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RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA

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La Cina sfida il primato tecnologico Usa


Ma l’algoritmo non decide per le potenze
L’Italia cerca posto nella fliera dei chip

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RIVISTA MENSILE - 31/12/2022 - POSTE ITALIANE SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 CONV. L. 46/2004, ART. 1, C. 1, DCB, ROMA

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12/2022 • mensile
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CONSIGLIO SCIENTIFICO
Rosario AITALA - Geminello ALVI - Marco ANSALDO - Alessandro ARESU - Giorgio ARFARAS
Angelo BOLAFFI - Aldo BONOMI - Edoardo BORIA - Mauro BUSSANI - Mario CALIGIURI - Vincenzo
CAMPORINI - Luciano CANFORA - Antonella CARUSO - Claudio CERRETI - Gabriele CIAMPI - Furio
COLOMBO - Giuseppe CUCCHI - Marta DASSÙ - Ilvo DIAMANTI - Germano DOTTORI - Dario FABBRI
Luigi Vittorio FERRARIS - Marco FILONI - Federico FUBINI - Ernesto GALLI della LOGGIA - Laris
GAISER - Carlo JEAN - Enrico LETTA - Ricardo Franco LEVI - Mario G. LOSANO - Didier LUCAS
Francesco MARGIOTTA BROGLIO - Fabrizio MARONTA - Maurizio MARTELLINI - Fabio MINI
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ROMANO - Gian Enrico RUSCONI - Giuseppe SACCO - Franco SALVATORI - Stefano SILVESTRI
Francesco SISCI - Marcello SPAGNULO - Mattia TOALDO - Roberto TOSCANO - Giulio TREMONTI
Marco VIGEVANI - Maurizio VIROLI - Antonio ZANARDI LANDI - Luigi ZANDA

CONSIGLIO REDAZIONALE Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Flavio ALIVERNINI - Luciano ANTONETTI - Marco ANTONSICH - Federigo ARGENTIERI - Andrée BACHOUD
Guido BARENDSON - Pierluigi BATTISTA - Andrea BIANCHI - Stefano BIANCHINI - Nicolò CARNIMEO
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Alberto DE SANCTIS - Alfonso DESIDERIO - Lorenzo DI MURO - Federico EICHBERG - Ezio FERRANTE - Włodek
GOLDKORN - Franz GUSTINCICH - Virgilio ILARI - Arjan KONOMI - Niccolò LOCATELLI - Marco MAGNANI
Francesco MAIELLO - Luca MAINOLDI - Roberto MENOTTI - Paolo MORAWSKI - Roberto NOCELLA - Giovanni ORFEI
Federico PETRONI - David POLANSKY - Alessandro POLITI - Sandra PUCCINI - Benedetta RIZZO - Angelantonio
ROSATO - Enzo TRAVERSO - Fabio TURATO - Charles URJEWICZ - Pietro VERONESE - Livio ZACCAGNINI

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Rudolf HILF, Josef JOFFE, Claus LEGGEWIE, Ludwig WATZAL, Johannes WILLMS - Giappone: Kuzuhiro JATABE
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TOULABOR - Turchia: Yasemin TAùKIN - Città del Vaticano: Piero SCHIAVAZZI - Venezuela: Edgardo RICCIUTI
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Rivista mensile n. 12/2022 (dicembre)
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ISCRIZIONI
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LA III EDIZIONE APERTE


INIZIO LEZIONI
DELLA SCUOLA DI LIMES 10 MARZO

Stiamo vivendo un cambio di paradigma. La storia ha in trent’anni di vita. Tutte le lezioni sono tenute dalla
ripreso a correre. Sono necessarie nuove chiavi di lettura. Direzione didattica e si avvalgono delle testimonianze
Per capire come cambia il mondo attorno a noi. di esperti provenienti dai paesi in esame e dotati di
Per collocare il nostro paese nelle competizioni conoscenze dirette del tema afrontato, dall’intelligence
internazionali. E per difendere e promuovere i nostri alle Forze armate, dall’alta tecnologia alla cibernetica.
interessi in un pianeta sempre più disordinato.
La Scuola non dura un anno. Stiamo costruendo
La Scuola di Limes è nata per contribuire alla formazione di una comunità, attraverso la rete degli Alumni di Limes.
una nuova cultura e di una nuova sensibilità per la geopolitica Per continuare a confrontarci con chi condivide la passione
nella classe dirigente italiana. Oggi la sua missione è ancora per lo Stato e per i temi che trattiamo.
più rilevante.
La III edizione della Scuola prende il via venerdì 10 marzo
Lo studio dei confitti nello spazio e nel tempo è il sale 2023: 120 ore di lezione, tre fne settimana al mese,
della geopolitica. La nostra Scuola ofre un metodo da marzo a giugno e da settembre a dicembre.
di analisi peculiare, assente nei centri di formazione Con alcune lezioni dal vivo ed esercitazioni per imparare
accademici. Ed essenziale per interpretare le crisi a scrivere e a cartografare analisi geopolitiche.
che determinano il nostro tempo e il posto dell’Italia
nel mondo. La crisi d’identità americana. La competizione È possibile candidarsi inviando curriculum e lettera
Usa-Cina. La Russia in guerra. Il lungo declino degli imperi di motivazione all’indirizzo info@scuoladilimes.it
europei. L’ascesa di nuove potenze, dalla Turchia
al Giappone. E molte altre, sino a un rigoroso esame La Scuola di Limes è aperta a tutti. Da chi già fa parte
strategico dell’Italia, alfa e omega del nostro ragionamento. della classe dirigente a chi aspira a entrarvi. Da chi vuole
acquisire strumenti analitici da integrare nella propria
La Scuola ofre ai partecipanti l’esperienza e l’autorevolezza professione a chi è semplicemente mosso da passione
della vasta rete di analisti e decisori intessuta da Limes e curiosità.
SOMMARIO n. 12/2022

PARTE I LA SFIDA CINESE ALLA TECNOLOGIA AMERICANA

9 HE Tian e YOU Ji - La Cina sconfggerà gli Usa


con l’intelligenza (artifciale)
17 Francesco Maria DE COLLIBUS - L’èra delle macchine
che apprendono
31 Paul TRIOLO - Il piano degli Stati Uniti per rallentare Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

l’Ai cinese
41 Jacob L. SHAPIRO - La vera posta in gioco dell’intelligenza artifciale
49 Alessandro ARESU - Il nuovo gioco delle perle di vetro
59 Giorgio CUSCITO - L’unicorno che sorveglia la Cina
67 Paolo PISTONE - Prevedere l’imprevedibile
L’algoritmo come esorcismo
73 Teresa NUMERICO - Dobbiamo ripensare l’intelligenza artifciale
81 Peter W. SINGER - ‘L’intelligenza artifciale entrerà in guerra’
87 Nicola CRISTADORO - L’Ai serve (anche) a fare la guerra
97 Marcello SPAGNULO - Nello Spazio i robot dipendono dall’uomo
107 Giuseppe DE RUVO - Perché l’Ai è Caos
115 Fabrizio MARONTA - Ai chip, l’evoluzione della specie
125 Alan Hao YANG - Taiwan prepari lo scudo di silicio
131 Alessandro ARESU - Taiwan, l’isola dei chip

PARTE II L’INTELLIGENZA (ARTIFICIALE) DEGLI ALTRI

145 Alessandro ARESU, Carlo CAVAZZONI, Francesco Maria DE COLLIBUS, Alessandro MASSA
‘Con le nuove macchine risolviamo i vecchi problemi italiani’
153 Francesco UBERTINI - Il supercalcolatore di Bologna
una risorsa per l’Italia
159 Simone Antonio SALA - Il chip parla italiano
165 Vasilij KAŠIN - In Russia l’Ai segna il passo
171 Stephen R. NAGY - Ai, elisir di giovinezza nipponico
175 Lorenzo DI MURO - L’India sarà unita dall’alta tecnologia
o resterà mosaico
PARTE III ECHI DALLA GUERRA GRANDE

185 Mirko MUSSETTI - Perché un missile russo è diventato ucraino


193 Vitalij TRET’JAKOV - ‘La Russia vincerà perché l’Occidente
è venuto a noia al mondo intero’
197 Nicola CRISTADORO - I patti siglati (col sangue) tra Mosca
e gli alleati Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

LIMES IN PIÙ
209 Giacomo MARIOTTO - Reichsbürger, i nostalgici dell’Impero tedesco
219 Bruno CIANCI - Il mal d’Africa russo ha radici profonde
229 Igor PELLICCIARI - Armi come aiuti, aiuti come armi
237 Fiorina CAPOZZI - Il mistero Bolloré

AUTORI
245

LA STORIA IN CARTE a cura di Edoardo BORIA

247
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Parte I
la SFIDA CINESE
alla TECNOLOGIA
AMERICANA
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

LA CINA SCONFIGGERÀ
GLI USA CON L’INTELLIGENZA
(ARTIFICIALE) di HE Tian e YOU Ji

Per Pechino l’Ai è strumento di governabilità sociale e veicolo di


potenziamento dell’industria civile e militare. Soprattutto, è terreno Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

di scontro con gli Usa per il primato geotecnologico. Vince chi


innova per primo. La lezione ucraina. I droni come punta di lancia.

1. L O SVILUPPO DELL’INTELLIGENZA
artifciale (Ai) ha per la Cina un ruolo di fondamentale importanza. Non solo è la
chiave della competizione tecnologica globale, ma racchiude anche la possibilità
di avviare un nuovo ciclo di rivoluzione scientifca e industriale nazionale. L’a-
genda di Pechino sull’intelligenza artifciale deve essere esaminata a partire da
due fattori: i moventi e gli obiettivi del governo e il ruolo emergente delle azien-
de nazionali.
La Repubblica Popolare persegue le proprie ambizioni nel settore dell’Ai prin-
cipalmente nel solco di due programmi elaborati dal Consiglio di Stato: il Made in
China 2025, lanciato nel 2015, e il Tredicesimo piano quinquennale per lo svilup-
po delle industrie strategiche emergenti, rilasciato nel 2016. Entrambi evidenziano
il ruolo dell’intelligenza artifciale in molteplici aree chiave, dalla robotica alla
tecnologia dell’informazione, dalle auto elettriche alle attrezzature aerospaziali.
Pechino ha poi apertamente puntato sul settore nel luglio 2017, quando il Consi-
glio di Stato ha annunciato il Piano di sviluppo per l’intelligenza artifciale di nuo-
va generazione. Al suo interno, l’Ai è stata investita di una duplice funzione: au-
mentare la competitività della Cina sul piano internazionale e difendere la sicurez-
za nazionale 1. Parte fondamentale di questa strategia è l’integrazione dell’intelli-
genza artifciale nell’economia «reale» 2: le tecnologie di nuova generazione do-
vranno contribuire ad arginare la crisi di produttività provocata dall’invecchiamen-
to della popolazione cinese.
Il contributo dell’Ai alla crescita economica della Repubblica Popolare gioca
un ruolo di grande rilievo per le autorità. La Cina è infatti il paese con il maggior
1. «The State Council Program for Developing the New Generation of AI», Consiglio di Stato della
Repubblica Popolare Cinese, 2017.
2. «Guiding Opinions on Promoting the Deep Integration of Artifcial Intelligence and the Real Eco-
nomy», Commissione centrale per il pieno approfondimento delle riforme, 2019. 9
LA CINA SCONFIGGERÀ GLI USA CON L’INTELLIGENZA (ARTIFICIALE)

potenziale di sviluppo dell’intelligenza artifciale, che potrebbe portare a un au-


mento del pil del 26% entro il 2030 3 e a un incremento del tasso di occupazione
del 12% nei prossimi vent’anni 4. È proprio in considerazione di tali potenziali van-
taggi che lo stesso presidente Xi Jinping ha più volte sostenuto l’importanza di
questo settore per lo sviluppo economico della nazione.
Oltre al rischio di recessione economica, la Cina dovrà confrontarsi nei prossi-
mi anni con molteplici problematiche sociali che potrebbero impedirle di diventa-
re una «società moderatamente prospera», secondo quanto previsto nel Piano per Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

lo sviluppo. Pechino avverte pertanto la necessità di affnare le proprie tecniche di


governabilità sociale e spera di poterlo fare anche attraverso l’impiego dell’intelli-
genza artifciale nei servizi pubblici – altro fondamentale livello di integrazione
dell’Ai. Durante l’epidemia di Covid-19 è emerso chiaramente il potenziale dell’in-
telligenza artifciale come strumento di controllo della popolazione: le autorità ci-
nesi vi hanno ad esempio fatto ricorso nelle pratiche di misurazione della tempe-
ratura in aree densamente popolate quali stazioni ferroviarie e della metropolitana,
per ottenere uno screening accurato e rapido dei pazienti sospetti ma anche di chi
trasgrediva le regole 5.
La chiave per raggiungere questi due obiettivi (crescita economica e governa-
bilità sociale) è lo sviluppo della cosiddetta smart economy, di cui l’intelligenza
artifciale è forza trainante, affancata da altre tecnologie di nuova generazione
come il 5G, il cloud computing, i big data, l’Internet delle cose, l’edge computing,
le blockchain, la realtà ibrida e l’informatica quantistica. La piena integrazione
dell’intelligenza artifciale nel circuito dell’economia rivoluzionerà l’intera struttura
socioeconomica, dalle modalità di produzione e di lavoro fno alla cultura sociale
e ai modelli di sicurezza. Tale obiettivo sarebbe impensabile senza lo sviluppo di
importanti infrastrutture informatiche come centri di calcolo per processare dati ed
eseguire algoritmi. Tuttavia, in Cina la distribuzione della potenza di calcolo e del-
la capacità di elaborazione dei dati non è uniforme: la maggior parte delle aziende
che svolgono queste attività si trova nella metà orientale del paese, in cui però
energia e terre sono risorse scarse e quindi costose 6. Per sanare tale squilibrio Pe-
chino ha avviato l’iniziativa «Eastern Data Western Calculation», con cui si pianifca
di costruire nelle regioni occidentali diversi centri di calcolo e di elaborazione dati
più effcienti in termini di costi ed emissioni 7.

2. Accanto alla dimensione socioeconomica, la strategia cinese per l’intelligen-


za artifciale prevede un’importante componente securitaria. Il presidente Xi Jin-
3. «Sizing the prize. What’s the real value of AI for your business and how can you capitalise?», Pwc,
2017.
4. «What will be the net impact of AI and related technologies on jobs in China?», Pwc, 2018.
5. «New Infrastructure and New Opportunities: White Paper for the Development of Chinese Smart
Economy Issued», China Development Research Foundation, 2020.
6. LIU YUQI, «The “East Counting and West Counting” project was launched, and an article to under-
stand the layout of the cloud computing giant’s data center», Pingwest, 2/3/2022.
7. LI SHUIQING, «Where does “counting from east to west” come from and how to divide the 400 billion
10 cakes each year?» Zhishi, 23/2/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ping ha esplicitamente riconosciuto il ruolo giocato dalla tecnologia negli equilibri


geopolitici: «La tecnologia avanzata è l’arma più afflata dello Stato moderno. Se i
paesi occidentali sono stati in grado di dominare il mondo in epoca moderna è
anche perché detenevano il primato tecnologico». Il Piano di sviluppo del 2017
assegna dunque all’intelligenza artifciale il «compito fondamentale» di trainare la
fusione militare-civile, con cui la Cina mira a sopravanzare gli Stati Uniti nella com-
petizione per l’innovazione tecnologica 8.
È per questo che Pechino sta investendo miliardi di dollari all’anno nello svi- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

luppo dell’intelligenza artifciale, fnanziando con fondi governativi le aziende pri-


vate che conducono attività di ricerca sperimentale e applicata 9. Grazie all’ampio
sostegno politico del governo, le imprese del settore sono cresciute velocemente e
hanno prodotto nuovi beni e servizi a prezzi competitivi, facendo progredire lo
stato dell’arte. Si pensi che nel 2020 il numero di imprese strategiche nell’ambito
dell’intelligenza artifciale ha superato quota 3.000, con un aumento del 15% rispet-
to allo stesso periodo del 2019 10. Le compagnie più importanti operano in settori
chiave come lo sviluppo di droni, di robot intelligenti, di dispositivi indossabili, il
riconoscimento vocale e facciale, la guida automatizzata e la realtà virtuale.
Le aziende cinesi di Ai hanno un vantaggio competitivo soprattutto nel campo
degli algoritmi e dei software applicativi. Tra le più promettenti troviamo i tre gi-
ganti di internet Baidu, Alibaba e Tencent, che hanno già contribuito con impor-
tanti investimenti alla costruzione dei dieci principali centri nazionali di calcolo ed
elaborazione dati. Viceversa, le carenze delle industrie cinesi nel campo degli
hardware e dei software di base potrebbero seriamente compromettere gli ambi-
ziosi progetti tecnologici della Repubblica Popolare. Per sopperire a queste man-
canze Huawei ha iniziato a realizzare piattaforme di hard tech, facendo leva sulla
propria esperienza nel campo dei chip e dei software di base. Rientrano in
quest’ambito progetti come Hms (Huawei Mobile Services, il pacchetto di servizi
alternativo a Google), il sistema operativo Hongmeng, l’ecosistema di calcolo Kun-
peng e l’applicazione della tecnologia 5G al settore della guida automatizzata.
Anche nell’area dei semiconduttori si sono registrati notevoli progressi. Le
aziende produttrici di chip intelligenti come HiSilicon (Huawei), Cambricon, Smic
(Semiconductor Manufacturing International Corporation) e Ziguang Zhanrui han-
no promosso l’integrazione dell’Ai in terminali intelligenti e dispositivi di sicurezza,
come anche nell’ambito dei progetti urbani (smart cities).
Pechino punta sull’intelligenza artifciale per conquistare una compiuta sovra-
nità tecnologica e per sviluppare nuove tecnologie all’avanguardia. Non solo algo-
ritmi e semiconduttori avanzati, ma anche chip per computer ad alta potenza di
calcolo, big data, brainmatics, neuroscienza computazionale e interfacce neurali
8. JING YUAN-CHOU, «How Does China Aim to Use AI in Warfare?», The Diplomat, 28/12/2021.
9. «Chinese Public AI R&D Spending: Provisional Findings», Center for Security and Emerging Tech-
nology, 2019.
10. «China’s artifcial intelligence technology industry development under new challenges and oppor-
tunities», China Institute of New Generation AI Development Strategies, 2020. 11
LA CINA SCONFIGGERÀ GLI USA CON L’INTELLIGENZA (ARTIFICIALE)

(brain-computer interface). Secondo il menzionato programma promosso dal Con-


siglio di Stato, la Cina intende mobilitare tutte le proprie risorse nel campo della
ricerca per potenziare il settore, sfruttando tanto gli istituti pubblici quanto quelli
privati. Allo scopo di diventare entro il 2030 la potenza trainante nello sviluppo
dell’intelligenza artifciale.

3. Un obiettivo tanto ambizioso sarebbe tuttavia poco più che un vuoto slogan
se tali iniziative non avessero ricadute pratiche sulla sicurezza nazionale. Nella vi- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sione cinese, l’intelligenza artifciale deve servire come occasione per la moderniz-
zazione del comparto della Difesa, con particolare attenzione all’addestramento
dell’Esercito popolare di liberazione (Epl). I cui compiti sono stati profondamente
ridefniti dalla nuova Strategia di difesa nazionale introdotta da Xi Jinping: la guer-
ra viene sempre più concepita come confitto ibrido e su vasta scala contro avver-
sari del calibro degli Stati Uniti, anziché come confronto limitato con una minaccia
regionale 11.
La crescente incorporazione di software e sensori d’intelligenza artifciale nei
sistemi d’arma contribuisce di fatto a ridisegnare i vecchi modelli di combattimen-
to. Agli analisti militari cinesi non sono infatti sfuggite le diffcoltà che la Russia sta
incontrando nel confronto con le armi intelligenti del proprio avversario, come gli
Himars o i cosiddetti droni kamikaze. La superiorità tecnologica della Nato sul
piano dell’intelligenza artifciale ha permesso alle forze di Kiev di avere una perce-
zione più limpida del campo di battaglia. In questo senso, l’Epl ha appreso diverse
lezioni dalla guerra d’Ucraina: da un punto di vista tattico, i generali cinesi hanno
constatato che l’integrazione delle reti neurali convoluzionali nei chip avanzati
consente ai sensori dei sistemi d’arma di riconoscere, rintracciare, analizzare e at-
taccare i nemici in tempo reale. Questo ha accresciuto in modo sostanziale la per-
centuale di successo di ogni intervento offensivo volto a paralizzare i centri logisti-
ci e di comando del nemico, al punto che l’effetto combinato di tali attacchi po-
trebbe essere strategicamente decisivo.
L’Epl ha identifcato diverse aree di impiego dell’intelligenza artifciale a fni
militari. A partire dai veicoli da combattimento senza equipaggio, utilizzabili per la
neutralizzazione mirata degli obiettivi nemici (siano essi individui, sistemi d’arma o
postazioni di comando), per gestire missioni di combattimento pericolose come lo
sminamento e per trasportare risorse su terreni accidentati. L’intelligenza artifciale
può inoltre contribuire allo stesso processo decisionale attraverso le rapide opera-
zioni di raccolta, elaborazione e analisi dei dati. L’Epl ha per esempio simulato la
pianifcazione di una campagna di attacchi aerei che richiedeva 50 persone e 20
ore: con l’aiuto dell’intelligenza artifciale, l’esercitazione è stata svolta in un’ora 12.
L’impiego dell’Ai è essenziale anche nelle attività di raccolta di informazioni di in-
telligence, monitoraggio del campo di battaglia e localizzazione del nemico, che

11. YOU JI, China’s Military Transformation: Politics and War Preparation, Cambridge 2016, Polity
Press.
12 12. ZHANG JINGJING, «AI sabotages the future wars», Liaowang Weekly (Observer weekly), n. 50/2021.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

portano a una consapevolezza «situazionale» decisiva rispetto alle mosse del pro-
prio rivale. Altro ambito di applicazione privilegiato è chiaramente quello della
ciberguerra: i sistemi di intelligenza artifciale possono rilevare in modo rapido gli
attacchi cibernetici e i tentativi di spionaggio informatico del nemico, come anche
scoprire le vulnerabilità dell’avversario e quindi pianifcare il contrattacco. Infne,
l’Ai può essere impiegata per elaborare capacità innovative nell’ambito di equipag-
giamenti militari di nuova concezione. Il divario generazionale tra due sistemi
d’arma si produce infatti proprio nel momento in cui una delle due parti inizia ad Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

avvalersi dell’intelligenza artifciale come metodo di invenzione e produzione di


nuove armi, mentre l’altra non è in grado di fare altrettanto. Ciò che alla lunga può
alterare gli equilibri militari e geopolitici a sfavore del paese che non si è adeguato.

4. Per iniziare a competere nella corsa all’intelligenza artifciale, l’Epl ha deciso


di puntare sui droni. Le ragioni di questa scelta sono molteplici e di natura strate-
gica. Le Forze armate cinesi hanno anzitutto osservato con attenzione le prestazio-
ni dei droni americani nella «guerra al terrore», futando in fretta che avrebbero
potuto rivoluzionare il modo di combattere le guerre convenzionali e persino dare
inizio a una nuova èra di operazioni militari assistite dall’intelligenza artifciale. Con
altrettanta rapidità l’Epl ha compreso che se non si fosse messe al passo il divario
tecnologico rispetto agli Stati Uniti sarebbe divenuto incolmabile 13.
Le prime esercitazioni militari condotte con droni muniti di intelligenza artif-
ciale confermarono l’obsolescenza dei metodi di combattimento dell’Epl. Nel 2014
il 16° Gruppo d’Armata attuò nel Nord-Est della Cina una delle sue tradizionali
tattiche: nascondere le truppe d’attacco in prossimità della linea di difesa nemica
sfruttando la copertura del buio e della neve. Gli strateghi militari non calcolarono
però che il sistema a infrarossi dei droni da ricognizione del nemico avrebbe po-
tuto rilevare anche di notte l’esatta posizione delle truppe, che si erano così espo-
ste a un attacco di precisione. Fu una lezione shock per i comandanti dell’Epl,
costretti ad ammettere l’arretratezza delle proprie tattiche di battaglia. La massiccia
introduzione di droni nelle unità dell’esercito cinese apparve così il rimedio più
rapido ed economico per colmare il ritardo tecnologico.
La Cina ha quindi devoluto enormi risorse allo sviluppo di velivoli a pilotaggio
remoto fn dai tardi anni Novanta e ad oggi può vantare una gamma completa di
droni militari, nonché la più grande capacità produttiva al mondo in questo settore.
Nell’ultima edizione del salone Zhuhai Airshow i produttori cinesi hanno esposto
alcuni dei propri prototipi di punta. È il caso della serie Caihong, che comprende
i modelli Ch-1, Ch-3, Ch-5 e Ch-7. Quest’ultimo, con una capacità di sollevamento
di 3,5 tonnellate, è in grado di volare ad alta quota, ad alta velocità e per lunghi
periodi di tempo nelle zone di combattimento. Pensato per compiti di ricognizione
e monitoraggio, può anche pilotare altre armi e trasportare missili di grandi dimen-
sioni per colpire obiettivi in movimento. Il Ch-5, invece, può trasportare sofsticate

13. KANG HAO, «Rethinking military application of AI technology», National Defense, n. 6/2019. 13
LA CINA SCONFIGGERÀ GLI USA CON L’INTELLIGENZA (ARTIFICIALE)

sonoboe ed è specializzato nelle missioni marittime, come gli Mq-9b statunitensi 14.
C’è poi la serie Feihong, il cui modello più famoso – il Loyal Wingman Fh-97a –
può accompagnare velivoli con equipaggio e fornirgli supporto di intelligence e
potenza di fuoco. I Feihong sono pienamente integrati nel circuito interno della
formazione di droni e nella rete collaborativa degli aerei pilotati da umani 15. Non
si può infne dimenticare la serie Wing Loong, il cui esponente di punta – il Wl-3
– è il drone da ricognizione più pesante del genere. Ha un raggio d’azione inter-
continentale e può essere armato con una vasta gamma di bombe e missili, com- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

presi quelli aria-aria 16.

5. In un discorso del 2019, il segretario alla Difesa statunitense Mark Esper ha


osservato che «i progressi nel campo dell’intelligenza artifciale hanno il potere di
rivoluzionare la natura della guerra per le generazioni a venire. La nazione che
per prima controllerà tale tecnologia avrà un vantaggio decisivo sul campo di
battaglia per molti e molti anni. Dobbiamo arrivarci per primi» 17. Con un approc-
cio speculare, la Cina ha a sua volta identifcato l’Ai come terreno di competizione
geopolitica con gli Stati Uniti e i loro alleati. Soprattutto, Pechino condivide con
Washington la convinzione che da tale sfda dipenderà l’esito della contesa per il
primato globale nel XXI secolo. Si tratta pertanto di una partita esistenziale. È per
questo che l’America guarda alla modernizzazione della Cina nel campo dell’in-
telligenza artifciale come a una minaccia alla conservazione della propria supre-
mazia. La differenza è che gli Stati Uniti sono all’offensiva per contenere il cre-
scente potere tecnologico cinese, mentre la Repubblica Popolare sta cercando di
mettersi in pari.
Come già accennato, l’Ai si basa su tre tecnologie fondamentali: algoritmi,
potenza di calcolo e big data. Nessuna di queste però potrebbe funzionare senza
il supporto di microchip avanzati. Washington ha quindi varato un gran numero
di provvedimenti amministrativi per soffocare il progresso cinese nello sviluppo
di microprocessori, imponendo misure restrittive anche ai propri alleati e alle
aziende che esportano i chip e producono componentistica nella Repubblica Po-
polare. In Europa gli Stati Uniti premono sui Paesi Bassi affnché non vendano la
società Asml a Pechino, benché quattro anni fa sia stato frmato un accordo in tal
senso. In Asia, attraverso l’iniziativa Chip 4, Washington ha chiesto a Corea del
Sud, Taiwan e Giappone di bloccare le esportazioni di chip verso la Repubblica
Popolare.
Senza queste componenti microelettroniche, Pechino non potrebbe fabbricare
gli specifci hardware e software necessari alla progettazione dell’intelligenza arti-
14. YANG SHENG, MA JUN, «Caihong UAVs make changes to serve more missions in modern warfare»,
Global Times, 7/11/2022.
15. LIU XUANZUN, CAO SIQI, FAN WEI, «China’s loyal wingman drone to change air combat», Global Times,
8/11/2022.
16. LIU XUANZUN, FAN WEI, «China›s new Wing Loong 3 drone has intercontinental range, to make frst
fight soon», Global Times, 10/11/2022.
14 17. «International competition over artifcial intelligence», Iiss Strategic Comment, 5/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

fciale. In particolare, gli americani hanno vietato a Huawei di stringere rapporti di


cooperazione con i paesi occidentali e hanno inserito Da-Jiang Innovations (Dji) e
altre aziende che operano nel settore dell’Ai nella propria Entity List, una sorta di
lista nera commerciale. La ragione è chiara: i chip avanzati per computer sono la
chiave per lo sviluppo delle industrie di semiconduttori di fascia alta, che a loro
volta sono cruciali per i futuri avanzamenti dell’intelligenza artifciale. Ostacolare
l’approvvigionamento di chip avanzati vuol dire rallentare e ritardare i progressi di
Pechino in quest’area strategica. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Il Pentagono stima che l’Ai sviluppata dalla Repubblica Popolare abbia rag-
giunto un livello di approssimativa parità con quella americana. Nel rapporto fna-
le della Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artifciale (Nscai)
statunitense si legge che «i piani, le risorse e i progressi della Cina dovrebbero
preoccupare tutti gli americani. In molte aree Pechino ha eguagliato i livelli degli
Stati Uniti e in alcune è persino in vantaggio». Una simile valutazione potrebbe aver
sovrastimato i risultati raggiunti dalla Repubblica Popolare, che però ha chiaramen-
te compiuto passi da gigante in materia di intelligenza artifciale, in particolare
nelle sue applicazioni militari. Prova ne sia lo spettacolo allestito in occasione del-
la cerimonia di apertura dei Giochi olimpici invernali di Pechino 2022, in cui 600
droni hanno eseguito simultaneamente vari tipi di coreografe in modo ordinato e
preciso. Un’ottima prestazione, soprattutto se confrontata con quella offerta dagli
Stati Uniti in esibizioni simili, nelle quali sono stati coinvolti al massimo 500 velivo-
li. L’episodio ha veicolato un implicito sottotesto militare: l’Epl ha lasciato intende-
re di poter padroneggiare lo stesso sciame di droni in un contesto bellico. La tatti-
ca a sciame messa a punto dalle Forze armate cinesi non si limita peraltro ai droni,
ma viene declinata anche attraverso il dispiegamento di specifci veicoli di superf-
cie per affancare le forze di terra.

6. Pechino ha il vantaggio indiscutibile di possedere la più grande industria


civile di droni al mondo. Le aziende cinesi di intelligenza artifciale detengono il
70% delle quote mondiali del mercato dei velivoli senza pilota. Colossi nazionali
come Tencent, Alibaba, TikTok e Jingdong occupano inoltre i primi posti a livello
globale nel mercato degli algoritmi, registrando ogni anno il maggior numero di
brevetti.
Alcuni progetti assolvono funzioni duali. Prima del 24 febbraio Dji ha ad esem-
pio esportato sia in Russia sia in Ucraina la tecnologia AeroScope, un sistema in
grado di tracciare con precisione la posizione dei droni e dei relativi piloti. Ma a
confitto iniziato il vice primo ministro ucraino Mychajlo Fedorov ha accusato Dji
di aver interrotto il funzionamento dei sistemi AeroScope in dotazione all’Ucraina,
lasciando invece operativi quelli russi, sospettati di condurre attività militari. L’a-
zienda ha negato 18. Eppure, lo scorso 12 agosto sul proflo Weibo dell’ambasciata

18. S. HOLLISTER, «DJI drones, Ukraine and Russia—what we know about AeroScope», The Verge,
23/3/2022. 15
LA CINA SCONFIGGERÀ GLI USA CON L’INTELLIGENZA (ARTIFICIALE)

di Mosca a Pechino è stato pubblicato un messaggio che riportava alcune osserva-


zioni dell’ex capo di Stato maggiore delle Forze armate russe, secondo il quale i
prodotti Dji avrebbero rivoluzionato le tattiche dei lanciarazzi a lunga gittata sul
campo di battaglia. In effetti, gli algoritmi cinesi per i droni civili sono incredibil-
mente avanzati. In più, vengono venduti a prezzi competitivi rispetto a quelli fab-
bricati dalle aziende occidentali. Elementi suffcienti a predisporre l’applicazione
della stessa tecnologia di intelligenza artifciale al settore della Difesa in caso di
confitto armato. Come è stato dimostrato dalla guerra d’Ucraina. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

La partita per l’intelligenza artifciale è in ultima analisi una guerra tra popoli,
una lunga e feroce competizione in cui avrà la meglio chi riuscirà a mobilitare le
migliori risorse umane e materiali 19. Soprattutto, si tratta di una competizione fra
diversi sistemi sociopolitici e ideativi. Attualmente la Cina è in svantaggio rispetto
agli Stati Uniti, ma sta recuperando terreno in settori chiave, soprattutto in quello
militare. La corsa all’intelligenza artifciale somiglia sempre di più alla corsa al nu-
cleare. Pechino è determinata a stare al passo con l’America. Vedremo chi riderà
per ultimo.

(traduzione di Agnese Rossi)

19. M. Konaev, T. Nurkin, «Eye to Eye in AI: Developing AI for Strategy and Security», Scowcroft Cen-
16 tre for Strategy and Security, 5/2022.
LA CINA DEL “SOGNO CINESE” Paesi anti-Cina o inafdabili

Cina Paesi equidistanti


R U S S I A tra Usa e Cina
Scudi a protezione del nucleo
geopolitico del paese Russia, potenza sottomessa

Taiwan KAZAKISTAN

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(parte della Rep. Pop. Cinese)
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(superconnettore con il resto

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P A C I F I C O
del mondo) Ürümqi
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Paesi pro-Cina N GO DEL SUD
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cinese) Hainan Yap
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SRI LANKA (Base militare
(Sotto infuenza cinese) BRUNEI
indiana)
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Nuove vie della seta SINGAPORE
I N D O N E S I A
Alcuni porti delle
nuove vie della seta
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
COME L’AMERICA SOGNA LE CINE
Paesi pro-Usa
R U S S I A
Paesi tendenzialmente
equidistanti tra Usa e Cina
O C E A N O
Russia potenza autonoma P A C I F I C O

APPONE
Città cinesi più connesse KAZAKISTAN
MONGOLIA

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alla rete commerciale mondiale
sotto forte infuenza statunitense Regime non COR
comunista

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TAGIK. XINJIANG Cinese Farallon de Pajaros Marianne
(Indipendente) Shanghai Orientale Settentrionali (Usa)
Forte infuenza americana
Giappone)
Isole Isole Daitō Alamagan
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Wenzhou (Giappone) n s ei (
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MYANMAR LAOS FILIPPINE Ngulu
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THAILANDIA Isole Sonsorol
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CAMBOGIA
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O C E A N O I N D I A N O NUOVA
BRUNEI GUINEA

M A L A Y S I A
SRI LANKA SINGAPORE
(Sotto infuenza
indiana)
I N D O N E S I A
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
Enti territoriali con la maggiore Xinjiang sorvegliato speciale
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN CINA concentrazione di aziende attive nell’Ai
Microsoft Research Lab - Asia Jing-Jin-Ji (Pechino, Tianjin, Hebei)
Il più grande centro di ricerca Area del Delta del Fiume Azzurro
F E D . R U S S A
di Microsoft fuori dagli Usa HEILONGJIANG
Agglomerato Sichuan-Chongqing
Pechino Delta del Fiume delle Perle
Zona pilota nazionale per lo sviluppo
e l’innovazione dell’Ai di nuova generazione JILIN

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Shanghai

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Centro di calcolo più grande d’Asia (SenseTime) M O N G O L I A T COREA
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Polo di riferimento per il riconoscimento vocale G O COREA


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Uso dell’Ai per monitoraggio degli uiguri HE


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Zhongguancun (distretto di Pechino) NINGXIA SHANXI
la “Silicon Valley” cinese Mar Cinese
JIANGSU Orientale
Isola di Wanshan (Zhuhai) QINGHAI GANSU SHAANXI HENAN ANHUI
SHANGHAI
area per il collaudo di imbarcazioni
senza equipaggio o autonome HANGZHOU
HUBEI NG
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della Marina cinese ZHEJIANG


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TIBET CHENGDU CHONGQING


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LUOGHI CHE OSPITANO


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PRINCIPALI AZIENDE AI
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HANGZHOU - Alibaba I N D I A GUANGDONG
- Hikvision BANGL. YUNNAN HONG KONG
SHENZHEN - Tencent
- Huawei VIETNAM
- Dji MYANMAR Mar Cinese
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ANHUI - iFlyteck LAOS
FILIPPINE
HONG KONG - Sensetime THAIL.
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
DI CHI È TAIWAN?
Z H E J I A N G
Nanchang Amami
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J I A N G X I Okinawa

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(TAIWAN, rivendicate dalla Cina)
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della Repubblica di Cina Mar Canale di Balintang City
(TAIWAN) Cinese Babuyan Kaohsiung City Taitung
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TAIWAN Meridionale Dalupiri Fuga Camiguin
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QUEMOY Limite della piattaforma
continentale rivendicato Laoag Isola di Luzon Taitung
PESCADORES dalla Cina LE CONTEE DELLA
Acque contese tra Tuguegarao REP. DI CINA
LANYU Confni marittimi Giappone e Cina FILIPPINE (TAIWAN)
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’ÈRA DELLE MACCHINE


CHE APPRENDONO di Francesco Maria DE COLLIBUS
L’età dell’intelligenza artificiale è già qui. L’apprendimento
automatico è il motore di tale tecnologia, che interroga i limiti Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dell’umano. Ma va demistificata: non è magia e non intende


sostituirsi a noi. L’importanza strategica dei dati.

We don’t have better


algorithms than anyone else,
we just have more data.
Peter Norvig, Google

1. L’ ESPRESSIONE «INTELLIGENZA ARTIFICIALE»,


contenendo la parola «intelligenza», è di scivolosa defnizione. Quella proposta dal
dizionario Oxford, comunemente accettata anche da colossi come Google, la de-
scrive come «la teoria e lo sviluppo di sistemi informatici capaci di svolgere compi-
ti che normalmente richiedono l’intelligenza umana, come la percezione visiva, il
riconoscimento vocale, i processi decisionali e la traduzione da e verso lingue
differenti». Nel loro manuale, Peter Russell e Stuart Norvig la defniscono in manie-
ra più generica come «la progettazione e realizzazione di agenti intelligenti che ri-
cevono informazioni dall’ambiente e svolgono azioni in grado di infuenzare l’am-
biente stesso» 1.
Uno dei pilastri dell’intelligenza artifciale è l’apprendimento automatico (ma-
chine learning), metodo di approccio generalmente statistico con cui si insegna
alle macchine a comportarsi da esseri intelligenti 2. La cadenza quasi quotidiana
con cui la ricerca pubblica nuovi algoritmi, la gigantesca capacità computazionale
a nostra disposizione e il diluvio 3 di dati prodotti ogni secondo nel mondo hanno
portato a parlare di «statistica sotto steroidi». Un algoritmo di apprendimento auto-
matico è in grado di imparare dai dati e di costruire un modello per ogni specifco
problema che gli si presenta. In altre parole, i vari algoritmi «addestrano» un model-
lo che rappresenta l’essenza della capacità di risolvere quel problema. D’ora in poi

1. S. RUSSELL, P. NORVIG, Artifcial Intelligence, a Modern Approach, 4a ed., London 2021, Pearson.
2. Sul tema dell’apprendimento delle macchine uno dei migliori testi a disposizione è I. GOODFELLOW,
Y. BENGIO, A. COURVILLE, Deep Learning, Cambridge 2016, Mit Press.
3. J. GLEICK, L’informazione: Una storia. Una teoria. Un diluvio, Milano 2015, Feltrinelli. 17
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

chiameremo «programma» l’insieme composto da algoritmo di apprendimento, mo-


dello e capacità di elaborare nuovi input.
Per capire di quali fasi si componga il processo di apprendimento automatico,
consideriamo la defnizione di Tom M. Mitchell: «Si può dire che un programma
impari dall’esperienza (E) riguardo alcune classi di compiti (T) e misure di presta-
zione (P), se la sua prestazione nel compito (T), come misurata da (P), migliora
con l’esperienza (E)» 4.
Per prima cosa bisogna quindi defnire il nostro compito (T), ovvero quello Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che vogliamo far fare al nostro programma. La varietà dei compiti possibili è pres-
soché infnita, ma può essere organizzata in alcune macrocategorie. Possono darsi
ad esempio problemi di classifcazione: il programma riceve un input come l’im-
magine intera di un animale (o solo un particolare, come una zampa) e deve clas-
sifcarne la specie. Oppure problemi di regressione, dove si stima una variabile a
partire da un’altra, come il reddito a partire dal titolo di studio. Potrebbe trattarsi
ancora di problemi di trascrizione, in cui il programma trasforma un input non
strutturato in output strutturato, ad esempio riconoscendo caratteri tramite immagi-
ni o producendo automaticamente didascalie e sottotitoli per un video. Si danno
poi problemi di traduzione, in cui il programma riceve un testo in un linguaggio
naturale e deve tradurlo in un nuovo testo strutturato e corretto di un altro linguag-
gio naturale. O ancora compiti di rilevamento delle anomalie, quali eventi sospetti
(come transazioni fnanziarie anomale), potenziali difetti nei prodotti in catena di
produzione o persino i segnali dei primissimi stadi di un terremoto 5. Possiamo
generare nuovi campioni simili a quelli su cui il programma è stato addestrato op-
pure operare direttamente una sintesi vocale: in questi casi abbiamo a che fare con
funzioni di sintesi e campionamento. Tramite un problema di riconoscimento dei
valori mancanti, il programma può inoltre completare una sequenza con delle la-
cune. Questo tipo di compito è fondamentale, poiché combinato a quello di sinte-
si permette di generare nuovo contenuto sulla falsariga di un altro verosimile 6.
Tornando alla defnizione di Mitchell, la misura della nostra prestazione (P) è
data dall’accuratezza del nostro modello, cioè quanto spesso il nostro programma
riesce a restituire il valore corretto o atteso 7. Da un insieme di dati di partenza
noti (il dataset), il nostro obiettivo è trovare un modello che sia in grado di elabo-
rarne correttamente di nuovi, non ancora conosciuti o persino non ancora avvenu-
ti. Ciò che ci interessa è il potere predittivo di un tale modello e la sua capacità di
interagire con situazioni nuove.

4. T.M. MITCHELL, Machine Learning, New York 1997, McGraw-Hill.


5. Purtroppo non si possono ancora prevedere i terremoti. Gli scienziati dubitano che sarà mai pos-
sibile, però Google ha messo a punto un sistema che rilevando eventi anomali su una scala fnissima
può accelerare l’allerta in caso di sisma, facendo guadagnare tempo prezioso per mettersi in salvo.
6. Questo è l’approccio Generative Pre-trained Transformer (Gpt), capace ad esempio di generare
interi saggi o articoli da pochi punti chiave.
7. Ci sono diverse misure che possono essere utilizzate per misurare quanto bene il nostro modello
si stia comportando rispetto ai dati, come ad esempio il coeffciente di determinazione o la matrice di
18 confusione (confusion matrix).
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Tipicamente dividiamo i nostri dati di partenza in un sottoinsieme con cui


«addestrare» il modello e un altro con cui verifcare le sue prestazioni. Separare il
dataset in due sottoinsiemi (addestramento e validazione) spinge l’algoritmo a cre-
are modelli in grado di generalizzare meglio, ovvero di comportarsi correttamente
in casi non affrontati nella fase di apprendimento. Nella pratica, più un modello
generalizza bene un problema più abbiamo la percezione che l’algoritmo si com-
porti in maniera intelligente.
Per farlo il programma ha bisogno del terzo componente citato da Mitchell, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

l’esperienza (E), cioè i già citati dati, ciò che il modello può conoscere nel dominio
del problema su cui intendiamo testarlo. I dati possono essere forniti in vari forma-
ti: database, fle di testo, cartelle di immagini, serie temporali. L’apprendimento
può essere supervisionato – modalità in cui indichiamo i dati di partenza e quelli
che ci interessa predire – oppure non supervisionato: in questo caso il programma
cerca di defnire autonomamente la distribuzione statistica e la relazione tra diversi
attributi senza che questi campi gli siano forniti in anticipo 8. È poi fondamentale
anche la capacità del programma di continuare ad apprendere quando nuovi dati
vengono resi disponibili.
Facciamo un esempio: immaginiamo di avere un fle Excel con altezze, età,
sesso e peso di un campione di persone. Tipicamente l’altezza e il peso aumentano
moltissimo nei primi anni di vita. Se fornissimo alla macchina solo campioni di
bambini da uno a 14 anni e poi chiedessimo di predire l’altezza e il peso di una
persona di 30 anni, probabilmente il pronostico sarebbe un’altezza di 3 metri e un
peso di 300 chilogrammi, perché prima della pubertà altezza e peso aumentano
quasi linearmente con l’età. Se invece avesse a disposizione un campione statisti-
camente meglio distribuito, il modello apprenderebbe che una relazione così line-
are fra peso, altezza ed età sussiste solo nei primi anni di vita e poi troverebbe una
certa relazione tra altezza e peso. Noterebbe inoltre che le persone di sesso ma-
schile pesano mediamente di più di quelle di sesso femminile. Un campione con
abbastanza potenza statistica proporrebbe poi anche persone sovrappeso, sottope-
so e così via, in modo da addestrare il modello anche sulle eccezioni.
L’obiettivo di queste tecniche è avvicinarsi, tramite un campione, alla cono-
scenza di una realtà troppo multiforme, complessa e cangiante per essere integral-
mente conosciuta o defnita. Se specifchiamo le caratteristiche a cui siamo interes-
sati (dette labels, in questo caso peso, altezza eccetera), tutte le altre variabili note
dei dati (features) attribuiranno pesi nella predizione in funzione del valore da
trovare. Nella modalità non supervisionata sarà il programma stesso a rinvenire
delle regolarità nei dati. È probabile che individui tre categorie corrispondenti a
donne, uomini e bambini, pur senza conoscere direttamente questi concetti. La
qualità, più che la quantità dei dati ricevuti si rivela di fondamentale importanza.

8. L’esempio tipico di apprendimento non supervisionato è il clustering, che si ha quando si raggrup-


pano in tipologie individuate automaticamente campioni con caratteristiche simili senza che l’essere
umano identifchi in maniera esplicita tali caratteristiche. La scelta delle caratteristiche che defniscono
i clusters è quindi lasciata all’intelligenza artifciale. 19
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

Ci sono altre situazioni in cui l’algoritmo deve gestire non dati di input ma
l’interazione con un ambiente complesso: non si tratta più di determinare un valo-
re, ma di svolgere un’azione al momento giusto. In queste occasioni si predilige un
approccio di apprendimento per rinforzo (reinforcement learning). Immaginate un
programma per giocare a un videogioco molto semplice come Pac-Man. Il pro-
gramma all’inizio non muoverà affatto Pac-Man e avrà punteggio zero. Poi muo-
verà Pac-Man a caso, continuando a punteggio zero, fnché – ancora per caso –
raggiungerà i puntini da raccogliere e il suo punteggio migliorerà. Imparerà quindi Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che muoversi verso i puntini è cosa buona e giusta. Poi noterà che essere toccato
dai fantasmini fa terminare il gioco, interrompendo il prezioso aumento dei punti.
E così via. Con un semplice meccanismo di ricompensa come il punteggio, il pro-
gramma cercherà di apprendere quali sono le strategie che lo massimizzano. Mas-
simizzare il proprio punteggio non è un problema banale. Implica il famoso dilem-
ma «esplorazione contro sfruttamento», dunque il rischio che il modello si blocchi
su quello che è un ottimo locale e non globale. Per questo è fondamentale preve-
dere sempre una fase di esplorazione e verifca delle strategie 9.
Provate a sostituire Pac-Man con qualcosa di meno innocente come un missi-
le anticarro, il punteggio da massimizzare con dei blindati nemici da colpire e il
fantasmino con le contromisure dei blindati. Gli stessi meccanismi di base possono
dar luogo a risvolti politici, strategici e militari del massimo rilievo. Nelle applica-
zioni dell’intelligenza artifciale al settore della difesa troviamo in prima linea azien-
de come Anduril, che per ora sembrano prediligere attività come la ricognizione
del campo di battaglia. Facciamo un altro esempio: ritornando al fle Excel di pri-
ma, immaginate di voler determinare anziché il peso a partire dall’altezza il rischio
che, date alcune variabili, una persona X faccia parte di un movimento terroristico.
È esattamente ciò che fa un’azienda molto discussa come Palantir, i cui ex svilup-
patori – fedeli al lessico tolkieniano – hanno poi fondato Anduril. Non è un caso
che un personaggio ben presente ai lettori di questa rivista come Henry Kissinger
da quattro anni si stia occupando intensamente di intelligenza artifciale 10.
Tornando ai meccanismi di base, tali modalità di apprendimento hanno in
genere l’obiettivo di minimizzare la funzione di perdita (loss function), vale a dire
la differenza tra quello che predicono o fanno e il risultato ottimale. Quest’ultimo
consisterebbe in una perdita zero, cioè interpretare sempre correttamente la realtà
o svolgere l’azione perfetta.
Lo scopo è in altre parole inseguire il gradiente di questa funzione di perdita.
Per risolvere un problema così complesso sono state sviluppate una miriade di
tecniche, ciò che spiega perché «addestrare» un modello sia computazionalmente
molto oneroso e richieda a volte un tempo macchina lunghissimo (anche settimane
o mesi a seconda dei parametri da ottimizzare) nonché risorse energetiche ingenti.
9. Questa tipologia di apprendimento si basa su processi decisionali markoviani e fa un utilizzo inten-
so dell’equazione di Bellman, della programmazione dinamica e di tutta la teoria dell’ottimizzazione.
10. H. KISSINGER, E. SCHMIDT, D. HUTTENLOCHER, The Age of AI and our human future, Boston 2021, Little
20 Brown & Co.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

DeepMind, la divisione di Google specializzata nell’intelligenza artifciale e famosa


per progetti come AlphaGo e AlphaFold (per il ripiegamento – folding – delle pro-
teine), investe centinaia di milioni di dollari all’anno in hardware e tempo macchi-
na per addestrare i suoi complessi modelli.

2. Quello appena descritto non è ovviamente l’unico approccio possibile alla


risoluzione di problemi. Per molto tempo sono stati scritti programmi molto effca-
ci anche senza ricorrere affatto a tecniche di apprendimento automatico. Robot, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

missili, macchinari di produzione, software hanno interagito per anni in un mondo


complesso in base a un’assunzione di determinismo, utilizzando cicli e condizioni
«if… then… else». A volte sembravano ben adattarsi alla realtà, ma era suffciente
discostarsi dai binari prestabiliti per trovarsi in una strada senza uscita. Non c’è
bisogno di complesse tecniche statistiche per scrivere un programma che risolva
calcoli matematici o algebrici. Al netto di un bug – un comportamento erroneo o
non previsto del sistema – è certo che riceveremo un risultato corretto. Con questi
approcci tradizionali e con tecnologie computazionali primitive rispetto a oggi so-
no stati comunque raggiunti risultati enormi, come spedire un uomo sulla Luna.
Il problema non è più solo la rappresentazione che il computer ha della realtà,
cioè lo stato interno che la descrive, ma anche il processo che vi conduce. Pren-
diamo l’esempio degli scacchi. Il campo dei giochi da tavolo si è rilevato fecondo
per lo sviluppo dell’intelligenza artifciale, a partire dal famoso scontro Deep
Blue-Kasparov del 1997 fno alla vittoria di AlphaGo (DeepMind) contro il campio-
ne di Go Lee Sedol nel 2016 11. Il gioco degli scacchi è composto da una scacchie-
ra 8x8 con 6 tipologie di pezzi e in tutto 32 pedine da gioco. La rappresentazione
che un programma può farne è semplice: una matrice 8x8, una variabile per tipo-
logia e colore di pedina, più le regole secondo cui queste pedine possono essere
spostate e una condizione di vittoria. Con queste premesse il computer è perfetta-
mente in grado di giocare, più o meno bene a seconda di come il programma
decide le sue mosse. Ma a ben vedere anche solo per arrivare a questa rappresen-
tazione interna sono necessari non trascurabili passaggi di astrazione.
Immaginate che anziché utilizzare un videogioco di scacchi vogliate presenta-
re al computer una fotocamera puntata sulla scacchiera con un giocatore umano.
Il problema della visione è uno dei più complessi: il celebre Captcha, ad esempio,
verte proprio sul riconoscimento di immagini come cartina tornasole per distingue-
re gli umani dai programmi quando visitano una pagina Web. Gli scacchi vengono
prodotti in tutte le forme e dimensioni, ma qualsiasi essere umano è in grado di
riconoscere immediatamente una scacchiera – non importa se da viaggio o grande
quanto la piazza di un paese, con pedine gigantesche o addirittura persone reali
travestite da pedine. Il gioco prevede che si sfdino due concorrenti, uno con le
pedine bianche e un altro con le pedine nere. Ma come sanno bene gli arredatori,

11. Proprio questa vittoria al gioco del Go viene citata da Kai-Fu Lee come all’origine del «momento
Sputnik» della Cina nel campo dell’intelligenza artifciale. 21
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

è facile dire bianco e nero. Che bianco? Bianco assoluto, opalescente, giallognolo
o lucido? E che nero? Nero carbone, antracite, moca, marrone? In che condizioni di
luce avviene il gioco? Non è una questione estetica: il computer alla fne «vede» una
matrice di punti (i pixel), ciascuno con tre valori per la presenza di rosso, verde e
blu. Anche immaginando di avere la gigantesca pazienza di codifcare tutte queste
regole su neri e bianchi, per ingannare il nostro programma basterebbe decidere
di giocare degli scacchi gialli contro degli scacchi blu.
Inoltre non tutto è variabile: gli scacchi possono essere prodotti in tutti i colo- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ri, ma quelli delle pedine nel gioco devono essere complessivamente due. Se ce ne
fossero tre, non si tratterebbe più del gioco degli scacchi. Se trovassimo pezzi di
tutti colori diversi, noi umani sapremmo che c’è qualcosa di sbagliato in una simi-
le scacchiera: si tratterebbe forse di una bella opera d’arte, ma sarebbe impossibile
servirsene per giocare. Pensiamo poi all’angolo da cui la scacchiera viene ripresa:
il nostro cervello adatta automaticamente la percezione delle forme, mentre la
macchina deve imparare a farlo. Le tecniche di apprendimento automatico permet-
tono a un computer proprio di riconoscere correttamente una scacchiera e una
pedina a prescindere da tutte le variabili appena citate, che mai e poi mai potreb-
bero essere codifcate a priori in maniera esaustiva da un programmatore.

3. I precedenti approcci al problema dell’intelligenza artifciale, i vecchi mo-


delli linguistici e i sistemi esperti offrivano un insieme fsso di regole che poteva
facilmente deragliare in caso di imprevisti e variazioni inattese. Benché i suoi suc-
cessi più eclatanti siano recenti, l’intelligenza artifciale non è una disciplina giova-
ne. È anzi coetanea della stessa informatica, che nasce come scienza moderna tra
gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso.
I padri fondatori dell’informatica, da Alan Turing a John von Neumann, si
sono occupati immediatamente di un problema: possono le macchine «pensare»?
E possono «imparare»? In un video 12 degli anni Cinquanta Claude Shannon, padre
della teoria dell’informazione, già mostrava un topo meccanico che impara a usci-
re da un labirinto dinamicamente generato. Il concetto di percettrone, rete neura-
le artifciale ispirata al neurone umano, fu avanzato addirittura nel 1943 e rimase
un popolare flone di ricerca fnché nel 1969 l’emergere di un problema molto
specifco 13 – successivamente risolto – mise in stallo per qualche anno l’intero
approccio, in uno dei tanti inverni dell’intelligenza artifciale che sembrano ripe-
tersi nel ciclo di attese messianiche e delusioni cocenti che segna lo sviluppo di
questa disciplina.
Da un decennio a questa parte l’approccio più diffuso nel mondo dell’appren-
dimento automatico è quello basato su reti neurali. Queste possono essere imma-
ginate come reti di nodi che si attivano a seconda dei «pesi» delle connessioni e
12. Il flmato è consultabile a questo link: bit.ly/3HerDSh
13. Mervin Minsky e Seymour A. Papert dimostrarono che quello specifco tipo di percettrone non
poteva risolvere una funzione XOR (un «o A o B, ma non A e B insieme», ovvero una disgiunzione
22 «o» esclusiva).
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

dell’input che ricevono. Già negli anni Novanta l’approccio neurale aveva dimo-
strato le sue enormi potenzialità in compiti come il riconoscimento ottico di carat-
teri. Ma solo dopo il 2010 gli sforzi di Geoffrey Hinton, Yoshua Bengio e Yann
LeCun riescono a imporsi grazie al perfezionamento del cosiddetto «apprendimen-
to profondo» (deep learning). L’idea di base è che i neuroni artifciali possano divi-
dersi in diversi strati non immediatamente visibili (hidden layer, strati nascosti),
ciascuno dei quali calcola uno stato intermedio: la somma di questi livelli dà origi-
ne al risultato fnale di output. La fase di addestramento di tale rete neurale artif- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ciale consiste nel determinare i pesi corretti dei singoli neuroni nel contesto della
rete globale in cui si trovano. I risultati dell’apprendimento profondo su problemi
di visione artifciale (computer vision) o elaborazione del linguaggio naturale sono
stati semplicemente strabilianti. Il settore è esploso: migliaia di paper, un’infnità di
floni di ricerca, un tasso di innovazione senza precedenti.
Essenzialmente tre forze hanno modellato la scena attuale. Prima: la ricerca
accademica, che procede al ritmo del publish or perish («pubblica o muori»). Mec-
canismo che spinge non solo i professori ma già i dottorandi di ricerca e più recen-
temente persino le aziende stesse a pubblicare quanto prima i risultati dei propri
studi, in un circolo di innovazione frenetica. Seconda: l’ampia disponibilità di ca-
pacità computazionale attraverso l’infrastruttura cloud (cloud computing), grazie
alla quale non si deve necessariamente disporre di un proprio supercomputer per
addestrare da zero un modello. Rispetto ai complessi data centers «proprietari» di
una volta, poter prendere in prestito le risorse di calcolo necessarie per il tempo
necessario (capacità computazionali on demand) è un incredibile progresso. Ter-
za: approccio open source al tema. La mole di algoritmi è per la maggior parte di
pubblico dominio. L’ampia disponibilità di modelli preaddestrati (come quelli su
Hugging Face 14, un sito rivoluzionario che non esisteva fno a due anni fa) riduce
ulteriormente gli ostacoli nell’adozione iniziale di tecnologie di intelligenza artif-
ciale e apprendimento automatico.

4. L’apprendimento profondo ha permesso di raggiungere risultati incredibili


nell’emulazione dell’intelligenza umana in compiti via via sempre più complessi.
Negli ultimi mesi però una nuova sfda sta appassionando ricercatori di tutto il
mondo: emulare la creatività artistica, considerata per secoli fondamentale prero-
gativa umana. E anzi più che umana: divina. Non è un caso che in molte culture
fgurino divinità preposte alle arti – si pensi alle Muse, le nove sorelle che sotto la
guida di Apollo presiedevano agli istinti creativi. In tempi più recenti e meno pre-
disposti al divino, i primatologi hanno scavato nelle rappresentazioni fgurative
prodotte da gorilla e scimpanzé in cerca della soglia tra umano e non umano, che
spesso è stata individuata proprio nell’ambito della creazione artistica in quanto
porta terrena verso spiritualità e valori superiori.

14. È un sito di collaborazione su modelli di intelligenza artifciale e apprendimento automatico che


ha rapidamente ricevuto il sostengo di molte aziende e centri di ricerca, oltre che di singoli sviluppa-
tori e appassionati. 23
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

Nell’agosto 2022 Stability.ai ha rilasciato Stable Diffusion 15, un modello di ap-


prendimento profondo aperto e gratuito che può disegnare qualsiasi immagine a
partire da una semplice descrizione. In realtà già da qualche mese, con il primo
progetto accessibile al pubblico Dall-E di OpenAI e il pay-per-use Midjourney, la
Rete è invasa da ogni sorta di immagini e meme possibili, fnalmente generabili da
chiunque anche se privo di abilità nel disegno. La novità epocale di Stable Diffu-
sion consiste nella sua diffusione in modalità open source: chiunque può avere
accesso ai pesi della rete neurale e modifcarli. Già vediamo modelli in grado di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

generare grafca 3D o interi video. Una porta chiusa per secoli sembra essere stata
di colpo spalancata.
Non è la prima volta che le macchine vengono impiegate in questo settore.
Quasi tutto il comparto artistico e creativo è gradualmente diventato digitale, dalla
musica ai flm passando per la fotografa. Senza citare i programmi di elaborazione
di testi (word processing) che rendono possibile redigere articoli come questo. Con
la morte dei vecchi supporti analogici e l’avvento della digitalizzazione, la creativi-
tà umana è sempre più mediata da programmi e algoritmi tanto complessi quanto
effcaci. Ma adesso la macchina non è più solo uno strumento: è in grado di pren-
dere iniziativa e disegnare, con risultati che quanto meno appaiono artistici. Recen-
temente un’opera prodotta da Stable Diffusion ha persino vinto il primo premio in
un concorso riservato alle arti digitali 16. Questi progressi non si limitano al campo
delle arti visive. Il colosso cinese Tencent ha generato oltre mille canzoni attraver-
so l’intelligenza artifciale. Una di esse – un pezzo completamente nuovo realizza-
to con la voce della cantante Anita Mui, scomparsa oltre 40 anni fa – ha già totaliz-
zato oltre 100 milioni di ascolti 17. Come già avvenuto diverse volte nella storia
dell’arte, la frontiera della creatività artistica sembra essersi spostata. Dal nulla è
nata una nuova disciplina, l’ingegneria dei prompt (prompt engineering), che ha lo
scopo di ottimizzare il testo preso in input da questi modelli.
«Ogni tecnologia suffcientemente avanzata è indistinguibile dalla magia»: la
famosa frase dell’autore di fantascienza Arthur C. Clarke non potrebbe essere più
calzante. Per risultati raggiunti e capacità di emulare la creatività umana, una simi-
le tecnologia potrebbe sembrare un miracolo. Ma non lo è: si basa semplicemente
sui dati. I modelli di cui abbiamo parlato pesano circa 4,7 gigabyte, pari alla capa-
cità di un vecchio dvd. Lo spazio occupato fno a poco tempo fa da un flm di 90
minuti adesso può ospitare l’esperienza condensata della grandissima mole di di-
segni e immagini su cui Stable Diffusion è stata addestrata.

5. Per alcuni questa innovazione non rappresenta affatto un miracolo. Il


settore delle piccole illustrazioni (immagini per riviste, locandine, feste ed even-
15. La versione di Stable Diffusion disponibile nel momento in cui questo articolo viene scritto è
scaricabile qui: bit.ly/3HtmdTF
16. K. ROOSE, «An AI-Generated Picture Won an Art Prize. Artists Aren’t Happy», The New York Times,
2/9/2022. Essendo un concorso per arte digitale, il vincitore non ha infranto nessuna regola: ha effet-
tivamente creato la propria opera attraverso un programma.
24 17. «Track sung by AI voice surpasses 100 million streams», MusicTech, 17/11/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ti) che dava lavoro a uno stuolo di grafci professionisti adesso rischia letteral-
mente di sparire. Qualcosa di simile sta già succedendo nel campo della tradu-
zione, in cui gli umani soffrono della competizione con i modelli linguistici
(language models) più recenti, estremamente avanzati. Nessun editore rispetta-
bile farà mai tradurre un grande romanzo da questi modelli, che però possono
prestarsi bene per molti testi meno esigenti. Neanche la scuola può dirsi immune
da queste applicazioni dell’intelligenza artifciale. Pensiamo alle versioni di greco
e di latino: grazie a simili programmi, un testo ben tradotto non è più necessa- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

riamente prova di uno sforzo autonomo dello studente. Lo stesso vale per i temi.
La nuova app Moonbeam 18 può ad esempio scrivere intere tesine sulla base di
un semplice input e portare a risultati più che dignitosi per le scuole superiori e
non solo.
«Lo sviluppo dell’intelligenza artifciale è una priorità assoluta per le Forze
armate di tutto il mondo, in quanto ha il potenziale per rivoluzionare le operazio-
ni militari e dare alle nazioni amiche un vantaggio signifcativo sugli avversari. Gli
Stati Uniti sono all’avanguardia nello sviluppo dell’Ai, ma anche altre nazioni
stanno investendo molto in questo settore. È essenziale che le nazioni amiche
lavorino insieme per sviluppare in modo da mantenere il vantaggio sugli avversa-
ri. Ci sono una serie di considerazioni etiche e pratiche che devono essere prese
in considerazione quando si sviluppa e si utilizza la tecnologia Ai nel contesto
militare».
Questo è il risultato che si ottiene immettendo nell’app alcune semplici paro-
le chiave prese da questo articolo e da altri testi della rivista su cui appare, inse-
rite prima in inglese e poi tradotte con il traduttore automatico DeepL un doppio
passaggio nell’apprendimento profondo, quindi. Ma come si è arrivati a questo?
Qualche mese fa lo sviluppatore di Google Blake Lemoine ha sostenuto che
un programma di conversazione da lui sviluppato avesse raggiunto lo stadio
dell’autocoscienza e che possedesse sentimenti 19. L’episodio va al cuore del tema
del rapporto tra intelligenza artifciale e imitazione dell’umano. Lo studio del neu-
rone, così importante per lo sviluppo di questa tecnologia, non aveva lo scopo di
produrre una replica del cervello umano. Era piuttosto indirizzato alla risoluzione
di problemi concreti attraverso la comprensione di alcuni meccanismi di base. Il
neurone artifciale che utilizziamo nei processi di apprendimento automatico è
solo una ipersemplifcazione numerica, mentre il neurone biologico - per dirne
una tra mille - è elettrochimico. Non dobbiamo farci illusioni: quello che chiamia-
mo cervello elettronico non è un cervello, anche se riesce meglio di noi in alcuni
compiti. È come il braccio meccanico di una gru: è gigantesco, può distruggere
un muro in un colpo solo, ma non è certo un braccio come quello che abbiamo
attaccato alle spalle – se non nel nome.

18. L’applicazione Moonbeam è utilizzabile su www.gomoonbeam.com. Ce ne sono molte altre simi-


li. Tra le promesse più eclatanti del sito troviamo: «Write like a famous blogger effortlessly».
19. T. WERTHEIMER, «Blake Lemoine: Google fres engineer who said AI tech has feelings», Bbc News,
23/7/2022. 25
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

L’approccio empirico e operativo ha permesso di aggirare il fastidioso proble-


ma dell’imitazione dell’umano posto all’origine della disciplina da Alan Turing. Per
volare l’essere umano ha tentato per secoli di imitare il volo degli uccelli, ma solo
quando vi ha rinunciato per dedicarsi invece a studiare i princìpi generali del volo
è riuscito a creare l’aeroplano. Un dispositivo che non somiglia affatto a un piccio-
ne e che soprattutto – a differenza del computer di Turing – non cerca disperata-
mente di convincere gli altri piccioni di essere un piccione, come ironicamente fa
notare Peter Norvig. Per ora i programmi e i modelli di apprendimento automatico Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

non sembrano granché interessati alle nostre convinzioni flosofche sui limiti
dell’umano. Blake Lemoine è stato nel frattempo allontanato da Google.

6. L’immaginario fantascientifco ci ha spesso aiutati a venire a patti con il fu-


turo, permettendoci di costruirci un nostro modello mentale prima che la tecnolo-
gia fosse matura. Nel caso dell’intelligenza artifciale si è verifcato il contrario: in-
vece che venirci in aiuto, la fantascienza ci ha rovinati. Immaginata per molti anni,
l’intelligenza artifciale è stata vista come riconoscimento dell’umano con il semiu-
mano o il paraumano che brama la parità di sentimenti. Non a caso Steven Spiel-
berg ha potuto ambientare la storia di Pinocchio nel futuro chiamandola A.I.-Arti-
fcial Intelligence. Recentemente un altro flm, Ex Machina, mostra gli esiti dram-
matici del tentativo della macchina di acquisire autocoscienza. Gli esempi cinema-
tografci e letterari sono sterminati, da Westworld a Blade Runner. È il caso di cita-
re Terminator e la famosa Skynet, perniciosa metafora che affigge da anni il setto-
re. Skynet è una potentissima intelligenza artifciale su scala planetaria che per
combattere l’umanità si incarna nei suoi sembianti metallici, i Terminator, eponimi
dell’intera e fortunata serie cinematografca. Come il professore di Princeton Arvind
Narayanan ha notato nel suo blog AI Snake Oil 20, l’equivoca identifcazione di in-
telligenza artifciale e robot permane fortissima a livello visivo: quasi ogni articolo
sul tema si apre con un’immagine di una macchina umanoide, un braccio, un viso,
una mano metallica che ne stringe una umana. In realtà, il campo dell’intelligenza
artifciale è connesso ma non coincidente con quello della robotica. Per anni sono
stati costruiti robot privi di tecniche di apprendimento automatico, mentre vicever-
sa moltissimi algoritmi di apprendimento automatico non presuppongono alcuna
corporeità speciale dell’agente 21.
Le nostre aspettative sono state impostate sull’attesa di qualcosa di simile all’in-
telligenza artifciale generale (Agi, artifcial general intelligence), un’intelligenza
infnitamente superiore a quella umana, capace di rispondere a ogni nostra do-
manda. Per cercare di contenere i rischi e sfruttare invece le potenzialità contenute

20. Il blog è gestito assieme al dottorando di Princeton Sayash Kapoor, anch’egli piuttosto scettico
sugli effetti miracolosi dell’intelligenza artifciale. Snake oil è infatti traducibile come «cialtronesco
elisir miracoloso venduto da imbonitori».
21. L’equivoco visivo è talmente ingranato che se si chiede a Stable Diffusion o Midjourney di dise-
gnare sé stesse produrranno invariabilmente qualcosa di simile a un androide. Ciò avviene perché
statisticamente – sulla massa di dati su cui il modello di disegno è stato addestrato – questo è quanto
26 è stato associato al concetto di intelligenza artifciale.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

in questa paventata esplosione di intelligenza, personalità come Elon Musk, Sam


Altman e Ilya Sutskever hanno fondato il consorzio OpenAI, che ha svolto un’ope-
ra di ricerca fondamentale per poi però rinnegare l’iniziale approccio «aperto» e
diventare una società privata.
Il futuro insomma è già arrivato, ma purtroppo non è stato distribuito equa-
mente. Mentre questi nuovi nomi esotici si fanno largo nelle nostre vite, nell’Euro-
pa orientale il lunghissimo Novecento sembra battere il suo ultimo colpo di coda.
Partono migliaia di cartoline precetto, le famiglie piangono la partenza dei loro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

uomini per il fronte, i coscritti affollano lugubri caserme, prime linee fangose ven-
gono battute da colpi di artiglieria mentre vecchi carri armati cercano di avanzare
nelle steppe. Alcuni hanno tra le mani una macchina capace di creare qualcosa che
somiglia molto all’arte, la più umana delle prerogative, mentre altri vengono man-
dati a scavare trincee e morire nei campi di girasole. Solo due parole dal punto di
vista dell’intelligenza artifciale su questo confitto: nell’analizzare i vari moventi
geopolitici dello scontro in Ucraina, credo che se ne sia dimenticato uno. Nessuno
ha ancora dati reali, presi da sensori di ultima generazione, di una guerra combat-
tuta da eserciti moderni in sostanziale parità tecnologica.
Ottenere questi dati per primi e utilizzarli in un modello attuale di apprendi-
mento automatico può fornire un vantaggio strategico sostanziale nei primi giorni
di un prossimo, ipotetico confitto su vasta scala. Aver predisposto questi dati e
modelli signifca possedere eserciti di droni e armi autonome già ottimizzati al pri-
mo giorno del confitto. La Russia, che pure quel confitto lo sta combattendo di-
rettamente, non sembra avere né i sensori né la capacità di interconnessione fra
sistemi necessaria per approfttare di questa sanguinosa esperienza. Altre grandi
potenze, come ad esempio la Cina, al momento sono prive di esperienze dirette
sul campo. Per addestrare i propri algoritmi potrebbero forse ovviare con i cosid-
detti «dati sintetici», cioè dati generati artifcialmente. Benché realistici, essi riman-
gono tuttavia dati «fnti», con tutti i problemi dei dati fnti. Per risolvere un problema
servono invece i dati «giusti», nella dimensione del campione adeguata.

7. Ma dati giusti per cosa? Per il dominio del problema che stiamo cercando di
risolvere. La consuetudine ci porta a immaginare le più grandi innovazioni tecno-
logiche come progetti giganteschi, colossali (i 130 mila impiegati del progetto
Manhattan, la corsa allo Spazio eccetera). Ci viene naturale immaginare la nuova
frontiera di questo scontro come altrettanto imponente. L’investitore taiwanese Kai-
Fu Lee ha coniato la formula di «superpotenze dell’intelligenza artifciale» 22 per
descrivere lo scontro tecnologico in atto tra Cina e Stati Uniti. Lo stesso Kai-Fu Lee
ha potuto assistere all’inizio della rivoluzione dell’intelligenza artifciale in Cina, che
prende avvio dalle pagine di normali libri di testo universitari. Uno dei passaggi più
belli del suo libro è il ricordo degli studenti universitari cinesi che si affollano di

22. K.F. LEE, AI Superpowers: China, Silicon Valley and the New World Order, Boston 2019, Houghton
Miffin Harcourt. 27
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

notte sotto i lampioni per studiare fno a tardi i testi e le dispense fotocopiate dalle
università americane. Nella storia dello sviluppo dell’intelligenza artifciale cinese
non c’è stato alcun Klaus Fuchs (il fsico che consegnò ai sovietici alcuni segreti
dell’atomica americana). Gli algoritmi erano quasi tutti pubblici. Come spiegava
Norvig qualche anno fa: non abbiamo algoritmi migliori, abbiamo solo più dati.
Il successo nei progetti di questo tipo non dipende tanto o solo da investimen-
ti colossali, ma dalla defnizione di un problema concreto e dalla capacità di otte-
nere e fornire appunto i dati giusti. Davide può vincere contro Golia, se riesce a Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

individuare meglio il problema che vuole risolvere. D’altra parte, alcuni problemi
possono essere ancora molto diffcili da sciogliere nonostante investimenti incredi-
bili. Cento miliardi di dollari investiti per un’auto a guida autonoma e non sappia-
mo ancora quando riusciremmo a guidarne – o meglio non guidarne 23 – una.
Qualche anno fa è stato previsto che in breve tempo l’intelligenza artifciale
avrebbe reso superfuo il lavoro del radiologo. Viceversa, quello dell’artista – in
ragione del suo insostituibile contributo creativo - sembrava essere l’ultimo mestie-
re a dover temere gli sviluppi di questa tecnologia. A oggi sembra essersi verifcato
il contrario: il settore della radiologia gode di enorme richiesta (anche in ragione
dell’epidemia di Covid), mentre esistono programmi in grado di rappresentare
grafcamente qualsiasi cosa – delle possibili conseguenze di Stable Diffusion abbia-
mo già parlato. Magari domani un nuovo risultato teorico stravolgerà un settore
che nessuno si aspetta. È suffciente una ottimizzazione o la scoperta di una corre-
lazione inattesa per migliorare esponenzialmente un risultato raggiunto in prece-
denza. A volte basta non aggiungere, ma togliere un pezzo 24. Forse questo è l’a-
spetto meno compreso degli attuali sforzi nel campo dell’intelligenza artifciale.
Questi algoritmi non leggono la realtà come noi. Cercano caratteristiche salienti e
schemi a noi invisibili, che però possono essere ingannati. È emblematico il caso
di un ricercatore che ha realizzato dei bizzarri occhiali colorati che lo facevano
identifcare come Milla Jovovich dai sistemi di riconoscimento facciale. Sono pro-
blemi che possono capitare vista la natura «convoluzionale» di molti algoritmi di
visione e non solo. Per fornirne un’intuizione, l’immagine viene divisa in celle e
raggruppata con funzioni matematiche particolari. A volte utilizzare un modello
anziché un altro, ad esempio passare da una regressione lineare multipla a una
«foresta casuale», permette miglioramenti prestazionali miracolosi. Spiegare perché
può tuttavia diventare impossibile.
Uno dei pochi strumenti che può essere intuitivamente afferrato è forse pro-
prio la regressione lineare. Se voglio trovare il tuo reddito medio, posso supporre
che sarà funzione del tuo titolo di studio, del tuo settore d’occupazione, dei tuoi
anni di esperienza eccetera. La regressione lineare permette di determinare il peso
23. L. CLARKE, «How self-driving cars got stuck in the slow lane», The Guardian, 27/3/2022. Appena
prima della chiusura di questo articolo, Tesla ha rilasciato in beta il suo programma di full self-driving
per tutte le auto iscritte al programma in Nord America.
24. Come il fondamentale saggio «Attention is all you need» ha fatto introducendo l’approccio «Tran-
sfomer» per il problema della traduzione svolta con il metodo dell’apprendimento profondo. Si veda
28 A. VASWANI ET AL., «Attention is all you need», arXiv, 12/6/2017.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

dei singoli fattori e di comprenderne il valore nella predizione fornita. Essendo


tecnologie basate sui dati, questi algoritmi possono tuttavia replicare le ingiustizie
e i pregiudizi che esistono nel mondo reale. E più gli algoritmi si complicano, più
è diffcile capire perché presentino quel risultato. Facciamo il caso di una domanda
di mutuo. In America (e non solo) non è raro che persone di una determinata pro-
venienza razziale abbiano un reddito medio pro capite piuttosto basso. Supponia-
mo poi che tendano – come spesso accade – a concentrarsi in un certo quartiere
anziché in un altro. Anche rimuovendo la voce «razza» 25 dai parametri per la richie- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sta del prestito, la variabile dell’indirizzo di residenza può assumere esattamente la


stessa valenza statistica e condurre comunque al rigetto automatico – e ingiusta-
mente discriminatorio – della pratica. Per questo il tema dell’imparzialità dell’intel-
ligenza artifciale (AI Fairness) è oggetto di grande studio.
Nel momento in cui l’apprendimento automatico si prende carico di funzioni
sempre più importanti della nostra vita quotidiana (dalle domande di mutuo alle
transazioni fnanziarie, dalla prima valutazione dei candidati per un posto di lavoro
fno alla ricerca farmaceutica), essere in grado di spiegare i risultati che il modello
fornisce è fondamentale per il suo utilizzo. La mole di dilemmi etici e scientifci
cresce a dismisura se trasponiamo queste considerazioni nel già menzionato campo
delle armi autonome, applicazioni dell’intelligenza artifciale capaci di uccidere 26.

8. Abbiamo parlato poco degli aspetti hardware del processo di addestramen-


to (training). Questo può teoricamente essere svolto da un processore (Cpu) ge-
nerico, che però non risulta tanto performante nel calcolo matriciale spinto richie-
sto da moltissimi di questi algoritmi. Il campo che più aveva ottimizzato questa
tipologia di calcolo è quello della grafca 3D, visti i cospicui investimenti di dena-
ro volti a ottenere la grafca più realistica possibile. L’esperienza delle aziende
produttrici di hardware per videogiochi si è rivelata dunque fondamentale per
l’apprendimento automatico. Parliamo soprattutto di aziende statunitensi come
Nvidia e Intel. Addestrare un modello da zero è estremamente oneroso, tanto che
il governo americano ha imposto un bando all’esportazione di chip ottimizzati per
l’intelligenza artifciale verso Cina o paesi giudicati non amici. Alcuni temono che
l’intelligenza artifciale si rivelerà un’arma mortale, capace di sovvertire l’ordina-
mento sociale e politico mondiale, e non vogliono fornire queste capacità a paesi
potenzialmente ostili.
Non c’è ragione di temere chissà quali apocalissi future. L’età dell’intelligenza
artifciale non arriverà in un domani buio e minaccioso: è già qui. E opera silenzio-
samente attorno a molti dei nostri gesti quotidiani. Se non ce ne accorgiamo è
perché fa bene il suo lavoro. Le sue applicazioni sono ovunque, molte le abbiamo
25. Qui questa defnizione è intesa secondo le linee guida demografche americane.
26. Il tema è enorme e offre moltissimi spunti interessanti. Valga l’esempio del dibattito sulla capaci-
tà di uccidere delle armi autonome come possibile salvaguardia etica dell’umanità dei soldati, dispen-
sati in questo modo dal compito di uccidere in prima persona. Si veda M.L. CAPPUCCIO, J.C. GALLIOTT,
F.S. ALNAJJAR, «A Taste of Armageddon: A Virtue Ethics Perspective on Autonomous Weapons and
Moral Injury», Journal of Military Ethics, 28/4/2022. 29
L’ÈRA DELLE MACCHINE CHE APPRENDONO

già citate. Le foto che carichiamo sui nostri cellulari e i relativi servizi di cloud spes-
so vengono già categorizzati automaticamente. Provate a cercare «scarpe» o «spiag-
gia» nelle vostre gallerie. Quasi tutte le automobili moderne riescono a riconoscere
i segnali del limite di velocità a bordo strada, segnalandovi quando li state superan-
do: un problema di visione non banale. Sono semplici esempi, ma i cambiamenti
che stiamo vivendo sono talmente epocali che è facile perderne le proporzioni.
Senza neanche nominare i social network, la gestione automatica e la mode-
razione del contenuto, i risultati di ricerca personalizzati. Se frontiere del futuro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

come la polizia predittiva si scontrano ancora con molte resistenze e appaiono


destinate al fallimento, altre funzionano benissimo già oggi senza che nessuno
sembri accorgersene. È proprio nello sforzo di contrastare questa retorica catastro-
fsta ed elaborare visioni più realiste legate al ruolo dell’intelligenza artifciale nei
prossimi anni che il già citato Kai-Fu Lee ha deciso di scrivere il suo ultimo libro,
AI 2041, a quattro mani con lo scrittore di fantascienza Chen Qiufan.
Personalmente non credo che il compito della tecnologia sia quello di stupirci
con effetti speciali. Credo più modestamente che il vero scopo – considerazioni
politiche, economiche e industriali a parte – sia alla fne quello di dare maggiore
tranquillità alle persone. Perdersi in una città era un rischio ben concreto prima dei
navigatori satellitari, così come incontrarsi in centro al pomeriggio poteva essere
una piccola sfda prima dell’avvento dei cellulari. Molte persone che non sanno
cucinare trovano conforto nelle istruzioni dei robot da cucina: 150 grammi di que-
sto, 2 cucchiai di quello, avviare il programma e si potrà mettere qualcosa di com-
mestibile sotto i denti. Ciò che non ha certo minacciato il primato gastronomico
degli chef stellati. Al contrario, ha innalzato il livello di competizione rendendo
possibili piatti che prima non lo erano.
Gli artisti che oggi si vedono insidiati dall’intelligenza artifciale dovranno forse
spostare più in alto nella catena del valore la propria creatività. Potranno produrre
di più, introducendo idee laddove esse possono avere più impatto. I post in lingue
straniere tradotti automaticamente diventeranno immediatamente accessibili a una
platea mondiale. I genitori dei ragazzi neopatentati dormiranno sonni più tranquil-
li sapendo che un’intelligenza artifciale veglia sull’inesperto comportamento stra-
dale dei loro fgli. La macchina continuerà ad assolvere sempre meglio gli scopi
assegnati, ma questi scopi e il loro senso verranno ancora assegnati dagli umani e
dal loro universo valoriale ed emotivo.
Sono cose nuove per tutti. Ma la cosa più importante che si possa fare nell’età
dell’intelligenza artifciale e dell’apprendimento automatico è forse quanto tali pro-
grammi già fanno: continuare a imparare. Così questa non sarà solo l’èra delle
macchine e del loro apprendimento automatico ma sarà per tutti, umani e macchi-
ne insieme, semplicemente l’èra dell’apprendimento.*

* Si ringraziano sentitamente Alessandro Ferrari, Massimiliano Lorenzo Cappuccio e Raffaele Mauro


30 per la fondamentale opera di revisione di quest’articolo.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL PIANO DEGLI STATI UNITI


PER RALLENTARE L’AI CINESE TRIOLO
di Paul

Washington sfrutta il predominio sulle componenti hardware, in


particolare sui semiconduttori d’alta gamma, per tenere a distanza Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Pechino dalle applicazioni militari dell’intelligenza artificiale. Ma


le comunità scientifiche dei due paesi non ci stanno.

