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Riassunto del manuale “Ebraismo”, a cura di Norman Solomon

Capitolo 1: “Chi sono gli ebrei?”


Per rispondere a questa domanda è importante collocarla nei vari periodi storici che si sono
susseguiti e nei contesti specifici in cui gli ebrei hanno vissuto.
- In passato: definire l’identità ebraica non era un problema. Tutti sapevano che gli ebrei
erano il popolo scelto da Dio per portare il suo messaggio al resto del mondo > propaganda
negativa cristiana, cominciata a partire dal XII secolo, che poneva le sue basi sulla
rinnegazione ebraica della figura di Gesù > L’emarginazione fu interiorizzata dagli ebrei
stessi ed interpretata come una riconduzione alle parole bibliche originarie.
- Conseguenze del passato: gli ebrei furono relegati a vivere nei ghetti e a vestirsi in modo
riconoscibile agli occhi altrui. Inoltre, cominciarono ad essere rappresentati nell’arte con
caratteristiche demoniache (es. la coda, le corna) > all’interno delle Leggi di Norimberga,
per portare avanti la campagna d’odio intrinseco nei confronti degli ebrei, i nazisti
dovettero scrivere che ogni persona con almeno il 12,5% di sangue ebreo (un solo nonno)
era da considerarsi “giudeo”. Si tratta di un evento molto significativo per capire quanto la
discriminazione avesse basi infondate, dato che nel pratico queste persone non avevano
alcuna caratteristica omologabile al demonio o a qualsiasi essere di natura negativa.
- Nel presente: l’identità ebraica si basa su tre componenti principali, ovvero
l’antisemitismo (da una parte motivo di riaffermazione, dall’altra di allontanamento dal
credo religioso), l’illuminismo (il primo momento di emancipazione) e la fondazione dello
Stato d’Israele (a seguito dello sterminio nazista) > Quando un ebreo contemporaneo parla
di sé stesso e della sua identità prende in considerazione almeno uno di questi tre fattori
per spiegare come si sente a riguardo del suo gruppo religioso, sociale o razziale.

Capitolo 2: “Ebraismo e cristianesimo, come si separano?”


A livello storico, le analisi riguardo all’inizio della religione ebraica e della religione cristiana
sono molto in contrasto con le credenze culturali e bibliche a riguardo.
- Storia tradizionale ebraica: la religione ebraica fu ricevuta da Mosè sul monte Sinai e da
allora in poi mantenuta dal popolo di Dio. Nel I secolo poi una figura di nome Gesù avrebbe
dichiarato di esserne il Messia, portando alla creazione di una sotto-religione dalle idee di
base profondamente sbagliate (il cristianesimo).
- Storia tradizionale cristiana: la religione primordiale fu ricevuta da Mosè sul monte Sinai
e da allora in poi mantenuta dal popolo di Dio. Nel I secolo apparse una figura di nome
Gesù, che la perfezionò ulteriormente in qualità di “incarnazione di Dio”.
Notiamo dunque come Gesù venga visto come un punto di stacco fondamentale tra i due
credo religiosi: per l’ebraismo, il cristianesimo è un “figlio” che ha preso la strada sbagliata,
mentre per il cristianesimo, l’ebraismo è una “madre” che nega qualcosa di fondamentale
pur di rimanere legata alla tradizione antica.
- Chiarimenti ulteriori: a livello storico, sarebbe stato il cristianesimo ad essere giunto
prima dell’ebraismo, nonostante dal punto di vista culturale si sia quasi totalmente
annebbiato questo aspetto. Dopo il 70, sia gli ebrei che i cristiani diedero inizio ad un
processo di autodefinizione > Cristiani: posero l’accento sul concetto di Trinità, includendo
Gesù con il Padre e lo Spirito Santo. Ebrei: i rabbini pensarono a dare una descrizione
precisa del “credo corretto”, analizzando la Torah e puntando sul fatto che il Regno
d’Israele, nelle sacre scritture, fosse stato scelto da Dio stesso.

Capitolo 3: “Come si sviluppò l’ebraismo?”


