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CONSIDERAZIONI

MEDITAZIONI E CONTEMPLAZIONI
PER GLI

ESERCIZI SPIRITUALI

AL CLERO
SCRITTE

DA MONS . V. G. BERCHIALLA

ARCIVESCOVO DI CAGLIARI

BIBLIQUE S. J,
Los Fontaines
60 - CHANTILLY

ROMA

TIPOGRAFIA POLIGLOTTA
DELLA S. C. DE PROPAGANDA FIDE

1891.
Proprietà letteraria
FINE

MEDITAZIONE PRIMA

Ipse fecit nos et non ipsi nos . Ps. 99.

Primo dovere dell'uomo, che si dà alla sapienza , ė ,


dice il Crisostomo, considerare ciò che egli è, quello che
v'è dentro di se stesso, quello che sotto , quel che sopra,
quel che contro, quel che dopo . Nasce da queste consi
derazioni un quadruplice frutto, cioè il proprio vantaggio ,
il bene del prossimo, lo sprezzo del mondo , l'amore di
Dio . Est primum sapientiam hominis affectantis contem
plari quid ipse sit, quid intra se, quid infra , quid supra ,
quid contra, quid postea sit : haec consideratio quadru
plicem affert fruetum , utilitatem sui, charitatem proximi,
contemptum mundi, amorem Dei ( Tract. de superb. lib . 3).
Ora l' esser noi convenuti in questa solitudine dei santi
esercizi che cosa è altro che lo studio della vera sapienza ?
che cosa è altro che lo studio di noi medesimi, e del fine
della creazione, e di quel che ci aspetta nei secoli avvenire ?
Venite dunque, o Venerandi Sacerdoti, esultiamo dinanzi
al Signore, esultiamo dinanzi al Salvatore, preoccupiamo,
colla confessione di sue lodi, il volto di Lui e cantiamolo
coi salmi. Egli il nostro grande Signore e re, che ha nelle
mani i termini dell'universo , e vede le altezze delle mon
tagne, non ci discaccerà dal suo cospetto : suo è il mare ,
ed Egli lo fece ; sua è la terra , ed Ei la creò. Venite ado
remus et procidamus ante Deum , ploremus coram Domi
no qui fecit nos, quia ipse est Dominus Deus noster, nos
autem populus eius et oves pascuae eius (Ps. 94) . Egli ci ha
fatti e non noi ci siamo creati, ipse fecit nos et non ipsi
nos : Egli ci ha creati, ci ha formati, ci ha fatti , ci ha re
denti : Omnem qui invocat nomen meum , in gloriam meam
creaui eum , formavi eum et feci cum ( Isai. 43 ); Ego rede
mi te ( ibid .).
Riflettiamo profondamente all'altissimo senso di queste
quattro parole che ci annunziano il lavoro delle mani di
Dio sopra di noi, e colla grazia di Dio, aiutandoci la Bea
tissima Vergine e S. Giuseppe, con tutti i Santi, procuria
mo di ricavarne quelle pratiche conseguenze che ne na
scono spontanee. Omnes Sancti et Sanctae Dei, etc.
PUNTO PRIMO .

In gloriam meam creavi eum ( Is. 43). Iddio ha cavato dal


nulla , con un atto semplicissimo della sua volontà , l'anima
nostra ; come nella creazione del primo uomo il consiglio
della augustissima Triade disse : faciamus hominem ad
imaginem et similitudinem nostram , cosi nella creazion
nostra Iddio lo ripetė : facciamo un'anima somigliante a
Noi ; imagine nostra, fra le creature, la più nobile ; e chia
ra imagine della divina sapienza l'intelletto , similitudine
della divina bontà il volere : come nell' augustissima Triade
son tre le persone, tre sono le potenze dell'anima: come
Dio Padre, conoscendo se stesso , genera il Verbo, e per
l' amore, il Padre ed il Verbo producono lo Spirito Santo,
cosi vi sia nell'anima dell'uomo il proprio verbo , che è
il pensiero e la contemplazione della verità ; e vi sia un
proprio amore che è il proseguimento della felicità di lor
propria, e l'acquisto della virtú.
Iddio creo quest' anima imagine sua e somiglianza , e
la fece forma del nostro essere : Iddio creó quest'anima ,
e la pose nella nostra natura come gemma preziosissima
e brillante, che sorpassa ogni ricchezza, ogni decoro, ogni
bellezza , sola preziosa, sola nobile, sola degna di tutti gli
affetti.
L'uomo, anche nello stato naturale , per quest'anima
sua , è la creatura più grande che sia sulla terra : é prin
cipe ed imperatore nato di tutto ciò che vive, di tutto ció
che esiste : praesit piscibus maris et volatilibus coeli (Gen. I).
Tanto è bella , tanto è grande, tanto è nobile che è fatta
espressamente per comandare. Gli occhi, senso squisi
tissimo e delicato , sono suoi servi. Il tatto, l'udito , il gusto,
il rimanente del corpo , anzi l'ạimaginativa stessa e la sen
sitività sono sue ministre .
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Tanto è bella e nobile questa creatura di Dio, che Dio
stesso l' ha in pregio, e si protesta di deliziarsi con Lei, e
la cerca per far con essa le sue mistiche nozze : gli an
geli godon d'averla compagna e l'aman come sorella : i
demonii ne sono fieramente invidiosi.
In gloriam meam formavi eum . Il primo corpo d'uomo
fu formato dalla terra, e le mani di Dio creatore si com
piacquero di modellare con magistero squisito quelle pri
me membra : tu plasmasti me : - e da quella prima creta
lavorata dalle mani divine uscirono i nostri corpi.
Nessuno di noi vedea la luce un ottanta, un cinquan
ta, un quarant'anni fa.— Né le cause materiali, ma la di
vina Provvidenza, la volontà di Dio è quella che ci formo :
vocans me ex utero servum sibi ; creans te Iacob ; for
mans te Israel ; tu formasti me in vulva unus ( Is. XLIX ).
Se è mistero la concezione , l'accrescimento del corpo
nel seno materno, la nascita , la vita, la morte, non è mi
stero per la volontà di Dio che ci ha posti al mondo. Sen
za di Lui non esisteremmo, senza di Lui non vivremmo.
Quanto è vero che un atto di sua volontà ci diede la vita ,
tanto è vero che l'atto della divina volontà ce la conser
va ad ogni istante. — Sospesi per un filo sulla bocca d'un
orrendo abisso, l'abisso del nulla , un soffio vi ci potreb
be precipitare , se la mano di Dio non ci trattenesse . —
Potenza infinita è necessaria per la creazione , egual po
tenza ci vuole per la conservazione. - Potenza infinita ė
necessaria per la creazion d'un insetto ; che diremo ? Uno
sforzo d' infinita potenza è necessario per dar la vita ad
un corpo umano, maraviglia del mondo : - maraviglia fra
tutte le maraviglie, che soverchia di gran lunga le mara
viglie di tutti i corpi organizzati.
Ma diamo uno sguardo all'ultima mano che dà Iddio a
quest' opera sua meravigliosa. In gloriam meam feci eum .
Iddio ci diede una intelligenza capace di altissime speco
lazioni e di nobili studii, ci concedette una memoria più
tenace, ci dono una volontà più inclinata al bene. E per
ciò che risguarda il nostro corpo, perfezionó i nostri sensi,
ci accordó sanità , anni e robustezza , e, quel che è più di
tutto, indole e temperamento nè troppo focoso e sfrenato,
nė troppo molle e rilassato , cosi che più facilmente si ado
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prino gli atti di virtù, e più difficilmente prendan radice i
vizi . Uno sguardo a quelli che ci stan dattorno, creature
ragionevoli, imagini di Dio come noi siamo. Quanti sme
morati, stupidi, sciocchi, incapaci d'ogni studio e d'ogni
scienza. - Quanti ciechi, storpi, languidi, infermi, mostruosi
nel corpo, obbrobrio delle umane genti. - Quanti sopra tutto
con passioni sfrenate ed indomabili, venuti al mondo già
quasi ladri ed assassini, e fatti, direste, per ogni bruttura !
Deh quanto studio volle Iddio benignissimo adoprar sulla
nostra persona, poi che ab eterno ci avea destinati all' al
tissimo ministero di suoi legati e ministri!
Ora, se noi continuiamo considerando l'operazione di
Dio sulle anime nostre, ben più conosceremo quanto ella
sia sorprendente. Fin qui non abbiamo considerato che
l'opera di Dio creator della natura ; ora le tiene dietro
l'opera di Dio riformatore, rigeneratore delle anime: fin
qui il primo uomo tutto di terra , terreno ; ora l'uomo
secondo, tutto di cielo, celeste : fin qui la generazione della
carne; ora la generazione dello Spirito : fin qui l'opera
del Verbo, compita in un istante ; ora l'opera del Verbo
istesso umiliato infinitamente, continuala per una vita di
affanni, di privazioni, di sudore, di sangue.
Il Verbo creatore, diventato Verbo redentore, non solo
riforma quello che erasi deformato pel peccato di Adamo,
ma esalta l'anima per la fede, per la speranza , per la
carità e cogli abiti infusi delle altre virtú : e santifica il
corpo del Cristiano per l'abluzione del battesinio, per l'un
zione della Cresima, per la partecipazione divina al Corpo
ed al Sangue suo nella SS. Eucaristia : e per la risurre
zione, che dee farsi di ciascuno di noi alla fine dei secoli,
restituisce al corpo quella immortalità che avevamo per
duta, simile alla immortalità stessa delle anime. Se Dio si
manifesta infinitamente possente nella prima creazione ,
nella seconda ben possiamo dire che fecit potentiam in
brachio suo .
E pur questo è ancora poco, se noi consideriamo quel
lo che fece Dio per riformare e perfezionare l'anima del
Sacerdote .
Il Verbo eterno si è fatto per noi, in modo straordina
rio, centro della nostra intelligenza e della volontà , mo
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strandocisi quello che è, Veritas et vita . Egli , nostro
Signore, si diede tutto a noi, e con se stesso ci diede ogni
cosa : tutte le cose sono nostre, ci dice S. Paolo , noi poi di
Cristo , e Cristo di Dio . Omnia vestra sunt – Vos autem
Christi – Christus autem Dei (Cor. I, cap. 3) . Ci si fece fon
daniento su cui siamo edificati, lapis angularis. Ci si fece
scala per cui salire. Ci si fe' patria a cui andiamo. Ci attrae
colla elezione; concorre alle opere nostre colla vocazione,
colle parole, coll'esempio; soccorre alla nostra miseria co
me medico e consolatore ; e ci pone sopra il candeliero a
risplendere quai lumi viventi; e ci imprime sulla fronte il
carattere di suoi soldati; ci fa suoi consacerdoti nel sacra
mento dell'Eucaristia . Siamo diventati quasi altrettanti Lui,
dottori , guide, padri, medici, amici, figliuoli dell'Eccelso .
Ego dixi : Dii estis et filii excelsi omnes .
Che se nella prima creazione dell'uomo intervenne un
consiglio della augustissima Trinità , in questa seconda
creazione, tutta propria dell' ecclesiastico, un altro consi
glio si fece. Il Signore Iddio assiso sur un trono eccelso
ed elevato, e le creature che stan sotto di Lui riempiono
il tempio. In alto son li serafini con sei ale per ciascuno
velando con due la faccia, con due i piè ricoprendo , con
due librandosi a volo, e cantano volando, a coro a coro ,
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus exercituum ; ple
na est omnis terra gloria eius. Tremarono i cieli a si gran
voci, si riempiè di fumo e di caligine il tempio ....... e tutto
questo perché? per eleggere un profeta : et audivi vocem
Domini dicentis ; quem mittam et quis ibit nobis ? (Is. 6.)
Quindi l'essere il Sacerdote, secondo il testimonio del
Vescovo e Martire S. Ignazio, ricco del più gran bene che
sia al mondo, e l' esser lui il più nobile delle membra di
Cristo, Sacerdotium omnium bonorum quae in mundo sunt
apex , ct prima et nobilissima membrorum Christi pars.
Chi l'osservi , facilmente il riconoscerà più alto del cielo,
più bello che il sole, la luna, le stelle , più insigne degli
angeli, più sublime di qualunque sovrano, al Creator solo
inferiore. Sacerdos Dei altissimi, si altitudinem coeli con
templeris, altior es ; si pulcritudinem solis et lunae et stel
larum , pulcrior es ; si discretionem angelorum , discretior
es ; si omnium dominorum sublimitatem , sublimiores ;
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solo Creatore inferior es, cosi Cassiodoro. Dunque il nostro


nome proprio non è altro che « cosa di Dio, cosa sacro
santa ; vocavi te nomine tuo , meus es tu » .

PUNTO SECONDO.

Si, o reverendissimi Sacerdoti e confratelli miei, il no


stro nome proprio è cosa di Dio, Tuus sum ego. Quindi
è Iddio nostro Padre : Pater noster qui es in coelis. Ma se
Iddio è nostro padre, dov'è il suo onore, dove la sua ub
bidienza ? Non siamo noi creati appunto per riverire, per
servire, onorare Iddio ? Non è egli questo che ogni giorno
andiam ripetendo nella orazione domenicale : sanctificetur
nomen tuum — per una laude perenne - adveniat regnum
tuum — per un ossequio universale - fiat voluntas tua -
per un'obbedienza esattissima ?
Inchiniamoci a Dio, lodiamolo , adoriamo Colui che ci
ha fatti, perchè nissuno può ricreare, se non Colui che ha
creato - nissuno può rifare, se non Colui che ha fatto , di
ce S. Agostino. Subde te Deo, adora, prosterne confitere
Illi qui fecit te ; quia nemo recreat, nisi qui creat, nemo
reficit, nisi qui fecit. Ipse fecit nos, et non ipsi nos.
Egli ci prevenne, dandoci il senso , l'udito , il consenso ,
preveniamolo noi pure in qualche cosa : confessiamo di
avere da Lui quanto abbiamo di bene : da noi ogni male :
accusiamo noi, lodiamo Dio : accusando noi e lodando chi
ci ha creati, verrá Colui che è morto per noi, e ci salve
rà. Ut esses, ut audires, ut consentires praevenit te, prae
venit te in omnibus. Praeuini et tu in aliquo. Confitere te
habere ab Eo quidquid boni habes, a te quidquid mali. Ac
cusa te, laudando Illum . Accusando te, et laudando Eum
qui fecit te , veniet qui mortuus est pro te, et salvabit te
(August. serm . 176).
Primo dovere impostoci dalla creazione e dalla rige
nerazione è il riconoscere quello che è Dio in nostro ri
guardo, quello che noi siamo in riguardo di Dio. L'umil
tà è un dovere, è una necessità della nostra natura , è una
imperiosa necessità, che viene a noi dalla natura divina ,
che vuol essere glorificata, e non può ceder la sua gloria
a chi che sia. Gloriam meam alteri non dabo.
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La creazione, e la rigenerazione c' impone il dovere
strettissimo di dare noi stessi a Dio, senza veruna restri
zione . Tutto mi debbo a Dio, perchè mi ha fatto , dice
S. Bernardo, che vorrà essere, perchè mi ha rifatto ? Però
che veramente maggior difficoltà si incontra nel rifare che
nel fare. In quella prima opera Iddio mi diede me stesso,
nella seconda, col dare a me Se stesso, me stesso rendette
a me . Dunque essendo io dato e ridato due volte, debbo
me per me stesso. Ora che cosa darò a Dio per avermi
dato Se stesso ? Quand' anche mille volte me gli potessi
rendere, ben poco sarebbe o nulla . Si totum me debeo pro
me facto, quid debeo pro me refecto ? Nec enim tam fa
cile refectus quam factus. In primo opere me mihi dedit,
in secundo se. Et ubi Se dedit, me mihi reddidit. Datus
ergo et redditus, me pro me debeo, et bis debeo . Sed
quid Domino pro se retribuam ? Nunc et si millies me
rependere possim , quid sum ad Dominum meum ? (Tract.
de diligendo Deo)
Che se io non gli rendo tutto me stesso quanto sono,
anima e corpo, io divengo un indegno colono , un ingiusto
operaio, un infedele agricoltore. L'uomo, dice il Crisologo,
ha da Dio il dono della natura , il beneficio dell'anima, il
vantaggio della ragione, l' eccellenza dei sensi, l'industria
dell'arte, il bene della coltura ; potrà Egli occupar queste
cose e travolgerle senza negare al Padrone i frutti e la gra
zia ? Potrà egli farlo senza diventare un albero degno del
la scure e del fuoco ? Homo qui naturae bonum , munus
animae, rationis beneficium , excellentiam sensuum , artis
industriam , culturae bonum recepit, si steriles ac inopes
actus euertit, occupat, mergit, Auctori fructum , Cultori
gratiam negat, unde, sicut arbor e terra , sic iste e rita
meretur excidi (Super parab. arbor. Fic.).
Dunque io debbo a Dio l'opera del mio intelletto, rico
noscendo Lui suprema verità , e sottomettendomegli per
qualunque cosa si compiaccia d'insegnarmi per se stesso
e pel ministero di Santa Chiesa . Gli debbo il mio intellet
to, occupandolo nel pensiero, nella considerazione , nello
studio delle cose che lo riguardano, e di quelle cose che
si convengono all'uffizio altissimo per cui Egli mi destino :
occupandolo nella attenzion dovuta quando parlo con Lui,
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quando sto alla Sua presenza . La frivolezza, la vanità dei
pensieri, l'inutilità delle occupazioni, delle letture , degli
studi, delle speculazioni è un mancamento a questa mia
obbligazione verso il mio Creatore e Riformatore dell'ani
ma mia .
Io gli debbo l'ossequio della mia volontà cercando
quello che a Lui piace, fuggendo quello che Ei detesta ,
amando quello che Egli ama. Io non son padrone dei
miei affetti, de' miei intimi sensi. Dio solo n'è il Padrone .
Egli, dice S. Agostino, che tutto quanto si è dato a me ;
tutto possiede quello che è in me, ma possiede soprattutto
quello che vi è in me di principale e di migliore , possiede
il cuore, la mente, l'anima, e possedendo quello che vė
di meglio, possiede pur quello che v’ė d'inferiore, il cor
po, le passioni, ogni cosa . Qui datus est nobis, et totum
possidet principale tenens ; in te quippe illud principatur
quod melius est : tenens ergo Deus quod melius est , idest cor
tuum , mentem tuam , animam tuam , profecto, per meliorem ,
possidet et inferiorem , quod est corpus tuum (Serm . 161 ) .
Sono dunque di Dio i frutti dell'anima nostra, ed han
no da essere frutti degni di Dio, frutti di lode, di ossequio,
di gloria. Anzi tutti son proprii di Dio i frutti dell'uomo ;
chè anche quello che l'anima fa per mezzo del corpo è
frutto di Dio, e ha da esser degno di Dio . Quindi nasce
l'obbligo di lavorare, di occuparsi, di operare in qualun
que cosa , sempre, e solo per la gloria di Dio . Sive man
ducatis , sive bibitis, sive aliud quid facitis, omnia in glo
riam Dei facite. — Omnia vestra in caritate fiant. In
gloriam meam crcavi eum , formaui cum , feci eum . Se gli
occhi guardano, hanno da guardare per la gloria di Dio.
– Se gli orecchi ascoltano, hanno da ascoltare per la gloria
di Dio. – Se gusta il palato , se si nutrisce il corpo, ciò
debbe essere per la gloria di Dio – se parla la lingua ,
debbe farlo per la gloria di Dio – se muovono le mani
ed i piedi ha da farsi per la gloria di Dio . Omnia in glo
riam Dei, omnia in gloriam Dei facite.
Gran cosa ! difficil cosa , se volete , ma altissima e no
bilissima cosa . Iddio vive eternamente per gloria ed onor
di Se stesso ; Iddio crea nel tempo per gloria ed onor di
Se stesso ; ma alcune creature son fatte pel servizio im
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mediato dell'uomo, mentre l'uomo è fatto immediatamen
te per servizio e per gloria di Dio . Non vi può essere una
più alta destinazione, non vi può essere un più nobil fi
ne. Il corpo serve all'anima che è più nobile ed elevata di
lui , l'anima, servita dal corpo, serve a Dio ; e Dio è infi
nitamente al di sopra dell'anima e del corpo . Tuo servo è
il corpo , scriveva S. Ildeberto, l'anima tua e diritto di
Dio . Ius Dei anima tua est, serous animae corpus tum
est.

E Iddio si compiacque d'imprimer sulla nostra 'fronte


il carattere del suo principato, ponendoci nome : meus es
tu : vocaoi te nomine tuo . Come presso gli antichi il pa
drone, comperando uno schiavo, gli poneva la mano sulla
spalla, e con cio lo rendeva mancipio ; né di ciò contento,
un carattere suo proprio gli faceva stampare sul dorso :
cosi Iddio , da tutta l'eternità , ci apprese e fe' suoi servi,
e sull’anima nostra e sul corpo stampò il carattere di que
sta servitù . Il padrone può pretendere dal suo schiavo ogni
servizio, per laborioso che sia , quantunque egli non l'abbia
posto al mondo, nė rigenerato colla sua potenza : Iddio ci
ha creati, ci ha rifatti , ci ha ricompri, ci ha sollevati, dun
que Egli può fare di noi quello che vuole . Serium tuum
non tu fecisti, ci grida S. Agostino, et te et servum tuum
Deus fecit. Vis ut tibi serviat cum quo factus es, et non
servire a Quo factus es ? (Serm . 9)
Ma il servo, e peggio lo schiavo , son gente abietta, né
dal padrone stimati od amati più che tanto, mentre noi,
servi di Dio, per questa medesima servitù , siamo esaltati
al di sopra d'ogni altra creatura . Il servizio diventa un
impero : servire Deo regnare est. Non è wniliazione , ma
innalzamento, non è depressione al di sotto della nostra
natura , ma esaltazione al di sopra . Quel Dio stesso , che
si compiacque di venire a riformar l'anima nostra, ed a
rifarla più bella di quel che sarebbe naturalmente, venne
per servire, venne per obbedire, venne per far la volontà
di Dio suo padre in ogni cosa , in ogni tempo, anche nel
le più piccole osservanze, anche in quelle che sembrava
no convenirgli meno ; veni ut faciam voluntatem Eius qui
misit me. Iota unum , aut unus apex non praeteribit al
lege. Dunque la vita dell' uomo servitore di Dio, lodatore e
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glorificatore di Dio è la vita stessa dell'unigenito Figliuolo
di Dio; una vita sacrosanta e celeste, è la vita più nobile
che si possa condurre, il fine più perfetto che si possa
desiderare.
Ahimè ! quanto da questa perfezione di servizio , da
questa conformità di sentimenti e di affetti coi sentimenti
ed affetti divini, da questa perennità di lode e di gloria
noi siamo lontani ! Noi conosciamo ottimamente la verità :
tutto ciò che noi siamo venuti fin qui considerando , ci
è tanto noto e manifesto allo spirito , che ci è impossi
bile il dubbio sulla verità sua. E pure in pratica l'anima
ed i sensi tanto si allontanano dal servigio di Dio , dalla
riverenza di Dio, e dalla gloria di Dio quasi come se noi
ignorassimo di appartenergli; come se noi fussimo di que
gli che andavano schiamazzando : labia nostra a nobis
sunt, quis noster Dominus est ? ( Ps . 11 )
E pur questo Dio che ci ha creati si trova dentro di
noi, come in tutte le cose . Egli è fuori di noi , sopra di
noi, sotto di noi, superiore per la potenza , inferiore per
la sostentazione , esteriore per la grandezza, interiore per
la sottigliezza : di sopra ci regge, di sotto ci mantiene, di
fuori circonda, dentro penetra ogni cosa . Deus manet in
tra omnia , dice il grande S. Gregorio, ipse supra omnia ,
ipse infra omnia , superior per potentiam , inferior per
sustentationem , exterior per magnitudinem , interior per
subtilitatem : sursum regens, deorsum continens, extra
circumdans, interius penetrans (Hon . 8 in Ezech .). Dunque
l'uomo, vivendo in Dio , come augello nell'aria, o come
pesce nel mare, non può distaccarsi da Dio, nè rifiutarsi
al servizio di Dio, senza nuocere più a se stesso infinita
mente che a Dio . Dunque, lodando, onorando, servendo
Dio, l'uomo salva se stesso ; anzi altro mezzo non ha di
salvarsi che questo solo. Porro unum est necessarium .
Anzi con ciò solo l'uomo salva la sua natura , la sua co
scienza, l'anima sua, per tutta la eternità .
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PUNTO TERZO .

Salviamo dunque la nostra natura. Nulla di più grande,


dicea quel sant' uomo che fu il Parroco d'Ars, nulla di
più grande che l'uomo e nulla di più piccolo: grande per
l'anima e piccolo pel corpo. Di quella soltanto ei dovreb
be occuparsi, e pure pensa al suo corpo , come se di
questo solo dovesse cercar la salute, mentre questo solo
merita di essere disprezzato. Se noi siamo uomini nol
siamo pel corpo , ma per la ragione ; se non salviam
la ragione, non salviam la natura umana . Tu Jodi del
cervo la velocità , dicea Seneca , la sagacità del cane ,
l'agilità del leone ; nell'uomo l'ottima di tutte le cose
è la ragione . Hac antecedit animalia cetera , Deos sequitur.
Ratio perfecta proprium hominis bonum est. Dunque se
ogni cosa allora é lodevole quando tocca il fine della sua
natura, solo nella perfetta ragione è la lode e il decoro
dell'uomo. Nè dèi cercare quanto ei sia ricco , da quanti
sia salutato , quam pretioso incumbat lecto , quam per
lucido poculo bibat , sed quam bonus sit. Bonus autem
est si ratio explicita et recta est ad naturae sive colun
tatem accommodata. Haec locatur virtus, si ratio explicita
et recta est , haec est honestum et unicum hominis bonum .
Dunque, se i sensi comandano alla ragione, se il corpo
aggrava l'anima, se le concupiscenze vincono l'intelligen
za e la volontà, la natura umana é sacrificata . Se l'intel
letto non segue la verità , se la volontà non abbraccia il
bene, la natura umana é sacrificata . Se l'uomo non cer
ca Dio, non tende in Dio, non loda Iddio , non serve Iddio,
la natura umana é sacrificata . - O esser marcio materia
lista, o pazzo ateo, od ammetter questa conseguenza .
Iddio, dice il Crisostomo, cosi ha disposto l'uomo da
essergli esso stesso virtú , forza , sussistenza , in maniera
che sempre ei debba ricorrere a Dio stesso per ragione
della stessa natura : ma ricorrendo , per la stessa sua in
fermità, l'uomo diventi più forte d'ogni creatura , munita
d'ali, di zanne, di corna , d’ugne d'indomabile forza . Se dun
que manca assai ad un bruto quando mancangli la forza,
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l'agilità, le naturali difese, vieppiù manca all'uomo, se gli
manca il pensiero , il culto, il servizio di Dio.
Ma noi dobbiamo salvare qualche cosa di più : salvare la
natura sacerdotale. Noi siamo segregati in opus ministerii;
ė lo Spirito Santo che ci separo : (Act. 13) segregate mihi
Saulum et Barnabam : è Dio medesimo che ci elesse dal
mondo : ego elegi vos de mundo. È Gesù Cristo sommo
sacerdote che ci assumette di mezzo agli uomini e ci co
stitui sopra le cose di Dio : omnis pontifex ex hominibus
assumptus in iis constituitur quae sunt ad Deum . La nostra .
natura dunque in questa parte è più sollevata, più perfet
ta che non quella d'ogni uomo e d'ogni cristiano.
Non ha la natura di sacerdote chi ha parte col mondo,
chi si briga soverchio delle cose profane e degli interessi
materiali. Qui ad clericatus officium aliud quaerit quam
Deum nec a Deo electus est : nec Deum elegit qui in sorte
sua creaturam Creatori aut praeposuit aut aequiparavit.
(Ivo Carnot.)
Salviamo dunque la nostra natura umana e più la no
stra natura sacerdotale coll' onore di Dio e col servizio di Dio.
Servire è necessario : l'indipendenza è un sogno, la sfrenata
libertà una chimera. Quelli che sicut pullus onagri se libe
ros natos putant e van gridando libertà, indipendenza, son
più servi degli altri. Servi non son di Dio, sono servi del
corpo, servi delle passioni, servi di quanto v'ha di più vile
e turpe. Non sicut Deum glorificaverunt (Ad Rom. I), e che
ne avvenne ? Dio lasciolli in preda a’ loro turpi appetiti ut
contumeliis afficiant corpora sua in semetipsis , con tutte
quelle altre conseguenze che ci descrivono con veementi
figure gli apostoli Pietro, Paolo, Giuda Taddeo.
Ma data la briglia agli appetiti inferiori e sacrificata la
libertà dell'anima, la libertà dei figliuoli di Dio, che sarà
della coscienza ? Può ella aver pace ? Può ella esser feli
ce ? Non hai servito al Signore e Dio in gaudio e letizia
( poichè veramente gaudio perenne e letizia consumata non
v'ha che nel servizio di Dio ), servirai al tuo nemico nella
fame, nella sete, nel freddo, nella nudità, in ogni stento .
Eo quod non sercieris Domino Deo tuo in gaudio , servies
inimico tuo in fame et siti et nuditate et omni penuria
(Deuter. 28). Quando è che la terra diventa un inferno ?
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Quando vi si cerca il paradiso : diceva il Martinet (Platon


Polich .) .
Prendiamone un saggio in qualcun del nostro ministe
ro . Sul cominciar di questo secolo un valentissimo ora
tore, d'istituto regolare, stato già superiore di monasterii,
e fatto celebre per le sue forbitissime concioni, tanto che
eran necessarie le guardie alle porte delle Chiese dov' ei
predicava, perché la soverchia folla non si schiacciasse ,
spinto, non so qual più , se da brama dell'oro , o degli
onori, o della libertà, diede l'addio alla religion sua , alla
Parrocchia, alla sottana, e vestitosi laico andonne dal Duca
di Breme che era allor segretario ministro di Eugenio
Beauharnais Vicerè di Milano per Napoleone il primo, e gli
disse : Eccellenza, eccomi libero di me stesso per ogni
servigio di Lei e dell' Impero . Lasciai l'intoppo inutile
delle lane oscure e de' conventi, per essere oggimai di
qualche vantaggio alla civil società . Ed il ministro l'ac
colse gentilmente, lo fe' suo segretario particolare, diegli
sontuoso alloggio, largo stipendio, alti onori, e colla sua
amicizia l'ossequio degli altri cortigiani. La nave del Rot
tigni, cosi chiamavano l'ex Padre, camminava a vele
gonfie sulle onde placide e chiare. Beatum dixerunt cui
haec sunt. Dio, l'eternità, l'anima, la salute eterna erano
imaginazioni di fantasia che vaneggia. Ma non duró gran
tempo la bonaccia . Il duca ordinó un solennissimo pran
zo diplomatico, e chiamovvi i migliori e più potenti della
città co ' forastieri. Il posto del Rottigni doveva essere dei
più segnalati. Ma la duchessa al ministro : « se oggi viene
a pranzo il frate, io non ci vo » disse ; e perché salda
nella sua risoluzione, fu mestieri al duca avvertirne il se
gretario, ed indorargli la pillola amara nel miglior modo
che potea. Questi capi senz'altro il fiero cenno , abbassó
il capo , si chiuse nelle sue camere, misesi il capo fra le
mani, diede in un tremendo ruggito di disperazione, e tor
no in senno . Cosi si serve al mondo ? cosi mi tratta il
mondo ? Oh Dio ! oh Dio santissimo ! Uscito di quinci tro
vó Tommaso Grossi e gli parlo come uom che ricovró
la ragione. Tommaso Grossi vide Alessandro Manzoni e
gli disse : il nostro Rottigni riebbe il senno e la religione.
Prima non gli si potea parlar che non desse in ispropo
16
siti, nė lo potevam capire : or egli è tornato quel di prima.
E veramente egli riprese l'abito religioso, torno al mona
stero , cominciò gli antichi lavori, e fe' vita da penitente :
nè il Duca di Breme, comunque mezzo ateo, cessó per
questo dall'onorarlo e fargli servigio .
Oh benedetto quell' affronto ! Benedette le ingiurie del
mondo ! benedetta la fame, la sete, il freddo, la nudità , lo
stento che s'incontrano servendo al nemico che è il de
monio e il mondo ; se per questi malanni d'un giorno
s'acquista la pace e la gioia, e colla pace la salute e la
felicità eterna. Buon per lo sgraziato Rottigni che il di
sprezzo sopravvenutogli di colà appunto onde men se lo
pensava, abbiagli rinfrescato in cuore il rimorso della co
scienza avvilita, per fargli conoscere le turpitudini dello
stato a cui s'era ridotto : imperocchè se avesse continua
to nell'officio di segretario, nell'abbondanza delle ricchez
ze, nel colmo degli onori, a che cosa gli avrebbe giovato
ogni cosa, se perdea l'anima ?
Il servizio del mondo, del corpo, delle passioni condu
ce alla morte eterna ; il servizio e l'onore di Dio salva
dalla morte l'anima e le då quella vita che, sola , è vera
vita . Iddio certo non guadagna nulla per la sua beatitu
dine eterna, nė per la sua gloria vera dal nostro servigio.
Quid prodest Deo si iustus fueris, aut quid ei confers si
immaculata fuerit vita tua ? diceva Elifaz Temanite presso
Giob : tutto il vantaggio , e tutta la gloria è nostra in fine
dei conti, come tutta la rovina e tutta la perdizione è an
che nostra per la cagion contraria .
Quel padron che in parecchie ore diverse andò sulla
piazza a cercare operai per la sua vigna, sempre ne ri
trovo, e sempre seco ne condusse al lavoro, dando a tut
ti una egual mercede, cominciando dagli ultimi: ma la
mercede non era che un picciol frutto , in comparazion di
quelli che sarebbon nati dalla vigna diligentemente lavo
rata . Che cosa avrebbe voluto essere , dice S. Tommaso
da Villanova, quando, in vece di uno scarso frutto , avesse
lor promesso la vigna medesima con tutti i frutti che da
rebbe ? Ne avrebbe ancor egli trovato sul far della sera
colle mani in mano, oziosi, sulla piazza ? Ed aggiugniamo:
se il non andare al lavoro fosse diventato per quegli ope
- 17
rai certa causa di condanna capitale , sarebbon rimasti
neghittosi ad aspettarla ? Servendo Iddio, lodandolo , glo
rificandolo, trova l'anima nostra quel fine beato a cui
tende necessariamente ed in cui fien paghe tutte le sue
brame ; trova il riposo all' appetito, la sicurezza del gau
dio, la tranquillità perenne dell'ottima volontà : reperit fi
nem , ultra quem excurrat amplius non habet , requiem
appetendi, fruendi securitatem , tranquillissimum gaudium
optimae voluntatis , dice S. Agostino (epist. 118) . Trova
quel fine che solo può saziare, cioè Dio stesso : omnino
non satiaret me Deus, nisi promitteret mihi seipsum Deus.
Trova la sua vita : perché, siccome col corpo si vive in
Dio e per Dio, cosi a più gran ragione l'intelletto puro e
la volontà sola vivono di Dio che è la verità, di Dio che
è il sommo bene .
Dunque noi sacerdoti, noi uomini di Dio, tu autem vir
Dei, noi levati ad altezza incomparabile e presso che di
vina, noi abbiamo da vivere per quel che siamo , e pog
giar sempre a quella altezza in cui fummo posti, per tra
mutarci poi d'altezza in altezza, di chiarezza in chiarezza,
fino ad essere simili a Dio, perché lo vedremo tal quale
Egli è . Similes Ei erimus quia videbimus Eum sicut est ,
senza vel, senz'ombra, senza nube, senza figure.
Gridi adunque altamente al nostro cuore una santa su
perbia, un amor proprio pien di virtù , e ci faccia tendere
a quelle superne altezze, e desiderarcele e procacciarcele
con ogni studio e fatica. Creati da Dio, nobilitati da Dio,
rifatti da Dio , lodando, glorificando e servendo Dio, ritor
neremo in Dio, che, come è principio, cosi è fine. Ego
sum A et 2 , principium et finis (Apoc . cap . 22) . Sursum
corda .

BERCHIALLA Considerazioni al Clero


MEZZI AL FINE

MEDITAZIONE SECONDA

Constituisti eum supra opera


inanuum tuarum (Ps. 8) .

Nobilissime eran le vesti che per ordine espresso di


Dio , doveano adornare il sommo sacerdote nella legge
antica : ma due cose soprattutto vi son degne di conside
razione pel gran mistero che contengono, le vesti di lino,
che dall'omero scendono fin presso a ' piedi, e la tiara con
la lastra d'oro portante la scritta Sanctum Domino . Al lembo
inferior della veste aveva Iddio ordinato a Mosè che pen
dessero, alterni gli uni agli altri, campanelli d'oro e me
lagrane di color vario e di varia tessitura . Nė il Sacerdote
doveva entrar mai nel Santo dei Santi , senza quelle ve
sti ; e l'entrarvi Lui e 'l farsi sentire un tintinnio continuo
ad ogni suo movere era una cosa stessa .
Or fra le varie significazioni di tali cose che danno i
Santi Padri ed i commentatori biblici , piacemi quella di
S. Cirillo il grande, che nelle melagrane raffigura le città,
le provincie, i regni , ogni cosa della terra , più nobile e
più onorata, e nella voce dei campanelli d'oro la vanità e
la caducità d'ogni bene passeggero , come se continuamente
al Sacerdote si ripetesse: tu hai da metterti sotto i piedi
ogni cosa del mondo, e stimarla un nulla, pensando che
solo Dio è grande; che tutto ha da condurti a Dio al qua
le tu sei consacrato : Sanctum Domino. Constituisti eum
super opera manuum tuarum .
Questo pensier che dovea nascer nel gran sacerdote
per la forma istessa delle vesti, ben più ha da nascer nelle
nostre menti per la maggior santità e maggior consacra
zione che ci fu conferita nell'Ordine. Noi siamo a più gran
19

ragione tutti cosa santa di Dio. Dominus pars haereditatis


meae , pars mea Deus in aeternum . Tutte le cose della
terra sono state poste a ' nostri piè, perché le calpestiamo
e ne facciamo scala da salire alle celesti. Omnia subjeci
sti sub pedibus eius. Quanto è vero che Dio ci ha creati
perché ci salvassimo servendo Lui e glorificandolo , tanto
è vero che Egli ha creato ogni cosa perchè ce ne servis
simo pel conseguimento del nostro fine e non per altro.
Volgiamo, riveritissimi sacerdoti, la nostra considerazione
a questa gran verità, e chiediamo a Dio, per la interces
sione di Maria SSíña , di S. Giuseppe e di tutti i Santi, la
grazia di bene approfondirla . Sancta Maria et omnes San
eti, intercedite pro nobis .
È Iddio che ha creato dal nulla ogni cosa con la sola
sua virtù e colla sola sua parola : Verbo Domini coeli fir
mati sunt et spiritu oris cius omnis virtus eorum . È Iddio
che creó i confini della terra , apri la via alle fonti ed ai
torrenti, fece il giorno e la notte, l'aurora e il sole. Tu
fecisti omnes terminos terrae ; tu dirupisti fontes et tor
rentes : tuus est dies et tua est nox ; tu fabricatus es au
roram et solem . È Iddio che distende il firmamento e lo
copre colle acque ; Iddio , che crea gli Angeli e li fa suoi
ministri, è Iddio che fa uscir dalla terra il pane, il vino ,
l'olio, ut educas panem de terra, et vinum cor hominis
laetificet; ut exhilaret faciem suam in oleo et panis cor
hominis confirmet.
Quanto son gloriose e magnifiche le tue opere , o mio
Dio ! tutto hai fatto in sapienza ( v. Ps. 103), e questo mare
immenso che stende si larghe le sue braccia , tutto hai
fatto, o mio Dio ; e quei rettili senza numero, e quegli ani
mali grandi e piccoli, e quei mostri enormi che tengon la
terra e il mare, tutti furono fatti da Te, e da Te aspettano.
il cibo : se tu apri la mano vivranno, se tu volgi la faccia
ricadran nella polvere. Tu guardi la terra e la fai trema
re, tocchi le montagne e vanno in faville.
Iddio creò tutte le cose che esistono , e le conserva
perchè esistano : e tutte le cose create da Dio da lui dipen
dono in maniera, che se la sua virtů cessasse un istante
simul et illorum cessaret species , omnisque natura con
20

cideret (S. August. de Gen. ad lit.). Dunque tutte le cose


create appartengono a Dio. — Dunque a Dio solo spetta il
disporre delle opere sue come Egli vuole. — Dunque è
falso quel che disse una volta lo spirito della menzogna
che ei potea dare i regni e la loro gloria a cui e quando
gli piaceva. — Dunque noi non abbiamo ragione giammai
di lamentarci perchè una cosa ci sia ritolta , quantunque
cara, quantunque preziosissima ella ci sia. Siccome un
lavoro delle nostre mani, un'opera del nostro ingegno la
possiamo gittare, ardere, sterminare, cosi Dio può, quanto
fece, concedere, levare, distrurre, annientare. - Quindi l'as
soluta necessità della sommissione di Giobbe : Dominus
dedit, Dominus abstulit.... sit nomen Domini benedictum .
Dunque egli è pur necessario servirci delle cose con
forme alla volontà di Dio creatore e padrone di tutte le
cose. E sua volontà è questa, che tutto il creato a Lui ci
meni . Egli che poteva immediatamente tirarci al suo ser
vizio ed al suo culto, mostrandoci un raggio sol di sua
bellezza e di sua bontà, volle farlo per tanti mezzi quanti
son le creature , rivestendole tutte d'una quasi participa
zion di se stesso, e manifestandosi a noi, per quelle, buo
no , possente, bello, grande , amoroso . Ci diede, insieme
all'anima, il corpo : l'anima, servendosi del corpo , serve
a Dio e lo glorifica : il corpo, servendosi delle creature ,
spinge l'anima al Creatore.
Quel grande uomo che fu S. Antonio Abate richiesto
da un filosofo de' suoi tempi, come mai potesse passare
i mesi e gli anni dentro il deserto, senza veruna consola
zione di libri, né di dottrine, - il mio libro, rispose, non ha
che cinque pagine. La prima pagina è questa terra, colle
sue piante frondose, colle sue erbe verdeggianti, co' suoi
fiori odoriferi, e cogli animali cosi varii, destri, robusti,
possenti che vi stanno sopra. — L'altra pagina è il mare
immenso, or tutto placido e tranquillo, or fremente e scon
volto, con quel numero sterminato di pesci e di conchi
glie che vi fanno stanza . – La terza pagina è l'aria , quan
do serena e limpida, quando nebulosa ed oscura, or tran
quilla e placida, ora scossa dai venti e dai turbini, co’suoi
insetti di mille forme, co'suoi augelli di svariatissime mo
stre e canti e colori. - La quarta pagina è il fuoco che scop
21 -
pia fra le nubi con immenso romore, ovver s’accende sulla
terra e manda su colonne di fumo, od esce dalla selce e
spruzzasi in scintille. — La quinta pagina è il cielo, con quel
gigante stupendo, che è il sole nel giorno, e con gli astri
fiammanti che lo smaltan nella notte. Or credete voi forse,
che con queste cinque pagine del mio libro io non abbia
a bastanza da imparare e da trattenermi meditando ?
Or quel che facea nelle solitudini d'Egitto quel grande,
fecerlo nei loro deserti, ne' chiostri, nelle celle , dentro le
città, nelle campagne quanti a Dio servirono fedelmente .
Cosi, a cagion d'esempio, di sè lo dice il dottor S. Giro
lamo : video arborem et considero quomodo cortex arboris
est quasi tunica , qua vestitur , et deinde video quomodo
flos fit, quomodo cadit , et ipse flos vertitur in pomum ;
video paulatim , per singulos dies, in singula tempora ,
mihi naturam operari, in meos cibos crescere, video quo
modo Deus in omnibus mihi laboret, ut nihil mihi desit.
Or questo è certamente l' uno de' fini più utili per cui
Dio creò il cielo, la terra e tutte le cose che in essi con
tengonsi , ciò è che noi le contempliamo , e contemplan
dole conosciamo a magnitudine species quis eorum sit ar
tifex e conoscendolo il lodiamo e lo serviamo ed usciamo
anche noi in quell'enfatico grido del Salmista : Domine,
Dominus noster , quam admirabile est nomen tuum in uni
versa terra ! quindi quel senso di profondissima umilia
zione e di divina lode al tempo stesso : quoniam (quando)
videbo coelos tuos opera digitorum tuorum , lunam et
stellas quae tu fundasti; quid est homo quod memor es
eius, aut filius hominis quoniam visitas eum ?
Non è per nulla che Iddio fece l'uomo diritto in pié ,
col capo sollevato sopra tutto il corpo, e gli occhi in ci
ma al capo, mentre gli animali terrestri hanno il capo e gli
occhi rivolti alla terra. Gli animali veggono, ma non con
templano, non riflettono, non han senso di bello , nė di
grande. L'uomo vede sotto di sé, sopra di sė, intorno a
sė, e vedendo contempla, e ragiona, e riflette, e tende in
quel Dio che creò tutte le cose :

Pronaque cum spectent animantia coetera terram


Os homini sublime dedit, coelumque tueri (Ovid .).
22
Ma una gran parte di questi beni creolli Dio e a noi li
diede perchè ne usassimo in nostro pro, anzi perfin li con
sumassimo coll'uso ; con questa clausola soltanto che ,
usandone, non cereassimo in quelli il nostro fine e la no
stra beatitudine. Iddio , dice S. Agostino , che ci assog
gettava tutte le cose , a sé ci sottomise : dunque del bene
inferiore dobbiamo usare , senza incurvarci, perchè cur
vandoci, perdiamo il superiore. Sub alio es , super aliud
es ; noli relicto superiore bono, curvare te ad inferius bo
num . Se noi ci incurviamo verso il bene inferiore, invece
di padroni, diventiamo servi; e noi abbiamo da essere do
minus rei, non servus. Tutto è buono quel che Dio creo ,
ma , mancando all'ordine prescritto da Dio , esso diventa
cattivo , ed usandone noi cosi, pecchiamo. Cosi dicevalo
già in poesia S. Agostino stesso :

Haec tua sunt, bona sunt, quia tu bonus ista creasti;


Nil nostrum est in eis nisi quia peccamus amantes
Ordine neglecto .

