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Fondamenti di Acustica degli strumenti e della voce

10 ore (1 CFU) - COTP/06

Prof. Emanuele Stracchi


calendario del corso

Giovedì 4 Maggio, ore 9-11


Giovedì 25 Maggio, ore 9-11
Giovedì 8 Giugno, ore 9-11
Giovedì 29 Giugno, ore 9-11
Giovedì 13 Luglio, ore 9-11
Obiettivi formativi

L'attività formativa punta a fornire una conoscenza preliminare dei fondamenti di acustica, psicoacustica e
di acustica ambientale, sottolineando in particolare la loro rilevanza per la cognizione dei principi e delle
strutture della musica occidentale, oltre a fornire alcune nozioni iniziali sul funzionamento meccanico ed
acustico degli strumenti musicali e della voce.

Programma del corso

A. Introduzione generale: concetto di “acustica” e sua etimologia, Pitagora e cenni filosofici sull’harmonia
mundi, realtà fisica/fenomenica; l’Antichità e le conquiste nel campo acustico.
B. Fondamenti fisici del suono. Forma d’onda, frequenza, periodo, ampiezza, suoni periodici, altezza,
ottava; onde stazionarie e modi di vibrazione, velocità del suono, teorema di Fourier, suoni complessi
armonici e enarmonici, spettro, fondamentale, componenti armoniche e inarmoniche, intervalli.
C. Elementi di psicoacustica e fisiologia. Livello di pressione sonora (SPL), Livello di intensità sonora
(SIL), Decibel, Curve isofone, Livello di volume, Phon, intensità soggettiva o sensazione sonora, Son;
fisiologia dell’orecchio umano: struttura e funzioni delle varie parti. Coclea, membrana basilare e
teoria posizionale della frequenza. Banda critica, Discriminazione, Asprezza, Battimenti e
mascheramento acustico. Timbro, Teoria classica del timbro, Spettro, Inviluppo spettrale; fisiologia
dell’organo fonatorio umano e acustica della voce: tratto vocale, Risonanza e Formanti.
Sovrapposizione e combinazione di onde sonore; Battimenti.
D. Accordature e temperamenti. Il problema del comma pitagorico e del comma sintonico, lo schisma;
Scala pitagorica, naturale, temperamenti mesotonici, in Francia, in Germania, in Italia. Il “Ben
Temperato” secondo Johann Sebastian Bach; il Sistema Temperato Equabile e il Cent. Brevi cenni di
acustica degli ambienti. Gli strumenti musicali e loro classificazione, risuonatori e semplici strumenti,
principi generali dell’acustica degli strumenti aerofoni, cordofoni, membranofoni, idiofoni ed
elettronici.

Per il conseguimento dell’idoneità si prevede un test scritto con questionario (circa 1 ora).
Per altre informazioni contattare il docente alla mail e.stracchi@consca.it

Testi scelti all’interno del corso (selezione)


Righini, P., L’acustica per il musicista, Ricordi
Sachs, C., Storia degli Strumenti Musicali, Mondadori
Cingolani, S., Spagnolo, R., (a cura di), Acustica musicale e architettonica, UTET
Azzaroni, L., Canone infinito. Lineamenti di teoria della musica, Clueb
Cerchio, B., Il suono filosofale. Musica e Alchimia, LIM
Fondamenti di acustica degli strumenti e della voce
Prof. Emanuele Stracchi

I
Introduzione generale

L'attività formativa punta a fornire una conoscenza preliminare dei fondamenti di acustica, psicoacustica e di
acustica ambientale, sottolineando in particolare la loro rilevanza per la cognizione dei principi e delle
strutture della musica occidentale, oltre a fornire alcune nozioni iniziali sul funzionamento meccanico ed
acustico degli strumenti musicali e della voce.

Concetto di “acustica” e sua etimologia

La parola « ACUSTICA » deriva dal greco1 ἀκούειν, «udire», è stata introdotta nel latino scientifico
soltanto nel XVII secolo: infatti, nella Magiae universalis del gesuita Gaspar Schott del 1657 il secondo
volume è proprio dedicato all’Acustica. Si tratta della più antica indicazione reperibile di questo vocabolo.

Gaspar Schott (1608-1666), gesuita allievo di Athanasius Kircher, è noto in particolare quale autore della
Mechanica hydraulico-pneumatica (1657), un'opera che contiene alcune tra le prime descrizioni degli
esperimenti sul Vuoto, tra cui quello famosissimo di von Guericke.

1 Cfr. la voce “Acustica Musicale” sul Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, UTET, Torino
L'Acustica è nata in Grecia essenzialmente per spiegare i fenomeni musicali, ma nell’opera di Aristotele -
specialmente nei Problemata dello Pseudo-Aristotele - non poche sono le questioni proposte e risolte di
carattere prettamente fisico; Aristotele aveva compreso una cosa essenziale: quando un corpo emette dei
suoni si trova in uno stato di vibrazione, cioè un movimento che si comunica all’aria circostante
provocando onde paragonabili ai cerchi prodotti sulla superficie di uno specchio d’acqua dalla caduta di
un sasso. Si può dunque dire che l’acustica studia i suoni e le onde sonore. I primissimi studi sul suono
furono eseguiti dai Pitagorici nel VI secolo a.C., ma l’ipotesi che il suono fosse una conseguenza di onde di
pressione è stata sostenuta dallo stoico Crisippo. Come vediamo, le conoscenze degli antichi erano
raffinatissime, l’acustica come scienza però si sviluppa a partire solo dal 1600 e tra i protagonisti si
ricordano Mersenne, che compie la prima misura della velocità del suono; Kircher, che approfondisce le
proprietà del suono nella Phonurgia Nova e nella Musurgia Universalis; Galileo, che studia
sistematicamente i fenomeni sonori ed oscillatori.

Gli Antichi hanno risolto in modo egregio difficili


problemi di acustica ambientale con la costruzione
di celebri teatri all'aperto quali Epidauro e
Siracusa. La loro descrizione si ritrova con molte
altre notizie di acustica, ad esempio nel libro V del
De Architectura di Vitruvio. Fino al secolo scorso i
progressi acustici in realtà sono stati piuttosto
lenti: i vari studiosi ne esaminavano
essenzialmente gli aspetti matematici e quelli
applicati per la costruzione degli strumenti
musicali. Due tesi fondamentali, cioè la teoria del
suono di lord Rayleigh e la teoria della sensazione
sonora di Helmholtz raccoglievano la quasi
Il teatro di Epidauro, progettato da Policleto il totalità delle conoscenze in questo ramo.
Giovane e risalente al 350 a.C.
Un grande sviluppo dell’acustica si è avuto alla
fine del secolo scorso, con l’introduzione prima del
telefono e poi del fonografo, i quali hanno aperto la via all’elettroacustica: essa è stata progressivamente
sviluppata a partire dal secondo decennio di questo secolo con l’avvento dell’elettronica; e quest’ultima
scienza ha consentito di creare apparecchiature per la
generazione, la ricezione e la misura dei suoni. L’acustica
moderna ha avuto un enorme sviluppo, dimostrato dal numero
di pubblicazioni, dalle applicazioni anche industriali e
dall’importanza dei problemi posti.
La musica riprodotta e radiodiffusa ha contribuito alla
divulgazione e alla conoscenza di questa arte: infatti, strumenti
musicali di natura elettrica si sono aggiunti a quelli tradizionali e
sono sorte musica elettronica e musica concreta sul cui valore e
possibilità di sviluppi si potrà parlare meglio in futuro.
I metodi di misura hanno consentito un accuratissimo rilievo
delle scale musicali e anche l’esame del comportamento degli
strumenti musicali. Studi di fisiologia e di psicologia
contribuiscono a spiegare sia fenomeni del canto, sia aspetti
dell’ascolto musicale.
Determinazioni di carattere fisico sperimentale tracciano una via
sufficientemente sicura per risolvere numerosi problemi di
acustica ambientale, problematizzando l’acustica delle sale di
spettacolo che oggi si possono progettare uscendo da
quell'empirismo al quale fino a pochi anni or sono si faceva Pitagora e i Pitagorici, dalla
ricorso. Theorica Musicæ di Franchino
Gaffurio, 1492
Pitagora e cenni filosofici sull’harmonia mundi

Partiamo da una serie di problemi filosofici:

ESSERE NON-ESSERE

Principio primo = Archè

UNO - MOLTI (Unità / Molteplice)

“Così come in alto, così in basso” / “Solve et coagula” / “Reductio ad unum” / “Concordia Discors”

Il discorso che origina il problema dell’acustica musicale, della teoria degli intervalli e dell’essenza stessa
della cultura musicale occidentale ha radici alchemico-filosofiche2 lontanissime.
Pitagora e i Pitagorici spiegano che il numero è la base di ogni cosa nell'universo (l’Archè, il Principio
generatore, ἀρχή) e che tutto può essere spiegato attraverso di esso. La teoria pitagorica del numero si
connette con la musica attraverso l’idea che i numeri sono alla base delle proporzioni e delle armonie nella
musica. Infatti, secondo i Pitagorici, le espressioni musicali più belle e armoniose possono essere raggiunte
utilizzando le stesse proporzioni matematiche che governano l'universo. La relazione tra musica e numeri è
una relazione fondamentale, che ci consente di comprendere meglio la natura
dell'universo e il nostro rapporto con esso.

La sacra tetraktys è un simbolo pitagorico, composto da quattro righe di punti che


formano un triangolo equilatero. Questo simbolo ha un significato alchemico-
filosofico profondo: in alchimia, la tetraktys rappresenta le quattro fasi della
creazione: terra, acqua, aria e fuoco; queste quattro fasi rappresentano anche le
quattro virtù cardinali, cioè prudenza, giustizia, temperanza e fortezza; in filosofia,
la tetraktys rappresenta l’unità dell’universo e la connessione tra tutte le cose,

simboleggiando perfezione, armonia e bellezza. L’essere in quanto tale si esprime nell’Uno (poiché si
contrappone al Nulla, che è non-essere).
L’Uno è il punto; il Due è il primo numero rettilineo; il Tre è il primo triangolare; il Quattro è lo spazio
(infatti quattro sono gli spigoli di un tetraedro). Il Quattro è di importanza capitale, non solo per i rimandi
alchemico-filosofici, ma soprattutto perché in esso è presente l’armonia primigenia, essendo prima potenza
(22), è lo stadio dell’anima mundi. (studi dei Pitagorici; Timeo, Platone)
Harmonia mundi è il principio che regge il cosmo in quanto tale, ovvero l’essenza stessa dell’ordine.
Nella nostra cultura questo concetto fu indagato proprio dalla corrente pitagorico-platonica e collegato
puntualmente alla musica: se “armonia” vuol dire ricomporre le cose secondo gli schemi celesti, significa
che esiste un collegamento tra l’ordine che regge il cosmo e l’ordine che regna nella musica.

Musica e Musica e Musica e


Musica e fisica: astronomia: catarsi: l’ethos
matematica l’acustica l’armonia musicale e
pitagorica celeste l’importanza
per l’anima

2 Cfr. Cerchio, B., Il suono filosofale. Musica e Alchimia, LIM, 2019


La scuola Pitagorica è la prima a cercare una relazione tra suono, numero e implicazioni simbolico-
filosofiche degli stessi. Gli esperimenti condotti sul monocordo mirano a riprodurre i rapporti matematici
aventi proprietà ben precise e che descrivono allo stesso tempo lo stadio dell’anima mundi, nella quale la
natura degli elementi è comprensibile in una proporzione matematica in cui sono presenti solo il 2 e il 3, le
loro potenze e le loro moltiplicazioni, rappresentanti terra, acqua, aria e fuoco:

8:12 = 12:18 = 18:27

In questa proporzione geometrica sono presenti tutti i


rapporti di numeri epimori, cioè numeri interi ottenuti
attraverso rapporto superparziale definibile con
(a+1):a; poiché tutte le consonanze, riportabili su una
corda di determinata lunghezza detta monocordo,
erano espresse da questo tipo di rapporti, i Pitagorici
arguirono che ogni consonanza corrispondeva a
rapporti di questo tipo (vedi schema a lato) elaborando
così la scala pitagorica dove il Tono (Limma) è 9/8.