In questo capitolo vengono presentati dei personaggi ebrei vissuti in periodi e contesti
differenti, grazie ai quali si può portare avanti un’analisi per cercare di dare una risposta alla
domanda che caratterizza il capitolo: come si sviluppò l’ebraismo?
- Jeudah ha-Nasi (studioso, capo politico e uomo di fede). Fu uno dei principali esponenti
dell’ebraismo rabbinico ai tempi della sua formazione, tanto da essere definito “principe” o
“patriarca”. I valori a cui è comunemente associato sono il fervore, l’umiltà ed il timore del
peccato.
- Stamaim (i dimenticati). Questo termine non indica un nome proprio: parliamo infatti
degli “anonimi”, un gruppo di studiosi vissuti a Babilonia intorno al VI secolo e che curarono
la redazione del Talmud, il libro più studiato dagli ebrei dopo la Bibbia.
- Kahina Dahiya (guerriera). Durante il periodo di espansione dell’Islam molte popolazioni
si arresero ad esso, mentre altre gli opposero resistenza. È il caso della tribù africana
Jerawa, di credenza ebraica, che sotto il comando della guerriera Kahina combatté per i
suoi diritti.
- Saadiah Gaon (filosofo). Fu uno studioso di considerevole importanza, che nonostante le
insurrezioni e le persecuzioni nei confronti dell’ebraismo continuò a scrivere opere a
riguardo e a parlarne.
- Rashi (commentatore). È stato il commentatore per eccellenza del Talmud, data la sua
straordinaria capacità di prevedere le domande che gli sarebbero state fatte a riguardo e di
dare risposte esaustive.
- Abraham Ibn Ezra (poeta). È stato uno studioso, un critico, un grammatico, un fisico e un
filosofo, oltre che un commentatore biblico. Viene ricordato come una delle figure
rappresentanti dell’ebraismo proprio grazie alla sua poliedricità.
- Abraham Abulafia (mistico estatico). È stato uno dei più famosi visionari ebraici
medievali: nel XII secolo tentò di convertire addirittura il Papa, venendo condannato a
morte per questo e poi salvandosi grazie alla morte improvvisa del santo padre. Negli anni
a venire, molti gli chiedevano consigli di vita per il fatto che aveva visioni mistiche.
- Gracia Nasi (benefattrice). Fu una delle finanziere ebree più ricche del periodo
rinascimentale, e sfruttò la sua posizione agiata per l’ebraismo. A lei si deve la traduzione
dell’antico testamento in lingua spagnola.
- Baal Shem Tov (chassidismo). È stato un rabbino e mistico polacco, considerato il
fondatore del moderno chassidismo. Infatti, anche il suo nome significa “maestro nel nome
di Dio”.
- Moses Mendelssohn (illuminismo). A lui viene ricondotta la cosiddetta “Haskalah”, l’età
dei lumi ebraica. È stato un filosofo di grande spessore, che puntò alla reintegrazione degli
ebrei in società, sfruttando il periodo di emancipazione e di maggiore accettazione verso il
prossimo.
In conclusione, come si può rispondere alla domanda iniziale? Durante il corso della storia
moltissime persone, appartenenti a contesti sociali e culturali molto diversi, si sono sentite
rappresentate dall’ebraismo. Esso non si è sviluppato in modo lineare, ma possono essere
considerate lineari le basi di partenza, che si rifanno alle sacre scritture iniziali e ai loro
insegnamenti, poi applicati nella vita mondana in misure che ognuno ritiene adatto per sé
stesso.

Capitolo 4: “Il calendario e le festività”


- Giorni, mesi e anni: il calendario ebraico è strettamente legato alla Natura. Per quanto
riguarda i giorni, essi iniziavano o all’alba (nelle procedure del tempio) o al tramonto, con il
sabato che faceva eccezione perché aveva inizio già durante la sera del venerdì. Per quanto
riguarda i mesi, essi erano collegati alla luna e al tempo che impiegava per crescere e
calare, con il risultato di periodi mensili che variavano tra i 29 e i 30 giorni. Per quanto
riguarda gli anni, il calendario ebraico mette insieme alcune nozioni di quello cristiano e
altre di quello musulmano: essi variavano tra i 12 e i 13 mesi. Infatti, per ogni diciannove
annate da dodici mesi, se ne susseguivano sette da tredici.
- Le feste di pellegrinaggio: di origini molto antiche, un tempo rappresentavano il cammino
dei fedeli che si recavano al Tempio di Gerusalemme. Il momento centrale delle giornate di
festa dedicate al pellegrinaggio era lo “Haggadah”, letteralmente “raccontare la storia”, in
cui ci si riuniva in preghiera. Era importante festeggiare sia nell’ambiente di casa, sia in
sinagoga.
- I giorni terribili: tutte le festività ebraiche sono considerate occasioni di gioia, nonostante
ce ne siano alcune molto serie. Tra queste, spiccano i cosiddetti “Yamim Noraim”, quaranta
giorni di digiuno e penitenza che cominciano un mese prima del Capodanno Ebraico. Nella
loro durata, i fedeli si collegano al Dio, pregando e pentendosi dei propri peccati tramite
digiuni, fioretti e buone azioni.
- I giorni di digiuno: durante l’anno ci sono cinque giorni di digiuno oltre a quelli effettuati
durante gli Yamim Noraim. Il più importante è il “Tisha b’Av”, che commemora la
distruzione dei templi e altre tragedie della tradizione ebraica.