Or come potremo noi ricordare, anche sol di passaggio,


quel numero sterminato di creature che fece Dio pel no
stro uso – e l'aria che ci circonda , cosi sаviamente tem
perata d'ossigeno e d'azoto che possiamo respirarla senza
pericolo , e l'acqua col suo ossigene ed idrogene con si
fino magisterio combinati che non nocciano alla sanità, ma
servano ad infiniti usi della vita – e la luce sparsa cosi
largamente in tutto il creato e cosi facilmente eccitabile ,
affinché ce ne possiamo servire a dirigere i nostri passi ed
a contemplar le meraviglie create -- e quell'alto sottilis
simo agente che è il calore, fratel della luce , tanto alla
mano e tanto necessario ed i veleni stessi più potenti
nascosti, con una provvidenza veramente divina, affinché
e possiam servircene all'uopo , commischiandoli ad altri
corpi , e , scoperti a tutti, non sien nocevoli a que' che ne
ignoran la forza ?
Ma senza trascorrere per le arduità della scienza, quanta
utilità nascose Iddio in quei tre amminicoli della vita ch’Ei
ci somministra di continuo, a fructul frumenti, vini, et olei
sui? Quanta ricchezza dell' ulivo, delle biade e della vite !
23
Con quanta facilità vengon su quelle piante , e come ben
rispondono agli usi precipui della vita , e quanto bene fu
disposto da Dio altresi che in que'luoghi stessi dove, per
disgrazia della giacitura, non allignan tali piante , altre si
mili ne germogliassero da produrre egual vantaggio ?
Or queste cose istesse cotanto necessarie alla conser
vazione ed alla vita del genere umano quando fu l'uo
mo inalzato da Dio allo stato soprannaturale permezzo della
nuova creazione — furono anch'esse, in certa maniera, so
prannaturalizzate e ricreate per un uso tutto affatto divino. Il
pane ed il vino, nel sagramento e nel sacrificio dell'altare,
si trasmutano in corpo e sangue di Dio , e l'olio diventa
materia di tre sagramenti, e ciò senza contar l'acqua, la
più comune di tutte le cose divenuta materia del primo e
più necessario di tutti i sagramenti. Ma le altre creature
se non furono a si nobili usi destinate, pur anche servono
assai agli usi del sacrifizio , all'ornamento dei templi; al
l'onore più immediato di Dio . Dal che nasce la conse
guenza , avere Iddio fin dal primo cominciarsi il mondo
ogni cosa disposto, perchè valesse in nostro servigio tem
poraneo e spirituale, od in servizio del corpo, solo servo del
l'anima, od in servizio dell'anima, sola padrona del corpo.
Or aggiugniamo a queste creature ed ai loro servizi le
varie vicende che succedono al mondo tutte egualmente
disposte ed ordinate da Dio al fine stesso della sua gloria
e della nostra salute ; imperocchè egli è certo di fede non
intervenir nulla di bene o di male che Iddio non lo dispon
ga . Ego Dominus et non alius, dice Egli stesso per Isaia,
formans lucem et creans tenebras , faciens pacem et creans
malum . Il sole e la luna , dice Egli , per Baruc , fatti per
l'utilità del mondo , ascoltan la sua voce : Sol quidem et
luna , cum sint splendida et emissa ad utilitates , obau
diunt; similiter et fulgur , cum apparuerit , perspicuum
erit ; idipsum autem et spiritus in omni loco spirat, et nu
bes, quibus cum imperatum fuerit a Domino perambulare
unwersum orbem , perficiunt quod imperatum est eis. Ignis
etiam missus desuper ut consumat montes et sylcas, facit
quod praeceptum est ei. Il cader della neve , le grandini,
le brine, i diluvii di piogge , i calori che soffocano, i geli che
assiderano, i turbini, i venti, gli uragani, le bufere, le bur
-
24
rasche, le guerre, le fami, le pesti, le innumerevoli malat
tie, il disonore e la gloria, l'affanno e la speranza, la lon
gevità e la morte immatura, tutto è ordinato da Dio , tutto
viene secondo il suo comandamento , tutto per la sua glo
ria , tutto per la nostra salute.
Sembrami di vederlo quel grande e pacifico Santo che
fu Francesco Borgia , di nobilissimo signor che egli era mu
tato in umilissimo gesuita , giunger solitario , nella notte
oscura , da Vagliadolid a Simanca, e recatosi alla casa del
noviziato , suonar parecchie volte, ma indarno , il campa
nello, essendo immersi nel primo sonno tutti quanti. La
neve fioccava giù spessa , come la mandava Iddio , ed il
Santo n'era tutto coperto e tremava pel freddo; ma com
patendolo i suoi confratelli, - quando svegliati finalmente,
furono ad aprirgli - e scusandosi della tardanza , diceva
loro : non era egli Iddio che mandava dal ciel quelle spesse
falde di neve per coprirmi tutto e rinfrescarmi? E se Dio
godea, facendo cosi con me, perché non avrei io goduto con
Lui ?
Se dunque Iddio, come creo tutto quanto in nostro ser
vizio , cosi tutto dispone con prudenza , con fortezza, anzi
perfino cum magna rererentia , secondo la forte parola del
divin libro, in nostro vantaggio, noi dobbiamo, unicamente
per nostro vantaggio, servirci delle cose ed accettare le vi
cende delle stagioni e della natura , e chiederle e deside
rarle soltanto per quel che ci sono utili e ci conducono alla
divina gloria .
Dio è che vivificat et mortificat, suscitat de pulvere
egenum , arricchisce ed impoverisce, sana e crucia , tor
menta ed accarezza , avvilisce ed esalta : dunque non siam
noi padroni della vita o della morte, della povertà , della
ricchezza, dell'onore, dei diletti , della sanità , della gloria ;
come nol siamo del caldo, del gelo, del vento , del fulmine,
della tempesta .
Alcuni cortigiani del re S. Canuto l'adula vano un giorno,
chiamandolo signor del mare, ed Egli trasse con loro alla
spiaggia, sedette sur una gran pietra e comandò all'onda
di restare: ma il flutto scagliatosi d’un tratto tutto inondo
il Santo da capo a piedi. - « Cosi mi rispetta il mare ? »
diss'egli sorridendo; ando alla Chiesa, e toltasi di capo la
23
corona la impose al Crocifisso, dicendo : Tu solus dominus:
tu dominaris potestati maris, motum fluctuum eius tu mi
tigas. Perchè dunque cercare ? Perché affannarsi tutta la
vita attorno a ciò che da noi non dipende ? - Tanto più
non sapendo se quel che bramiamo sia per tornarci utile
o dannoso : e sapendo Iddio solo, come quel che conduce
a sua gloria, cosi quello che serve alla nostra salute ?
E vi son proprio delle creature che paion fatte piuttosto
in nostro danno e rovina che non in nostra salute : e son
quelle di cui dice il libro della Sapienza : creaturae Dei in
odium factae sunt et in tentationem animabus hominum ,
et in muscipulam pedibus insipientium : - e son quelle di
cui S. Agostino diceva essere un vischio delle penne spi
rituali, ed incatenare e strozzare, quantunque l'uno e l'al
tro facciano con buonissimo garbo. Quod amas in terra vi
scus est pennarum spiritualium : capi non ris et viscum
almas ? numquid ideo non caperis quia dulciter caperis ?
quanto magis delectat, tanto fortius strangulat (Serm . 311).
Iddio avea creato il terrestre paradiso una delizia sopra
ogni delizia e datolo in potere ad Adamo con tutti gli al
beri e' frutti che conteneva, un solo eccettuato . Avea forse
l'albero della scienza men belli i frutti e men deliziosi ? No
certo . Ma Dio voleva esercitar l'obbedienza di Adamo colla
continenza ; e voleva che , non pure colla contemplazione
e coll'uso , ma ancora col non uso delle creature si santi
ficasse .
Avvenuta la colpa, si accrebbe assai il numero delle
creature da cui abbiam da astenerci, e quindi maggiore di
venne la necessità del non uso. Adamo peccatore, Abele
innocente, i figliuoli di Dio , anzi per fino i figliuoli degli
uomini dovettero da molte creature allontanarsi, e per ob
bedienza a Dio , e per ispirito di sacrifizio, e per viver sani,
e per non morire innanzi tempo.
Ma la religion nostra, la religion del Cristianesimo è so
pra tutte la religion dell'astinenza. Se nei libri della Sacra
Sapienza spesso incontri la parola contine, abstine, nei li
bri del Vangelo e nelle lettere apostoliche più spesso tro
viamo le parole di abnegazione, di mortificazione, di rinun
zia, di penitenza, d'immolazione, di sacrificio , di crocifis
sione, di morte, di sepoltura spirituale. — Tanto che la re
-
26

ligion mosaica potea dirsi la religion delle promesse terrene;


e la cristiana, religion della rinunzia e della mortificazione.
Dunque se l'uso delle creature è cosa buona, se la con
templazione di esse è cosa migliore, l'astinenza, la tempe
ranza , l'abnegazione, il rende et da pauperibus, cogli altri
consigli evangelici, sono il più perfetto . E Iddio sapientissi
mo, conoscendo quanto ci convenga questa rinunzia, e come
a questa l'inunzia conduca il disprezzo dei beni che non
son beni, concorre in varie guise a farcele aver a vile. È
detto nel salmo 40° Universum stratum eius.versasti in in
firmitate eius , e significa letteralmente la bontà materna
di Dio che al povero infermo solleva i dolori cogli interni
conforti: ma S. Agostino intende per lo strato qualunque
cosa terrena in cui l'uomo cerca il riposo, e pel turbamento
di queste cose intende le amarezze e' dolori a quelle fram
misti, perchè ad esse non ci attacchiamo. Per stratum in
telligitur aliquid terrenum ubi anima requiescat, come sa
rebbe in familia sua , in coniuge, in filiis, in paupertate ,
in praediolo, in novella manibus suis consita etc. Sed Deus
rolens nos amorem non habere nisi vitae aeternae, miscet
istis amaritudines, ut et in his patiamur tribulationem .
PUNTO SECONDO .

Dunque deve starsene l'uomo di continuo colle bilan


cie in mano, bilancie del santuario , e, fra quel gran numero
di cose che gli si presentano alla scelta, prender per l'uso
e per la contemplazione quelle soltanto che a Dio lo con
ducono, e lasciar tutte le altre che da Dio lo allontanano .
Noi siam posti fra cielo e terra : sopra è Dio che ci attira ,
sotto è la terra che ci attira : ma fatti per Dio e non per la
terra, questa ha da servirci non più che di scala per salire
al cielo ; e ci serve di scala se col lume della ragione e della
fede osserviamo, distinguiamo, scegliamo, pesiamo, e quel
che è da meno si sottopone a quel che è da più, il corpo
allo spirito. Bene agit in his anima rationalis si ordinem
servat; et distinguendo, eligendo, pendendo, subdat minora
maioribus, corporalia spiritualibus (S. Aug. op. 40). Se nol
facciamo, se alle cose terrene dannose appicchiamo l'af
fetto, ci carichiamo in modo da non poter ascendere , nau
- 27
fraghiamo in un mar procelloso, dice S. Agostino, e ci in
zavorriamo di piombo. Anzi colla stessa prosperità abbiam
da combattere, né dalla felicità dobbiam lasciarci superare.
Terra e mondo abbiam da calpestare. Magnae virtutis est
cum felicitate luctari, magnae felicitatis est a felicitate non
cinci ; disce saeculum calcare (Aug. serm . 76).
Ed a che ci gioverebbe il goder ricchezze, l'aver onori,
il viver lungamente senza malattie , l'esser circondato da
amici, il salire ai carichi più alti, se non arriviamo al no
stro fine, se non salviamo l'anima nostra ? Unica cosa ne
cessaria è la salute eterna; niente val nulla , niente è da
stimare, niente è da cercar che non ci conduca sicura
mente al nostro fine. Tutto è da odiare, tutto è da fuggire
quello che ci allontana dal nostro fine, ed è inutile pel con
seguimento di esso . Io amo la penna che scrive, non per
chè è d'argento o d'oro, ma perché mi serve . Amo il ri
medio che m'è prescritto , non perché è contenuto in un
bossoletto di cristallo , ma perché mi guarisce. Il rimedio,
anche aspro ed amaro, lo cerco e prendo poiché mi risana :
perchè farò io un ragionar diverso per risguardo alle crea
ture, trattandosi d'un fine immensamente più rilevante, im
mensamente più sublime?
Tuttavia la giustezza della bilancia , anzi uno squisito
equilibrio di essa nelle nostre mani, è necessario allor
quando le cose che ci si offrono son tali da poter servire
alla nostra santificazione, o da poterle nuocere : ed è in no
stro poter l'averle o il non averle , od anche solo il bra
marle o no. Or tali sono appunto quelle cose che Iddio
sliol concedere promiscuamente ai buoni ed ai cattivi, anzi
alle creature ragionevoli ed agli animali. Di queste dice
S. Agostino: Quidquid in hoc mundo boni dixeris habent
boni, habent mali ; la sanità la godono bene spesso i buoni
ed i rei: Salutem ipsam corporis habent boni, habent mali ;
le ricchezze e presso i buoni ed i cattivi si ritrovano : Die
citias et apud bonos et apud malos invenies : se vivono
lunga vita i buoni, anche molti perversi invecchiano assai:
Diu vivunt boni quidam , diu viount et mali quidam . Cosi
pur le asprezze, le melanconie, la fame, la morte, le doglie,
i danni, le oppressure, le privazioni, ai buoni ed ai cattivi
accadono : Rursus quaecumque aspera , quaecumque tri
.
28

stia et boni patiuntur et moli; famem , mortem ; dolores, et


damna, oppressiones, orbitates, comunis haec est omnium
materies lacrymarum . E queste cose appunto son da Dio
distribuite agli uni ed agli altri, perché posson tornare van
taggiose ai buoni, santificandoli, mentre i cattivi ne trag
gono motivo di eterna rovina .
Egli è perciò che la vera scienza, scienza del cristiano,
ed anche più scienza del sacerdote, consiste nello stare per
fettamente in bilico risguardo a tali creature. Pregate e rin
graziate Dio, dice S. Paolo, ma per le cose del mondo non
datevi briga, che vuol dire rimanersene indifferenti ad esse :
nihil solliciti sitis. Pensate e cercate quaecumque pudica ,
quaecumque iusta , quaecumque sancta , quaecumque ama
bilia , quaecumque bonae famae; si qua virtus, si qua laus
disciplinae ; queste le cose utili al conseguimento del no
stro fine, queste da cercare con ogni studio .
Ma pel rimanente che vale affannarsi ? Habentes ali
menta et quibus tegamur , cioè quel solo temporale che
noi chiediamo a Dio : Panem nostrum quotidianum , perchè
cercheremmo altro ? Io ho imparato, dice l'apostolo, ad es
ser contento di quel che ho : Ego enim didici in quibus
sum sufficiens esse ; io so esser umiliato e so abbondare,
scio et humiliari, scio et abundare ; grande scienza, e de
gna che l'apostolo ci ripeta d’averla imparata a tutto suo
studio e costo : Ubique et in omnibus institutus sum . Scio
et satiari et esurire et abundare et penuriam pati (Philip. 4 ).
Le cose della terra e queste creature indifferenti sopra
tutto non son altro che l'osteria dove passiamo la notte ,
incamminati alla patria : or chi ė colui che mette amore
allo albergo, e per amore di esso dimentichi la sua strada ?
Sint tamquam stabulum viatoris -

più energica è l'espres


sion di S. Agostino - non tamquam praedium possesso
ris : un boccone in fretta e via ! refice et transi ( serm . 177) .
Prendiamo delle cose create quel tanto che è necessario al
ben nostro ed all'esercizio del proprio ministero e tiriamo
innanzi, quae retro sunt obliviscentes , ma guardando in
faccia a noi il propositum certamen , la corona promessa,
e l’Auctorem fidei et consummatorem Iesum . Se Iddio ci
onora , sia benedetto : se ci lascia nel disonore , sia bene
detto. Il salire più alto, il guadagnar più ricco patrimonio ,
29

il goder più fiorita sanità , non ci turbi, non ci affanni, non


ci distragga. I desiderii cosi fatti, sebbene appaiano qualche
volta innocenti, tuttavia danno il trabocco alla bilancia , e
mergunt homines in desideria multa inutilia et nociva , e
pertino in interitum .
Il guardar con occhio indifferente le cose che sono per
sė indifferenti per l'eternità, è non solo d'utilità maggiore
o di perfezione, ma è di necessità – sovra tutto per noi —
necessità intrinseca e razionale. Il sacerdote che si pianta
immobile sulla roccia della fede e della confidenza in Dio,
e che di quinci guarda con occhio tranquillo malattia e do
lori, disprezzo e povertà , onore e gaudio , ricchi impieghi
ed umili occupazioni, tutte le vicende mondane, è grande
e meraviglioso per que' che lo conoscono. Niente lo com
muove, niente lo turba . I flutti del mare fremente si sbat
tono furiosi contro quella salda rupe ed essa deride la loro
impotente fierezza. Colui invece che si lascia tirare dal
l'amor dei beni, e spaurire dal timore dei mali, è un giu
dice iniquo che fa tracollare la bilancia contro la verità :
è uno sciocco il quale fabbrica sull'arena, e venuti i fiumi
ed i venti atterraron la casa, et facta est ruina domus il
lius magna.

PUNTO TERZO .

Ma il tenere in mano la bilancia e sempre in bilico, che


non trabocchi, è cosa assai difficile per noi. Iddio stesso ce .
ne avverti allorquando, subito dopo il diluvio , ci diceva :
il senso ed il pensiero del cuore umano essere , dall'ado
lescenza, inclinati al male : sensus enim et cogitatio humani
corilis in malum prona sunt ab adolescentia sua . Egli ė
dunque da badare che i sensi colle loro lusinghe, ed i falsi
principii d'un' opinione traviata non ci seducano. Giudichia
mo non per istinto , nè per allettamento de'sensi , ma da
uomini , cioè col lume della ragione. I sensi, diceva Orige
ne, son come bambini, i quali vogliono le cose vane e belle
che veggono , senza badare se convengano o no : ma la
ragione è donna matura e piena di senno, che a' suoi fan
ciulli concede quello soltanto che può tornar utile per essi.
Quello che desiderano i sensi e che sembra doverli fare
30 -

beati è sempre da meno dell'uomo. Homo es, dicea S. Ago


stino, deterius est quidquid cupis, quo beatus esse deside
ras. L'oro , l'argento e le altre cose dai sensi stimate ci
son poste sotto i pie dalla stessa natura , affinché imparia
mo a non esserne calcati nè oppressi, cosi dicealo Seneca,
e cosi lo intendea, comunque fosse lontano dal praticarne
la conseguenza : nihil quod avaritiam nostram irritaret
posuit in aperto : calcandum et premendum dedit quidquid
est propter quod caleamur et premimur. Diamo dunque,
allorché è da fare la scelta , uno sguardo alla stima che
noi faremo di quelle cose o malati, o moribondi, o morti.
Il malato si cura egli forse dei diletti, dei giochi, dei pas
satempi allorquando lo batte una febbre violenta ? Il mori
bondo pensa egli ancora a guadagnarsi un patrimonio od
a salire a grandi onoranze ? E il morto --- sia egli in pur
gatorio, in inferno, in Paradiso – stimerà egli nulla quel
che ora cosi ardentemente si cerca ? Non aspettiamo che
la candela del Proficiscere ci ammaestri.
E nolite conformari huic saeculo. Le dottrine e le mas
sime che sono in voga presso i figliuoli del secolo non son
la vera prudenza, nè la sapienza eterna, ma la prudenza
fallace , la stoltezza che perde. I figliuoli del secolo cantan
lodi alla libertà , alla indipendenza , alla gloria , ai diverti
menti, alle ricchezze , alla sanità fiorita , alla bellezza, alla
vita lunga, agli onorati impieghi; ma la vera sapienza tutte
queste cose chiama ombra, fumo, fango, vanità. Omnis glo
ria hominis stereus. Dove sembra trovarsi pace e beatitu
dine quivi ė sterminio e rovina. Il mare spesse volte mo
stra una superficie lucida e piana , perché vuole inghiot
tirvi. Time mare etiam cum malacia est ( S. August.).
Il mondo è cosi chiamato per antifrasi, perchè nulla vi è
di più immondo : () munde immunde, gli dice S. Agostino,
quid avertere conaris ? Egli fa come il demonio , di cui è
figliuolo ; offre un pomo e strappa il Paradiso : offert po
mum et surripit Paradisum .
Dunque impariamo a vincere e il mondo e il senso ; gli
allettamenti del senso e le promesse del mondo. Impariamo
a vincere prima i diletti e poi i dolori. Se tu non puoi su
perare il mondo che carezza , come potrai superare il mondo
che incrudelisce ? Primo vincendae sunt delectationes et
- 31 -

postea dolores. Quomodo potes superare mundum saerien


tem qui non potes superare blandientem ? Qui non conte
mnit quod pollicetur, quomodo potest superare quod mi
natur ? (S. Aug.)
Il sacerdote però, più che i semplici cristiani, deve sof
frire difficoltà nel conseguimento del suo fine , per parte
del mondo , del demonio , del senso istesso. Il mondo ci
odia . E mal per noi se nol facesse ! perchè dimostrerebbe
con ciò di tenerci per cosa sua . Ci odia, odiati ci persegue,
ci schernisce, ci maltratta . Ma a questa difficoltà è pronto
il rimedio ; guardiamo un istante a quel Gesù che immo
liamo e che riceviamo in cuore, e ci sentiamo dire : Scitote
quia me priorem vobis odio habuit. In mundo pressuram
habebitis , sed ego vici mundum . — Non però sempre il
mondo ci schernisce ; alcune volte fa d'averci dalla sua ,
per iscusarsi col nostro esempio : ed a questo intento usa
le lodi, le promesse, le blandizie. Ma noi diamo uno sguardo
a quest' abito di lutto che indossiamo, e ricordiánci d'es
sere separati dal mondo e di non aver nulla di comune
con lui. O sacre vesti, o panni benedetti, qual potente mezzo
di salute siete voi a molte anime ecclesiastiche ! Se il Prete
vestito alla secolaresca dimentica il ministero e Dio , il sa
cerdote che mantiene il suo abito non può appartenere al
mondo, nė rinunziare al suo santo uffizio . Il demonio rab
bioso contro di noi aguzzi pure i suoi dardi, sien pure più
violente le sue tentazioni e più continue : giusto è che cosi
sia : a che sprecherebbe egli i suoi sforzi contro coloro che
già gli tengono dietro senza incitamento, e dai quali troppo
scarso vantaggio può aspettarsi per la causa dell'inferno ?
A noi si rivolge, perchè noi siamo rivolti a Dio. Vinto il
pastore fia dispersa la greggia. Ma noi abbiamo anche
pronto lo scudo sopra cui ricevere quegli strali infocati
senza danno . Nostro scudo ed usbergo è la fede viva ed
illuminata, eccitata continuamente per le sante letture, pel
breviario, per le meditazioni, e sopra tutto per l'incompa
rabile sacrifizio e sacramento della Eucaristia .
Ed anche quando la carne si fa sentire più ribelle e
quando ci assediano le pericolose occasioni, e quando il
ministero stesso delle sacramentali confessioni diventa per
noi un pericolo, anche allora Iddio ci somministra i mezzi
32

potenti da vincere ogni difficoltà. In noi è più vivo che


nei secolari ( almeno cosi vuol essere ) il sentimento della
cristiana verecondia : per noi è di necessità e d'uso più
frequente il sagramento della Penitenza : noi vediamo ogni
giorno le cadute fatali di tanti, uomini e donne, e ne sen
tiamo i lamenti del rimorso e della vergogna, della spiri
tuale e della materiale rovina : noi abbiamo il ritiramento
degli spirituali esercizi che, almeno ogni tre anni, viene a
rinnovare le nostre coscienze ed a rimettere qualche poco
di calma negli spiriti turbati dalle necessarie agitazioni del
ministero : finalmente noi abbiamo continuo sotto gli occhi
lo spettacolo miserando della umana natura , che va via
disfacendosi e stemperandosi per le malattie, e finisce per
disciogliersi nella morte, andando la parte migliore di essa
a ricevere la sua sentenza, e la parte più grave ed anima
lesca a marcire nel fango. Grande spettacolo è questo e
capace, anche da solo , come fece con parecchi, a frastor
nar dall'amore del secolo, dalla brama dei beni caduchi e
dall'appetito d'ogni cosa sensuale.
Noi adunque, comeche più dei secolari tentati e provati,
più dei secolari altresi sostenuti e rinforzati con ogni ma
niera di presidii della grazia, non lasciánci scoraggire dalle
difficoltà , ma confidiamo intieramente e speriamo tutto da
Colui che ci conforta . Il creato sia per noi come un ponte
sospeso da passar alle rive beate della eternità . Calca il
ponte e guarda fiso al termine cui tendi. Delle cose create
alcune ci aiutano pel nostro fine, amiamole e cerchiamole,
quantunque ci sembrino amare : altre ci tornan dannose ,
fuggiánle e detestiánle quantunque soavi. Altre ci possono
aiutare o perderci Dio solo conosce qual dei due per
queste tenghiamo la nostra volontà in perfetto bilico, sfor
zandoci anche noi d’imparare e di mettere in pratica la
grande sentenza apostolica : Scio satiari, scio et esurire :
in omnibus institutus sum : ego didici in quibus sum suffi
ciens esse. Ci rischiari Dio benignissimo a bene approfon
dir queste grandi e cardinali verità ; e colla sua grazia , per
l'intercessione di Maria Santissima, ci aiuti a metterle in
pratica per tutta la vita .
DEI TRE PECCATI

MEDITAZIONE TERZA

Tolle cunctos principes populi,


et suspende eos contra solem in
patibulis , ut avertatur furor
meus ab Israel. Num . 25.

Orrendo spettacolo ! I capi delle tribù, i principi del po


polo, i duci della nazione, tutti impesi per la gola in altret
tanti patiboli, in faccia al sole ! – E tanto ci vuole per cal
mar l'ira divina . - Ma come ciò ? dice S. Pier Damiani,
Alius est qui peccat, alius est qui vapulat? Pecca il popolo
con le moabite, e sacrificano a ' loro dei, ed i capi del po
polo sono appesi ? Appunto ; perché culpa subditorum in
praepositorum redundat opprobrium , et quod ab ovibus
erratur negligenti pastori adscribitur (Damian. lib . 2, ep. 11 ) .
Populus peccat, dice Origene, et principes suspenduntur ;
pro populo enim coguntur principes reddere rationem
(Orig. hic) . Ma uno spettacolo anche più orrendo la giustizia
di Dio ci propone a considerare quest'oggi. Gli angeli del
paradiso, per un solo peccato, rudentibus inferni detraeti,
in infernum traditi cruciandi (Petri 2) . Adamo, per un solo
peccato, diventato padre della morte; e molte anime, per
un peccato solo ; moltissime, per pochi peccati, fatte tizzoni
d'inferno. Quis non timebit te o Rex gentium ? (Apoc. 15).
Chi non concepirà orror del peccato ? Povera anima mia !
Tu vivi prigioniera dentro questo mio corpo di peccato e
di morte : tu vivi esigliata in questo deserto popolato di
serpenti e di fiere che è il mondo. Vivit hic anima operta
mortis involucro, dice S. Ambrogio (in Ps. 110) : oh mise
rere animae tuae placens Deo (Eccli . 30) ed abbi orror del
peccato : miserere animae tuae e chiedi a Dio che abbia
compassione di te secundum magnam misericordiam suam .
BERCHIALLA – Considerazioni al Clero 3
34

Deh , Gesù mio , riempitemi di confusione e di vergogna


per que' peccati cosi gravi e molteplici che commisi, ed ac
cendete in me il fuoco della contrizione al considerare il
castigo di tante anime per un peccato solo. Mater divinae
gratiae. Omnes Sancti et Sanctae Dei, intercedite pro nobis .
PUXTO PRIMO .

Non v'è mente d’uomo che possa intendere la bellezza


e la perfezion di Lucifero quando usci dalle mani di Dio.
Pieno di sapienza ; non un secreto a lui nascoso : Plenis
sapientia , omne secretum non est absconditum a te ( Ezec. 28) .
Vestito delle più rare doti, e delle più eccellenti virtù : omnis
lapis pretiosus operimentum tuum ; meraviglia delle menti
create : omnes qui viderint te obstupescent super te ; da
non istargli sopra altri che Dio, a cui somigliava : signacu
lum similitudinis .
Ma Lucifero inorgogli; elevatum est cor tuum quasi
cor Dei ; innamoró pazzamente di se stesso e fece di se
a se stesso un idolo da adorare. Quindi la ribellione a
Dio, a cui solo è dovuta la gloria : quindi il cercar partito
e compagnia , e trascinar seco la terza parte delle stelle.
In un istante, in un batter d'occhio , idolatria di se stesso,
ribellione, apostasia di Lui e de compagni, vittoria e fedeltà
di Michele, di Gabriello e di tutte le milizie celesti: in un
istante, in un batter d'occhio, il processo , la sentenza, la
condanna, l'esecuzione che dura in eterno . Videbam Sata
nam sicut fulgur de coelo cadentem (Luc. 10 ).
Ma quella prevaricazione e quel giudizio orrendo ebber
luogo nel più nascosto penetrale deʼcieli ; nè mente umana
mai lo avrebbe indovinato , se Dio non cel rivelava . Or per
che ce lo rivelò ? Angelis peccantibus non pepercit, dice
S. Pietro, sed rudentibus inferni detractos in tartarum tra
didit cruciandos.... exemplum eorum qui impic acturi sunt
ponens ; perocchè se agli angeli creature cosi belle ed ec
celse non la perdona , ma cosi orribilmente al primo
fallo — li condanna , che cosa abbiamo da aspettar noi ?
Ahimè ! che iudicium iam non cessat et perditio non dor
mitat! (ibid .) Ahimè che la giustizia di Dio è sempre quella ;
ed anche oggi sa iniquos in diem iudicii reservare crucian
35
dos, magis autem eos qui post carnem in concupiscentiis
immunditiae ambulant, dominationem contemnunt , auda
ces, sibi placentes, con tutta quella altra sconcissima se
guela di sporcizie e di iniquità che quivi racconta il Prin
cipe della Chiesa. Ahimė! si ita actum est cum angelo ,
quid de me fiet terra et cinere ? piagnea S. Bernardo.
L'angelo commise un solo peccato, ed io li commisi a
centinaia : multiplicatae sunt iniquitates super caput no
strum et delicta nostra creverunt usque ad coelum (I Esd. 9).
L'angelo non ebbe tempo di pentirsi: ed io ? io ho avuto
gli anni da piangere e da guadagnar misericordia : ho avuto
un Cuor di padre infinitamente amoroso, che non cesso di
cercarmi e di chiamarmi per nome : Adam , ubi es ? L'an
gelo non vide ombra della giustizia di Dio, prima del suo
castigo : ed io ho veduto migliaia di peccatori sfolgorati e
dannati .
Dio è infinita clemenza : eppur dannò la più bella opera
delle sue mani. - Dio è infinita santità che non agisce mai
senza un perfettissimo e santissimo perché; eppur danno
gli angeli al primo peccato . - Dio non può mai ecceder
nella giustizia, le sue bilancie son quelle dell'orafo, il suo
occhio è quello del sole ; eppur dannò gli angeli , per un
sol peccato, ad una pena eterna , creando per loro a bello
studio (con quella mano stessa che aveva fatto il paradiso
ed il mondo), un inferno di ogni tormento. Ma quell'inferno
fatto apposta per Lucifero ha anche un luogo per me, se
non mi pento, se muoro in peccato. Anzi il luogo è pronto
fin d'ora ed aperuit infernus os suum (Is. 5), per inghiot
tirmi, se sono in peccato . Ha Dio , come l'uomo iniquo ,
due pesi e due misure ? Odia egli meno il peccato nell'an
gelo che nell'uomo ? E se quest'uomo è alzato al paro
cogli angeli, per la partecipazione al pan degli angeli; anzi
sollevato al di sopra degli angeli, pel sacerdozio, potrà egli
sperar che Dio, qui angelis peccantibus non pepercit, sia
per risparmiarla a lui , e chiuder gli occhi, per non vederne
le ulcere e le aposteme schifose ?
La giustificazione di Lutero è un mantello divino gettato
sul dosso d’un uom pieno di marcia e scolante putredine:
Dio guarda il suo mantello, non vede le sozzure, né puz
zano per Lui. Ma la giustificazione cristiana è tutt'altro.
36 -

Foris canes , foris venefici et impudici : nihil coinquinatum


(Apoc. 22-15, ib. 21-27 ).
Eppure io son tutto macchiato al cospetto del mio Gesù .
Deus meus confundor et erubesco levare faciem meam
ad te (I Esod. 9 ). Io amico, famigliare, intrinseco di Gesù .
Io angelo del nuovo testamento che dovrei, mi dice il Cri
sostomo , inter coelestes illas virtutes constitutus, medius
stare, io, peccavi nimis cogitatione, verbo, opere.
L'angelo d'Efeso è rimbrottato perchè dismise un po' del
primo fervore ; l'angelo di Pergamo é rampognato perchè
non estirpò ancor di sua Chiesa i nicolaiti ; quel di Tiatira
è rimproċciato che ancor nella sua sede si trovino gli ido
latri e gli infedeli; quel di Laodicea è sfolgorato per la sua
tiepidezza (Apoc. 2 et 3) : Habeo adversum te pauca
habeo adversum te pauca. Avevano virtù, faticavano, ago
nizzavano per la fede: ma non erano Santi, ed erano angeli !
O mio Dio non giudicatemi secondo la vostra severis
sima giustizia ; patientiam habe in me, e con la vostra gra
zia farò di essere quel che debbo essere, e quello che voi
volete che io sia . Detesto il peccato e ne faró penitenza .

PUNTO SECONDO .

Mai non fu, nè sarà mai uomo più fortunato al mondo


di Adamo. Non provò le debolezze della infanzia , non la
sommissione della puerizia , non le voglie sfrenate della
adolescenza : non conosceva la povertà , non temeva il
disonore, non l'impauriva la malattia , non lo affannava la
fatica, non gli soprastava la morte : l'anima di lui natural
mente diritta volgeva alla virtù , l'intelligenza acutissima,
senza bisogno di studio e di maestri, era piena della scienza.
Il mondo tutto gli era amico e servo . Il cielo sorridevagli
perennemente. La terra fecondissima gli faceva pendere sul
capo i suoi frutti, e stendeva per adombrarlo le sue fronde.
Gli augelli col canto lo allietavano, e gli animali, anche più
selvaggi, menavano dinanzi a lui balzi e carole di giubilo .
Dio lo faceva re del mondo, gli dava per palazzo la terra ,
e per padiglione il firmamento stellato .
Ma Eva , ingannata dal serpente , tento Adamo, e fece
piegar quella robustissima natura al peccato. Gustarono
37
entrambi il frutto vietato, e con esso ingollarono la colpa,
la morte, la maledizione.
Il demonio aveva compito il suo offizio, porgere un po
mo, strappar di mano il paradiso : porrigit pomum et sur
ripit paradisum (Bern .). Ebbe la consolazione dei dannati;
ché cacciato dal cielo , per invidia ne volle tutti cacciare :
ardens invidia pellere nititur quos coelo Deus advocat
(hymn . eccl .) . Ma ahimè dove cadde Adamo per un solo
peccato ! Diventò nemico di Dio, figliuol dell'ira : perdė la
vita dell'anima, la grazia : fu fatto schiavo del peccato : a
quo quis superatus est eius servus est (2 Pet. 2 ) ; cadde
nelle tenebre e nell'ombra di morte ; si tolse ogni argo
mento da ritornar amico di Dio ; e perduta la gratuita ere
dità del cielo, non gli rimase di che rientrarvi; fu male
detto , e la maledizione non entró solo nelle viscere di lui
e nel midollo delle ossa , induit maledictionem ut vestimen
tum , intravit sicut aqua in interiora eius , et sicut oleum
in ossibus eius, facta est ei sicut vestimentum quo operitur
et sicut zona qua semper praecingitur ( Ps . 108) ; non ba
sta , non basta. Il colpo andò anche più profondo : fu ma
ledetta la terra che lo sostentava , maledicta terra in opere
tuo, spinas et tribulos germinabit tibi ; maledetta la natura
che ingemiscit et parturit usque adhuc (Rom . VIII); male
detti i figliuoli, ed i figliuoli dei figliuoli per le generazioni
avvenire. Per unum hominem peccatum in hunc mundum
intravit, et per peccatum mors (Rom . V) .
Quella maledizione fece della terra una necropoli ed un
ossario : popolo gli spedali d'ogni ragion di malattie ; diede
al fulmine la tremenda attività ; alle onde la forza spaven
tosa ; al fuoco, all'aere, agli animali piccoli e grandi la virtù
di ammazzare .
Ed è Iddio giustissimo che punisce cosi un solo peccato ? —
Si è Dio, il quale non eccede nel far giustizia. È Dio mise
ricordioso che tratta cosi quell'uomo che Egli testé faceva
con le sue mani onnipossenti e l'animava con lo spiracolo
della vita ? --- Si è Dio , e non fe' torto alla sua misericor
dia, sentenziando cosi. Egli è santo ed è santissima que
sta vendetta. Egli è sapiente – ed è sapientissimo quel ca
stigo. Anzi questa vendetta e questo castigo sono un nulla
a petto di quel che si dovea di piena ragione ad un solo
-
38
peccato. Se non era d'una redenzione infinita, d'una peni
tenza di valore infinito, della passione di Gesù, tutti gli uo
mini erano dannati ad una pena infinita, perchè eterna .
Adamo, Adamo dove sei ? Iddio, direste che più nol co
nosce, chè veramente ei non era più quel di prima: pensó
di coprirsi le carni con le foglie, ma egli manifestó il suo
orribile spogliamento d'ogni bene. Egli era caduto in mano
ai ladroni qui expoliaverunt eum , et plagis impositis abie
runt, semivivo pelicto (Luc. 10) ; il ladrone era la colpa : le
piaghe, le lividure, le ulcere, il marciume fetente erano gli
effetti della colpa nell'anima e nel corpo -- questo condan
nato a morire, anzi moribondo ogni di — quella già morta
e fracida nel sepolcro. Ma Adamo era sapiente, più di Sa
lomone, era padre dell'uman genere, era dottore - nato di
tutti i figliuoli suoi, era primo sacerdote di Dio: Poteva egli
avere scusa nel suo peccato ? anzi non era aggravata im
mensamente la colpa di lui?
Ed io ? non ho anche peccato ? ed ahimè quante volte!
non in un solo peccato, non per un solo genere di peccati,
ma ho mancato centinaia di volte , e forse poche sono le
specie di peccati in cui non sia caduto. E vi caddi , dopo
aver veduto il castigo di Lucifero, di Adamo, di Caino, di
Giuda, delle città intiere, delle provincie, delle tribù, dei re
gni, del mondo. Caddi conoscendo chiaramente la giustizia
di Dio. E caddi dopo essere stato perdonato le tante volte,
e dopo aver gustata la soavità delle lagrime, e la soavità
della festa che fa il padre al figliuol prodigo. Non era io
sapiente nella legge ? incerta et occulta sapientiae tuae ma
nifestasti mihi ( Ps. 50 ). Non sono io padre dei cristiani?
Oh quante volte suonarono al mio orecchio e giunsero al
mio cuore quelle umili parole: beneditemi, o padre : padre
mi accuso ! Non sono io dottor de ' fedeli ? Labia sacerdotis
custodient scientiam , et legem requirent ex ore eius (Ma
lac. 2. 7 ) . Non sono io sacerdote ? e non è il mio sacerdozio
infinitamente più nobile di quel di Adamo, di Aronne , di
Eli, di Onia , di Melchisedecco ?
Io sacerdote ? ma i miei costumi son peggio che di se
colare : - io sacerdote ? ma oh quanto male mi stanno sul
capo l'amitto, e sul corpo l'alba , il cingolo, la stola, la pia
neta ! — Io sacerdote ? no ; ma S. Bernardo mi chiama chi
39

mera saeculi ; e S. Ignazio, fissandomi sopra quel suo sguar


do d'aquila, mi dice : Vergognati o ulcus unde sanies pro
cedit !
E tu che non sei buono per te stesso varrai nulla per
gli altri ? qui sibi nequam , cui bonus ? (Salvian .) Quale scusa
cercherò io pel mio peccato ? Adamo, sorpreso in fallo da
Dio, cacciò la colpa su Eva , e di rimbalzo su Dio che Eva
gli dava per compagna : mulier , quam dedisti mihi sociam ,
dedit mihi de ligno et comedi (Gen. 3) . Ma la scusa gli ri
cadde sul capo ; chė S. Paolo grida : l’uomo non potea , per
quel che era sapientissimo e regolarissimo, esser sedotto :
Adam non est seductus, mulier autem seducta in praeva
ricatione fuit (I Tim. 2). Oserò io scusarmi sull'esempio dei
tristi, sulle massime dei mondani, sulle fallaci lusinghe delle
creature ? Io posto a guidar gli altri coll'esempio, sol della
terra, luce del mondo ? Lo so : peccatum sacerdotum ma
ximum iudicatur tum propter officii dignitatem , cum pro
pter perversitatem exempli, mel dice Innocenzo III ; lo so ;
ancora oggi , dopo due mila anni, si ricorda il peccato di
David ed i male viventes quaerunt sibi patrocinium pec
candi et dicunt sibi: si David , cur non ego ? mel dice
S. Agostino. Lo so ; la mia vita sacerdotale ha da esser ce
leste : haec summa est ut virtute tales existant, ut uno
verbo dicam coelestes sint, mel dice il Nazianzeno. E var
ranno scuse ad attenuar la malizia del mio peccato ?
No ; il sacerdote non può esser sedotto, ma può essere
seduttore; captivas ducentes mulierculas oneratas peccatis
(I Tim .). Il demonio non dorme, è vero, ma striscia vele
nosamente d'intorno a noi : non cerca , dice S. Girolamo
(ep. 22), gli infedeli od i mondani, ma gli uomini di Chiesa :
Non quaerit diabolus homines infedeles, et quorum carnes
rex assyrius in olla succendit. De Ecclesia Christi capere
festinat. Escae eius, secundum Habacuc, electae sunt. Non
cerca i gufi e le nottole , nè altro immondo augello , quel
nibbio rapace, ma colomba vuole : ad unam columbam tot
miloi , tot aquilae, tot cultures voraces, tantorum concur
rit congeries avium sordidarum , ci dice il Crisologo ( P. 171 ) ;
ma la colomba in foraminibus petrae , in caverna mace
riae (Cant. 2) è sicura dal nibbio , non è ghermita se non
gli vola fra gli artigli : ma gli uomini di Chiesa nel ritira
40
mento del loro officio , nel secreto della loro meditazione
son sicuri dagli assalti del demonio, e non fiano preda alle
ingorde brame di lui. Quel can rabbioso latrare potest, de
vorare non potest.
O sconcerto deplorabile adunque! tanta scienza delle
cose di Dio e cosi dense tenebre di peccato ! tanti mezzi di
salute e cosi gran rovina ! cosi sublime grado e si orribil
precipizio ! Monstruosa res gradus summus et animus in
fimus, sedes prima et vita ima ( Bern . de cons .). Ahi ! che
ben posso con Davidde piangere amaramente che super
omnes inimicos meos factus sum in opprobrium (Ps. 30).
Peggio vissi io fra i sacramenti che i mondani fra le scene.
Peius viount mali in sacramentis quam illi qui ad ea nun
quam accesserunt; dice S. Agostino (enarr. ib.) ..... melius
erat illis non cognoscere vias iustitiae, quam cognoscenti
bus retrorsum reflecti a tradito sibi sancto mandato.
Deh Dio, misericordia ! Commissa mea pavesco et ante
te erubesco, cum veneris iudicare, noli, ah noli me conde
minare !

PUNTO TERZO .

« Non si è mai dannato alcuno per aver fatto troppi


peccati - diceva il Ven . Parroco d'Ars ma molti sono al
l'inferno per un solo peccato di cui non si vollero pentire » .
Se noi potessimo farci alla bocca di quella spaventosis
sima prigione, e chieder novella di loro a que' dannati, cen
tinaia sarebbon quelli che ci risponderiano per un solo
peccato di bestemmia per un solo pensiero disonesto
per un solo peccato turpe --- per una sola maledizione lan
ciata al prossimo io sono dannato .
Dio , che danno gli angeli per un solo peccato , e che
maledisse a tutto il genere umano per la colpa sola di Ada
mo, Dio è sempre lo stesso, e la giustizia di lui non muta .
Ricordiamo la storia di Giuda Iscariotto. Egli tenea la borsa
della apostolica famiglia, e ladroncello che era incominciò
da piccoli furti, seguito con mormorazioni contro la prodi
galità di Maria Maddalena, e fini dove sappiamo. Iudam
in barathrum nequitiae praecipitavit neglecta minimorum
- 41

cautio, dice Ugon di S. Vittore ; cominciò dal poco, cadde


· nell'eccesso, si disperó, si appicco per la gola.
Giuda volle rifarsi dei trecento denari che valeva l'un
guento di Maddalena, e vendette Gesù per trenta : ma pei
trenta denari che egli ebbe dal sacrilego mercato , gli ro
vinarono addosso le trenta maledizioni del salmo 108 che
cominciano dal constitue super eum peccatorem e finiscono :
induatur velut diploide confusione sua , cosi medita il dot
tore S. Pier Damiani institut. monial. c. 13).
Giuda fu vestito di maledizione, e la maledizione lo in
vesti fin dentro il midollo delle ossa . Gesù gli lava i piedi,
gli dà il pane immollato nel suo piatto , gli dice secreta
mente, per non isvergognarlo davanti agli altri, il suo pec
cato ; e Giuda ?..... esce per tradirlo. Gesù nell'orto gli va
incontro, lo chiama amico , lo bacia , lo avverte amorevol
mente con una grazia divina da ammollir le selci, e Giuda ?...
duro come un macigno. Gesù stramazza a terra i soldati
del sinedrio , e guarisce Malco ferito, e Giuda ?..... fiero come
una tigre.
Ma Giuda é assalito da orrendo rimorso e getta il denaro
in faccia ai sacerdoti, urlando : peccavi tradens sanguinem
iustum , ed i sacerdoti crollan le spalle dicendo : tocca a te
a pensarvi. Fosse anche stato penitente, la fierezza dia
bolica di que' sacerdoti avrebbe bastato a farlo disperato.
Dunque prende il capestro, se ne fa un nodo scorsoio alla
gola e si lancia dall'albero, e crepa, e diffusa sunt omnia
viscera eius (Act. I) .
Giuda non era ancor dannato intieramente, dice S. Ago
stino : Iudam non tam scelus quod commisit, quam indul
gentiae desperatio fecit interire ; chi si impicca fa che l'aria
non possa più entrargli in corpo per avvivarlo , segue il
Santo, cosi qui desperant, ipsa desperatione intus se suffo
cant ut eos Spiritus Sanctus visitare non possit (serm . 312) .
Ma ahimè! che Giuda forse tradi , senza voler tradire :
ei conosceva qual fosse la meravigliosa potenza di Gesù :
l'avea veduto molte volte scamparsi da' suoi nemici, allora
che nondum venerat hora eius ( Ioan . 7 ) : – avere i trenta
denari, questo è che vuol Giuda ; - il Maestro si districherà
dalle funi, e fuggirà da ' soldati. -- Giuda ragionò col de
monio , e si fece una coscienza a suo modo una CO
42
scienza come suol farsela un sacerdote sacrilego e com
mise il peccato ad occhi chiusi. Il Redentore intanto , per
causa di Giuda suo discepolo , cadeva nelle mani dei sa
cerdoti, dei seniori, dei teologi ebrei che erano gli scribi,
e di quella razza di vipere che facevan da religiosi, i farisei ;
quindi per mezzo di costoro fu messo in mano del poter
civile, e condannato a morte da un apostolo, dal clero e
braico, dalle cattedre giudee, dal poter civile e militare, da
tutta la nazione.
Giuda fu il primo ministro di quel deicidio, e la prima
causa di quella maledizione di sangue che piovve allora
sopra i Giudei, e non è ancora cessata .
O venerandi sacerdoti: io fremo tutto quanto di racca
priccio a cosi orrenda memoria. E vo pensando : se Giuda
per la negligenza nelle piccole cose, rovinò nel tradimento
di un Dio, e nella disperazione, e per un giorno di peccato
fu mandato allo inferno, a compire il trionfo del diavolo,
che posso io sperare ? Qual male abominevole vuol essere
il peccato che trascina a si nero abisso ? Quanto immensa
mente è più grave il peccato del discepolo di Gesù Cristo,
dell’apostolo, poiché è dalla giustizia divina cosi punito ?
E Giuda non aveva ancor ricevuto il complemento della
apostolica dignità ! Giuda non aveva ancor consecrato !
Giuda non aveva ancor ricevuto lo Spirito Santo ! Giuda
non aveva ancor veduta la risurrezione e l'ascensione del
suo Maestro ! Ed io ? e noi ?
S. Francesco Borgia soleva nelle sue meditazioni cac
ciarsi a ' pie' di Giuda, estimandosi peggiore di lui, perché
da Gesù benedetto più favorito dilui: nè rimase da quella
sua umilissima considerazione, finché il giovedi santo non
trovo, a suo luogo, già inginocchiato Gesù, in atto di lavar
le sozze piante del suo apostolo traditore. Or dove mi porro
io con tanta soma di peccati in dosso, quando i Santi e gli
innocenti non trovan luogo in terra che non sia per essi
di troppo onore : Si iustus vix salvabitur, impius et pecca
tor ubi parebunt ? (1 Pet. 4)
Abbassiamo la fronte, o sacerdoti, mentre vediamo paş
sar la tremenda giustizia di Dio, che non perdona agli an
geli, non perdona ad Adamo, esigendone novecent'anni di
penitenza santificata dalla morte di Gesù Cristo ; e non la
43
perdona a Giuda, sebben gli angeli e Adamo colpevoli siano
d'un solo peccato, e molti abbiano sulla coscienza un nu
mero di colpe assai più grande che Giuda.
Ed anche lavati nel sangue di Gesù Cristo pel sacra
mento della Penitenza , e confortati dal cibo divino della
Eucaristia, non dimentichiamoci peccatori. Abbassiamo gli
occhi, e vedremo ai piedi ed alle braccia ancora i solchi
delle catene del demonio, e sul corpo troveremo ancor le
margini non ben saldate delle nostre piaghe: putruerunt
et corruptae sunt cicatrices meae a facie insipientiae meae
(Ps. 37). Il liberto uscito ora di schiavitudine, il reo cavato
testė di galera, per la clemenza del re, non osano levar lo
sguardo innanzi al padrone ed innanzi al maestrato . E dove
sono gli exitus aquarum sgorgati dai nostri occhi per aver
violata cosi spesso la divina legge ? Basterà egli il recitarlo
ogni giorno alle ore e non avverarlo pur una volta all' anno ?
O anima mia, abbi compassione di te stessa e piangi le
tue sciagure. Il peccato che facesti cosi sovente ti ha me
ritato l'inferno, quanto volte lo facesti; e ti ha nimicata con
Dio, cancellata dal libro dei viventi, e cassa dalla eredità
del cielo. O anima mia deduc quasi torrentem lacrymas
per diem et non taceat pupilla oculi tui ( Thren . 2) ; solo un
cuor contrito ed umiliato può riamicarti con Gesù, e resti
tuirti il bene in quo sunt omnia bona .
COLLOQUIO .

0 Gesù Santissimo immolato e crocifisso per me : queste


vostre piaghe sono opera mia , queste lividure, questi strap
pi , questo sangue , queste percosse , queste spine..... Oh
quanto fu immenso l'amor vostro per me! Oh quanto è
orrenda la malizia di un peccato, la quale non può essere
cancellata altro che colla morte d'un Dio ! Quanto è igno
bile la mia ribellione e la ingratitudine mia verso di voi,
dopo si gran pruova d'amore e di misericordia ! O Gesù
mio , voi mi vi date tutto ed io non vi do mai nulla : voi
spendete per me il vostro sangue e prodigate la vostra vita,
ed io vi volto il dosso. Voi mi chiamate ed io fuggo. Ah
che riconosco il mio torto o Gesù, e mi veggo indegnissimo
d'esser chiamato vostro figliuolo, anche più indegno di es
- 44
ser vostro sacerdote. Misericordia , o Gesù, misericordia . Io
mi pento di tutto cuore d'avervi tradito ed offeso, pei ca
stighi che ho meritato ; ma molto più perchè vi ho fatto
ingiuria , vi ho voltate le spalle, vi ho disobbedito villana
mente, voi cosi buono, cosi dolce, cosi santo, cosi giusto,
cosi infinitamente amoroso . O Gesù buono e santissimo,
non vi offenderò mai più. Datemi la vostra grazia , regge
temi colla vostra potenza . Non più peccati, non più difetti.
Voglio esser tutto vostro , o Gesù, che vi siete fatto tutto
mio . Iuste iudex ultionis , donum fac remissionis , ante
diem rationis.

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DEI PECCATI PROPRII

MEDITAZIONE QUARTA

Anima quae peccaverit ipsa


morietur . Ezech . VIII.

Di tre figliuoli che Davidde perdė l'un dopo l'altro fu


assai diverso il lutto che meno : allo spirargli il bambino
figliuol di Betsabea, per la vita di cui tanti sospiri e pianti
avea mandato inutilmente al cielo , tutto ad un tratto ra
sciugó le ciglia, e, quando sembrava necessario cominciare
i lamenti, ei si racconsoló . Ma, uccisogli Ammone, per man
d'Assalonne, furon lacrime dolorosissime; e strappata ad
Assalonne la vita indegna dalle tre lance di Gioabbo, vie
più amare divenner le lacrime e presso che inconsolabile
il pianto. Or perché si fatta varietà di pianto ? non era egli
padre egualmente dei tre ? Pianse, dice S. Ambrogio , pianse
Ammone perchè incestuoso e colto , forse, in mal punto ;
pianse Assalonne, dice S. Gregorio M., perché parricida ;
non pianse il bambino perchè innocente . Iuste flevit filium
parricidam , qui alium paruulum , quia sciebat non pec
casse , non flebat: anzi per questo bambolo aegrotante
affligebatur, moriente laetatus est, dice S. Agostino . Dun
que il pianto del profeta era per la morte dell'anima, non
per quella del corpo: e , appunto perchè comprendevane.
l'immenso danno, ed egli v'era incorso col suo peccato ,
di se medesimo pianse tutta la vita : lavabo per singulas
noctes lectum mcum ; lacrymis meis stratum meum rigabo
(Ps. 6 ). Exitus aquarum deduxerunt oculi mei quia non
custodierunt legem tuam ( Ps. 118) . E non è il peccato il
più tremendo infortunio dell'uomo? e quid miserius misero
non miscrante se ipsum ? (Augustin .)
O misera anima mia , tu sei come un prigioniero nella
umida secreta, o come un forzato nelle galere, o come un
ramingo dentro una selva piena di spine e di bisce vele
- 40 -
nose : chi sa ? tu sei per avventura morta e fetente nel fe
retro del tuo corpo , e tu non ti lamenti e non senti pietà
di te stessa ?
O Gesù Rex gloriae et omnium virtutum magister qui
docuisti nos verbo et exemplo gemere ac flere.... rogo te
bone Iesu per illas pretiosas lacrymas tuas, da mihi gra
tiam lacrymarum quam multum desiderat et appetit anima
mea ut plangam me in omni vita mea (S. Bern . medit.) .
Maria Santissima, S. Agostino, S. Maddalena e Santi tutti
penitenti, pregate per noi. Omnes Sancti et Sanctae Dei, etc.
PUNTO PRIMO .

