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1. Lasciarlo sotto forma di liquidazione in Azienda (o presso il Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS per i dipendenti di
aziende con almeno 50 dipendenti);
Il TFR corrisponde a circa una mensilità dello stipendio ed è pari al 6,91% della retribuzione lorda annua. Ad esempio,
su una retribuzione annua lorda di € 25.000, la quota annua del TFR è di ca. € 1.750.
TFR in Azienda: non viene tassato subito, ma quando il lavoratore lo riceverà come liquidazione al termine
del rapporto di lavoro. Sarà sottoposto a tassazione separata ad aliquota media degli ultimi 5 anni:
la tassazione minima sarà del 23%.
TFR nel Fondo Pensione: non viene tassato subito, ma quando il lavoratore lo riceverà come prestazione
(rendita pensionistica o, nei limiti previsti, capitale). La tassazione varia da un massimo del 15% a un
minimo del 9% (in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa).
in Azienda: al termine del rapporto di lavoro o come anticipazione nei casi previsti.
nel Fondo Pensione: al pensionamento o nei casi previsti dalla normativa (leggi l'articolo sulle
anticipazioni e i riscatti – pagina sotto)
Azienda è pari al tasso costituito dall' 1,5% fisso + il 75% dell'inflazione annua.
Fondo Pensione Per chi ha aderito ai fondi pensione, invece, si rivaluta in base ai risultati della gestione
finanziaria in cui si è scelto di investire i propri versamenti.
Se si sceglie di aderire ad un fondo pensione negoziale, cioè ad un fondo legato ad uno specifico settore
lavorativo (esempio: commercio, chimico-farmaceutico, metalmeccanico), il versamento del TFR è
obbligatorio. In alcuni casi, se previsto dalle fonti istitutive del fondo, è possibile versare anche solo una
parte del TFR e non necessariamente il 100%. Per quanto riguarda i fondi pensione negoziali o fondi aperti
individuati da appositi regolamenti aziendali, il lavoratore iscritto, oltre al TFR, può depositare nel fondo
anche un proprio contributo mensile, che verrà trattenuto direttamente dalla busta paga. Con il
versamento di questa quota periodica acquisisce anche il diritto di ricevere un ulteriore contributo da
parte del datore di lavoro. Le cifre dei versamenti del lavoratore e del datore di lavoro sono fissate nel
CCNL di riferimento o nel regolamento aziendale e sono indicate nella Nota Informativa (il documento
informativo del fondo).
LE ANTICIPAZIONI E I RISCATTI
In casi particolari è prevista la possibilità di richiedere prima del pensionamento una parte del patrimonio accumulato in
una forma pensionistica.
ANTICIPAZIONI
È possibile, ad esempio, richiedere un "anticipo" sulle somme maturate. L'anticipazione, a differenza dei riscatti, dà la
possibilità di reinvestire successivamente il capitale percepito e può essere richiesta per:
Spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni riguardanti sé, il coniuge o i figli, per terapie e
interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. In qualsiasi momento è possibile
richiedere fino al 75% del capitale maturato.
Acquisto o ristrutturazione prima casa propria o dei figli. Dopo 8 anni di iscrizione ad una forma
pensionistica è possibile richiedere fino al 75% del capitale maturato.
Ulteriori esigenze, senza necessità di giustificarle. Dopo 8 anni di iscrizione ad una forma pensionistica
è possibile richiedere fino al 30% del capitale maturato.
È possibile chiedere anche più di una anticipazione, ma la somma totale degli importi anticipati non può comunque
superare il 75% della posizione complessiva dell'iscritto, incrementata di tutte le anticipazioni percepite e non reintegrate.
RISCATTI
Oltre alle Anticipazioni per i motivi indicati, è possibile richiedere un "riscatto" della posizione previdenziale. Il riscatto
consiste nella richiesta di rimborso, totale o parziale, del capitale maturato fino a quel momento e può essere
richiesto:
Nei casi di inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, o in
caso di mobilità o cassa integrazione, è possibile chiedere il riscatto del 50% del montante maturato. Per
inoccupazione superiore a 48 mesi è possibile chiedere il riscatto totale.