Capitolo 5: “La vita spirituale. Preghiere, meditazione, Torah”


- Preghiera: è una preoccupazione vitale dell’ebraismo, una delle principali forme in cui
viene espresso il concetto di spiritualità, molto difficile da esprimere a parole perché
rappresenta la profondità d’animo e la connessione che i fedeli sentono nei confronti del
Dio. Altrettanto importante è l’apprendimento della preghiera: essa, infatti, non è
un’attività umana innata, ma dev’essere svolta in modo corretto e penitente per poter
“ritornare a Dio, che è la nostra dimora”. Un concetto di cui parlavano i rabbini del Talmud
è quello di “Kavvana”, traducibile come interiorità: pone l’accento sul fatto che una
preghiera, per essere considerata tale, deve provenire direttamente dall’animo di una
persona > Altri approfondimenti: postura, poeti e cantori nelle sinagoghe.
- Liturgia: è la sistematizzazione e definizione dell’ordine delle preghiere giornaliere,
mensili e annuali. Furono i rabbini vissuti intorno all’anno 100 a coniare una prima liturgia
ebraica.
- Meditazione e contemplazione: momenti di pace e serenità in cui l’individuo si connette
con il Dio tramite la preghiera, meditando assieme a lui e contemplando i suoi
insegnamenti.
- Apprendimento: si collega direttamente allo studio della Torah, che per l’ebraismo è la
forma di spiritualità più caratteristica. Entrare in prima persona a contatto con le sacre
scritture è un diritto e un dovere dei fedeli, che diventano più consci di ciò a cui credono e
del culto religioso che praticano.

Capitolo 6: “Organizzare una casa ebraica”


- Tzedakah: questo termine non ha una traduzione italiana precisa. Si accavalla tra la
giustizia, la rettitudine e la carità, ed è un concetto fondamentale per quanto riguarda le
case ebraiche. Esso deve stare alla base di ogni ambiente familiare, non soltanto
nell’ambito della parentela, ma anche e soprattutto nell’ambito della comunità.
- Mezuzah: è un oggetto rituale ebraico che consiste in una pergamena su cui sono stilati
alcuni dei passi principali della Torah. Si trova esposto in ogni casa ebraica.
- Cibo Kasher: si tratta di alimenti conformi alle norme dietetiche ebraiche del Kashrut, un
insieme di “regole” che stabiliscono la possibilità di un cibo di essere consumato o meno.
- Altre cose da sapere riguardo alle case ebraiche: è gradita la presenza in gran numero di
libri istituzionali, ci sono delle regole precise legate ai rapporti sentimentali e sessuali che
vietano la consumazione di qualsiasi tipo di esperienza prima del matrimonio e al di fuori
della relazione, si rispetta il “ciclo della vita” (nascita, crescita, matrimonio, paternità e
maternità, maturità, vecchiaia, morte).

Capitolo 7: “Fuori dal ghetto, dentro il vortice”