Una mano angelica rapisce Ezechiello, pe' capegli lo sol


leva fra terra e cielo , e il reca in Gerusalemme, ed una
voce gli dice all'orecchio : Fili hominis, putasne, vides tu
quid isti faciunt abominationes magnas, quas domus Israel
facit hic, ut procul recedam a sanctuario meo ? et adhuc
conversus videbit abominationes maiores (Cap. 8) .
Ricordate, o Sacerdoti venerandi, le colpe che si com
metton nella fanciullezza e nella prima adolescenza : pigri
zia, irriverenze, curiosità, menzogne, gola, disobbedienze :
frequentar cattivi compagni, dire sconce parole, dare turpi
sguardi, occupar la mente in abominevoli pensieri, lordar
l'anima ed il corpo con sozzi abiti; male disporsi al sagra
mento della Penitenza , comunicarsi senza rispetto e senza
fede, avvicinarsi alle malizie del sacrilegio abominatio
nes magnas ut procul recedam a Sanctuario meo . O cari
anni della innocenza e del casto sorriso , come volgeste
per me ?
Et introduxit me ad ostium atrii..... et dixit ad me :
fode parietem ..... ingredere et vide abominationes pessimas
quas isti faciunt hic ; ed entrò il profeta e vide ogni gene
razion di animali e di reltili dipinti sul muro e settanta se
niori d'Israello col turribile in mano ad incensarli , et ca
por nebulae de thure consurgebat.
Ricordiamo , o Sacerdoti , le colpe della gioventù e le
abominazioni dell'atrio del Santuario : ogni generazione di
vizi incensata e adorata : l'ambizione, la vanagloria, la ava
rizia, l'accidia, la rabbia, l'invidia, la lussuria , la gola. Fer
47
vono gli spiriti vitali nell'uomo, il diavolo mántaca dentro
quell'incendio , l'uomo non fugge l'occasione, non adopra
verun rimedio possente a vincersi, e la scuola , l'educa
zione, il seminario, che sarebbono palestra di virtù, riescono
sepolcro di peccati ; sepolcro coperto da un tenue mantello
di neve, che è la simulazione e l'ipocrisia .
E Dio disse ad Ezechiele : tu vedi, o figliuol dell'uomo,
quello che i seniori d'Israele faciunt in tenebris, unusquis
que in abscondito cubiculi sui, come se dicessero : Dio non
ci vede – e pur vedrai di peggio : ed ecco più in là fem
mine da trebbio che lamentano Adone : e v'è peggio an
cora : ed ecco in ostio templi Domini, inter vestibulum et
altare , quasi viginti quinque viri, colle spalle voltate al
Santo dei Santi e coi volti a levante in atto di adorar il
sole che leva : hai veduto, figliuol dell'uomo ? numquid leve
est hoc domui Iuda ut facerent abominationes istas, quas
fecerunt hic , quia replentes terram iniquitate conversi sunt
ad irritandum me ? (Ezech . 8)
Guardate, o Sacerdoti, inter vestibulum et altare, e con
tate le abominazioni che vi hanno luogo. Non vi trovate
anche voi i turpi sacrifizi di Adone e di Astarte ? Ahimė!
quante sconcezze in absconditu cubiculi, in tenebris ! Quanti
pensieri, quanti desiderii, quante azioni, quante parole ver
gognose ! Quante seduzioni cogli sguardi, coi cenni , colle
promesse, cogli atti! quanti scandali! Qual vita ! Vedete, oh
vedete tremando, il volger delle reni a Dio benedeito colle
irriverenze in Chiesa, con le conversazioni inutili, colle vane
curiosità in confessionale, con la fretta indegna nella messa,
colla negligenza dei sacri riti, colla ontosa dissipazione nel
ministero più venerando. Numquid leve est hoc domu
Iuda ? Anime che adorano il sol che nasce in ogni po
tente della terra, in ogni guadagno, in ogni protezione mon
dana , e persino in ogni bellezza che brilla , e che dimen
ticarono d'essere consecrate a Dio pel battesimo e ricon
secrate più solennemente per l'ordinazione. Anime replentes
terram iniquitate : anime che conversae sunt ad irritandum
Deum : anime che a vederle dalla età di dieci anni a quella
di trenta , di quaranta , di cinquanta e più seniores do
mus Iuda sempre accrescer nelle abominazioni di
resti nate per far vergogna al proprio ministero e provocar
48

Dio allo sdegno. O Sacerdoti miei fratelli, se Dio conta cia


scuna delle nostre iniquità e le vuol punire a rigor di giu
stizia, che fia di noi? Si iniquitates observaveris, Domine,
· Domine, quis sustinebit ? (Ps. 129)
Ahimè! che quei quattro generi d'idolatria che mostró
Dio ad Ezechiele nel tempio, la statua di Baal nell'ingresso,
le pitture degli animali immondi nelle stanze de'sacerdoti,
il culto di Adone, l'adorazion del sole che leva, anche nelle
anime nostre hanno od ebbero luogo : Prima idololatria
et abominatio , dice Cornelio, est cogitatio sceleris, secunda
perpetratio, tertia consuetudo , quarta defensio cum Dei
contemptu et obstinatione ( a Lap. hic ). Chi può numerare
i pensieri di vendetta , di rancore, d'invidia , di ambizione,
di lussuria ? Chi raccontar tutte le opere che si sono fatte
occultamente ed in palese contro la legge di Dio e gli obbli
ghi nostri ? Chi lamentare abbastanza le feroci abitudini del
peccato che ci formammo e contro le quali non lottammo ?
Chi inorridire abbastanza alle scuse, ai pretesti, ai dettati
della coscienza volontariamente erronea che ci siamo for
mata per iscusar le colpe , noi censori degli altri e predi
catori della verità ? damnant foris quod intus operantur
(Cyprian. ep. 2, lib. 2) . Non abbiamo noi provocato Dio per
tal forma ad allontanarsi da noi? anzi a punir mezzo mondo
per lo peccato de' principi e de ' sacerdoti ?
Deh misericordia , o Signore , misericordia . Parce Do
mine, parce populo tuo , neque in aeternum irascaris nobis.
Io mi vergogno de'miei peccati cosi numerosi; operuit con
fusio faciem meam ( Ps. 68), e per vergognarmene sempre,
sempre li avrò presenti al mio spirito : iniquitatem meam
ego cognosco et peccatum meum contra me est semper
(Ps. 50 ). Io piangero, o mio Dio, le colpe che ho commesso
e voi mi aspergerete col sangue dell'agnello immacolato ,
et mundabor et super nivem dealbabor.
PUNTO SECONDO.

Et ecce omnis similitudo animalium et reptilium depicta


erunt in pariete in circuitu per totum (Ezech . 8). Vogliamo
noi conoscere que'brutti mostri cui adoravano i settanta
seniori d'Israello ? Ogni peccato ha la sua somiglianza in
49
.
qualche animale, e l'uomo, peccando, totus obbrutescit ,
secondo la robusta espressione di S. Tommaso da Villa
nova, e adora intanto quello che lo disumana. La sfrontata
libidine fa l' uomo pari agli stalloni, equi amatores et emis
sarii ( Ierem . 1 ). La malignità e l'invidia fa l'uomo somi
gliante alle vipere velenose, genimina viperarum (Mat. 23) ;
il tradimento, l'inganno, le frodi fanno dell'uomo uno scor
pione, cum scorpionibus habitas (Ezec. 2) ; la rapacità del
l'altrui assomiglia l'uomo al leone affamato sicut leo pa
ratus ad praedam ( Ps. 6) ; per la sciocchezza nel giudicar
le cose buone e sovrannaturali, l'uomo diviene un giumento ,
comparatus est iumentis insipientibus (19-79), nolite fieri
sicut equus et mulus quibus non est intellectus ( Ps. 31 ) ; per
la insubordinazione e la licenza l'uomo è simile all'asino sel
vaggio, sicut pullus onngri (Iob. 11-12) ; per la innumerevole
serie di vizi turpi ed osceni, l'uomo è un animale immondo
che si ravvolge nel brago, Sus lota in volutabro luti (Pet. 2);
e per le ricadute nelle colpe, dopo averne provato rossore
e pentimento , è l'uomo somigliante ad un cane che rin
ghiotte il suo vomito, canis perersus ad vomitum (Pet. 2).
Deh la turpe orrendezza del peccato ! E si può portar
alta la fronte e comporre il viso alla serenità ed al gaudio ;
ma la coscienza rampogna per entro , ed abbassa l'orgo
glio, ed atterra. Il cuore ? oh il cuore parla verace e s'agita
e si scuote, e bolle quasi mare in tempesta, dicendo all'uo
mo : tu sei abbrutito . Impii quasi mare fervens, quod quie
scere non potest, et redundant fluctus eius in conculcatio
nem et lutum . Non est pax impiis ( Isa. 57) . Il cuor del
l'empio è come un grande orologio sempre romoroso, sem
pre in moto, e che sempre si rode e consuma.
Caino sente il suo peccato , e fugge come una iena fe
rita ; Lamecco sente il suo peccato e non può tenersi dal
confessarlo alle sue consorti e promettersi la mercede di
Caino ; Saulle sente il suo peccato e infuria e smania e im
pazza ; Giuda sente il suo peccato e s’appicca disperato.
Non è egli giusto che la coscienza, freno al peccato, diventi
flagello al peccatore quando non le sidiede retta ? ante pec
catum est fraenum , post peccatum est flagrum . Non è egli
giusto che il peccato sia pena di se stesso , e che dove l'uom
pecca ivi sia punito ? per quae quis peccat per haee et tor
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 4
- 50
quietur. Getta il sasso in alto, ti ricadrà sul capo : qui in
altum mittit lapidem super caput cius cadet ( Eccli . 27). —
Ammirabile provvidenza di Dio per cui se la ragion non
guida, corregga la sperienza.
Ma io che vo meditando , pure al lume di ragione, la
bruttezza del peccato, oh quanto meglio la sapeva e l'in
tendeva che non i semplici fedeli! Mi eran note le leggi
delle antiche nazioni, anche barbare, che lo riprovavano
e castiga vanlo : sapeva i detti e le sentenze dei filosofi pa
gani che nei loro scritti fulminarono quasi tutte le scelle
ratezze : non ignorava che anche oggi l'americano selvag
gio, il cafro , l'ottenioto , il cinese, il manciuro , il tartaro
hanno in orrore, senza lume di civiltà, quasi tutte le colpe
che hanno radice fra noi. Ed io medesimo con quale or
rore e vergogna non sentii la prima volta raccontar le vec
chie o le nuove ribalderie ? come arressii alla prima men
zogna! quanto fui umiliato la prima volta che mi colsero
in fallo ! come mi martellava dentro il rimorso al primo
peccato turpe! quanto cercava affannosamente l'oscurità
ed il nascondiglio per peccare ! Era il senso dell'anima na
turalmente cristiana che parlava in me, e predicavami la
sconcia bruttura del peccato.
Dio buono ! Deh non si soffochi mai questo vivo sentir
dell'onesto e del buono in cuor mio ! Deh non cessi mai
la rampogna della coscienza diritta ! Ahimè quanto sarei
da meno degli ultimi degli uomini se arrivassi a far il male
senza arrossirne, ed a marcir vivo nell'anima senza sen
tirne dolore! — Antioco e Galerio putrefatti vivi arrabbia
ron per lo spasimo e pel fetore, ma sonvi al mondo degli
uomini più fradici nell'anima di quei due tiranni, e che non
senton nulla di loro lezzo . O mio Dio impedite da me que
sta maledizione. Io detesto il peccato perché ne conosco
l'orrore; lo detesto perché incomincio a conoscere chi son
io, e chi siete Voi.

PUNTO TERZO .

Chi son io ? Messo a paragone della nazion mia ne saro


la ventimilionesima parte : - in faccia a tutto il mondo non
saro appena la millemilionesima. E se aggiungo gli uo
- 51 –
mini che furono e che saranno ? ci vorranno i logaritmi
od i calcoli dell'algebra a cercar la frazione che io rap
presento .
Ma un uomo paragonato ad un angelo è pochissima
cosa ; anzi un angelo solo in potenza , in bellezza, in sa
pienza , in maestà , soverchia tutti gli uomini del mondo ;
or gli angeli sono a migliaia di migliaia , l'uno più splen
dido e possente dell'altro; che sarò io dunque al cospetto
di tutti gli angeli, se tutto il mondo è un nonnulla davanti
ad un solo ? Quando io veggo passar la locomotiva pos
sente che trascina coll'alito del suo vapore un mezzo mon
do, io impiccolisco dinanzi a lei ; quando miro gli ingegni
robustissimi d'una macchina che pesta e stritola i sassi ed
i metalli, e quelle grandi ruote che s'agitano, e que’denti
che mordono , e que' magli che percotono , e sento quei
mugghi orrendi e que' fischi spaventosi, mi rannicchio den
tro me stesso, e mi par d'essere una formica sotto la zam
pa d'un elefante : allora che io sento i buffi dell'aquilone,
od i ruggiti della bufera che schianta gli alberi e le case ,
quando mi rintronano agli orecchi i boati del tuono, voce
di Dio, quando mi abbarbaglia la luce insoffribile del ba
leno, quando veggo la spaventosa ferocità del mare co’suoi
flutti che s'alzano e si ammontano, e s'abbassano in vo
ragini profonde: oh Dio mio quanto sei grande! o uomo ,
verme della terra, quanto sei da nulla !
Eppur la terra ed il mare non sono che la 1,400,000a
parte del sole , ed il sole non è che un pulviscolo quasi
impercettibile, in mezzo agli astri del cielo , e la via lattea
è la via d'infiniti soli, e Sirio , e Wega , e Regolo e cento
altre stelle la vincono sul sole sformatamente. Oh Dio quanto
sei grande! oh uomo quanto sei da nulla !
PUNTO QUARTO .

Ma chi sei tu , o Dio mio ! Dinanzi a te i serafini abbas


sano il capo e nascondono il viso raggiante. Dinanzi a te
si perdono le intelligenze beate. Dio ha dato un saggio te
nuissimo del suo potere e della sapienza , creando cielo e
terra d'un cenno , e conservandoli: ma questo saggio te
nuissimo ė per la scienza un mistero ; più vi studia, più vi
52 -
si perde. Quale è la sapienza di Dio ? quale la potenza ?
quale la bonti ? quale la bellezza ? quale la giustizia ?
Dimmi, o Platone, quello che hai contemplato di Dio ;
dimmelo o Aristotile ; dimmelo Agostino; ditelo Tommaso
e Bonaventura ; ditelo o legioni di teologi e di filosofi; che
avete fatto voi con quelle menti, che i vostri ammiratori
chiamaron divine ? Voi avete messo un lumicino dinanzi
alla faccia del sole, per vederne le fattezze, e vi siete acce
cati. Voi avete dipinto gli splendori dell'astro che fa il gior
no , col carbone, sulla parete.
O uomo quanto sei vile, imbelle, ignorante , laido innanzi
a Dio ! Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo
(Isai. 40 ), come una stilla d'acqua che scola dalla secchia
quasi gutta situlue (Eccli. 8), come una goccia di rugiada
matutina che imperla una foglia : quasi stilla roris antelu
coni (Sap. 11), come un giorno che passó e ne rimane a
mala pena la memoria, quasi dies hesterna , quae praeteriit
( Psal. 89).
Or non è quest'uomo vile e da nulla che offende questo
Dio infinito, e gli scote in viso le spalle, e gli volta le reni,
e gli dice: tu puoi comandare a tua posta, io non ti voglio
obbedire ? Diristi non serviam ( ler. 2 ) .
E se l'oltraggio fatto da uno spazzaturaio al re merita
il supplizio delle forche, qual castigo si deve al peccato ?
La dignità dell'offeso ė infinita , la viltà dell'offensore non
ha ragguaglio , dunque infinita ha da esser la pena : – in
finita nel durare, poichè non può esserlo nella estensione.
Noi non siamo capaci che di due infiniti : l'oltraggio a Dio
infinito nel suo termine , il supplizio dell'inferno , infinito
senza termine.
Che se pongo mente a Dio Padre che mi creó e mi con
serva, oh quanto cresce la malizia del mio peccato! io mordo
quella mano che mi tien sospeso sull'abisso, e non mi vi
precipita ; io strappo le viscere di quella madre amorosa
che mi generó vera progenies viperarum . Haeccine reddis
Domino popule stulte et insipiens? numquid non ipse est pa
ter tuus, qui possedit te, et fecit te, et creauit te ? (Deuter. 32).
Ah si , Dio buono, tu sei bene il nostro padre e il nostro
creatore, ma noi ci allontanammo da te e diventammo so
miglianti a pannilini immondi: Et nunc Domine, pater no
53

ster es tu , nos i'ero lutum ; et fictor noster es tu , et opera,


manuum tuarum omnes nos. Et facti sumus ut immundus
omnes nos, et quasi pannus menstruatae universae iusti
tiae nostrae, et cecidimus quasi folium universi, et iniqui
tates nostrae quasi ventus abstulerunt nos. O Dio buono ,
o padre dolce, ne irascaris Domine satis, et ne ultra me
mineris iniquitatis nostrae. Ecce , respice , populus tuus
omnes nos ( Isa. 64 ).
Ma Gesù Cristo è il nostro Redentore , il nostro capo ,
il nostro modello; or non é Lui che maltrattammo coi pec
cati ? noi abbiamo profanato le membra di Gesù Cristo : noi
abbiamo a Lui preparata la croce, anzi noi l'abbiamo cro
cifisso : Rursum crucifigentes filium Dei et ostentui habentes
(Hebr. 6) . Deh sentite come se ne lamenti con noi, per la
ardente eloquenza di S. Agostino: Cur habitaculum , quod
in te mihi sacraveram luxuriae sordibus polluisti? cІР
corpus meum illecebrarum sordibus maculasti ? cur ne

graviore criminum tuorum cruce, quam illa in qua quon


dam pependeram affixisti ? gravior enim apud me pecca
torum tuorum * crux est, in qua invitus pendeo, quam illa
in qua , tui miseratus , mortem tuam occisurus ascendi
(Aug. S. 67 de temp.). Deh che strazio per Gesù il vedersi
rappresentar nel sacerdozio da tali ministri! – il vedersi
maneggiar sull'altare da tali mani! — il sentire annunziata
la sua parola da tali lingue! – l'avere a pascere , in suo
luogo, la sua carissima greggia tai pastori!
o Spirito Santo, che procedi dal Padre e dal Figliuolo,
miserere di noi che ti abbiamo contristato , e violammo il
tuo tempio sagrosanto che sono i nostri cuori! – Se tu
eleggessi di commettere un adulterio in Chiesa, quid te es
set sceleratius ? ci dice S. Agostino : modo autem tu ipse
es templum Dei ; templum intra, templum extra, templum
in domo tua manens, templum surgens : vide quid agas ;
vide ne offendas templi habitatorem , ne deserat te , et in
ruinam vertaris (Aug. serm . 16 de Verb). Domini).
E se ogni peccato contiene la malizia della disobbedienza ,
della ingratitudine brutale, della ingiustizia mostruosa, del
dispregio, della ribellione, della crudeltà nell'affetto o nel
l'effetto , quella perché il peccatore vellet Deum peccata
aut vindicare non posse aut nescire (S. Bern .), questa per
54
chè veramente Dio propter nos homines passus, crucifi
Xus , et mortuus est, qual rovina non mi sono attirata
sul capo ?
PUNTO QUINTO .

Oh piangiamo, o Sacerdoti, piangiamo ( Thren . 2) col do


lentissimo Geremia le rovine e gli sterminii della infelice
Gerusalemme. Quomodo obtexit caligine in furore suo Do
minus filiam Sion , proiecit de coelo in terram inclytam
Israel, et non est recordatus scabelli pedum suorum in die
furoris sui: praecipitavit Dominus nec pepercit omnia spe
ciosa Iacob ; destruxit in furore suo omnes munitiones vir
ginis Iuda..... polluit regnum et principes eius. Confregit in
ira furoris sui omne cornu Israel, avertit retrorsum dexte
ram suam a facie inimici, et succendit in Iacob quasi ignem
flammae decorantis in gyro. O Sacerdote, deduc quasi top
rentem lacrymas et non taceat pupilla oculi tui sopra questi
orribili sterminii del peccato. Il peccato infosca l'anima e
l'accieca : non le rimangono occhi per veder il lume di Dio :
tutto è tenebre ed ombra di morte : obtexit caligine filiam
Sion . Chi non ama Dio è matto , diceva un Santo ; chi pecca
è peggio che forsennato . — Rimane un barlume di ragione ?
ė per maggior condanna . Riman la fede ? è per aggra
var la colpa.
L’anima era tempio di Dio ed è fatta scabello del dia
volo : l'anima del sacerdote era il Sancta Sanctorum del
nuovo Tempio , il peccato la cambia in serva e ministra
del demonio : e quello che il demonio non può fare contro
Dio e in danno delle anime, lo può fare lo scabello del de
monio, un empio sacerdote. Marcione, Paolo Samosateno,
Ario , Nestorio, Lutero, Zuinglio , Giansenio, Quesnello, Col
lot d'Herbois, Lamennais, Döllinger..... erano preti e fecero
peggio che demonii.
E dove precipita la prevaricatrice ? Proiecit de coelo in
terram inclytam Israel, praecipitavit et non pepercit. Ella
era cogli angeli a far corte a Gesù Cristo , cantandone le
laudi, e celebrandone i misterii, or e nel fango e cerca le
ghiande e i gusci. Ella aveva in mano la scritta di Gesù Cri
sto tutta rosseggiante di sangue, la quale facevala erede del
paradiso ; e l'anima la stracció e gettolla al vento . Il de
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monio , offrendole una soddisfazione, le porse l'atto di ri
nunzia al paradiso da sottoscrivere , e l'anima l’afferró e
lo sottoscrisse, senza dare un lamento per cotanta perdita .
E il demonio le pose al collo la fune d'inferno, rudentibus
inferni detractos.
Quanto eri bella , o figliuola di Sionne, con la grazia di
Dio ! e quanto sei mutata per la colpa ; praecipitavit omnia
speciosa Iacob . Non più l'amor di Dio, non più i meriti della
gloria, non più la vita, non più il decoro che piace agli an
geli. E l'uomo peccatore par che viva ed è morto fracido,
nomen habes quod vivas et mortuus es : egli porta l'anima
sua morta in un corpo moribondo . - È un feretro che
cammina. Il sacerdote , che dà la vita ai morti, dà la
morte a se stesso : egli è, dice S. Gregorio , simile all'acqua
del battesimo, che lava e vivifica quelle animuccie de bam
bini e poi..... in cloacas descendit.
Vė rimangono poi all'anima peccatrice i presidii e le
munizioni che ella avea , che il peccato destruxit munitio
nes Virginis filiae Sion et deiecit in terram . Si perde a poco ,
a poco la vergogna; si diminuisce il rimorso ; la coscienza
si allarga orrendamente con falsi dettami. Non si ama
più la preghiera ; viene in odio la divozione; la mortifica
zione si amareggia ; il senso e la concupiscenza imbaldan
zisce. Per sette gradi il peccatore è rovinato nel profondo,
dice S. Tommaso di Villanova, dopo S. Bernardo (serm . 14
de septem don .).
Primo grado è la negligenza e la tiepidezza , onde pian
gea David aruit cor meum ( Ps. 101), omnem escam (abomi
nata est anima mea ( Ps. 106) .
Secondo grado è la curiosità per cui, lasciato Dio , l'ani
ma si sparge nelle creature. Ruben effusus es , non crescas
(Gen. 49).
Terzo grado è la sperienza del male , che viene in se
guito alla curiosità profana. Ricordatevi Dina .
Quarto grado é la fiera concupiscenza, che rimane, an
che dopo avuta l'assoluzione.
Quinto grado é l'abito perverso - altra natura .
Sesto grado è lo sprezzo altiero : impius cum in profun
dum uenerit contemnit ( Prov. 18); Transierunt in affectum
cordis (Ps. 72).
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Settimo grado è la malizia presso che infernale. Prodüt,


quasi ex adipe iniquitas eius - laudatus peccator in de
sideriis animae suae (Ps. 72) exultant in rebus pessimis
(Prov. 2) peccatum suum quasi Sodoma praedicaverunt
( Is. 3 ).
Questi i gradini dell'inferno. Un peccato solo vi incam
mina. La privazione delle grazie speciali che Dio suol dare
a’suoi amici, vi precipita .
Ed oh quanto è sozzo il peccatore! Polluit regnum et
principes eius. Dio , che volge il suo sguardo amorevole
anche ai serpenti ed agli scorpioni; Dio che non rifugge
dalle ulcere saniose e tabide del corpo di Giobbe ; Dio che
non è ributtato dal fetore d’un cadavere quattriduano, odia ,
abbomina, detesta la macchia del peccato . Vull'altro può
crear fastidio ed orrore a quella infinita bellezza . L'uomo,
fatto simile a Dio per la grazia, diventa simile al demonio
pel peccato ; ed il demonio è più sozzo d'ogni corpo fra
cido e puzzolento. Io era principe e re, e mi sono avvilito
col canagliume dell ' inferno . Polluit regnum et principes
eius.
Dove è ora la tua forza, o potente d'Israello ? Confregit
in ira furoris sui omne cornn Israel. Un soffio ti atterra .
Una parola ti soggioga. Il demonio non ha più da sbuffar
fuoco, e da arrotar gli artigli come leon che rugge: ma ti
porrà nel vanno e ti vannerà come pula di fromento . La
senti tu, o anima, quella fatal mollezza ? La provi tu quella
enorme difficoltà a fare anche un piccolo sacrifizio ? Tu hai
perduto, colpa tua, il corno di tua fortezza, tu sei imbelle.
Tu sei imbelle e cadrai anche peggio nelle mani del ne
mico : perché Dio sottrae la sua mano : avertit retrorsum
dexteram suam a facie inimici. Non è in Lui ogni nostro
potere ? E se Egli non ci tien la mano al fianco , e non ci
para col suo scudo i dardi nemici, che faremo ? Or tu hai
voluto far da te, hai abbandonato il tuo padre e signore ;
gli hai rifiutato la obbedienza ; gli hai morduta la mano che
ti proteggeva , e pretendi che continui tuttavia a salvarti ?
Figlio snaturato, ministro infedele, per chi hai preso Dio ?
E che dunque rimane per l'anima disgraziata ? Le ri
man che se le accenda intorno una vampa divorante di
concupiscenza e di peccato : ignis flammae derorantis in
- 57
gyro. La fiamma della carità accesa nelle anime belle non
può essere smorzata dagli aquiloni o dai venti: la fiamma
del peccato che le è direttamente opposta, è anch'ella in
estinguibile senza un gran miracolo di Dio ; la fiamma del
peccato lo indura come sasso e lo precipita nell'inferno .
L’induramento segue la maggiore cognizione , le più
squisite grazie, la più alta dignità , le più strette obbligazioni.
Vae tibi Corosain , l'ae tibi Bethsaida ! Quando io tocco un
infermo, e lo stuzzico, e lo pungo, e lo brucio, e non si ri
sente , ahimė! ch'egli è morto, morto sfidato, dice S. Ago
stino . Quod valde putre est , nec dolet, non pro sano ha
bendum sed pro mortuo computandum ; quando tangitur,
pungitur, vellicatur, nec dolet.... pro mortuo habendum est.
Buon per noi che il medico è onnipotente! medicus tamen
omnipotens est, non desperandum de his (Aug. serm . 17) .
PUNTO SESTO .

Ed or vive egli ancora il peccatore, il ministro di Dio


che tradi il suo santo ministerio ? e vive ancor dopo cen
tinaia di colpe ? dopo gravissime colpe ? dopo mesi ed anni
di turpissime colpe? Ed è egli possibile che vi siano al mon
do cotali sgraziati nemici di Dio e di sé ? Ben li doveva av
vampare il fuoco, e da loro nascondersi la luce per accie
carli, e ritrarsi l'aria per affogarli . Dovevano i cibi loro at
traversarsi nella strozza, e le bevande mutarsi in mortalis
simi veleni. Dovevano gli animali armarsi tutti contro del
l'empio a vendetta di Dio. Dovea la terra spaccarsi e portar
seco all'inferno i sacrileghi incensatori dell'altare. Come ?
ai demonii padroni deil'empio non fu dato potere di tra
scinarli mezzo vivi, come Giuda ? Come? ancora gli angeli
di Dio loro fanno scorta ed onore ? Come ? v'è ancor nel
paradiso un santo che interceda per loro ? v'è ancor la
madre di misericordia per loro ? v'è ancora per loro l'av
vocato giusto Gesù Cristo, che dagli empi fu con tali stra
pazzi sacrificato ?
- 58

COLLOQUIO .

O Gesů mio, infinita è la vostra misericordia, infinito è


il vostro perdono: ( pud Dominum misericordia : et copiosa
apud eum redemptio ( Ps. 129 ). Io dovrei esser morto , ed
ecco son vivo , vivo per piangere. Io dovrei esser nel
l'inferno , ed ecco sono ancor viatore pel paradiso ,
viatore per andar a godere. Voi avete mostrato a molti la
vostra orrenda giustizia, a me non mostraste che la vostra
amabilissima pietà. Io ad offendervi, voi a perdonarmi: io
a stancare la vostra pazienza, voi a mostrarmela più lon
ganime. Oh grazie, o Gesù mio crocifisso, grazie per tanta
bontà. Se vivo, da voi lo riconosco ; se ancor posso far pe
nitenza, a voi lo debbo . Grazie, o angeli e santi che prega
ste per me : grazie, o Maria, che mi faceste ancora da ma
dre. Ma io voglio esser degno della misericordia, e non ir
ritar più questa infinita bontà di Gesù . Misericordia, o Si
gnore , mi pento d’avervi offeso , perché tanto buono ed
amoroso . Mi pento perché il peccato mi priva d'ogni bene,
e sopra tutto di voi, o Gesù mio , sommo ed unico bene.
Troppo ho vissuto lontano da voi: ora vi voglio servire
fedelmente, e non offendervi mai più. Morire e non pec
care . - Soffrir tutto , ma non peccare. - Far penitenza
del passato, ma non più peccare. Gesů mio , datemi, ai
vostri piedi, un luogo con Pietro piangente , e con Maria
Maddalena penitente. Non mi allontanerò mai più da questi
piedi beati; e voi mantenetemi in questo luogo, luogo del
pianto e della penitenza .

Ne repellas me, Salvator,


De tuis sanctis pedibus. Amen .
(Hymn. Eccl. in festo S. Sindon .).
DELL' INFERNO

MEDITAZIONE QUINTA

Che farem noi di quest'uomo ? Chi metterà a segno


quella lingua ? Prigione? tormenti ? multe ? esiglio ? Cosi con
sigliavano fra loro i cortigiani d'Eudossia , e níun partito
sicuro vénia loro alle mani. Un solo disse vero fra tutti :
hic vir nil praeter peccatum timet: dalla prigione discirà
più vigoroso ; nei tormenti parlerà più facondo; le multe
non lo impoveriranno, chè il Patriarca di Costantinopoli
non tien nulla per sė ; nell'esiglio troverà per tutto e patria
e uditori. Ma il Crisostomo teneva nelle sue stanze una
dipintura, quanto più fedel si potesse , dell'inferno; il Cri
sostomo meditava sovente l'inferno, e lo predicava dicendo:
Nec oculus vidit, nec auris audicit, nec in cor hominis ascen
dit quae praeparacit Deus odientibus se ; e consigliaya a
tutti la meditazion profonda dell'inferno dicendo : Nemo eo
rum qui gehennam ob oculos habent in gehennam incidet ;
(in 2 ep. ad Thessal.) meditando l'inferno , non temeva
che il peccato .
Ma pria del Crisostomo, nei deserti di Palestina , sotto
la sferza del sole, in mezzo ai tormenti della fame e della
sete, fra le fiere, le vipere, gli scorpioni, il dottor S. Giro
lamo si picchia il petto e si macera le carni, perché? Quo
tidie lacrymae, quotidie gemitus , scorpionum tantum so
cius et ferarum ..... ego, ob gehennae timorem , tali me car
cere damnaveram (ep . ad Eustoch .). Venerandi sacerdoti,
un dottor Vescovo e Patriarca, e il massimo dei dottori sa
cerdote come noi, c'invitan coll'esempio e colle parole :
Descendamus in infernum viventes.
Imperocchè da’ secoli antichi – ed i secoli lunghi son
per Dio come il giorno che volse testė – è preparata pel
demonio e pei dannati la valle di Tophet, luogo di orrore
e di stridor di denti; preparata da Dio alta , profonda, va
-
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stissima, immensa, luogo di caligine e di lai eterni: ed un
fuoco vi arde inestinguibile cui l'esca non manca giammai;
e il soffio di Dio vi trae dentro come un torrente di zolfo
acceso, per via più arrabbiar quel fuoco . È Isaia che con
parole di fuoco cosi ce la pinge: Praeparata est enim ab
heri Topheth , a rege praeparata profunda et dilatata. Nu
trimenta eius ignis et ligna multa ; flatus Domini sicut tor
rens sulphuris succendens eam (Isa. 30 ).
Deh Dio di giustizia e di santità, se mai mi sono allon
tanato dal vostro amore, o mai sono in pericolo di offen
dervi, fatemi capir profondamente l'orror dell'inferno , af
finchè il tímor della pena mi faccia detestare il peccato che
commisi e fuggirlo come peste e serpente in avvenire. O
Maria Santissima Madre nostra aiutateci, Santi e Sante del
paradiso intercedete per noi. Omnes Sancti et Sanctae Dei
intercedite pro nobis.
PUNTO PRIMO.

L'occhio è fatto per la luce, ed anche morendo la ri


cerca : il dannato è sepolto nelle tenebre, e se vede, vede
per guizzi di luce più spaventosi delle tenebre stesse. Vede
l'orrenda carcere, vastissima e profonda, senza uno sfogo
mai di luce che gli mostri il cielo stellato : chi entra in una
grotta al lume d'un fanale ardente , comunque vi scopra
meraviglie, non osa passarvi un giorno: solo , di notte, vi
affogherebbe dallo spavento. Negli antri dell'inferno vė
l'eternità .
Vede le fiamme sinistre aggirarsi arrabbiate e vorticose
e ripiegarsi sopra se stesse con ismania indiavolata : vede
le masse ingenti di fumo spesso ravvolger le fiamme ed
ingombrar tutta quanta la spelonca : guizzi di lampo feroce
la solcano e fan più paurosa.
Vede gli empi accatastati come tizzoni ardenti, ignis et
ligna multa, e lo spalancar di quelle fauci , ed il digri
gnar di que' denti, e l'arruffar di quelle ciglia , e lo sbar
rarsi di quegli occhi, e lo sbattersi quelle mani, e lo divin
colarsi quei corpi. Chi deve assistere all'agonia d'un
frenetico, od alla giustizia d'un reo appiccato , freme del
l'orrore al vederne le bocche, le fronti, gli atti, i tragitta
menti furibondi. - Nell'inferno lo spettacolo è eterno .
61

Il sacerdote dannato è cacciato nel profondo di quello


speco ; ei vede il traditore di Gesù Cristo e lo ha eterno
compagno. Vede Nicolao antiocheno , ed Ario , Nestorio e
Macedonio , Lutero e Zuinglio e tutta quell'altra peste di
sacerdoti empi e di monaci dannati, perfidi, assassini, sacri
legi , concubinarii, scandalosi. Si daranno la mano rovente
e non si abbandoneranno mai più. Senti Ezechiello : Quo
pulchrior es ? descende, et dormi cum incircumcisis. Eri bello
e nobile , o sacerdote, la tua dignità più ti sprofonda.
Loquentur ei potentissimi robustorum de medio inferni:
tu avrai compagni i più possenti dei nemici di Dio. Ibi As
sur ..... quorum sepulchra in novissimis laci..... Ibi Aelam .....
qui portaverunt ignominiam suam cum his, qui descen
dunt in lacum .... Ibi Mosoch et Thubal..... Ibi Idumaea et
reges eius..... Ibi principes Aquilonis omnes ( Ezech. cap. 32).
Avrai compagno Assur, il beato di questo secolo, l'odia
tore della penitenza e della mortificazione, quantum in de
liciis fuit, tantum date illi tormentum et luctum (Apoc. 18).
Starai eternamente con Elam , il sacerdote del mondo, che
non cercò altro che di piacere agli uomini, farsi un nome,
avanzare in onore ed in ricchezze sè e la sua famiglia.
Avrai compagno Mosoc, il turpe profanator del suo corpo,
per le sozze libidini, più occulte e vergognose. Starai eter
namente con Tubal che marci nelle sue consuetudini, e vec
chio impenitente rese l'anima al demonio . Avrai compagno
Edom che non curò punto la primogenitura di Dio , ma la
vendette per un pugno di lenticchie. Vivrai eternamente coi
principi dell'Aquilone, dei celati , dei nascosti, dei vergo
gnosi, che, per non mostrar la piaga marciosa al medico
dell'anima , fuggirono il medico e la medicina del Sagra
mento, o il medico ingannarono e profanaron la medicina.
Questi i compagni eterni del reprobo sacerdote.
Ma parla ancora, o Ezechiello , e ripeti quello che ti disse
Iddio : Tu ergo fili hominis, haec dicit Dominus Deus: dic
omni volucri ct universis avibus , cunctisque bestiis agri :
convenite , properate , concurrite undique ad victimam
meam , quam ego immolo vobis, victimam grandem super
montes Israel , ut comedatis carnem , et bibatis sanguinem
( cap. 32) . Il lione ruggente che scuote la giubba e arrota
gli artigli quaerens quem dlevoret ( 1 Pet. 5), venga e troverà
-
62
un pascolo degno di lui. Venga il serpente tortuoso che av
velena il mondo. Venga il dragone grande ed antico , ter
ror del mondo e dell'inferno ; conrenite , properate , con
currite. Dio vi fa suoi giustizieri. Dio vi lascia padroni di
questi incliti d'Israello . — Fate voi.
Carnes fortium comedetis, et sanguinem principum ter
rae bibetis..... comedetis adipem in saturitatem et bibetis
sanguinem in ebrietatem , de victima quam ego immolabo
vobis. Essi immolarono a me diabolicamente la vittima mia ,
il mio figlio immacolato, io immolo essi a voi - a voi de
monii – i miei sacerdoti prevaricatori.
Io voglio ricattare, col loro supplizio , la gloria che mi
hanno rubata : et ponam gloriam meam in gentibus, et vi
debunt omnes gentes iudicium meum quod fecerim et ma
num meam quam posuerim super eos . O mano tremenda !
Dio mio ! quali forme spaventose! immissiones per angelos
mulos (Ps. 77). Il demonio assale i Santi, e cerca di atter
rirli, or leone, or tigre, or iena, or drago, or vipera , or toro
furibondo, or mostro di più orribile aspetto ; e Dio lo per
mette solo per santificare i suoi amici; che vorranno essere
pei nemici ? che vorrà essere quando Iddio li aizza e sti
mola® col pungello del suo furore ?
Guardate in faccia il demonio e morrete dallo spavento .
Ma il dannato lo vedrá - li vedrà a milioni - li vedrà
spaventosi e schernitori, ma non morrà .
Secondo che narra S. Gregorio M. (Moral. l. 4, c . 36 ),
ad un certo Pietro , fe ' vedere Iddio le fiamme dell'inferno
a lui preparate , e gli mostró quei bruttissimi ceffi di de
monii pronti a tormentarlo, e , già quasi sul toccar quelle
vampe , fattol liberare dall'angelo, cosi gli disse : regredere,
et qualiter tibi posthac vivendum sit cautissime observa .
Quest'avviso valga per me, valga per tutti, ché misericor i
diae Domini si non sumus consumpti ( Thren . 3) . E ben pro
fitto dell'avviso un certo Dritelmo. Questi, come ne rac .

conta il Ven . Beda , come di cosa avvenuta a'suoi tempi,


ammalatosi a morte, per una notte intiera, non die' più se
gno di vita : ma sul mattino, svegliatosi come da un pro
fondo sonno, la vita, disse, mi è ridonata, ma per menarla
in ben altra maniera. E cominciò, levatosi, una lunga pre
ghiera, poi distribuito il suo avere alla moglie, a' figliuoli,
- 63

ai poveri, si diede a vivere come carnefice di se stesso :


ed al re stesso che volle sapere il perché d'una si gran
mutazione, contó quel che aveva visto nell'inferno, e con
ció sol l'ebbe convinto. Acerbiora vidi, ripeteva egli spesso,
acerbiora vidi ; ed ogni supplizio gli pareva nulla .
Costa il frenare gli sguardi con la modestia, e non fis
sarli nelle cose di pericolo ; costa l'astenersi da certe let
ture piacevoli, ma vane; costa il fuggire ogni spettacolo ,
ed ogni tripudio mondano : ma acerbiora vidi. Costa il non
torveggiare con le persone moleste, o con quelli che ci fe
cero male; ma acerbiora vidi. Chi non frena gli occhi, ca
drà. Sansone, Davidde, Salomone , che robuste colonne!
che eccelsi cedri ! caddero per gli occhi. Giobbe vinse il
demonio, e non ne fu vinto mai, perché avea fatto quel so
lenne patto cogli occhi di non guardar mai cosa di peri
colo . — Ascendit mors per fenestras (Ierem . 9), e dietro la
morte è l'inferno. -- Non vuoi la morte ? comincia tu a
chiuder gli occhi, finché ella te li serri per sempre .
Deh, Signor mio Gesù Cristo, datemi la grazia di mor
tificare questo mio lubricissimo senso . Sacerdote immode
sto , curioso , vano , e sacerdote scandaloso, sono una cosa
sola : Dio mio , averte oculos meos ne videant vanitatem ;
acciecate piuttosto i miei occhi, affinché non abbiate ad ac
ciecarmi il cuore .

PUNTO SECONDO .

Udite ora l'eterno frastuono di quella immonda voragine.


Scoppiar di fiamme frammezzo a que dannati, loro esca
rimbombar di tuoni, voce della giustizia divina irritata ; --
bestemmie di dannati e dirugginar di denti ; – maledizioni,
imprecazioni, villanie furibonde lanciate dagli uni agli altri; -
lamenti, strida, urla, ruggiti, ringhii, scoppii di furore im
potente e disperato. - Questa è la musica dell'inferno :
queste le conversazioni dell'inferno : queste le visite dell'in
ferno : questi i passatempi e le tresche amorose dell'infer
no . Maledetta l'ora in cui nacqui, il giorno in cui vestii
l'abito , gli anni del seminario , gli ordini sacri! maledetto
tu che mi incoraggisti colle massime mondane ! Ed una e
cento voci fanno eco : sii maledetto ; perchè noi ci dan
64
nammo per gli scandali tuoi. Un buon prete, un savio con
fessore, un parroco zelante ci avrebbe strappati dalle un
ghie del demonio , tu ci hai venduti; maledetto ! -- Queste
son le lodi e i panegirici dell'inferno . Questo è l'onore
e l'ossequio dell'inferno. Tu cercavi di solleticar l'orecchio
de' mondani -- prurientes auribus - e nelle case e sul
pergamo per averne rinomanza ed avanzamento . Ora hai
il fatto tuo . Non ti turar le orecchie : udrai in eterno .
Et dabo vos in opprobrium sempiternum , ci dice Gere
mia, et in ignominiam aeternam , quae numquam oblivione
delebitur (Hierem . cap. 23) . Anche gli empi si sveglieranno
coi giusti nella risurrezione, ma all'obbrobrio ed alla igno
minia eterna , dice Daniele (cap. 12) evigilabunt in oppro
brium , ut videant semper in probrum , in ignominiam aeter
nam . E gli esecutori di questa divina sentenza saranno
anche i demonii. Non vi sarà beffa , non ischerno , non vi
tupero che non vomitino que’ feroci contro il sacerdote
dannato . Ecco il ministro di Dio , ecco l'angelo del testa
mento venuto a prender possesso del suo regno . Ti ricordi
le belle e fiorite prediche fatte colassú ? – Ti ricordi gli am
monimenti paterni dati nel tuo confessionale ? – Tutto do
vea finir con l'inferno . E quel breviario che logorasti,
e quella teologia che studiasti, e in cui ti facesti dottore? -
Tutto ti dovea menar all'inferno. --- Tu che mandasti al
cielo tanti bambini col battesimo, or la sconti per loro .
Salvasti tante anime colla penitenza , e tu moristi dispe
rato . Lasciati stringere da queste braccia roventi e baciar
da questa bocca di carbone, poiché non accettasti gli am
plessi di Cristo o lo baciasti come Giuda . Predica ora a'tuoi
simili, e converti anche noi. Maledetto sii tu sempre ed il
tuo ministero . -- Ed a queste villanie succederan le be
stemmie rabbiose contro Gesù Cristo , e contro Dio, e l'em
pio vi farà coro shranandosi le carni.
Gravissima poenarum pudor est , dice il Crisostomo
( 1,6 in Ephes . ) , impii resurgent ad pudorem et opprobrium .
Or tu che non sai reggerla, senza smanie, ad un frizzo, ad
uno scherno, ad una satira ? ..... Tu che scoppi di dispetto,
se non ti puoi sfogare con un rovescio di contumelie ?
Ora io non posso soffrir a lungo il guaiolar d'un cane,
il vagir d'un bambolo , il ronzar d'una zanzara ..... or mi
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sbatte e tormenta il lamento d’un malato , il gemito d'un
ferito , il rantolo d'un agonizzante - e fuggo gl' idioti ciar
loni, e detesto gli scrupolosi importuni, e cerco le persone
garbate e parlatrici accorte. – Oh Dio buono! qual tor
mento non udir mai una parola che non vi strazi, una voce
che non vi scerpi, un accento che non vi ammazzi. Esser
zimbello eterno al riso satanico, allo scherno, alle turpissi
me villanie dei reprobi più immondi e dei diavoli più feroci !
Anima mia, sepi aures tuas spinis, ed impara a soffrire :
maledicimur et benedicimus, blasphemamur et obsecramus.
Deh aiutatemi, o Gesù buono .

PUNTO TERZO .