In caso di invalidità permanente che riduce la capacità lavorativa a meno di un terzo è possibile chiedere
il riscatto totale.
In caso di morte del lavoratore prima che abbia maturato il diritto alla pensione, gli Eredi o i Beneficiari
possono chiedere il riscatto totale.
Nei casi previsti dallo statuto e dal regolamento della forma pensionistica, quando il Lavoratore perde i
requisiti previsti per partecipare, è possibile chiedere il riscatto totale.
Per saperne di più sulle regole attualmente in vigore attualmente per i "Nuovi Iscritti":
AGGEVOLAZIONI FISCALI
LE AGEVOLAZIONI FISCALI SUI CONTRIBUTI VERSATI
Quando si sottoscrive una forma pensionistica, il primo aspetto da definire è la “contribuzione” cioè quanto
e come versare. A seconda del tipo di forma pensionistica e della situazione lavorativa, la contribuzione può
avvenire con contributi propri, contributi versati dal datore di lavoro, premi di risultato e con il versamento
del TFR.
I contributi versati alle forme pensionistiche sono deducibili dal reddito dichiarato: in sostanza i contributi
riducono il reddito imponibile e quindi danno origine ad un risparmio sotto forma di minori imposte IRPEF.
I versamenti sono deducibili per un importo massimo annuo di 5.164,57 euro (si tiene conto dei tuoi
versamenti più quelli del datore di lavoro, non del Tfr). L’entità del risparmio è variabile, dipende
dall’aliquota marginale che il singolo investitore paga sui propri redditi.
Si possono dedurre, dal reddito complessivo, i contributi versati direttamente; i lavoratori dipendenti
privati possono dedurre anche i contributi eventualmente versati dal datore di lavoro:
Quanto vale la deducibilità dal reddito? L’entità del vantaggio fiscale dipende dall’aliquota IRPEF massima
che il lavoratore paga sui redditi complessivi dell’anno. L’effetto del risparmio è ancora più evidente quando
la deduzione dei contributi pensionistici permette di portare il proprio reddito ad essere tassato con
l’aliquota dello scaglione di imposta inferiore:
Il nuovo sistema fiscale rende quindi indefinita e variabile nel tempo l’aliquota applicata. Può infatti variare
da un minimo del 12,5%, se il nostro fondo investe esclusivamente in Titoli di Stato, al massimo del 20% se,
per esempio, investe solamente in titoli azionari o obbligazioni diversi dai Titoli di Stato.
MINUSVALENZE
Se in un anno si ottengono rendimenti negativi, nasce una “minusvalenza” che non viene persa ma viene
sottratta dai rendimenti positivi che si otterranno negli anni successivi, riducendo così l’imposta futura che
verrà pagata.
Tassazione separata sulla rivalutazione si applica un'aliquota fissa del 17% per le rivalutazioni decorrenti
dal 1° gennaio 2015.
In questo caso la rivalutazione incrementa sempre il fondo TFR ma, essendo tassata separatamente, non
confluisce nella base imponibile.
Tra i “mattoncini” che compongono la rendita, ce ne sono alcuni che sono esenti da imposte: sono quelli
che derivano dai rendimenti della gestione e dai contributi non dedotti dei periodi 2001-2006 e dal 2007 in
poi.
Mattoncino “D”, rendita che deriva da contributi dedotti e TFR versato dopo l’1 gennaio 2007: viene
applicata una imposta sostitutiva del 15%. Questa aliquota si riduce dello 0,3 per ogni anno di
partecipazione a forme pensionistiche successivo al 15°, con uno sconto massimo del 6%. In sostanza chi
partecipa a una forma pensionistica per 35 anni, paga su questo importo un’aliquota del 9%.