Nella proporzione, inoltre, le potenze del Due e del


Tre vengono fissate nell’Unità ed esse si comportano
come un compasso, detto lambdoma. Il compasso
rappresenta l’attributo del Dio ordinatore:

1
2 3
4 9
8 27

Nel lambdoma un ordine archetipico di natura matematica si giustifica


in termini cosmici e risulta gradevole all’orecchio (“consonanze” in
quanto ogni suono si accorda e si identifica nell’altro): è questa la
grande scoperta pitagorico-platonica, trasmessa nei secoli sino al
nostro sistema attuale.
L’accordatura pitagorica è una spirale di quinte perfette, ovvero pure e
senza battimenti: la spirale è costruita in modo che il circolo delle
quinte non si chiuda mai, a causa del comma pitagorico (circa 24
cents). Il tipo di scala usata in epoca medievale è proprio la scala
pitagorica. Utilizzata sino al 1500, ha una struttura con 12 quinte pure,
senza battimenti, tale da rispettare la teoria pitagorica.
Le corrispondenze simboliche e la creazione stessa del sistema musicale greco, che ha attraversato i secoli
arrivando con modifiche ed interventi sino a noi, sono nate proprio perché anticamente prevale l’aspetto
intellettuale e speculativo. La speculazione musicale terrena si relaziona con la musica delle sfere.
Ogni cosa del mondo ilico e materiale deve essere esprimibile in termini cosmici e questo ci viene spiegato
da Platone, che nel Timeo riprende totalmente la dottrina pitagorica:

“Quanto c’è di utile nel suono musicale è stato dato all’udito per causa
dell’armonia. E l’armonia, che ha movimenti affini ai giri dell’anima, che sono in
noi, a chi con intelletto si giovi delle Muse non sembra utile, come si crede ora, a
stolti piaceri, ma essa è stata data dalle Muse per comporre e rendere consono a
se stesso il giro dell’anima che fosse divenuto discorde in noi”

È evidente che in Platone sono presenti anche dei fini filosofico-educativi riguardo la musica e l’ethos (cfr.
Repubblica, ripresi poi da Aristotele nella Politica) ma la cosa fondamentale è che la Musica - l’Arte delle
nove Muse, figlie di Mnemosine - ci ricongiunge all’armonia universale in quanto arte dell’udito, senso
mediatore per eccellenza tra il Logos e la matematica.

MUSICA = incontra i sensi (lega l’Uomo alla Necessità, al Dionisiaco)

= spinge intellettualmente la mente umana verso il Divino (l’Estasi, l’Apollineo)

Sistema Teleion greco = sistema “perfetto”,


ovvero costituito da 2 ottave, da La a La
Realtà fisica / Realtà fenomenica

La realtà fisica si riferisce all’esistenza concreta e oggettiva delle cose, come possono essere percepite
attraverso i nostri sensi. La realtà fenomenica, invece, si riferisce alla nostra esperienza soggettiva del
mondo, che è influenzata dalle nostre percezioni, emozioni, pensieri, e quindi non sempre corrisponde alla
realtà fisica oggettiva. Nella filosofia di Kant, ad esempio, la realtà fenomenica è quella che percepiamo
attraverso i nostri sensi, mentre la realtà noumenica è quella che esiste al di fuori della nostra esperienza
sensoriale, ma che non possiamo conoscere direttamente. In altre parole, la realtà fenomenica è la nostra
percezione dell’oggettività, mentre la realtà fisica è quella che esiste indipendentemente dalla nostra
I nostri orpercezione. Nella filosofia di Schopenhauer la realtà fenomenica è
solo un’illusione, una rappresentazione soggettiva della realtà
oggettiva che ci circonda, e che non possiamo mai conoscere
Sensazione
direttamente. In questo senso, la realtà fenomenica è una sorta di
“velo” che ci impedisce di vedere la vera (1 di 2) della realtà fisica. È
natura
di fondamentale importanza considerare questa differenza poiché il
suono, per sua stessa etimologia, deriva dal latino sonus che significa
percepita
La sensazione
 sensazione dall’udito;
è l’esperienza il suono
soggettiva di per
associata sé stimolo
a uno è un fenomeno
fisico
acustico, prodotto da vibrazioni dei corpi elastici.
ed implica la registrazione e la codifica dell’informazione contenuta
per
nello stimolo da parte degli organi di senso e delle vie neurali.

 Stimolo fisico Risposta fisiologica Esperienza sensoriale

 Stimolo fisico: materia o forma di energia che colpisce gli organi di senso.
Risposta fisiologica: complesso delle attività elettriche a livello degli organi di

La sensazione è l’esperienza soggettiva associata a uno stimolo fisico tale da implicare la registrazione e la
senso, dei nervi e del cervello innescate dallo stimolo.
codifica dell’informazione contenuta nello stimolo da parte degli organi di senso e delle vie neurali.
Esperienza sensoriale: esperienza psicologica soggettiva: suono, visione,
1. I nostri organi sensoriali sono limitati;

2. Possiamo percepire solo una piccola sapore,


parteodore
dellaecc.
vastità di stimoli esistenti in natura;
3. Per essere percepito, uno stimolo deve superare una soglia minima di intensità;
4. La mente umana organizza costantemente l’attività percettiva in modo da cogliere eventi e stimoli in
modo unitario e coerente; la percezione, pertanto è un processo olistico che non considera margini,
tessiture e frequenze di contrasto ma figure organizzate su uno sfondo; la figura è tutto ciò che ci
interessa, lo sfondo è invece la restante parte.

Il caso del VasoL’organizzazione


di Rubin (1921)
Si tratto di un vaso nero su uno sfondo bianco… oppure
profili di due volti bianchi su uno sfondo nero ?
Le due immagini non sono visibili contemporaneamente:
quando si percepisce una l’altra, non è visibile.

… Quale è la figura? Quale lo sfondo?

03| L’organizzazione percettiva


L’organizzazione figura/sfondo

L’organizzazione
Il caso delle simmetrie, dove aree simmetriche emergono come figura.

a
Le figure bistabili: cosa vedete nell’immagine?
… Assume rilevanza l’impostazione soggettiva
dell’osservatore, che determina la segregazione
figura/sfondo sulla base di uno spostamento
dell’attenzione (Kanizsa, 1975)

03| L’organizzazione percettiva


Le figure bistabili e le figure ambigue in generale dimostrano che
l’attività percettiva è un processo attivo, dinamico e automatico, in cui
entrano in gioco processi di riorganizzazione e di reinterpretazione. Ciò
non avviene solo in ambito visivo, ma anche nel campo uditivo.
La presenza fenomenica dell’oggetto non è sostenuta dalla realtà fisica,
non ci sono contorni o margini a delimitare. Guardando l’immagine, il
triangolo che viene percepito nel centro della configurazione non è
definito da margini fisicamente presenti (Kanizsa, 1975). In sostanza,
vediamo quello che non c’è realmente. Un oggetto viene percepito
seppure non presente; osservando queste figure è possibile notare come
alcuni oggetti che sembrano emergere dallo sfondo non siano di fatto
delimitati da nessun tracciato, eppure riusciamo a coglierli.

“La struttura (Gestalt) appare come quel tipo di organizzazione a cui non può essere aggiunto o sottratto
alcunchè, pena la sua dissoluzione o metamorfosi”3

“Il tutto è più della somma delle singole parti”4

La psicologia della Gestalt si basa sulla percezione della realtà e sul modo in cui si costruisce l’esperienza
rispetto a diversi fenomeni. Secondo la Gestalt, gli elementi simili che costituiscono un’immagine o una
composizione, vengono raggruppati tra loro e poi percepiti come un unico elemento.

3 Galli, G., Conoscere e conoscersi, Clueb, Bologna, 1991, p. 17


4 Cfr. von Ehrenfels,
03| L’organizzazione percettiva Le qualità formali, 1890
L’Antichità e le conquiste nel campo acustico

Va ricordato che gli antichi Greci hanno fatto molte scoperte nel campo dell’acustica. Come abbiamo
visto, i Pitagorici hanno studiato le proprietà matematiche dei suoni, scoprendo la relazione tra lunghezza
delle corde e la frequenza del suono prodotto. Inoltre, gli antichi Greci hanno sviluppato teatri all’aperto
con acustica progettata per amplificare le voci degli attori.
Le maschere del teatro greco sono tutte caratterizzate da un’ampia apertura boccale. Perché?
Il motivo è sostanzialmente acustico: gli antichi avevano capito in maniera molto empirica come
contrastare il fenomeno dell’impedenza (cioè impedimento, inversamente proporzionale all’apertura
boccale). I coristi che cantano in coro devono avere una apertura della bocca tale da poter proiettare il
suono in avanti!

Anche i Romani hanno fatto progressi significativi nell’acustica. Hanno sviluppato l’Anfiteatro, una
struttura chiusa progettata per riflettere il suono in modo che sia udibile ovunque nell’arena. Inoltre, gli
ingegneri romani hanno utilizzato il cemento per creare superfici lisce sui muri degli edifici, migliorando la
riflessione del suono: il principio del riverbero delle onde sonore sui
materiali adoperati dai costruttori, che normalmente erano la pietra e il
legno, e dall'angolazione di questi materiali rispetto alla sorgente sonora.
Anzi, persino la stessa pietra dava risultati diversi, cambiando il tipo di
pietra messo in opera nella costruzione delle gradinate. In Sicilia, per
esempio, ricorrevano spesso alla pietra lavica, così come si nota nel teatro
greco-romano di Taormina, nella foto qui a lato.

Nel Medioevo, le scoperte più notevoli vengono attuate e pienamente


realizzate nell’acustica delle pievi, delle chiese e delle cattedrali. L’altare era
un luogo privilegiato: infatti, il sacerdote riusciva ad ascoltare tutto grazie ad una perfetta disposizione
delle parti, in quanto i costruttori conoscevano il fenomeno delle onde riflesse contro l’abside (nella figura,
F è un fuoco di un ipotetico ellisse).
Perché gli Antichi compositori amavano finire il contrappunto con l’ottava o con la quinta vuota?
Perché a volte invece si usava la terza di Piccarda, cioè l’inserimento della terza maggiore in luogo
dell’accordo minore di tonica?
Tutto questo nasce per motivi acustici. Gli Antichi avevano un orecchio sviluppatissimo, che gli
permetteva di sentire dei suoni risultanti, ovvero quelle armoniche parziali che noi abbiamo scoperto dopo
aver conquistato la fisica moderna.

Si veda, a questo titolo, il Sederunt Principes di


Perotin (1199): l’utilizzo delle quinte vuote per
cominciare e finire perché nel contrappunto
severo si usano per tradizione determinate
regole, dettate dall’uso pratico e soprattutto da
esigenze acustico-compositive.

La terza Piccarda ebbe origine nel periodo rinascimentale


e divenne comune per tutto il periodo barocco. Viene
utilizzata dai compositori per creare nell'ascoltatore come
un bagliore di luce o di speranza sull'ultimo accordo che,
essendo maggiore, è in contrasto con la sonorità cupa
propria del modo minore. Il termine “tierce de Picardie”
(terza di Piccarda) è usato per indicare questa formula e fu
usato per la prima volta dal Rousseau nel Dictionnaire de musique (1767). Nel corso dei secoli XVI e XVII
era una prassi pressoché sistematica quella di concludere un brano in tonalità minore con l'accordo maggiore:
a quell’epoca, la terza minore era considerata una consonanza imperfetta (quindi non sufficientemente
conclusiva), inoltre risultava particolarmente calante nel temperamento mesotonico allora in uso (che invece
aveva le terze maggiori perfettamente consonanti).