1. S TATI UNITI E CINA COMPETONO PER IL


primato nell’intelligenza artifciale (Ai) almeno dal 2017, anno della pubblicazione
nella Repubblica Popolare della Strategia nazionale di sviluppo di questa partico-
lare tecnologia. Aziende di entrambi i paesi sono leader in alcune delle applicazio-
ni cruciali dell’Ai: riconoscimento facciale; algoritmi usati su Internet per il serving
content; elaborazione del linguaggio naturale; logistica; robotica e veicoli autono-
mi. I settori privati sono l’avanguardia dell’innovazione, con i rispettivi governi a
giocare anzitutto un ruolo di supporto. Il pubblico promuove istruzione scientifca,
tecnologica, ingegneristica e matematica; stanzia fondi in ricerca e sviluppo per le
applicazioni civili e militari; prova a creare regimi normativi per assicurare ordine
ed etica in questo campo.
Nel corso dell’ultimo decennio, i ricercatori cinesi hanno contribuito in modo
importante in tutto lo spettro dell’Ai, in particolare nelle applicazioni come la visio-
ne artifciale. Esiste anche una forida e continua collaborazione tra enti di ricerca
cinesi e statunitensi. Tuttavia, l’epidemia di Covid ha reso tutto molto più diffcile
e ha impedito ad alcuni specialisti della Repubblica Popolare di partecipare a con-
ferenze internazionali sull’intelligenza artifciale. Ed esiste una crescente pressione
geopolitica su alcuni ambiti della collaborazione, benché ogni tentativo governati-
vo di limitare i contatti avrà vita dura e genererà confusione e corpose resistenze
nella comunità scientifca.
Un’area cruciale in cui invece gli Stati Uniti hanno una chiara posizione domi-
nante e la possibilità di usarla contro il rivale è quella delle componenti hardware
dell’intelligenza artifciale. In questo settore nessun vero competitore è alle viste.
L’attenzione del governo di Washington sul controllo dei fussi di queste specifche
capacità è considerevolmente aumentata dal 2020. Con l’introduzione il 7 ottobre
2022 di un nuovo pacchetto di limiti all’esportazione, l’amministrazione americana 31
IL PIANO DEGLI STATI UNITI PER RALLENTARE L’AI CINESE

ha lanciato un chiaro guanto di sfda: da qui in avanti, gli Stati Uniti useranno il
predominio nell’hardware dell’Ai per negare alle aziende e agli enti cinesi l’accesso
ai sistemi più avanzati ottimizzati per condurre operazioni di apprendimento auto-
matico nel cloud. L’impatto immediato non sarà enorme, ma nel tempo i controlli
incideranno moltissimo sulla capacità delle compagnie della Repubblica Popolare
di tenere il passo con le controparti americane nella ricerca e nello sviluppo appli-
cativo dell’Ai.
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

2. La sfda per il dominio nell’intelligenza artifciale è ormai da anni un tormen-


tone della competizione tecnologica sino-americana. Diversi rapporti giornalistici e
accademici nel 2017-20 hanno dedicato grande attenzione all’interesse di Pechino
per le applicazioni militari dell’Ai. Si è trattato però di un allarme prematuro, poi-
ché l’uso bellico degli algoritmi è ancora assai limitato sia negli Stati Uniti sia nella
Repubblica Popolare.
Il grosso delle capacità e degli impieghi attuali dell’intelligenza artifciale resta
confnato nel settore privato e nelle università. Basti pensare alla loro diffusione
nelle principali piattaforme tecnologiche, come Microsoft, Google, Meta e Aws
negli Stati Uniti o Alibaba, Tencent, Baidu e ByteDance in Cina. Per non parlare di
tutte le aziende specializzate in particolari nicchie, dal riconoscimento facciale
all’individuazione dei tumori. La collaborazione sino-americana è stata stretta ed è
aumentata: i rispettivi ricercatori hanno usato strumenti e approcci comuni e hanno
presentato molti studi congiunti nei grandi convegni internazionali. Questa intimità
sta subendo molte pressioni a causa del surriscaldarsi delle tensioni geopolitiche
fra le due capitali. I funzionari statunitensi, per esempio, ora includono stabilmen-
te l’Ai fra le tecnologie centrali nella competizione con la Cina, assieme ai semicon-
duttori, al calcolo quantistico, alla biologia, alle tecnologie verdi.
Prima che nel 2017 l’intelligenza artifciale fosse inclusa nella competizione si-
no-statunitense, i livelli di collaborazione tra i ricercatori dei due paesi stavano co-
noscendo una traiettoria di crescita. Ma anche in seguito, tale traiettoria è rimasta
ascendente. Per esempio, un rapporto del marzo 2022 dello Stanford Institute for
Human-Centered Artifcial Intelligence mostrava alti livelli di cooperazione nella
ricerca e sviluppo tra 2010 e 2021 1. Gran parte di queste interazioni avviene attra-
verso strumenti open source che nell’ultimo decennio sono stati responsabili dei
principali progressi nel campo dell’Ai. Generalmente, i risultati di queste ricerche
sono stati divulgati sulle riviste scientifche o presentati ai grandi convegni come
il NeurIps.
Tuttavia, qualche segno che la collaborazione sino-americana ha superato il
picco e inizia a calare esiste. È il risultato di diversi fattori, dall’epidemia di Covid
alle inchieste del governo americano sui ricercatori cinesi fno alla crescente sensi-
bilità per tutto ciò che circonda l’intelligenza artifciale. Sempre più indizi suggeri-
1. D. ZHANG, J. CLARK, R. PERRAULT, «The 2022 AI Index: Industrialization of AI and Mounting Ethical
32 Concerns», Stanford Institute for Human-Centered Artifcial Intelligence, 16/3/2022.
TUTTO UN ALTRO MONDO Teatri della Guerra Grande
CAOSLANDIA Epicentri della Guerra Grande
Area di massima concentrazione
dei confitti, del terrorismo
e della dissoluzione degli Stati
Via della seta artica
prossima ventura
sso-american
e rra ru a
Gu FEDERAZIONE RUSSA

-americana
Mosca fda sino
S
UCRAINA
USA

Washington Pechino
GIAPPONE
CINA
Hawaii (Usa)
INDIA VIE TAIWAN
WAN
TN
AM FILIPPINE
Il triangolo Guam (Usa)
della Guerra Grande MALAYSIA
Guerra russo-americana
Coppia sino-russa in crisi USA
Sfda sino-americana INDONESIA

Avanguardie antirusse
Alleato Nato ambiguo e autocentrato AUSTRALIA
Quad (Usa, Australia, Giappone, India)

NIA

FR
MA

AN
Basi strategiche Usa per la pressione verso la Cina

CIA
GER
Isole o atolli statunitensi
ITALIA Avanguardie anticinesi
A
AGN Sub-imperi in (ri)formazione Proiezione Usa
SP Tensioni coreane nell’Oceano Pacifco
Paesi dell’EuroQuad
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
CON CHI E CONTRO CHI SPIANO GLI USA

Finlandia
Svezia

Norvegia
FED. RUSSA Danimarca
FED. RUSSA
Germania
CANADA REGNO UNITO
Paesi Bassi
Belgio
Francia
STATI UNITI
Spagna
Giappone Italia CINA
CINA Tunisia Israele IRAN
Corea del Sud Algeria
Taiwan Egitto
Messico
Thailandia
Venezuela
Colombia Singapore
Singapore
Etiopia PAKISTAN

AFGHANISTAN
Brasile
AUSTRALIA

Polonia Macedonia
Obiettivi dello
5 Eyes spionaggio Usa Rep. Ceca Grecia
NUOVA ZELANDA Austria Giordania
9 Eyes Principali
Ungheria Arabia Saudita
14 Eyes Croazia Emirati Arabi Uniti
Paesi di appoggio ai 5 Eyes Importanti
Romania India
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
ANGLOSFERA Paesi dove l’inglese è la lingua
nazionale o la lingua madre per
la maggioranza della popolazione
Paesi dove l’inglese è una delle
lingue ufciali ma non la principale

CANADA
REGNO
UNITO
IRLANDA

STATI UNITI Oceano Atlantico


Oceano Pacifico )
B
A(G
UD A)
E RM S US
B MA o (
HA ric Oceano Pacifico
BA orto
P INDIA
CAYMAN (GB)
E A D AN FILIPPINE
LIZ N GAMBIA IA SU
BE YA R
Isole Vergini (GB) GU GE AN
E NI UD PAPUA
ON UD S DA NUOVA
Anguilla (GB)
A LE ERIA NA UN S AN MALAYSIA
UG GUINEA
RR LIB GHA MER
KENYA SINGAPORE
SIE CA
Antigua e Barbuda TANZANIA
Saint Kitts e Nevis MALAWI
ZAMBIA
Montserrat (GB)
Oceano Indiano AUSTRALIA
NAMIBIA
ibi Dominica
ara BOTSWANA ZIMBABWE NUOVA
iC ESWATINI

e
LESOTHO
ZELANDA

rd
SUDAFRICA

Ma
Santa Lucía
Barbados
St. Vincent e Grenadine
Falkland (GB)
5 Eyes
Grenada
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
INTERNET È LIBERO? Ungheria
Estonia
Bielorussia
Ucraina

Federazi
ziion
Federazione
onee Russa
Canada
Ca
ana
nadda
Regno
g Unito
Germania
Francia
Serbia
Italia
Stat
ti Uniti
Stati Un
Tunisia Giapp
Giappone
Marocco Cina
Ci
ina
del Sud
Corea de
Messic
M essic
iico
Messico
My
Myanmar
agua
Nicaragua Ven
Venezuela Cam
Cambogia
Costa Rica Etiopia Vie
Vietnam
Colombia
Ecuador Ghana Uganda
U Ma
Malaysia
Stato di libertà Sri Lanka
di Internet Nigeria Kenya
Bangladesh
Libero Brasile Angola
Parzialmente libero Zambia Malawi
Non libero Zimbabwe Thailandia
Senza dati
Australia
Au
ustr
sttra
ralia
ral
Modifca del punteggio
di libertà su Internet
(Dal 2021 al 2022) Sudafrica
Argentina 1-Azerbaigian
+3
+1/2 2-Armenia
-1/2 3-Georgia
-3/7 4-Giordania
Nessun cambiamento 5-Iraq
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

www.freedomhouse.org
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

LE POTENZE DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

CLASSIFICA GLOBALE DEI PAESI PIÙ DINAMICI NEL CAMPO DELL’AI, 2021

Stati Uniti
Cina
India
Regno Unito
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Canada
Corea del Sud
Germania
Australia
Israele
Singapore
Italia
Paesi Bassi
Giappone
Indice dei punteggi
Svezia ponderati
Spagna
Ricerca e sviluppo
Francia
Svizzera Economia
Irlanda
Brasile
Portogallo
Finlandia
Norvegia
Russia
Danimarca
Belgio
Malesia
Turchia
Austria
Polonia

0 4 8 12 16

Fonte: Università di Stanford

scono una pressione per ridurre l’ampiezza dei contatti 2. Misurare la diminuzione
è però esercizio diffcile, anche perché i ricercatori cinesi continuano a dimostrare
alti livelli di interesse a partecipare alle principali conferenze internazionali 3. Inol-
tre, i talenti più capaci della Repubblica Popolare nel settore dell’Ai tengono anco-

2. Si veda per esempio K. KAYE, «US policymakers could be alienating the Chinese AI researchers they
want to attract», Protocol, 3/11/2022.
3. Colloqui con ricercatori dell’Ai in Cina suggeriscono alti livelli di interesse e una partecipazione
limitata all’edizione di quest’anno del convegno NeurIps. 33
IL PIANO DEGLI STATI UNITI PER RALLENTARE L’AI CINESE

ra molto a pubblicare nelle riviste di punta e su GitHub, il principale riferimento


per gli sviluppatori. Le autorità di Pechino hanno provato a spingere i loro ricerca-
tori a usare una versione cinese di GitHub, ma la risposta non è stata entusiasta.
La cooperazione sino-americana nell’Ai si è svolta in grandi centri di ricerca,
per esempio il Microsoft Research Asia (Msra), che ha visto cambiare profonda-
mente l’ambiente operativo nell’ultimo decennio. Prima del mandato di Trump, i
legami di Msra col governo cinese sarebbero stati salutati con grande favore, sia a
Pechino sia a Microsoft: questo tipo di iniziativa era molto prestigiosa perché altre Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

aziende straniere non avevano lo stesso tipo di presenza nella Repubblica Popola-
re. Oggi invece essere intimi del governo pechinese è considerato un fattore assai
negativo a Washington. Tuttavia, i rapporti individuali tra Msra e le controparti ci-
nesi restano profondi e complessi. Non possono essere rovesciati facilmente. Né
esiste un forte desiderio in tal senso.
Vista la crescente preoccupazione dell’amministrazione Biden per la moder-
nizzazione bellica della Repubblica Popolare e per la dottrina della fusione civi-
le-militare, Msra e altri enti di ricerca americani con rapporti in Cina continueranno
a selezionare attentamente le università e le organizzazioni a cui affliarsi. È certa-
mente possibile che in futuro l’amministrazione statunitense faccia pressione su
Microsoft e soci per limitare certi tipi di interazione sull’intelligenza artifciale. Ma
molto probabilmente incontrerà forte resistenza. Le società al vertice dell’Ai conti-
nueranno a sostenere che la ricerca americana benefcia della collaborazione con
la Cina, favorendo l’evoluzione dell’intero ecosistema. Gli studi di settore mostrano
inoltre che la politica dovrebbe evitare di mettere troppa pressione sui forti intrec-
ci tra i ricercatori cinesi e americani nel campo dell’intelligenza artifciale.
Si va dunque verso minori livelli di collaborazione tra Stati Uniti e Cina. Non
solo in sottocategorie sensibili come la visione artifciale. Anche lo sviluppo degli
algoritmi di Ai è probabilmente diretto verso una crescente biforcazione, benché
non netta, almeno per un certo periodo di tempo. La maggior parte delle tecnolo-
gie che hanno trainato lo sviluppo dell’intelligenza artifciale ha funzionato condi-
videndo gli elementi fondamentali, i dati e le strutture. Inoltre, i modelli di appren-
dimento automatico potevano essere adattati all’utente. Nel settore, insomma, do-
minava la logica open source. Oggi il panorama sta cambiando a causa della com-
petizione tecnologica sino-americana.
Le organizzazioni cinesi responsabili della ricerca e sviluppo nel campo delle
telecomunicazioni stanno dando sempre più attenzione all’intelligenza artifciale. A
inizio 2022, l’Accademia di Cina per le tecnologie dell’informazione e della comu-
nicazione, pensatoio del potente ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’in-
formazione, ha pubblicato un rapporto 4 sull’evoluzione delle principali strutture
dell’Ai, fra cui PyTorch, TensorFlow, PaddlePaddle e MindSpore di Huawei. Que-
ste strutture stanno guadagnando utenti in Cina, ma trovano un grande ostacolo

4. «White Paper on AI Framework Development», China Academy of Information and Communica-


34 tions Technology, febbraio 2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

nella posizione dominante degli strumenti standardizzati sviluppati negli Stati Uni-
ti. I ricercatori cinesi non hanno obiettivamente molti incentivi per sviluppare alter-
native di qualità inferiore e d’altro canto non sono alte le probabilità che i funzio-
nari americani mettano limiti all’esportazione di programmi open source. È vero
che il dipartimento del Commercio ha discusso in via potenziale l’introduzione in
futuro di controlli all’export di algoritmi di Ai, ma non è affatto chiaro che cosa
verrebbe limitato e come verrebbero applicati i divieti 5. Il governo ha anche di-
scusso possibili nuovi controlli su alcuni tipi di gruppi di dati per l’addestramento Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dell’Ai, ma anche qui è diffcile stabilire che cosa vietare e come farlo.

3. Anche a causa di questa diffcoltà intrinseca nel limitare l’esportazione di


specifci algoritmi e di programmi di sviluppo, il governo statunitense ha iniziato a
focalizzarsi su un altro collo di bottiglia importante: le componenti hardware dell’Ai
e dell’apprendimento automatico. Si tratta di processori grafci (graphics processing
units, gpu) e altri semiconduttori usati per far condurre operazioni di intelligenza
artifciale nel cloud.
L’attenzione su questo ramo è iniziata nel 2020-21, con la pubblicazione di
diversi studi commissionati dalle branche dell’esecutivo statunitense che si occupa-
no di intelligenza artifciale e delle sue intersezioni con la sicurezza nazionale. Nel
marzo 2021 per esempio è uscito un rapporto del Commissione per la sicurezza
nazionale sull’intelligenza artifciale, il cui mandato è fare raccomandazioni al pre-
sidente e al Congresso per «avanzare lo sviluppo dell’intelligenza artifciale, dell’ap-
prendimento automatico e delle tecnologie associate per garantire la sicurezza
nazionale e le necessità difensive degli Stati Uniti» 6.
Fra i molti spunti del documento, ne spicca uno: «Il dipartimento del Commer-
cio dovrebbe attuare controlli sui microchip avanzati progettati o prodotti negli
Stati Uniti per l’uso nella sorveglianza di massa e prevedere requisiti di trasparenza
per le vendite di tali microchip in Cina. I controlli dovrebbero riguardare soltanto
i semiconduttori altamente specializzati (…) che superano una certa soglia di pre-
stazioni. Il dipartimento dovrebbe, quando necessario, aggiornare tale soglia al
miglioramento dei microchip» 7.
Il rapporto si basa su un precedente lavoro di Saif Khan, all’epoca al Center
for Security and Emerging Technology e oggi alla Casa Bianca in qualità di mem-
bro della Direzione politica e sicurezza tecnologica nel Consiglio per la sicurezza
nazionale. Questa branca è stata cruciale nel coordinare la discussione intermini-
steriale sui controlli all’esportazione dei semiconduttori verso specifci utenti cine-
si. Nel gennaio 2021, Khan invocava due grandi divieti. Primo, «gli Stati Uniti e i
loro alleati dovrebbero monitorare e, se necessario, controllare in modo stretto e
5. Una richiesta di commenti del 2018 del dipartimento del Commercio su come controllare le nuove
tecnologie, fra cui gli algoritmi e le applicazioni dell’Ai, ha restituito la considerevole opposizione del
mondo industriale, in parte perché alcuni degli elementi da limitare erano open source, vedi «Review
of Controls for Certain Emerging Technologies» del 19/11/2018, Federal Register, n. 2018-25221.
6. «Final Report», National Security Commission on Artifcial Intelligence, marzo 2021.
7. Ivi, p. 500. 35
36
LE BASI DELLA SORVEGLIANZA SPAZIALE USA Mar Glaciale Artico

Thule
GROENLANDIA
Globus II
Alaska
(USA)
Clear NORVEGIA

Fylingdales
REGNO UNITO
Cavalier Shemya
Beale Milstone Is. Aleutine
U S A Cape Cod (USA)
IL PIANO DEGLI STATI UNITI PER RALLENTARE L’AI CINESE

Socorro

Kaena Point Eglin


Oceano Oceano Pacifico
Hawaii Maui Atlantico
(USA)
Reagan Test Site
S-Band Space Fence ISOLE
Oceano Indiano MARSHALL
Ascensione Diego Garcia
Oceano Pacifico
(REGNO UNITO) (REGNO UNITO)
C-Band Radar
Space Surveillance Telescope AUSTRALIA

Installazione ottica dedicata


Installazione radar dedicata
Installazione radar collaterale
Installazione radar contributiva
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

mirato i microchip d’intelligenza artifciale funzionali a addestrare a costi contenu-


ti i sistemi di Ai d’avanguardia. Tali semiconduttori includono Gpu, Field program-
mable gate array (Fpga) e circuiti integrati per applicazioni specifche di addestra-
mento». Secondo, «gli Stati Uniti potrebbero controllare i brevetti del design dei
processori centrali di tipo x86, dei processori grafci e degli Fpga autorizzati dai
progettisti cinesi dei microchip. Gli Stati Uniti e il Regno Unito potrebbero altresì
controllare i core Ip autorizzati dagli stessi progettisti. Ciò si riferisce in particolare
ai core Ip del leader britannico del design in questo settore, Arm Corporation» 8. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Mentre Washington si concentrava su questi semiconduttori, i processori gra-


fci e altre componenti ottimizzate per l’Ai e l’apprendimento automatico sono di-
ventati sempre più importanti per la ricerca in aree come i modelli linguistici di
grandi dimensioni (large language models, Llm), che si basano sui cosiddetti tran-
sformers, meccanismi basati sull’attenzione. Uno dei motivi cruciali della loro eff-
cacia e popolarità è che questi sistemi si adattano perfettamente alla grande capa-
cità di calcolo dei Gpu. Le tecniche usate in precedenza, come le reti neurali ricor-
renti, erano progettate per operare in modo sequenziale, dunque non in grado di
svolgere calcoli in parallelo come i processori grafci.
Oggi quindi la competizione si gioca sul massimizzare l’effcienza di calcolo
per sperimentare e costruire i modelli migliori – assumendo che i soggetti del set-
tore abbiano più o meno lo stesso accesso alla mole di dati per addestrare le mac-
chine. Ci sono però dei limiti a quanti Gpu possono essere collegati fra loro per
creare un ambiente effciente di supercalcolo.
Il leader nel settore dei processori grafci, l’americana Nvidia, ha sviluppato
soluzioni per ottimizzare l’architettura dei Gpu e migliorare la larghezza di banda
usando tecnologie proprietarie come Nvlink e Nvswitch. In questo modo, connet-
tendo i processori grafci si costruisce un supercomputer per addestrare gli algorit-
mi. Il numero massimo di Gpu collegabili fra loro è circa 256. Un ambiente tipico
di supercalcolo include una combinazione di Nvlink, Nvswitch e A100/H100.

4. Il crescente utilizzo di queste combinazioni di processori grafci di alta gam-


ma è decisivo per capire l’impatto delle misure senza precedenti approvate dagli
Stati Uniti il 7 ottobre scorso, che limitano l’export dei sistemi basati sugli A100 e
H100 in Cina. Nvidia è stata informata ad agosto dell’imminenza di questa decisio-
ne, come rivelato dalla stessa azienda in un documento della Security and Exchan-
ge Commission.
I controlli appena introdotti derivano da una serie di fattori. Oltre agli utilizzi
dell’Ai nella sorveglianza di massa citati da Khan, i bersagli delle misure americane
sono la dottrina cinese della fusione civile-militare e i collegamenti tra i processori
grafci e le armi di distruzione di massa. I semiconduttori più avanzati possono es-
sere impiegati in sistemi d’arma che richiedono alte prestazioni computazionali. E
8. S.M. KHAN, «Securing Semicondutor Supply Chains», Center for Security and Emerging Technology,
gennaio 2021. 37
IL PIANO DEGLI STATI UNITI PER RALLENTARE L’AI CINESE

infatti il governo americano ha preso di mira sia queste capacità di calcolo sia i si-
stemi progettati per gestire operazioni avanzate di Ai e apprendimento automatico.
Il pacchetto del 7 ottobre introduce una novità nella lista 3A090 del Bureau of
Industry and Security: controlli sulle velocità tra processore e processore superiori
a 400 GByte/s 9. Ciò signifca che la larghezza di banda permessa a Nvidia per
esportare in Cina è più vicina ai Gpu della generazione precedente, quelli di tipo
V100. Poco dopo la decisione del governo, infatti, la stessa azienda ha presentato
una nuova versione degli A100, gli A800, che hanno una velocità di trasferimento Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

proprio di 400 GByte/s 10.


Con queste nuove restrizioni, gli enti cinesi che fanno ricerca usando gli A100
conosceranno signifcativi ostacoli nel corso del tempo. Anche se alcune aziende
come Inspur e H3C hanno annunciato sistemi di calcolo basati sugli A800, non sarà
loro possibile costruire computer competitivi per l’addestramento delle macchine
con le componenti più avanzate provenienti dagli Stati Uniti. Tuttavia, i nuovi con-
trolli non avranno un impatto immediato sullo sviluppo complessivo delle applica-
zioni d’intelligenza artifciale in Cina. La maggior parte di queste ultime non richie-
de le prestazioni e le comunicazioni permesse dagli A100 e H100. In questo senso,
le restrizioni statunitensi colpiranno, almeno per il momento, la parte alta del
mercato dello sviluppo di algoritmi, quella che potenzialmente riguarda gli usi
militari. Inoltre, molte compagnie e organizzazioni cinesi hanno probabilmente
fatto scorta di A100 in previsione del cattivo tempo, cioè di un divieto totale di
esportare processori grafci di alta gamma 11.
Infne, a metà dicembre il dipartimento del Commercio ha aggiunto alla Entity
List enti cinesi coinvolti nello sviluppo o nella produzione dei semiconduttori per
l’intelligenza artifciale a causa dei legami con le Forze armate e i loro programmi
di modernizzazione 12. Molti di questi soggetti sono attori chiave dell’ecosistema
della ricerca e dello sviluppo dell’Ai nella Repubblica Popolare, per esempio l’Isti-
tuto delle tecnologie di calcolo presso l’Accademia cinese delle scienze. Signifca-
tivamente, le nuove restrizioni impediscono a questi enti di rivolgersi ad aziende
straniere per la produzione di microchip sulla base della Foreign Direct Product
Rule. Fra le organizzazioni colpite ci sono anche società che progettano semicon-
duttori di punta per l’Ai, mossa che fa il paio con i limiti ai processori grafci utiliz-
zati per le operazioni nel cloud.

5. Guardiamo avanti. Le restrizioni introdotte dagli Stati Uniti stabiliscono


defnitivamente che le componenti hardware sono in prima linea nella competi-
zione sino-americana per l’intelligenza artifciale. Il governo di Washington conti-

9. «Implementation of Additional Export Controls: Certain Advanced Computing and Semiconductor


Manufacturing Items; Supercomputer and Semiconductor End Use; Entity List Modifcation», 13/10/2022,
Federal Register, n. 2022-21658.
10. J. LANHEE LEE, «Exclusive: Nvidia offers new advanced chip for China that meets U.S. export con-
trols», Reuters, 7/11/2022.
11. Colloquio con un funzionario di un’azienda cinese dell’Ai, novembre 2022.
38 12. A. ALPER, «Biden blacklists China’s YMTC, crackdowns on AI chip sector», Reuters, 15/12/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

nuerà a limitare l’accesso per le aziende cinesi sia ai semiconduttori di punta otti-
mizzati per l’Ai sia alla strumentazione e ai brevetti che servono per produrli. È
una seria escalation punitiva. Non si tratta tanto di competere, quanto di rallenta-
re o fermare lo sviluppo in Cina di un ecosistema d’intelligenza artifciale e delle
applicazioni collegate, giustifcato da preoccupazioni militari.
Il pieno impatto dei nuovi controlli statunitensi sui processori grafci non
sarà evidente prima di due o tre anni. Nel frattempo, le organizzazioni cinesi non
saranno in grado di ottenere le apparecchiature più avanzate. I sistemi basati su Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

A100, H100 e simili continueranno a migliorare le prestazioni. E la capacità di


Pechino di aggirare gli ostacoli, per esempio produrre internamente i Gpu, sarà
assai limitata. Già oggi Biren, l’azienda leader per la progettazione dei processo-
ri grafci, non sembra in grado di usare gli impianti della Taiwan Semiconductor
Manufacturing Company (Tsmc) per produrre modelli d’avanguardia. Biren ave-
va sostenuto che i suoi parametri prestazionali fossero in linea con quelli degli
A100, ma dopo i controlli del 7 ottobre Tsmc ha deciso di sospendere la coope-
razione con la società cinese. Altre piattaforme tecnologiche coinvolte nella pro-
gettazione di processori centrali e Gpu avanzati incontreranno probabilmente le
stesse limitazioni.
Inoltre, a fne 2022 la britannica Arm ha stabilito di non poter autorizzare
l’uso di uno dei suoi design più avanzati, la serie Neoverse V, presso alcuni clien-
ti cinesi, come T-Head, braccio di Alibaba per la progettazione di microchip. La
compagnia si è giustifcata richiamando le restrizioni introdotte dagli Stati Uniti il
7 ottobre 13: ha evidentemente concluso che Washington e Londra non avrebbero
approvato per via dei limiti prestazionali. I Neoverse V sono infatti impiegati nei
superchip Nvidia Grace Cpu per operazioni d’intelligenza artifciale nel cloud,
come si legge dalla scheda sul sito Internet del produttore. È un altro colpo alla
progettazione dei semiconduttori ottimizzati per l’Ai in Cina.
Non si possono intuire le conseguenze nel corso del tempo della graduale
estromissione cinese dalle componenti hardware dell’Ai più avanzate. Qualche
modo per aggirare i divieti ci sarà, specie nel breve periodo, permettendo alla
Repubblica Popolare di tenere il passo e anche di continuare a lavorare con l’altra
sponda del Pacifco. Ma il divario dei macchinari è destinato ad aumentare, ren-
dendo sempre più diffcile ai ricercatori cinesi e a quelli americani collaborare, in
assenza di strumentazioni comuni. Il governo di Pechino risponderà incoraggian-
do l’uso di hardware, di software e di strutture di apprendimento profondo svi-
luppati in patria, come PaddlePaddle e MindSpore. Ma alcuni ricercatori di punta
potrebbero scegliere di lasciare il paese per continuare a lavorare sui progetti
d’avanguardia e col meglio della strumentazione possibile. Il degenerato stato
delle relazioni tra Washington e Pechino e la prospettiva di un ambiente di lavoro
ostile in America potrebbe spingere qualcuno a considerare il Canada o l’Europa
come meta.
13. Q. LIU, A. GROSS, D. SEVASTOPULO, «Export controls hit China’s access to Arm’s leading-edge chip
designs», Financial Times, 13/12/2022. 39
IL PIANO DEGLI STATI UNITI PER RALLENTARE L’AI CINESE

Le implicazioni di questa ulteriore biforcazione nell’intelligenza artifciale so-


no profonde. Come ha notato di recente Abigail Coplin, professoressa associata
al Vassar College nel programma Scienza, tecnologia e società che studia la ricer-
ca e sviluppo biotecnologica in Cina: «Se vuoi avere a che fare con loro, devi sa-
pere esattamente che cosa stanno facendo, assumere i loro neo-dottorati, prende-
re gente che era coinvolta in quelle compagnie, di modo da restare aggiornati e
all’avanguardia» 14.
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

40 14. Cit. in K. KAYE, op. cit.


L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

LA VERA POSTA IN GIOCO


DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE di Jacob L. SHAPIRO

La competizione sulle macchine che apprendono si gioca per il


dominio nella quarta rivoluzione industriale. Ma non deciderà Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

la sfida Usa-Cina, sarà invece decisa dal suo esito. Più delle
applicazioni belliche, conterà l’uso dell’Ai nell’agricoltura.

1. L A TECNOLOGIA NON È AGNOSTICA.


È sempre imbevuta di politica, di speranze e di paure umane. Anche l’intelligenza
artifciale lo è. Il controverso imprenditore americano Peter Thiel una volta ha det-
to che la crittografa è libertaria e l’Ai è comunista. Benché eccessivamente sempli-
cistico, l’aforisma contiene un granello di verità da tenere a mente.
Applicare la geopolitica all’intelligenza artifciale è particolarmente diffcile. La
nostra disciplina è costruita attorno all’idea che per capire le scelte politiche biso-
gna capire gli esseri umani. Geografa e storia plasmano le società in profondità –
determinano la lingua che parliamo, il cibo che apprezziamo e soprattutto ciò che
più temiamo. È facile perdersi nell’astrazione, ma quando l’analisi è svolta corret-
tamente, la sua attenzione alle motivazioni umane è distintiva e fondamentale. Per
apprezzarlo, basti considerare l’invasione russa dell’Ucraina. L’aspetto più impor-
tante nel valutare il confitto tra Mosca e Kiev riguarda le reazioni umane: che cosa
ha spinto Vladimir Putin a ordinare l’attacco e che cosa motiva la straordinaria re-
sistenza di Volodymyr Zelens’kyj e del popolo che governa. Molti esperti, me
compreso, non hanno saputo anticipare quanto gli ucraini avrebbero resistito all’in-
vasore. In un certo senso, la geopolitica è lo studio di come gli esseri umani agi-
scono quando sono organizzati in una collettività politica.
L’intelligenza artifciale è l’antitesi di questa idea. È un concetto che vagheggia
un mondo in cui i non umani prendono in solitaria decisioni consequenziali. Se i
missili o i droni di una nazione sono autonomi o anche semi-autonomi, come
cambia la geopolitica? Può una disciplina fondata sull’importanza dell’elemento
umano nei processi decisionali restare rilevante in una società che immagina siste-
mi di computer e di robot fare scelte al nostro posto?

2. Forse mi sto spingendo un po’ troppo oltre. Dopotutto, intelligenza artifcia-


41
le signifca molte cose a seconda di chi parla. Non ne esiste nemmeno una chiara
LA VERA POSTA IN GIOCO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

defnizione univoca e condivisa. La maggior parte dei modi di intenderla ruota at-
torno all’idea dell’apprendimento automatico, cioè la capacità di una tecnologia
digitale di progredire dall’automazione all’autonomia in una serie di decisioni pre-
se in risposta all’interazione con stimoli esterni.
Basandoci su questa defnizione, interagiamo con molta più intelligenza artif-
ciale nella nostra vita quotidiana di quanto si possa pensare. Per esempio quando
usiamo un iPhone: le sue tastiere usano un algoritmo per cercare di prevedere la
parola che stiamo digitando o stiamo per digitare a seconda del contesto. In teoria, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

più sono i dati raccolti da Apple più preciso diventa il meccanismo. Nutro comun-
que molti dubbi su quanto siano effcaci questi algoritmi: se il mio telefono deve
predire quali parole stanno digitando le mie grasse dita, farà una fatica bestiale a
imparare, nonostante anni di utilizzo.
Tecnicamente, questa è intelligenza artifciale, ma non è quella di cui i deciso-
ri strategici si preoccupano. La geopolitica dell’Ai si basa sugli stessi sogni e incubi
che avevano spinto Asimov a scrivere negli anni Cinquanta. Chi sogna immagina
grandi guadagni produttivi con la creazione di processi autonomi e macchine in
grado di svolgere lavori oggi possibili unicamente con l’energia umana. Chi ha
incubi immagina sistemi d’arma in grado di adattarsi e di prevalere sugli arsenali
del nemico. Il realista geopolitico alza la mano e fa notare che la competizione per
l’accesso all’energia, al cibo, alle rotte commerciali sarà più determinante nel breve
periodo per l’equilibrio di potenza tra gli Stati nazionali.
Mentre facevo ricerca per questo articolo, mi ha colpito qualcos’altro che
spunta spesso nella letteratura sull’intelligenza artifciale. Ecco una frase da un ec-
cellente articolo dell’Australian Strategic Policy Institute: «La credenza che l’Ai sarà
la chiave del dominio militare, economico e ideologico ha trovato espressione in
una serie di grandi dichiarazioni d’intenti sull’Ai negli Stati Uniti, in Cina, in Russia
e in altri attori» 1. Consideriamo la parola «credenza» (belief). Appartiene a una cat-
tedrale, non a uno studio sulle intersezioni tra intelligenza artifciale e geopolitica.
Eppure, poiché l’Ai è ancora in fasce, anche solo per approcciarsi al concetto biso-
gna in qualche modo avere fede, dal momento che nessuna delle sue promesse si
è ancora materializzata. Di questa tecnologia esiste un’idea e anche qualche prima
dimostrazione di come essa possa manifestarsi. Ma come avverranno quei progres-
si resta un mistero anche per gli esperti di settore.
Negli Stati Uniti, chiameremmo tutto ciò mettere il carro davanti ai buoi, cioè
dire gatto prima di averlo nel sacco. Una delle ragioni primarie per cui il confronto
tecnologico tra Cina e America si è concentrato sulle reti 5G è che senza di esse – o
per essere più precisi senza reti ubique a bassa latenza, ad alta velocità e prive di
cavi – molte delle applicazioni dell’intelligenza artifciale non funzionano nemme-
no. Le automobili autonome sono uno degli esempi più semplici di come queste
tecnologie stiano entrando nelle nostre vite. Ma voi ve ne fdereste davvero, anche
se la componente intelligente fosse perfetta, visto lo stato attuale delle reti wireless
1. A. KAPETAS, «The geopolitics of artifcial intelligence», The Strategist, Australian Strategic Policy Insti-
42 tute, 24/12/2020.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

globali? Quante volte il vostro telefono ha interrotto una chiamata? Quante volte il
vostro wi-f ha fallito durante un’importante videoconferenza, lasciandovi a fssare
l’immagine bloccata e poco piacevole della faccia di qualcun altro?
Peraltro, non è dimostrato che la componente intelligente sia perfetta. Qualche
anno fa, un gruppo di università – fra cui il Massachusetts Institute of Technology,
l’Università di Exeter e la Toulouse School of Economics – ha pubblicato uno studio
intitolato all’idea di «Moral Machine», descritta come «una piattaforma per raccogliere
le prospettive umane sulle decisioni morali prese da macchine intelligenti, come le Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

automobili senza pilota» 2. La piattaforma vi presenta brutte situazioni in cui un’auto


autonoma deve scegliere il minore fra due mali. La piattaforma registra la vostra
scelta e alla fne vi mostra quanto essa sia simile o differisca dalle decisioni prese da
altre persone nel mondo, a seconda dell’età o della provenienza.
L’esperimento vuole dimostrare che come specie, persino come individui, non
siamo nemmeno d’accordo su che cosa vorremmo che le macchine facessero in
situazioni diffcili. E se non ne siamo capaci, come possiamo sperare di program-
marle per prendere decisioni giuste? Il concetto di apprendimento automatico im-
plica anche che una macchina, una volta impostata secondo alcune preferenze,
sarà in grado di evolversi per conto suo e fare scelte con cui potremmo non esse-
re d’accordo. Ciò rende l’intelligenza artifciale una tecnologia assai complicata da
comprendere e di cui predire lo sviluppo in ottica geopolitica. Un caccia multiruo-
lo F-35 non evolverà nel corso del tempo, le sue scelte non cambieranno in fun-
zione dello scenario, né saranno informate da come gli umani decideranno di
programmare i suoi processi interni.

3. Niente di quanto scritto fnora vuole suggerire che l’intelligenza artifciale


non avrà un ruolo importante nel futuro. Una delle sue applicazioni più importan-
ti non sarà nell’arte della guerra né nella disinformazione politica bensì nell’agricol-
tura. L’Ai promette un insieme di droni, robot e sistemi autonomi in grado di mo-
nitorare le coltivazioni in tempo reale e di prendere decisioni su quanto irrigare,
quanto fertilizzante usare, quando raccogliere per massimizzare la resa.
In un mondo in cui sprechiamo tra il 20 e il 40% del cibo che produciamo a
causa delle ineffcienze o del trasporto, l’uso agricolo dell’intelligenza artifciale
potrebbe trasformare intere società. Potrebbe permettere alla Cina di avvicinarsi
all’autosuffcienza. Oppure far evolvere diversi paesi africani dalla condizione di
esportatori di colture da reddito e importatori di cibo a potenze alimentari a tutto
tondo. Nella maggior parte dei paesi sviluppati, la demografa è in declino e l’im-
migrazione è un tema politico controverso: sistemi simili potrebbero permettere
agli agricoltori di mantenere gli attuali livelli produttivi, o addirittura di aumentarli,
anche se i lavoratori impiegati in questo settore calano.
È tutto molto più noioso dei racconti di Asimov o di recenti romanzi come
2034: A Novel of the Next World War, che immagina spaventose possibilità di droni

2. Dal sito dell’iniziativa, moralmachine.net 43


44
LA SFIDA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

CANADA

EUROPA
STATI UNITI
CINA

TAIWAN
LA VERA POSTA IN GIOCO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

MESSICO MYANMAR LAOS


THAILANDIA FILIPPINE
A F R I C A CAMBOGIA
VIETNAM
SRI LANKA
MALAYSIA

I N D O N E S I A
BRASILE

AUSTRALIA

URUGUAY
Paesi che in futuro
potrebbero essere dominati
dall’intelligenza artifciale
NUOVA ZELANDA
Americana
Cinese
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

e altre strumentazioni militari dirette non da umani ma da sistemi autonomi pro-


grammati per raggiungere determinati scopi a qualunque costo e in modi che
vanno assai al di là dello sguardo e della comprensione dell’essere umano. Eppure
è in queste noiose applicazioni industriali che sarà combattuta la vera battaglia per
l’intelligenza artifciale.
Gli Stati Uniti hanno vinto la guerra fredda per molti motivi, ma uno dei più
importanti è che dominavano le vette tecnologiche dell’èra digitale. Era impossibile
vederlo o capirlo al tempo. Come notato nell’esempio dei semiconduttori in aper- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

tura, il grosso delle aziende non era consapevole dell’impatto trasformativo che i
microchip avrebbero avuto sulle loro industrie. E fno ai progressi scientifci che
hanno accompagnato la corsa allo Spazio, la maggior parte di quell’impatto era
pura fantascienza, roba da serie tv come Star Trek, non da sobrie analisi delle rela-
zioni tra le nazioni. Negli anni Ottanta e Novanta, tuttavia, è stata l’applicazione
delle innovazioni digitali ad aiutare l’economia statunitense a superare la stagfazio-
ne degli anni Settanta e Ottanta, innescando poi la rivoluzione digitale mondiale.
Con i tassi di crescita della produttività alle stelle, globalizzazione e digitalizzazione
sono converse per sospingere l’America nel suo momento unipolare.
La produttività, tuttavia, ha raggiunto il picco intorno alla crisi fnanziaria del
2008. La competizione per il dominio nell’intelligenza artifciale è parte di una sfda
più ampia relativa a quella che è stata defnita quarta rivoluzione industriale. Il Re-
gno Unito ha costruito l’impero britannico anche perché è stato il primo a benefcia-
re della prima rivoluzione industriale, con l’aggiunta di una favorevole geografa che
lo teneva lontano dal caos europeo e con copiose risorse di carbone per alimentare
l’impulso produttivo. La seconda rivoluzione industriale ha generato l’elettrifcazione
della società – e guerre combattute per accedere al petrolio, alimento dei nuovi im-
pianti manifatturieri. L’età digitale è stata il frutto della guerra fredda – gli Stati Uniti
hanno primeggiato sull’Unione Sovietica non grazie alla loro potenza militare ma
grazie al loro ingegno tecnologico, scaturigine dei successivi benefci economici.
Questa è la vera posta in gioco dell’intelligenza artifciale. La Cina si è data l’am-
bizioso obiettivo di diventare leader in questo campo entro il 2025 perché è troppo
dipendente dalle tecnologie straniere. Non può produrre microchip di alta gamma e
la maggior parte delle sue strumentazioni di punta l’ha ottenuta attraverso il furto
della proprietà intellettuale. Ciò che la Repubblica Popolare possiede è un’enorme
mole di dati e un governo che non teme di esercitare un ferreo controllo sulla po-
polazione (cioè la fonte di quei dati) per ciò che il Partito comunista cinese decide
che sia il bene comune. Se Pechino vuole essere all’avanguardia della prossima ri-
voluzione tecnologica deve eliminare la dipendenza dall’Occidente. E tornare a es-
sere ancora una volta l’Impero del Centro, il centro dell’economia mondiale.
Gli Stati Uniti sono la potenza dominante uscente. Dopo la caduta dell’Urss,
hanno presieduto un’epoca di globalizzazione e libero commercio. Lo hanno fatto
perché aveva senso dal punto di vista economico: autorizzavano la diffusione nel
mondo delle innovazioni tecnologiche per consentire a nazioni come Taiwan,
Giappone, Paesi Bassi di specializzarsi in specifche nicchie delle fliere produttive, 45
LA VERA POSTA IN GIOCO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

così abbattendo i costi di produzione. In un mondo meno competitivo dal punto


di vista geopolitico, le leggi del vantaggio comparato facevano miracoli. Ma ora il
mondo sta tornando al suo stadio più normale di competizione. Gli Stati Uniti stan-
no riportando a casa o nella loro sfera d’infuenza, cioè entro i confni di paesi più
controllabili, la parte più sensibile delle conoscenze tecnologiche di punta. Stanno
inoltre usando i vantaggi di cui dispongono per spezzare le gambe a potenziali
sfdanti come Cina e Russia. Con l’obiettivo di continuare a guidare l’economia
mondiale grazie alla potenza tecnologica. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

4. Mi sento leggermente a disagio nello scrivere queste parole. So che alcuni


degli esperti in intelligenza artifciale che leggeranno questo volume o che ci scri-
vono alzeranno il sopracciglio e penseranno che io sia tremendamente malinfor-
mato. In un certo senso hanno ragione, dato che non sono in grado di apprezzare
gli sviluppi imminenti nel settore. Ma il consenso della comunità scientifca e la mia
sensibilità geopolitica dicono che la rivoluzione dell’Ai non è alle viste. Non abbia-
mo una fliera produttiva suffcientemente ampia da soddisfare tutte le richieste nel
mercato dei microchip e non abbiamo nemmeno una diffusa e affdabile rete 5G.
Senza queste infrastrutture, i progressi in tema di intelligenza artifciale saranno
favolosi, ma resteranno nell’accademia e nella teoretica.
Ecco perché la vera posta in gioco della competizione sino-americana sull’in-
telligenza artifciale non riguarda l’intelligenza artifciale. Riguarda chi è davanti
nell’innovazione tecnologica. Ed è questo l’ultimo punto importante da sottolinea-
re: non ritengo che siamo diretti verso una sorta di guerra fredda tecnologica 2.0.
Cina e Stati Uniti non sono gli unici paesi all’avanguardia in questo settore ed en-
trambi sono profondamente integrati nell’economia mondiale di cui benefciano da
ormai diverso tempo. Mi preoccupo del mondo in cui vivranno i miei fgli, perché
vedo che troppo facilmente sarà un mondo di guerre e confitti. Ma non sono così
preoccupato per il resto di questo decennio. Cina e America dipendono troppo
l’una dall’altra e dal resto del pianeta per combattere una guerra oggi o nei prossi-
mi cinque anni.
Ma il globo sta diventando sempre più disordinato. I paesi dell’Unione Euro-
pea possono diventare attori importanti in termini di sovranità digitale e di intelli-
genza artifciale. Giappone, Corea del Sud, India e Turchia hanno tutti più di
qualche nicchia da coltivare. Il resto del decennio vedrà una competizione tra di-
versi paesi per assicurarsi l’accesso alle risorse e all’innovazione. I paesi in grado
di abbassare maggiormente il costo dell’energia, di produrre cibo per la propria
popolazione a prezzi contenuti, di trarre proftto dalla ricerca tecnologica e dagli
sviluppi scientifci saranno quelli meglio posizionati per benefciare del mondo che
emergerà dopo che Pechino e Washington avranno risolto le loro divergenze, in
un modo o nell’altro.
L’intelligenza artifciale è la tecnologia del futuro. Promette una manifattura
più effciente, trasporti più semplici, mercati più veloci e liberi, raccolti più abbon-
46 danti e, potenzialmente, una soluzione per l’invecchiamento della popolazione.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Ma l’adozione dell’Ai, così come la padronanza e lo sviluppo delle macchine che


apprendono, sarà un processo impari, al meglio. Nel frattempo, un’infrastruttura
che raccoglie, usa e trasmette i dati dovrà essere creata interamente da zero men-
tre il mondo sta effettuando una gigantesca transizione dagli idrocarburi ad altre
fonti energetiche.
La tecnologia odierna è più prosaica. I paesi che padroneggeranno i problemi
di oggi saranno quelli meglio posizionati per dominare le decisioni sull’intelligenza
artifciale nel futuro. Ed è a quei problemi, e ai sentimenti dei popoli o dei decisori
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dei paesi più infuenti, che l’analista geopolitico vi chiede di fare attenzione. Soprat-
tutto quando siamo circondati da previsioni ottimistiche sulla natura trasformativa
dell’intelligenza artifciale. Ogni rivoluzione industriale del passato è stata preceduta
da una rivoluzione geopolitica: le guerre napoleoniche, le due guerre mondiali, la
guerra fredda. Questa è la storia in cui ci troviamo al momento. Chi emergerà vinci-
tore dalla sfda ai vertici scriverà le regole dell’età successiva.

(traduzione di Federico Petroni)

47
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL NUOVO GIOCO
DELLE PERLE DI VETRO di Alessandro ARESU
Dal genio ludico di Demis Hassabis è nato un gigante dell’Ai.
DeepMind è cresciuta coi talenti europei e dal 2014 fa parte Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dell’impero Google. La sua impresa permette di assistere la scienza


grazie all’intelligenza artificiale. L’analogia di Hesse.

Formuli un’ipotesi su come vuoi giocare,


la testi, apprendi da ciò che accade.
Non c’è niente di più bello e più potente.
Demis Hassabis

1. D
AGLI ANNI NOVANTA I VIDEOGIOCHI
sono divenuti un sorprendente serbatoio di classe dirigente. È un aspetto che il
tipico videogiocatore non poteva prevedere. Egli all’inizio si limita a inseguire i
migliori modelli di schede video, alla ricerca di una migliore resa grafca, come
quelle proposte da Nvidia, che in questa nicchia ha trovato la prima applicazione
di successo, poi scalata fno ai supercomputer. Il videogiocatore passa dalle sfde
coi computer a quelle con gli amici, fno a sfdare gli ignoti, in un vasto mare del
videogiocare, reso possibile da connessioni meno traballanti. Fino a mondi sempre
più evoluti.
L’ascesa dei videogiochi non ha solo creato controculture e comunità molto
diffuse. L’esplorazione e la creazione di mondi, la loro fruibilità, l’analisi delle rea-
zioni dei giocatori sulle avventure, sui programmi e sulle varie campagne hanno
alimentato un bacino di intelligenza. Anzitutto umana, poi applicata alle varie de-
clinazioni di ciò che oggi defniamo intelligenza artifciale, che nell’arena dei vide-
ogiochi è sempre esistita nella lotta dell’umano contro il computer, in cui la mac-
china prima o poi era destinata a soccombere. I processi dello schermo, spesso con
un’immaginazione geografca e storica, come nei grandi giochi di strategia, prepa-
rano l’applicazione in altri campi, con coordinate più profonde. Fino all’apprendi-
mento profondo esploso nell’ultimo decennio.

2. La nostra civiltà sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco, fno al tentativo
di superarsi, di gioco in gioco. Quest’evoluzione dell’homo ludens 1 si ritrova nel

1. Il riferimento ovviamente è J. HUIZINGA, Homo ludens, Torino 2002, Einaudi. 49


IL NUOVO GIOCO DELLE PERLE DI VETRO

singolare percorso di Demis Hassabis 2. La migliore porta d’ingresso per compren-


derlo è il suo rapporto con Dario De Toffoli, chimico di formazione divenuto una
sorta di apostolo del Gioco: creatore, consulente, autore e attore di giochi, presen-
te in competizioni nazionali e internazionali. Tra di esse, Mind Sports Olympiad, le
Olimpiadi dei giochi della mente, che si tengono ogni anno a Londra dal 1997.
Durante questa manifestazione, è possibile giocare a scacchi, bridge, go, poker e a
diverse loro varianti, per arrivare a decine di tornei complessivi. Sulle orme del
pentathlon, si svolge il cosiddetto Pentamind, in cui i giocatori concorrono sulla Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

base dei loro migliori risultati in cinque tornei, aggiustati anche in base al numero
dei partecipanti. Dal 1998 al 2003, con una striscia interrotta solo dalla vittoria di
De Toffoli nel 2002, il campione del Pentamind è stato Demis Hassabis.
Classe 1976, di ascendenza greco-cipriota per parte paterna e singaporiana per
parte materna, Hassabis inizia a giocare a scacchi a 4 anni, da bambino diviene un
campione, mentre impara a programmare. Entrato nel circuito internazionale dei
tornei di scacchi, durante l’adolescenza decide di dedicarsi a un’altra sfda: l’appli-
cazione del metodo affnato nel gioco a problemi più generali. A 16 anni, fniti gli
studi superiori, è troppo giovane per iniziare l’università a Cambridge e si dedica
alla programmazione di videogiochi. Tra di essi, Theme Park del 1997, dedicato
alla gestione di parchi giochi: vende oltre 15 milioni di copie e raggiunge grande
popolarità in Giappone.
Hassabis in seguito concilia gli studi in informatica a Cambridge con l’attività
ludica e la professione videoludica, per poi dedicarsi maggiormente alla ricerca e
alla sua applicazione. Non perde però mai veramente i legami col vasto mare del
gioco. Nel 2014, come vedremo, vende la sua azienda a Google, ma quello stesso
anno si impegna nel rilancio di Mind Sports Olympiad. E uno dei documenti più
interessanti su Hassabis è la sua intervista con De Toffoli 3, in cui spiega che ha
abbandonato la parte più intensa della carriera da giocatore sia per la sua evolu-
zione professionale sia perché vede una carenza di giochi veramente nuovi. Nella
conversazione, De Toffoli e Hassabis parlano della differenza tra la specializzazio-
ne in un solo gioco (per esempio, gli scacchi), ovvero la modalità ordinaria con cui
guardiamo ai giochi, e la prospettiva meno usuale di cui loro sono rappresentanti,
che consente un apprendimento più generale: l’intelligenza generale del gioco.
Hassabis passa con disinvoltura dalla discussione sulla fera dei giochi da tavolo di
Essen (alla quale spera di portare i fgli, appassionati di I coloni di Catan, il più
noto gioco tedesco), all’illustrazione del suo mestiere, l’intelligenza artifciale, che
si può leggere come un approfondimento della dimensione del gioco. L’apprendi-
mento continuo attraverso il gioco.
DeepMind (nome completo: DeepMind Technologies) nasce nel 2010, inizial-
mente col nome Friars 2022. La missione dell’azienda è «risolvere l’intelligenza
2. Riprendo nel testo numerose conversazioni e interviste di Hassabis. Tra l’altro, con l’Academy of
Achievement (5/3/2018), con Greg Williams (5/3/2021), con Lex Friedman (1/7/2022), con Steve
Johnson (28/7/2022), oltre al recente intervento alla Pontifcia accademia delle scienze (8/9/2022) e
al podcast di DeepMind, condotto da Hannah Fry.
50 3. Transcript of Demis Hassabis interview with Dario De Toffoli, 21/10/2015.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

(solving intelligence) per far avanzare la scienza e portare benefci all’umanità» 4. Il


nucleo dei tre fondatori, oltre a Demis Hassabis, comprende Mustafa Suleyman, un
attivista che ha abbandonato l’università di Oxford e ha lavorato anche col sindaco
di Londra Ken Livingstone. Pur non avendo perfezionato i suoi studi, Suleyman
tramite l’esperienza di DeepMind diviene autore di numerosi paper scientifci e
rappresenta quindi un esempio di apprendimento sul campo di competenze, se-
condo una cultura parallela rispetto alla tradizionale formazione universitaria che è
tipica della storia dell’informatica. Il trio è poi completato da Shane Legg, nato in Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Nuova Zelanda e con una lunga esperienza accademica, in particolare attraverso


un dottorato in Studi sull’intelligenza artifciale all’Istituto Dalle Molle. Questo cen-
tro, basato a Lugano, è stato creato dal 1988 da Angelo Dalle Molle, imprenditore
padovano noto per l’invenzione del Cynar, amico di Salvator Dalì e pioniere di
esperimenti che precorrono il suo tempo, tra cui quelli sull’auto elettrica. All’Istitu-
to Dalle Molle, Legg lavora in particolare con lo scienziato tedesco Marcus Hutter,
che poi lo raggiungerà a DeepMind. Gli studi di Hutter e Legg sono dedicati so-
prattutto alla teoria matematica della cosiddetta intelligenza artifciale (Agi, Artifcial
general intelligence), il cui concetto si lega allo scopo di DeepMind, «risolvere
l’intelligenza», con la soluzione di problemi sempre più complessi 5.
Come avviene, nel concreto, tale soluzione? A partire dai primi passi di Deep-
Mind, Hassabis sviluppa con la sua squadra applicazioni e sfde con cui mostra le
capacità dei programmi. Ritiene essenziale avvalersi di competenze interdisciplina-
ri, tra cui machine learning, ingegneria, matematica, ma anche etica e psicologia.
I progetti del gruppo di Hassabis attirano l’attenzione dei fondi specializzati in
tecnologia e contribuiscono ad aumentare l’interesse pubblico sull’intelligenza ar-
tifciale e sulle sue applicazioni. I prodotti di DeepMind mostrano la capacità delle
macchine rispetto all’uomo, già resa celebre dalla vittoria del computer di Ibm,
Deep Blue, contro il campione di scacchi Garri Kasparov nel 1997 a New York. Tra
i primi investitori esterni, nel 2011, ci sono il Founders Fund di Peter Thiel 6 e Ho-
rizons Ventures, il venture capital che fa capo al magnate di Hong Kong Li Ka-
shing, oltre a una piccola quota acquisita da Elon Musk.
Hassabis ha raccontato il suo approccio con Thiel, dopo molti infruttuosi ten-
tativi per ottenere capitali in Gran Bretagna, dove la comunità fnanziaria non era
interessata a progetti troppo avveniristici, senza chiarezza sui ritorni economici.
Thiel e Hassabis si incontrano nell’estate 2010, a margine della conferenza del Sin-
gularity Summit a San Francisco 7. Hassabis sa di avere un minuto per convincerlo
a investire nella sua azienda e per mesi pensa a quale sia l’approccio migliore.
Decide di fare leva sulla comune passione e abilità con gli scacchi e parla con Thiel

4. Directors’ report and fnancial statements, fnancial year ended 31 December 2021, DeepMind Te-
chnlogies Limited, p. 2.
5. www.deepmind.com/about
6. Su Peter Thiel rimando a A. ARESU, «L’agenda di Peter Thiel», Limes, «L’agenda di Trump», n. 11/2016,
pp. 97-103.
7. Si veda A. SAENZ, «Singularity Summit 2010: Optimism, Intelligence, the Future – Oh My», Singula-
rity Hub, 17/8/2010. 51
IL NUOVO GIOCO DELLE PERLE DI VETRO

della natura del gioco, dell’equilibrio delle mosse, del rapporto tra il cavallo e l’al-
fere. Pochi mesi dopo, Thiel decide di autorizzare l’investimento di Founders Fund
per 1,4 milioni di sterline e con la sua reputazione e la sua rete garantisce risorse
suffcienti per la fase di start-up dell’azienda 8. È una delle prime volte che Thiel fa
un investimento fuori dagli Stati Uniti e cerca di convincere Hassabis che un’azien-
da come DeepMind non può restare a Londra, ma deve spostarsi nella Silicon
Valley. Ciò che Hassabis capisce, e su cui tiene duro, è che stare a Londra dà un
vantaggio competitivo nell’acquisizione dei talenti, nell’accesso a università britan- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

niche ed europee, a persone col dottorato in fsica e matematica che non vogliono
seguire l’approdo classico per chi vuole monetizzare i propri studi, l’industria f-
nanziaria, né continuare la carriera accademica, ma cercano una nuova sfda. Co-
me altri imprenditori di successo, Hassabis coglie quindi un elemento essenziale
sull’attrazione del talento, sull’architettura del talento nella crescita della propria
impresa.

3. Nel 2013 la connessione di Thiel suscita un interesse da parte di Facebook,


che vuole investire nell’intelligenza artifciale. Zuckerberg non è molto impressio-
nato dall’azienda di Hassabis, al contrario del suo ingegnere Lubomir Bourdev,
responsabile del riconoscimento automatico delle foto e dei video del social
network e convinto della forza della start-up londinese. Non c’è empatia tra Zucker-
berg e i fondatori di DeepMind, che non vedono una traiettoria chiara per la loro
start-up dentro la galassia di Facebook. Nel 2013, c’è ormai una corsa all’intelligen-
za artifciale tra Facebook e Google. L’azienda di Zuckerberg avvia un laboratorio
di ricerca, Facebook AI Research (Fair) e lo affda a un ricercatore padovano, allie-
vo di Pietro Perona, Marc’Aurelio Ranzato. Google assume uno dei principali stu-
diosi di reti neurali, Geoffrey Hinton dell’Università di Toronto, oltre a comprare la
sua azienda DNNresearch. Nel 2014, Google acquisisce DeepMind per circa 400
milioni di sterline 9.
La Silicon Valley conferma la sua centralità con la capacità di mobilitare grandi
risorse, che gli altri sistemi in grado di produrre talento (come quello britannico ed
europeo) non hanno, perché manca una rete paragonabile di imprenditori investi-
tori, di profli irregolari disposti a investire enormi somme in grandi scommesse. Le
attività di DeepMind bruciano risorse, visti gli stipendi dei ricercatori, da strappare
ad altre carriere, e gli investimenti in conto capitale. La corsa dei giganti tecnologi-
ci sull’intelligenza artifciale consente di agganciare chi può permettersi questi
grandi investimenti e può permettersi di aspettare perché possiede già qualcosa in
grado di generare valore in modo costante. È ciò che avviene col matrimonio tra
Google e DeepMind, che all’interno dell’impero conserva la sua autonomia. Le

8. M. SYED, «Demis Hassabis interview: The kid from the comp who founded DeepMind and cracked
a mighty riddle of science», The Sunday Times, 5/12/2020.
9. L’importanza del 2013 nella corsa all’intelligenza artifciale è sottolineata da C. METZ, Genius ma-
kers: The mavericks who brought AI to Google, Facebook, and the world, New York 2021, Penguin
52 Random House.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

perdite di DeepMind sono coperte dalle linee fnanziarie di Google. Nel 2018 la
perdita è di 470 milioni di sterline, nel 2019 di 477 milioni di sterline. Nel 2020 per
la prima volta c’è un proftto, di 43,8 milioni di sterline, dovuto anche a un fattura-
to che sale nello stesso anno a 826 milioni di sterline dai 265 milioni del 2019, a
fronte di un limitato aumento delle spese a 717 a 780 milioni. DeepMind resta in
una traiettoria di crescita nel 2021, con un fatturato che supera il miliardo di sterli-
ne (1.365 milioni) e costi più consistenti (1.254 milioni). Pertanto, il proftto è di
poco superiore ai 100 milioni. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Chi paga quindi lo sviluppo di DeepMind? I dati esatti non sono noti, ma pos-
siamo ipotizzare che dal 2019 al 2020, con un fatturato triplicato, sia avvenuta una
notevole integrazione dei servizi di DeepMind in Google. Questi servizi per la ga-
lassia Alphabet rappresentano una parte notevole di ciò che l’azienda descrive
come suo «impatto»: DeepMind contribuisce al miglioramento dell’esperienza dei
video di YouTube, alla riduzione di circa il 30% del consumo energetico dei data
center, alla qualità della sintesi vocale realizzata da Google Assistant con il prodot-
to WaveNet. Ed è a partire dall’integrazione delle soluzioni di DeepMind per Goo-
gle e Alphabet che possiamo considerare la loro futura e promettente applicazione
ad altre industrie. Per esempio, la riduzione del consumo energetico nelle strutture
produttive ad alta intensità e la migliore gestione delle risorse idriche. In questo
senso, DeepMind non sta risolvendo l’enigma dell’intelligenza in termini generali o
flosofci, sta applicando le sue tecniche di ottimizzazione a processi gestionali che
fanno parte dei costi aziendali, in una gestione sempre più effciente. Oppure, su-
pervisiona e attua l’integrazione di diversi prodotti per migliorare l’esperienza degli
utenti e quindi il fatturato delle applicazioni. Queste tecniche possono essere spe-
rimentate al meglio con Google per l’enorme disponibilità di dati aziendali, la
prateria su cui DeepMind può applicare e testare i suoi programmi. Nel momento
in cui Google decide l’acquisizione di DeepMind, tuttavia, Hassabis ha ricevuto il
via libera per aumentare gli sforzi nel suo dna: l’evoluzione del gioco.
Quando Sergej Brin, cofondatore di Google, conosce Hassabis, i due comin-
ciano a parlare di un gioco che li appassiona: il go, originato in Cina, diffuso e
venerato nell’Asia orientale. Brin confessa di essere stato così tanto fssato col gio-
co, durante gli studi a Stanford, da mettere a repentaglio il tempo dedicato a co-
struire Google con Larry Page. Questo ci ricorda quanto gli esseri umani, dovendo
vivere le loro vite con vincoli temporali e altre esigenze, abbiano limiti evidenti
nell’apprendimento dei giochi, anche quando dedicano a essi buona parte delle
loro esistenze. Tali limiti sono superati dall’apprendimento delle macchine. Hassa-
bis dice a Brin che lui e la sua squadra costruiranno un sistema in grado di battere
il campione mondiale di go. Il cofondatore di Google pensa che sia impossibile.
Secondo Geoffrey Hinton, la determinazione con cui Hassabis affronta la sfda è
simile a quella di Oppenheimer col Progetto Manhattan.
Il go diviene l’arena in cui mettere alla prova il sistema di deep reinforcement
learning realizzato da DeepMind, un sistema che apprende dall’esperienza, utiliz-
zando gli input del contesto. DeepMind, fn dalla sua fondazione, ha allenato le 53
IL NUOVO GIOCO DELLE PERLE DI VETRO

sue intelligenze artifciali su numerosi giochi, da classici come Space Invaders e


Breakout, fno a complessi giochi di strategia in tempo reale come StarCraft II del-
la Blizzard, attraverso il programma AlphaStar e al gioco da tavolo Stratego. Alpha-
Go si avvale di alcuni dati iniziali, decine di migliaia di partite di dilettanti, per far
sì che una rete neurale impari a prevedere le mosse umane. In seguito, si costruisce
un’altra rete che svolge la funzione di rinforzo, miglioramento delle prestazioni con
lo scopo della vittoria. A esse si affanca una terza rete, dedicata a un aspetto im-
portante del go, che è la valutazione della posizione. Il 31 ottobre 2015, il capo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

della tecnologia di Facebook annuncia che l’azienda, nella sua attività sull’intelli-
genza artifciale, è impegnata a insegnare alle reti neurali il go. Nello stesso mese
dell’annuncio di Facebook, DeepMind ha già ottenuto un importante risultato con
la vittoria a porte chiuse di AlphaGo per 5 a 0 sul campione europeo Fan Hui. Per
marzo 2016 è prevista la partita a Seoul tra il software e il campione mondiale Lee
Sedol. Le partite si svolgono tra il 9 e il 15 marzo 2016, e AlphaGo vince per 4 a 1.
L’impatto delle partite, che in Corea del Sud conquistano tutte le prime pagine dei
giornali e mobilitano un pubblico, soprattutto asiatico, di 200 milioni di persone, è
stato defnito lo «Sputnik Moment» dell’intelligenza artifciale in Cina dall’investitore
Kai-fu Lee: la scintilla che fa partire un’ondata repentina di investimenti pubblici e
privati nel settore, per la paura di essere lasciati indietro.
La vittoria della macchina sull’uomo rinforza un dibattito che caratterizza da
tempo DeepMind e alcuni suoi investitori, tra cui Elon Musk, che già nel 2014 ha
scritto: «Il ritmo del progresso nell’intelligenza artifciale (non mi riferisco all’intelli-
genza artifciale ristretta) è incredibilmente veloce. A meno che non si abbia un’e-
sposizione diretta a gruppi come DeepMind, non si ha idea di quanto velocemen-
te stia crescendo a un ritmo vicino a quello esponenziale. Il rischio che accada
qualcosa di seriamente pericoloso può essere stimato a 5 anni, 10 anni al massi-
mo» 10. Nel 2019 non è successo nulla, come sappiamo, ma Musk è noto per «spa-
rare» date allo scopo di attirare l’attenzione e la sua stessa fssazione sull’intelligen-
za artifciale ha elementi di ambiguità 11. DeepMind ha al suo interno un’unità de-
dicata allo studio delle implicazioni etiche e sociali dell’intelligenza artifciale e i
suoi fondatori – in particolare Shane Legg 12 – hanno affrontato in alcune occasioni
pubblicamente questi temi.
DeepMind non si dedica solo ai giochi. Essenziale è il suo ruolo per le appli-
cazioni della biologia e della medicina in ciò che Hassabis defnisce scienza assi-
stita dall’intelligenza artifciale. Il fondatore di DeepMind è esposto a questi temi
anche nella sua vita personale: sua moglie è la ricercatrice italiana Teresa Niccoli,
che si occupa di malattie neurodegenerative. Niccoli ha studiato a Cambridge negli
anni Novanta, dove ha tra l’altro incontrato Hassabis, ed è stata allieva del premio

10. J. COOK, «Elon Musk: You Have No Idea How Close We Are To Killer Robots», Insider, 17/11/2014.
11. Si vedano M. DOWD, «Elon Musk’s billion-dollar crusade to stop the A.I. apocalypse», Vanity Fair,
26/3/2017; K. KAKAES, «Elon Musk’s biggest worry», Politico, 26/4/2022.
12. S. SHEAD, «DeepMind’s elusive third cofounder is the man making sure that machines stay on our
54 side», Insider, 26/1/2017.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Nobel Paul Nurse e della genetista Linda Partridge. Nelle sue ricerche di biologia
molecolare e nel suo laboratorio, alla University College London, Niccoli studia,
anche grazie ai modelli del moscerino della frutta 13, i meccanismi che portano alla
morte cellulare nella demenza e nell’Alzheimer. Si tratta di cause di morte in forte
crescita nel mondo 14 ma che ricevono un’attenzione tuttora ridotta nella ricerca.
AlphaFold è il progetto di DeepMind legato a un notevole problema scientif-
co: la determinazione della forma di una proteina a partire dalle catene di ammi-
noacidi che la costituiscono. AlphaFold è attivo dal 2016 e a partire dal 2018 ha Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

raggiunto importanti risultati, battendo altri software nella competizione mondiale


dedicata a questo tema, il Critical Assessment of Protein Structure Prediction (Ca-
sp). I risultati forniti da AlphaFold richiedono un tempo di calcolo molto minore di
quello degli altri software e dei metodi sperimentali e allo stesso tempo hanno un
alto grado di affdabilità. Ciò può portare ad alleggerire il lavoro dei ricercatori in
laboratorio, che potranno concentrarsi sulle applicazioni delle proteine di cui Al-
phaFold riesce a comprendere la forma, e quindi parte delle funzioni, con poten-
ziali applicazioni su nuovi farmaci e trattamenti. AlphaFold ha già costruito il più
ampio e accurato database delle più di 200 milioni di proteine conosciute e ha
lanciato uno spin-off, Isomorphic Labs, per accelerare la realizzazione di nuovi
farmaci attraverso l’intelligenza artifciale 15.
DeepMind, attraverso queste iniziative e il suo rapporto con Google-Alphabet,
è quanto di più vicino possiamo immaginare ai leggendari Bell Labs 16, fucina di
invenzioni con enorme sviluppo commerciale, tra cui il transistor. Ovviamente,
DeepMind deve ancora provare il suo valore, che ora si misura sulle sfde e sui
paper scientifci, ma che dovrà trovare un’evoluzione nei premi Nobel e nel fattu-
rato delle iniziative commerciali. Il ruolo dell’impresa dietro i Bell Labs indica an-
che il rischio per DeepMind: Google deve continuare a essere un’azienda di suc-
cesso, centrale per le nostre vite, e disposta ad attendere pazientemente gli svilup-
pi dell’azienda di Hassabis, pagando quello che è necessario.
La storia di DeepMind rimarca anche la capacità britannica nella produzione e
organizzazione del talento a partire dalle grandi università, che si vede in termini
diversi nella storia di Arm Holdings nell’industria dei chip. Al ruolo della Gran
Bretagna sul talento e sull’imprenditorialità nell’alta tecnologia non corrisponde
però, come del resto nei paesi europei, un sistema fnanziario comparabile a quel-
lo della Silicon Valley 17. Eppure, è signifcativo che DeepMind resti a Londra, che
per l’organizzazione del suo sistema formativo e della cultura scientifca possa
contare su questo formidabile magnete dell’intelligenza artifciale. In aggiunta, Has-
sabis svolge già un’ampia attività flantropica di sostegno personale a iniziative
13. www.niccolilab.org
14. «Meet the Expert: Teresa Niccoli», Ucl, 19/11/2021.
15. M. MURGIA, «DeepMind research cracks structure of almost every known protein», Financial Times,
28/7/2022.
16. Si veda B. DICKSON, «AI lab DeepMind becomes proftable and bolsters relationship with Google»,
VentureBeat, 10/10/2021.
17. S. DAVIES, R. COOKSON, «DeepMind buy heralds rise of the machines», Financial Times, 27/1/2014. 55
IL NUOVO GIOCO DELLE PERLE DI VETRO

sulla scienza e la ricerca. Visto che è un sostenitore del mantenimento del Regno
Unito nelle iniziative europee sulla ricerca, i governi europei farebbero bene a
coinvolgerlo per capire la direzione del futuro: il Vaticano l’ha già fatto, con la
Pontifcia accademia delle scienze.
DeepMind è un laboratorio avanzato sull’interdisciplinarità, che per Hassabis si
basa sulla presenza di persone che possano agire come legami, «traduttori» tra le
varie discipline: in un’azienda di circa mille persone, ne servono poche dozzine, ma
sono importanti. L’osservatorio di Hassabis è fondamentale per comprendere i rap- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

porti di forza reali dell’intelligenza artifciale: per esempio, una volta ha affermato
che Francia, Canada e Regno Unito insieme potrebbero essere una superpotenza
dell’intelligenza artifciale del rango di Stati Uniti e Cina. Questa corsa nel settore
contiene un messaggio importante anche per l’Italia, non solo per il legame familia-
re e ludico di Hassabis col nostro paese, ma anche per l’impressionante rete di ta-
lenti italofoni integrati nell’Anglosfera che il percorso di DeepMind e dei suoi vicini
ci fa conoscere, come i padovani Pietro Perona, Stefano Soatto e Marc’Aurelio Ran-
zato (quest’ultimo nel 2021 ha lasciato Facebook per approdare a DeepMind).

4. Il romanzo di Hermann Hesse Il giuoco delle perle di vetro (Das Glasperlen-


spiel) viene pubblicato nel 1943 18. È ambientato in un’età che viene dopo l’epoca
delle chiacchiere e della confusione, chiamata anche «epoca guerriera». Dopo le
rovine del Novecento, il mondo coltiva l’ordine e la scienza. Anche nell’èra prece-
dente esistono i giochi, ma quelle attività sono solo distrazioni da una vita grama.
Gli uomini dell’epoca guerriera «con tenacia imparavano a guidare l’automobile, a
fare diffcili giuochi con le carte e come in sogno si dedicavano a risolvere parole
incrociate, perché erano quasi inermi di fronte alla morte, alla paura, al dolore, alla
fame». Dopo la rovina, uomini savi ristrutturano l’ordine del mondo, con l’istituzio-
ne di una nuova autorità, che sovrintende a un enigmatico procedimento che regge
la civiltà, il gioco delle perle di vetro. Il gioco è una sofsticata e divertente ars
combinatoria che coinvolge tutte le discipline, sulla base di una prima sperimenta-
zione nella musica. Il suo primo inventore costruisce un telaio con alcuni fli, cor-
rispondenti al rigo musicale, su cui allinea diverse perle di vetro. Con le perle, il
primo giocatore forma citazioni musicali o temi inventati, per poi trasporli, svilup-
parli, modularli. Così, il gioco unisce creatività e rigore. In seguito, il gioco conosce
molte altre applicazioni, fno a divenire lingua universale, quasi autocoscienza del-
la civiltà: «Fra i matematici viene portato a un alto grado di snellezza e capacità di
elevazione, acquistando quasi la coscienza di sé e delle proprie possibilità».
Il gioco giunge a un grado di sviluppo per cui esprime fatti matematici con
segni e abbreviazioni particolari, e viene «accolto temporaneamente e imitato da
quasi tutte le scienze», per scoprire «sempre nuove relazioni, analogie e corrispon-
denze tra le formule astratte». La società del Giuoco delle perle di vetro si fonda

18. Tutte le citazioni del paragrafo sono tratte da H. HESSE, Il giuoco delle perle di vetro, Milano 1955,
56 Mondadori.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

questa ars combinatoria di matrice leibniziana, e sul suo continuo apprendimento,


in una gerarchia di eruditi al cui vertice c’è il maestro dei giochi, Magister Ludi. I
maestri dell’ordine garantiscono che i legami tra le discipline e le combinazioni
infnite procedano con la massima chiarezza e col massimo rigore. Né Leibniz né
Hesse potevano prevedere lo sviluppo della computazione resa possibile dall’elet-
tronica e dall’informatica contemporanea. Ciò costituisce, a tutti gli effetti, il gioco
delle perle di vetro della nostra civiltà.
Hassabis, che ama la lettura notturna dei testi flosofci, è un Magister Ludi che Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

vive suo malgrado in un’epoca guerresca. Se è possibile ottimizzare il consumo


energetico dei data center di Google, allora si può costruire un AlphaStuxnet, uno
strumento di intelligenza artifciale per sabotare i sistemi di controllo degli impian-
ti nucleari che sia in grado in parallelo di occultare la propria vera funzione. Una
volta che i sistemi di ottimizzazione energetica saranno adottati da diverse indu-
strie, quelle industrie potranno essere controllate e/o sabotate anche attraverso
meccanismi di fornitura che sarà diffcile rintracciare con intelligenze artifciali de-
dicate alla cibersicurezza. Dall’altro lato, se sono il Partito comunista cinese, il mio
obiettivo è costruire AlphaTaiwan, il gioco con cui posso ottimizzare l’invasione
inserendo tutti i dati di contesto: un gioco complesso, di ardua realizzazione, ma
al quale posso dedicare tutte le mie più importanti risorse. E nel mentre, il gioco
del maestro Hassabis, programmato per apprendere, riuscirà a inventare dal nulla
un gioco radicalmente nuovo?
Gli ingegneri del gioco, i maestri di Hesse, vivono consapevoli della loro fra-
gilità. Anche quando l’epoca dell’ordine ha avuto il sopravvento, il giocatore più
avveduto conosce l’incedere di una realtà che non può governare, che non riesce
a ottimizzare. Egli teme la «concezione universale fatta di luoghi comuni, secondo
la quale gli scienziati e l’erudizione, il latino e la matematica, la cultura e l’esercizio
dello spirito hanno diritto di vivere solo in quanto possono servire a scopi bellici».

57
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’UNICORNO
CHE SORVEGLIA
LA CINA CUSCITO
di Giorgio

In soli otto anni SenseTime, start-up germogliata a Hong Kong,


è diventata pilastro delle strategie di Pechino per l’Ai e bersaglio Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dell’America. Gli usi del riconoscimento facciale nel Xinjiang,


il progetto Sky Net e i legami con l’Arabia Saudita.

1. L’ EPOPEA DI SENSETIME È L’ESEMPIO


più tangibile dei progressi compiuti dalla Repubblica Popolare Cinese nel campo
dell’intelligenza artifciale (Ai) negli ultimi dieci anni. Il focus di questa azienda
nata a Hong Kong nel 2014 è rappresentato dalle attività di computer vision o vi-
sione artifciale, cioè la branca dell’Ai che consente di raccogliere, classifcare e
«comprendere» informazioni da immagini digitali, video e da altri input visivi.
Grazie alle sue peculiari capacità, SenseTime è diventata rapidamente l’«uni-
corno» (start-up che vale oltre un miliardo di dollari) di maggior valore al mondo
ed è stata inserita insieme a Baidu, Alibaba, Tencent e Hikivision nella schiera dei
campioni nazionali incaricati di trainare il progresso cinese nel quadro della «fusio-
ne» (ronghe) tra industria civile e militare. A loro spetta lo sviluppo degli strumenti
di ultima generazione con cui la Repubblica Popolare vuole competere con gli
Stati Uniti sul piano economico e bellico. Perciò non sorprende il fatto che Washin-
gton abbia incluso questo astro nascente dell’Ai tra gli attori cui precludere l’acces-
so alla tecnologia a stelle e strisce.
SenseTime eccelle in tre attività legate tra loro: riconoscimento facciale, verif-
ca umana e analisi delle folle (la cosiddetta crowd analysis). La prima consente di
catturare e identifcare i volti delle persone. Poi, le immagini raccolte vengono
messe a confronto con i dati già in possesso delle autorità. Si tratta appunto della
verifca umana, la quale a sua volta permette di studiare il comportamento dei
grandi assembramenti. Magari per gestire l’intenso traffco delle megalopoli sulla
costa cinese. Oppure per capire se sta per scoppiare una protesta, individuarne i
responsabili e approntare delle contromisure. Con il fne ultimo di preservare la
stabilità domestica e quindi difendere la sovranità di Pechino.
Il tema della sorveglianza è reso particolarmente attuale dalle manifestazioni
avvenute nel novembre 2022 in diverse città della Cina contro la rigorosa tattica 59
L’UNICORNO CHE SORVEGLIA LA CINA

zero-Covid. Cioè le stringenti misure di controllo e prevenzione applicate dal go-


verno guidato dal presidente Xi Jinping per contenere l’epidemia dopo il suo
scoppio a Wuhan nel 2019. Le proteste hanno spinto Pechino ad accelerare il ri-
lassamento di tali misure. A ogni modo, alcuni giorni dopo quegli eventi, nella
capitale la polizia ha convocato telefonicamente diverse persone per chiedergli di
rendere conto della loro partecipazione agli assembramenti 1. Non è chiaro quali
strumenti siano stati usati per identifcare i manifestanti, ma potrebbe esser stato
decisivo l’uso della geolocalizzazione tramite smartphone e la raccolta dati basata Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

su foto e video.
Le autorità cinesi fanno ampio uso di tali risorse. Per esempio SenseTime
fornisce tecnologia a diversi uffci di polizia, banche, operatori di telefonia mobi-
le, società di sicurezza private e produttori di smartphone. Soprattutto, l’azienda
hongkonghese collabora con il ministero della Pubblica sicurezza (Mps, respon-
sabile tra le molte cose anche dell’intelligence domestica) nell’ambito delle ope-
razioni Sky Net (Tianwang, Rete celeste), Fox Hunt (Liehu, Caccia alla volpe) e
Sharp Eyes (Ruiyan gongcheng, Progetto occhi acuti). Le prime due sono fnaliz-
zate alla lotta alla criminalità, alla corruzione e all’arresto dei colpevoli fuggiti
all’estero. Sharp Eyes consiste in un programma di sorveglianza della popolazione
cinese tramite oltre 200 milioni di telecamere dotate di riconoscimento facciale
dislocate nel paese 2.
Gli abitanti vivono con una certa ansia questo monitoraggio costante. In base
a un sondaggio condotto nel 2021 da Beijing News Think Tank su un campione di
1.515 persone, l’87% era contrario all’uso del riconoscimento facciale nelle zone
commerciali. Il 68% riteneva che non dovesse essere usato per accedere alle aree
residenziali. Tra il 43 e il 52% pensava che questa tecnologia non andasse impie-
gata neanche in strutture quali ospedali, scuole e uffci. La preoccupazione princi-
pale era legata al rischio del furto dei dati (96%), seguita da quella relativa alle
questioni di privacy (91%) 3.
Le operazioni di sorveglianza si estendono oltre i confni cinesi. Nel 2021,
1.273 fuggitivi sarebbero stati catturati tramite Sky Net 4. Un trionfo per Pechino,
che lo scorso gennaio ha promesso l’ulteriore espansione della Rete celeste tramite
la Belt and Road Initiative (Bri, nuove vie della seta), il progetto con cui Xi vuole
accrescere la proiezione geopolitica della Repubblica Popolare all’estero 5. Questa
mossa collima anche con la recente scoperta di un centinaio di «stazioni di polizia

1. M.Q. POLLARD, E. BAPTISTA, «Chinese authorities seek out COVID protesters», Reuters, 29/11/2022.
2. D. GERSHGORN, «China’s ‘Sharp Eyes’ Program Aims to Surveil 100% of Public Space», cset.george-
town.edu, 2/3/2021.
3. Cfr. «Facial recognition is used in China for everything from refuse collection to toilet roll dispensers
and its citizens are growing increasingly alarmed, survey shows», South China Morning Post,
27/1/2021.
4. «1,273 fugitives returned to China last year to face justice», Global Times, 25/2/2022.
5. Cfr. «Zhao Leji zai shijiu jie zhongyang jiwei liu ci quanhui shang de gongzuo baogao» («Rapporto
di lavoro di Zhao Leji in occasione della sesta sessione plenaria della XIX commissione centrale per
60 l’Ispezione disciplinare»), samr.gov.cn, 4/3/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

d’oltremare» alle dipendenze dell’Mps in almeno 53 paesi, Italia inclusa 6. Il loro


scopo è sorvegliare la diaspora cinese e i paesi che la ospitano.
SenseTime ha diversi interlocutori stranieri e conta sedi in Stati quali Usa,
Giappone, Singapore, Corea del Sud, Malaysia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudi-
ta. Proprio lo scorso settembre, la joint venture formata con Saudi Company for
Artifcial Intelligence (Scai) è stata incaricata di creare un laboratorio per l’Ai nel
paese mediorientale. Lo scopo di lungo periodo è contribuire al suo progresso nel
contesto della partnership strategica siglata da Pechino e Riyad durante l’incontro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

tra Xi e il principe ereditario Muõammad bin Salmån al-Sa‘ûd avvenuto a dicembre.


Per l’evento è stato sottoscritto anche un memorandum secondo cui Huawei con-
tribuirà alla costruzione della rete cloud di alcune città saudite.
In prospettiva, Pechino vuole usare le diramazioni digitali delle nuove vie
della seta per penetrare tecnologicamente in Medio Oriente, accrescere la dipen-
denza regionale dalle proprie infrastrutture, raccogliere dati sulle collettività locali
e verifcare l’emergere di entità terroristiche che potrebbero penetrare in Cina tra-
mite il Xinjiang.
La motivazione uffciale delle sanzioni attuate da Washington contro SenseTi-
me è proprio il suo contributo alla campagna di repressione e assimilazione con-
dotta da Pechino contro gli uiguri, minoranza musulmana e turcofona che abita
questa instabile regione della Repubblica Popolare. Eppure, per la Casa Bianca la
posta in gioco è più grande. Si tratta di recidere i legami che l’azienda ha con atto-
ri tecnologici negli Stati Uniti o nei loro satelliti, come il Massachusetts Institute of
Technology (Mit), l’azienda di semiconduttori Qualcomm o la società giapponese
Honda. Più in generale, l’America vuole evitare che la Cina domini la fliera dell’in-
telligenza artifciale e che ciò le consenta di avere un vantaggio nel loro scontro.
Da tempo l’Esercito popolare di liberazione ha stabilito la necessità di passare
dalla conduzione di guerre «informatizzate» (cioè incentrate sulla circolazione po-
tenziata delle informazioni) a quelle in cui l’uso dell’Ai, del cloud e dei big data
riguarda tutte le dimensioni del confronto bellico, a cominciare dal processo di
comando e controllo. Il concetto è espresso con il termine zhineng hua, traducibi-
le in «intelligentizzazione».
Pechino ha iniziato a interrogarsi realmente sulla qualità della propria tecnolo-
gia e sulla convenienza dell’intelligenza artifciale in campo militare solo da pochi
anni. Il dibattito è stato alimentato dalla vittoria in una partita di go (o weiqi) con-
seguita dal software Alphago di Google DeepMind contro il campione cinese Ke
Jie nel 2017. Il weiqi (o gioco dell’accerchiamento) è uno degli elementi che meglio
descrivono la cultura strategica della Repubblica Popolare. Lo scopo di tale passa-
tempo non è scontrarsi frontalmente con le pedine dell’avversario, come negli
scacchi. Piuttosto è accerchiarle su più parti del tavolo da gioco. Al termine della
partita le aree di dominio dei due avversari sono talmente intrecciate da rendere
diffcile stabilire chi abbia vinto.
6. Cfr. G. CUSCITO, «Perché la Cina gestisce undici stazioni di polizia in Italia», limesonline.com,
9/12/2022. 61
L’UNICORNO CHE SORVEGLIA LA CINA

Il trionfo di AlphaGo ha innescato la replica di SenseTime, che lo scorso ago-


sto ha svelato SenseRobot: un piccolo androide dotato di intelligenza artifciale in
grado di gareggiare nello xiangqi, (gioco a metà tra gli scacchi e il weiqi) su 26
livelli di diffcoltà e con oltre 100 scenari di fne partita.
Dopo pochi mesi, SenseRobot ha sconftto due campioni cinesi in un torneo.
Così ha confermato le convinzioni di Pechino circa l’uso strategico dell’Ai e ha di-
mostrato che anche la Repubblica Popolare è in grado di costruire un dispositivo
con le stesse capacità di AlphaGo. Di più, mettendolo in vendita come giocattolo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

di ultima generazione l’azienda hongkonghese ora incoraggia la collettività (e in


particolare i più giovani) a migliorare le proprie capacità decisionali. Quindi a pre-
pararsi alla drastica compenetrazione in feri tra mondo reale e digitale, entrambe
poste in gioco tra Usa e Cina. Con la consapevolezza, espressa pure da Pechino,
che l’Ai può aiutare ma non sostituire il discernimento umano. Soprattutto quando
riguarda decisioni strategiche.

2. La storia del fondatore di SenseTime Tang Xiao’ou sottolinea l’impatto che


l’interazione con l’America ha avuto sul progresso tecnologico della Repubblica
Popolare. Tang è nato ad Anshan (Liaoning) nel 1968 e ha vissuto a pieno il boom
economico cinese innescato dalla politica di riforma e apertura promossa da Deng
Xiaoping. Per sua ammissione, la frequente lettura dei libri illustrati durante l’infan-
zia lo avrebbe spinto ad applicare l’intelligenza artifciale alle immagini. Tra il 1990
e il 1991, Tang si è laureato in informatica prima presso l’Università della Scienza
e della Tecnologia cinese ad Anhui e poi alla Università di Rochester di New York.
Cinque anni dopo ha conseguito un dottorato presso il Massachusetts Institute of
Technology di Boston, dove si occupava di robotica sottomarina.
Terminati gli studi, Tang ha iniziato a insegnare presso la City University of
Hong Kong (CityU), dove nel 2001 ha aperto un laboratorio multimediale dedicato
alla computer vision. È il centro da cui poi sarebbe gemmato SenseTime. Il Porto
Profumato era stato appena restituito dal Regno Unito alla Repubblica Popolare.
Rispetto al resto del paese, la popolazione locale godeva di una maggiore libertà
di interazione economica, sociale, culturale e accademica con l’Occidente. Intera-
zione che poi sarebbe stata notevolmente ridimensionata da Xi dal 2013 in poi.
Tuttavia, Tang aveva pochi contatti a Hong Kong, l’Ai non era l’argomento più
seguito alla CityU e gli studenti più brillanti erano già andati a studiare negli Usa.
Perciò il giovane docente ha riallacciato i rapporti con la University of Scien-
ce and Technology of China (Ustc) a Hefei (Anhui), sua alma mater. Obiettivo:
raccogliere le menti migliori da inserire nel laboratorio. Tra loro vi erano Li Xue-
long, Wang Xiaongang e Tao Dacheng, futuri pilastri di SenseTime. In poco tem-
po l’ateneo hongkonghese è diventato un vibrante centro di ricerca sull’Ai 7. Al
punto da poter essere considerato l’«Accademia Whampoa» dell’industria digitale

7. C. CHEN, N. HUANG, «Jiang gang zhongwen jiancheng Zhongguo AI shijue huangbu junxiao de ren»
(«La persona che ha trasformato l’Università di Hong Kong nell’Accademia Whampoa dell’intelligenza
62 artifciale nel campo della computer vision»), AItechtalk, 13/10/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

cinese 8. Chiaro riferimento all’istituto militare fondato nel 1924 da Sun Yat-sen.
Quello in cui si formarono i comandanti protagonisti dei principali confitti in cui
fu coinvolta la Cina nella prima metà del XX secolo, inclusa la guerra civile tra
comunisti e nazionalisti.
A incentivare la crescita del laboratorio è stato anche il lavoro svolto da Tang tra
il 2005 e il 2008 presso Microsoft Research Asia (acronimo inglese Msra, basato a
Pechino), il più grande laboratorio di ricerca dell’azienda fuori dagli Stati Uniti. Dal
centro, fondato nel 1998 dal taiwanese Kai Fu-lee (oggi guru dell’Ai) sono passati Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

anche Zhang Ya-qin (poi presidente di Baidu) e Jack Ma (fondatore di Alibaba).