La prigion dell'inferno è senza sfogo. Il fumo ed il fuoco


si rotolan continuamente l'un sull'altro e si condensano :
e come sul finir del mondo sarà purgata la terra , ogni
immondezza ed ogni tabe scolerà in quella maledetta pozza .
L'odorato cosi riceverà il suo proprio tormento. E si ag
giugnerà la schifosissima puzza di quella immensa catasta
di corpi dannati che nulla han di vivo salvo il non poter
morire, e puzzeranno come cadaveri in dissoluzione. Vide
bunt cadavera virorum , qui praevaricati sunt in me ; ver
mis eorum non morietur, et ignis non extinguetur : et erunt
usque ad satietatem visionis omni carni, dice Isaia (cap. 66) .
Ex cadaveribus eorum ascendet foetor (cap . 34) . Deh qual
tanfo ! qual sito, quale abbominando fetore ! Antioco , sulle
mosse oramai di trionfare , è colto da un dolor di viscere
intollerabile : apprehendit eum dolor dirus viscerum , et
amara internorum tormenta .... brulicarongli per tutte le
carni vermi spietati, e le carni vive marcivano e scolavangli
addosso : de corpore impü vermes scaturirent, ac viventis
in doloribus carnes eius effluerent; tanta la puzza ed il fe
tore che l'esercito, nella campagna, n'era appestato, e niuno
potea farsegli vicino : odore etiam illius et foetore grava
retur exercitus..... eum nemo poterat propter intolerantiam
foetoris portare ; anzi , crescendo gli spasimi ed il puzzo,
egli medesimo non più sopportar si poteva : per momenta,
singula doloribus suis augmenta capientibus..... nec ipse iam
foetorem suum ferre poterat (2 Machab. 9). Antioco ebbe
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 5
66 -

un saggio dell'inferno dall'odorato . E non era che un sol


cadavere il suo, ed era coperto e riparato, ed il lezzo pe
stilenziale era sparso per la campagna .
Nell'inferno milioni di cadaveri marciosi, nė riparo che
li copra, nè sfogo d'aria che ne porti via la pestilenza. Chi
può giudicar l'orrore di quel tormento ? O anima mia pensa ,
ti dice S. Pier Damiani, cosi esser necessario che digrignino
i denti i crapulosi, cosi rabbiosamente piangano que che
risero lubricamente, quique hic olfaciunt nidores aromatum
et acredinem inhiant pigmentorum , illic eos sulphureus foe
tor excruciat et tetra picei fumi caligo circumdat (Instit.
monial.), ed ammorba l'abbominevol fetore di que'corpi, un
solo de' quali, dice S. Bonaventura, posto fra cielo e terra ,
basterebbe a sbatter morti di tabe tutti gli uomini di quaggiù .
S. Pier Celestino si chiuse in una grotta umida, oscura,
fetente; suoi compagni erano i verini, i rospi, le bisce, che
si rifugiavano perfino, a scaldarsi, dentro le pieghe della
sua cocolla . Che vita orribile ! Ma egli pensava all'inferno .
Olimpio monaco visse anch'egli in un antro fetido fra
le esalazioni mortali di quel luogo chiuso , e fra i morsi
delle zanzare, e la noia insopportabile delle mosche e dei
tafani. Come lo puoi, o sant’uomo ? Haec levia sunt si cum
aeternis conferantur .
S. Macario, per ben sei mesi, visse ignudo dentro una
palude d’acque stagnanti e marcie, preda ai vermi, aglin
setti, ai rospi che vi brulicavano. Ma egli lo faceva pel ti
mor dell'inferno .
O anima mia, e tu non sai reggere al tanfo d’uno spe
dale, tu svieni all'alito fetente d'un moribondo ; tu ti dibatti
e senti venir la nausea ed i vomiti al respirare il fiato d'un
penitente villano, o mezzo fracido nel corpo. Tu non puoi
reggere nell'aria mefitica da te respirata una notte, ma spa
lanchi le finestre e la cacci fuori. Ahimė ! quanto soffrirà
il dannato esposto ad esalazioni immensamente più pesti
fere, senza rimedio, senza tregua, in eterno !
PUNTO QUARTO .
E tutto ciò non basta. Assaggia, o anima , il pasto e la
bevanda che satolla in eterno i dannati, e vedrai. Ho tro
vato, dice Dio per Geremia (cap. 23), fra i profeti di Geru
67

salemme l'imagine degli adulteri e la via della menzogna :


perciò diventaron per me quasi Sodoma e Gomorra : Pro
pterea dicit Dominus ad prophetas : ecce ego cibabo eos
absynthio et potabo eos felle; a prophetis enim Hierusalem
egressa est pollutio super omnem terram . Questo è il calice
dell'ira di Dio , calix in manu Domini vini meri: questo
ė il calice che Dio rovescia , ex hoc in hoc, ed hanno a be
verne tutti i peccatori della terra (Ps. 74). Calice di fuoco,
di zolfo, di spirito di procelle , ignis et sulphur et spiritus
procellarum pars calicis corum (Ps. 10) ; mangiar veleno
di draghi, bever la vendetta e la maledizione. La collera ,
la smania, la disperazione, lo spavento stemprano gli umori
del corpo e recano al palato acri salive, bile amarissima ,
vischio detestabile : la coscienza che rimorde, il verme im
mortale che rode aggravano lo stemperamento ed accre
scono le nausee ; il luogo serrato, il fetore , la vista abbo
minanda irritan sempre più il vomito arrabbiato.
Avranno fame, e morderansi le carni vive ed immor
tali , ma di satollarsi non avverrà mai: avranno sete ed ar
deran loro le fauci, le interiora, la lingua, il palato, ma una
stilla d'acqua non pioverà mai loro sopra a fin di refrige
rarli. L'epulone aveva ben mangiato e bevuto meglio vi
vendo , e andò a smaltire il cibo in quella orrenda fame.
Quod manducaverat apud superos , dice S. Agostino ( in
Ps. 48), hoc digerebat apud inferos ; iniquitatem dico quam
epulabatur, pretiosas epulas. E la fame e la sete gli erano
aguzzate dalla vista di Lazzaro felice; ed allungava la lin
gua di fuoco , e stendeva in su le mani per chiedere una
stilla d'acqua: ma non l'ebbe. Godesti in vita , è tempo
di tormentare .
O Sacerdote di Dio, vuoi esser casto ? cerca ora la fame
del digiuno. Fames amica virginitatis, et inimica lasciviae,
dice Tertulliano , per edacitatem salacitas transit. Perché
rovinarono i profeti ? saturavi eos et moechati sunt, dice Dio
per Geremia (cap. 5), saturitas castitatem prodigit, nutrit
illecebras, ti ricorda S. Ambrogio (serm. 37 quadrag .). Tu
sei pastore ; perché ti veggo io curvo come gli animali, e
digiuno dell'anima , tutto intento al ventre ? Pastor meus,
dice S. Bernardo (ad episc. Oenon .), curous graditur, vul
tum gerens deorsum , et terram semper respiciens, et soli
68
ventri, mente ieiunus, pabula quaeritans ? V'ha nulla di
più sconcio ?
Presterio era condannato a morte per la fede; un passo
ancora, ed egli era martire: i fedeli pietosi lo nutrivano e
porta vangli cibo e vino squisito ; egli mangiò e bevve ; ma
che ? rinforzato ii corpo , diede un calcio allo spirito e lo
atterró. Presterio trema alla vista del carnefice, Dio lo ab
bandona , egli diviene apostata maledetto (Tertull. adv.
Priscill .).
Vogliamo fuggir l'inferno ? fuggiam la gola, abbraccia-
mo la mortificazion della carne. Chi non vuole il calice or
rendo dell'ira di Dio , beva divotamente e santissimamente
al calice inebriante, al calice preclaro, calix meus inebrians
quam praeclarus est.
Perché dilatavit infernus animam suam ? perchè aperuit
infernus os suum absque ullo termino che bocca sfor
matamente sbarrata ! - et descenderunt fortes eius et su
blimes gloriosique eius ad eum ? Ah non cercate tanto lon
tano la causa : come la tomba ingoia prematuramente il
più gran numero dei golosi , cosi l'inferno . Non un santo
che non digiunasse, e si privasse sovente perfin del neces
sario . Non uno che siasi mantenuto casto , solleticando la
carne col cibo e col vino . La carne discende ultima all'in
ferno, ma vi spinge la prima.

PUNTO QUINTO .

Tocca ora quel fuoco, o anima mia , e fanne saggio. Pensa


che Dio l'ha creato e lo mantiene, per far prova di sua giu
stizia e di sua potenza : e vi soffia dentro e lo stuzzica per
via più infiammarlo , come l'orafo siede di proposito di
nanzi al crogiuolo, irritando, col cannello, le bragie, per fon
dere e purgar l'oro e l'argento . Et sedebit conflans et
emundans argentum , et purgabit filios Levi et colabit eos
quasi aurum , et quasi argentum (Malac. 3, v. 3) . L'acqua
ė bollente a cento gradi: per fonder l'alluminio 800 gradi
si richieggono, mille gradi per isquagliar l'argento, 1250 per
l'oro schietto , 1400 per l'acciaio , non bastano forse 2000
gradi per fondere il platino . Ma tu non puoi reggere un
istante la mano nell'acqua bollente, tu inorridisci al tor
69
mento di S. Lorenzo posto sulla graticola arroventata : e
questi fuochi sono un nulla in paragone del fuoco d'infer
no, atto a mantenere in fusione i graniti ed eccedente ogni
grado conosciuto in natura. Potrebbe in un batter d'occhio
annientare un corpo, ed in vece, provando su quello tutto
il suo tremendo vigore , lo.condisce e sala per la immor
talità, perché possa eternamente arderlo senza disfarlo. Nel
l'inferno, ci dice Gesù Signor nostro , in S. Marco (c. 9) :
Vermis eorum non moritur et ignis non extinguitur: omnis
enim igne salietur, et omnis victima sale salietur. Hai tu
mai fatto mente a queste orribili parole ? verme che non
muore DE
fuoco non mai spento - corpi di dannati, vitti
me della giustizia , salati dal fuoco ?
Ora in questo fuoco non unico è il tormento : Dio si è
proposto di punire coi propri supplizi quelle parti che più
furon ministre del peccato , e diede per ciò una cotale in
telligenza a quell'incendio con una potenza singolare: tor
menti proprii all'occhio, all'orecchio, alla lingua : tormenti
proprii alle mani, ai piedi..... tormenti proprii al ventre ed
al cuore. La generazione spaventosa di tutti i malanni che
si mostra in centinaia d’infermi in uno spedale rovescierà
tutta insieme sopra il dannato. Senti , o anima, il saggio
Sofar (Iob. 20) : Il pane dell'empio in utero illius vertetur
in fel aspidum intrinsecus.... caput aspidum suget et occi
det eum lingua viperap..... luet quae fecit omnia – oh la
pagherà cara ! -- nec tamen consumetur ; iuxta multitudi
nem adinventionum suarum , sic et sustinebit..... cum satia
tus fuerit, arctabitur, aestuabit, et omnis dolor irruet su
per eum ogni dolore, ogni spasimo gli si rovescierà sul
саро omnis dolor irruet, e i demóni l'aiuteranno a spa
simare : vadent et venient super eum horribiles, tenebre ,
fuoco , ignominia , spavento , questa l'eredità dell'empio :
omnes tenebrae... devorabit eum ignis qui non succenditur ...
revelabunt coeli iniquitatem eius, et terra consurget adver
sus eum ..... haec est pars hominis impii a Deo . Ohimė ! che
patrimonio orrendo ! E l'empio, ligatis manibus et pedibus,
accatastato, immobile, stará confitto, come l'ira di Dio che
manet super eum in eterno, in eterno, in eterno.
S. Antonino racconta d'un giovane dissipato e mondano
che ito a trovar un padre domenicano, permisegli di citare
70
un solo versetto d'Isaia : - sarai corcato , nell'inferno, sopra
uno strato di vermi, ed avrai per coltri vermi e tignuole :
subter te sternetur tinea, et operimentum tuum erunt ver
Quella sentenza gli si ficcò nel cuore,
mes ( Isa. 14, 11 ) .
come una spina, e bastò a farne un penitente.
S. Liduina ad un uomo rotto ad ogni vizio die' per con-
siglio di mettersi nel suo letto molle e sprimacciato e ri
manervi supino sol per una notte, senza mover piė nė ma
no, o capo. Ma tanto parve all'uomo insopportabile quel
l'immobilità, e tanto bene fu condotto a considerar l'enor
me spasimo del rimanere immobile nell'inferno, in mezzo
al fuoco, che non aspetto il sole della domane per confes
sarsi .
S. Giuseppe da Leonessa fece patto con un amico suo
di venire a trovare il primo che morisse , quel che rima
neva , permettendolo Iddio.. Mori il compagno Girolamo, ed
in capo a parecchi mesi comparve al Santo, con viso me
stissimo e pien di sospiri: - Sono in purgatorio , disse, e vi
tormento : ma ahi! quanti pericoli al punto di morte ! quanto
orribile giudizio ! quanto è facile dannarsi ! quanto è facile
dannarsi ! quanto è facile dannarsi! – e scomparve. Giu
seppe era santo già fin d'allora, ma a quelle parole vie più
incitato, e tremando al pericolo, diventò carnefice del suo
corpo. Fatiche, sudori , penuria , disprezzi eran nulla per
lui : flagellarsi, straziarsi le carni, cilizi, non bastava : catene
di ferro, anelli di ferro, giaco di ferro, erano poco. Si fece
una cappa di vimini verdi, giusta alla persona, e l'indosso ;
seccando i vimini si ristrinsero e gli entrarono nelle carni
e le scerparono ed impostemirono, senza che il Santo ge
messe. Per tre giorni a Costantinopoli, a cagion della fede,
stette sospeso in alto con un uncino che gli trapassava la
mano destra, ed un altro che gli traforava il piede sinistro :
per tre giorni rimase, finchè l'angelo il libero. Il timor del
l'inferno aveva fatto queste meraviglie .
E noi non arrossiamo per la vergogna ? e noi non
punge un senso di emulazione ? - e noi non temiamo l' in
ferno ? – e non facciamo presso che nulla per fuggirlo ?
Ahimè come tremo pel timore d'inferno , diceva quel
l'innocentissimo angelo di Chiaravalle. Ut paveo gehennam !
contremisco a dentibus bestiae infernalis, a ventre inferi,
71

a rugientibus praeparatis ad escam : horreo vermem ro


dentem et ignem torrentem , fumum et vaporem et sulphur
et spiritum procellarum . Quis dabit capiti meo aquam et
oculis meis fontem lacrymarum ut praeveniam fletibus fle
tum et stridorem dentium ? (Serm . in cant. 16)

COLLOQUIO.

O Gesù mio, misericordia ! L'inferno è già pieno di pari


miei peccatori, e di que' che non credettero alla vostra ve- ,
nuta , e di que' che non profittarono delle vostre dottrine ,
comunque credessero : dannati prima che nasceste al mon
do, dannati mentre Voi viveste frammezzo a noi, dannati
pei diciannove secoli che vennero dopo. Oh spaventosa
turba di reprobi nemici vostri! Ed anch'io , senza una vo
stra misericordia specialissima, sarei già precipitato ad ac
crescer quel numero , e non vi sarebbe più speranza per
me. Grazie, o Gesù buono, di cosi gran misericordie : io ve
ne ringraziero in eterno . Ma deh continuate la misericor
dia, o Dio del mio cuore, perchè io sento pur troppo quanto
è grande la mia miseria . Non lasciatemi cader nell'inferno,
invigoritemi nei buoni proponimenti, lavatemi con una stilla
del vostro sangue. Preces meae non sunt dignae , sed tu
bonus fac benigne, ne perenni cremer igne.
Si reciti col Clero il De profundis.
DELLA MORTE

MEDITAZIONE SESTA

Dispone domui tuae quia morieris tu,


et non vives. Isa . 38.

La scienza del mondo è tutta nel vivere agiatamente e


senza disturbi : felice chi sa vivere. Chi non sa vivere a
questo modo era meglio per lui che non nascesse. Ma la
scienza dei santi è nel morire con Dio : felice chi ben muore .
Anche vivendo nelle calamità e nel disonore si può esser
beati. Due uomini vissero insieme e morirono insieme.
L’uno seppe vivere al mondo , vestir riccamente , abitare
un bel palagio, aver clientele ed amici, passarsela in festini,
non incontrar briga con veruno : beatum dixerunt, cui haec
sunt; l'altro non seppe vivere al mondo, ma, morto di fa
me, chiedeva le briciole de' cani, assiderato dal freddo, non
aveva un focherello da scaldarsi, carico d'ulcere , non le
poteva fasciare con uno straccio , nė lenirne il dolore col
balsamo, sprezzato e maledetto, non avea di che far valere
le sue ragioni. Ma quest'ultimo seppe tanto ben morire ,
come il primo seppe ben vivere, e Lazaro fu portato dagli
angeli in seno ad Abramo, e l'Epulone sepultus est in in
ferno. Venerandi sacerdoti , lo Spirito Santo c'insegna a
morir bene, disponendoci per tempo a quel solenne passo :
dispone domui tuae quia morieris tu, et non vives. Questa
è la scienza nostra propria, la scienza del prete. Studiamola .
In quella stanza , dove ora passiamo le ore più quiete
del raccoglimento, della meditazione, del sonno, giaceremo,
quando che sia, moribondi, in faccia al crocifisso, ed alla
imagine di Maria. È oscura la stanza , per non offendere
la vista del moribondo che è sullo spirare : una candela
accesa dietro le cortine : un tavolo pieno di ampolle e di
bossoli già scemi di medicine: nella casa silenzio e qualche
lacrima.
73
O Gesù, che morendo ci insegnaste a morire, assisteteci
in questa meditazione , affinché, sprezzate le vanità del
mondo e la falsa sapienza di lui, non cerchiamo altro che
di piacervi sempre , vivendo , e di detestare ogni peccato,
poiché il peccato solo generó la morte, ed il peccato solo
è quel che la rende spaventosa . Maria Santissima assiste
teci ; S. Giuseppe pregate per noi. Omnes Sancti et Sanctae
Dei intercedite pro nobis.

PUNTO PRIMO .

Che cos'è la mia vita ? Vapor est ad modicum parens


et deinceps exterminabitur (Iac. 4). Un raggio di sole dis
sipa la nuvoletta, e non è più. Che cos'è la mia vita ? un'om
bra che corre sul quadrante. Dies mei sicut umbra declina
verunt (Ps. 101). Il sole corre come un gigante, l'ombra dello
stilo gli tien dietro. Che cos'è la mia vita ? un fil d'erba
che nasce e secca , un fiore che spunta ed avvizzisce : ho
mo sicut foenum dies eius, omnis caro foenum , sicut flos
foeni. - Non sempre aspetta la falce per marcir sullo stelo.
Ma e l'anima, quella possente scintilla di Dio, non può
trattener un alito nel corpo suo servo ! L'anima è un ospite
passeggero : vi fa una visita, e fugge. Spiritus pertransibit
in illo et non subsistet.
Non mai siamo gli stessi , dice S. Girolamo, e mentre
parliamo, mentre scriviamo , mentre dettiamo , una parte
di vita sen va. Chi testè era bambino , d’un tratto è fan
ciullo ; qui puer , repente iuvenis , et usque ad senectutem
per spatia mutatus incerta , et ante se senem esse intelligit,
quam iuvenem non esse se miretur. E S. Gregorio Magno:
« Come fiore, dice , trae l'uomo dall'occulto, si mostra , e
sparisce » : carnis nos viriditas ostendit, sed ariditas pul
veris ab aspectibus retrahit. Quasi flos apparuimus qui
non eramus, quasi flos arescimus qui temporaliter appa
rebamus (11 Moral. 26) .
Il mondo sostiene mille trecento milioni d'uomini: ma
trentadue milioni ogni anno l'abbandonano, cioè tremila
settecento ogni ora , sessanta ogni minuto , uno per ogni
minuto secondo. Una mano sul mio cuore mi rivela quanto
io perdo, in ogni istante , di vita ; e mi novera i morti di
74 -

tutta la terra . I palpiti del mio cuore sono i rintocchi della


morte dell'universo. Responsum mortis.
Che cos'è la nascita ? il primo passo alla morte. Che
cos'è la età matura ? Un autor di chimica definisce la ma 1

turità : l'ultimo passo alla perfezione, il primo alla distru 1


zione. Questa è l'età virile.
Quotidie morimur, diceva l'Apostolo (1 Cor. 15-31 ) : e 1

parve che Seneca s'incaricasse del commento dicendo :


quotidie demitur aliqua pars vitae , et tunc quoque cum
crescimus, vita decrescit. Siamo candele accese, sicut cera
quae fluit auferentur. Siamo un ruscello che fugge, sicut
aquae dilabimur ; le molecole d'acqua si urtano , s’incal
zano, si spingono: la figura del ruscello non muta, ma egli
non è mai lo stesso. Il nostro corpo è in un perpetuo la
voro di aggregazione e di dissimilazione : in noi già morirono
tutte le particelle del bambino, del fanciullo, del giovane :
rimase la persona, mutó il corpo. Quel che si muta , dice
S. Agostino , non è veramente ; mutato che sia non è più
quel che era ; se non è più, è già morto . Nigredo mortua
est in capite albescentis senis , puleritudo mortua est in
corpore fessi et incurvi senis, mortuae sunt vires in corpore
languentis, mortua est statio in corpore ambulantis, mor
tua est locutio in lingua tacentis (in Io. tr. 38) .
O Sacerdoti, uno sguardo alla terra . Ella è un ossario
immenso, sterminato : una necropoli universale : se trentadue
milioni muoiono ogni anno : in un secolo ne morirono più
di tre mila milioni, ed i corpi loro invasero i monti, i colli,
i campi, i torrenti, il mare . -- Il regno dei vivi è l'impero
della morte .
Uno sguardo alle vostre famiglie : mio avo , e gli arca
voli requiescant! beato chi ha ancora il padre e la madre !
Quanti fratelli e sorelle, compagni di pellegrinaggio, son già
iti in domum aeternitatis suae !
Uno sguardo alle vostre case : vioit habitaculum mor
tuus est habitator ; quanti già vi passaron la vita ? - E
perché quella porta ? – Per uscirne sulle spalle altrui una
volta. — Non v'entreremo mai più .
O Sacerdoti la morte c'insegna : non habemus hic ma
nentem civitatem , sed futuram inquirimus (Hebr. 13) . Tutto
passa e noi col rimanente : come l'ombra non lascia ve
75
runa traccia del suo passaggio , cosi noi . Queste cose ,
questi beni, queste cariche aspettano a giorni altri posses
sori. Tempus breve est : reliquum est , ut..... qui gaudent,
tamquam non gaudentes sint, et qui emunt, tamquam non
possidentes , et qui utuntur hoc mundo , tamquam non
utantur, praeterit enim figura huius mundi (I Cor. 7) . Non
aspettiamo a dir Lascio, quando ci sarà impossibile il rite
nere : S. Giovanni Crisostomo ci riderebbe in faccia . – La
morte è certa , tutto il resto vola .

PUNTO SECONDO .

Ma io non so quando ella sia per arrivare, nė dove, nė


come, nė per qual prossima cagione. Vergogna per l'uo
mo, diceva il Cardinal di Berulle, pretendere alla scienza,
ed ignorar quello che più lo tocca da vicino !
Avete fatto alleanza con la morte e patto con la tomba ?
grida Isaia , ed ecco io lo sciolgo. Et delebitur foedus ve
strum cum morte, et foedus vestrum cum inferno non stabit
(Isa . cap. 28) . La morte viene , ed il peccato , dietro a
lei, la punge, per farla correre velocemente. – La morte
viene con le ali di sparviero notturno che non s'odono. —
La morte viene coi feltri a ' piedi. - È un ladro riguardoso,
che vien sulla mezza notte, al primo sonno, ed è armato
di grimaldelli per ogni porta, anzi, ascendit mors per fe
nestras. I baluardi ed i fossi non lo tengono.
Tu pensi di morir nel tuo letto ? morrai come il Ven .
P. Prever sul pulpito. – Pensi di tornar sano dal tuo viag
gio ? morrai per via . - Ti prometti una malattia dolce e'l
senno ? t'incoglierà il tifo co'suoi delirii.
Un caro mio amico quest'anno ( 1874) andò al Santuario
di Vico, vi fece le sue devozioni, tornò fino all'ultima sta
zione della ferrovia sano e salvo , prese a pie' la salita di
sua parrocchia, e come ne toccò il primo confine , cadde
nelle braccia dell'uomo che l'accompagnava . Arrivo ,
ma morto .
Un altro, pochi anni prima, era ito a trovar un collega,
e fatto con lui quel che occorreva pe'suoi negozi , scese
alla stalla per governare la cavalcatura, e partirsene. Non
ebbe più tempo di salutar l'amico. Fu portato anch'egli
1
76
cadavere alla parrocchia. – Care anime, voi eravate pronte
per l'uscita del corpo e per lo passaggio all'altro mondo ;
ma se toccasse a me oggi, quest'ora, adesso ? 1

O Dio mio ! che la lampada si spegne, e non ha olio ! I

Stulte, hac nocte animam tuam repetent a te, et quae pa


rasti cuius erunt ? Ho preparato danari e patrimonio, -

saranno di chi riderà alle spalle mie. Ho preparato onori


e cariche, andranno a chi non so. Ho preparato peccati
e debiti con Dio, mi verranno dietro come carnefici.
Son mortale, cammino fra i pericoli, e mi affido ? Mor
tales sumus, ci dice S. Agostino , inter casus ambulamus.
Si vitrei essemus, minus casus timeremus. Quid fragilius
vase vitreo ? et tamen servatur et durat per saecula ( enarr.
in Ps. 38). E posso rimanere in pericolo di dannarmi, stando
sempre sull'articolo di morte ? E può stare in occasione di
peccato, chi non può veder dietro a sè il fantasma della
morte che vibra la falce ? Ah tu speri pur di salvarti e di
non peccar più ; ma lubrica spes est , ti dice S. Cipriano,
quae inter fomenta peccati salvari ss sperat: impossibilis
liberatio est flammis circumdari nec ardere (de sing. Cleric.).
Qual mestieri, ci dice il Prete S. Girolamo, di star colà dove
sempre hai o da perdere o da trionfare ? quis umquam
mortalium iuxta viperam securos somnos capit ? e che vi
pera maledetta ! non punge, non morde, ma solletica e fruga
al male, quae si non percutiat certe sollicitat ? — Chi ? do
mandate voi, o santo dottore : date uno sguardo ai chierici
del tempo vostro, e venite giù per molti secoli, e li trove
rete con le vipere in seno, e con la morte alla gola .
PUNTO TERZO .

Ma andiamo innanzi ne' paradossi della morte. La morte


inganna, e disinganna . Io veggo quel vecchio cadente sovra
cui si rinnovarono oltre ad ottanta volte le primavere e gli
autunni ; pensa egli a morire ? - Si promette di arrivare
ai cento. - S. Antonio li varco.
Veggo quel tisico scarno e mezzo fracido , che caccia
per la bocca, a brani, i suoi polmoni ; pensa egli a morire ?
Non è che un reuma, col venir della buona stagione si ri
metterà : – più s'avvicina la morte, meno la aspetta .
-
77 -

Veggo quel malato sfidato dai medici ; chiusi gli occhi


è un cadavero, tanto è smunto e fetente ; pensa egli a mo
rire ? — Il medico non avea da prima conosciuto la ma
lattia ; ora fa la sua crisi, e presto sarà fuori .
Ma accidenti, sincopi, malanni parecchi ti hanno già av
vertito : hai il responsum mortis . Pensa ai fatti tuoi. -- Ma
che ? ne ho passate delle altre, passerò ancor questa ; Dio
è buono e mi lascierà tuttavia tempo da prepararmi.
O ficaia infruttuosa trema : Eia arbor infructuosa , non de
rideas, quia parcitur tibi : dilata est securis, noli esse se
cura ; veniet et amputaberis (Aug. serm . 110). Non vale ,
non vale. Tempo perduto, avvisi gettati .
Tu hai voluto ingannare Iddio , vivendo malamente e
promettendoti di morir da santo , e la morte inganna te .
Giustissima punizione; che chi non pensa a Dio, chi lo di
mentica vivendo, Dio non pensi a lui e lo dimentichi quando
sta per morire. Aequissime percutitur hac animadversione
peccator, ut moriens obliviscatur sui, qui vivens oblitus
est Dei (August. serm . 10 de Sanctis) .
O buon Gesú allontanate da me un si orribile castigo,
e concedetemi di approfittare dei disinganni della morte ,
perché io non cada per colpa mia ne' suoi inganni.
PUNTO QUARTO .

Guardiamola in faccia la morte, se vogliamo che ci di


singanni. S. Francesco Borgia scoperchia il feretro della
regina Isabella ; la grande, la avvenente, la gentile, la de
licatissima signora è diventata un cadavere puzzolento. Pal
lida , livida , smunta , contraffatta . Occhi affossati , guance
scarne, bocca aperta. Incominciano a brulicar qua e là i
vermini. Che spettacolo orrendo ! E questa è Isabella ? que
sto quel corpo cui servivano a ginocchio le damigelle più
fiorite ? queste le membra cui coprivan le sete, gli armel
lini, i tralicci d'oro ? queste le carni nodrite con quanto
v’ha di più scelto in terra, nel mare, nell'aria , e cui ba
stava appena a contentare la scienza più squisita de'cuochi?
Dunque la carne marcisce, e debbe andar sottoterra ad
allevare i vermi: dunque solleticare ed appagare la carne
non è altro che pascolare i vermini e gli insetti. Dunque
78
il dilettarla coi piaceri del senso è un farla marcire più
tosto : Qui se iungit fornicariis, dice l' Ecclesiastico, putredo
et vermes haereditabunt illum (cap. 19) . Dunque beato
chi soffre, guai a chi gode!
Guardiamo uno scheletro. Il capo staccossi dal collo, la
mascella inferiore slegossi dal capo ; cascarono le falangi
delle dita ; si snodarono le braccia e le gambe : rimasero
ignude le costole piantate nelle vertebre. Ecco la fabbrica
umana . Giovane e vecchio , ricco e povero son tutti belli,
ricchi, potenti ad un modo. Questi aveva cumulato ricchezze,
teneva nello scrigno l'oro e l'argento, possedeva attrezzi,
arredi, nobili stoviglie, palagi, terre, ville, era un mezzo re.
Ed ora non ha più un cencio che lo copra : anzi neppur
le ossa coperte dalle sue pelli; è uno scheletro .
Dunque l'uomo, cum interierit, non sumet omnia ; ma
quel che rimane al mondo nulla gli gioverà dall'altro lido.
Dunque le ricchezze ed i beni di questa terra son da spre
giare ; l'anima è alata, dice S. Agostino, le cose del mondo
sono miele che invischia ;. vola , vola , suggendo appena quel
che bisogna. Guai alle ale ! se toccano il miele tu sei per
duta , o anima. Supercolemus opibus nostris. Nam et in
mellis copia non frustra pennas habet apicula ; necat enim
haerentem (epist. 15) . E tu puoi dire, o anima, di non es
sere appiccata a questo miele ; spregi tu i beni della terra ?
li versi tu prodigamente in seno a Gesù pei poveri e per
la Chiesa ? non hai tu il tesoretto e dentrovi il cuore ? Ubi
est thesaurus tuus ibi est et cor tuum . O morte , ignudo
scheletro , insegnaci ancora , e batti sull'ancudine il ferro
Ostinato .
E poi? e poi? Dopo la putredine del cadavere, e lo
sfacimento dello scheletro , come compare la morte ? Ella
si muta in polvere e ci grida: memento homo quia pulois
es, et in pulverem reverteris . Di questa tua massa più o
meno pesante che or ti schiaccia l'anima rimarrà non altro
che una manata di cenere . I chimici vi trovano un sei
once di fosfato di calce , con qualche traccia di azoto e
nulla più . O superbo, abbassa la fronte al veder questa
polvere: superbiae spiritus inflat? ti grida S. Pier Damiani,
sepulcrum ad mentem redeat. Necessario illic rigidae cer
vicis tumorem premimus, ubi cinerem nos proculdubio , pul
79
veremque pensamus.Quid superbis terra et cinis ? (opusc.15).
Alessandro M. che cos'è ? un pugno di polvere. Platone,
Tullio, Virgilio , Dante, che cosa sono ? un pugno di polvere.
I Vescovi, i Cardinali, i Patriarchi, i Papi , che cosa diven
tano ? un pugno di polvere . Sic transit gloria mundi.
Giù a terra que'capi alteri, quelle erte cervici , quegli
occhi superbi . Guardati i piedi , o orgoglioso pavone .
Memento homo quia pulvis es . Tu vuoi salir alto, tu vuoi
adoratori, tu vuoi cattedre; chi vuol salire rovina; chi vuole
discendere sale. -- Ed io che non so umiliarmi nemmeno
in faccia a ' miei superiori, e li critico, e loro rispondo, e li
guardo d'alto in basso ? Sapró jo almeno umiliarmi sub
potenti manu Dei ? – No. Qui vos spernit me spernit.
Chi è altiero coi superiori, anzi pur cogli eguali, disprezza
Dio.
PUNTO QUINTO .

O morte quanto sei amara per chi ama il mondo ! Eze


chia era pure un buon re ; ma l'onore, la gloria , le ric
chezze lo adescavano ancora : perciò quando il profeta gli
intima di prepararsi alla morte , voltossi al muro , per celar
la vergogna del suo pianto e diceva seco stesso : « Nel bel
mezzo de' miei giorni e delle mie glorie, andronne dunque
alla tomba ? nė più resta uno scorcio da lodar Dio sulla
terra ? nė vedrò più mai faccia d'uomo ? Come una tenda
pastoreccia é levata, cosi m’ė tolto il vivere. Stava sull'or
dir la mia tela e la morte me la recide ! Oh Dio tu vedi
com'io piango e sono stanchi i miei occhi dal guardare al
tuo cielo ; Signore io soffro , aiutami; tu m'hai creato , tu
mi conserva » . Ezechia fu esaudito, e visse ancor quindici
anni santamente : ma egli senti l'amarezza della morte ;
che vorrà essere dei cattivi, dei molli, dei tiepidi, degli abi
tuati nel male ? Mors peccatorum pessima. Scolpiamoci in
cuore le tremende sentenze di. Dio presso Isaia (cap . 28) .
Verrà Dio sugli ebriachi di Efraim come uno sfogo di gran
dine, come turbine che fracassa , come torrente d’acque
che travolgono ogni cosa . Gli empi si beffano di Dio e dei
suoi avvisi dicendo : manda remanda , expecta reexpecta ,
modicum ibi, modicum ibi ; Dio comanda pe' suoi profeti,
Dio promette pe'suoi profeti haec dicit Dominus – adhuc
80
niodicum dicit Dominus, ed essi scherniscono, come visio
narii e fanatici od importuni i profeti, e non ascoltano gli
avvisi di Dio : et erit eis verbum Domini : manda remanda ,
expecta reexpecta , modicum ibi, modicum ibi, ut vadant
et cadant retrorsum , et conterantur, et illaqueentur et ca
piantur.
O venerandi Sacerdoti ! niuno y’è forse al mondo cui
cadano più terribili addosso queste parole, che noi. La pa
rola di Dio è nostra : la Sacra Scrittura ci sta sotto gli oc
chi: l'haec dicit Dominus, lo sentiamo ogni giorno dai no
stri colleghi sul pulpito ; il modicum ibi delle minacce con
tinuamente ci esce dalla bocca nel salmeggiare : noi ci av
vezziamo a sentire, a leggere, a vedere : i profeti e le pro
fezie, i predicatori e le prediche non fanno più verun senso
sul nostro cuore, e se rattepiditi non ci scaldano, se caduti
in letargo non ci svegliano, se precipitati nel vizio disprez
ziamo: manda remanda, expecta reexpecta , modicum ibi,
modicum ibi; lasciamoli cantare, fanno lor mestiere ; lo fa
cemmo ancora noi : – e veramente vedi quel predicatore,
dopo un discorso dell'inferno, del giudizio, della passione,
(come se nulla fosse stato che una ciarla ), parlar d'altro
allegramente, celiare, ridere , senz'altra transizione che di
calar dal pulpito ed entrar in sacristia o nella camera . E
Dio lascierà che si svergogni si fattamente la sua parola,
e si scherniscano le sue minacce ?
Chi non ascolta a tempo, e non fa senno alla chiamata
di Dio , si vedrà rovesciare addosso repentinus interitus :
e sarà una morte colla rete per accalappiarli improvvisa
mente : ut cadant retrorsum et conterantur, et illaqueen
tur, et capiantur. Il capo dei filosofi del secolo scorso rise
per settanta anni sulle minacce di Dio : manda remanda ,
expecta reexpecta; e mori divorando le sue feccie. Tron
chin medico ateo che l'assisté dichiarava che un demonio
non morrebbe peggio di Voltaire. Ma questi non era stato
che breve tempo allievo del Santuario .
Giuda l'era stato tre anni: l'avarizia lo fece sprezzar
la dolcezza di Gesù che voleva perdonarlo, e getta sul viso
dei farisei la borsa del danaro, senza pur levarne tanto di
moneta quanto occorresse da comprar quattro palmi di
corda, per appiccarsi. Scoppia e sparge le viscere immonde.
81
Ario prete sprezza il suo Vescovo e fa partito contro
la Chiesa e contro Dio , e versa in una latrina le sue in
teriora .
Nestorio Vescovo non vuole ravvedersi a tempo e ri
nunziare all'eresia, ed un cancro gli rode la lingua e strappa
l'anima.
Udone Vescovo di Magonza è avvertito, per ben tre volte,
da Dio : cessa dalla tresca, o infame: cessa de ludo . Ma
egli : manda , remanda, expecta , reexpecta ; tira innanzi da
forsennato : e Dio gli fa spiccare il collo da un angelo mi
nistro di sue vendette , e spargerne il sangue sui marmi
del Santuario , e rimanervi a perpetuo avviso de'suoi so
miglianti.
Il Vescovo di Gubbio, Sperelli, inorridi per raccapriccio,
quando, ito a trovar un suo collega , e suggerendogli av
visi santi e giaculatorie per morir bene – conciossiache
stava sull'agonizzare lo senti dar fuori in parole oscene
da chiasso, tanto da farne vergognar le matrone sue pa
renti che l'assistevano.
E non sappiamo noi di altri più vicini à noi che, usi a
star senza confessione in vita , sgombrarono dal mondo ,
senza voler Sacramenti ? ed erano maestri in Israele.
E non vedemmo noi chiamare al letto di morte, non un
Parroco dabbene od un confessore approvato, ma chi aveva
mala voce, e sospeso ed irregolare, a mala pena poteva
assolvere il moribondo : e questo circondato da chi avria
. dovuto starne le miglia lontano pel bruttissimo odor di
carname che dava, ricevere, ahimė! il corpo di Cristo per
passaporto all'..... E questi era sacerdote e figurava in
Israele .
O sacerdoti miei colleghi: la morte del sacerdote pec
catore è orrenda. Io fremo al pensarvi anche un istante
di più .
Punto SESTO.

I robusti del secolo, i vigorosi giovani fidati nella loro


virtù, allo avvicinarsi della morte suderan freddo e cadran
d'animo, dice Isaia (cap. 26), Deficient pueri et laborabunt,
et iuvenes in infirmitate cadent; ma chi spera in Dio met
teranno ali d'aquila e correranno senza fatica, e voleranno
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 6
82
senza stancarsi. Qui autem sperant in Domino assument
pennas ut aquilae , current et non laborabunt , volabunt
et non deficient. E perché mancheranno , perché si stan
cheranno con ali d'aquila cosi possenti? Non li trattiene il
fango delle ricchezze da loro spregiate; non li aggrava il
peso del corpo da loro spiritualizzato col digiuno e colla
penitenza : volabunt et non deficient.
Che aquile, Dio mio ! Paolo apostolo che sapeva sten
tare, e patir povertà, ed essere sprezzato, e castigare il cor
po a fin di renderlo schiavo dello spirito, riputavasi a gua
dagno il morire : mihi vivere Christus est, et mori lucrum
( Philip . I ) . Lucrum maximum computans, dicono Primasio
e S. Cipriano, iam saecularibus laqueis non teneri, et vitiis
carnis innoxium fieri : perché temer di ciò che salva da
ogni cosa da temere ? Non est timendum , dice Tertulliano,
quod nos liberat ab omni timendo (de testim . animae ).
Perciò , Signore , diceva l'apostolo , io ho finito il mio
corso , ho serbato la fede, ho combattuto da valoroso, dam
mi tu ora la mercede della giustizia che mi hai promessa.
E quando il carnefice gli chiese il capo, ei glielo die' con
quella facilità con cui avrebbe spogliato il suo dosso del
pallio. Paulus eadem facilitate carnem exuit, qua vesti
mentum (Chrysost.).
Che aquila possente un Pietro col capo allo ingiu e colla
mente in cielo , più beato che sul Tabor. Un Andrea per
due giorni inchiodato sul suo legno e intento a predicare.
Un Ignazio nell'anfiteatro che stuzzica i lioni a divorarlo .
Un Policarpo, un Giustino, un Ireneo : che aquile possenti,
e che volo maestoso e tranquillo.
Visi sunt oculis insipientium mori, illi autem sunt in
pace. In pace in idipsum dormiunt et requiescunt, perchè
Dio singulariter in spe constituit eos. Quale speranza ? La
vita eterna, la risurrezione. - Si expavescit mortem , ama
resurrectionem , dice S. Agostino (serm . 124) . Che cos'è la
morte ? diceva il Ven. G. B. Vianney è un bucato pel corpo.
Il corpo si monda, si terge , si rinnova per lo paradiso.
Eminenza , la malattia è mortale, dissero tremando al
Cardinal Bellarmino ; ed egli giungendo le mani e ridendo
angelicamente : --- oh che buona nuova ! oh che fausta nuova !
oh che bella nuova !
-
83
Mons. Douarre in una orribil burrasca aveva seco un
catecumeno : allo scrollarsi del naviglio, al rompersi degli
arberi, allo strapparsi le sarte, il poveretto gelava di spa
vento ; il Vescovo lo confortava dicendo: - se anneghiamo
andremo in paradiso; -- e l'altro : – Episcopo tu battezzato ,
io no : battezzami, andrò anch'io in grembo a Dio . — Il Ve
scovo lo battezza, fra l'orror della tempesta , e poi gli dice :
- Ora tu sei bello come un angelo e carissimo a Dio, pre
galo che ci scampi da questo travaglio. Perché pregare ?
rispose il neofito : meglio è morire : andremo in cielo ; non
più fame, nė sete, nė caldo, né gelo.
Il beato Vescovo di Saluzzo Giovenale Ancina bevve il
veleno che un ecclesiastico svergognato , da lui corretto ,
gli aveva mesciuto a mensa . Per dieci giorni agonizzo, con
tormenti d'inferno nelle viscere, e pur chiese di morir per
terra , e l'ottenne ; a quelli che volevano pregar che gua
risse, diceva : Sinite me abire, melius mihi erit in paradiso,
e poco dopo dicendo la sua cara giaculatoria : « Gesù dolce
con Maria, date pace all’alma mia » , parti pel cielo a farvi
musica con gli angeli .
Padre , dicevano i costernati monaci a S. Martino, non
rimaner sempre sulla tua cenere voltato ad un modo, ma
cambia positura per sollevarti. – O figliuoli, lasciatemi su
pino guardar al cielo ; l'anima mia vuol la strada più breve
per andarvi. E veduto per colà il torvo demonio :
che vuoi da me o cruenta bestia ? nulla troverai in me di
funesto ; - e spiro.
Settant'anni hai servito a Cristo , o anima mia , ed or
temi la morte ? — diceva S. Ilarione l'Abate, e rasserena vasi
in faccia alle frotte dei demoni che ruggivano. Non pu
tabam tam dulce esse mori, esclamava il Suarez nella sua
agonia .
E che ? un povero giovanetto villan dabbene vedendo
al suo letto di morte padre, madre, fratelli, sorelle, pian
genti e lagrimosi : voi piangete ? disse, ma è egli peccato
morire ? – O sublime sentenza uscita ex ore infantium et
lactentium !
Pel peccato si dee piangere, il peccato si ha da temere.
Chi non ha peccato non ha da piangere, chi muore senza
peccato , muore senza affanno. Gesù è suo sostegno, soste
84 -

gno che non cede giammai, ma che consola : appoggiati su


quel bastone e non crollerai. Securus incumbit, quia ille
non succumbit, dice S. Agostino . Virga tua et baculus tuus
ipsa me consolata sunt.
E la mensa che invigorisce contro i nemici ? e il calix
inebrians praeclarus ? Ah non timebo mala quoniam tu
mecum es. Tu, o Gesù , sei mio pastore , tu mi hai collo
cato in un pascolo pingue e salutare; tu mi hai convertito,
tu mi hai riempiuto del tuo spirito santo : noi fummo amici
e famigliari vivendo , noi non ci staccheremo giammai.
Etsi ambulavero in umbra mortis, non timebo mala , non
timebo mala, quoniam tu 'mecum es (Ps. 22) .
Abramo, Isacco, Giacobbe , quelle grandi anime, nostri
padri dei quali Dio è chiamato Dio -- alla morte , son
profeti, e, prima ancora di poter vedere la gloria, son cir
condati dalla aureola dei santi . O Sacerdote tu sei da più
di tutti loro. Dio ti ha esaltato più di loro ; il Signore è Dio
d'Abramo, e tu sei chiamato Dio tu stesso pel santissimo
ufficio . Chiudi gli occhi tuoi in pace , stendi ed unisci in
sieme i tuoi pie', vanne a congiungerti ai padri tuoi . Pro
ficiscere anima Christi. In paradisum deducant te Angeli.
COLLOQUIO .

O Gesù buono, morto per me, io voglio morire con voi


e per voi : morire al mondo, alle passioni, ai diletti del senso ,
alle cose della terra, all'onore, a me stesso : vivere con voi
al ben delle anime, alla gloria di Dio, alla perfezione : sa
lire con voi il mio Calvario con la mia croce, e crocifisso
nella carne e nelle concupiscenze, dire con voi : consum
matum est : in manus túas commendo spiritum meum . A
mala morte, libera nos Domine ; a morte perpetua , libera
nos Domine ; a poenis inferni, libera nos Domine ; per
mortem et sepulturam tuam , libera nos Domine ; in die
iudicii, libera nos Domine.
DEL GIUDIZIO

MEDITAZIONE SETTIMA

Mane, Thekel, Phares. Dan. 5. 25 .

Sofonia profeta vide il giorno del giudizio e lo annun


zió con tremende sentenze : Sarà in quel giorno voce di
schiamazzo dalla porta dei pesci, urla dalla seconda, grande
ambascia sulle colline. Scrutabor Ierusalem in lucernis et
visitabo super viros defixos in faecibus suis, qui dicunt in
-cordibus suis : non faciet bene Dominus, non faciet male ;
ed è vicina la visita del Signore, vicino è il giorno, è vicino,
e corre a gran carriera. Giorno d'ira, giorno di tribolazione :
Dies irae dies illa , dies tribulationis et angustiae, dies ca
lamitatis et miseriae, dies tenebrarum et caliginis, dies ne
bulae et turbinis, dies tubae et clangoris. Saranno tribolati
i forti, ed acciecati que' che peccarono, et effundetur san
guis eorum sicut humus, et corpora eorum sicut stercora
(Sophon. I) .
Deh, venerandi Sacerdoti, incominciamo noi il giudizio ,
prima che venga il giudice, e presa da Lui in prestanza la
stadera della giustizia , esaminiamoci, e prendiamo di noi
le ragioni. Non nascondiamoci a noi stessi perchè non ci
avvenga che Dio ci metta sul viso le nostre brutture, dice
S. Agostino : Noli te ponere post te, ne Deus te ponat ante
te ; si enim nosmetipsos iudicaremus , non utique iudica
remur .
Nella stanza in cui daremo l'ultimo fiato , s'alzerà il
tremendo tribunale di Gesù Cristo , in faccia al cadavere
ancora caldo, in mezzo ai parenti che piangono, davanti a
quelle mura testimonio di tante cose, a quel letto..... a quel
ginocchiatoio .... a quello scrigno .... anche colà una mano
celeste ha scritte le parole che fecero tremar le ginocchia
a Baldassarre, comunque ubbriaco : Mane, Thekel, Phares.
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O mio giudice divino, eccomi tremebondo al vostro co
spetto : oh fatemi conoscere profondamente tutto l'orrore
di quell'istante, perché fugga tutto ciò che lo rende pau
roso, e m’appigli a ciò solo che può darmi allora speranza
e conforto . O Maria assistetemi. Omnes Sancti et Sanctae
Dei intercedite pro nobis.

PUNTO PRIMO .

Numeracit Dominus regnum tuum . Iddio tiene un per


fettissimo registro dei fatti d'ognuno: comincia coll'uso di
ragione, se ne tirano le somme alla morte, si mette innanzi
al giudizio . Liber scriptus proferetur, in quo totum conti
netur .
Per valente calcolatore ed instancabile è questo nostro
Dio. Cogli occhi sempre addosso a ciascun di noi, senza
perder mai nulla di quanto ci accade e nell'anima e nel
corpo, numera tutto quanto , e registra minutissimamente,
come un avaro . Giobbe, tremava al pensarlo : Tu quidem
gressus meos dinumerasti..... considerat vias meas, et gres
sus meos dinumerat ( Iob. 31 etc.). E pur Giobbe era santo ,
e la sua coscienza non lo accusava di peccato grave.
Ma Dio è avvezzo a contar a migliaia di milioni le stelle,
et singulis eis nomina vocat ; conta i granelli di rena, conta
le stille della rugiada , conta gli atomi del vapore e del
l'etere diffuso. Non lo stanca il numero , poiché cape l’in
finito .
Deh, o Sacerdoti, rifacciamo ancora noi il nostro conto ,
perchè presto arriva il redde rationem . 24 ore ogni giorno,
dánno 1440 minuti. 1440 minuti ogni giorno dánno 525,600
minuti all'anno . Oltre ad un mezzo milione ! -
In 10
anni sono 5 milioni ed un quarto . di minuti. In 20 anni
sono 10 milioni e mezzo di minuti. Togliamo pure dal cal
colo un terzo del totale che è il tempo del sonno, fratello
della morte, nel quale non siamo di noi stessi padroni ; e
ci rimarrà ancora , pel giorno della nostra messa nuova ,
aperta con Dio una enorme partita di sei milioni di minuti.
Egli tutti, un per uno , li pose a libro, e noi ? Aggiugnete
ora ai ventiquattro anni, quelli che vi si accrebbero, e per
ogni anno la somma relativa, e tirate il conto .
87
Eppure questo è un calcolare umanamente , cioè alla
grossolana : forse che Dio conta solo i minuti? o non anzi
conta egli perfino i secondi ? Ed in vero quanti atti interni
buoni o rii possono avvenire in un minuto ? quanti pensieri!
quanti affetti! quanti movimenti sregolati ! quante parole !
D'ogni parola oziosa e vana si renderà conto a Dio ,
peggio poi delle parole villane, secolaresche, triviali, sconce,
scandalose. Contiamole, se ci dà il cuore ! D'ogni ispirazio
ne avuta si dee dar conto : facciamone il sommario . Quante
messe udite, quante confessioni fatte, quante comunioni ri
cevute, quanti buoni esempi veduti ! Tutto è scritto sul libro .
Numeravit Dominus, numeravit Dominus.
Un Sacerdote moriva in Ispagna, appena detta la prima
messa , ed il ven . Avila esclamava : -- oh qual conto ha da
darne ! nucho lleva que dar cuenta ! – Çontiamo ora noi
quante messe dicemmo - e come ! Quante confessioni
ascoltammo ed in qual modo ! Quanti Sagramenti am
ministrammo, quante prediche facemmo - e con qual pro
fitto . Contiamo, contiamo con Dio . Non isbagliamo, perché
Egli non può sbagliare. Numeravit regnum tuum : gressus
meos dinumerat.
Monsignore, morite voi tranquillo ? non avete più nulla
che vi faccia pena ? — chiedeva un confessore ad un buon
Vescovo . -
Non mi pare che abbia più nulla sulla co
scienza rispose il prelato. Monsignore, riprese il con
fessore, voglia richiamarsi a memoria le parole di S. Paolo :
Testificor coram Deo, et Domino nostro Iesu Christo qui
iudicaturus est vivos et mortuos..... praedica verbum , insta
opportune, importune, argue, obsecra , increpa, in omni
patientia et doctrina . Se nulla si ricorda in fatto di man
canze positive, non le par egli d’aver commesso qualche
omissione ? - A queste parole il Vescovo rientro in se
stesso, e diede in un grande scoppio di pianto. Voglia Id
dio che quelle lacrime abbiangli ottenuto il perdono dal
Giudice dei vivi e dei morti! (Bellarmin . de arte moriendi).
Egli è vero pur troppo che molti ancora di noi tenia
mo conto delle nostre azioni e ce ne esaminiamo, e ce ne
confessiamo, mentre poco è il conto che teniamo delle omis
sioni . Oh Dio buono ! quanto è il bene che un Sacerdote
dovrebbe fare - o sub gravi, o sub levi – e non lo fa .
-
88
Quanto immensamente più grande é quel bene che il Sa
cerdote potrebbe fare, e non lo fa, lasciandosi vincere alla
inerzia, all'amore dei comodi, al troppo attaccamento alla
sua sanità , all'interesse , all'affezione non bene regolata
verso i proprii parenti !
Ponderiamo alcune parole del Crisostomo: « Non vi sa
rebbe più verun gentileese noi fossimo cristiani a dovere :
nemo profecto gentilis esset si ipsi, ut oportet, Christiani
esse curaremus . Chi sarebbe cosi fiera bestia che non si
convertisse immantinente , vedendo tutti i cristiani esser
quello che dovrebbono ? Nemo esset ita fera bellua, ut non
statim ad cultum verae religionis accurreret , si videret
haec opera ab omnibus fieri. E bada se non è cosi. S. Paolo
solo converti un mezzo mondo ; se tutti fossimo Paoli , quanti
mondo convertiremmo ? Unus profecto Paulus tam multos
ad Dei attraxit notitiam. Si omnes essemus huiusmodi,
quot terrarum orbes attrahere et ipsi possemus ? (Chrys.
in 1 Timoth.)
Vedete un Antonio , un Bernardino , un Vincenzo , un
Saverio, un Sales , un Liguori, un Leonardo : vedete più
vicini a noi un Valfré, un Cottolengo, un Vianney quanto
bene fecero, quante anime salvarono, quanti indolenti com
mossero, quanti ignoranti istruirono. E chi c'impedisce di
somigliare a questi Santi ? Il non volerlo , per la sola ra
gione di non essere noi obbligati ad esser santi. Ma un sa
cerdote può egli esser quello che è senza esser santo ? I
teologi dicono di no, i Padri lo dissero prima dei teologi.
Quando Pio V fu eletto al gravissimo officio di gover
nare la Chiesa, smarri, e raccapricció tutto quanto : « Re
ligioso, disse, sperava la eterna salute; Vescovo cominciai
a tremare; Papa quasi ne dispero, avendo milioni d’anime
da renderne conto al giudizio » . E veramente glielo aveva
insegnato S. Gregorio M .: Tempore reddendae rationis ,
quot regendis subditis praeest, tot , ut ita dicam , animas
solus habet ; quae cogitatio si assidue mentem nostram oc
cuparet, omnem superbiae tumorem sine dubio premeret
(Moral. lib . 4) .
Ed avere a dar conto delle anime altrui non significa
pure dover noi rendere ragione del bene che quelle non
fecero , per nostra incuria , ma forse anche più del male
89

che fecero, per cagion nostra. E ciò sono quei peccati al


trui de quali chiedea misericordia il re Davidde ab alienis
parce servo tuo . Contiamo ora, se ce ne dà l'animo, il nu
mero sformatamente grande di colpe che, per cagion no
stra, si vanno commettendo. L'avarizia la scusano sul no
stro esempio · le parole libere e dissolute le scusano sul
nostro esempio – l'ira e la vendetta le scusano sul nostro
esempio. — Anche i preti lo fanno.
L'immodestia negli sguardi la imparano anche da noi .
I teatri e i balli, le letture dei libri e dei giornali cattivi ,
non debbono essere gran male perché o lo dicono i preti,
o fanno come se lo dicessero. Quante bestemmie contro la
religione hanno avuto origine dalla mala vita di qualche
ecclesiastico, anzi spesse volte anche solo da apparenze di
peccati ! quante irriverenze nelle Chiese per cagione della
nostra scioperatezza scompigliata nelle sacre funzioni !
quante mormorazioni ed eresie contro la confessione ed il
confessionale per le imprudenze, per la durezza, per la cu
riosità, per la ciarla di alcuni pochi!
Una pietra angolare dell'edifizio s’ė smossa , e tutto il
muro si screpolo e minaccia rovina. Quel paese era un
giardino di delizie pel cielo ; venne un cattivo prete e tri
bulos et spinas germinavit ; ora è diventato un deserto in
colto e selvaggio .
Oh Dio mio qual libro è questo e come pauroso ! Ed io
stento a fare un accurato esame per la validità della mia
confessione, mentre il Giudice tien registro dei minuti, delle
parole, dei respiri, delle azioni, delle omissioni , e de' pec
cati commessi da altrui, o per mia causa, o per occasione
che ne diedi ?
O Tuste iudex ultionis, donum fac remissionis ante diem
rationis .
Punto SECONDO .

