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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI

“LINK CAMPUS UNIVERSITY”

Corso di Specializzazione per le Attività di Sostegno Didattico agli


Alunni con Disabilità

"LO SVILUPPO DELLA DISABILITÀ VISIVA: AUSILI


E TECNOLOGIE DI SUPPORTO E STRATEGIE
DIDATTICHE"

RELATORE: CANDIDATO:
Chiar.mo Prof. Jessica Mauriello
Paolo D’Anna Matr. 2004924

ANNO ACCADEMICO 2021-2022


ABSTRACT

JESSICA MAURIELLO

"LO SVILUPPO DELLA DISABILITÀ VISIVA: AUSILI E


TECNOLOGIE DI SUPPORTO E STRATEGIE DIDATTICHE"

Il presente studio si pone come obiettivo fondamentale l’analisi della disabilità visiva e degli
ausili, tecnologie e strategie didattiche di supporto, allo scopo di mettere in luce anche i
progressi e i passi in avanti in tale ambito.
Nel primo capitolo mi sono proposta di designare l’evoluzione storica della cecità, come
sono nati i primi centri dedicati esclusivamente alle persone con minorazione visiva e
l’approccio che caratterizzava tali istituti.
Ho affrontato successivamente la descrizione del deficit visivo, distinguendo i concetti di
cecità e ipovisione. Infine, ho trattato dello sviluppo sociale dei ragazzi con disabilità visiva
e delle difficoltà nello scambio relazionale che possono incontrare nel loro percorso di vita.
Pertanto ho sottolineato l’importanza di un supporto costante che possa condurre ad una
completa integrazione e interazione con i pari.
Nel secondo capitolo ho elencato gli ausili tecnologici che permettono alle persone con
disabilità visiva di svolgere delle attività che altrimenti non sarebbero in grado di effettuare.
In particolare mi sono soffermata sulla descrizione del metodo Braille, messo a punto da un
ragazzo francese non vedente, Louis Braille. Mi sono concentrata dapprima sugli strumenti
che facilitano l’accesso e la condivisione delle informazioni, tra cui quelli che permettono
di usare autonomamente il computer. Dopodiché mi sono soffermata sugli strumenti che
permettono l’accesso all’informazione e alla cultura.
Successivamente sono passata allo studio della percezione multisensoriale, e alla
compensazione della disabilità visiva a carico degli altri sensi: udito, olfatto e tatto e di come
questi svolgano una funzione vicariante e di ausilio.
Nel terzo e ultimo capitolo, mi sono proposta di descrivere la prospettiva esperenziale,
ovvero un percorso di apprendimento inclusivo e accessibile per uno studente con disabilità
visiva. Infatti, lo studente non vedente costruisce l’apprendimento attraverso le azioni che
compie e le riflessioni sui risultati del proprio agire.
Pertanto è fondamentale che nella scuola tali approcci debbano avere la possibilità di esistere
e di crescere e ciò dipende dalla volontà degli insegnanti e degli educatori che si confrontano
quotidianamente con la disabilità visiva. Inoltre tratterò anche di strategie alternative per
agevolare l’inclusività in modo da non alimentare dinamiche di totale rifiuto e rigidità poco
funzionali al suo benessere e alla relazione formativa.
Illustrerò poi l’importanza dell’intervento delle figure di riferimento in questo processo.
Difatti a loro adulti spetta il difficile compito di accompagnare lo studente lungo tutto il
percorso di presa di coscienza e di evidenziare l’importanza che strumenti e tecnologie
offrono.
Il compito dell’insegnante di sostegno è quindi fondamentale, esso diventa importante non
solo per lo studente che ne ha bisogno ma per tutta la classe.
Affinché questo si realizzi è importante innanzitutto una collaborazione con gli altri docenti:
questi ultimi infatti devono consentire lo sviluppo di un percorso educativo che coinvolga
tutta la classe e che crei un clima sereno e positivo per tutti.

Nome e firma del Relatore Giugno, 2023


Paolo D’anna
“Non si vede bene che col cuore,

l’essenziale è invisibile agli occhi.”


RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il Prof. Paolo D’Anna, relatore di questo elaborato finale, per la preziosa
conoscenza donatami durante questo percorso formativo e per la disponibilità dimostratami
durante tutto il periodo di stesura. Senza di lei questo lavoro non avrebbe preso vita.

Ringrazio i miei genitori, mio porto sicuro, presenza costante e guida della mia vita. In tutto
ciò che ho realizzato ci siete sempre stati, mi avete supportata e aiutata in ogni mia decisione.
Grazie perché credete sempre in me, e mi dimostrate ogni giorno l’amore più grande.
Conoscevate sin dall’inizio le perplessità che mi preoccupavano nella scelta di questo
percorso, ma in ogni caso mi avete appoggiata sempre. Grazie mamma per essere sempre
presente nella mia vita, per non trascurare nessun dettaglio o piccolo pensiero, grazie perché
sai guardare oltre. Grazie per il pranzo preparato alle 4 del mattino, per la preoccupazione e
la premura costante, per aver contato quante ore di sonno facessi la notte prima di andare a
Roma o a lavoro. Grazie papà per avermi accompagnata ogni weekend, dopo una settimana
dura di lavoro, e non importa che ora fosse o quanto poco avessi dormito, l’hai sempre fatto
con il sorriso e con il tuo umorismo che da sempre trasformano le mie brutte giornate. Grazie
perché ci sei sempre stato, e non importa quanti anni io abbia, resterò sempre la tua bambina.
Grazie perché quando penso alla famiglia ideale, penso a noi! E non importa dove vada, io
ci sarò sempre.

Ringrazio Antonio, l’altra metà del mio cuore. Sei stata la persona che più di tutte ha vissuto
concretamente questa esperienza con me sin dal primo giorno. Mi hai accompagnata in tutte
le prove di accesso a questo percorso, con te ho ricevuto la notizia dell’inizio di
quest’avventura, con te ho vissuto ogni weekend che diventava bello proprio perché c’eri tu
ad aspettarmi ovunque io fossi, alla fiera di Roma, all’hotel Marriot, alla fermata del pullman
di Aversa, Caserta, o alla stazione del treno alle 6 del mattino con la pioggia. Mi hai
incoraggiata per ogni prova, hai ricordato ogni mio esame, ti sei congratulato per ogni mio
risultato, credendo in me sempre. Grazie per tutti i nutella biscuits e patatine che mi hai
portato, grazie per tutti i Mc donald subiti, e per tutti i rimproveri sul mio poco riposo. Non
so come avrei fatto senza di te, o meglio questo percorso non sarebbe stato lo stesso. Grazie
perché mi rendi migliore e colori le mie giornate. Grazie perché tiri fuori il meglio di me.
Sempre e per sempre dalla stessa parte, mi troverai.
Ringrazio Antonietta, la mia ancora, colei che c’è in ogni momento, la persona con cui ho
condiviso tutto. Questo percorso l’abbiamo iniziato insieme, come ogni cosa da quando ci
conosciamo, e non ho fatto altro che pensare a come sarebbe stato diverso questo percorso
insieme a te. Nonostante tutto, anche se non fisicamente, tu eri sempre con me. C’eri nei
miei racconti, nelle mie giornate, durante i miei esami. Mi hai aiutata, supportata e
incoraggiata. Grazie per avermi dato sempre il consiglio più giusto, per avermi mostrato
nuovi punti di vista, e per aver letteralmente “trovato” l’organizzazione dei miei viaggi in
Caterino, grazie alla tua vasta conoscenza nel mondo dei pullman. Nella mia vita sei
fondamentale.

Ringrazio Rossana, l’amica di sempre. Non servono tante parole tra noi, non ne abbiamo
mai avuto bisogno. Basta avere la certezza che nonostante gli anni passino e le strade siano
diverse, noi esistiamo. Non importa quanti compleanni, matrimoni, viaggi o TFA ci
ostacoleranno, nei momenti importanti noi troveremo il modo di esserci.

Ringrazio Jessica, “la mia salvezza” come ti sei definita alla fine di questo percorso. E devo
dire che stranamente hai ragione. Grazie perché sai esserci, grazie perché trovi sempre il
modo di aiutarmi, grazie perché non manchi mai in niente e pensi sempre agli altri, anche
quando ne hai bisogno tu.

Ringrazio i miei ragazzi, perché mi avete ricordato ogni giorno quanto io ami il mio lavoro.
Ognuno di voi mi ha insegnato qualcosa, rendendo le mie giornate piene, ricche di gioia.
Sarà difficile lasciarvi andare, ma lo farò con la consapevolezza che nel mio cuore porterò
ciascuno di voi, sempre! E ringrazio Susanna, il mio girasole, una nuova bellissima scoperta.
È stato meraviglioso trascorrere quest’anno insieme, sei un sole e hai reso più belle e leggere
tutte le mie giornate.

Ringrazio i miei nonni per il loro costante pensiero, la mia famiglia, i miei amici e tutte le
persone che ci sono state.
INDICE

Introduzione 6

1° Capitolo: Lo sviluppo del deficit visivo 8

1.1 Evoluzione storica della cecità 8

1.2 Il deficit visivo: cecità e ipovisione 10

1.3. Lo sviluppo sociale e difficoltà nello scambio relazionale 12

2° Capitolo: Ausili tecnologici per la disabilità visiva e percezione multisensoriale 14

2.1. Metodo Braille 14

2.2. Ausili tecnologici per la disabilità visiva 16

2.3. Percezione multisensoriale 21

3° Capitolo: Strategie didattiche di supporto 23

3.1. Prospettive di esperienza 23

3.2. Strategie per attività alternative 25

3.3. Intervento delle figure di riferimento 27

Bibliografia 30

Allegato I: Progetto di tirocinio 1

Allegato II: Relazione al tirocinio 1

V
Introduzione

“Vedere con il Cuore racchiude in sè il problema della disabilità visiva, che può essere
superato con l’amore. Vedere con il cuore significa riuscire a cogliere quello che c’è oltre
la semplice apparenza delle cose.”1 Questo è quanto sostenuto dall’Associazione Fiori Blu
che è l'espressione e volontà di un gruppo di genitori, i cui bambini frequentano la
Fondazione Robert Hollman, centro di consulenza e sostegno allo sviluppo del bambino
con deficit visivo e disabilità associate. Il ruolo del genitore è complicato, e lo è
maggiormente quando il bambino nasce con problematiche visive e/o aggiuntive. Il
genitore è catapultato in un mondo sconosciuto e vorrebbe solo trovare risposte adeguate
da parte dei professionisti che seguono bambini con lo stesso deficit. La Fondazione
Robert Hollman, nata in Italia negli anni Settanta grazie all’imprenditore olandese di cui
porta il nome, offre consulenza e sostegno allo sviluppo di bambini con deficit visivo e alle
loro famiglie.2 Come questa, tante sono le associazioni, tra cui per esempio la Lega del Filo
d’Oro, che si occupano di offrire assistenza sanitaria e sostegno alle persone con disabilità
visiva e alle loro famiglie. Negli anni addietro parlare di cecità voleva dire riferirsi ad un
impegno prevalentemente assistenziale nei confronti di tali soggetti, poiché si aveva una
considerazione della minorazione visiva come un impedimento all’acquisizione di
conoscenze concrete. Questa visione ha contribuito a creare un’immagine poco realistica
della cecità. Pertanto il presente studio si pone come obiettivo fondamentale l’analisi della
disabilità visiva, caratterizzata dalla riduzione o dall’assenza della capacità di vedere, allo
scopo di mettere in luce anche i progressi e i passi in avanti in tale ambito. Il mio primo
obiettivo è stato quello di designare l’evoluzione storica della cecità, come sono nati i
primi centri dedicati esclusivamente alle persone con minorazione visiva, l’approccio che
caratterizzava tali istituti. Affronterò successivamente la descrizione del deficit visivo,
distinguendo i concetti di cecità e ipovisione. Mi soffermerò anche sull’aspetto sociale e
relazionale, al fine di delineare l’integrazione e le difficoltà che possono riscontrare i
soggetti con disabilità visiva nell’ambito scolastico. La seconda parte è invece dedicata alla
descrizione degli ausili tecnologici che permettono alle persone con disabilità visiva di
svolgere delle attività che altrimenti non sarebbero in grado di effettuare. Al giorno d’oggi
sono molti i prodotti tecnologici disponibili sul mercato per ciechi e ipovedenti che
facilitano l’accesso e la condivisione delle informazioni. In particolare illustrerò i
principali strumenti che consentono un uso autonomo del pc. Delineerò il metodo Braille,

1
Associazione Fiori Blu (n.d). Chi siamo-Mission. Disponibile da ultima consultazione: 6/07/2915.
2
Fondazione Robert Hollman, Disponibile da ultima consultazione 2/08/2015.
6
ideato da Louis Braille, ragazzo non vedente francese, che aveva messo a punto un metodo
di lettura e scrittura a beneficio dei ciechi e degli ipovedenti. Si passerà poi allo studio
della percezione multisensoriale, e alla compensazione della disabilità visiva a carico degli
altri sensi: udito, olfatto e tatto e di come questi svolgano una funzione vicariante e di
ausilio. Nella terza e ultima parte, mi sono occupata di descrivere la prospettiva
esperienziale, per chi non vede il valore dell’esperienza è molto importante perché non
nasce dal concetto del “vedere” ma del “fare”. Tratterò anche di strategie alternative per
agevolare l’inclusività e infine illustrerò l’importanza dell’intervento delle figure di
riferimento in questo processo.