Come abbiamo già letto nei capitoli precedenti, gli ebrei furono relegati a vivere all’interno
dei ghetti, senza la possibilità di interagire con il resto della società. Questo stile di vita
alienato si è protratto fino all’era dell’emancipazione, che ebbe il suo culmine durante il
dominio di Napoleone Bonaparte, ma vede le sue radici nel periodo dell’Illuminismo, dove
nuove idee di tolleranza e uguaglianza cominciarono a circolare per la prima volta su tutto il
suolo europeo. Ma cosa significava per gli ebrei vivere fuori dal ghetto?
- All’interno: abitudini precise, legate al calendario ebraico e alle regole alimentari, sociali e
religiose dell’ebraismo. Le interazioni erano limitate ai soli altri ebrei del ghetto, e solo per
occasioni eccezionali o per trattative lavorative qualcuno usciva da esso, pur sempre
rimanendo ad una distanza di pochissimi chilometri. Inoltre, si era sviluppato anche un
sistema di scambio tra i vari ghetti, che ovviamente interagivano tra di sé.
- All’esterno: gli ebrei dovettero abituarsi ad avere contatti con persone che, fino a poco
tempo prima, li avevano considerati così diversi da sé da ritenere giusto relegarli ad una
condizione sociale isolata. L’integrazione non fu semplice, anche perché l’ebraismo
prevedeva una serie di regole liturgiche da rispettare nonostante il mondo esterno non le
contemplasse. A livello storico, parliamo di “ebraismo riformato” per riferirci ai
cambiamenti che gli intellettuali tedeschi apportarono al culto durante il corso del XIX
secolo, con il fine di renderlo più incline al moderno. Per coloro che invece prediligevano
rimanere su una linea classica, si adottò in contrapposizione “ebraismo ortodosso”. In
parallelo si sviluppa anche il cosiddetto “ebraismo conservativo”, che rispetto a quello
ortodosso aveva una maggiore predisposizione ad ascoltare le nuove esigenze venutesi a
creare dopo i cambiamenti sociali, culturali ed economici del periodo. In tempi molto più
recenti, precisamente nel 1968, ha cominciato ad acquisire grande importanza un
“ebraismo ricostruzionista”, il quale punta ad una rivalutazione del concetto intrinseco di
ebraismo e di molti dei suoi punti fondamentali, tra cui Dio stesso, la Torah, Israele e
l’istituzione della Sinagoga.

Capitolo 8: “L’ebraismo nel XX secolo”


Nessuna religione è uscita indenne dal XX secolo. Le nuove scoperte scientifiche, la critica
storica e l’evoluzione della società hanno portato ad un approccio molto più pragmatico e
distaccato nei confronti dei culti religiosi. I valori delle persone sono cambiati: domande
come “chi è il vero Dio?” o “quali sono le sacre scritture originali?”, ritenute fondamentali
durante il corso della storia, assumono ora un ruolo molto più astratto rispetto ad
argomenti come i diritti umani, l’uguaglianza dei popoli ed il rispetto verso il prossimo in
quanto tale.
- Questioni del passato: supremazia di una religione sulle altre, persecuzioni nei confronti
dei culti ritenuti inferiori, divinità e preghiere come base delle proprie giornate.
- Questioni del presente: rimettono l’uomo al centro della propria storia, si distaccano dalla
sfera religiosa e puntano ad analizzare fatti concreti.
- Conseguenze del cambiamento: gradualmente il concetto di “fede” si sta sgretolando (es.
durante le lezioni abbiamo parlato del fatto che l’ora di religione nelle scuole sia
ampiamente dibattuta, soprattutto perché viene prediletto il cattolicesimo su qualsiasi altra
cosa. Ormai i docenti di religione non sono più persone appartenenti ad un culto, ma
studiosi di teologia che spiegano in modo pragmatico e distaccato). Oltre a ciò, dopo gli
avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale si sono sviluppate attorno all’ebraismo una
serie di idee, sia negative che positive > Sionismo (idea di ritorno del popolo israelita nella
terra d’Israele: guerra tra Palestina e Israele). Teologia dell’Olocausto (integrità morale
ebraica, che soprattutto durante i periodi di prigionia permise alle persone ebree di non
collaborare con il nemico e di rimanere sulle basi della propria fede fino alla morte).
Femminismo (legato soprattutto all’ebraismo ricostruzionista, che puntò alla riformulazione
del culto in modo da considerare donne e uomini perfettamente uguali, sia nell’ambito
religioso che in quello esterno).
Capitolo 9: “Legge eterna, tempi che cambiano”
Una delle figure storiche più importanti dell’ebraismo è il poskim, ovvero “il rabbino che
decide la legge”. Dato che la Torah è definita come una “legge eterna” le sue parole
dovrebbero poter essere consultate in qualsiasi momento storico, rimanendo valide senza
la necessità di essere modificate in alcun modo. In tempi moderni, a seguito dell’evoluzione
sociale che ha caratterizzato XX e XXI secolo, non è più così.
- Argomenti più dibattuti: la questione dell’aborto, il concetto di eutanasia, l’inseminazione
artificiale, la maternità surrogata > Sbagliate per la Torah, oggi ovviamente rivalutate.
Informazioni generali su cose dette in classe / prese dai fogli del professore
Giuseppe Levi
Nato come Giuseppe Raffaele Levi nel 1874 a Vercelli, è stato una delle figure più
poliedriche e rilevanti per la comunità ebraica italiana di fine Ottocento e inizio Novecento.
- “L’educatore israelita”: è stato il primo giornale ebraico ad essere pubblicato in Italia, con
periodicità mensile, dal 1853 al 1874. Fondato e pubblicato da Giuseppe Levi ed Esdra
Pontremoli, è stato fondamentale per aver portato a delle riforme nello stile di vita degli
ebrei italiani, favorite dalla cooperazione di molte comunità.
- Un suo allievo molto rilevante fu Salvatore De Benedetti, che ebbe la prima cattedra di
lingua e letteratura ebraica in Italia.