Appensus es in statera . La bilancia di Dio è quella del


l'orafo, la bilancia del santuario. Vi si pesa lo spirito, l'af
fetto, il cuore, scrutatur renes et corda. Spirituum ponde
rator est Dominus ( Prov. 16). Dio pesa le tue intenzioni in
quelle tue limosine , in que' digiuni , in quell'esercizio del
90
tuo ministero , e sa distinguere pretiosum a cili. Pesa la
intensità di que'tuoi atti interni d'odio, di rancore, di sde
gno, di compiacenze sensuali, di desiderii, d'imaginazioni.
Pesa l'affetto col quale fai il bene: non quantum sed ex
quanto : non censum sed sensum . Un quattrino sulla bilan
cia divina vale spesso più che un tesoro : un bicchier di
acqua più che una lauta imbandigione.
Tu dici che è lieve quella parola villana o lubrica
lievi quegli scherzi e quelle amorevolezze - lievi quei ci
calecci nella Chiesa — lievi quelle irriverenze alla messa –
lievi quelle precipitazioni nel breviario -- lieve..... e che non
v'è oramai di leggiero per una coscienza bassa ? Ma dim
mi, o anima mia, dimmi, se osi , che tu non avrai da ren
derne ragione: dimmi che sulla bilancia di Dio i carati non
diventeranno libre e peggio !
O Giudizio divino quanto sarai severo ! Iluminabit abscon
dita tenebrarum et manifestabit consilia cordium (I Cor. 4).
Chi? Quel Dio che a nativitate ci va spiando; respicit Do
minus vias hominis et omnes (nota bene) omnes gressus
eius considerat ( Prov. 5) . Quel Dio al cui sguardo omnia
nuda et aperta sunt; e noi che facciamo ? Noi andiamo
forse tesoreggiando l'ira divina per quel giorno d'impla
cabil ragione: Secundum duritiam tuam et impoenitens cor
thesaurisas tibi iram in die irae et rerelationis iusti iudicii
Dei, qui reddet unicuique secundum opera eius ( Rom . 2) .
Ed eccolo il giudice venire con la lampana accesa a
rovistar nei più cupi recessi del cuor nostro : scrutabor le
rusalem in lanternis. Qual è questa lampana di sfolgoran
tissimo splendore ? La tua coscienza , lume di Dio : tu vo
lesti nasconderla e smorzarla . Dio te la mette sul viso. —
Leggi te stesso.
. La parola di Dio, parola del Sacerdote, è un'altra lam
pana che servirà a recelare abscondita tenebrarum . Non
siamo noi che ogni giorno cantiamo bene o male
lucerna pedibus meis verbum tuum et lumen semitis meis ?
(Ps . 118) E Dio ci porrá innanzi al cuore questa sua pa
rola, questa sua legge : il decalogo, la Teologia morale, le
nostre prediche, il sinodo dioecesano, le rubriche del mes
sale e del breviario , il santo e dimenticato rituale. Dio mio
che lucerna sfolgorante ! quante e quali macchie a quel lume!
91 -

E la vita di Gesù Cristo , degli Apostoli, dei Santi, sarà


un'altra lampana di non minor luce. Gesù è lux vera quae
illuminat omnem hominem , ipse est sol iustitiae ; ogni Santo
fu lucerna ardens et lucens , come il Battista. Dunque al
lume di quelle chiarissime faci, allo splendore di quei no
bilissimi esempi comparranno le nostre coscienze quel che
sono . Ora è il tempo di Dio ; anché le giustizie dei sacer
doti egli vuol giudicare: cum accepero tempus ego iustitias
iudicabo ; come allo sciogliersi della neve, che ricopre d'un
mantello candido anche i letamai, si scoprono le brutture;
cosi alla luce ed al calor di quelle faci si scioglierà l’im
piastro della ipocrisia, dei pretesti, delle scuse , della pru
denza mondana : liquefacta est terra et omnes qui habitant
in ea..... Deus iudex est (Ps. 74).
Or non sono ancor lucerne di gran fulgore gli angeli
nostri custodi, e i custodi dei nostri templi, e i custodi dei
fedeli a noi commessi ? O non sono lucerne di paurosissi
ma luce gli stessi demonii che ci tentarono al male, e che
registrarono sui loro libri ogni nostra azione, ogni nostra
parola ? « Chi mi vede ? chi ho io da temere ? » cosi pre
dicava ai Chierici S. Bernardo (serm. ad Cler. 16). Forse
è vero che nessun uomo ti vede, ma è falso che niuno
ti scorga. Quis me videt , quem vereor ? Esto nemo te vi
det , non tamen nullus. Videt te angelus malus, videt te
angelus bonus ; ma ti vede coll'angelo buono e col cattivo
Colui che è infinitamenie da più di ogni angelo : videt te
et bonis et malis angelis maior Deus ; ti vede l'accusatore
demonio , ti vede una sformata moltitudine di testimonii,
ti vede il Giudice stesso, al tribunale di cui ti devi presen
tare, quando che sia ; ed il voler peccare sotto gli occhi
stessi di Lui è tanto pazza cosa , come è orribile cosa il
cader nelle mani del Dio vivente . Videt te accusator , vi
det testium multitudo, videt te et ipse Iudex , cuius te
oportet assistere tribunali ; sub cuius sane oculis velle de
linquere tam insanum est , quam horrendum incidere in
manus Dei viventis :
E tu dici di non temere ? o sciagurato ! Time, continua
altrove il Santo Dottore, time scrutinium iudicis, time illum
qui, per prophetam, dicit: scrutabor lerusalem in lucernis.
Egli è di occhio acutissimo ed indagatore. Acuto visu est,
-
92
nihil inscrutatum relinquit: oculus eius scrutatur renes et
corda : ipsaque cogitatio hominis confitebitur ei (Bernard.
in Cant .).
S. Girolamo fu condotto, vivo, ad una visione del giu
dizio : E chi sei tu ? -- gli fu chiesto . - Son Cristiano per
grazia vostra . - Cristiano ! gli rispose il Giudice — tu
sei Ciceroniano ; - e, fattolo frustare acerbamente dai mi
nistri suoi, lasciollo in vita per sentire il cuocimento delle
percosse, e la gravità del fallo, che era troppo amore alle
romane lettere, e forse un po'di spregio allo stile men colto
delle scritture. Ei medesimo lo narra (Ep. ad Eustoch .).
E d'allora in poi qualunque cosa facesse, gli rimbombava
sempre all'orecchio lo squillar dell'angelica tromba : Sur
gite mortui venite ad iudicium : sive concedo , sive bibo ,
dice Egli , sive quid aliud facio , semper tuba illa insonat
auribus meis : surgite mortui venite ad iudicium .
Ma , o venerandi Sacerdoti, infine dei conti nessuno v'ha
fra noi che non abbia una gran dose d’amor proprio, ed
una tenerezza somma in fatto di propria stima. Facile è
perdonare un furto , difficilissimo un'ingiuria, un disprezzo,
una villania . Or bene il tribunale di Gesù Cristo , alla fin
dei giorni, sarà tenuto in aperta campagna, alla presenza
dei nostri genitori, dei nostri fratelli, dei nostri parenti, dei
nostri superiori, dei nostri eguali, dei nostri sudditi, di tutto
il mondo . Consideriamo dunque, ci dice S. Basilio, questo
orribil momento della manifestazione pubblica d'ogni no
stro vitupero : considera ( quod supplicium omnium gravis
simum est) considera opprobrium illud et confusionem sem
piternam (Basil. in Ps. 33). Se un nostro delitto occulto ,
anche già pianto e perdonato, qui stesso, oggi, vi fosse rin
facciato, alla presenza di questo venerando consesso, forse
che non vi coprireste il viso pel rossore, o non anzi bra
mereste di esser piuttosto assorti dalla terra spaccatavi
sotto i piedi in voragine profonda ? Si nostrum cuiuspiam
occultum crimen , predicava il Crisostomo, hoc ipso die in
medium delatum huic consessui innotesceret, nonne fieret
ut ille interire, ac terram dehiscere quam tot sui peccati
testes habere mallet ? (Chrys. in ep . ad Rom .)
E pur questo denudamento delle anime si farà : reve
labo pudenda tua in facie tua , anzi in faccia di tutto il
93

mondo. Si credeva da parecchi esser quel sacerdote un


modello di santità ; toglietene le frasche che lo ricopro
no, oh quanto è sozzo ! Si credeva che quel confessore me
nasse le anime al cielo con santi consigli; togliete le
cortine che lo celano, oh quante curiosità ! quante compia
cenze ! quanti sdegni! quante parole vane e peggio ! Si cre
deva che quel Parroco fosse un tipo di continenza ed un
giglio immacolato , via que'veli d’ipocrisia e d’impo
stura , oh quante turpitudini più o meno secrete ; occhi,
orecchi, mani, spirito, imaginazione, cuore, corpo , anima
sciagurata constuprata est usque ad verticem. E questi che
sembrava digiunar come Paolo, vegghiar come Pietro ? -
Aspettatelo al giudizio e vedrete, Sunt qui videntur ha
bere ieiunia Pauli, vigilias Petri, sed in finem denudatio
operum , dice S. Gregorio M.
Vedrete o Vescovi quelli che giudicaste più degni pei
benefizii : vedrete quelli nei quali metteste cosi gran con
fidenza , per lo spaccio degli affari più ardui: vedrete o
parrochi quelli che sceglieste per aiutarvi nei pastorali mi
nisterii : vedrete o vicarii, o maestri, o semplici sacerdoti,
quello che si passò nelle stanze e nei gabinetti dei vostri
superiori : vedrete o penitenti quello che pensava e che fa
ceva il vostro padre spirituale, il padre dell'anima vostra ;
vedrete o cristiani, vedrete o chierici, o sacerdoti, anch
quello che nel secreto del claustro fecero i regolari, e quali
anime annidassero sovente sotto quegli abiti venerati.
O dies Domini magna et terribilis, dies irae, dies cala
mitatis et miseriae: o giorno in cui omnia cornua pecca
torum confringentur: giorno in cui abbasseranno la fronte
i possenti, tribulabo hominem ..... et effundetur sanguis eo
rum sicut humus et corpora eorum sicut stercora (Sophon .).
Gesù Cristo coi milioni de'suoi Santi è sulle nubi; la
croce brillagli alla terga : i demonii coi reprobi sono sparsi
nella valle del Cedron , su per le schiene dell’Oliveto, del
Sionne, del Moria , del Calvario . Iudicium
>
sedit et libri
aperti sunt. In quel silenzio universale della natura , in
quel momento fatale, sulla porta della eternità , suonerà la
voce di Gesù Cristo , sicut vor aquarum multarum .
94 __

PUNTO TERZO .

Divisum est regnum tuum . Tu sei diviso dalla terra ,


diviso dagli amici, diviso dai parenti, diviso da' tuoi averi,
diviso dalle tue cariche, diviso dal tuo corpo . Anzi tu sei
diviso da Dio, se peccatore, diviso in eterno da ogni bene:
Iniquitates vestrae, ci tuona Iddio , iniquitates vestrae di
viseruunt inter vos et Deum vestrum ; et peccata vestra
absconderunt faciem eius a vobis, ne exaudiret (Isa . 39) .
Guarda le tue mani, o sacerdote , le mani consecrate
dalla santa unzione , elle scolano di sangue e di bruttura :
manus vestrae pollutae sunt sanguine, et digiti vestri ini
quitate. Oh che mani lorde e feculente son queste! E la
tua lingua, lingua di Dio ? labiu vestra locuta sunt menda
cium , et lingua vestra iniquitatem fatur. E il tuo cuore
co'suoi affetti, e la tua mente co’suoi pensieri? rompeste
uova d'aspidi, e ne nacque un basilisco ; faceste ragnatele
ed il vento le spazza. – Peccato e vanità . Ova aspidum
ruperunt et telas araneae texuerunt, quod confotum est
erumpet in regulum ; telae eorum non erunt in vestimen
tum , neque operientur operibus suis : opera eorum opera
inutilia , et opus iniquitatis in manibus eorum .
Dove andarono i tuoi piedi, o sacerdote ? Pedes eorum
ad malum currunt et festinant: corrono al male, volano
al guadagno, allo spasso, all'onore, son di piombo alla pre
ghiera, alla mortificazione, alla misericordia, alla obbedien
za . Vi stancaste è vero, ma nelle vie del mondo, nei sen
tieri del male : conceperunt laborem et pepererunt iniqui
tatem .
Voi eravate i veggenti del mio popolo, a voi erano ri
velate incerta et occulta sapientiae meae ( Ps. 50) ; eppur
foste, nell'operare, più ciechi dei semplici fedeli, brancolaste
di pien meriggio : impegistis in meridie , quasi in tenebris.
Gridate, piangete, ruggite ora ; accusate ora le vostre
iniquità , riconoscete il vostro torto : rugiemus quasi ursi
omnes..... multiplicatae sunt enim iniquitates nostrae coram
te, et peccata nostra responderunt nobis, quia scelera no
stra nobiscum , et iniquitates nostras cognovimus. Altro era
il tempo ed il luogo da piangere , inter vestibulum et al
95 -

tare ; or non è più tempo : ora è il giudizio : ora la sepa


razione è fatta . Pecorelle e becchi non istanno insieme.
Ecco il giudice rivestito di giustizia come di corazza ,
col cimiero della salute in capo, ammantato di vendette e
di furore : viene a far vendetta e non misericordia , viene
a dare a ciascuno quel che gli è dovuto . Indutus est iu
stitia ut lorica et galea salutis in capite eius : indutus est
vestimentis ultionis, et opertus est quasi pallio zeli. Sicut
ad vindictam , quasi ad retributionem indignationis hostibus
suis et vicissitudinem inimicis suis ( Isa . ibi). Et quis stabit
ad videndum eum ? e chi potrà soffrire quelle rampogne
amarissime e quella sentenza fatale ?
Ecco le amare rampogne, come le medita S. Agostino
( serm . 67 de temp.). Io ti ho cavato dal fango, con le mie
mani, io alle terrene tue membra diedi lo spirito , io ti im
prontai della mia imagine, e tu ? tu sprezzasti i comandi
miei che danno la vita , e seguisti l'ingannatore piuttosto
che Dio : tu vitalia mandata contemnens deceptorem sequi,
quam Deum , maluisti. E quando tu fosti cacciato per tua
colpa dal paradiso della grazia , e condannato alla morte
eterna, non venni io a prender carne per te ? non giacqui
io nel presepio , per te, involto in pannicelli? non ho io pa
tito le umiliazioni della infanzia, i dolori della umanità , gli
schiaffi dei derisori, gli sputacchi dei villani, i flagelli , le
spine, la croce ? En clavorum vestigia, quibus affixus pe
pendi, en perfossum vulneribus latus. Cur quod pro te
pertuli perdidisti ? Perché rendesti vana la mia passione ?
perchè, o ingrato, ricusasti l'offerta della redenzione ? cur ,
ingrate , redemptionis tuae munera renuisti ? Perché l'abi
tacolo mio, che io aveva scelto e sacrato dentro di te , tu
sporcasti colle brutture della carne ? Cur habitaculum quod
mihi in te sacraveram luxuriae sordibus polluisti ? Perché
mi hai posto sulle spalle, co’tuoi peccati, una croce assai
più pesante , di quella da cui pendetti sul Calvario ? Cur
me graviore criminum tuorum cruce , quam illa in qua
quondam pependeram afflixisti ? E certo è più grave per
me la croce de' tuoi peccati , nella quale contro mio volere
sono crocifisso , di quella da cui per compassione di te ,
pendetti per uccidere la morte tua. Ma tu peccasti, nė dopo
tanti peccati volesti ricorrere alla vera penitenza , tu dalla
96
orribil sentenza non sarai salvo. Dispregiasti me quando
perdonava, mi proverai giudice. Et quia, post omnia ma
la , ad poenitentiae medicamenta confugere noluisti, ab au
ditu malo non mereberis liberari. Despexisti enim in iu
dice veniam .
Dunque ascolta . Discede. Partisti da me , come
prodigo , e spinto dalla mia grazia che ti chiamava , non
ritornasti. Non volesti darmi la festa ed il banchetto solenne
della penitenza. Ora ti scaccio . Vivo non ti abbandonai , se
non abbandonato . Ora ti abbandono, comunque mi cerchi
e mi vogli . Discede.
A me. — Tu sapevi troppo bene quanto io son buono
e soave per que' che mi vogliono : conoscevi la mia mise
ricordia, e predicavi la mia grazia e la mia gloria. Le pre
dicavi agli altri e non le volevi per te. Le mettesti sotto i
piedi: Ora ti caccio lontano da me da tuo padre, dal tuo
Dio, dalla tua salute , dalla tua pace, dalla tua gioia , dal
tuo unico bene. Vanne ora e canta : introibo ad Deum qui
laetificat iuventutem meam ! È finita la gioia e la pace, co
mincia .il sempiterno orrore e lo stridor dei denti. Non mi
in vitasti ogni giorno a giudicarti? Iudica me Deus et dis
cerne causam meam ? Tu sei esaudito , e t'assicuro , con
istrettissima giustizia . Pondus et statera iudicia Domini
sunt ( Prov. 16).
Maledicte . - Ho maledetto il demonio , or maledico il
figlio del demonio . Maledetto perchè mi hai dispregiato :
maledicti qui contempserint me (Tob. 13) ; maledetto che
invecchiasti nel peccato : peccator centum annorum male
dictus (Isa. 65) ; maledetto che confidasti negli uomini: ma
ledictus homo qui confidit in homine ( ler. 17) ; maledetto
che sparlasti del tuo prossimo e lo danneggiasti : susurro
et bilinguis maledictus (Eccli. 28) ; maledetto che facesti ma
lamente e con negligenza il tuo dovere : maledictus qui fa
cit opus Dei fraudulenter (ler. 48) ; maledetto che ti allon
tanasti dalla mia legge : maledicti qui declinant a mandatis
(Ps. 118) ; maledetto che non osservasti ogni cosa che ti
era prescritta nel tuo ministero : maledictus qui non per
manserit in omnibus quae scripta sunt in libro legis (Gal. 3) .
In ignem aeternum . L’inferno io l'avea creato pel
diavolo e non per te : ma tu lo hai voluto, e l'avrai. Il pa
97 -

radiso io l'avea creato per te , ed eravi salito per prepa


rarviti un luogo : ma tu non lo volesti, e tu non v'entrerai
in eterno. Et ibunt hi in supplicium aeternum , iusti autem
in vitam aeternam .
In momento , in ictu oculi, clanget tuba , risorgeranno
i morti, saranno urtati alla valle di Giosafat, s'apriranno i
libri, sarà data la sentenza , sarà eseguita.
Ministri di Dio , gli angeli buoni separabunt malos de
medio iustorum , e condurranno le anime buone coi loro
corpi al trionfo . Ministri di Dio, gli angeli rei faranno ma
nipoli e fasci e cataste dei riprovati e li getteranno nel fuoco
ad comburendum . Le agnelle a man diritta, i becchi a si
nistra : 0 Dio , inter oves locum praesta et ab haedis me
sequestra statuens in parte dextra . Schiacciati con eterno
vitupero i maledetti e scacciati ad eterno incendio, fian chia
mati con voce dolcissima i benedetti : « Vieni , o benedetto
sacerdote , o fido amico del mio cuore; vieni o benedetto
dal mio Padre, da me, dallo Spirito Santo. Vieni; già è pas
sato il verno e la pioggia, e i fiori della immortalità sbuc
ciarono ; vieni, è finita la battaglia, cessarono le fatiche, sono
rasciutte le lacrime, è aperto il cielo ; vieni a possedere il
regno che io ti ho preparato dal principio del mondo. Vieni,
che io ti abbracci, o mio caro amico, vieni, che ti stringa
al mio cuore. O caro servitore fedele nelle piccole cose e
nelle grandi, quanto hai patito ! quanti sudori nel tuo mi
nistero ! quante umiliazioni! quante privazioni! Il mondo
non ti conobbe, ma ti odió, come me; ma io ti conobbi e
ti amai sempre, o sacerdote mio, e guai a chi tocco i miei
Cristi ! Vieni, o sacerdote, vieni ! >>

COLLOQUIO .

O Gesù benedetto , Voi ci chiamate alla gloria , per la


penitenza, e pel lavoro nel vostro servizio ; eccoci pronti
alla vostra voce. Noi vogliamo amarvi sempre, e non amar
altri che Voi; seguitarvi sempre e non cercare altro che
Voi; imitarvi sempre e diventare in tutto somiglianti a Voi.
Maledetto il peccato ! maledetta la pigrizia !maledetto l'amor
proprio ! maledetto l'attaccamento alle cose del mondo ! Ma
deh , o Gesù buono , libera me Domine de morte aeterna
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 7
98
in die illa tremenda, dies irae dies calamitatis et miseriae
dies magna et amara talde. O Gesù buono : In die ludicii :
libera nos Domine ; Ab omni peccato : libera nos Domine;
A morte perpetua : libera nos Domine ; Ab ira tua : libera
nos Domine ; A poenis inferni: libera nos Domine.
Per la vostra vita e per la vostra morte , liberateci o
Signore. Noi siamo peccatori ; ma la vostra misericordia è
infinita ; perciò anche peccatori osiamo pregarvi, e speria
mo d'essere esauditi. Peccatores : Te rogamus audi nos ;
Ut nobis parcas : Te rogamus audi nos ; Ut nobis indul
geas : Te rogamus audi nos ; Ut ad veram poenitentiam ,
ad fortem poenitentiam , ad promptam poenitentiam nos
perducere digneris : Te rogamus audi nos.
DEL FIGLIUOL PRODIGO

MEDITAZIONE OTTAVA

Il profeta Giona, scampato per miracolo di Dio dalle


fauci immani della balena, andò a Ninive e gridò con gran
voce : « ancor quaranta giorni e la città fia atterrata » . Cre
dettero i niniviti, vestironsi di cilizio, fecero penitenza, dai
grandi ai piccoli : il re stesso si sdraio nella cenere, involto
in umile sacco , e gridò: « uomini e giumenti , buoi e pe
core non prendan cibo nė bevano ; si vestano di sacco gli
uomini e gridino forte al Signore, e si convertano dal mal
fare : chi sa che ancora si plachi e perdoni Iddio, e siamo
scampati dal suo furore ? » E vide il Signore la loro con
versione, ed ebbe loro compassione, e non fece loro il male
minacciato dal profeta. E Giona si dolse di gran dolore e
si adiro, e volto a Dio gli disse : « Di grazia, o Signore, e
non è questo quel che io diceva mentre era ancora nella
mia patria ? non è egli perciò che io cercai di fuggire a
Tarso ? che io so che tu sei un Dio clemente et misericors
es et patiens , et multae miserationis et ignoscens super
malitia : or dunque fammi morire, che è meglio per me
assai » . E dissegli Dio : « Credi tu buono il tuo sdegno ? »
Usci Giona di città, e si fe'un capannaccio, e stava all'om
bra guardando che cosa succederebbe a Ninive. E Dio fece
nascere e salire sul capannaccio una pianta , che facesse
un'ombra bella e folta , per lo che allegrossi Giona . Ma
poco dopo mando Dio un verme a rodere e seccar la pianta
fronzuta, poi un sole ardente, con un caldo sirocco a tor
mentare lo stanco profeta : il quale disse di nuovo : « oh
potess'io morire ! meglio per me la morte più che la vita » .
E dissegli Iddio : « Credi tu che giusto sia il tuo sdegno a
cagion della pianta seccata ? » E Giona al Signore : « Si é
buono il mio sdegno fino alla morte » . Et dixit Dominus :
100

1
tu doles super hedera in qua non laborasti, neque fecisti
ut cresceret, quae sub una nocte nata est, et sub una no
cte periit ; et ego non parcam Ninive, civitati magnae, in
qua sunt plus quam 120 millia hominum , qui nesciunt
quid sit inter dextram suam et sinistram suam , et iumenta
multa ? (Cap. 4)
( venerabili ecclesiastici, non sembra che con migliore
e più acconcia imagine possa descriversi l'infinita miseri
cordia di Dio. Veramente disse S. Agostino: miseria homi
nis plena est terra et misericordia Domini plena est terra
(in Ps. 32) . Andiamo anche noi, non già a Ninive gran città
per considerarla, ma nel campo deserto, dove esposto ai
raggi del sole, coperto di sozzi cenci e pieno di ogni fastidio,
il prodigo figliuolo pasce i maiali, perché s'allontano dal pa
dre ; e quinci alla ricca e nobile magione di città dove il pa
dre amoroso accoglie con infinito affetto il figlio risuscitato .
O Gesù, pastor buono, che lasciate le novantanove pe
corelle al prato, per correre dietro la sbandata, per dirupi
e per balze, deh fateci capire profondamente i tesori della
vostra bontà infinita , perché a questa considerazione si
spezzi il cuor nostro, cui non valsero a commovere le tre
mende minacce dei vostri castighi. Maria madre di mise
ricordia, S. Giuseppe dolcissimo padre, Santi ed angeli tutti
del paradiso aiutateci. Omnes Sancti et Sanctae Dei inter
cedite pro nobis.
Un padre assai ricco e tutto bontà ebbe due figli: e
disse il più giovane, cioè il più scervellato e vano, al suo
padre : « dammi la parte che mi tocca » ; ed egli dopo
tentati invano i ragionamenti e le carezze , e le lacrime
amare gli diede la porzione della eredità richiesta . Ve
dete voi lo scapestrato come esce contento col danaro ?
come parte glorioso ? quanto è gonfio di superbia ? quanto
freme di voluttà ? Piangetelo, egli è morto, dice S. Girolamo.
Viden' adolėscentem quam hilaris, quam paternis sedibus
excedat animatus, quam turgidus procedat superbia ? quam
excitatus voluptate ? plangite eum quasi mortuum . — Dove
vai, o sgraziato fanciullo ? gli grida dietro il Crisostomo -
dove fuggi lontano dalla vita e dalla salute ? come avrai
tuttavia bene e salvezza ? - Ma l'ingrato non då retta ai
consigli, e fugge, fugge in regionem longinquam .
-
101

Io stesso, oh infelice! cosi fuggia senza senno, dice S. A


gostino, amans vias meas et non tuas, amans fugitivam
libertatem . Il servigio divino sembravami schiavitù insop
portabile, il lavoro nella casa di Dio mi pareva soma da
giumento e non da uomo. Libertà gridava il mio cuore
perverso, libertà il mio senso brutale, libertà la natura pec
catrice. La calma, la serenità , la dolcezza della coscienza
pura mi parevano cibi scipiti e vani . Agli e cipolle d'Egitto
io agognava col loro sapore mordace e l'acre odor che
tramandano . Dio m'ha fatto libero, perchè sforzarmi a ser
vire contro cuore ? Dammi, o Dio , la mia libertà, comun
que io te l'abbia consecrata e nella tonsura, prendendoti
per sola mia porzione e più ancora nell'ordine del sud
diaconato, consecrandomi a te nel corpo per la intemerata
castità . Voglio il mio intelletto per pensar come mi piace.....
voglio il mio cuore per amare quello che più di Te, o Dio,
mi piace.... voglio i miei occhi per guardar dove mi piace....
voglio la mia lingua per parlare come mi piace ..... voglio
il gusto mio per nutrirmi e quando e come mi piace.....
voglio il mio corpo per farne quell'uso che mi piace .......
E Dio ci diede la porzione della eredità , e noi partimmo
per regionem longinquam ! Ingrati .....
Niente è da Dio tanto lontano come il peccato : cosi nulla
dista più dalla luce che la cecità , dice S. Agostino : quid
enim est tam longe a luce quam coecitas, etiamsi lux prae
sto sit atque oculos perstringat extinctos ? Il peccatore volle
abbandonare Iddio e ne fu abbandonato : anima ut dese
ratur deserit (August.); benchè non è vero che l'anima ne
sia affatto lontana ed abbandonata , ma soltanto nol vede :
intus eras, piagne S. Agostino, et ego foris : mecum eras ,
tecum non eram .
E lunge dal padre che succede ? rovinarsi. Dissipar ogni
ben di Dio, vivendo luxuriose. Il prodigo die fondo al suo
avere, il peccatore dà fondo alla grazia santificante, che è
il tesoro sovrano – ai meriti che rimangono mortificati —
al diritto della gloria alla pace della coscienza -- alla
gioia del cuor puro -e sovente altresi alla fama, concios
siaché la lussuria non possa rimaner nascosta a lungo ; la
superbia , l'avarizia , la vendetta, l'ozio svergognino il sa
cerdote dinanzi alle cristiane plebi..... dà fondo alla sanità,
102
scorcia la vita, spesso oscura la bellissima face dell'intel
letto. E s'incomincia, come il figliuol prodigo , a sentir la
fame.
E che fame è quella del cuor peccatore! Olla succensa
est cor humanum , dice S. Gregorio, carnalibus desideris
aestuans. Bolle e ribolle, s'agita , si tramescola, sbuffa nubi
di vapori densi e cocenti che acciecano la vista. Non sa
tiatur oculus visu ncc auris auditu : e, secondo lo Spirito
Santo, come una mignatta sempre affamata che dice affer ,
affer . Quindi la necessità di cercar servizio presso il mondo
e 'l demonio per saziar le ingorde brame delle passioni: ad
haesit uni civium regionis illius ; e, dopo aver lasciato il dol
ce e caro servizio del Padre divino, cuius iugum suave est et
onus leve, la conseguenza del servaggio del demonio, cosa
insopportabile, vile, vergognosa . Eo quod non servierit Do
mino Deo tuo IN GAUDIO ..... servies inimico tuo in fame et
siti, et nuditate et in omni penuria (Deut. 28) .
Eccone il vivo esempio nel prodigo infelice. Qui una
rozza capanna coperta di strame, casa di maiali e non di
uomo. Intorno un'arida campagna nemmen consolata da
un albero ombroso . Sopra un sole che cuoce le cervella,
e quando trae il vento o diluvia l'acquazzone , non uno
scampo acconcio . Il giovinastro lurido, rabbuffato, scarno,
cogli occhi affossati, col petto ansante, colle membra stec
chite, è assiso per terra e guarda i suoi maiali che si pa
scono di ghiande, di cortecce, di frutte mezze, di sozzure.
E li invidia ! Oh potessi io aver qualche guscio o qual
che ghianda da satollarmi il . ventre , come l'hanno questi
animali! E niuno me ne dà : nè posso loro contenderlo senza
aizzarmeli contro. Quindi si rode, per la rabbia, e mar
cisce per la fame.
O cuor dell'uomo quando sarai satollo di beni terrestri ?
Non mai! ad imaginem Dei facta anima rationalis ceteris
omnibus occupari potest, impleri non potest, dice S. Ber
nardo. È piccola cosa il cuore, dice Ugo di S. Vittore, cor
parvum est et magna cupit ; vix ad unius miloi refectio
nem sufficeret , et totus mundus ei non sufficit; e gli ba
steranno i cibi de' maiali immondi ? Mai no : Pecori bonum
est implere ventrem , dormire, gustare, vivece, generare,
dice S. Agostino: tale tu bonum quaeris cohaeres Christi ?
103

quid gaudes quod socius es pecorum ? O cuor dell'uomo


peccatore , tu sei fatto compagno degli animali : compara
tus es iumentis insipientibus : sicut equus et mulus quibus
non est intellectus ; anzi per avventura peggior di quelli ,
perchè essi bramano beni convenevoli alla natura loro, e
tu no : essi satollano il naturale appetito, e tu nol puoi sa
ziare ! essi non irritano con malizia l'inclinazione naturale ,
e tu lo fai, o cuor peccatore. Vergogna per una creatura
che ha la ragione! infamia per un uomo che ha la fede e
sentesi creato pel paradiso ! Tale tu bonum quaeris cohae
res Christi ? gaudes quod socius es pecorum ? Anzi cupis
implere ventrem de siliquis et nemo tibi dat ? O stato sopra
ogni stato miserando !
E ben comincia a sentirlo il figliuol prodigo, che, curvo
sul suo bastone, guardando con cupida invidia i porci che
pascolavano, e sentendo gli aspri latrati della fame, dà in
un gemito affannoso dicendo : - oh quanti servitori in casa
di mio padre hanno pane da saziarsi, mentre io qui muoio
dalla fame! avrò io da restar più in quest'orribile condi
zione ? – Io ..... quell'io che di tante grazie era adorno dal
mio padre, e che sedeva alla mensa degli angeli ora ,
dopo una vita cosi sconcia e svergognata , dopo essermi
logorata l'anima e 'l corpo nel servigio del diavolo –- io
adesso muoio di fame: ho dinanzi agli occhi, anzi alle
mani mani sozze ma pure sacre il cibo degli angeli,
e pur muoio di fame. Do agli altri il pascolo divin della
grazia pel sagramento della Penitenza, e pel ministero della
parola, e pur muoio di fame. Ego , hic, fame pereo.
E i servi di mio padre che è Dio, le femminette devote
che forse ebbi a vile, i villani ignoranti e rozzi, i fanciulli
ed i giovani che io ammaestrai e confessai , i semplici fe
deli vivono giubilando in seno all'amicizia divina, e fanno
loro buon pro i Sagramenti ricevuti, le orazioni recitate, le
pene tollerate, perfin le opere comuni fatte con pia inten
zione ; ed io traggo fiele , veleno , maledizione da tutto , e
mi sento il rimorso nel cuore, e il verme che rode!
E il mio padre sempre buono ed amoroso che m'aspetta
in casa sua, e mi vuol perdonare, e riamicarsi meco : oh
lascerollo io aspettar invano ? strazierò io più le sue viscere
d'amore ? Felici, oh felici voi che vi manteneste sempre
104 -
nel servigio di Dio : ah voi potete senza gran difficoltà con
tinuare, e delectari in multitudine pacis : ma deh ! quanto
è sgraziato colui che andò in regionem longinquam . Faci
lius inveniuntur qui innocentiam servant, quam qui con
grue poenitentiam agant (S. Ambros. lib . 2 de poen .).
Ma se è difficile, è egli impossibile per ciò ? O sgraziato
peccatore giù quelle some , via quelle catene , getta quei
lacci . Depone pondera , disrumpe vincula , solve laqueos
(Chrysol. s. 23) ; non ti lasciar governare, esorta S. Am
brogio (ep. 11 etc.), dalla volgare sentenza, supergrediamur
plebeias opiniones , et strata quaedam gregalis conversa
tionis et detritae viae orbitas declinemus ac vulgaris se
mitae solum . Quaeramus nobis viam inaccessam sermoni
bus insolentium , inviam operibus imperitorum . Vedi, che
fece la Maddalena ? considerò il peccato che fece , e non
volle modo nė misura alla penitenza , dice S. Gregorio ,
consideravit quod fecit, et noluit moderari quid faceret.
Su dunque, o infelice, su , levati, cammina. Surge et ambula .
Si, surgam et ibo ad patrem , dice il prodigo . Alza il
capo e lo scuote, come persona che ripiglia l'impero;
muove il passo e cammina. Non lo trattiene la paura del
lungo viaggio, nė l'orror della fatica – vince la vergogna
dell'esser veduto in quei cenci e in quelle sozzure da’servi
suoi non teme le minacce, non i rimbrotti, non le de
risioni . Sorge e cammina . Pensa al padre, e basta . Surgam
et ibo ad patrem . Pensa alla umile e vergognosa confes
sione , et dicam ei pater peccavi in coelum et coram te ,
e cammina. - O cammina, tuttavia ed affrettati, o giovane
sventurato, che non conosci quanta dolcezza e quanto onore
t'aspetta. Oh se tu sapessi......
Ma quel che non sapeva il prodigo lo so ben io. So che
mio Padre è misericors et clemens patiens et multae mi
serationis et cerax custodiens misericordiam in millia , qui
aufert iniquitatem et scelera et peccata (Deuter. 34). Io che
presso un Padre cosi misericordioso, clemente , paziente ,
di molta misericordia , padre del perdono, ho pure un av
vocalo possente ed acceltissimo: Ibi habes aduocatum , noli
timere ne perdas causam confessionis tuae : si aliquando
in hac vita committit se homo disertae linguae et non pe
rit, committis te Verbo et periturus es ? Clama. Advoca
105
tum habemus apud Patrem Iesum Christum (August. in
Io. I ).
Ma che ? tu tremi o infelice ? tremi perché Gesù è pia
gato, piagato da te ? Ah non temere di dice il Crisologo a
nome di Lui : clavi isti non mihi in fligunt dolorem , sed
vestram mihi infigunt altius caritatem ! Vulnera haec non
educunt gemitus meos , sed magis vos meis visceribus in
troducunt. Extensio corporis mei vos dilatat in praemium,
non meam crescit ad poenam . Sanguis meus non mihi de
perit sed vestrum erogatur in pretium . Venite ergo, redite,
et vel sic probate patrem , quem videtis pro malis bona,
pro iniuriis amorem , pro vulneribus tantam reddere cha
ritatem (s. 108) . Tu, o peccatore, hic fame peris, ma non
sai tu che anche Gesù ha fame e sete ? fame e sete di te ?
Cibus eius, ti dice S. Bernardo, poenitentia mea, cibus eius
salus mea, cibus eius ego ipse. Mundor cum arguor, glu
tior cum instituor, decoquor cum immutor , digeror cum
transformor, unior cum conformor (s. 71 in cant.). Animo,
o infelice, levati su, vanne al padre. — Perché aspettar più
oltre ? perchè domani e non oggi ? Tu lo sai bene , ti dice
S. Agostino, che cras cras corvi vox est ; non sii corvo ma
colomba : geme ut columba et tunde pectus, caesus corre
ctus esto (serm . 82 ).
Il padre mi aspetta . Io volo . Il buon vecchio dal
momento che il giovine figlio l'abbandono , sembrò aver
perduta la pupilla degli occhi suoi. Mescolo il cibo colle
lacrime, e colla conversazione i sospiri. — « Dove sarà egli
adesso il figliuol mio ? si ricorderà egli ancora di me ? e
pur non ha un cuor duro, il poveretto ; egli è sviato dalla
gioventů, dai pravi consigli, dai rii esempi ; ma in fondo
non è cattivo, il meschinello . Ahi che forse non avrà più
ora denari da spendere, nė mezzo di farsene prestare: chi
sa a quali strettezze fia menato ! E non saper dove ei sia
per corrergli in braccio e coprirlo di carezze ! O figlio mio,
mandami di tue novelle, e chiamami tuo padre ancora una
volta ! Vieni, o figlio, vieni » . - Nè bastava all'affranto vec
chio il lamentarsi cosi e chiamar , coi solitarii gemiti, lo
smarrito , ma ne chiedeva lingua a quanti venian di lon
tano, e mandava messi per tutto a cercare di lui, ed egli
medesimo, mal reggendosi in pie' , trascinavasi per le vie
106 -

e per la campagna, ovvero salia sui balconi e sulle logge


di casa per ispiarlo da lunge. Deh che cuore gentile e com
passionoso !
Ed un giorno che il caro vecchio stavasi appoggiato al
verone fissando, quanto in là potea giugnere, lo sguardo,
sentissi strignere affannosamente , e poi balzar vigorosa
mente il cuore nel petto. E fissava tuttavia più avidamente,
e non vedea che l'ombra d'un uom che s'avanza . E re
cava la mano rugosa agli occhi per tergerli e schiarirli,
poi fissavali ancora , con ansietà crescente, nell'ombra , e
il cuor batteva e martellava , da scoppiar dalle coste :
« Oh Dio ! è dunque lui?..... oh figlio ! oh caro figlio ! »
Si strappa dal verone, rovina dalle scale, precipita il passo,
non più stanco , a traverso la corte del nobile ostello , e ,
pria che niuno siasi avvisto di nulla, procumbit super col
lum eius et osculatus est eum . Silenzio non interrotto
che da baci caldissimi e da gemiti infocati. — Oh figlio av
venturoso !
Il padre sfogato cosi dapprima l'impeto dell'amore ,
sciogliesi dall’amplesso del figlio , per contemplarlo in viso,
e vieppiù compatirlo ed amarlo , perché più sofferente e
scarno : ma il figlio cade ginocchione davanti al padre , e
con singulti affannosi gli dice : « 0 padre, io sono pure un
gran malfattore, dinanzi a Dio e dinanzi a te. Io chiamarmi
tuo figliuolo ? ah non ne son degno. Gran mercé se tu mi
accogli fra il numero de’tuoi servitori: fac me sicut unum
de mercenariis tuis » . E stando pure inginocchiato, ed af
ferrandosi alle ginocchia paterne , andava ripetendo colle
lacrime, coi gemiti, col rossore del volto : – non sum di
gnus : fac me sicut unum de mercenariis tuis.
Ma il padre più non udia le parole del giovanetto, solo
ne vedeva il rossore, la magrezza, lo stento , la fame, la
nudità miseranda ; ed esclamava : « Qua servitori, qua fanti,
qua scalchi, e maestro di casa : ecco il mio figlio, il caris
simo mio figlio che era smarrito, ed ora fu ritrovato , era
morto e risuscito . Su via spacciatevi tutti al mio cenno.
Tu trai dalle guardarobe una veste fina e ricca , e metti
gliela sulla persona ; tu reca un paio di calzari lucenti e
pongli a'suoi piedi; tu porta qua l'anello brillante e ador
nagli le dita ; tu dà ordine alla cucina , e şi allestisca un
107
gran banchetto , con un vitello grasso di latte : correte ad
invitare parenti ed amici e facciamo festa, che questo fi
gliuolo mio era smarrito e fu trovato, era morto e risorse » ;
et coeperunt epulari.
Oh Dio Santo ! ė egli dunque vero che tanto grande e
si cortese sia la misericordia tua col peccatore che ritorna ?
Oh si, perché tu lo giurasti, dicendo : Vivo ego quia nolo
mortem peccatoris. Dunque ad ogni patto tu vuoi essere
creduto, e perciò lo giuri? Cupit credi sibi, dice Tertulliano
(de poenit.), oh beatos nos quorum causa Deus iurat! oh
miserrimos si nec iuranti Deo credimus !
Ma deh ! Signor mio clemente e misericordioso, perdo
nerai tu pure ai traditori come Giuda ? risusciterai tu pure
i fetenti quattriduani ? E sento la tua voce che esclama:
« Non la morte, ma la vita io voglio ; non il giudizio, ma la
misericordia io bramo. Chiamai Giuda amico, perché amico
me lo voleva, non traditore, e lo baciai perché non mi ab
bandonasse, ma tornasse pentito » .
Son tre i morti che Gesù benignissimo richiamò alla vita :
una fanciulletta che ancora stava tepida sul suo letticello ;
un giovane che già era portato sulla bara al sepolcro; un
uomo che già marciva nel monumento . E tre sorte di pec
catori giustifica il soavissimo Redentore : quelli che pecca
rono nel cuore o nel segreto, ed hanno ancor nomen quod
vivant; quelli che peccarono coll'opera e già cominciarono
a dar fiato di morto nelle plebi cristiane; quelli che puz
zano come marciose carogne pei vizi incarnati nell'anima
e radicati per l'abito come cancro maligno.
O peccatore sgraziato, anche per te fetente ed imposte
mito è fatta la misericordia , anche per te. Sentilo da

S. Agostino ( serm . 98) : Sed forte iam illi loquor qui iam
duro sui moris lapide premitur, qui iam urgetur suae con
suetudinis pondere, qui iam quatriduanus putet. È questo
il caso tuo, o infelice mio peccatore. Nec ipse desperet.
Profundus mortuus est, sed altus est Christus. Novit , cla
mando, terrena onera rumpere, novit intrinsecus, per se
ipsum , vivificare, solvendum discipulis tradere. Animo, o
peccator mio, tu vivrai. Faremo insieme tutti quanti il ban
chetto della gioia nella casa del Padre, quoniam hic filius
meus mortuus erat et revixit.
108

Ma deh quanto bene risuscitò il prodigo figliuolo ! Era


ito in paese lontano e torno , senza badare alla soverchia
fatica del viaggio : s'era presentato al padre con immenso
e sfacciato orgoglio, ora s'inginocchia al suo piede con pro
fondissima e vergognosa umiltà : aveva dato scandalo ai
servi colla partenza ingrata , or li edifica col chiedere pub
blicamente il perdono, malgrado la generosa carità del pa
dre che quasi nol pativa : era stato qualche tempo lontano
dalla casa , gozzovigliando e scialacquando ogni avere, ora
rimane tutta la vita a fianco del padre, consolandone con
l'amore i vecchi giorni .
Cosi fe' la Maddalena; fe' servire le ricche trecce ad
asciugare i pie' del Redentore, gli occhi a versare un tor
rente di lacrime, i bossoli odorosi ad imbalsamarlo, la lin
gua a predicarlo , — fatta apostola degli apostoli, le lab
bra a baciargli le piante, e dopo l'ascensione, le pietre del
sepolcro e le altre reliquie.
Cosi fece Paolo : quel suo gran cuore indomato e ro
vente mutollo in un incendio di carità ; quella sua lingua
faconda fe'servire al Vangelo ; le mani al lavoro ed alla
scrittura ; il corpo al' molteplice martirio .
Cosi fece Valentiniano imperatore , di cui dice S. Am
brogio : prima , circensibus ludiis delectabatur, dopo, ne so
lemnibus quidem et natalitiis celebrabat; prima , venerationi
occupabatur , poscia , omnes feras simul iussit interfici;
prima voleva praemature prandium capere, dopo, impran
sus convivium exhibebat.
S. Remigio, pria di immergere nel lavacro del battesi
mo il re Clodoveo, gli pose alla destra la croce e le sante
imagini; alla sinistra le statue ed i simulacri profani : e « se
vuoi la grazia gli disse - adora quel che pria bruciavi,
brucia quel che pria adoravi » : adora quod incendisti, in
cende quod adorasti ; ed il franco , robusto e fiero curva
la fronte alla croce, e pesta le imagini degli dei.
Cosi si torna, dopo una lunga assenza , cosi si rinasce
alla vita. — Cosi torno anche io a' pie del mio Padre, per
godere della sua misericordia , della sua grande misericor
dia . O Dio mio, se grande è la festa per un peccatore che
fa penitenza, io voglio che ella non cangisi mai più in lutto,
ma duri eterna coram angelis Dei. E come anche Dio eterno
- 109
ed immutabile ha suoi giorni di festa ? Si, dice Origene, est
enim magna festivitas Ei humana salus. Quomodo putas
laetificat Eum qui fuit impudicus et fit castus ? chi era su
perbo e si fa umile ? chi interessato e divien limosiniero ?
chi rilassato e tiepido e si riaccende a fervore ? Istae omnes
quaecumque conversiones, festivitates generant Deo. Egli
è padre, madre, fratello , amico , nè può mai venir meno
la sua bontà che è infinita, nè l'amore per la sua povera
peccatrice creatura. Sa amare, quindi sa compatire: sa per
donare, perché ama d'un amore sterminato .
Nė gode Ei solo né fa festa , ma la solennità e di tutto
il paradiso, coram angelis Dei gaudium erit in coelo : tanto
che Ei li chiama a venire e batter palma a palma e goder
con esso Lui, congaudete mecum . Omnes angelos contocat,
dice S. Tommaso (op. 63) , non homini, sed sibi ad congra
tulandum , quasi homo Dei Deus esset, quasi sine ipso bea
tus esse non posset.
E veramente par che questo nobilissimo concetto di
S. Tommaso nasca pure dal contesto della parabola : era
il figliuol primogenito (figura del Verbo incarnato ) nel
campo, quando il prodigo tornò, quando il prodigo fu ri
cevuto con tanta gioia , quando fu vestito cosi riccamente
il prodigo, quando ad onore del prodigo fu allestito un lauto
banchetto, quando a festeggiare l'arrivo del prodigo furon
chiamati gli amici ed i vicini. Era il primogenito nel campo,
nè gli fu mandato un messo ad avvertirlo , nè chiamarlo,
ma ei solo se ne accorse al festivo suon della musica , tor
nando a casa la sera, e ne ebbe chiara contezza dal servo .
Il primogenito dunque fu quasi dimenticato pel giovane,
l'innocente pel reo, l'obbediente pello scapestrato. Al pro
digo un vitello sanato , al primogenito , perfetto e santissi
mo , non un capretto da far festa co'suoi amici. Perché
tutto questo ? Oh Padre sopra ogni Padre misericordioso !
Voi , per la mia salute , non la perdonate pure al vostro
Unigenito : quindi è che Gesù mio Salvatore, morendo sulla
croce, si lagna con Voi, o gran Padre, del suo abbandono :
Deus meus, gridando con voce moribonda, Deus meus ut
quid dereliquisti me ? E Voi confermaste la sua dolce que
rela lasciandolo morire nei tormenti e nell'obbrobrio , né
ricevendo nelle vostre mani l'anima di Lui, se non quando
110
il corpo era senza sangue. Non par egli quasi che l'uomo
sia Dio di Dio, e che Voi non possiate goder perfetta bea
titudine senza la nostra salute ? E se egli tanto ci amo da
obliar quasi l’Unigenito dell'amor suo, che non dobbiamo
sperare? Chi diede per salvare il peccatore l’Unigenito suo
alla morte, che non darà al salvato, per la morte dell'Uni
genito suo ? Qui peccatori donavit mortem filii sui, quid
sercat salvato per mortem filii sui ? Securus ergo esto. Tene
debitorem , quem credidisti promissorem (S. Agost.).
« Una volta era un sacerdote (cosi predicava il Ven .
Parroco d'Ars ), era un sacerdote che predica va sulla spe
ranza e sulla misericordia divina : ma, mentre egli assicu
rava gli altri, era egli medesimo disperato. Dopo il ser
mone si presenta a lui un giovane per confessarsi, e il sa
cerdote lo ascolta . Accusate che ebbe le sue colpe, quel
giovane dice : Oh padre mio , ho fatto troppo male : io
son perduto , son dannato . -- Che dite mai, o caro , che
dite ? Non è mai da disperare. Dio è troppo buono, mise
ricordioso e paziente. Allora il giovane s'alza e ripiglia :
- Padre, voi m'insegnate a non disperar mai , e voi che
fate ? -- Queste parole furono un raggio di luce pel povero
sacerdote disperato, che, cacciato via quel brutto pensiero ,
si converti, si rendette religioso e divenne un santo . Iddio
gli aveva mandato un angelo, in forma di giovane, per am
maestrarlo a non disperar mai » .
Altre volte il sant’uomo diceva cosi : « Figli miei, Dio ė
cosi pronto a darci il perdono , quando noi lo domandia
mo, come una madre è sollecita a cavar dal fuoco un suo
bambino. Alcuni disperano e dicono : – ho commesso tanti
peccati, che non ne posso più sperare il perdono : – fi
gliuoli miei, questa è una bestemmia enorme, perché è un
metter limiti alla misericordia di Dio che è infinita : quan
d'anche voi aveste commesso tanto di male da mettere in
rovina una parrocchia , se voi confessate le vostre colpe,
e siete pentiti del male commesso , e siete determinati di
non commetterlo più, Iddio vi perdona » .
Cosi predicava il santo parroco , e conforme alle parole
era il modo suo nello accogliere a penitenza i peccatori
più sfidati: spesso con un suo sguardo fiso, profondo, inef
fabile li convertiva ; altre volte con un cenno , una parola
-
111
li attirava ; il più sovente con le lacrime e coi sospiri li am
molliva. Che compassione per le anime erranti ! che dol
cezza coi superbi e coi mondani ! che misericordia coi gio
vani focosi! che amore pei villani sgraziati e crudi ! La sua
parrocchia era divenuta un lazzaretto di colerosi e di ap
pestati nell'anima, i quali tutti guarivano per le amorevoli
ed incredibili cure di quest'unico medico , di quest'unico
infermiere. Dio mio ! che amor per lo peccatore ! Sedici ore
al giorno al confessionale, senza le ore di predicazione, di
Messa, di preghiere , d'amministrazione di Sagramenti . O
venerandi sacerdoti, qual cuore ! qual cuore!
Ed il Cuor di Gesù ? - Auditis ut suavissimis , Invitet
omnes vocibus, Venite quos gravat dolor, Premitque pon
dus criminum . Il Cuor di Gesù ! oh quid corde Iesu mitius ?
Iesum cruci qui affixerant, Excusat et patrem rogat, Ne
perdat ultor impios. Il Cuor di Gesù ! oh fons amoris in
clyte, O vena aquarum limpida, o flamma adurens cri
mina , 0 cordis ardens charitas, 0 cor voluptas coelitum ,
COP fida spes mortalium ! Noi anderemmo volentieri da un
Bernardo, perchè mellifluo, da un Francesco di Sales, da
un Filippo Neri, da un Francesco Saverio perchè dolcissi
mi e mansuetissimi coi peccatori , e non andremmo con
fiducia al Cuor di Gesù ? Egli ci invita , e noi temiamo ?
Egli ci compatisce, e noi diffidiamo ? Ah non fia mai vero
che io diffidi del mio caro Gesù, nè che faccia ingiuria al
suo mansuetissimo ed umilissimo cuore . En , hisce tracti
vocibus, ad te venimus supplices.