7
Capitolo 1 Lo sviluppo del deficit visivo

1.1 Evoluzione storica della cecità


In generale le persone con disabilità sensoriali furono le prime a ricevere già dal ‘500
qualche attenzione in senso riabilitativo ed educativo, ma soltanto nell’800, come sostiene
Aliegro, che si realizza una vera e propria assistenza istituzionalizzata nei confronti delle
persone con disabilità visiva. In Europa e negli Stati Uniti sorsero i primi istituti dedicati
alle persone con minorazioni visive. I primi istituti in Italia sorsero a Napoli, Padova e
Milano; tuttavia come ci descrive Ceppi, le attività più comunemente svolte all’interno di
tali istituti, erano: intreccio di vimini, impagliatura di sedie, studi musicali. Per cui
fornivano un impegno prevalentemente assistenziale e si aveva una considerazione della
minorazione visiva come un impedimento all’apprendimento della cultura. Ciò contribuiva
a creare un’immagine della cecità poco realistica. A questo si aggiunge anche la difficoltà
del reinserimento sociale dei non vedenti, poiché avevano trascorso un lungo periodo
all’interno di questi istituti, divenendo estranei alla loro famiglia. È nel ‘900 che in Italia
con Romagnoli nasce una nuova scienza la “tiflologia” che si occupa dello studio delle
condizioni di vita delle persone cieche e in particolare dei problemi educativi relativi al
loro inserimento nella vita sociale e nel lavoro.3 Romagnoli, docente di filosofia e non
vedente dal primo mese di vita, diede una nuova concezione della minorazione visiva,
considerata non più con accezione negativa, ma come una situazione che necessita di
essere conosciuta e compresa. Egli trasferì metodi e materiali didattici della Montessori
nell’educazione per non vedenti, dando luogo ad una scuola attiva, dove accanto all’attività
pratica, veniva stimolata anche l’intelligenza e la curiosità dei ragazzi. Inoltre, nel 1923
Romagnoli collaborò alla stesura delle norme per l’istruzione delle persone con disabilità
che, con la Riforma Gentile, resero obbligatoria l’istruzione per i ciechi. Nel 1920 altre
importanti novità vennero apportate da una nuova associazione UICI, a Nicolodi, che
contribuì alla trasformazione di molti istituti per ciechi in luoghi di educazione. Con la
Legge n. 360/1976 fu data alle famiglie la possibilità di scegliere tra la permanenza in
istituto o l’inserimento nelle scuole pubbliche, tuttavia quest’ultime erano ancora
impreparate all’accoglienza di bambini non vedenti, per mancanza di strumenti didattici,
risorse economiche e personale specializzati. Pertanto ci volle ancora molto prima che le
scuole pubbliche sostituissero completamente le scuole speciali. Di notevole importanza è
la conferenza europea sui disabili tenutasi a Budapest nel 1995, organizzata dall’ICEVI
Consiglio internazionale per l’istruzione e l’educazione delle persone con disabilità visiva,
3
Enciclopedia Treccani
8
alla quale parteciparono 25 Paesi europei. L’oggetto di tale conferenza fu quello di trovare
un punto di equilibrio tra l’esigenza di crescere di pari passo con la società dei normo-
vedenti, e quella di costruire momenti specifici rispettosi delle esigenze individuali
derivanti dalla presenza del deficit. Ancora oggi è fondamentale comprendere, che
all’interno delle scuole, non occorre solo la presenza di figure professionali specializzate
nella disabilità visiva, come il tiflologo o gli assistenti alla comunicazione, ma è doveroso
promuovere un processo che porti ad un cambiamento di prospettiva nei presupposti che
orientano l’azione pedagogica.

9
1.2 Il deficit visivo: cecità e ipovisione
“Con il termine disabilità visiva si indica un tipo particolare di disabilità in cui il deficit
consiste nella minorazione del senso della vista, minorazione che, in relazione alla sua
entità, può essere caratterizzata attraverso l’utilizzo di termini specifici come cecità o
ipovisione.”4 Secondo l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della
Disabilità e della Salute) “le persone con deficit visivo sono genericamente quelle affette
da una menomazione agli organi ed alle strutture anatomiche riguardanti la vista, o
interessate da un’alterazione delle funzioni collegate a questo senso.”5 La disabilità
visiva rientra tra le disabilità sensoriali ed è stata definita dalla legge n. 138 del 3 aprile
2001 utilizzando principalmente due parametri che sono l’acuità visiva, ossia la nitidezza
nella percezione visiva, e il campo visivo, che è l’ampiezza dell’area percepita dai due
occhi. L’International Classification of Diseases 10 ha stabilito quattro livelli di capacità
visiva: visione normale, ipovisione media, ipovisione grave, cecità. Secondo l’OMS, un
soggetto è considerato cieco quando l’acuità visiva corretta nell’occhio migliore è inferiore
a 1/20, mentre è considerato ipovedente quando essa è compresa tra i 3/10 e 1/20.6 Al fine
di capire meglio cosa si intende per cecità e ipovisione si può fare riferimento a Fiocco, il
quale afferma che “il significato di cecità è sempre risultato di facile comprensione, in
quanto sottintende una condizione fisica e sensoriale oggettivamente riscontrabile,
caratterizzata dall’assenza di visione; chi ne è affetto è totalmente privo di capacità visiva
intesa quale funzione cerebrale attiva, nondimeno può possedere la percezione della luce,
che comunque non dà luogo a tale funzione. Per contro, la voce ipovisione si presta per sua
stessa natura a svariate interpretazioni, dato che non fornisce alcuna indicazione precisa
circa l’entità della visione residua; essa è stata individuata quale termine di riferimento per
designare una riduzione grave della funzione visiva che non può essere eliminata per
mezzo di lenti correttive, di interventi chirurgici o di terapie farmacologiche.” 7 La cecità
può essere congenita o acquisita, e può dipendere da tre ordini di cause: difetti strutturali,
disordini visivi di origine centrale, vizi di rifrazione. Si può parlare di cecità o disabilità
visiva congenita quando la vista del soggetto fin dalla nascita è ridotta o manca del tutto,
mentre si può parlare di cecità o disabilità visiva acquisita quando il deficit insorge
nell’infanzia o in seguito, a causa di malattie degenerative, traumi nel sistema visivo o altre
patologie. I soggetti con deficit visivo congenito differiscono dai soggetti con deficit visivo

4
Bonfigliuoli C., Pinelli M. Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010), p.10.
5
Gargiulio M. L., Dadone, V. Crescere toccando. Franco Angeli, Milano, (2009), p.17.
6
Pavone M. L’inclusione educativa. Indicazioni pedagogiche per la disabilità. Mondadori Università, Milano,
(2014), p. 86.
7
Bonfigliuoli C., Pinelli M. Disabilità visiva. Erikson, Trento (2010), p. 11.
10
acquisito soprattutto per quanto riguarda le attività quotidiane, come la mobilità e la cura
personale. Inoltre, le dinamiche psicologiche dei soggetti con disabilità visiva acquisita
sono più complesse in quanto devono affrontare problemi o situazioni nuove ai quali non
sono preparati; questo porta il soggetto ad un totale sconvolgimento emotivo e di rifiuto.
Le risposte all’evento traumatico possono essere positive quando il soggetto accetta la
disabilità, o negative quando il soggetto cade, ad esempio, in depressione. Parlando di
cecità acquisita, si può distinguere tra insorgenza traumatica e degenerativa del deficit.
Secondo Dale, “nel caso di cecità traumatica il periodo di rifiuto del problema è più lungo
e l’individuo tende ad attribuire l’evento a una causa o a una persona specifica, con
vendetta. Inoltre c’è un atteggiamento scoraggiato nei confronti della riabilitazione.”8
Secondo Nemshick e collaboratori “la patologia degenerativa interferisce notevolmente
nelle scelte scolastiche, lavorative e familiari degli affetti. Le preoccupazioni maggiori
sono quelle relative al futuro, alla possibilità di trasmettere la malattia alla discendenza, al
timore per una riduzione della propria vita relazionale, al senso di inadeguatezza e
anormalità.”9 Essere un soggetto cieco o ipovedente non determina l’impossibilità di
spostarsi e orientarsi autonomamente ma condiziona queste capacità. L’educatore,
l’insegnante, il genitore e tutte le figure di riferimento devono aiutare il soggetto a
raggiungere il più alto grado di autonomia possibile. “Negli animali superiori e nell’uomo,
la vista ha un’importanza fondamentale nel sistema di orientamento e di esplorazione. Gli
esseri umani, infatti, utilizzano massicciamente la vista perché essa rappresenta la modalità
sensoriale più adeguata per trarre informazioni sullo spazio, sulla sua articolazione e
strutturazione. Essa riveste un ruolo fondamentale anche nei comportamenti di protezione e
di difesa del pericolo, come pure per l’individuazione dei comportamenti sociali non
verbali e la conseguente corretta decodifica degli atteggiamenti interpersonali.”10 Tuttavia
è opportuno mettere in evidenza un aspetto fondamentale: i soggetti con disabilità visiva,
costruiscono le proprie strategie psicologiche e motorie senza la vista, potenziando altre
funzioni che una persona normovedente non utilizza in tutto e per tutto.

8
Bonfigliuoli C., Pinelli M., Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010), p. 13.
9
Ivi, p. 13.
10
Gargiulio M. L., Dadone, V., Crescere toccando. Franco Angeli, Milano, (2009), p. 26.
11
1.3. Lo sviluppo sociale e difficoltà nello scambio relazionale
Lo sviluppo sociale, nei bambini con disabilità visiva, è tutt’altro che semplice. Vari autori,
tra cui Morgan e Bruininks, mostrano che “i bambini disabili non entrano in relazione in
modo spontaneo con i propri coetanei e non apprendono le abilità sociali per modellamento
e osservazione.”11 Inoltre, Gresham sostiene che “per i bambini disabili è estremamente
difficile sfruttare gli stimoli ambientali non strutturati e apprendere come interagire con i
coetanei in modo adeguato, perciò è utile prevedere curricoli di insegnamento di queste
abilità in modo da renderli più autonomi.”12 L’assenza della vista comporta difficoltà
anche negli scambi relazionali per la mancanza degli elementi spontanei sui quali,
solitamente, si strutturano le prime interazioni con il bambino. Difatti, quest’ultimo è meno
espressivo di un suo coetaneo e il suo sorriso spontaneo è carente; così come è carente nei
comportamenti interattivi. I bambini con deficit visivo mostrano molte difficoltà ad
interagire con i loro coetanei, oltre che con i loro caregiver. “I bambini non vedenti non
possono sfruttare l’apprendimento per imitazione e osservazione e quindi non sono in
grado di avvalersi dei coetanei come riferimenti e modelli. Inoltre hanno difficoltà nel
comprendere e utilizzare le regole dello scambio comunicativo, come rispettare i turni di
parola. Sono generalmente i destinatari del messaggio comunicativo e quando si
impegnano nel dialogo lo fanno per brevi periodi.”13 Oltretutto questi bambini prediligono
interagire con gli adulti piuttosto che con i loro coetanei, perché gli adulti rappresentano
delle figure relazionali più stimolanti e protettive. Il protrarsi della condizione di
isolamento sociale e ambientale può portare il bambino a rifugiarsi in stereotipie tipiche
della disabilità visiva. Fra le più frequenti vi sono il dondolio della testa, del corpo, il
girare su se stessi, e l’affondo dei pugni negli occhi come autostimolazione della pressione
oculare. Hanno difficoltà nell’impegnarsi nel gioco solitario e non hanno successo nel
gioco simbolico, pertanto il loro gioco è prevalentemente ripetitivo e stereotipato e non
esplorano l’ambiente e gli oggetti, ma concentrano la loro attenzione sul proprio corpo.
Rispetto all’ambiente di gioco e di relazione, Bonfigliuoli e Pinelli dichiarano che “gli
spazi aperti come i cortili e le aree di gioco, risultano inibitori per i bambini non vedenti,
soprattutto per la mancanza di punti di riferimento e, nonostante nei luoghi affollati sia più
semplice iniziare un’interazione, questi bambini non sono in grado di sfruttare questa
caratteristica ambientale.”14 Con l’ingresso nella scuola, i bambini con deficit visivo
devono confrontarsi con relazioni esterne a quella familiare e ciò li coglie impreparati,

11
Bonfigliuoli C., Pinelli M., Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010), p. 43.
12
Ivi, p. 43.
13
Ivi, p. 53.
14
Ivi.
12
perché non sono predisposti e non possiedono ancora le abilità necessarie. L’inclusione
dei bambini ciechi e ipovedenti nelle scuole pubbliche è stata una conquista per il sistema
di istruzione, ma affinché si possa parlare di integrazione vera e propria è necessario
riflettere sui mezzi e sui provvedimenti funzionali per fare in modo che questo processo si
realizzi completamente. Quindi è necessario un sostegno sociale adeguato, perché il solo
“inserimento all’interno delle classi pubbliche può portare all’isolamento, poiché questi
alunni hanno meno amicizie, meno opportunità di socializzazione e meno occasioni di
sviluppare le proprie abilità sociali rispetto ai compagni vedenti, e spesso manifestano
difficoltà anche sul piano emozionale. Per questo è di fondamentale importanza prevedere
l’insegnamento diretto delle abilità sociali, in modo da promuovere l’interazione con i
pari.”15

15
Bonfigliuoli C., Pinelli M., Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010), p. 55.
13
Capitolo 2 Ausili tecnologici per la disabilità visiva e percezione
multisensoriale

2.1. Metodo Braille

“Le apparecchiature informatiche costituiscono un’effettiva rivoluzione contemporanea


che mette a disposizione di alcuni fortunati accessi più semplici, rapidi e comodi a servizi
che erano già disponibili in precedenza, ma anche una più ampia varietà di opportunità che
fino a poco tempo fa non erano nemmeno immaginabili.”16 Oggi con l’avvento della
tecnologia il bambino con disabilità visiva, può accedere a contenuti in modo più veloce e
autonomo. Caldin afferma: “Oggi i disabili visivi possono contare su molte soluzioni
innovative atte ad ampliare la loro autonomia negli ambiti in cui essa è da ritenersi
irrinunciabile e che comprendono l’accesso alla cultura e all’informazione, la mobilità,
l’autonomia domestica, la cura della salute, la fruizione del tempo libero.”17 A tal proposito
sarà doveroso indicare il metodo Braille, unico codice di scrittura e lettura usato dalle
persone non vedenti nel mondo, nato nel 1829 grazie alla genialità di Louise Braille, un
ragazzo francese divenuto cieco nei primi anni di vita. Louise Braille genera un vero e
proprio cambiamento radicale rispetto ai sistemi di scrittura tattili, lenti e macchinosi. Si
tratta di un codice in rilievo, strutturato su sei punti, disposti ad una distanza tale da essere
percepita senza difficoltà dalla superficie sensibile di un polpastrello: 64 segni per scrivere
testi, formule matematiche, spartiti musicali, permettendo ai non vedenti di usufruire di
tutte le conoscenze disponibili nel mondo. Braille parte dalla valutazione dei limiti, ma
anche delle possibilità sensoriali, di chi è privo della vista, parte dall’utilizzatore finale del
sistema di lettura e scrittura per individuare un codice funzionale e modalità percettive
specifiche. Inizialmente il codice elaborato da Braille incontrò non poche difficoltà,
incluso l’ostracismo di alcuni insegnanti. Dufau, il direttore del convitto, arrivò a vietarne
l’uso ritenendolo “un’inutile criptografia” e uno strumento che portava in sé, essendo una
scrittura ignota al mondo, il rischio di un isolamento sociale e culturale dei ciechi. Il primo
libro in Braille vide la luce nel 1827 ma Louis, morto nel 1852 di tubercolosi (dunque più
di 20 anni più tardi dalla pubblicazione), non fece in tempo ad assistere al successo
mondiale della sua creazione. Ancora oggi incontra forti resistenze da parte di coloro che
lo ritengono uno stigma della cecità. Se da un lato è comprensibile la diffidenza da parte di
bambini con grave ipovisione o da parte dei genitori, ciò non può valere per le figure