Terza piccarda in J.S. Bach,


Preludio n. 6 in Re minore
(BWV 875) dal
Clavicembalo ben
temperato, libro II

Conquiste antiche riscoperte e ampliate nel


periodo barocco: ad esempio, gli artisti di questo
periodo hanno utilizzato la musica come
strumento per manipolare le emozioni degli
spettatori, sviluppando tecniche per creare effetti
sonori sorprendenti utilizzando strumenti come
l’organo; tipica del barocco veneziano la
contrapposizione tra cori battenti o spezzati, la cui
testimonianza è data dall’avere spesso due organi
contrapposti all’interno di una chiesa; una
inconsueta presenza al di fuori fuori del territorio
veneziano di questa caratteristica tecnica è visibile
nella Chiesa dell’Annunziata a Sulmona.
Bibliografia

voce Acustica Musicale dal DEUMM

Barbone, A., Musica e filosofia nel pitagorismo, La scuola di Pitagora editrice, Napoli, 2009

Cerchio, B., Il suono filosofale. Musica e Alchimia, LIM, 2019

Cingolani, S., Spagnolo, R., (a cura di), Acustica musicale e architettonica, UTET

Galli, G., Conoscere e conoscersi, Clueb, Bologna, 1991

Platone, Timeo

Righini, P., L’acustica per il musicista, Ricordi


Fondamenti di acustica degli strumenti e della voce
Prof. Emanuele Stracchi

II
Fondamenti fisici del suono

L'analisi del fatto musicale non può limitarsi a una pura questione fisica, ma sconfina ampiamente nella
psicoacustica e in modo più generale, nella cultura con confini che non sono tracciati nettamente, ma
sfumati. Ne consegue che:

L'acustica musicale è scienza interdisciplinare

Nell'apprezzamento di un brano musicale, il suono come fenomeno fisico ha un peso relativamente basso.
Il modo in cui noi percepiamo questo insieme di suoni ha, invece, una importanza maggiore. Ancora più
importante è l'elaborazione di tale percezione in base alla nostra cultura.

Nello studio del suono musicale, quindi, sono coinvolte varie scienze:
I. Fisica: indaga la realtà dei fenomeni (nel caso specifico abbiamo a che fare con l’acustica);
II. Fisiologia: scienza che studia le funzioni degli organismi animali e vegetali (in questo caso,
fisiologia dell'apparato percettivo);
III. Psicofisiologia: disciplina che studia le relazioni tra l'attività psichica e le funzioni fisiologiche
dell'uomo. Nel nostro caso ci rivolgiamo alla Psicoacustica: scienza che studia le modalità di
percezione e elaborazione del suono.

Per una valutazione quantitativa delle tre parti dello schema sopra, possiamo fare il paragone seguente: se
consideriamo una pesca, l'acustica corrisponde al seme dentro il nocciolo, la psicoacustica occupa lo
spazio del nocciolo, la cultura è la polpa. La musica, quindi, è principalmente un fatto culturale fondato su
base fisica e psicoacustica.

Origine e propagazione del suono

Il suono è un fenomeno fisico, non un oggetto: per esistere, ha bisogno di una sorgente cioè di un corpo
vibrante e di un mezzo elastico di propagazione in cui le onde possano viaggiare. Aria, acqua, legno, alcuni
metalli e perfino il vetro possono vibrare e propagare le onde sonore; naturalmente, la distanza a cui
queste ultime si propagano dipende dall'elasticità del mezzo.
Abbiamo quindi un primo dato di fatto:
all'origine del suono c'è un corpo vibrante
Vibrando, questo corpo trasmette le proprie vibrazioni al mezzo che lo circonda (nel nostro caso, l'aria).
L'energia sonora, quindi, è una forza meccanica che, partendo dalla sorgente, si irradia sotto forma di
onde attraverso il mezzo di propagazione fino all’ascoltatore:
il suono è energia che si propaga sotto forma di onda
Le figure seguenti visualizzano un'onda che si propaga da un punto centrale in tutte le direzioni:

L'onda si muove, espandendosi, nella direzione indicata con W. Proprio a causa dell'espansione (e
dell'assorbimento dell'aria), l'onda perde lentamente energia, per cui il suono si propaga fino a una certa
distanza, ma poi non si sente più:

Come si comportano le molecole dell'aria quando vengono messe in movimento da un corpo vibrante?
Ognuna di esse si muove leggermente e poi colpisce quelle vicine, trasferendo loro il proprio moto, un po'
come nel caso di un’enorme “ola”; per poter sentire un suono continuo, la sorgente deve vibrare con
continuità, non una sola volta.

Definizione di catena acustica: che cosa è il suono?

Il suono è una sensazione uditiva provocata da una variazione della pressione dell’aria. L’onda sonora
generata dalla vibrazione di un corpo elastico arriva al nostro orecchio dopo aver viaggiato lungo un altro
materiale elastico (nella nostra esperienza più comune, l’aria).
Gli elementi necessari perché si verifichi un suono sono tre:
A. la sorgente sonora (il corpo vibrante)
B. il mezzo di trasmissione dell’onda sonora (l’ambiente, anche non omogeneo, dove il suono si
propaga)
C. il ricevitore (l’ orecchio e il cervello)
Della natura delle vibrazioni e delle onde sonore e della loro propagazione nel mezzo si occupa la acustica
fisica, del rapporto tra onda sonora e il ricevente (il sistema orecchio – cervello), e quindi di come l’uomo
interpreta i segnali acustici, si occupa la psicoacustica.
Concetti fondamentali:
Forma d’onda, frequenza, periodo, ampiezza, suoni periodici, altezza e ottava

Alla base del comportamento di gran parte dei corpi vibranti degli strumenti musicali c’è il moto armonico
semplice, un tipo di movimento oscillatorio che si ripete regolarmente e di cui possiamo calcolare il
periodo, ossia la durata (sempre uguale) dei singoli cicli. Il moto armonico semplice si verifica quando un
corpo dotato di massa, sottoposto a una forza (nel nostro caso di tipo elastico) oscilla periodicamente
intorno a una posizione di equilibrio. Gli esempi più comunemente riportati nei libri di fisica sono quello
del sistema massa-molla (una massa attaccata a una molla), e quello del pendolo:

Molla

Massa

Per noi musicisti può essere più intuitivo pensare alla corda di una chitarra, adeguatamente tesa, fissata a
due estremi: quando viene pizzicata al centro, si allontana fino a una distanza massima dalla posizione di
equilibrio, quindi la tensione la riporta nella posizione iniziale, dopodiché, a causa dell’inerzia, prosegue il
suo moto curvandosi nella direzione opposta. Il movimento della corda può essere quindi semplificato in
quattro momenti: posizione di riposo (a), curvatura (b), ritorno alla posizione di equilibrio (a), curvatura
in direzione opposta (c). La successione di questi quattro momenti costituisce un intero ciclo o vibrazione.
Nella figura riportata qui sotto ogni ciclo è racchiuso all’interno di un cerchio:

abac abac abac abac abac

Da questa successione “abac”, immaginiamo di collegare questi punti nel modo più semplice e lineare,
ossia con dei segmenti di retta. Otteniamo una forma d'onda triangolare, molto semplice anche dal punto
di vista matematico, perché ogni punto differisce dal precedente dello stesso valore, ma che non ha nulla a
che fare col moto armonico semplice. Questo moto è infatti caratterizzato da un'alternanza di
accelerazioni e rallentamenti, il cui andamento può essere descritto solo con una funzione di tipo
sinusoidale:
In fisica, un'onda sinusoidale è un'onda
descritta matematicamente dalla funzione seno.
Max accelerazione Una sinusoide, o curva sinusoidale, è la curva
rappresentata dal grafico del seno. Una
sinusoide è analoga alla curva relativa alla
ampiezza tempo funzione coseno, detta cosinusoide, sfasata di
π/2.
periodo

Max decelerazione
La frequenza è l’elemento fondamentale che definisce in maniera qualitativa un suono. La percezione
sonora è dovuta alla variazione di pressione nel tempo; se la pressione varia con andamento sinusoidale si è
in presenza di un suono puro. La sua frequenza è definita come l’inverso del tempo corrispondente ad una
vibrazione completa, o anche come numero di vibrazioni complete nell’unità di tempo, cioè il secondo:

Le frequenze si misurano in Hertz, equivalenti a “periodi al secondo”. La minima frequenza udibile è circa
30 Hz, la massima 16000 Hz; frequenza caratteristica di riferimento nel campo musicale è il LA normale,
convenzionalmente fissato a 440 Hz. Mentre la frequenza è un dato fisico rilevabile con accuratezza, in
relazione ad essa si introduce il concetto di altezza che ha un significato prettamente psicologico: la
questione della relazione tra altezza, frequenza e intensità è assai complessa, in quanto tutte le valutazioni
si basano su esperienza soggettiva che a volte non è completamente facile definire. Nella realtà, le onde
sonore non hanno mai un andamento perfettamente sinusoidale, anche se alcuni suoni, ad es. i suoni di
arpa nella fase di decadimento o i suono deboli del flauto possono avere un andamento molto simile. Nel
caso delle onde sonore prodotte dalla vibrazione regolare di corpi elastici come corde, ance, colonne
d'aria, membrane o piastre, le variazioni di pressione, dopo un momento iniziale di assestamento (l’attacco
del suono), si ripetono in maniera regolare, ma secondo un modello di vibrazione che può essere molto più
complesso di quello sinusoidale; in ogni caso l’andamento delle successioni di compressioni e rarefazioni
delle molecole dell’aria si ripete periodicamente e la variazione di pressione può essere descritta da una
sequenza di curve aventi un profilo simile:

Questo profilo prende il nome di forma d'onda e rappresenta il modello di vibrazione dell'onda sonora.
Le grandezze utili per descrivere la forma d'onda sono le seguenti:
A. L’ampiezza, cioè massima deviazione della
pressione dalla posizione di equilibrio; t (opp. )
B. La lunghezza d’onda (λ), cioè la distanza
tra due massimi consecutivi dell’onda; A
M
C. Il periodo (t), tempo necessario per P

compiere un’intera oscillazione (nel


grafico corrisponde
all’intervallo di tempo tra due massimi φ
d’ampiezza consecutivi); 0 ms. 20 ms.
D. La frequenza (f), il numero di vibrazioni
o oscillazioni in un secondo;
E. La fase (φ), ovvero la distanza, misurata in gradi o radianti all'istante zero, rispetto all'inizio della
vibrazione.
Nel caso di vibrazioni irregolari la periodicità è assente, e il grafico che descriverà la forma d’onda non
presenterà alcun modello di profilo. La periodicità delle vibrazioni determina quasi automaticamente
alcuni parametri del suono, in particolare l’armonicità e l’altezza. Dell’armonicità parleremo più a lungo
nella lezione dedicata al timbro, ora ci concentreremo sulla secondo parametro: l’altezza.

f(Hz) = 1/T T=1/f(Hz)


formule per il calcolo della frequenza e del periodo: la frequenza (f) è l’inverso del periodo (t)

Come si è detto, la frequenza è una grandezza fisica misurabile con assoluta precisione; l’altezza è
strettamente legata alla frequenza, tuttavia è un attributo soggettivo che può cambiare da individuo a
individuo e addirittura, per lo stesso individuo, può variare in funzione di altre variabili come l’intensità.

All’altezza possiamo comunque attribuire una qualità universale, quella di far sì che i suoni a distanza di
ottava siano considerati equivalenti, infatti in tutte le culture le note a distanza di ottava vengono indicate
con lo stesso nome. L’ottava rappresenta quindi una sorta di unità di misura universale della altezza, unità
di misura di una scala delle altezze sempre diversa nelle culture e nei secoli, ma che per noi moderni
occidentali trova l’esemplificazione più chiara nella tastiera di un pianoforte.

Se ad ogni aumento di ottava corrisponde un incremento di pari entità in una ipotetica scala delle altezze,
ad esso non corrisponde un incremento di pari entità anche in Hertz. L’altezza è infatti legata alla frequenza
secondo un rapporto non lineare ma logaritmico, ciò vuol dire che il nostro orecchio percepisce come
uguali non le variazioni ma i rapporti di frequenza. Ad esempio, una stessa differenza di cento Hertz viene
percepita molto diversa se in una coppia di frequenze gravi o acute, mentre un rapporto 2 a 1 (es. f2 = 200
Hz, f1 = 100 Hz) viene sempre percepito come un intervallo di ottava.

