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Quaderno Tecnico Prima Edizione

Filtropresse a Piastre e Pompe Volumetriche


Sommario
Introduzione.................................................................................................................................................... 2

Cos’è un filtropressa (o una filtropressa)? .............................................................................................. 3

Come è fatto un filtropressa? ..................................................................................................................... 4

Quanti tipi di filtropressa esistono? .......................................................................................................... 5

Le varie tipologie di piastre filtranti ........................................................................................................... 6

L’importanza della qualità delle piastre filtranti ................................................................................... 10

Differenti tipi di scarico del filtrato........................................................................................................... 12

Come si dimensiona un filtropressa? .................................................................................................... 15

Importanza delle prove di laboratorio.................................................................................................... 19

Filtropressa Automatico One by One o Automatico Simultaneo?.................................................. 21

Compatibilità chimica e shock termico ................................................................................................. 24

Accessori ed opzionali per il filtropressa: quali sono e a che cosa servono. ............................... 25

Perché dovresti sempre avere il Drip Tray ........................................................................................... 35

Il segreto della centrale idraulica ............................................................................................................ 37

Cose da considerare quando installi un filtropressa ......................................................................... 39

Attento al sole .............................................................................................................................................. 40

Attento alle macchine troppo lunghe .................................................................................................... 41

Cosa succede quando importi un filtro dalla Cina o dall’India ........................................................ 42

Valutazione comparativa tra i vari sistema di disidratazione ........................................................... 43

Come gestire la pompa di alimentazione durante la fase di filtrazione. ....................................... 49

Cose da considerare quando scegli una pompa ............................................................................... 50

Fai il conto economico, ma fallo bene! ................................................................................................. 53

Descrizione dei vantaggi delle pompe a portata variabile. .............................................................. 58

Perché montare il soft start o Inverter è sempre una buona idea .................................................. 61

Ti serve veramente la pompa a membrana? ...................................................................................... 62

Un tipico errore ............................................................................................................................................ 63

Un tipico errore – parte 2........................................................................................................................... 64

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Introduzione
Questa breve guida sulle peculiarità delle filtropresse e delle pompe volumetriche a pistone
e sulla loro scelta in ambito impiantistico non vuole essere né una guida esaustiva né fornire
tutti gli elementi di natura teorica che si trovano naturalmente su tutti i testi didattici già
presenti in commercio.

Al contrario vuole essere solamente una raccolta di informazioni frutto della esperienza
tecnica maturata sul campo allo scopo di poter fornire consigli utili agli impiantisti o a coloro
che si trovano a dover installare o valutare l’acquisto di un impianto di questo tipo.

Le considerazioni che sono qui riportate devono quindi essere interpretate come derivanti
dall’osservazione e dalla pratica diretta in cantiere, luogo in cui tutte le nozioni di tipo teorico
si scontrano inevitabilmente con la realtà, sia in termini di performance, che di esperienza
d’uso lato utente che di funzionamento lato impiantistico.

E’ in tale senso che queste informazioni devono essere recepite, senza la presunzione di
fornire indicazioni univoche, ma solamente di presentare e spunti di riflessione.

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Cos’è un filtropressa (o una filtropressa)?

Il filtropressa (o la filtropressa) a piastre è una macchina industriale il cui scopo principale è


quello di provvedere alla disidratazione di un fluido (spesso chiamato fango) che viene
convogliato al suo interno mediante pompaggio in pressione.
Quello che in gergo tecnico viene chiamato “dewatering” è appunto l’azione di riduzione in
volume di sostanze liquide che presentano all’interno solidi sospesi.

La separazione solido-liquido ottenuta mediante filtropressa è il sistema che offre i migliori


risultati in termini di concentrazione di solido secco ottenibile in confronto ai restanti sistemi
di disidratazione.

La filtropressa è una macchina molto flessibile e può essere impiegata in molteplici settori,
ad esempio:
 Trattamento delle acque reflue;
 Disidratazione di fanghi di origine civile e industriale;
 Metallurgico;
 Recupero cromo, trattamento bagni galvanici e/o trattamenti superficiali;
 Alimentare;
 Ciclo produttivo di olii di palma e oliva, filtrazione e brillantatura dei mosti;
 Cave e inerti;
 Separazione e riutilizzo delle acque usate nel processo;
 Chimico e farmaceutico;
 Processi produttivi di medicinali, antibiotici ma anche di acidi e di chemicals in
generale;
 Lavaggio terreni;
 Per il trattamento di acque di lavaggio di siti contaminati;
 Industria minerale;
 Smaltimento delle sostanze di scarto e riciclaggio sostanze importanti nell’industria
metallurgica e dei minerali.

Un filtro-pressa a piastre è una macchina composta da una robusta struttura metallica


costituita da una testata fissa, da una testata porta-martinetto e da una testata mobile.
La testata mobile, che scorre tra due longheroni che collegano la testata fissa a quella porta
martinetto, viene spinta avanti o tirata indietro dall’azione di un cilindro idraulico in grado di
esercitare una forza molto elevata e tale da mantenere accostate le une alle altre una serie di
piastre, che costituiscono gli elementi di supporto delle tele filtranti.
Il fango viene pompato entro le camere formate dalle piastre, e il liquido in cui è sospeso il
fango viene costretto a filtrare attraverso una serie di tele che ricoprono le pareti delle piastre.

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La particolare conformazione delle piastre permette l’alimentazione del fango e l’uscita del
filtrato attraverso una serie di fori generalmente praticati nella testata fissa.

Come è fatto un filtropressa?

Gli elementi principali che caratterizzano un filtropressa a piastre sono comuni a tutte le
versioni di macchina ed a tutti i gradi di automatismo che vengono richiesti.

Questi costituenti fondamentali sono sempre (nel 99% dei casi):

 Un telaio, formato da una testata mobile, una testa fissa ed una testata martinetto
 Le piastre filtranti (poi vedremo le varie tipologie)
 Un cilindro idraulico per la movimentazione (chiusura ed apertura) delle piastre
filtranti
 Una centralina idraulica per fornire il moto al cilindro idraulico
 Una pompa per l’alimentazione del fango all’interno della filtropressa (Autemi
fornisce anche la pompa appositamente studiata per garantire una massima
efficienza).

In seguito, come abbiamo anticipato, vi sono una serie di optional più o meno di serie che si
possono prevedere in base al tipo di processo in cui verrà installata la macchina ed al grado
di automatismo richiesto dal cliente.

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Si possono quindi identificare altri componenti principali quali, ad esempio

 Un quadro elettrico con PLC e HMI (per il controllo e la gestione dei cicli del
filtropressa)
 Un quadro pneumatico (per l’alloggiamento delle valvole pneumatiche di processo)
 Una serie di valvole montate sia sul piping di ingresso che sul piping di uscita a
seconda del tipo di processo
 Le protezioni di sicurezza fisse
 Le protezioni di sicurezza mobili o le barriere fotoelettriche (per permettere
all’operatore di intervenire sulla macchina in sicurezza)
 Il sistema di apertura delle piastre filtranti (comunemente chiamato distaffaggio)
 Il sistema di sbattimento (o scuotimento delle piastre filtranti)
 Un portellone automatico per la raccolta dei colaticci (anche chiamato Drip-Tray)

Tutti questi optional verranno poi spiegati meglio più in avanti, adesso servono solamente
per fornire una indicazione generale.

Quanti tipi di filtropressa esistono?

Non esiste una risposta univoca a questa domanda, in quanto a seconda delle funzioni e del
grado di automatismo, si possono configurare moltissime versioni.

Ciononostante, la modalità principale di suddivisione del filtropressa dipende dal grado di


automatismo della macchina, che può essere:

 Manuale
 Semiautomatica
 Automatica

Nelle filtropresse manuali al 100% (tipico delle macchine piccole), l’avanzamento del cilindro
idraulico viene fatto attraverso pompa idraulica manuale e valvola distributrice sempre ad
azionamento manuale, così come è manuale la commutazione delle valvole di processo.

Nelle macchine più grandi, tipicamente dalla dimensione di piastra 630x630 mm, per
macchina manuale si intende una filtropressa completamente manuale tranne l’azionamento
del cilindro idraulico che è motorizzato, ovvero l’operatore agisce sul quadro elettromeccanico
e spingendo un pulsante comanda l’apertura o la chiusura dell’attuatore.

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La versione successiva è rappresentata dalla variante semiautomatica, dove nella
maggioranza dei casi tutte le funzioni del filtropressa sono automatiche, tranne la fase di
apertura (distaffaggio) delle piastre filtranti. In questo caso è l’operatore che deve provvedere
manualmente all’apertura delle piastre filtranti.

Già da questo si capisce come la modalità semiautomatica abbia una discriminante sulla
dimensione della piastra, infatti è improbabile (in quanto molto faticoso) demandare
all’operatore l’apertura di piastra filtranti della dimensione di 1500mm x 1500mm (o superiore).

Come ultimo modello c’è quindi la versione automatica (full-automatic) in cui ogni operazione
è controllata dalla supervisione di un PLC; all’operatore spetta solamente un ruolo di
supervisione.

Altre suddivisioni di filtropressa esistono sia in base alla conformazione del telaio (a travi
laterali, a trave alta, a 4 travi laterali, ecc…) e sia in base al tipo ed al sistema di apertura delle
piastre filtranti (one by one, at once, a pacco multiplo, con carosello, ecc…..).

Questa è però una classificazione che dipende dal modo in cui ogni costruttore decide di
effettuare nello specifico il sistema di apertura delle piastre filtranti.

Le varie tipologie di piastre filtranti

Esistono, come avrai sicuramente visto, vari tipi e modelli di piastre filtranti, che dipendono
essenzialmente dal settore in cui siamo e dai risultati che vogliamo ottenere in termini di
disidratazione e tempo ciclo.

Il primo sistema storicamente utilizzato è quello denominato “piastre e telai”.


Il filtropressa che sfrutta questa tipologia di piastre è così costituito da un insieme di elementi
pieni (piastre) ed elementi vuoti (telai) accostati alternativamente.
Fra ciascuna piastra ed il telaio contiguo sono poste delle tele filtranti o dei cartoni lavabili che
formano delle camere nelle quali viene alimentata la sospensione torbida da filtrare.
L'assemblaggio viene realizzato spingendo con un piastrone mobile (denominata testata
mobile) il pacco costituito da telai, tele e piastre contro un piastrone terminale fisso
(denominata testata fissa).
Agli angoli di ogni piastra e di ogni telaio o su apposite appendici disposte esternamente
rispetto ad essi sono ricavati i fori che nell'assemblaggio formano il canale di alimentazione
della sospensione torbida, quello di alimentazione dell'acqua di lavaggio, quello di scarico del
filtrato ed, eventualmente, quello di scarico delle acque di lavaggio.

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Figura 1- Piastre e telai

Il modello probabilmente più comunemente utilizzato è quello a camera (o piastra


concamerata o anche detta “recessed”) che costituisce una evoluzione del sistema a piastre
e telai.
Il telaio visto al punto precedente è integrato all'interno della piastra, migliorando in modo
significativo la stabilità della piastra. Ciò consente di utilizzare piastre filtranti a camera con
livelli di pressione di filtrazione molto più elevati

Figura 2- Piastra Recessed

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Le piastre filtranti a camera sono progettate e costruite per consentire che lo scarico del filtrato
possa avvenire, sia tramite i tradizionali rubinetti che attraverso n°1-2-3-4 collettori (a seconda
della configurazione) ricavati nelle piastre filtranti stesse e/o comunque secondo le esigenze
del cliente. Il foro di alimentazione può essere ricavato sia nella posizione standard che in altre
quote.

Figura 3 - Conformazione delle camere filtranti

La variante della piastre recessed, nel caso in cui sia necessario evitare sgocciolamenti
durante la fase di filtrazione è costituita dalle piastre dette CGR, o leak free, o Gasket.
Questo modello di piastra filtrante a camera è realizzato con tele “calafatate” e con O-Ring
perimetrale di tenuta applicato. Quest’ultimo permette un buon accoppiamento tra le piastre
abbinate e consente una tenuta ottimale durante le fasi di filtrazione.
Tali piastre vengono utilizzate nella maggior parte delle volte, nel settore farmaceutico quando
è molto importante evitare sgocciolamenti o trafilamenti.