16
Quartaro A. (cur.), Tecnologia e integrazione dei disabili visivi e dei pluriminorati. Guida per l’approccio
all’informatica. Biblioteca Italiana per i ciechi “Regina Margherita” ONLUS, Monza, (2011), p. 19.
17
Caldin R. (cur.), Percorsi educativi nella disabilità visiva. Erickson, Trento, (2006), p. 68.
14
educative, nella scuola come in altri contesti. Talvolta vi sono proprio degli atteggiamenti
di rifiuto da parte degli insegnanti di sostegno, che non conoscendo il Braille, ne
sottovalutano l’utilità didattica e si limitano a proporre contenuti in forma orale. Questo è
un aspetto negativo che si ripercuote anche sui bambini, ai quali viene negata la possibilità
di intraprendere un percorso di apprendimento significativo e rispettoso delle loro
caratteristiche percettive e cognitive. Difatti la sola comunicazione orale fatica a portare a
uno sviluppo delle competenze di codifica ed elaborazione del pensiero, di comprensione
di un messaggio, di valutazione della correttezza contestuale del proprio atto comunicativo.
Attraverso la lettura e la scrittura che il bambino dà corpo al pensiero e attiva i canali della
comunicazione intersoggettiva. La scrittura non è semplice: il codice deve infatti essere
tracciato sulla faccia opposta della pagina, invertendo non solo la disposizione dei caratteri
(da destra verso sinistra) ma anche la forma. Tutte le lettere sono scritte con la
combinazione di 6 punti per cella che abbiamo descritto sopra. I punti sono disposti su due
righe verticali di tre ed ogni lettera viene rappresentata da un solo punto o da diversi. Ad
esempio le prime dieci lettere dell’alfabeto dalla A alla J sono composte esclusivamente da
una combinazione dei quattro punti più in alto. Alle dieci lettere successive viene invece
aggiunto il punto in basso a sinistra alle dieci precedenti. Si procede con questo schema
fino alla lettera T, perché le lettere seguenti sono formate aggiungendo entrambi i punti più
bassi alle dieci lettere di partenza. Anche la punteggiatura segue la stessa logica, con la
combinazione dei sei punti in una sola cella. Ad esempio un singolo punto in basso a destra
indica che la lettera che segue è maiuscola, mentre il punto è riconoscibile dal puntino in
basso a destra e dai due della seconda fila. Ad oggi è possibile scrivere in braille a mano
(tramite punteruolo e tavoletta), attraverso apposite macchine dedicate o con speciali
tastiere per computer che riproducono nei tasti la combinazione dei punti. In questo modo,
al tatto, è possibile individuare la lettera corrispondente. Dal 1949 l’UNESCO ha
intrapreso un percorso per uniformare il sistema adattandolo alle necessità fonetiche e
grafiche di ogni lingua. Un’elaborazione condivisa a livello internazionale del Braille a 8
punti risulta ancora distante.

15
2.2. Ausili tecnologici per la disabilità visiva

La presenza sempre più massiccia delle nuove tecnologie nell’ambito anche scolastico ha
mitigato gli effetti dell’inadeguata preparazione di alcuni insegnanti e ha abbattuto il muro
della riservatezza del codice Braille. Difatti oggi con l’impiego di screen reader e display
Braille, il bambino può accedere ai contenuti in modo autonomo e veloce, può effettuare
interventi sul testo controllandone la forma, correggendo eventuali errori. Sono molti i
prodotti tecnologici disponibili sul mercato per ciechi e ipovedenti. Ci concentreremo
dapprima su quelli che facilitano l’accesso e la condivisione delle informazioni, tra cui
quelli che permettono di usare autonomamente il computer. L’accesso al computer per una
persona con disabilità visiva è possibile grazie alla sostituzione o all’uso alternativo di
alcune periferiche, ovvero apparecchiature che, collegate al computer, consentono di
inserire comandi o dati da elaborare, periferiche di input; e di ricevere le informazioni
fornite dalla macchina, periferiche di output. La periferica di input fondamentale è la
tastiera, che può essere utilizzata normalmente con un apposito addestramento che più
avanti spiegheremo. Per le periferiche di output possiamo citare i diffusori acustici, che
trasmetteranno le informazioni elaborate dalla sintesi vocale. Se l’utente conosce il Braille,
ha la possibilità di usare con il suo PC, display e stampante Braille.
• tastiera semplificata o con caratteri ingranditi;

• display o barra braille, dedicato principalmente ai ciechi, è una riga formata da celle in
ciascuna delle quali si formano elettronicamente dei puntini in rilievo corrispondenti
alle lettere presenti sullo schermo del computer. I display usano il codice Braille
informatico a 8 punti, non quello tradizionale a 6 usato per le pubblicazioni stampate. Il
codice a 8 punti è stato scelto per la possibilità di associare i 256 caratteri teoricamente
ottenibili ai 256 simboli della codificazione ASCII, il sistema di definizione dei simboli

16
usati nei computer, che è stato per anni unico standard a livello mondiale.

• stampante braille, una periferica che stampa su carta in alfabeto Braille il contenuto di
documenti. La testina di stampa è composta da alcuni punzoni, in genere 3, che
deformano la carta imprimendo i caratteri in codice Braille a rilievo.

• videoingranditore, che ingrandisce il contenuto di supporti cartacei;

• dattiloritmica, un pannello piano dal quale emergono tanti tasti come se fosse un
casellario: premendoli, si sollevano, formando una lettera, un numero o un simbolo;

17
• cubaritmo, un piano rettangolare usato in matematica su cui vengono inseriti dei cubetti
con dei puntini in rilievo che corrispondono ai numeri in braille;

• scanner, che provvede a conservare le immagini (quelli più usati trasformano in


informazioni digitali ciò che appare sui libri o in generale sui fogli di carta);

• macchina dattilobraille, consente di scrivere rapidamente un testo in braille;

• Audiolibro;

18
Per quanto riguarda l’accesso all’informazione e alla cultura troviamo:
• computer, fondamentale per tanti altri ausili collegabili ad esso;
• tablet, iPad e cellulari che permettono di comunicare con il mondo esterno e con le
persone vicine e lontane;
• computer portatile a comandi vocali;
• Screen reader, un software che serve a riconoscere i testi o altri elementi presenti sullo
schermo ed opera una semplificazione e descrizione degli elementi indispensabili per
gestire il computer. Ad ogni screen reader è associata almeno una sintesi vocale, ossia
un programma che trasforma automaticamente il testo in voce, leggendone il
contenuto. Gli screen reader più diffusi in Italia sono Jaws della Freedom Scientific,
Hall della Dolphin e Windows Eyes della GWMicro. Negli ultimi anni si utilizza anche
un programma gratuito chiamato NVDA, molto utile e affidabile.
• magnetofono e registratore digitale, che permettono la lettura d’ascolto di materiale
registrato precedentemente;
• libri tattili e parlanti;
• sistema videoingrandente, un software che consente agli ipovedenti di ingrandire i
caratteri dello schermo del computer e di variare i contrasti cromatici;
• sintesi vocale, un sistema che riproduce un testo in formato vocale.
Vorrei, inoltre, porre un’attenzione maggiore sull’utilizzo della tastiera, abilità
fondamentale per uno studente cieco o ipovedente che si accosta al computer. Egli dovrà
memorizzare con sicurezza la posizione dei vari tasti e sviluppare i necessari automatismi.
Risulta determinante la corretta impostazione delle mani e l’uso di tutte e dieci le dita. È
necessario che l’alunno con minorazione sappia presto orientarsi spazialmente sulla
tastiera, individuando i tasti pilota F e J, così chiamati perché riconoscibili al tatto per la
presenza di due trattini in rilievo. Le altre dita di ciascuna mano poggeranno quindi sui
tasti contigui, in modo tale da poter raggiungere con facilità tutti i punti della tastiera. Chi
usa lo screen reader ha a disposizione un comodo strumento per esplorare la tastiera senza
rischio di produrre effetti indesiderati, chiamato aiuto tastiera. L’uso del tastierino di destra
non sarebbe strettamente necessario, in quanto tutti i simboli contenuti sono presenti anche
nella rimanente parte della tastiera, il suo uso è però molto importante per la gestione dello
screen reader. Per quanto riguarda l’utilizzo, per i bambini ciechi e ipovedenti, della
tastiera dei computer portatili, è possibile trovare qualche difficoltà in più. Le informazioni
tattili sono minori, perché i tasti sono più vicino e meno riconoscibili. Per chi vede poco si
trovano in commercio delle tastiere con delle lettere di grandi dimensioni impresse sui tasti
per facilitare il riconoscimento. Il loro uso deve esssere utile con gli ipovedenti, ma non

19
deve sostituire il corretto addestramento alla tastiera. Certo, tutti questi ausili citati sono
utili per i soggetti con deficit visivo, ma questi ultimi, comunque, “non sono immuni dalla
paura di dipendere: purtroppo la disabilità li mette nelle condizioni ideali affinché ciò
abbia a succedere ed essi lo sanno, come sanno che talvolta al loro chiedere può seguire
una risposta distratta o un silenzio umiliante, ma a questo nemmeno l’ausilio migliore è in
grado di porre rimedio”.18

18
Caldin R. (cur.), Percorsi educativi nella disabilità visiva. Erickson, Trento, (2006), p. 77.
20
2.3. Percezione multisensoriale

Dal dizionario “Il Sabatini Coletti” la percezione è “l’atto con cui si acquisisce la
consapevolezza e la conoscenza di una realtà esterna mediante i sensi: di un colore, di un
oggetto, del movimento; capacità e azione del percepire”.19 Ogni essere umano vive in un
mondo pieno di proprietà percepibili, e queste, sono disponibili a diversi e molti canali
sensoriali. Tradizionalmente lo studio della percezione coincide con lo studio di diverse
percezioni, tra cui quella visiva, olfattiva, acustica, tattile e così via; si adotta cioè una
percezione multisensoriale. C’è quindi la possibilità di studiare la percezione con una
prospettiva multisensoriale “in cui i sensi vengono considerati come sistemi interconnessi
al servizio del comportamento di un organismo che percepisce e agisce in una specifica
nicchia ecologica.”20 Difatti nel caso di perdita totale o parziale della vista i rimanenti
organi sensoriali cominciano a funzionare in maniera ausiliaria, vicariante. Tale
compensazione avviene a carico dell’udito, del tatto, dell’olfatto. Cambiano i tempi di
processamento degli stimoli. Per esempio: per percepire il contenuto di una stanza la vista
impiega molto meno tempo che non il tatto, dal momento che con uno sguardo si possono
ottenere contemporaneamente un’ampia gamma di informazioni visive. Per ottenere lo
stesso numero di informazioni mediante un’esplorazione tattilo-cinestetica, ci
s’impiegherebbe naturalmente molto tempo, perché sarebbe necessario muovere le mani
camminando e compiendo movimenti di flessione ed estensione del corpo. La vista è il
senso della simultaneità, mentre il tatto è statico, funziona principalmente secondo
modalità che procedono in sequenza. Il tatto è deputato alla percezione del peso e della
temperatura degli oggetti, mentre per ottenere informazioni su dimensioni, superfici e
caratteristiche materiche generali occorre unire al tatto, il movimento. L’udito e l’olfatto
funzionano sia in simultanea che in sequenza, così come il gusto. La vista consente un
processo di cognizione della forma rapido e fluido. L’esplorazione con le mani si estende
su un campo percettivo ridotto. Procede con sequenzialità su frammenti spaziali, ma è in
grado di definire con un attento apprezzamento analitico la sensazione termica del contatto
con l’oggetto, la qualità della superficie e la sua consistenza. Il tatto inoltre, rispetto alla
vista, ha una capacità di discriminazione molto più ridotta. È quindi incapace di percepire
particolari molto raffinati: linee o punti troppo vicini fra loro, segmenti troppo brevi. Non
si può pensare di trasmettere attraverso un disegno in rilievo la stessa quantità di
informazioni che di solito vengono proposte tramite una rappresentazione visiva delle

19
Sabatini F., Coletti V. Il Sabatini-Coletti. Disponibile da ultima consultazione 3/07/2015, (2008).
20
Bruno N., Pavani F., Zampini M., La percezione multisensoriale. Il Mulino, Bologna, (2010), p.14.
21
stesse dimensioni. Attraverso il tatto non è possibile trasmettere tutte quelle informazioni
che l’occhio percepisce perché date dalle variazioni di luce e di colore. Se rispetto alla
sensibilità visiva il tatto presenta non pochi svantaggi, esso mostra però anche qualche
vantaggio: consente di valutare la temperatura degli oggetti e la consistenza del materiale
di cui sono fatti; permette di percepire il peso delle cose mobili; rende possibile
l’esplorazione anche della faccia retrostante degli oggetti senza la necessità di spostamenti;
Pertanto il tratto presenta i seguenti caratteri: carattere stereoplastico, mediante il quale il
tatto coglie la tridimensionalità dell’oggetto; carattere cinetico, secondo cui un oggetto,
per essere colto nella sua forma e nella sua dimensione. Inoltre, il tatto è senso metrico,
essendo la mano «strumento di misurazione» per eccellenza; è intenzionale, in quanto il
non vedente, per conoscere un oggetto che si trovi anche a portata di mano, deve volerlo
anche esplorare; tende a tipizzare, schematizzare e semplificare, relegando in secondo
piano i dettagli qualitativi; infine è analitico-strutturale, a causa della ristrettezza del suo
campo d’osservazione. L’udito e l’olfatto sono anch’essi sensi a distanza ed hanno un
ruolo di ricettori passivi. Caldin afferma che “nell’educare il soggetto con deficit visivo
che dispone di questi due sensi integri, non si dovranno attribuire ad essi capacità che
vadano al di là delle loro reali potenzialità.”21 Tramite la vista l’oggetto viene
rappresentato in tempo reale, invece l’udito e l’olfatto non forniscono queste
rappresentazioni. L’udito è fondamentale per un bambino con deficit visivo: esso può
assumere molte informazioni sull’ambiente, ma per usarle correttamente deve essere in
grado di operare una rappresentazione mentale dei contenuti. L’udito permette di rilevare e
classificare, in quanto percepisce sia i contrasti tonali sia l’effetto alone e il suo opposto,
sia la posizione della fonte sonora. Anche il canale olfattivo trasmette informazioni utili,
ma non è attendibile. Caldin ritiene che “il flusso di informazioni che passa attraverso gli
organi specifici può essere ostacolato o distorto dalla alterazioni alle quali gli stessi sono
soggetti”22, e ciò contribuisce a rendere i canali di senso meno affidabili.