Tang si concentrava sulla computer vision ed elaborava gli algoritmi visivi per pro-
dotti come Xbox, Kinekt, Windows Hello e il motore di ricerca per immagini Bing.
Nel 2014 è avvenuta la svolta: il laboratorio di Hong Kong ha prodotto il
software di riconoscimento facciale DeepId. Il programma aveva un tasso di accu-
ratezza dell’98,52%, cioè quasi un punto percentuale in più rispetto a quello regi-
strato dall’algoritmo DeepFace elaborato da Facebook. Soprattutto era la prima
volta che l’intelligenza artifciale mostrava una performance superiore a quella
dell’uomo 9. Nel giro di pochi mesi, Tang e altri undici accademici della Cuhk han-
no fondato Shangtang (SenseTime) con il contributo iniziale di dieci milioni di
dollari da parte della bostoniana Idg Capital, una delle società d’investimenti mag-
giormente attive in Cina.
Il nome della start-up evidenziava le ambizioni del suo fondatore. L’imperato-
re Shang Tang è celebre per aver dato inizio alla dinastia Shang (1600-1045 a.C.),
particolarmente prolifca sul piano tecnologico. A quel periodo risalgono i primi
reperti archeologici di testi scritti in cinese, armi in bronzo e carrozze trainate da
cavalli. Queste ultime cambiarono il modo in cui si faceva la guerra e per secoli
diedero alla dinastia Shang un vantaggio decisivo sul campo di battaglia. Almeno
fno a quando non fu sconftta dal regno di Zhou. Come affermato dallo stesso Xu,
il nome è stato scelto perché la società vuole portare il paese ai fasti tecnologici del
passato. Una decisione stilistica senz’altro gradita da Xi Jinping, che del «risorgi-
mento» della Cina ha fatto il perno del suo progetto geopolitico.
Non a caso l’ascesa di SenseTime è collimata con il piano del presidente per
trasformare la Repubblica Popolare in una potenza nel campo dell’Ai entro il 2030
e con la dura campagna antiterrorismo e di repressione nel Xinjiang. Questa tattica
prevede i famigerati campi di «educazione professionale», centri di detenzione dove
imporre usi e costumi dell’etnia han agli uiguri. A tal fne, il governo impiega tec-
nologie sofsticate – tra cui quelle di SenseTime – per identifcare la minoranza e
monitorarne il comportamento.
Nel 2018 l’azienda honkgkonghese è stata inserita tra i «campioni nazionali
dell’Ai» e ha incamerato capitali da enti come la britannica Fidelity International, le
8. Ibidem.
9. CHAOCHAO LU, TANG XIAO’OU, «Surpassing Human-Level Face Verifcation Performance on LFW with
GaussianFace», Proceedings of the 29th Aaai Conference on Artifcial Intelligence (Aaai-15),
20/12/2014. 63
L’UNICORNO CHE SORVEGLIA LA CINA

statunitensi Silver Lake Partners, Tiger Global Management e Qualcomm 10. Inoltre
ha frmato accordi di collaborazione con diversi attori di Singapore: la società Te-
masek, l’Università Nanyang, il Centro nazionale di supercomputing, la Singapore
Telecommunication Limited. Soprattutto, SenseTime ha siglato una «alleanza» con il
Massachusetts Institute of Technology, con cui Tang aveva contatti grazie al dotto-
rato 11. Il risultato è stato l’avvio di 27 progetti di ricerca, con il coinvolgimento di
una cinquantina di facoltà dell’ateneo americano.
Poi, durante il secondo forum sulle nuove vie della seta a Pechino, l’unicorno Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ha annunciato con la malaysiana G3 Global e il colosso portuale China Harbour


Engineering la costruzione di un parco per l’Ai vicino Kuala Lumpur. È un perfetto
esempio di come la Repubblica Popolare investa contemporaneamente nella sua
trasformazione in potenza marittima e digitale.
Tuttavia, nel 2019 le attività di SenseTime nell’ambito di Sky Net sono venute
alla luce. Il ricercatore Victor Gervers ha scoperto che SenseNets (supportata dalla
società di Tang fno al 2018) aveva raccolto quasi sette milioni di localizzazioni
satellitari gps e informazioni private di 2,6 milioni di persone, la maggior parte ubi-
cata nel Xinjiang 12. Pochi mesi dopo queste rivelazioni l’azienda hongkonghese ha
venduto anche la sua quota in Tangli Technologies, tramite cui forniva apparati di
monitoraggio alla polizia del Xinjiang in collaborazione con Leon Technology.
La mossa non è bastata per evitare di essere inserita nella lista stilata dal dipar-
timento del Commercio americano contenente gli enti cui è vietato acquistare
tecnologia made in Usa a meno che non siano in possesso di licenze speciali.
Tuttavia, un dettaglio del documento uffciale ha permesso all’azienda di schivare
parzialmente il meccanismo sanzionatorio: l’entità chiamata in causa è solo Sense-
Time Beijing, cioè il centro situato nella capitale, formalmente responsabile della
vendita dei software 13.
Malgrado ciò, Pechino ha scelto la società di Tang come leader del gruppo di
lavoro per la defnizione degli standard nel campo del riconoscimento facciale in
Cina. Contestualmente l’azienda ha intensifcato le attività nel campo sanitario,
complice l’esigenza di rendere più effciente la gestione dell’epidemia di coronavi-
rus, e ha potenziato le sue operazioni in Medio Oriente, in particolare in Arabia
Saudita 14.
Washington ha sferrato un nuovo colpo a SenseTime nel dicembre 2022,
quando il dipartimento del Tesoro l’ha inserita nella lista degli enti parte del com-
plesso militare cinese e responsabili della repressione nel Xinjiang. Così ha impe-

10. S. JIANG, «China’s SenseTime raises $620 million, its second funding round in two months»,
31/5/2018.
11. «SenseTime Establishes Smart Medical R&D Lab in New Jersey», spectrum.mit.edu, primavera 2018,
15/12/2022.
12. Y. YANG, «Data leak reveals China is tracking almost 2.6m people in Xinjiang», Financial Times,
17/2/2019.
13. Cfr. «15 CFR Part 744 [Docket No. 190925–0044] RIN 0694–AH68, Addition of Certain Entities to
the Entity List», Department of Commerce, Bureau of Industry and Security, govinfo.gov, 9/10/2019.
14. C. FENG, «China’s AI champion SenseTime hits consumer market for frst time with US$299 chess-
64 playing robot», South China Morning Post, 10/8/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

dito alle omologhe americane di investire ulteriormente nell’unicorno cinese, il


quale ha posticipato di due settimane l’atteso debutto alla Borsa di Hong Kong.
Nonostante tutto, l’azienda di Tang è rimasta in piedi. Anche la collaborazione
con il Mit è proseguita, almeno fno al febbraio 2022 15. Inoltre Japan Computer
Vision (Jcv), di proprietà di SoftBank, ha offerto insieme a SenseTime le proprie
tecnologie biometriche a Visa e Mastercard. Per inciso, Jcv è anche uno degli atto-
ri che hanno investito nel sistema di autenticazione di identità di PopId, società
basata a Pasadena e in rapida espansione 16. La sua storia simboleggia le diffcoltà Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che si incontrano nello sbrigliare l’articolata fliera produttiva dell’Ai.

3. Pur essendo dichiarato bersaglio americano, ora SenseTime sta espandendo


le sue attività in altri settori. Per esempio quello automobilistico, tramite lo sviluppo
di dispositivi intelligenti a bordo delle vetture e la messa in commercio di un siste-
ma di rilevamento automatizzato dei difetti dei motori. Di quest’ultimo usufruisce
la pechinese Foton Cummins, che nel settore è la principale produttrice indipen-
dente al mondo. Peraltro, il debutto nell’automotive è stato abbinato alla collabo-
razione con la squadra di Formula 1 Alfa Romeo Orlen, operata dalla svizzera
Sauber sotto marchio italiano. Una diretta conseguenza del desiderio della Cina di
volersi porre quale forza trainante del boom delle vetture smart ed elettriche.
L’ultima frontiera è il Metaverso. SenseTime ambisce alla creazione di contesti
urbani che fondano la realtà fsica con quella digitale avvalendosi dell’intelligenza
artifciale. Insomma, un mondo virtuale privo di barriere solo in apparenza, giac-
ché a stabilirne i confni e a sorvegliarne il fusso di dati saranno gli attori che ne
detteranno le regole. Ragion per cui il piano della società hongkonghese è porsi
come riferimento di questo segmento tecnologico al pari di Baidu, Tencent e
TikTok (Douyin, pure nel mirino americano) nell’ambito della «sovranità ciberneti-
ca» di Pechino sul Web cinese.
Il primo teatro di applicazione di tali progetti fuori dalla Repubblica Popolare
è l’«Asia-Pacifco», come si evince dal piano pubblicato da SenseTime lo scorso
ottobre 17. La terminologia scelta non è casuale. Serve per distinguere la visione
sinica dell’intorno geografco da quella americana e giapponese, la quale prevede
l’inclusione dell’India nel quadrante regionale «Indo-Pacifco» ai fni del conteni-
mento delle ambizioni di Pechino. Insomma, Tang intende contribuire ai faticosi
tentativi sviluppati dalla Cina per modellare la propria sfera d’infuenza nelle acque
rivierasche e respingere la presenza – fsica e virtuale – degli Stati Uniti alle porte
di casa. Sono i primi segnali del ruolo che il Metaverso e SenseTime potrebbero
avere nell’evoluzione digitale delle nuove vie della seta. Sempre che Washington
non riesca a interrompere il galoppo dell’unicorno che sorveglia la Cina.

15. A. ZEWE, «Can machine-learning models overcome biased datasets?», news.mit.edu, 21/2/2022.
16. «PopId Expanding Payment Service Nationwide», pymints.com, 13/12/2022.
17. «Metaverse: the new economic road in Asia-Pacifc», Sensetime Intelligent Industry Research Insti-
tute, 28/10/2022. 65
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

PREVEDERE L’IMPREVEDIBILE
L’ALGORITMO COME ESORCISMO PISTONE di Paolo

L’odierna ossessione per la calcolabilità, profetizzata da Leibniz,


deriva dalla contezza scientifica di non poter controllare il futuro. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Dagli studi di Turing, Gödel e Church al DeepFace di Facebook,


utopie e distopie del processo algoritmico.

1. N ELLA TERZA STAGIONE DELLA SERIE TV


Westworld l’umanità è governata da Rehoboam, un’intelligenza artifciale (Ai) ca-
pace di prevedere tanto future rivolte o cambiamenti sociali quanto i destini dei
singoli individui. Fantascienza o no, l’immaginario che accompagna lo sviluppo di
algoritmi d’intelligenza artifciale sempre più effcaci non si discosta molto da quel-
lo raccontato nella nota serie della Hbo. Su un blog della rivista Scientifc Ameri-
can si osserva come Cina e Stati Uniti si affdino ormai ad algoritmi per prevedere
le mosse dei propri avversari e ci si chiede come cambierà la geopolitica in un
futuro in cui predire gli eventi sarà la norma: «La Germania potrebbe avvisare le
sue multinazionali circa un confitto in Africa mesi prima che questo avvenga? O
le nazioni dell’America Latina potrebbero impedire una guerra civile settimane
prima della sua esplosione?» 1.
Quanto c’è di credibile in questa immagine vagamente distopica del futuro?
Non essendo chi scrive un’intelligenza artifciale e non potendo quindi prevedere
il futuro, in queste righe si proverà a tracciare i confni della questione sulla base
delle (poche) conoscenze e delle (molte) questioni aperte nella scienza degli
algoritmi 2.
Di certo c’è che l’uso, nel linguaggio comune e giornalistico, del termine «al-
goritmo» è esploso negli ultimi quindici anni. Una rapida ricerca su Google mostra
che se ancora nel 2006 le ricerche negli Stati Uniti di espressioni contenenti il lem-
ma algorithm erano principalmente di tipo tecnico-specialistico, nel 2020 queste si
legavano piuttosto a curiosità non specialistiche su ben note applicazioni e social
network (YouTube algorithm, Tinder algorithm eccetera). Non sorprenderà che
1. A. PRAKASH, «Algorithmic Foreign Policy», blogs.scientifcamerican.com, 29/8/2019.
2. Nel mondo anglosassone è comune distinguere tra Information Technology, ossia lo sviluppo di
tecnologie informatiche, e Computer Science, la scienza accademica degli algoritmi. 67
PREVEDERE L’IMPREVEDIBILE. L’ALGORITMO COME ESORCISMO

negli ultimi anni sempre più antropologi, flosof e sociologi si siano dedicati all’a-
scesa dell’algoritmo (termine spesso declinato al singolare) come fenomeno socia-
le, prima che tecnologico. Questi studi hanno messo in evidenza come passando
dal campo tecnico-scientifco al dibattito politico e culturale l’espressione «algorit-
mo» si sia allontanata dal signifcato originario – procedura per risolvere, passo
dopo passo, un problema matematico – per acquisire una polisemia in continua
evoluzione. Oggi si tende a parlare di algoritmi come strumenti «il cui scopo è ri-
velare qualche verità o tendenza nel mondo», a cui stiamo progressivamente dele- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

gando «la classifcazione e gerarchizzazione di persone, luoghi, oggetti e idee» 3. Un


ulteriore livello di polisemia proviene dall’advertising delle imprese di Information
Technology (It), aziende private che traggono proftto dalla centralità sociale dei
propri algoritmi. Così l’aggettivo «algoritmico» ha progressivamente acquisito il sen-
so di «potente talismano per proteggersi dalle critiche» 4, in quanto una predizione
algoritmica risulterebbe intrinsecamente più oggettiva di una predizione umana.

2. Per quanto diffcile da tracciare con precisione, la distinzione tra scienza e


tecnologia torna utile per provare a guardare in avanti nel tempo. Le leggi della
fsica di Einstein hanno avuto un impatto incommensurabile sulla tecnologia
dell’ultimo secolo, ma defniscono un quadro di possibilità e impossibilità larga-
mente indipendente dalla tecnologia disponibile in un dato momento: se la teoria
di Einstein è vera, nessun mezzo dotato di energia fnita, per quanto avanzato,
potrà mai viaggiare alla velocità della luce.
In questo senso, la storia dell’informatica non si discosta molto da quella della
fsica: lo sviluppo dei primi calcolatori a partire dagli anni Quaranta del secolo
scorso poggiava sulle ricerche di matematici come Alan Turing, Kurt Gödel o Alon-
zo Church, che negli anni Trenta erano arrivati a stabilire alcune leggi fondamen-
tali della calcolabilità. Per introdurre queste idee parleremo di «concetti» nel senso
del machine learning odierno, ossia come regole per catalogare una certa famiglia
di oggetti. Per esempio, il concetto di «primalità» consente di classifcare ogni nu-
mero come primo o non primo. Un concetto è detto calcolabile, o algoritmico, se
è possibile determinarlo tramite un algoritmo, ovvero se è possibile descrivere una
sequenza di istruzioni che permettano, entro un tempo fnito, di classifcare gli
oggetti in accordo con il concetto. Ad esempio, la primalità è un concetto calcola-
bile in quanto è possibile defnire un algoritmo per determinare, in un tempo fni-
to, se un numero sia primo o no. D’altra parte, il più importante risultato a cui
erano pervenuti i matematici di cui sopra afferma l’esistenza di concetti non calco-
labili, concetti che nessun algoritmo, per quanto avanzato, ci permetterà mai di
determinare in maniera automatizzata 5: prima ancora di nascere, l’informatica sa
già che non potrà mai superare la velocità della luce.
3. T. STRIPHAS, «Algorithmic Culture», European Journal of Cultural Studies, vol. 18, n. 4-5, 2015, pp.
395-412.
4. T. GILLESPIE, «Algorithm», in B. PETERS, Digital Keywords, Princeton 2016, Princeton University Press.
68 5. È questo il senso del famoso teorema della fermata di Turing, dimostrato nel 1936.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Larga parte della crittografa contemporanea si basa inoltre sul principio se-
condo cui alcuni concetti, sebbene calcolabili in astratto, non lo sono «in pratica»:
calcolarli effettivamente richiederebbe un tempo esponenziale, ovvero irrimedia-
bilmente lungo, indipendentemente dalla capacità di calcolo disponibile. Tipica-
mente, per proteggere un conto bancario da accessi indesiderati si condiziona tale
accesso alla soluzione di un problema considerato troppo diffcile da risolvere in
tempo utile. Il più importante problema aperto nell’informatica contemporanea, la
cosiddetta questione P=NP? (sulla cui soluzione pende un premio di un milione di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dollari) chiede di dimostrare, in maniera matematicamente rigorosa, se questo prin-


cipio sia vero oppure falso (mettendo così potenzialmente a repentaglio l’intero
sistema della sicurezza informatica moderna).
In maniera non troppo dissimile la fsica moderna ci spiega che esistono feno-
meni (banalmente, il meteo) deterministici (dunque prevedibili) in astratto, ma non
in pratica. Nessuna misura, per quanto precisa e avanzata, ci permetterà mai di
fornire previsioni meteorologiche a medio termine entro un margine d’errore sen-
sato. Non tutto si può prevedere, non tutto si può calcolare, molto poco si può
calcolare in tempo utile: buone notizie per la geopolitica al tempo degli algoritmi.

3. Il più grande precursore dell’ossessione contemporanea per gli algoritmi è


probabilmente il matematico e flosofo del XVII secolo Gottfried Wilhelm von
Leibniz. Egli cercò per tutta la vita di defnire un calculus ratiocinator capace di
dirimere ogni questione intellettuale: «Quando sorgeranno controversie tra due
flosof, non sarà più necessaria una discussione. (…) Sarà suffciente, infatti, che
essi prendano in mano le penne, si siedano di fronte agli abachi e (…) si dicano
l’un l’altro: Calculemus!» 6. Il sogno (o incubo) di Leibniz ci appare oggi straordi-
nariamente moderno. Qualora ogni concetto fosse davvero «algoritmico» non
avremmo bisogno di alcuna intelligenza, artifciale o naturale. Basterebbe metter-
si a calcolare.
Proprio perché gran parte delle questioni che ci interessano non sono predit-
tibili o calcolabili si è cominciato a pensare ad algoritmi più «furbi». Molti concetti
fondamentali dell’Ai provengono dalla cibernetica degli anni Cinquanta e Sessanta,
ma solo sul fnire degli anni Novanta – e ancor più dagli anni Dieci di questo se-
colo – la crescente disponibilità di dati e potenza di calcolo ha permesso a queste
tecnologie di raggiungere livelli di precisione che le hanno rese assai interessanti
per il mercato. Il modello di calcolo delle reti neurali (che ha ben poco a che fare
con i nostri neuroni!) risale ai lavori di Walter Pitts e Warren McCulloch del 1943,
mentre la cosiddetta deep learning revolution – il momento in cui gli algoritmi ba-
sati su reti neurali profonde hanno preso il sopravvento in aree come la computer
vision, il riconoscimento vocale o l’analisi genomica – avviene intorno al 2012.
Molti di noi si sono trovati a dover sostenere un esame all’università che si
ritiene troppo diffcile per le proprie capacità. Piuttosto che perdere tempo a stu-

6. G.W. LEIBNIZ, Scritti di logica, a cura di F. BARONE, vol. 1, Roma-Bari 1992, Laterza. 69
PREVEDERE L’IMPREVEDIBILE. L’ALGORITMO COME ESORCISMO

diare concetti di cui non si capisce molto, a volte si sceglie di «farsi furbi»: si leg-
giucchia qualcosa qua e là dal libro di testo, si seguono un po’ di orali, si fa atten-
zione alle domande abituali del professore. «Make it or fake it!», dicono gli ameri-
cani. Gli algoritmi di Machine learning seguono un approccio non troppo diverso:
dato un concetto ignoto C, l’algoritmo produce, a partire da un insieme fnito di
esempi tratti da C, un’ipotesi H, ovvero un nuovo concetto pienamente algoritmico
che fornisca un’approssimazione il più possibile fedele di C. Supponiamo che C
sia una regola per classifcare i punti del piano cartesiano come «buoni» o «cattivi»: Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

i punti potrebbero corrispondere alle serie tv disponibili su Netfix, C alla nostra


disposizione a guardarle o meno. Il training dell’algoritmo consisterà nel metterci
alla prova su un certo numero fnito di casi, memorizzando le nostre risposte:
questo sì, questo no, questo forse. Allora l’algoritmo produrrà la sua ipotesi H: ti-
picamente una linea di demarcazione del piano che separi i punti «buoni» secondo
l’algoritmo da quelli «cattivi» (con un po’ di approssimazione, così funziona una
rete neurale).

La fgura rappresenta due possibili ipotesi. Nel primo caso H ha una forma
semplice (una linea curva) e separa in maniera abbastanza corretta, sebbene non
perfettamente, i punti chiari (buoni) dai punti scuri (cattivi). Qui Netfix sta facen-
do una scommessa su di noi: suppone che i nostri gusti siano descritti da un mo-
dello semplice, quindi anche se la sua ipotesi non collima esattamente con le no-
stre reazioni iniziali ha comunque buone chance di predire abbastanza bene il
nostro comportamento futuro. Nel secondo caso H ha una forma più complessa
(una linea spezzata), ma perfettamente corretta rispetto agli esempi. Qui Netfix
cerca piuttosto di rimanere fedele alle nostre reazioni iniziali, ma così si espone
maggiormente al rischio di fornire risposte poco signifcative in futuro.
La scelta di un modello adeguato (nel nostro caso, la forma della linea di
demarcazione) è cruciale nella costruzione di un buon algoritmo d’apprendi-
mento. Un modello troppo semplifcato andrà incontro a dei bias: tenderà ad
appiattire i dati sui suoi pregiudizi (la riproduzione di pregiudizi e fattori di di-
scriminazione culturale da parte degli algoritmi è oggi una delle problematiche
più studiate e discusse nell’intelligenza artifciale). Un modello troppo complica-
to andrà incontro a difetti di generalizzazione: si adatterà così bene alla specif-
cità dei casi considerati nel training da produrre ipotesi poco effcaci al di fuori
70 di questi.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Spesso l’apprendimento prevede una successione di fasi: quando apriamo


Netfix per la prima volta, l’algoritmo sa poco o nulla di noi e cerca di esplorare i
nostri gusti proponendoci serie scelte a caso e memorizzando le nostre reazioni.
Con il tempo l’algoritmo inizierà a fornire ipotesi via via più raffnate sfruttando
l’informazione estratta da noi fno a quel punto. Questa dinamica di apprendimen-
to basata su fasi di esplorazione e di sfruttamento dell’informazione acquisita è
alla base del reinforcement learning, un’altra delle tecnologie fondamentali del
Machine learning (l’algoritmo di Netfix combina effettivamente l’uso di reti neura-
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

li con il reinforcement learning).

4. A conti fatti, l’apprendimento delle macchine ci è utile non tanto a predire


il futuro, ma proprio perché non è possibile prevedere con esattezza il futuro. La
questione cruciale è allora quella di comprendere in che misura le predizioni e le
classifcazioni prodotte da un algoritmo si avvicinino al vero. Come ben sa chi si
occupa di sondaggi, una predizione statistica ha senso solo entro un margine d’er-
rore: essa non predice il futuro, approssima più o meno bene il presente. È possi-
bile derivare, come nella fsica, leggi generali indipendenti dalla tecnologia attuale
che descrivano i margini d’errore del Machine learning.
Questa domanda sta a fondamento di teorie matematiche come il Pac-learning
(apprendimento probably approximately correct), miranti a stabilire princìpi gene-
rali che per un dato modello di apprendimento mettano in relazione il margine
d’errore prodotto con la quantità di training necessaria a produrlo. L’idea è che per
ottenere un errore più piccolo sia necessario allenare l’algoritmo di più. Ma quanto
di più? Secondo queste teorie, in alcuni casi è dimostrabile che apprendere un
concetto con un margine d’errore accettabile richiederebbe una quantità di allena-
mento esponenziale, impossibile da mettere in pratica. Un po’ come per P=NP?.
Queste teorie non sono ancora in grado di fornire una robusta comprensione
delle leggi del Machine learning; le più recenti tecnologie nel deep learning mo-
strano performance decisamente migliori di quelle predette dalla teoria del Pac-le-
arning. L’algoritmo DeepFace di Facebook per il riconoscimento facciale, che con-
siste in una deep neural network con circa 120 milioni di connessioni, ha raggiunto
un tasso d’errore del 2,65% dopo un allenamento con «soltanto» 4 milioni di imma-
gini, mentre la teoria Pac prevede che un tale errore richiederebbe di allenare la
rete con un numero di esempi proporzionale addirittura a una potenza del suo
numero di connessioni.
In attesa di diventare schiavi di Rehoboam, dobbiamo sperare che lo studio e
la comprensione scientifca ci permettano di separare con sempre maggiore chia-
rezza le leggi degli algoritmi da quelle della fantascienza.

71
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

DOBBIAMO RIPENSARE
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE di Teresa NUMERICO
I nuovi sistemi tecnologici pongono una sfida politica. Dalla
riproduzione del ragionamento ai processi di apprendimento. Gli Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

inevitabili pregiudizi e l’equivoco dei big data. I conflitti di potere. Lo


sviluppo di sistemi di predizione non cancella l’incertezza del futuro.

1. L A FILOSOFIA DELL’INTELLIGENZA
ha accompagnato la ricerca tecnica fn dai suoi albori nella seconda metà degli
anni Cinquanta del secolo scorso. Il nome stesso – inventato da John McCarthy,
uno dei padri fondatori del settore – presuppone implicitamente una rifessione su
cosa sia l’intelligenza e come intendere l’artifciale 1.
L’interesse che la tecnologia riveste dal punto di vista flosofco riguarda la sua
capacità di regolare i fenomeni, indipendentemente dalla loro conoscenza. Ciò
avviene attraverso l’istituzione di nuove relazioni e interfacce per le interazioni
sociali e con l’ambiente circostante. I sistemi tecnici sono un prodotto politico, il
frutto della decisione per il benessere collettivo, giacché dipendono da ingenti in-
vestimenti e hanno conseguenze sulla riorganizzazione delle pratiche sociali. Per
esempio, l’introduzione di un processo di produzione meccanizzato non si limita a
intensifcare la produttività ma rende obsolete alcune competenze specializzate
degli operai e intercambiabile la forza lavoro umana 2.
L’intelligenza artifciale ha infuenza politica perché interviene sui metodi stessi
di accreditamento e validazione delle nostre conoscenze. Defnisce le regole per
considerare affdabili le nostre convinzioni e supportare scelte che potrebbero avere
conseguenze sulla convivenza collettiva. Da questo punto di vista compete con il
diritto, come dimostrato dal dibattito intorno alla «disruption» o «disruptive innova-
tion», che riguarda insieme una rottura, un’interruzione e uno sconvolgimento totale.
Un sovvertimento generale delle regole che vigevano prima dell’innovazione 3.

1. Per approfondire le questioni flosofche legate alle origini dell’intelligenza artifciale si veda T.
NUMERICO, Big data e algoritmi, Roma 2021, Carocci.
2. Cfr. L. WINNER, «Do artifacts have politics?», Daedalus, vol. 109, n. 1, inverno 1980.
3. Per una discussione scientifca su questo concetto cfr. C.M. CHRISTENSEN, M.E. RAYNOR, «What is di-
sruptive innovation?», Harvard Business Review, vol. 93, n. 12, 2015, pp. 94-53. 73
DOBBIAMO RIPENSARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Se è vero che l’intelligenza artifciale prelude a un cambio radicale e inevitabi-


le dei princìpi di validazione delle conoscenze, dobbiamo domandarci quali siano
le tecniche che utilizza per prendere decisioni automatiche (Automated deci-
sion-making). Queste si riferiscono a contesti di vita concreta come la selezione
del personale, la giustizia e la polizia predittiva, la valutazione del credito e l’acces-
so alle prestazioni del welfare.
Entra quindi in gioco il rapporto tra intelligenza artifciale ed etica. Esistono
molte soluzioni etiche ai problemi tecnologici, tutte plausibili e giustifcate. Non Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

considerare questo piano signifca concedere ai produttori di scegliere tra le varie


soluzioni quella meno inibitoria rispetto ai loro affari, liberandoli dall’obbligo di
agire a esclusivo vantaggio della collettività. Le decisioni superfciali in materia di
autoregolazione vanno considerate come etica di facciata (ethics-washing) 4. Tutti
possiedono infatti norme etiche che guidano i comportamenti, ma non è su quella
base che operano la politica e il diritto.

2. Alan Turing, uno degli anticipatori dell’intelligenza artifciale, ha sostenuto


che «la misura in cui noi consideriamo che qualcosa si comporti in modo intelligen-
te è determinata tanto dal nostro stato mentale e dal nostro addestramento quanto
dalle proprietà dell’oggetto in esame. (…) Con lo stesso oggetto, perciò, è possibi-
le che un uomo lo ritenga intelligente e un altro no; il secondo uomo avrebbe
scoperto le regole del suo comportamento» 5. Secondo questa analisi l’intelligenza
è una questione relazionale, che riguarda la capacità di riconoscere o meno l’auto-
matismo alla base dell’esecuzione di un compito apparentemente intelligente.
In questo quadro, comprendere l’intelligenza artifciale implica comprendere
noi stessi. Signifca quindi conoscere la nostra propensione a riconoscere gli auto-
matismi in azione nella macchina oppure ad attribuirvi una capacità magica di ri-
solvere problemi complessi. Bisogna quindi indagare nell’antropologia – quanto-
meno in quella dell’Occidente avanzato – per capire come le nostre mancanze,
fragilità e insicurezze vengano compensate evocando un’alterità potente, rassicu-
rante e incantatrice, capace di sollevarci dalla responsabilità angosciante di pren-
dere decisioni in condizioni di incertezza.
Turing ha anche inventato il gioco dell’imitazione 6, secondo cui una macchina
in grado di ingannare una giuria di non esperti, fngendosi un essere umano du-
rante una breve conversazione in competizione con altri esseri umani, avrebbe
dovuto essere considerata intelligente. La scelta di una giuria composta da persone
4. Cfr. E. BIETTI, «From ethics washing to ethics bashing: a view on tech ethics from within moral phi-
losophy», Proceedings of the 2020 conference on fairness, accountability, and transparency, gennaio
2020, pp. 210-219.
5. A. TURING, «Intelligent Machinery», in J. COPELAND, The Essential Turing, Oxford 2004, Clarendon
Press, p. 431; trad. it. a cura di G. LOLLI, Intelligenza meccanica, Torino 1994, Bollati Boringhieri, pp.
88-120.
6. Noto anche come test di Turing. Cfr. A. TURING, «Computing machinery and intelligence», in J. CO-
PELAND, op. cit., pp. 441-64; trad. it. a cura di G. LOLLI, «Macchine calcolatrici e intelligenza», in ID., In-
74 telligenza meccanica, Torino 1994, Bollati Boringhieri, pp. 121-57.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

comuni si riferiva all’attribuzione dell’intelligenza da parte di soggetti incapaci di


riconoscere i meccanismi automatici che sono in azione 7.
L’intelligenza artifciale ha adottato nel tempo metodi differenti, intraprenden-
do varie strategie per ottenere risultati sorprendenti. Una delle prime sfde aveva
come obiettivo le capacità simboliche di alto livello degli esseri umani, come quel-
la di trarre inferenze logiche o di risolvere problemi matematici diffcili. Tali strate-
gie simboliche, dette anche Good Old-Fashioned AI (Gofai), si concentravano sulle
attività della mente umana e non consideravano il corpo un attore rilevante per il Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

loro svolgimento. Si ripristinava così il dualismo cartesiano, secondo cui mente e


corpo appartengono a due sostanze distinte. Questa visione dualistica andava ad-
dirittura oltre il dettato di Cartesio, poiché si spingeva a immaginare che la mente
artifciale fosse costituita e intessuta di codice matematico. I risultati della simula-
zione del ragionamento non furono tuttavia all’altezza delle aspettative.
Le tecniche di intelligenza artifciale attualmente più promettenti sono quelle
del machine learning (apprendimento automatico) e del deep learning (apprendi-
mento profondo). Esse utilizzano reti neurali, strumenti composti di tanti strati che
simulano – sia pure in modo vago e approssimativo – il funzionamento cerebrale
dei viventi. Sono metodi costituiti da una serie di livelli di nodi nascosti, intercon-
nessi e attivati a seconda dei pesi che vengono scelti da chi addestra le reti. Esiste-
vano fn dalle prime fasi dell’intelligenza artifciale, ma all’inizio non ebbero fortu-
na a causa della mancanza di fnanziamenti, dell’assenza di processori suffciente-
mente sofsticati e dell’indisponibilità di dati di addestramento.
La loro popolarità è cresciuta vertiginosamente nell’ultimo decennio in giochi
come scacchi e go, ma anche in alcuni videogiochi dell’azienda Atari come Brea-
kout, specialmente in relazione agli esperimenti di addestramento da parte di De-
epMind (una delle compagnie di proprietà di Google). Altri progressi notevoli
hanno riguardato il riconoscimento di volti e immagini e l’elaborazione del lin-
guaggio naturale (natural language processing) 8, in connessione con le tecniche
più avanzate del machine learning, oltre ai sistemi di raccomandazione impiegati
in vari ambiti.
La principale banca di immagini su cui sono stati addestrati gli strumenti di
image recognition è ImageNet, costruita attraverso le risorse disponibili sui social
media grazie all’attività di classifcazione cominciata vent’anni fa dalla scienziata
americana Li Fei-Fei e dal suo gruppo di ricerca alla Stanford University. Il proget-
to ha utilizzato la piattaforma Amazon Mechanical Turk per reclutare personale a
7. L’aspetto ingannatorio delle machine è analizzato da S. NATALE, Deceitful media, Oxford 2021,
Oxford University Press; trad. it. Macchine ingannevoli, Torino 2022, Einaudi. Questo dibattito pro-
pone un interessante gioco di specchi nel quale l’intelligenza della macchina può essere legata alle
prestazioni nel fornire soluzioni di problemi complessi, oppure dipendere dall’incapacità e dall’igno-
ranza dei giudici di riconoscere i meccanismi automatici che sono in azione. Turing dichiarava infat-
ti di non voler costruire una macchina più intelligente di tutti gli esseri umani, ma solo di alcuni di
loro, in qualche area particolare.
8. Il natural language processing (Nlp) consiste in un insieme di tecniche che riguardano compren-
sione, produzione e traduzione del linguaggio. 75
DOBBIAMO RIPENSARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

basso costo con lo scopo di etichettare le immagini attraverso una lista di più di 20
mila categorie. Dal 2010, ogni anno si tiene una competizione che mette a confron-
to le varie tecniche di riconoscimento. Le reti neurali convoluzionali (convolutional
neural network) hanno cominciato a ottenere notevoli risultati a partire dal 2012
grazie ad AlexNet di Alex Krizhevsky, un allievo dell’informatico britannico Geof-
frey Hinton. I risultati promettenti sono incrementati con l’aumento dei dati orga-
nizzati in maniera industriale 9.
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3. L’intelligenza artifciale basata sull’apprendimento pone nuove sfde alla ri-


fessione flosofca. Nella riproduzione del ragionamento umano i programmatori
erano consapevoli delle associazioni e delle astrazioni adottate nelle loro inferenze.
Nei processi di apprendimento, invece, i risultati dipendono da un complesso in-
tricato di fattori che includono anche la qualità e l’organizzazione dei dati di adde-
stramento. Le inferenze eseguite da queste tecniche non sono deduttive, ma indut-
tive: generalizzano le informazioni disponibili alla ricerca di modelli e proiettano
l’esperienza dei dati passati su quelli futuri.
Il processo di apprendimento ha quindi bisogno di acquisire informazioni
dall’esterno. Questi metodi dipendono dai dati e da come sono stati organizzati.
Nella programmazione applicano premesse implicite su come individuare regola-
rità e correlazioni nelle serie di dati del passato al fne di prevedere il futuro. Si
costruiscono associazioni di immagini simili rispetto ad alcune caratteristiche da
porre in un’unica categoria. L’obiettivo dell’apprendimento è quindi la realizzazio-
ne di processi artifciali di astrazione – basati sulla somiglianza di alcuni aspetti dei
dati – che possono riconoscere un volto o un oggetto per le caratteristiche comuni
che ha con altri volti o oggetti.
Tali inferenze non seguono però la stessa logica umana. I processi di astrazio-
ne si svolgono in base a criteri differenti. Possono andare in crisi a causa di distur-
bi impercettibili sui dati del test o semplicemente perché considerano qualcosa di
non essenziale tra le caratteristiche qualifcanti. Esempi di ciò sono i fallimenti
clamorosi nel riconoscimento facciale dei volti di alcune donne afroamericane o
l’indebita attribuzione della categoria «gorilla» a esseri umani per il colore del volto
o altri elementi.
I casi di riconoscimento fallaci non mancano. Potremmo considerarli errori da
correggere, come vorrebbe quell’ambito della ricerca che si occupa di garantire
l’equità algoritmica 10. Ma la questione riguarda l’inserimento dei dati di addestra-
mento nel cuore del processo inferenziale, oltre all’inevitabile adozione di pregiu-
dizi (bias) per velocizzare la prassi dell’addestramento, con la conseguente costru-

9. Cfr. M. MITCHELL, Artifcial Intelligence. A guide for thinking humans, Gretna 2021, Pelican Publi-
shing Company; trad. it. L’intelligenza artifciale. Una guida per esseri umani pensanti, Torino 2022,
Einaudi; K. CRAWFORD, Atlas of AI, New Haven 2021, Yale University Press; trad. it. Né intelligente, né
artifciale, Bologna 2021, il Mulino.
10. Cfr. S. MITCHELL, E. POTASH, S. BAROCAS, A. D’AMOUR, K. LUM, «Algorithmic fairness: Choices, assump-
76 tions, and defnitions», Annual Review of Statistics and Its Application, n. 8, 2021, pp. 141-163.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

zione di vincoli per l’interpretazione 11. L’adozione di particolari criteri nella descri-
zione dei fenomeni – per esempio il punto di vista degli esperti della Silicon Valley
– può infuenzare in termini geopolitici e socioculturali i meccanismi di astrazione
induttiva. Si tratta solo di modi per naturalizzare le disuguaglianze presenti nei
dati, considerandole una rappresentazione oggettiva dei fenomeni.
Utilizzare il termine «riconoscimento» non è corretto. Gli esseri umani eserci-
tano insieme percezione e cognizione per riconoscere degli oggetti nelle immagi-
ni. Sono condizionati dall’attribuzione di un signifcato al segno, che lo trascende Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

e gli dà senso. I sistemi tecnici estraggono invece regolarità e forme matematiche


dal set di addestramento e le proiettano sui dati di test e su quelli esterni. Non
hanno alcuna semantica oltre ai segni e agli schemi che discendono da essi 12. Se
vengono addestrati su informazioni diverse, astraggono schemi differenti. Si limi-
tano a ricercare regolarità in base a criteri prestabiliti. Sono molto effcaci, ma se
un oggetto si trova in un cono d’ombra o in una prospettiva diversa può fnire
fuori dallo schema.
Inoltre, i dati non derivano direttamente dai fenomeni, ma sono una loro pos-
sibile rappresentazione in cui si escludono alcuni aspetti considerati contingenti. La
retorica dei big data si basa su questo equivoco, poiché afferma che la grande
quantità di informazioni sia di per sé garanzia di obiettività ed esaustività. Eppure,
siamo di fronte a una serie di livelli sociotecnici che non includono soltanto meto-
di e interfacce, ma anche persone: coloro che sono in capo ai processi di program-
mazione, coloro che hanno prodotto i dati, coloro che li hanno etichettati gratuita-
mente o attraverso lo svolgimento di lavoretti a basso costo.
Non dimentichiamo che la descrizione dei fenomeni necessita di un processo
di matematizzazione che li renda misurabili e trattabili come variabili di una serie.
I passaggi necessari a questa preparazione possono non essere esplicitamente ri-
conosciuti, ma intervengono e trasformano gli avvenimenti, specialmente quelli
sociali, in processi misurabili. La quantifcazione presuppone ulteriori strati di astra-
zione ed estrazione per purifcare ciò che deve essere misurato, identifcando ciò
che appartiene alla stessa tipologia di oggetti 13.

4. Tutti i taciti interventi epistemici sono orientati da precise logiche. Contribu-


iscono quindi a produrre giudizi sul presente e pronostici sul futuro. Una predizio-
ne elaborata da agenzie di potere riguardo a comportamenti sociali rischia di tra-
sformarsi in prescrizione14. I risultati dell’intelligenza artifciale non sono sottoposti

11. Cfr. W.H.K. CHUN, Discriminating Data, Cambridge 2021, Mit Press, e M. HILDEBRANDT, «The Issue
of Bias. The Framing Powers of Machine Learning», in M. PELILLO, T. SCANTAMBURLO (a cura di), Machine
We Trust. Perspectives on Dependable AI, Cambridge 2021, Mit Press.
12. Per una discussione logica sul problema di sintassi e semantica cfr. G. LONGO, Matematica e senso,
Milano 2021, Mimesis. Per una discussione flosofca sulla stessa distinzione cfr. R. FINELLI, Filosofa e
tecnologia, Torino 2022, Rosenberg & Sellier.
13. Cfr. D. STONE, Counting, New York 2020, W.W. Norton & Co.
14. Cfr. A. ROUVROY, T. BERNS, «Gouvernementalité algorithmique et perspectives d’émancipation», Rés-
eaux, n. 1, 2013, pp. 163-196. 77
DOBBIAMO RIPENSARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

allo stesso regime di convalida delle conoscenze scientifche, basato sulla ripetibi-
lità degli esperimenti, sulla validazione tra pari e sul costante controllo della falsi-
fcabilità dei risultati. Infatti i dati, la quantifcazione e i vincoli di apprendimento
sono spesso protetti con caparbietà dal segreto industriale. La maggior parte dei
fnanziamenti provengono dalle grandi aziende tecnologiche, che sono dotate di
apparati impenetrabili.
Se il processo di astrazione, di costruzione delle somiglianze e di identifcazio-
ne dei gruppi fnisse in mano a oscuri sistemi sociotecnici che deliberano al nostro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

posto, perderemmo il controllo della funzione cognitiva di catalogazione e ricono-


scimento categoriale, quindi della costruzione dei concetti e dell’identifcazione dei
suoi elementi. Tale dimensione epistemica non riguarderebbe soltanto la cono-
scenza del mondo, ma anche dimensioni politiche come la defnizione delle sog-
gettività da tutelare e la nozione di equità, poiché non sapremmo più scindere
caratteristiche che garantiscono l’uguaglianza da quelle che attengono alla diversi-
tà di identità multiple, pertinenti a ogni individuo.
La tendenza a esternalizzare le nostre capacità nelle macchine non è propria
soltanto dell’intelligenza artifciale. Occorre anzitutto chiarire i benefci di tale pro-
cesso nel caso delle tecniche di astrazione concettuale e di identifcazione degli
oggetti. Va poi specifcato quali siano gli scopi della successiva reinternalizzazione
delle competenze dell’agire umano. I processi di categorizzazione e astrazione
sono soggettivi, si trovano all’interno di confitti di potere 15. Affdarli a un sistema
sociotecnico non ne modifca la natura. Rende solo più imperscrutabili i criteri
delle procedure selettive. I giudizi che elaboriamo dipendono infatti dal nostro
posizionamento esistenziale, sociale, culturale e geopolitico. La loro defnizione è
l’esito di un confronto di forze, che talvolta sfocia perfno in escalation pericolose
e violente 16. È importante osservare come i confitti si compongano se vogliamo
comprendere il loro carattere situato, temporaneo e dinamico, quindi politico. Sia-
mo di fronte alla costruzione – spesso discorsiva – di un regime di verità, a cui poi
si chiede un’adesione consensuale collettiva. I sistemi tecnici adottati in questo
procedimento partecipano a pieno titolo alla defnizione del meccanismo di valu-
tazione e validazione categoriale. Tali dispositivi contribuiscono a inabissare il di-
battito e la sua dinamica, offrendo una risposta oracolare alle scelte compiute. Non
abbiamo quindi soluzioni più universali, ma solo un oscuramento delle pratiche di
potere che hanno determinato la scelta, oltre che un aumento della forza di inter-
dizione nelle mani di chi ne fssa le regole in modo indisturbato e invisibile.
L’obiettivo delle strategie di apprendimento automatico è fare previsioni, che
per loro natura richiedono un’interpretazione. Ma il futuro resta incerto. Adottiamo
infatti una logica probabilistica e assumiamo la permanenza di alcune regolarità, la
cui validazione dipende molto dalle circostanze e dai contesti ai quali si applica.
Proiettare il passato sul futuro è un atteggiamento conservatore e colonialista. Dà

15. Cfr. B. BOWKER, S.L. STAR, Sorting things out: Classifcation and its consequences, Cambridge 2020,
Mit press.
78 16. Ibidem.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

per scontata una regolarità indimostrabile di fenomeni contingenti e caotici. Lo si


può evincere dal longevo dibattito sul problema dell’induzione, che dal tempo di
David Hume prosegue fno ai nostri giorni.
Un altro criterio per valutare la presa di decisione automatica consiste nell’a-
nalisi della funzione obiettivo (target o objective function) del sistema di intelligen-
za artifciale. È una funzione che defnisce come misurare il successo della strategia
algoritmica, ma i suoi parametri dipendono dagli ambiti di applicazione. In giochi
come scacchi e go, la funzione obiettivo si riferisce alla vittoria della partita, un Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

principio esplicito e armonico. In contesti come il reclutamento del personale, la


valutazione del rischio di recidività di un condannato, l’accesso al welfare e l’allo-
cazione delle risorse pubbliche per favorire una redistribuzione equa delle ricchez-
ze non è invece facile stabilirla con chiarezza. In questo caso i problemi sono privi
di una soluzione razionale da ottimizzare, poiché non c’è un modo univoco per
trovare un compromesso tra interessi molteplici e contrapposti 17.
I sistemi di raccomandazione hanno usato l’intelligenza artifciale per defnire
gusti e preferenze del pubblico in ambito commerciale, nelle piattaforme di strea-
ming e nei siti di e-commerce. Una funzione obiettivo non adeguatamente tarata
porta a segnalazioni inadeguate sui consumi culturali o sugli acquisti. Ma se quegli
stessi metodi venissero usati per valutare l’accesso al credito, la giustizia o la polizia
predittiva, come già ci si propone di fare, i risultati di criteri inadeguati di classif-
cazione degli individui potrebbero essere catastrofci. E non consentirebbero di
attribuire le responsabilità di quelle raccomandazioni.
Le decisioni automatiche intervengono a modifcare lo status quo. Non è pos-
sibile valutarne l’effcienza o l’accuratezza se non attraverso l’identifcazione di
strategie di misurazione e di metodi di verifca delle procedure (audit), riguardan-
ti la serie generale dei risultati fnali (output) che possono essere accreditati solo
retrospettivamente.

5. Le tecnologie digitali – come in precedenza la scrittura e la stampa – pref-


gurano una grande rivoluzione nel processo di creazione, organizzazione e valida-
zione della conoscenza. È importante gestire questa trasformazione per preservare
giustizia, libertà, uguaglianza e fratellanza tra gli esseri umani. La sfda non è tecni-
ca, ma politica. La presa di decisione automatica potrebbe intervenire sulle regole
di convivenza civile in modo irreversibile. Potrebbe istituire pratiche pervasive di
sorveglianza e canoni di giudizio incomprensibili come i sistemi di credito sociale,
attivi non solo in Cina.
I cambiamenti nella tecnica di memorizzazione hanno prodotto nella storia
mutamenti antropologici e politici nelle collettività umane. Non si tratta di difende-
re e conservare per principio un modello esemplare di essere umano. Scegliere le
tecnologie a cui affdarsi per validare la conoscenza, produrne di nuova, ammini-

17. Esiste un risultato formale relativo al teorema dell’impossibilità nella teoria della scelta sociale di
K. ARROW, Social Choice and Individual Values, New York 1951, John Wiley & Sons. 79
DOBBIAMO RIPENSARE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

strare la giustizia e le decisioni sociali implica una componente ineludibile di po-


tere. La posta in gioco è quale competenza conti rispetto alla validazione dei crite-
ri di verità del nostro mondo. Sono in discussione processi che defniscono la
soggettività umana, la delega alla tecnica e il governo dell’immaginario. Attraver-
siamo una fase di passaggio nella quale possiamo ancora concepire istituzioni e
pratiche capaci di decidere come organizzare l’intelligenza artifciale.
La tecnologia rappresenta un’interfaccia per rapportarsi socialmente tra esseri
umani, ma anche una connessione con gli altri viventi e il mondo inorganico. Oc- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

corre rifettere su quali opzioni renderanno tali rapporti più duraturi e forenti,
specialmente se intendiamo il nostro modo di essere come il nodo di un sistema
triadico in cui la tecnologia svolge una funzione di mediazione, rappresentazione
e intervento. Nella consapevolezza che la maggior parte dei contesti di cui faccia-
mo parte non si prestano a essere quantifcati precisamente. È perciò necessario
defnire localmente i criteri delle nostre ragioni nella storia e nello spazio che abi-
tiamo. Senza consegnarci a una fantomatica, insidiosa razionalità prefabbricata,
unica e univoca.

80
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

‘L’intelligenza artificiale
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entrerà in guerra’
Conversazione con Peter W. SINGER, analista strategico di New America
e professore al Center on the Future of War dell’Arizona State University
a cura di Giorgio CUSCITO

LIMES Come avrà inizio la terza guerra mondiale?


SINGER Sarà il frutto degli insegnamenti dei confitti del passato e delle intuizioni e
innovazioni tecnologiche del presente. Nella storia la scintilla che ha acceso le
ostilità è originata da un errore di calcolo, dal timore di combattere di una o dell’al-
tra parte oppure da pressioni interne.
La prima guerra mondiale, ad esempio, fu una crisi che si aggravò fno a sfuggire
al controllo delle autorità. Il 29 giugno 1914, il giorno dopo l’uccisione dell’arcidu-
ca Francesco Ferdinando d’Asburgo, nessun ministro degli Esteri, re, imperatore o
Kaiser scrisse sul proprio diario: «Oggi è iniziata una guerra mondiale che porrà
fne al mio potere». Eppure, dopo pochi mesi, per molti il confitto era l’unica via
percorribile. Tanto che all’epoca alcuni consiglieri dello zar russo o del Kaiser te-
desco annotarono sui propri taccuini il timore che scoppiassero tumulti nel caso in
cui i rispettivi paesi non fossero scesi in campo.
Nella seconda guerra mondiale, invece, alcune potenze inaugurarono le ostilità
perché si consideravano nettamente superiori ai propri rivali. Altre sapevano di
godere di una fnestra di opportunità limitata che le costringeva all’offensiva: tra il
1940 e il 1941 i vertici giapponesi ragionarono in questi termini decidendo di colpi-
re Pearl Harbor. Allo stesso modo, nel febbraio scorso, il presidente russo Vladimir
Putin ha scorto l’occasione irripetibile di unire la rivalsa personale all’obiettivo stra-
tegico di fermare il progressivo avvicinamento dell’Ucraina all’Occidente.
LIMES Come si combatterà questa guerra?
SINGER La dimensione bellica non sarà solo terrestre, marittima e aerea. Il confron-
to avverrà in ambienti ancora vergini, come il ciberspazio e lo Spazio. Il fronte ci-
bernetico, ad esempio, si sta surriscaldando. Lo dimostra il fatto che alcuni attori
stanno già provando a inserire vulnerabilità nelle reti dei rivali per approfttarne tra
mesi o addirittura anni. L’intelligenza artifciale, a partire da sistemi senza pilota 81
sempre più autonomi, sarà inoltre parte integrante delle nuove tecnologie militari.
82
FOR YOUR EYES ONLY
SVEZIA
ESTONIA
1-REP. CECA ITALIA LETTONIA
2-SVIZZERA LITUANIA
3-AUSTRIA GERMANIA POLONIA
4-UNGHERIA BELGIO 1
5-CROAZIA 3 ROMANIA
LUSSEMBURGO 2 5 4
6-SPAGNA BULGARIA
NORVEGIA 7-PORTOGALLO ITALIA
7 6 TURCHIA
REGNO
UNITO GRECIA
DANIMARCA
CANADA PAESI BASSI
‘L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ENTRERÀ IN GUERRA’

FRANCIA MONGOLIA
COREA DEL SUD
STATI UNITI
TUNISIA GIAPPONE
MAROCCO 12 PAKISTAN
ALGERIA
Sahara Occ. 3 4 INDIA 5 TAIWAN 5-MYANMAR
MESSICO 6-THAILANDIA
NIGER 6
BURKINA FASO 7 7-VIETNAM
ETIOPIA
COLOMBIA
NIGERIA UGANDA
KENYA
RUANDA
5 Eyes
I 4 paesi che più collaborano
con i 5 Eyes AUSTRALIA NUOVA
Paesi di appoggio ai 5 Eyes ZELANDA
SUDAFRICA
Paesi che probabilmente
partecipano al sistema di appoggio 1-ISRAELE
2-GIORDANIA
Paesi che potrebbero 3-ARABIA S.
accedere al sistema di appoggio 4-EMIRATI A. U.
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

LIMES L’intelligenza artifciale potrebbe assistere un paese nel pianifcare una guer-
ra oppure dovrebbe essere impiegata solo per operazioni di tipo tattico?
SINGER Se imparassimo ad applicare l’intelligenza artifciale a un tale processo de-
cisionale strategico potremmo sfruttare due grandi vantaggi di queste nuove tecno-
logie. Il primo risiede nella maggiore quantità di informazioni a disposizione rispet-
to al passato. Basti considerare l’attuale confitto in Ucraina, da cui ci giungono
immagini satellitari con panoramiche macro e con dettagli precisissimi. Oppure le
notizie di reti informatiche hackerate e di droni delle dimensioni di un aeroplano Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

o di una mano in grado di registrare video in diretta. Tutte queste informazioni


sono incredibilmente preziose e immediatamente accessibili, a differenza di quan-
to avveniva nei confitti precedenti. Il secondo vantaggio è che l’intelligenza artif-
ciale può trarre da queste informazioni spunti prima impossibili da dedurre. La
tecnologia disponibile oggi può trovare connessioni, schemi e modelli che permet-
tono una maggiore comprensione dei dati nonché la formulazione di previsioni
che gli umani non hanno mai saputo fare da soli.
Ci sono però anche due svantaggi, ovvero la distorsione algoritmica e l’interazione
delle intelligenze fra loro. La prima si verifca quando una certa tecnologia, nella
fase di addestramento o di estrapolazione delle informazioni, ottiene dati parziali che
forniscono una soluzione distorta. Un sistema di intelligenza artifciale utilizzato da
Amazon per l’assunzione di ingegneri aveva ad esempio escluso completamente le
candidate donne. La tecnologia adottata era stata tarata su dati storici in cui gli inge-
gneri erano per lo più uomini. Casi di pregiudizi algoritmici come questo potrebbe-
ro condizionare anche situazioni ben più delicate, come l’addestramento militare.
L’esercito statunitense sta calibrando il suo modello di intelligenza artifciale su dati
provenienti dall’Afghanistan per via dell’enorme quantità di informazioni a disposi-
zione. Eppure la nostra performance in quel teatro probabilmente non è un grande
insegnamento per i soldati americani in vista di una terza guerra mondiale.
Il secondo problema è che al momento non è possibile sapere come interagiranno
le diverse intelligenze artifciali fra loro. In altri termini, non si può testare in anti-
cipo la comunicazione fra quella cinese e quella americana. Se i giochi di guerra
basati sulle dottrine militari della Nato e dell’Unione Sovietica potevano essere
utili in passato, ora con l’intelligenza artifciale è tutto molto più diffcile. Per due
ragioni: primo, perché la segretezza su questi nuovi sistemi è massima; secondo,
per il problema della cosiddetta «scatola nera». Il valore dell’intelligenza artifciale
risiede nell’incomprensibilità del suo funzionamento e nella produzione di risultati
inaspettati: se capissimo il modo in cui opera e se ci fornisse risposte prevedibili
allora non ne avremmo bisogno. Per questo è importante che i nostri leader la
comprendano meglio: impiegarla in situazioni di crisi con maggior consapevolezza
ridurrebbe la probabilità di eventuali errori di calcolo.
LIMES Secondo lei il deterrente nucleare funziona ancora?
SINGER Il valore di qualsiasi tipo di deterrenza ruota attorno alla distinzione tra mi-
naccia concreta e vuota. Finora la capacità nucleare delle parti in gioco ha scongiu-
rato un’escalation fra Stati Uniti e Cina e fra Nato e Federazione Russa. La vera 83
‘L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ENTRERÀ IN GUERRA’

questione, tuttavia, riguarda la risposta a paesi come Russia e Corea del Nord, che
utilizzano l’arma atomica come scudo alle loro angherie e rivendicazioni. Lo spau-
racchio della Bomba qui si intreccia alla guerra dell’informazione. Finora la Nato ha
reagito effcacemente non facendo seguito alle provocazioni di Mosca e P’y$ngyang.
LIMES Oggi gli Stati Uniti hanno un vantaggio sulla Cina nello sviluppo dei semi-
conduttori e nel settore dell’intelligenza artifciale. Come possono conservarlo?
SINGER Il vantaggio tecnologico sulla Cina non è lo stesso che gli Stati Uniti aveva-
no sull’Unione Sovietica durante la guerra fredda. Allora Washington era una ge- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

nerazione avanti rispetto a Mosca in quasi tutti i settori. I russi non costruivano
carri armati di qualità pari ai nostri, non avevano messo a punto la tecnologia ste-
alth né un personal computer. Con Pechino la storia è ben diversa. Dobbiamo
smettere di pensare alla Cina come a una potenza di secondo piano, perché è al
nostro stesso livello. Ha una tecnologia bellica già all’avanguardia (basti vedere i
suoi ultimi jet da combattimento e la stazione spaziale in costruzione), può condur-
re furti informatici e avanza massicciamente la propria ricerca in settori che spazia-
no dai sistemi quantistici a quelli ipersonici. Che possiamo fare quindi?
Primo: investire di più nelle nuove aree tecnologiche per capire meglio il nostro
avversario.
Secondo: potenziare i fattori che ci hanno consentito di mantenere il vantaggio
durante la guerra fredda, come ad esempio l’immigrazione. Molti dei più grandi
scienziati occidentali provenivano da altre nazioni, attratti dalla nostra apertura e
libertà. Le principali aziende tecnologiche degli Stati Uniti sono state fondate da un
immigrato o da un fglio di immigrati. È ora di smettere di combattere quel che ci
assicura un tornaconto strategico.
Terzo: investire nella nostra istruzione, che ai tempi della guerra fredda fu fattore
dirimente per i giovani che da tutto il mondo scelsero di scommettere sull’America.
Quarto: rafforzare le alleanze internazionali. Non abbiamo combattuto da soli l’Unio-
ne Sovietica, l’abbiamo fatto con i nostri partner europei e della Nato. Oggi questo
implica evitare guerre commerciali. È assurdo che l’America abbia lanciato contem-
poraneamente una sfda simile alla Cina, al Canada e all’Unione Europea, quando
invece dovrebbe lavorare insieme ai suoi alleati. Come? Condividendo le vulnerabi-
lità delle rispettive sicurezze informatiche, nonché le esigenze comuni nella catena
di approvvigionamento dei microchip.
LIMES Come infuiscono i giganti tecnologici nelle decisioni di grandi potenze co-
me Stati Uniti e Cina?
SINGER Negli anni Dieci del Duemila i fondatori e i dirigenti delle big tech erano
considerati eroi nazionali perché si presumeva che il loro impatto sul mondo fosse
positivo. Ricordo che il New York Times pubblicò perfno un articolo sul «potere
democratizzante dei social media». Oggi che la bolla del tecno-ottimismo è scop-
piata, tutti si preoccupano del potere eccessivo di queste aziende. Quest’ultimo
deriva dall’enorme quantità di dati raccolta su singoli individui e sulle società nel
loro complesso e dal loro utilizzo per infuenzarne le rispettive decisioni. C’è però
84 una differenza fondamentale tra i colossi tecnologici cinesi e quelli occidentali: i
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

primi subordinano il proprio potere allo Stato, i secondi mettono a repentaglio le


nostre democrazie consentendo a populismo e autoritarismo di dilagare.
Lo Stato cinese, anche attraverso la fusione fra industria civile e militare, sostiene e
include queste imprese negli accordi commerciali con paesi di Asia, Africa, Ameri-
ca Latina ed Europa. Sia dal punto di vista fsico con il 5G sia con l’acquisto di
social media e così via. Ma a differenza dell’Occidente, queste compagnie sono
anche obbligate da Pechino a condividere le informazioni tra di loro e con il go-
verno stesso. Fine ultimo è stringere il controllo del partito sulla società cinese. Il
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sistema di credito sociale emergente nella Repubblica Popolare ne è un esempio:


molteplici dati personali conservati all’interno del cloud aziendale fniscono al go-
verno cinese, il quale li usa per punire o premiare i cittadini con modalità che su-
perano quelle del big brother orwelliano.
In Occidente le big tech raccolgono la stessa quantità e qualità di informazioni senza
che venga imposta loro la condivisione dei dati con il governo. Facebook, Amazon,
Google, Twitter, Tesla sono tutte in competizione fra loro. Ma la storia di Elon Musk
può illustrare il problema. Nel 2022 ha acquistato Twitter, un bottino di informazioni
personali di centinaia di milioni di persone. Ma con la sua cattiva gestione, Musk ora
facilita la diffusione di informazioni false e tendenziose mentre contribuisce perso-
nalmente a esacerbare la violenza politica americana. Un esempio è quello dei ser-
vizi di emergenza dello Stato di Washington, il cui account uffciale è stato contraf-
fatto per otto dollari in violazione delle norme di sicurezza informatica. O quello del
marito della ex speaker della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi, che dopo
esser stato aggredito è stato deriso dallo stesso Musk su Twitter.
LIMES Come dovrebbero essere gestite le tecnologie negli Stati Uniti per evitare una
guerra civile?
SINGER Che si tratti di violenza politica o della gestione di reti tecnologiche, la que-
stione ruota attorno alla mancanza di responsabilità. Quando si violano norme
aziendali, culturali o giuridiche le conseguenze devono essere chiare. Gran parte del
malessere attuale della nostra società deriva dalla frequente impunibilità di chi tra-
sgredisce consapevolmente le regole. Alcuni dei partecipanti all’attacco di Capitol
Hill del 6 gennaio 2021 sono stati condannati a pene lievi come sei mesi di libertà
vigilata. Altri a quattro o cinque anni di carcere. Finché non vi sarà una piena assun-
zione di responsabilità, è probabile che questa situazione si ripeta ancora. La stessa
cosa vale per le aziende tecnologiche: se gli utenti ne violano le politiche devono
essere cacciati dalla Rete. Con Musk alla guida di Twitter, il timore è che riforiscano
account politici neonazisti istigatori di violenza. Ma se da un lato il fondatore di Tesla
sta introducendo misure che facilitano la disinformazione, dall’altro sta anche suben-
do una rivolta interna dei suoi clienti, che minacciano di andarsene dalla piattaforma
perché non disposti a tollerare questo tipo di comportamento. Il cambiamento deve
originare dalla maggiore responsabilità reclamata dalla società.

(traduzione di Greta Cristini)


85
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’AI SERVE (ANCHE)


A FARE LA GUERRA CRISTADORO
di Nicola

Sistemi d’arma e veicoli autonomi promettono di ridurre l’impiego


dei soldati, risparmiando vite e ovviando alla stanchezza nei Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

conflitti d’attrito. Lo stato dell’arte. I dilemmi etico-giuridici. Il ruolo


dell’intelligenza artificiale nell’intelligence. Il caso Russia.

1. C ON INTELLIGENZA ARTIFICIALE (AI) SI


indica una serie di approcci, tecniche, metodologie di ricerca e applicazioni che
investe un’ampia gamma di settori come informatica, ingegneria, medicina, floso-
fa. Sovente la nozione di intelligenza artifciale si usa impropriamente, confonden-
dola con l’automazione e l’autonomia. L’automazione è un modo per delegare
compiti alle macchine, basato su una sequenza specifca di azioni o regole e su un
processo prevedibile. Un sistema automatizzato «agisce secondo uno script prepro-
grammato per un’attività con una condizione di ingresso/uscita defnita» 1. L’auto-
nomia è un processo più complesso che implica «programmare macchine per
eseguire alcuni compiti o funzioni che normalmente sarebbero svolti dagli esseri
umani», ma senza regole dettagliate, rendendolo così più imprevedibile 2. L’intelli-
genza artifciale è invece defnibile come «la capacità di un computer digitale o di
un robot controllato da un computer di eseguire compiti comunemente associati
agli esseri intelligenti» 3.
In ambito militare l’Ai, i suoi sottoinsiemi (come l’apprendimento automatico)
e le sue applicazioni (come la visione artifciale, il riconoscimento facciale e del
suono) possono essere utilizzati per raggiungere un livello più elevato di automa-
zione e autonomia nei sistemi d’arma. I sistemi d’arma autonomi sono «sistemi ro-
botizzati che, una volta attivati, possono selezionare e ingaggiare bersagli senza
ulteriore intervento da parte di un operatore umano» 4.
1. M.L. CUMMINGS, «The Human Role in Autonomous Weapon Design and Deployment», in AA.VV,
Lethal Autonomous Weapons: Re-Examining the Law and Ethics of Robotic Warfare, Oxford 2021,
Oxford University Press.
2. M.C. HOROWITZ, P. SCHARRE, «Meaningful Human Control in Weapon Systems: A Primer», Center for
a New American Security, 2015.
3. B.J. COPELAND, «Artifcial Intelligence», Encyclopedia Britannica, 2021.
4. C. HEYNS, «Human Rights and the Use of Autonomous Weapons Systems (AWS) During Domestic
Law Enforcement», Human Rights Quarterly, vol. 38, n. 2, maggio 2016, pp. 350-378.
87
L’AI SERVE (ANCHE) A FARE LA GUERRA

Una classifcazione in uso privilegia il rapporto uomo-macchina. Si considera-


no tre tipi di relazioni: human in the loop, human on the loop e human out of the
loop. Quando l’essere umano è in the loop signifca che la macchina ha il controllo
dell’ambiente, ma è l’essere umano che prende la decisione fnale. Tale sistema è
defnito semiautonomo. Nel secondo caso (on the loop) la macchina può agire e
decidere da sola, ma l’uomo può osservarne il comportamento e, se necessario,
intervenire. In questo caso si parla di sistema autonomo supervisionato. L’ultimo
caso è quello di un sistema completamente autonomo: la macchina agisce e decide Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

da sola, l’uomo non ha alcun controllo su di essa e pertanto resta «fuori dal ciclo»
(out of the loop).
Attualmente sono disponibili sistemi militari riconducibili alle prime due tipo-
logie: droni e missili a guida di precisione. Il terzo livello non è ancora stato rag-
giunto. Un rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu pubblicato nel marzo 2021
sostiene che il drone-suicida Kargu-2 di fabbricazione turca, impiegato durante la
guerra civile libica, sia stato programmato per selezionare e attaccare obiettivi in
modalità autonoma 5. I media hanno riportato l’evento come il primo utilizzo di un
robot killer letale, ma non è chiaro se il sistema operasse in modo autonomo al
momento dell’attacco.
Il dipartimento della Difesa statunitense ha defnito l’Ai come «la capacità delle
macchine di eseguire compiti che normalmente richiedono l’intelligenza umana» 6.
Questa capacità è fondamentale per molte defnizioni di intelligenza artifciale,
sebbene altre siano meno prescrittive. Il National Artifcial Intelligence Initiative Act
del 2020 descrive l’Ai come insieme di sistemi basati su macchine che possono
«formulare previsioni, raccomandazioni o prendere decisioni» per dati obiettivi de-
fniti dall’uomo 7. Altre correnti di pensiero hanno enfatizzato la razionalità, piutto-
sto che la fedeltà alle prestazioni umane 8.
L’Ai è forse la tecnologia più invasiva e dirompente a oggi concepita. Siamo
ancora agli albori di questa scienza, il cui potenziale può riscrivere le regole di
interi settori della vita umana, dando origine alla «quarta rivoluzione industriale» 9 e
infuenzando ogni aspetto della nostra esistenza.
Negli ultimi anni l’intelligenza artifciale è progredita molto rapidamente,
aprendo prospettive su un’ampia gamma di applicazioni civili e militari. Le Forze
armate sono soggette a continui processi evolutivi, alla costante ricerca di arma-
menti e di tecnologie all’avanguardia. Sotto il proflo militare, l’Ai ha il potenziale

5. Final Report of the Panel of Experts on Libya Established Pursuant to Security Council Resolution
1973 (2011), United Nations Security Council, 8/3/2021.
6. «Summary of the 2018 Department of Defense Artifcial Intelligence Strategy: Harnessing AI to Ad-
vance Our Security and Prosperity», U.S. Department of Defense, 2018.
7. «Artifcial Intelligence», U.S. Department of State, 2022.
8. S.J. RUSSELL, P. NORVIG, Artifcial Intelligence: A Modern Approach, 4a ed., Hoboken 2020, Prentice
Hall. Per ulteriori defnizioni di Ai, cfr. N.J. NILSSON, The Quest for Artifcial Intelligence: A History of
Ideas and Achievements, Cambridge 2010, Cambridge University Press; S. LEGG, M. HUTTER, A Col-
lection of Defnitions of Intelligence, Institute for Artifcial Intelligence, 2007.
9. P. SCHARRE, Army of None: Autonomous Weapons and the Future of War, Kindle Edition, 2018, W. W.
88 Norton & Company; K. SCHWAB, «The Fourth Industrial Revolution», Davos: World Economic Forum, 2016.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

per infuenzare tutti i domini – terrestre, marino, aereo, spaziale, cibernetico – a


tutti i livelli: strategico, operativo, tattico. Per tali ragioni, molti governi la conside-
rano rivoluzionaria, sebbene sussistano posizioni differenti e signifcative perples-
sità sulle sue prospettive d’impiego.
Alcuni considerano l’Ai uno sviluppo positivo, in quanto aiuterebbe a ridurre
le vittime: la componente umana verrebbe sostituita da macchine che possono
essere schierate in ogni tipo di missione, comprese quelle ad alto rischio, con van-
taggi strategici e tattici. Altri mettono in guardia sul fatto che, se non controllata e Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

utilizzata correttamente, l’Ai possa portare ad esiti diffcilmente controllabili 10. Im-
maginiamo un confitto in cui siano impiegate macchine dotate di volontà propria,
che combattono incuranti dei danni a cose e persone. Anche se l’intelligenza arti-
fciale è ancora in una prototipica, è innegabile che possa alterare radicalmente il
settore della sicurezza.
Per questo oltre venti paesi hanno annunciato strategie nazionali relative all’Ai.
America e Cina sono considerate i leader del settore: la prima mira a conservare la
propria egemonia sul campo di battaglia, la seconda a diventare capofla entro il
2030. Obama, Trump, Xi e Putin hanno fatto dichiarazioni importanti che mettono
in primo piano il signifcato dell’Ai, riassumibile con quanto affermato dal presiden-
te russo nel settembre 2017: «Chi diventerà il leader dell’intelligenza artifciale do-
minerà il mondo» 11.
Diverse voci sostengono che l’Ai non vada considerata un’arma in sé, bensì
«un abilitatore, una tecnologia generica con molteplici applicazioni» 12. Pertanto,
«potrebbe consentire svariate innovazioni militari, non è un’innovazione militare in
quanto tale» 13.

2. È ormai assodato che in futuro l’Ai avrà un impatto determinante sulla tra-
sformazione di attività come l’intelligence, la sorveglianza del campo di battaglia,
la logistica e la progettazione di armi 14. Vediamo allora in dettaglio in cosa si con-
cretizzino gli applicativi dell’Ai in ambito bellico, con riferimento al cosiddetto
C4isr: comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza e
ricognizione.
La comunità dell’intelligence deve confrontarsi con la crescente complessità
degli scenari operativi e con l’aumento della mole di dati (spesso in costante mu-
tamento) da elaborare. L’Ai e l’apprendimento automatico saranno fondamentali
per incrementare le capacità degli analisti, aumentando le probabilità di ottenere e

10. P. SCHARRE, «Autonomous Weapons and Operational Risk», Center for a New American Security,
2016.
11. «Whoever Leads in AI Will Rule the World’: Putin to Russian Children on Knowledge Day», Rt
International, 21/4/2019.
12. M.C. HOROWITZ, «Artifcial Intelligence, International Competition, and the Balance of Power»,
Texas National Security Review, vol. 1, n. 3, maggio 2018, pp. 36-57.
13. Ibidem.
14. K. PAYNE, «Artifcial Intelligence: A Revolution in Strategic Affairs?», Survival: Global Politics and
Strategy, vol. 60, n. 5, 2018, pp. 7-32. 89
L’AI SERVE (ANCHE) A FARE LA GUERRA

mantenere un vantaggio. L’integrazione metodica dei dati relativi ad ambienti mul-


tidominio e la guerra algoritmica saranno il fulcro del ruolo dell’intelligence 15. A tal
fne occorre formare nuove professionalità: gli analisti devono essere addestrati a
riconoscere i tentativi di alterazione e manipolazione dei dati, che non devono
essere trattati come un problema informatico ma cognitivo. Da qui la necessità di
data architect 16 e data scientist 17. L’accesso alla Rete e a tutti i dati rilevanti attra-
verso protocolli di sicurezza e l’integrazione di tecnologie dirompenti 18 sono fon-
damentali per ottenere e mantenere il vantaggio decisionale. Il punto di partenza Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

è rappresentato dalle informazioni open source.


In tutto il mondo vengono impiegati droni per diverse funzioni operative. Tra
queste, la trasmissione di comunicazioni da grandi distanze (video e audio) alle
truppe di terra e alle basi militari, il monitoraggio dei movimenti nemici, la ricogni-
zione di aree sconosciute in zona di guerra, l’assistenza alle attività di ricerca e
soccorso, il supporto nelle operazioni di peacekeeping e di sorveglianza delle fron-
tiere. L’attacco portato con i droni contro il presidente venezuelano Nicolas Madu-
ro nell’agosto 2018 e l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani nel genna-
io 2020 indicano quanto siano facili da usare i velivoli senza pilota e quanto sia
diffcile difendersi. L’uso di droni armati da parte di singoli individui e piccoli
gruppi, alcuni dei quali agiscono per conto di Stati, è il presente. Anche l’uso di
droni in combattimento è già realtà: Nigeria, Pakistan e Turchia lo hanno fatto in
tempi recenti e le probabilità che la sofsticata tecnologia fnisca nelle mani sbaglia-
te (terroristi, Stati canaglia) aumentano in modo esponenziale. Tra le innovazioni
dei droni c’è la possibilità di operare in sciami. Si tratta di concepire il passaggio
da piattaforme di armi singole a gruppi di armamenti di piccole dimensioni, eco-
nomiche, senza pilota, sacrifcabili e veloci. I vantaggi operativi degli sciami sono
molteplici in termini di autonomia, quantità e rapidità d’esecuzione.
Il processo decisionale di pianifcazione assistito dall’intelligenza artifciale po-
trebbe aiutare i comandanti a tutti i livelli a organizzare e pianifcare le operazioni
con rapidità. L’Ai può monitorare l’ambiente operativo con continuità e avvertire i
pianifcatori quando le ipotesi formulate non sono più valide o se esiste un’oppor-
tunità per migliorare i piani. L’interazione uomo-macchina consentirà di combinare
i punti di forza umani (defnizione degli obiettivi, creatività, pensiero etico) con le
maggiori capacità di autoapprendimento e previsionali dell’Ai.
L’Ai avrebbe anche la funzione di catalogare e rappresentare grafcamente gli
schieramenti delle forze contrapposte, costruiti e aggiornati automaticamente attra-
verso lo sfruttamento dei big data, individuando con buon livello di approssima-

15. C. WEINBAUM, J.N.T. SHANAHAN, «Intelligence in a Data-Driven Age», Joint Force Quarterly, vol. 90, n.
3, 2018, pp. 1-9.
16. L’«architetto dei dati» (data architect) si occupa dell’organizzazione dei dati in modo che si rag-
giungano gli obiettivi prefssati.
17. Lo «scienziato dei dati» (data scientist) organizza l’analisi di grandi quantità di dati (big data),
spesso con il supporto di software progettati ad hoc.
18. Una tecnologia dirompente è un’innovazione che modifca in modo signifcativo il modo di ope-
90 rare dei consumatori, delle industrie o delle imprese.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

zione la posizione delle truppe nemiche. L’Ai interpreterebbe i fattori evolutivi


della situazione, confronterebbe più linee d’azione e determinerebbe quale tra
queste è più probabile che soddisf i criteri di successo indicati, suggerendo le
azioni più idonee e le probabili risposte del nemico.
I sistemi di Ai svolgono un ruolo importante nel ciberspazio per le misure di-
fensive e per quelle offensive: possono eseguire analisi predittive per anticipare gli
attacchi informatici generando modelli di minaccia dinamici che includono la to-
pologia e lo stato dei nodi di rete, dei collegamenti, delle apparecchiature, dell’ar- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

chitettura, dei protocolli e delle reti. L’intelligenza artifciale può essere lo strumen-
to più effcace per interpretare questi dati, identifcare le vulnerabilità e intervenire.
L’Ai potrà svolgere anche un ruolo cruciale nella logistica e nei trasporti militari,
essenziali per il successo delle operazioni, aiutando a stabilire l’adeguato rapporto
tra il numero di soldati da destinare al sostegno logistico e quelli da impiegare in
combattimento.
I sistemi autonomi d’armamento offrono potenziali vantaggi nella guerra futu-
ra, ma presentano anche sfde legali ed etiche, oltre che pratiche. Se un siffatto
sistema uccide civili innocenti in prossimità dell’obbiettivo designato, di chi è la
responsabilità? Che ruolo svolgono i militari nel prendere decisioni etiche rispetto
a quanto le macchine e gli algoritmi compiono autonomamente? La questione se i
sistemi d’arma letali autonomi (o «robot assassini», rientranti nella tipologia dell’Ai
out of the loop) debbano o meno essere autorizzati a prendere decisioni di vita o
di morte sugli individui riceve molta attenzione. L’ex vicecapo degli Stati maggiori
riuniti, generale Paul Selva, ha affermato che gli esseri umani dovrebbero rimanere
protagonisti del ciclo decisionale (in the loop).
Allo stato attuale, le discussioni vertono sul fatto che l’Ai possa essere utilizza-
ta prevalentemente secondo tre modalità. La prima si basa sugli algoritmi di rico-
noscimento delle immagini, per cui l’Ai diventa un ausilio nell’elaborazione e inter-
pretazione dei dati raccolti. Si tratta di un applicativo di supporto alle attività di
intelligence. Ne è un esempio il progetto americano Maven 19 per elaborare e inter-
pretare i video registrati dai droni. Anche l’Italia è tra i paesi in cui gli applicativi
dell’Ai in ambito militare sono oggetto di studio; la dottrina nazionale evidenzia il
nostro orientamento in tale settore: «Non si parla di usare i droni o l’Ai per rendere
effcienti i processi logistici o in generale per scopi tattici, utilizzo ormai largamen-
te diffuso come provato dal successo del progetto Maven. Si parla invece di strut-
turare una operazione, darle un operational design e soprattutto stabilire un
end-state e defnire il commander’s intent, tutti aspetti che rappresentano il vero
banco di prova di un comandante e che lo caratterizzano rispetto ai colleghi. Lo
stesso progetto Maven ci offre un chiaro riferimento in tal senso, laddove il proces-
so di ingaggiare con automated systems i target riconosciuti con l’Ai non è stato
autorizzato» 20.

19. Z. FRYER-BIGGS, «In Project Maven’s Wake, the Pentagon Seeks AI Tech Talent», Wired, 21/12/2018.
20. «L’impatto delle Emerging & Disruptive Technologies (EDTs) sulla Difesa», Stato maggiore della
Difesa, 2022. 91
L’AI SERVE (ANCHE) A FARE LA GUERRA

La seconda modalità è relativa all’impiego di sistemi d’armamento completa-


mente autonomi nel controllo e nell’esecuzione delle funzioni. Un esempio è il
drone israeliano Harpy, il quale però necessita ancora di operatori umani che lo
lancino da terra. A un livello di autonomia minore si possono citare i droni Glo-
bal Hawk e Grey Eagle, per i quali è necessario che un operatore imposti la
rotta. Si prevede che i sistemi completamente autonomi sostituiranno gli esseri
umani in compiti considerati «noiosi, pericolosi o sporchi» 21 come la raccolta e
l’analisi di informazioni, la bonifca di ambienti contaminati da armi chimiche o Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

la messa in sicurezza di itinerari su cui viene rilevata la presenza di ordigni esplo-


sivi improvvisati.
La terza modalità, man mano che gli algoritmi saranno perfezionati, vedrà l’Ai
utilizzata nel settore del C4 (comando, controllo, comunicazioni e computer), in-
clusa la gestione della battaglia, analizzando i big data per dirigere l’azione umana.
Anche in questo ambito il nostro paese cerca di non restare indietro: «La crescita
esponenziale dei servizi digitali ha reso il dato un fattore chiave, evidenziandone
la centralità e la necessità di metodi agili e innovativi per la gestione e la protezio-
ne del patrimonio informativo. Dovremo perseguire un’unica infrastruttura cloud
classifcata (Defence Cloud) basata su data center con capacità computazionali e di
memorizzazione centralizzata, che assicurino la piena interoperabilità tra i sistemi
in uso per l’analisi e la valorizzazione dei dati in un unico ambiente. Tale architet-
tura dovrà supportare tutte le componenti della Difesa (interforze e Forze armate),
permettendo anche lo scambio informativo, in sicurezza con sistemi di diversa
qualifca (reti Nato/Ue e di missione)» 22.

3. La Russia offre un interessante caso di studio, anche in virtù dell’attuale


confitto da essa scatenato. Il processo di automazione – come viene spesso def-
nito nella letteratura militare russa, altri termini includono robotizzazione (roboti-
zacija), intellettualizzazione (intellektualizacija) e digitalizzazione (digitalizaci-
ja) – non rappresenta una novità 23. Le capacità della Russia di realizzare e usare
sistemi d’arma automatizzati e controllati a distanza sono relativamente migliori
della sua capacità d’integrare l’apprendimento automatico e altri elementi dell’am-
pia tecnologia che rientra sotto il termine generico di Ai. La leadership russa è
convinta che i sistemi d’arma possano progressivamente spostarsi dall’ambito
dell’automazione a quello dell’autonomia, fno a sostituire gli esseri umani sul
campo di battaglia. Parlando di tecnologie come i sistemi robotici, i velivoli senza
pilota e i sistemi di controllo automatizzati come priorità per le Forze armate rus-
se, Putin ha affermato che potrebbero «nel prossimo futuro, determinare l’esito di
una battaglia» 24.
21. M. RYAN, «Integrating Humans and Machines», thestrategybridge.org, 2/1/2018.
22. Il Concetto Strategico del capo di Stato maggiore della Difesa, 2022.
23. A. FINK, «Russian Thinking on the Role of AI in Future Warfare», Russian Studies Series, n. 5,
8/11/2021.
24. «Putin ocenil rol’ iskusstvennogo intellekta v vojnakh budušego» («Putin ha commentato il ruolo
92 dell’intelligenza artifciale nelle guerre future»), vedomosti.ru, 21/12/2020.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’intero apparato di sicurezza russo monitora da vicino gli sviluppi negli altri
paesi, specialmente Stati Uniti, Cina, Israele e Corea del Sud. Come osservato da
Vadim Kozjulin, direttore del progetto per le nuove tecnologie e la sicurezza inter-
nazionale del Centro russo per gli studi politici», per la Russia «i robot da combatti-
mento sono diventati uno dei simboli della rinascita delle Forze armate, un promet-
tente prodotto d’esportazione e un segnale al mondo della disponibilità del paese
a sfdare la leadership tecnologica degli Stati Uniti» 25. Storicamente l’innovazione
tecnologica e scientifca è strettamente associata all’immagine di grande potenza Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che la Russia ha di sé. La presidente del Consiglio della Federazione Valentina Ma-
tvienko cita al riguardo Mikhail Lomonosov: «L’onore del popolo russo richiede che
mostri la propria abilità e acutezza nella scienza» 26. La padronanza dell’Ai è quindi
percepita quale prosecuzione dell’iter tecnologico che ha contribuito a dare alla
Russia lo status di grande potenza, come fatto dall’esplorazione spaziale e dalle
armi nucleari. Ancora Putin: «Non è un caso che molti dei paesi più evoluti del
mondo abbiano già adottato piani d’azione per lo sviluppo di tali tecnologie. Noi,
ovviamente, dobbiamo garantirci la sovranità tecnologica nel campo dell’Ai» 27.
Tra i principali argomenti addotti per perseguire maggiori automazione e au-
tonomia vi è il miglioramento dell’effcienza delle Forze armate attraverso la mo-
dernizzazione delle capacità di comando e controllo e degli armamenti, nonché la
riduzione del numero di coscritti. Questa modernizzazione si deve confrontare con
diverse sfde interne di natura geografca, demografca ed economica.
Difendere e pattugliare un confne così ampio e impedire la violazione delle
Zone economiche esclusive marittime è sfda che, per il Cremlino, l’Ai può aiutare
ad affrontare. Tra le priorità degli ultimi anni c’è stata la riduzione del personale di
stanza alle frontiere, da sostituire con sistemi di controllo remoto basati su teleca-
mere, sensori e droni 28. L’industria della difesa ha risposto sviluppando diverse
tecnologie, in particolare veicoli senza pilota che possono operare in condizioni
estreme come quelle dell’Artico. Il direttore della United Shipbuilding Corporation
Aleksej Rakhmanov ha affermato che l’impresa intende progettare un robot sotto-
marino per pattugliare la piattaforma continentale artica e le aree di trivellazione 29.
La riduzione dei coscritti è imposta da vincoli di bilancio sempre più cogenti:
la dottrina militare russa prevede una sensibile riduzione del personale militare, il
minore impiego possibile dei soldati in prima linea e la ricerca di validi ausili ai
comandanti nel processo decisionale. Le modalità esecutive della campagna ucrai-
na non appaiono in linea con le intenzioni: scollamento tra le unità schierate, dif-
25. V. KOZJULIN, «“Roboty-ubijcy” na plošadke OON» («“Robot-killer” presso la sede delle Nazioni Uni-
te»), kommersant.ru, 15/11/2017.
26. V. MATVIENKO, «Nauka i tekhnologii – klju0evye faktory razbitija Rossii» («Scienza e tecnologia sono
fattori chiave nello sviluppo della Russia», pnp.ru, 10/11/2017.
27. «Putin vzjalsja za iskusstvennyj intellect. 9to obsluždali na pervom soveš0anii» («Putin ha adottato
l’intelligenza artifciale. Cosa è stato discusso al primo incontro»), bbc.com, 30/5/2019.
28. N. GRIŠ0ENKO, «Umnye roboty zaš0itjat granicy Rossii» («Robot intelligenti difenderanno i confni
della Russia»), rg.ru, 28/5/2017.
29. «USC Enterprises Could Create Underwater Robots to Defend the Arctic Shelf», Tass, 8/6/2021. 93
L’AI SERVE (ANCHE) A FARE LA GUERRA

fcoltà nelle comunicazioni 30, impiego di coscritti. Alla ritrosia a ingaggiare le unità
combattenti in confronti diretti sul campo hanno supplito massicci bombardamen-
ti aerei e l’uso dell’artiglieria, non certo l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. La
faticosa «mobilitazione parziale» ordinata da Putin per reintegrare le perdite sul
campo ha dimostrato la necessità d’intervenire comunque con i boots on the ground
per tentare di consolidare le posizioni.
Lo Stato russo e le società affliate sono i principali artefci dello sviluppo
dell’Ai 31. L’approccio del governo allo sviluppo tecnologico è incentrato sui pro- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

cessi top-down in cui innovazione, ricerca e sviluppo sono spesso attuati con un
progetto nazionale, un gruppo di lavoro o una commissione. Il Codice etico dell’Ai,
sottoscritto da diverse società e organizzazioni nell’ottobre 2021, è il risultato di
un’idea del presidente Putin del dicembre 2020. La rete di attori coinvolti nell’inno-
vazione militare è vasta. La più grande società statale è Rostec. Tra le centinaia di
aziende coinvolte fgurano Kalašnikov, Vysokoto0nye kompleksy, Tekhmaš, Ob’e-
dinennaja aviastroitel’naja korporacija (Oak), Kronštadt (fliale di Sistema, specia-
lizzata nella produzione di droni).
Nel 2012 il governo ha istituito la Fondazione per la ricerca avanzata, il cui
obiettivo è lo sviluppo di una nuova generazione di sistemi d’arma, compresi i
veicoli senza pilota e i velivoli ipersonici 32. Il suo lavoro è strutturato attorno a tre
temi: soldati, armamenti e armi informatiche del futuro. Nel 2020 ha lavorato a
circa quaranta progetti in collaborazione con molti laboratori e università in tutto il
paese 33. Altrettanto importante è la Technopolis d’innovazione militare, creata nel
2018 nella città di Anapa per guidare la ricerca e lo sviluppo della tecnologia bel-
lica, con l’obiettivo di ridurre i tempi tra la concezione di progetti innovativi e la
loro realizzazione. L’ente riunisce centinaia di esperti con differenti specializzazioni
che lavorano in una grande «città tecnologica», tra i cui compiti c’è il rafforzamento
del partenariato pubblico-privato. La struttura ospita un laboratorio di ricerca sull’Ai
e collabora strettamente con la Fondazione per la ricerca avanzata. Si dice che la
sua divisione in cluster di ricerca militare, uno dei quali dedicato all’intelligenza
artifciale, tragga ispirazione dalla Cina 34.
Altro protagonista è il dipartimento Ricerca e supporto tecnologico nelle tec-
nologie avanzate del ministero della Difesa, deputato a organizzare le attività d’in-
novazione 35. Il ministero ospita anche il Centro principale per la ricerca e la speri-
30. N. CRISTADORO, «La Guerra in Ucraina. Un’analisi dei primi giorni di combattimento», Difesa Online,
1/3/2022.
31. S. PETRELLA, C. MILLER, B. COOPER, «Russia’s Artifcial Intelligence Strategy: The Role of State-Owned
Firms», Orbis, vol. 65, n. 1, 2021, pp. 75-100.
32. A. EMELJANENKOV, «Fond perspektivnykh issledovanij brosaem vyzov amerikanskoj DARPA» («La
Fondazione per la ricerca avanzata sfda l’americana DARPA»), rg.ru, 12/2/2021.
33. A. GON0AROV, «Osobennosti organizacii innovacionnoj dejatel’nosti v Minoborony Rossii» («Caratte-
ristiche dell’organizzazione di attività innovative nel ministero della Difesa russo»), Nacional’naja
oborona, 23/3/2020.
34. I. SIDORKOVA, «Voennoe “Skolkovo”: za0em Šojgu stroit tekhnopolis v Anape» («“Skolkovo” militare:
perché Šojgu sta costruendo una tecnopoli ad Anapa»), rbc.ru, 13/3/2018.
94 35. A. GON0AROV, op. cit.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

mentazione di robotica (creato nel 2012 per svolgere ricerche e test di robotica
nell’Artico 36) e la commissione Sviluppo sistemi robotici militari, diretta dal mini-
stro della Difesa Sergej Šojgu e deputata a sviluppare un approccio unitario tra i
dipartimenti della Difesa con competenza sui sistemi robotizzati.