Figura 4 - esempio di piastre "Leak Free"

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Esistono poi le piastre a membrana, quando è necessario accorciare il tempo ciclo o quando
è necessario aumentare al massimo i punti percentuale di ottenimento del secco nel panello.
Questo perché da parte della membrana vi è una vera e propria azione di spremitura
meccanica del panello (squeezing) che si attua gonfiando con aria o meglio ancora acqua la
membrana situata all’interno della piastra.

Figura 5 - Pacco misto Membrana + Companion / Pacco Full Membrane

L’uso di questa tecnologia al posto delle piastre a camera standard, genera una maggiore
produttività con cicli di filtrazione in tempi ridotti, maggiore disidratazione dei panelli e lavaggi
degli stessi più efficienti.

Figura 6 - Parametri con processo a membrana

Le piastre a membrana possono essere accoppiate tutte tra di loro (Full Membrane) oppure
accanto ad una piastre detta Companion.

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Il pacco piastre “FULL MEMBRANE” è composto da piastre membrana accoppiate tra loro. Le
membrane in gomma sono fissate perimetralmente tramite un adeguato canale
opportunamente eseguito, mentre al foro di alimentazione, sono bloccate tramite flange in
acciaio.
L’ottimo funzionamento delle membrane avviene durante la fase di spremitura del panello per
effetto della pressione con aria o acqua (raccomandata) sotto alle membrane. Tramite
appositi condotti nel corpo piastra, l’aria o acqua in pressione dilata le membrane
consentendo loro di eseguire un ulteriore pressatura del prodotto da filtrare. Infine il liquido
ottenuto dalla pressatura, passa attraverso i fori drenaggio agli angoli, in comunicazione con
i collettori più esterni.

Il “PACCO MISTO MEMBRANA” o “MIXED MEMBRANE PACK” è composto da una piastra


completa di Membrane ed una piastra che viene abbinata definita Companion. Questo
assieme è spesso usato in processi particolari di filtrazione con fasi di lavaggio e/o
asciugatura panelli. La procedura di funzionamento, comunque, risulta identica alle piastre
con sistema FULL MEMBRANE.

L’importanza della qualità delle piastre filtranti

Una delle cose importanti alle quali bisogna prestare molta attenzione è la qualità delle piastre
filtranti, che sono il cuore del funzionamento del filtropressa.

Non solo è necessario selezionare le piastre in base allo specifico processo, ma è altresì
importante esseri sicuri della qualità del materiale e delle lavorazioni.

La prima cosa è ovviamente optare per delle piastre filtranti adatte alla specifica esigenza, in
quanto le piastre chiaramente non sono tutte uguali.
Cambiano in grandezza, volume, materiale, predisposizione per altri optional (come
asciugatura, ecc), resistenti alle alte temperature, con o senza membrana (che può essere a
sua volta intercambiabile o fissa), con presenza o meno delle guarnizioni di tenuta per evitare
sgocciolamenti, con manici avvitati o manici fusi, con o senza le bugne, ecc…

Quindi a seconda del pH del prodotto, della temperatura e della grandezza della camera
avremo individuato il tipo di piastra che ci è necessaria.

Arrivati a questo punto è caldamente consigliato scegliere delle piastre di alta qualità
costruttiva e di materiali, soprattutto per quanto riguarda il tipo di polipropilene (per semplicità
ci focalizziamo su questo materiale che corrisponde al 90% dei casi) utilizzato (ci sono piastre
di polipropilene vergine e quelle di polipropilene rigenerato, ad esempio) e per quanto
riguarda le lavorazioni di asportazione di truciolo.

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Infatti normalmente le piastre filtranti vengono lavorate di macchina utensile, proprio per
garantire uno dei requisiti fondamentali: la planarità.

La planarità per una piastra filtrante è un requisito di importanza strategica, perché quando
vado a formare il pacco piastre devo essere sicuro che tra la testa e la coda delle piastre sia
rispettata la planarità tra i due piani.
Se le piastre non sono planari, nel momento in cui il cilindro pressa il pacco piastre contro la
testata fissa, posso avere anche il telaio più dritto e rettilineo del mondo che la macchina si
piega o si deforma in modo pericoloso o addirittura irreversibile. Questo fenomeno è poi
chiaramente più accentuato più alto è il numero delle piastre.

Figura 7- Le piastre non perfettamente planari possono causare deformazioni al telaio macchina

E’ quindi necessario avere piastre filtranti di ottima qualità, che una volta installate, risolvono il
problema e rimangono in vita per molti e molti anni.

Richiedi sempre il certificato di origine ed il numero del lotto per risalire alla data di
produzione, in questo modo non avrai mai sorprese sulla provenienza.

Diffidate da chi vi offre pacchi piastre usati, senza saperne la provenienza o chi ancora ripara
le piastre o le stucca con la vetroresina, in quanto poi lo scopo ultimo è di vendere
nuovamente un pacco piastre una volta finita la garanzia di funzionamento ed allora in questo
caso sono dolori.

Le tele fanno parte di materiale di consumo, mentre le piastre – se correttamente


dimensionate e scelte – possono durare decine di anni.

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Differenti tipi di scarico del filtrato

Una delle caratteristiche che contraddistinguono una filtropressa performante – a parità di


altri optional - è sicuramente il sistema di scarico del filtrato.

Lo scarico del filtrato è appunto il modo con cui il liquido filtrato viene convogliato e raccolto.

Il primo sistema ed anche quello più economico è quello costituito dallo scarico inferiore
laterale, o anche detto scarico in canaletta (che normalmente è aperta).

Con questa tipologia di scarico, il filtrato esce dalla parte inferiore della piastra (da ambo i
lati o da un solo lato a seconda del modello) e attraverso una curva viene convogliata in una
vaschetta aperta adibita appunto al raccolto del filtrato.

Figura 8 - Layout scarico laterale

In alcuni casi, a valle della curva vi è anche un rubinetto di esclusione che serve per
intercettare la tela in caso sia rotta (è visibile lo scarico del filtrato di colore torbido che indica
che una tela si è rotta).

Con questa soluzione è vero che è possibile immediatamente identificare quale tela è
danneggiata, ma è altrettanto vero che non sfrutto al massimo le potenzialità della
filtropressa.

Con lo scarico in collettore chiuso e valvola di allagamento (detta anche valvola di drenaggio)
infatti riesco ad aumentare l’efficienza della filtrazione.

Quando non vi è una esplicita necessità di utilizzare lo scarico laterale sarebbe meglio evitare,
perché, installando il rubinetto nella parte inferiore della piastra, durante le prime fasi di
filtrazione si ha che il filtrato esce dal basso senza prima riempire completamente la camera.

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Figura 9 - Layout scarico collettore comune e Drip Tray

La soluzione con valvola di allagamento è invece differente: con una opportuna valvola
provochiamo un allagamento del pacco piastre:

Figura 10 - Layout scarico collettore comune

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Questa opzione prevede uno scarico del filtrato in collettore chiuso comune: i 4 fori di uscita
(o 2 nelle macchine più piccole) del filtrato vengono riuniti in un unico collettore. In uno dei
condotti della parte bassa viene messa una valvola (chiamata valvola di allagamento) la cui
apertura è comandata da PLC. Questa apertura avviene quando la pressione raggiunge di
solito i 3/4 bar. Prima dei 3/4 bar, il filtrato esce solamente dai 2 fori superiori, in modo che sia
assicurato il riempimento della camera di filtrazione. Così facendo, viene correttamente
formato il pre-panello che aiuta notevolmente il distacco finale del cake.

Una volta raggiunti i 3 bar di pressione, viene comandata la valvola ed il filtrato può uscire da
tutti e 4 i fori.

Figura 11 - Layout Piastra Recessed a 4 scarichi

Inutile dire che l’aumento della efficienza di filtrazione con questo dispositivo è tangibile,
inoltre, sempre per un miglior riempimento del pacco piastre ho una distribuzione delle
pressioni dentro le piastre che è notevolmente migliore.

Figura 12 - Layout Piastra Recessed a 4 scarichi

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Come si dimensiona un filtropressa?

Abbiamo appena detto che il filtropressa è una macchina il cui scopo è quello di provvedere
alla disidratazione dei fluidi (più comunemente chiamati fanghi) di origine civile ed industriale
o di processo.
A differenza degli altri apparati usati in ambito industriale (nastropressa, centrifuga, ecc..), il
filtropressa ha la caratteristica di essere una macchina discontinua, ovverosia durante la fase
di filtrazione viene processato un volume finito di fango o più in generale di fluido da
disidratare.
Già da questa differenza, non ha un fondamento reale parlare di portata oraria processata, ma
bisognerebbe parlare di portata per fase di filtrazione.

Il dimensionamento del filtropressa viene fatto una volta che si conoscono le caratteristiche
di filtrabilità del fango da processare ed in base a tale dato a ritroso si risale al volume filtrante
che la macchina deve mettere a disposizione per smaltire una certa portata.
Le caratteristiche di filtrabilità del fango possono variare tantissimo tra un tipo e l’altro ed in
generale solamente una prova di laboratorio può fornire questi dati. Laddove non sia possibile
condurre queste prove (si pensi ad esempio al caso in cui si sta progettando un impianto) ci
si affida all’esperienza del costruttore o si va per analogia con altri casi simili.

Ci sono casi in cui la filtrazione dura 3 o 4 ore (ad esempio fanghi biologici), altri in cui si
trattano gli inerti o fluidi molto pesanti (ad esempio pastello di piombo) in cui il ciclo è
velocissimo (15/20 minuti) o altri casi ancora in cui in processi industriali particolari di
concentrazione il ciclo può durare anche 7/8 ore ed infine altri cicli più corti 1,5-2 ore se
pensiamo ad esempio ai casi di fanghi contenenti idrossidi di alluminio.
La filtrabilità del fango è dunque il dato cardine dal quale partire per arrivare al
dimensionamento del filtropressa.

Gli altri parametri che bisogna considerare per eseguire un corretto dimensionamento sono:
 Portata oraria di fango da processare
 % di solido secco contenuto nel fango
 Densità del fango in ingresso
 Numero di h/giorno di funzionamento del filtropressa
 Grado di automazione desiderato (automatico, manuale)

Con questi dati, è possibile procedere ad un bilancio di massa per dimensionare


correttamente il filtropressa per il processo scelto.

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Vediamo questo esempio:
- Portata orario di fango in ingresso: 1.25 mc/h
- 3% SS di sostanza solida nel fango
- Densità fango in ingresso: 1.1 Kg/dmc
- Ore di produzione del fango: 8 h/day

Qf in = 1.25 mc/h*8h/day = 10 mc/day – portata giornaliera di fango da smaltire.


Pf in = 10 mc/day*1.1 Kg/dmc = 10 mc/day*1100 Kg/mc = 11000 Kg/day fango

Di questo fango, il contenuto in solido è il 3%

Pf SS = 11000 Kg/day * 3% = 330 Kg/day di fango

Mentre il restante è frazione liquida.


Riassumendo:

Pf in = 11000 Kg/day di cui: Pf SS = 330 Kg/day + Pf L = 10670 Kg/day.

Supponiamo che la densità in uscita del fango che si riesce ad ottenere con il processo di
filtrazione, sia del 30%.
Con un semplice bilancio di massa, abbiamo che il contenuto solido trovato al passo
precedente, ora rappresenta il 30% in massa (lo ritroviamo nel panello):

Pp out = 330 Kg/day / 30% = 1100 Kg/day


Riassumendo, il panello (o la torta) è così composto:

Pp out = 1100 Kg/day di cui PSS = 330 Kg/day, mentre PL out = 770 Kg/day

Se assumiamo (o con calcolo o in seguito a prove sperimentali) che la densità del panello
di scarico sia pari a 1,4 Kg/dmc, otteniamo il volume del panello:

1100 Kg/day / 1.4 Kg/dmc = 785.7 dmc/day

Il filtropressa deve smaltire in un giorno un volume di panello pari a 785.7 dmc.

Supponiamo che l’impianto di filtrazione funzioni per 8 h/day e che un processo di


filtrazione (comprensivo di riempimento, filtrazione, apertura e vari optional) duri 4 h:

nf = 8 h/day / 4h/filtrata = 2 filtrate/day

Vf = 785,7 dmc/2 = 392.85 dmc (volume del filtropressa).