21
Caldin R. (cur.). Percorsi educativi nella disabilità visiva. Erickson, Trento, (2006) p. 52.
22
Ivi, p. 53.
22
Capitolo 3 Strategie didattiche di supporto

3.1. Prospettive di esperienza

Quando parliamo di prospettiva di tipo esperenziale facciamo riferimento ad un percorso di


apprendimento inclusivo e accessibile per uno studente con disabilità visiva. Infatti, lo
studente non vedente costruisce l’apprendimento attraverso le azioni che compie e le
riflessioni sui risultati del proprio agire. Per chi non vede, il valore dell’esperienza è molto
importante, perché essa non nasce dal vedere, ma dal fare. Più occasioni vengono date, più
le percezioni e il bagaglio di conoscenze del soggetto non vedente si arricchiscono. Allo
stesso tempo, però, la giusta attenzione va riposta nel non generare una condizione di stress
data dall’eccesso di informazioni e spiegazioni. In questo caso non avrebbe il tempo di
collocare ciò che ha appena percepito perché interrotto da nuovi stimoli e potrebbe arrivare
a mettere in atto meccanismi di difesa, chiusura e opposizione, difficili da decostruire. Il
soggetto non vedente va aiutato a scoprire dentro di sé l’intenzionalità del toccare, la
motivazione a scoprire il mondo e il piacere della sua conoscenza, tenendo in
considerazione che il percorso di acquisizione delle abilità e delle competenze, motorie e
cognitive che gli consentiranno di agire in maniera sempre più autonoma ed efficace,
prevede tempi lunghi di apprendimento e la necessità di riproporre più volte la stessa
sequenza di azioni, posizioni, descrizioni.23 La scelta di una didattica che parte
dall’esperienza, non si riferisce unicamente alle modalità di intervento più corrispondenti
alle caratteristiche percettive e cognitive del ragazzo con disabilità visiva, ma anche alla
necessità della scuola di ritrovare un contatto differente e più diretto con l’esperienza della
realtà. La scuola porta dentro di sé i riferimenti di una cultura contemporanea che si sta
sempre più allontanando dalla dimensione «del fare».
Il predominio della vista, già fisiologicamente presente nell’uomo, ha ridotto l’azione in
funzione della ricezione e ha separato il corpo dalla mente. Il valore dell’immagine nella
nostra società ci porta confrontarci sulla condizione della sua assenza nella vita di chi non
vede. «…riempire il vuoto lasciato dall’assenza dell’immagine è un’operazione
complicata. Serve un passo avanti nell’utilizzo di quegli elementi che la potenza e la
pervasività del linguaggio visuale confina in un ruolo marginale. Il buio è e rimane una
privazione brutale che va accettata, elaborata e immessa in percorsi di vita mai facili e mai
scontati. Tuttavia dall’assenza dell’immagine vanno fatti emergere…nuovi significati,
linguaggi alternativi, approcci non convenzionali «all’essere e al fare», che coinvolgano in

23
Frigerio C., rivista Erickson, Trento, (1984).
23
modo diverso ma inscindibile, ciechi e vedenti».24 Nella scuola tali approcci devono avere
la possibilità di esistere e di crescere e ciò dipende dalla volontà degli insegnanti e degli
educatori che si confrontano quotidianamente con la disabilità visiva.

24
Marcantoni M., I ciechi non sognano il buio. Vivere con successo la cecità, Franco Angeli, (2008).
24
3.2. Strategie per attività alternative

I bambini non vedenti hanno la tendenza a mettere in atto comportamenti motori come
forma di autostimolazione per compensare l’assenza o la povertà di stimoli. Le strategie
più efficaci suggeriscono di proporre al bambino un’attività alternativa e/o uno stimolo
percettivo che catturi la sua attenzione e interrompa la sequenza motoria ripetitiva. Tale
attività non deve essere considerata a sé stante, ma deve essere inserita in un percorso che
valorizzi l’esperienza senso-motoria, la ricostruzione immaginativa, la competenza
comunicativa e relazionale. Più occasioni vengono date, più le percezioni e il bagaglio di
conoscenze del bambino non vedente si arricchiscono. Allo stesso tempo, però, la giusta
attenzione va riposta nel non generare una condizione di stress data dall’eccesso di
informazioni e spiegazioni. In tal caso il bambino non avrebbe il tempo di collocare ciò che
ha appena percepito perché interrotto da nuovi stimoli e potrebbe arrivare a mettere in atto
meccanismi di difesa, chiusura e opposizione, difficili da decostruire. La giusta dose di
tranquillità e riposo mentale, uniti alla possibilità di vivere i propri tempi di crescita e
sviluppo, sono una forma di rispetto e di cura nei suoi confronti. Per consolidare e
sviluppare le autonomie personali è necessario aiutare il ragazzo a predisporre il piano di
lavoro in modo ordinato e funzionale. Si può valutare se ricoprire la superficie d’appoggio
con materiale gommoso, corredato di fogli in plastica e di una penna per incidere. Serve al
disegno in rilievo e all’avviamento alla scrittura in nero; allo sviluppo della motricità fine,
della coordinazione bimanuale e della rappresentazione immaginativa. Utile altresì alla
realizzazione di simboli e semplici grafemi. Inoltre è utile per evitare di spostare
inavvertitamente il materiale presente sul banco, in modo da limitarne le cadute e la
conseguente difficoltà nel ritrovare gli oggetti a terra. Per distinguere con facilità libri e
quaderni è utile applicare riferimenti tattili, etichette in codice Braille e copertine colorate
per gli ipovedenti, mentre un quadernone ad anelli con fogli per dattilobraille, su ognuno
dei quali verrà posta la data, avrà la funzione di diario per l’alunno non vedente. Un
ragazzo che frequenta la scuola secondaria potrà sostituire il diario cartaceo (anche
elettronico) con un piccolo registratore vocale sul quale annoterà compiti, comunicazioni e
informazioni. Al ragazzo ipovedente, invece si consiglia l’uso di un diario con una
disposizione ordinata degli elementi, senza sfondi colorati e con caratteri il più possibile
adeguati alle sue caratteristiche visive. Se strumenti particolarmente ingombranti, sia
fisicamente che «socialmente» (come il videoingranditore o il banco ergonomico),
provocano un importante disagio emotivo, è preferibile discuterne direttamente con

25
l’alunno, in modo da non alimentare dinamiche di totale rifiuto e rigidità poco funzionali al
suo benessere e alla relazione formativa.

26
3.3. Intervento delle figure di riferimento

“La cecità può intendersi in due modi: la cecità che consente la visione di luce e ombre, e
quella che comporta la completa mancanza della luce. Quest’ultima è molto più rara.
Avere una minorazione visiva significa avere difficoltà nel rapportarsi con la realtà.”25 Alle
figure di riferimento adulte spetta il difficile compito di accompagnare l’alunno lungo il
percorso di presa di coscienza e di evidenziare l’importanza che strumenti e tecnologie
offrono. Gli insegnanti e l’assistente alla comunicazione, con accorgimenti funzionali ai
diversi ordini di scuola, avranno cura di sensibilizzare e coinvolgere tutti gli alunni nel
riconoscimento di alcune esigenze ambientali utili a creare una situazione di benessere
comune: riporre il materiale nel luogo stabilito e nel giusto ordine, evitando di lasciare
oggetti e zaini lungo il percorso di accesso alla postazione di lavoro del compagno non
vedente o lungo quello che conduce ai servizi igienici; sollecitare a rendere nota la propria
posizione e a dare indicazioni verbali rispetto agli elementi visivi (collocazione degli
oggetti, verbalizzazione delle attività che si stanno eseguendo, presenza e posizione di
figure di riferimento adulte nell’ambiente); accompagnare e guidare il compagno negli
spostamenti o in attività che risultano semplici per i vedenti, ma complesse per chi non ha
la possibilità di usare la vista. Oltre all’ambiente e ai compagni, Perucchi spiega che
l’insegnante d’appoggio è una risorsa fondamentale per il bambino, ma anche l’insegnante
titolare deve imparare a osservare l’allievo, per verificare la comprensione del compito,
l’interazione con i compagni, la postura, il linguaggio.26 Per un alunno con deficit visivo
l’attenzione prolungata al compito e l’impossibilità di esplorare l’ambiente circostante
sono ostacoli non indifferenti, modalità di comunicazione si fanno prettamente verbali e il
linguaggio è denso di riferimenti visivi inaccessibili e incomprensibili. Eppure la
produzione, soprattutto orale, spesso risulta ricca e impregnata di elementi riconducibili a
realtà non direttamente esperite. In ambito scolastico, l’alunno con disabilità visiva ha
necessità di avere un supporto che lo aiuti a mantenere l’attenzione e che solleciti domande
e possibilità di apprendimento autoregolato. Il materiale didattico, concepito con
caratteristiche di immediatezza percettiva e posto sotto le mani dell’allievo in un contatto
«intimo», svolge la funzione di collegamento, pone nella condizione di «star dentro» e
costruisce il sentimento dell’esserci. Bonfigliuoli e Pinelli affermano anche che “sarà
quindi utile progettare, all’interno degli spazi scolastici, percorsi adatti allo spostamento in

25
Crivelli R., La cecità e l’ipovisione a scuola, percorso di sensibilizzazione. Mémoire Cicli di Studio Avanzati
“Deficit Visivi”, 2009, p. 31.
26
Perucchi M., La gestione della classe. Le regole d’aiuto nella classe: cosa cambia in presenza di un’allieva
non vedente? Lavoro di diploma ASP, Locarno, 2004, p. 26.
27
autonomia, segnali e stimoli che lo aiutino a riconoscere l’ambiente in cui si trova, oltre
che eliminare le eventuali barriere architettoniche presenti.”27 Canarini e Bertozzo
affermano che sono state individuate testimonianze ed esperienze pratiche che rendono
possibile, per il soggetto non vedente, lo sviluppo di un progetto esistenziale autonomo e
consapevole. Con l’applicazione di adeguate prassi educative e con l’attivazione di
comportamenti stimolanti nella scoperta del mondo esterno, anche i non vedenti dalla
nascita possono essere in grado di sviluppare competenze e abilità sufficienti ad affermare
un sicuro senso di realtà e una chiara coscienza delle caratteristiche fondamentali
dell’ambiente in cui vivono; essi possono appropriarsi di corretti comportamenti sociali e
di tutte le attività che sono all’origine di un’interazione nel mondo reale. Esistono infatti
esperienze tattili, termiche, bariche, cinestetiche, che integrate con esperienze motorie,
psicomotorie e uditive, possono risultare efficaci e fungere da base per una completa
integrazione sociale dell’individuo disabile.28 Per quanto riguarda le competenze
dell’insegnante/educatore, questo dovrebbe avere sia conoscenze approfondite sulla
disabilità visiva, quindi non solo conoscere il deficit ma anche l’evoluzione, le
metodologie e gli ausili relativi al problema visivo, sia conoscenze sulle peculiarità
dell’alunno con deficit visivo, sulle sue esperienze personali, sul suo ambiente di vita
familiare e culturale. Queste competenze dovrebbero essere massime nell’insegnante di
sostegno, il punto di riferimento e mediatore tra il bambino non vedente o ipovedente e il
contesto educativo. Secondo Ondertoller e Cantele gli insegnanti, in maniera non direttiva
ma trasmettendo fiducia e sicurezza, dovrebbero programmare il percorso scolastico del
bambino in quattro ambiti specifici: mobilità e orientamento negli spazi scolastici e
all’esterno; cura della persona; abilità e dinamiche sociali nell’ambiente in cui è inserito;
apprendimento, comprensione ed elaborazione per incrementare le proprie conoscenze.29
Rispetto ai rapporti con la famiglia, la scuola deve comprendere le emozioni con cui i
genitori affrontano la disabilità del figlio e, in un secondo momento, deve evitare
atteggiamenti svalutativi. Mancin afferma: “Scuola e famiglia si trovano una di fronte
all’altra, ciascuna con il proprio bagaglio di emozioni e di esperienze che aspettano di
essere narrate e raccolte; si avviano così lungo quella che sarà la loro storia comune, nel
bene e nel male, camminando tra collaborazione e conflitto.”30 In conclusione, la scuola
fruisce di tutti gli strumenti utili per far sì che il bambino con disabilità visiva segua un

27
Bonfigliuoli C., Pinelli M. Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010) p. 70.
28
Canarini F. e Bertozzo WJ., I mediatori in educazione speciale. Mezzi, strumenti e metodiche, Milano,
(2008), p. 23.
29
Bonfigliuoli C., Pinelli M. Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2010), p. 70.
30
Ivi, p. 73.
28
percorso educativo ricco di stimoli, ma per far ciò, deve operare sempre nel rispetto
dell’idea di integrazione.

29
Bibliografia

Associazione Fiori Blu (n.d). Chi siamo-Mission. Disponibile da, ultima consultazione:
6/07/2915.

