż(t) ⇐⇒ z̈(t) + ż(t) = −g.
m
Abbiamo in realtà un’equazione del primo ordine, lineare non omogenea, nella funzione incognita v(t) := ż(t):
k
v̇(t) + v(t) = −g.
m
Con riferimento al modello fornito dalla (6.2.1), abbiamo a(t) = k/m, quindi A(t) = (k/m) t, F (t) =
= −g e(k/m)t , il cui integrale indefinito si scrive
6. Equazioni differenziali 9
gm (k/m)t
− e + c1 .
k
La formula risolutiva (6.2.3) porge dunque la soluzione generale dell’equazione nell’incognita v:
 gm  gm
v(t) = e−(k/m)t − e(k/m)t + c1 = c1 e−(k/m)t − .
k k
Si osservi che la prima funzione a secondo membro rappresenta la soluzione generale dell’equazione v̇(t) +
k/m v(t) = 0, omogenea associata all’equazione in esame, mentre la seconda funzione rappresenta una
soluzione particolare dell’equazione stessa. Se all’istante t = 0 la velocità è nulla (il corpo viene abbandonato
al proprio peso), possiamo determinare c1 , ottenendo la formula
gm  −(k/m)t 
v(t) = e −1 .
k
La velocità è negativa in accordo col fatto che abbiamo orientato l’asse z verso l’altro; essa tende al valore
limite −gm/k (effetto paracadute). Con un’integrazione possiamo ottenere la quota z:
gm  m −(k/m)t 
z(t) = − e − t + c2 ,
k k
dove la costante c2 può essere determinata in base alla condizione z(0) = z0 .
Esempio 6.5.4. Lo studio delle piccole oscillazioni del pendolo (↓ esempio 6.6.4) conduce all’equazione
differenziale
ÿ(t) + ω 2 y(t) = 0.
Si tratta di un’equazione lineare omogenea a coefficienti costanti. Tenendo presente che le derivate seconde
delle funzioni sin kt e cos kt si scrivono rispettivamente −k 2 sin kt e −k 2 cos kt, si riconosce che le funzioni
sin ωt e cos ωt sono soluzioni dell’equazione considerata. Come riconosceremo tra breve, tutte le soluzioni
dell’equazione in esame si ottengono combinando linearmente le due soluzioni appena trovate, vale a dire
ogni soluzione di tale equazione è esprimibile nella forma
y(t) = c1 sin ωt + c2 cos ωt,
con c1 e c2 costanti opportune. ✏
Gli esempi precedenti ci consentono di congetturare che una soluzione di un’equazione lineare non
omogenea del tipo (6.5.1)
y  (x) + a(x) y  (x) + b(x) y(x) = f (x),
sia univocamente determinata da una coppia di condizioni iniziali
y(x0 ) = y0 , y  (x0 ) = y1 .
Diamo, senza dimostrazione, il seguente risultato:

Teorema 6.5.1. Il problema di valori iniziali (= problema di Cauchy)


 
 y (x) + a(x) y  (x) + b(x) y(x) = f (x), x ∈ I,

y(x0 ) = y0 , y  (x0 ) = y1 , x0 ∈ I
ammette una e una sola soluzione, per ogni coppia di valori y0 , y1 .

Prima di affrontare il problema della ricerca delle soluzioni di un’equazione del secondo ordine è oppor-
tuno stabilire alcuni risultati relativi alle equazioni differenziali lineari che valgono per equazioni di ordine
qualunque, anche se noi, per semplicità, li enunceremo e dimostreremo per equazioni del secondo ordine.
Indichiamo con L la trasformazione che ad ogni funzione y : I → R due volte derivabile associa il primo
membro della (6.5.1):
L : y → y  + ay  + by;
dunque L è un operatore (= una trasformazione) dallo spazio C 2 (I), delle funzioni due volte derivabili con
continuità sull’intervallo I, allo spazio C(I) delle funzioni continue su tale intervallo.
6. Equazioni differenziali 10

