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E' un metodo di calcolo della prestazione pensionistica basato sulle retribuzioni percepite dal lavoratore nell'arco della sua vita
lavorativa
Il Metodo Retributivo
Il dizionario di Pensioni Oggi
Attraverso il metodo retributivo la pensione del lavoratore è determinata prendendo come riferimento le retribuzioni che l'interessato ha percepito lungo un periodo di
tempo immediatamente precedente l'accesso alla pensione. La prestazione finale è calcolata come somma di diverse quote, ciascuna relativa ad un periodo di
anzianità diversa. Si tratta di un sistema di calcolo tradizionalmente più costoso per le casse pubbliche rispetto al sistema contributivo, introdotto gradualmente a
partire dal 1996, in quanto per l'erogazione della prestazione non si tiene conto dell'entità dei contributi versati ma solo degli anni lavorati e dello stipendio percepito
negli ultimi anni di lavoro.
Per effetto della Riforma Fornero il sistema di calcolo retributivo è stato abolito per tutti i lavoratori a partire dal 1° Gennaio 2012 anche se continua ad essere
applicato per determinare una parte dell'importo della pensione per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva antecedente al 1996.
Attualmente, pertanto, il metodo retributivo si applica esclusivamente pro quota: 1) ai contributi di anzianità maturati fino al 31/12/2011 per chi al 31.12.1995 poteva far
valere almeno 18 anni di anzianità contributiva (le anzianità successive al 2011 sono determinate con il sistema contributivo); 2) ai contributi di anzianità maturati sino
al 31.12.1995 per chi a tale data non poteva far valere almeno 18 anni di anzianità (le anzianità successive al 1995 sono calcolate con il sistema contributivo).
Il calcolo con il sistema retributivo
Con il metodo retributivo il trattamento pensionistico si basa su 2 quote. La prima quota (Quota A) è calcolata sulle anzianità maturate al 31/12/1992. La Quota A si
basa sulla media degli ultimi 5 anni (260 settimane) delle retribuzioni utili percepite dall'interessato se lavoratore dipendente; degli ultimi 10 anni (520 settimane) per i
lavoratori autonomi; e dell'ultimo anno se del pubblico impiego. -
La seconda quota (Quota B) è determinata sulle anzianità contributive dal 1° Gennaio 1993 fino al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011. La Quota B si basa sulla
media degli ultimi 10 anni delle retribuzioni utili percepite dall'interessato se lavoratore dipendente (privato o pubblico); degli ultimi 15 anni per i lavoratori autonomi. Se
il lavoratore aveva meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992 la media delle retribuzioni per determinare la Quota B si amplia e ricomprende l'intero periodo
lavorato successivo al 31 dicembre 1992 sino al pensionamento
Ai fini del calcolo della retribuzione media la retribuzione percepita negli anni antecedenti il pensionamento è soggetta ad una rivalutazione. Per le anzianità sino al
31.12.1992 la rivalutazione è pari all'incremento del costo della vita; per le anzianità successive è pari all'incremento del costo della vita piu' un punto percentuale
all'anno. La rivalutazione delle retribuzioni avviene tramite specifici coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni pubblicati ogni anno ed è riconosciuta sino all'anno
precedente quello del pensionamento.
Le medie delle retribuzioni così rivalutate vengono moltiplicate per un rendimento annuo (le cd. aliquote di rendimento) che variano a seconda della retribuzione
media, della collocazione temporale delle anzianità maturate (se ante 1993 o post 1993), del fondo presso il quale il lavoratore è iscritto (alcuni fondi sino al 1997
hanno concesso aliquote molto più generose rispetto a quelle vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria). Le aliquote sono generalmente pari al 2%
della retribuzione pensionabile per ogni anno di anzianità contributiva e decrescono al crescere della retribuzione media.
Dato che l'anzianità contributiva complessiva riconosciuta può essere al massimo pari a 40 anni l'importo della pensione erogabile con il sistema retributivo, nel
migliore dei casi, non può superare l'80% della media della retribuzione pensionabile (40 x 2% = 80%). A tal fine occorre segnalare che, con il passaggio al sistema
contributivo, questo valore potrebbe essere superato per via dell'aggiunta della quota C di pensione maturata successivamente al 2011. Per tale ragione il legislatore
ha imposto di recente un tetto pensionabile (articolo 1, comma 707 della legge 190/2014).