Bonfigliuoli C., Pinelli M., Disabilità visiva. Erikson, Trento, (2006).

Bruno N., Pavani F., Zampini M. La percezione multisensoriale. Il Mulino, Bologna


(2010).

Caldin R. (cur.). Percorsi educativi nella disabilità visiva. Erickson, Trento (2006).

Canarini F. e Bertozzo WJ., I mediatori in educazione speciale. Mezzi, strumenti e


metodiche, Franco Angeli, Milano, (2008).

Crivelli R., La cecità e l’ipovisione a scuola, percorso di sensibilizzazione. Mémoire Cicli


di Studio Avanzati “Deficit Visivi”, (2009).

Fondazione Robert Hollman, Disponibile da ultima consultazione 2/08/2015

Frigerio C., rivista Erickson, Trento, (1984).

Gargiulio M. L., Dadone V. Crescere toccando. Franco Angeli, Milano, (2009).

Marcantoni M., I ciechi non sognano il buio. Vivere con successo la cecità, Franco Angeli,
Milano, (2008).

Pavone M., L’inclusione educativa. Indicazioni pedagogiche per la disabilità. Mondadori


Università, Milano, (2014).

Perucchi M., La gestione della classe. Le regole d’aiuto nella classe: cosa cambia in
presenza di un’allieva non vedente? ASP, Locarno, (2004).

Quartaro A. (cur.). Tecnologia e integrazione dei disabili visivi e dei pluriminorati. Guida
per l’approccio all’informatica. Biblioteca Italiana per i ciechi “Regina Margherita”
ONLUS, Monza, (2001).

Sabatini F., Coletti, V. Il Sabatini-Coletti. Disponibile da, ultima consultazione 3/07/2015.


(2008)

30
I. PROJECT WORK
Dal 10/11/22 al 13/04/23

PROGETTO DI TIROCINIO

CLASSE: 5°AI
Disabilità certificata: Tetraparesi discinetica congenita con disartria e disturbo del
linguaggio.

PROGETTO CONCORDATO CON IL TUTOR DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA


SULLA BASE DEL PEI DELL’ALUNNO.

TITOLO:
DARE PAROLE ALLE EMOZIONI

FINALITÀ:
Il progetto nasce dall’esigenza di insegnare a riconoscere, decodificare ed esprimere le
proprie emozioni; a sviluppare la capacità di gestire le proprie emozioni in modo
appropriato, di prendere decisioni responsabili, di stabilire rapporti sociali corretti. Bisogna
imparare a conoscersi, a gestire le relazioni interpersonali con docenti e compagni, affrontare
problemi e stress quotidiani, a confrontarsi con l’insuccesso e la frustrazione, nel tentativo
di raggiungere un benessere personale e sociale. Il progetto comprende abilità e competenze
attinenti le discipline di ITALIANO, SCIENZE MOTORIE, INGLESE, EDUCAZIONE
CIVICA.

OBIETTIVI:
➢ Riconoscere le emozioni
➢ Saper esprimere le proprie emozioni e comprendere quelle degli altri
➢ Comprendere l’origine e le caratteristiche delle emozioni
➢ Comprendere che una stessa emozione può suscitare reazioni differenti
➢ Saper gestire in modo positivo un’emozione
➢ Comprendere il rapporto tra situazione ed emozione
➢ Saper contenere e gestire le emozioni

1
DESCRIZIONE SINTETICA ATTIVITÀ:
Il progetto verrà integrato all’interno dell’attività didattica curricolare delle varie discipline.
Si lavorerà sul riconoscimento e sulla gestione positiva delle emozioni e sullo sviluppo di
alcune life skills. Si è pensato ad una suddivisione del lavoro in più fasi, in cui gli studenti,
in un lavoro di gruppo con G. impareranno a riconoscere, gestire, riflettere e discutere sulle
varie emozioni

PERIODI:
Il progetto prevede un periodo di svolgimento di 3 mesi (gennaio-marzo 2023)

SOGGETTI COINVOLTI:
Tirocinante, Docente di sostegno, Docente di Italiano, Docente di Scienze Motorie, Docente
di inglese.

RISORSE:
Libri di testo;
Lim;
Fotocopie

STRATEGIE UTILIZZATE:
Lavoro in piccolo e grande gruppo;
Circle time;
Cooperative learning;
Problem solving;
Pear tutoring

MOMENTI DI VALUTAZIONE:
Verrà effettuata una valutazione collettiva del lavoro svolto. Gli insegnanti dovranno
focalizzare l’attenzione del gruppo prima sulle cose che sono andate bene e poi sulle cose
che potrebbero essere migliorate. Si chiederanno ai ragazzi dei feed-back, utilizzando delle
domande aperte, in forma scritta e anonima. Si analizzerà cosa ha funzionato e cosa non ha

2
funzionato, soffermandosi soprattutto sulle cause; successivamente verranno analizzate le
abilità messe in pratica, valutando la loro efficacia e dando agli studenti degli spunti per
riflettere su come potranno utilizzare quanto appreso nella loro vita quotidiana.

REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:


Sulla base della lettura del PEI, del confronto con i docenti di sostegno che conoscono molto
bene G., e dell’osservazione, abbiamo deciso di realizzare un progetto dal titolo “DARE
PAROLE ALLE EMOZIONI” al fine di migliorare l’autostima del ragazzo, aiutarlo a
socializzare e ad inserirsi in lavori di gruppo, gestire l’ansia da prestazione e momenti di
frustrazione. Il progetto verrà realizzato con la collaborazione dei docenti di sostegno,
docenti di italiano, scienze motorie, inglese.
Il progetto nasce dall’esigenza di far maturare consapevolezza emotiva, al fine di riconoscere
ed etichettare le proprie emozioni e quelle altrui; ma vuole anche migliorare le capacità di
gestione delle emozioni in modo appropriato e stabilire rapporti sociali corretti.

Le tematiche trattate sono state le seguenti:


• gestione delle emozioni negative;
• gestione dell’ansia;
• potenziamento dell’autostima;
• superamento della timidezza;
• gestione della frustrazione;
• capacità di saper prendere decisioni autonome;
• capacità di resistere alle influenze del gruppo;
• gestione positiva delle relazioni con i coetanei e con gli adulti;
• capacità di risolvere un conflitto.

Il percorso si è svolto sia in aula che in palestra ed ha avuto una durata di circa tre mesi. Il
lavoro è stato suddiviso in più fasi. Quando abbiamo presentato il progetto ai ragazzi, li ho
visti molto entusiasti, coinvolti e ho percepito grande curiosità. Anche G. si è mostrato sin
da subito interessato e collaborativo. Nella prima fase gli studenti sono stati chiamati a
riconoscere le varie emozioni. Sulla Lim sono stati mostrati testi di alcuni autori italiani e
stranieri per comprendere quali emozioni avessero suscitato in loro. Si è creato un clima di
grande partecipazione, e anche G., con timidezza, ha espresso il suo parere. I ragazzi sono
stati invitati a riflettere sui canali (visivo, uditivo, comportamentale) che abbiamo a

3
disposizione per esprimere le emozioni e di conseguenza comprendere quelle altrui. Ho
notato che tutti hanno provato a calarsi nei panni di ciascun compagno, e anche i più
introversi hanno cercato di mostrare maggiormente il proprio punto di vista. Ciascun
ragazzo, a turno, ha scelto un’emozione e l’ha rappresentata attraverso il modo di
camminare, di gesticolare, di stare seduto. G. in un primo momento è apparso intimorito, ma
poi con il mio aiuto e con quello dei docenti, è riuscito a rappresentare la sua emozione,
perfino divertendosi. Nella seconda fase si è passati allo svolgimento di un lavoro di gruppo.
Gli studenti sono stati suddivisi in gruppi di 5, e hanno realizzato una mappa delle emozioni,
attribuendo a una stessa situazione, emozioni personali. G., che solitamente non ama
svolgere lavori di gruppo, ha mostrato grande partecipazione, proponendo, sebbene con la
spinta dei docenti, varie idee. Si è passati poi alla fase della discussione e del confronto,
ciascuno è stato chiamato a riflettere sulle diverse emozioni e sulle diverse modalità con cui
vengono gestite quest’ultime. In questa fase tutti hanno espresso il proprio punto di vista e
il dibattito si è mostrato produttivo soprattutto per la comprensione delle diversità
caratteriali. Nell’ultima fase si è realizzata una valutazione collettiva del lavoro svolto.
L’esito della valutazione è stato molto positivo, gli studenti si sono dimostrati entusiasti del
progetto, mentre G. è riuscito in parte a combattere la sua timidezza.

4
Corso di specializzazione per le attività
di sostegno agli alunni con disabilità
Relazione finale tirocinio
A.A. 2021/2022
IMPORTANTE: da compilare in stampatello nelle parti mancanti

TIROCINANTE

MAURIELLO JESSICA, nata a MUGNANO DI NAPOLI

il 23/11/97 Matricola: 2004924

SEZIONE DATI DELL’ISTITUTO OSPITANTE

Denominazione dell’Istituto: ISTITUTO SUPERIORE “MANLIO ROSSI


DORIA”

codice meccanografico: NAIS134005

ordine di scuola: SECONDARIA SECONDO GRADO

TUTOR SCOLASTICO: DOMENICO MASCIA

Firma (studente)

DATA
GIUGNO 2023
II. RELAZIONE FINALE

PREMESSA

1. LA SCUOLA
La scuola che mi ha ospitato per il tirocinio è l’istituto di Istruzione Secondaria Superiore di
II grado “Manlio Rossi Doria” Marigliano (NA). L’Istituto Tecnico Commerciale e per
Geometri “Manlio Rossi Doria” nasce il 10 agosto 1981, per soddisfare la richiesta di un
elevato numero di alunni, provenienti da Marigliano, Mariglianella, San Vitaliano,
Brusciano, Castel Cisterna, Pomigliano, Somma Vesuviana, Casalnuovo, costretti a
frequentare l’I.T.C. e G. “A Masullo” di Nola. Dal 01 settembre 2008, nel corso commercio,
al tradizionale indirizzo IGEA per il diploma di “Ragioniere e perito commerciale”, si
affianca l’indirizzo “Programmatori”. Con il nuovo ordinamento per gli istituti tecnici
l’indirizzo IGEA è divenuto Amministrazione-finanza e marketing, con l’articolazione SIA,
sistemi informativi aziendali, mentre l’indirizzo per geometri è diventato Costruzione,
ambiente e territorio. In seguito, con l’approvazione del piano di razionalizzazione dell’O.F.
della Regione Campania, è stato attivato l’indirizzo di Tecnico per il Turismo, che permette
il conseguimento del diploma di “Perito turistico” mentre dal 01 settembre 2011 viene
introdotto l’Indirizzo di Informatica e Telecomunicazioni. Dall’anno scolastico 2013/2014,
dopo il riordino dei cicli, previsto dalla complessiva riforma dell’istruzione secondaria di
secondo grado, nell’ istituto è stato attivato l’indirizzo agrario. A partire dall’anno scolastico
2017/2018 sono stati istituiti corsi di istruzione per adulti per il conseguimento del diploma
della scuola secondaria di secondo grado. Nell’anno scolastico 2018/2019 è stato
attivato un nuovo indirizzo IPSSEOA per i servizi enogastronomici e l’ospitalità alberghiera
e l'istituto è diventato Istituto di Istruzione Superiore Statale Manlio Rossi Doria. Il bacino
territoriale in cui l’Istituto opera è localizzato a Nord-Est della provincia di Napoli e
comprende i comuni che vanno da Somma Vesuviana a Polvica di Nola (nord-sud) e da
Saviano a Casalnuovo (est-ovest).
L’area è dotata di una buona rete viaria urbana, collegata a quella autostradale, alle principali
arterie ordinarie e all’aeroporto di Capodichino. Il comune è servito dalla Circumvesuviana
e presenta zone storiche interessanti. L’istituto dispone di spazi con attrezzature
all'avanguardia, in via di ampliamento (laboratori tematici, palestra, biblioteca, aula
multimediale) tra cui le singole aule che dispongono ciascuna di LIM, smartboard e
1
notebook, che consentono di rispondere alle esigenze degli studenti. Tali ambienti per
l'apprendimento sono utilizzati da tutti gli alunni quotidianamente, se consideriamo le aule,
e periodicamente se pensiamo agli altri spazi, con scadenze programmate e organizzate
attraverso il confronto fra i docenti e i responsabili dei singoli laboratori. In orario
extracurriculare vengono realizzate attività di ampliamento dell'offerta formativa, di
recupero, di consolidamento e di potenziamento, applicando diverse metodologie:
cooperative learning, classi aperte, gruppi di livello, flipped classroom, debate, etc. Per gli
alunni con disabilità si applicano strategie molto diversificate, tra cui la Comunicazione
Aumentativa Alternativa, il metodo ABA, etc., che costituiscono strumenti utili per facilitare
e migliorare la comunicazione da parte di tutte le persone.
Quindi, in particolare, sono presenti 6 laboratori con collegamento ad Internet, 1 di disegno,
5 di informatica, 2 di lingue e 2 di scienze. Inoltre, vi è una biblioteca dotata di pc e tablet,
un’aula magna e due per le proiezioni. Per quanto riguarda le strutture sportive vi è un campo
di Basket-Pallavolo all’aperto e una palestra interna. Di nuova attivazione sono i laboratori
di sistemi e di biotecnologia. Le attrezzature sono pienamente integrabili con quelle esistenti
e aumentano la capacità per: collaborare nella progettazione, costruzione e collaudo di
sistemi elettrici ed elettronici, di impianti e sistemi di automazione; operare
nell’organizzazione dei servizi e nell’esercizio di sistemi elettrici ed elettronici complessi;
sviluppare e utilizzare sistemi di acquisizione dati, dispositivi, circuiti, apparecchi e apparati
elettronici; utilizzare le tecniche di controllo e interfaccia HMI mediante software dedicato;
integrare conoscenze di elettrotecnica, elettronica e di informatica per intervenire
nell’automazione industriale e nel controllo dei processi produttivi, rispetto ai quali è in
grado di contribuire all’innovazione e all’adeguamento tecnologico delle imprese
relativamente alle tipologie di produzione; contribuire all’innovazione creativa, produttiva e
organizzativa delle aziende; collaborare nella pianificazione delle attività aziendali. Per
quanto riguarda le risorse professionali, vi sono 91 docenti e 22 collaboratori del personale
ATA. La componente docenti è caratterizzata da un elevato numero di risorse a tempo
indeterminato, che risultano molto importanti per la continuità e per la didattica. Inoltre, la
stabilità permette di gestire l'orario fidando sulla presenza delle figure professionali, che
consentono di poter progettare su lungo periodo gli interventi e di poter organizzare in
modo tempestivo le azioni didattiche, monitorandone gli esiti, valutandone la
concreta efficacia. La scuola raccoglie le esigenze formative del personale scolastico in
modo formale, durante appositi incontri, oppure tramite uno strumento strutturato.
Nella scuola sono presenti gruppi di lavoro composti da docenti, che producono materiali o
esiti di buona qualità. La maggior parte dei docenti condivide materiali didattici di vario tipo.