LATASSAZIONE DELLA RENDITA NEGLI ANNI
Il patrimonio maturato al momento del pensionamento continua ad essere gestito anche mentre si
percepisce la rendita. Questa attività di gestione genera dei rendimenti che fanno crescere nel tempo la
rendita percepita.
I nuovi rendimenti maturati sulla rendita vengono anch’essi tassati in base alla quota di rendita da cui
derivano
Se invece viene incassato come TFR al termine dell’attività lavorativa, è soggetto a una tassazione separata
minima del 23%. Un altro aspetto particolare. Il TFR viene versato nella forma pensionistica “al lordo” cioè
non vengono applicate imposte prima del versamento: in questo modo anche la parte di TFR che si sarebbe
dovuto pagare come imposte viene in realtà investita e quindi produce rendimenti.
Esiste poi un caso particolare in cui è possibile chiedere, al momento del pensionamento, tutto il maturato
in forma di capitale: quando, convertendo il 70% del capitale maturato in rendita, si ottiene un valore che è
inferiore alla metà dell’assegno sociale.
Le somme percepite sotto forma di capitale vengono tassate con un metodo simile a quello applicato alle
rendite: il capitale viene ripartito in quote e tassato in base alle regole in vigore nel periodo in cui è
maturato.
LE ANTICIPAZIONI E I RISCATTI
Il lavoratore ha la possibilità di richiedere prima del pensionamento, a certe condizioni, una parte del
patrimonio che ha accumulato nella forma pensionistica.
ANTICIPAZIONI
Per far fronte agli eventi straordinari che possono accadere nella vita, è prevista la possibilità di chiedere un
“anticipo” sulle somme maturate. L’anticipazione, a differenza dei riscatti, dà la possibilità di reinvestire
successivamente il capitale percepito. Sono previsti tre casi:
1. Spese sanitarie. In qualsiasi momento si può richiedere fino al 75% del capitale maturato, per far fronte a
spese sanitarie straordinarie che riguardano il lavoratore, il coniuge o i figli.
2. Acquisto o ristrutturazione prima casa propria o dei figli. Dopo 8 anni di iscrizione a qualsiasi forma
pensionistica si può chiedere fino al 75% del maturato.
3. Ulteriori esigenze del lavoratore, senza necessità di giustificarle. Dopo 8 anni di iscrizione a qualsiasi
forma pensionistica si può chiedere fino a un massimo del 30% del maturato.
Gli importi che vengono “anticipati” sono soggetti alle imposte riportate di seguito
Se un lavoratore richiede una anticipazione su capitale maturato dal 2007 in poi, può scegliere di
reintegrare successivamente l’anticipazione ottenuta con contribuzioni anche eccedenti il limite deducibile
di € 5.164,57 per anno.
Per reintegrare la posizione occorre versare un importo e dichiarare alla forma pensionistica che il
versamento effettuato è un reintegro dell’anticipazione ottenuta.
Sull'importo reintegrato, per la parte che eccede il plafond di deducibilità di € 5.164,57, la forma
pensionistica riconoscerà un credito di imposta. Il credito di imposta sarà pari all’imposta che ha pagato
quando ha ricevuto l’anticipazione, proporzionale all’importo reintegrato.
RISCATTI
Sono previsti alcuni casi in cui è possibile chiedere il “riscatto” della posizione previdenziale. Il riscatto
prevede il rimborso del capitale maturato fino a quel momento e non dà la possibilità di reintegrare la
propria posizione previdenziale, cosa invece possibile con le anticipazioni. Il riscatto può essere richiesto:
1. In caso di inoccupazione, procedure di mobilità e cassa integrazione superiore a 12 mesi. Dopo 12 mesi
si può richiedere il riscatto parziale pari al 50% del capitale maturato; se sono passati 48 mesi è possibile
richiedere il riscatto totale.
2. In caso di perdita del lavoro, per dimissioni o licenziamento, per gli iscritti a forme individuali. Se
rimane disoccupato può chiedere il riscatto anche subito, senza aspettare. La differenza rispetto al punto
precedente sta nel diverso trattamento fiscale del capitale maturato dal 2001 in poi, in questo caso meno
favorevole.