I due grafici qui a fianco rappresentano


due spettri dello stesso suono: un suono
complesso composto da quattro
sinusoidi (La) a intervalli di ottava: il
primo è con i valori delle frequenze
(asse orizzontale) disposti lungo una
scala lineare, il secondo con i valori
della frequenze lungo una scala
logaritmica. L’equidistanza fra i suoni a
distanza di ottava, nel secondo grafico,
fornisce un’idea più rispondente alla
nostra percezione dell’altezza.
Onde stazionarie, velocità del suono e modi di vibrazione

Le onde sonore possono essere trasversali


o longitudinali, nel primo caso
l’oscillazione delle particelle avviene in
direzione perpendicolare rispetto a quella
in cui l’onda si propaga, nel secondo caso
in direzione parallela. Il primo caso si
verifica nelle corde, il secondo nelle canne
(tubi) degli strumenti a fiato.
Le corde vibranti sono loro stesse onde
sonore trasversali, nelle canne o tubi invece
la propagazione del suono viene assicurata
da onde di pressione, cioè da oscillazioni
longitudinali delle molecole del gas.

Le corde degli strumenti musicali sono fissate alle due estremità, questo determina la formazione di
un’onda con due punti nodali, nei quali la vibrazione è nulla, agli estremi. In questo caso dal punto di
sollecitazione si dipartono due vibrazioni progressive, queste onde, dopo aver viaggiato lungo la corda, si
riflettono sui due punti nodali (gli estremi fissi della corda), invertono la fase e diventano onde regressive.
Onde progressive e regressive continuano a viaggiare avanti e indietro lungo la corda, sovrapponendosi e
creando la condizione di onde stazionarie, si crea cioè un regime di pulsazioni regolari all’interno di uno
spazio confinato.
Le onde stazionarie si creano analogamente nella colonna d’aria all’interno delle canne. L’onda progressiva
prodotta nell’imboccatura procede lungo la colonna d’aria fino all’apertura opposta, dove la differenza
d’impedenza fra l’interno della canna e l’aria esterna determina una riflessione dell’onda con inversione di
fase. Nel caso delle canne aperte ai due estremi il punto nodale è a metà della canna, mentre i ventri (punti
di massima vibrazione) si trovano alle due estremità del tubo. Per quanto riguarda le canne chiuse a una
estremità, abbiamo un nodo in corrispondenza dell’estremità tappata e un ventre in corrispondenza di
quella aperta.

Onda progressiva in una corda fissata alle due estremità o in un tubo aperto

 (lunghezza d’onda)
Sia nelle canne aperte che nelle corde con estremi fissi abbiamo lo stesso rapporto tra lunghezza d’onda e
lunghezza del corpo vibrante. Grazie a questo dato è possibile dedurre la velocità del suono.

CALCOLO DELLA FREQUENZA E DELLA LUNGHEZZA DEL TUBO:

La velocità del suono nell’aria è data in modo approssimativo dall’equazione:

v = 331.4 + 0.6 Tc m/sec.3


(Tc = temperatura Celsius)

considerato che la lunghezza d’onda è pari a due volte la lunghezza di un tubo aperto

 = 2L
per calcolare la frequenza del suono fondamentale prodotto da un tubo con lunghezza L vale la
seguente equazione

f = v/λ = v/2L

inversamente, per calcolare la lunghezza di un tubo che abbia come suono fondamentale la
frequenza f, vale l’equazione

L=v/2f
Nel caso della corda la velocità dell’onda sonora è legata non solo alla lunghezza ma anche alle due
variabili Tensione e Massa. La frequenza è proporzionale alla tensione della corda e inversamente
proporzionale alla massa.

v = √T/M

Due esempi di calcolo della frequenza e della lunghezza del tubo (si prende in considerazione la velocità
dell'aria pari a 340 metri/sec.):
Esempio 1. Dato un tubo aperto lungo 1 m, il suono prodotto avrà una frequenza pari a 340/2 = 170 Hz
Esempio 2. Per produrre un suono con f pari a 100 Hz, la lunghezza del tubo sarà 340/200 = 1.7 metri

I “modi” di vibrazione

Nel regime di onde stazionarie che si verifica normalmente in una corda fissata alle due estremità, all’onda
prodotta dalla vibrazione che abbiamo descritto sopra (cioè il “primo” modo di vibrazione), si aggiungono
onde con modi di vibrazioni diversi, aventi frequenze pari a multipli interi della frequenza dell’onda
fondamentale. Il meccanismo di questi modi si può esemplificare così, pensando ad un modello fisico
realizzato con un certo numero di masse unite da molle:

1) tutte le masse sono sincrone, la curvatura avviene in un unica direzione:


2) le prime due masse sono oscillano in direzione opposta alle altre due;
3) la seconda e la terza massa oscillano in direzione opposta alle altre due;
4) la prima e la terza oscillano in direzione opposta alle altre due.

Nel primo caso abbiamo un modo di vibrazione corrispondente a quello fondamentale già visto sopra
(λ=2*L); nel secondo caso abbiamo un’oscillazione completa (λ=L), nel terzo una oscillazione e mezzo
(λ=2/3*L), nel quarto caso due oscillazioni (λ=1/2*L),
Il teorema di Fourier

Un’onda periodica è la somma di onde sinusoidali aventi ampiezze, frequenze e fasi appropriate, con le
frequenze delle singole componenti sinusoidali multiple intere di una frequenza f. Quindi la frequenza
della componente n è pari a f * n.
Il teorema di Fourier afferma che un
qualsivoglia segnale periodico, sotto alcune
condizioni matematiche sempre verificate per
i segnali fisici - può essere ottenuto mediante
la somma di un termine costante e di infinite
funzioni sinusoidali, le cui frequenze sono
multipli interi di quella del segnale.

Tradotto in termini musicali, possiamo dire che ogni suono complesso periodico è la somma di x suoni
sinusoidali ognuno con la sua ampiezza, fase e frequenza con le frequenze tutte multiple intere del suono
fondamentale f.
I suoni complessi con spettro armonico sono suoni periodici, questo ci permette di assegnare loro
un’altezza, che corrisponde alla frequenza della fondamentale (1/tf).
Nella figura qui sotto, l’onda verde in grassetto è l’onda risultante dalla somma delle quattro onde
sinusoidali rappresentate con un tratto più sottile: queste quattro onde semplici rappresentano le prime
quattro armoniche di un suono complesso; in quest’esempio le onde hanno un’ampiezza inversamente
proporzionale al numero d’ordine dell’armonica.
Il periodo dell’onda risultante coincide con quello della fondamentale (t1). I periodi delle armoniche
superiori (rappresentati dalle linee orizzontali) sono pari a tf/n, quindi la seconda armonica ha un periodo
pari alla metà di quello della fondamentale, il terzo armonico un periodo pari a un terzo... e così via.

t1=tf

t2

t3

t4

f(t1) = frequenza fondamentale o prima armonica


f(t2) = seconda armonica = f(t1) * 2)
f(t3) = terza armonica = f(t1) * 3)
Fig. 2.3 f(t4) = quarta armonica = f (t1)* 4)
Le 4 forme d’onda, lo spettro e le componenti armoniche/inarmoniche

Le forme d’onda periodiche risultanti dalla somma di un numero finito di componenti secondo rapporti
semplici fra il numero della componente e la sua ampiezza sono le seguenti:

onda a dente di sega onda quadra onda triangolare onda sinusoidale

Questi esempi di forme d’onda sono conosciuti - oltre che per la semplicità ed economicità - della formula
di sintesi - perché somigliano ad alcune tipologie di forme d’onda dei suoni strumentali, infatti le onde a
dente di sega presentano una somiglianza con le onde prodotte dagli strumenti ad arco, le onde quadre
alle onde prodotte dai clarinetti nel registro chalumeau.
Sotto la forma d’onda sono riportati gli spettri corrispondenti: lo spettro è una rappresentazione
bidimensionale del suono, che descrive l’ampiezza delle singole componenti di un suono complesso.
Sull’asse verticale è riportata l’ampiezza, sull’asse orizzontale la frequenza; dal momento che le forme
d’onda riportate negli esempi appartengono a suoni periodici, le componenti sono equidistanti, e quindi si
tratta di componenti armoniche.
Il concetto di “fusione percettiva” è

stato coniato dal ricercatore Stephens
dente di sega: A(fn)=1/n;
McAdams e indica la possibilità, da

quadra: contiene solo le componenti dispari, sempre con A(fn)=1/n, parte del nostro sistema percettivo, di

triangolare: contiene solo le componenti dispari, ma con A(fn)=1/n2 sintetizzare in un unico oggetto

onda sinusoidale:. contiene solo una componente uditivo le diverse componenti spettrali
di un suono complesso. Maggiore è
l’armonicità delle componenti
spettrali, maggiore è la loro fusione:
questo è ciò che contribuisce alla costruzione del timbro di uno strumento. Per questo motivo, le
componenti armoniche permettono la fusione in unità omogenee; quelle
inarmoniche invece non si fondono e sono percepibili separatamente.

https://onlinetonegenerator.com/

A questo link è possibile ascoltare la differenza tra le quattro forme d’onda: si


tratta di un generatore di suoni, tramite un oscillatore che attua un processo di
sintesi. Questi algoritmi sono gli stessi utilizzati nella musica elettronica, per
costruire patch ed applicazioni che fungono appunto da “sintetizzatori”.
Fondamenti di acustica degli strumenti e della voce
Prof. Emanuele Stracchi

III
Elementi di psicoacustica e fisiologia.

La nostra realtà sensoriale non corrisponde in tutto alla realtà fisica, ma ne


rappresenta una selezione specie-specifica. Si definisce stimolo sensoriale ogni
tipo di energia o evento fisico che sia in grado di indurre una risposta a livello di
recettori: infatti il nostro organismo reagisce e risponde agli stimoli e, come primo
aspetto, bisogna distinguere tra stimolo distale e stimolo prossimale; con questo
possiamo affermare che ogni specie possiede un proprio “registro” sensoriale.

Stimolo prossimale
Stimolo distale
= La porzione dell’energia fisica
= L’energia fisica inviata da uno
acquisibile e interpretabile dai
stimolo ambientale al recettore
nostri recettori sensoriali

Un secondo aspetto è che ogni stimolazione fisica può tradursi in una risposta bioelettrica a patto che l’organismo
disponga dei recettori adatti allo scopo: se ne deduce che alcuni stimoli ambientali (come, ad esempio, i campi
magnetici per l’uomo) non sono oggetto di sensazione da parte della specie che non possiede recettori idonei. Inoltre,
ogni specie - all’interno del particolare registro sensoriale di cui dispone - tende a privilegiare alcuni sensi: l’uomo, ad
esempio, tende a privilegiare le modalità sensoriali che gli permettono un’esperienza globale e sintetica del mondo
che non presupponga un contatto diretto. Ecco perché la vista e l’udito sono i registri più utilizzati.
La branca che studia la relazione fra stimoli fisici e stimoli sensoriali si chiama psicofisica, anche se attualmente si
preferisce “psicofisiologia della sensazione”. Fra i concetti più importanti in proposito troviamo i seguenti:

A. Soglia percettiva e Soglia differenziale

La soglia percettiva è quel valore “soglia” al di sotto del quale uno stimolo sensoriale non viene avvertito o, più
rigorosamente, è la soglia di percezione al di sotto della quale uno stimolo sensoriale viene percepito nel 50% delle
stimolazioni. Lo stimolo minimo che può essere percepito viene anche detto minimo discriminabile, e la più piccola
differenza discriminabile tra due stimoli viene invece detta soglia differenziale. La soglia percettiva è una misura di
sensibilità e gli stimoli percepiti vengono detti sovraliminali (cioè “sopra la soglia"), mentre quelli non percepiti
infraliminali (cioè “sotto la soglia”).