2
La crescente complessità di una realtà che evolve rapidamente, in direzioni non sempre
prevedibili, ha portato i sistemi di formazione, ad un continuo adattamento alle nuove
esigenze sociali. Da qui nasce l’esigenza, per l’Istituto, di offrire numerosi, diversificati e
validi progetti curriculari ed extra curriculari, nonché di rendere le metodologie e i contenuti
aggiornati e al passo con i tempi. Un'attenzione particolare viene pertanto rivolta alla
formazione degli studenti, nel rispetto delle loro potenzialità e delle loro inclinazioni,
nell'ottica specifica di garantire il successo scolastico a ciascuno, favorendo lo sviluppo dei
diversi talenti, nuove e migliori occasioni di ingresso nel mercato del lavoro, mirando allo
sviluppo turistico, culturale, locale ed enogastronomico, puntando, in particolare, sulla
riscoperta dei prodotti agricoli tipici del territorio. La risposta educativa dell’Istituto è
articolata in diverse fasi e in diversi ambiti. Nell’ottica di un costante rafforzamento della
formazione di base l’istituto promuove, con una didattica sempre più laboratoriale e
innovativa orientata alla costruzione di competenze, un sapere critico che faciliti lo studente
ad inserirsi una volta terminati gli studi, in maniera flessibile e attiva in una realtà in rapido
cambiamento, caratterizzata da una sempre più accentuata crescente globalizzazione dei
fenomeni economici, produttivi e culturali da un lato e dall’altro, in una logica glocal, da
una crescente necessità di valorizzare la cultura, le vocazioni produttive locali oltre che la
tutela del territorio. Perseguire questi obiettivi comporta anche la necessità di rinnovare e
adeguare ai bisogni formativi l’Offerta dell’Istituto con necessari adeguamenti alla domanda
del territorio, riuscendo a dare risposte concrete in termini di qualità e riscoperta della
cultura, delle tradizioni nonché delle eccellenze e vocazioni agricolo-enogastronomiche
locali. L’Istituto intende così soddisfare le esigenze del territorio e dell’utenza, divenendo,
altresì, una fonte di informazioni e servizi in constante aggiornamento, in una realtà in cui
agli agricoltori mancano riferimenti di tipo tecnico per la gestione delle coltivazioni, delle
innovazioni tecnologiche e degli aspetti legati alla valorizzazione dei prodotti agro
alimentari del proprio territorio. Il sito istituzionale rappresenta un importante strumento di
comunicazione ed erogazione di servizi nell’ambito delle finalità istituzionali
dell’Amministrazione. I contenuti del sito web sono aggiornati quotidianamente, mediante
l’utilizzo di personale interno, in relazione agli argomenti trattati e alle necessità dei diversi
uffici. Il sito è stato progettato e realizzato nel rispetto della Legge 4/2004, in particolare nel
rispetto dei requisiti indicati nel Decreto Ministeriale 8 luglio 2005 “Requisiti tecnici e i
diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici”. Le pagine che lo costituiscono
sono quindi state realizzate perché tutti gli utenti possano accedervi facilmente e senza
barriere. Il sito è costruito mediante l’utilizzo di tecnologie Open Source che, oltre ad
assicurare standard elevati sul piano della sicurezza e dell’affidabilità consentono risparmi

3
economici notevoli alla scuola sul costo di acquisto e di aggiornamento dei software.
L’utilizzo di Software Libero nella Pubblica Amministrazione permette, inoltre, di avere la
proprietà legittima dei dati, che non sempre viene garantita dal Software Proprietario. Il sito
web dell’Istituto è sempre aggiornato con le ultime notizie. Sono presenti informazioni
attinenti ai piani di studio, agli orari scolastici dei diversi indirizzi di studio, un’area circolari,
una riguardante i PCTO, le certificazioni informatiche, i libri di testo in uso, la modulistica,
il Piano Triennale per l’Offerta Formativa, l’Orientamento in uscita. Il sito è costruito
secondo le regole dell’accessibilità previste dal D.Lgs 106/18. Le regole dell’accessibilità
prevedono che le informazioni e i servizi offerti nelle pagine web siano fruibili anche ai
soggetti disabili agli strumenti informatici, indipendentemente dal sistema operativo, dagli
strumenti di navigazione, dalle impostazioni del browser e a prescindere dalla velocità di
connessione di cui si dispone. Esiste un’area riservata per l’accesso dei docenti e una
dedicata ai genitori degli studenti. La scuola partecipa a reti e ha collaborazioni con soggetti
esterni. Le collaborazioni attivate sono integrate in modo adeguato con l'offerta formativa.
La scuola partecipa a momenti di confronto con i soggetti presenti nel territorio per la
promozione delle politiche formative. Si realizzano iniziative rivolte ai genitori e momenti
di confronto con i genitori sull'offerta formativa. Le modalità di coinvolgimento dei genitori
sono numerose e diversificate, ma non incontrano una reale e costante partecipazione. I
Percorsi per le Competenze Trasversali e per l'Orientamento hanno previsto la stipula di
convenzioni con numerose aziende-partner del territorio (pari a 20), tali da rispondere alle
esigenze formative degli studenti in base all'indirizzo di studi frequentato. Le esperienze
svolte hanno contribuito ad orientare efficacemente verso il mondo del lavoro o verso il
completamento di studi specifici del settore, per cercare di essere sempre in linea con le
trasformazioni in atto per superare le difficoltà del territorio. A tali attività partecipano anche
gli alunni che vivono varie situazioni di svantaggio, trovando stimoli nuovi e diversi per
l'inclusione. A ciò si è aggiunto che la scuola realizza percorsi interni con coach
professionista per le life skills finalizzati alla conoscenza di sé e delle proprie attitudini, che
catturano piacevolmente l'interesse dei ragazzi e li avviano verso una maggiore
consapevolezza di cosa sono e di cosa vogliono essere. Il processo di valutazione inizia con
l’autovalutazione. Lo strumento che accompagna e documenta questo processo è il Rapporto
di autovalutazione (RAV).
LA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI
Si articola nelle fasi:
1. Diagnostica o iniziale, tesa ad analizzare e descrivere il processo di apprendimento, per la
successiva impostazione di opportune strategie didattiche;

4
2. Formativa o intermedia, tesa a individuare potenzialità e carenze, finalizzata
all’autovalutazione e al miglioramento dell’azione didattica;
3. Sommativa o finale, tesa a definire i livelli di abilità e competenze nella valutazione
periodica e finale, mediante apposite griglie di valutazione comuni.
Viene effettuata secondo verifiche coerenti con gli obiettivi di apprendimento previsti nel
PTOF e ridefiniti nelle riunioni dei dipartimenti disciplinari.
Criteri di valutazione del comportamento:
La griglia di valutazione illustra la determinazione del voto di condotta tenuto conto dei
seguenti indicatori: Frequenza delle attività scolastiche, rispetto delle consegne,
comportamento, rispetto delle regole che disciplinano la vita dell’Istituto (compresi ritardi
ed assenze ingiustificate). L’Istituto “M Rossi Doria” intende:
· Formare studenti che sappiano AGIRE con consapevolezza, flessibilità, creatività nel
contesto sociale e professionale locale ed europeo e possano raggiungere i propri livelli di
eccellenza sul piano umano e culturale.
· Educare all’AGIRE perché ciascuno possa imparare attraverso esperienze concrete;
· Consentire ai propri studenti di fare scelte CONSAPEVOLI perché possano predisporre e
realizzare il proprio progetto di vita;
· Essere FLESSIBILI perché è opportuno confrontarsi con chiunque per continuare ad
imparare in un’ottica di formazione continua per non uscire dal mercato del lavoro.
Gli obiettivi formativi individuati dalla scuola sono:
1) valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, con particolare riferimento
all'italiano nonché alla lingua inglese e ad altre lingue dell'Unione europea, anche mediante
l'utilizzo della metodologia Content language integrated learning;
2) potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche;
3) sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la
valorizzazione dell'educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze e il
dialogo tra le culture, il sostegno dell'assunzione di responsabilità nonché della solidarietà e
della cura dei beni comuni e della consapevolezza dei diritti e dei doveri; potenziamento
delle conoscenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione
all'autoimprenditorialità;
4) sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità,
della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali;
5) alfabetizzazione all'arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle
immagini;

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6) potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di
vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione, all'educazione fisica e allo sport, e
attenzione alla tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attività sportiva
agonistica;
7) sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo al pensiero
computazionale, all'utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media nonché alla
produzione e ai legami con il mondo del lavoro;
8) potenziamento delle metodologie laboratoriali e delle attività di laboratorio;
9) prevenzione e contrasto della dispersione scolastica, di ogni forma di discriminazione e
del bullismo, anche informatico; potenziamento dell'inclusione scolastica e del diritto allo
studio degli alunni con bisogni educativi speciali attraverso percorsi individualizzati e
personalizzati anche con il supporto e la collaborazione dei servizi socio-sanitari ed educativi
del territorio e delle associazioni di settore e l'applicazione delle linee di indirizzo per
favorire il diritto allo studio degli alunni adottati, emanate dal Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca il 18 dicembre 2014;
10) valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e in grado di
sviluppare e aumentare l'interazione con le famiglie e con la comunità locale, comprese le
organizzazioni del terzo settore e le imprese;
11) apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per
classe o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo scolastico
o rimodulazione del monte orario rispetto a quanto indicato dal regolamento di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89;
12) incremento dell'alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo di istruzione;
13) individuazione di percorsi e di sistemi funzionali alla premialità e alla valorizzazione del
merito degli alunni e degli studenti;
14) definizione di un sistema di orientamento.
Il Piano di Miglioramento è stato elaborato tenendo conto delle priorità individuate nel
Rapporto di Autovalutazione.
• Diminuzione dell’abbandono scolastico, attraverso l’applicazione di diverse strategie
motivazionali sul piano relazionale e cognitivo.
• Migliorare le conoscenze e le competenze di base linguistiche e logico-matematiche, a
valenza trasversale, con azioni sinergiche centrate non solo sugli allievi, ma su tutti i
componenti della comunità scolastica.
• Migliorare il successo formativo degli studenti intervenendo sulle metodologie
didattiche negli ambiti di apprendimento professionalizzanti.

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A tal fine sono state individuate delle aree di intervento e degli obiettivi di processo. Per
ognuno di questi obiettivi sono state previste delle azioni, che verranno realizzate nell’arco
dell’anno scolastico.
L’Istituto d'Istruzione Superiore Statale “Manlio Rossi Doria” dall'anno scolastico
2017/2018 ha attivato i “Percorsi di Istruzione di Secondo Livello” (ex corsi serali). Tali
percorsi rientrano nel nuovo ordinamento dell’Istruzione degli adulti a norma dell’art. 11,
comma 10 del D.P.R. 29 ottobre 2012, n. 263, con particolare riferimento all'applicazione
del nuovo assetto didattico dei percorsi di secondo livello, all'adattamento dei piani di studio
di cui ai regolamenti emanati con i DDPPRR 15 marzo 2010, n. 87, 88 e 89, ai criteri e alle
modalità per la definizione degli strumenti di flessibilità di cui all'art. 4, comma 9, del D.P.R.
263/2012 (Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento). I Percorsi di Istruzione di
Secondo Livello (ex corsi serali), sono ideati per rispondere alle esigenze di un utente adulto
che intende rientrare nel sistema formativo, prevedono percorsi didattici flessibili, che li
differenziano sensibilmente dai corsi previsti per l'utenza diurna degli adolescenti. In una
realtà territoriale che denota precarietà culturale e disagio psico-sociale, l’Istituto si pone
come “centro propulsore” di iniziative atte ad educare gli allievi alla cittadinanza attiva alla
flessibilità e alla imprenditorialità, creando anche occasioni per recuperare le radici
territoriali. La Scuola si propone, infatti, di formare “soggetti” responsabili, consapevoli di
sé e del mondo esterno, in possesso di una buona cultura di base e di specifiche competenze
tecnico-professionali, che siano anche duttili e flessibili, per rispondere alla richiesta di
mobilità del mercato del lavoro e per proseguire efficacemente gli studi. Nella
predisposizione del piano dell’offerta formativa l’istituto privilegia, quindi, i progetti
concernenti le abilità di base, l’acquisizione di un valido metodo di studio, l’integrazione
nella comunità scolastica, la motivazione all'apprendimento per le classi del biennio e le
attività specifiche del curricolo per il secondo biennio e il quinto anno, quali percorsi di
alternanza scuola-lavoro, interscambi culturali, approfondimenti tematici, l'orientamento
universitario, etc., tutti calibrati ai profili professionali (PECUP) dei diversi indirizzi. Le
competenze trasversali rappresentano un insieme di abilità di carattere generale applicabili
in tutti i contesti, in un'ottica metacognitiva. La progettualità dell'istituto finalizzata al loro
sviluppo è contenuta nelle attività di seguito indicate: •Progetto lettura/legalità • Droni,
sviluppo App, Doria on line, RD TV, Start up, (Scuola Viva e PON 2014-2020) •Attività
interdisciplinari per le celebrazioni di alcune giornate commemorative scelte dal collegio dei
docenti e proposte dalla regione Campania. Le progettazioni dipartimentali, nonché quelle
disciplinari e interdisciplinari sono finalizzate allo sviluppo delle competenze chiave di
cittadinanza.