COLLOQUIO .

Si a Te vengo o dolcissimo Salvator mio, a te, o vena


della misericordia e del perdono, a Te padre delle miseri
cordie e Dio di tutte le consolazioni, a Te o Pastor buono,
che dái la vita per le tue agnelle. Io vengo a Te e grido
col rossore al viso Pater – o padre infinitamente buono :
Peccaui - peccai col pensiero , colle parole, colle opere,
peccai in tutta la mia vita : in coelum et coram te tu
mio testimonio e giudice, ma tu pure mio salvatore , mio
avvocato, mia unica speranza. Iam non sum dignus tocari
filius tuus – no degno non sarei d'esser tuo figlio , ma
112
anche più indegno d'esser vostro sacerdote e ministro :
fac me sicut unum de mercenariis tuis dammi ancor
luogo nella tua casa , al tuo servizio, al servizio de' tuoi fi
gliuoli ; e dammi per sola ricompensa la tua buona grazia
ed il perdono. Deh Signore cancella tu i miei peccati col
sangue che scorre dalle tue piaghe, ascolta i miei gemiti,
esaudisci i miei sospiri, e pel tuo Cuore amoroso dammi
un cuor nuovo , un cuor mondo, un cuore immacolato.
Tu nostra terge vulnera : Ex te fluente sanguine: Tu da
novum cor omnibus: Qui te gementes invocant. Amen .
DEL REGNO DI CRISTO

MEDITAZIONE NONA

Quanto è vasta la Palestina e la Siria , tutta fu campo


delle peregrinazioni e delle fatiche del nostro Signore Gesù .
Il corso del Giordano, dal lago asfaltite alle radici del Li
bano, le ridenti spiagge del lago di Genezaret, le colline
della Galilea , i monti della Giudea, le pianure di Samaria ,
le coste del mare con Tiro e Sidone e 'l Carmelo : Nazaret
e Betlemme, Cafarnao e Naim , Gerusalemme e Sicar, Be
tania ed Emmaus e Cana , ogni cittade, ogni castello , ogni
borgata il videro, il sentirono, l'ammirarono spesso, spesso
ributtaronlo villanamente, sempre ne provarono le benefi
cenze inesauste , pertransibat benefaciendo et sanando . O
terra felice inaffiata dai divini sudori, sparsa delle lacrime
di un Dio ! Deh ! potessimo noi accompagnarlo, od almeno
seguirlo da lunge per imitarlo e trarre profitto dalle sue
parole e da'suoi esempi! - Venerandi sacerdoti, non solo
possiamo seguirlo , ma dobbiamo accompagnarlo : ecce ego
vobiscum sum omnibus dicbus. Egli ci chiama, come re e
general capitano, alla battaglia. Per Lui vivo fu campo e
campagna la Palestina ; per noi, con Esso redivivo e glo,
rioso, é campo e lizza la nostra parrocchia, il nostro paese
la nostra città . Egli ci chiama, ascoltiamolo . È la voce di Dio .
Deh, Signor mio e mio re Gesù Cristo, fate che io non
induri il mio cuore, nè chiuda le mie orecchie alle vostre
voci divine : ma datemi la grazia di ascoltarle , di capirle,
di farne tesoro, per seguirvi sempre, anzi starvi sempre a
fianco d'ora innanzi, per combattere i nostri nemici, e per
riportare il trionfo della gloria di Dio. Sancta Maria et
omnes Sancti, intercedite pro nobis.
Quanta sia la potenza della voce e dell'esempio in un
gran capitano per trascinare alla battaglia , in mezzo alle
lance ad alle spade, sotto al grandinar de' piombi mortali,
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 8
114
fra lo scroscio orrendo dei cannoni, gl'intieri eserciti, nes
suno è che ignori. Massimiano l'erculeo, dichiarata la guerra
ai Brettoni, s'era messo già sulla galea capitana per par
tire. Ma i duci ed i capitani della flotta , veduto fortunoso
il mare , .piovoso ed oscuro il cielo , stavano in forse del
salpare o no : - aspettiamo, dicean parecchi, che dia giù
la procella e si spianino l'onde, un giorno di più o di meno
certo non farà che perdiamo la vittoria. — Ma Cesare dal
suo gran bastimento fece innalzar la bandiera , e spiegar
le vele, e dar ne' remi, e sferrò dal porto audacemente. A
quella vista l'esercito intero si scote e si tragitta ; par
tiamo, gridano, partiamo. Stendansi le vele, si drizzi la prua,
si batta dei remi, partiamo; è minaccioso il cielo, non mon
ta : cade rovinosa la pioggia , non importa : non é favore
vole il vento , lo prenderemo di fianco. Quid dubitamus ?
quid moramur ? ipse iam solvit, iam provehitur, iam for
tasse pervenit. Ex periamur omnia . Per quoscumque flu
ctus eamus. Quid est quod timere possimus? Caesarem se
quimur. - E fra poco fu visto bollir l'oceano dal batterlo
migliaia di remi ed una lunga striscia di schiuma segnare
il solco delle navi.
Quel gran capitano che fu Silla lasciossi serrare un di,
non so come, in certe gole strette, disagiate, paludose, da
Archelao generale di Mitridate, in Beozia . L'esercito vedu
tosi in quelle strette co'nemici baldanzosi a tutte le uscite,
col molle terreno sotto i pie', colle rovinose schiene dei
monti alle spalle, smarri, cominciò a gettar le armi, ed a
chieder patti vergognosi. Silla vide inutili oramai le lunghe
dicerie con quegli sfidati : afferrò ad un alfiere l'insegna ·
dell'aquila romana , sprono il cavallo alla testa dell'eser
cito, e gridò : « Romani, se pur questo nome ancor vi si
addice, andate dove lo spavento vi trascina ; io, finché avro
un acciaro ed un alito , rimarrò in questi fanghi combat
tendo. Ite, o Romani, e chiesti di Silla, rispondete : -
il la
sciammo solo sul campo di Beozia in mezzo agli Orco
meni » . Bastó quel cenno all'esercito . Ripresero le armi,
misero un ruggito, portarono la vittoria. Generosi campioni!
la vostra gloria è scritta nei monumenti che non periranno
mai. Se campavate colla fuga o coi patti, l'infamia sarebbe
egualmente eterna .
115
Chi non udi magnificare la possanza della voce e del
l'esempio in Ciro, in Alessandro, in Scipione, in Pompeo ,
e più vicino a noi nell'invitto Sobieski, in Emmanuele Fili
berto, in Napoleone ? Principi e capitani generali esercita
vano sugli animi delle armate intiere un impero cosi ma
gico ed ineffabile , che la morte con loro sembrava più
dolce che senza loro la ricchezza e la vita : e qualunque
non avesse provato il fascino di quelle voci e di que' por
tamenti avrebbe avuto opinione di codardo e di villano :
anzi parecchi furono che, non chiamati dal dovere nė dalle
minacce, lasciarono le ricche e splendide case, le nobili ed
agiate famiglie, le dilettissime spose, i figliuoli oltre misura
amati, ogni cosa, ogni agio, ogni piacere, non per altro che
per tener dietro a que’sommi duci, e vederne gli incliti
fatti, ed incitarne le prodezze , e dividerne le fatiche e gli
stenti, per venire finalmente a parte de' loro trionfi : e que.
sti sono il fior della gentilezza, della gloria, dell'onore, da
vantarsene non pure una famiglia, ma un'intiera città.
Or ecco per tutto il mondo cristiano un Re d'infinito
valore, il quale chiama alla guerra tutti e ciascuno i suoi
sudditi, e promette sicura vittoria de' nostri nemici a con
dizioni facili ed onorate : chi si ricuseră di seguirlo com
battendo ? chi non anzi cercherà d'essere il primo ai peri
gli ed alle fatiche, rinunziando a se stesso e ad ogni cosa
sua ? V'è dissennato fra noi ? v'è codardo ? v'è molle e
senza onore ? Il nostro duce chiama ciascuno, per la bat
taglia al regno. Chi fia re ? chi vince il più scaltro e robu
sto nemico. Mud profecto primarium ac summe regium
est, scrivea Sinesio, sui ipsius regem esse , mentemque do
mesticae belluae quasi moderatricem praeficere. Vė cui
non piaccia la vittoria ed il regno ?
Gesù Cristo è il nostro Capitano e 'l nostro Re. È re
ab aeterno consecrato da Dio suo padre: ego autem consti
tutus (od unctus) sum rex ab eo super Sion ( Ps. 2) ; é re
nel tempo, chė, nascendo di Maria , nacque re del cielo e
della terra : dabit ei Dominus sedem David patris sui et
regnabit in domo Iacob in aeternum , et regni eius non erit
finis. – Rex es tu ? – Tu dixisti quia rex sum ego . Ego
in hoc natus sum . Egli è re per dignità e per merito, che
in Lui sunt omnes thesauri absconditi. Egli è plenus gra
116
tiae et veritatis . Egli è re per conquista perché, col suo
sangue, acquistossi la Chiesa e si formó un popolo santo
sectatorem bonorum operum . Egli è re universale, che do
minabitur a mare usque ad mare, ed ha in vestimento et
in foemore suo scriptum rex regum et dominus dominan
tium . Quindi ci maneggia la spada a due fendenti , e sca
glia le saette acute fin dentro il cuore dei re : porta in mano
lo scettro , lo scettro di ferro reges eos in virga ferrea ,
tamquam vas figuli confringes eos, e lo scettro di pastore
virga tua et baculus tuus ipsa me consolata sunt. Quindi
egli comanda ai regi ed ai principi et nunc reges intelligite ,
crudimini qui iudicatis terram : apprehendite disciplinam ;
e crea egli stesso ed investe del potere i principi ed i re,
vuoi nel temporale o nello spirituale ; e forma una gerar
chia nuova e perfettissima di pontefici, di sacerdoti, di mi
nistri, cui il governo ed il giudizio delle anime è confidato .
0 Gesú mio Santissimo e gloriosissimo quanto gran re
siete voi! quanto nobile e valente capitano! quanto è glo
rioso il seguirvi e il combattere a vostro fianco .
Quando un messo atterrito venne a dire a Davidde che
tutto Israele tien dietro ad Assalonne , disse il re a'suoi
servi : fuggiamo di Gerusalemme che non vi potremmo
avere scampo da Assalonne; ed usci il re con tutta la
sua casa a pie', e stette lungi dalla casa sua, e lo accom
pagnavano le guardie del corpo Cerethi e Phelethi, e sei
cento uomini che aveanlo seguito da Geth . Ed il re disse
ad Ethai di Geth , capitano dei seicento : perché vieni tu
con noi ? vanne pure e rimanti col nuovo re, perché tu sei
straniero e d'altra gente: ieri uscisti ed oggi verrai esu
lando con noi ? vanne, o Ethai, vanne , con la tua gente,
mentre io me ne andró ramingo dove mi vuole Iddio :
vanne, chè Dio terrà buon conto del tuo buon volere , et
faciet tecum misericordiam et veritatem . — Cosi diceva il
profugó re. Ma Ethai, levando alteramente il capo, rispose :
lo andarmene lontano da te ? io abbandonarti ? viva Dio !
viva il re mio signore ! dovunque tu andrai, in quocunque
loco fueris sive in morte sice in vita ibi erit servus tuus. —
E dissegli il re : - Vieni e passa con noi. E passó Ethai
di Geth con tutta la sua gente (2 Reg. 15) .
David era fuggiasco nė sperava scampo dal furor di
-
117 -

Assalonne, e pur lo segue Ethai: Gesù re vostro vivit, vin


cit, imperat, ab omni malo nos defendit, e nol seguiremo
in quocumque loco fuerit, sive in morte sive in vita ? Ethai
e la gente sua non erano israeliti, nè sudditi del re Da
vidde, si stranieri, venuti al soldo da pochi di, e pur non
sanno abbandonare il perseguito sovrano ; e noi di sua
gente, di sua famiglia, di sua casa, suoi figli, figli di Gesù,
domestici di Gesù , amici di Gesù, tutta cosa di Gesù nol
seguiremo vincitore e trionfante ? Oh viva Dio e viva il no
stro capitano e re! in quocumque loco fueris, sive in morte,
sive in vita , ibi erimus servi tui, amici tui, filii tui, sacer
dotes tui. Porteremo l'arca del tuo testamento , e suone
remo le trombe, tra le spesse file de'tuoi soldati, gridando :
exurgat Deus et dissipentur inimici cius , et fugiant qui
aderunt eum a facie eius. Sicut deficit fumus deficiant,
sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a fa
cie Dei. Sequar te quocumque ieris.
Ma parmi di sentir le voci del gran capitano Gesù , il
quale dall'altissimo monte su cui è posta la città sua, co
spicua a tutto il mondo, fa a tutti i suoi una solenne con
cione : « Guerrieri miei fidi, soldati, officiali, capitani, gene
rali del mio esercito, io ho dichiarato guerra di sterminio
ai nostri nemici, e voglio che tutto obbedisca oggimai al:
mio impero. Dopo la battaglia la vittoria, il trionfo, la pace
eterna. A voi, o fidi guerrieri, le mie parole e l'invito . La
guerra non si fa senza sangue, non senza stento , non senza
fatiche. Andiamo insieme alla guerra, insieme alle ferite ed
agli stenti, insieme alla gloria, insieme al trionfo . Date fiato
alle trombe, o fanti, e si marci in ischiere serrate » .
Udiste ? la guerra e dichiarata : noi siamo soldati – anzi
centurioni e capitani, a noi il combattere, a noi il guidar
le file alla mischia, militia est vita hominis super terram .
E non conoscete voi il nemico ? anzi non isperimentaste
già le sue forze ed i suoi tradimenti ? Nemico è lo spirito
della malizia , spiritualia nequitiae, que demoni che, quasi
lioni ruggenti, ci stanno d'attorno per divorarci. Nemico è
il mondo, totus in maligno positus, che getta il fango in
viso alla bellissima virtu , ed imbelletta la faccia arcigna
del vizio. Nemici quei di casa che ci staccano da quello
che risguarda il servizio divino per occuparci in vanità e
118
follie, inimici hominis domestici eius. Nemica la carne che
aggrava lo spirito caro concupiscit adversus spiritum ; ne
mico l'occhio che , quasi ladron perverso, sta in agguato
per rubarci l'anima, oculus meus depraedatus est animam
meam ; nemica la lingua, nemici gli occhi, nemici i sensi
rubelli.
Ma nemici di chi? Forse che il gran capitano Gesù Cri
sto è per patir vergogne' e disfatte da loro ? mai no . Vinse
egli già il mondo , stramazzo ed incatenò il demonio , di
tutto trionfo in se stesso e per sè solo . Dunque se nemici
sono di Lui questi che conosciamo, sono nemici senza ar
tigli , senza zanne, senza spada ; fremono e tremano al suo
cospetto, quasi avoltoi legati al tronco, colle ali tarpate, col
rostro inchiodato . Sono nemici nostri, nemici eterni, nemici
arrabbiati dell'uomo, e del cristiano fra tutti gli uomini, e
del prete fra tutti i cristiani. Dunque combattendo le bat
taglie del nostro Re , facciamo il nostro pro , non il suo ;
campiamo noi, non Lui dallo sterminio ; guadagniamo a
noi la vittoria e'l trionfo . Via su dunque alla battaglia con
Gesù : Hic propositus nobis agon , hace luctu cum carne ,
hace lucta cum diabolo, haec lueta cum saeculo : sed fida
mus quoniam Ile qui hoc certamen indixit, non sine ad
iutorio suo spectat, nec de viribus nostris ut praesuma
mus hortatur , dice S. Agostino, serm . 344. Ci guarda a
combattere si , ma combatte guardandoci: vuole che ma
neggiamo le armi e facciamo ogni nostro potere, ma egli
docet manus nostras ad praelium , et ponit ut arcum de
reum , brachium nostrum (Ps. 17).
Ma combattendo soffriremo; nè sempre avremo la tenda
per camparvi dallo sferzar del sole o dal diluviar la piog
gia ; nė sempre saranno a tempo vicino a noi i carriaggi
delle munizioni: fame, caldo, sudori, sele, freddo, ferite, do
lori d'ogni fatta ci accompagneranno. E ne stupiremmo ?
v'è forse guerra senza disagi ? ' Davidde fu per morire della
sete e della fame; Gionata ebbe a gran regalo il recarsi
alla bocca una stilla di miele . Il soldato che torna dal cam
po , cogli abiti acconci alla persona , senza una scalfitura
alle membra, col viso pulito , coi capegli avviati sul capo ,
che fec'egli ? combatte ? No. Ei rimase a fare il damo nel
l'albergo. Come è bella nel guerriero la faccia abbronzata
119

dal sole, la barba arruffata, le vesti logore o strappate, i


calzari inzaccherati, e perfin monco il braccio o storpia la
gamba ! Vedi il capitano tuo celeste ? Dove è lo speciosus
forma prae filiis hominum ? alla guerra ei divenne vermis
et non homo, opprobrium hominum et abiectio plebis . Gran
cosa se la madre sua ancor lo riconobbe, quando l'incon
trò nell'ultima giornata campale, col volto imbrattato, i ca
pegli ed i peli arruffati, lacere le vesti, il corpo tuttoquanto
una ferita a planta pedis usque ad verticem capitis. E non
vorremmo star meglio del Capitano e del Re ? Dio flagel
lat omnem filium quem recipit , dice S. Paolo (Heb. 12).
Ita ne omnem ? dice il dottor d'Ippona, e vi guarda in viso
tra compassione e sdegno, ita ne omnem ? Ubi te volebas
abscondere ? Omnem : et nullus exceptus, nullus sine fla
gello est. Vis audire quam omnem ? Etiam unius sine pec
cato , non tamen sine flagello (serm . 17 de diversis ).
Non leviamo dunque dal Capitano gli occhi, per ani
marci al suo esempio , non leviamo da Lui il cuore per ri
cevere da Lui la virtů. Ne ci basti il voler pervenire al
trionfo senza passare per lo stento . Quam pauci post te o
Domine Iesil, piagnea già S. Bernardo, ire volunt, cum ta
men ad Te pervenire nemo sit qui nolit..... volunt omnes
te frui, at non ita te imitari, conregnare cupiunt sed non
compati. Non curant quaerere quem tamen desiderunt in
venire, cupiunt consequi sed non sequi (in Cant). Son guer
rieri da tavola e da letto , che bramano d'essere chiamati
a raccolta solo all'ora del trionfo . Che vergogna di soldati!
E Gesù Cristo nostro capitano celeste appunto ci va in
nanzi per chiamarci e tirarci colla sua possente virtú . Egli
dice reni et non cade, per hoc docens non mittere sed du
cere , quid enim difficile illo comite reputandum ? (id . ib .).
Anche Alessendro ed Annibale gridavano quando teni,
quando vade, ma ed il veni ed il vade erano senza attuale
aiuto a camminare : solo Gesù grida sempre Veni, e gri
dando, tira a sė. I suoi passi, è vero, e le sue pedate son
passi e pedate da gigante, e mille de' nostri passi non s'ag
guagliano alla metà d'uno de' suoi: quid mirum , dice S. Ber
nardo, si sponsa indiget trahi quac post gigantem currit ?
quae comprehendere nititur Eum qui salit in montibus et
transilit colles ? Ma anche il non raggiugnerlo è un invito
120
che aggiugne lena a seguitarlo : la .soavità dell'odore che
Gesù Cristo lascio nelle sue pedate , a Lui possentemente
e soavissimamente attrae. Curremus in via quam tu trans
itu odoriferam rediddisti. Christus , velut alabastrum
omnium unguentorum spiritualium , riam ineffabili suavi
tate respersit, praesertim cum in ria ipsum alabastrum
fractum sit et unguenta cffusa (Hug. a S. Vict.). Credi tu
dunque che il militare con Gesú sia non altro che sfregi,
onte, ludibrii, ferite, stenti, sudori ? Ma e non conti la soa
vità della dolcezza che è in Lui, e che da tutta la sua per
sona si spande ? ( non temer di perdere la gioia ed il di
letto ! solo il cambi di male in bene, dice S. Bernardo, de
lectationes non perdimus sed immutamus, de corpore od
animam , de sensibus ad conscientiam .
Animo dunque, o soldato di Gesù Cristo, combatti, che
Gesù supponit manum silom ne cadas ; combatti, che Gesù
sparge sul tuo sentiero la soa vità de' suoi unguenti, e sulle
tue ferite il balsamo odoroso della sua fortezza invincibile .
Afferra le armi e combatti, incede, prospere procede, re
gna. Qual è la nostr’arma : Sacerdos habet ante se et re
tro dominicue crucis signum ad memorandam iugiter pas
sionem . Ante se crucem in casula portat e l'abbiamo
nella stola, nel manipolo, nell'amitto – ut Christi restigia
diligenter inspiciat: post se cruce signatus est, ut adversa
quaelibet ab aliis illata clementer pro Deo toleret ( Imit.
Christi ). La croce dunque è la nostr'arma contro il demo
nio , contro il mondo, contro la carne. La croce è il nostro
scudo impenetrabile. La croce è la nostra gloriosissima
bandiera, la bandiera del nostro Re : tune parebit signum
filii hominis ; la croce è la nostra bara, la croce è il nostro
lenzuolo funebre, la croce è la decorazione più splendid a
che brilli sul cuor nostro . In cruce salus, in cruce gloria.
Tolle crucem tuam quotidie et sequere Iesum . Exeamus ad
eum extra castra improperium cius portantes.
L'improperio ? Si perché la croce è pazzia pel mondo ,
scandalo pe' giudei: ma improperio che reca la gloria e 'l
trionfo , si compatimur et conregnabimus : seminatur in
ignobilitate, surget in gloria . Esaminammo noi mai quella
solenne illazion di S. Paolo propter quod et Deus cxalta
vit illum ? la vera cagione del trionfo di Cristo ? la vera
-

121
base di sua grandezza, non divina certo , ma dell'uomo - Dio ?
Humiliavit semetipsum ..... propter quod et Deus exaltacit
illum ; cioè divenne l'obbrobrio della plebe, la maledizione
dei maggiorenti, fu messo a paro degli scellerati, fu chia
mato seduttore, mangiatore e bevitor valente, improperium
expectavit cor eius et miseriam ..... propter quod et Deus
exaltavit illum . Obbrobrio immenso, gloria immensa : im
properio infinito , infinito trionfo . E noi ? noi, come se fos
simo altrettanti Cristi, a misura dell'obbrobrio, avremo an
che la gloria, a misura degli improperii, avremo il trionfo .
Qui se humiliat exaltabitur. Beati estis cum maledixerint
vobis et dixerint omne malum adversuim vos mentientes
propter me ; gaudete in illa die et exultate ecce enim mer
ces vestra multa est in coelo . È certa l'infamia ? godete che
fia certa la gloria. È certo l'obbrobrio ? godete che fia certo
il trionfo. È certo che vi metteranno sotto a' pie', omnium
peripsema usque adhuc ? godete che anche voi calpesterete,
come Gesù, i vostri nemici: sedebitis super sedes iudican
tes duodecim tribus Israel.
( nobilissimo trionfo che sei creato da tali dolori! 0
beatissima e gloriosissima infamia , o cari e dolcissimi stenti
che mi assicurate un cosi nobile trionfo ! Date un riflesso
ancora a queste sodissime parole di S. Agostino : Nihil est
in hac vita et maxime in hoc tempore facilius et latins,
et hominibus acceptabilius, Episcopi aut presbyteri aut
diaconi officio, si perfunctorie atque adulatorie res agatur :
sed nihil apud Deum miserius et tristius atque damnabi
lius ; chè non con Gesù Cristo allora si combatte, ma con
· tro di Lui : nihil est in lac vita et maxime in hoc tempore
difficilius, laboriosius et periculosius Episcopi aut presby
teri aut diaconi officio ; sed apud Deum nihil beatius , si
eo modo militctur quo noster Imperator iubet (S. Aug. ad
Valer. in Decreto dist. 40, can . 7) . Perché dopo le ferite, gli
stenti, l'infamia , le agonie verrà il gaudio eterno , la vita
eterna, ed un peso tale di gloria che mente umana, ed al
gebra nota a noi non potrà mai calcolare : nec in cop ho
minis ascendit.
Era venuto contro gli Ebrei a fiera battaglia Nicanore
nelle pianure di Samaria, con fortissime schiere, e non te
mendo la divina legge del Sabato , ordinava l'attacco , me
122
ditando il vicino trionfo . Ma Giuda con quella sua robu
stissima voce, sermonibus bonis calde , de quibus extolli
posset impetus, et animi iuvenum confortari: « non temete,
disse, l'avvicinarsi le nazioni, ma ricordate l'aiuto del cielo,
ed aspettatene certa vittoria. Non vi cadan dalla mente la
legge ed i profeti, e rammentate quello che voi già faceste
valorosamente combattendo , e spargendo nelle nemiche
genti il terrore e lo sterminio . Vidi io testé il gran sacer
dote Onia , santo , benigno , venerando, colle mani sparse
orare pel popolo de Giudei: vidi appresso un altro uomo,
per eti e per gloria ammirando , circondato di gravità e
di decoro : e disse Onia : questi è l'amator de fratelli e
d'Israele, che molto prega pel popolo e per la città santa :
egli è Geremia profeta. E Geremia stese la destra e diemmi
un'aurea spada dicendo : - abbi la spada santa , dono di
Dio , ed atterra con lui i nemici d'Israele . Con questi
pensieri, con questi prodigii , con queste promesse , marcia
mo, o valorosi, e vinciamo » ( 11 Machab . 15) . E l'esercito
ebreo si mosse contro Nicanore , e ne fece una orrenda
rovina.
Chi non avesse tenuto dietro al fortissimo capitano, men
tre si batteva non pure per le case, le campagne, i figliuoli
e le spose, ma ancora più per la santa cittade, il tempio,
l'onor divino, chi non avesse tenuto dietro al fortissimo ca
pitano, non saria stato o vilissimo codardo, o mentecatto ? —
Anche il cavallo , creatura irragionevole ma generosa , freme
al romor della battaglia , e sbuffa dalle spalancate nari il
coraggio , scalpisce col zoccolo la terra, tripudia di baldan
za , vola incontro agli armati: contemnit pavorem ne cedit
gladio ; sente con gioia battergli sulla schiena la spada e 'l
turcasso del cavaliero, e risonar gli scudi percossi e spic
carsi i cozzi delle lance. Bollente e fremente, par che di
yori il campo, ferrens et fremens sorbet terram nec repu
tat tubae sonare clangorem ; anzi quando risuona al suo
orecchio lo squillar delle trombe , rah ! procul odoratur
bellum , exhortationem ducum , et ululatum exercitus
( Iob . 39 ).
E tu saresti da meno ? Il duce sovrano delle battaglie
Dominus Deus exercituum die'fiato alla tromba, invito alla
battaglia, chiamò alla fatica, allo stento, alle ferite gloriose,
-
123

alla certissima vittoria , all'indubitabile trionfo , e tu non


muovi ? di qual fatta soldato sei tu ? Senti la voce di Ge
deone al suo esercito : Qui formidolosus est et timidus
reuertatur : chi non ha di soldato che il nome , chi anzi,
più femmina che uomo, vuol la conocchia e non la spada,
ritorni. - E ventiduemila tornarono. Vigliacchi! Ma anche
a voi grida la divina favella : – Qui formidolosus est et ti
midus revertatur : via su gettate le armi, svestite la sacer
dotale insegna, imbrancatevi nelle file del secolo , via su
alle ghiande, alle ghiande. -- Benedetto Iddio ! Ecco fra
noi non trovarsi i morti di paura ed i vigliacchi. Ma che
dice Dio ! Adhuc populus multus est due cos ad aquas.
Miglior prova ci vuole per conoscere i vincitori di Madian.
Chi al torrente ha bisogno di porre a terra le ginocchia per
bere a tutto suo agio, non fa per la guerra del sacerdozio :
è la sciocca plebe che cosi adopra : reliqua multitudo flexo
poplite biberat. Senti tu il bisogno del bere ? stendi la mano
alla corrente, e lambisci quel sorso correndo , qui lingua
lambuerint aquas sicut solent canes lambere, separabis eos
seorsum (Iud. VII) . Questi che non si curano della terra e
del mondo, se non in quanto è necessario servirsene per
non mancare della fame, questi cui vita è non mangiar nė
bere, non sollazzarsi o dormire, ma combattere per Dio
con Gesù, questi hanno da esser separati in opus ministe
rii ad quod assumpsi eos ; saranno pochi, ma questi pochi
salveranno il mondo : in trecentis viris qui lambuerunt
aquas liberabo vos et tradam in manu tua Madian ; avran
no essi bisogno di zagaglie e di spade ? e che ? non è Dio
onnipossente ? non elegge egli contemptibilia ut fortia con
fundat? Una tromba sonora nella man destra , un'anfora
di creta con dentro un lumicino acceso nella sinistra : Suo
nerete gagliardamente la tromba, spezzerete l'anfora e mo
strerete il lume acceso nella notte buia , e fuggiranno i ne
mici spaventati, e fra loro incalzandosi, si stermineranno.
Ma questa vita di volontario distaccamento dal mondo,
dagli averi, dai sollazzi, è vita più da monaco che da prete;
nè manchero d'esser soldato di Gesù Cristo godendo par
camente delle umane comodità . Cosi dice il codardo ,
soldato : non cosi grida la sacerdotale coscienza , coscienza
di perfetti , non d’incipienti. Sentite il dottor di Ravenna
-
124
Pier Damiani: Nihil mediocris in te contentus sum , fili ; totum
Summum , totum perfectum est quod in te sentire desidero.
Deposita igitur omni inertia et torporis ignavia, adversum
temetipsum ipse congredere, tecum dimica , tecum pugna ;
et arrepto evangelicae disciplinae mucrone, omnes circum
frementium vitiorum radices obtrunca. Dura quoque et
aspera pro Christi amore semper perferens virtutis exep
citium crede. Quidquid carni roluptuosum videtur , ut dia
boli viscarium perhorresce (opusc. 49 ad Marin .). Sonvi sol
dati al bagaglio, soldati alla retroguardia, soldati alla riser
va, soldati nei presidii: tali non siamo noi. Ma soldati in
ischiera fitta , soldati esploratori, soldati in prima fila, espo
sti quinci ai primi colpi del nemico , quindi allo sguardo
spettator dell'esercito . Se tu vuoi esser nella tenda od al
bagaglio , fallisci la tua vocazione, e sei codardo . Tu Chri
stiune, diceva il Crisostomo, delicatus es miles si putas te
posse sine pugna vincere , sine certamine triumphare.
Erere rires, fortiter dimico , atrociter in praelio isto con
certa . Considera paetum , conditionem attende , militiam
nosce . Pactum quod spopondisti, CONDITIONEM quà accepisti,
MILITIAM cui nomen dedisti (serm . de martyr .).
Ci separammo dal secolo , prendemmo Dio per nostra
eredita, ci mettemmo in capo l'elmo della salute, ci affib
biammo al petto l'usbergo della fede, impugnammo la spa
da dello spirito, dichiarammo la guerra al diavolo, al mon
do, alla carne, e diventammo scherno del secolo , scorno
del demonio , scherzo dei sensi. Gesù capitano ci grida:
Qui vult ienire post me abneget semetipsum , tollat crucem
suam . Qui non renuntiat omnibus quae possidet non potest
mells esse discipulus. S. Paolo esclama: qui Christi sunt
carnem suam crucifixerunt cum vitiis et concupiscentiis.
Pietro, Giacomo, Andrea, Giovanni, Filippo, lasciarono nel
combattimento il padre, la madre, la barca, le reti; Matteo
vi perdette i sacchi dell'oro e dell'argento ; Paolo fe' getto
degli onori, delle cariche, degli agi. Tutti sparsero la via
dei vivi brani di loro carne sotto ai flagelli, alle spade, alle
scuri, alle mannaie : e poterono cantare trionfando ccce nos
reliquimus omnia et secuti sumus te, mostrando intanto le
carni macere pei digiuni, i visi smunti per le lacrime e' su
dori, il corpo straziato dalle verghe e dai flagelli: quindi
125
sentironsi dal gran Capitano dir con immenso amore : Vos
qui reliquistis omnia et secuti estis me, sedebitis super se
des duodecim iudicantes duodecim tribus Israel. Or che ?
non è tuttavia lo stesso capitano che ci guida ? non sono
gli stessi apostoli nostro esempio e nostra norma ? non è
più la stessa battaglia ? e che c'importa di perdere il riposo,
gli averi, la sanità, la gloria del mondo, se con Gesù com
battiamo pel riposo eterno, per la ricchezza eterna, per la
sanità eterna, per la gloria eterna ? pel centuplo del Para
diso ? per l'aeternum gloriae pondus ? e se questo eterno
peso di gloria non possiam possedere senza la pugna ?
O anime sacerdotali, anime generose e guerriere, non
contentiamci di seguir Cristo a longe come Pietro atterrito,
perchè troveremmo forse la rovina nell'atrio di Caifa : se
guitiamolo come la Maddalena, come Giovanni, come Ma
ria , sull'ardua vetta del Calvario, e con Lui, nudo d'ogni
terrena sostanza e d'ogni gloria mondana , combattiamo
nudi ancora noi, ché il demonio nostro avversario ignudo
combatte, e si restitus quisque cum nudo luctatur citius
ad terram deiicitur quia habet unde teneatur. — Volan gli
uccelli e fendono l'aria serena colle ali aperte : pesan le
ali e pur li portano nelle regioni degli astri lucenti; volano
anche i sacerdoti col peso della croce e degli evangelici
consigli. I carri senza ruote si strascinano faticosissima
mente per le vie, ma colle ruote vanno veloci e recano fa
cilmente di gran pesi: mirum opus naturae, dice S. Ber
nardo , unde grosseseit materia , inde sarcina levigatur ;
anche il mistico carro del sacerdozio corre veloce e porta
i grandi pesi de' peccati altrui colle ruote della rinunzia a
tutto il creato , della mortificazione, della meditazione, della
fatica. — Su via dunque a questa battaglia , sotto questo
capitano, con questi duci egregi, armati e muniti come lo.
ro, portati dalle ali della abnegazione, della povertà, della
castità , della obbedienza. Alla battaglia , alla vittoria , al
trionfo .
-
126

COLLOQUIO .

( ) eterno Signor di tutte le cose , confidato nel vostro


favore e nella grazia vostra mi consacro tutto quanto al
vostro servigio, ed alla milizia vostra ; e faccio oblazione
di tutto me stesso nelle mani della vostra infinita bontà ,
alla presenza della vostra gloriosa Madre e di tutta la corte
celeste. Io voglio, desidero e fermamente propongo, ove sia
di vostro maggior servigio e gloria, d'imitarvi nel soppor
tare le ingiurie, i danni, i vituperii, e nell'abbracciare ogni
maniera di povertà spirituale od attuale. Mio Dio fatemi
tutto cosa vostra, e disponete di me come vi piace.
NASCITA DI GESU' CRISTO

MEDITAZIONE DECIMA

De' Macedoni vinti in campal battaglia dagli Albanesi rac


conta lo storico Giustino uno stranissimo argomento usato
da essi per incitarsi alla riscossa e per superare il vittorioso
nemico. Presero il loro principe , bambino di pochi mesi,
adagiaronlo dentro la cuna d'oro, sotto le coltri di seta e di
broccato, quanto più mollemente era lor fatto ; caricaronlo
sulle spalle i migliori e più nobili dell'esercito , e portaronlo
fra le milizie all'avanguardia. Regi suo in cunis prolato ,
et ante aciem posito acrius certamen repetierunt, tamquam
si ideo victi fuissent quod bellantibus regis sui antea de
fuissent (wuspicia. A quella vista si rincaloriron gli animi,
pria dalla paura agghiacciati, si die' di cozzo contro l'eser
cito nemico, ne fecero strage, ne trassero immenso bottino,
e tornarono con la vittoria; ostenderuntque hostibus suis,
priore bello , regem macedonibus, non virtutem defuisse.
Ed ecco presentarsi pure a noi soldati di Gesù Cristo, nel
l'umile mangiatoia di Betlemme e nelle sante braccia di
Maria il Bambolino re, perché, se pel passato con Lui vin
cemmo, riprendiamo a quella vista novello vigore , e se ,
senza di Lui perdemmo la partita col demonio e colla car
ne, dinanzi a Lui rianimiamo i bellici spiriti, e mostriamo
prima , non virtutem , sed regem pugnantibus defuisse, né
aver mancato per colpa di Lui, ma per nostra disavvedu
tezza che nol considerammo presente. Ma questo bambino,
infinitamente da più di quel de Macedoni, non pure assiste
dalla sua cuna, ma combatte valorosissimamente e gover
na, e dá brillantissimi esempi di virtù. Noi siamo, non pure
soldati di Gesù Cristo, ma dipintori di Lui nel cuor nostro :
egli originale, noi copia. Quisquis vitae suae est pictor, et
artifex huius operis est voluntas; colores autem sunt vir
128
tutes, exemplar Christus esse debet, ut qui ipse de se di
xit : exemplum ded : vobis (S. Greg. ep . 1a de perf. Christ. ) .
Guardiamlo dunque, per averne la forza a pugnare, e non
cessiamo giammai di guardarlo, per saperlo in noi accon
ciamente ritrarre.
Ecco , sotto le mura di Betlemme, la grotta umida e
scura in cui nasce il Bambino Gesù . Ella è aperta ad ogni
vento, e vi stanno pastori ed animali, quando lo vogliono,
per ripararsi dalle ingiurie della stagione: vi sono, gli uni
dopo gli altri, cinque sfondi cavati nella roccia , nel più ve
nerando, ma più disagiato , è una mangiatoia scolpita nel
sasso : qua e là un bue ed un asino, in mezzo agli animali
la Vergine madre con S. Giuseppe: inginocchiati davanti
al presepio dove è calcato nella paglia , ravvolto ne' pan
nilini, il Re del cielo .
O Signor mio Gesù Cristo , deh fatemi ben meditare e
comprendere le sante lezioni che voi mi date nascendo ,
affinchè io vi ami di tutto il cuore, e vi segua e v’imiti in
ogni cosa con sempre nuovo fervore. Maria Santissima,
S. Giuseppe, Angeli Santi pregate per me. Omnes Sancti, etc.
Dentro a quella grotta oscura , dum medium silentium
teneret omnia , et non in suo cursui medium iter haberet,
io intraveggo un uomo venerando, che, ritrattosi in un an
golo più remoto sta inginocchiato col viso in seno e con
le mani congiunte sul petto. Questi è Giuseppe, il real di
scendente di Salomone, di Manasse, d'Ezechia, e nel tempo
stesso il fabro dimenticato di Nazaret, lo sposo diletto di
Maria . In Lui tutto è nascondimento , umiltà, abnegazione.
Le mani callose, le povere vesti , la barba incolta , il por
tamento raumiliato, tutto lo dimostra uomo del volgo, senza
levatura d'ingegno, d'onore, di scienza , di lignaggio. S. Giu
seppe è come un astro che si nasconde fra le nubi, ovvero
come una giunchiglia od un anemone che spuntano fra i
cespi delle spine. Egli tiene a mente l'avviso dello Spirito
divino : In cestitu tuo ne glorieris unquam , nec in die ho
noris tui extollaris (Eccli. 11 ) . Egli conosce ottimamente
qual sia il divisamento misterioso della Provvidenza sopra
se stesso, cioè servir di velo alla gloria di Gesù , ed allo
splendore di Maria ; coprirli coll'ombra sua, e perció tanto
meglio coprirli quanto più era Egli stesso avuto per dap
129
poco, e quanto piú egli medesimo per dappoco si stimava .
E per umile che fosse quell'officio , Ei vi si adattava di buon
animo, perchè, non piacendo a noi, piacciamo a Dio, ed a
noi piacendo, e contentandoci , a Dio dispiacciamo. O homo,
dice S. Bernardo, si te videres, cioè se ticonosci per quello
che sei, mihi placeres et tibi displiceres ; sed quia te non
vides, tibi places et mihi displices. Deh , o dolce ed amabil
Santo ottenetemi la grazia di conoscermi a fondo, affinchè
io possa, dispiacendo a me stesso , unirmi, come Voi, al
Bambino Gesù . Ex qua parte tibi displices, iungeris Deo
(S. August. in Ps. 75).
Non lunge da S. Giuseppe , in un vicino sfondo della
grotta, io veggo ed ammiro la Madre di Dio . Ella è annien
tata dal pensiero di ciò che Dio fece in Lei di meraviglioso.
La sua gloria infinita sembra che la opprima. Lę menti
vane, ed i cuori sciocchi all'alito della gloria si gonfiano
ed innalzano : l'anima sovrana di Maria a quel vento im
petuoso di gloria che la rapisce al di là del firmamento ,
s'impiccolisce e si nasconde. Magnificat anima mea Domi
num : respexit humilitatem ancillae suae : ecce ancilla Do
mini. Ella è un pomo ricco di nuove ed antiche mele sa
porose e belle, ma appunto perché n'è ricco, incurva i suoi
rami fino a terra . — Le spiche vuote, sono le più erte sullo
stelo .
Oh quanto è bella Maria nella sua umiltà ! quanto la
ammirano gli angeli nella sua umiltà ! quanto amorosa
mente la guarda Iddio nella sua umiltà . Il Verbo eterno
dal suo secreto riposo nel seno del padre senti l'odor soa
vissimo di questo nardo spigo , che venia su celato ed
umile, fra i sassi ignudi . Dum esset rex in accubitu suo ,
nardus mea dedit odorem suum : e venne ad ammirar quel
fiore, e rimanergli da presso. Misit Deus filium suum fa
ctum ex muliere; non è qui la mulier amicta sole, il quale
tutta la accende ed infuoca : ma è foemina circumdans Vi
rum , il quale, Uomo -Dio , vuol esserle figlio , come è del
Padre, per comunicare alla umiltà di Lei – quanto si può
a creatura --- la gloria che si addice alla infinita maestà
del Padre. O Maria quanto siete grande, e quanto siete
umile !
Giuseppe e Maria sono ora entrambi inginocchiati di
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 9
130

nanzi al presepio: Gesù Bambino avvolto nei mondi pan


nilini ve corcato sulla paglia . Egli, che regge con le dita
divine tutta la mole dell'universo , mundum pugillo conti
nens ; Egli cui coeli coelorum capere non possunt ; ora sta
dentro pochi palmi di lino mondo, anzi la sua amabilissima
personcina misura poco più di un palmo. E non parla, e
non dà segno di vigore nè di forza . Volle essere ed è ve
ramente un Bambino di fresco nato, senza vigore , né ro
bustezza, nè favella , bisognoso di soccorso, di sostegno , di
tutto. Egli era tanto sterminatamente grande in splendori
bus sanctorum , ante luciferum genitus, che sembrava non
esservi mezzo da crescere in grandezza . - E veramente
chi potrà aggiugnere all'infinito ? – E pur la sua infinita
saggezza trovonne il modo, e a noi l'insegno : cui nihil ad
augendum fastigium superest, diceva un pagano, hic uno
modo crescere potest si se ipse submittat (Plinius paneg.
Traiani); Gesù Verbo del Padre, dallo splendore dei Santi
si nascose nell'orror della grotta : dalla gloria del Paradiso
caló nella viltà della nostra natura, et Verbum caro factum
est : humiliavit semetipsum .... propter quod et Deus eral
tavit illum .
Il diavolo aveva peccato per superbia, Adamo ed Eva
eran caduti per superbia , la superbia era principio d'ogni
peccato. Gesù la volle vincere, e vincere l'orgoglio, e con
quistar la gloria del suo Padre. Come vinse ? come con
quisto ? Tota victoria Salvatoris, qua et diabolum vicit et
mundum , humilitate est concepta , humilitate est perfecta,
dice S. Leone Magno (de Epiph .). E vincendo coll'umiltà ,
e conquistando gloria al Padre suo ed a sè stesso colla
umiltà, predica a noi tacitamente con quelle sue labbra di
rose non esservi altra via da prendere ancora a noi : l'umiltà
essere la prima lezione da impararla un sacerdote, la se
conda lezione essere l'umiltà, la terza ancora l'umiltà , e
sempre e fino al fine l'umiltà . Cosi l'imparò S. Agostino
e cosi cel disse : Non tibi aliam viam capessendam inve
nies quam eam quae a Christo Domino nostro inventa est :
ea autem prima est humilitas, secunda est humilitas, ter
tia est humilitas, et si saepius interrogaveris, semper idem
dicerem : est humilitas (epist. 56 ad Diosc .). Umiltà nel pen
siero, umiltà nel portamento , umiltà nelle parole , umiltà
131
nell'affetto . Conosco io me stesso ? Forse che ben lungi ne
sono; certo è che i Santi si stimavano molto peggiori di
quel che fo io. E quel cipiglio burbero, quella fronte sde
gnosa, quello sguardo altiero, quei modi cosi sprezzanti ?
E quelle parole cosi alte, e quello sprezzo della persone e
delle cose altrui, e quel parlar male de colleghi e dei su
periori, e quelle critiche, e quelle risposte alle ammonizioni ?
Ho io l'umiltà nell'affetto , cioè la vera virtù della umiltà
che nel cuore sta e non nel pensiero ? Ahimè! che non solo
non bramo di esser tenuto e trattato per quel povero pec
catore che mi conosco , ma nemmeno lo soffro con qualche
poco di rassegnazione, quando nol posso evitare!
Oh caro Bambino infinitamente umiliato ! o regina degli
umili Maria ! o Santo ammirabile nel vostro nascondimento !
insegnatemi efficacemente gli esempii vostri . Fate , o Giu
seppe, o Maria, che io apprenda in pratica la virtù predi
letta del divin Cuore: Discite a me quia mitis sum et hu
milis corde. Io son vergognato di me stesso alla conside
razione di tanta umiltà in Voi, e di tanta superbia in me.
Quando la Beatissima Vergine Maria tolse in mano la pri
ma volta il Bambino, e carezzatolo con accesissimo amore
e con immenso rispetto , incominciò ad involgerlo nei pan
nilini; e S. Giuseppe la stava mirando, e porgendole quanto
occorreva all'uopo , e sostenendo ancor colle mani quel
caro capo, osando appena avvicinar le tremole labbra a
quelle carni divine : e gli angeli svolazzando intorno con
le ali d'oro invidia vano ai due Santi, come in vidiano ora
a noi, la preziosissima sorte di potersi adoperare nell' im
mediato servigio della divina Persona di Gesù.
Ma pensomi che gli uni e gli altri non poterono fare a
meno di ricordarsi le solenni parole di Dio a Giobbe: Quis
conclusit ostiis mare , quando erumpebat quasi de vulva.
procedens ? Cum ponerem nubem vestimentum eius et ca
ligine illud quasi pannis infantiae obvoloerem ? Circumdedi
illud terminis meis, et posui vectem et ostia, et dixi usque
huc venies et non procedes amplius, hic confringes tumen
tes fluctus tuos (Iob. 38) . O mare infinito di grandezza e
di splendore , come avviene che t'oscuri la nube e la ca
ligine della umana fralezza ? o mare infinito di possanza e
di gloria, chi ti poté confinare in questo angusto spazio ?
132