La tavola a lato mostra, quindi, un esempio di calcolo della pensione di un lavoratore dipendente del settore privato che esce nel 2016 all'età di 67 anni con 42 anni e
mezzo di contributi che aveva più di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1992 e più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Il lavoratore otterrà una
prestazione pensionistica frutto della somma di tre distinte quote di Pensione.
https://job.fanpage.it/calcolo-pensione-con-il-sistema-contributivo-ecco-come-funziona/
Il calcolo della pensione con il sistema contributivo è basato interamente sui contributi versati nella vita
lavorativa. Il calcolo della pensione contributiva avviene applicando al montante contributivo (somma
contributi rivalutati annualmente) il coefficiente di trasformazione che varia in base all’età di accesso alla
pensione del lavoratore. Vediamo come funziona il calcolo della pensione con il sistema contributivo.
In Italia sono in vigore tre metodi di calcolo della pensione: il sistema retributivo, il sistema contributivo ed
il sistema misto. Negli ultimi due casi la pensione, in tutto o in quota, viene calcolata con il sistema
contributivo. Il calcolo pensione con il sistema contributivo è quel sistema che è basato sul montante
contributivo (contributi versati opportunamente rivalutati) e sui coefficienti di trasformazione del montante
contributivo che consento di determinare l’importo annuo lordo della pensione.
La data più importante del sistema pensionistico italiano è il 31 dicembre 1995. La pensione erogata
dall’Inps, infatti, è calcolata con il sistema di calcolo contributivo per i lavoratori privi di anzianità
contributiva al 31 dicembre 1995.
La pensione è calcolata con il sistema retributivo e misto (una quota con il sistema retributivo e una quota
con il sistema contributivo) per i lavoratori con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
Dal 1° gennaio 2012, a tutti i lavoratori viene applicato il sistema di calcolo contributivo sulla quota di
pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.
E’ quindi importante per ormai quasi tutti i lavoratori italiani che intendono accedere alla pensione capire
bene come funziona il calcolo della pensione con il sistema contributivo, in quanto una bella fetta di
pensione o tutta la pensione sarà calcolata con tale sistema.
SOMMARIO
La prima cosa da fare per calcolare la pensione è partire dai dati utili. L’Inps chiarisce che ai fini del calcolo
della pensione con il sistema contributivo (o comunque la quota contributiva della pensione per coloro che
sono nel sistema misto o retributivo) occorre:
individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o i redditi conseguiti dai lavoratori autonomi o
parasubordinati;
calcolare i contributi di ogni anno sulla base dell'aliquota di computo (33% per i dipendenti, 20% o quella
vigente anno per anno per gli autonomi e per gli iscritti alla Gestione Separata che varia anche a seconda
della situazione del contribuente);
determinare il montante contributivo individuale che si ottiene sommando i contributi di ciascun anno
opportunamente rivalutati sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media
quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo) determinata dall'ISTAT;
applicare al montante contributivo il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del
lavoratore, al momento della pensione.
Quindi vi sono due cose importanti da fare: calcolare il montante contributivo e poi individuare ed applicare
il coefficiente di trasformazione del montante contributivo in importo pensionistico.
Calcolo montante contributivo
Il montante contributivo è il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni lavorativi. Si tratta
quindi dell’ammontare dei contributi versati dal lavoratore negli anni lavoro, che è poi alla base concettuale
del sistema del calcolo contributivo, che si differenza appunto dal sistema retributivo proprio perché a
centro del calcolo non c’è l’ultima retribuzione percepita dal lavoratore ma l’ammontare dei contributi
previdenziali accantonati dal lavoratore stesso.
individuare la base imponibile annua (retribuzione annua per gli iscritti alle gestioni pensionistiche dei
lavoratori dipendenti oppure reddito annuo per gli iscritti alle gestioni previdenziali dei lavoratori
autonomi) corrispondente ai periodi di contribuzione obbligatoria, volontaria, figurativa, da riscatto o da
ricongiunzione fatti valere dall'assicurato in ciascun anno;
calcolare l'ammontare dei contributi di ciascun anno moltiplicando la base imponibile annua per l'aliquota
di computo del 33% in caso di lavoratore dipendente oppure per l'aliquota di computo del 20% in caso di
lavoratore autonomo. Per i parasubordinati l'aliquota varia dal 17% al 27%;
L'importo così ottenuto costituisce quindi il montante contributivo per i periodi maturati dopo il 31
dicembre 1995.