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Il volume del filtropressa deve essere quindi di circa 393 dmc.

A questo punto è necessario trovare dimensione e numero delle piastre filtranti, tenendo a
mente il processo in cui questa macchina andrà inserita.

Prendiamo ad esempio una piastra filtrante di dimensione 1000x1000 – camera spessore


25 mm.

Ecco i dati di questa piastra:


Vp = 19.7 dmc (volume della camera filtrante)
Sp = 153.1 dmq (superficie filtrante)

Il numero delle camere filtranti sarà:

nc = 393 dmc / 19.7 dmc = 19,94: 20 camere filtranti

Siccome n camere filtranti sono formate da n+1 piastre,


il filtropressa in questione sarà:

1000x1000 – camera 25 mm / 21 piastre filtranti.

Vf = 20 * 19.7 = 394 dmc (volume filtro)


Sf = superficie filtrante = 20 * 153.1 = 30,62 mq

Naturalmente questo è un esempio dove i parametri sono stati assunti a scopo


semplificativo.
Tuttavia si possono fare alcune considerazione di carattere sia tecnico che economico:
- Aumentando il volume di ciascuna camera filtrante (ottenuta tra una piastra e quella
adiacente) si otterrà un minor numero di piastre e quindi in generale una diminuzione
di costi
- Non è sempre però possibile fare questo, in quanto bisogna considerare la filtrabilità
del fango: utilizzare una camera filtrante più piccola consente ad i fanghi più difficili
(meno drenabili) di filtrare meglio.
- Diminuendo il numero delle piastre, diminuisce anche la superficie filtrante totale e
quindi appunto la filtrabilità del fluido.
- E’ possibile ottenere lo stesso volume filtrante cambiando anche la taglia del
filtropressa: anziché ad esempio un filtropressa 1000x1000 – camera 25 mm / 21
piastre, si potrebbe ottenere lo stesso volume con una macchina 800x800 – camera 25
mm / 34 piastre.

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Figura 13 - Bilancio di massa nel filtropressa

Questi dati dimensionali vanno poi incrociati con il grado di automatismo desiderato
(semiautomatico – completamente automatico) ed appunto il tipo di processo ed optional
disponibili; ma in generale il calcolo di massima che si può condurre per il
dimensionamento del filtropressa è quello appena mostrato.

La cosa fondamentale è comunque capire che il dimensionamento del filtropressa è un


bilancio di massa.
In linea di calcolo, devo sempre considerare che la parte solida del fango in ingresso si
concentrerà in uscita, con un panello (detto anche cake, o torta) che conterrà una più alta
percentuale di solidi sospesi rispetto a quella in ingresso, mentre in scarico del filtrato avrò
tendenzialmente solo la parte liquida.

Dunque, sommando la parte liquida di scarico del filtrato alla parte liquida contenuta nel
cake, dovrò ottenere la parte liquida contenuta nel fango in ingresso, mentre la parte solida
verrà trasferita completamente nel panello residuo.

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Importanza delle prove di laboratorio

Uno degli aspetti sui quali è necessario soffermarsi quando si procede al dimensionamento
di una filtropressa, è la necessità di eseguire delle prove di laboratorio su un fango campione
allo scopo di determinarne la filtrabilità.

Le prove di filtrabilità sono eseguite avvalendosi di un filtro pressa pilota da laboratorio in


modo da simulare il funzionamento della macchina industriale.

Questo sistema permette di studiare e verificare gli eventuali trattamenti chimico-fisici


necessari per migliorare la filtrabilità del fango, evidenziandone i dati più significativi per la
selezione del metodo a più alto rendimento.

I dati ottenuti dalle prove di filtrazione, con o senza additivi chimici, permettono un ottimale
dimensionamento della macchina necessaria alla disidratazione della quantità di fango da
smaltire, con la relativa identificazione dei tempi e dei materiali necessari per il problema
specifico.

Questa prova che è possibile eseguire anche su un quantitativo piccolo di fango è infatti molto
utile se si pensa alla traslazione in scala industriale della filtropressa.
E’ quindi molto importante eseguire questa prova per capire l’andamento dei parametri
fondamentali per non sbagliare la grandezza della macchina, il numero ed il tipo sia di piastre
che di tele installate.

Questo ci fa quindi risparmiare tempo e denaro in quanto si minimizzano gli errori ed i tentativi
in fase operativa.

Quando infatti non si eseguono le prove di filtrazione e si dimensionano le macchine


affidandosi ad i dati sulla carta, molte volte poi non si ottengono i risultati sperati, sia perché
sovente le caratteristiche reali del fango non sono mai quelle ipotizzate, sia perché non
sempre si conosce il modo migliore di trattare il fango basandosi solamente sulla esperienza.

E’ quindi consigliabile, tutte le volte che si può, effettuare queste prove di laboratorio, anche
perché il costo del test è irrisorio se paragonato sia al prezzo finale della macchina sia ad i
benefici che si possono ottenere avendo queste importanti informazioni in più.

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Figura 14 - Esempio determinazione parametri di filtrazione

Figura 15 - Ottenimento filtrato e panello su di un campione di fango a acciaieria

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Filtropressa Automatico One by One o Automatico Simultaneo?

Abbiamo visto in precedenza come una delle discriminanti relativamente a come definire
una macchina completamente automatica, è appunto il sistema di apertura delle piastre
filtranti.
Se prendiamo come riferimento le filtropresse a travi laterali, esistono sostanzialmente due
sistemi di apertura: quello “At Once” (ovverosia tutte le piastre si aprono assieme) detto
anche “simultaneo” e quello “One by One” (viene aperta una piastra filtrante alla volta).

A differenza quindi di un filtro simultaneo, in cui il sistema di apertura è a fisarmonica,


l’automatico One by One prevede il distaffaggio di una piastra alla volta.

Quest’ultima tipologia di macchina normalmente viene impiegata nelle filtrazioni in cui ci


può essere il rischio che il panello non si distacchi completamente dalla tela.

Con la tipologia automatica One by One infatti l’operatore può interrompere il ciclo di
apertura piastre della macchina ed intervenire manualmente per rimuovere il panello
rimasto attaccato.

Tale operazione sarebbe infatti molto più problematica nel caso di un filtro simultaneo, in
quanto non ci sarebbe lo spazio fisico necessario tra una piastra e l’altra per effettuare la
pulizia, dal momento che lo spazio è poco più grande di un panello (durante l’apertura viene
lasciato lo spazio necessario a permettere al pannello di cadere agevolmente).

I dati circa la filtrabilità e l’adesione del fango devono provenire dal laboratorio che in base
alle prove effettuate darà un responso atto ad individuare la tipologia di macchina da
impiegare.

Inoltre il filtro automatico “at once” viene usato normalmente in tutti quei casi ‘’tradizionali’’ in
cui la fase di filtrazione non deve essere veloce mentre il simultaneo avendo le operazioni di
apertura e chiusura praticamente istantanee è usato nella filtrazione di processo in cui
necessito di cicli molto veloci e sono sicuro che il panello si distacchi completamente.

Per quanto riguarda il layout vero e proprio della macchina un filtro automatico One by One
necessita di un gruppo di distaffaggio a carrello su entrambe le fiancate macchina.

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Figura 16 - Sistema di Apertura One by One – Un carrello automatico di presa delle piastre è presente su ognuna delle due fiancate

In aggiunta a tutto ciò normalmente vengono montate delle barriere fotoelettriche: in normali
condizioni di funzionamento, quando queste vengono intercettate (ovvero quando
l’operatore si avvicina troppo alla macchina in marcia o quando vuole di proposito farlo per
pulire le tele) fermano la macchina e la mandano in arresto.
Lo sblocco e quindi la ripartenza della macchina in questo caso è possibile solo agendo sul
pulsante di ripristino posto solitamente sia sul quadro elettrico che sulla macchina.

Oltre a questa differenza a livello meccanico, ne esiste un’altra che è proprio intrinseca al
sistema di apertura delle piastre e quindi influenza la lunghezza del cilindro idraulico: in una
macchina con apertura One by One, il cilindro idraulico deve effettuare una corsa abbastanza
corta, tipicamente 400 o 500 mm, in modo da fornire spazio necessario all’operatore per pulire
eventualmente il residuo tra una piastra e l’altra.

Nel sistema invece di apertura simultaneo, tra ogni piastra e la successiva, si deve avere uno
spazio necessario a far cadere il panello esausto. Quindi in definitiva, la corsa che deve
compiere il cilindro è proporzionale al numero di piastre ed alla camera filtrante; ecco perché
c’è un limite fisiologico a quante piastre posso installare in una semplice macchina
simultanea, dal momento che non posso avere un cilindro idraulico troppo lungo per problemi
meccanici costruttivi e resistenziali dovuti al carico di punta.

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Figura 17 - Sistema di apertura filtropressa Simultaneo

Questo ci introduce al successivo modello di macchina che rappresenta l’evoluzione del


filtropressa simultaneo nel caso in cui vi siano più piastre filtranti che necessitano di una
apertura at once: sto parlando del “Pacco Multiplo”. In questa tipologia di macchina si divide
il numero di piastre filtranti necessarie in più sezioni, ad esempio: 8 sezioni da 30 piastre; ogni
sezione viene aperta in maniera simultanea. Quando è finita l’apertura di una sezione procedo
con l’apertura della sezione successiva.

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Compatibilità chimica e shock termico

Abbiamo visto come sia importante dimensionare le piastre filtranti e la macchina in base al
tipo di processo, dopo aver eseguito le opportune prove di laboratorio per determinare i
parametri fondamentali.

A questo punto, vorrei mettere l’accento su un parametro che spesso (volutamente oppure
no) è tralasciato o non affrontato adeguatamente, ma che può provocare gravi problemi nel
campo pratico, ovvero lo Shock termico nelle piastre!

Facciamo un esempio concreto:

Ho un processo di filtrazione in temperatura (cioè con una temperatura alta, che può essere
anche dai 60 ai 90°C), ho fatto le prove di laboratorio per la scelta delle tele, ho scelto le
piastre corrette con lo spessore maggiorato dell’anima, ho preso quelle di prima qualità
Italiane in Polipropilene vergine, ho eseguito la coibentazione delle tubazioni e ho anche
installato il carrello di lavaggio ad alta pressione per mantenere alto il rendimento delle tele
filtranti.

Sulla carta quindi tutto ok, sembra che siano stati fatti tutti i controlli.

Ciononostante si rompono le piastre filtranti, si fessurano e la macchina non va in pressione.

Come mai?

Suggerimento:
Hai controllato la temperatura dell’acqua con cui esegui il lavaggio ad alta pressione delle
tele?
Quello che più è problematico per le piastre, e per le plastiche in generale, è lo shock
termico.
Si consiglia una variazione di temperatura di circa 20°C per evitare la cristallizzazione delle
materie plastiche.
Se il processo è in temperatura, anche il lavaggio ad alta pressione deve essere eseguito in
temperatura (considerando una variazione massima di 20°C).

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E’ chiaro che se il lavaggio lo faccio dopo 8 ore e la temperatura delle piastre è diminuita e si
è stabilizzata attorno ai 25°C, posso eseguire il lavaggio anche con acqua a temperatura
ambiente.
Ma hai veramente il controllo della temperatura?
Sei sicuro che gli utilizzatori della macchina attendino questo tempo e lascino raffreddare
gradualmente le piastre?
O pensi invece che il frenetico modo di lavorare caratteristico degli impianti, abbia la meglio
sul reale tempo necessario?
Porsi queste domande in fase di progettazione, può salvare la vita delle piastre che altrimenti
potrebbero danneggiarsi irreversibilmente.

Problemi analoghi ci sono per la compatibilità chimica delle piastre rispetto al materiale che
viene filtrato.
E’ molto importante accertarsi che vi sia compatibilità tra il materiale delle piastra e quello da
filtrare, infatti una azione congiunta di temperatura alta ed aggressività chimica può essere
fatale per il pacco delle piastre.

Questa è la ragione per cui bisogna sempre controllare questi dati e scoprire quali altri
materiali si possono utilizzare per il pacco delle piastre (nylon, PVDF, ecc…)

Accessori ed opzionali per il filtropressa: quali sono e a che


cosa servono.