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Fiore all'occhiello dell’autonomia è, appunto, il PTOF che esplicita la progettazione
curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa della scuola, costituendone la carta
d’identità con una previsione capace di prospettare cosa potrà servire in futuro all'alunno,
fornendogli competenze spendibili attraverso percorsi orientati ed offrendogli orizzonti per
un progetto di vita sempre negoziabile. Per le classi terze si è privilegiato la metodologia
dell’impresa formativa simulata mentre le classi quarte sono impegnate in attività di tipo
laboratoriale, organizzate con la collaborazione di enti di formazione esterni, imprese, enti
pubblici e privati presenti sul territorio. All’apprendimento in contesto lavorativo (tirocinio
curriculare o stage), ovvero la fase “pratica” del percorso di alternanza, realizzata sulla base
di specifiche convenzioni tra l’istituzione scolastica ed i soggetti ospitanti, è destinato oltre
il 50% del monte ore complessivo, ed il relativo impegno annuale è stato graduato in
funzione del progressivo arricchimento professionale del percorso formativo e dell’impegno
connesso all’esame di stato per le classi terminali dei diversi indirizzi di studio. Alla luce di
quanto dettato dalla norma, i percorsi di alternanza scuola lavoro, programmati e curati dai
dipartimenti, con il supporto del docente funzione strumentale per l’alternanza, quale punto
di raccordo tra consigli di classe ed operatori esterni, sono inseriti nel Piano Triennale
dell’Offerta formativa. Nei PTCO risultano particolarmente funzionali gli strumenti di
verifica e le modalità di valutazione che permettano l’accertamento di processo e di risultato,
in piena coerenza con quanto previsto dall’articolo 1 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017,
n.62 (“oggetto della valutazione”).
Nella realtà operativa gli esiti delle esperienze dei PCTO possono essere accertati in diversi
modi. Esistono, tuttavia, modalità strutturate e strumenti ricorrenti che possono essere
utilizzati, adattandoli al percorso svolto (ad esempio rubriche, schede di osservazione, diari
di bordo, portfolio digitale). La valutazione finale degli apprendimenti, a conclusione
dell’anno scolastico, viene attuata dai docenti del Consiglio di osservazione in itinere svolte
dal tutor interno (nonché da quello esterno, se previsto), sulla base degli strumenti
predisposti in fase di progettazione. Sulla base delle suddette attività di osservazione e
dell’accertamento delle competenze raggiunte dagli studenti, quindi, il Consiglio di classe
procede alla valutazione degli esiti delle attività dei PCTO e della loro ricaduta sugli
apprendimenti disciplinari e sulla valutazione del comportamento. Le proposte di voto dei
docenti del Consiglio di classe tengono esplicitamente conto dei suddetti esiti, secondo i
criteri deliberati dal Collegio dei docenti ed esplicitati nel PTOF dell’istituzione scolastica.
I risultati finali della valutazione operata dall’istituzione scolastica vengono sintetizzati nella
certificazione finale delle competenze acquisite dagli studenti.
Secondo l’articolo 6 del d.lgs. 77/2005, “La valutazione e la certificazione delle competenze

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acquisite dai disabili che frequentano i percorsi in alternanza sono effettuate a norma della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, con l'obiettivo prioritario di riconoscerne e valorizzarne il
potenziale, anche ai fini dell'occupabilità”. PROCESSI - PRATICHE EDUCATIVE E
L’istituto, in coerenza con le priorità e i traguardi evidenziati nel RAV e focalizzati nel Piano
di Miglioramento, ha elaborato e adottato un piano di formazione professionale che prevede
azioni formative concrete per favorire l’innalzamento della qualità dell’offerta formativa e
favorire la crescita professionale delle risorse interne. Le attività di formazione che la scuola
ha previsto per i docenti e per il personale ATA e/o la percentuale di personale della scuola
coinvolto sono in linea con i riferimenti.
La scuola realizza iniziative formative di buona qualità e che rispondono ai bisogni formativi
del personale. Le modalità adottate dalla scuola per valorizzare il personale sono chiare e la
maggior parte degli incarichi è assegnata sulla base delle competenze possedute. Saranno
ritenuti validi corsi di almeno 25 ore e svolti presso accreditati:
➢ Formazione di informatica di base per i docenti
➢ Essere squadra team building
➢ Migliorare il rapporto (capacità di integrazione /adeguamento) del docente con l’intera
organizzazione scolastica;
➢ Migliorare i rapporti interpersonali per migliorare l'Empawerment
➢ Formazione di informatica avanzata per i docenti (l'attività proposta fornisce a tutti
coloro che vogliono approfondire quello che conoscono nel mondo dell'informatica)
➢ OCSE-PISA (L’istituto ha firmato un protocollo con l’Università Suor Orsola
Benincasa, per un progetto suddiviso in due blocchi: A e B. La prima fase ha previsto
un percorso di aggiornamento e formazione di docenti di Lettere e di Matematica del
nostro Istituto presso l’Università Suor Orsola, secondo gli standard dell’OCSE PISA).
➢ Corso Argo (Corso di aggiornamento sull'utilizzo del sistema Argo Piano di formazione
del personale ATA)
➢ Miglioramento processi interni
➢ Formazione di informatica di base

1.2 REGOLAMENTO DI ISTITUTO


Per quanto riguarda il Regolamento d’Istituto, esso è composto da vari articoli che
riguardano: Orario scolastico, giustificazione delle assenze, uscite anticipate e ingressi
posticipati, ricevimento dei genitori, Assemblea di Istituto, di classe e dei genitori, tabelle di
valutazione.

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2 DIAGNOSI E PEI
La Diagnosi funzionale evidenzia: «Tetraparesi discinetica congenita con disartria e disturbo
del linguaggio» che comporta il quasi non uso delle mani. G. ha continuo bisogno di
incoraggiamento dal momento che ha una scarsa autostima di se stesso. Ha particolare
attitudine per le materie scientifiche. È poco incline alla socializzazione e al lavoro di
gruppo. Va continuamente incoraggiato. È affiancato da due docenti di sostegno.

2.1 Situazione di partenza/analisi di ingresso (diagnosi-profilo)


Per definire il quadro della situazione di partenza, si è proceduto ad un periodo di
osservazione, utile alla raccolta di dati e alla valutazione delle competenze acquisite e delle
potenzialità residue. I dati e le informazioni sono scaturiti da fonti diverse:
➢ Documentazione in archivio;
➢ Somministrazione di test per disciplina e per classi parallele;
➢ Osservazione sistematica dello studente;
➢ Osservazione delle dinamiche nel gruppo classe.
All’interno del PEI il Profilo di Funzionamento non è disponibile. Il GLO è composto da
tutti i docenti del Consiglio di Classe, dai due docenti di sostegno, e dai genitori dello
studente.
La famiglia è composta da 4 componenti, i genitori e da un fratello tra l’altro suo gemello.
G. è particolarmente responsabile nelle attività familiari, molto partecipe. È molto seguito
dalla famiglia nelle sue attività scolastiche.
Gli interventi dovranno essere calibrati sulle dimensioni: Comunicazione/Linguaggio e
Socializzazione/Interazione/Relazione.
1) Migliorare l’autostima e l’autocontrollo.
2) Migliorare la comprensione del linguaggio anche attraverso esercitazioni di
autocontrollo per ridurre l’ansia da prestazione e le frustrazioni; arricchimento del lessico
di base.

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2.2 Tipologie di programmazione (differenziata e/o semplificata)
Nel PEI si legge che lo studente segue una programmazione personalizzata con prove
equipollenti. Il comportamento è valutato in base agli stessi criteri adottati per la classe.

2.3 Strategie e Metodologie (PEI)


L’intervento metodologico sarà mirato a favorire un graduale aumento del senso di
autoefficacia e autostima attraverso il lavoro di gruppo allo scopo di valorizzare le sue
potenzialità. Inoltre, bisognerà migliorare l’autostima scolastica attraverso rassicurazioni,
rinforzi, conferme e aiutarlo a prendere consapevolezza dei propri limiti per chiedere aiuto
anche ai compagni e migliorarsi. Verrà incrementato lo sviluppo delle abilità di base del
comunicare, leggere, ascoltare e parlare e migliorato l’uso del linguaggio nell’interazione e
nella comunicazione. Frequenta regolarmente tutte le ore previste per la classe, tuttavia lo
studente non scrive, per cui molto utili e importanti, sono facilitatori tecnologici
all’avanguardia che facilitano l’uso delle mani nelle attività scolastiche. Fondamentale è la
presenza dei due docenti di sostegno che supportano il ragazzo.

2.4 Contenuti disciplinari (PEI)


Rispetto alla progettazione didattica della classe sono applicate le seguenti personalizzazioni
in relazione agli obiettivi specifici di apprendimento (conoscenze, abilità, competenze) e ai
criteri di valutazione con prove equipollenti.

2.5 Area progettuale (PEI)


Dimensione: RELAZIONE/INTERAZIONE/SOCIALIZZAZIONE
È particolarmente aperto alla relazione e alla socializzazione ma non ha una grande
autostima. Per cui è particolarmente intollerante alle frustrazioni. Non ama molto lavorare
in gruppo. Ha difficoltà nella produzione di un linguaggio chiaro anche se comunque
comprensibile. È ben disposto ad esprimere le proprie emozioni ed esigenze personali.
Possiede tutte le autonomie personali.

Dimensione: COMUNICAZIONE/LINGUAGGIO
Nonostante la patologia il suo linguaggio anche se poco chiaro è abbastanza comprensibile.
L’alunno ha sempre un atteggiamento positivo ad accettare suggerimenti e gli stimoli che gli
vengono dall’esterno.

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2.6 Verifiche e valutazione (PEI)
Le verifiche mireranno a monitorare il processo di apprendimento e maturazione
dell’alunno, si farà ricorso a prove equipollenti secondo quanto previsto dalla normativa
vigente. Nelle valutazioni si è sempre considerato l’impegno profuso, il punto di partenza e
i progressi fatti, la difficoltà della prova, dei contenuti somministrati e le competenze
acquisite in ogni disciplina e non solo.

2.7 Presentazione del tirocinante


La mia esperienza di tirocinio ha avuto inizio in data 10/11/22 e si è concluso in data
13/04/23. La classe sin da subito ha accolto positivamente la mia presenza, in particolare G.,
che si è mostrato molto entusiasta e ben disposto nei miei confronti. Il tutor, nonché
coordinatore della classe, mi ha presentato come tirocinante. Ho messo a disposizione di tutti
il mio contributo, dimostrando di fornire il mio apporto a chiunque ne avesse bisogno.
Durante il mio percorso di tirocinio ho instaurato ottimi rapporti con gli studenti, il tutor, e i
docenti della classe.

2.8 Organizzazione didattica


La classe è eterogenea, composta da 24 studenti, di cui 19 maschi e 5 femmine. G. è quasi
del tutto integrato nel gruppo classe, l’inclusione è favorita anche dai suoi insegnanti di
sostegno che fungono da mediatori. L’alunno manifesta una buona motivazione
all’apprendimento e interesse nella maggior parte delle discipline. Si relaziona in maniera
positiva con il gruppo-classe e con il corpo docente. Manifesta a volte disagio emotivo e stati
d’ansia legati alla prestazione che però riesce a controllare in modo efficace. Presenta
comunque momenti di maggior e minor fiducia in se stesso, pertanto va sostenuta la sua
autostima. G. è molto autoironico e i compagni lo aiutano a superare le sue insicurezze.
L’aula è grande, spaziosa e ben illuminata, i banchi singoli sono ben disposti, in maniera
frontale. L’istituto possiede anche un laboratorio di informatica, molto ampio; nel quale G.
dispone dell’aiuto dei due docenti di sostegno.

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2.9 Osservazione dei docenti della sezione/classe
Ho riscontrato un clima di grande collaborazione e sintonia tra i docenti della classe. Tutti
hanno accolto positivamente la presenza dei tirocinanti e hanno favorito un clima di serenità.
Importante è la figura del docente di sostegno, riconosciuto come riferimento per la classe e
per il corpo docenti. Chiaramente tra alcuni docenti c’è maggiore affinità, rispetto ad altri.
Tuttavia ho notato un supporto costante.

2.10 Dinamiche relazionali


Dai primi mesi di osservazione risulta che l’alunno è ben inserito in classe, ha instaurato un
buon rapporto con i suoi compagni, è timido, disponibile e collaborativo. Ha una buona
interazione con l’insegnante di sostegno, accetta volentieri i consigli relativi a strategie di
apprendimento. Buono è anche il rapporto con i docenti curriculari, durante le lezioni
interviene su richiesta del docente. È motivato nei rapporti interpersonali riuscendo a
costruire soprattutto dei rapporti con ragazzi con cui condivide interessi. Si adegua a
situazioni di caos o di confusione in classe.

2.11 Partecipazione didattica degli alunni


Per quanto riguarda l’andamento didattico una parte degli alunni deve ancora acquisire un
metodo di studio adeguato, mentre il resto della classe lavora bene. Emergono tre livelli di
preparazione costituiti da una fascia medio alta, una fascia intermedia e una terza fascia più
debole formata da alunni che presentano notevoli fragilità sia dal punto di vista
dell’apprendimento che dal punto di vista personale. La classe ha partecipato con interesse
ed impegno alle attività extra-curricolari proposte dalla scuola quali il viaggio studio, per le
attività di alternanza scuola-lavoro, e le varie uscite culturali effettuate.

2.12 Osservazione dei casi seguiti


G. presenta una buona motivazione allo studio, soprattutto per le discipline scientifiche,
motivo per cui ha evidenziato alla famiglia la volontà di intraprendere l’attuale indirizzo di
studio. In classe, con molto impegno segue il ritmo di lavoro, cercando di mantenere
l’attenzione. È presente ansia da prestazione, generando uno stato psicologico d’agitazione
nelle verifiche che inficia oltretutto la performance. Aumenta l’autostima attraverso la

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gratificazione ottenuta dall’insegnante per il lavoro svolto. Prende consapevolezza dei propri
limiti per chiedere aiuto, per migliorarsi; si sottovaluta rispetto al suo rendimento, deve
essere rassicurato e ha bisogno di rinforzi e conferme. Sa prendere iniziative personali, ha
un atteggiamento positivo, disponibile ad accettare i suggerimenti e gli stimoli. Ha un ruolo
collaborativo nel gruppo e ha interiorizzato le regole di classe.