L’ente previdenziale dà dei parametri di riferimento importanti per consentire al lavoratore di ipotizzare il
proprio calcolo della pensione.
Quando l’Inps parla di “base imponibile annua” non è altro che la retribuzione imponibile dal punto di vista
previdenziale accumulata in un anno intero, che è poi pari alla sommatoria annuale dell’imponibile
previdenziale presente in tutte le buste paga (quello sul quale si versa il 9,19% di contributi a carico
lavoratore, per intenderci), nonché che all’esatto ammontare dell’imponibile previdenziale presente ogni
anno sul CUD (ora Certificazione Unica), nonché dell’importo presente nel proprio estratto conto
contributivo.
Ovviamente la base imponibile annua dà un dato in termini di retribuzione imponibile previdenziale, poi
quel che conta è quanto quella retribuzione annua lorda percepita determini il calcolo della pensione.
Tranne alcuni casi afferenti le collaborazioni nella Gestione Separata dell’Inps, per tutti i lavoratori vige il
principio di automaticità delle prestazioni, che in altre parole comporta che al lavoratore spetta l’accredito
dei contributi, e quindi la pensione, anche se per alcuni anni o mesi il datore di lavoro non ha poi
effettivamente versato i contributi all’Inps, ivi compreso i contributi a carico del lavoratore.
L’ammontare dei contributi per ciascun anno segue per i lavoratori dipendenti la percentuale del 33%.
Quindi dalla base imponibile annua il 33% confluisce nel calcolo del montante contributivo.
Il montante contributivo è quindi la sommatoria di tutti i contributi versati nella vita lavorativa e fino alla
data del pensionamento. Ovviamente, i contributi vanno rivalutati annualmente in base a degli indici istat.
Una volta determinato il montante contributivo del lavoratore il più è fatto, ma manca l’ultimo tassello,
quello decisivo. Perché proprio dal coefficiente di trasformazione, che non è altro che una percentuale,
viene fuori l’importo della pensione annua lorda.
I coefficienti di trasformazione sono valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo
contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita
lavorativa viene trasformato nella pensione annua.
I coefficienti di trasformazione variano in base all'età anagrafica del lavoratore nel momento in cui
consegue la prestazione previdenziale, a partire dall'età di 57 anni fino ai 70 anni (71 anni dal 2019).
Maggiore è l'età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione.
Per i trattamenti di pensione liquidati a soggetti di età inferiore a 57 anni (assegno di invalidità, pensione ai
superstiti) deve essere applicato il coefficiente di trasformazione previsto per i soggetti che abbiano
compiuto i 57 anni.
In base all’età al momento del pensionamento (nel 2019, nel 2020 o nel 2021 seguendo i coefficienti di cui
sopra), al lavoratore verrà moltiplicato il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione di
riferimento.
Nel 2019 ad esempio si raggiunge la pensione di vecchiaia a 67 anni nel 2019 e nel 2020 ed a 67 anni e 3
mesi nel 2021.
Quando capita una frazione d’anno al momento del pensionamento (come nel caso di accesso alla pensione
di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi), scatta il meccanismo di adeguamento del coefficiente di trasformazione. La
legge prevede che il coefficiente di trasformazione deve essere incrementato di tanti dodicesimi della
differenza tra il coefficiente previsto per l’età immediatamente superiore a quella dell'assicurato e il
coefficiente previsto per l’età inferiore, per quanti sono i mesi interi trascorsi tra la data di compimento
dell’età e la decorrenza della pensione.
Quindi ad esempio per coloro che andranno in pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi, il coefficiente sarà
pari a 5,604% più 3 dodicesimi della differenza tra il coefficiente 5,804 (68 anni) e il coefficiente 5,604% (67
anni). Ossia il coefficiente di 5,604% in caso di pensione di vecchiaia a 67 anni e 3 mesi, per effetto dei 3
mesi in più sarà pari a 5,654%. Al lavoratore basterà moltiplicare il proprio montante contributivo per tale
percentuale ed ottenere l’importo della pensione annua lorda, che a sua volta dividendo per 13, potrà
essere trasformato in importo della pensione lorda mensile.
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