Core-blow, cake blowing, cake washing, squeezing, lavaggio acido delle tele, sistema di
lavaggio automatico di lavaggio delle tele filtranti. Ma a cosa servono questi dispositivi?

Prima di rispondere a questa domanda, è fondamentale descrivere la conformazione di una


piastra filtrante e comprenderne appieno le sue caratteristiche.
Le piastre filtranti si dividono in due macro categorie:
- Piastre recessed (concamerate)
- Piastre a membrana
E vengono solitamente scelte in base alla tipologia di processo e di fango da disidratare.
Le piastre RECESSED sono piastre a volume fisso. Appaiate formano una serie di camere
che saranno riempite di fango durante la fase di filtrazione.
Le piastre a membrana sono invece supporti di filtrazione a volume variabile. La variabilità
del volume è affidata ad una membrana flessibile (in polipropilene o in EPDM) movimentata

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da acqua oppure aria compressa. Vedremo nella sezione relativa allo squeezing, il
funzionamento dettagliato di questo dispositivo ed il suo impiego.

CORE-BLOW
Il core-blow è un dispositivo automatico utilizzato per la pulizia della tubazione di mandata e
del canale di alimentazione che si forma appaiando le piastre filtranti.
Il processo prevede l’invio di un soffio di aria compressa, solitamente tra i 6 e gli 8 bar, nel
canale di alimentazione della filtropressa, in grado di rimuovere il fango eventualmente
sedimentato.
Nelle macchine “corte”, che prevedono l’alimentazione del fango solo dal lato della testata
fissa, l’ingresso del flusso di aria compressa avviene dalla testata mobile.
La piastra di testa mobile è caratterizzata, quindi, dallo stesso foro presente nelle macchine
con la doppia alimentazione; in questa maniera l’aria compressa attraversando l’intero
collettore delle piastre, si andrà a scaricare in un ramo della tubazione di alimentazione
pulendo anche parte della tubazione.

Perché questo dispositivo è così importante?


Nelle macchine a ciclo automatico, tale dispositivo è fondamentale per garantire il corretto
funzionamento. Basti pensare che, in caso di macchina simultanea o automatica, il ciclo di
filtrazione e scarico delle torte non sempre è presenziato da un operatore. Per lo più negli
impianti a ciclo automatico ci sono un paio di persone che gestiscono, da sala di controllo,
tutte le macchine presenti nell’impianto.
Se il fango presente nel collettore di scarico, e questo vale in maniera particolare per fanghi
ad alto peso specifico come il pastello di piombo o per fanghi molto densi come melasse,
zucchero, etc…, dovesse sedimentare e “seccarsi” all’interno del foro di alimentazione della
piastra, durante il ciclo successivo si creerebbero degli scompensi di pressione in grado di
provocare la rottura delle piastre.
Il riempimento e pressatura nella filtropressa, infatti, funziona in maniera corretta quando si
crea dapprima l’allagamento/riempimento di tutto il volume della macchina e
successivamente la pressatura graduale del fango a mezzo della pompa di alimentazione;
se il fango sedimentando va a tappare il foro di alimentazione in una piastra filtrante, può
accadere che il riempimento del volume della macchina sia parziale; si avranno dunque
delle piastre in cui il fango è presente in uno solo dei due lati. L’aumento della pressione di
filtrazione non sarà quindi omogeneo in entrambi i lati della piastra provocandone la rottura
(cricche o fessurazioni del supporto plastico).

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Cosa compone questo dispositivo?
Tale opzionale è composto semplicemente da una valvola automatica (solitamente a sfera)
per l’ingresso dell’aria compressa, una tubazione flessibile in grado di seguire il movimento
della testata mobile durante l’apertura e la chiusura del pacco piastre filtranti e da una
valvola di non ritorno, posizionata posteriormente al foro di carico presente nella piastra di
testa mobile, che eviti al fango di entrare a contatto con la tubazione dedita all’ingresso
dell’aria compressa.

SQUEEZING
Si parla di squeezing (spremitura) per tutti quei processi e quelle macchine che installano un
pacco piastre misto (companion + membrane) oppure full membrane.
Solitamente le piastre a membrana vengo scelte in due occasioni:
- Il fango da disidratare ha delle caratteristiche per cui la filtrazione a pressione
tramite pompa è possibile solo sino a 6-7 bar. Oltre a questo limite la pompa non è
in grado di aumentare la pressione. In caso quindi si voglia ottenere una torta con
alta percentuale di solido secco anche con questi fanghi, è necessario utilizzare lo
squeezing.
- La parte nobile del processo di filtrazione è il filtrato ed è necessario recuperarne il
più possibile. E’, ad esempio, il caso della filtrazione dei fanghi provenienti dalla

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lavorazione della barbabietola da zucchero o della canna da zucchero. In questo
caso lo squeezing è abbinato al lavaggio della torta in maniera tale da recuperare
più sostanza zuccherina possibile.
- E’ necessario eliminare contaminanti presenti nel fango. Anche in questo caso lo
squeezing è abbinato al lavaggio della torta.

Il processo di squeezing “spremitura” prevede dunque l’invio di un fluido in pressione a 15


bar (solitamente acqua, ma anche aria compressa) nell’intercapedine presente tra
l’elemento flessibile delle piastre (la membrana) ed il supporto rigido posteriore.
Il rigonfiamento delle piastre provoca quindi lo strizzamento/spremitura della torta
disidratando ulteriormente il fango. Il ciclo di filtrazione potrebbe quindi ad esempio essere:

PRESSATURA A 7 BAR – LAVAGGIO TORTA – SQUEEZING – ASCIUGATURA DELLA TORTA

Se non si dispone di acqua industriale a 15 bar?


In caso in cui il cliente non disponga di una linea di acqua a 15 bar, è fornibile ovviamente lo
skid di spremitura. Tale gruppo è composto principalmente da:
- Serbatoio acqua
- Pompa
- Pressostato
- Valvola di sicurezza
- Valvole automatiche per la mandata ed il ricircolo
- Telaio di alloggiamento dei componenti sopra descritti

Come vengono alimentate le piastre a membrana?


Le membrane possono essere alimentate principalmente in due modi:
- Esternamente attraverso tubazioni flessibili collegate direttamente al foro dedicato
presente esteriormente su ciascuna piastra a membrana.
- Internamente attraverso apposito foro che attraversa tutto lo spessore delle piastre
mettendole in comunicazione tra loro.

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Figura 18 - Esempio alimentazione esterna piastre a membrana

CAKE BLOWING
Dispositivo da utilizzare principalmente quando si hanno problemi di distacco della torta
dalle tele filtranti durante la fase di scarico della macchina.

Oltre a questa importante funzione, permette anche il raggiungimento di qualche punto


percentuale in più di solido secco nella torta.

Il cake blowing (asciugatura della torta) è un opzionale che prevede l’inserimento di aria
compressa a 6/8 bar all’interno dei panelli, in seguito alla fase di filtrazione.

Affinché il dispositivo funzioni in maniera corretta, è necessario che l’aria attraversi, in


maniera uniforme, tutta la torta.

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Figura 19 - Layout impiantistico di filtro con Cake blowing + Acid Cloth Washing

Cosa compone questo dispositivo?


Tale opzionale si sviluppa sulle tubazioni di scarico della macchina. Fondamentalmente
vengono inserite una serie di valvole automatiche:
- Valvola di ingresso aria compressa
- Valvola/e automatica/e di intercettazione; questa valvola permette di dividere il
circuito di ingresso dell’aria compressa da quello di uscita.

L’asciugatura si può eseguire principalmente in due modi: inserendo l’aria compressa nei
collettori di scarico superiori per poi farla fuoriuscire da quelli bassi, oppure inserendo l’aria
negli scarichi di destra (o sinistra) e farla fuoriuscire dai collettori di sinistra (o destra).
Banalmente si parla di asciugatura “dall’alto verso il basso” nel primo caso o di asciugatura
“da destra a sinistra” nel secondo caso.

Come faccio a garantire l’uniformità di asciugatura?


Nel caso si decida di installare questo dispositivo, le piastre filtranti sono caratterizzate dalla
presenza dei fori di drenaggio incrociati. Questo, in soldoni, significa che l’aria compressa
entrando per esempio dai collettori alti del filtropressa, è costretta ad uscire dai collettori bassi.
E’ anche ad esempio possibile, invece che eseguire un asciugatura alto/basso, eseguirne una
sinistra/destra – questo dipende dalle piastre filtranti.

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CAKE WASHING
Il lavaggio della torta, in parte analizzato precedentemente parlando di piastre a membrana
e squeezing, permette di:
- Eliminare contaminanti presenti nel fango
- Recuperare sostanze rimaste all’interno della torta e che sono la parte nobile del
processo (recupero del fluido madre)

Il dispositivo è composto in maniera del tutto analoga a quello del cake blowing.

LAVAGGIO ACIDO DELLE TELE


Quando il fango da filtrare è molto appiccicoso o tende ad incrostare le tele filtranti molto
velocemente (provocando problematiche relative a pressione di filtrazione, tempi di
filtrazione, ecc…), il lavaggio acido delle tele è il dispositivo che stavi cercando.

Quale acido si utilizza?


Normalmente si utilizza acido cloridrico diluito dal 3 al 5%.

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Come funziona il lavaggio acido delle tele?
Innanzitutto occorre evidenziare, anche se può sembrare banale e superfluo, che il lavaggio
acido delle tele viene eseguito quando non è presente fango all’interno del volume della
macchina. E’ dunque una fase fuori ciclo e solitamente è l’utilizzatore che decide
(intervenendo da HMI) ogni quanti cicli o ore di utilizzo vuole eseguire il lavaggio acido (in
base al livello di incrostazioni raggiunto dalle tele).
Questo lavaggio funziona ad allagamento; deciso il momento in cui si vuole eseguire il
lavaggio acido delle tele, la macchina chiuderà il pacco piastre, attraverso il cilindro idraulico
montato nella testata fissa posteriore, in pressione.
A questo punto, attraverso apposite valvole automatiche poste solitamente nella linea delle
tubazioni di scarico filtrato inferiori, viene inserito acido cloridrico all’interno del volume della
macchina. Il riempimento del filtropressa si conclude quando l’acido inizia a fuoriuscire dai
collettori di scarico filtrato superiori. Il segnale di riempimento della macchina può essere
ottenuto attraverso una sonda di livello oppure attraverso temporizzatore interno al PLC.
A questo punto tutte le valvole automatiche rimangono tutte chiuse permettendo all’acido di
interagire con le tele filtranti scrostandole.
Viene fatto reagire l’acido con le tele per un tempo che può essere stabilito e regolato
tramite apposito parametro presente in HMI.
Stabilita la fine del lavaggio acido viene aperta la valvola di scarico acido e, per gravità,
l’acido fuoriesce dalla macchina.
In base al tipo di processo che si intende eseguire, l’acido può essere re-inviato allo stesso
serbatoio dal quale è stato prelevato, oppure inviato ad un secondo serbatoio dal quale poi
dovrà essere raffinato e riutilizzato.

Cosa compone questo dispositivo?


Fondamentalmente vengono inserite una serie di valvole automatiche:
- Valvola di ingresso acido
- Valvola di uscita acido
- Valvola/e automatica/e di intercettazione; questa valvola permette di dividere il
circuito di ingresso acido da quello di uscita.

Come faccio ad inviare l’acido cloridrico all’interno del filtropressa?


Si può fornire il gruppo di pompaggio dell’acido cloridrico composto da:
- Serbatoio acido al 3/5%
- Pompa

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Se non si dispone acido cloridrico al 3/5%?
Nel caso in cui non si riesca a disporre di acido cloridrico alla giusta percentuale (3/5%) ma
sono di HCl concentrato, è possibile fornire una stazione di prelievo e diluizione che
prelevando dal serbatoio di concentrato, prepari la soluzione all’interno del serbatoio
descritto nel punto precedente.