B. Legge di Weber-Fechner

Questa legge (1860) fu uno tra i primi tentativi di


descrivere la relazione tra la portata fisica di uno
stimolo e la percezione umana dell'intensità di
tale stimolo: è fondamentale per capire che la
relazione che lega l'intensità dello stimolo alla
percezione che si ha di esso è di tipo logaritmico.
La percezione è proporzionale - secondo un
fattore k - al logaritmo dello stimolo: “affinché
l’intensità di una sensazione cresca in
progressione aritmetica, lo stimolo deve crescere
in progressione geometrica”.

C. Dimensione dello stimolo

Per ogni tipo di stimolo fisico esiste una relazione fra un aumento delle dimensioni effettive dello stimolo fisico distale
e la corrispettiva sensazione di aumento dello stimolo prossimale percepito. Tale relazione è espressa da un
coefficiente che raramente è pari ad 1. Ogni canale sensoriale ha un suo specifico coefficiente!
Psicoacustica

La psicoacustica rappresenta una branca della psicofisiologia della


sensazione e studia la percezione soggettiva dei suoni. Il suo sviluppo è
stato incoraggiato prevalentemente nel campo industriale, per la
riduzione del rumore all’interno dei veicoli, negli elettrodomestici o nei
sistemi di telecomunicazioni e più in generale nel cosiddetto settore della
qualità sonora (sound- quality). In campo scientifico, la psicoacustica ha
origini che risalgono ad oltre 2500 anni or sono. Abbiamo già visto come
intorno al 500 a.C. il filosofo greco Pitagora, col suo monocordo, aveva
condotto i primi esperimenti di tipo “psicoacustico”, studiando la
consonanza e la dissonanza musicale. Per Pitagora la grandezza fisica di
riferimento era la lunghezza della corda tesa lungo il suo strumento e
sostenuta da un ponte. Variando la posizione del ponte e pizzicando
entrambe le estremità della corda valutava con l’udito se l'intervallo
musicale risultante era consonante o dissonante, scoprendo che i semplici
rapporti delle divisioni di stringa – come 1:2, ovvero l’ottava, 2:3, la quinta, e 3:4, la quarta - erano percepiti come
intervalli musicali consonanti. Nella moderna psicoacustica le procedure applicate sono simili a quelle utilizzate da
Pitagora. In un primo momento vengono prodotti stimoli acustici, ovvero fisici, generalmente con l'aiuto di
sofisticate tecniche digitali e algoritmi di elaborazione del segnale. Successivamente alla conversione D/A (cioè digital
analog) i segnali risultanti vengono presentati ai soggetti tramite cuffie o altoparlanti. I soggetti, quindi, sono invitati a
giudicare gli attributi dei suoni percepiti, quali l'altezza, il volume o il tono. In questo modo negli anni sono stati
creati modelli dei parametri psicoacustici quali ad esempio la loudness, la sharpness, etc. Gli stessi principi sono
spesso applicati nell’ingegneria del suono, tuttavia in una sequenza invertita.

Livello di pressione sonora (SPL), Livello di intensità sonora (SIL), Decibel

La sensazione di intensità sonora è legata alla pressione che l’onda sonora esercita sul timpano dell’orecchio. È
intuitivo che maggiore è la pressione, più forte sarà la sensazione di intensità. Il suono pertanto è una variazione di
pressione, per successive compressioni e decompressioni, tale da propagarsi in un mezzo elastico. La variazione di
pressione dipende dalla potenza della sorgente sonora, che si misura in watt/m2
L’intensità di un suono esprime il rapporto tra la
potenza sonora del suono in esame e la potenza
sonora di un suono di riferimento, la soglia di
udibilità. Questo rapporto è compreso tra 1 (se il
suono ha un’intensità pari alla soglia di udibilità)
e 1012 (se il suono ha un’intensità pari alla soglia
del dolore).

Nel grafico qui a fianco si indicano sull’asse


orizzontale i rapporti di potenza sonora, mentre
su quello verticale il corrispondente livello di
intensità espresso in Decibel. La relazione tra le
due grandezze è determinata dall’equazione:

I(dB) = 10 Log (I/I0)

Per esempio, ad un rapporto di potenza pari a


1000 corrisponde una differenza di 30 dB; un suono un milione di volte più potente di un altro ha un livello di
intensità di +60dB.

Il Decibel è l’unità di misura del livello


dell'intensità energetica dei suoni, pari alla
decima parte del bel; il suo simbolo è dB. I
decibel sono un'unità logaritmica a base 10:
significa che un incremento del suono di 10
decibel produce un suono forte il doppio
rispetto a quello di partenza. Qui a fianco è
possibile vedere i livelli di decibel.
Curve isofone; Livello di volume: il Phon; intensità soggettiva o sensazione sonora: il Son

Il nostro orecchio non è sensibile allo stesso modo per tutte le frequenze. In modo piuttosto grossolano possiamo
dire che man mano che ci si avvicina ai limiti estremi del nostro campo di udibilità diminuisce la sensibilità
dell’orecchio, sensibilità che raggiunge il suo massimo intorno ai 3800 Hz, cioè la frequenza di risonanza del
condotto uditivo (meato) dell’orecchio esterno. Ciò vuol dire che due suoni sinusoidali che giacciono rispettivamente
nella zona di maggiore sensibilità (1000-5000 Hz ca.) e nelle zone di minore sensibilità (le zone estreme del campo di
udibilità), per darci la stessa sensazione di intensità devono avere un livello di intensità (dB) diverso.

Questa differenza di sensibilità non è costante


per tutti i livelli di volume: intorno alla soglia di
udibilità le differenze fra due sinusoidi possono
raggiungere anche i 60 dB, mentre intorno a un
fortissimo le differenze non superano i 15 dB.
Negli anni ’40 due scienziati americani,
Fletcher e Munson, dopo una accurata serie di
test psicoacustici fatti prendendo come livello
livello di riferimento i valori di intensità soggettiva di
di intensità
(dB) un suono sinusoidale a 1000 Hz, disegnarono
le curve di uguale volume, meglio conosciute
come curve isofone: esse mappano la
sensazione di livello sonoro effettivamente
percepito rispetto ai dB per le varie frequenze.
I punti che giacciono sulla stessa curva
rappresentano valori di uguale sensazione di
intensità e pertanto hanno lo stesso valore in
Phon, che è appunto l’unità di misura del
volume percepito (Loudness Level).

Il nostro sistema uditivo presenta delle analogie per quanto riguarda la percezione dell’altezza e dell’intensità.
Entrambe sono grandezze psicofisiche che hanno una relazione logaritmica con le grandezze fisiche: l’altezza è in
relazione logaritmica con la frequenza, l’intensità con la potenza sonora. Tuttavia, se per l’altezza esistono delle
unità di misura universalmente accettate e storicamente consolidate - come abbiamo visto, l’ottava, gli intervalli basati
sulle relazioni tra gli armonici naturali - per l’intensità il discorso è molto più vago.

Nel 1936, il fisico americano Stevens al fine di ottenere un’unità di misura


lineare della sensazione soggettiva di intensità ha creato una scala di
sonorità avente per unità di misura il Son. 1 son corrisponde alla sensazione
di volume sonoro prodotto da un suono sinusoidale con frequenza 1000 Hz
e di intensità 40 dB, quindi con intensità soggettiva pari a 40 Phon, un
suono che venga giudicato n volte più forte vale n son. Vari test
psicoacustici hanno condotto alla conclusione che a ogni aumento di 10
Phon corrisponde un raddoppio dei Son, quindi dell’intensità soggettiva.

In definitiva, l’intensità (Sound Intensity Level o SIL) è una grandezza che, analogamente a quanto accade per le
onde luminose, misura la quantità di energia trasportata dall’onda sonora. Il calcolo dell’intensità di un suono viene
fatto, con riferimento alla soglia di udibilità, moltiplicando il logaritmo del rapporto tra le due intensità per 10.
Più frequentemente dell’intensità viene misurato il livello di pressione sonora (SPL = Sound Pressure Level)
dell'onda sonora, cioè la deviazione di pressione che l'onda sonora determina rispetto alla pressione atmosferica.

Nei sistemi di riproduzione del segnale audio (sia analogico che digitale:
mixer, amplificatori di potenza, registratori, editor audio, strumenti per
l’hard disk recording e via dicendo) questo livello di riferimento
corrisponde non più alla soglia di udibilità ma alla soglia del rumore,
ossia il livello di pressione al quale il sistema audio non è più in grado di scala negativa
rispondere linearmente e nel quale si inizia a produrre la distorsione del 0 dB / -6 dB
suono in ingresso. Tale livello è tarato a 0 dB; i valori in dB degli altri
suoni vengono indicati in una scala negativa, dove, ad ogni
abbassamento di 6 dB, corrisponde un dimezzamento dell’intensità. Qui
a fianco un esempio di ciò che succede in un mixer.
Fisiologia dell’orecchio umano: struttura e funzioni generiche delle varie parti.

L’orecchio umano è diviso in tre parti:


orecchio esterno, medio e interno.
L’orecchio esterno comprende il
padiglione, il condotto uditivo e il
timpano. Il padiglione è caratterizzato
dalla presenze di pieghe e
protuberanze della cartilagine che
formano canali e cavità utili a
“colorare” il suono in arrivo; il
condotto uditivo (il meato) è un canale
lungo circa 2,4 cm che collega il
padiglione al timpano. Il timpano è una
membrana con una superficie pari a
circa 80 mm2. L'orecchio medio è
composto da tre ossicini: il martello,
l’incudine e la staffa, le ossa più piccole
presenti nel nostro corpo. L’orecchio
interno ospita la coclea e il labirinto,
una struttura che ha funzione di
equilibrio ma che non interessa il senso
dell'udito.

Coclea, membrana basilare e teoria posizionale della frequenza.

La coclea, come suggerisce il nome latino, è un tubicino a forma di una chiocciola lungo circa 3,5 cm. che si avvolge a
spirale compiendo tre giri e mezzo. Immaginando di poterla srotolare, potremmo rappresentarla come segue:

Scala vestibolare Membrana di Reissner


Finestra ovale (perilinfa)
Staffa Elicotrema
elicotrema

Finestra rotonda Scala timpanica


(perilinfa)

La coclea è divisa in due semicavità, la scala vestibolare e la scala


timpanica, che comunicano fra di loro attraverso un minuscolo
forellino situato in prossimità dell’apice della coclea. Questo foro endolinfa
prende il nome di elicotrema. I due canali sono pieni di un fluido stereocilia
denso chiamato perilinfa e si comportano come un unico sistema
idrodinamico: il fluido non è compressibile e ha una sua inerzia,
proprietà che consentono al fluido di far viaggiare onde di pressione
tra la finestra ovale, a contatto con la staffa, e la finestra rotonda
all'estremità della coclea. Tra i due canali troviamo un canale
centrale, diviso dalla scala vestibolare dalla membrana di Reissner,
denominato scala media o condotto cocleare, pieno di un fluido
chiamato endolinfa. Alla base della scala media si distende, per quasi
tutta la lunghezza della coclea (circa 34 mm) una membrana elastica.
Questa membrana, detta membrana basilare, ospita diverse migliaia
di cellule (circa 24000!) le cui terminazioni superiori (stereocilia)
sono immerse nell'endolinfa e inserite in un tessuto gelatinoso, la
membrana tettoria. Queste terminazioni hanno una forma che
Fibra afferente Fibra efferente
ricorda vagamente quella delle ciglia, da qui deriva il nome cellule
ciliate con cui vengono chiamate queste cellule. perilinfa
Le cellule ciliate sono i ricettori del senso dell'udito.
La membrana basilare è più stretta (0,04 mm) in prossimità
della finestra ovale e si ispessisce e si allarga (0,5 mm)
avvicinandosi all'elicotrema. A causa del graduale
cambiamento in larghezza e spessore c'è un incremento
pari a 10000 volte della rigidità della membrana; queste
differenze di massa e tensione consentono alla membrana
basilare di svolgere la sua funzione primaria di analizzatore
delle frequenze.