Se si tengono presenti le proprietà di linearità dell’operazione di derivazione, si riconosce subito che L


è una trasformazione lineare, cioè
L(c1 y1 + c2 y2 ) = c1 L(y1 ) + c2 L(y2 ). (6.6.1)
quali che siano le funzioni y1 , y2 e le costanti c1 , c2 .
Tenendo presente che l’equazione omogenea si scrive L(y) = 0, si ha innanzitutto il

Teorema 6.5.2. Se y1 e y2 sono due soluzioni dell’equazione omogenea L(y) = 0, allora ogni loro
combinazione lineare, cioè ogni funzione del tipo x → c1 y1 (x)+c2 y2 (x), è soluzione della stessa equazione.

Dimostrazione. Infatti L(c1 y1 + c2 y2 ) = c1 L(y1 ) + c2 L(y2 ) = c1 · 0 + c2 · 0 = 0. ✏


Dunque l’insieme delle soluzioni di un’equazione omogenea possiede in modo naturale una struttura di
spazio vettoriale; si tratta di un sottospazio dello spazio C 2 (I). Vedremo che la dimensione di tale spazio
vettoriale è uguale all’ordine dell’equazione differenziale, e pertanto tale dimensione è 2 per le equazioni del
secondo ordine.
Ovviamente una proposizione simile a quella appena dimostrata non sussiste per l’equazione non omo-
genea L(y) = f ; si ha tuttavia il seguente

Teorema 6.5.3. Se y è soluzione dell’equazione non omogenea L(y) = f e y è soluzione dell’equazione


omogenea associata L(y) = 0, allora y + y è soluzione dell’equazione non omogenea.

Dimostrazione. Infatti L(y + y) = L(y) + L(y) = f + 0 = f . ✏


Teorema 6.5.4. Se y1 e y2 sono soluzioni dell’equazione non omogenea L(y) = f , la loro differenza
y1 − y2 è soluzione dell’equazione omogenea associata L(y) = 0.

Dimostrazione. Infatti L(y1 − y2 ) = L(y1 ) − L(y2 ) = f − f = 0 . ✏


Richiamiamo dal corso di Algebra la nozione di lineare indipendenza di una coppia di funzioni. Siano
y1 e y2 due funzioni definite sull’intervallo I, ciascuna delle quali sia diversa dalla funzione identicamente
nulla. Ci chiediamo se è possibile che la funzione
x → c1 y1 + c2 y2
sia identicamente nulla. È chiaro che si ottiene la funzione identicamente nulla scegliendo le due costanti c1
e c2 entrambe uguali a zero; tuttavia, mentre in certi casi questo è l’unico modo per avere la funzione nulla,
in altri casi è possibile ottenere tale funzione anche con costanti c1 e c2 non nulle.
In modo formale, poniamo la seguente

Definizione 6.5.5. Siano y1 e y2 due funzioni definite sull’intervallo I della retta reale; si dirà che esse
sono linearmente indipendenti se dall’identità
∀x ∈ I : c1 y1 (x) + c2 y2 (x) = 0,
segue necessariamente c1 = c2 = 0.

In termini equivalenti: le funzioni y1 e y2 sono linearmente dipendenti se esistono due costanti c1 e c2 ,


non entrambe nulle, per cui risulta
c1 y1 (x) + c2 y2 (x) = 0, ∀x ∈ I.
Se ciò accade e se, per fissare le idee, si ha c1 = 0, allora l’ultima uguaglianza si scrive anche
c2
y1 (x) = − y2 (x),
c1
cioè le due funzioni sono tra loro proporzionali, e il loro rapporto è costante.
6. Equazioni differenziali 11

Esempio 6.5.5. Le funzioni y1 (x) := x, y2 (x) := 2x sono linearmente dipendenti, in quanto 2y1 (x)−y2 (x) =
2x − 2x = 0.

Esempio 6.5.6. Le funzioni y1 (x) := sin x, y2 (x) := cos x, sono linearmente indipendenti; infatti il loro
rapporto è la funzione tangente, che non è costante.