GRUPPO DI LAVAGGIO AUTOMATICO


Il gruppo di lavaggio automatico è una struttura fatta a portale (che va installata sopra il telaio
della filtropressa) in cui scorre un carrello che porta un gruppo di lavaggio formato da pompa
ad alta pressione e da opportuni ugelli la cui funzione è quella di pulire (lavare)
“meccanicamente” la tela mediante un lavaggio di acqua ad alta pressione. Il carrello scorre
orizzontalmente lungo tutta la lunghezza della macchina e può alzarsi ed abbassarsi per pulire
la tela in tutto il suo sviluppo verticale.

Questo è appunto un lavaggio di tipo meccanico ad alta pressione – fino a 100 bar che serve
per pulire le tele nel caso dopo alcune filtrate rimanga dello sporco tra una tela e l’altra
(l’accumulo di materiale tra una tela e l’altra, se persiste nel tempo può comprometterne la
funzionalità della macchina).

La pressione di lavaggio può anche essere abbassata e si possono avere pressioni anche
attorno a 40 bar.

Figura 20 - sistema di lavaggio ad alta pressione

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Esiste poi anche una versione a più bassa pressione (a pressione di rete) il cui scopo è quello
semplicemente di pulire la superficie di tenuta tra una tela e quella attigua. Questo sistema di
lavaggio – detto anche “a pioggia” è usato soprattutto per i materiali polverosi.

Figura 21 - Sistema di lavaggio a bassa pressione "a pioggia"

DOUBLE FEEDING – Doppia alimentazione


La doppia alimentazione è un dispositivo che è sempre consigliato (se non addirittura
obbligatorio) installare con le filtropresse lunghe, tipicamente con un numero di piastre
superiore a 50 o talune volte anche solo 40 (dipende comunque dal fluido che si va a trattare).
Questa soluzione serve per far sì che l’alimentazione del fango nelle piastre avvenga
uniformemente in entrambe le sezioni di estremità del pacco piastre.
Il motivo è sempre quello di evitare che si formino zone di riempimento non omogenee con
distribuzioni di pressioni diverse e rischio rotture.

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Perché dovresti sempre avere il Drip Tray

Il Drip Tray o portellone raccolta colaticci o buncover ancora, è il dispositivo che viene
comunemente offerto come optional ma che in realtà in un filtropressa performante non
dovrebbe mai mancare.
La sua funzione è quella di convogliare il liquido che normalmente e fisiologicamente trafila
durante la fase di filtrazione tra una piastra e l’altra (a meno che non si utilizzino delle piastre
gasket – ma questo è un altro discorso).
Questo liquido viene raccolto in una o due vaschette laterali dal quale poi l’impiantista o
l’utilizzatore del filtropressa si collega per convogliarlo di solito in testa all’impianto di
filtrazione.

Figura 22 - Drip Tray

Costruttivamente è realizzato da uno o due (a seconda della grandezza della macchina)


portelloni basculanti movimentati da attuatori lineari per consentono al portellone di rimanere
chiuso durante la fase di filtrazione e di aprirsi invece durante la fase di scarico del panello.

Questo dispositivo – che spesso viene offerto come optional – non dovrebbe essere tale, ma
dovrebbe essere sempre montato in una filtropressa che si rispetti.

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Il motivo è molto semplice, infatti si cerca di evitare di vanificare l’efficienza della pressa.

Figura 23- Drip Tray in posizione chiusa

Figura 24 - Drip Tray in posizione aperta

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Mi spiego meglio: se non abbiamo montato il Drip Tray, vuol dire che tutto lo sgocciolamento
che si ha durante la fase di filtrazione cade nel cassone di raccolta dei panelli esausti dove
notoriamente sono caduti i panelli scaricati nella fase prima.

Quindi sostanzialmente con il filtropressa cerco, con tutti gli accorgimenti possibili, di ottenere
il maggior grado di secco e la maggior disidratazione e poi, visto che non ho montato il Drip
Tray, vado a vanificare in parte l’azione ottenuta nella fase precedente perché permetto che
lo sgocciolamento durante la fase di filtrazione (talvolta può essere rilevante) cada
direttamente sopra ai panelli secchi scaricati precedentemente.

In parole povere: mi sforzo per ottenere la maggior disidratazione possibile e poi nella fase
successiva non faccio nulla per evitare che il liquido vada a bagnare ciò che ho pressato nella
fase precedente: in questo modo perdo efficacia e soldi.

Ecco perché il Drip Tray dovrebbe essere sempre presente, anche perché è uno di quegli
optional che sovente non è possibile montare in un secondo momento: nella maggioranza
dei casi è necessario smontare la macchina in loco e non è detto che ci siano tutte le
attrezzature necessarie (carro ponte, ecc…).

Quindi in definitiva, la macchina deve nascere con il Drip Tray e non è possibile installarlo
dopo.

Il segreto della centrale idraulica

Uno dei segreti per valutare una filtropressa di alta qualità, è quello di dare una occhiata a
come è fatta la centrale idraulica.

Questa parte è fondamentale in quanto è l’apparato che comanda l’apertura e chiusura del
cilindro idraulico che tiene in pressone tutto il nostro sistema durante la fase di filtrazione.

Ci sono una serie di optional – che in verità optional non dovrebbero essere – che una
filtropressa performante e sicura non può permettersi di non avere nella propria centrale
idraulica.

Come prima cosa, per preservare il funzionamento e la vita della centrale idraulica, è bene
che vi siano due componenti che in pochi casi si montano ma che sarebbero fondamentali
per salvaguardare la vita della centralina stessa: sto parlando del livellostato e del termostato.
Questi due apparati di controllo segnalano se ci sono delle anomalie, ovvero se ad esempio
la temperatura dell’olio è troppo alta e potrei avere dei problemi di surriscaldamento, ed

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ancora il livellostato ci segnala una anomalia se per qualche motivo ho delle perdite di olio e
il livello scende sotto la soglia minima.

Tali funzioni di controllo sono molto importanti, perché ci consentono di intervenire prima che
sia troppo tardi, dal momento che rovinare una pompa idraulica è un attimo, e così facendo
rimango con la macchina ferma.

Sicuramente rendono la centralina più costosa, ma a fronte dei grandi benefici che possono
portare, è una speculazione di poco senso.

Se poi andiamo ad installare la macchina in un luogo caldo, è bene mettere anche uno
scambiatore di calore che ci aiuti a tenere sotto controllo la temperatura della centralina.

Altra cosa da considerare per una centrale idraulica sono i dispositivi di sicurezza che spesso
non si trovano in tutte le macchine: la prima sono i laccioli di sicurezza, mentre la seconda è
la valvola di sovrappressione.

I laccioli di sicurezza sono quei dispositivi il cui compito è appunto quello di ancorarsi
saldamente ai tubi idraulici in caso di scoppio ed evitano la frustata di questi componenti che
potrebbe risultare micidiale, ricorda che l’olio in pressione di una centrale per filtropressa va
dai 250 ai 350 bar.

La valvola di sovrappressione invece è sempre una valvola di sicurezza che però va installata
nel fondello del cilindro idraulico.
Questa serve per evitare che le eventuali sovrappressioni che si possono verificare durante la
fase di filtrazione non aumentino pericolosamente la pressione all’interno del cilindro: questa
valvola infatti manda in scarico nel serbatoio l’eccesso di pressione, evitando dei problemi
strutturali nel cilindro.

Questi 4 accorgimenti che comunemente non vengono installati in molti filtropressa sono però
molto utili sia per quanto riguarda la sicurezza intrinseca della macchina che la incolumità di
persone o cose in caso di imprevisto.

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Cose da considerare quando installi un filtropressa

Ci sono alcuni parametri molto importanti da considerare quando viene installato un


filtropressa, sia per quanto riguarda le operazioni di preparazione, sia per quanto riguarda
l’area in cui sarà installato lo stesso.

Una delle operazioni più importanti da eseguire in loco è sicuramente il livellamento e la


squadratura, operazione fondamentale per assicurare che la macchina possa operare
correttamente.

Tale passaggio assicura che il filtropressa sia installato in maniera perfettamente orizzontale,
in modo che la spinta del cilindro idraulico sia rettilinea e che non vi sia possibilità di
deformazione a causa di spinta non in asse con la macchina.

Questo è facilmente comprensibile e tale operazione va fatta con il filtropressa che deve
essere in pressione, appunto per simulare le condizioni di lavoro effettive.

L’aspetto che però viene comunemente tralasciato e che può incidere sul corretto
funzionamento della macchina è il modo in cui vengono fissati i piedi della stessa a terra: è
infatti profondamente sbagliato fissare tutti e 4 (o anche più in caso di macchine lunghe) i
piedi a terra.

Vediamo il perché:

Durante il funzionamento normale, la spinta esercitata dal cilindro idraulico causa un


leggero movimento del telaio di qualche millimetro. E’ quindi indicato lasciare il lato testata
mobile libero di muoversi.

Normalmente i piedi lato testata fissa presentano dei fori per vite, mentre quelli lato testata
mobile presentano delle asole.

Gli accorgimenti che si devono rispettare sono:

- Bloccare i piedi del lato testata fissa fissando a terra


- Lasciare liberi i piedi lato testata mobile di poter scorrere in direzione orizzontale, ma
evitare che il filtro possa muoversi in direzione trasversale.

Tale accorgimento è necessario perché altrimenti, se completamente fissato, il filtro


potrebbe deformarsi in maniera pericolosa e tale fenomeno è tanto più accentuato quanto la
macchina è lunga.

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E’ molto meglio lasciare al filtro la possibilità di muoversi di qualche millimetro che inibire
completamente questo spostamento che può tradursi in sovrasollecitazione o deformazione
della struttura.

Questo è un accorgimento fondamentale che però molte volte viene disatteso causando
problemi per la macchina stessa (ho personalmente visto casi in cui i piedi sono stati tutti
saldati alla struttura di sostegno – nulla di più sbagliato).
E’ molto meglio prevedere la possibilità di una piccola traslazione, chiedendo al costruttore
(che deve esplicitarlo nel manuale) come ancorare i piedi a terra o ancora meglio richiedere
al costruttore stesso le apposite piastre di collegamento che sono progettate proprio per
dare al filtropressa questa possibilità di movimento.

Attento al sole

Una delle cose fondamentali a cui bisogna prestare attenzione è, come abbiamo visto, il luogo
su cui andrà installata la filtropressa.

In particolare, è opportuno installare la macchina al riparo dal sole, per preservarne


funzionalità e durata nel tempo.
Sembra una cosa stupida, ma tenere le tele e le piastre filtranti lontano dal sole allunga
notevolmente la vita della macchina.

Infatti, sia tele che piastre filtranti, che nella maggioranza dei casi sono fatte in polipropilene,
possono degradarsi velocemente se esposte all’azione diretta dei raggi solari.
Nello specifico si possono cristallizzare e diventare molto fragili con effetti devastanti durante
la compressione del cilindro idraulico, è talvolta anche possibile che possano letteralmente
distruggersi se lasciate troppo tempo all’esposizione diretta della luce.

Questo è comprensibilmente un grosso problema, specie in quelle aree dove la luce solare è
molto forte e l’indice UV può assumere valori molto alti.

In questi casi può essere sufficiente mettere una semplice copertura sopra il filtropressa in
modo da ripararlo dalla luce solare, stando attenti a lasciare un sufficiente spazio in altezza
per estrarre le piastre filtranti; così facendo allunghiamo notevolmente la vita sia del pacco
piastre che delle tele filtranti, risparmiando una grande quantità di denaro per l’eventuale
sostituzione sia del pacco piastre che delle tele.

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Attento alle macchine troppo lunghe

Una delle cose a cui devi stare più attento quando installi una filtropressa, o meglio in fase di
studio e preventivazione, è la lunghezza della macchina.

A parte i casi in cui vi sono enormi portate in gioco e che quindi si è obbligati a scegliere
macchine lunghe per un limite fisiologico di grandezza delle piastre (e perciò per rispettare il
volume che ti serve è necessario mettere molte piastre) è sempre meglio – se possibile –
optare per macchine corte.

La lunghezza delle macchine impatta su due fattori, uno legato al riempimento del filtro e l’altro
legato alla resistenza strutturale del telaio.

Analizziamo il problema di processo:

Una macchina lunga è più difficile da riempire, senza ombra di dubbio.

In particolare, quando superi le 40/50 piastre filtrante, dovrebbe essere un obbligo avere la
doppia alimentazione, ovvero alimentare il filtropressa sia dalla testata fissa che dalla testata
mobile.