3. In caso di perdita dei requisiti, per gli iscritti a forme collettive. Quando il lavoratore perde i requisiti di
partecipazione previsti dall'accordo collettivo, ad esempio perché perde il lavoro o cambia settore
lavorativo e non può continuare a versare nel fondo pensione di categoria, può chiedere il riscatto totale.
4. In caso di invalidità permanente che riduca la capacità lavorativa a meno di un terzo: è possibile
chiedere il riscatto totale.
5. In caso di morte del lavoratore prima che abbia maturato il diritto alla pensione: in questo caso gli
Eredi o i Beneficiari possono chiedere il riscatto totale. In tutti questi casi, tranne quelli indicati al punto 1, il
riscatto può essere totale; se la forma pensionistica lo prevede, può anche essere un riscatto parziale.
LA "RITA"
Il lavoratore che ne ha i requisiti può chiedere di ricevere in anticipo il capitale maturato, tutto o anche solo
in parte: il capitale viene rimborsato in rate a partire dall’accettazione della richiesta e fino al
raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia.
Se l’aderente ha cessato l’attività lavorativa da almeno 2 anni (e in questo caso non deve necessariamente
aver maturato 20 anni di contributi) può richiedere la RITA anche se mancano 10 anni all’età per la
pensione di vecchiaia.
In ogni caso il capitale richiesto viene ripartito in rate che vengono rimborsate dal momento
dell’accettazione della richiesta e fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia.
IL TRATTAMENTO FISCALE
La RITA è soggetta a un'imposta sostitutiva che viene applicata solo su una parte del capitale richiesto: è
quella parte di capitale che risulta imponibile in base alle regole in vigore nel periodo in cui è stato
accumulato. Il capitale imponibile è determinato da:
- Capitale maturato dal 2001 in poi. Per il capitale richiesto con la RITA non c'è differenza tra il
capitale maturato dal 2001 al 2006 e quello maturato dal 2007 in poi: in entrami i casi è imponibile
il capitale da cui vengono sottratti i rendimenti maturati e i contributi non dedotti.
Sul capitale imponibile così calcolato viene applicata l'imposta sostitutiva pari al 15%. L'aliquota in realtà
può anche essere più bassa, con un minimo del 9%: infatti si riduce dello 0,3 per ogni anno di iscrizione alla
previdenza complementare successivo al 15° anno. Per fare questo calcolo occorre considerare solo gli anni
di iscrizione dal 1992 ad oggi. La RITA ha quindi un trattamento fiscale particolarmente favorevole
soprattutto per chi alimenta la propria previdenza complementare da molti anni. Infatti, in base alle regole
ordinarie, la quota di rata che deriva da capitale imponibile maturato prima del 2007 dovrebbe essere
tassata con un’aliquota media certamente superiore (dal 23% in su) rispetto al 15% massimo previsto dalla
RITA.
Su questo aspetto vi sono opinioni discordanti per cui, senza avere la pretesa di esaurire l'argomento in
queste poche righe, riteniamo utile evidenziare alcuni aspetti che possono costituire qualche spunto di
riflessione.
Innanzitutto è indubbio che, in virtù delle attuali modalità di calcolo del coefficiente di rivalutazione del TFR
sopra descritte, tale coefficiente risulta sempre più alto rispetto al tasso di inflazione perché, anche in caso
di rivalutazione nulla o minima, il fondo del lavoratore viene incrementato ogni anno di almeno l’1,5%.
Questa semplice considerazione, unita al fatto di usufruire dal 2001 di una tassazione della rivalutazione più
conveniente, sono alcune delle argomentazioni sostenute da coloro che ritengono preferibile far maturare
il TFR in azienda anziché trasferirne una parte al fondo pensione.