Le cellule ciliate sono


disposte in 4 file (qui a
destra nel dettaglio): tre file
di cellule ciliate esterne e
una fila di cellule ciliate
interne, ciascuna fila conta diverse migliaia di cellule. Tutte le cellule sono connesse a
fibre del nervo uditivo, ma il 95% delle fibre nervose del nervo uditivo che raccolgono
segnali dalle cellule (fibre afferenti) riceve informazioni solo dalle cellule interne, che
possono essere considerate le cellule che svolgono la funzione primaria di
riconoscimento delle altezze. D'altra parte le cellule interne svolgono un'importante funzione di amplificazione della
vibrazione della membrana basilare, una funzione che consente al nostro sistema uditivo di essere particolarmente
sensibili anche alle onde sonore di intensità molto bassa.

La teoria posizionale o tonotopica (dal greco tono- e topos = luogo: luogo dei toni) si deve alle intuizioni dello
scienziato tedesco Hermann von Helmholtz (1863) e alle ricerche del premio Nobel ungherese Georg von Békésy
(1957). Il primo, autore del fondamentale Sulla sensazione del suono, diede un modello di funzionamento
dell'orecchio interno ancora oggi valido nei suoi aspetti principali. Per Helmholtz, l'orecchio funziona come un
analizzatore di frequenze: suoni di differenti frequenze mettono in moto regioni diverse della membrana basilare.
I suoni che arrivano al nostro orecchio sono onde che hanno modelli di variazione di pressione relativamente semplici
provenienti da determinate sorgenti sonore; il concetto di suono complesso, cioè composto da tanti suoni semplici,
non ha senso se non per la teoria matematica e per il nostro sistema uditivo. Il nostro orecchio scinde un suono
complesso nei suoni puri che lo compongono, grazie a un fenomeno di risonanza simile a quello che permette alle
corde di un pianoforte di risuonare se cantiamo o suoniamo uno strumento molto vicino alla tavola armonica con gli
smorzatori sollevati.
In particolare, suoni di frequenza elevata mettono
in oscillazione le regioni della membrana basilare
più vicine alla finestra ovale, mentre all'abbassarsi
della frequenza le regioni messe in moto sono
sempre più lontane dalla staffa della finestra ovale e
vicine all'elicotrema. Helmholtz, fisico e fisiologo
eccellente, riteneva che la membrana basilare fosse
costituita da un insieme di fibre trasversali con caratteristiche di elasticità e di massa per
unità di lunghezza variabili, muovendosi dalla finestra ovale all'elicotrema.
D'altra parte, il nostro orecchio può percepire
separatamente le singole armoniche di un suono
strumentale solo in circostanze estremamente particolari
(come avevo compreso gli antichi). Più precisamente, in
base ai moderni studi neurofisiologici, il sistema uditivo
funziona come un analizzatore di frequenze a un livello
periferico (le orecchie), mentre al livello centrale (il
cervello) i dati in arrivo dal nervo uditivo vengono
elaborati e confrontati per una re-sintesi del suono
complesso originale.
Il percorso del segnale acustico presuppone quindi un
doppio processo di analisi (sistema uditivo periferico) e
re-sintesi (sistema uditivo centrale), e ciò permette di
spiegare come mai non siamo in grado di percepire
separatamente armoniche molto lontane in frequenza
appartenenti allo stesso suono, ma siamo in grado di
separare armoniche vicine appartenenti a suoni diversi
(ad es., il suono di un oboe e il suono di un clarinetto).
Banda critica, Discriminazione, Asprezza, Battimenti e mascheramento acustico.

Il modello fisico proposto da Helmholtz presuppone che la coclea agisca come analizzatore meccanico dello spettro
di frequenze. Possiamo quindi immaginare la coclea come la sovrapposizione di filtri aventi una larghezza di banda
che chiameremo banda critica. Una banda critica è un intervallo di frequenze entro alla quale due toni puri simultanei
non possono essere percepiti come distinti. A ciascuna banda critica corrisponde una regione della membrana basilare
lunga circa 1.3 mm. All'interno di queste bande di frequenze si verificano tutta una serie di fenomeni psicoacustici.

Ne studiamo due particolarmente importanti:


1) due suoni puri non sono percepibili distintamente ma in modo confuso a seconda della differenza in frequenza fra
i due suoni: immaginiamo di passare da una percezione distinta e discriminata dei due suoni (discriminazione) a una
percezione di asprezza, poi sentiamo una sola frequenza modulata in ampiezza (battimenti) e quindi un unisono a
metà dell’esperimento…

2) un suono forte maschera un suono debole in modo più


efficace rispetto a quanto accadrebbe se i due suoni
giacessero su bande critiche diverse. Questo è il
cosiddetto mascheramento acustico: ad esempio, l’alto
volume della televisione ci impedisce di sentire cosa dice
nostra madre dalla stanza vicina; il passaggio dell'autobus
nasconde la voce del nostro amico che ci parla al
cellulare… Dal grafico qui a fianco, capiamo che
maggiore è l'intensità del suono mascherante, maggiore è
l'intervallo di suoni mascherati.

Il campo delle frequenze udibili comprende circa 24


bande critiche che non vanno pensate come 24 filtri
indipendenti, in quanto qualsiasi suono corrispondente a
una frequenza udibile troverà una banda critica centrata su di essa. Un equalizzatore grafico normalmente usato nei
programmi di editing audio può dare l'idea del funzionamento della coclea:

Equalizzatore grafico usato in fase di editing audio per attenuare o enfatizzare determinate zone di frequenza.
L'equalizzatore è composto da 30 filtri con una larghezza di banda pari a un terzo di ottava. La coclea può essere
immaginata, analogamente, come un insieme di 24 filtri passabanda, con la differenza che ogni frequenza può essere
pensata come frequenza centrale di un filtro.
La banda critica, a partire dagli anni '40, quando il fisico
Harvey Fletcher fece i primi esperimenti che lo portarono a
ipotizzarla, è una conferma del modello fisico di
funzionamento dell'orecchio già ipotizzato da Helmholtz.

Oggi è un concetto alla base di un'infinità di studi e


applicazioni, il cui esempio più attuale e di maggior successo
consiste nella compressione audio usata nel mondo digitale.
Le codifiche di compressione sviluppate come standard
MPEG (fra questi il più importante è il notissimo Mp3,
brevettato dall'istituto Fraunhofer di Norimberga) hanno alla base lo stesso principio di funzionamento: nella fase di
decodifica il segnale audio viene analizzato da un banco di filtri (qualcuno in più rispetto alle bande critiche, se ne
usano infatti 32), per ciascuna banda di frequenze si stabilisce quali sono le informazioni percettivamente significative,
pertanto vengono scartati i valori di ampiezza al di sotto della soglia di mascheramento, in questo modo si riduce
drasticamente il numero di bit necessario a rappresentare il suono in quella fascia di frequenze.

Battimenti e… il terzo suono di Tartini

Il battimento è la frequenza risultante dalla sovrapposizione di


grandezze periodiche, in genere oscillazioni sinusoidali di
diversa e vicina frequenza. Si basa sulle proprietà del principio
di sovrapposizione e si tratta di una vera e propria interferenza.
Oltre ai campi citati, tutti i fenomeni fisici che prevedono onde
risentono del fenomeno del battimento, onde meccaniche ed
onde elettromagnetiche comprese; battimenti si verificano, tra
l'altro, in materia di elaborazione dei segnali, quando due
frequenze di segnale si trovano vicine le une alle altre.
Entrando più nel dettaglio del fenomeno acustico, al battimento
risulta un effetto vibratorio particolare, caratterizzato da rapide
ondulazioni acustiche. L'effetto è un rafforzamento seguito da un
indebolimento del suono a seconda che le frequenze siano in concordanza o in discordanza di fase.
I battimenti si distinguono con difficoltà negli strumenti a corde percosse come il pianoforte, a causa della breve
durata dei suoni. Si rileva con minore difficoltà negli strumenti a vento ed a serbatoio d'aria, come ad esempio
l'organo, in quanto hanno una sonorità più ampia. Questo effetto è anche facilmente riscontrabile nel cosiddetto
vibrato degli archi. Infatti, siccome il vibrato si ottiene spostando leggermente
il dito sulla corda del violino, esso causa dei suoni leggermente diversi l'uno
dall'altro determinando, con la sovrapposizione delle vibrazioni, i battimenti.
Vi sono degli strumenti che producono quasi sempre dei battimenti: così sono
le campane che, presentando diversità di spessore in diversi punti, producono
battimenti assai intensi che conferiscono loro la caratteristica sonorità
ondulante. Spesso i battimenti sono appositamente impiegati per conseguire
effetti speciali; nell'esempio dell'organo, il registro della voce umana è formato
da due canne non perfettamente intonate, allo scopo di ottenere una specie di
tremolio che imita la voce dei cantanti. Anche la voce celeste è ottenuta da due
canne intonate in modo da ottenere questo effetto.

Esistono delle vere e proprie illusioni sonore. Una di queste è il terzo suono di Tartini.

Con l’espressione “terzo suono di Tartini”, detto anche suono risultante o suono di combinazione, ci si riferisce a un
particolare fenomeno acustico evidenziato da Giuseppe Tartini all'inizio del XVIII secolo, ma con ogni probabilità
conosciuto già prima. Nel 1714, il violinista Giuseppe Tartini - durante il periodo in cui insegnava violino al Teatro
della Fenice di Senigallia - dimostrò che suonando un bicordo a un intervallo di quinta, ossia con rapporto 3:2, si
ottiene contemporaneamente un terzo suono, più grave. Il terzo suono, nel basso, è una nota “fantasma” la cui
frequenza è la differenza fra quelle dei due suoni originari. Ad esempio, eseguendo un suono da 512 Hz e
contemporaneamente uno da 640 Hz, si sentirà anche un suono, più grave, da 128 Hz (due ottave sotto la
fondamentale a 512 Hz). Il terzo suono è ottenibile eseguendo bicordi anche ad altri intervalli, non solo terze e
quinte. Questo fenomeno è dovuto al fenomeno degli armonici…
Fondamenti di acustica degli strumenti e della voce
Prof. Emanuele Stracchi

IV
Classificazione degli strumenti musicali

Gli strumenti musicali sono oggetti sonori costruiti con lo scopo di produrre musica. Qualsiasi oggetto può essere
utilizzato per creare ritmi e suoni; nel caso dello strumento musicale, la destinazione principale dell’oggetto è quella
di essere suonato (presuppone quindi una “azione” volontaria).
La scienza che studia gli strumenti musicali è l’organologia: essa si occupa delle tecniche costruttive, delle
caratteristiche “materiali” degli strumenti e della loro storia. Secondo alcuni studiosi, il più antico strumento
musicale che conserviamo è il flauto di Divje babe; si tratta del femore di un orso delle caverne; lo strumento è stato
ritrovato in una grotta in Slovenia, nel 1995. Questo antichissimo flauto risale a 50.000 anni fa: i fori, in origine, erano
probabilmente quattro. Gli Egizi utilizzavano per esempio un flauto a doppia canna, uno strumento simile all’arpa e
una specie di piccola chitarra.
Gli Antichi Greci sono i primi a considerare l’idea di avere una ripartizione degli strumenti in base alla costruzione e
al loro utilizzo; secondo la triplice classificazione risalente addirittura ad Aristosseno di Taranto, allievo di Aristotele -
seguita di fatto anche ai giorni nostri - gli strumenti musicali in Grecia si cominciano a distinguere in strumenti a
corda, a fiato e a percussione.

I primi vengono rappresentati dalla famiglia delle lire e cetre (dal termine ‘percuotere’, ovvero gli strumenti le cui
corde – di lunghezza uniforme – erano percosse col plettro, spesso la mano sinistra, al tempo stesso, le pizzicava o
smorzava) e dalla famiglia delle arpe (dal termine ‘pizzicare’, le cui corde – di lunghezza scalare – erano pizzicate con
le dita). Gli strumenti a fiato (“tubi sonori”) erano rappresentati, oltre che dall’importante aulos, dalla syrinx, dalla
salpinx, il corno; in questa partizione viene fatto rientrare anche l’organo idraulico (vd. s.v. bronzo; cera), l’unico
strumento meccanico dell’Antichità, inventato da Ctesibio. Gli strumenti a percussione avevano un’ampia diversità di
costruzione e utilizzo, già divisi in membranofoni ed idiofoni, con una ricchezza dal carattere sorprendentemente
moderno.