Esempio 6.5.7. Le funzioni y1 (x) := exp(λ1 x), y2 (x) := exp(λ2 x), dove λ1 = λ2 , sono linearmente
indipendenti, in quanto il loro rapporto è exp[(λ1 − λ2 )x], che non è costante essendo λ1 − λ2 = 0. ✏
La lineare indipendenza di due funzioni y1 , y2 può essere non facile da verificare; tuttavia, se si tratta
di soluzioni di un’equazione lineare omogenea L(y) = 0, una tale verifica è agevolata dalle considerazioni che
seguono.

Definizione 6.5.6. Si chiama wronskiano delle funzioni y1 , y2 il determinante


 
 y (x) y2 (x) 
w(x) :=  1  = y1 (x) y2 (x) − y2 (x) y1 (x).
y1 (x) y2 (x) 

La denominazione introdotta ricorda il matematico polacco J.M. Wroński (1776-1853). È quasi imme-
diato riconoscere che se due funzioni sono linearmente dipendenti, il loro wronskiano è identicamente nullo
in quanto le sue colonne sono tra loro proporzionali.
Se y1 e y2 sono due funzioni ad arbitrio, il loro wronskiano può annullarsi in certi punti, senza essere
identicamente nullo; si consideri il wronskiano delle funzioni sin x e 1. Ma ciò non accade se y1 e y2 sono
soluzioni di una stessa equazione lineare omogenea.

Teorema 6.5.6. Il determinate wronskiano di una coppia di soluzioni dell’equazione y  + a y  + b y = 0


soddisfa l’equazione del primo ordine
w (x) = −a(x) w(x)
 x
e pertanto si ha w(x) = w(x0 ) exp − x0
a(t) dt .

Dimostrazione. Ricordando la regola per la derivazione di un prodotto si trova


      
 y (x) y2 (x)   y1 (x) y2 (x)   y1 (x) y2 (x) 
w (x) =  1  +   =  .
y1 (x) y2 (x)   y1 (x) y2 (x)   y1 (x) y2 (x) 
Ma yk (x) = −a(x) yk (x)−b(x) yk (x), k = 1, 2, quindi sostituendo nella seconda riga dell’ultimo determinante
si trova
   
 y (x) y2 (x)   y1 (x) y2 (x) 
w (x) = −a(x)  1  − b(x)  
 y1 (x) y2 (x)  = −a(x) w(x). ✏
y1 (x) y2 (x) 

Corollario. Il wronskiano di una coppia di soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omogenea


y  + a y  + b y = 0 è diverso da 0 per ogni x ∈ I.

A questo punto possiamo dimostrare il

Teorema 6.5.6. Se y1 e y2 sono due soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omogenea L(y) =
= 0, ogni altra soluzione della stessa equazione si scrive nella forma c1 y1 + c2 y2 , per una scelta opportuna
delle costanti c1 e c2 .

In altre parole, non solo per ogni coppia di costanti c1 , c2 ∈ R la funzione c1 y1 + c2 y2 è soluzione
dell’equazione L(y) = 0 (questa è la tesi del Teorema 6.5.2), ma variando in tutti i modi possibili le costanti
stesse si ottengono tutte le soluzioni dell’equazione in esame, nessuna esclusa. L’espressione
y(x) = c1 y1 (x) + c2 y2 (x)
6. Equazioni differenziali 12

rappresenta dunque soluzione generale (o integrale generale) dell’equazione L(y) = 0 e la coppia (y1 , y2 ) si
dice un sistema fondamentale di soluzioni dell’equazione stessa.
Dimostrazione. Se si ammette il Teorema di esistenza e unicità 6.5.1, allora possiamo ragionare come
segue: sia y un’assegnata soluzione dell’equazione omogenea e sia y0 := y(x0 ), y1 := y  (x0 ) dove x0 è un
punto scelto ad arbitrio nell’intervallo I. Determiniamo le costanti c1 e c2 della combinazione lineare sopra
considerata in modo da soddisfare le condizioni y(x0 ) = y0 , y  (x0 ) = y1 . Siamo condotti al sistema