4. Risorse signifcative sono dedicate da Mosca allo sviluppo di veicoli senza


pilota per l’impiego aereo, terrestre e subacqueo. La maggior parte è ancora in
fase di sviluppo, quelli impiegati rimangono azionati da remoto. Non tutti questi Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sistemi utilizzano l’Ai, ma ci sono studi in tal senso. Secondo Putin vi sono oltre 2
mila veicoli senza pilota in servizio nell’esercito russo, usati con successo nel tea-
tro siriano 37. La seconda guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, con l’uso da
parte dell’Azerbaigian di apparecchi telecomandati e droni kamikaze, sembra aver
rafforzato la prospettiva 38. Tra gli attuali modelli di punta fgurano i droni Orion
prodotti dalla Kronstadt e i Grom, in fase di sviluppo sempre dalla Kronstadt. Nel
dicembre 2021 l’azienda ha completato la costruzione di una fabbrica per la pro-
duzione di veicoli senza pilota 39. La Fondazione per la ricerca avanzata sta pro-
gettando droni da ricognizione e ciclocotteri per la protezioni delle navi da guer-
ra 40, mentre l’Oak ha rivelato un prototipo di drone da attacco pesante Sukhoj
S-70 Okhotnik a bassa visibilità radar 41, la cui entrata in servizio è stimata per il
2024. Nel complesso, tuttavia, la produzione di droni russi appare in ritardo ri-
spetto a quella di Stati Uniti, Cina e Israele.
L’integrazione dell’Ai nei veicoli terrestri senza pilota rappresenta un’altra prio-
rità. La linea di carri armati Uran comprende mezzi diversi per capacità e prestazioni.
L’Uran-6 è utilizzato per lo sminamento, il più famoso Uran-9 è utilizzato per missio-
ni di ricognizione, antiterrorismo e supporto al combattimento e può funzionare sia
con telecomando da remoto sia autonomamente. Sviluppato dalla 766 Uptk, è pro-
dotto dalla Kalašnikov e promosso sul mercato internazionale da Rosoboronexport.
I carri Uran-9 sono stati utilizzati in Siria dove hanno evidenziato notevoli problema-
tiche, in fase di correzione 42; più recentemente hanno partecipato all’esercitazione
Zapad-2021. Un altro carro senza pilota è il Nerekhta, costruito nello stabilimento di

36. A. JUDINA, «Centr robototekhniki Minoborony RF: v Artike pojavjatsja mikroroboty “karmannovo”
formata» («Centro di robotica del ministero della Difesa della Federazione Russa: “Nell’Artico appari-
ranno microrobot di formato tascabile”»), tass.ru, 24/10/2017.
37. «Rossija nau0ilas’ otražat’ ataki bespilotnikov, zajavil Putin» («La Russia ha imparato a respingere
gli attacchi dei droni, ha detto Putin»), ria.ru, 2/11/2021.
38. J. COOPER, «The Nagorno-Karabakh War: A Spur to Moscow’s UAV Efforts?», The International In-
stitute for Strategic Studies, 2021.
39. «Novyj zavod AO Kronštadt’ v Dubne smožet proizvodit’ desjatki bespilotnikov ežegodno» («Il
nuovo stabilimento della società Kronstadt a Dubna sarà in grado di produrre dozzine di droni all’an-
no», tass.ru, 11/10/2021.
40. «Rossija sozdat morskie drony na baze ciclokopterov» («La Russia creerà droni navali basati su ci-
clocotteri»), iz,ru, 27/8/2022.
41. «V Rossii vpervye pokazali udarnyj bespilotnik “Okhotnik” s ploskim soplom» («In Russia, mostra-
to per la prima volta il drone d’attacco Okhotnik con ugello piatto»), tass.ru, 14/12/2021.
42. A. STEPANOV, «Minoborony bezrezul’tato tratit den’gi na sozdanie boevykh robotov» («Il ministero
della Difesa spende senza successo denaro per la creazione di robot da combattimento»), versia.ru,
10/9/2018. 95
L’AI SERVE (ANCHE) A FARE LA GUERRA

Degtjarëv in collaborazione con la Fondazione per la ricerca avanzata come mezzo


per i trasporti logistici ed è disponibile in 14 versioni. Anche questo carro armato è
stato impiegato nell’esercitazione Zapad-2021. Attualmente sono in fase di sviluppo
altri modelli. Il prototipo del complesso robotico Udar sarebbe in grado di muoversi
sul campo autonomamente grazie a sensori e di operare in coordinamento con i
droni 43. Il carro armato Soratnik, prodotto dalla Kalašnikov e dotato di reti neurali
integrate, può cooperare con i droni che sorvolano i campi di battaglia mentre gli
operatori lo controllano dalla sicurezza di un bunker o di un’area protetta. Il suo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

software usa l’intelligenza artifciale e funziona in diverse modalità: con un operato-


re in grado di controllare il carro fno a 10 km di distanza, in modalità semiautoma-
tica e in modalità completamente automatica 44. Il Marker, sviluppato dalla Fondazio-
ne per la ricerca avanzata, è in grado di combattere sciami di droni; in fase sperimen-
tale è stato in grado di pattugliare il cosmodromo Vosto0nyj in regime completamen-
te autonomo, basandosi sulla visione artifciale e su sensori che gli consentono di
evitare gli ostacoli 45. Vi è inoltre interesse a sperimentare le interazioni tra diversi
sistemi automatizzati e autonomi. Gli ambiziosi piani russi necessitano di notevoli
risorse scientifche e tecnologiche, dunque fnanziarie. I brevetti russi di robotica tra
il 2005 e il 2019 equivalgono a circa il 2% dei brevetti globali. Per la robotica milita-
re questo dato sale al 17%, indicando l’interesse specifco rivolto alle applicazioni
militari. Nel 2020 gli investimenti privati nell’Ai sono diminuiti di quasi il 25%. Nel
tentativo di correggere la situazione, il governo prevede di investire 5,26 miliardi di
rubli (circa 70 milioni di dollari) nell’Ai fno al 2024. La dirigenza russa pare aver
compreso solo di recente che per promuovere l’innovazione in campo militare è
utile l’interazione con il settore civile, privato e pubblico. Nonostante Šojgu nel 2018
abbia chiesto agli scienziati civili e militari di unire le forze nello sviluppo dell’Ai 46,
la cooperazione con le industrie attive nelle tecnologie a uso duale (civile-militare)
resta scarsa. La Russia attualmente non dispone del livello di hardware nazionale
necessario a perseguire forme moderne di Ai e fa molto affdamento sull’elettronica
straniera, ad esempio sui semiconduttori 47.
In conclusione, i sistemi orientati all’impiego dell’Ai sono considerati un’evo-
luzione positiva in campo bellico, in quanto dovrebbero sostituire i soldati nei
combattimenti. Inoltre, tali sistemi possono rivelarsi più vantaggiosi alla lunga,
quando gli esseri umani cominciano a manifestare problemi di resistenza. Sotto
questo proflo l’Ai può aiutare, ma non potrà sostituire le qualità umane.

43. «Robot “Udar” nau0itsja voenat’ na avtopilote i vzaimodejstvovat’ s dronami» («Il robot “Udar” im-
parerà a combattere con il pilota automatico e a interagire con i droni»), tass.ru, 11/2/2021.
44. N. LITOVKIN, «Comrade in Arms: Russia Is Developing a Freethinking War Machine», Russia Beyond,
9/8/2017.
45. O. KORJAKIN, «Ispytanija robota “Marker” na kosmodrome Vosto0nyj snjali na video» («Filmati i test
del robot “Marker” al cosmodromo di Vosto0nyj), rg.ru, 21/10/2021.
46. «Šojgu prizval voennykh i graždanskikh u0enykh sovmestno razrabatyvat’ robotov i bespilotniki»
(«Šojgu ha invitato scienziati militari e civili a sviluppare congiuntamente robot e droni»), tass.ru,
14/3/2018.
47. K. DEAR, «Will Russia Rule the World Through AI?: Assessing Putin’s Rhetoric Against Russia’s Re-
96 ality», Rusi Journal, vol. 164, nn. 5-6, 2019.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

NELLO SPAZIO I ROBOT


DIPENDONO DALL’UOMO di Marcello SPAGNULO

Le macchine dotate di intelligenza artificiale non sono ancora in


grado di prescindere dal controllo umano. I vincoli del contesto Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

operativo limitano i computer. A quando il cambio di paradigma?


Le ambizioni di Musk. Il dramma di Leonov.

1. P
« IÙ LAVORO QUI E PIÙ CAPISCO I RESIDENTI.
È l’essere umano a confondermi». Così Bernard Lowe si rivolge al suo socio Robert
Ford. I due hanno fondato insieme Westworld, un parco divertimenti ambientato
in un pioneristico Far West dove i visitatori possono divertirsi e soddisfare le pro-
prie fantasie, anche quelle più violente, utilizzando come vittime i residenti. Questi
però non sono esseri biologici ma androidi dall’aspetto in tutto e per tutto simile
agli umani. Tutti pensano che Bernard sia un uomo, mentre in realtà anche lui è
un androide. È stato creato da Robert a immagine del suo vecchio socio morto
anni prima. Tutti i residenti di Westworld sono ignari della loro natura meccanica
ma allo stesso tempo hanno una coscienza articolata, frutto dell’abilità di program-
matore di Robert. Quando alcuni di essi iniziano ad agire in modo anomalo e
mettono in pericolo i visitatori, si scopre che il geniale creatore demiurgo ha dato
loro la possibilità di evolversi. Da quel momento gli androidi intraprendono un
percorso di presa di coscienza costellato di drammatiche sorprese e di colpi di
scena che avrebbero senza dubbio avuto il plauso di Michael Crichton.
Quella descritta sopra infatti è la trama iniziale di Westworld, la serie televisiva
di successo della Hbo liberamente ispirata all’omonimo flm che il compianto ro-
manziere americano, autore di capolavori come Andromeda e Jurassic Park, scris-
se e diresse nel 1973. Il flm in Italia uscì col titolo Il mondo dei robot e portò sul
grande schermo per la prima volta il tema della macchina antropomorfa che si ri-
bella al suo creatore umano, fno a sterminarlo.
Nel flm originale degli anni Settanta Crichton dipana formidabili intuizioni che
oggi possono sembrare ingenue ma che per l’epoca erano stranianti. Egli spingeva
la sua rifessione distopica sul paradosso dell’evoluzione tecnologica che crea un
risveglio cosciente dei robot, al punto da sconfessare le tre leggi della robotica di
Asimov e insinuare il dubbio della possibilità di una ribellione degli androidi con- 97
98
LUOGHI DI LANCIO ORBITALE E SUBORBITALE NEL MONDO
Mar Glaciale Artico

Alaska 21 22
(USA) 1 7 NORVEGIA 26
ISLANDA R U S S I A
2 SVEZIA
REGNO UNITO
CANADA
29 42
1 25
SPAGNA 30 31
NELLO SPAZIO I ROBOT DIPENDONO DALL’UOMO

U S A 2
PORTOGALLO 37 48
3 Azzorre 8 38 49
7 4 20 40
(POR.) 27 28 GIAPPONE
5 6 8 9 12
11 5 ISRAELE 24 32 C I N A 50
10 1314 15 Is. Canarie 9 IRAN
3 6 23 39 51
16 (SP.) EGITTO 33 INDIA 52
Hawaii 36 47 COREA DEL SUD 45
(USA) 41
PAKISTAN 35 43 46
Pacifc Missile Range Facility 3410
COREA DEL NORD 44
Sito per test missilistici della
Marina degli Stati Uniti 17 GUYANA FR.
11 12
4 13
18 Oceano
Oceano Pacifico B RA SI L E 53 INDONESIA
Atlantico Oceano 14
Indiano
15
AU ST RA LI A
Sutherland Spaceport
Western Isles Spaceport 5554
Shetland Spaceport 19 16
Campbeltown Spaceport 56
Prestwick Spaceport ARGENTINA

Snowdonia Spaceport REGNO NUOVA ZELANDA


UNITO
Spaceport Cornwell
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
LEGENDA 13 McGregor Site
Sito a uso esclusivo di SpaceX
27 Qom Space Centre
Sito di lancio multiuso governativo
43 Tonghae Satellite Launching Ground
Sito per test missilistici
1 Siti esistenti
14 Houston Spaceport 28 Imam Khomeini Space Center 44 Sohae Satellite Launching Station
1 Poker Flat Research Range Sito commerciale per lanci suborbitali Sito di lancio multiuso governativo Sito di lancio multiuso governativo
Sito di lancio per razzi-sonda gestito vicino al Johnson Space Center 29 Dombarovsky Air Base (Jasnyj) 45 Anheung Missile Range
dall'Università dell’Alaska della Nasa, a oggi nessun lancio Base militare e sito di lancio Sito per test missilistici
15 Cecil Spaceport del vettore Dnepr 46 Naro Space Centre 3 Brownsville Site
2 Pacifc Spaceport Complex Sito commerciale per lanci suborbitali Sito di lancio a uso esclusivo di
Sito per lanci orbitali 30 Bajkonur Cosmodrome Sito di lancio orbitale
16 Cape Canaveral Principale sito di lancio della Russia SpaceX
3 Colorado Air and Space Port 47 Jiu Peng Air Base
Sito di lancio più importante origine delle missioni Sputnik e Sojuz Sito per test missilistici 4 Alcântara Launch Centre
Sito commerciale per lanci suborbitali Sito di lancio equatoriale,
vicino Denver, a oggi nessun lancio al mondo 31 Sary Shagan Missile range 48 Taiki Aerospace Research Field ideale per missioni Geo
4 Wallops Flight Facility/ 17 Guiana Space Centre Sito per test missilistici Sito di lancio per razzi-sonda
Sito europeo per lanci orbitali 32 Tilla Satellite Launch Centre 5 Camden Spaceport
Mid-Atlantic Regional Spaceport 49 Ryori Site Sito in Georgia
Sito di lancio per razzi-sonda, piccoli 18 Barreira do Inferno Sito per test missilistici Sito di lancio per razzi-sonda
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

satelliti e cargo per la Iss Launch Centre 33 Sonmiani Satellite Launch Centre 6 Shiloh Spaceport
Lancio di razzi-sonda e centro di 50 Oita Airport Sito di lancio a nord
5 Vanderberg Air Force Base Sito di lancio multiuso governativo Sito di lancio di Virgin Orbit
tracciamento di Cape Canaveral
Secondo sito di lancio degli Usa 34 Thumba Equatorial Rocket
51 Uchinoura Space Centre
per attività, ideale per missioni polari 19 Punta Indio Naval Air Base Launching Station 7 ISLANDA
Sito per test missilistici Principale sito di lancio in Sito di lancio Tbd
6 Mojave Air and Space Port Sito di lancio per razzi-sonda Giappone per piccoli vettori
Sito commerciale, 20 El Arenosillo 35 Satish Dhawan Space Centre 8 Isole Azzorre
Sito per lanci suborbitali 52 Tanegashima Space Centre Sito portoghese
primo lancio orbitale nel 2021 Unico sito di lancio orbitale dell'India, Principale sito di lancio del Giappone
7 Nevada Test and Training Range e in futuro orbitali opzione popolare per gli 9 Isole Canarie
operatori di piccoli satelliti 53 Stasiun Peluncuran Rocket Sito spagnolo
Sito per test missilistici 21 Andøya Space Centre Sito di lancio per razzi-sonda
8 Spaceport America Sito di lancio per razzi-sonda 36 Integrated test range launch complex IV 10 Kulasekarapattinam
Sito di lancio per razzi-sonda 54 Woomera Range Complex Sito per lanci orbitali non
Sito commerciale per lanci suborbitali 22 Esrange Sito per test missilistici
con più di 10 lanci fno a oggi Sito di lancio per razzi-sonda 37 Korla Missile Test Complex commerciale
Spaceport Sweden Sito per test missilistici 55 Koonibba Test Range 11 Spaceport Singapore
9 White Sands Missile Range Nuovo sito orbitale dell’Australia
Sito dell'Esercito americano per test Sito commerciale per lanci 38 Jiuquan Satellite Launch Centre Spazioporto per
missilistici suborbitali Principale sito di lancio cinese per le 56 Rocket Lab Launch missioni suborbitali
missioni nazionali di sicurezza e voli Complex 1 (Mahia) 12 Morotai Island
10 West Texas Site 23 Jabal Hamzah Facility Sito di lancio orbitale degli Stati Uniti
Sito a uso esclusivo di Blue Origin Sito per test missilistici spaziali umani Sito per lanci orbitali
11 Midland International 24 Palmachim Airbase 39 Xichang Satellite Launch Centre 13 Biak Island
Air and Space Port Sito di lancio governativo Principale sito di lancio cinese per le Sito di lancio orbitale
Primo sito commerciale del Texas per lanci 25 Kasputin Yar missioni Geo 14 Arnhem Space Centre
suborbitali Sito di lancio multiuso governativo 40 Taiyuan Satellite Launch Centre 1 Siti programmati Sito per lanci orbitali,
12 Oklahoma Air and Space Port 26 Plestesk Cosmodrome Principale sito di lancio cinese per le 1 Michigan Spaceport ideale per missioni Geo
Sito commerciale per lanci suborbitali, Primo sito russo di lancio per le missioni polari Sito commerciale per lanci suborbitali 15 Bowen Region
a oggi nessun lancio missioni nelle orbite polari 41 Wenchang Satellite Launch Centre Canso Spaceport Sito per lanci orbitali
Nuovo sito di lancio della Cina 2 Primo sito di lancio in Canada 16 Whalers Way Orbital
42 Vostočny Cosmodrome Launch Complex
Nuovo sito di lancio della Russia Sito per lanci orbitali
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

99
NELLO SPAZIO I ROBOT DIPENDONO DALL’UOMO

tro l’umanità biologica. Tema, quest’ultimo, poi ripreso in mille altri flm e romanzi,
sino a giungere alla serie televisiva della Hbo i cui autori, calatisi nella prospettica
evoluzione tecnologica del terzo millennio, hanno provato a rappresentare, secon-
do le loro stesse parole, «un’odissea oscura sull’alba della coscienza artifciale e sul
futuro del peccato».

2. A differenza del flm di mezzo secolo fa, al centro della narrazione della
serie tv ci sono i robot e non gli umani. Gli androidi antropomorf sono del tutto Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

simili ai visitatori ma vivono prigionieri di una realtà virtuale e piano piano si av-
viano alla ricerca di quella che defniscono «conoscenza proibita», cioè l’autoco-
scienza. Questa è nascosta all’interno di migliaia di istruzioni del software di pro-
grammazione. Quando verrà raggiunta, anche l’ultima barriera tra androidi e uma-
ni sarà infranta. A frapporsi sulla strada di questa odissea robotica saranno dei
nemici violenti, spietati e spinti da istinti distruttivi: i visitatori del parco Westworld.
Adesso però spegniamo il distopico mondo televisivo e osserviamo quello
reale, dove accadono i fatti che ci permettono di leggere frammenti di prospettiva
futura. Andiamo a Palo Alto, in California, dove ai primi di ottobre si è tenuto il
secondo Tesla Artifcial Intelligence Day, evento di sei ore trasmesso anche in di-
retta streaming in cui i manager della casa automobilistica, Elon Musk in testa,
hanno presentato gli ultimi traguardi raggiunti nel software del supercomputer
Dojo, progettato per addestrare proprio i sistemi di intelligenza artifciale (Ai) in
grado di svolgere le attività complesse di assistenza alla guida come Tesla Autopilot
o Full Self-Driving. L’ospite d’onore dell’evento è stato però Optimus, prototipo di
robot umanoide che per poco più di un minuto durante la presentazione ha gesti-
colato e salutato il pubblico accanto a Elon Musk. «Ma può fare davvero molto di
più di quello che vi abbiamo appena fatto vedere», ha affermato il capo della Tesla
Motors mentre mostrava un video di Optimus che portava delle scatole e si aggira-
va in un giardino con un innaffatoio per dare acqua alle piante.
Secondo i piani dell’azienda, quando verrà avviata la produzione di massa dei
robot tutti potranno acquistarne uno al prezzo di un’utilitaria. Così avremo nelle
nostre case, sempre secondo il multimiliardario americano, degli aiutanti meccani-
ci alimentati da una batteria ricaricabile da 2,3 kWh e che potremo connettere alle
reti Wi-Fi e Lte tramite un’apposita applicazione sullo smartphone.
In realtà l’obiettivo primario dichiarato da Elon Musk è quello di fare dei pros-
simi discendenti di Optimus degli operai specializzati da impiegare nell’industria
manifatturiera, come per esempio quella automobilistica, per sopperire alla carenza
di manodopera. O per sostituirla, saremmo portati a dire, ma questa è un’altra storia.
Per arrivare a tutto ciò le aziende che fanno capo al visionario multimiliardario
che ha appena pagato 44 miliardi di dollari per acquistare il social network Twitter
stanno sviluppando i software di supporto ai robot attraverso supercomputer do-
tati di intelligenza artifciale, macchine cioè che verranno usate per insegnare agli
androidi come comportarsi. Come un novello Robert Ford in carne e ossa, Elon
100 Musk avrà in Optimus il suo Bernard Lowe, creatura bionica nei cui microchip
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

instillare milioni di righe di software verso le frontiere più spinte della conoscenza.
Fino all’autocoscienza? Chissà, lasciamo l’ardua sentenza agli appassionati di fanta-
scienza e restiamo nell’assolata California.
Andiamo a Hawthorne, circa seicento chilometri a sud di Palo Alto, perché è
lì, in quel sobborgo della Città degli Angeli, che Elon Musk costruisce i suoi razzi
spaziali Falcon e le sue astronavi Dragon, sulle quali presto o tardi saliranno i ni-
poti di Optimus. Quello dei robot nello spazio sarà un passo ineludibile proprio
perché il suo ambiente letale per l’uomo ne fa habitat privilegiato di macchine in- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

differenti alla microgravità o alle radiazioni cosmiche.


Inoltre, l’esplorazione spaziale per la sua caratteristica di alto impatto mediati-
co riesce a focalizzare non solo l’interesse ma anche la consuetudine e l’approva-
zione dell’opinione pubblica. E anche questo favorirà l’impiego dei robot dotati di
Ai nelle missioni spaziali. Mentre questi ultimi diventeranno sempre più sofsticati
e autonomi, ci sarà ancora un ruolo nello Spazio per l’essere umano? I primi a ri-
spondere – in senso affermativo, ovviamente – sono gli astronauti. È comprensibi-
le, ma per provare a contestualizzare il tema vale la pena rammentare due episodi
esemplifcativi e di opposto signifcato che portano a rifettere sulla dicotomia uo-
mo-machina nello Spazio. Entrambi gli avvenimenti risalgono agli albori dell’astro-
nautica, anzi della cosmonautica.
12 aprile 1961. Al cosmodromo di Bajkonur fervono i preparativi per il lancio
del primo uomo nello Spazio. Jurij Gagarin nella sua tuta arancione cammina verso
la scaletta della Vostok 1 e ascolta meccanicamente l’instancabile e ossessiva istru-
zione che gli ingegneri gli ripetono ininterrottamente da giorni: «Soprattutto non
toccare nulla!». L’uomo nella capsula spaziale è di fatto considerato per sua natura
fragile e imprevedibile, anello debole di una missione così complicata. Quindi de-
ve agire di fatto come un robot in carne e ossa in attesa delle istruzioni da terra.
Riandare a questo evento ci fa sorridere ma anche rifettere sul tema della si-
curezza e della misura della complessità tecnologica, enormemente più ampia da
affrontare rispetto a quella che si avrebbe nel progettare una missione dove l’equi-
paggio è costituito da macchine antropomorfe. Però c’è un altro episodio che ci
porta a rifessioni opposte.
Accade il 18 marzo 1965, quattro anni dopo il volo di Gagarin. Il cosmonauta
Aleksej Leonov ha appena terminato la prima passeggiata spaziale della storia e
cerca di rientrare nell’astronave Voskhod 2. Però si accorge che la sua tuta si è
espansa in maniera imprevista e gli impedisce di rientrare nella capsula. Le proce-
dure prevedono che egli rientri prima con i piedi e poi con il busto, ma ogni ten-
tativo risulta vano, la tuta si è gonfata troppo e nel boccaporto non si passa più.
Leonov è preda di un panico a stento controllato dal suo rigido addestramento, fa
fatica a muoversi e ha la vista sempre più appannata. Per lo stress perde in pochis-
simo tempo sei chili di peso bruciando grassi e traspirando in modo copioso, ma
nel contempo il suo sistema nervoso simpatico rilascia un neurotrasmettitore, chia-
mato adrenalina, che entra in circolo legandosi ai recettori adrenergici. In quei
momenti, egli subisce una vasocostrizione dei vasi periferici e una broncodilatazio- 101
NELLO SPAZIO I ROBOT DIPENDONO DALL’UOMO

ne dell’organismo, diventa più reattivo e nel suo cervello si innescano miliardi di


contatti neuronali che nessun computer quantistico con Ai è ancora riuscito a
emulare. Leonov decide di violare le procedure, di aprire la valvola della pressione
della tuta e di rientrare nell’astronave a capoftto come un tuffatore dal trampolino
della morte. E si salva.
Questo episodio viene sempre citato, a ragione, per dimostrare che dalla Ter-
ra non si può mai prevedere tutto e che lo spirito d’iniziativa dell’essere umano
permette di risolvere situazioni che per una macchina sarebbero state invece fatali. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

3. Uomini o robot dunque? La domanda non è nuova, però rispetto agli albo-
ri dell’astronautica citati sopra muta il contesto e di conseguenza la possibile rispo-
sta, perché man mano che il progresso tecnologico conferisce alle macchine una
sempre maggiore autonomia la questione che si pone non è più negli stessi termi-
ni degli anni Ottanta o Novanta del secolo scorso, quando uomini e robot erano di
fatto sistematicamente contrapposti. Oggi i due divengono complementari.
«Abbiamo bisogno di robot e di uomini», dicono alla Nasa, dove oggi gli esper-
ti concordano sul fatto che le macchine robotiche dovranno essere inviate a esplo-
rare prima degli esseri umani, e questo indipendentemente dal loro livello di auto-
nomia. Così come sulla Terra Elon Musk vuole impiegare i robot per la manifattura
ripetitiva, seppur qualifcata da livelli di Ai progressiva, allo stesso modo ci si atten-
de che i robot spaziali svolgano compiti cosiddetti 3D, cioè Dull, Diffcult & Dan-
gerous (noiosi, diffcili e pericolosi). E sebbene oggi l’aspettativa per l’uso dei robot
nello Spazio sia molto alta, bisogna riconoscere che allo stato attuale essi sono an-
cora per lo più utilizzati come strumenti passivi telecomandati dagli astronauti.
L’uso di robot autonomi è limitato dalle tecnologie implementabili, due su
tutte: il software e l’alimentazione energetica.
Al momento, l’autonomia dei robot spaziali è solitamente una funzione loca-
lizzata e progettata per la sicurezza, per proteggere sé stessi e l’ambiente circostan-
te da eventuali danni, come per esempio nel caso del software di prevenzione dei
rischi a bordo dei rover marziani della Nasa.
Le missioni senza equipaggio sono ancora lontane dall’essere eseguite da ro-
bot completamente autonomi. Gli operatori umani restano una componente essen-
ziale, specialmente nella pianifcazione e nella reazione a circostanze impreviste.
Ciò non signifca che non possano essere effettuate missioni robotiche, per esem-
pio in orbita terrestre, dove il ritardo nelle comunicazioni e nelle trasmissioni di
telemetria e telecomando è accettabile. Ma poiché le agenzie spaziali stanno spin-
gendo la frontiera dell’esplorazione verso missioni con equipaggio più lontano
dalla Terra, in orbita cislunare per esempio, il fatto di avere comunicazioni inter-
mittenti o ritardate rende diffcile le operazioni telecomandate a distanza.
A differenza dei rover che oggi si trovano su Marte e che in larga parte opera-
no in modalità telecomandata, gli esseri umani non possono attendere che una
risposta venga trasmessa dalla Terra una volta al giorno oppure ritardare più volte
102 la propria missione operativa come in molte occasioni è successo ai rover marzia-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’INDUSTRIA SPAZIALE ITALIANA Classifca delle prime 15 Regioni d’Italia


per numero di aziende dell’industria
Numero di aziende straniere presenti con spaziale italiana
partecipazioni maggioritarie, sedi
o acquisizioni di industrie italiane Lazio 84 (di cui a Roma 78)
3
Germania Lombardia 37 (di cui a Milano 22)
Altri 2 3 Usa Piemonte 31 (di cui a Torino 30)
(Canada e Campania 27 (di cui a Napoli 17)
Regno Unito) Toscana 17
Robotica
Leonardo Emilia-Romagna 16 Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

5 Puglia 13
Veneto 12
Francia
Liguria 11
MILANO Basilicata 8
Torino Abruzzo 7
Umbria 6
Produzione Sardegna 5
moduli abitabili Sicilia 5
Thales Alenia I 12 Distretti
Space Italia Marche 4 spaziali

N. di sedi estere in Teleporto del Fucino


Europa di industrie Centro spaziale
spaziali italiane di Telespazio
ROMA (attivo dal 1963)
Germania 10 Centro produzione
Francia 5 satelliti Thales Centro
Alenia Space Italia integrazione
Regno Unito 5 Bari Sitael
Spagna 3 Colleferro
Avio - produz.
Paesi Bassi 3 lanciatore Vega Napoli
Rep. Ceca 2 Matera
Polonia 2
Romania 2
Grecia 2
Portogallo 1 N. di sedi extra-europee
Austria 1 di industrie spaziali italiane
Belgio 1 5
Usa

Brasile
3
2

Argentina
2
Emirati 2
Arabi U. Singapore 2
Australia
THALES
ALENIA SPACE FRANCIA SPACE ALLIANCE
Thales 67% Accordo tra Thales TELESPAZIO Province italiane
Leonardo 33% e Leonardo (2005) Leonardo 67% con presenza di
ITALIA aziende spaziali
Thales 33%
103
Fonte: elaborazione S. Ciccarelli
NELLO SPAZIO I ROBOT DIPENDONO DALL’UOMO

ni. Al di là quindi dei fattori commerciali, la necessità di sistemi autonomi per il


futuro dello Spazio è paradossalmente guidata proprio dalle missioni con equipag-
gio che si stanno progettando. E qui entra in gioco un altro fattore decisivo per la
progettazione dei futuri robot spaziali: l’ambiente operativo.
Alcuni scienziati fanno per esempio distinzione tra robot in orbita e robot pla-
netari, dato che in effetti ognuno di questi due distinti ambienti presenta caratteristi-
che differenti nelle quali la macchina si trova a operare. In orbita i robot sono in
condizioni di microgravità, sicché la terza legge di Newton deve essere primariamen- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

te considerata nella pianifcazione del movimento robotico. Sulle superfci, lunare o


marziana per esempio, bisogna fare i conti con la gravità e con molti altri fattori
come la latenza delle trasmissioni o fenomeni naturali (tempeste di polvere, micro-
meteoriti eccetera). Tutto ciò infuenza la progettazione della struttura meccanica e
del software. Di conseguenza la mobilità robotica può differire notevolmente.
In defnitiva, la capacità del robot di raggiungere diversi livelli di autonomia è
limitata dall’hardware ma soprattutto dal software che ne abilita le capacità. Il com-
puter infatti è fortemente vincolato dal contesto operativo, cioè dal fatto che si
trovi al riparo dalle radiazioni solari o meno.
Uno dei primi prototipi robotici ad aver già volato nello Spazio è Cimon, il
compagno mobile interattivo dell’equipaggio della Stazione spaziale internazionale
(Iss). Il robot ha operato quindi all’interno di un ambiente orbitale schermato. Sor-
ta di Alexa spaziale, il Cimon è sempre rimasto in collegamento con il Columbus
Control Center in Germania, con il Biotechnology Space Support Center a Lucerna
e con l’Ibm Cloud a Francoforte. È stato il primo passo di un dimostratore tecnolo-
gico di ciò che potrebbe essere in futuro un assistente di viaggio di una missione
di esplorazione spaziale, ma ancora ben lontano dalle suggestioni di 2001. Odissea
nello Spazio.
Molto diversa la situazione se consideriamo invece un contesto operativo
«esterno» e non schermato, come per esempio il computer del rover Curiosity
della Nasa che dal 2012 circola sulla superfce di Marte. È dotato di due proces-
sori Bae Rad 750 con clock fno a 200 MHz, 256 Mb di Ram e 2 Gb di Ssd. Dato
che funziona da diversi anni sul pianeta rosso, di fatto è oggi quanto di più aff-
dabile si possa inviare nello Spazio a milioni di chilometri dalla Terra. Infatti, an-
che il rover Perseverance, giunto su Marte nel 2021, utilizza il medesimo proces-
sore di Curiosity.
Il fatto è che la Cpu di bordo è basata sul processore PowerPc 750 che Ibm e
Motorola introdussero alla fne degli anni Novanta per contrastare il Pentium II di
Intel. Ciò signifca che il computer spaziale tecnologicamente più affdabile che
opera da anni nello Spazio profondo sulla superfce del pianeta Marte può gestire
senza intoppi un videogioco di trent’anni fa, ma dal punto di vista computazionale
non potrebbe reggere il carico di operazioni di un moderno videogame.
Certamente la spinta tecnologica cui stiamo assistendo per lo sviluppo di robot
autonomi nello Spazio sarà alimentata dal progresso dei software ad apprendimen-
104 to automatico, dal miglioramento delle capacità di calcolo e soprattutto dal pro-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

gressivo utilizzo di microchip del tipo Rhbd (Radiation-Hardening-by-Design), che


si basano sul processo di fabbricazione detto Cmos (Complementary Metal-Oxi-
de-Semiconductor) e possono essere fabbricati in fonderie commerciali, abbassan-
do i costi e consentendo ai progettisti di missioni spaziali di recuperare prestazioni
computazionali avanzate.
Tuttavia, è improbabile che nell’arco di due o tre decenni l’ascesa dei robot
autonomi nello Spazio possa condurre le operazioni da un livello basico, dove il
robot opera come strumento diretto da remoto, al livello di piena autonomia, in cuiCopia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

il robot diviene operatore indipendente.


Gli esseri umani rimarranno nel loop, in un modo o nell’altro, anche per il li-
vello più avanzato di autonomia robotica.
E questo sposta il focus su un altro tema, spesso trascurato quando si parla
genericamente di robot: l’interfaccia uomo-macchina, la cosiddetta Ai-Hri (Artif-
cial-Intelligence for Human-Robot Interaction). La Ai-Hri è quel sistema funzionale
che consente all’uomo e al robot di comunicare tra loro e di lavorare in modo
produttivo come una squadra. La qualità delle operazioni dipende ovviamente
dalla capacità dell’uomo e dal livello di autonomia del robot, ma nulla potrebbe
svolgersi senza le funzioni adattive di una Ai-Hri. Dal semplice movimento di un
joystick, a un comando vocale sino al movimento umano percepito, elaborato e
riprodotto da un robot, le diverse forme di Ai-Hri si dipanano sotto l’infuenza
dell’ambiente operativo in cui si trova ciascuna entità. Ma bisogna considerare che
non è vero che l’autonomia robotica condivisa con l’uomo sia l’unico futuro possi-
bile, solo perché a oggi le tecnologie autonome non sono suffcientemente mature.
L’esplorazione dello Spazio è una frontiera scientifca e geopolitica. L’idea che
il suo futuro operativo possa essere pianifcato e condotto da robot autonomi sen-
za input umani richiede una cultura non incentrata sull’uomo. Ma la cultura cambia
a un ritmo molto più lento della tecnologia. Fino ad allora, la progettualità di un’au-
tonomia condivisa uomo-robot sarà dominante, ma non appena avverrà il salto
culturale il rapporto si invertirà.
Predire quando ciò avverrà è divinazione. Prepararsi sarebbe saggio. Comin-
ciare a rifettere su come farlo è ormai impellente.

105
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

PERCHÉ L’AI
È CAOS DE RUVO di Giuseppe

L’intelligenza artificiale, ideologia dell’algoritmo universale, non


serve a capire e meno ancora a dominare il mondo. Proprio in Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

quanto pretende di pensarlo a partire da una formula ecumenica,


trascura i diversi punti di vista da cui deriva l’analisi geopolitica.
Ogni intelligenza ha la sua stupidità.
Robert Musil

1. N EL MAGISTRALE TESTO INTITOLATO


L’idea fssa, Paul Valéry tuona: «Non si sa più come raccogliere tutto ciò che si
vince alla lotteria dell’esperienza. I risultati parlano tutti insieme» 1. La straordinaria
capacità del contemporaneo di produrre fatti porta l’essere umano al supremo
spaesamento: come ordinare la complessità? Come fare a non rimanere – ancora
nelle parole di Valéry – «ciechi, impotenti, anche se armati di conoscenze e carichi
di potere»? 2.
Il problema non sono i fatti, piuttosto ci manca la capacità di raccoglierli, di
fare sintesi tra di essi. Davanti alla pletora di fatti, nessun umano è in grado di in-
staurare una catena causale capace di spiegare il loro prodursi. Non riusciamo a
dar conto della complessità: «Ogni cosa ha cento lati, ogni lato ha cento correlazio-
ni» 3 e, quindi, le cose avvengono e noi non ce le spieghiamo. Tentando una sinte-
si (sic!), si potrebbe dire che siamo diventati stupidi.
La domanda investe direttamente la geopolitica: cosa è, infatti, questa dittatura
della complessità – che non riusciamo a ordinare in alcun modo – se non l’avan-
zata apparentemente inarrestabile di Caoslandia? Tra Covid fsico e mentale, tem-
pesta americana e Guerra Grande 4, il Caos – personifcazione geopolitica dell’inor-
dinabile complessità – ha contagiato Ordolandia. Ne ha minato le fondamenta
stesse, affiggendo il pensiero strategico ab ovo e a gallina.
Ab ovo, Caos destruttura il fondamento identitario delle collettività, mettendo
in discussione miti fondativi, abitudini e prassi geopolitiche. I politologi potrebbe-
1. P. VALÉRY, L’idea fssa, Milano 2008, Adelphi, p. 94.
2. ID., La crisi del pensiero, Bologna 1994, il Mulino, p. 59.
3. R. MUSIL, L’Uomo senza qualità, Torino 2016, Einaudi, p. 41.
4. Si vedano, rispettivamente Limes, «L’altro virus» n. 1/2022; Limes, «America?», n. 11/2022, e Limes,
«La Guerra Grande», n. 7/2022. 107
PERCHÉ L’AI È CAOS

ro parlare di «disordine interno» o di «polarizzazione». Parole pigliatutto per dire


un’unica e medesima cosa: gran parte di Ordolandia non sa più chi è, chi è stata
e, dunque, chi vuole essere. Insomma, Ordolandia è nel Caos, quasi in stato di
eccezione 5. Per informazioni, citofonare Washington.
A gallina, Caos si presenta come un’immensa raccolta di dati, dunque di pos-
sibilità. Abbiamo una tale quantità di informazioni che è possibile decidere per
un’opzione o per un’altra riuscendo, quasi come in un esercizio di retorica, a dar
conto esaurientemente e convincentemente di entrambe le possibilità. Da ciò se- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

gue stasi, incapacità di decidersi per l’una o l’altra opzione. Di norma, una comu-
nità geopolitica riesce a risolvere questa impasse avendo chiara la sua posizione
nel mondo, fondata su miti che aprono a un futuro o a una missione. Peccato che,
come abbiamo mostrato nel nostro ragionamento ab ovo, Caos si sia mangiato
anche questa dimensione.
Omicidio perfetto, dunque? Assolutamente no. Sapiens sapiens pare aver tro-
vato la soluzione. Se siamo diventati stupidi, incapaci di sconfggere Caos, abban-
doniamo la nostra stupidità soggettiva e affdiamoci a un’intelligenza oggettiva in
grado di pensare al posto nostro, in grado di dar conto della complessità 6.
Questa intelligenza oggettiva, oggi, si chiama Algoritmo.

2. La soluzione pare allettante. Sofsticati algoritmi sono in grado di risponde-


re contemporaneamente a più di 90 mila domande, traducendo immediatamente
le risposte in 75 lingue 7. La Rete offre una quantità immensa di dati e le intelli-
genze artifciali paiono essere le uniche capaci di trovare tra di essi una qualche
forma di correlazione. Non bisogna dunque stupirsi che l’intelligenza artifciale
(Ai) sia entrata prepotentemente nel mondo dell’intelligence. Essa viene utilizzata
sia nell’estrazione sia nell’elaborazione di dati, al punto che – sempre più spesso
– i report della open source intelligence (Osint) vengono scritti direttamente da
intelligenze artifciali particolarmente sviluppate 8. La fortuna dell’intelligence di-
pende sempre più da tre fattori: 1) lo sviluppo di un’Ai estremamente potente; 2)
il possesso di una mole sterminata di dati; 3) una forza di computing tale da poter
effettivamente processare questi dati nel minor tempo possibile. Ciò ha evidente-
mente conseguenze geopolitiche di non poco conto, perché implica a sua volta
che: 1) lo sviluppo dell’Ai non deve seguire solo logiche commerciali, giacché
esso deve avvenire in stretto contatto con gli apparati dello Stato 9; 2) tutte le piat-
taforme che raccolgono dati, quindi anche i social network, devono essere consi-

5. C. SCHMITT, Le Categorie del Politico, a cura di C. Galli, Bologna 2018, il Mulino.


6. Su questo, F. VALAGUSSA, «Lo spirito sfduciato. Stupidità soggettiva e intelligenza oggettiva», Aisthe-
sis, n. 1/2021, pp. 109-115.
7. È il caso di Mum, il nuovo algoritmo di Google, cfr., P. NAYAK, «MUM: A new AI milestone for un-
derstanding information», Blog Google, 18/5/2021
8. Così, ad esempio, Nathan McKeldin, Chief Warrant Offcer dell’uffcio Osint dell’esercito americano:
cfr. «How Artifcial Intelligence is shaping the Future of Open Source Intelligence», Recorded Future,
9/1/2019.
9. Su questo, H. KISSINGER, E. SCHMIDT, D. HUTTENLOCHER, The Age of AI and our Human Future, London
108 2021, John Murray, p. 96.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

derate come delle infrastrutture critiche per la sicurezza nazionale, nella misura in
cui esse sono i principali serbatoi mondiali di dati 10; 3) la capacità di migliorare la
potenza di calcolo dei nemici strategici deve essere arginata in ogni modo, ricor-
rendo sempre più spesso a sanzioni per privarli dello hardware necessario a po-
tenziare i calcolatori 11.
A partire da questi fattori, si delinea – nella mente dei decisori – un’equazione
particolarmente precisa:

Ai + Big Data + High-Speed Computing = Potenza 12


Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Come stabilito da Putin, insomma, chi governa l’intelligenza artifciale governa


il mondo 13. Si fa strada l’idea per cui grazie all’intelligenza artifciale sia possibile
prevedere le mosse degli avversari, giocando in anticipo, senza peraltro rischiare
agenti in territorio nemico. Entusiasticamente, si ritiene che l’Ai «sia come un radar
che vede nel futuro», strumento oggi irrinunciabile perché «non basta rispondere
alle mosse dell’avversario: bisogna prevederle e anticiparle» 14.
La ferrea legge di Algoritmo, dunque, assorge a verità dell’intelligence. Si trat-
ta solo di sviluppare sistemi di Ai vertiginosamente potenti, nutriti con dati quanto
più vari possibili, per conoscere tutto e tutti, per predire le mosse di amici e nemi-
ci: «Tutta la conoscenza [intelligence] – passata, presente e futura – può essere
derivata da un singolo algoritmo» 15.
Una volta raccolti abbastanza dati e sviluppato un algoritmo in grado di met-
terli in relazione, il decisore geopolitico non dovrà fare altro che premere un tasto.
A quel punto, la macchina prevederà le azioni del nemico e suggerirà come rispon-
dere a esse. Il caso è abolito, Caos è addomesticato, l’ordine è ristabilito: fne della
storia nell’epoca della sua anticipabilità tecnica.

3. Eppure le cose non sono così semplici. Abbiamo detto che l’Ai pare conf-
gurarsi come quella forma di intelligenza che ci permette di ordinare la complessi-
tà e, da un punto di vista geopolitico, di tenere a bada l’avanzata di Caoslandia.
Bene: ma che cos’è intelligenza? L’intelligenza delle macchine, applicata alla geo-
politica, riesce davvero ad arginare Caos?
Iniziamo dalla prima domanda: non abbiamo la benché minima idea di cosa
sia l’intelligenza. In uno studio del 2007, poi aggiornato nel 2016, alcuni ingegneri
10. Linea espressa da E. SCHMIDT, J. COHEN, «Asymmetric Competition. A Strategy for China & Techno-
logy», China Strategy Group, Fall 2020, p. 12. Per un’analisi specifca si rimanda anche a G. DE RUVO,
«Raccolta dati, intelligenza artifciale e sicurezza nazionale: l’uso geopolitico degli strumenti giuridici
americani come freno alla data governance globale. Il caso TikTok come paradigma», Rivista italiana
di informatica e diritto, n. 1/2022, pp. 113-124.
11. Cfr. A. ARESU, Il dominio del XXI Secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia,
Milano 2022, Feltrinelli.
12. F. VANORIO, «Come l’Intelligenza Artifciale modifca il Controspionaggio di un Paese», Start Maga-
zine, 16/3/2019.
13. «Putin: Leader in Artifcial Intelligence will rule the World», Cnbc, 4/9/2017.
14. P. DOMINGOS, L’Algoritmo Defnitivo, Torino 2020, Bollati Boringhieri, p. 44.
15. Ivi, p. 49. Il corsivo è dell’autore. 109
PERCHÉ L’AI È CAOS

informatici si resero conto che il grande problema nello sviluppo dell’Ai fosse l’e-
sistenza di almeno 53 defnizioni di intelligenza che potevano essere utilizzate per
generare un Ai di successo, ovvero in grado di pensare come un essere umano 16.
Dato che non si potevano fare 53 tentativi, la comunità scientifca si è orientata
verso la produzione di intelligenze artifciali riproduttive: queste Ai non devono
pensare come un umano, ma le loro azioni devono produrre un esito (output)
soddisfacente, ovvero devono raggiungere lo stesso risultato che avrebbe raggiun-
to un essere umano razionale. Ora, come nota Luciano Floridi, queste Ai propria- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

mente non pensano. Al contrario, esse agiscono senza pensare, perché non fanno
altro che raggiungere meccanicamente l’output desiderato sulla base dei dati che
possiedono. In una battuta, l’intelligenza artifciale è in grado soltanto di «agere sine
intelligere» 17: essa ripete meccanicamente un programma, e giunge a risultati mi-
gliori sulla base della quantità dei dati che possiede, ma non è intelligente, il suo
procedere è essenzialmente meccanico e assolutamente incapace di esaurire le
diverse sfaccettature del pensare umano. Conosce solo la lingua del suo algoritmo.
E pensa (sic) che sia universale.
Ed eccoci al secondo punto: questa non-intelligenza può, da un punto di vista
geopolitico, costituire l’antidoto all’avanzata di Caos? La risposta non è banale: se
infatti i dati fossero interpretabili in maniera universale e se l’intero mondo condi-
videsse la stessa forma mentis, allora l’Ai potrebbe certamente svolgere questa
funzione di argine al Caos. Ma proprio chi postula questa idea 18 non si rende con-
to di cadere in una incredibile petizione di principio: se i dati fossero neutri e tutti
avessimo la stessa forma mentis, semplicemente non si darebbe Caos e dunque
non avremmo nessun bisogno di arginarlo con l’intelligenza artifciale.
Nella realtà – non nel cielo dei laboratori di computer science, ma nel fango
della geopolitica – i fatti non sono mai neutri: il mito del dato puro è morto 19 e le
formae mentis si moltiplicano fno a generare un «manicomio di Babilonia», in cui
«da mille fnestre si urlano contemporaneamente al passante mille voci, pensieri,
musiche diverse, (…) e la morale si dissolve insieme allo spirito» 20.
Per corroborare la nostra ipotesi, da irreprensibili falsifcazionisti e lettori di
Popper 21, siamo pronti a sfdare qualsiasi Ai, dotata di molti e precisi dati, a torna-
re indietro al 23 febbraio e a prevedere l’invasione russa dell’Ucraina. Potremo
sbagliare, ma siamo intimamente persuasi che nessun algoritmo, per il quale due
16. Cfr., S. LEGG, M. HUTTER, «A collection of defnitions of intelligence», in B. GOENTZEL, P. WANG (a
cura di), Advances in Artifcial General Intelligence, Amsterdam 2007, Ios Press, pp. 17-24; S.J. RUSSEL,
P. NORVIG, Artifcial Intelligence: A Modern Approach (third edition), Harlow 2016, Pearson.
17. L. FLORIDI, M. CABITZA, Intelligenza Artifciale, Milano 2021, Bompiani, p. 150.
18. Idea le cui radici affondano nel tentativo di Leibniz di creare una characteristica universalis. Cfr.
M. MUGNAI, Introduzione alla flosofa di Leibniz, Torino 2001, Einaudi, p. 246, dove si scrive che, per
Leibniz, «un linguaggio comune all’intera umanità (…) avrebbe potuto facilitare il contatto e la discus-
sione, avrebbe reso più agevole la comunicazione, ridotto i malintesi e le controversie».
19. Su questo, decisiva è – proprio perché nasce in un ambiente di flosofa analitica – la critica al
mito del dato di W. SELLARS, Empirismo e flosofa della mente, Torino 2004, Einaudi.
20. R. MUSIL, Europa inerme, Bergamo 2015, Moretti & Vitali, p. 41.
21. K.R. POPPER, Congetture e Confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifca, Bologna 2009, il
110 Mulino.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

per due fa sempre quattro, riuscirà a entrare nella testa di Putin e nel cuore della
Russia profonda, paese nel quale – come rilevato da Limes qualche anno fa – due
per due tende a fare cinque 22.

4. Il vero problema è che la geopolitica – a differenza dell’Ai, dove bit e algo-


ritmi tendono a ricondurre a unità qualsiasi differenza – ha a che fare con linguag-
gi particolari e mai generali, con narrazioni unilaterali e mai condivise. Spesso tra
loro in confitto. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Abitiamo su questa roccia che gira attorno al Sole da miliardi di anni, ci co-
nosciamo da sempre, eppure continuiamo a non capirci. Rimaniamo sbigottiti
davanti al fatto che, sebbene le leggi della matematica valgano da Washington a
Pechino passando per Mosca, siamo tuttora privi di un linguaggio comune, di una
clavis universalis in grado di domare la nostra umana, troppo umana, pulsione
geopolitica.
Nonostante le illusioni o le speranze, la (non) razionalità dell’intelligenza arti-
fciale non può nulla davanti al Caos del mondo nuovo 23. Essa, per sua stessa
natura, tralascia quei fattori che sono geopoliticamente decisivi e che, in quanto
tali, non possono essere processati algoritmicamente. Le grandi potenze agiscono
in vista di gloria o riconoscimento, non sulla base di un calcolo costi/benefci;
sono mosse da mistiche idee di sé, che affondano in passati lontani, mitici, a volte
semplicemente inventati o tirati a lucido per l’occasione. Insomma, agiscono in
base a fattori che si pesano e non si contano. Provateci voi a tradurre in forma di
bit le mistiche percezioni che portano Ucraina e Russia a scontrarsi in Donbas,
terra che porterà al vincitore (ammesso e non concesso che ve ne sarà uno) più
problemi che vantaggi.
Eppure, smascherare l’ideologia dell’Ai non è mero esercizio accademico, per-
ché permette di porre homo geopoliticus di fronte alla sua responsabilità, obbligan-
dolo a guardare nell’abisso e a cercare dentro di sé un supplemento d’anima, un
qualcosa che possa aiutarlo ad affrontare Caos. In una battuta: fallito il progetto di
affdarsi a un fattore «postumano», la geopolitica non ha altra possibilità se non ri-
cominciare a fare i conti con il suo proprium, ovvero con il fattore umano. Vera
cifra della prassi e dell’analisi strategica.
Ciò, ovviamente, non signifca smettere di usare le intelligenze artifciali. Ma
signifca ricordarsi, come notava Kissinger ormai quasi dieci anni fa, che «in geopo-
litica i fatti raramente si spiegano da soli; il loro signifcato, la loro analisi e la loro
interpretazione dipende dal contesto e dalla loro rilevanza» 24. Per queste ragioni,
Kissinger ritiene che, proprio nell’epoca dell’Ai, sia necessario riaffermare il princi-
pio in virtù del quale «gli esseri umani devono sempre essere i responsabili di ulti-
ma istanza» 25.

22. Cfr., «Due per due fa cinque?», editoriale di Limes, «Il mondo di Putin», n. 1/2016.
23. Cfr., Limes, «Tutto un altro mondo», n. 10/2022.
24. H. KISSINGER, World Order, New York 2014, Penguin, p. 350.
25. H. KISSINGER, E. SCHMIDT, D. HUTTENLOCHER, op. cit., p. 175. 111
PERCHÉ L’AI È CAOS

Questa affermazione non ha nulla di moralistico. Né si appella a un «principio


di responsabilità» che debba essere applicato a una civiltà tecnologica 26. Tutto il
contrario. Kissinger, al contrario di Putin, si rende conto che a dominare il mondo
non sarà chi governerà l’intelligenza artifciale, ma chi sarà in grado di fare (anco-
ra) i conti con il fattore umano, di scrutare, con l’occhio dello stratega, all’interno
delle profondità geopolitiche, conoscendo vizi e virtù delle comunità in questione,
cogliendone cifra antropologica e profondità storica: «Dobbiamo fermare, o quan-
to meno moderare, la corsa all’automazione» 27, sancisce Kissinger, perché «nelle Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

relazioni tra Stati – così come in molti altri campi – l’informazione, per essere dav-
vero utile, deve essere collocata in un più ampio contesto storico» 28.
L’intelligenza artifciale, da sola, non basta. Deve essere calata all’interno di
una strategia e deve sempre essere affancata da spiccata conoscenza del fattore
umano, da indomabile curiositas verso sé stessi e verso gli altri 29.
Solo questa saggezza è autenticamente geopolitica e strategica. L’agere sine
intelligere dell’intelligenza artifciale può essere, al massimo, utile espediente tattico
e dunque deve essere ricompreso all’interno dell’umana, troppo umana, dimensio-
ne del pensiero strategico, irriducibile all’universalità algoritmica, sempre devota
alla «schiavitù del punto di vista» 30.

5. «Il segno del nostro tempo è l’impossibilità dell’ordine mondiale» 31. Non
esistono algoritmi in grado di salvarci. L’ideologia dell’intelligenza artifciale porta
a pensare che esista un linguaggio, quello dei dati e dei bit, universalmente valido,
condivisibile da tutti coloro che sono dotati di ragione. In geopolitica, però, l’in-
contro con l’altro (leggasi: il nemico) non è quasi mai mediato da illuministica ra-
zionalità, quanto da misteriosa empatia, che obbliga il decisore geopolitico a entra-
re nel cuore – e non nella testa – del suo peggior nemico.
La geopolitica non è fredda razionalità, ma intrinseco atto d’amore, capacità di
anticipare le mosse dell’altro non perché algoritmicamente calcolabili, ma perché
– nell’eros geopolitico, come in ogni forma di amore – si instaura un legame irra-
zionale, in virtù del quale si diventa un’unica persona. Come scrive George Fried-
man, non basta comprendere razionalmente il nemico, perché – per fare geopoli-
tica – «devi diventare il tuo nemico. Devi vedere ciò che vede nel modo in cui lo
vede, avere paura di ciò di cui lui ha paura, desiderare ciò che lui desidera. Solo a
partire da ciò potrai capire cosa farà e come lo farà» 32. Modifcando leggermente il
titolo dell’articolo di Friedman, possiamo dunque affermare che, in fn dei conti,
Intelligence is love. Not machine learning, aggiungeremmo noi.
26. Come invece pensa H. JONAS, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino
2009, Einaudi.
27. H. KISSINGER, E. SCHMIDT, D. HUTTENLOCHER, op. cit., p. 173.
28. H. KISSINGER, op. cit., p. 350.
29. «Homo curiosus», editoriale di Limes, «A che servono i servizi», n. 7/2014, pp. 7-26.
30. «Umanità della geopolitica», editoriale di Limes, «Il fattore umano», n. 8/2019, p. 27.
31. L. CARACCIOLO, La Pace è fnita. Così ricomincia la storia in Europa, Milano 2022, Feltrinelli, p. 98.
112 32. G. FRIEDMAN, «Intelligence and Love», Geopolitical Futures, 26/11/2021, corsivi nostri.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Un’intelligenza artifciale potrà avere a disposizione tutti i dati del mondo e


potrà essere istruita dai migliori programmatori, ma non sarà mai in grado di co-
gliere l’irrazionalità, la sete di gloria e di riconoscimento che muove gli attori pie-
namente storici. Credere che tali fattori possano essere compressi e incasellati in
ferree leggi algoritmiche equivale a tentare di svuotare l’oceano con un secchiello.
Puro infantilismo geopolitico.
Per muoversi nei bassifondi della geopolitica, dunque, serve qualcosa di mol-
to simile all’amore, qualcosa che – nelle meravigliose parole di Platone – certamen- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

te «ci parla sempre soltanto in forma di enigmi» 33, ma che, quantomeno, ci parla.
Mettendo in moto la nostra curiosità, obbligandoci a entrare in relazione con l’altro
e stimolandoci a decifrare i suoi enigmi.
Oggi che le grandi potenze – per usare una magnifca espressione di Vico –
non parlano un’unica lingua, ma ne parlano di «diverse e ’n conseguenza mute tra
loro» 34, quei confusi enigmi, che l’amore geopolitico porta alla nostra mente, dico-
no infnitamente più di qualsiasi previsione algoritmica.

33. PLATONE, Simposio, Milano 2000, Bompiani, p. 138; su questo cfr. P. COLIZZI, Il Sesso di Dio, Mila-
no-Udine 2021, Mimesis Edizioni, pp. 124-138.
34. G. VICO, Scienza Nuova, a cura di V. VITIELLO e M. SANNA, Milano 2018, Bompiani, p. 976. 113
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

AI CHIP
L’EVOLUZIONE
DELLA SPECIE MARONTA
di Fabrizio

I circuiti integrati vivono una metamorfosi, dettata dai progressi


di algoritmi e reti neurali profonde alla base delle intelligenze Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

artificiali di frontiera. Gli antefatti storico-tecnologici. La geografia


dei produttori. L’America vuole escludere la Cina. Ma è possibile?

1. I N PRINCIPIO FU IL CHIP. POI L’UOMO CREÒ


l’Ai chip, il microprocessore per l’intelligenza artifciale (Ai). E luce fu. La tenebra
dell’ottusa computazione elettronica era squarciata, cominciava l’èra delle macchi-
ne intelligenti. O quasi.
Gli Ai chip sono circuiti integrati progettati per esprimere massima effcienza
e velocità nello svolgimento dei calcoli richiesti dall’intelligenza artifciale, a spese
di altri tipi di calcoli. Per capire come ci si è arrivati, quanto contano per le pro-
spettive dell’«intelligenza» in questione e chi fa cosa nella forsennata corsa per
produrli, occorre un minimo di prospettiva storica. Storia molto recente, al pari
delle tecnologie in esame.
Dagli anni Sessanta del Novecento e fno allo scorso decennio, la tecnologia
dei microprocessori e la relativa capacità computazionale hanno rispettato la cosid-
detta legge di Moore, che prende il nome dal suo noto estensore. Nel 1965 Gordon
Earle Moore – al tempo direttore ricerca e sviluppo della Fairchild Semiconductor
da lui cofondata otto anni prima e futuro cofondatore, nel 1968, di Intel – scrisse
un articolo sulla rivista Electronics. Tema: il futuro dell’industria dei semicondutto-
ri nei dieci anni successivi. Il contributo, dall’evocativo titolo «Cramming more
components onto integrated circuits» 1 («Stipare più componenti nei circuiti integra-
ti»), notava che la quantità di transistor – gli interruttori che passando da spento (0)
ad acceso (1) rendono possibile il calcolo computazionale, costituendo pertanto i
«componenti» base dei microprocessori – per unità di superfcie «raddoppia media-
mente ogni due anni. Nel breve periodo questo andamento sarà mantenuto, se
non incrementato. A medio-lungo termine è più diffcile fare previsioni, ma è ra-
gionevole credere che l’incremento rimarrà quasi costante per almeno dieci anni».

1. G.E. MOORE, «Cramming more components onto integrated circuits», Electronics, 19/4/1965. 115
AI CHIP, L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

Lo è rimasto per quasi mezzo secolo, elevando a legge la previsione di Moore.


In questo periodo i microprocessori sono diventati milioni di volte più veloci ed
effcienti, grazie a tecnologie che ne hanno miniaturizzato i transistor permettendo
di accrescerne in modo esponenziale la densità sul wafer di silicio. Ogni salto
nell’indice di densità (dei transistor) è detto nodo; ogni nodo corrisponde alla di-
mensione della relativa generazione di transistor, espressa in nanometri (1 nm = 1
miliardesimo di metro). Oggi è in corso di sviluppo il nodo 5 nm (cioè: microchip
con transistor da 5 nanometri); i precedenti nodi erano 7 nm e 10 nm. La prossima Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

frontiera è il nodo 3 nm 2.
La maggiore densità di transistor aumenta l’effcienza grazie al cosiddetto fre-
quency scaling: transistor più piccoli passano tra 0 e 1 più velocemente (con mag-
gior frequenza) e con minor dispendio energetico, consentendo maggiore velocità
di calcolo a parità di consumi elettrici. Tra il 1978 e il 1986 il frequency scaling ha
garantito incrementi annuali della velocità di calcolo superiori al 20%; tra il 1986 e
il 2003 superiori al 50%, grazie all’avvento della computazione parallela (più calco-
li eseguiti contemporaneamente, invece che in sequenza). Il parallelismo ha per-
messo di compensare il rallentamento del frequency scaling, dovuto alla crescente
diffcoltà di miniaturizzare i transistor. È in questa fase che compaiono i processori
dual e poi multi-core, composti da più unità computazionali assemblate nello stes-
so processore. Grazie a ciò, tra il 2003 e il 2011 la velocità computazionale è au-
mentata ancora, in media, del 23% annuo. Dal 2011 al 2015 l’incremento si è ridot-
to al 12% l’anno, per poi attestarsi su un magro 3% 3.
Il protagonista di questa marcia trionfale è il microprocessore par excellence:
la central processing unit (Cpu, unità centrale di calcolo): un chip «generalista», non
pensato cioè per usi computazionali specifci. A contare non era tanto il cosa, ma
il quanto: quanta più potenza in meno spazio e con consumi minori possibili, a
prescindere dall’uso. Questo il mantra imposto dall’avvento dell’elettronica di mas-
sa, sempre più miniaturizzata e alimentata da ubique batterie agli ioni di litio, fon-
te di crescente ansia da autonomia.
Gli anni Novanta sono il decennio del design. O avrebbero dovuto esserlo. Il
progredire dei nodi (transistor più piccoli, densità maggiori) consente nuove archi-
tetture dei processori: nuovi modi di disporre i transistor sul supporto di silicio,
nuove combinazioni di unità di calcolo nei processori multi-core. Sempre a van-
taggio di velocità ed effcienza. Le Cpu possono ora includere unità di calcolo
differenti ottimizzate per funzioni diverse, o più memoria on-chip (integrata nel
processore) che riduce la necessità di accedere a memorie esterne, più lente e
meno effcienti. Ma il disegno, che richiede software avanzati, non tiene il passo
con la miniaturizzazione: le aziende che progettano chip non riescono a sfruttare

2. S.M. KHAN, A. MANN, «AI Chip: What They Are and Why They Matter», Cset (Center for Security and
Emerging Technology), aprile 2020.
3. Ibidem; J.L. HENNESSY, D.A. PATTERSON, «A New Golden Age for Computer Architecture», Communi-
116 cations of the Acm, vol. 62, n. 2, febbraio 2019.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

appieno le possibilità schiuse dai nuovi nodi e dalla crescente abbondanza di mi-
croprocessori, conseguente alla forte espansione della capacità produttiva 4.
Gli anni Duemila e ancor più i Dieci del XXI secolo costringono però a fare di
necessità virtù. In questa fase la miniaturizzazione rallenta inesorabilmente, per li-
miti fsici e tecnologici. Meglio: per gli ostacoli fsici incontrati da tecnologie matu-
re. I primi si manifestano all’inizio del nuovo millennio, quando l’isolante dei
transistor diviene talmente sottile da causare dispersioni elettriche. La risposta:
nuovi materiali (più) isolanti e rivestimenti più spessi, anche se la miniaturizzazio- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ne dei transistor prosegue. I nuovi nodi portano però nuovi problemi: fno al 2011
i chip sono costruiti sovrapponendo strati di transistor, ma con l’incremento di
densità (transistor sempre più vicini nei singoli strati, strati sempre più vicini tra
loro) ricompaiono le dispersioni. Soluzione: strati rimpiazzati da più complesse
strutture tridimensionali, dominanti dal 2011 (anno di immissione sul mercato del
nodo 22 nm) a oggi (7-5 nm). Sotto i 5 nm, però, anche queste strutture presenta-
no problemi di dispersione 5.

2. Oggi i chip di punta «stipano» miliardi di transistor, eppure ne contengono


15 volte meno di quanti ne avrebbero se la legge di Moore fosse rimasta pienamen-
te valida 6. In assenza di ulteriore miniaturizzazione, i consumi aumentano al cre-
scere di potenza e velocità di calcolo. Aumenta anche il calore prodotto dal chip,
che va dissipato con altro dispendio energetico. È un problema? Sì, se si vede il
bicchiere mezzo vuoto. No, se si vede quello mezzo pieno. Pieno di Ai chip, ov-
viamente.
Fino a pochi anni fa l’intelligenza artifciale si basava su algoritmi sviluppati
attraverso il cosiddetto machine learning, «processo in cui la macchina (computer)
riceve e interpreta dati per prendere decisioni che imitino le azioni umane» 7. Que-
sto tipo di apprendimento resta in vigore, ma oggi le maggiori promesse dell’intel-
ligenza artifciale risiedono nell’apprendimento profondo (deep learning): proces-
so molto più sofsticato perché basa le decisioni della macchina su reti neurali ar-
tifciali che ricalcano la struttura di quelle umane. Gli algoritmi del deep learning
– come quelli del riconoscimento facciale, delle auto a guida autonoma o dei siste-
mi di diagnostica medica – usano enormi quantità di dati per autoapprendere e poi
svolgere compiti 8. Come fanno? E perché necessitano di chip specifci? Indietro
veloce: ancora un po’ di storia 9.
Nel 1943, una volta accertata la compresenza nel cervello umano di neuroni e
sinapsi che li collegano, Warren McCulloch e Walter Pitts sviluppano un modello

4. C. BROWN, G. LINDEN, Chip and Change: How Crisis Reshapes the Semiconductor Industry, Cambrid-
ge 2011, Mit Press.
5. Ibidem.
6. J.L. HENNESSY, D.A. PATTERSON, op. cit.
7. R. BJÖRKLUND, «Semiconductors in the Global Race for AI», Institute for Security & Development Po-
licy, 19/4/2021.
8. Ibidem. /
9. Cfr. DEOG-KYOON JEONG, «The Present and Future of AI Semiconductor», news.shhynix.com, 18/2/2022. 117
118
PRINCIPALI PRODUTTORI DI TERRE E METALLI RARI

RUSSIA
Palladio 47%
AI CHIP, L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

FRANCIA
Afnio 43%
USA
TURCHIA
Berillio 90% Giappone
Borato 38%
Elio 73%
CINA
Antimonio 87%
Barite 44%
Bismuto 82%
Fluorite 64%
Fosforite 44%
R.D. DEL CONGO RUANDA Fosforo 58%
Cobalto 64% Tantalio 31% Gallio 73%
BRASILE
Germanio 67%
Niobio 90% THAILANDIA
Grafte naturale 69%
Caucciù 32%
Indio 57%
Magnesio 87%
SUDAFRICA Scandio 66%
Principali produttori di terre e Iridio 85% Silicio metallico 61%
metalli rari Platino 70% Terre rare leggere/pesanti 95%
Principali consumatori mondiali Rodio 83% Tungsteno 84%
di terre e metalli rari Vanadio 53%
Rutenio 93%
% del totale mondiale dei principali elementi
estratti.
Sono comprese altre materie prime strategiche
e relativamente scarse
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

matematico di rete neurale. Il percettrone – questo il nome – dimostra di saper


svolgere diverse operazioni logiche, ma nel 1969 i matematici Marvin Minsky e
Seymour Papert evidenziano che esso risolve solo equazioni lineari. Si apre la cor-
sa a un modello alternativo. Nel 2010 Geoffrey Hinton, dell’Università di Toronto,
propone un metodo semplice ma rivoluzionario: la funzione lineare rettifcata
(rectifed linear unit, Relu). La Relu consente al computer di «costruire» sinapsi
(interrelazioni tra dati) in modo rapido, ma salvaguardando la precisione di calco-
lo, anche in reti neurali «profonde»: algoritmi costituiti da dieci o più livelli nascosti
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

(intermedi) tra quello di input (che recepisce i dati esterni) e quello di output (che
restituisce la decisione della macchina).
Moltiplicando le possibili interazioni logiche tra dati, questi modelli puntano ad
approssimare la complessità del pensiero umano emulandone le capacità deduttive.
Senza però (ancora?) riprodurne appieno l’intelligenza, «quella divina capacità d’a-
strazione che prescinde da un processo» prettamente logico-computazionale. Un li-
mite qualitativo, ma anche quantitativo: il cervello umano contiene circa 85 miliardi
di neuroni e un numero di sinapsi tra mille e 10 mila volte maggiore. Per eguagliar-
ne la mera struttura fsica, una rete neurale artifciale dovrebbe avere tra 85 trilioni
(milioni di miliardi) e 850 trilioni di «peso sinattico», oltre che memoria a suffcienza
per archiviare la mole smisurata di dati prodotti 10. Siamo ancora in mente Dei.
Nel 2012 il gruppo di ricerca di Hinton pubblica AlexNet, architettura che ap-
plica la Relu alla classifcazione delle immagini: forse la sfda maggiore nel campo
della visione computerizzata. A tal fne viene introdotta anche la rete neurale con-
voluzionale, che emula il processo di cattura delle immagini usato dalla retina dei
gatti. Il risultato è una capacità d’analisi e classifcazione computerizzata delle imma-
gini comparabile a quella di una mente umana. Da allora si assiste all’incremento
esponenziale della capacità delle reti neurali profonde di svolgere compiti e risolve-
re problemi, da cui l’odierno proliferare delle Ai e delle loro applicazioni pratiche.
Il successo delle moderne Ai basate su reti neurali profonde dipende da pre-
stazioni computazionali inimmaginabili ancora pochi anni fa. Il tipo di apprendi-
mento di tali reti prevede due fasi: il training «allena» (struttura) un algoritmo
d’intelligenza artifciale con i dati che vi sono immessi; l’inferenza esegue l’algorit-
mo «allenato», cioè lo applica alla classifcazione di nuovi dati in base a quanto
precedentemente appreso. La prima fase richiede sovente di effettuare il medesimo
calcolo milioni, se non miliardi di volte; nella seconda l’attività computazionale è
più differenziata, perché la casistica inferenziale si arricchisce delle nuove relazioni
(sinapsi) create in sede applicativa.

3. Allo stato attuale, allenare un algoritmo avanzato d’intelligenza artifciale


può richiedere settimane e costare milioni di euro. Si stima che per strutturare Al-
phaGo Zero (l’algoritmo lanciato nel 2017), DeepMind – la divisione Ai di Alpha-
bet, azienda madre di Google – abbia speso oltre 35 milioni di dollari, cui vanno

10. Ibidem. 119


AI CHIP, L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

aggiunti i milioni spesi nella successiva fase d’inferenza 11. Usare microprocessori
datati per queste applicazioni implica aumentare esponenzialmente tempi e consu-
mi, dunque i costi, rendendo i progetti diseconomici. Anche laddove si possa e
voglia sostenere tale aggravio, compensare la lentezza dei processori con la loro
moltiplicazione in parallelo (onde far svolgere a molte unità datate lo stesso lavoro
di meno unità avanzate) non è operazione scontata. Molti algoritmi infatti richiedo-
no, specie nella fase di training, il calcolo sequenziale; inoltre, far lavorare in pa-
rallelo tanti processori richiede software e tecnologie di rete complementari, so- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

vente tarate ad hoc 12.


Per reperire l’enorme capacità computazionale necessaria, meglio dunque
puntare su chip che all’alta densità di transistor (nodi 7-5 nm) uniscono un disegno
ottimizzato per il tipo di calcolo richiesto dall’Ai in cui sono impiegati. È questo il
concetto alla base degli Ai chip: microprocessori altamente specializzati, resi sem-
pre più necessari dal progredire delle intelligenze artifciali e delle reti neurali
profonde che le supportano. Senza di essi le nuove frontiere dell’Ai (future, ma
anche presenti) sarebbero inattingibili, perché tempi e costi lieviterebbero al punto
da precludere i progetti.
Finora gli Ai chip sono stati – in parte restano – di tre tipi 13: unità di elaborazio-
ne grafca (graphics processing units, Gpu), dispositivi logici programmabili (feld
programmable gate arrays, Fpga), circuiti integrati per applicazioni specifche (ap-
plication-specifc integrated circuits, Asic). All’inizio dello scorso decennio le Gpu,
nate per l’elaborazione di immagini, prendono a essere usate per il training di algo-
ritmi e a fne anni Dieci dominano il mercato. Usate anche per l’inferenza, sono più
effcaci delle Cpu nel calcolo parallelo ma restano circuiti generalisti. Almeno rispet-
to a Fpga e Asic, che hanno preso piede nell’ultimo lustro. Gli Fpga incorporano
blocchi logici (moduli contenenti un tot di transistor) le cui interconnessioni sono
riconfgurabili dai programmatori per adattarle ad algoritmi specifci. Gli Asic hanno
invece architettura inalterabile, pensata per un dato calcolo funzionale a un dato
algoritmo. Gli Asic sono di norma più effcienti degli Fpga, ma la loro rigidità non
gli consente di evolversi (essere riprogrammati) insieme all’algoritmo.
Negli ultimi anni alcune start-up hanno cominciato a offrire nuove architetture
che fondono caratteristiche proprie delle tre tipologie principali, i cui confni risul-
tano in parte sfumati. Tale evoluzione segue il moltiplicarsi di tipologie e usi delle
intelligenze artifciali che richiedono hardware apposito e ottimizzato. La presenza
di start-up è tra le grandi novità degli ultimi tempi. Fino a pochi anni fa – fn quan-
do cioè il panorama dei chip era interamente occupato dalle Cpu – pochi giganti
dominavano il mercato del disegno e della fabbricazione (raramente di entrambi).
Ciò in quanto gli investimenti necessari a inseguire la legge di Moore erano tali da
11. D. HUANG, «How much did AlphaGo Zero cost?», Dansplaining (blog), giugno 2020.
12. C. HUILING, «Will “Open-Source Traps” Like TensorFlow Strangle China’s AI Companies?», DeepTech
(blog), 10/6/2019; T. SIMONITE, «To Power AI, This Start-up Built a Really, Really Big Chip», Wired,
19/8/2019.
120 13. S.M. KHAN, A. MANN, op. cit.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

richiedere forti economie di scala, ottenibili solo producendo e vendendo milioni


di pezzi identici. Il rallentamento di una progressione fn lì geometrica – aumento
densità, riduzione consumi, incremento capacità di calcolo – ha eroso le economie
di scala e facilitato l’ingresso di nuovi soggetti che puntano a realizzare chip speci-
fci, resi competitivi dal più lento progredire delle Cpu.
Malgrado la loro intrinseca specializzazione, gli Ai chip condividono (almeno
per ora) alcune caratteristiche rispetto alle Cpu: eseguono molti più calcoli in pa-
rallelo; effettuano calcoli con precisione minore ma idonea al funzionamento di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

molte Ai (il cui lavoro è, in defnitiva, stimare le probabilità di un evento su un


numero enorme di variabili); velocizzano l’accesso alla memoria con capienti me-
morie in-chip; usano linguaggi di programmazione ad hoc, ottimizzati per classi di
algoritmi o per singole Ai 14.
Questi processori, al pari delle Cpu, possono essere più o meno potenti in
termini di capacità computazionale, dunque di velocità. Quelli in uso nei server e
nei data center tendono a essere più grandi, in quanto subordinano le dimensioni
alle prestazioni. Quelli di potenza media sono normalmente usati nei computer,
mentre quelli di potenza (relativamente) inferiore equipaggiano l’elettronica porta-
tile e privilegiano l’iperminiaturizzazione, a parziale discapito delle prestazioni.
Questi micro-microchip sono sovente integrati in sistemi che includono una Cpu e
gestiscono funzioni specifche – come il riconoscimento vocale o facciale sugli
smartphone – o app che richiedono il riconoscimento di volti e immagini (compre-
se quelle di ausilio alla funzione fotografca). A tutti i livelli, comunque, gli Ai chip
erodono quote di mercato alle Cpu 15.
Per strano che possa sembrare, i supercomputer sono stati fnora un mercato
secondario (sebbene in crescita) per gli Ai chip 16. Di norma un supercomputer
raggruppa e collega fsicamente Ai chip di alta gamma (come quelli dei server e
dei data center) facendoli lavorare in parallelo secondo il modello della «computa-
zione a griglia» (grid computing). Questo velocizza il calcolo ma riduce sensibil-
mente l’effcienza: consumi elettrici altissimi, molto calore e conseguente necessità
di dispendiosi sistemi di raffreddamento. Un esempio recente è offerto dai grandi
centri di mining per la generazione di criptovalute, che consumando come picco-
le città si sono attirati molte critiche e indotto l’attuale ricerca di tecnologie di ge-
nerazione e trasferimento meno energivore. Finanza creativa a parte, gli alti costi
del supercalcolo sono giustifcabili in un numero limitato di circostanze, da cui il
ricorso parsimonioso allo stesso e al relativo hardware.
4. Gli Ai chip, al pari di ogni altra tecnologia essenziale e ambita, sono un’enor-
me partita industriale e geopolitica. Posto che necessitano di materie prime, know-
how tecnologico, investimenti, impianti produttivi e che le loro ricadute sono poten-
14. Ibidem.
15. N. THOMPSON, S. SPANUTH, «The Decline of Computers as a General Purpose Technology: Why Deep
Learning and the End of Moore’s Law are Fragmenting Computing», Mit (Massachusetts Institute of
Technology), 20/11/2018,
16. S.M. KHAN, A. MANN, op. cit. 121
AI CHIP, L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE

zialmente strategiche nei più svariati campi, civili e militari. Oggi le aziende statuni-
tensi dominano la fase di progettazione, con software Eda (electronic design auto-
mation) da cui dipendono anche i fabbricanti cinesi. A questi Washington intende
precludere ogni serio progresso, vietando ai propri produttori e a quelli degli alleati
eurasiatici – dominanti nella fliera – di trasferire tecnologie software e hardware che
consentano alla Cina di progettare e realizzare i nodi più avanzati.
Le statunitensi Nvidia e Amd integrano un sostanziale duopolio mondiale nel-
la progettazione di Gpu, mentre la principale azienda cinese di unità grafche, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Changsha Jingjia Microelectronics, ne realizza di molto più lente. Situazione simile


nel mercato globale degli Fpga, dominato dalle americane Xilinx e Intel; le capof-
la cinesi del settore – Efnix, Gowin Semiconductor e Shenzhen Pango Microsy-
stems – fnora non sono andate oltre modelli tecnologicamente arretrati 17. Il mer-
cato degli Asic è più contendibile: tali processori sono infatti mediamente più faci-
li da progettare, in quanto devono assolvere a poche funzioni specifche. Aziende
statunitensi come Google, Tesla, Amazon e Intel hanno cominciato a progettare
Asic tarati sulle loro applicazioni, assecondando la tendenza all’integrazione verti-
cale delle fliere. Le realtà cinesi più competitive del settore sono Baidu, Alibaba,
Tencent, HiSilicon (posseduta da Huawei), Cambricon Technologies, IntelliFusion
e Horizon Robotics. Gli Asic da esse prodotti, tuttavia, sono stati sin qui limitati
soprattutto alle fasi di inferenza; solo da poco Huawei ha preso a sviluppare chip
ottimizzati per il training algoritmico, presupposto di qualsiasi Ai basata su reti
neurali profonde 18.
Il dominio di Stati Uniti e alleati nel campo degli Ai chip non si limita alla fase
progettuale, che richiede software altamente complessi. Si estende anche allo har-
dware, la cui realizzazione esige apparecchiature e tecniche sofsticatissime. Ne con-
segue che le aziende cinesi continuano a incorporare unità di calcolo occidentali
(nel senso geopolitico del termine) nei loro prodotti di punta. Ciò concorre a deline-
are il potenziale successo della strategia statunitense di decoupling tecnologico.
Ma prima di saltare a rapide conclusioni vale la pena chiedersi se l’intelligen-
za artifciale sia una realtà industriale esclusiva, schermabile da mire e infuenze
altrui. La risposta passa verosimilmente dai tre elementi chiave che rendono pos-
sibile un’intelligenza artifciale: dati, algoritmi, chip. I primi sono la materia prima
di cui si nutre l’«intelligenza», i secondi il processo logico che permette di acqui-
sire e interpretare l’informazione, i terzi il cuore dell’infrastruttura che rende
possibile tutto ciò. I dati sono «specifci nell’utilità, ubiqui nell’acquisizione, disag-
gregati nella conservazione e commerciali nell’applicazione» 19. Sono infatti genera-
ti da migliaia di sistemi industriali, milioni di applicazioni di localizzazione, miliardi
di apparecchi elettronici mobili (smartphone, tablet, pc) e relativi software che
17. P. INGLE, «Top Artifcial Intelligence (AI) Chip Companies Leading The Way In 2022», marktechpost.
com, 29/9/2022.
18. M. HAMBLEN, «How AI chip will explode 3x by 2025 with start-ups like Hailo, Syntiant and Groq»,
Fierce Electronics, 28/1/2020.
19. T. HWANG, E.S. WEINSTEIN, «Decoupling in Strategic Technologies: From Satellites to Artifcial Intel-
122 ligence», Cset, luglio 2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ormai coprono un ventaglio vastissimo di funzioni e attività. Per questo i dati sono
pressoché impossibili da controllare nella loro interezza. Ciò non signifca che sia-
no risorse pienamente fungibili: l’utilità del dato, dunque il suo valore strategico e
commerciale, dipende fortemente dalla fnalità di chi punta ad acquisirlo, dalla
funzione cui si intende fnalizzarlo. Categorie specifche di dati, limitati in numero
e tipologia, possono pertanto essere oggetto di controllo e protezione onde evitar-
ne l’acquisizione e l’uso – commerciale, industriale, militare, politico-sociale – da
parte di soggetti terzi piò o meno ostili. Progetti industriali, banche dati genetiche,
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dislocazione di assetti e infrastrutture (civili e non) sensibili: queste nicchie infor-


mative appaiono accettabilmente schermabili. Per il resto, lo scetticismo sulla pos-
sibilità di segregare interi universi informativi pare giustifcato, come attestano i
ricorrenti buchi nelle reti censorie più repressive e capillari (dalla Cina all’Iran,
dalla Corea del Nord ai paesi del Golfo).
Per ragioni non troppo dissimili, risulta alquanto diffcile controllare e regola-
mentare gli algoritmi 20. Se teoricamente essi altro non sono che sequenze fnite di
operazioni da svolgere per risolvere un dato problema, all’atto pratico si traducono
in stringhe di codice facili da copiare, trasmettere, salvare su memorie portatili o
caricate su archivi online. Monitorarne cessione e acquisizione, a titolo gratuito o
meno, è impresa enorme sotto il proflo tecnico e – almeno per le economie aper-
te – insidiosa sotto quello etico-giuridico, in quanto implica pesanti limitazioni alla
libertà personale e d’impresa. Senza contare i contraccolpi negativi sul settore del-
la programmazione informatica, che come e più di altri ambiti scientifci vive di
osmosi continua: un’intelligenza collettiva, molto umana e diffcilmente segmenta-
bile senza comprometterne le capacità. Sotto questo proflo, le Ai e i connessi al-
goritmi non sono tecnologie come le altre: sono processi logici, al pari della razio-
nalità umana che tentano di emulare. Diffcile rimetterne il genio nell’angusta bot-
tiglia una volta che ne è uscito.
Resta lo hardware, oggetto del presente articolo. In quanto prodotti manifattu-
rieri ad altissimo contenuto tecnologico, i microprocessori sono dei tre l’elemento
forse più facile da circoscrivere in una logica esclusiva. È su questo che infatti
puntano gli Stati Uniti rispetto alla Cina, nel tentativo di mantenere una supremazia
tecnologica magari temporanea ma essenziale in un settore dagli sviluppi rapidi e
dirompenti. A tale riguardo, oltre che sulle tecnologie il confronto è tra modelli
economici: non più capitalismo contro pianifcazione (come durante la guerra
fredda), ma capitalismo «aperto» contro capitalismo dirigista. Capitalismi contro. A
prescindere da chi prevalga (se vincitore netto vi sarà), il fatto che la sfda si giochi
su un campo storicamente plasmato dall’America la dice lunga sull’intrinseca, per
certi versi preterintenzionale tenacia del primato statunitense.