Una Vergine poverella pone al mare gli argini e le dighe ,


e gli dice : --- fin qui verrai; qui frenerai i tuoi flutti !
Ella fece a Dio pannos infantiae, nella carne immacolata che
gli diede : ed Ella ora fa alla Umanità divina pannos in
fantiae, nelle poche hende in cui la cela . O grandezza della
stella del mare, anzi della Signora del mare Maria !
Ora tutto è meschino, ristretto , angusto in tanta gran
dezza. Povera la Madre, povero Giuseppe, povere le vesti,
povero l'alloggio, poverissima la cuna, povero e scarso il
nutrimento . Et lacte modico pastus est per quem nec ales
esurit ; poveri i primi adoratori, poveri i loro doni . Ricchi
gli angeli si, ma non potenti – cosi volendolo Gesů –
a sovvenire alla povertà sua. Ricchi più tardi i magi coi
loro doni, ma non possenti a torre la povertà della Santa
Famiglia ; chè i doni ricevuti converte in offerte del tempio,
ed in limosina a' più bisognosi. Nella città di Gerusalemme,
nella regia , nel pretorio, nelle case de’sacerdoti e de' farisei
gli agi e le lautezze : nella grotticella di Gesù gli incomodi
e lo stento . Nella piccola Betlemme di Efrata alberghi, case,
stanze , letti, tavole pei pellegrini d'ogni paese d'Israele ,
ma per la Santa Famiglia rifiuto , abbandono, dispregio.
Non erat cis locus in diversorio : non erat eis locus ; ma
avean luogo nella grotta umida , allo scuro , fra gli animali.
Pei peccatori gli agi, pei Santi la povertà .
Avendo un gentiluomo sentito parlare a molti della san
tità e della prudenza del B. Padre Pietro Fabro, andollo a
visitare, più come cosa di gran curiosità che di devozione,
e chiesegli una qualche dottrina spirituale da valersene in
pro dell'anima. Ed il Padre gli rispose : « Pensate qualche
volta che Cristo é povero ed io ricco, Cristo digiuno ed io
satollo, Cristo ignudo ed io ben vestito, Cristo in patimenti
ed io in delizie » . E congedollo da sé. Il gentiluomo parti
ridendo in cuor suo di tanta scempiezza. E pochi giorni
appresso diede un solenne e lauto convito a'suoi: tutta la
casa brillava di ricchezze, e le tavole mandavano profumi
saporitissimi, e la gioia saltellava fra' convitati. Ma il gen
tiluomo nel bel mezzo della festa é assalito dal pensiero :
-- Cristo povero ed io ricco , Cristo digiuno ed io satollo,
Cristo ignudo ed io ben vestito , Cristo in patimenti ed io
in delizie. E gli si oscurano gli occhi per le lagrime, e
133 -

si affollano i sospiri . Esce dal convito per dare sfogo a quel


l'insolita compunzione, poi, appena il potė, recossi dal Fa
bro, fece una generale confessione, si pose negli esercizi
spirituali, e mutò vita.
Deh gran pensiero che questo vuol essere anche per
me ! Giuseppe e Maria dentro la grotta aperta ai venti, ed
io in casa discretamente arredata. Gesù Bambino nella grep
pia sul fieno , ed io dentro il letto , con buone coperture.
La Sagra Famiglia senza scorta , ma senza sollecitudine
dell'avvenire, ed io con risparmi serbati gelosamente e con
l'affanno di quel che potrà avvenire. Gesù, Maria, Giuseppe
sentono ogni giorno gli effetti della povertà e ne sono con
tenti, lodandone Iddio, ed io se ho uno stento gli metto in
torno mille lamenti e mille accuse . Dunque lascerò anche
io a Gesù la miseria e prenderò per me gli agi ? Pauper
sum et in laboribus a iuventute mea . Improperium expe
ctavit cor meum et miseriam .
Anima mia : questa lezione è ardua, durus est hic ser
mo ; non è però men santa, nė men vantaggiosa : nisi quis
renuntiaverit omnibus quae possidet, almeno, almeno col
l'affetto, non potest meus esse discipulus ; si vis perfectus
esse vade et vende quae habes et da pauperibus, et habe
bis thesaurum in coelo, et veni et sequere me. E che ? vor
resti forse ancora tu, o anima mia , andartene lungi dalla
perfezione per quattro scudi che hai nello scrigno ? Abiit
tristis, erat enim habens multas possessiones. Oh guardia
mo, guardiamo ancora allo stupendo spettacolo di Betlem
me, e facciamo cuore.
Mentre le tacite stelle vanno scintillando nel cielo, una
turba di pastori sta vegghiando nella vallata sulle pecore
imbrancate . Ed ecco una luce vivissima farsi lor sopra , e
con la luce l'aspetto d'un vaghissimo giovincello bianco
vestito che si volge agli attoniti mandriani, e dice loro :
- grande letizia vi arreco : è nato oggi il Salvatore, figliuolo
di Davidde , dai secoli aspettato : e voi lo troverete nella
grotta , posto nella mangiatoia , involto nei pannilini. Itene
o felici pastori a vederlo ed adorarlo. --- Che dici , o an
gelo ? gaudium magnum ? ed è gran gaudio il nascer Dio,
ributtato dai betlemmiti, in una caverna, e l'esser Lui col
cato in una mangiatoia ? magnum gaudium lo spregio , lo
134.
stento , lo strazio ? L'angelo non risponde; risponde l’Apo
stolo magnum gaudium existimate fratres cum intentatio
nes varias incideritis.
Ma l'angelo vola per la notte oscura e raggiugne il drap
pello de'suoi compagni, ed accordati i loro strumenti di
musica divina, intonano soavissimamente in quel silenzio
maestoso l’inno lor prediletto : Gloria in excelsis Deo , et
in terra par hominibus bonae voluntatis. Gloria non al
l'uomo, non al conquistatore, non al teologo, non all'ora
tore, ma gloria a Dio : la gloria sta in alto non in basso :
gloria in excelsis, gloria in altissimis. – In terra non la
ricchezza , non gli agi, non le arche piene, non i granai
zeppi reposita in annos plurimos ; ma la pace ed il benes
sere della coscienza seco stessa e con Dio. In terra par .
A chi la pace ? a chi ha buono e santo volere di servire a
Dio . Pace al cristiano fedele , pace al laborioso sacerdote .
Gesù Cristo , per mezzo degli angeli suoi, questo solo bene
ci promise, e promiselo poi Egli stesso di sua bocca : in
venietis requiem animabus vestris : Pax vobis. Le ricchezze
Ei le diede ai mondani; i piacerisensuali Ei li diede a’sozzi
educatori della carne ; la gloria Ei la diede al Padre : che
gli rimase ? La pace, e la pace Egli ci dà : pax hominibus
bonae voluntatis : Pacem meam do vobis , non quomodo
mundus dat , cioè colla pienezza dei beni fugaci e sconci
della terra, non quomodo mundus dat , ma da pari suo ,
cioè in sudore vultus, in labore, in frigore et nuditate, in
fame et siti, in doloribus multis. Cosi l'ebbe S. Paolo, cosi
S. Pietro , cosi gli apostoli che ibant gaudentes, perchè
erano stati flagellati e carichi di villanie.
Or sento i pastori che dicono : Eamus usque Bethlehem
et videamus hoc verbum quod factum est - quanto bene
parlavano quei poveretti dicendo questo Verbo che fu fatto ,
cioè fu fatto carne Verbum caro factum est ! - Videamus
hoc Verbum quod Dominus ostendit nobis : e vanno e cor
rono per la notte, senza far rumore , nè svegliar gli occhiº
curiosi della moltitudine : « Il bene , dicea quel Santo Par
roco d'Ars, il bene non fa rumore : il rumore non fa del
bene » . Venerunt festinantes e trovarono , secondo la
parola dell'Angelo , Maria e Giuseppe , col Bambolino rav
volto nelle fasce e posto a giacere nella mangiatoia , e cre
135
dendo lo adorarono, e adorandolo gli offrirono i loro pic
coli presentucci, e coi presenti loro gli offrirono sé stessi
in odor di soa vità . Felici pastori che nella casa del Pane
che è Betleňme , nella casa fruttifera , che cosi vuol dire
Betlemme di Efrata , trovarono il Pane degli Angeli , mo
strato dagli Angeli, ed il frutto della vita spuntato da quella
vergin terra del seno di Maria .
Ma che fanno i grandi d'Israele, i re delle genti, i fari
sei , i dottori , i sacerdoti ? Dormono: marciscono ne' vizi :
in tenebris et in umbra mortis sedent. Anzi i sacerdoti ed i
dottori sapranno perfino, tanto bene come gli angeli, mo
strare a'magi la via , mentre essi non si moveranno d'un
passo per seguirla . Oh mistero tremendo della umana ne
quizia ! Currunt indocti et rapiunt regnum coelorum , e noi ?
Le turbe fedeli ascoltano la voce del maestro divino e ne
fan tesoro, e noi ? Che divozione, che obbedienza alle ispi
razioni celesti nei cristiani devoti ; e noi ? Confiteor tibi Pa
ter, Domine coeli et terrae, quia abscondisti haec a sapien
tibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis. Ita Pater.
Povera teologia ascetica, dommatica, morale ! è in noi una
campana sul campanile , che non cala mai coi fedeli nel
tempio. O santa umittà , o povertà devota , o semplice
ubbidienza , quando germoglierete voi anche nel nostro
cuore ?
Se io avessi a divisar per singolo i discorsi che far si
dovettero nella spelonca di Betleinme fra' pastori, Giuseppe,
Maria , il Bambino, e gli Angeli, mi vi mancherebbe il sen
timento, più che la lena. Certo però che que' semplici pa
stori pregarono Maria di far gradire al Bambolo le loro
offerte, e che Essa con S. Giuseppe li ringrazió, avverten
doli di non tener nascosa la buona novella che avevano
appresa : che veramente se Dio si manifesta alle sue crea
ture per qualche maniera speciale, s’Ei palesa loro secreta
et occulta sap'entiae suae , ciò è perché i dotti ne facciano
parte agli indotti, i sapienti ai rozzi, i maestri agli scolari.
Perció Davidde che ebbe a sé rivelati i misterii della divina
sapienza, dice pure : Docebo iniquos vias tuas ; e noi, pa
stori, non di pecorelle irrazionali, ma d'anime create alla
imagine di Dio, noi siamo fatti per pascerli colla parola, e
per risplendere poi come stelle in perpetuas aeternitates .
136
Ma che dice il celeste Pargoletto ? Quando questo Verbo
del Padre cum Eo erat cuncta componens , ludens coram
Eo omni tempore, ludens in orbe terrarum , disse una pa
rola d'infinito valore , e quella parola fu il ritratto di sé
medesimo in tutto il creato . Fiat lux : e la luce fu fatta ,
fatta pel cenno di Colui che è Lux vera quae illuminat
omnem hominem venientem in mundum . E quando Egli
fatto sole del mondo già nel suo pien mezzodi , apri la sua
bocca divina per versarne torrenti di sapienza , disse una
parola, parola che portò nelle anime una vivissima luce :
Beati pauperes spiritu quoniam ipsorum est regnum coe
lorum . La povertà dello spirito per l'umiltà , la povertà
dell'affetto per lo distacco dai beni di terra , sono la luce
del Vangelo, la lucerna del cristianesimo : iudaeis scanda
lum , gentibus stultitia , per noi sapienza eletta. Ma ora che
Egli mette pie' nel mondo, che lo ributta, e viene fra' suoi
che nol vogliono conoscere, Egli parla, più coll'esempio ,
che non con la voce , ripetendo la lezione della luce cri
stiana, e della sapienza cattolica : Umiltà , distacco.
Ma che dico io ? parla Gesù sol con l'esempio ? Oh sen
tite quei vagiti dolcissimi e pieni di compassione : vagit in
fans inter arcta conditus praesepia ; membra pannis inco
luta Virgo mater alligat; et Dei manus pedesque stricta
cingit fascia. Non sono questi vagiti d'un Dio che può par
lare col rombo spaventoso del tuono ? non dice Egli va
gendo : Sono infinito e per voi mi feci Bambino ? Sono
nello stretto presepio, ma mio è il cielo e la terra : coelum
et terram ego impleo, dicit Dominus. Mia Madre mi lega
coi panni e con le fasce le mani, affinché io non ne scagli
saette sui peccatori . Ella mi stringe i piedi, affinché io non
turbi col passo mio sonante le volte del cielo, nė le faccia
crollar sul mondo .
O Gesù caro e dolce, quanto sono acuti quei vostri va
giti di Bambino, e come feriscono il cuore ! L'anima mia
si confonde a quella vostra favella : anima mea liquefacta
est, ut dilectus meus locutus est. Il diletto mio , diletto di
Maria ; il diletto mio, diletto del Padre. O Gesù Bambino ,
vagite ancora, vagite , ed umiliatemi e confondetemi sem
pre più .
Vagit infans, vagit infans. E piagne il dolcissimo Bam
-
137 .

binello perché è povero Egli, povera la Madre , povero il


Custode, poveri i panni, povera la mangiatoia , povero lo
strame, povera la grotta ; e sente questa miseria e questa
povertà estrema; e tutto offende il suo sguardo, il suo odo
rato, il suo udito, il suo tatto. Ei soffre; nacque per soffrire,
fu fasciato per soffrire, fu deposto nel presepio per soffrire,
sta in mezzo a due animali per soffrire, è esposto all'aria
fredda che entra per la buca , ed al tanfo ed al sito, che è
nella grotta, per soffrire.
Eppure soffrendo e vagendo non si lagna nė rifugge
dalla miseria e dallo stento ; anzi col suo Cuor divino va
dicendo al Padre: « O Padre tu m'hai dato un corpo mor
tale, e fragili e delicate membra , per soffrire e per immo
larmi : eccomi pronto ad ogni tuo cenno : corpus aptasti
mihi: ecce venio : paratum cor meum Deus. E noi udiamo
colle orecchie della fede queste parole del Verbo , già ri
velate all' ispirato Isaia , e ne comprendiamo assai meglio
che i fedeli il profondo significato.
O venerandi Sacerdoti! Gesù fu concepito per soffrire,
e nacque per soffrire ; nasce soffrendo, segue a soffrire ap
pena nato , continua a soffrire lo stento nella infanzia , e >

parla al Cuor di Maria di dolore, d'umiliazione e di stenti;


e volge al Cuor di Giuseppe le stesse parole ; e la ripete
ai pastori, ai Magi, al mondo .
Ma la soavissima Madre di Gesù, udite le parole della
Sapienza fatta Bambino, le mise nel Cuor suo, ve le serbó
gelosamente, e le andava meditando ; conservabat omnia
verba haec, conferens in Corde suo. « Il mio Gesù, medi
tava Maria, non ributto come cosa indegna il mio grembo,
anzi volle nascere in questa grotta : dunque io , poverella
sua serva, non debbo cercar nulla di glorioso né di orre
vole per me : bastimi d'essere umiliata come Lui, dispre
giata come. Lui, confusa come Lui. Che bella sorte è la
mia di assere trattata come Gesů !
» Il mio Re celeste e creatore dell'anima mia : Egli che
ha fatto il sole, le stelle, la luna, le gemme e l'oro, va ora
mendicando il latte al mio seno, e qualche pannicello per
ricoprirsi mi domanda. Oh santissimo Figliuol mio , tutto
ieri spendemmo in cercare alloggio e compassione per la
città di Davidde, padre nostro, e non trovammo null'altro
138
che scherni, villanie, ripulse. Non ci vollero i ricchi nelle
case, non ci vollero i locandieri all'albergo. E pure tu sei
padrone d'ogni cosa ! e potresti crear per te un cielo nuovo
ed una nuova terra! Dunque io, poverella tua serva, sulla
quale per infinita tua degnazione hai posato lo sguardo ,
non vorrò mai essere meglio servita nė trattata di Te. Gesů
mio dolce dammi il tuo regno, e la tua sedia, regno di po
vertà, sedia di sprezzo : adueniat regnum tuum . Oh beata
me se giungerò ad essere simile a Te nella miseria e nel
disonore ! Deh Figlio mio divino ! nessuno può somigliarsi
a. Te nella sapienza, nella potenza, nella virtù, nella gloria
celeste, che sono infinite; ma ben possiamo divenirti somi
glianti nel disonore, nella fame, nello stento, nelle tribola
zioni » .
Il mio Re divino mi guarda! O cari occhi pieni d'amo
re, voi innamorate anche questi angeli che vi fanno corte.
Ma ahimė! che scorre da quegli occhi divini la lagrima
della pena ! Piangi Tu, o Sacrosanto Bambino, per lo stento
e per l'abbandono ? piangi Tu per la fame e pel freddo ?
ovvero piangi Tu piuttosto perché non ti amano i cuori, e
non sono riconoscenti a tante finezze tue ? piangi Tu perchè
è disonorato il tuo Padre daʼsuoi e tuoi nemici ? piangi Tu
perchè migliaia di anime, fatte e redente da Te, si danno
in mano al demonio ? Oh dormi non piangere Gesù diletto.
Quegli occhi amabili, bel Pargoletto, affretta a chiudere nel
fosco orror : dormi non piangere mio Redentor !
Venerandi miei fratelli : noi abbiamo considerato le per
sone, le parole, gli affetti, le azioni dell'Incarnato Verbo ,
di Maria , di Giuseppe , degli angeli , e vi trovammo una
sola espressione che vince tutte le altre : quella della Umi
liazione, del Distacco , della Mortificazione. Or non è egli
vero che son questi i lineamenti caratteristici di Gesù ? ne
siamo noi bene convinti per lo manifesto testimonio de' no
stri occhi ? Dunque mano al pennello : preparata è la tela
nel cuor nostro e nell'anima. Descriviamo sulla nostra tela
quelle linee, que' colori , quelle ombre , que' getti di luce .
Un occhio all'originale, un occhio alla tela . Non è questione
d'un quadro , che l'acqua lava e scancella , ma noi lavo
riamo una grande e nobile tela per la eternità : aeternitati
pingo. Finito il quadro e riuscitolo somigliante , diranno
139
tutti che ci guarderanno : – ecco Gesù Cristo ! è proprio
Lui vivo e parlante. — Vivo ego, iam non ego , vivit vero in
me Christus . Induimini Dominum nostrum Iesum Christum .

COLLOQUIO .

Vi adoro, nella polvere della mia ignoranza e della mia


gran miseria, o Gesù Bambino : vi adorino per me tutti gli
angeli e tutti i Santi . Io detesto la mia negligenza, e la mia
tiepidezza , mentre conoscendo la vostra vita ed i vostri
esempi, pure tanto ho vissuto lontano dalla vostra imita
zione, e tanto alieno dalla vostra umiltà . Oh Gesù mio San
tissimo, non sia più cosi per l'avvenire. Datemi, per i vo
stri meriti, e per l'intercessione di Maria e di Giuseppe ,
la grazia di staccarmi dal mondo, dalle robe, dagli onori,
da me stesso, per essere tutto di Voi, tutto come Voi, anzi,
per quanto lo puó la mia miseria, tutto un altro Voi. O Dio
che fate i Santi, convertitemi, sanatemi, rinvigoritemi, fac
me dignum ac strenuum sacris altaribus tuis ministrum ,
affinchè fatto simile a voi, possa chiamare gli altri a farsi
simili a me, dicendo loro : Imitatores mei estote sicut et ego
Christi.
Pater noster , Ave Maria .
DUE STENDARDI

MEDITAZIONE DECIMAPRIMA

Perchè venisse al mondo il Verbo divino Egli stesso


più d'una volta il palesó : « ad evangelizzare ai poveri , a
sanare gli egri, a confortare i deboli, a chiamare i pecca
tori a penitenza , ad insegnare la via del cielo, ad illumi
nare i ciechi » ; ma nuova sembrò a molti ragione della sua
venuta : non veni pacem mittere sed gladium , con quel che
segue, e l'averla voluta mettere in esecuzione quando disse
agli apostoli : Qui habet sacculum tollat : similiter et peram :
et qui non habet, vendat tunicam suam et emat gladium
(Luc.). Imperocchè non parea vero che il Signore della
pace volesse la guerra, e l'agnello mansueto spingesse
fuori gli artigli del leone . E pur Gesù disse vero ; Ei venne
a giornata campale contro i nemici suoi e nostri: Egli ė
l'agnello mansueto, ma è pure il leone di Giuda . Egli in
nalzò la sua bandiera sull'asta della croce e la sparse lar
gamente sugli occhi del mondo; mentre il suo nemico Lu
cifero aguzzò le zanne e gli unghioni, e spiegò pur la sua
bandiera a tre colori, colori d'inferno .
Ecco il campo di Gesù, con le sue schiere , vicino alla
città di Gerusalemme: ecco il campo di Lucifero, con
le sue bande, presso alla città di Babilonia. Là, nel campo
di Cristo, ordine, quiete, disciplina. Qua , nel campo del dia
volo, nullus ordo sed sempiternus horror .
O Signor mio Gesù Cristo, che io riconosco e adoro co
me il mio Re, il mio Signore, il mio duce : Voi, del quale
io ho giurato di seguire e difendere il sacro vessillo ; deh
concedetemi, o Dio, di ben conoscere le insidie, le macchi
nazioni, gli stratagemmi e gli agguati del nemico infernale,
per camparmene: e mostratemi il vostro amabil viso, i vo
stri occhi divini, il vostro dolcissimo cuore , i vostri nobi
141

lissimi esempi affinché vi ami, vi segua , ed a Voi giunga


mia salute e mia vita . A voi pure mi raccomando, o Ma
ria, a voi S. Giuseppe, a voi Santi Apostoli, a voi angeli e
Santi. Omnes Sancti et Sanctae Dei intercedite pro nobis.

Non sempre il diavolo , micidiale ed assassino fin dal


principio del mondo, si mostra nel suo vero aspetto : alcune
volte si muta perfino in angelo di luce e ne prende, quanto
può, la favella e' modi. S. Ignazio cel mostra, senza larva
e senza travestimento, perché ben lo conosciamo e ne pren
diamo orrore . - In quel vasto campo di Babele il demonio
ha sua sede perché la confusione, ed il tramescolamento
d'ogni sano principio sono il regno del demonio : il demonio
pesca nell'acqua torbida , e intorbida l'acqua pria di get
tarvi le reti. Una coscienza intorbidata dall'interesse, dalle
passioni, dalle false probabilità , oh qual campo pel demonio !
Il demonio è seduto in cattedra : la sua è quella che
David chiama cattedra di pestilenza ; lo scherno , la beffa,
la derisione sono le armi più possenti del demonio . Ed i
figli del demonio se ne servono largamente. Collo scherno
Voltaire sedusse un mondo . Collo scherno regnano ora i
grandi politici perfin sui parlamenti delle nazioni. Dello
scherno si armano sovente anche i cristiani molli contro i
fervorosi, ed i sacerdoti mondani contro gli zelanti. È un riso
da satiro colle corna in capo e colle zampe caprine, e sa
tira per ciò sovente si chiama: - e forse anche appunto
per ciò in sembianza di satiro il diavolo è spesso raffigu
rato . E siede il demonio , perché è re sopra tutti i figli della
superbia, nè gli cale che vada in rovina ogni suo seguace,
purchè esso regni. È un tiranno che , dalla sua sedia , sta
pascendosi de' tormenti d'un suo amico .
Vedete voi qual fiamma ardente s'aggiri intorno alla
cattedra del demonio ? come guizzi furiosa ? come si tragitti ?
come cigoli e sbuffi? Questa è il simbolo della agitazione
e del tramestio che regna nel suo campo. Tutto v'è in
moto . Agitate, agitate , grida il demonio : agitate , agitate,
gli fanno eco i suoi satelliti uomini e demoni. Quindi le
perenni rivoluzioni: - rivoluzione è agitazione, tramesta
mento : servi contro padroni, scolari contro maestri, poveri
contro ricchi, plebei contro nobili : agiti l'acqua, sale la
-
142
mota , svolgesi la puzza dei gassi micidiali: agiti la pol
vere , gli atomi si spargono e ti acciecano. La ragione
dice agite ; il diavolo : agitate .
E quel fumo denso ed acre che investe la cattedra ed
accompagna la fiamma, che cos'è altro se non la cecità
della mente che è prodotta dal peccato ? Si pervertono le
idee con babilonica confusione : dicunt malum bonum , et
bonum malum - commutaverunt ius. – Si scuotono e tur
bano le coscienze, con perenne agitazione, intorno alle cose
del mondo , agli onori, ai divertimenti, alle ricchezze:
e più ancora si scuotono e turbano con le letture vane ,
impertinenti, scioperate , dei giornali, dei romanzetti , delle
poesie effeminate, dei libri proibiti (anche letti con licenza,
ma senza bisogno ); quindi si svolge un gran fumo e più
non si vede : ovvero si vede colle traveggole. Il prete , il
monaco, e perfino la religiosa veggono colle lenti del mon .
dano, dell'imperfetto , del rilassato . Oh che fumo in certe
coscienze ! che spesso fumo! Gran mercè se non si dà del
pazzo ad un S. Filippo Neri, ad un B. Sebastiano , ad un
S. Carlo !
Ma ahi che brutto ceffo mostra, senza questo fumo, il
gran capitano di Babele ! Arcigno, burbero , grottesco , fe
roce, arrabbiato : un assassino in atto di piantar uno stiletto
avvelenato nella schiena di suo padre - e lo fa ghignando.
Poi si forbe alle labbra lo stile ed assapora quell'orrore.
Tale la vera faccia di Satanasso homicida ab origine mundi:
omicida eterno, inemendabile, ostinato ..
Ed è suo vezzo di atterrire i suoi seguaci collo sguar
do, col cenno, colle parole. Col terrore spinge al male, col
terrore mantiene nella malizia , col terrore allontana dal
bene. Fa gli animi codardi ed i cuori vigliacchi. I gentili
uomini stessi, i guerrieri, gli albagiosi, i superbi atterrisce
e vince col terrore . Se tu non fai quella correzione a tem
.
po, è per paura mascherata da prudenza; se tu non ti levi
più presto per meditare e confessare, ė per paura trave
stita da onesto amor della sanità; se tu precipiti nella Messa
e nel breviario, è per paura cui battezzi col nome di com
passione per l'altrui infermità ; se tu non levi di tua casa
quella persona, se non osi abbandonare quell'altra, se con
cedi , più facilmente del solito e del dovere, l'assoluzione
143
a certi che non la si meritano, è per paura in varii modi
camuffata . Leo est in via, ursus et lcaena in itineribus,
e con questi orsi, lioni e lionesse, che vedi per tutto, non
esci dal tuo guscio, come vile chiocciola raggomitolata. E
intanto qui timet pruinam irruet super eum nix . Maledetto
il rispetto umano! maledetta la prudenza carnale! male
detta la paura codarda ! Il vigliacco è buono a nulla : met
tetelo nel campo sur un palo a spaurir gli augelli.
Ora ecco farsi dintorno a Lucifero una nera coorte di
demonii, pronti a'suoi cenni, ed insieme ai demonii, spiri
tualia nequitiae in coelestibus, una foltissima legione di fi
gliuoli dei demonii, spiritualia nequitiae in terrestribus, re
ctores huius mundi, principes tenebrarum harum . – Non
sai ben dire qual sia più maligno, se il demonio senza car
ne, o il demonio incarnato . Certo però è che se gli spi
riti infernali vincono per la malizia ostinata ed inemenda
bile , gli uomini india volati la vincono in certe parole ed
azioni che quelli non possono : desideria patris sui volunnt
perficere. Frammezzo a questi indiavolati, io veggo un
apostolo Giuda, un numero incredibile di sacerdoti e di
vescovi, uno strascico infinito di monaci e di regolari; ri
cordate voi i furori dell'arianesimo, deʼnestoriani, dei do
natisti, degli illuminati, de' protestanti, de' giansenisti, degli
scismatici fino a ieri ? son tutti, non pur seguaci, ma capi
tani al soldo di Lucifero , che perambulant terram et cip
cumeunt eam , ut faciunt unum proselytum , peiorem ipsis.
Il diavolo li incalza, ed essi vanno, come buffali aggiogati
e cacciati dalla lancia del villano cavaliero .
Vanno gli scandalosi, al soldo del demonio ; vanno gli
iracondi; vanno i manifesti disobbedienti; vanno i sozzi
avari; vanno i seduttori; vanno gli scrittori di ree dottrine;
vanno i nemici di Roma e del Papa. Vanno e non s'ac
corgono della doppia maledizione della tonsura e della sa
cra unzione. Vanno come ladro in ovile ovium ut furentur
et perdant et mactent. Oh ladroneschi pastori !
Essi udirono la fiera concione di Lucifero, e ne furono
scossi : – Voi dunque non movete o demonii nemici di
Dio ? misurate, su ! quanto è lunga e larga la terra ; anda
tene frementi e revinate sulle città , sui villaggi, sulle bor
gate ; preparate i lacci e spargeteli fra le erbucce molli del
144
prato, e come dal laccio e dal vischio è inceppato l'uomo,
gittategli al collo una catena rovente . Il vischio sien le ric
chezze e gli onori, la catena al collo sia la superbia subli
me. Fatti ricchi, vorranno gli onori; onorati si inalbereranno
e saranno nostri e li precipiteremo nel baratro di ogni vi
zio . Movetevi o demonii: vasto è il campo .
Ma ben ti ravviso o mostro nemico di Dio. Tu non cer
chi or punto a combattere colla plebe de' cristiani, e coi
fanti più vili della umanità dicaduta . Questi tu suoli vin
cere colla gola e colla carne: tu dai loro le ghiande dei
maiali per vischio, e li incateni e trai senza difficoltà . Or
la tua guerra è cogli spiriti più generosi; cogli uomini che
vinsero già la carne e le sue sozzure, e che tengono alto
il loro capo verso il cielo, non, come que’ primi, rivolto il
grugno alla terra. Ai più generosi altro laccio, altro vischio
ci vuole .
È uscito testé dal seminario quel sacerdote pieno il cuore
di zelo per le anime e di orrore pel peccato sensuale : si
tenti col vischio dei beni e della roba. Quest'altro , vene
rando vecchio , ha passato nelle fatiche del ministero una
vita irreprensibile ; se non giova il vischio della roba, gli
si metta innanzi quello della ambizione. Queste son le tue
arti o Lucifero. E va dicendo ai buoni ecclesiastici : -
in
questi tempi , che il governo vi spoglia , fatevi un po'di
scorta : non sapete mai quel che potrà accadere: anche
pensare un poco alla vecchiezza, alle malattie, ai parenti,
è cosa buona. - Qual morale mi proibisce di far risparmi?
quale di serbarli ? e se io dovessi poi , vecchio, esser di peso
agli altri? e poi chi non ne ha come può dare ai poveri,
serbare una onesta ospitalità, far onore all'impiego ? e per
averne non è egli necessario ammassare ? un prete che ne
ha é sempre stimato dal paese dov'è, dai superiori civili,
dai superiori ecclesiastici : un prete ricco dice sempre la
sua ragione, ed è ascoltato : quel poverello che si mostra
con la sottana rappezzata , colle scarpe villane, coll'om
brello di telaccia , ha le beffe e gli scherni dappertutto.
Siamo in certi tempi che il prete, non indorato né lucente
è messo nelle spazzature: tutto bisogna che riluca .
E intanto il giovane ed il vecchio vanno cercando di
mettere qualche cosa in disparte, e vi attaccano il cuore,
145
e vi perdono il tempo , e fanno il bene per un fine tutto
mondano e si accattano - cosa molto frequente fra noi --
la taccia di avaro . Poi se giungono ad avere due o tre
mila lire di entrata , tutto compreso , anche le messe ! le
sepolture ! le prediche ! cominciano a tener alta la fronte ,
a parlar forte , a rispondere altiero , a mancare altrui di
rispetto, a pretendere distinzioni e cariche , a dominare, a
primeggiar fra tutti . Disgrazia , orribil disgrazia pel prete
cui tutto va bene in fatto di robe, di acquisti e di carichi !
Egli è nelle reti.
Ricordami di quello che scrivesi di S. Ambrogio nello
specchio di penitenza . Andando il Santo da Milano a Roma,
gli avvenne di passare in un cotal borgo presso Firenze e
prendervi albergo : ed essendo colà alloggiato chiamò a sė
l'albergatore , e gli disse : - come chia miti tu ? e d'onde
se’tu qua venuto ? — E l'uomo risposto alle prime domande,
aggiunse che egli era l'uomo il più felice del mondo, man
dargli Dio ogni bene, non saper che fosse avversità nè si
nistro : ricco son quanto bramo, ho bella donna, molti
ed accorti figliuoli , avvista servitů : ed i miei campi non
falliscono mai alle messi ; niuno è che non mi stimi e tratti
bene, l'allegria sta qui di casa con noi . Cosi l'oste .
E S. Ambrogio, secondo che ivi è narrato, chiamo di pre
sente la sua famiglia , e disse loro : — mettete le selle ai
nostri corsieri, e via di qua . - Non furono molto dilungati
dall'albergo, che s'apri la terra ed ingoio ogni cosa . Quel
l'uomo era caduto nelle reti del demonio e vi si piaceva ;
era un beato del secolo , beatum dixerunt cui haec sunt ;
avea dimenticato Dio, come sempre accade, nė aveva inteso
quella voce tonante che gli rimbombava sul capo : stulte
hac nocte animam tuam repetent a te , et quae parasti
cuius erunt ? Quando la voce del serpente si fa strada al
cuore , a mala pena si ascolta ancor la voce di Dio che
grida : Adamo dove sei ? con chi sei ? chi ascolti ?
Ascoltiamo quindi con docilità le voci del nostro divin
Maestro e re Gesù Cristo. — Mundus clamat, ego deficiam ,
dice S. Bernardo, dunque non fidianci a lui, che poco dura
colle robe sue : caro clamat ego inficiam , dunque mettianla
a freno per non esserne lordati ; diabolus clanat : ego de
cipiam : dunque, perchè egli è bugiardo e fellone, sprezzia
BERCHIALLA - Considerazioni al Clero 10
146
mo i di lui consigli : Christus vero dicit, ego reficiam . Dun
que Egli è solo degno di essere udito e seguito da noi.
Studiamolo con rispetto e con amore.

In una campagna, non lunge dalla città di Gerusalem


me, è figurato da S. Ignazio il dolcissimo Gesù, frammezzo
a'suoi discepoli, con la sua bianca bandiera spiegata agli
sguardi del mondo. Gerusalemme vuol dire la visione della
pace e della salute. Or Gesù è il vero e solo re pacifico, il
quale concilia col cielo la terra, gli uomini con Dio, recon
cilians ima summis. Ipse est pax nostra : e fuori di Lui
non è pace, non è ordine, non è salvezza , non est in ali
quo alio salus. Gesù è medico delle anime e dei corpi ad
un tempo : Ei porta con seco il rimedio certo, e non isba
glia giammai la diagnosi dell'infermo; pero i suoi rimedii
non sono sempre sciloppi, o giulebbi: ma il più spesso as
senzi ed aloé. Che monta ? se la guarigione ed il ben essere
ne vengono tanto certamente come certissima e gravissima
è la malattia dell'uomo ?
O pacifico nostro, salvator nostro, medico nostro, eccoci
dinanzi a Voi: siam vostri clienti, e v'onoreremo non solo
propter necessitatem , ma anche più per amore.
Imperocchè veramente chi potria non amarlo e non te
nergli dietro, mentre Egli è cosi dolce, umile, bello ed ama
bile fuor misura ? Dolce e mansueto : ecce rex tuus venit
tibi mansuetus , non sul trono o sulla cattedra, ma il più
spesso a pie' come il volgo, o cavalcando un asinello tolto
a prestanza . E venendo cosi alla buona ci invita a sė :
venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego
reficiam vos ; e vedendoci pur tanto scaduti di forze e pau
rosi, ci fa cuore col cenno e ci stende la mano e supponit
manum suam perchè non cadiamo per via . Perché lo temi
o uomo fragile e malato ? perché lo fuggi? Noli fugere, ti
dice S. Agostino, noli timere , non venit cum armis , non
puniendum , sed saloandum requirit ( lib . confess . ) . E vedi
quanto egli è unnile, essendo pure il re della gloria! Tratta
alla domestica insieme ai pescatori, agli artieri, ai publi
cani, ai poveri cenciosi, a 'più zotici plebei; anzi conversa
graziosamente perfin co' peccatori, che sono al cuor suo
la cosa più puzzolenta e stomachevole che mai . Chi ricorre
147

a Gesù, è subito in porto di sicurezza. Gesù dice al mare :


spianati - e il mare si quieta ; dice al vento : taci
e il vento si tranquilla.
S. Anselmo, quel gran Vescovo e Dottore, andavane un
giorno a cavallo non so ben dove; quando una lepre per
seguita dai cacciatori e da’segugi andò ad abbattersi nel
lembo del suo manto che strascicava per terra e vi si na
scose. E i cani a guaire , e i cacciatori arrivando a ricer
care, ed i famigli del Santo a stender la mano per afferrar
l'animaletto e consegnarlo a ' nemici. — Ma no , disse il
Santo , non datelo, si lasciatelo irne in pace. -- Allora i fa
migli risero di quella amorevolezza : ed egli diede in uno
scoppio di pianto, solutus in lacrymas ait : vos ridetis. At
utique infelici huic nullus risus est. Cosi anche spesso
interviene alle anime poverelle, le quali con grande affanno
guardano qua e là, cercando chi porga loro la mano e non
trovano. Et leporem saloum dimisit. Questo Santo im
parò da Gesù mansueto ed umilissimo la mansuetudine e
l'umiltà, e mostro l'una e l'altra verso un povero animale
inseguito per farci vedere quanto tenero ed amoroso cuore
sia quel di Gesù co' più tapini.
Ma oh quanto è bello Gesù ! Speciosus forma prae fi
liis hominum , che specie sua et pulcritudine sua procedit
et regnat. Aezio, valente pittore , ritrasse in un gran qua
dro Alessandro M. e Rossana sua sposa : Alessandro tutto
riso, festevolezza e gioia , in abito splendido, con ghirlande
e corone di fiori, tirato da vispi e gai puttini verso la sposa :
mentre parecchi altri bamboli erano dipinti, quali a caval
car sulla lancia possente, quali a trascinar la lucente spada,
quali a far, dello scudo pesante, carro e traggea, quali na
scondersi dentro la corazza, od incappellarsi fino a mezza
vita dentro al gran cimiero dell'eroe. Ciò era un dire, Ales
sandro, sposandosi con Rossana, avea dimenticato d'essere
tutto quel grande che era , per ricordarsi viepiù dell'amore
di sua sposa. Or non è questo pure che fece il Verbo di
vino , sposandosi con l'umana natura ? Benignitas et hu
manitas (il greco dice qidavApw tía ) apparuit. Dove la sua
possanza ? dove la maestà ? dove la sapienza ? dove la gloria ?
Potentia in rerum creatione, dice S. Bernardo, sapientia in
gubernatione, ma qui non altro che cortesia, amorevolezza,
148
soavità , misericordia : benignitas et qua cv pw Tio apparuit ;
specie et pulcritudine regnat. Egli è, dice S. Agostino, bello
cosi da rapire in estasi il cielo, e da fare attonita la terra :
pulcher in coelo , pulcher in terra ; e veramente i profeti
lo chiamano quando il desiderium collium aeternorum ,
quando il desideratus cunctis gentibus. Tanto Egli è bello
in cielo ante luciferum genitus in splendoribus sanctorum ,
quanto lo è in terra, nella grotta, nella Galilea, nella Giu
dea, sul Calvario : pulcher in coelo, pulcher in terra, pul
cher in utero, pulcher in manibus parentum , pulcher in
flagellis , pulcher invitans ad vitam , pulcher non curans
mortem , pulcher deponens animam , pulcher recipiens ,
pulcher in ligno , pulcher in sepulcro , pulcher in coelo ,
pulcher in intellectu (Enarr. in Psalm . 44 ).
E quindi è la sua amabilità infinita come la bellezza.
La sentirono Giovanni e Giacomo che non avrieno mai vo
luto staccarsi dal suo fianco , Tommaso che anche alla
morte andava godendo con Lui, Pietro che sentivasi ar
derne in cuore l'amor più acceso e gliel confesso presso
il lago. E le pie donne ? e la cara Maddalena ? oh quanto
l'amavano ! e la incomparabile Madre che meglio di tutti
lo conosceva , oh quanto n'era ineffabilmente amante ! e
tutti i Santi che vennero dopo, appena cominciarono a co
noscerlo un poco, non diventarono essi innamorati di Lui !
Quam suave , scrivea più col cuore che con la mano
S. Agostino , quam suave mihi subito factum est carere
suavitatibus nugarum , et quas amittere metus erat, iam
dimittere gaudium erat : eiiciebas enim eas a me Tu vera
et summa suavitas , et intrabas pro eis omni voluptate
dulcior ; sed non carni et sanguini: omni luce clarior sed
oculo hominum interiori : omni honore sublimior , sed non
sublimibus in se (Conf. 1. 9). Ah che lo spirito di Gesù ė
spirito di pace, di contentezza innocente, di umittà, di man
suetudine , di cortesia , di amorevolezza infinita . Oh Gesù
chiamatemi alla vostra seguela: come pecora il suo amo
revole pastore, sequor te quocumque ieris.
Ed oh noi beati cui Gesù elesse, e segregó dal mondo !
Egli elesse da principio del mondo gli angeli qui sunt ad
ministratorii spiritus, in ministerium missi propter eos qui
haereditatem capiunto salutis ; poi elesse fra gli uomini i
149
pontefici, i dottori, i maestri, i profeti; e venuta la pienezza
dei tempi elesse i dodici apostoli , e' settandue discepoli, e
mandolli binos in omnem civitatem et locum ; anzi in quelli
e come quelli elesse quanti vescovi e sacerdoti e chierici
regolari e secolari avrebbono fiorito nella sua Chiesa fino
alla consumazione de'secoli , facendoli , come Egli stesso
luce del mondo , sal della terra , ianuae populis civitatis
aeternae (S. Prosper.) ; anzi , Salvatores mundi come ci
chiama S. Girolamo. E nello eleggere noi del mondo , ri
petè sul nostro capo l'oracolo di Mosè alla casa di Levi :
Perfectio tua et doctrina tua viro sancto tuo , quem pro
basti in tentatione et iudicasti ad aquas contradictionis
Mosė tipo dei profeti e modello de' sacerdoti — qui dixit
patri suo et matri suae nescio vos, et fratribus suis ignoro
vos ; et nescierunt filios suos . Hi custodierunt eloquium
tuum .et pactum tuum servaverunt ; iudicia tua o Iacob ,
et legem tuam o Israel. Ponent thymiama in furore tuo,
et holocaustum super altare tuum . Benedic Domine forti
tudini eius et opera manuum eius suscipe . Percute dorsa
inimicorum eius , et qui oderunt eum non consurgant (Deu
teron . 33, 8 seq.).
Deh che bella e cara compagnia è la nostra ! che fiorito
ed invincibile esercito ! angeli ed arcangeli, patriarchi e pro
feti, apostoli e discepoli, dottori e confessori, tutto lo stato
maggiore del sommo capitano ! Che bella e cara compa
gnia ! che fiorito ed invincibile esercito !
Ma Gesù con la sua bianca bandiera spiegata in mezzo
al campo, stende la mano e comanda il silenzio , apre la
sua bocca e parla : « Io venni a far guerra, per ricondurre
la pace dal peccato sbandita ; venni per riconquistare il
mio regno con esso voi, quel regno che vim patitur e che
solo i violenti ponno rapire. Eccovi, o miei fidi, l'ordine
del giorno per la nostra battaglia : Beati i poveri di spi
rito e d'affetto; essi avranno il regno de' cieli. Beati
que' che, spregiato il riso del secolo, si danno al lutto della
compunzione : essi saranno consolati. Beati quelli che,
scornata l'albagia e l'alterigia, mostreranno mansuetudine
e dolcezza ; essi avranno in eredità la terra, la terra delle
promissioni eterne. – Beati quelli che, lasciate le lautezze
e gli agi della carne, avranno fame e sete sol della santità
150
e della giustizia : essi saranno satolli. — Beati coloro che,
vincendo le fatiche e le noie , darannosi alle opere di mi
sericordia : essi otterranno misericordia . - Beati que' che,
abborrendo ogni sozzura del corpo e dell'anima, saranno
mondi nel cuore : essi vedranno Iddio . — Beati coloro che,
bandita l'ira, l'invidia, l'amarezza, il rancore , saranno in
sė pacifici e gli altri pacificheranno : essi saranno chiamati
figli di Dio. – Beati i perseguiti per la giustizia, che loro
già si appartiene il reame de' cieli. – Beati si beati quando
vi dileggeranno, vi perseguiteranno, vi diranno ogni ingiu
ria per cagion mia : rallegratevi allora e giubilate che la
vostra mercede fia troppo grande nel cielo » . Cosi Gesù
Cristo .
Ed Ei vuole che questa sua concione andiamo ripetendo
super tecta, in tutto il mondo, costi a noi quanto vuole : -
collabora Evangelio , ci dice, anzi SuvxaxC TEQOngoy Tv Evxy
yelw , cioè soffri insieme all’Evangelo ed all'autor dell'Evan
gelo, quanto di male e di vitupero bisogni, ma spargi la
dottrina e falla germogliar nelle anime. - A noi tocca me
nar gli uomini a Cristo con l'eloquenza di Cristo , e con
vertire la saviezza del mondo alla stoltezza del Vangelo.
Condurre gli uomini al distacco volontario ed affettivo per
lo meno dalle robe: beati pauperes spiritu ; condurli alla
mansuetudine, alla dolcezza , alla gioia ne' dispregi: beati
mites, beati qui persecutionem patiuntur ; condurli ad una
profondissima umiltà sull'esempio di Lui che humiliavit
semetipsum , exinanivit semetipsum , factus est maledictum .
Questo è il sugo del Vangelo : questi i primi e fecondissimi
assiomi della sapienza cristiana : questo lo spirito di Gesù
Cristo diametralmente contrario a quel di Lucifero : queste
sono le opere della grazia opposte a quelle della natura
corrotta .
Approfondiamo bene l'una e l'altra , per meglio cono
scerne i dettati e farli conoscere altrui: Natura callida
est, dice l'imitazione di Cristo , et se semper pro fine ha
bet ; sed gratia simpliciter ambulat et omnia pure propter
Deum agit, in quo finaliter requiescit. Che mi dice la mia
coscienza ? ogni mia opera , parola, pensiero, affetto è pu
ramente per Dio ! – Natura invite vult mori, nec premi,
nec superari , nec subesse ; gratia vero studet mortifica
151

tioni propriae, quaerit subiici, appetit vinci, atque propter


Deum omni humanae creaturae humiliter parata est incli
nari. Ed io mi lascio volentieri vincere , sottomettere , go
vernare ? – Natura pro suo comodo laborat, et quid lucri
ex alio percipiat attendit ; gratia autem , non quid sibi
utile et comodum sit sed quod multis proficiat magis con
siderat. Ed io non cerco mai in nulla il mio interesse , il
mio comodo, il mio onore ? cerco io solo il più gran bene
delle anime ? – Natura libenter honorem et reverentiam
accipit, gratia vero omnem honorem et gloriam Deo fide
liter attribuit. Ed io non mi compiaccio mai d'essere ono
rato e riverito ? Natura confusionem timet et contem
ptum , gratia autem gaudet pro nomine Iesu contumeliam
pati. Ebbi io mai nel mio cuore questo gaudio apostolico,
nei dispregi? Natura otium amat et quietem corpora
lem, gratia vero vacua esse non potest, sed libenter am
plectitur laborem . Ed io che cosa amo meglio, il lavoro o
l'ozio, l'occupazione o la vacanza ? – Natura quaerit ha
bere curiosa et pulera , abhorret vilia et grossa ; gratia
vero simplicibus delectatur, et humilibus, aspera non asper
natur, nec vetustis refugit indui pannis. E noi, salvo sem
pre il decoro dell' ecclesiastico , non abbiamo noi mai cer
cato il lucido, il brillante, il festivo , il delicato nelle vesti ,
negli arredi, nei libri, nelle mense ? – Natura libenter ali
quod solatium habet in quo delectetur ad sensum ; sed qra
tia in solo Deo quaerit consolari, et in summo bono super
omnia visibilia delectari. Ed io dove cerco il mio gusto e'l
sollievo ? in Dio o nelle creature ? nella meditazione o nel
giuoco ? nella preghiera o nelle conversazioni mondane ?
Natura gaudet de amicis multis et propinquis , gloriatur
de nobili loco et ortu generis, arridet potentibus , blandi
tur divitibus, applaudit sibi similibus ; gratia autem et ini
micos diligit, nec de amicorum turba extollitur, nec locum
nec ortum natalium reputat; favet magis pauperi quam
diviti, compatitur plus innocenti, quam potenti, congaudet
veraci, non fallaci. Ed io non mi lascio mai andare a sti
mar solo ea quae parent, cioè le belle vesti, l'anello d'oro,
il titolo di nobiltà, la gioventù, la bellezza ?
Deh o venerandi miei sacerdoti, qual torrente di evan
gelico e divino splendore scorre da queste ammirabili pa
152

gine della Imitazione di Cristo ! Quanto ben vi si conoscono


i dettati della natura corrotta e della grazia che imparadisa !
quanto ben vi si veggono spiegate coi lor colori le bandiere
di Lucifero e di Cristo ! come vi si conosce a fondo il ca
rattere dei due duci! Deh teniamo preziosi questi aurei am
maestramenti , e veggiamo di conformarvi la nostra vita ;
vita non di mondano, ma di separato dal mondo, ego vos
elegi de mundo : vita non di imperfetto né di incipiente ,
ma d'uomo adulto nella virtù e perfetto nella santità. Sa
pientiam loquimur inter perfectos.
Ogni giorno, ogni ora, presso che ogni istante, Lucifero
e Gesů si trovano di fronte nel nostro cuore e chiamano
la nostra deliberazione. La natura e la grazia si battono
aspramente nė faranno mai tregua fra loro : noi vogliamo
Gesù Cristo e la grazia, chi ne dubita ? noi abborriamo Lu
cifero e la natura , è certissimo. Ma la natura è astuta , e
Lucifero bugiardo ; chi non si lascia qualche volta indettar
da questi, più che da Cristo e dalla grazia ?
Noi abbiamo cuore e senno. In questo petto sacerdotale
facciamo tesoro della sapienza celeste : attenzione indi ci
vuole, serio riflesso, coraggio virile, l'occhio all'eterno, le
spalle al temporale . Rammentiamo che la povertà , il di
spregio, le privazioni, l'umiltà sconfinata sono la bandiera
di Gesù Cristo ; le ricchezze, gli agi, le comodità , il benes
sere, l'onore, la reverenza, l'ambizione , la superbia sono
la bandiera del demonio : questa solletica il cuore , quella
dispiace al senso. La dottrina del demonio , quasi vino
squisito , ingreditur blande sed in novissimo mordebit ut
coluber , et sicut regulus venena diffundet (Prov. 23) ; la
dottrina di Gesù Cristo é amara al palato , ma è dolce e
dilettevole al cuore super mel et favum . Gesù ha parlato
a noi sul monte, non enim nisi in humili turba Christum
videret ; ha parlato a’suoi fidi, a'suoi perfetti, a'suoi Cristi:
scenda la sua parola nel cuor nostro quasi imber super
herbam , et quasi stillae super gramina (Deuter. 33).
153

COLLOQUII.