Un pacco piastre molto lungo, in ogni caso, si alimenta più difficilmente e questo è
comprensibile.

In particolare è necessario prestare attenzione che non si formino delle zone di differente
distribuzione delle pressioni all’interno del pacco, in quanto sicuramente la testata fissa viene
alimentata per prima, mentre ora che devo attraversare tutto il volume bisogna essere sicuri
del corretto riempimento, soprattutto se ho fanghi che tendono a drenare facilmente. In queste
situazioni, dovrebbe essere sempre presente la valvola di allagamento e la doppia
alimentazione, per scongiurare ogni pericolo di distribuzione della pressione non omogenea
che in qualche caso potrebbe portare anche alla rottura delle piastre.

Il secondo motivo riguarda invece un problema di carattere strutturale.

Macchine lunghe con un telaio molto lungo sono comprensibilmente più suscettibili alle
deformazioni strutturali. I longheroni del filtropressa sono infatti sollecitati a trazione e la spinta
del cilindro deve essere centrata rispetto all’asse di simmetria della macchina.

Per motivi che possono dipendere dal funzionamento (eccessivo sporco che rimane tra una
piastra e l’altra, assenza di lubrificazione nello snodo della testata, o anche non perfetta
planarità del pacco piastre) è possibile che il cilindro idraulico spinga non in asse con la
mezzeria del telaio.

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A questo punto, può succedere – in maggior ragione con macchine molto lunghe – che i
longheroni del filtro si pieghino! E’ successo più di una volta vedere una macchina con i
longheroni deformati a tal punto che non fosse più possibile utilizzare la macchina. In questa
condizione la macchina non può funzionare – ed il ripristino dei longheroni è uno degli
interventi più difficili da eseguire in cantiere – con fermo macchina che possono durare anche
mesi.

Quindi in definitiva, se puoi scegliere, sempre meglio avere macchine non troppo lunghe, per
motivi di maggior resistenza strutturale, maggior efficacia di riempimento ed anche minor
durata del ciclo di filtrazione.

Cosa succede quando importi un filtro dalla Cina o dall’India

Una delle tendenze che ormai da svariati anni si registra in sempre più realtà, è quello di
acquistare ed installare filtropresse a piastre provenienti dai mercati orientali come Cina ed
India.

Questa azione, che di per se non ha nulla di male, va però ponderata considerando alcuni
fattori che possono costituire dei problemi in fase di utilizzo.

Innanzitutto vanno considerati i fattori riguardanti le tensioni ed i voltaggi, non solo delle
motorizzazioni principali, ma anche degli ausiliari.

In particolare, proprio sugli ausiliari – ad esempio la tensione delle elettrovalvole pneumatiche


– bisogna stare attenti, perché è capitato più volte personalmente di riadattare gli ausiliari
perché le tensioni non erano come accade normalmente in Italia di 24 Volt, ma bensì di 240
Volt.
Questo significa che con questi voltaggi non è possibile operare in Italia, per il rischio
folgorazione.

Il secondo problema è relativo alla centralina idraulica.


Spesso le normative e gli standard che si hanno in paesi Extra UE come in questo caso, non
sono le stesse che abbiamo noi correntemente.
Per cui può succedere che la centrale idraulica monti componentistica non compatibile con
quelle che comunemente si riescono a reperire, sia per valvole a cartucce, blocchi idraulici,
ecc…

Questo significa che nella malaugurata ipotesi in cui qualcosa si danneggi o debba essere
sostituito, devo essere sicuro di poter trovare un componente compatibile vicino alla nostra
zona, diversamente posso dover stare fermo diverse settimane.

42
Altra cosa ancora, è bene prestare attenzione alla qualità della verniciatura e della saldatura.
In questi casi è sempre bene esigere una certificazione della verniciatura, sia per quanto
riguarda la sabbiatura che per quanto riguarda lo spessore di tutti gli strati della verniciatura,
visto che ogni tanto si trovano delle sorprese.

E’ anche consigliabile richiedere sempre i certificati dei materiali, almeno per quanto riguarda
il telaio macchina.

La cosa sconsigliata da fare, è importare un filtropressa che non abbia queste caratteristiche
e cercare di adattarlo e trasformarlo al mercato italiano o europeo perché – per esperienza
diretta – ci sono più problemi e più costi che non comprarlo direttamente in Italia.

Valutazione comparativa tra i vari sistema di disidratazione


Una riflessione molto importante che dobbiamo sempre fare quando valutiamo la scelta tra
diversi sistemi di disidratazione presenti sul mercato, è una analisi comparativa economica
tra le varie opzioni in gioco.

Esistono come ben sappiamo molti sistemi di disidratazione, tra i più conosciuti sicuramente
ci sono filtropresse a piastre, filtropresse a nastro (o nastropresse) e centrifughe.

Sebbene ogni macchina abbia vantaggi e svantaggi, è opportuno mettere sul piatto della
bilancia tutti gli aspetti economici, in termini di:

- Costo di primo acquisto


- Spesa energetica (per utilizzare il sistema di disidratazione)
- Costi di manutenzione annuali
- Costi di esercizio (consumo di chemicals, utilities come acqua, aria, ecc…)
- Costo di smaltimento del fango derivante dalla tipologia di disidratazione scelta.

Questo è fondamentale in quanto ogni sistema deve essere bilanciato secondo le esigenze
del cliente e soprattutto secondo i dati propri dell’impianto.

Detto in parole più semplici, se faccio una proiezione di lungo termine e valuto la differenza
tra un sistema ed un altro, potrei scoprire dei numeri importanti su cui riflettere, per esempio
che il tenore di secco differente che posso ottenere influenza moltissimo la scelta del
sistema.

Per alcune tipologie di impianto, una variazione di 5% sul tenore di secco cambia totalmente
le economie di scala.

Questo è proprio uno dei casi che abbiamo constatato con un nostro cliente che aveva a
disposizione 2 filtropresse per disidratare un certo quantitativo giornaliero di fango.

43
Nella fattispecie, sono state sostituite le pompe di alimentazione del filtropressa che erano a
membrana, con delle pompe a pistone a portata variabile.

Le pompe a membrana che erano presenti avevano una potenza installata di 18.5 kW e
riuscivano ad alimentare i filtropressa solamente ad una pressione di 10 bar.

Con le pompe della serie Dragon a comando idraulico e portata variabile, con soli 7,5 kW di
potenza installata, siamo riusciti ad alimentare a 13 bar il filtropressa.

Dunque c’è stato un netto miglioramento della spesa energetica ma soprattutto il


miglioramento sensibile lo si è ottenuto nel tenore del secco in uscita, in quanto con la sola
pompa si è passati dal 40% di S.S. in uscita al 45%.

Ora la domanda è: quanto influisce quel 5% di variazione del solido secco in uscita?

Facciamo un paio di calcoli utilizzando proprio i dati di questo cliente: attualmente viene
smaltita una quantità di panello residuo di circa 30 ton/day ed il costo di smaltimento medio
di questo fango disidratato è di 150 €/ton.

Il fango in ingresso è circa al 3 %, mentre quello in uscita è al 40%.

La portata oraria è di circa 16 mc/h per 24h/day, la densità del fango in ingresso è di circa
1,05 kg/dmc.

Portata giornaliera = 16 mc/h * 24 h/day = 384 mc/day

Peso fango in ingresso = 384 mc/day * 1.050 kg/mc = 403.200 Kg/day di fango in ingresso

Di cui il 3% di secco: 403.200 Kg/day * 3% = 12.096 Kg/day di secco.

Con un panello al 40% otteniamo:

12.096 Kg/day * 100 /40 = 30.240 Kg/day di panello esausto da smaltire

L’impianto funziona 24h/24 per circa 320 giorni/anno.

Quindi con un rapido calcolo possiamo dire che ogni anno vengono smaltiti:

44
30,24 ton/day * 320 day/year = 9.676,80 ton / year di fango smaltito ad un prezzo di:

150 €/ton * 9.676,80 ton/year = 1.451.520 €/year di costo di smaltimento fango.

Vediamo quanto fango in meno smaltisco per effetto di una maggior concentrazione del
secco in uscita di 5 punti percentuali:

Con un panello al 45% otteniamo:

12.096 Kg/day * 100 /45 = 26.880 Kg/day di panello esausto da smaltire,

che annualmente corrispondono a:

26,88 ton/day * 320 day/year = 8.601,60 ton / year di fango smaltito ad un prezzo di:

150 €/ton * 8.601,60 ton/year = 1.290.240 €/year di costo di smaltimento fango

Con un risparmio annuale di:

1.451.520 €/year - 1.290.240 €/year = 161.280 €/year

E giornaliero di:

161.280 €/year / 320 day/year = 504 €/day

e di 3,36 ton/day di “acqua” risparmiata.

Quindi in questo caso, un 5% di cambiamento del tenore di secco consente di risparmiare


circa 161.280 € di costi di smaltimento che corrispondono all’ 11,1% della spesa attuale di
smaltimento.

E’ quindi evidente che questo è un investimento che ha un notevole effetto leva, ed in


quest’ottica possiamo valutare il tempo in cui arrivo al “break-even point”.

Supponiamo che infatti le pompe siano costate 30.000 €/cad, questo investimento di
cambiare 2 pompe viene ammortizzato in:

(60.000 / 161.280) * 12 = 4.46 mesi.

In realtà se consideriamo la minor spesa energetica delle due pompe aventi potenza meno
della metà, il tempo è ancora minore, perché in questo calcolo semplificato non tengo conto
delle spese di gestione viste ai punti precedenti.

Se però volessimo valutare quale investimento fare tra due sistemi di disidratazione e
volessimo considerare il tutto (ovviamente sono calcoli preliminari semplificati) dovremmo
computare tutte le voci e compilare un prospetto come quello che segue:

45
In questo caso abbiamo inserito dei valori di acquisto e di spesa energetica inventati, ma ci
serve comunque per capire il concetto ed analizzare il trend di risultato.

Abbiamo infatti considerato 2 sistemi di dewatering distinti, ovvero:

SISTEMA 1 SISTEMA 2
Costo acquisto 180.000 Costo acquisto 800.000
Costo energetico 30.000 Costo energetico 20.000
Costo chemicals 4.000 Costo chemicals 0
Costo manutenzione 8.000 Costo manutenzione 10.000
Costo vario 4.000 Costo vario 3.000
% SS ottenibile 26 % SS ottenibile 35

46
Vediamo al variare degli anni di funzionamento di impianto, come sarebbe la proiezione
nelle 2 diverse soluzioni:

47
Andamento Spese per smaltimento - Comparazione tra 2 sistemi di
dewatering
30 000 000.00

25 000 000.00

20 000 000.00

15 000 000.00
Costo [€]

Spesa progressiva Sistema 1


Spesa progressiva Sistema 2
10 000 000.00
Δ Spesa progressiva Sistema

5 000 000.00

0.00
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

-5 000 000.00
Anni di funzionamento

Come si può facilmente vedere, i due sistemi hanno il punto di pareggio circa ad 1 anno e
mezzo, a partire dal quale il sistema 2 diviene molto più vantaggioso del sistema 1, in quanto
mi consente di risparmiare 430.670 € ogni anno.

Quindi, benché il sistema 2 costi più di 4 volte il sistema 1, la differenza di performance tra i 2
sistemi ha un effetto di amplificazione notevole nel tempo.

Chiaramente questi dati sono inventati e la pendenza delle rette è funzione del costo di
smaltimento del fango, ma il concetto importante è che il costo di acquisto influisce in una
maniera che deve essere rapportata alle sue performance, soprattutto in un orizzonte
temporale ampio.

48
Come gestire la pompa di alimentazione durante la fase di
filtrazione.

Per capire come scegliere e gestire la pompa di alimentazione, bisogna partire dal come
funziona il filtropressa.

All'inizio del processo di filtrazione, è richiesta una portata elevata dalla pompa di
alimentazione, richiesta che si protrae fino a quando le camere tra le piastre del filtro si
riempiono gradualmente del prodotto solido che viene catturato e concentrato in quelli che
vengono chiamati "panelli".