 c1 y1 (x0 ) + c2 y2 (x0 ) = y0

c1 y1 (x0 ) + c2 y2 (x0 ) = y1 ;
esso determina univocamente le costanti c1 e c2 in quanto il determinante della matrice dei coefficienti è il
wronskiano delle soluzioni linearmente indipendenti y1 e y2 calcolato in x0 . La funzione y(x) := c1 y1 (x)+
+c2 y2 (x), dove la costanti c1 e c2 hanno i valori appena determinati, verifica le stesse condizioni iniziali della
soluzione y, e pertanto coincide con essa, in virtù del teorema di unicità. ✏
Quanto all’esistenza di sistemi fondamentali di soluzioni, basta osservare che se y1 e y2 sono le soluzioni
(esistenti e uniche) dei due problemi di valori iniziali
   
 y + a y  + b y(x) = 0,  y + a y  + b y(x) = 0,
 
y(x0 ) = 1, y  (x0 ) = 0, y(x0 ) = 0, y  (x0 ) = 1,
esse sono certamente linearmente indipendenti, in quanto il loro wronskiano calcolato in x0 vale 1.
Tutta la discussione precedente può essere riformulata in termini algebrici: l’applicazione y → L(y)
è una trasfornazione lineare dello spazio C 2 (I), costituito dalle funzioni continue con le derivate prima e
seconda sull’intervallo I, a valori nello spazio C(I) delle funzioni continue nello stesso intervallo. Il nucleo
(= spazio nullo) di tale trasformazione è precisamente costituito dalle soluzioni dell’equazione omogenea
L(y) = 0; si tratta di un sottospazio di dimensione 2 dello spazio C 2 (I), di cui ogni sistema fondamentale di
soluzioni rappresenta una base.
Una conseguenza importante dei Teoremi precedenti è espressa dal seguente

Corollario. Se y1 e y2 sono due soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omogenea L(y) = 0 e y


è una soluzione dell’equazione non omogenea L(y) = f , ogni altra soluzione dell’equazione non omogenea
si scrive nella forma y = y + c1 y1 + c2 y2 , per una scelta opportuna delle costanti c1 e c2 .

A parole: sommando una soluzione particolare dell’equazione non omogenea con la soluzione generale
dell’omogenea, si ottiene la soluzione generale della non omogenea.

Dimostrazione. Il fatto che y = y + c1 y1 + c2 y2 è soluzione dell’equazione non omogenea segue dai


teoremi 6.5.2 e 6.5.3. Inversamente, sia y ∗ una qualsivoglia soluzione dell’equazione non omogenea; vogliamo
dimostrare che essa può scriversi nella forma
y ∗ = y + c1 y1 + c2 y2 ,
attribuendo valori opportuni alle costanti c1 e c2 .
Infatti la funzione y ∗ − y è una soluzione dell’equazione omogenea, in quanto differenza tra due soluzioni
dell’equazione non omogenea (↑ Teorema 6.5.4); in virtù del Teorema 6.5.6 essa può dunque scriversi nella
forma
y ∗ − y = c1 y1 + c2 y2 ,
per opportuni valori delle costanti in gioco, e questo equivale alla tesi. ✏
6. Equazioni differenziali 13

6.6. Equazioni a coefficienti costanti: il caso omogeneo


Da questo momento in poi ci limiteremo a studiare equazioni differenziali lineari del secondo ordine a coef-
ficienti costanti, cioè
L(y) = y  + ay  + by = f (x), (6.6.1)
dove a e b sono due costanti reali assegnate. Cominciamo dalle equazioni omogenee
L(y) = y  + ay  + b = 0. (6.6.1 )
Per queste equazioni mostreremo la possibilità di determinare una coppia di soluzioni y1 , y2 linearmente
indipendenti, e dunque la soluzione generale dell’equazione stessa.
Partiamo dall’osservazione che per le equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti del
primo ordine, cioè equazioni del tipo y  + ay = 0, le soluzioni sono funzioni di tipo esponenziale, cioè
y(x) = ce−ax , c ∈ R.
Questo suggerisce di cercare soluzioni dell’equazione L(y) = 0 sotto forma di funzioni esponenziali
x → eλx , con λ parametro (reale o complesso) da determinare. Posto y(x) := eλx , si trova
y  (x) = λeλx , y  (x) = λ2 eλx ,
quindi sostituendo nella (6.6.1 )