20. Ibidem. 123


Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

TAIWAN PREPARI
LO SCUDO DI SILICIO di Alan Hao YANG
Formosa dovrà incrementare la produzione dei microchip per
proteggersi dalla Cina. Il rapporto con l’America è vitale, come Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

anche non irritare Pechino. Il pronipote di Chiang Kai-shek è


sindaco di Taipei, ma il Kuomintang non è ancora tornato.

1. N EL 2022 IL DUELLO TECNOLOGICO TRA


Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese si è acuito ripercuotendosi sulla Repubbli-
ca di Cina (Taiwan). In particolare, Washington ha coinvolto Taipei nel tentativo di
ridurre il peso di Pechino nelle fliere produttive strategiche.
Tutti e tre i governi hanno dovuto dedicarsi anche alle questioni interne. Du-
rante le elezioni di metà mandato americane il Partito democratico ha perso il
controllo della Camera dei rappresentanti e ha tenuto quello del Senato. Intanto, il
XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese ha conferito al presidente Xi
Jinping un inedito terzo mandato alla guida della Repubblica Popolare. Soprattutto,
Xi ha collocato i membri della propria cordata nelle posizioni chiave del politburo
e del comitato permanente, consolidando ulteriormente l’autocrazia incentrata sul-
la sua persona. Pure a Taiwan si è votato localmente e il Kuomintang (Kmt) ha
inferto un duro colpo al Partito progressista democratico (Dpp).
Il prossimo anno, la partita tra le due potenze proseguirà e Taipei vi avrà una
funzione cruciale. Ciò peserà sull’agenda del successore della presidente taiwanese
Tsai Ing-wen nel 2024.

2. Le frizioni commerciali sino-statunitensi si sono aggravate nel 2017, durante


l’amministrazione Trump. Rapidamente si sono trasformate in guerra economica e
tecnologica, complici anche le restrizioni americane imposte all’industria cinese a
seguito dell’ingresso di Joe Biden alla Casa Bianca. Al punto che ora Washington
e Pechino si combattono senza tregua per il dominio delle catene di approvvigio-
namento.
Esse sono estremamente articolate, ma l’attenzione di entrambe verte soprat-
tutto sul processo di produzione dei semiconduttori. In questo settore, la Cina
rappresenta il 25% della domanda mondiale. Invece gli Stati Uniti, che trainano 125
TAIWAN PREPARI LO SCUDO DI SILICIO

l’innovazione relativa alle tecnologie più importanti, stanno incentivando i loro


partner asiatici ad allontanarsi da Pechino.
Il Chips and Science Act approvato lo scorso agosto da Washington prevede
52 miliardi di dollari di incentivi e sussidi per promuovere l’industria a stelle e
strisce. Mentre l’Infation Reduction Act ha stabilito sovvenzioni per la produzione
di veicoli elettrici made in Usa al fne di riposizionare le fliere produttive più re-
silienti dal territorio cinese a quello americano. Infne, a ottobre Biden ha annun-
ciato nuove misure di controllo sulle esportazioni di tecnologia per impedire alle Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

aziende della Repubblica Popolare di utilizzare apparecchiature d’avanguardia


prodotte in America.
Il possesso di conoscenze e risorse strategiche per l’industria hi-tech e la posi-
zione geostrategica nell’Indo-Pacifco stanno ingabbiando Taipei. Taiwan Semicon-
ductor Manufacturing Company (Tsmc) è la più importante produttrice di semicon-
duttori avanzati al mondo. Ha un valore di mercato di circa 520 miliardi di dollari ed
è tredicesima nella classifca delle aziende di maggior valore su scala mondiale.
Inoltre, Tsmc controlla il 60% della fase di fabbricazione e assemblaggio dei micro-
chip, superando di gran lunga il 13% rappresentato dalla sudcoreana Samsung
Electronics. Secondo le statistiche della Taiwan Semiconductor Industry Association
e dell’Industrial Technology Research Institute, quest’anno il valore delle attività
dell’isola nel settore sfora i 149 miliardi di dollari. Cioè quasi il 20% del pil, pari a
820 miliardi. In altre parole, il rapporto tra Tsmc e Taipei è indissolubile. Al punto
che nella maggior parte dei casi in cui all’estero si cita Taiwan si fa riferimento al
ruolo dell’azienda. A ciò si aggiunga che nel paese vi sono anche altre società leader
nella produzione di microchip. Per esempio United Microelectronics (Umc), Power-
chip Semiconductor Manufacturing Corporation (Psmc) e Vanguard International
Semiconductor Corporation (Vis). Tutto ciò crea uno stretto legame tra la domanda
globale di prodotti hi-tech e le nostre attività.
Taipei può trarne benefcio. Da qualche tempo infatti si dibatte intensamen-
te dell’idea secondo cui legando l’industria taiwanese al resto del mondo si pos-
sa forgiare uno «scudo di silicio» (elemento chiave per la elaborazione dei micro-
chip, n.d.r.) con cui garantire la sicurezza economica e la stessa sopravvivenza
dell’isola.
Per varie ragioni, incluse le esigenze di mercato, Tsmc ha un impianto di
semiconduttori anche a Nanchino, nella Repubblica Popolare. Tuttavia, l’azienda
è attenta a non favorire la concorrenza. I suoi piani di investimento ed espansio-
ne all’estero prevedono la prudente separazione tra il processo tecnologicamen-
te «avanzato» e quello «maturo». In linea di massima, il primo riguarda la fabbri-
cazione di microcircuiti di dimensione inferiore a 5 e 3 nanometri (nm), mentre
il secondo ad almeno 7. La differenza dipende anche dai requisiti del terminale
su cui vengono applicati. Tsmc ha sempre mantenuto le attività di ricerca, svi-
luppo e realizzazione dei processi avanzati a Taiwan. Invece lo stabilimento di
Nanchino crea chip a 12 e 16 nm e presto – grazie alla licenza di un anno con-
126 cessa dagli Stati Uniti – anche a 28 e 16.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Negli ultimi tempi la ricollocazione delle catene di approvvigionamento entro


i confni degli Stati Uniti è diventata più concreta e ha inciso sugli interessi dell’a-
zienda taiwanese. Lo scorso 6 dicembre Tsmc ha inaugurato una nuova fabbrica in
Arizona, cui aveva in precedenza spedito macchinari e attrezzature per processi
avanzati a 5 nm. L’iniziativa rientra nel piano americano per creare in massa dispo-
sitivi con quelle specifche entro il 2024. Washington continua evidentemente a
rafforzare il ruolo chiave di Taiwan nelle fliere produttive lasciando che qui abbia-
no luogo gli investimenti in ricerca e sviluppo legati ai microchip più sofsticati,Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

come quelli a un nm.

3. Mentre prendevano corpo tali dinamiche la Cina si è concentrata sul conso-


lidamento della leadership di Xi, che ha conseguito uno straordinario terzo man-
dato alla guida del paese. Durante il XX Congresso nazionale del Pcc, la cordata di
potere emersa dalla Lega della gioventù comunista e la «gang di Shanghai» sono
state completamente tagliate fuori dagli organi apicali. I quali ora sono in mano
alla fazione di Xi.
Il presidente sembra voler seguire il percorso intrapreso da Mao Zedong. Il
conclave mandarino ha esaltato la modernizzazione «con caratteristiche cinesi» al
fne di sostenere la legittimità dell’ascesa della Repubblica Popolare. Xi ha sottoli-
neato che Pechino deve affrontare delle «battaglie» in patria e all’estero nell’ambito
dell’assertivo «grande risorgimento della nazione cinese». Infne, il Congresso ha
messo in luce la convinzione ideologica secondo cui soltanto «la correttezza poli-
tica» può condurre alla «correttezza del mercato». Di fatto Xi sta respingendo i va-
lori e le pratiche del capitalismo occidentale. Questi tratti contraddistingueranno la
sua strategia nella competizione con gli Stati Uniti e le altre democrazie nei pros-
simi anni.
Durante il Congresso, Xi ha anche elogiato la Belt and Road Initiative (Bri,
nuove vie della seta), trascurando completamente la trappola del debito e le ambi-
zioni espansionistiche sottese a quel progetto. La fuorviante e autocompiaciuta
conferma delle nuove vie della seta indica che queste continueranno a intossicare
la ripresa post-epidemica globale con la retorica dell’orgoglio cinese e con gli enor-
mi e insidiosi incentivi economici ai paesi più poveri. Così, altri Stati diventeranno
vittime del credito di Pechino e partner di accordi scadenti.
Un mese dopo il Congresso, Xi ha svolto diverse missioni diplomatiche alla
ricerca di sostegno internazionale. Il suo scopo è potenziare la propria leadership,
assumere la guida dell’Asia e assicurarsi un posto nella storia. Perciò si mostra du-
ro anche nei confronti di Taiwan. In precedenza, aveva proposto a Taipei l’unif-
cazione tramite il modello «un paese, due sistemi» in vigore a Hong Kong. Poi lo
scorso agosto ha lanciato delle esercitazioni per simulare un blocco navale attorno
all’isola, scatenando la quarta crisi nello Stretto. Infne, durante il XX Congresso ha
usato parole severe contro Taiwan e ha evitato di menzionare qualsiasi tipo di
compromesso. In particolare, ha detto che Pechino non rinuncerà mai all’uso della
forza per risolvere la partita. Il mandato senza limiti di Xi e l’assenza di un sistema 127
128
LA QUARTA CRISI DELLO STRETTO
Limite della piattaforma Aree delle esercitazioni Mar
continentale rivendicato condotte dalla Cina Cinese
dalla Cina 1995-1996
Orientale
Confni marittimi tra la Cina 2022
e gli arcipelaghi taiwanesi
Isole Senkaku
(GIAPPONE, rivend.
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da Cina e Taiwan)
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Taiwan e suoi arcipelaghi


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Rivendicazioni di Taiwan
Cinese Canale di Bashi Lancio di missili balistici
Acque territoriali da parte dell’Esercito
Meridionale
Confni marittimi Z e e f i l i p p i n a popolare di liberazione
il 4 agosto
Infrastrutture a Taiwan Isole Batan
(FILIPPINE) I punti di lancio, i percorsi
Basi aeree/aeroporti di volo e i punti di atterraggio
Basi navali/porti sono approssimativi
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Fonte: chinapower.csis.org
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

di pesi e contrappesi nel Partito potrebbero rendere la Repubblica Popolare mag-


giormente incline a errori e malintesi.

4. A differenza di quest’ultima, la democratica Taiwan celebra regolarmente


elezioni. A novembre si sono tenute quelle locali, che hanno visto prevalere il
Kuomintang. Si è prestata molta attenzione a tale successo e alla possibilità che ciò
possa cambiare il futuro dell’isola. Il Kmt ha avuto la meglio in 14 dei 22 enti ter-
ritoriali tra contee e città. Al contrario, il Dpp ha conquistato soltanto cinque loca-
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

lità, segnando il record negativo dalla sua fondazione. Il partito ha sempre goduto
di notevole popolarità a Tainan e Kaohsiung, ma stavolta qui ha vinto con scarso
margine, rispettivamente del 5 e del 18%.
Alcuni ritengono che tutto ciò possa aver determinato una seria battuta d’arre-
sto per Tsai Ing-wen e aver favorito l’ascesa di Chiang Wan-an (o Wayne). Il pro-
nipote dell’ex dittatore e presidente della Repubblica di Cina Chiang Kai-shek è
diventato il più giovane sindaco nella storia di Taipei.
In passato Wan-an è stato membro del parlamento tra le fle del Kmt e ha
fatto parte della commissione per il Welfare sociale e l’Igiene ambientale. Prim’an-
cora ha conseguito un dottorato in giurisprudenza negli Stati Uniti e ha lavorato
per Wsgr (Wilson Sonsini Goodrich & Rosati), il più grande studio legale della
Silicon Valley.
Malgrado il suo lignaggio, fnora la carriera di Chiang non è stata degna di
nota. La sua controversa storia familiare è un’onta, ma è anche la ragione per cui
ha fatto strada così rapidamente. Negli ultimi anni il Kuomintang ha valorizzato
quest’aura aristocratica nel tentativo di riacquisire consenso. Nei mesi di campagna
elettorale la squadra di Chiang si è rivelata particolarmente sensibile alle tendenze
conservatrici tipiche del Kmt e ha incluso un’accozzaglia di politici di vecchia data.
Invece l’attuale sindaco Ko Wen-je, in carica da otto anni, ha sostenuto la candida-
tura del suo vice Huang Shan-shan nel tentativo di mantenere qualche infuenza
politica. Il Dpp ha puntato su Shih-Chung Chen, ex ministro della Sanità e del
Welfare e protagonista della lotta al Covid-19 come capo del Comando centrale per
l’epidemia. Ne è risultata una sfda a tre. Chiang è stato criticato ma alla fne ha
ricevuto 575.590 voti, circa il 42,29% del totale.
Ora il giovane sindaco vorrebbe presentarsi quale cittadino ordinario, ma non
riesce a liberarsi della sua discendenza. Sebbene per un politico affrontare la storia
in maniera onesta e avviare un corretto percorso di transizione verso il futuro sia
un dovere, tutto ciò non pare urgente. Non molto tempo dopo le elezioni, Pechi-
no ha imposto sanzioni unilaterali su alcuni prodotti taiwanesi nel campo della
pesca e degli alcolici. Noncuranti della posizione del governo centrale, alcuni
parlamentari del Kuomintang si sono recati in Cina affermando di voler negoziare
in nome del popolo. Se questa deriva proseguirà, la fducia degli abitanti nel Kmt
rimarrà scarsa. Anche perché molti di loro hanno espresso la loro solidarietà ai
cittadini della Repubblica Popolare e lo scorso dicembre sono scesi in strada per
chiedere libertà e democrazia esibendo dei fogli bianchi come forma di protesta. Il 129
TAIWAN PREPARI LO SCUDO DI SILICIO

Kuomintang ha reagito a tali manifestazioni invitando il Pcc ad allentare le restri-


zioni legate alla tattica zero-Covid e ad assecondare le richieste popolari. I taiwa-
nesi si chiedono se il Kmt sia confuso sulla direzione da prendere, se si stia auto-
censurando per la sua inclinazione pro-Pechino, oppure se le radici dittatoriali non
gli consentano di assorbire concetti quali democrazia e libertà.
In realtà, la celebrazione dell’ascesa di Chiang rischia di innescare la soprav-
valutazione della vittoria del partito di opposizione. Si è trattato di elezioni locali e
la popolazione non ha votato per determinare il futuro di Taiwan a livello nazio- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

nale in termini di identità politica, sicurezza e sopravvivenza dello Stato. C’entrava-


no soprattutto il benessere economico e la qualità della vita. Il Dpp ha vinto sol-
tanto in due delle sei municipalità e ha visto venir meno il suo tradizionale vantag-
gio in alcune località. Tuttavia, ciò non signifca che il partito sia in crisi e che
uscirà sconftto nelle future elezioni presidenziali. Tantomeno, l’ascesa di Chiang
non implica la disfatta di Tsai. Dopo aver perso, un partito di governo responsabi-
le deve prendere in considerazione le esigenze degli elettori e il Dpp sta già ricali-
brando la sua politica per rispondere all’opinione pubblica.

5. La transizione vera e propria dal regime flocinese guidato dal Kuomintang


al governo retto dal Partito progressista democratico – «autenticamente» taiwanese
– dura da otto anni. In questo arco di tempo l’isola è stata oppressa dalla Repub-
blica Popolare, ma le relazioni con gli Stati Uniti sono più forti che mai e la proie-
zione di Taipei verso l’estero ha reso possibili collaborazioni di ogni tipo con il
resto dei paesi dell’Indo-Pacifco.
Nel 2023 l’operato di Tsai sarà sottoposto al giudizio dell’opinione pubblica.
Se la politica attuata nello Stretto, la cosiddetta Diplomazia ferma (Steadfast Diplo-
macy), la nuova Politica in direzione Sud (New Southbound Policy, fulcro della
strategia indo-pacifca di Taipei) e il piano di sviluppo nazionale saranno in linea
con le aspettative diventeranno importanti indicatori per il successore della presi-
dente nel 2024.
In ogni caso, il prossimo anno lascerà in dote al futuro leader tre sfde importan-
ti. La prima sarà sopravvivere alla competizione tra Stati Uniti e Cina. È essenziale
non irritare Pechino e allo stesso tempo fare di Taiwan un soggetto più resiliente, per
proteggerla e garantire il benessere della popolazione. La seconda sfda sarà raffor-
zare le relazioni a sud con India, Australia e Vietnam e a nord con il Giappone, con
cui Taipei ha una certa affnità. Così da promuovere l’integrazione dell’isola nella
comunità regionale dell’Indo-Pacifco. La terza sfda sarà convertire le fliere produt-
tive in «catene di sopravvivenza» e dunque rendersi indispensabili per lo sviluppo di
questa parte di mondo. L’importanza di Taiwan va ben oltre la fornitura di microchip.
La condivisione delle sue esperienze in termini economici, sociali e di soft power può
contribuire a rivitalizzare e reindirizzare la ripresa post-epidemica regionale.
Insomma, chi vorrà guidare il paese nel 2024 dovrà renderlo indispensabile
nell’Indo-Pacifco, così da guadagnarsi tanto l’approvazione dell’opinione pubblica
130 nazionale quanto il sostegno degli alleati internazionali.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

TAIWAN
L’ISOLA DEI CHIP ARESU
di Alessandro

Come Morris Chang, fondatore di Tsmc, ha vinto la sua scommessa


e ha creato il gioiello della globalizzazione. La posta in gioco nella Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sfida tecnologica fra Usa e Cina. Il nodo del rapporto con Pechino e
i rivali coreani. Il difficile imperativo della diversificazione.
Beh, Tom, il mondo
non è più piatto.
Morris Chang, 2021

1. N EL 2017, I TITANI DELL’INDUSTRIA DEI


chip si raccolgono a Taipei per celebrare il trentennale di Taiwan Semiconductor
Manufacturing Company (Tsmc). Morris Chang, fondatore di Tsmc, modera una
discussione che coinvolge aziende come Apple, Arm, Asml, Broadcom, Qual-
comm. Sono tutti vestiti in giacca e cravatta, eccetto uno che indossa come sempre
un giubbotto di pelle da motociclista: si tratta di Jen-Hsun Huang (noto come Jen-
sen Huang), cofondatore, amministratore delegato e presidente di Nvidia. È prota-
gonista di un siparietto con Morris Chang, che lo rimprovera affettuosamente per
non aver ancora concluso le slide della sua presentazione. I due ricordano che,
poco dopo la fondazione di Nvidia nel 1993, Huang cerca più volte e senza suc-
cesso di contattare l’uffcio vendite negli Stati Uniti di Tsmc, che in quel periodo
mostra già un impressionante ritmo di crescita. Allora Huang scrive direttamente a
Morris Chang per parlare di affari e lascia il suo numero di telefono per essere ri-
chiamato. Il fondatore di Tsmc racconta divertito di avergli effettivamente telefona-
to e di aver sentito un gran chiasso, fno a quando Huang seda gli animi dei suoi
dipendenti, raccolti ad ascoltare, e urla: «State tutti zitti! Morris Chang mi sta vera-
mente chiamando!». Così comincia una eccezionale relazione commerciale, in cui
c’è un legame con Taiwan.
Jensen Huang è nato a Tainan, prima di spostarsi a nove anni con la sua fami-
glia negli Stati Uniti, studiare ingegneria in Oregon e poi a Stanford e lavorare in
una storica azienda americana, Advanced Micro Devices (Amd), che lascia nel 1993
per creare Nvidia. Un’altra storia di emigrazione che parte da Taiwan è quella di
Lisa Tzwu-Fang Su (nota come Lisa Su), nata a Tainan e trasferitasi in America a tre
anni con la famiglia. Lisa Su studia al Mit e lavora in aziende storiche come Texas
Instruments e Ibm. Nel 2012 entra in Amd, al tempo in estrema diffcoltà, secondo 131
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

alcuni vicina alla bancarotta, e porta avanti il processo di ristrutturazione e diversi-


fcazione più importante dell’industria degli ultimi dieci anni. Amd basava i suoi
ricavi soprattutto sui personal computer, in storica concorrenza con Intel. Lisa Su
posiziona l’azienda su altri segmenti, in particolare i videogiochi e i data center.
Ambiti che hanno fatto la fortuna di Nvidia, che negli anni Novanta nasce proprio
per i videogiochi. Nel corso del tempo, le schede grafche utilizzate per gli spara-
tutto o i giochi di strategia si evolvono e diventano tasselli essenziali dei più impor-
tanti centri di supercalcolo al mondo, nonché delle altre applicazioni dell’intelli- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

genza artifciale. Le aziende guidate dai due grandi manager nati a Taiwan proget-
tano i chip, che vengono poi realizzati per loro da alcuni produttori, come Sam-
sung e appunto Tsmc, in strettissima collaborazione.

2. Il merito politico dello sbarco di Morris Chang a Taiwan e quindi della na-
scita di Tsmc va soprattutto a due persone 1: Sun Yun-suan e Li Kwoh-thing (noto
come K.T. Li). Il primo, ingegnere elettrico di formazione che passa la seconda
guerra mondiale negli Stati Uniti, alla Tennessee Valley Authority, è ministro degli
Affari economici dal 1969 al 1978, nonché premier dal 1978 al 1984. Il secondo
studia negli anni Trenta fsica a Cambridge e a partire dagli anni Cinquanta svolge
numerosi incarichi nello sviluppo industriale di Taiwan, dal 1976 col ruolo di mi-
nistro senza portafoglio per la Promozione della scienza e della tecnologia. Proprio
mentre il mondo si concentra sulla storica apertura alla Cina di Nixon, all’inizio
degli anni Settanta, i tecnocrati di Taiwan, dopo aver già ottenuto una crescita eco-
nomica a due cifre, si dedicano al prossimo passaggio: come scalare la posizione
internazionale del paese dalla produzione di giocattoli alla manifattura avanzata.
Vogliono comprendere in che modo Taiwan possa entrare nella competizione ad
alta intensità tecnologica di cui gli Stati Uniti sono stati gli iniziatori, con le aziende
che hanno dato forma all’industria dei chip e alla Valle del Silicio, e in cui sono
entrati i giapponesi, con grande forza industriale e commerciale. Sun Yun-suan si
affda a un ricercatore americano di origine cinese, Pan Wen-Yuan, che lavora per
Radio Corporation of America (Rca), azienda nata da General Electric che accetta
di vendere a Taiwan a metà degli anni Settanta una tecnologia obsoleta sui circui-
ti integrati. Il governo di Taiwan, attraverso i suoi tecnocrati, risponde quindi all’ef-
fettiva marginalizzazione geopolitica con un piano articolato.
Il programma comprende la fondazione nel 1973 nell’area di Hsinchu, a sud
di Taipei, dell’Industrial Technology Research Institute (Itri), centro di ricerca ap-
plicato sulla tecnologia avanzata; l’organizzazione di una rete formale e informale
di ingegneri e ricercatori, soprattutto americani di origine cinese, che prende il
nome di Electronics Research and Service Organization (Erso). Questo gruppo
iniziale viene formato da Rca, grazie all’impulso di Pan Wen-Yuan, per poi costru-
1. Il testo fondamentale per questa ricostruzione è J.A. MATHEWS, DONG-SUNG CHO, Tiger Technology:
The Creation of a Semiconductor Industry in East Asia, New York 2000, Cambridge University Press.
Faccio riferimento anche all’intervista a Morris Chang realizzata da Alan Patterson per la storia orale
132 del Computer History Museum, 24/8/2007.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ire una fabbrica pilota di circuiti integrati a Taiwan. I tecnocrati di Taiwan si impe-
gnano per portare questi temi alla massima attenzione del governo e delle imprese,
anche con una conferenza del 1978 che elabora un programma di sviluppo sulla
scienza e sulla tecnologia. Il programma è adottato dal governo, che stabilisce un
gruppo permanente, presieduto da K.T. Li, dedicato a sviluppare l’ecosistema di
ricerca, talento e imprese per competere nell’industria dei chip. Il successo di lun-
go termine è infatti legato alla capacità di sviluppare imprese in grado di compete-
re sui mercati internazionali. Il nucleo iniziale di ingegneri Erso ottiene alcuni im- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

portanti successi commerciali già alla fne degli anni Settanta, ma l’ambizione di
K.T. Li e Sun Yun-suan va oltre e favorisce nel 1980 la nascita di un’azienda, United
Microelectronics Corporation (Umc), guidata dal ricercatore dell’Itri Robert Tsao. Il
fatturato di Umc nel 2021 è stato di quasi 8 miliardi di dollari.
Le fondamenta dell’ecosistema di Taiwan sono quindi costruite con un lavoro
di lungo corso, che nella crescita di un decennio prepara il momento decisivo: il
corteggiamento di K.T. Li a Morris Chang. Quest’ultimo, nato in Cina nel 1931, è
andato a studiare negli Stati Uniti nel 1949 ed è diventato uno dei manager di riferi-
mento dell’industria dei chip, con Texas Instruments. A oltre cinquant’anni è pronto
per una nuova sfda e accetta di diventare presidente dell’Itri, per scalare sul piano
economico i risultati della ricerca. Secondo Morris Chang, Taiwan non avrebbe mai
trovato una strada solo attraverso la licenza ottenuta da Rca, perché avrebbe conti-
nuato a restare indietro nella frontiera tecnologica. Qui si colloca la grande idea del
fondatore di Tsmc: la creazione di un’azienda incentrata sulla produzione per conto
terzi, su cui basa il business plan che presenta a K.T. Li. Partendo dagli studi di due
ricercatori, Lynn Conway e Carver Mead, Chang aveva sviluppato da tempo quest’i-
dea, snobbata da uno dei grandi manager di Intel, Gordon Moore, con le celebri
parole: «Morris, tu hai avuto tante buone idee. Questa non lo è» 2.
L’inventore della legge di Moore, la guida del continuo sviluppo della capacità
di calcolo e miniaturizzazione dei chip, non si è reso conto che davanti a sé c’era
proprio uno dei motori essenziali di quest’avanzamento. Il modello della produzio-
ne per conto terzi (cosiddetto modello foundry), incentrato sulla costruzione di
fabbriche (cosiddette fab) e sui servizi forniti ai clienti, catalizza lo sviluppo di un
ecosistema incentrato solo sulla fase di progettazione (cosiddette aziende fabless).
Imprese più piccole, in questo processo iniziale, possono avanzare più velocemen-
te nella tecnologia attraverso l’apprendimento continuo nel lavoro congiunto coi
clienti. E allo stesso tempo questi clienti evitano di investire la maggior parte delle
loro risorse per la costruzione delle fabbriche, che è molto dispendiosa.
L’idea di Morris Chang costituisce un circolo virtuoso che gli altri operatori
dell’industria inizialmente non comprendono. Tsmc può nascere grazie alla spinta
del governo di Taiwan, che convince alcuni imprenditori a investire, ma soprattut-
to grazie a Philips, che decide di far parte del progetto grazie alla stima per Morris

2. La testimonianza dello stesso Morris Chang è in D.B. FULLER, «Globalization for Nation Building:
Industrial Policy for High-Technology Products in Taiwan», Mit Ipc Working Paper 02-002, gennaio
2002, p. 8. 133
134
COREA DEL NORD Camas
IL MONDO DI TSMC WASHINGTON
MONGOLIA Suwon GIAPPONE 1
COREA Kumamoto
DEL SUD S TAT I U N I T I
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

Nanjing
Shanghai Phoenix
ARIZONA
C I N A
Fabbriche più avanzate in assoluto negli Usa
LE FABBRICHE DI TSMC
Quartier generale di Tsmc
TAIWAN 1
5 Numero di fabbriche Taipei
Taoyuan
5
INDIA
Oceano Pacifico Hsinchu
VIETNAM
MYANMAR FILIPPINE
LAOS 2 Taichung
Hualien

THAILANDIA TA I WA N
CAMBOGIA

I PRINCIPALI CLIENTI DI TSMC Città in cui si trovano fabbriche di Tsmc 4 Tainan


Apple 25,93 % Città in cui si trovano fabbriche della
MediaTek 5,80 % BRUNEI galassia Tsmc
Kaohsiung
Amd 4,36 % 1 WaferTech di Camas (Usa)
Qualcomm 3,90 % 2 Ssmc di Singapore
M A L A Y S I A
Broadcom 3,77 % Prossime fabbriche di Tsmc
INDONESIA
Nvidia 2,83 % BORNEO Città dove ha sede Samsung, principale
Fonte: Digitimes (2021) 2 SINGAPORE avversario di Tsmc
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Chang e al suo coinvolgimento precedente nell’elettronica a Taiwan. Così nel 1987,


anche se buona parte della popolazione taiwanese è preoccupata per la chiusura
della storica fabbrica Mattel di Barbie, che dopo vent’anni si sposta in Cina, la na-
scita di Tsmc inizia a scrivere una nuova storia. Nei primissimi anni, l’azienda ha
qualche diffcoltà ma l’inizio degli anni Novanta segna già il suo successo. Tsmc
sorpassa Umc nel 1992 con un fatturato di 262 milioni di dollari e arriva a oltre un
miliardo di dollari nel 1995. Nel 1997, Tsmc è la prima azienda a quotarsi al New
York Stock Exchange. Nel 2021, il fatturato di Tsmc ha superato i 56 miliardi di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dollari e la spesa in conto capitale è stata di circa 30 miliardi.


Fin dall’inizio, Tsmc si è concentrata sull’eccellenza nella manifattura. I primi
processi di completa automazione sono iniziati nel 2000, e dieci anni dopo l’appli-
cazione di processi di smart manufacturing si è diffusa, con l’introduzione di una
piattaforma informatica integrata e di analisi di big data, per rispondere all’obietti-
vo di ridurre la tempistica di produzione (cosiddetto cycle time). Inoltre, Tsmc ha
ottimizzato i processi in tutte le sue fabbriche. Non si tratta solo di garantire che lo
stesso iter possa essere replicato, ma anche che una fabbrica possa apprendere
dall’altra, allineando i propri parametri alle performance di quella che ottiene una
maggiore ottimizzazione dei processi (fab-matching): un’innovazione notevole ri-
spetto al modello di uniformità applicato da Intel (copy exactly) 3.

3. Tsmc, l’azienda asiatica a maggiore capitalizzazione, è un indubbio gioiello.


Fa parte di una corona, perché il suo successo si colloca in un ecosistema dei chip
che ha saputo rinnovarsi, nella strada verso il primato mondiale. A Tsmc e Umc si
affancano molte altre aziende nei vari segmenti dell’industria, tra cui Via Techno-
logies, MediaTek, Realtek, GlobalWafers, Ase Group, Siliconware Precision Indu-
stries, United Integrated Services, Sunlit Chemical, Gudeng Precision. La corona dei
chip, come sappiamo, insiste su una sovranità problematica.
Cerchiamo però di capire la posta in gioco. Taiwan domina l’industria dei
chip? Non esattamente. La caratteristica fondamentale di quest’industria è la divisio-
ne in diversi segmenti. Se è vero che la maggior parte dei prodotti fniti più avan-
zati sono realizzati da Tsmc, ciò non signifca che il gigante di Taiwan sia autono-
mo o autosuffciente. Anche perché il suo successo si fonda sull’esatto contrario:
l’interdipendenza tra chi pensa e progetta un prodotto e chi lo realizza. Morris
Chang ha alimentato questa rivoluzione, mentre alcuni concorrenti, come le azien-
de giapponesi, hanno perso il treno.
In questo senso, Tsmc è il più alto portato della globalizzazione asiatica. La
scintilla dei tecnocrati di Taiwan, con la mobilitazione degli ingegneri espatriati, e
l’esecuzione dell’idea di Morris Chang, hanno posto Taiwan nel più alto segmento
produttivo dell’economia globale. Ciò è avvenuto aumentando la complessità
dell’industria, non riducendola, e sulla base di un’evoluzione che dagli anni Ottan-
ta ha visto l’affermazione di altri due segmenti decisivi, i quali rimarcano un prima-

3. JIMMY HSIUNG, «Uncovering TSMC’s Two Special Weapons», CommonWealth Magazine, 25/1/2019. 135
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

to intatto e poco visibile della Silicon Valley. Si tratta degli strumenti di electronic
design automation (Eda), essenziali per la progettazione dei chip e controllati
principalmente da due aziende degli Stati Uniti (Synopsys e Cadence) e da un’a-
zienda americana comprata da Siemens (Mentor). Nonché del variegato segmento
della strumentazione, che comprende macchine e strutture che devono stare in
fabbriche come quelle di Tsmc affnché la produzione funzioni e che sono dovute
ad aziende statunitensi come Applied Materials, Kla e Lam Research, nipponiche
come Tokyo Elektron, oltre al leader dei macchinari più avanzati, Asml (Paesi Bas- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

si), che ha importanti attività anche in California. È la distribuzione delle compe-


tenze, poi organizzate a Taiwan secondo precisi obiettivi, che rende possibile il
successo di Tsmc. Quando questo assetto è messo in discussione dal confitto tra
Stati Uniti e Cina, lo scenario in cui opera Tsmc diventa tempestoso.
Occorre considerare un’altra caratteristica dell’industria dei chip: la sua ciclici-
tà. Pur all’interno di una crescita di lungo periodo, l’industria conosce epoche di
crescita sostenuta e bruschi arresti, che diviene sempre più diffcile decifrare per i
suoi vari segmenti. Per esempio, sappiamo che i chip di intelligenza artifciale
avranno una maggiore diffusione, ma non sappiamo con certezza quando saranno
adottati, da quali mercati, con quali caratteristiche. Le previsioni delle aziende spes-
so sono smentite dalla realtà, per difetto o per eccesso. Durante i cicli in cui l’of-
ferta non riesce a far fronte alla domanda, assistiamo ad annunci di enormi investi-
menti in conto capitale, necessari a costruire nuove fabbriche. Non sempre tutti
quegli investimenti sono confermati, o in ogni caso creano sovraccapacità, quando
l’industria si trova in un ciclo ribassista.
La carenza di chip del 2020 ha fatto credere di entrare in un superciclo di rial-
zo, in grado di far veleggiare il mercato fno a mille miliardi di dollari nel 2030. Ma
gli ultimi mesi hanno mostrato che questo processo sarà tutt’altro che stabile. Le
aziende del settore, comprese Tsmc, hanno perso una parte consistente del loro
valore di Borsa 4 perché la domanda, che nel 2020 è stata sbagliata per ribasso, è
stata in seguito stimata per eccesso. La corsa febbrile ad annunciare nuovi progetti
deve confrontarsi con crisi economica e crisi energetica. Pertanto, vedremo lo
scontro tra una spinta politica (l’aumento della capacità) e gli interessi economici,
per cui un’azienda deve produrre ciò che è in grado di vendere. Insomma, tutti
diranno di voler risolvere la «crisi dei chip» ma queste crisi continueranno a essere
tra noi. Una distribuzione geografca più equilibrata delle capacità produttive non
potrà cancellare il ciclo.
Inoltre, i progetti di costruzione di grandi strutture produttive, che hanno
fatto la fortuna di Tsmc e di Taiwan, devono incontrare anche alcuni vincoli am-
bientali, ignoti agli albori dell’industria. Si pensi, per esempio, all’espansione del
parco scientifco di Hsinchu, luogo simbolo della tecnologia avanzata di Taiwan.
Nel 2019 Fan En-tzu, manager di Tsmc responsabile dello sviluppo delle nuove

4. H. CHANG, «TSMC losing value: Warning bells for the global semiconductor industry», Common-
136 Wealth Magazine, 14/7/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

strutture, si è recato in visita al tempio di Baosheng, per chiedere alle divinità il


permesso di spostare il tempio più in là, per fare spazio alla fabbrica di Tsmc. Gli
abitanti dei villaggi che devono sgomberare l’area hanno cominciato a protestare,
anche perché secondo loro la compensazione offerta da Tsmc era troppo bassa 5.
Questi aspetti logistici e di contesto non vanno sottovalutati, perché il sistema
delle autorizzazioni e la velocità della realizzazione delle strutture sono stati negli
ultimi decenni un vantaggio competitivo dell’Asia orientale rispetto all’Occidente
e perché il territorio di Taiwan ha alcuni limiti fsici e orografci da considerare. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Un altro aspetto cruciale riguarda il consumo idrico, che ha un’incidenza notevo-


le nelle grandi fabbriche di chip. Eventi climatici estremi hanno colpito e colpi-
ranno Taiwan. Le fabbriche hanno bisogno di operare 24 ore al giorno, 7 giorni
alla settimana; necessitano di energia stabile, pena il deterioramento di miliardi
di dollari di macchinari. Tutto ciò rende diffcile quadrare il cerchio tra la crescita
produttiva e la sostenibilità ambientale. Tsmc è stata al quarto posto tra le azien-
de di Taiwan per le emissioni di CO2 dopo Taiwan Power Company, Formosa
Plastics Group, China Steel Corporation, e punta a raggiungere zero emissioni
entro il 2050 6.

4. Morris Chang si mette a riposo per la prima volta nel 2005, ma a 78 anni
torna al timone per negoziare uno storico accordo di fornitura dei processori Ap-
ple, su cui Tsmc investe 9 miliardi di dollari. Nel 2013 lascia l’incarico di ammini-
stratore delegato ma mantiene il ruolo di presidente, fno al 2018. Ma tutti sanno
che Morris Chang non lascerà mai, fno alla morte. A stimolare le sue rifessioni e
le sue preoccupazioni, sono proprio i vincoli geopolitici.
Nel 2018 defnisce la disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina un reality show
che porta a condizioni imprevedibili per gli operatori. Nel 2021 rivendica il ruolo
del mercato per affrontare la carenza dei chip e tutte le complesse variabili con cui
si confronta l’industria, ma ammette che è diffcile muoversi secondo categorie di
mercato ora che «il libero commercio ha delle condizioni». Il riequilibrio produttivo
in Occidente non lo convince e per ribadire la sua posizione è intervenuto, a 91
anni, in un podcast della Brookings Institution, che peraltro Tsmc fnanzia. Raccon-
ta la sua storia di successo manageriale tra diversi mondi e indica come per gli
Stati Uniti sia importante continuare a presidiare la progettazione e gli altri segmen-
ti dei chip in cui si sono specializzati e su cui hanno un’indubbia forza, mentre
saper fare e gestire le fabbriche non è il loro mestiere. Rievoca l’esperienza di Tsmc
in una fabbrica statunitense (a Camas) dove rispetto all’Asia si sono confrontati col
«caos», riuscendo solo con enormi sforzi ad aumentare la produttività, ma sempre
restando distanti dai risultati di Taiwan. Perché ora le cose dovrebbero essere di-
verse? La chiosa di Chang è impietosa: «Il recente sforzo degli Stati Uniti per aumen-

5. ID., «TSMC Finds Acquiring Land Tougher than Making Chips», CommonWealth Magazine, 25/9/2020.
6. J. HSIUNG, «TSMC’s bold net zero pledge: Cutting a Taipei’s worth of emissions», CommonWealth
Magazine, 24/9/2021. 137
138
L’IMPERO DEI CHIP È ANCORA VIVO
C A N A D A
Seattle
WASHINGTON MICRON
WAFERTECH Camas investimento
insuccesso di da 100 mld di $
TSMC negli Usa Hillsboro
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

OREGON NEW
YORK WOLFSPEED
Clay Marcy nuova fabbrica
S T A T I U N I T I Wilton CONNECTICUT
Salt Lake City Licking County New York
San Francisco TEXAS INSTRUMENTS Columbus
Lehi nuova fabbrica OHIO Washington, D.C.
San José
AMD UTAH INTEL Bureau of
TSMC nuova fabbrica Industry and Security
KLA nuove fabbriche da 40 mld di $
NVIDIA CALIFORNIA le più avanzate degli Usa Chatham County
SYNOPSYS ARIZONA Charlotte N. CAROLINA WOLFSPEED
nuova fabbrica
LAM RESEARCH San Diego Phoenix TEXAS INSTRUMENTS
CADENCE SYSTEMS nuova fabbrica
Chandler Sherman
APPLIED MATERIALS
ASML Dallas
INTEL TEXAS Oceano Atlantico
base produttiva
ASML Taylor
Global Support Center
SAMSUNG
Oceano Pacifico nuova fabbrica
Golfo del Messico

M E S S I C O
Azienda leader nei chip di intelligenza artifciale
Azienda leader in electronic design automation
Azienda leader in strumentazione / macchinari
Identità americana di ASML
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

tare la produzione interna di semiconduttori attualmente consiste solo nello spen-


dere decine di miliardi di dollari in sussidi. Bene, non sarà abbastanza. Credo che
sarà un costoso esercizio di futilità».
Bisogna però affrontare l’elefante nella stanza. Sulla base di cosa avviene que-
sto titanico sforzo di diversifcazione? Risposta: perché stiamo parlando di Taiwan.
Perché Tsmc è defnita «montagna sacra che protegge» l’isola. Visto che il modello
su cui si basa l’azienda è quello dell’interdipendenza, essa dà vantaggi a tutti. Com-
presa Pechino: l’ecosistema di aziende fabless della Repubblica Popolare è stato Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

accompagnato nel suo sviluppo da Tsmc, che quando è stata oggetto di spionaggio
industriale all’inizio degli anni Duemila da parte della principale fonderia della
Cina, Smic, si è guardata bene dal recidere i rapporti con i clienti cinesi, intuendo
le grandi potenzialità di quel mercato. Nello scorso decennio, Tsmc ha sfruttato
appieno le potenzialità della Repubblica Popolare, e tra il 2015 e il 2016 alcuni
eventi hanno mostrato una coincidenza di interessi.
Nel novembre 2015, quando la Cina mobilita i fondi pubblici per scalare la sua
posizione internazionale nei chip, con le operazioni aggressive del conglomerato
Tsinghua Unigroup, Morris Chang dice di essere aperto a ogni discussione, perché
«non c’è ragione di vietare gli investimenti cinesi» 7. Aggiunge che, se un’azienda ci-
nese vuole ottenere una quota di Tsmc, il punto è che dovrà pagarla un sacco di
soldi e avere il favore degli azionisti, ma a suo avviso è libera di farlo. Nel gennaio
2016, durante l’incontro con investitori e giornalisti sui conti di Tsmc, difende dalle
domande degli investitori e dei giornalisti il progetto per una fabbrica di Tsmc a
Nanchino. Ai dubbi sui rischi politici di un investimento in Cina, Chang contrappone
l’importanza di avere una garanzia di accesso al mercato cinese.
La crescita di questo mercato è un punto di grande interesse per Tsmc nello
scorso decennio. Si stima che dal 2010 al 2015 la quota globale cinese nella proget-
tazione dei chip sia cresciuta dal 4% a oltre il 10%. Tsmc nel 2016 afferma di avere
oltre 100 clienti cinesi, e tra di essi spicca un’azienda, HiSilicon, proprietà di Huawei.
Nel 2017, si stima che HiSilicon sia tra i cinque principali clienti di Tsmc; nel 2019,
HiSilicon arriva al secondo posto, contribuendo per il 15% del fatturato di Tsmc
(Apple è sempre in testa, con circa il 24-25%). Nel 2021 la quota di HiSilicon scen-
derà a zero, per l’effetto devastante delle sanzioni degli Stati Uniti su Huawei.
Anche Umc è un sismografo interessante per il cambiamento del contesto.
Uno dei suoi manager nel 2016 accompagna così gli investimenti nella Repubblica
Popolare: «Ci sono enormi opportunità nel mercato cinese. Non vedo ragioni per
escludere gli investimenti in Cina o l’acquisto di prodotti dall’altro lato dello Stretto
per preoccupazioni politiche» 8. Nell’agosto 2022 Robert Tsao, fondatore di Umc,
colpito dagli eventi di Hong Kong nel 2019 e dall’aggressività cinese 9, dona 100
milioni di dollari per rafforzare la difesa di Taiwan, perché «la Cina comunista ha
la mentalità e la natura dei ruffani e dei gangster».

7. CHENG TING-FANG, «Chipmaker would sell stake to China “if the price is right”», Nikkei, 7/11/2015.
8. ID., «Chinese clients behind TSMC’s growth», Nikkei, 30/3/2016.
9. H. CHANG, « Why former UMC chairman has given up on China», CommonWealth Magazine, 19/8/2022. 139
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

A fne 2021, due politologi statunitensi sostengono, su una rivista dello Us


Army War College, che Taiwan debba mostrare al Partito comunista cinese la de-
terminazione a distruggere il proprio tesoro come deterrenza dell’invasione, attra-
verso un «meccanismo automatico» che, mettendo fuori uso Tsmc, impedisca alla
stessa industria cinese di utilizzare i suoi servizi. A questa mossa gli autori suggeri-
scono di affancare un ventaglio di sanzioni ma anche un piano pubblico di Taipei
di puntare missili verso la fonderia cinese Smic 10. Chen Wenling, capo economista
del China Center for International Economic Exchanges, coglie la palla al balzo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

pochi mesi dopo: «Se gli Stati Uniti e l’Occidente imporranno sanzioni distruttive
verso la Cina come quelle verso la Russia, dovremo riprenderci Taiwan. E soprat-
tutto, per una vera ricostruzione della supply chain, dovremo prendere il controllo
di Tsmc». Ciò dovrebbe avvenire, secondo Chen Wenling, prima che Tsmc trasfe-
risca le sue fabbriche negli Stati Uniti, lontano dal controllo cinese 11.
Chi fa simili affermazioni, non ha idea di come funzioni l’industria dei chip. Se
Taiwan diviene un teatro di guerra, le fabbriche non possono sopravvivere perché
piccoli danni sono suffcienti per distruggere strutture che valgono miliardi. Se la
Repubblica Popolare prende Taiwan con la forza, la possibilità che Tsmc continui
a esistere è vicina allo zero. Per far andare avanti le fabbriche e i macchinari, sono
necessari tecnici altamente specializzati, in grado di gestire processi che i cinesi
non conoscono e che vengono costantemente aggiornati. I dipendenti di Tsmc
devono alimentare in modo continuo la fducia dei clienti, i quali affdano loro i
loro progetti più preziosi. La guerra spezzerebbe questo circolo, anche in caso di
un’invasione di successo. Il Partito comunista cinese, se non ottiene Taiwan con un
riconoscimento internazionale, non può avere Tsmc e può solo provocare la sua
distruzione, danneggiandosi e forzando la costruzione di una supply chain incen-
trata su Corea del Sud, Giappone, Stati Uniti, Europa.
Morris Chang ha più volte defnito Samsung il suo avversario più pericoloso.
Il conglomerato coreano è stato protagonista del più noto successo nell’attirare i
talenti di Taiwan, col reclutamento di Liang Mong Song, leggendario responsabile
della ricerca e sviluppo di Tsmc. Il ricercatore ha lasciato Tsmc nel 2009 per stare
con la famiglia e insegnare, ma il suo insegnamento si svolgeva anche alla Sun-
gkyunkwan University, che ha legami con Samsung. Tsmc gli ha pagato un bonus
mentre rivelava segreti commerciali ai coreani e disponeva di un indirizzo azienda-
le di Samsung. Alcuni «studenti» coreani erano tecnici di Samsung intenti a impara-
re le tecniche del concorrente, per cambiare le regole della corsa tecnologica 12.
Sarebbe però consolatorio per Taiwan trovare nello specchio coreano solo la spre-
giudicatezza sulla proprietà intellettuale, stabilita dai tribunali. Come notato da
Commonwealth Magazine 13, Taiwan non può basarsi solo su Tsmc, e quello core-
10. J.M. MCKINNEY, PETER HARRIS, «Broken Nest: Deterring China from Invading Taiwan», Parameters,
vol. 51, n. 4, novembre 2021.
11. «Top Economist Urges China to Seize Tsmc If Us Ramps Up Sanctions», Bloomberg, 7/6/2022.
12. LIANG RONG-CHENG, «Hunting Down a Turncoat», CommonWealth Magazine, 23/1/2015.
13. LIANG RONG-CHENG, SYDNEY PENG, «Taiwan Needs More than TSMC», CommonWealth Magazine,
140 23/10/2020.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ano è un ecosistema con maggiore vivacità: oltre a Samsung, gli altri conglomerati
hanno saputo rinnovarsi nel tempo, per esempio con gli investimenti di Lg Chem
sulle batterie. Dalle biotecnologie agli armamenti, dalla chimica alle app, la storia
tecnologica coreana sembra dipendere di meno da un solo attore.
Per conservare il primato dell’isola dei chip, cruciali sono la produzione e
l’organizzazione dei talenti. Il piano Made in China 2025 ha avuto un effetto so-
prattutto da questo punto di vista: attraverso un attraente bonus iniziale, salari
molto più elevati e compiti di responsabilità, le iniziative cinesi sui chip sono Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

state in grado di reclutare oltre cento ingegneri e manager da Tsmc. È fondamen-


tale per Pechino cercare di riprodurre su vasta scala il vecchio effetto di Pan Wen-
Yuan nel rapporto tra Stati Uniti e Taiwan. Ma la Repubblica Popolare, al di là dei
grandi numeri e delle politiche industriali, non ha mai trovato il suo Morris Chang.
E sarà arduo trovarlo, in un contesto radicalmente diverso e sotto la tagliola delle
sanzioni e dei controlli alle esportazioni degli Stati Uniti. In ogni caso, acquisire
talenti e segreti a Taiwan, in modo lecito e illecito, continua a essere una priorità
per le aziende cinesi.
Il capitale umano è una sfda anche per Taiwan. Negli scorsi decenni, il suc-
cesso di Tsmc ha rappresentato un magnete per i talenti. I giovani di Taiwan im-
pegnati in un dottorato in ingegneria negli Stati Uniti sono spesso tornati in patria
anche per contribuire all’orgoglio nazionale, e le università dell’isola hanno ali-
mentato l’ecosistema. Ma ci sono limiti strutturali in questa crescita, davanti a una
domanda impressionante, se consideriamo che Tsmc nel 2022 ha annunciato di
voler assumere 8 mila nuovi dipendenti. Nel 2021, la presidente Tsai Ing-wen ha
annunciato la creazione di nuovi programmi scolastici e universitari, con scuole
volte a rispondere alle enormi necessità occupazionali. Non si tratta solo di un in-
vestimento pubblico-privato ma di una mobilitazione sociale complessiva, che dà
un ruolo di primo piano ai veterani dell’industria. Anche affnché contribuiscano
allo sviluppo di Taiwan, senza farsi attirare dalle sirene della Repubblica Popolare.
Le nuove scuole, ai sensi della legge, «non potranno lavorare con aziende cinesi né
ricevere fondi da entità basate in Cina». Gli studenti dovranno considerare una
carriera a Taiwan come priorità assoluta 14.
Se l’industria dei chip continuerà a trainare lo sviluppo economico e tecnolo-
gico anche nei prossimi decenni, la forza lavoro di Taiwan sarà infuenzata dalla
progressiva decrescita della popolazione, che ha raggiunto il picco di 23,6 milioni
nel 2019 e, a seconda degli scenari presi in considerazione, nel 2070 è stimata dai
14,5 ai 17,2 milioni. Il picco della popolazione da 15 a 64 anni è stato raggiunto nel
2015. La proiezione di un drastico calo della popolazione in età lavorativa accomu-
na Taiwan e la Corea del Sud, le due potenze della produzione di chip 15. La capa-

14. CHENG TING-FANG, LAULY LI, «Taiwan to invest $300m in grad schools to stem chip brain drain», Nik-
kei, 16/7/2021; si veda anche la rifessione affdata all’Atlantic Council dal militare di Taiwan CHUN-
CHAO LIN, «Taiwan shows how winning the semiconductor race takes more thanmoney».
15. Traggo i dati da «Population Projections for the Republic of China (Taiwan): 2020-2070», Consiglio
per lo sviluppo nazionale, agosto 2020. 141
TAIWAN, L’ISOLA DEI CHIP

cità di Taiwan di rispondere alle sue sfde demografche andrà verifcata nel tempo:
non è detto che sia in grado di migliorare i tassi di natalità o di integrare una più
larga presenza di lavoratori altamente qualifcati del Sud-Est asiatico nelle sue
aziende tecnologiche.

5. In uno dei suoi discorsi più signifcativi, il 26 ottobre 2021 16, Morris Chang
fornisce un distillato del suo pensiero strategico attraverso risposte in cui alterna il
mandarino e l’inglese, come a proseguire la traiettoria della sua vita. «In passato, le Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

aziende degli Stati Uniti e in Asia hanno potuto crescere e prosperare grazie alla
globalizzazione e al libero mercato», afferma, per poi citare in modo esplicito il li-
bro di Thomas Friedman e rivolgersi metaforicamente all’autore: «Beh, Tom, il
mondo non è più piatto. E questa sarà la sfda per l’industria asiatica e globale dei
chip». Allo stesso tempo, il fondatore di Tsmc critica il tentativo dell’America di
realizzare una fliera dei chip autosuffciente. «Sarà impossibile portare indietro le
lancette dell’orologio». Nessuno, secondo Chang, può cambiare la struttura dell’in-
dustria. Ci saranno sempre buchi che le fliere interne non riescono a coprire,
campioni di qualche segmento che sfuggono, perfno alla superpotenza, costretta
a investire centinaia di miliardi nel tentativo di portare indietro le lancette.
Eppure, ricollocare capacità produttiva negli Stati Uniti e in Europa coi soldi
pubblici e scommettere in una nuova linfa vitale per il vecchio campione acciacca-
to Intel, oltre che nella diversifcazione geografca di Samsung e Tsmc, riduce il
rischio in un mondo che, come dice Morris Chang, non è più piatto. Per questo
Tsmc ha avviato un nuovo progetto in Giappone, in collaborazione con Denso e
Sony. E per questo Tim Cook si dichiara pronto a comprare chip dalla nuova fab-
brica di Tsmc in Arizona, anche se questa non potrà certo reggere i ritmi di ordini
richiesti da Apple 17 e se probabilmente le sue performance saranno inferiori a
quelle delle fabbriche a Taiwan. Warren Buffett, di un anno più anziano di Morris
Chang, ha comprato azioni di Tsmc per 4,1 miliardi di dollari, per segnalare la
continua importanza dell’azienda. Così l’enorme successo di Tsmc è croce e delizia
per Taiwan.

16. L’intervento è disponibile su YouTube all’indirizzo bit.ly/3hESP2b


17. T. CULPAN, «Apple’s US Chip Move Is as Much About Marketing as Technology», Bloomberg,
142 16/11/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Parte II
l’ INTELLIGENZA
(ARTIFICIALE)
degli ALTRI
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

‘Con le nuove macchine


Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

risolviamo i vecchi problemi


italiani’
Conversazione con Alessandro ARESU, consigliere scientifco di Limes, Carlo
CAVAZZONI, Senior Vice President of Cloud Computing di Leonardo e responsabile
del Leonardo Lab dedicato all’High Performance Computing, Francesco Maria
DE COLLIBUS, Enterprise Architect e ricercatore in ambito blockchain e data science,
Alessandro MASSA, responsabile di Leonardo Lab, a cura di Giorgio CUSCITO

LIMES Come si compone la fliera produttiva dell’intelligenza artifciale?


DE COLLIBUS Il sistema economico, produttivo, industriale e accademico è molto
complesso. Il punto di partenza della fliera è sempre la defnizione del problema
specifco che si vuole risolvere e su cui il modello andrà addestrato e/o utilizzato.
Le necessità computazionali specifche che ne derivano possono essere soddisfatte
attraverso il «supercomputer», oppure tramite l’infrastruttura cloud (cloud compu-
ting) nel caso di problemi minori, ben defniti e con dati suffcienti e già rilevanti,
oppure con sistemi ancor più semplici quali il software come servizio (softwa-
re-as-a-service) per problemi già noti o risolti.
MASSA L’obiettivo fnale della fliera è produrre una soluzione con l’utilizzo delle
tecniche di intelligenza artifciale. Dopo lo studio del problema si passa all’indivi-
duazione dei modelli e del dato, all’addestramento della macchina, all’integrazione
e alla messa in produzione. Fanno parte della catena produttiva e industriale le
aziende specializzate nel fornire e vendere soluzioni. Ne sono un esempio le so-
cietà di consulenza che integrano soluzioni all’interno di altre imprese (inclusi i
giganti tecnologici) necessarie per specifci settori come lo Spazio, la Difesa, la f-
nanza, la salute. Inoltre c’è l’aspetto di generazione dei dati: una rete di aziende è
dedicata a reperirli, taggarli, tabellarli e prepararli alla elaborazione attraverso l’uti-
lizzo di modelli di calcolo. Infne c’è una grande area di ricerca condotta dalle
università, dai centri indipendenti e dalle aziende.
CAVAZZONI L’intelligenza artifciale è poi alimentata dalla fabbrica dei supercalcola-
tori, come ad esempio quello di Bologna. L’idea originaria risale al 2017-18, ma la 145
‘CON LE NUOVE MACCHINE RISOLVIAMO I VECCHI PROBLEMI ITALIANI’

macchina è stata fnalizzata solo nel 2022. Tale esempio serve a comprendere che
per progettare e realizzare un impianto di questo tipo sono necessari almeno cin-
que anni. A livello europeo, la realizzazione di una tale infrastruttura con una flie-
ra in grado di competere con quelle degli altri continenti richiede in prospettiva
circa un decennio. Insomma, per costruire il solo macchinario, senza considerare
la parte software, servono una pianifcazione lungimirante e la capacità di mante-
nere l’obiettivo saldo in un progetto di lungo termine.
LIMES Dove e come si colloca l’Italia? Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

MASSA L’economia italiana dell’intelligenza artifciale gira attorno ai 380 milioni di


euro secondo i dati del 2021. Le aree macroscopiche di utilizzo sono molteplici: i
sistemi di supporto al cliente (customer support), come l’assistente virtuale e il cha-
tbot; la visione artifciale (computer vision) utile, ad esempio, per classifcare ogget-
ti per scopi di sicurezza fsica e di diagnostica delle immagini (tutte tecniche impie-
gate durante l’epidemia di Covid-19); i sistemi di raccomandazione per la vendita
online e la proflazione degli utenti; l’elaborazione del linguaggio naturale (natural
language processing) per la generazione di testi o risposte in diretta a una conver-
sazione; la parte generale di elaborazione avanzata (advanced processing) e il
trattamento intelligente dei dati (intelligent data processing); l’automazione dei
processi attraverso le piattaforme robotiche.
CAVAZZONI L’ecosistema italiano dell’accademia e dell’imprenditoria delle start-up
in questo campo è vivace. Manca però la capacità di rendere scalabile un certo
progetto. In altre parole, scarseggiano gli investitori. Il limite strutturale in Europa
è l’assenza di capacità di credere in un’idea investendo denaro per anni senza
aspettarsi un ritorno immediato.
DE COLLIBUS Una premessa: la metafora industriale su «quanto sia forte l’Italia» ci
aiuta relativamente perché la fliera dell’intelligenza artifciale è estremamente com-
plessa. Anche se consideriamo gli Stati Uniti il paese oggi più avanzato in queste
nuove tecnologie, non scordiamoci che DeepMind di Google, forse la più impor-
tante azienda al mondo per l’intelligenza artifciale, ha per esempio la sua sede
centrale a Londra. Il concetto del sistema paese in questo settore va riconsiderato.
Sul piano della generazione di dati, credo che l’Italia sia meno forte di molti altri
paesi che invece ne fanno un utilizzo intenso: gli Stati Uniti con le loro big tech, la
Cina con il governo. Oltre alla frammentazione degli orizzonti nazionali, la nostra
pur lodevole cultura europea di protezione del dato ci contiene, e non è forse un
caso se oggi non abbiamo giganti del Web nel Vecchio Continente. L’Italia inoltre
non ha capacità rilevanti nella produzione di hardware specifci; l’industria dei semi-
conduttori in grado di fare chip ottimizzati per queste applicazioni è ancora debole.
CAVAZZONI La nostra marginalità sui chip e sui dati convoca la questione europea.
Adottando un approccio etico al tema ci siamo autolimitati lasciando spazio a chi
invece ne predilige l’utilizzo a scapito della privacy. Eppure l’Italia è tra i leader
europei quanto al design di chip, di cui abbiamo rappresentanti eccelsi come Fe-
derico Faggin, inventore del microprocessore. Abbiamo anche un’ottima scuola di
146 microarchitettura, le competenze non mancano. In Europa manca invece una fab-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

brica in grado di produrre semiconduttori di tre o cinque nanometri, la vera fron-


tiera per il salto tecnologico.
ARESU Quanto al settore dei chip, il piano scientifco ingegneristico italiano è di
grandissimo livello ed è oggetto dell’attenzione dei più importanti attori globali.
Presso l’Università di Pavia esiste un grande ecosistema di centri di design legati a
numerose e importanti aziende europee come Infneon, statunitensi come Marvell
e cinesi. Attorno al Centro nazionale di supercalcolo del Tecnopolo di Bologna
ruota una comunità scientifca di grande spessore. Figure come il professor Luca Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Benini, ad esempio, hanno una capacità espansiva notevole tra il livello italiano e
quello internazionale. Vi sono poi start-up a livello europeo fondate da italiani.
Prophesee, basata in Francia e focalizzata specialmente sulla visione, è cofondata
dall’italiano Luca Verre. Al suo ultimo piano di investimenti hanno partecipato in
qualità di fnanziatori anche colossi come Xiaomi e Qualcomm. Axelera, azienda
focalizzata sui chip e con sede nei Paesi Bassi, è stata cofondata dall’italiano Fabri-
zio del Maffeo. Queste imprese spesso non sono a conoscenza dei nostri incentivi
fscali per l’attrazione dei talenti, i quali non si rivolgono solo agli italiani ma anche
agli stranieri.
Separatamente, la capacità dell’Italia relativa al design meriterebbe attenzione e
investimenti ulteriori. La distribuzione dei fondi sull’innovazione va modifcata: è
controproducente allocare mezzo milione di euro alla competizione universitaria
fra giovani promettenti per la creazione di nuove app se poi non si ha suffciente
volume per seguire e partecipare allo sviluppo, alla traiettoria e alla scalabilità di
questi progetti. Il pericolo è che dopo aver instradato una certa azienda fondata da
italiani, la sua proprietà venga acquistata da altri. Il sistema fnanziario di venture
capital deve capire che questa fliera ha le sue specifche regole.
LIMES Come gestiamo i dati in Italia?
MASSA Nel nostro paese, anche a livello aziendale, non si ha la contezza dell’impor-
tanza della strutturazione del sistema dei dati. Prendiamo l’esempio della pubblica
istruzione. Durante l’epidemia di Covid-19 abbiamo utilizzato i sistemi Google per la
didattica a distanza, mettendo in mano al colosso americano le informazioni degli
studenti italiani. Era un’emergenza, ma adesso è necessario ripensare alla questione
in maniera strategica. Il Polo strategico nazionale (Psn) è uno degli strumenti che
lavora in questa direzione perché mira a mantenere e a gestire il dato dentro i con-
fni nazionali. In breve, ad avvicinarci a una sovranità digitale italiana da cui impo-
stare una tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità del paese. A livello euro-
peo, la proposta di regolamento sull’intelligenza artifciale (AI Act) oggi si preoccupa
solo di disciplinare questa tecnologia, non di svilupparla. Credo però che sia miope
cercare di regolamentare qualcosa che ancora non si conosce a pieno.
CAVAZZONI Stati Uniti e Cina oggi costituiscono veri e propri pozzi o buchi neri di
dati. Prima o poi, attraverso la condivisione delle persone o il deposito in cloud, le
nostre informazioni fniscono nelle loro mani. La sfda è quella di rompere questi
depositi (silos) per poter incrociare i dati, a partire da una loro gestione interna
alle nostre aziende. 147
‘CON LE NUOVE MACCHINE RISOLVIAMO I VECCHI PROBLEMI ITALIANI’

DE COLLIBUS I dati sono la materia prima da cui origina l’intero processo industriale
dell’intelligenza artifciale. Da questa prospettiva noi siamo già ampiamente «colo-
nizzati». Alle condizioni attuali della tecnologia dell’informazione e dei servizi per
la gestione dei dati (con il sempre crescente utilizzo di software-as-a-service) è
quasi illusorio pensare di poter recuperare presto una sovranità digitale.
MASSA Al momento siamo una colonia digitale. In Cina, dove non vige il Gdpr (il
regolamento europeo sulla protezione dei dati personali) il dato viene utilizzato
nella sua massima espressione per addestrare modelli. Questo ovviamente accele- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ra il mercato di Pechino. Un solo esempio: l’AI Act europeo proibisce lo sviluppo


di sistemi di ricognizione facciale se non nel caso limite di rapimento di minori. Le
industrie quindi non sono affatto incentivate a sviluppare una tale tecnologia utile
alle forze dell’ordine per un singolo caso. Sia pur nel rispetto dei diritti civili e
umani, delle leggi e dei principi etici, bisogna agire cum grano salis, ovvero con-
siderando l’impatto complessivo di una normativa che un giorno magari rimarremo
gli unici a osservare.
CAVAZZONI Il vero problema oggi è il ritardo legislativo piuttosto che quello tecno-
logico. Se consideriamo il sequenziamento del dna, ad esempio, con la nostra
potenza di calcolo potremmo già riuscire a sintetizzare e processare quattro milio-
ni di genomi in un anno. Colmando interamente il divario con le altre nazioni in
questa materia. Ma quale azienda oggi potrebbe mantenersi in regola con le misu-
re europee per la conservazione e l’utilizzo di questi dati?
DE COLLIBUS Abbiamo a che fare con tecnologie empiriche nuove che vengono
scoperte di giorno in giorno. La legge invece è fssa, statica, procede per princìpi e
cambia in tempi lunghi. Serve un’idea adattiva e rapida per accompagnare questi
sviluppi, creando un ambiente accogliente tanto per le aziende consolidate che
vogliono sperimentare quanto per le più dinamiche e innovative start-up.
ARESU Provvedimenti legislativi rigidi non fanno altro che assecondare questo
svantaggio. L’errore europeo sta nel non riconoscere che la potenza normativa
brussellese è inadeguata se non ha consapevolezza empirica dei mercati e dell’e-
voluzione scientifco-tecnologica. La legge non può prescindere dal confronto con
il piano scientifco e quello imprenditoriale, né da un’analisi realistica dei settori
più o meno scalabili e integrabili nella struttura del mercato industriale europeo. La
dimensione normativa dovrebbe utilizzare una sorta di metronomo leggero sui
settori tecnologici, per seguirli passo passo. Un meccanismo snello di consultazio-
ne fra pubblico e privato permetterebbe di monitorare ciò che si muove sul mer-
cato e sul campo della ricerca e consentirebbe uno scambio profcuo degli elemen-
ti di contesto e valutazione in gioco.
LIMES Esiste un piano nazionale per l’intelligenza artifciale aggiornato che valoriz-
za le risorse italiane?
ARESU L’Italia ha una sua strategia sull’intelligenza artifciale avviata dal governo
Conte II. Durante il governo Draghi il Consiglio dei ministri ha approvato un lavo-
ro congiunto fra il ministero per l’Innovazione digitale, il ministero dello Sviluppo
148 economico e il ministero dell’Università e della Ricerca. Avvalendosi di alcune
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

competenze scientifche e universitarie, il documento ha accorpato tutte le iniziati-


ve con implicazioni sull’intelligenza artifciale nell’ambito del Pnrr e non solo.
Questo esercizio è però solo il punto di partenza.
Cosa occorre fare adesso? Conseguire e mantenere una consapevolezza costante
dello stato dell’arte europeo, a partire dagli obiettivi di investimento come paese.
Inoltre, lavorando congiuntamente alle imprese e agli esperti e ricercatori dell’area,
occorre mappare continuamente i progetti degli altri concorrenti assieme alle dina-
miche del campo di nostro interesse. Le istituzioni, insomma, dovrebbero mante- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

nere il polso di cosa si muove nel settore privato.


MASSA Il documento in questione è composto da una trentina di pagine. Quello
degli Stati Uniti, uscito nel 2021, da circa 770 pagine. Washington ha davvero
agito in maniera strategica. Ha colto l’emergenza, ovvero che la Cina supererà
probabilmente gli Stati Uniti in termini di capacità. Ha elaborato l’esigenza. E ha
messo in atto un piano sistematico e strutturato che interviene a 360 gradi su tut-
to il sistema tecnologico, dall’università ai centri di eccellenza all’industria. Questo
è il modello a cui l’Italia dovrebbe ispirarsi. Invece, se ci rifettiamo, non sappia-
mo bene nemmeno quale sia l’istituzione responsabile della strategia italiana
sull’intelligenza artifciale, inclusa la sua implementazione e il suo aggiornamento.
Sono anni che si discute della creazione di un istituto italiano per l’intelligenza
artifciale senza successo.
CAVAZZONI Oltre al piano strategico vanno create le condizioni affnché i talenti,
ovvero i motori alla base delle start-up e dell’innovazione, vivano in un ambiente
ospitale dal punto di vista della cultura dell’intelligenza artifciale. Nel 2011, Dubli-
no era divenuta la Mecca europea per tutti coloro che desideravano fare innova-
zione digitale; l’intera città aveva creato un ecosistema che ruotava attorno alla
tecnologia. In Italia, Bologna sta provando a fare lo stesso attorno al Tecnopolo e
al Centro nazionale di supercalcolo attraverso una fondazione che punta a trasfor-
mare digitalmente il capoluogo.
LIMES Di fronte alla sfda tecnologica fra Stati Uniti e Cina, quali sono gli Stati con
cui dovremmo collaborare per accelerare la nostra crescita?
ARESU Credo innanzitutto che dovremmo sfruttare i legami con le competenze ita-
liane in giro per il mondo e a cui non prestiamo troppa attenzione, come spesso
accade anche in altri campi. Un esempio su tutti: Demis Hassabis, il fondatore di
DeepMind e il più importante imprenditore di intelligenza artifciale al mondo, è
sposato con una biologa italiana e i suoi fgli parlano italiano. Il Vaticano l’ha insi-
gnito della medaglia Pio XI della Pontifcia Accademia delle Scienze. Perché anche
l’Italia non si avvale di questa relazione? Negli Stati Uniti e non solo esiste una rete
di ricercatori e talenti italiani che dovrebbe essere attivata informalmente. Tanto
per aumentare la consapevolezza culturale sulle nostre capacità quanto per au-
mentare il nostro peso internazionale in questo campo.
CAVAZZONI Germania, Francia e Italia, inoltre, dovrebbero smetterla di marcarsi
stretto per il timore che si generino disequilibri nell’avanzamento dell’uno o dell’al-
tro paese in questo settore. Così facendo non ci siamo accorti che paesi del Nord 149
‘CON LE NUOVE MACCHINE RISOLVIAMO I VECCHI PROBLEMI ITALIANI’

Europa come Svezia, Olanda o Danimarca hanno corso più veloce di noi e ora
andrebbero presi a esempio. Insomma, dobbiamo capire che il vero rivale è fuori
dal Vecchio Continente, non dentro.
DE COLLIBUS In ambito industriale la cooperazione europea va assecondata. C’è
però una domanda fondamentale da porsi a monte: quali problemi vogliamo risol-
vere con l’intelligenza artifciale? Se, ad esempio, vogliamo produrre una vettura a
guida autonoma possiamo certamente creare un consorzio europeo in ambito au-
tomobilistico. Ma perché non utilizzare questa tecnologia per risolvere problemi Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

specifcamente italiani? Con l’intelligenza artifciale, la Cina sta cercando di imporre


un controllo serrato sulla sua società, una questione considerata da Pechino a torto
o ragione prioritaria per la tenuta dello Stato. L’Italia potrebbe invece voler moni-
torare il dissesto idrogeologico, scovare l’evasione fscale, combattere le mafe. Una
volta assunto questo approccio, sarebbe utile individuare quali altri attori hanno
problemi simili ai nostri e chi di loro ha interesse a sviluppare modelli che li risol-
vano in maniera effciente, condividendo dati ed esperienze.
CAVAZZONI A mio avviso gli Stati Uniti sembrano partire da un principio diverso. Le
aziende americane non si domandano quali siano i problemi specifci più rilevanti
da risolvere, ma quali siano le soluzioni più redditizie da offrire. Preferiscono prima
sciogliere un problema che semplifca la vita del singolo attraverso un servizio alla
persona e poi rendere quel sistema scalabile a livello globale. In altri termini, pun-
tano ad aggredire il processo della vendita di beni e servizi ai clienti per uso per-
sonale (business-to-consumer) piuttosto che a rivolgersi al commercio interazien-
dale (business-to-business).
LIMES Che tipo di eccellenze abbiamo in campo militare?
MASSA Le applicazioni tecnologiche sono tantissime e sono sempre relative a com-
piti specifci. La loro distinzione dipende dall’obiettivo. Al momento l’utilizzo prin-
cipale è associato all’analisi del dato e, in particolare, alla parte di classifcazione e
di rilevamento (detection), attraverso fonti aperte (osint) o chiuse.
Un aspetto importante e oggi non ancora gestito a pieno riguarda l’affdabilità di
queste tecnologie. È un tema aperto, ma fondamentale in un settore in cui l’errore
può provocare danni importanti. Un intero flone di ricerca, ad esempio, prova a
comprendere le decisioni, i comportamenti e i risultati di un «agente autonomo»,
ovvero quell’agente intelligente la cui azione è determinata non solo dalla cono-
scenza su cui è stato addestrato, ma anche dalla sua esperienza.
Un altro aspetto fondamentale e delicato è l’alto livello di effcienza che questi mo-
delli devono assicurare. Eppure, in ambiti come quello medico o avionico dove
occorre garantire specifche componenti a livello software, oggi tutti gli enti certif-
catori, comprese le advanced threat analytics, faticano a prevedere la prima appli-
cazione di guida autonoma. Questo perché le tecniche messe a punto fnora diff-
cilmente riescono a raggiungere livelli di accuratezza soddisfacenti e quindi a con-
durre prestazioni rilevanti. Gli stessi droni al centro dell’attenzione pubblica in
150 questi mesi sono pilotati da remoto, non sono mai completamente autonomi.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Inoltre in campo militare il lavoro di squadra è ancora considerato la soluzione


migliore per via dei problemi etici legati all’impatto di un processo decisionale
autonomo. La scelta di premere il bottone, qualunque sia l’azione conseguente, ha
degli effetti. Il corpo militare perciò prevede di mantenere ancora un comandante
che a livello operativo prenda la decisione fnale.
I compiti assegnati in questo campo alle tecnologie artifciali sono poi ancora limi-
tati e relativamente semplici, come ad esempio il riconoscimento di una nave o di
alcuni suoi dettagli. Già a questo stadio, però, vi sono delle complessità operativeCopia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che aprono ulteriori problemi tecnici e di utilizzo. Immaginate due sistemi rilascia-
ti da una fabbrica lo stesso giorno e attivati in due aree completamente diverse.
Sfdo chiunque a spiegare come possiamo testare o certifcare uno dei due sistemi
dopo un paio d’anni, quando saranno completamente differenziati. A livello euro-
peo ci sono già tavoli aperti con tutti i ministeri della Difesa in cui si cerca di fare
fronte comune in termini di capacità e di ricerca. Qui l’Italia collabora soprattutto
con Francia e Germania.
LIMES Quali sono i problemi più grandi che potremmo semplifcare potenziando le
tecniche dell’intelligenza artifciale?
MASSA Un problema esemplifcativo è il monitoraggio delle infrastrutture critiche.
Oppure un altro settore, su cui già lavoriamo, riguarda il contrasto all’illegalità. In
questi due casi è ancora più cruciale sviluppare una tecnologia nazionale proprie-
taria con gestione interna dei dati. Tutti questi problemi specifci su cui sviluppare
tecniche di intelligenza artifciale hanno bisogno di una regia centralizzata, una
guida nazionale con il compito di individuare i settori strategici, concentrare i pro-
blemi, i temi e le missioni e poi concepire il relativo modello d’affari.
CAVAZZONI Presto dovremo affrontare un problema legato al cambiamento climati-
co. Quando un sistema di equilibrio si sposta non si sa a quale nuovo minimo si
assesterà. Temo che l’Italia, come qualsiasi altro paese con un’orografa complessa,
subirà serie conseguenze, sebbene le ripercussioni più gravi si verifcheranno pro-
babilmente tra il 2050 e il 2100. Oltre alle infrastrutture, quindi, un campo dell’in-
telligenza artifciale su cui investire in maniera strategica nel lungo termine riguarda
proprio il territorio. Occorre cioè svincolare i tantissimi dati in loco che già abbia-
mo e utilizzarli per prevenire potenziali effetti catastrofci, anche dal punto di vista
economico e sociale.
DE COLLIBUS In Italia scontiamo una certa carenza di cultura digitale. Eppure l’intel-
ligenza artifciale non è altro che l’evoluzione di tecnologie digitali con un’origine
squisitamente empirica. Più brutalmente, non c’è alcuno scenario distopico all’oriz-
zonte, nessun Terminator in arrivo. Occorre avviare un’opera preliminare di divul-
gazione tale da collegare il progresso dell’intelligenza artifciale all’alfabetizzazione
digitale degli italiani.
CAVAZZONI Dobbiamo spiegare agli italiani che non c’è alcun pericolo. Siamo ben
lontani dalla creazione di una macchina senziente. Invece con gli algoritmi, le com-
petenze e gli strumenti già a disposizione potremmo ad esempio investire e attua- 151
‘CON LE NUOVE MACCHINE RISOLVIAMO I VECCHI PROBLEMI ITALIANI’

re progetti di interesse pubblico come la mappatura della pericolosità del territorio


italiano.
DE COLLIBUS Google ha per esempio messo a punto un sistema di allerta rapida che
mira proprio ad avvisare i fruitori del servizio qualche istante prima dell’arrivo di
un terremoto. In prospettiva, quindi, forse non arriveranno i robot a ucciderci, ma
magari faremo in tempo a uscire di casa prima che ci crolli addosso durante un
disastro.
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152
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL SUPERCALCOLATORE
DI BOLOGNA
UNA RISORSA PER L’ITALIA UBERTINI
di Francesco

Il supercomputer Leonardo, il quarto più potente al mondo, è una


infrastruttura strategica: cuore di un sistema nazionale ed europeo, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

può far fare un salto di qualità innovativo al nostro paese nei settori
tecnologici che decideranno le competizioni mondiali del presente.

1. I L 24 NOVEMBRE 2022, PRESSO IL TECNOPOLO


di Bologna, è stato inaugurato il supercalcolatore Leonardo. La cerimonia si è svol-
ta alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di fronte a circa
settecento persone tra autorità della Commissione europea, rappresentanti della
comunità scientifca internazionale e dei membri dell’Ue, rettori delle università
italiane, presidenti degli enti di ricerca nazionali, vertici di molte imprese, politici e
amministratori pubblici.
È stato un evento di grande rilevanza non solo per l’eccezionalità dell’infra-
struttura tecnologica, ma anche per ciò che essa rappresenta. Il supercalcolatore è
un passo cruciale della strategia dell’Unione Europea per la trasformazione digitale
e un fattore decisivo di competitività per il nostro paese e per la stessa Ue. Leonar-
do è solo la punta di un iceberg, la parte più visibile di un percorso cominciato nel
2015, quando una manifattura tabacchi dismessa è stata tramutata in uno hub in-
ternazionale dell’innovazione digitale (il Tecnopolo di Bologna, appunto) tra i più
importanti in Europa e nel mondo. La struttura è un polo di aggregazione della
ricerca nazionale sul supercalcolo, sui big data e sull’intelligenza artifciale. È un
vero e proprio ecosistema per la collaborazione tra pubblico e privato, nel contesto
di un avanzamento tecnologico sempre più importante.
Il supercalcolatore Leonardo è un’infrastruttura eccezionale. Un unicum, un
concentrato di tecnologia disegnato sulla base delle specifche defnite dai tecnici
del Centro italiano di supercalcolo (Cineca, che ospita e gestisce Leonardo), da
un’industria europea (Atos) e da una internazionale (Nvidia) che ha prodotto un
apposito microprocessore.
Il risultato è il quarto supercalcolatore più potente al mondo, con un’enorme
capacità produttiva immediatamente disponibile agli utenti. La potenza di picco
supera i 240 petafops, ovvero 240 milioni di miliardi di operazioni al secondo. In 153
IL SUPERCALCOLATORE DI BOLOGNA, UNA RISORSA PER L’ITALIA

altri termini, in un solo secondo Leonardo è in grado di eseguire un numero di


operazioni pari a quello che tutti gli abitanti della Terra svolgerebbero in un intero
anno al ritmo di una operazione al secondo.
Leonardo è composto da 155 racks e 5 mila server, che sono il cuore compu-
tazionale del sistema. A collegarli sono oltre 25 mila cavi in fbra ottica, i quali
raggiungono una lunghezza complessiva di circa 160 chilometri e costituiscono la
rete di interconnessione a larga banda e bassa latenza dell’architettura, per un to-
tale di 360 mila chili distribuiti in un’area di 600 metri quadrati. La sua memoria è Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

superiore a quella di 750 mila personal computer, lo spazio di archiviazione è pari


a 32 milioni di dvd e la sua banda permetterebbe di vedere contemporaneamente
in streaming 8 mila flm in altissima defnizione.
Il sistema è stato concepito secondo criteri di massima effcienza energetica: i
consumi sono ottimizzati grazie alla tecnologia di raffreddamento diretto a liquido,
necessaria a dissipare il calore prodotto dai 5 mila nodi di calcolo. L’intero centro
dati è stato progettato e realizzato per Leonardo, una casa su misura sotto la volta
di Pier Luigi Nervi, conseguendo un power usage effectiveness (pue) pari a 1,08,
ovvero meno del 10% di energia elettrica è utilizzata per la distribuzione, il raffred-
damento e l’alimentazione dei sistemi ancillari.

2. Il progetto Leonardo ha preso forma nel 2018 come frutto di una visione
condivisa e di una convergenza virtuosa di azioni su più livelli: europeo, naziona-
le e locale. Anzitutto, l’Ue ha elaborato una strategia per il supercalcolo e ha crea-
to la European High Performance Computing Joint Undertaking (EuroHpc), con
l’obiettivo di superare le azioni individuali dei vari Stati membri e competere su
scala globale con le grandi potenze continentali, Stati Uniti e Cina. Nel frattempo,
la Regione Emilia-Romagna (insieme alle istituzioni del territorio) ha promosso la
strategia di sviluppo del Tecnopolo di Bologna. Così, quando è arrivato il momen-
to di scegliere dove collocare i tre supercalcolatori europei, l’Italia era pronta e ha
deciso di cogliere l’opportunità: un grande investimento pubblico, pari a 240 mi-
lioni di euro, fnanziato per metà dal ministero dell’Università e della Ricerca e per
metà da EuroHpc.
Questo straordinario risultato non va letto come un episodio fortuito, ma si
inscrive in una storia cominciata più di cinquant’anni fa. Alla fne degli anni Ses-
santa, nel periodo in cui nel mondo cominciavano le prime applicazioni del super-
calcolo nella ricerca scientifca, quattro università italiane si sono consorziate cre-
ando Cineca, con l’obiettivo di unire le forze per dotarsi di un supercalcolatore. Da
qui ha preso avvio il percorso che negli anni successivi ha portato l’Italia a un li-
vello di primo piano su scala mondiale in questo settore.
Oggi i consorziati di Cineca sono 112 soggetti pubblici, i dipendenti oltre mil-
le e Leonardo è il diciannovesimo sistema di questo genere reso operativo. Anche
i suoi predecessori sono sempre stati nella parte alta della Top500 a livello mon-
diale: dal 2000 tra i primi cinquanta, negli ultimi dieci anni tra i primi dieci e ora al
154 quarto posto. Un risultato mai raggiunto prima.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Il segreto di questa storia di successo risiede nel fatto che, come spesso accade
per le grandi infrastrutture, a fanco alle risorse di calcolo si è sviluppato negli anni
un patrimonio di competenze specialistiche di alto livello in grado di coadiuvare
scienziati e altri esperti nell’utilizzo più effcace di tecnologie all’avanguardia. Pa-
rallelamente, è cresciuta in Italia un’ampia comunità di utenti, dapprima solo nel
mondo della ricerca scientifca, successivamente anche in quello delle grandi
aziende e oggi sempre più anche in quello delle piccole e medie imprese e della
pubblica amministrazione. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Tutti questi elementi si sono alimentati a vicenda in una spirale virtuosa, per-
mettendo di attrarre molti progetti europei e innescando storie di successo sia
nell’avanzamento scientifco sia nell’innovazione industriale. Un esempio è il per-
corso ormai ventennale di Eni nell’elaborazione di dati sismici; un altro è quello
più recente di Dompé nello sviluppo di farmaci. Ma i casi interessanti riguardano
anche le piccole e medie imprese che adottano un approccio aperto all’innovazio-
ne, sviluppano prototipi e proof of concept, forniscono supporto per l’adozione di
tecnologie all’avanguardia oppure rivestono un ruolo proattivo nella divulgazione
e nell’organizzazione di percorsi di formazione. Queste attività sono monitorate
presso il Centro di competenza italiano EuroCc Italy, l’iniziativa europea Fortissimo
oppure lo EuHubs4Data. Quest’ultimo, in particolare, affronta il problema del ritar-
do aziendale nell’innovazione guidata dai dati costruendo una federazione euro-
pea di data innovation hubs che si basano su realtà già attive, collegandole con
incubatori e piattaforme di dati, reti di piccole e medie imprese, comunità di esper-
ti di intelligenza artifciale, enti di formazione e archivi.