A causa della risultante crescente resistenza al flusso quando il filtro si riempie, la pressione
nella pompa aumenta, mentre contemporaneamente la portata deve essere ridotta, poiché la
capacità di aspirazione della filtropressa diminuisce.

Le pompe a pistone o pistone/membrana Autemi possono soddisfare queste esigenze di


alimentazione della filtropressa in vari modi (se vuoi dare una occhiata alla nostra gamma ti
consiglio di andare sul sito www.autemi.com)

Nelle pompe della serie Dragon, questa funzione di controllo e regolazione è assolta dal
sistema “Energy Saving System” ESS, dove idraulicamente si gestisce questa funzione.

Anche nelle pompe della serie Libra è possibile realizzare questa importante funzione: per
mezzo di un sensore di pressione analogico e di un convertitore di frequenza, la portata
iniziale, il punto di interruzione e la portata minima possono essere facilmente impostati e,
cosa ancora più importante, anche variare, se necessario.

Il segnale analogico del sensore di pressione viene inviato direttamente al convertitore di


frequenza.

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Questo tipo di schema di controllo per l'alimentazione del filtropressa consente di risparmiare
energia e, allo stesso tempo, consente una regolazione individuale, anche con cambi di
fanghi, per ottenere risultati di filtrazione ottimali: è il processo di filtrazione che controlla la
pompa di alimentazione.

Cose da considerare quando scegli una pompa

Quando scegli una pompa per il tuo impianto, devi tenere bene a mente il compito di questa
e le caratteristiche dell’applicazione di tuo interesse.

Uno degli errori più classici che infatti si può fare è tenere in considerazione solo del prezzo di
acquisto che questa potrà avere, senza capire e prevedere i problemi che si potranno avere
durante il funzionamento.

Innanzitutto, nei trasferimenti in pressione o nelle applicazioni di alimentazione dei filtripressa,


molte volte vengono utilizzate le pompe centrifughe senza una precisa motivazione tecnica,
in quanto è sì vero che questa tipologia di pompe può costare di meno per quanto riguarda
l’acquisto iniziale, ma è altrettanto vero che le pompe dinamiche – di questa tipologia fanno
parte le centrifughe – hanno dei limiti e degli svantaggi che andremo a vedere.

Innanzitutto le pompe centrifughe, per applicazioni di filtropressa o altre applicazioni, a meno


che non ci spingiamo molto in alto con le taglie – e quindi con i costi - difficilmente superano
i 6-7 bar di pressione.

50
Quindi se hai una applicazione in cui è necessario andare oltre, viaggeremo sicuramente su
ordini di potenza installata che possono diventare importanti – a parità di prestazioni con una
volumetrica.

In secondo luogo, devi considerare che le pompe centrifughe hanno un rendimento che non
è costante e che è massimo solamente in un punto.

Se analizziamo infatti la curva caratteristica di una centrifuga, vediamo che il rendimento


ottimale si ha solamente in corrispondenza di un determinato punto che rappresenta una
coppia di valori Prevalenza (e quindi pressione) / Portata: esiste un solo punto per il quale si
ottiene un rendimento idraulico massimo.

Al di fuori di questo punto, il rendimento cala sempre, quindi se varia la portata o la pressione
che hai nel tuo impianto o nella tua applicazione, devi mettere mano al portafoglio, perché il
rendimento della pompa – che dipende dai triangoli di velocità e quindi da come la pompa è
costruita – si abbasserà inesorabilmente.

Tradotto in parole povere: se ti troverai ad operare con la pompa in una condizione di portata
e di pressione che non è ottimale (quindi avrai sempre questa condizione), devi mettere mano
al portafoglio perché un basso rendimento significa un più alto consumo energetico.

Figura 25 - Curva caratteristica di una pompa centrifuga

In sostanza quindi, tutte le volte che nel tuo impianto la condizione di funzionamento si sposta
dalla coppia di valori di pressione e portata che corrispondono al massimo del rendimento,
stai perdendo soldi perché hai una maggior energia sprecata (la pompa non lavora bene in
quella condizione di esercizio).

Con le pompe volumetriche è possibile evitare questo, in quanto il rendimento è praticamente


sempre costante e la portata non varia al variare della pressione.

Questa è una caratteristica intrinseca a tutte le pompe volumetriche, e quindi anche quelle a
pistone o pistone membrana: la portata è costante indipendentemente dal valore di pressione

51
che si genera (o anche il contrario). Questo perché, la pressione è decisa dalle condizioni di
funzionamento del lato operatore.

In questa maniera, il tuo rendimento non cambia al variare dei parametri di processo, ma
rimane sempre a valori ottimali.

Le caratteristiche fondamentali delle macchine volumetriche sono:

 Prevalenza (e quindi pressione) fornita al fluido indipendentemente dalla velocità di


rotazione con possibilità di raggiungere valori molto elevati
 Portata erogata indipendente dalla prevalenza e direttamente proporzionale alla
velocità di rotazione (che per le pompe alternative è di valori modesti)
 Possibilità di pompare liquidi densi e impasti vari
 Perdite interne praticamente indipendenti dalla prevalenza e corrispondentemente
possibilità di rendimenti molto elevati alle alte prevalenze

Se invece vuoi modulare l’assorbimento di potenza della tua pompa a seconda delle reali
esigenze del tuo impianto, ed in questo modo risparmiare ancora di più (ovvero guadagnare
durante l’utilizzo) allora puoi utilizzare una pompa della gamma Autemi, dotato di sistema ESS.

52
Fai il conto economico, ma fallo bene!
Non mi stancherò mai di ripetere che il conto economico per l’installazione di una macchina
va fatto considerando tutti i parametri, quindi è opportuno considerare soprattutto il costo
energetico annuale per farla funzionare.

Questo perché attratti dal costo iniziale della macchina ci dimentichiamo di considerare per
un bilancio corretto quanto mi costa farla funzionare: è la stessa cosa che fronteggiamo
quando dobbiamo fare il calcolo di quale auto ci conviene acquistare, dobbiamo
considerare sia il costo iniziale dell’automobile, ma dobbiamo anche sapere quanto
consuma ed in base al nostro chilometraggio annuale faremo un calcolo di convenienza.

Se questo lo facciamo a livello personale, a maggior ragione a livello industriale è doveroso


farlo per non incorrere in spiacevoli sorprese che si scoprono durante l’utilizzo.

E’ quindi bene fare un piccolo schema riepilogativo per capire quale sia la soluzione
migliore.

Facciamo un esempio numerico:

OPZIONE A OPZIONE B
Pompa Centrifuga Pompa a Pistoni
35 mc/h 30 mc/h
6 bar 6 bar
17 kW 8.6 kW
Costo: 6000 € Costo: 26000 €

Per prima cosa dobbiamo sapere quanto è il costo (lordo) di 1 kWh di potenza.

Questo dipende da quale è la nostra fascia di appartenenza, ma possiamo usare dei valori
medi desumibili visitando ad esempio il sito di Arera (www.arera.it) in cui si trova la relazione
annuale Arera / elaborazione con dati Eurostat.

Scopriamo il costo lordo (con le imposte) di 1 kWh.

Supponiamo che sia ad esempio 0.19 €/kWh

53
A questo punto devo sapere quante ore al giorno funziona il mio impianto e parimenti quanti
giorni/anno in modo da ottenere le ore annuali di funzionamento

Esempio:

Funzionamento impianto: 8h/day – 320 day/year

da cui 8*320 = 2560 h/year di funzionamento impianto

54
Consumo pompa A:

17 kW * 2560 h = 43520 kWh

Consumo pompa B:

8.6 kW * 2560 h = 22016 kWh

Costo energetico pompa A:

43520 kWh * 0.19 €/kWh = 8268.80 €

Costo energetico pompa B:

22016 kWh * 0.19 €/kWh = 4183.04 €

Già da questo vediamo come la pompa B, sebbene costi di più, ha un costo annuale
energetico che è la metà della pompa A. Quindi in definitiva, ogni anno con la pompa B hai
in tasca € 4085.76 in più rispetto alla pompa A.

La domanda è quindi: quando è che la scelta della pompa B diventa più economica in
assoluto rispetto alla pompa A? Semplice, basta fare una proiezione dei costi annuali su di
un orizzonte temporale di ad esempio 10 anni

PROSPETTO COSTI INCREMENTALE

ANNO POMPA A (€) POMPA B (€)


0 6000 26000
1 14268.80 30183.04
2 22537.60 34366.08
3 30806.40 38549.12
4 39075.20 42732.16
5 47344.00 46915.20
6 55612.80 51098.24
7 63881.60 55281.28
8 72150.40 59464.32
9 80419.20 63647.36
10 88688.00 67830.40

A questo specchietto è meglio associare un semplice grafico che mostra molto più
chiaramente cosa avviene:

55
Come visibile, al 5° anno i costi delle due soluzioni si equivalgono. Questo significa che a
partire dal 5° anno, se utilizzo la Pompa B, ogni anno risparmio € 4085.76 di costi energetici.

Visto che la vita utile di una buona pompa a pistoni se trattata bene può arrivare anche a 20
anni significa che alla fine dei 20 anni ho risparmiato rispetto alla soluzione A ben 15*4058.76
= 60881,4 €.

Questo è fatto considerando 8h di funzionamento al giorno e con i costi energetici appena


visti. Chiaramente più utilizzo la pompa e più la forbice si allarga.

La funzione che rappresenta il costo economico di una pompa durante il suo funzionamento
(a parte il costo della manutenzione) è in prima approssimazione una semplice retta la cui
pendenza è il costo annuale della pompa stessa:

56
Per calcolare analiticamente il punto di pareggio basta uguagliare le due rette che
rappresentano rispettivamente la pompa A e la pompa B.

costo A = c.iniz.A + tg b1 * t

costo B = c.iniz.B + tg b2 * t

ricavando t avrò che:

t = (c.iniz.B – c.iniz.A)/[ore annuali utilizzo pompa*(pot.A – pot.B)*costo unitario €/kWh]

quindi numericamente, con i valori dell’esempio precedente:

t = (26000-6000) € / [2560 h/year * (17 kW – 8.6 kW)* 0.19 €/kWh] = 4.89 year

Ecco che analiticamente abbiamo trovato il lasso temporale a partire dal quale la pompa B
inizia ad essere vantaggiosa economicamente rispetto alla pompa A (4.89 anni nel nostro
caso)

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Descrizione dei vantaggi delle pompe a portata variabile.

Le pompe della serie Dragon di Autemi, sia a pistone che pistone-membrana, sono dotate del
sistema Energy Saving System.

Cosa è il sistema Energy Saving System?

E’ un particolare sistema di gestione che modula il valore della portata di fluido erogata dalla
pompa in funzione della pressione che si crea.

Questo consente di farti risparmiare energia in termini di Potenza elettrica – e quindi di kWh
lato utilizzatore che a fine anno incidono notevolmente sui costi di impianto.

Tale sistema è particolarmente apprezzato durante la fase di riempimento di un filtropressa o


durante il trasferimento di fluidi quando non mi serve tutta la portata al massimo valore di
pressione nominale della pompa.

Facciamo un esempio:

Supponiamo di dovere riempire un filtropressa.

Nella fase iniziale, in cui il filtro è vuoto, ho bisogno di avere un alto valore di portata per iniziare
a riempire le camere. La pressione sarà evidentemente bassa, in quanto il filtro è ancora vuoto.

Mano a mano che il filtropressa si riempie, fino ad un certo valore di pressione che possiamo
scegliere, la pompa continua ad erogare la massima portata nominale.

Una volta che abbiamo raggiunto questa pressione impostata, interviene il sistema ESS:
grazie a questo sistema, la pompa abbassa gradualmente la pressione sino ad avere una
portata quasi nulla una volta che si è raggiunta la pressione massima di esercizio.

Questo cosa consente?

58
Con questo sistema possiamo risparmiare energia diminuendo la portata che non mi serve
avere per finire il riempimento: durante la fase finale di riempimento del filtropressa infatti, non
mi serve avere tutta la portata nominale, ma è molto meglio abbassare la portata per finire il
riempimento al valore di pressione massimo.

E’ infatti inutile avere la portata massima alla pressione massima, anzi questo è
controproducente perché ti intasa il filtro visto che gli stai dando più portata di quella di cui ha
bisogno.