Giuseppe Gioachino Belli


Nato a Roma nel 1791, è stato un poeta e scrittore dialettale romanesco, una delle
personalità più rilevanti del ghetto di Roma. Ebbe una vita molto travagliata: perse il padre,
la madre si risposò, fu costretto a tornare a Civitavecchia dopo un periodo a Napoli a causa
di gravi problemi economici, il suo primo figlio morì appena diciottenne.
- Inventore del termine “barucaba”, che letteralmente significa “ebreo del ghetto”, parola
che con il passare degli anni comincia a diventare sempre più ricorrente.
- Opera analizzata in classe: “Le scuse del ghetto”, una poesia che vede un dialogo tra due
cristiani. Il climax si raggiunge con un’affermazione da parte di uno di loro, che dice “Tanto
Gesù era predestinato a morire, qualcuno doveva pur ucciderlo” > L’enfasi è sulla parola
qualcuno, che si riferisce agli ebrei. È un dialogo di tipo satirico, che sottolinea sia lo
scontro tra cristiani ed ebrei, sia la natura “speciale” di questi ultimi, che sono il popolo
prescelto.
- Altri argomenti religiosi di cui scrive: il diluvio universale, l’eccidio di Gerusalemme, la
sconfitta dei Madianiti, salmi tradotti in versi sciolti.

Panoramica sull’ebraismo in Italia nel periodo in cui vissero le personalità elencate


- Nel 1637 il Rabbino di Venezia Leone da Modena vede pubblicata a Parigi la "Historia de
riti Hebraici", la prima opera intesa a spiegare l'ebraismo ai non ebrei e a combattere
i pregiudizi antisemiti del tempo. Destinata a un pubblico protestante anglosassone, l'opera
precorre il dibattito sulla riammissione degli ebrei in Inghilterra al tempo
di Cromwell (essendone stati espulsi nel 1290). Nel 1638 un altro Rabbino di
Venezia, Simeone Luzzatto, pubblica il "Discorso circa lo stato de gl'Hebrei", sulla tolleranza
religiosa e i vantaggi reciproci dell'integrazione degli ebrei a Venezia.
- Le porte del ghetto furono abbattute nel 1797 con la conquista di Venezia da parte
di Napoleone, che impose l'emancipazione. Durante la Seconda Aliyah (emigrazione,
avvenuta tra il 1904 e il 1914) molti ebrei italiani si trasferirono in Israele.
Estratti che abbiamo letto in classe: da “Autobiografia di un padre di famiglia”, di Giuseppe
Levi: “La famiglia, scuola di religione”, “L’operaio” e “L’uomo compiuto”. Autobiografismo
non lineare, ma di tipo tematico (si parla di sé stessi, ma prendendo in considerazione
argomenti molto più ampi).
Una scuola per traduttori: il Collegio Foa di Vercelli

Riassunto generale: l’articolo ripercorre la storia del Collegio Foa di Vercelli e della libreria
di Giuseppe Levi, collaboratore di Mazzini. Si prende in esame il lavoro di traduzione
portato a compimento da alcuni dei maggiori alunni di quell’Istituto: Salvatore De
Benedetti, Davide Levi, Felice Tedeschi e Donato Ottolenghi.