L eλx = λ2 eλx + aλeλx + beλx = eλx (λ2 + aλ + b) = 0.

Essendo eλx = 0, affinché sia L eλx = 0 è necessario e sufficiente che sia
λ2 + aλ + b = 0. (6.6.2)
Si è cosı̀ ottenuto un’equazione di secondo grado in λ (detta equazione caratteristica, mentre il polinomio
a primo membro viene chiamato polinomio caratteristico) le cui soluzioni forniscono i valori richiesti, da
sostituire nell’espressione eλx per ottenere le soluzioni dell’equazione differenziale (6.6.1 ).
A questo punto si presentano tre distinti casi, a seconda che il discriminante ∆ := a2 − 4b sia maggiore,
uguale o minore di zero.
 1◦ Caso: ∆ > 0. Se ∆ > 0, l’equazione caratteristica è dotata di due radici reali e distinte λ1 e λ2 ; dunque
le funzioni
y1 (x) := eλ1 x , y2 (x) := eλ2 x
sono due soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione data (↑ esempio 6.5.7) e pertanto la soluzione
generale della stessa equazione si scrive
y(x) = c1 eλ1 x + c2 eλ2 x .

Esempio 6.6.1. Sia data l’equazione y  − 3y  + 2y = 0. L’equazione caratteristica è


λ2 − 3λ + 2 = 0,
le cui soluzioni sono λ1 = 2, λ2 = 1. L’integrale generale si scrive allora
y(x) = c1 e2x + c2 ex .
Cerchiamo la soluzione particolare per cui si ha y(0) = 1, y  (0) = 0. Poiché
y  (x) = 2c1 e2x + c2 ex ,
sostituendo il valore x = 0 nell’espressione di y e di y  , si trova che le condizioni desiderate si traducono nel
sistema
c1 + c2 = 1
2c1 + c2 = 0,
da cui c1 = −1, c2 = 2. La soluzione particolare cercata è dunque y(x) = −e2x + 2ex . ✏
Prima di intraprendere lo studio dei due restanti casi (∆ = 0 e ∆ < 0) è opportuno mostrare un
cambiamento di funzione incognita che risulta utile in determinate situazioni. Introduciamo una funzione
incognita ausiliaria x → u(x) legata alla y dalle relazioni
6. Equazioni differenziali 14

y(x) = ekx u(x) ⇐⇒ u(x) = e−kx y(x), (6.6.3)


con k parametro da determinare in modo opportuno. Si trova senza difficoltà
y  (x) = ekx (ku(x) + u (x)),

y  (x) = ekx k 2 u(x) + 2ku (x) + u (x) ,
quindi, sostituendo nell’equazione y  + ay  + b = 0, si ottiene l’equazione equivalente