Tra i vari argomenti a sostegno di tale tesi troviamo anche il fatto che un fondo pensione, oltre ad avere
dei costi di gestione annuali che gravano sulle quote del fondo, è sempre soggetto alle oscillazioni di
mercato (non vi è garanzia di ottenere uguali rendimenti in futuro), oscillazioni che naturalmente
dipendono dalle politiche di investimento del fondo stesso e dall'andamento dei mercati finanziari.
La presenza poi del fondo di garanzia per il TFR del lavoratore, che scatta in caso di fallimento dell'azienda,
ed il fatto che la scelta di aderire al fondo pensione non è reversibile, sono altri elementi a favore del
mantenimento del TFR in azienda.
Va detto infine che, anche per quanto riguarda la tassazione del TFR liquidato a saldo, la legge prevede
una tassazione separata (non vi è cumulo del TFR con gli altri redditi) ed un calcolo dell'"aliquota media"
spesso vantaggioso per il contribuente (v. calcolo del TFR).
La tassazione è differente anche in fase di erogazione del TFR. Nel caso dell’accantonamento in azienda
sarà soggetto a tassazione separata, ovvero verrà applicata l’aliquota (IRPEF) media di tassazione dei 5 anni
antecedenti la cessazione dell’attività lavorativa. La differenza tra il TFR lordo e la quota di IRPEF appena
calcolata restituirà il TFR netto a disposizione del lavoratore. Considerando che tipicamente gli ultimi anni di
carriera sono quelli che offrono retribuzioni più elevate, l’imposizione IRPEF applicata al momento della
cessazione del rapporto tende di fatto a essere elevata (tra il 23 e il 43%, cioè gli scaglioni IRPEF).
Nel caso di versamento al fondo pensione, al momento dell’erogazione, la prestazione pensionistica (che
incorporerà il TFR versato) sarà assoggettata a un’aliquota massima del 15%, che decresce dello 0,3% per
ogni anno di iscrizione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo, fino a un minimo del
9%. Quindi, maggiore è la permanenza all’interno del fondo maggiore sarà il risparmio fiscale ottenibile al
momento dell’erogazione della prestazione pensionistica.
Le anticipazioni
Ci sono infine alcune differenze nell’accesso al TFR lasciato in azienda o destinato al fondo pensione nel
caso di richiesta di anticipazione, vale a dire nel caso in cui il dipendente dovesse necessitare di disporre
delle somme accantonate in anticipo rispetto alla conclusione del rapporto di lavoro. Va innanzitutto
specificato che l’anticipo chiesto al fondo si riferisce all’intera posizione maturata, composta da contributo
del lavoratore, del datore di lavoro, del TFR e dei rendimenti finanziari, mentre per il TFR in azienda
l’anticipo sarà costituito dalla quota di TFR e dal suo rendimento. Le differenze sono riassunte nella figura 2.
Come si evince, il TFR accantonato al fondo pensione gode in termini di anticipazioni di maggiore
flessibilità, ma non solo. Tornando all’aspetto fiscale, l’anticipo del TFR in azienda sarà soggetto alla
medesima tassazione vista poco sopra; al fondo pensione invece la tassazione che verrà applicata
cambierà in base al motivo della richiesta del lavoratore: un’imposizione più contenuta nel caso di spese
sanitarie (aliquota del 15% ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo)
e, in tutte le altre casistiche, una ritenuta a titolo di imposta con aliquota fissata al 23%. Ulteriore aspetto
da tenere in conto è che quanto richiesto come anticipazione al fondo pensione può essere reintegrato con
uno o più versamenti che possono anche superare la soglia annuale di 5.164,57 euro e comunque in
esenzione di imposta.
In conclusione, ribadendo che non c’è una risposta giusta o sbagliata, gli elementi da tenere in
considerazione per effettuare una scelta consapevole sono numerosi: possibili maggiori rendimenti
conseguibili, rischio diversificato dell’investimento, tassazione favorevole, maggiori opportunità di ottenere
le somme in anticipo.
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