Fig. 2 (da B 2009, p. 62, n. 21)

L’aulos - suonato in coppia come “doppio aulos” - essendo solitamente costituito da


due canne cilindriche sulle quali erano praticati fori di numero variabile; questo
strumento a fiato, di grande importanza storica, è un tubo di canna viene munito di
un’ancia doppia. La sua invenzione veniva tradizionalmente attribuita alla dea
Atena. Utilizzato nella rappresentazione delle tragedie e all’interno dei costumi e
dei riti simposiaci e funerari della Grecia Antica e dell’Etruria, aveva la
caratteristica di creare un forte impatto emotivo: secondo Aristotele l’aulos è fuori
dalla paideia, cioè non deve essere usato in situazioni che hanno scopo educativo.
L’utilizzo di questo strumento è purificatorio e, proprio per la capacità di suscitare
forti emozioni, era spesso collegato ai culti di Dioniso.
Molto suggestiva è l’analogia presentata da Aristide Quintiliano (II sec. d.C.) nel De Musica: egli fa un confronto tra
gli strumenti musicali e il corpo umano – composto da membrane, tendini e aria – come ‘strumento’ dell’anima, che
in virtù di tale costituzione risponde in maniera simpatetica ai suoni. Per Aristide la musica è la più efficace tra le arti
per l’educazione del carattere.

Menade danzante. Affresco pompeiano. I sec d.C.

La dottrina dell’ethos nell’Antica Grecia è di


fondamentale importanza in quanto pervade la
concezione musicale nella sua totalità. Essa
scaturisce dalla visione greca delle musica e le arti
in genere: convinzione comune è che ogni
harmonia (scala musicale) provochi
inevitabilmente un ethos, cioè un particolare
effetto capace di influire sulla psiche e il corpo.
Poesia, musica, danza: tutte le arti sono legate per
educare il carattere delle persone, promuovendo il
più alto grado di mimesi.

Da Aristide Quintiliano si passa ad Agostino e, soprattutto, a Severino Boezio (V sec. d.C.). La classificazione degli
strumenti di Boezio in base alla produzione del suono e articolata nelle tre categorie fondamentali a corda, a fiato e a
percussione farà testo - nonostante sia affiancata da altre classificazioni, come quelle di Cassiodoro, Marziano
Capella, Aureliano, Regione, Gerberto di Aurillac… - per tutto il Medioevo, Rinascimento e buona parte della
Modernità, fino all’avvento della prima classificazione veramente sistematica ed esauriente degli strumenti musicali,
ispiratrice di quella odierna: la classificazione del Mahillon.
Mahillon, curatore degli strumenti musicali presso il Conservatorio di Bruxelles - divide gli strumenti in quattro
categorie, in base alla natura del materiale che usavano per emettere il suono: delle colonne d'aria, delle corde, delle
membrane o il corpo stesso dello strumento. Mahillon limita il suo sistema principalmente agli strumenti della musica
colta occidentale. Secondo la classificazione data nel 19141 da Curt Sachs ed Erich von Hornbostel - attualmente
utilizzata - si dividono gli strumenti musicali in 4 classi principali (idiofoni, membranofoni, cordofoni e aerofoni). Dal
1937 (data del suo “Manuale degli strumenti musicali”) Francis Galpin aggiunse una quinta classe: gli elettrofoni.
Questo sistema di classificazione in classi, gruppi e sottogruppi in base alla modalità con cui lo strumento produce la
vibrazione è molto funzionale poiché è sempre aggiornabile, consentendo il facile inserimento degli strumenti etnici e
provenienti da radici tradizionali (campo di studi etnomusicologico). La classificazione Hornbostel-Sachs impiega la
classificazione decimale Dewey, con quattro categorie di primo livello (idiofoni, membranofoni, cordofoni, aerofoni),
ampliate con gli elettrofoni, che a loro volta si articolano in molte sottocategorie, fino a circa trecento ramificazioni.

La classificazione Hornbostel-Sachs divide gli strumenti in cinque classi.

gli strumenti musicali possono


appartenere alla classe dei

l’elemento l’elemento l’elemento l’elemento l’elemento


vibrante è vibrante è vibrante è vibrante è vibrante è

1 La classificazione Hornbostel–Sachs è un sistema di classificazione degli strumenti musicali sviluppato da Erich


Moritz von Hornbostel e Curt Sachs, pubblicato per la prima volta nel volume 46 della Zeitschrift für Ethnologie, nel
1914. La classificazione Hornbostel-Sachs è il sistema più usato per classificare gli strumenti musicali in
etnomusicologia ed organologia.
Accordature e temperamenti. Il problema della scala e degli armonici

Il significato di temperamento è quello di aggiustare e sistemare. Si indicano con questo nome le piccole modifiche
che si apportano ai gradi della scala naturale al fine di ottenere una scala con proprietà differenti. Questo termine ha
bisogno però di un chiarimento dei concetti di accordatura e di intonazione, dal significato diverso:

Dare la corretta intonazione a uno o più strumenti


Accordatura musicali, prendendo come riferimento - ad esempio -
il La del corista (440 Hz) e presupponendo quindi un
sistema di riferimento

Intonazione Mettere “a tono” la quantità del suono secondo un


dato modello di timbro

Si potrebbe dire che in natura “tutto è perfetto”: per quale motivo allora costruendo una scala musicale e accordando
uno strumento si devono modificare gli intervalli puri, stringere le quinte, allargare le terze, etc.?
Lo afferma la matematica. Infatti le leggi matematiche governano il mondo ed un postulato ci spiega che

“Non esiste un numero che sia multiplo di potenze di numeri primi”

Prendiamo ad esempio il 2, il 3 e il 5: essi sono 3 numeri primi, divisibili solo per 1 o per se stessi. Se prendiamo le
loro potenze
22 23 24 2n... 32 33 34 3n... 52 53 54 5n...
Non esiste un numero n che sia multiplo di queste potenze. È da questo passaggio che nascono tutti i problemi che
andremo ad analizzare: il nodo gordiano, infatti, è in seno ai suoni armonici. Ogni suono di uno strumento musicale
risulta composto dal suono fondamentale e dai suoni armonici, cioè i suoni parziali o ipertoni, in base al Teorema di
Fourier: dato un suono, è legge fisica avere che questo suono sia corredato da tutta una serie di sottovibrazioni o
componenti armoniche che ne danno, in base alla loro mancanza o ricchezza, un risultato complessivo in termini di
timbro (il “colore” del suono).
In questa serie troveremo tutti gli intervalli musicali (seconde, settime, ecc. vedi foto sotto). L’intensità dei suoni
armonici è decrescente, quindi risultano udibili solo i primi. possiamo quasi accordare il nostro strumento: ci manca
solo di sapere in che rapporto stanno tra di loro i vari intervalli che abbiamo trovato. Questa è l’operazione che i
sostanza ha compiuto Pitagora sul monocordo. L’ottava è il Suono 2 sul Suono 1 (Do su Do) = 2/1 = 2 (essendo un
raddoppio di frequenza l’ottava vale ovviamente 2); la quinta è il Suono 3 sul Suono 2 (Sol su Do) = 3/2; la quarta è il
Suono 4 sul Suono 3 (Do su Sol) = 4/3; la terza maggiore è il Suono 5 Sul Suono 4 (Mi su Do) = 5/4; la terza minore
è il Suono 6 Sul Suono 5 (Sol su Mi) = 6/5…

Parziali armoniche (tendenti a decrescere…)


Fondamentale

Come possiamo notare, ci sono apparsi i numeri primi 2 – 3 – 5 che abbiamo nominato nella premessa iniziale;
proseguiamo fiduciosi e facciamo conto di essere Pitagora mentre compie i suoi primi esperimenti con delle corde
vibranti, non sapendo ancora cosa lo aspetti (non conosceva il problema degli armonici!).
Adesso che conosciamo in che rapporto stanno tra loro i principali intervalli musicali possiamo finalmente cominciare
ad accordare: consideriamo un tastiera di 7 ottave, dal Do -1 al Do 7; le diverse ottave sono in un preciso rapporto,
cioè il primo vale 1, ilsecondo
secondo 2,
2,ililterzo
terzo4,4,etc. finofino
ecc. all’ottavo che èche
all’ottavo 128 èvolte
128ilvolte
primoil(Tutte
primopotenze di 2)
(Tutte potenze di 2)

Do -1 Do 1 Do 2 Do 3 Do 4 Do 5 Do 6 Do 7
1 2 4 8 16 32 64 128
secondo 2, il terzo 4, ecc. fino all’ottavo che è 128 volte il primo (Tutte potenze di 2)
Dopo i rapporti di ottava, arriva il turno dei rapporti di quinta (il circolo delle quinte):
Mettiamo giù il famoso “Circolo delle 12 Quinte”

Mettiamo giù il famoso “Circolo delle 12 Quinte”

Do -1 Sol Re La Mi Si Fa# Do# Sol# Mib Sib Fa Do 8


129,75
129, 75
3/2 X 3/2 X 3/2 ….. 12 volte, ovvero 3/2
Intervallo di ottava è l’unico che rimane sempre puro
3/2 X 3/2 X 3/2 ….. 12 volte, ovvero 3/2

Il processo è il seguente: 3/2 x 3/2 x 3/2 ..... 12 volte, ovvero 3/212 che fornisce un risultato diverso da 128. Siamo
andati oltre, infatti con un ciclo di 12 quinte non si torna nello stesso punto cioè non esiste un numero che sia
multiplo di potenze di 2 e potenze di 3.

La piccola differenza intervallare di “scarto”


che si viene a creare si chiama Comma. I
Temperamenti quindi servono a suddividere e a
ripartire questo comma in diversi modi,
secondo le esigenze stilistiche, storiche e
musicali del brano. Essi sono indispensabili
negli strumenti ad accordatura fissa, come ad
esempio gli strumenti da tasto.

Misura in 1/1200 parte di una ottava


CENT
degli intervalli 1 Cent = 1/100 Semitono Temperato

Evidentemente
Come dobbiamo
abbiamo notato finora si stringere questi
sono utilizzate intervalli perfrazioni
moltiplicazioni, farli andare d’accordo
e decimali e poichécon quelli scomodo
ciò risulta di otta e poco
Evidentemente dobbiamo stringere questi intervalli per farli andare d’accordo con quelli di otta
intuitivo, per questo motivo nel 1885 fu introdotto da Alexander Ellis il Centesimo di Semitono, detto anche “Cent”
L’ottava
cioè un’unitàessendo
di misuralalogaritmica
consonanza principale
laprincipale
1200ma parte è l’unico intervallo
dell’ottava, ovvero che resta
centesima partesempre
del puro,temperato.
semitono non viene mai
L’ottava essendo la consonanza è l’unico intervallo che resta sempre puro, non viene mai I
temperamenti diversi quindi nascono per risolvere ed aggiustare la scala e l’accordatura ripartendo dentro l’ottava
questa piccola differenza chiamata comma. Le tre scale principali da ricordare sono le seguenti.

Scala pitagorica
Perquesto
Per questomotivo
motivo è stato
è stato introdotto
introdotto il Centesimo
il Centesimo di Semitono,
di Semitono, il famoso
il famoso “Cent” “Cent” che andiamo
che andiamo ad an ad an
Stabilite le consonanze perfette col monocordo, i Pitagorici
costruiscono la scala come si è visto cioè procedendo di
quinta in quinta, al fine di ottenere le proporzioni nelle
distanze tra i suoni. Questa scala si adatta bene alle esigenze
puramente melodiche della monodia greca e antica: gli
intervalli risultano chiari melodicamente perché uniformi
(Tono pitagorico= 9/8). La scala pitagorica fornisce
automaticamente la cosiddetta “accordatura pitagorica” in
cui tutti i suoni sono puri.
Nel corso del Medioevo furono introdotte le note
alterate e l'ottava risultò suddivisa in dodici note
(“scala cromatica pitagorica”), sempre ottenute
con il metodo ciclico.