Figura 26 - Esempio di Curva caratteristica per pompa Dragon 20

Questo effetto qui appena spiegato, lo puoi applicare anche in trasferimenti in pressione o tutti
i casi di riempimenti quando non ti serve avere la portata massima alla pressione massima.

In questo modo riesci a risparmiare circa il 30% di consumo energetico!

Ecco perché le pompe dotato di questo sistema hanno circa la metà della potenza installata!

Se invece non vuoi avere questo beneficio, ma vuoi avere sempre pressione massima e
portata massima non c’è problema, basta installare la motorizzazione necessaria e togliere il
sistema ESS sostituendolo con un sistema di distribuzione classico.

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Figura 27 - Immagine della pompa Dragon a portata Variabile con sistema E.S.S.

Ti invito comunque a riflettere sui valori di potenza installata nelle pompe: la potenza installata
è una grandezza fisica che dipende dai valori di portata e pressione che necessiti – non si
scappa, è fisica.

Il resto poi dipende dal rendimento della macchina, ma non può mai essere inferiore al valore
teorico dato dal prodotto pressione per portata.

Se un costruttore di pompe ti dice che il suo prodotto per raggiungere quei valore di pressione
e di portata impiega meno potenza, ti sta ingannando o ti sta dicendo una mezza verità.

60
Perché montare il soft start o Inverter è sempre una buona idea

In questa breve riflessione, vorrei trasmettere il concetto dell’importanza della corretta


gestione della pompa di alimentazione del filtropressa, o più in generale di tutti quei casi in
cui si ha un trasferimento di fluidi in pressione.

Abbiamo infatti visto come durante la fase di filtrazione sia importante adattare la pompa alle
richieste del filtropressa, chiaramente in termini sia di pressione che di portata.

Le pompe a pistone o pistone/membrana di Autemi srl dotate di sistema a risparmio


energetico E.S.S. sono in grado di comportarsi in questo modo.
Questo è reso possibile grazie alla particolare soluzione tecnologica applicata alla centrale
idraulica che comanda appunto la pompa di alimentazione.

Tuttavia, questa soluzione concettuale la si può traslare anche alle pompe a pistone o a
pistone membrana a comando meccanico - quindi per intenderci la serie Libra.

E’ infatti possibile equipaggiare una semplice pompa a pistone a comando meccanico con
un inverter che vada a modulare il regime di rotazione del motore a seconda del valore di
pressione letto con ad esempio un trasduttore di pressione con un segnale 4-20 mA.
In questo modo si può modulare la portata una volta che si raggiunge la pressione desiderata,
programmando opportunamente l’inverter.

Adottare questa soluzione è importantissimo anche per aumentare la vita utile della pompa,
infatti, oltre ai benefici che abbiamo appena visto in termini di risparmio energetico e
modulazione della portata, così facendo, nelle eventuali ripartenza della pompa posso evitare
bruschi avvii in pressione.

Supponiamo che durante la fase di fine filtrazione, la logica della filtropressa imponga alla
pompa di fermarsi al raggiungimento di una determinata pressione e la faccia ripartire ad un
altro valore di pressione (che sarà comunque alto e vicino al fine filtrazione): con questa
modalità di ripartenza evitiamo dei bruschi colpi alla pompa in quanto diversamente la
ripartenza sarebbe abbastanza brusca perché ad elevati valori di pressione.
Questi attacca e stacca prolungati e con valori di pressione alti, possono provocare danni alla
pompa se ripetuti costantemente, spesso se l’operatore ha settato i valori di pressione di start
e di stop molto prossimi.
Tale comportamento è fisiologico a qualsiasi pompa a pistone a comando meccanico che
non sia comandata da inverter.

Il consiglio è quindi di dotare la pompa di un inverter e legare la variazione del regime di


rotazione del motore all’andamento della pressione di filtrazione.

61
Un’alternativa può essere costituita dall’utilizzo del soft start: in questo modo la ripartenza
avviene in maniera appunto graduale, evitando i bruschi colpi all’avvio della pompa, che
possono danneggiare gli organi di moto, anche se non si risolve il problema del contenimento
energetico per diminuzione della portata.

Per esperienza personale, ho visto parecchie pompe che gestite male con le ripartenze
duravano pochi mesi, mentre una volta sistemata la gestione, sia come logica di
funzionamento che come inserimento dell’inverter hanno continuato a funzionare diversi anni
con la sola manutenzione programmata.

Ti serve veramente la pompa a membrana?

In questa parte voglio nuovamente affrontare il tema della pompa di alimentazione, non
solamente visto per l’alimentazione del filtropressa, ma anche in tutti quei casi in cui sia
necessario trasferire un fluido in pressione più in generale.

Talvolta infatti succede che quasi per abitudine venga scelta una pompa a membrana
solamente per abitudine o perché più in generale si pensa che una pompa a pistone non sia
in grado di trasferire fluidi viscosi o abrasivi.

In linea generale, non è sbagliato affidarsi ad una pompa a membrana, perché di sicuro si
riesce a pompare il fluido in maniera efficace.

Esistono tuttavia dei casi, in cui non è necessario spingersi sull’applicazione della membrana,
ma si possono ottenere degli ottimi risultati con una pompa a pistone.

Infatti, con la tecnologia dei rivestimenti ceramicati sfruttata nelle pompe a pistone della
gamma di Autemi, si riescono a pompare ugualmente fluidi sia viscosi che abrasivi senza
dovere ricorrere all’utilizzo della membrana.
Questo appunto perché il rivestimento duro delle parti a contatto con il fluido da pompare,
quindi tipicamente camicia ed asta pompante, unitamente alla caratteristica costruttiva del
pistone pompante, consentono una vita utile più che sufficiente per eseguire uno o due
interventi manutentivi all’anno.

E’ il caso ad esempio di un nostro cliente, che per pompare una lecitina di girasole, molto
viscosa con temperatura di circa 80° ha sostituito le pompe a membrana con le pompe a
pistone a portata variabile ceramicate.

62
Questo comporta almeno un triplice vantaggio:

- A parità di prestazioni in termini di pressione e portata, la pompa a pistone costa meno


(perché chiaramente manca tutto l’apparato della membrana)
- I ricambi di una pompa a pistone costano meno di quelli di una pompa a membrana
- La manutenzione di una pompa a pistone è molto più semplice se paragonata a quella
di una pompa a membrana.

Perciò è opportuno valutare anche la possibilità di utilizzare una semplice pompa a pistoni
prima di optare ad occhi chiusi per una pompa a membrana.

Un tipico errore

Una delle pratiche che si trova frequentemente negli impianti di disidratazione fanghi, è quello
di utilizzare due pompe in parallelo per l’alimentazione del filtropressa.

La descrizione “in parallelo” a dire il vero non è neanche del tutto corretta in quanto le pompe
non si trovano a funzionare assieme, ma semplicemente alimentano in sequenza il
filtropressa.

Cosa vuol dire?

Semplicemente che è prevista – di solito – una pompa a centrifuga per il riempimento ed una
pompa (solitamente in questo caso volumetrica) per la fase finale della filtrazione.

Questo perché, come abbiamo visto, si segue la richiesta del filtro durante la fase di filtrazione
ed anche perché le pompe centrifughe sono adatte nella fase iniziale in cui serve una portata
alta, ma a bassi di valori di pressione.

Quando poi le pompe centrifughe non riescono a raggiungere la pressione necessaria per
finire la filtrazione, viene fatta partire la pompa volumetrica che tipicamente eroga una
pressione più alta ed un più basso valore di portata.

In questo modo è possibile quindi condurre la fase di filtrazione sia nella fase di riempimento
che in quella finale.

Il problema è che però bisogna gestire due pompe, con conseguente aggravio in costi di ciò
che comporta gestire due macchine al posto di una.

63
Con le pompe a pistone a portata variabile di Autemi, è possibile rimediare a questa scelta ed
utilizzare solamente una pompa che si occupa sia della fase di riempimento che di quella
finale di aumento della pressione.

Le pompe a pistone a comando idraulico infatti sanno adattarsi alla richiesta del filtropressa
e riescono ad erogare la portata massima nella fase di riempimento ed una volta raggiunto
un certo valore di pressione di taglio, riescono ad abbassare la portata ed a continuare la fase
di aumento di pressione, in modo da contenere l’assorbimento energetico (regolazione a
potenza costante).

Così facendo ho un contenimento energetico e non sono costretto ad installare e gestire due
pompe quando posso installarne comodamente solamente una.

Un tipico errore – parte 2

Uno degli altri errori che spesso commettono alcuni impiantisti o chi installa un filtropressa a
piastre nel proprio stabilimento, è sbagliare la scelta della pompa o, ancora peggio, optare
per una scelta di una pompa economica o poco adatta perchè il budget a disposizione è
rimasto rosicato dalla installazione del filtropressa.

E’ uso comune infatti pensare che la bontà del processo di filtrazione dipenda solamente dalla
filtropressa, e che la pompa non contribuisca molto a questa fase.

Nulla di più sbagliato: la pompa di alimentazione gioca un ruolo cruciale nella filtrazione,
talvolta anche in misura maggiore del filtropressa.

E’ facile pensare come poi, la pompa abbia un ruolo cardine nel processo di filtrazione: infatti
se si rompe una tela o se per caso qualche funzione automatica non è più rispondente, riesco
comunque a portare a termine la filtrazione o a fare qualche altro ciclo di emergenza. Se la
pompa invece è fuori uso, non esiste metodo per riuscire a fare la filtrazione.

E questo spiega anche perché in un impianto di serie A, esistono sempre due pompe in
parallelo (una di scorta all’altra) proprio per ovviare a questo problema o per fare
manutenzione preventiva.

Idealizzando al massimo, un filtropressa altro non è che un telaio con un cilindro idraulico che
tiene in pressione una serie di elementi filtranti (piastre e tele). Fine.

Poi è possibile avere più o meno optional a seconda del grado di automatismo richiesto.

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In realtà nessuno considera che è la pompa quella che convoglia all’interno il liquido che deve
essere pressato all’interno del filtropressa, per cui ne è la responsabile di come avviene la fase
di riempimento.

Quindi qui entrano almeno due fattori, ovvero dimensionamento corretto e la gestione della
pompa.

Innanzitutto, la pompa deve avere la capacità di ottenere un panello solido sufficientemente


compatto e disidratato, e questo può voler dire che la pressione di alimentazione del fango
deve raggiungere certi valori di pressione, per cui ci sono casi in cui possono bastare 6 bar,
ma ci sono anche casi in cui si arriva a 12-14 bar. E la differenza in termini di compattezza del
panello – e quindi in relazione al grado di secco – la paghi a fine anno quando si fanno i conti
delle spese di smaltimento.

Altra questione è quella della portata: non posso mandare tutta la portata che desidero alla
filtropressa, perché le tele si intaserebbero, avrei una resistenza di ingresso che si tradurrebbe
come una lettura errata della pressione di alimentazione della pompa e sarebbe molto difficile
gestire il ciclo di filtrazione, in quanto la portata della pompa deve essere adeguata a ciò che
il filtropressa mi consente di ricevere.

Poi si arriva al tema della gestione.

Abbiamo già spiegato come è corretto gestire la pompa di alimentazione, soprattutto


volumetrica, durante il riempimento del filtropressa per conferirgli la coppia di valori
pressione/portata più adatta al caso.

E’ importante infatti evitare cicli di filtrazione discontinui o pulsanti, perché non aiuta ad
ottenere compattezza nel panello di scarico.

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AUTEMI S.r.l.
LA NOSTRA STORIA

Autemi Srl nasce nel 2015


come trasformazione
della società di ingegneria
“Minghetti Engineering”
fondata nel 1981 ed
operativa nel settore del
trattamento acque reflue e
dei fanghi civili ed
industriali.
Grazie a questa notevole
esperienza – più che
trentennale – acquisita sul
campo, Autemi Srl è oggi
in grado di progettare,
costruire ed installare
linee di macchine rivolte
al settore della filtrazione e
disidratazione dei fanghi e
delle acque di processo.

Il dinamismo, la flessibilità
e la capacità di adeguarsi
WEB: alle esigenze del cliente, ci
www.autemi.com consente di offrire
soluzioni personalizzate e
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