ekx u + (2k + a) u + (k 2 + ak + b) u = 0 ⇐⇒ u + (2k + a) u + (k 2 + ak + b) u = 0.
Abbiamo ancora a nostra disposizione la costante k. Scegliamola in modo da annullare il coefficiente di u
nell’ultima equazione:
2k + a = 0 ⇐⇒ k = −a/2. (6.6.4)
Otteniamo cosı̀ l’equazione ridotta:
b − a2 ∆
u + u=0 ⇐⇒ u − u = 0. (6.6.5)
4 4
Riprendiamo lo studio dell’equazione (6.6.1 ) originariamente considerata, esaminando il
2◦ Caso: ∆ = 0. Se ∆ = 0, l’equazione caratteristica è dotata di un’unica radice reale doppia, che è
a
λ0 = − .
2
L’equazione ridotta si scrive u = 0, che ammette la soluzione generale (↑ esempio 6.5.1)
u(x) = c1 + c2 x;
dunque la soluzione generale della (6.6.1 ) è data da
y(x) := c1 eλ0 x + c2 x eλ0 x .
Si osservi che le soluzioni y1 (x) = eλ0 x e y2 (x) = x eλ0 x sono linearmente indipendenti in quanto il rapporto
y2 /y1 vale x = costante.
Esempio 6.6.2. Sia data l’equazione y  − 2y  + y = 0. Dall’equazione caratteristica λ2 − 2λ + 1 = 0 si ha
∆ = 4 − 4 = 0, λ0 = 1. Dunque la soluzione generale si scrive
y(x) = c1 ex + c2 xex .
Cerchiamo la soluzione particolare per cui risulta y(0) = 0, y  (0) = 2. Si è condotti al sistema
c1 = 0
c1 + c2 = 2,
da cui c2 = 2. La soluzione richiesta è dunque y(x) = 2xex . ✏
3◦ Caso: ∆ < 0. Se ∆ < 0, l’equazione caratteristica ammette due radici complesse coniugate
1
λ1 := (−a + i |∆|) = α + iβ,
2
1
λ1 := (−a − i |∆|) = α − iβ,
2
avendo posto α := −a/2, β := |∆|/2, quindi
|∆| = −∆ = 4β . 2

L’equazione ridotta si scrive


u + β 2 u = 0,
cioè esattamente l’equazione considerata nell’esempio 6.5.4, a patto di scrivere ω al posto di β. La soluzione
generale dell’equazione ridotta è dunque
u(x) = c1 cos βx + c2 sin βx
6. Equazioni differenziali 15

quindi la soluzione generale della nostra equazione sarà


y(x) = c1 eαx cos βx + c2 eαx sin βx,
dove abbiamo tenuto conto del fatto che k = −a/2 = α; v. formula (6.6.4).
Le due funzioni a valori reali y1 (x) = eαx cos βx e y2 (x) = eαx sin βx costituiscono una coppia di
soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione (6.6.1 ), esse sono parte reale e parte immaginaria delle
funzioni esponenziali a valori complessi y1 (x) := eλ1 x , y2 (x) := eλ2 x ; sono al tempo stesso due combinazioni
lineari di tali funzioni e precisamente le combinazioni
y1 (x) + y2 (x) y1 (x) − y2 (x)
, .
2 2i
Si osservi che se α < 0 (dunque a > 0) le funzioni x → eαx cos βx, x → eαx sin βx rappresentano moti
oscillatori smorzati, cioè di ampiezza decrescente, se α = 0 abbiamo moti oscillatori di ampiezza costante,
infine se α > 0 abbiamo moti oscillatori di ampiezza crescente.

1 1
2

1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5
-2
-1 -1

Figura 3. Andamento della funzione x → eαx sin βx per α < 0 (a sinistra), α = 0 (al centro), α > 0 (a destra).

Esempio 6.6.3. Sia y  + y = 0 (si riveda l’esempio 6.5.3). L’equazione caratteristica λ2 + 1 = 0 ammette
le soluzioni i e −i, dunque α = 0, β =1. La soluzione generale si scrive pertanto
y(x) = c1 cos x + c2 sin x.
Se cerchiamo la soluzione per cui si ha y(0) = 1, y  (0) = 1, si trova c1 = c2 = 1, dunque la soluzione richiesta
è x → cos x + sin x.