Nella storia dell’ebraismo italiano la vicenda di una piccola comunità dell’Ottocento,


Vercelli, è rimasta nell’ombra, e insieme a lei la sua scuola, il Collegio Foa. Si può dire che la
storia della traduzione dall’ebraico all’italiano (e viceversa) sia figlia di un’omonimia.
- Giuseppe Levi: insegnante.
- Giuseppe Levi (omonimo, non la stessa persona): libraio.
Teniamo presente che la scuola e la libreria sono considerati i due luoghi canonici del
Risorgimento ebraico, e non è un caso che un ambiente intellettuale come il Collegio Foa si
sia sviluppato proprio grazie ad essi.
- Nascita del Collegio Foa: correva l’anno 1871. Fu fondato dal filantropo Elia Levi, un
facoltoso banchiere che aveva assegnato a tutte le persone povere della comunità ebraica
una pensione annuale, che potesse garantire loro adeguati studi.
- Luogo di raduno degli studenti del Collegio Foa: la libreria di Via San Michele, a Vercelli.
- Fase iniziale: il lavoro dei docenti e degli studenti si concentrava in particolar modo
sull’analisi del rapporto tra la religione ebraica e l’identità nazionale, temi molto cari agli
ambienti intellettuali italiani soprattutto dopo l’emancipazione.
- Fase intermedia: ben presto, il Collegio Foa divenne una “scuola d’eccellenza”, soprattutto
grazie al fatto che venne affiancata una cattedra di lettere italiane agli studi tradizionali
ebraici. Questa era suddivisa in tre parti: grammatica, retorica e umanità, e costituì una
grande novità rispetto al passato, perché per la prima volta l’ebraismo si trovò a stretto
contatto con un’altra disciplina.
- Gli studi: la poesia diventa uno dei maggiori veicoli di apertura nei confronti del mondo
circostante. In particolare, teniamo presenti le opere di Dante e l’ode scritta da Manzoni
per Napoleone Bonaparte, “Cinque maggio”. Uno dei traduttori più abili del Collegio era
sicuramente Marco Tedeschi.
- Problemi della traduzione: nell’Ottocento ebraico italiano essa non riguardava soltanto la
conoscenza approfondita della metrica, sia ebraica che italiana, ma doveva tener presente
anche le composite varietà dialettali del tempo. Altro traduttore, noto soprattutto per aver
analizzato proprio le differenze dialettali, è Salvatore De Benedetti.
- Fine ultimo del Collegio: dopo vari studi portati avanti sulle figure principali uscite dal
Collegio e sul loro metodo di operazione, possiamo concludere che esso abbia formato i
suoi alunni sul principio di mediazione delle culture, che ieri come oggi ricopre un ruolo
fondamentale nell’ambito della traduzione e dello studio comparatistico di culture diverse.

A livello storico, alla comunità ebraica di Vercelli viene data meno importanza di quanta
effettivamente ne abbia. Gli studi contemporanei hanno confermato che alcune delle
introduzioni fondamentali per l’emancipazione ebraica si trovavano già in vigore in questa
comunità ben prima che si espandessero al resto d’Italia:
- Ricetta dei salami d’oca e il loro commercio.
- Il Collegio Foa visto come luogo d’incontro per persone giovani, soprattutto ventenni, che
avevano messo in atto un processo di emancipazione politica, a partire dal 1848 in poi.
- Si parla di un altro personaggio, Abram Lazzaro Levi: il suo lavoro faceva da copertura ai
cospiratori mazziniani e alle corrispondenze con i loro affiliati. Fu costretto a fuggire, vestito
da prete, in Svizzera, come i suoi pronipoti durante gli avvenimenti della Seconda Guerra
Mondiale. La sua storia la conosciamo proprio grazie alle ricerche di Salvatore Foa e degli
studenti del Collegio.

Il clima fervido di studi di Vercelli ha portato, nell’ambito intellettuale del Collegio, alla
formazione di moltissime personalità che sono risultate fondamentali per il Risorgimento
ebraico. In questo luogo si pongono anche le basi per la nascita della stampa periodica
ebraica.
- Paolo De Benedetti: in un suo saggio fa luce sul microcosmo provinciale dei suoi avi, ma si
sofferma anche sul lavoro di traduttori degli ex studenti del Collegio Foa. Inoltre, parla della
natura complessiva dell’ebraismo italiano dell’Ottocento, e prende in esame il paradigma di
un’epoca: un paese, l’Italia, con una grande cultura ebraica che non viene esplorata. Nelle
sue parole troviamo racchiuso il pensiero secondo cui Vercelli è uno dei centri principali
dell’ebraismo italiano, anche se spesso viene messo in un piano inferiore rispetto ad altri
centri ben più grandi.
- Dovremo aspettare la seconda metà del Novecento per vedere di nuovo degli studi
specialistici sull’ebraismo, a seguito della fine delle persecuzioni.

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