Esistono, nella scala cromatica, solo due intervalli. Essi sono il limma e l'apotome (es. Do e
Do#) la cui somma dà, ovviamente, il tono pitagorico e la cui differenza dà il comma
pitagorico.

Scala naturale o di Zarlino

Il problema della scala pitagorica è che risulta inservibile per la polifonia.

Nel 1558 il teorico musicale Gioseffo Zarlino propose una radicale riforma della costruzione della scala musicale, allo
scopo di includere i rapporti 4/5 e 5/6 (terza
maggiore e minore) come intervalli
fondamentali accanto ad ottava, quinta e
quarta. Nella scala di Zarlino - detta scala
naturale - compaiono due diversi intervalli di
tono, il tono maggiore (8/9) e il tono minore
(9/10). La scala di Zarlino non è - a rigore -
un temperamento, in quanto non è ottenibile
con un procedimento ciclico. Inoltre, nella
scala naturale gli intervalli sono giusti solo rispetto alla tonica della scala, altri intervalli (ad esempio Re-La) sono
stonati. Lo stesso Zarlino, in effetti, cita nella sua opera il temperamento mesotonico come schema di accordatura di
uso pratico. La proposta di Zarlino fu ulteriormente modificata dal suo discepolo Vincenzo Galilei, che propose
l'adozione di un semitono corrispondente a 17/18. Nel tentativo di rendere disponibili al musicista gli intervalli giusti
indicati da Zarlino a partire da qualsiasi nota, furono proposti strumenti a tastiera (archicembalo e arciorgano, vedi
Nicola Vicentino) in cui erano presenti 31 tasti per ottava.

Il punto di vista di Zarlino e Galilei fu duramente contestato dal matematico e ingegnere fiammingo Simone Stevino,
che in un'opera scritta fra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo (rimasta manoscritta) descrisse una scala basata
sulla divisione dell'ottava in dodici semitoni uguali. La scala di Stevino, basata su un principio divisivo, non è
praticamente ottenibile come "temperamento" in un'accordatura ciclica, per mancanza di intervalli giusti di
riferimento; nonostante questo, di fatto essa è oggi nota con il nome di temperamento equabile… gli intervalli di tono
e semitono propri della scala di Stevino sono peraltro identici a quelli indicati già da Aristosseno di Taranto (circa
320 a.C.) nella divisione del tetracordo detta diàtonon syntonon.

Scala temperata - Sistema temperato Equabile

Questa scala - usata attualmente - è un compromesso: suddivide infatti l’ottava in 12 parti uguali. Il comma pitagorico
viene spezzato in parti uguali e ripartito su tutte le quinte, facendo in modo che tutte le tonalità abbiano lo stesso
effetto sonoro. L’adozione di questa scala, che si ottiene dal temperamento equabile, fu graduale a causa dell’estrema
difficoltà nell’accordare con esattezza gli strumenti mancando un punto di riferimento preciso. Solo nella seconda
metà del XIX secolo, col graduale rilassamento della necessità di intervalli giusti a favore della flessibilità nel
cambiamento tonale (modulazione), il temperamento equabile si afferma in tutta Europa sostituendo i temperamenti
inequabili. Il Cent
Problema del comma e temperamenti ineguali (accordature storiche)

I Commi sono di tre tipi.

1) Comma pitagorico, detto anche ditonico o greco, si ottiene da una serie di 12 quinte successive. Esso eccede
l’ottava di circa 24 cent;

2) Comma sintonico, è la differenza fra tono grande e tono piccolo (vedi appunto Scala naturale di Zarlino), ma è
anche la differenza fra la terza maggiore pitagorica (81/64, 408 cent, dissonante) con la terza maggiore pura (5/4, 386
cent) ed è di 22 cent;

3) Comma enarmonico, questo comma si ottiene per sovrapposizione di terze maggiori pure, in pratica partendo da
DO si avranno prima il MI poi il SOL# e da ultimo il SI#, essa nota sarà più bassa del DO dell’ottava superiore.
Calcolando in cent avremo 386 + 386 +386 = 1158, sapendo che l’ottava è 1200 cent, ovvero 42 cent; esso differisce
di quasi 1⁄4 di tono. Non utilizzato nella pratica comune d’accordatura.

Lo schisma = è la differenza fra comma ditonico e comma sintonico, quantificato in circa 2 cent.

Nella prassi musicale contemporanea il temperamento equabile ha “affiancato” i temperamenti inequabili più che
soppiantarli. A causa della loro complessità di accordatura e vista la necessità di eseguire frequentemente musica
contemporanea, alcuni strumenti a intonazione fissa, come ad esempio il pianoforte e l'arpa moderna, lo adottano
quasi sempre, pur con la conseguente perdita di espressività nella riproduzione della musica precedente il
Novecento. Altri strumenti ad intonazione fissa, ad esempio organo e clavicembalo, più legati a tradizioni musicali
precedenti, adottano ancora oggi le “accordature storiche”, in quanto solo così è possibile evidenziare contrasti che
altrimenti andrebbero perduti. Gli strumenti ad arco ed alcuni legni possono variare l'altezza delle note per ottenere
gli intervalli naturali, come si fa sistematicamente nella polifonia vocale.

Temperamento Mesotonico

Questo temperamento - la cui ideazione è attribuita al veneziano Pietro Aaron nel 1523 - si basa su un principio
simile a quello pitagorico, cioè ottenere i vari gradi della scala attraverso cicli di quinte; tuttavia, nei temperamenti del
tono medio gli intervalli di quinta vengono corretti, in modo che altri intervalli, come le terze maggiori, si trovino alla
loro intonazione naturale.

La forma più comune di questo temperamento - ma


esistono anche altri temperamenti mesotonici - si fonda sul
rapporto di 5:4 fra le frequenze di note a distanza di terza
maggiore; questa versione è nota come temperamento del
quarto di comma, in quanto le quinte sono abbassate di un
quarto di comma sintonico. In questo sistema vi erano dei
suoni che i musicisti evitavano a causa del suono orribile
(come ad esempio la combinazione Lab e Mib) Il
temperamento mesotonico, tuttavia, non permette a sua
volta di chiudere esattamente il ciclo delle quinte e pertanto
produce nella scala un intervallo molto crescente (la
cosiddetta quinta del lupo).

Dovevano essere costruiti ad hoc degli strumenti con questo


tipo di tastiera:
Temperamenti tedeschi: il Werckmeister e… quale è il “Ben Temperato” per Bach?

Alla ricerca di una soluzione pratica agli inconvenienti del temperamento mesotonico, il tedesco Andreas
Werckmeister teorizza dei temperamenti nel suo trattato Orgel Probe nel 1691. Egli scopre che un’accordatura ciclica
con 5 quinte mesotoniche e sette quinte giuste (pitagoriche) chiude quasi perfettamente il ciclo delle quinte,
eliminando in sostanza la quinta del lupo e permettendo di suonare in tutte le tonalità. Per questo sistema furono
introdotte numerose varianti, note in area tedesca come “buoni temperamenti” ma oggi comunque definite come
temperamenti inequabili. È proprio Johann Sebastian Bach (1722) ad esplorare sistematicamente le potenzialità del
Werckmeister. In realtà è tutt’ora oggetto di controversie tra gli studiosi su quale fosse il “ben temperato” per Bach,
ma c’è un generale consenso intorno all’idea che il Cantor intendesse mostrare la superiorità di una qualche variante di
temperamento inequabile rispetto al temperamento mesotonico, ancora diffuso ai suoi tempi.

Werckmeister fu il primo ad utilizzare la definizione di “buon


temperamento” per intendere una accordatura che consentisse la
circolazione armonica di tutte le tonalità. Due sue teorizzazioni sono
poi diventate molto famose:

Werckmeister III

In questo temperamento viene prevista la suddivisione del


comma pitagorico in quattro parti uguali sulle quinte Do-
Sol, Sol-Re, Re-La, Si-Fa#; le quinte interessate non sono
consecutive poiché la quarta viene trasposta di un tono. I
vantaggi sono notevoli: si hanno le terze cromatiche
temperate in precedenza impraticabili (Mi-Sol#, Re-Fa#,
Fa-La…) e rimane la grande fortuna di avere 8 quinte pure
su 12.

Werckmeister IV

In questo temperamento il comma


pitagorico viene diviso in tre parti
uguali e l’aggiustamento avviene
su quinte alternate, ovvero si
temperano Do-Sol, Re-La, Mi-Si,
Fa#-Do#, Sib-Fa di un comma
pitagorico in meno e
contemporaneamente aumentando
due quinte (Sol#-Re# e Re#-La#)
dello stesso valore. Le altre quinte,
5 su dodici, sono pure.
… E in Italia?
L’esempio del Temperamento Tartini-Vallotti (1754)

Questo ottimo temperamento si basa sulla ripartizione


del comma pitagorico in sei quinte (ovvero più strette
di 1/6 di comma rispetto a quelle pure), mentre le altre
restano pure. Nello schema a lato viene chiarito questo
aspetto: da notare che in questo sistema il Re si trova
esattamente a metà strada fra Sib e Fa#.
Col temperamento di Padre Vallotti alcune terze
maggiori sono estremamente larghe (cioè più
dell’equabile) arrivando a 404 cent. È abbastanza
semplice la realizzazione: si accordano le 6 quinte pure
discendenti per fissare i limiti Do-Fa#; temperamento
delle restanti quinte. Non si hanno quindi terze
pitagoriche.

Questa è un’accordatura molto utilizzata ed


interessante dal punto di vista storico, anche per il
concreto cammino verso l’equabile. Vallotti,
ecclesiastico di Padova, mette a punto alcune teorie di
Tartini con cui si trova d’accordo.

Una versione aggiornata di questo temperamento fu realizzata da Barca nel 1786: struttura simile al Vallotti, ma viene
inserita una quinta (Mib-Sib) ridotta di uno schisma (circa 2 cent in meno).

Conclusione

«La musica è pura algebra dell’incantesimo»


Conrad Potter Aiken, romanziere e poeta.

J. S. Bach, copertina del Das Wohltemperirte Clavier (1722, 1744)


La serie di riccioli sopra il titolo potrebbe forse indicare una codifica
di istruzioni per costruire il temperamento propriamente di Bach?

Ad esempio in ogni ricciolo vi sono 0, 1 o 2 circoletti, nella sequenza:


1-1-1-0-0-0-2-2-2-2. Potrebbe indicare forse all’accordatore quanto
rendere le undici quinte vicine alla quinta giusta e la dodicesima non
viene specificata…

Altri studiosi hanno ipotizzato anche che Bach per “ben temperato”
intendesse il temperamento del suo allievo Kirnberger; altri invece
pensano fosse una specie di temperamento mesotonico modificato
come quello ricostruito da Herbert Anton Kellner nel pieno spirito
Barocco, tale da considerare la Triade come simbolo della Divina
Trinità. Quest'accordatura consente l'esecuzione in tutte ventiquattro
le tonalità.

La data di questo canone qui a fianco non è conosciuta. Esso ci è pervenuto tramite Marpurg, che conobbe i
lavori di Bach negli ultimi anni di vita di quest'ultimo, forse il canone fu scritto in occasione della visita di
Marpurg a Bach. Il canone è riprodotto dal trattato di Fuga del 1753-1754. Secondo Marpurg fu Bach che
chiamò il canone "Trias Harmonica”. La sua lettura può essere anche allegorica: la Triade, cioè “trinitas”
rappresenta Dio, Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo.
In questo canone Bach non da indicazioni sulla risoluzione, la quale non comporta particolari difficoltà; le due
battute si muovono sull'armonia di tonica di Do maggiore con note di passaggio, anche l'inversione alla 5a
superiore rimane sull'armonia di tonica. Le note d'armonia su cui possono entrare sia l'imitazione per moto
retto all'unisono e l'imitazione per inversione si trovano su 1° e 3° movimento di entrambe le battute.

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