Esempio 6.6.4. La legge fondamentale della dinamica, applicata ad un pendolo di massa m e lunghezza L
conduce all’equazione
mL φ̈(t) = −mg sin φ(t),
dove g è l’accelerazione di gravità e φ la misura in radianti dell’angolo che il pendolo forma con la verticale.

mg

Figura 4. Il prodotto mg sin φ rappresenta la componente tangenziale della forza peso mg.
6. Equazioni differenziali 16

Dividendo per m e ponendo ω 2 := g/L si ottiene


φ̈(t) = −ω 2 sin φ(t).
Se le oscillazioni del pendolo sono abbastanza piccole si può approssimare sin φ con φ (si tratta del poli-
nomio di Taylor di primo grado relativo alla funzione seno e al punto iniziale 0); si ottiene cosı̀ l’equazione
differenziale
φ̈(t) = −ω 2 φ(t) ⇐⇒ φ̈(t) + ω 2 sin φ(t) = 0.
Ritroviamo l’equazione dell’esempio 6.5.3, la cui soluzione generale è
φ(t) = c1 cos(ωt) + c2 sin(ωt),
Si osservi che φ è una funzione periodica di periodo
2π 2π √
T = =√ L;
ω g
dunque le piccole oscillazioni del pendolo hanno un periodo proporzionale alla radice quadrata della sua
lunghezza. ✏

6.7. Equazioni a coefficienti costanti: il caso non omogeneo


Diamo alcuni cenni sulle equazioni non omogenee
L(y) = y  + ay  + by = f (x);
come sappiamo, una volta trovata la soluzione generale dell’equazione omogenea associata, basta determinare
una soluzione dell’equazione non omogenea per determinare la soluzione generale della stessa equazione.
Ci limitiamo a dare indicazioni su alcune tecniche per la determinazione di una soluzione dell’equazione
non omogenea nel caso in cui la funzione f a secondo membro appartenga a certe classi particolari di funzioni.

Secondo membro polinomiale. Supponiamo, ad esempio, che f sia un polinomio; è possibile trovare una
soluzione dell’equazione non omogenea ancora sotto forma di polinomio, come mostrano gli esempi seguenti.

Esempio 6.7.1. Si vuole determinare una soluzione dell’equazione


y  − 3y  + y = x2 + 1.
Se y è una funzione polinomiale di grado n, allora y  sarà di grado n − 1 e y  di grado n−2. Dunque
per una tale funzione il primo membro dell’equazione considerata sarà un polinomio di grado n. Volendo
che esso coincida con x2 + 1, è necessario scegliere n = 2, dunque cercare una soluzione di tipo polinomiale
tra i polinomi di secondo grado. Sia quindi
y(x) = ax2 + bx + c
un generico polinomio di secondo grado; si ha y  = 2ax + b, y  = 2a, dunque sostituendo nell’equazione
differenziale si ottiene
2a − 3(2ax + b) + ax2 + bx + c = ax2 + (b − 6a)x + 2a − 3b + c = x2 + 1.
In base al principio di identità dei polinomi deve essere
a =1
−6a + b =0
2a − 3b + c = 1,
cioè a = 1, b = 6, c = 17. Una soluzione particolare dell’equazione considerata è dunque y(x) = x2 + 6x + 17.

Esempio 6.7.2. Si cerca una soluzione dell’equazione y  + y  = x − 2. Se y è un polinomio di grado n,


la funzione x → y  + y  è un polinomio di grado n − 1; dovendo coincidere con x − 2 si dovrà scegliere il
polinomio, come nell’esempio precedente, cioè y(x) = ax2 + bx + c.
Derivando e sostituendo nell’equazione differenziale si ottiene
6. Equazioni differenziali 17

2a + 2ax + b = x − 2.
Dunque dev’essere
2a = 1
2a + b = −2,
da cui a = 1/2, b = −3. Come si vede, c resta indeterminato, in conseguenza del fatto che l’equazione
considerata non contiene y ma soltanto y  e y  . Dunque ogni funzione del tipo y(x) = (1/2)x2 − 3x + c,
qualunque sia c, è soluzione dell’equazione precedente. ✏

Secondo membro esponenziale. Supponiamo ora che il termine noto f sia una funzione di esponenziale:
f (x) = cost · ekx .
In un primo tempo supponiamo che la costante k non sia radice dell’equazione caratteristica; in tal
caso esiste una soluzione dell’equazione non omogenea esattamente dello stesso tipo del termine noto, cioè
x → cekx , salvo determinare opportunamente la costante c.