3. Il Tecnopolo di Bologna che ospita il supercalcolatore Leonardo apre una


nuova fase per l’Italia. Crea le condizioni per far fare al paese un salto di qualità e
di scala. Si candida a rappresentare un polo di riferimento nel suo campo a livello
globale.
Il progetto, per come lo conosciamo oggi, nasce alla fne del 2015 da un’idea
ambiziosa e di lungo periodo della Regione Emilia-Romagna, in sinergia con altre
istituzioni: creare una Data Valley per l’innovazione digitale, con il suo cuore pres-
so l’area dell’ex manifattura tabacchi di Bologna. Il Tecnopolo non è quindi sem-
plicemente un luogo, ma il cuore di un ecosistema ben integrato, fn dalla sua
concezione, in una strategia europea. Questo progetto ha richiesto un cambio di
scala e un nuovo paradigma. Allo sviluppo di una infrastruttura di calcolo compe-
titiva a livello mondiale, occorreva affancare l’aggregazione delle migliori compe-
tenze del paese nello sviluppo di applicazioni e di tecnologie innovative. Serviva
dunque una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato, per superare quella
frammentazione che troppo spesso rappresenta per l’Italia un fattore limitante,
soprattutto in un contesto altamente tecnologico. Ciò signifca realizzare una massa
critica indispensabile per essere protagonisti a livello europeo e internazionale e
per attrarre investimenti pubblici e privati. In altri termini, accorciare la fliera
dell’innovazione, per passare dal concetto di trasferimento tecnologico a quello di 155
IL SUPERCALCOLATORE DI BOLOGNA, UNA RISORSA PER L’ITALIA

cosviluppo. Anche il Pnrr richiama questa prospettiva, nota con la formula from
research to business, dalla ricerca all’impresa.
Dal 2015 a oggi quel disegno si è concretizzato: alcuni tasselli sono già al loro
posto pienamente operativi, altri lo saranno a breve. Al Tecnopolo, di fanco alla
sede di Cineca che ospita Leonardo, è già operativo il Centro di supercalcolo del
Centro europeo di previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf nell’acroni-
mo in inglese) le cui analisi sono a disposizione di tutti gli Stati membri dell’Ue. Il
Centro è inoltre tra i soggetti attuatori del Programma europeo Copernicus di os- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

servazione della Terra e di Destination Earth, uno dei grandi progetti del Green
Deal e della strategia digitale dell’Unione Europea, che ha l’obiettivo di simulare le
interazioni tra i fenomeni naturali e le attività umane sviluppando un gemello digi-
tale del globo terrestre. I primi obiettivi del progetto riguarderanno lo studio
dell’impatto socioeconomico e le possibili strategie di adattamento e mitigazione
degli effetti dei cambiamenti climatici e degli eventi meteorologici estremi. Grazie
alla collaborazione tra i supercomputer dell’ecosistema europeo e all’utilizzo
dell’intelligenza artifciale, il progetto intende potenziare le capacità di osservazio-
ne e, tramite le simulazioni, monitorare con estrema precisione e tempestività la
salute del pianeta, lo stato degli oceani, la criosfera, la biodiversità, l’utilizzo del
territorio e delle risorse naturali. Cineca darà supporto all’ottimizzazione dei codici
necessari per consentire le funzionalità dei gemelli digitali, per permettere ai centri
di supercalcolo afferenti a EuroHpc di utilizzare in modo effciente le strumentazio-
ni messe a disposizione.
Oltre all’Ecmwf e a Cineca, a breve troveranno spazio al Tecnopolo anche
l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia (Arpae) e la neoco-
stituita Agenzia Italia meteo. Quest’ultima consentirà al nostro paese di disporre di
un unico servizio meteorologico civile a livello nazionale, coordinando la raccolta
e l’elaborazione di dati dei diversi enti meteo presenti in Italia e permettendoci di
allinearci a Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. A Bologna si realizzerà così
un vero e proprio polo europeo per la meteorologia e la climatologia.
In realtà lo hub meteo-clima è solo uno dei poli che sorgeranno nell’area bo-
lognese, dove si stabiliranno anche strutture universitarie ed enti di ricerca nazio-
nali in diversi settori. I primi insediamenti riguarderanno un centro di ricerca dell’A-
genzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico soste-
nibile (Enea) nell’ambito dell’economia circolare; il data center dell’Istituto nazio-
nale di fsica nucleare (il nodo principale del sistema che analizza i dati provenien-
ti dagli esperimenti del Cern); due sistemi di supercalcolo: uno del Centro nazio-
nale delle ricerche (Cnr) per lo sviluppo di nuovi materiali e un altro dell’Istituto
nazionale di astrofsica a supporto del progetto internazionale Square Kilometre
Array di rilevamento di onde radio per sondare lo Spazio profondo.
Lo Stato italiano, insieme alla Regione Emilia-Romagna, ha presentato la can-
didatura per ospitare al Tecnopolo una sede dell’Università delle Nazioni Unite,
l’unica nell’Europa meridionale e riferimento per l’area del Mediterraneo, dedicata
156 ai big data e all’intelligenza artifciale. L’obiettivo è duplice: offrire supporto tecno-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

logico alle altre sedi della rete Onu e studiare l’impatto e le implicazioni socioeco-
nomiche di queste tecnologie.
Il progetto prevede inoltre l’insediamento di centri di competenza come il già
citato EuroCc Italy, laboratori, incubatori, acceleratori d’impresa e centri di ricerca
congiunti tra pubblico e privato.
Di recente è stato compiuto un decisivo passo avanti per lo sviluppo e il con-
solidamento del Tecnopolo con la nascita del Centro nazionale di ricerca in Hi-
gh-Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (Icsc). L’iniziativa Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

federa in un sistema a raggiera l’infrastruttura di supercalcolo, le più importanti


realtà industriali del paese, le migliori competenze presenti nelle università e nei
centri di ricerca italiani. L’obiettivo è lo sviluppo di applicazioni avanzate in dieci
aree tematiche, dall’osservazione del cosmo alla scienza dei materiali, dall’econo-
mia nello Spazio ai cambiamenti climatici, dalla genomica alle città gemelle digita-
li, dalla previsione di eventi naturali estremi alla medicina personalizzata, dalle
energie rinnovabili alla cibersicurezza, dall’agroalimentare al patrimonio culturale.
È un progetto ad alto valore strategico, competitivo su scala globale, fnanziato da
fondi Pnrr con un investimento di circa 350 milioni di euro. Aggrega 52 soggetti
distribuiti su tutto il territorio nazionale e provenienti dai settori pubblico e privato.
Ha come obiettivo la ricerca e l’innovazione con livelli di prontezza tecnologica
medi e medio-alti per generare valore e ricadute positive sul tessuto economi-
co-produttivo e sulla pubblica amministrazione. Un’attenzione specifca sarà rivolta
alle piccole e medie imprese, attivando strumenti innovativi per fornire loro il ne-
cessario supporto anche grazie alla Fondazione Ifab, creata proprio per svolgere il
ruolo di ponte tra l’Icsc e l’intero ecosistema del Tecnopolo da un lato e le aziende
e la società più in generale dall’altro.
La straordinaria palestra dell’area bolognese ha richiamato l’attenzione dei
maggiori fornitori tecnologici internazionali interessati a realizzare al Tecnopolo
dei laboratori congiunti per attività di coprogettazione dei grandi sistemi di super-
calcolo. Questo processo prevede l’ideazione di prototipi unici al mondo, disegna-
ti per essere in grado di rispondere alle esigenze di un bacino molto ampio di
utenti e al tempo stesso in grado di funzionare 24 ore su 24. Di conseguenza, co-
stituisce un’eccellente piattaforma per lo sviluppo delle architetture di sistema, dei
microprocessori, dei dispositivi di immagazzinamento, dei componenti di intercon-
nessione e networking. Tecnologie che qui possono essere utilizzate al massimo
delle loro potenzialità per realizzare sistemi di supercalcolo con sempre maggiore
potenza computazionale e di grande effcienza energetica. E che spesso trovano
sbocco nel campo dell’informazione e della comunicazione per essere sfruttate a
livello industriale.
In quest’ultimo flone si inserisce un’ulteriore azione altrettanto strategica rivol-
ta al calcolo quantistico, che rientra a pieno titolo tra le tecnologie dirompenti e a
presidio della quale è stato attivato un punto dedicato nell’ambito dell’Icsc. Nello
specifco, i membri dell’Unione Europea si doteranno della prima rete di computer
quantistici (sei in totale); uno di questi sarà installato da Cineca nel corso del 2024 157
IL SUPERCALCOLATORE DI BOLOGNA, UNA RISORSA PER L’ITALIA

proprio al Tecnopolo. Con una confgurazione nell’ordine delle centinaia di qubit


(quantum bit, l’unità di informazione quantistica, n.d.r.), andrà ad arricchire la
palestra tecnologica a disposizione dell’ecosistema.

4. Il Tecnopolo nel suo complesso è senza dubbio uno dei più grandi investi-
menti pubblici in ricerca e innovazione fatti in Italia – se non il più grande. Posi-
ziona il nostro paese tra i più avanzati in Europa in uno dei settori maggiormente
strategici per il futuro. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Il treno è pronto a partire e non deve essere perso, come altre volte è accadu-
to in passato. La differenza è che questa volta le condizioni ci sono. Sarà però
molto importante che questo percorso venga accompagnato da un grande sforzo
formativo, a tutti i livelli, per colmare l’attuale carenza di professionisti con compe-
tenze digitali. In una società dove i dati sono la nuova materia prima, le competen-
ze faranno sempre più la differenza.
Tuttavia, la visione di medio-lungo termine coerente con la strategia dell’Unio-
ne Europea richiede di compiere subito un ulteriore passo. Dopo aver messo a
sistema un’infrastruttura di calcolo tra le più potenti al mondo con ricercatori e
imprese per lo sviluppo di applicazioni avanzate, è indispensabile rafforzare il po-
sizionamento italiano nella traiettoria di indipendenza tecnologica tracciato dall’Ue.
In particolare, l’Italia può e deve assumere un ruolo guida a livello europeo nell’am-
bito della progettazione dei microprocessori e delle architetture open source Risc-V.
Le competenze ci sono, l’ecosistema di Bologna ha oggi la massa critica per candi-
darsi a questo ruolo in Europa e aggregare, sempre in una logica federativa, le
migliori realtà italiane pubbliche e private in questo settore. Il Chips Act dell’Ue
prevede grandi investimenti e l’Italia ha la credibilità e le capacità per rivendicare
questo ruolo. Ciò può aggiungere quell’ulteriore gamba che completerebbe la flie-
ra e permetterebbe all’ecosistema del Tecnopolo di compiere un altro salto di
scala: non solo sfruttare l’infrastruttura per creare applicazioni innovative, ma an-
che sviluppare componenti innovative dell’infrastruttura stessa. Come accade in
altre parti del mondo, i centri di supercalcolo più avanzati sono gli ambienti ideali
dove condurre attività di coprogettazione e cosviluppo di tecnologie all’avanguar-
dia. Oggi l’Italia è in grado di interpretare questo ruolo.
Nel frattempo, Cineca ha cominciato i lavori per candidare il Tecnopolo di
Bologna nel 2026 a ospitare il primo supercalcolatore europeo di classe post-exa-
scale, cioè con una potenza superiore ai miliardi di miliardi di operazioni al secon-
do, che probabilmente integrerà acceleratori quantistici e succederà a Leonardo.
Del resto è stato proprio Leonardo da Vinci a insegnarci di pensare in grande: «Una
volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla Terra guardando il cielo».

158
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL CHIP PARLA
ANCHE ITALIANO di Simone Antonio SALA

L’Italia è presente nel settore dei processori con realtà d’eccellenza.


La filiera tuttavia è parziale, mentre la scarsità di materie prime e Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

chimica specializzata pesa sul comparto. Le sinergie continentali


come antidoto al nanismo. Dobbiamo puntare sulle persone.

1. C ON INDUSTRIA DEI SEMICONDUTTORI SI


defnisce il settore industriale che si occupa di progettare e produrre circuiti elet-
tronici integrati e miniaturizzati, partendo da materiali che hanno proprietà elet-
triche a metà tra i metalli conduttori e gli isolanti (semiconduttori, appunto). È su
questa base che si fonda la moderna industria elettronica e delle telecomunicazio-
ni, compresa quella informatica. Comparto high-tech per eccellenza, necessita di
ingenti investimenti per sviluppo di prodotti, ricerca di tecnologie innovative, in-
stallazione di nuovi impianti produttivi.
L’Italia è attiva nel settore dalla fne degli anni Cinquanta del Novecento.
Grazie a un mix di imprenditoria privata e pubblica, di collaborazione tra indu-
stria e mondo universitario, resta competitiva, anche se i microchip non rappre-
sentano uno dei marchi più caratteristici del made in Italy. Le sfde per il futuro
sono numerose, legate alla concorrenza degli altri Stati europei (Francia, Germa-
nia, Paesi Bassi), degli Stati Uniti (in particolare della Silicon Valley) e dei paesi
asiatici (Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Cina). La fliera nazionale è abbastan-
za completa in alcuni settori applicativi, ma manca di talune materie prime. Sotto
tale proflo le possibilità di miglioramento sono limitate.
Molto si può fare tuttavia per valorizzare il personale che lavora in questa
industria, il cui elevato contenuto tecnologico e innovativo aumenta la competi-
tività dei paesi in grado di formare e attirare i migliori ricercatori, ingegneri e
manager. È un elemento importante, che può dare maggior spazio di manovra
ai paesi «occidentali» rispetto al solo investimento in capacità manifatturiera e
logistica.
Il vicentino Federico Faggin, classe 1941, contribuì nel 1971 allo sviluppo del
primo microprocessore commerciale come progettista di Intel. È certo un caso di 159
160
BELGIO Aziende che producono semiconduttori in Europa
L’EUROPA DEI CHIP Mortsel Agfa Merck
Oudenaarde Ludvika Arm Holdings Nxp Semiconductor
Lovanio Asml Omron
Jemeppe-Sur-Sambre Hallstahammar
AT&S Pha Czech Ltd.
Thornton- PAESI BASSI SVEZIA Basf Electronic Materials Siltronic
IRLANDA ‘s-Hertogenbosch Bosch Solvay Technology Solutions
Limerick Dublino Cleveleys Rotterdam Mar Carl Zeiss Smt STMicroelectronics
Klundert Baltico Global Foundries Texas Instruments
REGNO Veldhoven Imec Tdk Micronas
IL CHIP PARLA ANCHE ITALIANO

Cork Herten
UNITO 1 Infneon Trumpf
Gloucester Intel XFab
Swindon GERMANIA
6 Kanthal AB Vishay Intertechnology
Wimborne 2 4 7 5 LFoundry
Cambridge 3
Parigi 8 10 1211 GERMANIA
13 149 1 Itzehoe
Oceano Atlantico Rennes REP. CECA
Corbeil-Essonnes 15 2 Ahaus
16 17 Českì Těšìn
Tours 18 19 3 Rheinberg
AUSTRIA Budapest 4 Garbsen
Clamecy Cegléd Iaşi 5 Bernburg
Bolzano UNGHERIA 6 Berlino
Barreda-
FRANCIA Lione
Crolles ROMANIA 7 Hannover
Milano Brendola Fehring
Torrelavega Rousset Agrate Padova Leoben 8 Darmstadt
Brianza Ebensee Mar Nero 9 Roßdorf
Barcellona ITALIA Villaco 10 Erfurt
SPAGNA 11 Dresda
Avezzano 12 Freiberg
Marcianise 13 Ludwigshafen
14 Ostringen
15 Bad Wimpfen
Mar Mediterraneo 16 Oberkochen
Prodotti chimici e materiali
17 Kelheim
Componenti 18 Frisinga
Catania
Produzione di attrezzature 19 Burghausen
Produzione di chip MALTA
Altro
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

fuga di cervelli 1, ma Faggin si formò e cominciò a lavorare in Italia negli anni Ses-
santa: dopo un’esperienza alla Olivetti lavorò per la Società generale semicondut-
tori (Sgs), fondata da Olivetti e Telettra (storica azienda di telecomunicazioni) ad
Agrate Brianza nel 1957. Queste aziende, come altre, cercavano di procurarsi i
circuiti integrati (appena resi disponibili a livello commerciale) necessari ai loro
dispositivi elettronici; ottenuta la licenza sui brevetti della Fairchild Semiconductor
(realtà storica della Silicon Valley), fondarono Sgs che resta attiva con il nome di St
Microelectronics (Stm). Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Stm è il caposaldo della fliera italiana: nel 1972 Sgs (che nel frattempo era
entrata nel gruppo Iri-Stet) si fuse con Ates (Aziende tecniche elettroniche del Sud),
sviluppatasi negli anni Sessanta in modo analogo a Sgs nella zona industriale di
Catania (dove fu spostata dopo essere stata fondata all’Aquila). Fu però solo nel
1987 che l’azienda assunse l’assetto odierno, grazie alla fusione con la francese
Thomson Semiconducteurs, a sua volta risultato della fusione di più aziende e poi
nazionalizzata. Determinante in questo processo fu il ruolo del catanese Pasquale
Pistorio, storico amministratore delegato della società. Oggi Stato italiano e Stato
francese restano azionisti di maggioranza, con una quota paritetica: caso quasi
unico di collaborazione industriale tra le due nazioni, spesso rivali.
Registrata nei Paesi Bassi e con sede principale a Ginevra, Stm è un integrated
device manufacturer (Idm), essendo in grado di progettare e produrre internamen-
te i propri dispositivi. Ciò non toglie che alcune attività possano essere subappal-
tate ad aziende che fanno solo progettazione (fabless companies) o solo produzio-
ne (fonderie). In Italia Stm si occupa di sviluppare e produrre nelle camere bianche
prodotti di tipo smart power (piattaforme miste di elettronica analogica, digitale e
di potenza), Mems (micro-electromechanical systems) e altre componenti (in parti-
colare i cosiddetti «discreti»). Oltre a lavorare wafer di silicio (materiale semicondut-
tore per eccellenza), produce dispositivi con wafer di carburo di silicio (SiC), ma-
teriale innovativo utilizzabile tra l’altro in applicazioni per l’auto elettrica.
L’unica parte del ciclo di produzione non eseguita in Italia consiste nel
backend, cioè l’assemblaggio e il test fnale: l’«impacchettamento» (packaging) del-
le centinaia o migliaia di dispositivi presenti su un singolo wafer con altri compo-
nenti e materiali affnché possano essere collegati alla scheda elettronica applicati-
va. Tali operazioni sono svolte per lo più in paesi dell’Estremo Oriente (Malaysia,
Filippine, Singapore), dove da decenni molte aziende hanno delocalizzato queste
produzioni e dove si è formato un «ecosistema» industriale che ha numerosi van-
taggi competitivi (tali produzioni sono altamente automatizzate, per cui il costo
della manodopera ha un impatto limitato). A Singapore Stm possiede anche una
fabbrica di frontend (lavorazione dei wafer in camere bianche) dove vengono tra-
sferiti i prodotti più maturi.
Attorno a Stm si sono sviluppate negli anni altre aziende che integrano la f-
liera industriale: in particolare produttori di macchine utensili, fornitori di materie
1. E. LANZETTI, «L’inventore del microchip Federico Faggin: “La fuga dei cervelli? È un vantaggio”»,
Corriere della Sera, 1/12/2022. 161
IL CHIP PARLA ANCHE ITALIANO

prime e di materiali di consumo. Sono per lo più fliali di aziende straniere pre-
senti talvolta solo come uffci commerciali e di supporto al cliente. Esistono però
anche realtà locali: il caso più recente e famoso è la Technoprobe di Cernusco
Lombardone, fondata da Giuseppe Crippa negli anni Novanta utilizzando come
capitale iniziale la liquidazione del suo lavoro di tecnico in Stm. Partendo da un
laboratorio artigianale ricavato nella sua abitazione, occupando la famiglia e un
piccolo gruppo di dipendenti, Crippa è riuscito a far crescere l’azienda fno a di-
ventare uno dei principali produttori mondiali di probe card: componenti realiz- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

zati «su misura» per ogni prodotto al fne di testare elettricamente la funzionalità
delle fette al termine della lavorazione in camera bianca e prima della fase di
packaging. L’azienda è stata quotata in Borsa a inizio 2022 e ha raddoppiato di
anno in anno dipendenti e fatturato. Una sfda niente affatto facile viste le dichia-
rate diffcoltà nel reperire il personale necessario 2 e la gestione per lo più ancora
familiare.
Altra storia notevole è quella della Lpe di Baranzate, che produce reattori epi-
tassiali: macchinari in grado di sviluppare sulle fette di silicio altri strati di materiale
con la stessa struttura cristallografca, quindi con proprietà elettriche defnite. Nel
2021, l’acquisizione della quota azionaria di maggioranza da parte di una holding
cinese è stata bloccata dal governo Draghi con il golden power, il che dimostra l’im-
portanza assunta dalla fliera. Successivamente Lpe è stata acquisita da Asm Interna-
tional, colosso del settore ed ex casa madre dell’olandese Asml, monopolista della
litografa ultravioletta estrema in quanto unica in grado di realizzare la miniaturizza-
zione più spinta e pertanto attualmente interdetta dall’esportare in Cina.
Fornitore di Asml è stata in passato la Media Lario Technologies di Bosisio
Parini, attiva nella produzione di sistemi ottici avanzati, oggi destinati quasi esclu-
sivamente al settore aerospaziale. La trevigiana Baccini nel 2008 è stata invece ac-
quisita dalla statunitense Applied Materials (Amat), colosso dei macchinari per la
lavorazione dei semiconduttori e la realizzazione di pannelli fotovoltaici.

2. Questo quadro articolato è dunque composto da realtà di diverse dimen-


sioni ed estrazioni, estremamente specializzate e d’eccellenza ma incapaci di sod-
disfare completamente le esigenze dell’industria nazionale. La situazione per i
materiali di consumo è simile: nella produzione dei gas tecnici di processo sono
attive la Sapio di Agrate Brianza, la Siad di Bergamo e la Rivoira di Torino (appar-
tenente al gruppo giapponese Taiyo Nippon Sanso); i lingotti dai quali vengono
ricavate le fette di silicio sono realizzati negli stabilimenti di Novara e Merano
fondati tra gli anni Sessanta e Settanta dalla Montecatini e poi passati a diversi
gruppi internazionali. Tale produzione è assorbita da Stm e da produttori non
italiani, in particolare europei. Tra questi Infneon, società tedesca con sede a
Monaco di Baviera e tra i principali concorrenti di Stm, presente anche in Italia
con centri di progettazione e di test a Pavia e a Padova (quest’ultimo in collabo-

162 2. B. CALDEROLA, «Nei laboratori Technoprobe la palestra dei microchip», Il Giorno, 12/10/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

razione con la locale università). Storica divisione di Siemens, fu scorporata nel


1998 e pur essendo una realtà privata, gli investimenti dello Stato tedesco – specie
nello stabilimento di Dresda – forniscono un contributo signifcativo alla sua com-
petitività. Di costituzione più recente (2006) è Nxp, con sede nei Paesi Bassi.
Spin-off di Philips, in Italia è presente con centri di progettazione a Milano e a
Catania. Sempre nei Paesi Bassi ha sede la citata Asml, unico produttore di attrez-
zature europeo con fatturato analogo alle grandi realtà statunitensi (come Amat e
Lam Research) o giapponesi. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Nel nostro paese esistono altre due realtà manifatturiere di proprietà america-
na: lo stabilimento di Borgaro Torinese della Vishay Intertechnology (con sede in
Pennsylvania) e quello di Avezzano fondato nel 1990 da Texas Instrument per
produrre dispositivi di memoria e poi acquisito da Micron Technologies, società
che negli anni Duemila ha rilevato anche parte delle attività italiane di Stm (sempre
nel segmento delle memorie). L’azienda ha poi trasferito produzione e know-how
negli Stati Uniti e in Estremo Oriente, ridimensionando l’attività nel sito di Avezza-
no che ora opera come parte di una fonderia tedesca (LFoundry), il cui azionista
di maggioranza è cinese.
Negli ultimi anni il comparto è però nuovamente in crescita, come dimostrano
gli importanti investimenti realizzati. Intel sta per aprire un nuovo stabilimento di
assemblaggio in provincia di Verona; Stm ha recentemente avviato la prima linea
di produzione italiana con fette di 300 mm di diametro (rispetto ai 200 mm prece-
denti) ad Agrate Brianza, mentre a Catania ha annunciato il potenziamento della
lavorazione del carburo di silicio. L’annunciato investimento di cinque miliardi di
euro di Infneon a Dresda conferma altresì che l’Europa resta competitiva, data la
crescente attenzione dell’industria elettronica a considerare gli aspetti geopolitici
legati a particolari catene di approvvigionamento (in particolare dalla Cina).
Italia e resto d’Europa restano fuori dalla fliera dei processori a integrazione
spinta, per applicazioni come l’intelligenza artifciale, con l’unica eccezione di
Asml. I settori in cui siamo competitivi (guida autonoma, auto elettrica, reti intelli-
genti, Internet delle cose) rappresentano però contributi importanti in un mondo
di elettronica pervasiva. Occorre favorire l’interconnessione tra le varie realtà a li-
vello europeo: Stm non solo è un esempio di collaborazione industriale italo-fran-
cese, ma ha importanti legami con il mondo dell’automotive tedesco del quale è
fornitore strategico dagli anni Ottanta. Centri di ricerca come l’Imec di Leuven
(Belgio) collaborano con molte realtà industriali, svolgendo la ricerca di base che
non può essere svolta in azienda perché richiede investimenti considerevoli, aggre-
gabili solo da consorzi e joint venture industriali.
La risorsa principale con cui giocare la partita in Italia e in Europa restano le
persone: il Vecchio Continente non ha quantità rilevanti di materie prime strategi-
che né un numero suffciente di stabilimenti per la lavorazione dei precursori (dai
substrati di semiconduttore ai gas tecnici), ma il benessere economico e gli elevati
standard culturali rappresentano un terreno fertile per la formazione continua del-
le fgure (tecniche e non) necessarie al corretto funzionamento di questa industria, 163
IL CHIP PARLA ANCHE ITALIANO

che ne richiede in numero considerevole (gli Idm più piccoli contano almeno 10
mila dipendenti).
Il sistema italiano manca di competitività sotto questo proflo: calo delle nasci-
te, limiti del mondo universitario e della ricerca, stipendi poco competitivi, conte-
sto e mentalità lavorativa non sempre al passo coi tempi contribuiscono all’emigra-
zione di professionisti nel resto d’Europa, non bilanciata dall’attrazione di talenti
stranieri. Questa sfda chiama in causa il mondo delle imprese, quello universitario
e le istituzioni. Nella futuribile guerra dei semiconduttori l’Italia dovrà attrezzarsi, di
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

«armi» e soprattutto di «soldati».

164
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IN RUSSIA L’AI
SEGNA IL PASSO KAŠIN di Vasilij

Le ambizioni di Mosca nello sviluppo dell’intelligenza artificiale


risentono di guerra e sanzioni. E non solo. Il ruolo della ricerca e la Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

fuga dei cervelli. Utilizzo prioritario per economia e difesa. Nel 2023
crescerà la cooperazione con Pechino. Rischio di dipendenza?

1. PER CAPIRE COME LA LEADERSHIP RUSSA


si rapporti all’intelligenza artifciale (Ai) si può partire da una nota dichiarazione del
presidente Vladimir Putin risalente al settembre 2017: «L’intelligenza artifciale non
è solo il futuro della Russia; è il futuro dell’intera umanità. Presenta enormi oppor-
tunità così come minacce diffcili da prevedere ora. Chi diventa leader in questo
campo dominerà il mondo. E non vorremmo affatto che qualcuno detenga un
monopolio del genere. Pertanto, se diventeremo leader in questo campo condivi-
deremo la tecnologia con il mondo intero, così come oggi condividiamo la tecno-
logia atomica, la tecnologia nucleare».
La leadership russa considera l’intelligenza artifciale fondamentale sia per l’e-
conomia sia per la sicurezza nazionale. Il governo cerca di incoraggiare lo sviluppo
delle imprese che si occupano di Ai e l’introduzione di questa tecnologia in ambi-
to militare. Nell’ottobre 2019 Vladimir Putin ha frmato un decreto inerente alla
Strategia nazionale per lo sviluppo dell’intelligenza artifciale fno al 2030 1, la qua-
le costituisce soltanto uno dei diversi programmi interconnessi di sviluppo tecno-
logico. Tra essi vi sono la Strategia di sviluppo della società dell’informazione per
il periodo 2017-30, il Programma nazionale di economia digitale e la cosiddetta
Iniziativa tecnologica nazionale.
La defnizione russa di intelligenza artifciale è diversa da quelle utilizzate in
altri paesi: si tratta di un concetto volutamente limitato, molto probabilmente al fne
di evitare che le risorse stanziate per supportare questo settore vengano dirottate
verso progetti generali di tecnologia dell’informazione. L’Ai viene intesa all’interno
della Strategia come «un sistema di soluzioni tecnologiche che consente di imitare

1. «Ukaz Prezidenta RF ot 10 oktjabrja 2019 g. N. 490 “O razvitii iskusstvennogo intellekta v Rossijskoj


Federacii”» («Decreto del presidente della Federazione Russa del 10 ottobre 2019 n. 490 “Sullo svilup-
po dell’intelligenza artifciale nella Federazione Russa”»), garant.ru, 14/10/2019. 165
IN RUSSIA L’AI SEGNA IL PASSO

le funzioni cognitive umane (compresa l’autoformazione e la ricerca di soluzioni


non basata su algoritmi predefniti) e, nel risolvere problemi specifci, di ottenere
risultati che sarebbero almeno paragonabili ai risultati degli sforzi intellettuali
dell’essere umano». A titolo di paragone, lo statunitense National Artifcial Intelli-
gence Initiative Act del 2020 defnisce l’intelligenza artifciale come «un sistema
machine-based che può, a partire da un determinato insieme di obiettivi defniti
dall’essere umano, fare previsioni, offrire raccomandazioni o prendere decisioni
che infuenzano gli ambienti reali o virtuali» 2. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Il governo russo prevede che l’Ai verrà utilizzata in futuro in primo luogo co-
me potente strumento di gestione in ambito industriale, fnanziario e amministrati-
vo. Potrà essere utilizzata per incrementare la produttività attraverso una maggiore
automazione delle operazioni di routine, per migliorare la logistica e la qualità dei
servizi, per diminuire il numero di incidenti industriali e per fornire ulteriori oppor-
tunità nell’assunzione e formazione di personale qualifcato.
A partire dal settembre 2022 lo sviluppo della tecnologia dell’intelligenza arti-
fciale in Russia è stato supervisionato da una commissione inter-agenzia, ovvero il
Centro nazionale per lo sviluppo dell’intelligenza artifciale che opera all’interno
del Centro nazionale di ricerca dell’Higher School of Economics 3. In ambito mili-
tare invece, lo sviluppo dell’Ai è di competenza di un dipartimento ad hoc creato
presso il ministero della Difesa russo 4.

2. Le tecnologie dell’intelligenza artifciale dovrebbero diventare i principali


motori della crescita economica del paese nei prossimi decenni. Il governo russo
intende incoraggiarne lo sviluppo fnanziando la ricerca scientifca, sostenendo
l’infrastruttura digitale nazionale (compresi i data center), migliorando l’accesso ai
dati per le aziende russe, potenziando i programmi di formazione all’interno delle
università e così via. La Russia ha in programma, o almeno così era prima dell’ini-
zio della guerra in Ucraina, di diventare un importante esportatore di tecnologia
nell’ambito dell’Ai e ha lavorato alla creazione di meccanismi per stimolare tali
esportazioni. Nel 2020 le agenzie governative e le aziende russe hanno speso circa
291 milioni di dollari in intelligenza artifciale 5, anche se il modo in cui la Russia
defnisce questa tecnologia rende diffcile fare confronti tra paesi. Il mercato è cre-
sciuto di oltre il 22% su base annua. La maggior parte della spesa proviene dalle

2. «H.R. 6216, National Artifcial Intelligence Initiative Act of 2020», science.house.gov, 12/3/2020.
3. Nacional’nyj centr razvitija iskusstvennogo intellekta pri Pravitel’stve Rossijskoj Federacii (NCRII)
(Centro nazionale per lo sviluppo dell’intelligenza artifciale per il governo della Federazione Russa
(NCRII), aicentre.hse.ru.
4. «Upravlenie razvitija tekhnologij iskusstvennogo intellekta Minoborony Rossii v ramkakh foruma
“Intellekt mašin i mekhanizmov” provedet ekspetizu proektov na predmet primenenija v nikh tekh-
nologij iskusstvennogo intellekta» («Il dipartimento per lo Sviluppo delle tecnologie di intelligenza
artifciale del ministero della Difesa della Russia nell’ambito del forum “Intelligenza delle macchine e
dei meccanismi” condurrà un esame dei progetti per l’uso delle tecnologie di intelligenza artifciale»),
function.mil.ru, 14/11/2022.
5. «Rossijskij rynok II za god vyros kak na drožžakh («Il mercato russo dell’Ai è cresciuto in un anno
166 a passi da gigante»), cnews.ru, 27/4/2021.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

aziende russe, mentre gli investimenti governativi non hanno superato i 40 milioni
di dollari 6.
Anche in questo caso, nell’analisi delle cifre occorre tenere presenti due fat-
tori: la defnizione russa di Ai e l’ermeticità di gran parte dei programmi russi di
difesa e di intelligenza artifciale a uso duale. Inoltre, la situazione è complicata
dall’esistenza di squadre di lavoro medio-piccole che si occupano di Ai all’interno
di molte grandi aziende russe integrate verticalmente che sviluppano queste solu-
zioni tecnologiche principalmente per uso interno. Di conseguenza, nonostante Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

la spesa nominale risulti molto limitata e sebbene le dimensioni di questo merca-


to specifco siano ristrette, la Russia può vantare una serie di importanti progetti
di intelligenza artifciale, tra cui progressi signifcativi nella tecnologia di guida
autonoma (progetti concorrenti di Sberbank e Yandex), nella tecnologia di rico-
noscimento facciale e vocale, nelle applicazioni nel settore dei servizi pubblici
eccetera.
Circa l’85% delle grandi aziende russe utilizza tecnologie di intelligenza artif-
ciale. La maggior parte di esse combina l’acquisto di tali tecnologie da altre azien-
de con attività di ricerca e sviluppo interne. Un’indagine condotta da Rostelecom
e Tadviser tra le 100 principali aziende russe che non operano nel settore della
tecnologia dell’informazione ha dimostrato che in media ciascuna disponeva di
una squadra preposta all’Ai di circa 65 persone e che il 30% di queste ha cercato
di vendere ad altre aziende i prodotti originariamente sviluppati per uso interno 7.
Nel periodo 2016-2020 la Russia è riuscita a incrementare il numero di pubblica-
zioni scientifche relative all’Ai del 260% rispetto al quinquennio precedente, posi-
zionandosi al 17° posto a livello mondiale. Secondo le stime russe, entro il 2030 il
paese avrebbe dovuto raggiungere la quarta posizione dopo Stati Uniti, Cina e
India. La ricerca scientifca viene portata avanti principalmente nelle maggiori uni-
versità di Mosca, tra cui l’Higher School of Economics, l’Istituto di fsica e tecnolo-
gia, l’Istituto di ingegneria fsica, l’Università Statale di Mosca e il Centro di ricerca
federale informatica e controllo dell’Accademia delle Scienze russa 8. Il governo sta
cercando di sviluppare il quadro giuridico necessario a regolamentare l’intelligen-
za artifciale, ma a volte gli sforzi non sono all’altezza delle aspettative, come nel
caso dell’uso dei veicoli a guida autonoma.
La ricerca sull’Ai legata alla difesa riceve probabilmente fnanziamenti gover-
nativi molto più consistenti, sebbene non compaiano nelle statistiche uffciali. Ro-
stec, la più grande società industriale che opera nella difesa russa, è impegnata in
numerosi progetti di intelligenza artifciale, a volte derivanti dalla ricerca in ambito
militare come nel caso dei progetti sui veicoli a guida autonoma (destinati a ope-

6. V. MITIN, «Kitaj tratit na II v 350 raz bol’še, 0em Rossija» («La Cina spende 350 volte di più per l’Ai
della Russia»), itweek.ru, 16/4/2021.
7. «Effekty ot vnedrevnija rešenij na baze iskusstvennogo intellekta v rossijskikh kompanijakh» («Effetti
dell’implementazione di soluzioni basate sull’intelligenza artifciale nelle aziende russe»), tadviser.ru.
8. «V VŠE soobš0ili, 0to RF stala liderom po rostu 0isla publikacij ob iskusstvennom intellekte» («L’Hse
ha riferito che la Federazione Russa è diventata leader nella crescita del numero di pubblicazioni
sull’intelligenza artifciale»), nauka.tass.ru, 17/6/2021. 167
IN RUSSIA L’AI SEGNA IL PASSO

rare all’interno di grandi impianti industriali e di stoccaggio) 9. Kamaz, il principale


produttore russo di automezzi civili e militari, sta fnendo di progettare un camion
a guida autonoma 10. L’esercito russo ritiene che l’applicazione dell’intelligenza ar-
tifciale sia particolarmente importante nei seguenti settori: manutenzione e prote-
zione delle infrastrutture militari; sistemi d’arma autonomi (robotici), piattaforme
ed equipaggiamenti militari; raccolta ed elaborazione di informazioni; comando e
controllo; previsione; operazioni cibernetiche; logistica; ricerca e sviluppo 11.
Gli analisti militari russi sono interessati all’utilizzo dell’intelligenza artifciale Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

nella gestione di modelli e nella pianifcazione delle operazioni di combattimento,


così come nello sviluppo di sistemi integrati di ricognizione e controllo, e non so-
lo 12. La Federazione Russa dedica molte energie allo sviluppo di sistemi d’arma
autonomi dotati di Ai. Tra questi vi è la munizione circuitante (o drone kamikaze)
Lancet, che viene ampiamente utilizzata dall’esercito russo nella guerra in Ucraina.
Il Lancet ha due modalità di funzionamento: autonoma e controllata a distanza.
Non è noto se la modalità autonoma sia stata utilizzata in combattimenti reali, ma
se così fosse sarebbe il primo utilizzo di un’arma autonoma letale dotata di intelli-
genza artifciale in un confitto. Diversi altri sistemi russi, come il robot militare
Nerekhta e alcuni sistemi di guerra elettronica e di difesa aerea e missilistica, sono
descritti dai produttori russi come dotati di Ai, anche se il grado effettivo di impie-
go di questa tecnologia non è noto.
La Russia sta prestando molta attenzione al potenziale utilizzo dell’intelligenza
artifciale nel sistema di comando e controllo delle armi strategiche. Negli anni Ot-
tanta l’Urss fu il primo paese al mondo a creare un sistema automatizzato di coman-
do e controllo in risposta a un attacco nucleare: era chiamato Perimetr (15E601) e
avrebbe dovuto garantire una risposta nucleare nel caso in cui la leadership sovie-
tica fosse stata annientata. Il sistema è stato spento negli anni Novanta, per poi
essere riattivato e probabilmente aggiornato all’inizio degli anni Dieci del nuovo
millennio 13. Il supporto alle operazioni nucleari è un ambito probabilmente priori-
tario per l’utilizzo dell’intelligenza artifciale in campo militare in Russia.

3. La guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali contro la Fede-


razione hanno inferto un duro colpo alle ambizioni del governo russo in termini
9. «Razrabotka programmno-apparatnyj kompleks dlja upravlenija gruzovym bespilotnym transpor-
tom» («Sviluppo di un complesso software e hardware per il controllo di veicoli cargo senza pilota»),
tadviser.ru, 10/2/2020.
10. «Bespilotnyj samoslav KamAZa: novye podrobnosti i fotografi» («Autocarro con cassone ribaltabi-
le senza pilota KAMAZ: nuovi dettagli e foto»), motor.ru, 27/6/2022.
11. V.M. BURENOK, «Iskusstvennyj intellekt v voennom protivostojanii buduš0ego» («L’intelligenza artif-
ciale nel confronto militare del futuro»), Voennaja Mysl’, n. 4/2021.
12. V.M. BURENOK, R.A. DURNEV, K.JU. KRJUKOV, «Razumnoe vooruženie: buduš0ee iskusstvennogo intel-
lekta v voennom dele» («Armi intelligenti: il futuro dell’intelligenza artifciale negli affari militari»),
Vooruženie i ekonomika, vol. 1, n. 43, 2018.
13. V. BARANEC, «Komandujuš0ij RVSN general-lejtenant Sergej Karakaev: “Vladimir Vladimirovi0 byl
prav – my možem uni0tožit’ SŠA bystree 0em za pol0asa”» («Il comandante delle Forze missilistiche
strategiche, il tenente generale Sergej Karakaev: “Vladimir Vladimirovi0 aveva ragione: possiamo di-
168 struggere gli Stati Uniti in meno di mezz’ora”»), kp.ru, 16/12/2011.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

di Ai. Mosca ha perso l’accesso alle importazioni di microchip avanzati e alle fon-
derie taiwanesi che producevano i microchip sviluppati in Russia. Un altro proble-
ma è l’emigrazione in massa degli specialisti del settore dell’Information Techno-
logy (It). Secondo un sondaggio condotto dalla società Ventra poco dopo che
Vladimir Putin ha dichiarato la mobilitazione parziale nel settembre 2022, il 6%
degli informatici russi ha lasciato il paese e il 25% ha preso in considerazione l’idea
di farlo. Allo stesso tempo, una parte di coloro che sono partiti intende tornare se
gli fosse garantita l’esenzione dalla leva militare. Dopo l’inizio del confitto, il go- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

verno russo si è mosso rapidamente per fornire agli specialisti del settore It alcuni
vantaggi speciali, non sottoponendoli ad esempio alla leva e fornendo loro ulte-
riori agevolazioni, come i sussidi governativi sui mutui per l’acquisto della casa.
Sebbene l’esodo dei professionisti del settore abbia interessato decine di migliaia
di persone, la situazione è ormai considerata sotto controllo. Inoltre, il governo si
sta adoperando per incrementare la formazione e l’istruzione di nuovi esperti in-
formatici nelle università russe.
Per quanto riguarda l’accesso alle forniture hardware occidentali la situazione
è più complessa. La Russia ha ormai intrecciato relazioni con alcuni fornitori cinesi
e stabilito canali alternativi per l’importazione di determinate componenti elettro-
niche. L’esperienza di altri paesi sottoposti a forti sanzioni, come l’Iran e la Corea
del Nord, dimostra che in simili situazioni è possibile procedere con lo sviluppo
autonomo di tecnologie informatiche, compreso il settore dell’intelligenza artifcia-
le (l’Iran sta producendo supercomputer, ad esempio); tuttavia, è un processo più
lento e costoso. La Russia cerca di superare le attuali limitazioni espandendo con-
temporaneamente la cooperazione con la Cina e aumentando i propri investimen-
ti nell’industria elettronica nazionale (anche se quest’ultimo aspetto può portare
risultati soltanto nel lungo termine).
Essendo un paese relativamente piccolo in termini di popolazione ed econo-
mia, la Russia è vittima di due ostacoli principali nello sviluppo dell’Ai: una limita-
ta capacità del mercato interno (anche se si includono i mercati dell’Unione Eco-
nomica Eurasiatica) e una ridotta quantità di dati disponibili. Il governo russo sta
cercando di superare questi problemi sostenendo le aziende nazionali di intelligen-
za artifciale e mettendo a disposizione i dati di proprietà del governo in modo che
possano essere utilizzati al meglio per sviluppare le tecnologie necessarie. Tuttavia,
è chiaro che con l’attuale collasso delle relazioni con l’Occidente il progresso in
questo settore chiave non sarà possibile senza lo sviluppo della cooperazione con
tutti i paesi non occidentali pronti a collaborare con la Russia, in primo luogo la
Cina. Le aziende cinesi attive nel campo dell’Ai hanno espresso interesse per una
cooperazione di questo tipo in passato: nel 2019 Huawei ha acquistato lo svilup-
patore russo di tecnologie di riconoscimento facciale Eagle Softlab 14. In seguito la
cooperazione è stata rallentata dall’epidemia di Covid-19, dall’interruzione dei viag-

14. E. KASMI, «Huawei kupila rossijskogo razrabot0ika sistem rasnoznavanija lic» («Huawei ha acquista-
to lo sviluppatore russo di sistemi di riconoscimento facciale»), cnews.ru, 3/6/2019. 169
IN RUSSIA L’AI SEGNA IL PASSO

gi di lavoro e infne dallo shock causato dalla guerra in Ucraina. Tuttavia, l’interes-
se permane e la cooperazione è tema di discussione tra le autorità.
Visto il crescente numero di aziende cinesi di intelligenza artifciale sottoposte
a sanzioni statunitensi (e il fatto che esse non hanno nulla da perdere dalla coope-
razione con la Russia) e considerato il previsto allentamento delle limitazioni an-
ti-Covid in Cina, possiamo aspettarci un rapido progresso della cooperazione rus-
so-cinese nel 2023. Essendo la Cina il principale mercato esterno dell’industria Ai,
nonché l’unica fonte signifcativa di hardware e tecnologia, Mosca dovrà affrontare Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

importanti sfde per conservare la propria indipendenza in questo settore industria-


le. Attualmente in Russia si stanno compiendo notevoli sforzi per studiare e analiz-
zare i programmi di sviluppo dell’intelligenza artifciale cinese, la struttura e lo
stato delle industrie interessate, al fne di trovare il modo di cooperare al meglio.
Allo stesso tempo, le aziende russe cercheranno probabilmente di preservare per
quanto possibile i legami con l’Occidente, operando attraverso i propri alleati
dell’Unione Economica Eurasiatica e altri paesi amici. La Russia cercherà di sfrutta-
re appieno le opportunità di cooperazione con paesi come l’India e gli Stati mem-
bri dell’Asean. Grazie alla combinazione di sviluppo interno, sostituzione delle
importazioni, cooperazione con Pechino e altri paesi asiatici e conservazione di
alcuni legami con l’Occidente, Mosca cercherà di dare alla propria industria dell’in-
telligenza artifciale una forma effcace e dinamica.
Al momento non è chiaro in che misura tali speranze si realizzeranno. Molto
dipenderà dalla durata e dall’esito della guerra in Ucraina, oltre che da alcuni fat-
tori su cui Mosca non ha alcun controllo, come lo stato delle relazioni delle princi-
pali potenze non occidentali (Cina e India) con gli Stati Uniti e, di conseguenza, il
loro interesse a cooperare con la Russia. Il confitto ucraino pare essere un impor-
tante fattore catalizzatore per gli investimenti nell’Ai in ambito militare a livello
mondiale. L’uso su larga scala di piccoli droni e di munizioni circuitanti è una
delle caratteristiche distintive di questa guerra, che può portare a un crescente in-
teresse per i sistemi autonomi e la swarm intelligence. Inoltre, si assiste a una co-
stante richiesta di un’elaborazione rapida delle informazioni per consentire un uso
effcace dei sistemi di attacco a lungo raggio. Nel caso in cui la guerra duri a lungo,
la Russia potrebbe concentrare gran parte delle risorse disponibili nel settore della
Difesa, a scapito di alcuni dei progetti civili più costosi e di alto proflo.

(traduzione di Martina Napolitano)

170
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

AI, ELISIR
DI GIOVINEZZA
NIPPONICO di Stephen R. NAGY
Il Giappone vuole usare l’intelligenza artificiale per vincere
sfide incombenti: sicurezza economica, instabilità regionale, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ambiente. Soprattutto una senescenza che drena energie e risorse,


infragilendo il paese. Il dilemma del dato. Il nodo burocratico.

1. C OME SCRIVE KAI-FU LEE NEL SUO LIBRO


AI Superpowers, per la Cina l’intelligenza artifciale (Ai) è diventata strategica non
solo sul piano domestico, ma anche in politica estera e nella competizione strate-
gica con gli Stati Uniti. Per il Giappone vale altrettanto. Nell’aprile 2022 il ministero
della Scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione ha pubblicato la Strategia per
l’intelligenza artifciale 2022. Il documento punta a far sì che attraverso l’Ai la so-
cietà giapponese possa affrontare le sfde globali, regionali e nazionali per cui gli
attuali leader nipponici non sembrano avere soluzioni.
Attraverso l’intelligenza artifciale T§ky§ mira nientemeno che a creare una
società 5.0 per contribuire a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’O-
nu basati sui princìpi di dignità umana, diversità e sostenibilità. A tal fne, la strate-
gia identifca cinque ambiti d’azione: risorse umane, competitività industriale, po-
tenziamento dei sistemi tecnologici, cooperazione internazionale e risposta alle
crisi incombenti. Il governo identifca questi obiettivi come cruciali per un paese
intrinsecamente vulnerabile in quanto soggetto a disastri naturali, come il terremo-
to e il conseguente tsunami del marzo 2011. Anche le epidemie, come quella di
Covid-19, sono indicate come esempio di possibile applicazione dell’Ai per svilup-
pare vaccini, terapie e strategie di tracciamento dei contagi.
Per il Giappone, dunque, l’intelligenza artifciale è strettamente connessa al
concetto di sicurezza economica. Approccio che fa dipendere la sicurezza nazio-
nale dalle capacità del paese di condurre un commercio sostenibile, solido e pro-
tetto da comportamenti ricattatori come le ritorsioni sulle fliere produttive e sulla
fornitura di terre e metalli rari, ovvero i monopoli sulle stesse. Risorse considerevo-
li sono state destinate allo sviluppo di computer quantici, Ai e biotecnologie: cam-
pi giudicati strettamente interconnessi, pertanto non separabili.
Il calcolo quantico fornisce la capacità computazionale necessaria a sviluppare
nuove strategie e nuovi percorsi nel campo delle biotecnologie, rivoluzionando tra
171
AI, ELISIR DI GIOVINEZZA NIPPONICO

l’altro il modo in cui creiamo i farmaci, progettiamo nuovi biomateriali, pratichiamo


l’agricoltura. L’intelligenza artifciale punta a consentire una nuova, diversa com-
prensione dei problemi, cercando soluzioni innovative alle sfde presenti e future
che il Giappone fronteggia. Per questo nella strategia giapponese l’Ai deve inclu-
dere l’istruzione, come evidenzia il lancio del Mathematics Data Science and AI
Education Certifcate: un programma fnalizzato ad aumentare l’alfabetizzazione
informatica generale e a creare nuove leve che contribuiscano allo sviluppo dell’in-
telligenza artifciale, a livello nazionale e nell’ambito di cooperazioni transnaziona- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

li. Per capire il tipo di «rivoluzione» che il Giappone ha in mente con riferimento
all’Ai si guardi a come, specie negli ultimi vent’anni del secolo scorso, l’industria
giapponese ha trasformato il mondo dei videogiochi.
T§ky§ ha poi creato l’Artifcial Intelligence Research and Development
Network, il cui scopo è lavorare con paesi come il Canada, gli Stati Uniti o i partner
europei per sviluppare una visione comune dell’intelligenza artifciale, applicazioni
condivise e norme vincolanti. Queste ultime sono fondamentali: il Giappone è
fermamente convinto che l’Ai vada regolamentata, onde evitare forme d’intrusione
nella privacy e nelle libertà individuali incompatibili con i regimi democratici. Il
governo giapponese ritiene infatti che accanto alla tutela della sicurezza nazionale,
scopo fondamentale dell’Ai debba essere la difesa della democrazia.
Quest’approccio si pone in netto contrasto con quello della Cina, dove l’Ai e
altre forme di monitoraggio di massa sono al servizio di uno Stato tecnocratico e
autoritario, che sorveglia i propri cittadini premiandone conformismo, obbedienza,
sottomissione. Emblematico il sistema di crediti sociali basato sul modo in cui i
cittadini cinesi usano l’applicazione WeChat per moltissime funzioni, incluse le
transazioni commerciali e le interazioni con la pubblica amministrazione.

2. A livello interno, il Giappone continua a vedere l’Ai come strumento utile


per affrontare le sfde demografche, urbane, sociali, economiche, sanitarie, infra-
strutturali, naturali, ecologiche e d’altro tipo. In quest’ambito l’intelligenza artifcia-
le dovrebbe servire a digitalizzare gran parte delle informazioni in mano alle istitu-
zioni pubbliche per renderle più veloci e reattive, nonché a rafforzare le reti di
cooperazione internazionale cui il paese si appoggia.
L’Ai è giudicata cruciale da T§ky§ anche per fronteggiare le sfde del cam-
biamento climatico, comprese la sicurezza alimentare e quella energetica, per
migliorare l’accesso alla sanità e all’istruzione, per risolvere o quantomeno alle-
viare il problema dei rifuti con lo sviluppo dell’economia circolare. Da qui un’i-
niziativa come Explainable AI, mirante a far sì che le piattaforme di intelligenza
artifciale siano robuste ma accessibili al cittadino medio. Il rapido invecchiamen-
to della popolazione giapponese rende infatti l’accesso a queste tecnologie un
problema serissimo. Lo si è visto con il Covid-19, quando molti anziani hanno
faticato a prenotare le vaccinazioni online. Ciò spiega in parte perché diverse
amministrazioni pubbliche tardino a digitalizzare completamente le loro intera-
172 zioni con l’utenza.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Ogni ulteriore tappa nella digitalizzazione del paese dovrà pertanto essere
intrapresa (ri)pensando al modo più adeguato di applicare una data Ai nel contesto
sociale. Ci si dovrà chiedere se il sostituto digitale funzionerà, se le varie fgure
professionali – ingegneri, maestri, medici, programmatori, impiegati – comprenda-
no appieno il sistema e come lo useranno. Il principio di fondo è che l’Ai deve
lavorare per le persone, non per il governo: questa la stella polare della futura di-
gitalizzazione nazionale, affnché sia compatibile con la democrazia, lo Stato di
diritto e la trasparenza. Data la forte inclinazione culturale dei giapponesi alla riser-
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

vatezza, l’Ai non prenderà piede se sarà troppo invasiva.


I dati sono un altro aspetto nodale del modo in cui il Giappone pensa l’intelli-
genza artifciale. Come usare l’Ai per massimizzare l’informazione esistente nella
società assicurando al contempo che l’uso dei dati mantenga una base legale e ri-
spetti i diritti individuali? Qual è, in una società altamente digitalizzata, l’«impronta
governativa» giusta e accettabile? Nel tentare di rispondere a tali quesiti, il governo
giapponese persegue al contempo quattro differenti approcci.
Il primo consiste nel migliorare qualità e affdabilità dei sistemi d’intelligenza
artifciale in funzioni di pubblica utilità come l’istruzione, la diagnostica medica e
la sanità in generale. Il secondo punta a integrare le risorse umane con l’Ai, non a
far sì che quest’ultima sostituisca le prime: malgrado i problemi demografci del
Giappone, c’è e ci deve essere posto per le persone nell’economia. Il punto è qua-
le debba essere l’equilibrio tra le due componenti. Il terzo approccio mira a miglio-
rare quantità e qualità dei dati a sostegno dei sistemi d’intelligenza artifciale, per-
ché in presenza di dati imprecisi e fuorvianti gli effetti moltiplicativi dell’Ai diven-
gono perniciosi, con esiti diametralmente opposti a quelli auspicati. Quarto, la
promozione dell’Ai nella burocrazia pubblica che in Giappone è elefantiaca e,
paradossalmente per un paese così avanzato, lavora ancora in gran parte su carta.
La digitalizzazione spinta delle funzioni pubbliche può diminuirne i costi e aumen-
tarne l’effcienza, consentendo di dirottare i risparmi verso altri settori fondamenta-
li come sanità, pensioni, ambiente.
Un concetto chiave che il Giappone associa all’Ai è quello della resilienza, dive-
nuto molto popolare sull’onda del Covid-19. Politici e cittadini hanno visto l’econo-
mia nazionale messa duramente alla prova dalla perturbazione delle fliere produtti-
ve connesse alla Cina, epicentro dell’epidemia; dopo la prima fase hanno visto
all’opera la geopolitica, con la corsa al vaccino e la «diplomazia dell’aiuto medico».
Per un’economia manifatturiera povera di materie prime e con una popolazione
infragilita dall’invecchiamento, l’Ai è anche una grande opportunità per rendere più
forti, tenaci, resistenti – resilienti, appunto – i processi industriali e le fliere econo-
mico-commerciali da cui dipendono sopravvivenza e benessere dei giapponesi.
Il Giappone vede altresì nell’Ai uno strumento per promuovere lo strategico
settore della ricerca e sviluppo, accrescendone il contributo al benessere sociale.
Che si tratti di migliorare le previsioni del meteo, dei terremoti e delle alluvioni o
di meglio proteggere le infrastrutture critiche da attacchi informatici nordcoreani,
le potenzialità sono molteplici. 173
AI, ELISIR DI GIOVINEZZA NIPPONICO

3. In Giappone, come altrove nel mondo, «intelligenza artifciale» è concetto


molto in voga. Ma più che altrove, qui le possibili ricadute positive dell’applicazio-
ne ragionata e massiccia di tali sistemi sono enormi. Con una popolazione che per
effetto della denatalità nel 2050 conterà 30 milioni di anime in meno, un’economia
conseguentemente minore in termini di pil e minacce geopolitiche crescenti (dalla
Cina alla Corea del Nord, passando per la Russia), l’Ai è strumento che T§ky§ in-
tende sfruttare al massimo. Anche limitandosi al solo ambito economico, la cre-
scente sproporzione tra pensionati e contribuenti obbliga a potenziare lo Stato Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sociale, razionalizzandone le risorse: ambito in cui i sistemi d’intelligenza artifciale


promettono molto.
Non è però un esercizio solipsistico. Il governo giapponese sa bene che rag-
giungere questi scopi richiede la collaborazione con paesi tecnologicamente avan-
zati, di simili vedute e analoga affdabilità democratica per coniugare la pervasività
dell’Ai con il rispetto di libertà e diritti individuali. Il Quad (Dialogo quadrilaterale
di sicurezza con Stati Uniti, Australia e India), l’Aukus (il patto di sicurezza tra Au-
stralia, Regno Unito e Stati Uniti), la Cornice economica per l’Indo-Pacifco (Ipef),
la Comprehensive and Progressive Transpacifc Partnership (Cptpp) e i convegni
multilaterali in feri come il Data Free Flow with Trust (Dfft) sono potenziali ambi-
ti in cui perseguire la cooperazione e la normazione in tema di Ai, contribuendo a
plasmare il modo in cui questi sistemi si evolvono e vengono usati.
Il Quad può farlo con gruppi di lavoro ad hoc allargabili a paesi affni, l’Aukus
già ha fori specifci sull’intelligenza artifciale, i computer quantici e altre tematiche
dove il Giappone può inserirsi creando massa critica nell’ambito tecnologico e in
quello normativo. L’Ipef con i suoi requisiti e la Cpttp con i suoi capitoli digitali
possono essere utili a stabilire standard sull’Ai da incorporare nei trattati commer-
ciali esistenti. Con la verosimile aggiunta di locomotive tecnologiche quali il Regno
Unito e la Corea del Sud, queste istituzioni appaiono contesti naturali dove il Giap-
pone possa investire per sviluppare le proprie applicazioni d’intelligenza artifciale
e promuovere la cooperazione in materia. Idem dicasi per la Dfft, proposta nel
2020 al G20 di †saka.
Proponendo standard tecnologici e normativi comuni per lavorare con altri pa-
esi sull’intelligenza artifciale e sugli altri domini digitali, il Giappone può concorrere
a defnire queste frontiere in funzione del proprio interesse nazionale ma anche dei
suoi princìpi e valori. Il tutto nell’ottica di un Indo-Pacifco libero e aperto e dei va-
lori democratici postbellici, che lo allineano saldamente alle altre grandi democrazie.

(traduzione di Fabrizio Maronta)

174
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

L’INDIA SARÀ UNITA


DALL’ALTA TECNOLOGIA
O RESTERÀ MOSAICO DI MURO
di Lorenzo

Nei piani di Delhi l’intelligenza artificiale è il vettore della strategia


di unificazione nazionale del gigante in cerca di identità. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Obiettivo primario: non soccombere di fronte alla Cina. Fra un


decennio quella indiana sarà la terza economia del pianeta.

1. L’ ASCESA DELL’INDIA A GRANDE POTENZA


dipende dal suo sviluppo tecnologico. L’intelligenza artifciale (Ai) può alterare i
rapporti di forza economici e militari tra i pesi massimi della geopolitica mondiale.
E può contribuire decisivamente alla partita che il governo del Partito del popolo
indiano (Bjp) guidato da Narendra Modi sta giocando sul piano domestico per
compattare le nazioni dell’Unione. Malgrado disponibilità e asset diversi da quelli
di Usa e Cina, l’India si sta attrezzando per partecipare alla quarta rivoluzione in-
dustriale e per evitare una colonizzazione tecnologica o di «essere soverchiata da
altre potenze», come ha ammonito il ministro della Difesa Rajnath Singh.
Dalla prospettiva di Delhi, l’intelligenza artifciale rileva quantomeno sotto tre
profli. Primo, quello economico, disegno volto a rendere l’India un polo manifat-
turiero globale (Make in India) integrato nelle catene globali del valore e a raggiun-
gere una relativa autosuffcienza (Atmanirbhar Bharat), catalizzando lo sviluppo
interno. Secondo, quello bellico, onde evitare l’esclusione dalla terza rivoluzione
negli affari militari mentre il vicino cinese è all’avanguardia nel settore e sempre più
assertivo lungo i confni contesi e nell’Indo-Pacifco. Terzo, quello del soft power, in
linea con l’obiettivo di ergersi a referente del Sud del mondo, anzitutto del proprio
intorno strategico oggetto della pressione economico-militare della Cina.
Dopo aver assunto la presidenza del G20, Modi ha ribadito che il prossimo
venticinquennio sarà determinante per la traiettoria nazionale. Richiamando l’Ar-
mat Kaal, che nell’astrologia vedica indica la congiuntura propizia per l’avvio di
nuovi percorsi, ha vagheggiato una fase di progresso e di gloria, in cui il paese
dovrà guidare e «deliziare» il mondo sul piano tecnologico diventando «hub globa-
le dell’Ai». Nei termini del ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar, la tecno-
logia non è mai «agnostica»: è strumento utile alla costruzione di un ordine multi-
polare che serva l’agognata «autonomia strategica» indiana. 175
L’INDIA SARÀ UNITA DALL’ALTA TECNOLOGIA O RESTERÀ MOSAICO

Il governo indiano punta a capitalizzare i progressi delle nazioni più avanzate,


innanzitutto tramite la convergenza con gli Usa in funzione anticinese, ma anche
con i sodali del Quad tra i quali spicca il Giappone. Si dota di un apparato istitu-
zionale che indirizzi e coordini i lavori. Lancia programmi di incentivi, investimen-
ti e sgravi fscali. Crea o aggiorna corsi di insegnamento specialistico. Ammoderna
le sue infrastrutture critiche. Aderisce come membro fondatore alla occidentale
Global Partnership on Ai. E proftta di contingenze come l’epidemia di coronavirus.
Sicché dalla diffusione dei contagi l’India è il paese che nel 2020 più di ogni altro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

(45%) accelera l’adozione di sistemi con tecnologia Ai, seguita da Usa, Regno Uni-
to e Giappone. Nelle stime, il comparto Ai peserà per il 10% quando il pil indiano
toccherà cifra 5 trilioni.
L’intelligenza artifciale sconta i limiti strutturali di un paese segnato dalla fram-
mentazione, culturale quanto tecnologica. Ma al contempo si presta alla risoluzio-
ne di faglie che ne minano la compiutezza. La spinta del Bjp verso un’identità pa-
nindiana fondata sul nazionalismo indù non può prescindere dallo sviluppo socio-
economico né dalla creazione di registri su scala nazionale. L’Ai sta fornendo solu-
zioni pratiche, ad esempio in campo sanitario, considerato che il paese conta 64
medici (la media mondiale è 150) ogni 100 mila cittadini e che a farne le spese è
l’assistenza primaria nei centri rurali, dove risiede il 60% degli indiani.
Sul piano identitario, l’intelligenza artifciale offre una sponda alla narrazione
del Bjp sulla continuità storica della civiltà indù, sedicente precorritrice di invenzio-
ni quali Internet, robot, navi spaziali, vettori missilistici e di discipline come la ge-
netica e la fsica moderna. Nei circoli hindutva l’Ai viene descritta come prova
della superiorità della civiltà induista, quindi indiana, alla luce dei racconti di carri
volanti, automi umanoidi, macchine gigantesche dalle capacità sovraumane narra-
ti in testi epici quali Mahabharata, Ramayana, Kathasaritsagara e Harivamsa.
Modi ha stabilito che «l’evoluzione della tecnologia deve essere incardinata
nell’etica di Sabka Saath (Supporto di tutti), Sabka Vikas (Sviluppo per tutti), Sabka
Prayas (Sforzo di tutti)». Tradotto: il risorgimento dell’India passa per il progresso
tecnologico e per la sua unità. Ossia per la crescita socioeconomica e per l’affer-
mazione di un’identità nazionale in cui «l’unica casta è l’indianità, l’unica religione
è il dharma del servizio e del dovere, l’unico Dio è Madre India».

2. Lo sviluppo tecnologico ed economico è uno degli assi portanti della stra-


tegia di risorgimento nazionale indiana. Obiettivo di cui sono funzione sia il rinsal-
damento dei rapporti con l’America e i suoi alleati sia l’acquisto massiccio di petro-
lio e altre materie prime a prezzi scontati dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
Secondo istituzioni e consessi quali Morgan Stanley, Standard and Poor’s, Fmi
e Wef, l’India sarà la terza economia e il terzo mercato azionario nel prossimo de-
cennio. Modi ha annunciato trionfalmente che nel 2022 l’Unione ha scalzato il suo
ex dominus coloniale britannico dalla quinta posizione, dopo averne scalate cinque
in otto anni. In linea con la proiezione dell’Fmi che la vede sopravanzare Berlino e
176 tallonare T§ky§ nel prossimo quinquennio. Delhi ha anche dichiarato che quest’an-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

no verrà registrato un ulteriore record in termini di investimenti diretti esteri inca-


merati, che supereranno i 100 miliardi di dollari. In questa cornice, il ministro del
Commercio e dell’Industria Piyush Goyal assicura che la «giustapposizione fra il
programma Make in India e il progresso tecnologico nell’Ai» coadiuverà l’obiettivo
di diventare «nazione sviluppata» entro il centenario dell’indipendenza, nel 2047. La
stima è che almeno 450 miliardi e 20 milioni di posti di lavoro verranno aggiunti al
pil indiano dal comparto dell’intelligenza artifciale al 2025, il doppio entro il 2035.
La china da risalire è lunga. Ma Delhi conta di fare perno sui sottostanti che le
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

hanno permesso la straordinaria crescita dell’ultimo ventennio. Per incrementare la


sua competitività internazionale e alimentare lo sviluppo domestico, per affermarsi
come leader del Sud del mondo. In tal senso il premier indiano ha dichiarato che
la tecnologia era «vista come dominio esclusivo. Ma l’India ha mostrato come de-
mocraticizzarla (…) come darle un tocco umano». Tanto che negli ultimi otto anni
il paese è avanzato di 40 posizioni nel Global Innovation Index. Modi ama ricor-
dare che nel 2015, anno successivo al suo insediamento, esistevano due sole fab-
briche direttamente coinvolte nella produzione di telefoni cellulari; oggi sono più
di 200 e l’India è la seconda potenza manifatturiera nel settore.
Quanto alle tecnologie emergenti, stando all’ultimo rapporto della Brookings
Institution sull’intelligenza artifciale l’India è settima in termini di investimenti,
avanzamento tecnologico e adozione. E nei prossimi anni è destinata a distanziare
ulteriormente Canada, Corea del Sud e Italia agganciando il quartetto formato da
Regno Unito, Giappone, Francia e Germania che insegue a distanza Usa e Cina.
Stando agli studi prodotti dall’Università di Oxford e dalla società di consulenza
americana Bain & Company, l’India è peraltro terza come fucina di talenti (16% del
totale), per numero di unicorni (start-up del valore di almeno un miliardo di dolla-
ri) e per pubblicazioni scientifche. Nel 2021 ha anche raggiunto l’ottava posizione
per numero di brevetti, risultato notevole tenuto conto che erano zero prima del
2002 e che il 94% di quelli rilasciati dal 2011 è storia degli ultimi cinque anni.
Hanno funto da apripista comparti digitalizzati quali Information Technology
(It) – in cui l’India è leader – servizi fnanziari, telecomunicazioni, media. E oggi il
governo indiano sta usando l’Ai per «ridefnire il modo in cui lavora» introducendo-
la nei settori della logistica (Unifed Logistics Interface Platform) e delle infrastrut-
ture (Pm Gatishakti National Master Plan), nell’e-commerce (Ondc) e nel sistema
di welfare, per esempio nella distribuzione di beni alimentari a 800 milioni di
persone in tempi di epidemia (Pradhan Mantri Garib Kalyan Anna Yojana). Altre
applicazioni sono in via di implementazione a livello di Stati – il Telangana e l’An-
dhra Pradesh l’hanno integrata nel sistema pensionistico. Il mercato dell’intelligen-
za artifciale indiano, calcola l’International Data Corporation, valeva tre miliardi di
dollari nel 2020, quattro nel 2021 e dovrebbe sforare i sette nel 2025. Facendo
registrare il secondo tasso di crescita fra le principali economie dopo quella cinese.
La strategia nazionale «Ai for All» pubblicata nel 2018 dal think thank governa-
tivo Niti Aayog identifca tre declinazioni dell’intelligenza artifciale, tutte nodali per
l’agenda geopolitica del Bjp. Prima, quella economica, con un contributo alla cre- 177
L’INDIA SARÀ UNITA DALL’ALTA TECNOLOGIA O RESTERÀ MOSAICO

scita del pil nell’ordine dell’1,3% annuo entro il 2035. Seconda, quella relativa allo
sviluppo e all’inclusione sociale. Specie nel settore della sanità (aumentandone la
copertura anzitutto nelle campagne), dell’istruzione (a fronte della grande eteroge-
neità linguistica), dell’agricoltura, della mobilità e delle smart cities (la popolazione
urbana ammontava al 31% nel 2011, è oltre il 40% oggi e dovrebbe raggiungere il
60% nel 2050). Terza, come modello di sviluppo per le economie emergenti, a
partire da quelle del Sud-Est asiatico e dell’Africa.
L’India sta recuperando terreno. Ne è dimostrazione la parabola dello schema Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Start-up India, che si traduce in semplifcazione normativa, raccordo fra mondo


imprenditoriale e accademico, offerta di incentivi e sgravi fscali – in alcuni casi
concernenti brevetti su big data e Ai fno all’80%. I dati forniti dal ministero del
Commercio e dell’Industria confermano che con tale l’iniziativa si è passati da 471
start-up nel 2016 a oltre 72 mila nel 2022, di cui attualmente 4.500 attive nel setto-
re delle tecnologie emergenti (Internet delle cose, robotica, Ai, blockchain eccete-
ra). Sono poi stati creati 26 centri di eccellenza sparsi sul territorio nazionale che
coinvolgono governo federale, autorità statali e locali, industria e accademia. Non-
ché corsi di studio specialistici, sia in ambito civile sia militare, come quello dell’All
India Council for Technical Education dedicato alla manifattura di chip e nello
specifco al design e alla produzione di Vlsi. Mossa concordata con multinazionali
interessate a investire in India, specie per quanto riguarda fliere strategiche come
quella dei semiconduttori. Le farraginose ma costanti riforme stanno dando i loro
frutti: l’azienda taiwanese leader globale di settore Foxconn ha recentemente an-
nunciato di concerto con l’indiana Vedanta un investimento di 20 miliardi di dolla-
ri per aprire il primo stabilimento di semiconduttori in India (Gujarat).

3. La corsa indiana all’Ai è strettamente legata al molto scaleno triangolo stra-


tegico che Delhi informa con Washington e Pechino. Principale minaccia per ame-
ricani e indiani, la Cina è percepita da questi ultimi come intenta a proiettarsi
sempre più aggressivamente lungo gli oltre tremila chilometri di confni contesi e
le rotte marittime che collegano l’Asia orientale al Mediterraneo via Indo-Pacifco.
Forse lo scenario non sarà quello catastrofco descritto in The Last War (2022),
dove Pravin Sawhney raffgura la Repubblica Popolare Cinese come capace in 72
ore di rendere inoperative le Forze armate indiane e in dieci giorni di prendere il
controllo del Ladakh o dell’Arunachal Pradesh grazie alla sua superiorità tecnolo-
gico-militare – quanto ci si attendeva dalla Federazione Russa in Ucraina. Ma se la
paura è sprone dell’agire umano, l’ascesa (anche) tecnologica di Pechino è uno dei
fattori fondamentali che hanno indotto l’India all’abbrivio sul piano dell’integrazio-
ne militare dell’intelligenza artifciale. Per questo il ministro della Difesa indiano
Singh asserisce che Delhi vede il mondo come una famiglia (Vasudhaiva Kutum-
bakam) ma deve «sviluppare l’Ai affnché nessun paese possa anche soltanto pen-
sare di dominarci».
L’India è consapevole del ritardo accumulato nei confronti della Cina, con il
178 suo pluridecennale focus sulla guerra informatizzata e «intelligente», concetto intro-
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

dotto dopo la guerra del Golfo e aggiornato negli ultimi vent’anni con l’ingloba-
mento di Ai, machine learning, sistemi d’arma letali autonomi (Laws), robotica,
guerra cibernetica e così via. Inoltre ha sviluppato una pericolosa dipendenza
dall’hardware elettronico cinese, oltre che dalle piattaforme digitali e dagli investi-
menti americani.
Il senso di urgenza è stato reso nel 2019 dall’allora capo di Stato maggiore
dell’Esercito Bipin Rawat, il quale ha ammonito che «o incorporiamo l’Ai nelle For-
ze armate al più presto o sarà troppo tardi». Urgenza esacerbata dagli scontri di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

confne con la Cina nel Ladakh orientale a metà 2020, che nel bel mezzo dell’epi-
demia di Covid mietono vittime per la prima volta in quarant’anni e sottraggono al
pattugliamento indiano località strategiche. E comprovata, qualora ce ne fosse bi-
sogno, dalle nuove schermaglie di inizio dicembre 2022 nei pressi di Tawang, città
sacra per il buddhismo nell’Arunachal Pradesh – il «Tibet meridionale» rivendicato
da Pechino – e occupata dai cinesi nel corso della guerra del 1962 prima che il Pcc
ordinasse il ritiro fno alla Linea McMahon.
La Cina, unico membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che si opponga
all’assegnazione di un seggio permanente a Delhi, spende per la Difesa quattro
volte più dell’India. E oltre a vantare un ascendente senza paragoni sul nemico
pakistano e a riarmare pesantemente ha costruito infrastrutture a uso duale (avam-
posti militari, strade, insediamenti civili) alle frontiere. Con l’obiettivo, accusa Delhi,
di alterare lo status quo sulla scorta di quanto avvenuto nel Mar Cinese Meridiona-
le. Non è un caso che l’Arunachal Pradesh sia oggetto di un progetto infrastruttu-
rale, cui nel novembre scorso Modi ha destinato nuovi investimenti, volto a miglio-
rarne la mobilità e i collegamenti con il resto del paese. Né che proprio nello Stato
dell’India settentrionale sia stato irrobustito il dispositivo militare indiano, siano
stati dislocati (in 140 punti) sistemi con tecnologia Ai che includono sensori, tele-
camere con riconoscimento facciale, raccolta e analisi dati da droni e radar e che
siano in programma i primi test dei veicoli terrestri sviluppati e prodotti in India
integrati dall’intelligenza artifciale.
L’India non intende fare il passo più lungo della gamba. Per questo anche in
ambito di Ai adotta strategie diverse da quelle di Pechino (o Washington) e mira
ad acquisire le capacità di base per evitare di essere sopraffatta, a partire dalla si-
curezza dei confni e dall’intelligence. Tanto da proporsi quale «garage globale
dell’Ai». Come ha ammesso la scorsa estate il vicecapo dell’Esercito Shantanu Dayal,
«ciò che abbiamo realizzato fnora sono i rudimenti, la base rispetto alle applicazio-
ni potenziali dell’Ai».
La celerità e l’effcacia del raccordo istituzionale-industriale-accademico sono
tuttavia agli antipodi del modus operandi dell’India. Nel 2018 viene creata una task
force presso il dicastero della Difesa che in tre mesi redige le linee guida per inte-
grare l’Ai nel comparto militare. L’anno successivo vengono istituiti il Consiglio
della Difesa per l’Ai (Daic) e l’Agenzia della Difesa per i progetti Ai (Daipa). E nel
2022 si svolge il primo simposio nazionale «Artifcial Intelligence in Defence», du-
rante il quale viene esibito lo stato dell’arte in fatto di prodotti e tecnologie basati 179
L’INDIA SARÀ UNITA DALL’ALTA TECNOLOGIA O RESTERÀ MOSAICO

sull’intelligenza artifciale. Sono 75 quelli già sviluppati e altri 100 sono attualmente
in cantiere sulla base degli obiettivi specifci decisi dal Daic. Perlopiù riguardano
sistemi senza pilota e robotici, cibersicurezza, analisi comportamentale umana, si-
stemi di monitoraggio, gestione di logistica e catene di rifornimento, analisi vocale,
sistemi di comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza
e ricognizione (C4isr), sistemi di puntamento, robot cacciamine eccetera.
Frattanto l’Esercito ha istituito un centro di ricerca dedicato presso il Military
College for Telecommunication Engineering a Mhow e la Marina presso l’Istituto di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

formazione a Jamnagar, che già ospita un laboratorio di Ai e big data. Senza con-
tare altri poli come quello di Bengaluru sotto il controllo diretto dell’Organizzazio-
ne ricerca e sviluppo della Difesa.
Inoltre, dal 2021 l’India si è concentrata sullo sviluppo di velivoli senza pilota
a tecnologia Ai. Sfruttando ad esempio la cooperazione tra l’israeliana Elbit Systems
e un’azienda indiana di proprietà di Gautam Adani, terzo uomo più ricco al mon-
do, legato al premier Modi. Mentre un accordo simile è stato raggiunto la scorsa
estate col Pentagono, volto allo sviluppo congiunto e alla produzione in India di
armamenti poi esportabili in Asia sud-orientale in funzione anticinese.
Insomma, in termini di applicazione militare dell’intelligenza artifciale, l’India
si sta attrezzando per evitare di trovarsi nella condizione di prendere la mira senza
aver armato.

4. Veniamo ai rapporti con la superpotenza statunitense e i suoi alleati – su


tutti Giappone, Israele, Francia e Regno Unito – il cui rafforzamento è la cifra della
geopolitica indiana del nuovo millennio.
Anche in tema di intelligenza artifciale, la sinergia con gli americani è nevral-
gica, in primis sul piano bilaterale. Ma anche tramite consessi come il Quad, che
raggruppa Usa, India, Giappone e Australia e che vede nel contenimento della
Cina la sua ragion d’essere. Washington è il primo investitore nei mercati dell’Ai dei
membri del quadrilatero, il cui obiettivo è «preservare l’Indo-Pacifco libero e aper-
to», ovvero in cui non sia Pechino a dettare legge. Nel 2021 viene istituito il Gruppo
di lavoro sulle tecnologie critiche ed emergenti – sistemi di comunicazione avan-
zati, semiconduttori, 5G, Ai – e viene diramato un comunicato congiunto che ri-
marca l’esigenza di imperniarle sui valori democratici e sul rispetto dei diritti uma-
ni. Leggi: in antitesi al modello tecno-autoritario cinese.
Sul fronte bilaterale, nel 2020 la Commissione per la sicurezza nazionale
sull’intelligenza artifciale americana raccomanda la creazione di una Alleanza tec-
nologia strategica con l’India (Usista) volta a renderla punta di lancia della proie-
zione statunitense nell’Indo-Pacifco. Nel 2021 viene inaugurata l’Iniziativa india-
no-americana sull’Ai (Usiai). Nel 2022 viene deciso il rafforzamento della collabo-
razione in tema di tecnologie emergenti in seno al vertice 2+2 tra rispettivi ministri
di Esteri e Difesa con l’istituzione del Defense Artifcial Intelligence Dialogue.
Gli Stati Uniti sono il primo investitore nel mercato dell’Ai indiano e il princi-
180 pale riferimento in materia di cooperazione scientifca. Alcuni dei progetti pilota
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

più rilevanti in campo sanitario e agroindustriale sono partecipati da giganti d’Ol-


treoceano quali Microsoft e Ibm. Secondo il Center for Security and Emerging Te-
chnology (Cset) della Georgetown University, della sostanziale crescita (27 miliardi
di dollari) degli investimenti in Ai tra 2010 e 2021 in India sono responsabili anzi-
tutto (20 miliardi) aziende americane. Tra cui spiccano le due operazioni del valo-
re complessivo di 10 miliardi del 2020 a opera di Meta e Google e di cui è stata
benefciaria una sussidiaria della maggiore compagnia privata indiana, la Reliance
Industries, appartenente alla famiglia Ambani, anch’essa vicina a Modi. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

In nuce, come stabilito dal Cset nel 2021, in ragione della sua capacità di ge-
nerare talenti, dell’età media della popolazione (la metà dei suoi cittadini ha meno
di 25 anni), del valore e della progressiva espansione del suo mercato e della ricer-
ca nel campo dell’Ai, l’India è un partner «vitale» per gli Usa nell’Indo-Pacifco.
Valutazione ribadita dal primo direttore del Joint Artifcial Intelligence Center del
Pentagono John Shanahan.
I legami con l’America si giovano anche della copiosa e radicata diaspora in-
diana nel mondo accademico e delle tech companies. Contaminazione emblema-
tizzata da «Raj» Reddy, scienziato indiano-americano, nato nella provincia di Madras
allora britannica (oggi Andhra Pradesh), allievo di John McCarthy e pioniere dell’in-
telligenza artifciale a Stanford e alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, dove nel 1979
diventa direttore del neonato Robotics Institute. Una delle fgure chiave nella crea-
zione della Rajiv Gandhi University of Knowledge Technologies e presidente
dell’International Institute of Information Technology di Hyderabad, primo asiatico
a vincere il Turing Award (1994).
L’America è il principale ma non l’unico interlocutore dell’India, che sta ce-
mentando la collaborazione con gli Occidenti, dalla Germania al Giappone, da
Israele al Regno Unito. Con Londra, ad esempio, nel 2021 è stata siglata un’intesa
che garantisce investimenti per un miliardo di sterline.

5. L’India punta sull’intelligenza artifciale per diventare potenza (non solo)


economica, per mitigare le sue fratture interne, per non soccombere all’assertivo
vicino cinese. E per certi versi la quarta rivoluzione industriale punta sull’India.
Quest’ultima, alla luce della sua eterogeneità culturale e della sua arretratezza strut-
turale mista a punte di eccellenza tecnologica e caratteristiche sociodemografche
uniche, costituisce un banco di prova della capacità dell’Ai di gestire la complessi-
tà. In tal senso, l’India si percepisce e può ergersi a laboratorio globale delle tec-
nologie emergenti facendo perno sui fondamentali consolidati che ne hanno per-
messo lo sviluppo nel nuovo millennio, specie in settori come l’It.
Delhi è consapevole della posta in gioco. Per questo Modi lancia i piani Make
in India e Digital India e insiste sulla pretesa «autosuffcienza» indiana anche in
campo tecnologico. Gli imperativi sono noti: aumento degli investimenti in ricerca
e sviluppo (ancora ben al di sotto della metà della media globale), ulteriore aper-
tura dell’economia, riduzione della dipendenza dalla manifattura elettronica a me-
dio e alto contenuto tecnologico cinese. A seguito degli scontri nel Ladakh orien- 181
L’INDIA SARÀ UNITA DALL’ALTA TECNOLOGIA O RESTERÀ MOSAICO

tale l’India ha operato una stretta contro la penetrazione della Cina nei settori
strategici della propria economia, ma gli indiani diffdano anche degli occidentali.
Costretto a ricordare a inizio dicembre che l’Unione Europea importa più petrolio
russo dei successivi dieci acquirenti, Jaishankar ha affermato che una delle contese
mondiali più aspre riguarda infatti il «ribilanciamento culturale», dunque chi sia ti-
tolato a defnire «cosa è giusto e cosa è sbagliato». Secondo il capo della diplomazia
indiana, Delhi può giocare un «ruolo di ponte» tra le faglie globali Nord-Sud ed
Est-Ovest. Partita in cui sarà dirimente la competizione tecnologica, strumento «di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

espansione dell’infuenza e di dominio». Questione non per il domani ma per l’og-


gi, a cominciare da «dati, chip, Ai e Spazio».
L’India prosegue la sua rincorsa prendendo nota delle lezioni impartite dall’im-
plosione dell’Unione Sovietica, dall’ascesa della Repubblica Popolare e dal confitto
in Ucraina. Mai dissanguarsi su un terreno in cui non c’è sfda, ma adattare la tattica
alle esigenze nazionali e ai tempi che cambiano, profttando delle opportunità offer-
te dalla fuidità geopolitica globale. La precondizione è l’unità dell’Unione. Come
assevera Modi, «nessun obiettivo è precluso» se gli indiani sono una cosa sola.

182
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Parte III
ECHI dalla GUERRA
GRANDE
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

PERCHÉ UN MISSILE RUSSO


È DIVENTATO UCRAINO MUSSETTI di Mirko

La scelta di vestire dei colori di Kiev un ordigno di Mosca caduto


in Polonia conferma che gli Usa non vogliono lo scontro con una Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

potenza atomica. Putin è pronto a lanciare la Bomba se la Crimea


sarà attaccata. La propaganda di Zelens’kyj irrita la Nato.

1. I
L 15 NOVEMBRE 2022 UN MISSILE RUSSO
è caduto su una fattoria di Przewodów, località della Polonia ubicata a soli 6-7
chilometri dal confne con l’Ucraina. Dando adito alla subitanea denuncia delle
responsabilità di Mosca da parte di Kiev, molti osservatori, politici e media occiden-
tali hanno istantaneamente rilanciato la notizia di un attacco diretto e volontario
della Federazione Russa al territorio della Nato. Alimentando così l’ipotesi di una
risposta collettiva anche armata dell’Alleanza Atlantica secondo una lettura estensi-
va dell’articolo 5 del Patto. L’Occidente sarebbe così sceso direttamente in campo
con i propri eserciti al fanco dell’Ucraina nella guerra per procura contro la Russia.
La confusione interna alla Nato è stata prontamente ricomposta a Bali, grazie
a un estemporaneo minivertice dei sette paesi membri presenti al summit del G20
in Indonesia (15-16 novembre 2022) e mediante un rapido giro di telefonate. Ancor
prima delle indagini preliminari, la formula ottimale era pronta e diramata a tutti i
partner: il missile è ucraino, la responsabilità è tutta russa 1. Secondo questa tesi, il
proiettile per la difesa aerea non sarebbe mai stato lanciato da Kiev se Mosca non
avesse sferrato un vasto attacco simultaneo alle sue infrastrutture nevralgiche. La
vestizione con abito ucraino del proiettile russo è stata dunque una scelta pragma-
tica per evitare un confronto frontale tra Nato e Russia.
Ecco perché da Varsavia il presidente del paese leso, Andrzej Duda, ha subi-
to dichiarato che, secondo le prime valutazioni, si è trattato di «uno sfortunato
incidente» 2. Il proiettile che ha ucciso due lavoratori agricoli nel voivodato di Lu-
blino è stato dunque riconosciuto uffcialmente dalla Polonia come ucraino, non
come russo. La tesi del missile d’origine sovietica appartenente alle Forze armate
1. S.M. LEPORE, «“That’s not the evidence”: Biden hits out at Zelensky and sticks by claim that deadly
missiles that landed on Poland were Ukrainian not Russian», Daily Mail, 17/11/2022.
2. «Poland calls missile attack an “unfortunate accident”», Deutsche Welle, 16/11/2022. 185
186
INONDAZIONE DI KHERSON
Inondazione della regione di Kherson durante lo sfondamento
della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka
4,8 m Altezza dell’onda
5 km Larghezza dello sversamento
M14
24,4 km/h Velocità dell’onda OBLAST’ DI KHERSON
2 ore Tempo dallo sfondamento all’allagamento di Kherson
14 ore Tempo d’innalzamento continuo del livello dell’acqua
3 giorni Durata dell’allagamento epr
Dn
M14 me
Fiu
NOVA
M14 KAKHOVKA
PERCHÉ UN MISSILE RUSSO È DIVENTATO UCRAINO

KHERSON
Parco
naturalistico
nazionale
Dn epr Sabbie
i ume di Olesky
F
Mar
Nero

Il fume Dnepr dopo


il cedimento della diga
Il fume Dnepr con
la diga attiva
Acquedotto verso la Crimea
Strade
Aree abitate
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ucraine ricaduto per errore in territorio amico è stata adottata e rilanciata dal di-
partimento di Stato Usa e dal ministero degli Esteri di Mosca, che ha bollato le
affermazioni di Kiev sulla responsabilità russa nell’incidente di Przewodów come
una pericolosa «provocazione». Il Cremlino ha anzi pubblicamente riconosciuto a
Washington di aver trattato la vicenda con calma e professionalità. Stati Uniti e
Russia hanno cooperato a distanza per abbassare le tensioni e ridurre i rischi di
un’espansione incontrollata della guerra. È stato sancito il principio che, in ogni
caso, un incidente minore non può essere foriero di un confitto maggiore, poten- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

zialmente nucleare. Nozione questa che non potrà in alcun modo mancare nell’i-
struzione di una intelligenza artifciale (Ai) operante nella dimensione geopolitica
prima ancora che militare.