2.13 Modalità di inclusione


Dall’osservazione sistematica del contesto scolastico in cui l’alunno si trova ad operare non
si rilevano particolari barriere all’integrazione. Le attività didattiche tengono conto degli
interessi e delle esigenze di tutti gli alunni. È garantita la partecipazione di tutti gli studenti.
La scuola è particolarmente attenta alle problematiche degli alunni ed è sicuramente molto
inclusiva. Inoltre ha sicuramente posto in essere, interventi di corresponsabilità scolastica
realizzando un ambiente/contesto favorevole alla socializzazione e all’inclusione. Le
modalità di sostegno didattico e gli interventi di inclusione sono molteplici, come per
esempio: creare un clima inclusivo, adeguare gli obiettivi del ragazzo agli obiettivi della
classe, individualizzazione e personalizzazione dell’intervento didattico, semplificare e
organizzare i materiali di studio, utilizzare metodi di insegnamento alternativi, Cooperative
Learning, Peear tutoring, un ripasso frequente degli argomenti di studio, lavoro sulle abilità
di studio.

2.14 Osservazione della lezione


In classe sono presenti due docenti di sostegno, i quali collaborano con i docenti curricolari
al fine di promuovere l’inclusione di G. Spesso lo studente viene motivato alla
socializzazione e all’autonomia e viene rassicurato sulle sue potenzialità. Gli insegnanti
consigliano strategie operative per guidarlo alla correttezza del compito. Per facilitare
l’apprendimento dello studente, si utilizzano appunti rielaborati e/o semplificati, mappe
concettuali, realizzati con l’aiuto dei docenti di sostegno, o con facilitatori tecnologici, in
quanto il ragazzo non possiede, quasi totalmente l’uso delle mani. Le lezioni iniziano alle
ore 8:00 e terminano alcuni giorni alle 13:00 altri alle 14:00 e sono distribuite dal lunedì al
sabato.

2.15 Partecipazione agli organi collegiali


Non ho partecipato ai Collegi docenti, Consigli di classe, o GLO.

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3. PROJECT WORK
Dal 10/11/22 al 13/04/23

PROGETTO DI TIROCINIO

CLASSE: 5°AI
Disabilità certificata: Tetraparesi discinetica congenita con disartria e disturbo del
linguaggio.

PROGETTO CONCORDATO CON IL TUTOR DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA


SULLA BASE DEL PEI DELL’ALUNNO.

TITOLO:
DARE PAROLE ALLE EMOZIONI

FINALITÀ:
Il progetto nasce dall’esigenza di insegnare a riconoscere, decodificare ed esprimere le
proprie emozioni; a sviluppare la capacità di gestire le proprie emozioni in modo
appropriato, di prendere decisioni responsabili, di stabilire rapporti sociali corretti. Bisogna
imparare a conoscersi, a gestire le relazioni interpersonali con docenti e compagni, affrontare
problemi e stress quotidiani, a confrontarsi con l’insuccesso e la frustrazione, nel tentativo
di raggiungere un benessere personale e sociale. Il progetto comprende abilità e competenze
attinenti le discipline di ITALIANO, SCIENZE MOTORIE, INGLESE, EDUCAZIONE
CIVICA.

OBIETTIVI:
➢ Riconoscere le emozioni
➢ Saper esprimere le proprie emozioni e comprendere quelle degli altri
➢ Comprendere l’origine e le caratteristiche delle emozioni
➢ Comprendere che una stessa emozione può suscitare reazioni differenti
➢ Saper gestire in modo positivo un’emozione
➢ Comprendere il rapporto tra situazione ed emozione
➢ Saper contenere e gestire le emozioni

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DESCRIZIONE SINTETICA ATTIVITÀ:
Il progetto verrà integrato all’interno dell’attività didattica curricolare delle varie discipline.
Si lavorerà sul riconoscimento e sulla gestione positiva delle emozioni e sullo sviluppo di
alcune life skills. Si è pensato ad una suddivisione del lavoro in più fasi, in cui gli studenti,
in un lavoro di gruppo con G. impareranno a riconoscere, gestire, riflettere e discutere sulle
varie emozioni

PERIODI:
Il progetto prevede un periodo di svolgimento di 3 mesi (gennaio-marzo 2023)

SOGGETTI COINVOLTI:
Tirocinante, Docente di sostegno, Docente di Italiano, Docente di Scienze Motorie, Docente
di inglese.

RISORSE:
Libri di testo;
Lim;
Fotocopie

STRATEGIE UTILIZZATE:
Lavoro in piccolo e grande gruppo;
Circle time;
Cooperative learning;
Problem solving;
Pear tutoring

MOMENTI DI VALUTAZIONE:
Verrà effettuata una valutazione collettiva del lavoro svolto. Gli insegnanti dovranno
focalizzare l’attenzione del gruppo prima sulle cose che sono andate bene e poi sulle cose
che potrebbero essere migliorate. Si chiederanno ai ragazzi dei feed-back, utilizzando delle
domande aperte, in forma scritta e anonima. Si analizzerà cosa ha funzionato e cosa non ha
funzionato, soffermandosi soprattutto sulle cause; successivamente verranno analizzate le

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abilità messe in pratica, valutando la loro efficacia e dando agli studenti degli spunti per
riflettere su come potranno utilizzare quanto appreso nella loro vita quotidiana.

REALIZZAZIONE DEL PROGETTO:


Sulla base della lettura del PEI, del confronto con i docenti di sostegno che conoscono molto
bene G., e dell’osservazione, abbiamo deciso di realizzare un progetto dal titolo “DARE
PAROLE ALLE EMOZIONI” al fine di migliorare l’autostima del ragazzo, aiutarlo a
socializzare e ad inserirsi in lavori di gruppo, gestire l’ansia da prestazione e momenti di
frustrazione. Il progetto verrà realizzato con la collaborazione dei docenti di sostegno,
docenti di italiano, scienze motorie, inglese.
Il progetto nasce dall’esigenza di far maturare consapevolezza emotiva, al fine di riconoscere
ed etichettare le proprie emozioni e quelle altrui; ma vuole anche migliorare le capacità di
gestione delle emozioni in modo appropriato e stabilire rapporti sociali corretti.

Le tematiche trattate sono state le seguenti:


• gestione delle emozioni negative;
• gestione dell’ansia;
• potenziamento dell’autostima;
• superamento della timidezza;
• gestione della frustrazione;
• capacità di saper prendere decisioni autonome;
• capacità di resistere alle influenze del gruppo;
• gestione positiva delle relazioni con i coetanei e con gli adulti;
• capacità di risolvere un conflitto.

Il percorso si è svolto sia in aula che in palestra ed ha avuto una durata di circa tre mesi. Il
lavoro è stato suddiviso in più fasi. Quando abbiamo presentato il progetto ai ragazzi, li ho
visti molto entusiasti, coinvolti e ho percepito grande curiosità. Anche G. si è mostrato sin
da subito interessato e collaborativo. Nella prima fase gli studenti sono stati chiamati a
riconoscere le varie emozioni. Sulla Lim sono stati mostrati testi di alcuni autori italiani e
stranieri per comprendere quali emozioni avessero suscitato in loro. Si è creato un clima di
grande partecipazione, e anche G., con timidezza, ha espresso il suo parere. I ragazzi sono
stati invitati a riflettere sui canali (visivo, uditivo, comportamentale) che abbiamo a
disposizione per esprimere le emozioni e di conseguenza comprendere quelle altrui. Ho

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notato che tutti hanno provato a calarsi nei panni di ciascun compagno, e anche i più
introversi hanno cercato di mostrare maggiormente il proprio punto di vista. Ciascun
ragazzo, a turno, ha scelto un’emozione e l’ha rappresentata attraverso il modo di
camminare, di gesticolare, di stare seduto. G. in un primo momento è apparso intimorito, ma
poi con il mio aiuto e con quello dei docenti, è riuscito a rappresentare la sua emozione,
perfino divertendosi. Nella seconda fase si è passati allo svolgimento di un lavoro di gruppo.
Gli studenti sono stati suddivisi in gruppi di 5, e hanno realizzato una mappa delle emozioni,
attribuendo a una stessa situazione, emozioni personali. G., che solitamente non ama
svolgere lavori di gruppo, ha mostrato grande partecipazione, proponendo, sebbene con la
spinta dei docenti, varie idee. Si è passati poi alla fase della discussione e del confronto,
ciascuno è stato chiamato a riflettere sulle diverse emozioni e sulle diverse modalità con cui
vengono gestite quest’ultime. In questa fase tutti hanno espresso il proprio punto di vista e
il dibattito si è mostrato produttivo soprattutto per la comprensione delle diversità
caratteriali. Nell’ultima fase si è realizzata una valutazione collettiva del lavoro svolto.
L’esito della valutazione è stato molto positivo, gli studenti si sono dimostrati entusiasti del
progetto, mentre G. è riuscito in parte a combattere la sua timidezza.

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CONCLUSIONI:
L’esperienza di tirocinio diretto è stata molto importante per la mia formazione perchè mi ha
permesso di costruire un’immagine più nitida della scuola e dell’insegnamento; ora ne riesco
a cogliere con maggiore maturità i punti di forza e di debolezza, le possibilità e i limiti che
si hanno nella progettazione dell’attività didattica. Per poter diventare docenti seri,
aggiornati, responsabili ed efficienti, ho capito quanto sia necessario confrontarsi con altre
persone, docenti, ricercatori di didattica e studenti, per mantenere sempre viva la propria
passione. Il confronto con il mio tutor è stato costante e proficuo, sia per la condivisione
dell’intervento didattico e sia per una riflessione sul percorso da me intrapreso e sulla mia
motivazione. Ci siamo confrontati molto anche sull’approccio con l’allievo, con la famiglia
e sulle relazioni da stabilire con i colleghi. È proprio in questo senso che per me ha svolto
un ruolo fondamentale l’esperienza delle lezioni, grazie alle quali ho potuto comprendere
tutto quello che c’è dietro la “normale” attività didattica di un docente.

Il campo principe dell’intervento dell’insegnante di sostegno si esprime nella forma di


interventi educativo-didattici che consentano agli alunni di uscire dalla scuola con un
bagaglio di conoscenze, competenze e abilità che consentano loro di essere membri attivi e
produttivi della società che li circonda. Preparare alla vita dopo la scuola è un percorso che
non può riguardare esclusivamente l’alunno disabile ma è un percorso che richiede il
coinvolgimento di tutta la comunità educante. Supportando l’alunno con disabilità,
contestualmente, il docente di sostegno sostiene la crescita e la maturazione anche dei
compagni di classe, rendendoli partecipi del valore profondo e intrinseco che si cela dietro
la diversità come componente di ricchezza e aggregazione e non come muro insormontabile
che divide e isola. La competenza emotiva è forse una delle doti più importanti che il docente
di sostegno è chiamato ad acquisire, al fine di poterla promuovere con efficacia. Spesso
infatti la disabilità viene costretta nell’ambito dell’impossibilità di fare delle cose, o
nell’aiuto di cui si ha bisogno; al contrario, invece, guardando oltre alla disabilità ci si deve
spostare nell’alveo della possibilità, delle risorse cui è possibile attingere anche in un’ottica
di autonomia più o meno ampia. L’emancipazione dal concetto di dipendenza è un percorso
prima di tutto personale e che solo dopo può essere esteso a ciò che ci circonda. In
quest’ottica, il docente specializzato è chiamato a tracciare un percorso educativo rispettoso
delle caratteristiche individuali che, coinvolgendo tutta la comunità educante, permetta
all’alunno di sperimentare sé stesso, attingendo alle proprie risorse, come soggetto
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autonomo, in grado di analizzare i problemi e giungendo di volta in volta alla soluzione
ottimale degli stessi.

Nella mia esperienza di tirocinio ho cercato di attuare, insieme al mio tutor scolastico e con
gli insegnanti curriculari, un percorso peculiare per la mia crescita professionale. All’inizio
ho analizzato tutti i documenti programmatici che la scuola mi ha messo a disposizione, per
avere una visione generale del contesto in cui mi sarei trovata ad interagire. Nella prima fase
del tirocinio ho osservato G., gli insegnanti e i compagni che lo circondano in un’ottica di
visione inclusiva. In una seconda fase, grazie al mio tutor, ho potuto osservare metodologie
e strategie mirate, che consentissero a G. e contemporaneamente a tutti gli alunni di
sviluppare le loro potenzialità e gestire correttamente le proprie emozioni.

La conoscenza, l’osservazione scrupolosa e la riflessione nel corso dell’agire permettono di


accompagnare lo sviluppo dell’alunno in modo competente e positivo in un contesto sempre
più inclusivo, in cui si è attenti ai bisogni e alle potenzialità di tutti, in cui si valorizzano le
diversità come valore e risorsa e in cui si promuovono competenze utili fuori e dentro il
contesto scolastico. La scuola si pone l’obiettivo di consentire a ciascun alunno il pieno
sviluppo delle proprie potenzialità e l’inclusione è finalizzata ad offrire a tutti gli alunni ogni
possibile attività formativa. L’alunno arriva a scuola con un proprio “bagaglio” di
competenze e di esperienze e l’insegnante, come guida autentica, deve aggiungere a questa
preesistente dotazione altri contenuti pedagogici e didattici atti a valorizzare e potenziare
ogni singola capacità del proprio alunno. Il tirocinio è stata un’esperienza estremamente
positiva, fonte di numerose riflessioni sulla fondamentale importanza del ruolo svolto
dall’insegnante specializzato per le attività di sostegno. Mi ha permesso di conoscere da
vicino l’enorme sfida, ma allo stesso tempo lo stimolante e prezioso lavoro, che ogni giorno
l’insegnante specializzato affronta con l’alunno, con i compagni di classe, con i colleghi,
con gli operatori scolastici, con i servizi sanitari e con i genitori. Un autentico mediatore di
equilibri, molto delicati, per un supporto reticolare fondamentale al progetto di vita del
giovane alunno.

Mi auguro di poter mettere in pratica anche io questa preziosa capacità, che è imprescindibile
per la professione che andrò a svolgere.

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