Esempio 6.7.3. Si cerca una soluzione dell’equazione


y  − 3y  + 2y = e−x .
L’equazione caratteristica λ2 − 3λ + 2 = 0 ha le radici λ1 = 1, λ2 = 2 entrambe diverse da −1. Esiste allora
una soluzione del tipo x → ce−x . Essendo y  = −ce−x , y  = ce−x , sostituendo nell’equazione differenziale si
ottiene
e−x (c + 3c + 2c) = e−x
da cui, essendo e−x = 0, dev’essere 6c = 1 ⇐⇒ c = 1/6. In definitiva si ha la soluzione particolare
y(x) = (1/6)e−x . ✏
Supponiamo ora che k coincida con una delle radici dell’equazione caratteristica, ma sia diversa dall’altra
(si suppone dunque che l’equazione caratteristica abbia due radici distinte). Una soluzione y va ricercata
nella forma x → cxekx .

Esempio 6.7.4. Si vuole una soluzione dell’equazione


y  − 3y  + 2y = ex .
Le soluzioni dell’equazione caratteristica sono λ1 = 1, λ2 = 2 (v. esempio precedente), si ha che la costante
k = 1 coincide con una delle radici ma è diversa dall’altra. Cerchiamo dunque una soluzione della forma
y(x) = c x ex . Si ha
y  (x) = cex (1 + x), y  (x) = cex (2 + x).
Sostituendo nell’equazione differenziale si ottiene
cex [2 + x − 3(1 + x) + 2x] = ex ,
cioè cex (−1) = ex ⇐⇒ c = −1. In conclusione la soluzione cercata si scrive y(x) = −xex . ✏
Supponiamo infine che sia λ1 = λ2 = k. Adesso la soluzione va cercata sotto la forma y(x) = c x2 ekx .

Esempio 6.7.5. Si cerca una soluzione dell’equazione y  − 2y  + y = ex . In questo caso l’equazione


caratteristica è λ2 − 2λ + 1 = (λ − 1)2 = 0, cioè λ1 = λ2 = k = 1. Cerchiamo dunque una soluzione del tipo
y(x) = cx2 ex . Si ha
y  (x) = cex (2x + x2 ), y  (x) = cex (2 + 4x + x2 ).
Sostituendo nell’equazione differenziale si trova
cex [2 + 4x + x2 − 4x − 2x2 + x2 ] = ex ,
cioè 2cex = ex ⇐⇒ c = 1/2. Si ha dunque la soluzione particolare y(x) = (1/2)x2 ex . ✏
6. Equazioni differenziali 18

Per finire, osserviamo che se il termine noto f è somma di due (o più addendi), f = f1 + f2 , si può
cercare una soluzione dell’equazione L(y) = f1 +f2 nella forma y = y1 +y2 , dove y1 e y2 sono rispettivamente
soluzioni delle equazioni L(y) = f1 , L(y) = f2 .

 Per una discussione dell’equazione my  + cy  + ky = 0 (oscillazioni di una massa appesa ad una molla, con
ammortizzatore) si veda, ad esempio, Minnaja pag. 241 e seguenti.

Esercizi
1. Verificare che la formula Deλx = λ eλx è valida anche per λ complesso.
Suggerimento. Posto λ = α + iβ, derivare il prodotto eλx (cos βx + i sin βx).
2. Trovare una soluzione particolare di tipo polinomiale dell’equazione y  + y = x + 1.
3. Trovare una soluzione particolare di tipo esponenziale dell’equazione y  + y = e−x .
4. Trovare una soluzione particolare dell’equazione
y  + y = cos x − sin x
del tipo y(x) = Ax cos x + Bx sin x.
5. Risolvere l’equazione differenziale y  − 2y  + 2y = z − ex .

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