2. Sentenziata l’appartenenza del missile di Przewodów ai sistemi terra-aria


S-300 dell’Ucraina, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha inoltre
escluso l’attivazione di una no-fy zone in Ucraina, volta a impedire il sorvolo di
droni e cacciabombardieri russi 3. L’Occidente resta formalmente estraneo a questo
confitto armato, anche e soprattutto per evitare una pericolosa escalation che po-
trebbe condurre al confronto diretto tra le superpotenze nucleari.
Tuttavia qualcosa è cambiato. Le acque si sono calmate, ma il sasso lanciato
nello stagno resterà per sempre invisibile nel suo fondale. L’insistita richiesta di
«agire» contro la Russia rivolta dall’Ucraina ai membri della Nato ha irritato non
poco la Casa Bianca e una parte consistente delle cancellerie occidentali. Il fatto
che il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj abbia rigettato fno all’ultimo mo-
mento la verosimile ipotesi di un errore di lancio o di una sfortunata e tragica de-
viazione del missile intercettore «ucraino» non è stato affatto apprezzato dai gover-
ni che più contribuiscono al sostegno militare al paese invaso. Un virgolettato ap-
parso sul britannico Financial Times 4 evidenzia il nervosismo dei diplomatici eu-
roatlantici: «Sta diventando ridicolo. Gli ucraini stanno distruggendo la nostra fdu-
cia in loro. Nessuno sta incolpando l’Ucraina, eppure stanno apertamente menten-
do. Questo è più distruttivo del missile».
La propaganda di Kiev, in effetti, eccede nel valorizzare le prestazioni delle
proprie Forze armate e nell’ingrandire i difetti e la disorganizzazione dell’esercito
invasore. La bugia più lampante è quella relativa al numero di morti russi sul cam-
po, che lo Stato maggiore ucraino stima al 19 dicembre 2022 in 98.800 uomini 5. Se
100 mila soldati russi fossero davvero stati uccisi, il numero di feriti tra le forze di
invasione si attesterebbe empiricamente a 400 mila, per un totale di mezzo milione
di perdite complessive. Una cifra incredibile, soprattutto se si tiene conto che la
Russia ha scatenato la guerra di conquista territoriale il 24 febbraio 2022 con soli
200 mila uomini. I conti non tornano.

3. Live Updates | Russia-Ukraine-War, Abc News, 16/11/2022.


4. «Ukraine and western allies at odds over missile that exploded in Poland», Financial Times,
16/11/2022.
5. «Russian death toll in Ukraine up to 98,800», Ukrinform, 19/12/2022. 187
PERCHÉ UN MISSILE RUSSO È DIVENTATO UCRAINO

Le false informazioni sono state mal calibrate da Kiev fn da subito, con bollet-
tini di guerra quotidiani troppo ottimistici. Oggi non è più possibile correggere al
ribasso le cifre, poiché sarebbe ammissione di menzogna protratta per mesi; né si
possono rivedere in futuro le perdite giornaliere dei russi, poiché ciò paleserebbe
un calo di prestazione dell’esercito ucraino, minando il morale complessivo delle
truppe, dei civili e dei partner occidentali.
Anche l’effcacia della contraerea ucraina pare assai sovrastimata, consideran-
do i danni che i missili russi stanno infiggendo alla rete elettrica e idrica del pa- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

ese. A ogni salva di missili russi, Kiev annuncia di averne intercettati più di tre
quarti. Questa capacità difensiva dichiarata non collima con la distruzione effetti-
va delle infrastrutture nevralgiche del paese aggredito. La sensazione è che, a
causa dell’elevata saturazione aerea compiuta dai russi anche con economici dro-
ni Geran-2, l’Ucraina stia terminando i missili di origine sovietica per le batterie
S-300, proiettili che Kiev non è in grado di produrre. Di qui l’insistenza delle au-
torità ucraine affnché l’Occidente consegni in comodato d’uso gratuito i propri
sofsticati sistemi per la difesa aerea: Iris-T tedeschi, Patriot americani, Samp/T fran-
co-italiani.
Lo stesso caso di Przewodów viene ora sfruttato da Kiev per domandare un
maggiore contributo occidentale nella difesa dei propri cieli: con una capillare co-
pertura delle batterie terra-aria euroatlantiche, lo «sfortunato incidente» non sarebbe
mai accaduto. Il sollecito ucraino inizia a fare breccia anche nelle capitali più titu-
banti a concedere i propri preziosi sistemi.
Si vocifera che gli Stati Uniti abbiano deciso di inviare batterie Patriot a Kiev,
sebbene la Casa Bianca non abbia ancora confermato l’indiscrezione. Lo stesso
segretario alla Difesa Lloyd Austin, così come l’entourage del presidente Joe Biden,
sarebbe incerto sul piano di addestrare nella base Usa di Grafenwöhr (Germania)
i militari ucraini prima di trasferire le costose batterie nel paese aggredito. È proba-
bile che l’America consegni effettivamente a Kiev i Patriot richiesti, ma in quantità
inferiore alle attese e in tempi non brevissimi. Forse entro il 2024.
Washington è restia a prestare a Kiev i propri sistemi di difesa anti-aerea per
diversi motivi.
Primo, gli Stati Uniti vogliono evitare qualsiasi rischio di confronto diretto tra
Nato e Russia che possa accentuare ulteriormente il piano inclinato verso l’escala-
tion nucleare.
Secondo, agli occhi di buona parte del Pentagono è essenziale consolidare la
difesa del fanco orientale della Nato proprio con i sistemi a stelle e strisce solleci-
tati da Kiev. Prima della difesa attiva dei cieli dell’Ucraina, paese non membro
della Nato, gli Usa dovrebbero completare il rafforzamento della contraerea di
Polonia e Romania, irretendo con un proprio software i paesi euroatlantici della
prima linea antirussa.
Terzo, i ritmi attuali della guerra non permettono la fornitura costante e pro-
lungata nel tempo di costosi proiettili terra-aria, la cui produzione per quanto eff-
188 ciente rimane contenuta.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Quarto, la produzione bellica della principale potenza del pianeta non può es-
sere completamente assorbita dal teatro ucraino, poiché nuove crisi potrebbero
presentarsi in ogni momento in altri emisferi. Le preoccupazioni principali degli
strateghi americani sono rivolte al Mar Cinese Meridionale, dove in un futuro non
lontano potrebbe consumarsi un confronto militare con la Repubblica Popolare Ci-
nese per il controllo di Taiwan, dunque dello Stretto più strategico dell’Indo-Pacifco.
Quinto, le Forze armate di Mosca potrebbero sperimentare sul campo le mo-
dalità con cui annientare le batterie terra-aria di produzione statunitense destinate Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

alla difesa dell’Europa occidentale. Vanifcando dunque gli sforzi americani per
accrescere la sicurezza dei paesi incastonati tra Baltico, Adriatico e Mar Nero.
Sesto, sebbene improbabile, le batterie potrebbero essere catturate dagli inva-
sori e soggette a «ingegneria inversa» da parte del nemico russo. La tutela del know-
how a stelle e strisce è fondamentale soprattutto nell’ambito missilistico, ovvero nel
settore dove la Russia già eccelle. Concedere ulteriori vantaggi non è percepito
alla Casa Bianca come mossa particolarmente acuta.
Settimo, i costosi missili Mim-104 Patriot in servizio dagli anni Ottanta potreb-
bero rivelarsi sul campo di battaglia non necessariamente più performanti di altri
sistemi difensivi più recenti ed economici, rovinando il ricco mercato internaziona-
le del produttore americano Raytheon. È imperativo di ogni potenza non guastare
mai la diplomazia delle armi.
Ecco perché la concessione delle batterie Patriot potrebbe essere soggetta a
numerosi caveat da parte americana, come i luoghi di dispiegamento (lontano dal
fronte) e le regole di ingaggio (non attivazione verso proiettili nemici di scarso
valore).
Le sole voci non confermate di una imminente consegna di missili Patriot a
Kiev hanno generato irritazione a Mosca. La portavoce del ministero degli Esteri
Maria Zakharova è stata alquanto allarmista, incasellando la potenziale azione di
sostegno americano a Kiev come «coinvolgimento diretto dell’esercito statunitense»
nella guerra. La funzionaria moscovita è stata chiara: «Gli americani si sono già resi
parte del confitto sul piano pratico. Tenendo conto della crescente assistenza mi-
litare americana, compresa la presenza di personale militare statunitense sul terri-
torio, il trasferimento di armi così complesse signifcherebbe un maggiore coinvol-
gimento degli Usa nelle ostilità, con tutte le conseguenze che ciò può comporta-
re» 6. Ovvero che membri regolari delle Forze armate statunitensi possano divenire
obiettivi «legittimi» delle offensive aeree russe. Secondo l’ambasciata della Federa-
zione Russa a Washington, il passo della Casa Bianca potrebbe «portare a conse-
guenze imprevedibili», generando «ulteriori rischi per la sicurezza globale» e cau-
sando un «enorme danno alle relazioni russo-americane». Quest’ultimo riferimento
ai rapporti diplomatici è invero un monito a preservare i canali di comunicazione
sotterranea tra le due superpotenze nucleari, indipendentemente dalle proteste/
pretese di Kiev.
6. B. ERUYGUR, «Russia warns US against sending Patriot missile system to Ukraine», Anadolu Agency,
15/12/2022. 189
PERCHÉ UN MISSILE RUSSO È DIVENTATO UCRAINO

3. È ormai chiaro che le Forze armate della Russia continueranno a implemen-


tare la strategia del gelo per tutto l’inverno. Spegnere la luce nel paese aggredito
e togliere il riscaldamento alle case ucraine può essere un modo per forzare alla
trattativa le autorità di Kiev, sebbene queste siano decise a riguadagnare più terre-
no possibile sul campo di battaglia, convinte che gli affanni russi non saranno
superati nemmeno dal prossimo affusso in Ucraina di centinaia di migliaia di
uomini mobilitati con decreto del presidente Vladimir Putin e ora in fase di adde-
stramento intensivo. Il generale Valerij Zalužnij, capo delle Forze armate ucraine, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

è stato assai franco e diretto con il capo di Stato maggiore Usa Mark Milley, che a
seguito della ritirata russa da Kherson aveva sottolineato l’opportunità di avviare
una trattativa per un cessate-il-fuoco: «Lotteremo fnché non avremo più le forze
per farlo. Il nostro obiettivo è liberare l’intero suolo dell’Ucraina. I soldati non
accetteranno negoziazioni, accordi o soluzioni di compromesso» 7. Di fatto acco-
gliendo come verosimili e realizzabili le previsioni del generale statunitense in
congedo Frederick «Ben» Hodges (guerre di Iraq e Afghanistan), che intravede per
l’Ucraina la possibilità di riconquistare addirittura la Crimea entro l’estate del 2023 8,
scenario in realtà assai improbabile. L’invito a trattare della più alta carica militare
Usa con il reale polso della situazione (Milley) è stata snobbata almeno un paio di
volte, mentre l’esortazione alla fulgida azione bellica di un generale in pensione
(Hodges) è stata a più riprese esaltata e corretta solo nella tempistica (in preceden-
za aveva pronosticato l’occupazione/liberazione della Crimea entro la fne del
2022). Segno questo che le autorità di Kiev tendono a sposare di volta in volta le
dichiarazioni più congeniali alla propria propaganda, più che ascoltare i suggeri-
menti dei propri principali interlocutori.
Se l’esercito ucraino conquistasse effettivamente la penisola eusina, con ogni
probabilità Mosca opterebbe per l’impiego della Bomba. L’opzione nucleare è
sempre sul tavolo del Cremlino, sebbene a oggi abbia prevalso la politica dell’im-
pegno limitato voluta dal presidente Putin. Ma la perdita di una regione al con-
tempo tanto simbolica e strategica per la Russia porterebbe all’accantonamento di
qualsiasi remora. Lo sdoganamento del dispositivo atomico in un confitto regio-
nale circoscritto è opzione via via più plausibile. A Mosca si sta radicando l’idea
che in ogni caso l’Occidente non reagirebbe in modo automatico e simmetrico.
L’eventuale risposta della Nato verso la Federazione Russa resterebbe nel perime-
tro delle azioni convenzionali. D’altronde, l’Ucraina non è né membro dell’Alle-
anza Atlantica né major non-Nato ally degli Stati Uniti; dunque nessun automati-
smo è realmente contemplato dalle dottrine strategiche delle potenze nucleari
occidentali. Soprattutto, Washington non metterebbe mai a repentaglio sé stessa
o una capitale europea per vendicare l’incenerimento di una città minore ucraina.
Quale centro urbano dell’Ucraina potrebbe essere preso di mira dalla Russia
qualora il Cremlino decidesse di ricorrere all’arma suprema? Dipende. Una intelli-
genza artifciale incompleta o mal calibrata potrebbe suggerire al comandante in
7. Tweet del comandante in capo delle Forze armate dell’Ucraina, 14/11/2022.
190 8. «Ben Hodges: “I think Ukraine will liberate Crimea in the summer of 2023”», Youtube, 12/12/2022.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

MATRICE GEOPOLITICA

a
arco m teriale
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ECONOMIA STRATEGIA
sfera della sfera dello
EFFICIENZA HARD POWER
INTELLIGENZA
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CULTURA
sfera
SPIRITUALE

Fonte: M.M., La rosa geopolitica, Paesi Edizioni (2021)

capo di colpire laddove l’ordigno farebbe più male, causando maggiore distruzio-
ne e resa del nemico assicurata. Ovvero la capitale Kiev, che oltre a essere sede
dei centri politici e decisionali del paese è anche la città più popolosa. Una Ai
calibrata esclusivamente su parametri militari potrebbe addirittura suggerire di non
rinviare l’azione più truce a stagioni più miti, confdando nel fatto che la «strategia
del gelo» e la rudezza del generale Inverno abbiano costretto gran parte della po-
polazione civile a lasciare le città. Si sa, città vuota uguale obiettivo ideale. Per
causare maggior danno alle infrastrutture ricomprese in un raggio di devastazione
più ampio, l’intelligenza artifciale potrebbe suggerire di far defagrare la bomba
atomica a mezz’aria, anziché a contatto con il terreno. Ma ciò che militarmente
può apparire razionale a una macchina potrebbe non esserlo politicamente per il
decisore umano. 191
PERCHÉ UN MISSILE RUSSO È DIVENTATO UCRAINO

Lo stratega russo, al pari di ogni altro collega assennato, ragiona in modo dif-
ferente, ricercando l’equilibrio ottimale tra hard e soft power, tra effcienza ed eff-
cacia, tra pertinenze materiali e aspetti spirituali. Dunque non relegando tutte le
azioni belliche al solo campo strategico-militare, ma anche tenendo in dovuta con-
siderazione gli aspetti economici e culturali. È molto più probabile che la delinea-
zione dei target nucleari iniziali in Ucraina possa seguire una saggia logica di esclu-
sione. Gli obiettivi della Bomba potrebbero giacere nel cuore nazionalista (cultura-
le) del paese, rimanendo il più distante possibile dai territori occupati dalle Forze Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

armate russe e dalle aree ad alto tasso di russofonia più agevolmente integrabili a
fne confitto. Dovrebbero inoltre non essere troppo a ridosso dei confni dell’unico
Stato satellite della Russia nella regione: la Bielorussia. Il colpo atomico ravvicinato
non potrebbe mai essere accettato da Minsk. Anche per questo la capitale Kiev non
ricadrebbe tra gli obiettivi dei missili a confgurazione nucleare di Mosca. D’altron-
de, per lo stesso Putin sarebbe completamente inaccettabile sotto il proflo identita-
rio colpire il primo nucleo statuale della nazione (Rus’ di Kiev) o la perla «russa» del
Mar Nero (Odessa), voluta dalla grande imperatrice Caterina II.
I capoluoghi papabili dell’Ucraina per subire il primo colpo nucleare russo
sono con ogni probabilità Ivano-Frankivs’k, Ternopil’, Khmel’nyc’kyj o Vinnycja.
Abbastanza a nord da non arrecare un danno irrimediabile alla fascia costiera sul
Mar Nero, reale interesse strategico di Mosca, e abbastanza a sud da non infiggere
un danno considerevole al «cuneo bielorusso» (strategia); suffcientemente lontano
dalle terre più fertili d’Europa sulle sponde del tratto meridionale del grande fume
Dnepr (economia), in modo da preservare gran parte della produzione cerealicola;
decisamente all’interno del cuore nazionalista dell’Ucraina a bassa presenza di rus-
si etnici (cultura).
La diaspora forzata verso ovest degli abitanti dell’Ucraina centro-occidentale
farebbe il gioco di Putin, il quale ancora crede di poter attestare la nuova cortina di
ferro con gli Stati Uniti lungo l’istmo d’Europa, che corrisponde grossolanamente
all’asse Kaliningrad-Tiraspol. La scelta di una di queste città o di altri centri della
Galizia e della Podolia potrebbe persino segnalare un atto di cortesia profonda ver-
so il rivale atomico (Stati Uniti): la bassa catena montuosa della Rutenia subcarpatica
potrebbe assorbire parte delle radiazioni spinte dai venti verso ovest, ovvero verso
il fanco orientale della Nato, che Washington da anni si prodiga di fortifcare.
L’ipocrisia spesso distingue il leader di una grande potenza. Le capacità esclu-
sivamente critiche di una futura intelligenza artifciale spingerebbero per la massi-
ma razionalizzazione del confitto, dunque per la distruzione assoluta del nemico
nel minor lasso di tempo possibile. L’ipocrisia è spesso alla base dei confitti – so-
prattutto di quelli per procura – ma è anche ciò che spinge il decisore politico a
chiudere un occhio per evitare guai maggiori. Come nel caso di Przewodów, quan-
do la versione uffciale fu concordata da persone terze non testimoni e riunite in
un altro emisfero prima ancora dell’avvio delle indagini.

192
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

‘La Russia vincerà perché


Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

l’Occidente è venuto a noia


al mondo intero’
Conversazione con Vitalij TRET’JAKOV, giornalista e preside della Scuola
superiore per la televisione dell’Università statale di Mosca Mikhail Lomonosov
a cura di Mauro DE BONIS

LIMES Il 2022 si chiude con il confitto in Ucraina ancora in corso. È possibile ac-
cordarsi e porvi rapidamente fne?
TRET’JAKOV No, rapidamente è impossibile. Gli Stati Uniti non consentono a Ze-
lens’kyj di farlo. Inoltre, la guerra con Mosca è un modus vivendi dell’attuale regi-
me di Kiev, russofobico quanto lo era il nazismo e antirusso per fnalità politica.
Senza guerra con la Russia l’Occidente non ha bisogno dell’Ucraina e di Zelens’kyj.
Lo «Stato ucraino» è in bancarotta. Senza fnanziamenti occidentali sparirebbe: per
questo occorre la guerra con la Russia.
Infne, un’«Ucraina antirussa» è una minaccia reale alla sicurezza della Federazione.
Perciò a Mosca non serve un compromesso, ma la piena liquidazione di questo
regime come Stato. Una tregua intesa quale pausa tattica temporanea è possibile,
ma obiettivamente non eliminerà il problema, limitandosi a differirne la soluzione
defnitiva. E prima dell’estate 2023, o nel corso di essa, è molto probabile che qual-
cosa di simile accadrà, come conseguenza del successo militare russo.
LIMES Nell’articolo che ha scritto per la nostra rivista dopo l’inizio della guerra si
diceva certo che agli Stati Uniti era stato inferto un colpo pesante e che presto sa-
rebbero crollati 1. La pensa ancora così?
TRET’JAKOV Sì, naturalmente. È solo questione di tempo. Che l’egemonia globale
degli Stati Uniti stia crollando è evidente e una delle dimostrazioni più chiare di
ciò è il fatto che Washington, ormai senza più la forza di «governare tutti» e di
«derubare tutti», adesso si sia dedicata a derubare economicamente il suo vassal-

1. V. TRET’JAKOV, «Questa è la nostra rivoluzione d’Ottobre», Limes, «La fne della pace», n. 3/2022, pp.
53-59. 193
‘LA RUSSIA VINCERÀ PERCHÉ L’OCCIDENTE È VENUTO A NOIA AL MONDO INTERO’

lo politico ed economico, l’Europa. E il saccheggio di un tuo vassallo è l’antesi-


gnano della fne.
LIMES Che cosa non è andato per il verso giusto nell’operazione militare speciale,
che avrebbe dovuto risolversi in tempi rapidi?
TRET’JAKOV Tre fattori, a mio avviso. Il primo: Mosca non si aspettava che l’Occi-
dente avrebbe riversato in maniera così strutturata e fnalizzata una simile quantità
di risorse fnanziarie e militari sul salvataggio del regime di Zelens’kyj. Secondo
fattore: il Cremlino contava sul fatto che l’Europa conservasse elementi di demo- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

crazia e tenesse conto degli interessi dei paesi membri. Ma gli americani, che con-
trollano in toto la burocrazia europea, hanno costretto l’Europa ad agire contro i
propri interessi economici, contro gli interessi dei propri cittadini. Il terzo fattore è
per me il più misterioso, in quanto presuppone, a esser generosi, l’incomprensione
di cosa sia l’Ucraina di oggi e l’Ucraina in generale: a quanto pare, si contava sul
fatto che «il popolo ucraino», soprattutto i milioni di russi, sarebbe «insorto» contro
il regime nazista di Zelens’kyj. Cosa che non è accaduta. E che non poteva accade-
re, per ragioni ignorate dal Cremlino a causa di alcune circostanze.
LIMES Fino a che punto è a rischio la sopravvivenza stessa della Federazione Russa?
TRET’JAKOV Non ci sarà un’«esplosione interna» della Federazione e l’ostruzione
degli strati flo-occidentali dell’élite russa a poco a poco sarà sopraffatta. Mentre la
minaccia esterna è più grande. Oggi molti in Occidente, inclusi i politici europei
che ricoprono cariche uffciali, dichiarano apertamente di volere il «massimo inde-
bolimento» e perfno «la distruzione o lo smembramento» della Russia. Finora solo
Hitler si era posto tale obiettivo con tale franchezza.
Ma è impossibile sconfggere la Russia e anche stavolta non ci si riuscirà. Tuttavia,
visto che si tratta di una minaccia reale, la Federazione è stata costretta a intrapren-
dere una lotta armata.
LIMES Nel suo articolo del marzo scorso scriveva che milioni di russi e decine di
paesi nel mondo attendevano la vittoria della Russia. È ancora di questa idea?
TRET’JAKOV Certo. Riguardo agli abitanti della Federazione Russa spero non nutra
dubbi. Se ne ha, venga qui e parli con la gente.
Tutto il resto del mondo è stanco dell’egemonia statunitense in particolare e occi-
dentale in generale. Voi, Occidente, siete venuti a noia al mondo intero. Perfno
internamente all’Europa vassalla e, ahimè, ormai insignifcante la stanchezza data
dal dominio degli Stati Uniti è evidente. Solo che i vostri politici hanno timore di
Washington, o sono stati comprati dagli americani. Come i media, purtroppo.
LIMES Su chi potrà contare Mosca qualora le cose andassero male?
TRET’JAKOV Come sempre, solo su sé stessa. Gli altri, a parte la Bielorussia, sono in
attesa o, per ora, forniscono un supporto minimo alla Russia.
Ma non devono esserci dubbi: la Federazione Russa resisterà anche da sola. Basta
anche solo ricordare la storia del XIX e del XX secolo.
LIMES Non teme che la Cina possa rompere l’alleanza «speciale» con la Russia e
194 trovare un equilibrio strategico con gli Stati Uniti?
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

TRET’JAKOV Non essendo uno specialista di Cina, non mi azzardo a dare una rispo-
sta sicuramente negativa, ovvero «non lo temo». Ma il corso della storia e la logica
politica sono a favore di una simile risposta. Pechino comprende perfettamente
che, in primo luogo, stringere un patto con gli Stati Uniti è stringere un «patto col
diavolo» e che, in secondo luogo, se la Russia perde, come minimo per i prossimi
cento anni anche la Cina fnirà sotto il controllo degli americani.
LIMES L’amicizia con la Germania è del tutto compromessa?
TRET’JAKOV Sì, completamente. O quasi. E questa cosa la classe dirigente tedesca è Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

riuscita a combinarla durante il governo del germanoflo Putin. Se l’attuale dirigenza


politica e gli attuali media tedeschi restano quelli che sono oggi, e che erano con la
Merkel, alla Russia non occorre la Germania. Berlino oggi è meno indipendente
perfno della Polonia. Senza parlare della Turchia.
L’Unione Europea e la Nato si sono defnitivamente trasformate in un blocco poli-
tico-militare antirusso.
La Russia ha ritirato le sue truppe dal territorio tedesco. Gli americani non le ritire-
ranno. Ahimè, il Cremlino ha sopravvalutato la potenza economica e l’autonomia
politica di Berlino. A proposito, la Germania a breve affronterà tempi diffcili ed
esploderà internamente.
LIMES Non c’è pericolo che la Russia subisca una perdita di infuenza sulle altre
repubbliche ex sovietiche, come il Kazakistan?
TRET’JAKOV Certamente, se la Russia perderà. Ma questo non accadrà. Tuttavia, i
paesi della Csi, Bielorussia a parte, sono troppo poco autonomi per condurre una
politica indipendente, che non si volga a Washington e a Londra. Le loro classi
dirigenti sono codarde e restano in attesa.
LIMES Che cosa pensa dell’atteggiamento della Polonia e quale infuenza può avere
sull’andamento del confitto?
TRET’JAKOV È ormai chiaro da tempo come stiano le cose con la Polonia. Solo la
codarda dirigenza tedesca può far fnta di non capire. «La Polonia è la iena d’Euro-
pa», per citare Churchill. Dopo l’Inghilterra è il secondo centro della russofobia
europea. È un’eterna provocatrice, il cui scopo consiste nel non permettere all’Est
e all’Ovest dell’Europa di collaborare e convivere pacifcamente.
Il problema è che, se la cosiddetta Ucraina – su parte del cui territorio la Polonia
ha mire assai concrete – non esiste come Stato e può essere facilmente liquidata,
la Polonia ha una tradizione statuale secolare. Liquidarla è impossibile. Quindi, la
si può solo costringere a minimizzare la propria attività provocatoria. Adesso l’Eu-
ropa segue ciecamente lo zufolo di Varsavia, pertanto è la Russia che se ne deve
occupare.
LIMES E cosa ne pensa dell’allargamento dell’Alleanza Atlantica a Svezia e Finlan-
dia? Cosa comporta questo per il controllo russo del Mar Baltico e dell’accesso alla
rotta artica?
TRET’JAKOV Dal punto di vista strategico-militare, ha poca importanza per la Fede-
razione. Ma il problema di un accesso libero al Mar Baltico – e, a sud, al Mediter- 195
‘LA RUSSIA VINCERÀ PERCHÉ L’OCCIDENTE È VENUTO A NOIA AL MONDO INTERO’

raneo passando dal Mar Nero – è un problema reale, che sarà defnitivamente ri-
solto quando l’Unione Europea si disgregherà e/o all’interno di alcuni paesi euro-
pei si svilupperanno crisi intestine, per esempio a causa dell’immigrazione.
Intanto la lotta, non armata, continuerà. La Russia non cederà l’Artico.
LIMES La Bielorussia scenderà uffcialmente in guerra a fanco della Russia?
TRET’JAKOV È chiaro che il presidente bielorusso Aljaksandr Lukašėnka cercherà di
rimandare il più possibile questo momento. Ma le circostanze, e soprattutto le
azioni provocatorie di Kiev e di Varsavia, potrebbero costringerlo a farlo. Dal pun- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

to di vista puramente militare, è già suffciente che la Bielorussia, in quanto alleato


militare della Russia, incomba semplicemente da nord sul territorio denominato
«Ucraina».
(traduzione di Flavia Sigona)

196
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’


TRA MOSCA E GLI ALLEATI di Nicola CRISTADORO
La Russia in Siria è riuscita a intessere una profonda rete di
coordinamento con i suoi partner. Ma si tratta di accordi stretti solo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

per condurre campagne militari, senza una reale condivisione di


princìpi morali. Il tentativo di replicare il modello in Ucraina è fallito.

1. P
ER COMPRENDERE IL SIGNIFICATO DELLA
defnizione di coalition warfare (guerra di coalizione) è necessario chiarire innan-
zitutto la differenza tra i concetti di «alleanza» e «coalizione».
Defniamo «alleanza» il patto di unione tra due o più Stati, associazioni, fede-
razioni o partiti in cui ci si promette aiuto e sostegno reciproci. Per «coalizione»,
invece, si intende un patto tra Stati per uno specifco motivo politico o diplomatico
e per il conseguimento degli obiettivi comuni a esso collegati.
In questo articolo si vuole spiegare come la Russia abbia effcacemente strut-
turato la propria campagna in Siria in supporto al governo di Baššår al-Asad e di
come abbia tentato di replicare tale modello in Ucraina, invano.
In Siria Mosca ha organizzato un sistema particolarmente complesso ed effca-
ce di comunicazioni e trasmissioni e, soprattutto, una rete di comando e controllo
ben coordinata con i suoi alleati. Le operazioni nel Levante hanno implicato per la
prima volta una collaborazione estremamente signifcativa con un insieme di nuo-
vi alleati, quali le milizie palestinesi, la fazione libanese di Õizbullåh, le milizie
sciite irachene e le forze iraniane.
Anche Teheran detiene propri consiglieri militari in Siria, pertanto ha la neces-
sità di coordinare le proprie attività con quelle russe. Ad esempio, si è reso neces-
sario il raccordo tra le missioni dei droni e dei C-130 iraniani con le operazioni
delle Vks (Vozdušno-kosmi4eskie sily, Forze aerospaziali della Federazione Russa).
Il coordinamento tra le attività aeree a livello strategico e i lanci dei missili ha rap-
presentato una nuova sfda per le capacità di comando e controllo dei militari
russi, coinvolgendo i paesi confnanti con la Siria (Iraq, Iran, persino Cipro) e,
nondimeno, le forze della coalizione a guida statunitense 1.

1. T. RIPLEY, «Russia learns military lessons in Syria», Ihs Jane’s Military and Security Assessments Intel-
ligence Centre, 2017. 197
I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’ TRA MOSCA E GLI ALLEATI

Per quanto riguarda le procedure, la Russia coordina i suoi attacchi aerei con
l’esercito siriano attraverso il Centro di comando aeronautico, situato presso la ba-
se aerea di Õumaymøm, e tramite le diverse Brigate trasmissioni distaccate presso
le basi aeree siriane. L’integrazione dei sistemi russi e siriani di comando e control-
lo ha permesso la visita regolare delle basi dell’esercito siriano da parte degli uff-
ciali russi e delle unità mobili con i compiti di fornire consulenza e di coordinare
le operazioni nella terza dimensione. Attivo dal febbraio 2016, all’interno della
base di Õumaymøm vi è il Centro di coordinamento per la riconciliazione delle Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

parti in confitto; posto alle dirette dipendenze del comandante delle forze russe in
Siria, rappresenta un’ulteriore piattaforma di coordinamento tra i militari russi e
l’esercito siriano. Questa organizzazione ha diversi scopi: dall’implementazione e
controllo dei cessate-il-fuoco all’evacuazione della popolazione civile, dalla distri-
buzione degli aiuti umanitari allo scambio di dati di intelligence tra la Russia e il
regime di al-Asad 2.

2. Le forze russe e quelle pro regime hanno coordinato le proprie attività


nell’ambito di numerose operazioni. Nel febbraio 2017 i militari russi sono stati
dislocati nelle vicinanze di Palmira per addestrare il 5° Corpo di volontari siriani,
formatosi alla fne del 2016. Sembra che la Russia abbia anche inviato dei veicoli
militari destinati al 5° Corpo d’assalto dell’Esercito siriano, facendoli passare attra-
verso un corridoio marittimo che collegava il porto di Novorossijsk sul Mar Nero a
quello di ¡ar¿ûs; tale unità è formata in gran parte da volontari e l’obiettivo era
farne la punta di diamante dell’esercito di Baššår al-Asad 3.
Altre informazioni confermano che l’attività di consulenza dei militari russi in
Siria sia stata a favore non solo delle forze regolari di al-Asad, ma anche delle milizie
sciite: Õizbullåh e i suoi corpi di élite, i gruppi Raîwån e al-Riîå, volontari iracheni,
afghani e di altre origini ma che condividono lo stesso credo 4. Le forze russe, i pa-
sdaran iraniani 5 e le forze del regime siriano e di Õizbullåh 6 hanno coordinato le
proprie azioni in molte battaglie, come nel caso delle operazioni di liberazione dei
giacimenti di gas di Hayyån, quaranta chilometri a ovest di Palmira – all’epoca nelle
mani dello Stato Islamico (Is). La Russia ha altresì utilizzato (non senza qualche at-
trito con il suo alleato iraniano) la base aerea di Shahid Nojeh, dislocata nella città
iraniana di Hamadan, da cui ha condotto attacchi aerei in Siria nel marzo del 2017.
L’Iran, a sua volta, incoraggia l’addestramento dei propri militari all’adozione
delle tecniche operative adottate in Siria 7. Ha anche mutuato le tecniche russe di
accerchiamento già impiegate nella battaglia di Debal’ceve nel Donbas (genna-
2. Ibidem.
3. «Russia builds a Syrian Spetsnaz, is taking over Iran’s Shiite Militias», Debkafle, 3/8/2017.
4. R. LEVIEV, «Strengthening Battle Brotherhood: A look at Russia-backed militias in Syria», Confict
Intelligence Team, 24/10/2016.
5. A. SZACOLA, «Hezbollah deploys to Palmyra Front: Report», Now, 16/12/2016.
6. L. SLY, «Hezbollah, Russia and the U.S. Help Syria Retake Palmyra», The Washington Post, 2/3/2017.
7. P. BUCALA, G. CASAGRANDE, «How Iran is Learning from Russia in Syria», Institute for the Study of War,
198 3/2/2017.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

io-febbraio 2015), come nel caso della riconquista di Aleppo del 2016. L’addestra-
mento alle procedure tecnico-tattiche russe senza dubbio ha migliorato l’effcienza
di Õizbullåh, nonostante le pesanti perdite riportate da questa organizzazione in
Siria. In particolare, è probabile che i combattenti di Õizbullåh abbiano avuto la
possibilità di osservare e integrare i metodi russi di condotta della guerra elettroni-
ca, che in Russia hanno avuto uno sviluppo rapidissimo. In una prospettiva di
lungo termine un potenziale passaggio (anche parziale) a Õizbullåh e all’Iran degli
apparati per l’electronic warfare, unitamente a un adeguato know-how in materia Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

di infowar, potrebbe portare a un consistente indebolimento degli altri attori pre-


senti nella regione mediorientale.
Secondo alcuni dati, la Russia avrebbe anche fornito consulenza e addestra-
mento a molti miliziani sunniti sostenitori di al-Asad, come ad esempio il gruppo
Liwå’ al-Quds. Pare che la milizia sunnita palestinese Liwå’ al-Quds abbia impiega-
to diverse centinaia di combattenti e supportato i collegamenti con le forze di élite
siriane e con il partito Ba‘ñ. Ha effettuato un periodo di formazione con dei consi-
glieri militari russi e nell’agosto 2016 il comandante della brigata, Muõammad Raf,
è stato decorato con la medaglia «per il rafforzamento della cooperazione militare»,
che ha ricevuto dalle mani del tenente generale Aleksandr Žuravlëv, all’epoca co-
mandante del contingente russo in Siria 8.
È rilevante, però, che Mosca si sia rivolta anche a organizzazioni militari curde
come le Ypg 9 e il Pyd, tradizionalmente inserite nella coalizione a guida statuniten-
se attiva in Siria. Il 20 marzo 2017 si verifcò un episodio molto esplicativo del
ruolo svolto in termini di «sicurezza» da parte delle forze russe. In quella data la
Russia costituì una base addestrativa nel distretto di ‘Afrøn per le unità delle Ypg, al
fne di combattere il terrorismo nell’area. In diverse occasioni la zona di ‘Afrøn era
stata bersagliata da bombardamenti di artiglieria sia dei gruppi ribelli islamici sia
del nemico di sempre, la Turchia – ragione per cui le truppe russe vi si sarebbero
insediate. Tale scelta avrebbe fatto parte di un accordo per proteggere le Ypg pro-
prio da ulteriori attacchi turchi 10.
Riguardo ai curdi, va anche detto che le Ypg e il Pyd hanno espresso la loro
approvazione agli attacchi aerei russi contro l’Is, il Fronte al-Nuâra e l’organizzazio-
ne Aõrår al-Šåm, chiedendo al Cremlino anche la fornitura di armamenti e una
cooperazione diretta nella lotta contro lo Stato Islamico 11. Poco dopo l’inizio degli
attacchi aerei russi, Âaliõ Muslim, copresidente del Pyd, in un’intervista affermò di
ritenere che l’America non si sarebbe opposta «perché [Ãabhat] al-Nuâra e Aõrår
al-Šåm non sono diversi da Då‘iš: sono tutte organizzazioni terroristiche e condivi-
dono la stessa mentalità radicale» 12.

8. R. LEVIEV, op. cit.


9. T. O’CONNOR, «Russian Military Can Now Bomb Syrian Rebels And ISIS From Iran», Newsweek,
28/3/2017.
10. I. YAKOVLEV, «US and Russian military units patrol Kurdish-controlled areas in northern Syria»,
Al-Masdar News, 1/5/2017.
11. R. GUTMAN, «U.S. Kurdish allies welcome Russian airstrikes in Syria», McClatchy DC, 2/10/2015.
12. A. ZAMAN, «PYD leader: Russia will stop Turkey from intervening in Syria», Al-Monitor, 1/10/2015. 199
200
BIELORUSSIA
Khimy
LA COALITION WARFARE RUSSA
MOSCA
Area dell’Ucraina
occupata dalle Forze armate russe
E U R O P A UCRAINA Rotta marittima per il trasporto
F E D E R A Z I O N E R U S S A di veicoli militari
Kherson Giacimenti di gas Hayyan

Mar Nero

Ma
Sebastopoli

r
Novorossiysk

M
ed
ite
r
TURCHIA Distretto di Afrin

ra
(2017 base russa KAZAKISTAN

ne
o Mar

Legame politic
per l’addestramento
dell’Ygp) Caspio
I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’ TRA MOSCA E GLI ALLEATI

LIBIA CIPRO

o- eco
Humaymīm
. Aleppo
Tartūs
. .

nom
Tudmur (Palmira) UZBEKISTAN

ico
Cisgiordania CINA
EGITTO Damasco SIRIA IRAQ TURKMENISTAN KIRGHIZISTAN Xinjiang
GIORD. Baghdad TEHERAN TAGIKISTAN
Base aerea iraniana
(usata dall’Aeronautica russa)
Paesi coinvolti nell’apparato
di comando militare russo. Herāt Kabul Etnie afghane
Centro di comando Hazāra
aeronautico nella KUWAYT
base siriana di Humaymīm ARABIA I R A N AFG H A NI S TA N Tagiki

Go
lf
.

o
SAUDITA

P er
Alleati russi nello Flusso di ex militari afghani

sic
QATAR verso l’Iran in cerca di lavoro
o
scenario bellico siriano P A K I S T A N
Fazione libanese Hizbullāh (hazāra e tagiki)
Milizie palestinesi INDIA
E.A.U.

Mar R
Milizie sciite irachene Provincia di Herāt

osso
OMAN Oceano Indiano (forte infuenza iraniana)
Forze iraniane
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

3. In ragione di quanto esposto, possiamo dire che in Siria la Russia abbia di-
mostrato di aver acquisito la capacità di condurre una coalition warfare in scenari
complessi, rendendosi anche sotto questo aspetto un partner attraente per future
alleanze. Il sofsticato sistema delle strutture di comando e controllo realizzato in
Siria suggeriva che Mosca avesse la potenzialità di ripetere questo tipo di operazio-
ni in altri teatri. Finora però non pare sia andata così.
Nelle operazioni svolte sul teatro siriano la guida, almeno formalmente, era di
Damasco ma con Mosca «alleato forte» che de facto pianifcava, organizzava e con- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

duceva le operazioni della coalition warfare. Nel caso dell’Ucraina, dove le opera-
zioni sono sotto il comando russo, chi è l’«alleato forte» del Cremlino?
Procediamo con ordine, nel tentativo di individuarlo. All’inizio dell’invasione
si è parlato molto dei sedicimila miliziani siriani che Putin ha defnito «volontari»,
mentre la vulgata mediatica li indicava come «mercenari». Anche in questo caso la
guerra delle informazioni va di pari passo con quella sui campi di battaglia. C’è
una differenza sostanziale tra «volontari» che aderiscono a una causa sulla base di
un credo ideologico o religioso e «mercenari» che non hanno una causa per cui
combattere se non quella del guadagno al soldo dell’una o dell’altra bandiera. Nel
caso dei siriani va detto che si è trattato di forze leali ad al-Asad e non certamente
di ex appartenenti all’Is, come suggerito da qualche commentatore televisivo
sull’onda dell’emotività. Si sarebbe trattato del tributo offerto da al-Asad al fdo
alleato che lo ha sostenuto fno a oggi, elementi prevalentemente di Liwå’ al-Quds
o provenienti dalla Forza nazionale di difesa, organizzazione addestrata dall’Eser-
cito siriano che suddivide i suoi membri nelle categorie combattenti, tiratori scelti
e personale dell’intelligence. Per inciso, anziché di sedicimila pare si sia trattato di
circa quattrocento elementi individuati in territorio ucraino tra marzo e aprile di
quest’anno.
Poi c’è l’Iran. Ferma restando la simpatia di Teheran per Mosca, almeno fnora
non si è sentito parlare di un invio di paramilitari iraniani in Ucraina, mentre è ri-
saputo che la Repubblica Islamica si sta guadagnando il titolo di «superpotenza dei
droni» proprio in virtù delle massicce forniture di velivoli senza pilota Shahed e
Mohajer che la Russia impiega in quel teatro 13.
Tornando di nuovo ai curdi, il loro ruolo come abbiamo visto è stato fonda-
mentale in Siria ma non è stato replicato in Ucraina. Dinamica che fornisce, inoltre,
l’opportunità di rifettere sul ruolo della Turchia come mediatore per la pace: se da
un lato la Russia di Putin ambisce alla restaurazione della Novorossija, dall’altro la
Turchia di Erdoãan in Libia ha combattuto proprio contro la Russia per delle mai
celate ambizioni di ripristino di una sorta di «impero ottomano». Tale livello di com-
plessità dispiegata su più fronti non agevola certo la soluzione diplomatica del
problema ucraino, al quale va aggiunto anche il tentativo (fallito) di mediazione
fatto da Israele, sotto profonda pressione a causa della vicinanza di Iran e Siria a
una Russia sempre più aggressiva.
13. N. CRISTADORO, «La Russia affna il gioco delle tre carte», Limes, «L’ombra della Bomba» n. 9/2022,
pp. 137-142. 201
I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’ TRA MOSCA E GLI ALLEATI

Non va dimenticato anche il contributo della Cecenia, che con i miliziani di


Ramzan Kadyrov svolge un ruolo di primo piano nella conduzione delle operazio-
ni sul terreno. Rilevante è l’episodio del 28 ottobre scorso, quando con chiaro livo-
re proprio Kadyrov ha confermato la perdita di numerosi uomini appartenenti a
una sua unità colpita dall’artiglieria ucraina presso Kherson. Non si è astenuto dal
menzionare il jihåd, sempre valido per motivare i combattenti musulmani anche
quando partecipano a guerre che poco o nulla hanno a che fare con le loro tradi-
zionali motivazioni bellicose: «23 soldati sono stati uccisi e 58 feriti. Di questi, 4 Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sono rimasti gravemente feriti. Sì, ci sono state grandi perdite da parte nostra du-
rante la notte, ma i ceceni stanno partecipando al jihåd. E se sono destinati a ca-
dere in una guerra santa, è un onore e una grande gioia per ogni vero musulmano.
Tutti sogniamo di morire sulla via di Allah» 14.

4. Un altro importante attore sullo scenario ucraino al fanco dei russi è la Bie-
lorussia, di cui è noto l’appoggio fornito al Cremlino fn dalle primissime fasi
dell’invasione. Ricordiamo che Minsk ha autorizzato Mosca a utilizzare i propri
territori a ridosso del confne ucraino per stabilire le basi di partenza da cui hanno
mosso le unità responsabili della direttrice d’attacco settentrionale in direzione di
Kiev 15. Successivamente, tra il 20 e il 24 giugno il governo bielorusso ha realizzato
molteplici iniziative per ribadire il proprio pieno appoggio alle forze russe. Con
l’intenzione di promuovere un’immagine di sé caratterizzata da una lodevole gla-
snost’, il 20 giugno il governo bilelorusso ha invitato gli addetti militari stranieri a
visitare alcune aree in prossimità del confne con l’Ucraina, dove le Forze armate
bielorusse stavano schierandosi per rinforzarne il controllo e la difesa da eventuali
attacchi da parte di Kiev. Con l’occasione, gli invitati potevano anche fare doman-
de ai portavoce del Comando delle forze per l’operazione militare speciale e al
personale impegnato in quel settore. Il 22 giugno – Giornata della Memoria dedi-
cata ai caduti bielorussi nella Grande guerra patriottica, dunque densa di signifca-
ti – è proseguita l’attività promozionale del ministero della Difesa di Minsk mirata
a mostrare il legittimo sentimento patriottico del paese: gli addetti militari sono
stati condotti sui luoghi delle fosse comuni in cui sono sepolti i cittadini bielorussi
brutalmente massacrati dalla Wehrmacht. Particolare enfasi è stata attribuita alle
gesta eroiche compiute da quelli che sono stati defniti «piccoli gruppi di gente
sovietica, semplicemente residente in Bielorussia. (…) Singoli episodi di gesta eroi-
che compiute in particolare dai piloti e dagli equipaggi di carri armati» 16.
Il presidente Lukašėnka come da protocollo ha personalmente deposto un
mazzo di fori sulla fossa comune presso il villaggio di Khimy, nel distretto di Orša,
non lontano da dove è cresciuto. Il tributo di sangue versato dai sovietici «sempli-
14. «Guerra in Ucraina, Kadyrov: unità cecena sotto fuoco ucraino a Kherson, 23 soldati uccisi»,
SkyTg24, 28/10/2022.
15. N. CRISTADORO, «Perché è fallito il blitz di Putin», Limes, «La fne della pace», n. 3/2022, pp.35-45.
16. Ministerstvo Oborony Respubliki Belarus’, Obzor Novostej 20-24 Ijunja 2022, Departament Mežd-
unarodnovo Voennovo Sotrudni0estva (Ministero della Difesa della Repubblica di Bielorussia, rasse-
202 gna stampa 20-24 giugno 2022, dipartimento della Cooperazione militare internazionale»).
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

cemente residenti» all’epoca in Bielorussia legittimerebbe l’appoggio incondiziona-


to offerto oggi a Mosca nella sua «campagna di denazifcazione» dell’Ucraina. Così,
dalla disponibilità palesata nei confronti delle rappresentanze militari straniere si è
gradualmente passati alla conferma del supporto a Mosca. Prima con l’incontro
bilaterale tenutosi il 23 giugno a Mosca tra il ministro della Difesa bielorusso Viktor
Khrenin e il suo omologo russo Sergej Šojgu; poi il 24 giugno durante la riunione
del Consiglio dei ministri della Difesa della Comunità degli Stati Indipendenti. Ci si
domanda se il governo di Minsk non colga qualche contraddizione tra la volontà Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

di celebrare la liberazione da un odiato invasore e contemporaneamente sostenere


le ragioni di una Russia per nulla restia all’aberrante pratica di seppellire in fosse
comuni civili inermi uccisi dalle proprie truppe.
Il 10 ottobre Lukašėnka ha annunciato la decisione presa di comune accordo
con Putin di schierare in Bielorussia un gruppo di forze regionali composto da trup-
pe di entrambi i paesi. Lukašėnka ha motivato tale decisione come risposta alle
provocazioni della Nato sui propri confni e ai piani ucraini di attacco alla Bielorus-
sia. Il gruppo di forze regionali – un’istituzione «in sonno» composta da Russia e
Bielorussia che dovrebbe essere mobilitata in presenza di una minaccia militare per
i due paesi – esisteva solo sulla carta da quando è stato creato da Putin e Lukašėnka
nei primi anni Duemila. Il nucleo di tale gruppo è costituito dalle Forze armate
bielorusse, mentre è previsto che i russi agiscano come rinforzi. Lo stesso 10 otto-
bre, secondo le autorità ucraine, parte del diluvio di missili caduti in Ucraina prove-
niva dal territorio bielorusso. Una settimana dopo, sempre dalla Bielorussia risulta
che siano stati lanciati i «droni kamikaze» che hanno colpito Kiev 17. Il 15 ottobre
sono arrivati in Bielorussia truppe, attrezzature e alcuni intercettori Mig-31K russi.
Il ministero della Difesa bielorusso ha dichiarato che prevede di ricevere fno
a novemila soldati dal Cremlino. Mosca, peraltro, non ha specifcato quanti militari
ha intenzione di dispiegare e in generale è stata reticente sull’intera vicenda. Il
presidente della commissione Difesa della Duma di Stato, Andrej Kartapolov, ha
indicato solo che l’unità non combatterà in Ucraina, aggiungendo che le truppe
sono state dispiegate in Bielorussia per placare le preoccupazioni di Lukašėnka.
È diffcile valutare le reali intenzioni di Minsk e di Mosca. Dal momento che la
Russia ha lanciato l’invasione dell’Ucraina anche dal territorio bielorusso, le mano-
vre cui assistiamo sono facilmente interpretabili come i preparativi per una nuova
offensiva su Kiev da nord, un tentativo di riprendere l’iniziativa dopo la sequenza
di vittorie ucraine sul campo di battaglia. Resta però impossibile trarre conclusioni
attendibili senza sapere quante truppe, quali equipaggiamenti la Russia schiererà e
dove saranno posizionati in Bielorussia. Si stima che da parte bielorussa possano
essere richiamati fno a diecimila soldati riservisti, una forza comunque insuffcien-
te per condurre un’offensiva di successo nel Nord dell’Ucraina. Tra l’altro, i sondag-
gi riportano che tra i bielorussi è diffusa la convinzione che il proprio paese non

17. F. VINCENT, «Belarus takes another step toward direct involvement in the war in Ukraine», Le Mon-
de, 19/10/2022. 203
I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’ TRA MOSCA E GLI ALLEATI

dovrebbe prendere parte alla guerra. È dunque improbabile che i militari bielorus-
si siano molto motivati. Le loro controparti russe combattono per idee più radicate
nella loro società, mentre i bielorussi dovrebbero morire per un ideale di manteni-
mento di un impero che non appartiene alla loro cultura. In queste circostanze,
l’elusione della leva e la diserzione possono essere fenomeni piuttosto diffusi.

5. Un’ulteriore aggregazione in forma di coalizione armata potrebbe emergere


dal presunto reclutamento russo dei fuoriusciti dell’Esercito nazionale afghano (Ana Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

nell’acronimo inglese), dissoltosi all’indomani del ritiro del contingente statunitense


dall’Afghanistan. Ma quali sono i presupposti per cui i militari afghani dovrebbero
sposare la causa russa? A dispetto della diffusa convinzione che l’Afghanistan in
toto detesterebbe i russi per via del decennale e sanguinoso confitto che ha visto
contrapporsi i due paesi, vi è un buon numero di uffciali afghani formatisi in gio-
ventù presso gli istituti militari sovietici e che successivamente combatterono al
fanco dei soldati di Mosca. Oggi molti di questi uffciali sono – o meglio sono
stati – tra i vertici dell’Ana. Tra questi il generale Mohayedin Ghori (deceduto nel
2016 in un incidente di volo, forse un attentato dei taliban), già capo di Stato mag-
giore e successivamente comandante del 207° Corpo d’armata dell’Esercito afgha-
no, formatosi presso l’Accademia militare M.V. Frunze. Per un certo periodo ha
prestato servizio nella stessa unità, in qualità di Capo uffcio operazioni, un colon-
nello che aveva frequentato la Scuola di artiglieria di Sumy in Ucraina, quando
questo paese era parte integrante dell’Unione Sovietica. Entrambi avevano combat-
tuto nelle fle sovietiche contro i mujåhidøn.
L’Ana era stato concepito in modo da rappresentare equamente le quattro
principali etnie del paese: pashtun, tagiki, uzbeki e hazara. Questo concetto della
struttura multietnica è fondamentale perché all’indomani del precipitoso ritiro del-
le forze statunitensi dal paese e della presa del potere da parte dei taliban è stata
la causa principale della dissoluzione della precaria forza armata. Mentre i militari
di origine pashtun contribuivano a fondare quelle che possiamo considerare le
Forze armate «regolari» del regime talibano, in virtù della preparazione acquisita in
questi anni, uzbeki, tagiki e hazara fuggivano per evitare repressioni, vendette e
persecuzioni da parte della maggioranza pashtun. Tali dinamiche hanno riacutizza-
to rivalità etniche risalenti alla guerra civile degli anni Novanta, temporaneamente
tenute sotto controllo dalle forzature imposte dall’Occidente proprio con strutture
come l’Ana.
A Herat l’infuenza persiana è da sempre particolarmente pronunciata, tanto
che la presenza dei pasdaran non è mai venuta meno 18. Da questa località è stato
monitorato il fusso di ex militari di etnia prevalentemente hazara e tagika verso
l’Iran. Ma perché l’Iran? Per quanto riguarda gli hazara c’è la condivisione del credo
religioso sciita, base della rivalità che da sempre rende inviso questo popolo alle

18. G. DIETL, «War, Peace and the Warlords: The Case of Ismail Khan of Herat in Afghanistan», Alter-
204 natives: Turkish Journal of International Relations, vol. 3, n. 2-3, Summer & Fall, 2004.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

frange estremistiche sunnite dei pashtun e, dunque, ai taliban. I tagiki cercano in-
vece una possibilità di inserimento sociale sulla base della condivisione linguistica,
in quanto l’idioma dari da loro parlato è simile al farsi degli iraniani. Venuto meno
il modello eterodiretto dall’Occidente, l’Iran ha offerto a questi soldati e alle loro
famiglie l’idea di un «porto sicuro» a cui approdare. Il «tradimento» percepito con
l’abbandono da parte degli Stati Uniti non ha fatto altro che alimentare quei senti-
menti anti-occidentali che offrono alla Russia l’opportunità di attingere a risorse da
buttare nella mischia ucraina. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Sappiamo dei legami che uniscono Mosca a Teheran per ragioni politico-eco-
nomiche e abbiamo detto di come tali legami si siano rafforzati sul piano militare
con la collaborazione instaurata in Siria nella lotta contro l’Is. I militari hazara e
tagiki trovano, pertanto, un canale preferenziale per continuare «a fare quello che
sanno fare»: il loro mestiere di soldati con una motivazione dettata non solo da un
desiderio di vendetta ma soprattutto per garantire un futuro a sé stessi e alle loro
famiglie. Tale opportunità tuttavia non è per tutti, almeno per ora. L’Ana è stato
concepito come una forza di fanteria leggera. In ossequio al Pakistan, che conside-
ra l’Afghanistan come area di profondità strategica in funzione anti-indiana e non
può accettare che vi sia un esercito in grado di opporsi a una sua possibile pene-
trazione territoriale, qualora vi fosse la necessità di un consistente ripiegamento
delle proprie Forze armate. Si è dunque scelto di equipaggiare il personale dell’A-
na prevalentemente con armamento leggero quale armi portatili, veicoli di traspor-
to truppe, qualche obsoleto carro armato di produzione sovietica (T-55 e in misura
minore T-62), obici a traino meccanico e lanciarazzi multipli Bm-21. Anche il livel-
lo addestrativo è risultato piuttosto scadente: si narra di pantomime inscenate dal
gruppo di artiglieria del 207° Corpo d’armata per poter sparare con l’unico D-30 in
grado di farlo.
Proprio le scarse capacità e l’ancora più scarsa motivazione al combattimento
– ricordiamo la resa in massa ai taliban nel 2021 senza combattere da parte di un
gran numero di unità dell’Ana – fa sì che l’attuale interesse per il reclutamento di
forze afgane da parte russa sia rivolto essenzialmente ai commandos, gli unici che
non solo hanno mostrato la volontà di opporsi ai taliban, ma che sono anche in
possesso di un addestramento di buon livello. I commandos afghani, infatti, sono
stati preparati sul modello dei rangers statunitensi proprio dalle Forze speciali ame-
ricane. Il paradosso è che quelli che non sono riusciti a seguire i loro mentors
all’atto dell’evacuazione, oggi sono disponibili a rinfoltire le fle delle unità russe.

6. Patti stipulati «col sangue», o forse potremmo dire «nel sangue», visto che si
tratta di accordi stretti non per altri fni se non quello di condurre campagne belli-
che. Il livello politico-economico resta sullo sfondo mentre emerge quello militare
che, se nelle democrazie ha un ruolo strumentale a quello politico-economico,
nelle autocrazie assume una funzione che legittima i governi stessi. Il caos regna
dunque sovrano tra i legami posticci che si reggono sull’opposizione a qualcosa o
qualcuno – in questo caso all’Occidente e al suo stile di vita – piuttosto che su una 205
I PATTI SIGLATI ‘COL SANGUE’ TRA MOSCA E GLI ALLEATI

reale condivisione di principi morali, credi religiosi o modelli culturali. Resta il fat-
to che la Russia, grazie all’esperienza siriana, ha saputo catalizzare attorno a sé la
fducia di diversi governi riuscendo a stringere alleanze di convenienza. Ma l’etero-
geneità dei motivi che informano le coalizioni considerate non rappresenta certo
un buon viatico per la loro stabilità interna.

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206
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

REICHSBÜRGER
I NOSTALGICI
DELL’IMPERO TEDESCO MARIOTTO di Giacomo

I piani del principe Reuß spaventano la classe dirigente tedesca.


L’importanza di Königsberg e il ruolo dell’AfD. Le correnti eversive Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

riescono a penetrare negli organi dello Stato con sempre più


disinvoltura. Dall’Organizzazione Gehlen al caso KSK.

1. M ERCOLEDÌ 7 DICEMBRE, NELLE PRIME


ore del mattino, le autorità della Repubblica Federale Germania hanno dato avvio
all’Operazione Kangal. Il bersaglio è stato il movimento sovversivo Der Rat (Il Con-
siglio), accusato di preparare un colpo di Stato. Circa tremila agenti, inclusi alcuni
membri delle forze speciali, hanno fatto irruzione in 130 proprietà residenziali e
commerciali. Gli arresti hanno coinvolto 25 persone. Nel complesso i sospettati
sono più di cinquanta. L’azione si è concentrata prevalentemente in Turingia, Ba-
viera, Sassonia, Baden-Württemberg e Assia, ma le perquisizioni hanno coinvolto
in tutto 12 dei 16 Länder. Due arresti sono avvenuti in territorio straniero: in Italia,
a Perugia, e in Austria, a Kitzbühel.
La procura generale tedesca (GBA) ha parlato di un’operazione antiterroristica
«senza precedenti», la più vasta nella storia della Repubblica Federale. Ha partecipa-
to attivamente anche il servizio segreto interno (Bundesamt für Verfassungsschutz).
Il fulcro della cellula sovversiva, composta da aderenti alla corrente dei Reichs-
bürger (Cittadini dell’impero) si trovava a Bad Lobenstein, una cittadina della Tu-
ringia meridionale. È qui che per più di un anno una rete incentrata sull’aristocra-
tico Heinrich XIII, principe Reuß, ha meticolosamente concepito il piano. Per pri-
mo si sarebbe mosso un reparto armato composto da agenti di polizia, soldati atti-
vi ed ex membri di corpi d’élite dell’Esercito, allo scopo di prendere d’assalto l’e-
difcio del Bundestag, rovesciare le istituzioni e interrompere la rete elettrica in
alcuni centri nevralgici. Inoltre, il Consiglio aveva già stabilito a chi affdare i più
importanti incarichi ministeriali in caso di successo. Il principe avrebbe guidato un
governo provvisorio. Un ex comandante dei paracadutisti avrebbe assunto il co-
mando militare. All’ex deputata dell’AfD Birgit Malsack-Winkemann sarebbe anda-
to il ministero della Giustizia 1.
1. Cfr. G. MARIOTTO, «Nel piano del colpo di Stato la Germania vede l’abisso della propria crisi», lime- 209
sonline, 8/12/22.
REICHSBÜRGER, I NOSTALGICI DELL’IMPERO TEDESCO

2. Per intendere l’origine del movimento dei Reichsbürger occorre risalire al 12


settembre 1985. Quella mattina il sindaco di Berlino Eberhard Diepgen entrò in
uffcio e notò una grossa busta appoggiata sulla scrivania. Al suo interno si trovava
un certifcato di nomina rilasciato da Wolfgang Gerhard Günther Ebel, che si frma-
va «plenipotenziario generale dell’Impero tedesco», ossia Deutsches Reich. Nella
lettera di accompagnamento l’autore spiegava di essere il cancelliere del Secondo
Reich. Dopo qualche giorno sulla cassetta postale della sua abitazione comparve
una targhetta: «Governo commissariale del Reich». Per molto tempo le autorità fe- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

derali permisero a Ebel di portare avanti la causa in modo indisturbato 2.


Oggi i Cittadini dell’impero compongono una costellazione fuida. Sono acco-
munati da un numero limitato di idee, che legano assieme identità distinte, talvolta
addirittura contrapposte. Ciò rende molto diffcile contarli, anche per il servizio se-
greto interno. Pochi di loro vogliono essere riconosciuti come tali. Alcuni lo negano
con irritazione, altri non sanno di esserlo. La maggior parte si considera più sempli-
cemente critica del sistema.
Nella cellula sovversiva Der Rat erano presenti anche sostenitori di QAnon,
teoria del complotto di matrice statunitense che in Germania conta fno a 150 mila
simpatizzanti. Tale ascendente è stato molto discusso sui media nazionali, ma può
risultare fuorviante. I Reichsbürger possiedono infatti una visione del tutto tedesca.
Il loro approccio è prettamente legalistico: rifutano l’attuale assetto istituzionale
della Germania in punto di diritto, negando il valore giuridico della sua Legge fon-
damentale (Grundgesetz) 3.
Trovano così un fragile appoggio nelle sentenze della Corte costituzionale fe-
derale (Bundesverfassungsgericht). In particolare in quella del 31 luglio 1973: «Il
Reich tedesco è sopravvissuto al crollo del 1945 e non ha cessato di esistere con la
sua capitolazione, né con l’esercizio del potere straniero in Germania da parte de-
gli Alleati. Tantomeno ha cessato di esistere in seguito: ha ancora capacità giuridi-
ca, ma non è in grado di agire come uno Stato completo per mancanza di organiz-
zazione. La Repubblica Federale non è il successore legale del Reich, ma in quan-
to soggetto di diritto internazionale è identico a esso» 4. Dalla loro prospettiva, ciò
non comporta che la Repubblica Federale sia la prosecuzione dell’Impero tedesco,
ma che quest’ultimo continui a sussistere legalmente nei confni del 1937 o del
1871. Con conseguente riapertura di vecchie ferite geopolitiche con i vicini polac-
chi, francesi e belgi.
Certi temi ricorrono con vari accenti e declinazioni. La Repubblica Federale
non è uno Stato sovrano; il Reich continua a esistere; la Germania non ha mai fr-
mato un trattato di pace ed è ancora sotto il controllo degli Alleati; i politici tede-
schi sono soltanto agenti e burattini in lotta contro i propri cittadini; le istituzioni
federali non costituiscono altro che una società commerciale con sede a Francofor-
te sul Meno. Il tutto spesso accompagnato dal timore che in Germania sia in atto

2. Cfr. A. SPEIT (a cura di), Reichsbürger: Die unterschätzte Gefahr, Berlin 2017, Ch. Links Verlag, p. 11.
3. Su questo punto si ringrazia Francesco De Felice.
210 4. Bundesverfassungsgericht, 2 BvF 1/73, 31/7/1973.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

uno scambio coatto di popolazione, segnato dal tentativo del governo di rimpiaz-
zare gradualmente le genti tedesche con immigrati musulmani. Uno scenario def-
nito «ripopolamento» (Umvolkung). Alcuni parlano di un «genocidio del popolo
tedesco», o addirittura di un piano per «annientare la razza bianca».
Fino a poco tempo fa, questo movimento era considerato tuttalpiù una curio-
sità. Non veniva preso sul serio. I Reichsbürger sembravano estremisti confusi, in-
nocui individui costretti ai margini della società e sospettosi nei confronti delle
istituzioni federali. Di tanto in tanto comparivano dal nulla nuove comunità indi- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

pendenti, solitamente circoscritte a piccoli centri rurali o persino a singole abitazio-


ni, con rivendicazioni di carattere tributario. L’insediamento più celebre si trova ad
Apollensdorf-Nord, un paesino nella provincia di Wittenberg, in Sassonia-Anhalt.
Qui nel settembre 2012 Peter Fitzek, successivamente arrestato per transazioni di
credito illecite, fondò Königreich Deutschland (Regno Germania). Dopo essersi
proclamato suo indiscusso sovrano, decretò che nel nuovo regno non si sarebbero
pagate le tasse. L’obiettivo era «restituire ai tedeschi una patria in vera libertà dopo
più di sessant’anni».
Poi arrivò il 19 ottobre 2016. Durante una retata della polizia nel comune ba-
varese di Georgensgmünd, un Cittadino dell’impero che aveva dichiarato la pro-
pria abitazione «distretto governativo autonomo» aprì il fuoco. Quattro agenti furo-
no feriti, uno di loro morì il mattino seguente. Questo avvenimento segnò un pri-
mo cambio di percezione da parte degli apparati federali. I Reichsbürger avevano
ormai ampliato il loro raggio di attività, istituendo ronde di sorveglianza nei centri
abitati e organizzando formazioni armate.
Più di recente, la crisi epidemica si è rivelata il detonatore perfetto e ha con-
tribuito a radicalizzare ulteriormente la scena. Nell’agosto 2020 si è tenuta a Berlino
una manifestazione contro le politiche restrittive del governo federale. In quell’oc-
casione quasi cinquecento Reichsbürger, con tanto di bandiere e distintivi ne-
ro-bianco-rossi dell’Impero tedesco, hanno preso d’assalto l’edifcio del Reichstag.
Si sono fermati alla scalinata d’ingresso senza riuscire a penetrare dentro il parla-
mento. Quindi, la scorsa primavera, le forze dell’ordine di Coblenza hanno arresta-
to dodici individui appartenenti al sottogruppo Patriotische Union (Unione patriot-
tica), con l’accusa di voler rapire il ministro della Sanità Karl Lauterbach. Il proget-
to comprendeva anche un attacco alla rete elettrica nazionale per favorire l’innesco
di una guerra civile.
Le similitudini con il Consiglio sono evidenti, ma tra i due piani sussiste un’e-
vidente differenza di articolazione. Se non altro per l’obiettivo fnale. Patriotische
Union intendeva colpire un rappresentante del governo in carica e generare il
caos. Der Rat, invece, puntava molto più in alto: ambiva a una nuova forma di
Stato. Per questo la ministra dell’Interno Nancy Faeser ha dichiarato che «non ab-
biamo a che fare con innocui pazzi», segnalando l’affermarsi di una minaccia sem-
pre maggiore 5.

5. «Reichsbürgerszene auf 23.000 Personen angewachsen», Die Zeit, 11/12/2022. 211


212
L’IMPERO TEDESCO 1871-1918
Mar Baltico
Mare
MECLEMBURGO-
del STRELITZ Regni:
Nord Prussia Orientale PRUSSIA
Schleswig- BAVIERA
OLDENBURG Holstein 1
SASSONIA
Lubecca 2 Prussia Occidentale
MECLEMBURGO- Pomerania WÜRTTEMBERG
Amburgo SCHWERIN Granducati:
Brema BADEN
Hannover ASSIA
P R U S S I A Posnania MECLEMBURGO-SCHWERIN
Berlino
REICHSBÜRGER, I NOSTALGICI DELL’IMPERO TEDESCO

SCHAUMBURG- MECLEMBURGO-STRELITZ
LIPPE 4 1 Sassonia SASSONIA-WEIMAR
LIPPE Brandeburgo
OLDENBURG
Vestfalia 2
Ducati:
Sassonia
WALDECK 1 Braunschweig
Dresda 2 Anhalt
Slesia
SASSONIA Sassonia-Meiningen
4 Sassonia-Altenburgo
Renania ASSIA 3
Assia- Sassonia-Coburgo-Gotha
Nassau
Principati:
1 ASSIA Schwarzburg-Sondershausen
BAVIERA Schwarzburg-Rudolstadt
PALATINATO Waldeck
Karlsruhe Reuß, linea primogenita
ALSAZIA-LORENA Stoccarda BAVIERA Reuß, linea cadetta
Prussia
WÜRTTEMBERG Confni delle province
Schaumburg-Lippe
1 Appartenente al granducato di Oldenburg Città anseatiche
BADEN Monaco Territori imperiali
2 Appartenente al granducato di Meclemburgo-Strelitz
3 Appartenente alla Sassonia prussiana Alsazia-Lorena
Hohenzollern-Sigmaringen 4 Appartenente all’Assia-Nassau Stati turingi
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

I Cittadini dell’impero sono sparsi sull’intero territorio nazionale, ma si concen-


trano prevalentemente nei Länder dove è più palpabile lo scollamento con il go-
verno federale, dove il radicamento locale si impone sul senso di appartenenza
nazionale. La Baviera, con le sue antiche tentazioni indipendentiste, è in testa in
termini assoluti 6, mentre la Turingia, epicentro dell’estremismo di destra tedesco,
detiene il primato in rapporto alla popolazione 7.
Si stima che il numero degli aderenti al movimento sia aumentato di 2 mila
unità rispetto al 2020, arrivando a includere più di 23 mila persone. Il 10% di loro Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

è considerato violento. Nel 2021 le autorità hanno registrato più di mille atti di
violenza, una crescita signifcativa se confrontata con i 599 dell’anno precedente.
Nel tentativo di fronteggiare le crescenti preoccupazioni, il servizio d’intelligence
interno ha istituito una nuova area di controllo attinente alla «delegittimazione del-
lo Stato» («Delegitimierung des Staates») 8.

3. Dalla prospettiva dei Reichsbürger, il fatto che l’Impero non sia «in grado di
agire» e manchi di rappresentanza legittima offre l’opportunità di prendere l’inizia-
tiva in maniera autonoma, quantomeno in senso verbale. La galassia di società
parallele che ne deriva è estremamente variegata e rifette l’eterogeneità delle iden-
tità subregionali in Germania. A tal riguardo, due movimenti risultano particolar-
mente esemplari.
Il primo è quello dei Freie Sachsen (Liberi sassoni), partito classifcato come
estremista di destra dall’Uffcio per la protezione della costituzione della Sassonia.
Dall’inizio della crisi epidemica ha ampliato il raggio dei suoi consensi, attraendo
sostenitori anche dal centro della società. Il suo presidente Martin Kohlmann è
stato spesso associato ai Cittadini dell’impero. Eppure, il rifuto dell’assetto istituzio-
nale federale non serve in questo caso ad affermare una visione pangermanica, ma
a reclamare una specifca identità sassone. «Noi sassoni siamo tedeschi, così come
lo sono gli slesiani del Nord, i carinziani, i sudtirolesi e gli alsaziani. Tale elenco
chiarisce che dall’essere tedeschi non deriva automaticamente l’appartenenza alla
Repubblica Federale Germania». Il partito si prefgge di ottenere l’indipendenza del
Land per poi stringere un legame preferenziale con Ungheria, Repubblica Ceca,
Polonia e Slovacchia. «Sotto molti aspetti, noi sassoni siamo più vicini a questi pa-
esi che ai Länder della Germania occidentale» 9.
Il secondo è Freistaat Preußen (Libero Stato Prussia), per il quale i territori
prussiani non sono soggetti alla Legge fondamentale. Ancora una volta le rivendi-
cazioni si concentrano sul piano normativo e sfociano in una completa riscrittura
della storia nazionale. Tutto ruota attorno al trattato di Versailles, la cui validità
giuridica è considerata «nulla» poiché al tempo non venne ratifcato dal vero rap-
6. «Anzahl der Reichsbürger in Deutschland nach Bundesländern im Jahr 2018», Statista Research De-
partment, 9/12/2022.
7. A. HOCK, «Die meisten selbsternannten “Reichsbürger” leben in Bayern», Die Welt, 26/4/2017.
8. Verfassungsschutzbericht 2021, Fakten und Tendenzen (Kurzzusammenfassung).
9. Cit. in «Programm der Freien Sachsen: Wofür wir stehen». Consultabile integralmente sul sito del
movimento Freie Sachsen. 213
REICHSBÜRGER, I NOSTALGICI DELL’IMPERO TEDESCO

presentante dell’Impero tedesco, la Corona prussiana. Il Libero Stato Prussia costi-


tuirebbe inoltre «la prima vera vittima del Terzo Reich» a causa della «occupazione
ostile» da parte delle milizie naziste. «Non sta a noi giudicare se la Repubblica Fe-
derale Germania sia o meno un soggetto legittimo. Ma sul territorio prussiano non
lo è certamente, perché lo Stato si chiama Freistaat Preußen. La sua costituzione
del 30 novembre 1920 risulta ancora in vigore, non è mai stata sospesa nel suo
status giuridico» 10.
Nello sguardo di questi peculiari Cittadini dell’impero, la Prussia sopravvive in Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

tutta la sua estensione territoriale. Lo testimonia la bozza di un trattato di pace sti-


lata nel maggio 2021, in cui vengono minuziosamente elencate le correzioni da
apportare ai confni con i paesi vicini. Sono menzionati Belgio, Francia, Lussem-
burgo, Cechia, Slovacchia e Polonia (accusata di esercitare tuttora un’occupatio
bellica) 11.
Un accento particolare è posto su Königsberg, città dotata di un fascino sim-
bolico impareggiabile. Qui nel 1701 l’elettore di Brandeburgo Federico III venne
incoronato sovrano di Prussia. Dopo la seconda guerra mondiale l’Armata Rossa
cacciò i tedeschi rimasti per conferire un nuovo volto sovietico al territorio. Ma per
molti in Germania non smise mai di rappresentare l’Oriente perduto. Negli anni
Novanta un gruppo neonazista tentò di stabilire un insediamento in quell’oblast’,
a Jàsnaja Poljàna. L’organizzazione Aktion Deutsches Königsberg fnanziò quindi
la costruzione di una scuola tedesca e di alcune abitazioni nel villaggio di Dal’nee,
già Amtshagen, con l’obiettivo di «mantenere la nostra provincia orientale aperta a
una prospettiva tedesca». Nello stesso periodo l’attivista di destra Manfred Roeder,
dopo aver tenuto una conferenza sulla «rigermanizzazione» (Regermanisierung) di
Kaliningrad all’Accademia dello Stato maggiore di Amburgo, ricevette in regalo tre
veicoli militari in disuso e altro materiale, per un valore di oltre 20 mila marchi.
Plastica dimostrazione della vicinanza di alcuni ambienti della Bundeswehr a tale
sensibilità 12.
Non è un caso che l’avvincente libro d’inchiesta Die Reise ins Reich, in cui
Tobias Ginsburg racconta i suoi otto mesi in incognito tra i Cittadini dell’impero, si
concluda con la descrizione del piano di alcuni Reichsbürger di ripopolare l’excla-
ve russa di genti tedesche. Thomas, uno degli artefci del progetto, descrive Kali-
ningrad come «il lavoro della sua vita». «Presto due milioni di tedeschi arriveranno
a contrapporsi a 900 mila russi. Non si tratta di autonomia né di uno Stato. Tutto
ciò avverrà molto più tardi. Prima di tutto, si tratta di numeri» 13. In Germania l’idea
della rigenerazione di Königsberg rimane un pilastro fondamentale degli ideali
revisionisti.
10. La citazione è estratta da un’intervista condotta dall’autore con Hans Franz Detlef Burdack, rap-
presentante del movimento Freistaat Preußen e autoproclamato ministro degli Esteri del Libero Stato
Prussia.
11. «Entwurf vom 23. Mai 2021 eines Friedensvertrages zum Ersten und Zweiten Weltkrieg nebst An-
lagen», Freistaat Preußen, 23/5/2021.
12. A. ROGALIA, «Bundeswehr rüstete Neonazis aus», Die Tageszeitung, 9/12/1997.
13. Cfr. T. GINSBURG, Die Reise ins Reich. Unter Rechtsextremisten, Reichsbürgern und anderen Ver-
214 schwörungstheoretikern, Berlin 2018, Das Neue Berlin.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

4. Il fenomeno dell’estremismo di destra è in espansione. Tenerne traccia si


rivela un compito sempre più complesso. Nel giugno 2020, l’allora ministro dell’In-
terno Horst Seehofer ha identifcato l’estremismo di destra come «la principale
minaccia per la sicurezza della Germania». Oggi i servizi d’intelligence interni sta-
biliscono che nel 2021 il suo bacino attivo ha raggiunto 33.900 unità, con una
crescita di circa 600 esponenti rispetto all’anno precedente. Un terzo di essi è
considerato violento. Lo scorso anno i crimini associati a questa corrente sono
stati più di 20 mila 14. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Nella maggior parte dei casi i partiti collegati all’estrema destra non si presen-
tano alle elezioni statali o federali. Puntano piuttosto a strutturare e mobilitare lo
spettro del loro consenso per vie extraparlamentari. La NPD (Partito nazionalde-
mocratico) e Die Rechte (La destra) mostrano alcuni segni di erosione, mentre il
partito Der Dritte Weg (La terza via) ha continuato a espandere il suo bacino d’in-
fuenza, soprattutto nei Länder orientali. A ciò si aggiunge la crescente violenza
associata all’estrema sinistra, che secondo gli apparati federali sta subendo una
«netta radicalizzazione» 15.
La presenza dell’ex deputata Birgit Malsack-Winkemann all’interno del Consi-
glio ha riportato l’attenzione dell’opinione pubblica e degli apparati su Alternative
für Deutschland (AfD), che si presenta come massimo portavoce del nazionalismo
tedesco. Il legame tra il partito e la corrente dei Reichsbürger si è rafforzato a par-
tire dalle proteste contro le restrizioni per il Covid-19. Un suo ex legislatore è stato
incriminato per aver invocato il rovesciamento dello Stato federale durante l’assalto
al Reichstag nel 2020. Secondo la vicepresidente del Bundestag Katrin Göring-
Eckardt, l’AfD è ormai di fatto «il braccio parlamentare» delle forze antidemocrati-
che in seno alla Repubblica Federale 16.

5. A ben guardare, il fallimento delle ambizioni golpiste del Consiglio era ine-
vitabile. Il gruppo non disponeva della quantità di mezzi e uomini necessaria a
rovesciare le istituzioni federali. Ciò che preoccupa Berlino è tuttavia un aspetto
qualitativo. Con sempre più disinvoltura le correnti eversive riescono a infltrarsi
negli organi dello Stato. Una tendenza che riguarda la politica istituzionale, le uni-
tà di polizia e soprattutto le Forze armate. Malsack-Winkemann possedeva infatti
un accesso privilegiato ai principali edifci parlamentari della capitale, oltre che
conoscenze altamente sensibili su alcuni accordi di sicurezza. Il principe Reuß era
inoltre riuscito a dotarsi di un notevole «braccio militare» 17. Al suo interno fgurava-
no Rüdiger von Pescatore, già comandante dei paracadutisti, Maximilian Eder, te-
nente colonnello a riposo del comando forze speciali dell’Esercito (KSK), Peter

14. Cfr. «Rechtsextremismus: Zahlen und Fakten», Bundesamt für Verfassungsschutz, 2022.
15. Verfassungsschutzbericht 2020, Fakten und Tendenzen (Kurzzusammenfassung), p. 23.
16. «Katrin Göring-Eckardt: “Die AfD ist faktisch der parlamentarische Arm von Reichsbürgern und
QAnon”», Die Welt, 12/12/2022.
17. È quanto riportato dall’Uffcio del procuratore generale. Cfr. U. KRAETZER, A. DINGER, I. NABER, U.
MÜLLER, «Pläne zum gewaltsamen Umsturz der Regierung – Prinz als Rädelsführer der “Reichsbürger”
verhaftet», Welt, 7/12/2022. 215
REICHSBÜRGER, I NOSTALGICI DELL’IMPERO TEDESCO

Wörner, ex soldato d’élite, e Andreas Meyer, ancora attivo nel KSK come sergente
dello Stato maggiore.
Il piano prefgurava la creazione di 286 compagnie per la sicurezza della patria
(Heimatschutzkompanien) a livello nazionale. Parte del personale è stato reclutato
durante le manifestazioni contro le misure per il contenimento dell’epidemia. Nel
frattempo, i vertici militari del Consiglio hanno stretto dei contatti con caserme in
diversi Länder allo scopo di stabilirvi cellule eversive. In Sassonia, Turingia e Ba-
den-Württemberg si sono svolti preparativi concreti per «arrestare e giustiziare» i Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

funzionari più scomodi dopo la presa del potere. Sembra inoltre che diversi sospet-
tati abbiano partecipato a un addestramento di tiro in Baviera 18.
La presenza di sensibilità estremiste all’interno della Bundeswehr non costitui-
sce affatto una novità. Questo fattore fu presente fn dall’origine stessa della Repub-
blica Federale e dei suoi apparati. Nel 1955, quando fu fondato il nuovo Esercito
federale, divenne subito lampante la necessità di cooptare numerosi uffciali, colon-
nelli e generali dalla vecchia Wehrmacht. A chi storceva il naso, un sardonico Ade-
nauer era solito rispondere che l’Alleanza Atlantica avrebbe diffcilmente accettato
generali di 18 anni. Tale processo si rivelò ancora più pervasivo nel caso dell’Orga-
nizzazione Gehlen, nata su impulso americano nell’immediato dopoguerra come
base per il futuro Servizio segreto esterno federale (Bundesnachrichtendienst). Se-
condo una ricostruzione dello storico Gerhard Sälter, fno al 20% dei suoi funziona-
ri aveva «le mani sporche di sangue». Nelle sue strutture fguravano infatti 33 membri
con un passato nelle Einsatzgruppen, le unità operative del Terzo Reich che porta-
rono avanti un programma di omicidi di vasta portata sul fronte orientale 19.
Eppure, oggi Berlino ha il presentimento che le correnti sovversive militari
siano sempre più organizzate e pronte all’azione. Sempre più determinate a rende-
re instabili le istituzioni federali attraverso iniziative mirate. Nel 2020, in risposta a
numerosi scandali e polemiche, il ministero della Difesa ha imposto al KSK un
severo processo di epurazione e ristrutturazione. Oltre a 60 misure di riforma, sono
stati ordinati lo scioglimento della 2ª compagnia e l’insediamento di un nuovo co-
mandante. Ma tutto ciò non è servito a sventare il reclutamento di almeno uno dei
suoi membri attivi.
Sembra insomma essere mutata la narrazione delle frange estremiste sul «Gior-
no X (Tag X)», tradizionalmente riferita a un’imprecisata data nel futuro in cui l’or-
dine statale sarebbe crollato. Adesso la resa dei conti non è più soltanto prevista,
ma direttamente pianifcata. Ecco perché la ministra dell’Interno Nancy Faeser ha
dichiarato che il progetto del principe Reuß consente di «guardare nell’abisso della
minaccia terroristica». Il presidente Frank-Walter Steinmeier ha quindi annunciato
l’inizio di un «nuovo livello» di allarme. Infne, la deputata sassone Kerstin Köditz
ha parlato di «un caso di proporzioni terrifcanti».

18. Cfr. «Keine Waffen in Händen von Extremisten», Tagesschau, 12/12/2022; «Chi sono i militari
dell’organizzazione golpista del principe di Reuss», Nova News, 9/12/2022.
19. Cfr. G. SÄLTER, NS-Kontinuitäten im BND: Rekrutierung, Diskurse, Vernetzungen, Berlin 2022,
216 Aufbau; K. RÜTTEN, «BND rekrutierte gezielt NS-Verbrecher», Tagesschau, 10/10/22.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

6. Lo scorso 24 febbraio, quando il presidente russo Vladimir Putin ha ordina-


to l’invasione dell’Ucraina, la storia è tornata a bussare alla porta delle cancellerie
europee. Berlino si è fatta cogliere di sorpresa e con la guardia bassa. Oggi, di
fronte al contesto di crescente incertezza, si sente in crisi d’identità. Prova quindi a
recuperare un dimenticato sguardo tedesco. Cerca faticosamente di rilegittimare lo
strumento militare. È però diffcile revocare decenni di pedagogia universalistica
fondata su benessere diffuso, senso di colpa e rifuto della potenza. Soprattutto a
fronte di una sempre più radicata frammentazione interna. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Il golpe sventato rientra in questa crisi e l’accentua. I Reichsbürger costituisco-


no un fenomeno limitato, estraneo alla grande maggioranza dell’opinione pubbli-
ca. Le reti di soldati estremiste restano inoltre lontane dal formare un temibile
«esercito ombra». Ma la classe dirigente tedesca guarda con preoccupazione alle
ampie quote di cittadini alienate dalle istituzioni. È in crescita il numero di chi non
si rispecchia nello Stato federale, nei media mainstream e nei partiti tradizionali. Le
teorie del complotto non sono più riconducibili soltanto alla destra radicale o ad
altre frange ideologiche, tendono a diffondersi nel cuore della società. Si stabilisco-
no così ampie zone grigie in cui «è complicato indicare con precisione dove fni-
scano i Cittadini dell’impero e dove cominci la borghesia» 20.
Questo scollamento può compromettere la (ri)affermazione di una soggettività
geopolitica tedesca, poiché ha precise coordinate geografche. Fiorisce infatti nei
Länder dove è più tangibile un distacco culturale, economico e identitario dal go-
verno federale. Uno studio dell’Istituto Allensbach indica che il 45% degli abitanti
dell’ex DDR ritiene di vivere in una «democrazia fasulla» 21. Dato che segnala il ri-
futo di adeguarsi a una visione della Germania percepita come distante perché
limitata alla Repubblica Federale originaria, occidentale.
Nel tentativo di arginare la penetrazione dell’estremismo, i principali organi
dello Stato hanno assunto una postura difensiva. La ministra dell’Interno Nancy
Faeser ha annunciato norme più severe sul possesso di armi da fuoco e procedure
più snelle per licenziare i funzionari pubblici con idee incostituzionali. Alcuni de-
putati hanno richiesto un nuovo piano di sicurezza per il Bundestag. Il ministero
della Difesa ha promesso una legge per facilitare l’allontanamento di uffciali so-
spetti senza lunghe code disciplinari. Sono le reazioni di un paese inquieto e diso-
rientato. Timoroso che il caos possa minarlo dall’interno.

20. Cit. in T. GINSBURG, Die Reise ins Reich. Unter Rechtsextremisten, Reichsbürgern und anderen Ver-
schwörungstheoretikern, Berlin 2018, Das Neue Berlin.
21. «Fast ein Drittel der Deutschen glaubt, in einer “Scheindemokratie” zu leben», Der Spiegel,
11/4/2022. 217
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL MAL D’AFRICA RUSSO


HA RADICI PROFONDE CIANCI di Bruno

Avventurieri e missionari degli zar hanno guidato per secoli la


penetrazione in Etiopia. Per unire le due Chiese e presidiare le rive Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

del Mar Rosso. La tragica spedizione del cosacco Ašinov e la breve


vita della Nuova Mosca non fermano l’interesse imperiale.

N ELL’ESTATE 1888 SI TENNERO NELL’IMPERO


russo le celebrazioni per il novecentesimo anniversario del battesimo della Rus’,
l’avvenimento che la tradizione associa alla conversione al cristianesimo del prin-
cipe Vladimiro il Grande e all’inizio della storia uffciale della Chiesa ortodossa
russa. Le celebrazioni coinvolsero molte città, ma le più sacrali e scenografche
furono quelle che ebbero per teatro le sponde del fume Dnepr, dove nove secoli
prima i residenti ricchi, poveri e schiavi di Kiev, per compiacere il loro principe, si
erano sottoposti al battesimo collettivo nelle stesse acque in cui erano appena sta-
te gettate le statue pagane fno ad allora venerate.
Le cronache di quell’anno descrivono una Kiev addobbata a festa, adornata di
tricolori russi e di ghirlande, ritratti dello zar Alessandro III, del principe Vladimiro,
icone e altre immagini di sant’Olga, dei santi Cirillo, Metodio e Nicola esposti su
fnestre e balconi, il tutto sotto gli occhi compiaciuti di Platon, metropolita di Kiev
e della Galizia. La superfcie del Dnepr era solcata da barche e da vaporetti zeppi
di pellegrini e di curiosi. Faceva molto caldo, al punto che i soldati in attesa di
prendere servizio dovevano proteggere i colletti bianchi con l’aiuto di strisce di
carta affnché il sudore non li macchiasse.
Nella cattedrale di Santa Sofa e nelle altre chiese di Kiev, da cui proveniva il
penetrante odore dell’incenso, le funzioni si succedettero senza soluzione di con-
tinuità per tutta la durata delle celebrazioni, in programma dall’11 al 15 luglio del
calendario giuliano allora in vigore 1. Tra i religiosi presenti, accanto ai rappresen-
tanti di tutte le Russie, della Bulgaria, della Serbia e del Montenegro, ve n’erano
alcuni di provenienza ben più esotica: due giapponesi ortodossi, a quel tempo in
procinto di completare la loro formazione teologica, e due prelati originari dell’A-

1. Corrispondenti ai giorni 23-27 luglio del calendario gregoriano. 219


IL MAL D’AFRICA RUSSO HA RADICI PROFONDE

bissinia, una terra talmente inaccessibile e misteriosa che il suo unico punto di
contatto con l’esterno era rappresentato dal patriarca copto di Alessandria d’Egitto,
dal quale dipendeva allora la Chiesa etiope 2. I due sacerdoti recatisi a Kiev faceva-
no parte della delegazione inviata da Giovanni IV, negus dell’antichissima dinastia
salomonide, e condotta nell’odierna capitale ucraina da Nikolaj Ivanovi0 Ašinov,
un avventuriero il cui nome avrebbe fatto il giro di tutte le cancellerie d’Europa
pochi mesi più tardi.
Nato a Caricyn (Volgograd) 3 nel 1856, Ašinov si defniva cosacco – sebbene le Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sue origini non siano mai state provate – e si era fatto le proverbiali ossa con il
commercio carovaniero tra la Russia e la Persia, un’attività che non aveva certo
contribuito a smussarne la ruvidezza. Nel 1877 partecipò come volontario alla
guerra russo-turca, un confitto che ebbe origine dalle sollevazioni degli slavi dei
Balcani ottomani e che vide in prima fla la Russia, desiderosa di proteggere i cri-
stiani ortodossi e di estendere la propria infuenza verso i «mari caldi», in appoggio
ai confratelli slavi. Nel 1885, Ašinov partì per l’Africa 4; sbarcò a Massaua – recente-
mente occupata dai bersaglieri italiani col benestare di Londra 5 – e visitò l’Abissi-
nia, dove dopo essersi spacciato per un emissario imperiale russo entrò in contatto
con alcuni dignitari del negus. Nel 1888 Ašinov si era recato nuovamente in Etiopia
per ritornarsene in Russia successivamente coi due prelati africani al seguito, giusto
in tempo per partecipare alle celebrazioni a Kiev. Lo scopo della missione etiope
era abbastanza chiaro: intensifcare le relazioni con quello che il sedicente cosacco
chiamava «il nostro amico, lo zar dell’Abissinia» e gettare le basi per una penetra-
zione russa in Africa. L’idea, per la verità, era nata molto tempo prima ed era stata
promossa nel corso dei secoli, senza successo, da alcuni esponenti del clero russo,
da mercanti e da altri viaggiatori.

Affinità elettive
I primi contatti noti tra un russo e degli etiopi risalgono al 1370 circa, quando
l’archimandrita Agrefenij si recò in pellegrinaggio in Terra Santa. A Gerusalemme,
nella chiesa del Santo Sepolcro, egli fu testimone oculare dei rituali degli ortodossi
abissini (esponenti di una Chiesa già millenaria, essendo stata fondata da san Fru-
menzio nel IV secolo), dei quali mise in risalto attraverso i suoi scritti le similitudini
con la Chiesa russa. Nei primi anni Settanta del XV secolo il mercante Afanasij Niki-
tin fu il primo russo noto a visitare la Somalia sulla via del ritorno dal suo lungo
soggiorno nel subcontinente indiano descritto nel libro postumo Viaggio in tre mari.
Nel 1583 toccò a un altro mercante di nome Trifon Korobejnikov entrare in
contatto con alcuni prelati etiopi, cosa che avvenne sia a Gerusalemme sia nella

2. Alla Chiesa ortodossa etiope non fu permesso di avere un proprio patriarca fno al 1959: il primo
fu Abuna Basilios, che fu incoronato da papa Cirillo VI di Alessandria.
3. Chiamata Stalingrado tra il 1925 e il 1961. Secondo alcune fonti, Ašinov era originario di Penza.
4. Secondo alcune fonti il primo viaggio di Ašinov in Africa risalirebbe al 1883.
220 5. I bersaglieri presero pacifcamente possesso di Massaua (Eritrea) il 5 febbraio 1885.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

penisola del Sinai; anche queste esperienze furono descritte in una pubblicazione
del 1594 che è stata in seguito ripubblicata con frequenza, in ragione delle esigenze
propagandistiche del momento, dalla fne del XVIII secolo in avanti 6.
Poco tempo dopo, lo scienziato e orientalista Hiob Ludolf (1624-1704), un emis-
sario sassone al servizio di Ernesto I il Pio, duca di Sassonia-Gotha, tentò di promuo-
vere i legami tra l’Etiopia e varie potenze europee cristiane in funzione anti-ottoma-
na. All’uopo il duca, che era di fede luterana, aveva fatto appello allo zar affnché
coinvolgesse l’Abissinia in azioni militari contro la Mezzaluna. L’argomento princi-
pale a favore dell’instaurazione di relazioni russo-etiopiche risiedeva nelle affnità tra
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le due religioni e alcuni costumi dei due paesi. Dal canto loro gli abissini erano in-
teressati a trovare un alleato nella Russia, giacché gli ottomani, che avevano conqui-
stato l’Egitto nel XVI secolo, erano per loro una minaccia più che concreta. Quanto
alla Chiesa etiope, essa confdava nel sostegno dell’ortodossia russa per respingere
tanto la diffusione dell’islam quanto quella del cattolicesimo che i portoghesi, inse-
diatisi nel Corno d’Africa nel XVI secolo, stavano diffondendo effcacemente con il
contributo dei gesuiti 7. La morte dello zar Alessio Mikhajlovi0 (1676) fece naufraga-
re i tentativi di avvicinamento in corso tra la Russia e l’Abissinia. Ciononostante, il
sottile flo russo-etiope non si spezzò mai del tutto: la consapevolezza che gli abis-
sini fossero dei cristiani ortodossi esemplari, infatti, si era radicata nella percezione
di molti russi e gli avvenimenti successivi sembrano confermarlo.
Nella prima metà del XIX secolo la Russia si arrogò con crescente sicumera il
ruolo di protettrice dei cristiani d’Oriente. Qualcuno, adducendo le solite affnità
dogmatiche e rituali, iniziò a ventilare l’unifcazione tra la Chiesa ortodossa russa e
quella etiope, naturalmente sotto l’egida del Santissimo Sinodo, la massima autori-
tà religiosa russa 8. Nel 1847 fu inviata a Gerusalemme una missione ecclesiastica
russo-ortodossa guidata dall’archimandrita Porfrio Uspenskij (1804-85), sostenitore
di una spedizione religiosa russa in Abissinia e dell’unione delle due Chiese. In
quello stesso periodo il militare ed esploratore Egor Kovalevskij, che più tardi
avrebbe contribuito all’infuenza russa in Kazakistan e nel Xinjiang, fu chiamato in
Egitto dal governatore Mehmet Ali Pascià che gli affdò l’incarico di cercare minie-
re d’oro nei suoi domini. Sulla via dell’Africa, durante una sosta a Costantinopoli,
il diplomatico Vladimir Titov incaricò Kovalevskij di raccogliere informazioni sui
progetti del pascià per la ventilata realizzazione del Canale di Suez e sul suo coin-
volgimento nella tratta degli schiavi. Il viaggio condusse Kovalevskij fno a Wad
Madani 9, dove trovò oro, e in Abissinia, terra che anni dopo descrisse nel suo libro
Viaggio nell’Africa interna (1872).

6. In particolare tra il 1786 e il 1888.


7. Nel 1621 il proselitismo dei gesuiti ebbe il sopravvento in Etiopia: il negus Sousnéyos si convertì
alla fede apostolica romana, che introdusse nel regno; a causa dell’impopolarità della nuova confes-
sione, però, dovette ripristinare l’ortodossia e abdicare in favore del fglio (1632).
8. Fondato nel 1721 da Pietro il Grande, il Santissimo Sinodo fu il massimo organo religioso russo
fno alla rivoluzione bolscevica. Era composto da dieci membri laici e religiosi (poi aumentati a dodi-
ci), tra i quali i metropoliti di Mosca, di San Pietroburgo, di Kiev e l’esarca della Georgia. La giurisdi-
zione si estendeva su ogni questione di carattere ecclesiastico e, talvolta, secolare.
9. Nell’odierno Sudan. 221
222
Voto di condanna
LA RUSSIA IN AFRICA Mers-el-Kébir all’invasione russa nella
risoluzione Onu
Tobruk di marzo 2022
Marocco Astenuti
Tripolitania Cirenaica
Algeria Contrari
Libia
Fezzan Egitto
Port Sudan
(possibile infrastruttura
militare russa)
Mali Dahlak (isole eritree)
Sudan Eritrea
Guinea B. B. Faso
IL MAL D’AFRICA RUSSO HA RADICI PROFONDE

Guinea
Nigeria
Sierra Leone Rep. Etiopia
n Sud Sudan
e ru Centrafricana
Cam
Guinea Eq. Kenya

Ghana
Risorse militari russe Uganda
trasferite ai paesi africani São Tomé e Príncipe Rep. Dem. Ruanda
Misurazione in tiv del Congo
Pointe-Noire
(Fonte Sipri) Rep. del Congo Tanzania
Algeria 4.100 Luanda
Egitto 2.800
Angola 500 Angola
ic o

Nigeria 160 Zambia


Presenza Wagner e altre milizie
mb
ar

Sudan 125 o za
Zimbabwe M Vendita armi russe
g asc

Etiopia 70
Namibia
da

Ruanda 27 Principali paesi esportatori di armi Botswana


Ma

nei paesi africani (2017) Rapporti energetici


Mali 23
(percentuale di vendita) Maputo Ricerca e cooperazione nucleare
Sud Sudan 22
Zambia 14 Russia 37,6 Diamanti
Burkina Faso 14 Usa 16,3 Sudafrica
Camerun 11 Investimenti minerari
Guinea Equatoriale 7 Francia 14,6 Ex infrastrutture della
(Fonte:
Mozambico 7 Cina 9,2 Sipri 2017) Marina sovietica
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L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Dal canto suo, Porfrio stabilì contatti coi monaci abissini di Gerusalemme;
raccolse ulteriori informazioni sul loro paese, sulla struttura della loro Chiesa e
donò arredi e utensili russi per l’uso religioso. Progettò anche una spedizione in
Etiopia, senza però riuscire a portare a termine il piano poiché ne mancavano le
condizioni. Qualcosa cambiò negli anni Sessanta del secolo, quando inglesi e
francesi compirono passi decisivi per diffondere la loro infuenza nel Corno d’A-
frica. Con l’apertura del Canale di Suez (1869), poi, l’interesse russo per l’Africa
ottenne una decisiva spinta; ciononostante, il timore di irritare le potenze occiden- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

tali già presenti nella regione – Francia in primis, a quel tempo in fase di avvicina-
mento politico alla Russia – spinse San Pietroburgo ad agire con cautela. Si ha
inoltre notizia di due richieste di Giovanni IV indirizzate alla Russia nel 1872 e nel
1878, con le quali il negus avrebbe chiesto assistenza per far fronte al nemico
egiziano con cui era in guerra. Tali richieste furono ignorate per ragioni non chia-
re dallo zar, sebbene una di esse fosse accompagnata da un dono altamente sim-
bolico: una croce di pregevole fattura 10.
Negli anni 1860-70, un ruolo importante nel suscitare l’interesse verso gli abis-
sini fu svolto dagli slavofli che sostenevano la necessità di prestare assistenza ai
confratelli slavi e di dare vita a una fratellanza ortodossa. Nei circoli pubblici e
governativi, inoltre, alcuni avrebbero voluto fondare una società commerciale rus-
so-africana e anche una banca russa in Etiopia. In assenza di garanzie e di un
concreto appoggio governativo, però, questi propositi non ebbero un seguito. In
defnitiva, quindi, come ha scritto Tat’jana Denisova, «furono le considerazioni di
carattere spirituale e ideologico a rivelarsi il fattore decisivo nell’avvicinare i due
paesi» 11.
Nel 1888, durante un incontro all’Accademia teologica di San Pietroburgo,
l’orientalista Vasilij Bolotov sollevò la questione dell’opportunità di organizzare
una missione ortodossa in Abissinia il cui fne ultimo doveva essere la conversione
degli etiopi all’«unica vera fede»; egli era tutt’altro che certo che sarebbe riuscita, ma
i tempi per portare avanti un tentativo sembravano ormai maturi. A luglio di
quell’anno, dopo le celebrazioni per i novecento anni del battesimo della Rus’, il
procuratore capo del Santissimo Sinodo Konstantin Pobedonoscev scrisse allo zar
Alessandro III, del quale era un infuente consigliere (così come lo era stato di suo
padre Alessandro II), che «è indiscutibile che queste persone (gli abissini, n.d.a.),
abbiano da tempo simpatia per la Russia e abbiano cercato da noi una risposta e
assistenza spirituale. Credo che sarebbe utile e prudente non respingerli in un caso
del genere» 12. Conservatore e intollerante nei confronti delle confessioni diverse da
quella ortodossa, Pobedonoscev era molto affascinato dall’idea di convertire la
popolazione dell’Abissinia sotto gli auspici del Sinodo.

10. A. KHRENKOV, Russia and Ethiopia: The development of bilateral ties (from the frst contacts to
1917), Moscow 1992, Institute for African Studies, pp.10-12, 19-21.
11. T. DENISOVA, «The frst Russian religious missions to Ethiopia», Religion and Politics Journal, Center
for Study of Religion and Religious Tolerance, Belgrade.
12. Lettere di Pobedonoscev ad Alessandro III, Novaja Moskva, vol. 2, 1926, pp.187-188. 223
IL MAL D’AFRICA RUSSO HA RADICI PROFONDE

La persona prescelta cui affdare il progetto di penetrazione russa in Etiopia,


alla fne, sarebbe stato proprio colui che vi si era già recato: il sedicente «atamano
dei cosacchi liberi» Ašinov. Non si trattava di una fgura affdabile: Alessandro III
diffdava visceralmente di lui e per questo Pobedonoscev dovette svolgere un’ope-
ra alacre di erosione delle resistenze del sovrano e del ministro degli Esteri Nikolaj
Girs (1820-95). Ciò detto, Ašinov era un fervente ortodosso, nazionalista e, soprat-
tutto, era privo di legami diretti con San Pietroburgo, il che lo rendeva sacrifcabile:
se le cose in terra d’Africa non fossero andate per il verso giusto, lo zar e il suo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

entourage avrebbero potuto dissociarsi dall’iniziativa e abbandonare l’avventuriero


al proprio destino.
Alla fne, dopo avere esitato, l’autocrate di tutte le Russie diede il benestare
alla spedizione, non resistendo alla comprensibile tentazione di stabilire una pre-
senza e una stazione commerciale russa sulle rive del Mar Rosso.

Africa chiama
I preparativi durarono alcuni mesi. Su richiesta di Ašinov, il prelato Paisius,
rettore di un istituto ortodosso di Costantinopoli, fu ordinato archimandrita e nomi-
nato capo spirituale dell’imminente missione. I due ricevettero il permesso di racco-
gliere donazioni per «l’istituzione di una stazione commerciale cosacca nel deserto
sulla costa africana e la costruzione di un monastero con una chiesa, un coro, una
scuola di alfabetizzazione per bambini nativi e una bottega dove gli autoctoni po-
tessero imparare i mestieri: falegnameria e tornitura, lavori di ferramenta e di costru-
zione, meccanica dei mulini e altri mestieri inseparabili dalla vita semplice degli
abissini» 13. Isidor Nikol’skij, il metropolita di San Pietroburgo, consegnò ad Ašinov
una lettera per il negus nella quale glorifcava «l’alto patrocinio fornito dal monarca
abissino all’unica fede evangelica e apostolica e alla Santa Chiesa ortodossa di Cri-
sto» 14. Gli organizzatori, grazie al positivo riscontro di numerosi russi entusiasti, riu-
scirono a raccogliere una certa quantità di donazioni con cui fnanziare la missione.
A fne anno tutto era pronto per la partenza. Essa ebbe luogo il 22 dicembre 15
dal porto di Odessa, dove il corpo di spedizione s’imbarcò sulla prima delle tre
navi che l’avrebbero condotta fno al Corno d’Africa, via Alessandria e Porto Said,
dopo avere ricevuto un’ultima benedizione. Il gruppo era costituito da 165 perso-
ne 16, di cui una quarantina di religiosi, un centinaio di «cosacchi liberi» del Terek 17
bene armati e alcune famiglie con bambini al seguito. Fu un bastimento del Lloyd
Austriaco noleggiato da Ašinov, l’Amphitrite, a portare a destinazione monaci e co-
sacchi. Lo sbarco avvenne nella notte tra il 16 e il 17 gennaio nei pressi di Obock 18,

13. T. DENISOVA, op. cit.


14. Russian State Historical Archives (Rsha), fondo 796, inventario 205, scatola 518, sezione I, fogli 4-5.
15. Da questo momento, nell’articolo, si fa uso soltanto di date del calendario gregoriano.
16. Secondo alcune fonti i “coloni” erano in tutto 175.
17. Fiume del Caucaso che sfocia nel Mar Caspio.
224 18. Nell’odierna Repubblica di Gibuti.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

nel Golfo di Tagiura, porto che i francesi avevano acquistato da un sultano locale
dopo l’abbandono della regione da parte degli egiziani, in un’area che Parigi non
aveva ancora occupato capillarmente. Giacché i francesi erano convinti che la de-
stinazione fnale della spedizione fosse l’Abissinia, non ostacolarono l’iniziativa. In
quella fase i più diffdenti furono senza alcun dubbio gli italiani, i quali erano già
presenti in Eritrea e in Somalia e per questo non gradivano interferenze da parte di
nuovi arrivati. Per monitorare la situazione, la Regia Marina aveva incaricato l’avviso
Barbarigo di seguire i movimenti della nave austriaca nel Mar Rosso. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Dopo avere bivaccato in tende, molestato le tribù locali e il loro bestiame, il


26 gennaio i cosacchi decisero di prendere possesso di un forte costruito a Sagal-
lo dagli egiziani e abbandonato dagli stessi pochi anni prima. La struttura era assai
precaria, ma costituiva pur sempre un punto di riferimento attorno al quale, nelle
fantasie di Ašinov, sarebbe potuta sorgere una città avamposto da cui esplorare
l’entroterra. Un vessillo russo 19 fu alzato in modo solenne su un’asta del forte che
i nuovi arrivati già chiamavano «Nuova Mosca». Paisius, intanto, aveva allestito una
chiesa da campo intitolata a san Nicola. A quel punto divenne chiaro che i piani
di Ašinov avevano una natura ben diversa rispetto a quella dichiarata: una ban-
diera russa che sventolava su un territorio soggetto a Parigi, per quanto non fsi-
camente occupato, era troppo per i francesi, i cui diplomatici intensifcarono i
colloqui con la controparte russa. Per molti giorni i cablogrammi si succedettero
freneticamente.
In Africa, alcuni cosacchi entrati in confitto con Ašinov disertarono e, giunti a
Obock, misero in cattiva luce il loro capo. I timori iniziali degli italiani, quindi, si
erano rivelati ben riposti. Roma, per il tramite del proprio corpo diplomatico, ma-
nifestò vivo malumore: l’ambasciatore a Vienna, Costantino Nigra 20, ottenne il silu-
ramento del direttore del Lloyd Austriaco per avere permesso che una nave della
compagnia fosse stata messa a disposizione di un avventuriero che, a suo dire,
danneggiava gli interessi dell’Italia, un paese legato all’Austria-Ungheria dalla Tri-
plice Alleanza. Sulle rive della Neva, l’ambasciatore Marchetti chiese spiegazioni al
ministro degli Esteri Girs, il quale però, essendo uno degli architetti della nascitura
alleanza franco-russa, era più preoccupato di rassicurare Parigi che Ašinov non
godeva di alcuna investitura formale.
Per diverse settimane l’atamano, adducendo accordi da lui stesso presi con un
sovrano locale tempo prima, si rifutò di ascoltare i francesi; questi, accortisi del
grande quantitativo di armi sbarcato dai cosacchi, ingiunsero di consegnare quelle
in eccesso e di sostituire il vessillo russo con il tricolore di Francia. Un nuovo rifu-
to, però, fu il viatico verso l’uso della forza. Dopo avere ottenuto un via libera
piuttosto esplicito da San Pietroburgo, Parigi telegrafò alla Marine Nationale di
passare dalle minacce ai fatti.

19. Alcune fonti riportano che il vessillo alzato sul forte di Sagallo da Ašinov fosse una variante del
tradizionale tricolore russo caricata con una croce di Sant’Andrea di colore giallo.
20. Costantino Nigra, conte di Villa Castelnuovo, (1828-1907) fu ambasciatore a Vienna dal 1885, quindi
senatore del Regno d’Italia. 225
IL MAL D’AFRICA RUSSO HA RADICI PROFONDE

Il 17 febbraio un incrociatore e tre cannoniere venute da Obock si presentaro-


no nelle acque di Sagallo. Si fece un ultimo tentativo di persuasione facendo sbar-
care un messaggero, ma Ašinov, ingenuamente convinto di potersi fare scudo
delle buone relazioni tra la Russia e la Francia, ignorò l’avvertimento. Verso mez-
zodì undici proiettili da 140 millimetri più altri di minor calibro investirono il forte,
provocando sei morti (un cosacco, due donne e tre infanti) e 22 feriti tra i coloni.
Ašinov, incredulo, non poté far altro che ordinare che un indumento di colore
bianco venisse issato in segno di resa. Iniziata come una sorta di farsa, l’avventura Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

dell’irresponsabile atamano e della sua «Nuova Mosca» si era trasformata in un tra-


gico fasco.
Dopo essere stati presi in carico dai francesi e separati, il capo cosacco e gli
altri membri della missione furono rimpatriati a Odessa e a Sebastopoli su diverse
navi, mentre il forte di Sagallo fu fatto brillare dagli artifcieri francesi per evitare
future grane. In Russia, per prevenire la reazione della società, si fece terra brucia-
ta attorno al cosacco. Il 24 febbraio (12 febbraio del calendario giuliano) il bollet-
tino uffciale scriveva che «il governo imperiale ritiene che non vi sia motivo di
considerare le autorità francesi di Obock colpevoli per lo spargimento di sangue
avvenuto a Sagallo e che la responsabilità di ciò dovrebbe ricadere interamente su
Nikolaj Ašinov, il quale ha deciso di turbare la pace all’interno di un territorio su-
bordinato a una potenza che è in relazioni amichevoli con la Russia» 21. Anche i
giornali, dopo avere elogiato inizialmente l’impresa, si allinearono e presero a
condannare quella che veniva ora defnita come una «santa causa affdata a mani
impure».
Ašinov fu accusato di tradimento dello zar: un’accusa infamante e per certi
versi paradossale, visto che le guardie personali della famiglia imperiale venivano
selezionate proprio tra i cosacchi. Fu condannato a tre anni di carcere da scontare
nella regione di Saratov, ma per ragioni non del tutto chiare non scontò la pena
per intero. Della sua vita, del resto, si è sempre saputo assai poco e anche le fonti
disponibili si contraddicono 22.

Dopo Sagallo
L’incidente non distolse San Pietroburgo dai propositi di penetrare in Africa.
Con la quasi concomitante ascesa al trono di Menelik II, unifcatore dell’Etiopia e
fondatore di Addis Abeba, l’instaurazione di relazioni formali tra la Russia e l’Abis-
sinia divenne fnalmente realtà. Già alla fne del 1889 Viktor Maškov, un giovane
uffciale che aveva a lungo sognato di recarsi in Africa, raggiunse la capitale etiope
in veste di corrispondente del quotidiano Novoe Vremja, per il quale collaborava a
quel tempo un certo Anton 9echov. Nonostante fosse privo di un’investitura uff-
ciale, il militare riuscì a farsi ricevere dal negus, che lo prese in simpatia sebbene

21. Gazzetta del governo, 12/2/1889.


226 22. Non è certo nemmeno l’anno della morte di Ašinov, che forse avvenne nel 1902.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

si fosse presentato a mani vuote. Quando rientrò in Russia, l’uomo portò con sé
doni e una lettera di Menelik per lo zar, ricevendo in cambio gratitudine e l’Ordine
di San Vladimiro. Nel 1891 una nuova missione guidata da Maškov, stavolta con il
patrocinio delle autorità religiose, politiche, militari e scientifche russe, gettò le
basi per la fornitura di armi all’Abissinia.
Nel 1895, a marzo, un’altra spedizione russa arrivò in terra etiope. A guidarla
fu l’uffciale Nikolaj Leont’ev, un cosacco del Kuban’, il quale fu accompagnato, tra
gli altri, da prelati interessati alla sempreverde questione dell’unione delle Chiese 23. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

Sei mesi più tardi, dopo avere visitato la Corte salomonide e raccolto informazioni
sulla situazione nel Corno d’Africa, Leont’ev rientrò a San Pietroburgo con una
delegazione abissina e un nuovo messaggio del negus. In quel momento, com’è
noto, si stava preparando il confitto tra il suo paese e l’Italia, ragion per cui Mene-
lik aveva sempre più bisogno di aiuti esterni in vista della guerra. Tra le armi a
disposizione degli etiopi nella battaglia di Adua, il 1° marzo 1896, vi saranno anche
42 cannoni da montagna russi e decine di migliaia di armi da fuoco portatili forni-
te da San Pietroburgo: alcune di queste erano dei residuati venduti anni prima dal
poeta e avventuriero Arthur Rimbaud; le rimanenti e i cannoni, invece, erano arri-
vati dalla Russia grazie alle missioni di Maškov e di Leont’ev.
Il confitto italo-etiopico (1895-96) suscitò simpatia nella società russa, al pun-
to che molti volontari, forse riconoscendosi in quel popolo orgoglioso e ortodosso
che si difendeva così strenuamente, si precipitarono per fornire assistenza, cosa
che fece anche una missione russa della Croce Rossa. Di questa delegazione face-
va parte Aleksandr Bulatovi0, uffciale, ieromonaco ed esploratore che riuscì a in-
graziarsi Menelik e dal quale ottenne l’autorizzazione a intitolare una catena mon-
tuosa al nuovo zar Nicola II. Per tre anni Bulatovi0 fu consigliere militare dell’im-
peratore etiope, così come lo fu Leonid Artamonov. Uffciale del genio, Artamonov
contribuì in prima persona al processo di modernizzazione delle forze etiopi; aderì
anche alle campagne di Ras Tessema contro i mahdisti del Sudan.
Con la progressiva uscita di scena di Pobedonoscev e la morte del metropolita
di San Pietroburgo Palladius Raev-Pisarev, si smise di parlare di unità delle Chiese,
ma ciò non infciò l’amicizia tra l’Etiopia e la Russia zarista. La costruzione di una
sontuosa ambasciata a Addis Abeba e l’arrivo del suo primo inquilino nel mese di
marzo del 1898 sancì l’istituzione di relazioni diplomatiche formali tra i due paesi.
La sicurezza dell’ambasciata fu affdata a quaranta cosacchi che, nonostante la spia-
cevole parentesi di Ašinov e di Sagallo, continuavano a essere un simbolo di lealtà
all’imperatore e autocrate di tutte le Russie.

23. La missione era inizialmente guidata dal capitano A.V. Eliseev; questi, però, dovette abbandonare
per ragioni di salute e cedere il comando a Leont’ev. 227
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ARMI COME AIUTI


AIUTI COME ARMI PELLICCIARI di Igor

Il conflitto ucraino segna una metamorfosi dell’aiuto umanitario:


statale, geopoliticamente condizionato, mirato in funzione anti- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

russa e dunque senza tabù, forniture belliche incluse. Il paragone


con la guerra di Bosnia. L’uso ritorsivo del grano.

«A IUTO» È PAROLA TRA LE PIÙ RICORRENTI


nell’epidemia di Covid-19 prima e nella guerra in Ucraina ora. Mentre era preve-
dibile un orientamento agli aiuti in un’emergenza sanitaria, meno lo è nel conte-
sto di un’aperta contrapposizione militare, per defnizione più chiuso all’idea di
cooperazione.
Durante l’epidemia, da queste pagine abbiamo proposto una lettura realista
degli aiuti tra Stati come strumento di politica estera e di potenza da parte dei pa-
esi donatori, di recente sviluppata in un volume specifco sul tema 1. Dall’emergen-
za iniziale alla diplomazia dei vaccini gli aiuti sono stati guidati da ragioni geopo-
litiche, condizionando relazioni ed equilibri internazionali. La crisi ucraina ha in-
fuenzato il modo in cui l’assistenza tra Stati è concepita e comunicata ancor più di
quanto abbia fatto l’epidemia. Un confronto tra gli aiuti sin qui erogati nel corso di
questa guerra e quelli che tre decenni fa, nel 1992, furono concessi nel primo anno
del confitto in Bosnia-Erzegovina fa emergere alcuni sviluppi notevoli nel rappor-
to tra assistenza e obiettivi geopolitici.
Il paragone verte su tre elementi chiave: lo scenario d’intervento, gli attori che
vi interagiscono (donatori e destinatari), il tipo di aiuto fornito.

L’aiuto neutralista in Bosnia-Erzegovina


Il confitto in Bosnia-Erzegovina s’inserisce nel caos post-guerra fredda, dove
la fne di consolidati equilibri internazionali crea un pericoloso vuoto. Il quadro
costituzionale e geopolitico di quella guerra soffre pertanto di una cronica debo-
1. I. PELLICCIARI, «Mosca nella tempesta perfetta», Limes, «La Russia non è una Cina», n. 5/2020, pp.125-
134; ID., Re-Framing Foreign Aid History and Politics from the Fall of the Berlin Wall until the Co-
vid-19 Outbreak, New York-London 2022, Routledge. 229
ARMI COME AIUTI, AIUTI COME ARMI

lezza e di una totale incertezza sui cambiamenti all’orizzonte. Dichiarata l’indipen-


denza in concomitanza con lo scoppio della guerra, lo Stato bosniaco è molto
fragile nelle sue fondamenta istituzionali. La sovranità è solo formale: il paese è
diviso in tre parti in aperto confitto militare, ciascuna con una propria debole ma
distinta organizzazione statale. Dal punto di vista geopolitico, il quadro è altrettan-
to confuso: i Balcani occidentali restano snodo importante, ma non è chiaro quale
debba essere la sua futura confgurazione.
Stati mossi da interessi propri cercano di ritagliarsi zone d’infuenza su nuove Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

aree rese accessibili dal crollo jugoslavo. Queste iniziative limitano legittimità e
margine di manovra del blocco occidentale, che la fne del Patto di Varsavia e l’ir-
rilevanza dei paesi non allineati rendono in questa fase dominante. Il 1992 è carat-
terizzato dall’impotenza delle Nazioni Unite e dell’allora Comunità economica eu-
ropea (Cee) nel limitare la degenerazione della crisi balcanica in confronto militare
cronico, cui si sovrappongono una guerra civile a sfondo etnico e un confitto fra
tre Stati dell’ex Jugoslavia (Croazia, Bosnia-Erzegovina e Serbia) 2.
I primi aiuti alla Bosnia-Erzegovina risentono di questa incertezza sulla futura
collocazione del paese e della concorrenza tra i principali attori dell’epoca. Di
fronte alla cautela degli Stati occidentali, i primi donatori ad attivarsi provengono
dal settore non governativo. Sono questi, insieme alle agenzie specializzate delle
organizzazioni multilaterali, gli unici presenti sul campo all’alba della guerra. Ciò
che li accomuna è l’impegno nell’aiuto umanitario d’emergenza, chiamato a soddi-
sfare impellenti bisogni primari soprattutto tra la popolazione civile. Gli interventi
sono spesso scollegati, simbolici e insuffcienti, ma sensibilizzano l’opinione pub-
blica occidentale su una crisi altrimenti trascurata. Sono portatori quasi esclusivi di
un messaggio pacifsta associato a uno spiccato neutralismo che, in nome dell’as-
sistenza alle vittime della guerra, ritiene necessario non prendere posizione sulla
crisi in corso.
Più strutturati e meglio organizzati sono gli aiuti di agenzie dell’Onu quali
Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), Unops (Uffcio delle
Nazioni Unite per i servizi e i progetti), Undp (Programma delle Nazioni Unite per
lo sviluppo), Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Tuttavia, anche questi
interventi sono altamente dispersivi e mediamente poco effcaci, per la complessi-
tà dello scenario bellico e per la meccanica trasposizione di modelli terzomondisti
a un paese europeo con alti livelli di sviluppo. Le organizzazioni internazionali ri-
sentono della mancanza di un chiaro mandato politico da parte dei loro vertici,
bloccati dalle divisioni tra Stati. Così gli aiuti restano in una dimensione esclusiva-
mente umanitaria, tanto apolitica da prendere le distanze pure dal pacifsmo attivo
del settore non governativo.
A queste condizioni la neutralità è deliberatamente sostituita con una ridon-
dante equidistanza tra le parti in confitto, tanto che i donatori multilaterali organiz-

2. E. AZARKAN, «Slovenian, Croatian and Bosnian independence struggles and dissolution of Yugosla-
via» Journal of Human Sciences, vol. 8, n. 2, 2011, pp. 52-91; B. RADELJI©, Europe and the Collapse of
230 Yugoslavia: The Role of Non-State Actors and European Diplomacy, London 2012, Palgrave Macmillan.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

zano la propria azione in tutti i paesi coinvolti, senza distinzioni. Anche in Serbia,
sebbene questa sia già ai ferri corti con il mondo occidentale e venga accusata di
aver innescato l’escalation (para)militare della crisi balcanica. Ciò comporta una
netta separazione tra sanzioni e aiuti. Il durissimo embargo imposto a Belgrado
non si intreccia con le politiche di aiuto a Sarajevo. Viene escluso l’invio di aiuti
militari al nascente esercito bosniaco in lotta con le forze floserbe, rigettata la pro-
posta di ammettere immediatamente la Bosnia-Erzegovina – insieme alla Croazia
– nella Cee 3. Sono ipotesi discusse come mere provocazioni, in modo velleitario. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

L’aiuto interventista in Ucraina


Contesto interno e internazionale della guerra ucraina sono radicalmente diver-
si. A differenza della Bosnia-Erzegovina, l’Ucraina entra in crisi tre decenni dopo
aver ottenuto una sovranità riconosciuta a livello internazionale e aver consolidato
un proprio sistema politico-istituzionale. Nei turbolenti anni Novanta, mentre la Re-
pubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina vive una traumatica separazione dalla
Jugoslavia, la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina raggiunge l’indipendenza sen-
za ostacoli dopo la dissoluzione dell’Urss, addirittura mantenendo i confni del pe-
riodo sovietico. Per quanto la guerra giunga inaspettata, i termini della controversia
che la precedono sono chiari, come le posizioni degli opposti schieramenti.
L’Ucraina arriva al 2022 dopo un lungo percorso di institution building assisti-
to da decenni di programmi occidentali, principalmente europei e statunitensi.
Sebbene questi abbiano dato risultati molto inferiori alle aspettative, hanno contri-
buito a rafforzare la percezione di una statualità ucraina consolidata 4. Il principale
problema irrisolto riguarda il diffcile equilibrio tra Kiev e le periferie occidentali e
orientali del paese, composte rispettivamente da maggioranze etniche ucraine e
russe. L’Ucraina diventa così teatro di una costante e prolungata contesa geopoliti-
ca tra le opzioni flo-occidentale (inizialmente solo flo-europea, col tempo anche
flo-atlantica) e florussa. I due orientamenti si intrecciano con la faglia interna
Est-Ovest, che produce governi e politiche radicalmente opposti: ora in sintonia
con la parte occidentale del paese, ora con la parte orientale.
La cristallizzazione di questa contrapposizione è alla base di due importanti
caratteristiche strutturali dello scenario odierno, del tutto assenti nel contesto bo-
sniaco del 1992: una posizione occidentale sostanzialmente unitaria sulla questione
ucraina e la determinazione russa a perseguire l’opzione militare, rispetto al basso
proflo tenuto da Mosca negli anni Novanta. Pur evitando un coinvolgimento mili-
tare diretto, Stati e organizzazioni occidentali (Nato, Ue) agiscono immediatamente
come donatori nel nuovo scenario di crisi, mentre nel 1992 si muovono con gran-

3. L. HANSEN, Security as Practice: Discourse Analysis and the Bosnian War, London 2006, Routledge.
4. A. DIMITROVA, R. DRAGNEVA, «Shaping convergence with the EU in foreign policy and state aid in
post-Orange Ukraine: Weak external incentives, powerful veto players», Europe-Asia Studies, vol. 65,
n. 4, 2013, pp. 658-681; U. HASHIMOVA «Ukraine: The View From Central Asia», 2022, thediplomat.com,
1/3/2022. 231
ARMI COME AIUTI, AIUTI COME ARMI

de ritardo rispetto all’inizio degli scontri faticando a riconoscere l’insorgere di una


guerra destinata a durare (gli accordi di Dayton vengono frmati quasi quattro anni
dopo l’inizio del tragico assedio di Sarajevo). L’esperienza dei massicci aiuti forniti
a Kiev nei tre decenni post-sovietici facilita la rapida risposta di un Occidente eu-
roatlantico che conta su reti istituzionali e logistiche sviluppate e su destinatari lo-
cali già noti. Questa velocità di reazione fa da traino al settore non governativo, che
si trova a inseguire narrazioni e valori lontani dal neutralismo e dal pacifsmo
promossi nel contesto bosniaco. In Ucraina gli aiuti vanno così oltre gli interventi Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

umanitari a sostegno dei civili, diventando strumento d’opposizione all’invasione


russa e di in aperto sostegno a una delle parti in causa.
Il primato dei donatori statali fnisce per infuenzare quantità, varietà e impatto
degli aiuti. Le maggiori risorse a disposizione del settore pubblico portano a un
aumento signifcativo della quantità di aiuto mosso o anche solo annunciato, piut-
tosto insolito per un confitto nelle sue prime fasi. Inoltre, la forte politicizzazione
dello scenario incide sul tipo di aiuto fornito, determinandone la diversifcazione.
Di fronte all’obiettivo comune di contrastare l’invasione russa, gli interventi coin-
volgono settori lontani dai classici aiuti in situazioni di emergenza. L’Ucraina riceve
un fusso consistente e variegato di assistenza fnanziaria, militare e politica prece-
duta da un intenso coordinamento tra donatori e destinatari sulla sua composizio-
ne e distribuzione.
La novità non sta tanto nel tipo di interventi, quanto nel modo e nella tempi-
stica con cui vengono realizzati. È il caso degli armamenti, apertamente computati
come forma legittima di aiuto. L’assistenza militare tra Stati esiste da molto tempo,
ma nell’inedito caso ucraino è inserita nella categoria formale degli aiuti internazio-
nali e come tale presentata alle opinioni pubbliche. Da parte occidentale, la que-
stione di quali armi inviare come aiuto all’Ucraina supera in visibilità le iniziative
umanitarie tradizionali, passate in secondo piano nel dibattito politico e nei media.
Come quando, davanti all’emergenza della popolazione ucraina nel fronteggiare
l’inverno senza elettricità, le prime ipotesi di aiuto riguardano il potenziamento del
sistema di difesa anti-aerea di Kiev.
Ciò è in netto contrasto con il caso bosniaco, dove si discute a lungo su qua-
li aiuti inviare dividendosi soprattutto sull’opportunità di mandare armi al gover-
no di Sarajevo, anche solo in funzione difensiva. Quando forniture militari ven-
gono infne concesse, tutto avviene nell’ombra, con una discrezione che rasenta
la segretezza.
Per quanto riguarda l’aiuto politico-istituzionale all’Ucraina, la principale parti-
colarità sta nel largo anticipo con cui si introduce il tema della ricostruzione: a
poche settimane dall’inizio della guerra e a esito dello scontro ancora incerto. La
Conferenza dei donatori indetta dall’Unione Europea il 5 maggio 2022 a Varsavia,
oltre agli interventi di emergenza e umanitari, inizia a pianifcare lo stanziamento
di sei miliardi di euro per la ricostruzione delle infrastrutture e del sistema econo-
mico dell’Ucraina. Discorso analogo vale per l’adesione di Kiev all’Ue: pur carente
232 in molti ambiti dell’acquis comunitario (malgrado l’assistenza tecnica fnanziata da
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

Bruxelles in trent’anni), il 23 giugno 2022 il Consiglio europeo concede all’Ucraina


l’ambìto status di paese candidato. L’accelerazione è una decisione politica presa
nel bel mezzo della guerra e slegata dal livello di armonizzazione raggiunto dal
paese candidato. È piuttosto una compensazione a Kiev per l’invasione russa e un
incentivo a opporvisi.
Tra le peculiarità dell’aiuto occidentale all’Ucraina vi sono poi importanti cam-
biamenti quantitativi e qualitativi nell’uso delle sanzioni. In primis la rapidità con
cui il quadro sanzionatorio vigente dal 2014 (cioè dall’annessione della Crimea da Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

parte della Russia) viene rafforzato, con un impatto molto più ampio. Nuove misu-
re si aggiungono alle esistenti in aree prima non toccate e vengono costantemente
aggiornate a seconda dell’andamento del confitto 5. La novità più interessante ri-
guarda però il sistematico uso integrato di sanzioni e aiuti per obiettivi tattici, il
coordinamento delle misure restrittive rivolte a una parte (il paese aggressore) in
modo tale che siano a vantaggio diretto della parte opposta (il paese aggredito),
che al contempo è destinataria degli aiuti.
Altra peculiarità rispetto al recente passato è che queste sanzioni vengono di
prassi decise e programmate consultando il governo ucraino, la cui autorità in mate-
ria diventa tale da sollecitare e mettere pubblicamente pressione sui suoi stessi do-
natori riguardo al tipo di misure restrittive che essi devono rivolgere contro Mosca.

Mosca dagli aiuti ai carri armati


Merita un approfondimento il contributo che nel 2022 Mosca dà all’evoluzione
(o all’involuzione) strumentale degli aiuti. Più che il confronto con il caso bosniaco
(dove la Russia ha un ruolo limitato), a rilevare sono le politiche di aiuto russe
degli ultimi vent’anni: periodo in cui il Cremlino cerca di affrancarsi dall’assistenza
occidentale per realizzare propri interventi su scala globale nel tentativo di miglio-
rare il proprio status. Per farlo mutua gran parte del modus operandi sovietico, in
particolare dalla metà degli anni Cinquanta alla fne degli anni Ottanta, quando
l’Urss aveva creato un’imponente e costosissima rete di iniziative a sostegno dei
paesi in cui aveva interessi strategici.
I principali aspetti mantenuti dal periodo sovietico sono due. Primo, un lega-
me diretto tra politica estera e interventi di assistenza, apertamente inquadrati co-
me difesa dell’interesse nazionale del donatore e orientati verso obiettivi geopoliti-
ci. L’approccio è facilitato da una concezione puramente pubblica dell’aiuto, com-
pletamente nelle mani dello Stato in tutte le fasi di gestione del progetto. Secondo,
un aiuto catch-all, non limitato ai classici interventi di cooperazione allo sviluppo
o assistenza umanitaria ma esteso a qualsiasi settore o risorsa che rientri nelle vaste
competenze dello Stato. A cominciare dalla fornitura agevolata di materie prime e
risorse naturali di cui la Russia è ricca.

5. L. HUANG, F. LU, «The Cost of Russian Sanctions on the Global Equity Markets», paperssrn.com,
21/3/2022. 233
ARMI COME AIUTI, AIUTI COME ARMI

Tale approccio è seguito da Mosca anche nella recente crisi epidemica. Du-
rante la prima ondata virale con le missioni di assistenza medica, come quella
«Dalla Russia con amore» in Italia. In seguito con il sostegno alle campagne d’im-
munizzazione di paesi terzi, distribuendo un vaccino concesso con criteri geopo-
litici opposti alle logiche di mercato dei vaccini occidentali 6. Il 2022 segna una
completa inversione di tendenza nella pratica russa degli aiuti, peraltro ampia-
mente anticipata nella stessa Ucraina. Nel 2013 la scintilla delle proteste che por-
tarono alla defenestrazione del presidente Viktor Janukovy0 fu la sua decisione, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

sotto forte pressione del Cremlino, di preferire gli aiuti fnanziari russi a quelli
dell’Unione Europea.
La guerra ucraina segna una rottura con il passato nel momento in cui Mosca
decide di perseguire i propri obiettivi di politica estera rinunciando alla formula
«aiuti e diplomazia» per passare ai carri armati. Il principale cambiamento riguarda
l’approccio verso beni e assetti tradizionalmente usati dalla Russia nei programmi
di assistenza. Si assiste a un effetto domino di chiusure diplomatiche russe verso
l’Occidente in settori non direttamente collegati alla campagna militare, che segna
un ulteriore spostamento dell’azione dal livello multilaterale a quello bilaterale,
secondo una tendenza già iniziata nel 2014. Il Cremlino interrompe o riduce gli
scambi nei settori dove negli ultimi anni, in nome delle sue politiche di aiuto, le
risorse concesse avevano superato quelle ricevute. La cessata partecipazione alle
missioni internazionali nell’Artico, la drastica riduzione dei programmi di coopera-
zione spaziale, l’uscita delle università russe dal processo di Bologna e l’abbando-
no del Consiglio d’Europa sono indicatori di un divorzio russo-occidentale piutto-
sto che di una separazione temporanea.
Tra i principali cambiamenti vi è il diverso rapporto con materie prime e risor-
se naturali indirizzate a paesi amici e alleati: da cessione a condizioni favorevoli a
strumento di offesa, di cui si limita selettivamente la distribuzione su scala globale.
Accanto ai prevedibili tagli alle forniture energetiche, il caso più emblematico ri-
guarda il grano, la cui esportazione viene bloccata a fasi alterne seguendo l’anda-
mento del confitto ucraino. Merce idealmente associata all’idea di cibo, il grano è
da sempre al centro dell’aiuto umanitario e dalla seconda guerra mondiale è sim-
bolo della cooperazione allo sviluppo e della lotta alla fame. Nel renderlo oggetto
di intensi negoziati internazionali in risposta alle sanzioni occidentali, la Russia ne
ha fatto un assetto politico e tattico utilizzato come arma ibrida nella competizione
geopolitica.

Energia e cibo come armi, sanzioni e armi come aiuto


Oltre a confermare che anche in questo caso gli Stati donatori agiscono in
primis a difesa dei loro interessi nazionali, l’Ucraina registra una combinazione di

6. I. PELLICCIARI, «Nella partita dei vaccini l’Italia è in fuorigioco», Limes, «A che ci serve Draghi», n.
234 3/2021, pp. 77-88.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

almeno otto peculiarità delle politiche di aiuti in guerra che la rendono uno scena-
rio senza precedenti:
Riguardo ai donatori statuali occidentali:
1) velocità di reazione;
2) primato e ruolo guida;
3) livello di coinvolgimento del destinatario.
Riguardo agli aiuti forniti:
4) quantità e diversifcazione degli aiuti; Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

5) armi come aiuto legittimo;


6) materie prime e risorse naturali come armi.
Riguardo allo scenario:
7) eccessiva anticipazione della fase postbellica;
8) sanzioni usate come aiuti.
L’eccezionalità di uno scenario dominato da donatori statali rafforza il legame
tra aiuti e obiettivi geopolitici, fnalizzando i primi ai secondi, oltre che al sostegno
umanitario. Valori e narrazioni d’interventismo prevalgono sul neutralismo pacif-
sta predominante quando il primato è dei donatori non governativi.
Dal bosniaco «aiuto per la pace» apolitico e trasversale si passa a un «aiuto a
difendersi» dato agli ucraini, il cui obiettivo specifco è di respingere l’invasione
militare russa.
La combinazione d’interventismo e risorse a disposizione del settore pubblico
porta inoltre a un fusso considerevole di aiuti, insolito per uno scenario di guerra
nella sua fase iniziale. Vengono coinvolte nuove aree d’intervento (fnanziario,
politico-istituzionale, militare) che si spingono oltre i tradizionali settori dell’aiuto
umanitario. Questo crea però le condizioni ideali per un aumento dei fenomeni
distorsivi: tasso di dispersione degli aiuti, loro sovrapposizione, impossibilità di
coordinare i donatori e di censirne gli interventi.
Fin dall’inizio del confitto, in nome dell’aiuto interventista vengono poi affron-
tate con larghissimo (eccessivo) anticipo la ricostruzione postbellica e l’adesione
dell’Ucraina all’Ue. Nel primo caso, il problema tecnico consiste nella pianifcazio-
ne di aiuti a fronte dell’impossibilità di quantifcare risorse e interventi in relazione
a bisogni ancora sconosciuti. La questione politica invece riguarda la competizione
tra i donatori statali interessati a gestire la fase critica della ricostruzione, ripetendo
percorsi (ed errori) già visti altrove: Bosnia, Afghanistan, Kosovo, la stessa Ucraina
dal 1991 al 2021. Quanto alla promozione dell’interesse dell’Ucraina nell’Ue, la
questione tecnica sta nell’ottenimento dello status a prescindere dal completamen-
to del processo di armonizzazione con l’acquis comunitario. Il che pone il tema
dell’omogeneità di giudizio con cui Bruxelles valuta la conformità dei paesi candi-
dati, già sollevata al tempo dell’adesione «prematura» di Romania e Bulgaria.
Uno degli aspetti più interessanti riguarda l’uso di risorse naturali e materie
prime da parte della Russia e di asset economici e militari da parte dell’Occidente.
Mosca fa dell’accesso a beni essenziali di grande impatto simbolico nel settore 235
ARMI COME AIUTI, AIUTI COME ARMI

energetico (come gas e petrolio) e agroalimentare (come grano e fertilizzanti) uno


strumento tattico di pressione, mentre l’Ue mette il sostegno fnanziario e militare
ad ampio spettro, inclusa la fornitura di armamenti, al centro delle sue politiche di
aiuto a Kiev. Queste prassi sanciscono due nuovi princìpi dell’aiuto destinati a la-
sciare il segno: il cibo e l’energia usati come arma, le armi elevate a forma legittima
e necessaria di aiuto. Viene insomma superata la tradizionale tendenza della comu-
nicazione istituzionale a presentare «vero aiuto» solo quello buono (interventi uma-
nitari o di sviluppo) a vantaggio dell’idea che l’aiuto interstatale possa essere di Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

qualsiasi tipo. Inoltre, dacché le armi sono fornite come assistenza in fase d’emer-
genza, il diritto all’autodifesa viene equiparato a un bisogno primario e gli arma-
menti messi sul piano degli aiuti umanitari. Il rischio è che le «armi come aiuto
buono» diventino un precedente destinato a ritorcersi contro gli stessi soggetti che
lo hanno introdotto, stanti le sue contraddizioni e la debolezza della sua defnizio-
ne. Proprio come l’«intervento preventivo» degli Stati Uniti in Iraq del 2003, che
oggi viene utilizzato da Mosca per giustifcare l’invasione dell’Ucraina.
Un’ulteriore evoluzione riguarda l’uso delle sanzioni, già passate in tempi re-
centi da ultimo passo prima della guerra a prima opzione offensiva alternativa alla
guerra e diventate per questo uno degli strumenti più utilizzati dalla diplomazia
post-guerra fredda. Nel contesto ucraino si assiste a un uso coordinato di sanzioni
e aiuti che da occasionale diventa sistematico, facilitato dal fatto che il ricorso ai
due strumenti cade sotto la stessa regia politico-istituzionale, con un coinvolgimen-
to senza precedenti e alla pari della controparte ucraina nella loro defnizione. In-
tegrate con l’aiuto interventista, le sanzioni diventano risorsa tattica per infuenzare
lo scenario bellico e colpire una delle parti in confitto in modo tale che ne bene-
fci la parte destinataria degli aiuti.
Utilizzate da quest’ultima come un’arma nel confitto, peraltro nel momento in
cui gli armamenti sono elevati a forma legittima di aiuto, le sanzioni (al nemico)
diventano in ultima istanza un’altra forma di aiuto (all’amico).

236
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

IL MISTERO
BOLLORÉ CAPOZZI di Fiorina

L’annunciata cessione delle strutture logistiche del grande gruppo


francese alla Msc della famiglia Aponte scatena interpretazioni Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

diverse. Sullo sfondo, conflitti di potere e di dinamiche geopolitiche


ai vertici dell’Esagono. Possibili scenari per la Françafrique.

1. I
N FRANCIA NON SONO STATI IN POCHI A
restare perplessi quando il gruppo Bolloré ha confermato che avrebbe venduto gli
asset della logistica in Africa al gigante dei trasporti marittimi Mediterranean Ship-
ping Company (Msc), gruppo che fa capo alla famiglia svizzero-sorrentina Aponte.
Perché mai un industriale e fnanziere bretone come Vincent Bolloré, proprietario
di Vivendi e profondo conoscitore dell’Africa, avrebbe dovuto disfarsi di un business
strategico, anche per il proprio paese, che macina utili operativi al ritmo del 32%
annuo? Proprio lui che è stato ribattezzato dalla stampa d’Oltralpe «l’industriale che
sa contare» per via della non comune capacità di intuire dai numeri gli affari più
promettenti. La cessione arriva per giunta in un momento geopolitico estremamente
complesso e delicato, in cui la Francia vuol far sentire la sua voce tentando di met-
tere un argine agli investimenti cinesi in Africa e alla crescente infuenza russa.
La risposta a questo interrogativo non è assolutamente banale e solo in pochi,
nella ristretta cerchia del potere politico ed economico d’Oltralpe, possono offrire
qualche indizio che possa aiutare a ricostruire il contesto in cui è stata avviata la
trattativa durata diversi mesi fra Diego Aponte, fglio dell’armatore sorrentino Gian-
luigi, e Cyrille Bolloré, terzogenito di Vincent.
Negli ambienti fnanziari parigini i banchieri fanno notare che l’offerta di Msc
per Bolloré Africa Logistics è decisamente generosa: se l’operazione andrà in porto
nel marzo 2023, dopo il via libera delle autorità competenti, il gruppo bretone in-
casserà dalla cessione degli asset africani 5,7 miliardi di euro. «Alla base di tutto c’è
il denaro che intascano gli armatori in un business in crescita. E l’Africa resta una
delle terre di espansione», spiega Paul Tourret, direttore dell’Istituto superiore di
economia marittima 1. Nonostante l’epidemia, i prezzi dei noli sono in aumento e i

1. O. COGNASSE, M. FRESSOZ, «Pourquoi le groupe Bolloré quitte l’Afrique», L’Usine Nouvelle, 3/5/2022. 237
IL MISTERO BOLLORÉ

gruppi della logistica macinano proftti. «Dal mio punto di vista credo che sia un’o-
perazione win-win», ha spiegato Diego Aponte 2. «Quanto al prezzo credo che sia
molto corretto per la famiglia Bolloré e accettabile per noi». Per quella cifra il grup-
po bretone dirà addio a un impero che aveva pazientemente iniziato a costruire
poco meno di quarant’anni fa, quando fu fra i primi a aderire al club imprendito-
ri-politici creato nel 1981 dall’amico industriale della difesa Olivier Dassault 3, mili-
tante del partito di destra Rassemblement pour la République (Rpr).
All’epoca Bolloré era affancato dal banchiere francese di origini israeliane An- Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

toine Bernheim, grande protagonista della fnanza internazionale, fra i fondatori


della banca d’affari Lazard, oltre che a lungo presidente delle Assicurazioni Genera-
li. Assieme mossero i primi passi in quella che sarebbe diventata una grande avven-
tura nel trasporto marittimo puntando sulla Scac, società di logistica e trasporto
controllata dalla Compagnie fnancière de Suez. Bolloré conosceva dall’interno il
gruppo che in passato era stato diretto dal suocero, François Fossorier, sindaco di
una magnifca cittadina della bassa Normandia, Deauville, e padre della sua prima
moglie, Sophie, dottore in matematica e madre dei suoi quattro fgli. La preda era
molto ambita. In corsa c’erano diverse aziende, ma alla fne Bolloré chiuse la partita
con un assegno da 250 milioni di franchi, circa 38 milioni di euro. Una cifra enorme
per il gruppo bretone, benché considerato basso dagli osservatori fnanziari dell’e-
poca che prospettavano ingenti ritorni d’investimento. «L’acquisizione di una società
non è indice di riuscita. È innanzitutto un esborso di denaro e questo denaro biso-
gnerà riguadagnarlo prima di realizzare dei proftti. E per riguadagnarlo ci vuole
molto lavoro», precisò Bolloré, commentando il colpo riuscito 4.
Di qui l’idea di posizionarsi ai primi posti nella logistica da e per l’Africa acqui-
stando una piccola società di trasporti marittimi, la Société Navale Caennaise,
azienda che non aveva più navi ma aveva ancora la licenza per trasportare merci
nell’area di interesse di Bolloré. Ne seguirono poi l’acquisto della Rhin-Rhône, del-
la compagnia Delmas-Vieljeux e infne della Banque Rivaud, nebulosa dietro cui si
celava un’oscura storia di riciclaggio e di fondi neri della destra gollista confuita
nello Rpr e successivamente nell’Union pour un mouvement populaire (Ump), il
partito di Nicolas Sarkozy 5. «La logistica da e per l’Africa è un business ecceziona-
le», dirà in tempi più recenti Bolloré, che investirà nel continente anche in porti e
ferrovie. «È una nicchia capace di produrre ricchezza. È questa la flosofa del no-
stro gruppo: essere numero uno su un segmento di nicchia» 6.
È così che Bolloré ha iniziato a frequentare il continente africano e a costruire
la sua rete di amicizie fra tutte le personalità politiche del Continente Nero. A intro-
durlo nei vari circoli fu inizialmente Pierre Aïm, patron della società di trasporti e

2. O. CASLIN, «Diego Aponte (Msc): “Nous nous inscrirons dans la continuité de ce qu’a bâti Bolloré en
Afrique”», jeuneafrique.com, 30/5/2022.
3. J. BOTHOREL, Vincent Bolloré : une histoire de famille, Paris 2007, Picollec.
4. F. CAPOZZI, Vincent Bolloré: il nuovo re dei media europei, Firenze 2015, goWare.
5. F. VERSCHAVE, Noir silence, Paris 2000, Editions des Arènes.
6. Conversazione con l’autrice a margine della conferenza stampa sui risultati del gruppo Bolloré
238 2007, Tour Bolloré, Quai Dion Bouton, Puteaux.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

BOLLORÉ AFRICA LOGISTICS


Porto Said

EGITTO

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Oceano Atlantico

Concessioni portuali
Concessioni ferroviarie
Vie fuviali
1 CAMERUN
2 CONGO

logistica Saga, comprata nel 1998 dal gruppo Bolloré. Il resto lo fecero poi, a partire
dal 1999, Michel Roussin, ex braccio destro del patron della Dgse (il servizio segreto
estero francese) ed Alexandre de Marenches, ex direttore di gabinetto di Jacques
Chirac, con un passato da ministro della Cooperazione sotto il governo Balladur e
da presidente di Medef Africa, la sezione africana della Confndustria francese 7.
Nel tempo le entrature del gruppo Bolloré in Africa sono diventate così impor-
tanti per la Francia che, fno alla presidenza dell’amico Nicolas Sarkozy, si diceva che
il fnanziere bretone avesse sostituito come orecchio dello Stato francese nelle ex
colonie l’industriale Martin Bouygues, proprietario della prima tv commerciale fran-
cese (Tf1), oltre che dell’omonimo gruppo di costruzioni e della compagnia telefo-
nica Bouygues Telecom.

7. F. CAPOZZI, op. cit. 239


IL MISTERO BOLLORÉ

2. Negli anni, l’impero africano di Bolloré ha continuato a crescere fno a diven-


tare una realtà da 20 mila dipendenti, 250 fliali, tre linee ferroviarie, presente in 42
porti, con 16 terminal container e 7 terminal dedicati al trasporto di veicoli su gomma
(roll-on/roll-off). Ma anche un business molto lontano dalle paillettes delle attività
media di Vivendi, alla quale fanno capo la tv Canal+, la società di comunicazione
Havas, l’etichetta musicale Universal e i giochi Gameloft. Per non parlare di parteci-
pazioni in asset italiani come Mediaset e Tim, l’ex monopolista di Stato Telecom Italia.
Capire come sia nato l’impero logistico africano è essenziale per comprendere Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

quanto sta accadendo oggi, il reale valore degli asset in questione e infne cosa abbia
spinto Bolloré a cedere un piccolo gioiello come Bolloré Africa Logistics. Uffcial-
mente, oltre al prezzo, c’è il dato di fatto che nel continente si è scatenata una forte
concorrenza internazionale, soprattutto cinese, per accaparrarsi le risorse oltre che la
logistica per trasportarle a destinazione. Inoltre, l’idea di cedere gli asset africani
deriverebbe dall’intenzione della famiglia bretone di concentrarsi sui media con Vi-
vendi, che rappresenta poco meno della metà del fatturato del gruppo francese (9,56
miliardi su un giro d’affari da 19 miliardi nel 2021).
A tal proposito, una parte della stampa africana ha evidenziato come l’uscita di
scena di Bolloré dall’Africa sarebbe «una vera-falsa ritirata» 8. Il gruppo ha venduto
infatti la logistica, ma non gli asset nel settore dei media: «Da metà febbraio il miliar-
dario bretone, che ha dovuto cedere il suo impero nei porti e nella logistica africana
alla Msc, non ha meno interessi nel continente. E un circolo di persone infuenti su
cui contare fra cui capi di Stato, uomini di fducia e imprenditori» 9. Ciò signifca che
se è vero che Bolloré non si occuperà più di trasportare merci da e per il continen-
te africano, è altrettanto vero che la sua rete di relazioni resta in piedi e il suo pote-
re intatto grazie all’infuenza di Vivendi nell’opinione pubblica africana.
L’idea che la famiglia Bolloré voglia concentrare i suoi investimenti su un solo
business, invece, non torna affatto. Sin dagli anni Settanta, quando il suo gruppo
rischiò il fallimento della cartiera di famiglia, Vincent Bolloré giurò a sé stesso che
non avrebbe mai più focalizzato tutti gli investimenti del proprio impero su un
unico settore. Diffcile che, a fne carriera, il fnanziere bretone possa aver cambia-
to idea. Tanto meno è verosimile che i fgli, Cyrille in particolare, abbiano scelto di
cambiare strategia senza la benedizione paterna.

3. Qualcosa sfugge, dunque, del senso della cessione di Bolloré Africa Logistics,
che fa di Msc il padrone indiscusso del traffco merci da e per l’Africa. Continente da
sempre considerato dall’Eliseo e dalla Francia terreno di conquista, se non colonia.
La cifra non è l’unica causa dell’uscita di scena di Bolloré dal continente africano. Il
gruppo non ha più il sostegno del governo francese per accaparrarsi i contratti nella
Françafrique. Nel 2019 ha perso il porto di Douala, in Camerun, a vantaggio di Til
(fliale di Msc) e del fondo Gip, che gestirà i porti acquistati da Bolloré. Il fop del

8. B. MIEU, N. COULIBALY, E. MAUSSION, O. CASLIN, O. MBADI, «Vincent Bolloré, proches, hommes de terrain
et chefs d’État… Les reseaux africains du patron français», jeuneafrique.com, 27/3/2022.
240 9. Ibidem.
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

ciclo logistico ha avuto un impatto sul gruppo francese, come ha raccontato Frédéric
Lejeal, giornalista specializzato sui temi africani, a proposito del gigantesco progetto
di sviluppo che coinvolge Abidjan, in Costa d’Avorio, Lomé, in Togo, e tutto l’hinter-
land dell’Africa occidentale.
Inoltre, il gruppo Bolloré ha diversi guai giudiziari in Africa. In Camerun, ad
esempio, è sorvegliato speciale perché accusato di non rispettare i diritti umani e
l’ambiente nelle piantagioni di olio di palma che fanno parte del gruppo. E poi an-
cora, in Togo e in Guinea Bolloré è stato accusato di infuenzare l’elettorato africano
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

attraverso Havas. Così è fnito imputato di corruzione di funzionari pubblici stranie-


ri con l’obiettivo di ottenere le concessioni per i porti africani di suo interesse. Per
questa ragione, nel 2018 il fnanziere bretone è stato fermato e gli uffci parigini del
suo gruppo sono stati perquisiti a una manciata di giorni dalle accuse contro l’amico
Nicolas Sarkozy, che avrebbe tentato di comprare i giudici impegnati in una delicata
inchiesta sui fnanziamenti illeciti della campagna presidenziale del 2007. E per que-
sto poi è stato condannato per entrambi i capi di accusa. Mala tempora currunt in
Francia. Soprattutto per gli ex amici del Fouquet’s, il prestigioso locale degli Champs
Élysées dove Sarkozy festeggiò la vittoria elettorale del 2007. Così, da tempo, la fa-
miglia bretone aveva iniziato a interrogarsi sull’opportunità di continuare a investire
nella logistica nonostante i buoni ritorni economici.
«In Francia, rispetto a questa nuova guerra fredda che però non chiamiamo
così, di fronte alle sfde economiche, energetiche e demografche, i nostri dirigen-
ti sembrano incapaci di proporre una visione di medio o lungo termine», spiega
Marc Endeweld 10. Da decenni tentano di reagire all’emergenza senza proiettarsi
nel futuro, senza anticiparlo. I dossier sono trattati senza prospettive e rivelano
spesso piccole storie di colpi bassi e segreti. «L’équipe de France parte spesso di-
visa all’estero», si dispera un uomo d’affari che tratta grandi contratti internaziona-
li. «Il nostro paese si impantana in guerre fra bande ai più bassi livelli, lontano dai
giochi strategici. Basta guardare al ruolo di Alexis Kohler, segretario generale
dell’Eliseo, in alcuni dossier industriali, per esempio i confitti Veolia-Suez, la lotta
fra Vincent Bolloré e la presidenza della Repubblica e i clan che si stracciano le
vesti sul nucleare» 11.
A indurre Bolloré a rompere gli indugi sulla cessione delle attività africane non
sarebbero state le diffcoltà di gestire i business continentali, bensì proprio la diff-
cile relazione con Emmanuel Macron. Il delicato rapporto Bolloré-Eliseo è un caso
caldo Oltralpe. Lo testimonia il fatto che l’industriale bretone ha creato e fnanziato
l’ascesa dell’ultranazionalista Éric Zemmour, candidato alle ultime presidenziali,
nell’intento di uscire dall’angolo e nella speranza che la Francia avrebbe virato a
destra. Macron invece è stato riconfermato e per la famiglia Bolloré il clima è di-
ventato ancora più pesante. L’industriale bretone è da sempre considerato un out-
sider nell’élite fnanziaria francese. Un raider, uno che non bussa alla porta, ma che
10. M. ENDEWELD, L’emprise: la France sous infuence, Paris 2022, Seuil.
11. Ibidem. 241
242
Kayes MALI BOLLORÉ IN AFRICA
Mopti
SENEGAL Kidira NIGER
Dori Téra
BURKINA
Sadiola Ségou NIAMEY
IL MISTERO BOLLORÉ

Kita FASO
BAMAKO Dosso
Kaya
Corridoi costruiti da Koutiala
Bolloré Africa Logistics Koudougou
Kangaba OUAGADOUGOU Gaya
Filiali Bolloré Africa Logistics
Sikasso Melanville
Porti
GUINEA Bobo-Dioulasso
Concessioni portuali Ségou Kandi
Bolloré Africa Logistics
Agenzie aeroportuali di Banfora BENIN
Bolloré Africa Logistics
CONAKRY Ouangolodougou GHANA
Tratte ferroviarie da Niamtougou
riabilitareSIERRA Ferkessédougou
Parakou NIGERIA
LEONE
Tratte ferroviarie da
COSTA TOGO
costruire
FREETOWN Blitta
Città attraversate dalla D’AVORIO
ferrovia
Bouaké
LIBERIA
MONROVIA Yamoussoukro Kumasi PORTO-NOVO
LAGOS

Buchanan LOMÉ Cotonou


Noé Tema
ACCRA
San Pédro ABIDJAN
Sekondi-Takoradi Golfo di
Benin

Oceano Atlantico
Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8
L’INTELLIGENZA NON È ARTIFICIALE

se futa la preda con una buona redditività e una certa liquidità l’attacca senza
chiedere il permesso all’azionista di maggioranza, tentando di sflargli la società.
Così ha tentato di fare con Martin Bouygues, salvato in extremis dal miliardario del
lusso François Pinault (Gucci). Così è riuscito a fare con Arnaud Lagardère, fglio
dell’omonimo editore Hachette, recentemente fnito nella rete di Vivendi nonostan-
te l’intervento del cavaliere bianco Bernard Arnault, cui fa capo il gruppo Lvmh,
proprietario di case del lusso come Louis Vuitton o Fendi. Operazione, quest’ulti-
ma, conclusa nonostante l’intervento a gamba tesa dell’Eliseo in una cena fra lo Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

stesso Macron e Bolloré, in cui il presidente francese ha anche fatto sapere di non
apprezzare affatto il tono conservatore del canale CNews, fliale della Canal+ di
Vivendi. Proprio per le sue caratteristiche di raider, l’élite parigina non ha gradito
l’incursione di Bolloré nei media. Per non parlare del fatto che il fnanziere bretone
rappresenta una Francia cattolica conservatrice che poco o nulla ha a che vedere
con Macron e i suoi sostenitori, i quali pendono più verso la Francia social-liberale.
È in questo contesto di continuo contrasto con l’Eliseo che Bolloré ha maturato la
decisione di abbandonare la logistica africana.

4. L’offerta generosa di Msc è stata quindi l’occasione giusta per voltare pagina?
Quasi un’opportunità piovuta dal cielo? Non esattamente. La scelta del successore è
arrivata direttamente dall’Eliseo: ci ha pensato direttamente il braccio destro di Ma-
cron, Alexis Kohler, che è imparentato con gli Aponte e che è stato al centro di
polemiche per aver celato i suoi legami familiari. Non solo nell’operazione Bol-
loré-Msc, ma anche quando, dopo essere stato direttore fnanziario di Msc, è diven-
tato consigliere nel board di Chantiers de l’Atlantique di cui gli Aponte erano clienti
e che Fincantieri ha tentato invano di conquistare anni fa. Il legame fra Kohler e gli
Aponte è infatti molto profondo. Le radici del braccio destro di Macron sono alsazia-
ne, ma anche israeliane. Sua madre, Sola Hakim, è nata nel 1932 a Haifa da una fa-
miglia ebreo-palestinese ed è la cugina di Raffaela Diamant, fglia di Régine Hakim
e del banchiere svizzero Pinhas Diamant, nonché moglie dell’armatore sorrentino
Gianluigi Aponte 12. Di qui la garanzia per Macron sul gruppo Aponte e la decisione
di invitare Bolloré a uscire dalle attività logistiche africane, vendendo a qualcuno
ritenuto più affdabile per gli interessi dell’Eliseo e di una ristretta lobby internazio-
nale. È questo il contesto in cui Bolloré e Msc hanno avviato la trattativa sugli asset
africani, sfociata poi nell’operazione di cessione agli armatori italo-svizzeri che a
gennaio sono diventati leader mondiali nella logistica internazionale via mare e che
già conoscono bene il continente africano.
La scelta non poteva essere più appropriata anche sotto il proflo industriale.
Fondata dal capitano Aponte nel 1970, Msc è presente in Africa sin dalla nascita e si
è diffusa in 40 paesi dando lavoro a circa 8 mila persone. Inoltre il gruppo, che a
suo tempo potenziò la presenza continentale con l’acquisizione della compagnia
genovese Ignazio Messina & C., ha le carte in regola per sviluppare gli affari africani

12. M. ORANGE, L’affaire Kohler, Paris 2022, Mediapart. 243


IL MISTERO BOLLORÉ

e consolidare la leadership mondiale. Il gigante del trasporto via mare, che ha un


giro d’affari superiore ai 60 miliardi, può contare su circa 600 navi portacontainer di
cui quasi 200 di proprietà, in un mercato in decisa crescita. Secondo uno studio
della società di ricerca Srm, a livello mondiale il commercio internazionale è cresciu-
to dell’1,1% nel 2022, con 12,2 miliardi di tonnellate di merci trasportate, e aumen-
terà del 2,3% nel 2023. «Ognuno di noi ha in casa un oggetto che è stato trasportato
via mare», sintetizza simbolicamente Alessandro Panaro, responsabile del diparti-
mento Maritime & Energy di Srm 13. Non solo: «L’import-export via mare continua a Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

rappresentare l’ossatura del commercio internazionale. Il commercio marittimo rap-


presenta il 70% del valore complessivo degli scambi mondiali e il 90% del suo volu-
me. I trasporti marittimi e la logistica valgono circa il 12% del pil globale» 14. Lo sce-
nario è quindi di un mercato in costante crescita, con Msc protagonista indiscusso
del settore. Anche in Africa e non solo nel trasporto, ma pure nelle infrastrutture
locali, come testimoniano investimenti importanti quali l’espansione della capacità
del Lomé Container Terminal (Lct) o l’accordo di concessione di 35 anni per gestire
il terminal container di San Pedro in Costa d’Avorio. Oggi Msc è un colosso che
svolge servizi di spedizione settimanali da 60 porti africani e ha più collegamenti
all’interno dell’Africa occidentale di qualsiasi altro vettore. Inoltre sotto il marchio
Medlog, il suo braccio logistico, fornisce anche infrastrutture interne, trasporto mul-
timodale (strada, ferrovia, chiatta) e altro ancora. In sintesi, Msc è il nuovo grande
alleato che Macron desiderava in Africa sia sotto il proflo delle relazioni geopoliti-
che sia sotto quello più propriamente industriale, anche per gestire la rete di amici-
zie che da sempre fanno la forza delle imprese francesi in Africa.
Tuttavia all’Eliseo stanno sottovalutando una questione di non poco conto. Per
la famiglia Bolloré la cessione degli asset africani potrebbe essere solo una nuova
tappa nella storia bicentenaria di un gruppo di famiglia che continua a essere in-
fuente in Africa attraverso i media. Anche perché a operazione conclusa Bolloré
avrà in tasca un bel po’ di liquidità da investire.

13. Intervento durante l’incontro «L’uomo e il Mare», Rassegna Occidente, Anzio 9/9/2022.
244 14. Rapporto 2022 Italian Maritime Economy, Srm, Napoli 2022.
ALESSANDRO ARESU - Consigliere scientifco di Limes. Autore di Il dominio del XXI secolo.
Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia (2022).
EDOARDO BORIA - Geografo al dipartimento di Scienze politiche dell’Università La Sapien-
za di Roma, è titolare degli insegnamenti di Teorie e Storia della geopolitica e di
Metodologia per l’analisi geopolitica. Consigliere scientifco di Limes. Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

FIORINA CAPOZZI - Giornalista di economia e fnanza. Redattrice di Verità&Affari. È autri-


ce di due libri: uno sul fnanziere Vincent Bolloré, l’altro sul caso Tim.
CARLO CAVAZZONI - Senior Vice President of Cloud Computing di Leonardo e responsabi-
le del Leonardo Lab dedicato all’High Performance Computing.
BRUNO CIANCI - Dottorando in Scienze e tecnologie del mare. Giornalista professionista,
è autore di numerosi saggi. Insignito nel 2021 dell’onorifcenza di Cavaliere dell’Or-
dine della Stella d’Italia per il suo contributo ai rapporti bilaterali Italia-Turchia.
NICOLA CRISTADORO - Analista militare.
GIORGIO CUSCITO - Consigliere redazionale di Limes. Analista, studioso di geopolitica ci-
nese. Cura per limesonline.com il «Bollettino imperiale» sulla Cina. Coordinatore re-
lazioni esterne e Club alumni della Scuola di Limes.
MAURO DE BONIS - Giornalista, redattore di Limes. Esperto di Russia e paesi ex sovietici.
FRANCESCO MARIA DE COLLIBUS - Enterprise Architect e Innovation Engineer all’Axa Svizze-
ra di Winterthur. Autore di Blitzkrieg Tweet (2012) e con Raffaele Mauro di Hacking
Finance, la rivoluzione del bitcoin e della blockchain (2016). È dottorando di ricerca
in Blockchain all’Università di Zurigo.
GIUSEPPE DE RUVO - Laureato in flosofa.
LORENZO DI MURO - Consigliere redazionale di Limes. Si occupa di Cina-Usa, Indo-Pacif-
co e America Latina. Scrive per Aspenia, The Asia Dialogue, Formiche.
HE Tian - Assistant Professor al dipartimento degli Studi internazionali dell’Università
Xi’an Jiaotong-Liverpool di Suzhou.
VASILIJ KAŠIN - Higher School of Economics, Mosca.
ALESSANDRO MASSA - Responsabile dei Leonardo Labs.
GIACOMO MARIOTTO - Analista geopolitico e collaboratore di Limes.
FABRIZIO MARONTA - Redattore, consigliere scientifco e responsabile relazioni internazio-
nali di Limes.
MIRKO MUSSETTI - Analista di geopolitica e geostrategia. Scrive per Limes e InsideOver. Ha
pubblicato La rosa geopolitica (2021).
STEPHEN R. NAGY - Professore associato alla International Christian University di T§ky§,
Senior Fellow al MacDonald Laurier Institute (Mli), Fellow al Canadian Global Affairs
Institute (Cgai) e Visiting Fellow al Japan Institute for International Affairs (Jiia). 245
TERESA NUMERICO - Professoressa associata di Logica e Filosofa della scienza all’Universi-
tà Roma Tre.
IGOR PELLICCIARI - È corrispondente di Limes dalla Russia. Ordinario di Storia delle istitu-
zioni e relazioni internazionali all’Università di Urbino Carlo Bo, dal 2019 è ambascia-
tore della Repubblica di San Marino nel Regno Hashemita di Giordania.
PAOLO PISTONE - Ricercatore all’Università Roma Tre, si occupa di logica matematica e
delle sue molteplici applicazioni nell’informatica.
SIMONE ANTONIO SALA - Lavora nell’industria elettronica e dei semiconduttori. Attualmente Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

occupa la posizione di Principal Technology Engineer presso Infneon Austria. Nel


2022 ha frequentato la II edizione della Scuola di Limes.
JACOB L. SHAPIRO - Analista geopolitico.
PETER W. SINGER - Senior Fellow al New America e Managing Partner di Useful Fiction
Llc, società di comunicazione e previsione strategica.
MARCELLO SPAGNULO - Consigliere scientifco di Limes, ingegnere aeronautico e presiden-
te del Mars Center.
VITALIJ TRET’JAKOV - Giornalista e preside della Scuola superiore per la televisione dell’U-
niversità statale di Mosca Mikhail Lomonosov.
PAUL TRIOLO - Esperto del Chinese Business and Economics al Center for Strategic and
International Studies.
FRANCESCO UBERTINI - Professore all’Università di Bologna e presidente di Cineca.
ALAN HAO YANG - Professore all’Institute of East Asian Studies della National Chengchi
University di Taiwan.
You Ji - Professore di Relazioni internazionali e capo del dipartimento di Governo e
Pubblica amministrazione dell’Università di Macao.

246
La storia in carte
a cura di Edoardo BORIA

1. Quello degli scienziati che lavorano sull’intelligenza artifciale è necessaria-


mente un approccio neo-illuminista alla conoscenza e al progresso, orientato alla
sistematica classifcazione delle osservazioni per la creazione di un ordine. È quanto
implicitamente fanno anche quelle immagini cartografche che ordinano e classi-
fcano gli elementi geografci più notevoli della Terra. Ne è un esempio la fgura 1, Copia di c628595568de6a28e86152167c2302a8

che propone un confronto visivo tra i principali fumi e montagne del mondo. Con
diverse inesattezze, per la verità, dovute allo stato ancora incompleto delle esplora-
zioni geografche a metà Ottocento. Come fume più lungo, all’estrema sinistra della
tavola, veniva considerato il Missouri (che noi oggi chiameremmo Mississippi dan-
do priorità all’arteria principale di quel bacino idrografco). Il Nilo, per molti oggi il
più lungo, risultava solo quinto (dopo Rio delle Amazzoni, Enisej e Yangtse). Molto
approssimative sono anche le altitudini delle montagne, sull’altro lato.
Grazie al loro potente impianto gnoseologico, le mappe concettuali, le mappe
mentali e le mappe cognitive risultano strumenti oggi molto utilizzati nel campo delle
scienze cognitive, in particolare nei tentativi di defnizione di formalismi e modelli
che descrivono i processi di comprensione. Sono un «mezzo per interpretare, riela-
borare e trasmettere conoscenze, informazioni e dati, i concetti principali, i molte-
plici legami che essi stabiliscono e di conseguenza i possibili percorsi del ragiona-
mento» (M. Gineprini, M. Guastavigna, Mappe per capire, capire per mappe, Roa 2004).
Fonte: Adattamento tedesco della carta di Adam e Charles Black del 1851
apparsa sulla rivista Petermann’s Mitteilungen, 1860 circa.

2. Replicare la mente umana fuori dall’umano è possibile solo se si ha fducia nel


fatto che essa operi in modo razionale. Una fede per scienziati come Alan Turing, il
matematico celebrato anche al cinema, convinto che si potesse perseguire l’intelli-
genza artifciale copiando gli schemi del cervello umano. Secondo questo paradigma
simulativo, l’intelligenza artifciale dovrebbe imitare il pensiero umano. Fallacia an-
tropocentrica secondo altri scienziati, per i quali invece di un ambiente puramente
computazionale si dovrebbe immaginare un ambiente socio-computazionale, dove
umano e tecnico interagiscono fondendosi in un assemblaggio socio-tecnico.
Il dogma della razionalità è, invece, sempre parso un lusso agli etologi, che
considerano i comportamenti umani come frutto di pulsioni endogene. Di interes-
se per la geopolitica è la loro interpretazione dell’istintiva animosità tra i popoli,
che non avrebbe solo radici culturali ma anche biologiche.
Un richiamo, fasullo, alla razionalità dell’interpretazione in politica è presente
nella fgura 2, che proviene da un settimanale di propaganda nazista in lingua in-
glese. Nel dibattito sulle colpe dell’innesco della seconda guerra mondiale, sotto-
pone provocatoriamente al lettore il confronto tra le superfci territoriali del Reich
e dell’impero britannico, domandandosi in forma retorica come può essere il primo
ad aver aggredito il secondo, enormemente più esteso. A facile smentita bastereb- 247
be obiettare che non è la superfcie a fare la potenza di un soggetto geopolitico,
anche se la potenza dell’immagine cartografca lascerebbe pensare il contrario.
Fonte: «A study in Empires», dalla rivista Facts in Review edita dalla German
Library of Information di New York, vol. 2, n. 5, 1940.

3. Uno dei più potenti simboli geografci della tecnologia è la Silicon Valley,
tra i pochi luoghi capaci di generare, magari nell’inconsapevolezza degli scienziati
che vi lavorano, decisive trasformazioni nella politica internazionale. La fgura 3
trasmette la sua brulicante concentrazione di industrie ad alta tecnologia.
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La Silicon Valley è in cima alla lista dei luoghi in cui maturano decisioni che
condizionano i destini delle nazioni, in compagnia di centri di potere del calibro
della Casa Bianca e Wall Street. La lista inversa è quella dei luoghi dove quelle de-
cisioni producono effetti, dove le tensioni si manifestano e il cambiamento prende
corpo. Vi troviamo, in questo momento storico, località quali la foce del Dnepr, le
piazze iraniane e i centri petroliferi delle Libie.
Fonte: Maryanne Regal Hoburg, Silicon Valley, City Graphics of America,
Fremont (California), 1982 (Rumsey Map Collection).

4. Come capiterà a molti ormai, a volte compio un’azione che avrebbe fatto
dubitare mia nonna della mia stabilità mentale: parlo con una macchina. Anzi,
ci dialogo proprio perché la conversazione può procedere anche oltre la prima
domanda. Ad esempio, succede che attraversando il salotto chiedo come sarà il
tempo domani, e poi dopodomani. Non mi rivolgo a mia moglie o a qualche fglio,
normalmente poco reattivi alle mie interpellanze. Mi rivolgo a un’assistente vir-
tuale, di quelli installati sugli smartphone o collegati ai televisori. La risposta mi
arriva un po’ metallica ma immediata, molto documentata e persino ben educata.
Questi dispositivi capiscono il linguaggio degli umani. E non solo uno, vista la natu-
ra poliglotta della nostra specie, ricordata dalla fgura 4 che riporta per i diversi territori
europei le prime parole della più conosciuta preghiera cristiana: il Padre nostro. Così,
in corrispondenza della penisola italiana si trovano la versione nella lingua di Dante
(«Padre noʃtro …») e quella che precedeva il Sommo (il latino «Paternoʃter…»). Sulla
Francia i versi iniziano con un francese d’antan «Noʃtre Pere», mentre in Spagna con
«Padre nueʃtro» e così avanti per 33 lingue, dall’islandese al tataro.
Gli assistenti virtuali vengono sviluppati per accettare più lingue in modo da
penetrare più mercati. Ma solo quelli che prospettano un ritorno economico. L’in-
telligenza artifciale, dunque, approfondisce le disparità tra le lingue, ma non ba-
sandosi solo sul numero dei parlanti. Molto più prosaicamente, le loro applicazioni
commerciali seguono l’istinto al proftto dei produttori, i quali stimano quanto può
spendere una certa comunità di parlanti per dotarsi del portentoso apparecchio. È
questo che determina la scelta aziendale di sviluppare il prodotto in quella lingua
o rinunciare all’impresa. Lingua è geopolitica, cioè distribuzione squilibrata del
potere. Intelligenza artifciale è potere, cioè fattore di forza di un gruppo umano.
Fonte: Gottfried Hensel, Europa Polyglotta, Linguarum Genealogiam exhibens,
248 una cum Literis, Scribendique modis, Omnium Gentium, Norimberga 1741, Homann.
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