O Maria Santissima , prima dei predestinati per Gesů ,


deh ottenetemi la grazia che arrolato sotto lo stendardo del
vostro figlio mai non me ne allontani : lungi da me l'amor
de' beni, degli onori e degli agi, confermatemi nella volon
taria povertà di spirito , nel dispregio dell'onore, e nella
profondissima umiltà simile alla vostra .
Ave Maria .

O Gesů, mio duce e Signore, che mi chiamaste all'altare


per servirvi più da presso, interponete la vostra onnipo
tente preghiera presso il Padre vostro divino , perchè io
odii lo spirito di Lucifero e del mondo , e tutto mi formi
alla sapienza della Croce.
Anima Christi.

O Padre nostro che regnate nel cielo, per le preghiere


di Maria, e per le orazioni di Gesù, fatemi degno sacerdote,
e degna copia del vostro figliuolo , per lo spregio d'ogni
bene passeggero , e l'amor solo della santità e della per
fezione.
Pater noster .
LA SAMARITANA

MEDITAZIONE DECIMASECONDA

Gesù Signor nostro è lux vera quae illuminat omnem


hominem venientem in hunc mundum ; or come avviene
che non tutti veggano chiaro, ma un numero cosi stermi
nato d'uomini vadano brancicando nelle tenebre e nell'om
bra di morte ? Questo accade perchè questi amano le tene
bre meglio che non la luce , dilexerunt magis tenebras
quam lumen , e perché accendunt lucernam ed invece di
porla sul candelliero ponunt eam sub modio delle loro
passioni e degli affetti disordinati, e studiansi con le distra
zioni, cogli affari secolareschi, ovvero altresi con lo studio
delle sacre scienze di dimenticare gli esempi e le dottrine
pratiche di Gesù Cristo nostra guida e nostra luce . A fine
di evitar questo fatale errore, comune purtroppo anche fra
noi ecclesiastici , andammo fin qui studiando i nostri do
veri al lume della vita nascosa di Gesù Signor nostro, ed
oggi vieppiù ci addentreremo in questa contemplazione
meditando una parte della vita publica di Lui. E dico una
parte solo , cioè la conversione della donna Samaritana ,
perché il contemplar tutta quella divina vita è impossibile
in cosi breve tempo, e perché nel fatto della Samaritana
abbiamo quante lezioni pratiche ci occorrono, per guidarci
nell'esercizio del nostro augustissimo sacerdotal ministero.
La fontana di Sicar e posta in un campo spazioso, non
lungi dalla città ; intorno intorno verdeggiano le messi e
vanno ondeggiando gentilissimamente al più lieve soffio
del zeffiro : si veggono a ponente le case ed i palagi di Sicar
ed i vasti terrazzi, da passarvi le calde notti. Dietro la
fra i vapori della atmosfera, vanno disegnandosi il monte
Garizim ed il monte Stebal , fra cui corre una fertile val
lata : e poco sopra , a mezzanotte, il sepolcro di Giuseppe.
È l'ora di mezzodi, caldo il sole, serenissimo il firmamento.
155 -
Gesù Cristo è seduto sul margine del fonte e terge, col ro
vescio della mano, le goccie del sudore che gli imperlano
il viso.
O Redentore benedetto, noi vi adoriamo prostrati nella
polvere , e vi preghiamo di farci ben comprendere l'am
piezza e la soavità della carità divina che v'accende il
cuore ; affinché impariamo ad amarvi sempre più e seguirvi
da presso .
Maria Santissima, madre dell'amore, S. Giuseppe, esem
plare de' sacerdoti, Santi Apostoli, omnes Sancti et Sanctae
Dei intercedite pro nobis.
I.

Gli Apostoli non istanno con Gesů, mandati da Lui alla


città per comperare il necessario , per mangiarselo alla
campagna presso al fonte. Non hanno cucina, nè cuciniera,
nè provviste per lungo tempo. Ogni giorno chieggono il
pan cotidiano, e Dio , che pensa anche aʼgigli ed agli au
gelli, a loro lo da, quanto bisogna . Non hanno cura della
domane, tranne Giuda che vorrebbe di tutto far denaro ---
per darlo ai poveri, dice egli . Sufficit diei malitia sua .
Gesù dunque è solo e stanco : fatigatur Virtus Dei, dice
S. Agostino (15 in Io .) , fatigatur per Quem fatigati re
creantur , fatigatur quo deserente fatigamur , quo prae
sente firmamur : fatigatur ab itinere et sedet, et iuxta
puteum sedet, et hora sexta fatigatus sedet. Ma non fru
stra fatigatur, nec frustra sedet ; non è invano che Egli
imprese il lungo viaggio, non invano che tutto s'immollo
di sudore, non invano che siede sul margine del fonte , e
sta guardando verso la città con un aspetto di ansia e direi
quasi di trepidazione disusata . Egli viaggio, affaticossi , su
do, sedette , rimane aspettando un'anima peccatrice. Egli
ė pastore e chiama la pecorella smarrita.
Cosi fa il sacerdote amante di Gesù Cristo : non teme
la fatica, non il sudore, non la stanchezza , non il freddo,
nė l'orror della notte, né la lunghezza del tempo. Anche
egli siede aspettando . Siede nel confessionale - sic supra
fontem – al mattino di buon'ora , appena i sacri bronzi
hanno salutata Maria , quando non v'è ancor anima viva
-
156 -

nel sacro tempio : siede nel mentre che si dicono le messe


o si fanno altre funzioni: siede pregando e meditando al
lume della sua lucernetta . E chiama, aspettando, le anime
bisognose, e chiede a Dio di mandargliele. Deh qual santa
pratica è questa dei buoni confessori ! Non aspettar che
venga la serva e svegliarvi dormigliosi, od il sacrestano a
levarvi dalla sacristia dove state ciarlando ! Meno poi an
cora far aspettare quel povero peccatore, quell'anima ag
gravata dal peso della colpa, nè farle perdere , per impa
zienza , quella scintilla di pentimento che si era accesa in
lei ! Quanti peccatori si convertirono, solo per questa indu
stria dei confessori ! L'occasione fa l'uomo ladro , dice il
proverbio : ma l'occasione di trovare un buon confessore
disoccupato ed aspettante, nel silenzio della mattina , que
st' occasione fa del ladro un buon cristiano.
Ed ecco veramente arrivar la pecorella smarrita alla
voce secreta e dolcissima del Buon Pastore. Una donna
Samaritana, coll' idria sua di terra cotta sul capo , s'avvi
cina, camminando baldanzosa, in mezzo a’sentieri de' cam
pi , e forse va canterellando qualche ritornello profano, per
accorciar la via . Deh che camminare spigliato e libero è
il suo ! Che fronte! che occhi ! quai modi ! Ahimė ! che il
Redentore Santissimo non soffrirà di vedersi davanti una
tale sfacciata ! - Mai no che Egli non la ributta . Ei la co
nosce per tutto quello che è , e fu : Egli ne pesa il cuore
nelle bilance della sua giustizia : Ei la conosce spudorata,
libertina , scandalosa, spensierata dell'avvenire e di Dio :
eppur non la dispregia e non le dice : fatti in là che mi
tigni : - ma con volto mansueto e sereno, e con isguardo
soave e paterno la aspetta, e come gli si fa dappresso, le
vasi da sedere e le parla .
Cosi fa il pio sacerdote, imitator di Gesù Cristo : non si
lascia mai turbare il cuore né il viso all'avvicinarsi dei
peccatori, de’ fastidiosi, degl'ignoranti, dei rozzi. Egli è pa
store ed ama: ama le pecore inferme, ferite, fetenti: e pensa
a quelle parole di S. Carlo (Conc. Med. lib. 3) : Si tantum
erga pecora diligentiae impendunt pastores, quam quaeso
excusationem habebimus, quibus rationales animae credi
tae sunt, quod profundum hunc somnum dormimus ? Se
Dio non li ributta ma li chiama, avremo noi il cuore per
157
verso di ributtarli coi nostri modi ? con quel viso arci
gno ? - con quegli sguardi d'alto in basso ? — con quelle
parole secche ? – con que' movimenti sdegnosi ? O poveri
peccatori quanto io vi compiango, se per vostra disgrazia
v’inciampate in confessori sdegnosi ! Povere anime piene
di vergogna , affrante dal rimorso, stanche e rotte dal dub
bio, una goccia di miele farebbevitanto bene, ed invece vi
si fa ingollare una fiera tazza di fiele . Povere anime re
dente da Gesù Cristo !
O sacerdoti, estote misericordes sicut et pater vester
coelestis misericors ; e poi, dice S. Gregorio M. (10 moral.):
Si enim magnae mercedis est a morte recipere carnem
quandoque morituram , quanto est meriti a morte animam
liberare, in coelesti patria sine fine victuram ?
O sacerdoti, voi siete giudici: richiamate alla memoria
la divina prescrizione del Deuteronomio : Nulla erit distin
ctio personarum : ita paroum audietis , ut magnum , nec
accipietis personam cuiuscunque, quia iudicium Dei est.
O sacerdoti, il nostro non è giudizio umano , nè da ascol
tarvi colle umane orecchie, né da vedervi cogli occhi umani:
iudicium Dei est , iudicium Dei est. Grandi e piccoli , uo
mini e donne, ricchi e poveri, sani e malati, rozzi e civili,
idioti e saggi tutti hanno diritto ad un egual giudizio. Iudi
cium Dei est. Non accettazion di persone, non preferenze,
non favori. Nelle Sacre Scritture , osservò un acuto inda
gator delle cose divine , che non s'incontra mai il verbo
favere, né i suoi derivati, tanto sono odiose a Dio le pre
ferenze.
II .

Come la donna fu arrivata alla fonte ed empiè la brocca


che aveva : « Dammi da bere » le disse Gesù. Ed ella, guar
dandolo con un certo viso tra schernevole e meravigliato,
rispose : « E che ? Tu se'giudeo, e pur chiedi a bere a me
che sono donna Samaritana ? » ed era come un rimbrottarlo
del rompere ch’Ei faceva la legge della scomunica per cui
a’giudei non liceva comunicar cogli scismatici di Samaria.
Ben comprese il Redentore il villano rimbrotto , ma fe'mo
stra di non accorgersene, e disse : « Deh se tu conoscessi
il dono di Dio e colui che ti parla e chiede a te dell'acqua,
158
tu per avventura saresti la prima a chiedergli l'acqua viva,
ed Egli per fermo non si farebbe punto pregar per dartela » .
Oh quanto paziente è lo zelo di Gesù benedetto ! Non
si offende per le maniere aspre e villane della peccatrice ;
non le dà verun segno di spregio nė di risentimento ; ascolta,
lascia dire, aspetta il suo bel colpo. È come un pescatore
con la canna e coll'amo seduto sur un sasso alla spiaggia
del fiume: il sole è cocente e gli batte sul capo , l'acqua
viene spesso a lavargli i piedi, i pesci vanno guizzando
peritosi intorno alla preda agognata , ma quasi sdegnan
dola , fuggono da lei ; ma il pescatore tace, guarda, sostiene,
aspetta : verranno pur finalmente e morderanno, ei dice,
allora saranno miei .
Ed appunto , come il pescatore, Gesù con quel suo zelo
tutto dolce ed insinuante, pone intorno all’amo anche l'esca,
si scires donum Dei ; egli sa quel che conviene al cuore
dell'uomo, non l'amarezza e lo spavento, ma la dolcezza
e la pace. O peccatore, se tu sapessi quanto è dolce il di
vino servizio ! oh quanta pace ! Pax multa diligentibus le
gem tuam . Vieni : questo è un cuor di padre che mi batte
in seno : vieni , che ti dia il tesoro del cielo , e la bellezza
della seconda innocenza !
Gesù ha sete e vuol da bere : mulier da mihi bibere .
Ha sete delle anime, ha sete dell'amore, sitit sitiri dice il
Nazianzeno. Deh erubescat humana pigritia , plus paratum
esse Deum dare, quam nos accipere, dice S. Tommaso (in
ep . Iac.). E noi, o sacerdoti, quante volte il sentiamo chie
derci da bere, da mihi bibere l'amor nostro, le nostre ado
razioni, il nostro servigio , e non rispondiamo all'invito !
Egli solo e derelitto sic supra fontem nel santo taberna
colo, e noi fuori a divertirci , a distrarci, ad occuparci in
cose che non sono da noi. Erubescat humana pigritia plus
Deum esse paratum dare, quam nos accipere.
« E che ? rispose baldanzosa la donna, tu non hai brocca
nè altro argomento vihmua da attinger acqua , ed alto è
il pozzo , e mi vorresti dar l'acqua viva ? Or se' tu forse
dappiù del nostro padre Giacobbe, che ci die' questo pozzo ,
e bebbe egli di quest'acqua, e ne bebbero i suoi figli e le
sue gregge ? » E Gesù a lei : « Chi bee di quest'acqua avrà
ancora sete, ma chi bee dell'acqua, che io gli darò , non
159
avrà sete mai più ; ma quell'acqua che io gli daro si mu
terà, in esso lui, in un zampillo che va fino alla vita eterna » .
Quest'acqua viva è veramente la grazia divina , e qui
Gesù Signor nostro ne dichiarò divinamente le cinque pro
prietà : 1a ella estingue la sete ; 2a toglie i gusti profani e
corrotti; za è fontana perenne d'ogni bene ; 4a è zampillo
che sale al cielo conducendo all'amore delle divine cose ;
5a mena diritto alla vita eterna. Anzi quando questa fonte
sazio di sé un'anima, quasi fosse un vin generoso , la im
briaca stranamente e la trasforma da se stessa. Chi cono
sce ancora Agostino manicheo in Agostino battezzato ? Chi
ravvisa Margherita concubina in Margherita penitente ? Chi
trova ancor la peccatrice dei sette demonii in Maddalena
amante di Gesù ?
Domine da mihi hanc aquam , ut non sitiam amplius,
nec veniam huc haurire. Si , o Gesù buono e santissimo,
date anche a me di quest'acqua vivente, anzi inebbriatemi
con questo vin generoso , e sostentatemi con questo . latte
soave, perché la terra ed ogni cosa che è in essa mi di
spiaccia, nė mai più io torca lo sguardo dal cielo e da Voi.
Cor mundum crea in me Deus, et spiritum rectum innova
in visceribus meis : o Signore datemi un cuor puro , uno
spirito retto , uno spirito da sovrano , spirito da principe,
come s'addice al sacerdote , spiritu principali confirma
me (Ps. 50) .
Avete voi notato , o venerandi sacerdoti, che a questo
punto la donna procace di Samaria, comincia ad abbassar
la sua baldezza e parla con maggior rispetto ? Domine ne
que in quo haurias habes – Domine da mihi hanc aquar .
Perché un tal linguaggio ? perchè questa venerazione ? Era
pur solo Gesù in mezzo al campo e seduto sul sasso : non
lo differenziavano punto dagli altri giudei nè le ricche ve
sti, né le gemme: anzi Egli era poveramente , comunque
con decenza, vestito. Ma Egli parlava , Egli operava, Egli
guardava, Egli moveasi, con tanta gravità , contegno , mo
destia , decoro , che comandava il rispetto anche a’libertini.
Parla con una donna sola , ma parla in mezzo alla cam
pagna, davanti alla publica fonte, all'ora di mezzodi, e parla
di cose celesti e divine: quindi è che se gli Apostoli tor
nando mirabantur quod cum muliere loqueretur indizio
-
160
-

certo che Gesù non soleva mai parlar solo con sola
tuttavia non ne poterono torre scandalo, nè venne ad essi
il pensiero di chiedere chi fosse colei, e come colà venuta
e perchè le parlasse.
Il nostro zelo , o sacerdoti, ha da essere casto e som
mamente riserbato . Colle donne parco e grave il discorso ;
non le facezie , non i sorrisi , meno ancora poi qualsiasi
tratto di famigliarità. Uno sguardo, un cenno può rovinare
un'anima , e scandolezzare molti cristiani. Nemmen colle
parenti sono da permettere le libertà e le famigliarità . Ri
ferirono a S. Niccolò I Papa che un Vescovo , il quale
aveva avuto una figliuola prima della ordinazione, trattava
con lei molto famigliarmente, quanto potrebbe qualunque
altro padre far senza peccato : ed il Papa ordinò che o mu
tasse tenore, o fosse scomunicato (dist. 84, c. 1 ). E S. Gi
rolamo a Rustico concede appena di veder la madre sua,
dicendo: matrem tuam ita videas, sic ut per illas alias vi
dere non cogaris, quarum vultus cordi tuo haereant.
O Dio mio averte oculos meos ne videant vanitatem :
pepigi foedus cum oculis meis.
La Samaritana raumiliata già dalla soave maestà del
Redentore, ed allettata dalla promessa dell'acqua viva, per
cui non avria mai più sete, chiedevala per sė : Domine da
mihi hane aquam ut non sitiam , neque veniam hue hau
rire ; ma Gesù conoscendo assai bene qual cosa le fosse
d'impedimento all'acqua viva della grazia, le rispondeva :
« Vanne su a chiamar tuo marito e torna » ; e la donna
confusa soggiugnea reciso e secco : « io non ho marito » ;
ma Gesù , con una dolcezza ed amor tutto nuovo : « Hai
detto molto bene che tu non hai marito; chè tu ne hai
avuti sette, ed ora quello che tieni non è tuo marito . Hai
detto assai bene o donna » .
Quanto accorto e prudente è lo zelo di Gesù ! Questa
donna era in istato di colpa colla occasione ria presente
e continua, le era bisogno di sincera confessione e di umi
lissimo dolore : ma ella era ben lungi dal confessare il pec
cato e dal vergognarsene, se con una industria divina Gesù
non la conduceva a farlo. Egli non l'affrontò amaramente,
perché, dice S. Bonaventura , quem confundendo exaspe
ras, hunc tardius aedificas, et sermonis aculeo vulneras :
-
161
ma fece venir come per incidente la confessione della don
na , e quando la confessione fu cominciata , con quell'atto
mezzo fra dispettoso e trepido , Ei la compiè con la sua
carità , incoraggiando con buone parole la misera pecca
trice : bene dixisti quia non habeo virum : hoc vere dixisti.
Il sacerdote al confessionale, il parroco anche nell'eser
cizio esterno del suo ministero, sono medici delle spirituali
infermità . Un medico valente appena ha ficcato l'occhio in
volto a quel giovanetto, od a quella donnuccia , subito in
dovina la cagione di loro malattie , cagione vergognosa e
segreta . Ma egli non lo dice loro spiattellato e tondo, a fin
di non irritarli, si per amicarseli e farli confidenti, scusa -
destramente gli scorsi della gioventù, e i pericoli delle se
duzioni ; ovvero batte fortemente contro le insidie dei ma
ligni che tentano e forzano al male , e cosi mostrandosi
tutto amore e compassione ha tutto il segreto che gli bi
sogna. Nė mai gli avviene di scoprire violentemente l' ul
cera e l'apostema che affligge l'infermo, né di strappar le
bende che le nascondono allo sguardo , ma accarezza il
malato, palpa soavemente, quasi madre, il membro incan
cherito, e fa, con la prudenza e la soavità , che il malato
ammetta la medicina, anzi, se fa d'uopo, anche il ferro ed
. il fuoco .
S. Ambrogio , secondo che narra Paolino suo diacono
e biografo , piangeva dirottamente sul capo de'suoi peni
tenti, e colle sue lagrime, facevane uscire una fontana da
gli occhi dei disgraziati. Quando S. Vincenzo Ferreri, quel
l'apostolo taumaturgo d'Europa, stava evangelizzando in
Avignone, ricevette un sacerdote il quale gli disse : Pa
dre, v'è il cotal prete scandalo della città : già molti anda
rono a parlargli ed ammonirlo , ma invano : deh andate
voi, con la grazia di Dio a trovarlo ed ammollirgli il cuore .
— Andrò di certo, rispose il Santo, ma voi, o caro, badate
di non essere cieco e indurato come lui. L'indomani
di mattino il Santo recossi alla casa del prete scandaloso,
solo, senza testimonii, nè annunziato , entra nella stanza ,
dove l'infelice ancor dormiva profondamente ; apre la fine
stra alla luce del sole, prende nella destra il crocifisso, ed
avvicinandosi al letto del sonnacchioso, gli dice : – Eccovi
quel buon Gesù che voi fuggite da cosi gran tempo . Voi
BERCHIALLA – Considerazioni al Clero 11
162
fuggite ed Egli viene a trovarvi. Pace ! basta ! amatelo, ama
telo con tutto il cuore . - E lasciatogli il crocifisso in sul
letto, senz'altro dire , parti. Ma il sacerdote meschino le
vossi tutt'altro da quel di prima. Andò dal Santo , fe' la
confessione de'suoi disordini, e mutò vita .
O sacerdoti venerandi, siamo prudenti, siamo benigni.
Deh non andiamo cercando ragioni da scusar le nostre in
temperanze sugli esempi di Elia , del Battista , o di S. Pietro
con Anania e Saffira : i casi di que'Santi non arrivano alla
giornata. È raro che il rabbuffo e lo sdegno faccia del bene:
quando sarà il caso di adirarci senza peccato , il Signore
· ce lo farà capire con qualche ispirazione speciale : senza
di questa tegnamoci alla soavità ed alla prudenza. S. Fi
lippo, il prete confessore di Roma, una volta sola sembro
adirarsi e cacció a terra colle pugna un ostinato peccatore :
una volta sola in cinquant'anni di ministero . Le altre volte
carezzava i grandi peccatori e poneva il capo loro su quel
suo cuore fiammante, intorno al quale s'eran rotte le co
stole per lasciarlo più largamente palpitar d’amore celeste.
Coll’amore e con la discreta prudenza li faceva suoi per
farli di Dio . Omnibus omnia factus, ut omnes Christo lu
crifaceret.
La donna Samaritana a questo punto , cioè condotta de
stramente a confessarsi, incomincia a bramare d'essere
istruita : « Signore, disse, io veggio che tu sei profeta : i no
stri padri sempre offrirono loro sacrifizi sul monte, or co
me va che voi dite doversi far sacrifizio solo in Gerusa
lemme? » E Gesù a lei : « () donna, io ti dico, e credilo per
ché è vero , è suonata l'ora che nè sul monte solo nè in
Gerusalemme adoreranno il Padre. Voi adorate quello che
non conoscete , e noi quello che conosciamo ; imperocchè
la salvezza è de' giudei. È suonata l'ora adesso , in cui i
veri fedeli adoreranno il Padre in ispirito e verità , che que
sti sono gli adoratori che Ei cerca . Lo spirito è Dio, e quei
che lo adorano in ispirito e verità hanno da adorarlo » .
Io non posso cessar da me la meraviglia pensando che
Gesù il Maestro del mondo si ferma cosi a lungo a predi
care le cose più belle e divine a questa sola uditrice. Egli
che avria potuto predicar sempre nel tempio, o nel vasto
campo, o dalla nave di Pietro alle turbe affollate; no, qui
163 -

nel campo , sul margine d'un fonte solitario , predica ad


una donna sola , ad una donna peccatrice, ad una donna
del volgo. Perchè, o Gesù mio , non cercate Voi un nume
roso uditorio ? perchè non chiamate Voi i nobili, i ricchi, i
sapienti ad ascoltarvi ? Ah ben v’intendo o Maestro dolce
e prudente : Voi volete insegnare a me di non cercare quello
che non cercate Voi : m'insegnate che sapientibus et insi
pientibus debitor sum ; m'insegnate che un'anima sola vale
un prezzo infinito, tantum valet quantum Deus – perdono
o Gesù mio ! che voi medesimo ce lo fate dire dal vostro
apostolo empti enim estis pretio magno. Se Voi per salvare
un'anima non isdegnaste di dare il sangue e la vita
questo è il genere divino de' vostri negozi – potrò io rifiu
tarmi di dare il mio tempo e le mie parole ai ragazzi, ai
poveri, ai vecchi, agli idioti?
Alle divine parole di Gesù la donna Samaritana , co
munque sentisse già commoversi l'anima per la vergogna
della vita scorsa e pel dolore de'suoi peccati, pur non si
decideva ancora a farla finita con le colpe, ma cercava un
pretesto qualunque da differire; perció disse : « Io so che
dee ben tosto venire il Messia ; aspetteró dunque l'arrivo
di Lui per impararne ogni cosa » . E Gesù, per levarle ogni
ragione da procrastinare: « Io che ti parlo , rispose, io sono
il Messia » ; ed arrivarono i discepoli con le provvigioni.
Ahi quante difficoltà per l'anima peccatrice a lasciare
la colpa! quante difficoltà nel confessore per condurla a
forti risoluzioni! Eppur come il peccatore debbe vincere
ogni ostacolo per convertirsi, cosi il sacerdote debbe vin
cere ogni difficoltà per attendere al divin suo ministero .
1° Alcuni dicono : -- troppo è arduo il confessare, né io
mi sento le forze, nè ho la scienza o la capacità necessa
ria . Ma, o sacerdoti, la forza chi la då ? Dio a chi prega.
Della scienza e dell'abilità chi è giudice? Il Vescovo che
approva . Andate al confessionale con gran confidenza , e
Dio metteravvi in cuore i sentimenti ed in bocca le parole.
S. Agostino diceva che, secondo la varietà de' penitenti
sentiasi da Dio diversamente mosso e guidato . Animo, al
l'opra. È arduo il confessare, e bisogna patire? Si, diceva
S. Francesco di Sales , si è marttre non solo confessando
164
Iddio coram hominibus, ma ancora confessando gli uomini
coram Deo. Oh ! la bella laurea che è questa del martirio !
2° Ma come potrò io sentir tutte quelle sconcezze e non
patirne nella continenza , con tanta mia infermità ? – Un
pastore, dice S. Gregorio, non teme di contrarre le malattie
delle sue pecorelle: haec nequaquam pastori timenda sunt,
quia, Deo subtiliter cuncta pensante, tanto facilius a sua
eripitur , quanto misericordius ex aliena tentatione fati
gatur (moral .) . Usate modestia ne'modi, prudenza e discre
zione nelle domande, nessuna curiosità interna ód osterna
e tutto andrà a meraviglia .
3º E quando i penitenti non traggono verun frutto, co
me potrò io soffrirlo ? — Il frutto, o reverendissimi sacer
doti , non dipende da noi . Facciamo il nostro dovere, cio
vuole Iddio da noi, e niente altro . L'infermo è sepolto nel
mortal letargo, e se non lo scuoto , forse morrå. Fosse an
che tuo padre, scuotilo , punzecchialo , abbrucialo, dice
S. Agostino : excita patrem tuum , noli permittere ut dor
miat, si vis ut vivat. Adest puer seni, pulsat, vellicat,
pungit, pietate molestus est ; non dice : perché tormentar
cosi un mezzo morto ? anzi nec mori cito permittit cito
moriturum (Aug. de Verb . Domini).
4° Eppur, direte, con tutto il ricercarlo che fo, con ogni
argomento, quel cuore indurato vien sempre con le stesse
colpe. — È vero, o sacerdoti, ma è anche vero che per la
grazia di Dio può convertirsi. L'amor di una madre per
dona migliaia di volte , septuagies septies. Andate avanti,
fortiter et suaviter , ed otterrete l'intento . Che se per di
sgrazia non si ravveda il peccatore, voi avrete salvata l'ani
ma vostra ed arricchitala di meriti preziosi per l'eternità .
5° Finalmente v'è chi scusa la sua lentezza colla fatica
del petto, col mal di capo, colla difficoltà della digestione .
Ma queste scuse non dovremmo giammai recarle davanti
a Gesù coronato di spine . S. Filippo Neri mori quasi, con
fessando. E tanti confessori che conoscete magri, stenuati,
affranti dallo studio e rotti dagli anni non continuano essi
pur nel ministero ? Voi non avreste forse a male di morir
sul pulpito, perché avreste a male di morir nel confessio
nario ?
165 -

III .

Ma giunti che sono gli Apostoli a fianco del loro Mae


stro, che fa la donna ? Lasciò l'idria sua sul margine del
fonte, andonne alla città , e disse agli uomini: « Venite su
a vedere un uomo che mi disse tutto quel che ho fatto :
non è egli il Messia ? - E gli uomini uscirono di città e ven
nero da Gesù » . Quanti misteri! La donna, dice S. Giovanni
Crisostomo, (hic) trovò il vero fonte e dimentico la fontana
della terra . Cum verum fontem invenisset, contempsit al
terum, ut nos admoneret spiritualium gratià saecularia
omnia esse contemnenda quod et apostoli fecerunt et haec
mulier. Noi abbiamo trovato Gesù fonte di vita, anzi ogni
giorno haurimus aquas in gaudio de fontibus Salvatoris ,
potremo ancora noi badare al mondo ed a'suoi diletti cosi
sordidi e passeggeri ?
La donna , dice S. Agostino, proiecit hydriam , cioè le
sue passioni al pozzo che è la voluttà : da lei discant qui
volunt evangelizare , proiiciant hydriam ad puteum (19
in Io.) ; dimentichiamo d'essere uomini, per ricordarci d'es
sere angeli.
La donna, dice S. Cirillo d'Alessandria , victrix corpo
reae curae, et quae stultis voluptatibus saepe incubuerat
carnis usum necessarium defraudat; cibumque et potum
aspernata, in alium statum per fidem reformatur. Badaste
alla dottrina celeste ? la fede fa dispregiare anche il cibo e
la bevanda : queste cose son da prendersi come medicina :
hoc docuisti Domine, dice S. Bernardo, ut alimenta , quem
admodum medicamenta sumpturus accedam . Le medicine
si prendono a dosi giuste e solo per la necessità. Guai a
sbagliar nella dose !
Segue il Santo dottor d'Alessandria : Statim autem cha
ritate, virtutum optima, amplexa , quod sibi oblatum est
bonum , citato in urbem cursu , studiose ac ferventer an
nuntiat. Inclamabat enim ei intus ad aurem cordis Christi
lesu : gratis accepistis gratis date . O consolazion nostra !
Le due apostole che Gesù si elesse furono due grandi pec
catrici, la Samaritana e la Maddalena. Pietro e Paolo ver
tice e corifei dell’apostolato furono anche tratti dalla massa
166
della perdizione. Confidiamo, o ven . sacerdoti, anche noi
possiam diventare ras electionis, ut portemus nomen eius
coram gentibus.
Hinc discamus, segue S. Cirillo, non esse nobis imitan
dum ignavum illum servum , qui talentum humi defodit ,
sed illud exercere conemur , et alios ad Christi cognitionem
et amorem verbo et exemplis adducere. Quod celeberrima
illa mulier egregie praestat.
E gli Apostoli dicevano a Gesù : Rabbi manduca ; ed Ei
rispondeva : ego cibum habeo manducare quem vos nescitis :
mio cibo è di far la volontà del Padre che mi ha mandato,
di compir l'opera di Lui . Voi dite : ancor quattro mesi
e vien la mietitura ; ma io vi vico levate oculos vestros
et videte regiones quia albae iam sunt ad messem .
1 ° Rabbi manduca , ci dice il senso animalesco , rabbi
manduca. Non affannarti allo studio, al predicare, al con
fessare, al visitar moribondi, all'ammaestrar fanciulli : bada
alla sanità , al benessere, alla comoda vita . Tu non hai bi
sogno di nulla. Lavorino i parrochi ed i vicecurati, ma tu
prete comodo, beneficiato, senza cura , vivi per vivere, e
dici la messa e il breviario . Rabbi manduca . O sacerdoti è
l'animale che parla , non lo spirito.
2° Adhuc quatuor menses sunt et messis venit. Perché
tanta fretta , ci dice il mondo, i parenti, gli amici profani,
perchè tanta premura ? Un po' di divertimento è anche
buona cosa : il sonno è necessario a ritemprar le forze :
una conversazione onesta fa del bene al corpo ed all'ani
ma. Andrai domattina a confessar quel malato e ministrar
gli i sacramenti. Di qui ad un poco andrai a dare quel bat
tesimo, o comunicar quella divota . Quel penitente ha aspet
tato un quarto d'ora, aspetti ancora un altro poco e si pre
pari meglio. Que' fanciulli vorrebbero essere istruiti e pro
mossi alla Comunione, ma non v'è per anco il fuoco dentro
il fiume. Ci diano un po' di fiato. La discrezione è buona
per tutti. Adhuc quatuor menses sunt et messis venit.
O venerandi sacerdoti miei, questa è una parola del mon
do, una parola del mondo. Lo spirito vola . L'amore corre
come una saetta . Lo zelo è di fuoco . S. Francesco Saverio
non visse che 41 anno e converti milioni d'infedeli, ma non
disse mai adhuc quatuor menses sunt. S. Paolo evangelizzó
167
un mezzo mondo, ma non ascoltò mai la parola del mondo .
In omnem terram exivit sonus eorum . I molli, gl'indolenti,
i prudenti del secolo stiano pur nelle loro stoppie, e nelle
loro molli piume : noi ascoltiamo quel che ci dica Gesù .
3° Levate oculos vestros et videte regiones, quia albae
iam sunt ad messem : i fanciulli aspettano la voce del pa
store che li evangelizzi, li formi alla virtù, e li faccia degni
del pane angelico . Poveri fanciulli cosi spesso abbandonati
a maestri venali, ed a maestre ignoranti o mondane ! Pueri
petierunt panem et non erat qui frangeret eis. I poveri,
gl’idioti, i villani han bisogno d'una voce amichevole che,
con eloquenza tutta semplice e triviale, li spiritualizzi un
poco e li faccia atti al regno di Dio . Poveri rozzi! ah voi
non avete più la cara voce del Maestro divino la quale si
bene si temperava alla vostra ignoranza coi paragoni, e
con gli esempi. Ora vogliono ammaestrarvi in sublimitate
sermonis, e vi guardano come se foste teologi con cui di
sputare. S. Vincenzo Ferreri, S. Antonio , S. Bernardino,
anzi l'angelico S. Tommaso ed il serafico S. Bonaventura
dimenticavano le ardue specolazioni e si abbassavano che
era una meraviglia. S. Vincenzo de' Paoli, l'apostolo della
carità in Francia , contava d'un Gesuita che dopo aver per
molti anni predicato in persuasibilibus humanae sapientiae
verbis , ed essersi meritati onori e plausi, fini per capire
non esser quello il modo di annunziare la parola di Dio .
Si penti; chiese di predicar solo alla povera gente ; per
vent'anni si diede a questo faticoso ministero ; e, vicino a
morire, si trovò tanto pago dei 20 anni di semplice predi
cazione, come erasi pentito del tempo speso in fraseggiare :
quindi richiese i suoi di seppellire insieme al suo corpo la
bacchetta di cui si serviva insegnando la dottrina cristiana,
dicendo : questa renderà testimonio della mia conver
sione .
Leviamo dunque ancora noi i nostri occhi e veggiamo
l'immenso campo da lavorare che dinanzi a noi si pre
senta : ma ricordiamoci pure che se faticosa e spregiata è
l'opera, qui metit mercedem accipiet et colligit fructum in
vitam aeternam , ut et qui seminat laetetur simul et qui
metit. In hoc enim est verbum verum quod alius est qui
seminat alius est qui metit. Gesù benedetto ci manda non
168
già a seminare ma a mietere: Ego misi vos metere quod
vos non laborastis : alii laboraverunt et vos in labores eo
rum introistis. Gesů medesimo è colui che semina nel
cuor dell'uomo per la grazia preveniente e che fa germo
gliar quel seme con la grazia concomitante . Egli coltiva ,
ara, netta, prepara il terreno , a noi non rimane che rac
cogliere il frutto e recarlo ne' granai della eternità : venien
tes venient cum exultatione portantes manipulos suos. Deh
che indegna cosa sarebbe per noi, veder tanta messe da
cogliere, preparataci dalle mani di Gesù, e non volerci pur
chinare per falciarla e farne i manipoli! Ma deh quanto
sciocca ed ingrata sarebbe pur quell'anima che racco
gliendo i frutti preparati dalle opere , dai sudori, dal san
gue del divino Agricoltore, se ne gloriasse e menasse vanto !
O sacerdoti venerandi, ecco Gesù ci ha insegnato lo
zelo della salute delle anime con le parole e con l'esem
pio : un zelo paziente, zelo insinuante, zelo prudente, zelo
casto e riserbato , zelo ardente ed universale , zelo umile
e che tutto riconosce da Dio . La donna Samaritana che
prima ebbe queste lezioni, prima di tutti anche ne appro
fitto , e lasciata l'idria ed il Maestro al pozzo – notate
bene, anche il Maestro divino ella lasciò e la conversazione
di Lui dolcissima ed inebriante, per adoprarsi a chiamar
gli intorno degli uditori e dei discepoli ; insegnandoci do
vere anche noi qualche volta lasciar Dio per Dio , cioè le
soavità dello studio, della composizione, della meditazione,
della preghiera , per le opere del zelo delle anime. – La
Samaritana, dico, lasciò l'idria ed il Maestro divino, ando
a predicar nella città , trasse una gran folla di cittadini al
fonte, ottenne che Gesù andasse a rimaner con loro alcuni
giorni , e per questo modo fece che credessero in Lui.
Sciolta cosi da' lacci dei vizi, divenne discepola della Verità,
e confessatala con le parole davanti agli ebrei ed alle genti,
la suggelló poi col sangue, con la sua benedetta famiglia .
Ma queste lezioni a noi si convengono assai più che
alla Samaritana, dunque richiamianle spesso alla memoria :
zelo paziente, zelo insinuante, zelo prudente , zelo casto e
riserbato , zelo ardente ed universale, zelo umile e ricono
scente : e preghiamo il Signore che lo accenda nei nostri
cuori e ve lo serbi.
169

COLLOQUIO .

Sieno grazie a Voi o Maestro eterno e nostro divin Re


dentore per le ammirabili lezioni che ci deste, e per le fa
tiche inenarrabili che duraste per le anime peccatrici. Deh !
accendete o Gesù in questi petti sacerdotali il fuoco del
vostro zelo e del vostro amore : non siete Voi venuto in
terra appunto per accenderla tutta quanta ? Fate che noi
amiamo le anime, le anime peccatrici, le anime abbando
nate, le anime dei rozzi, le anime dei poveri, le anime dei
fanciulli, le anime più bisognose. Ispirateci quel zelo pa
ziente , insinuante , prudente , casto , ardente, universale,
umile che ispiraste agli apostoli ed ai santi, e mantenetelo
sempre nel nostro cuore. Noi usciremo, o buon Gesů, da
questo cenacolo di preghiera e di meditazione , e ci spar
geremo nelle regioni dove già biondeggiano le messi : là
metteremo le falci alla mietitura, non temendo le ingiurie
del tempo, nė la fatica de' corpi : lavoreremo con voi nel
vostro campo, e vi recheremo i manipoli delle vostre spi
ghe. Benedite o Gesù alle nostre fatiche , e confortate la
nostra infermità : e quando ci vedrete stanchi e vicini a ca
dere : Domine da mihi hanc aquam che diventi in noi fons
aquae salientis in vitam aeternam .
O Santa Fotina convertita da Gesù presso al fonte, apo
stola di Gesù e martire di Gesù, pregate per noi .
DEL DOLOR DI CRISTO
NELL'ORTO

MEDITAZIONE DECIMATERZA

L'ardore di Gesù Cristo S. N. per la dolorosa passione,


è veramente meraviglioso ; tanto che gli Apostoli, comun
que rozzi, ne presero un senso profondo di rispetto e di
amore per Lui : « Io debbo andare a Gerusalemme, diceva
Gesù, e là essere flagellato, condannato e crocifisso ; e co
me sono ancor trattenuto dal compir questo mio cocente
desiderio ? » Ahimė! Signore, nol dite ! impossibile che
ció vi avvenga , risponde Pietro. — Dietro da me o Sa
tana , tu mi vuoi ritrarre dal bene : scandalum es mihi. -
Ed avvicinandosi omai il tempo , cum complerentur dies
assumptionis eius, dice S. Luca, et Ipse faciem suam ob
firmavit ut iret in Ierusalem (Luc. 9) , ripugnava l'uma
nità, confermava lo spirito : obfirmatione enim et fortitu
dine opus erat ad passionem sponte properanti, dice S. Gi
rolamo (Epist. ad Algas.). Ma Egli tanto con lo spirito si
rinvigoriva che strappava a gran corso il corpo stesso ,
ond'è che a tanto corso non reggendo gli Apostoli, stupe
bant nel cuor loro, ed a stento sequentes timebant ( Marc. 10 ).
Ed ecco finalmente arrivata l'ora desiderata dell'ultima
cena, e della crudel passione: Desiderio desiderari hoc pa
scha manducare vobiscum antequam patiar ; ecco già par
tito il traditore, già levate le mense , detto l'inno, sceso il
colle di Sion, salita l'erta degli Ulivi . Ecco la prima scena
di quella divina tragedia. Accompagniamoci anche noi ta
citurni, con gli Apostoli , mentre splende malinconica la
piena luna . Qui è la prima entrata del Getsemani , dove
Gesů lascia otto de'suoi Apostoli a vegghiar nella preghiera .
Più in là dentro a quel fitto di Ulivi, è il luogo dove Gesù
si avanza co’tre più amati, Pietro , Giovanni e Giacomo.
171 -
A un tratto di pietra più innanzi è la grotticella della ago
nia . Sentite il triste mormorar del Cedron che trascina le sue
acque alla pianura. Abbracciate collo sguardo questa stretta
vallata fra l'Oliveto ed il Sionne : è la valle di Giosaffatte .
Là il Moria ed il Calvario selvaggio , qui l'Oliveto ed il
monte delle beatitudini. Qua dentro ci ritroveremo tutti un
giorno, o pecorelle benedette o capri maledetti.
0 Gesù Santissimo e addolorato , ammetteteci , vi pre
ghiamo a parte della vostra passione, accendendo in noi
la compassione più sincera , ed il più vivo dolore delle no
stre colpe, affinché per la croce e per la mortificazione vi
seguitiamo fino ad esser benedetti da voi in eterno. Inter
oves locum praesta - Et ab haedis me sequestra Sta
tuens in parte dextra. O Santi Apostoli testimoni di quella
penosissima agonia di Gesù pregate per noi . Omnes San
cti et Sanctae Dei intercedite pro nobis.
I.

I seniori, i principi de' sacerdoti, gli scribi, i farisei, Giuda


il traditore , sono raccolti a consiglio , sotto la presidenza
del diavolo, che è il re di questo mondo maligno. I tradi
tori di Gesù Cristo ed i profanatori del sangue divino sono
sempre ai cenni di Lucifero : desideria eius volunt perfi
cere , ex patre diabolo sunt. Che visi arcigni! che occhi ma
liziosi ! che fronti altere! quale orrenda ipocrisia ! Di fuori
fanno ogni poter loro affine di parer santi , ma nel petto
sono pieni d'ogni schifezza . Simili a sepolcri imbiancati
simili a letamai coperti di bianca neve. Oh ! quanto dice male
su certe spalle il camice di bisso ! Dio mio odivi ecclesiam
malignantium . Beato chi non andó al concilio degli empi,
e non pestó la via de'cattivi, nè sedette sulla cattedra dei
dileggiatori . Dio mio , voi solo cerco , voi solo voglio per
mia porzione e per mia guida. Maledetto il peccato, male
detto il tradimento, maledetta l'impostura e l'ipocrisia !
Gli otto Apostoli, che Gesù lasciava alla prima entrata
dell'orto, s'erano seduti, avevano appoggiate le gomita ,
s'erano lasciati andare alla stanchezza , alla noia, all'abbat
timento, al sonno. S'erano pur comunicati testė – aveano
pur veduto a’loro piedi l'umilissimo Gesù, cinto i fianchi
- 172 -

d'un mondo lino , e con le mani dentro la catinella del


l'acqua - ne aveano pur sentito il meraviglioso ed affet
tuosissimo sermone erano pure stati da Lui ammoniti
di vegliare e di pregare. — Oh stranezza della umana mi
seria ! Hanno dimenticato ogni cosa , e si sono dati al sonno.
Una voce loro intuona : - se vuoi ben vivere, prega : recte
novit vivere qui recte novit orare (S. August. hom. 40) ;
ed essi dormono. Le lezioni del loro Maestro sono la croce
ed il martirio : tota oita Christiani hominis , si secundum
Evangelium vivat, crux est et martyrium (S. Aug. serm. 32
de SS.) ; ed essi dormono. Sanno che fra poco Gesù fia le
vato dal mondo, Gesù che è la luce del mondo, e che guai
a chi non cammina con la luce : ambulate dum lucem ha
betis, ut non vos tenebrae comprehendant ; ed essi dormono .
E non dormo anch'io cosi ? e non dormono cosi molti
sacerdoti ? inter vos multi infirmi et imbecilles et dormiunt
multi (1 Cor.). Dicono Messa e dormono , predicano altrui
e dormono, veggono e sentono le altrui cadute e dormono,
hanno ogni giorno davanti agli occhi lo spettacolo e la le
zione della morte e dormono. Come noi dormiamo ? noi le
scolte d'Israele ? e se passa la ronda col capitano celeste ...
Custos quid de nocte ? che risponderemo noi ? - Su ! levate
capita vestra ! vigilate et orate ne intretis in tentationem .
Diabolus vigilat et tu dormis ?
Ma Pietro poi, l'ardito e veemente Pietro Giovanni
e Giacomo i fervorosi e confidenti apostoli i tre testi
monii della trasfigurazione - che fanno essi ? Eccoli stesi
sull'erba del Getsemani. Un raggio di luna batte sul viso
abbronzato di Pietro ; diresti, alla fronte rugosa ed alle lab
bra strette, che egli sogna la difesa del suo Maestro : ma
oh quanto meglio farebbe a pensar di difendere se stesso
dal demonio che vuol crivellarlo come fromento ! Bene sta
che si pensi alla salute altrui ed alle opere esteriori , ma
pria di tutto e in cima di tutto è la nostra salvezza . Vigilate
et orate ut non intretis in tentationem . O dormigliosi !
quando voi pericolavate sul lago, e la pescagione, colle vite
vostre, poteano annegarsi, voi ricorreste al Salvatore : Victi,
dice S. Basilio di Seleucia , et quaesitas ab arte spes, tam
quam et ipse naufragium facerent, recurrunt ad portum ,
qui in scapha erat, et clamant: salva nos perimus (or. 22) ;
173
anzi lo scuotono e lo svegliano con modi bruschi e forti,
perché tremano: ed or che una si fiera burrasca trabalza
voi e la vostra speranza divina , voi dormite ? Ah che nei
pericoli del corpo Gesù dorme e vegliamo noi ! nei pericoli
dell'anima Gesů veglia e noi dormiamo! Qual divario di
idee, di sentimenti, di affetti!
O sacerdoti , Gesù è con noi, dentro di noi , a dextris
est mihi ne commovear : ma Egli vuol che lo preghiamo.
Vuol sentire la nostra voce. Gli è cara la voce nostra ed
il nostro gemito, come ad una madre son cari i vagiti del
suo pargoletto. Dio esaudisce le voci delle creature irragio
nevoli, dat escam pullis corvorum invocantibus, vuole esau
dire le nostre orazioni. Egli, come gallina, congregat pul
los suos sub alas, ma vedete come corrono que' gentili ani
maletti , sentite come pigolano fortemente, chiedendo rifu
gio ; vegliano e pregano a modo loro . Vigilate et orate.
Ed ecco come veglia e prega il Signor Gesù Cristo. Al
lontanatosi dagli Apostoli un tratto di pietra , s'inginocchia
sulla nuda terra e prega. Il suo volto divino e velato da
una folta nube di tristezza ; sparve il bel colore di quelle
guance che innamorano Maria e gli Angeli , quelle labbra
son divenute livide, quegli occhi, lume del cielo , si sono
oscurati, quel corpo, meraviglia della creazione, trema per
la paura ed è affranto dal tedio. E quel cuore divino ? Oh
cor voluptas coelitum , cor fida spes mortalium ! Quel cuore
è annegato nell'amarezza. Circumdederunt me dolores
mortis, pericula inferni invenerunt me. Qual terrore! quanta
noia ! quale amarezza ! Coepit pavere taedere moe
stus esse. Tristis est anima mea usque ad mortem .
Gesù vede presenti innanzi a sė tutti gli orrori della
sua passione interna ed esterna, e trema . Vede la cattura
e lo strascinamento alla casa di Anna , di Caifa , di Pilato ,
d'Erode. Vede le beffe, gli scherni, le condanne. Vede i
ceffi de' manigoldi , degli scribi, de' farisei , de' sacerdoti.
Vede i flagelli e la corona . Vede la croce ed il Calvario .
Vede l'abbandono degli Apostoli , la negazione di Pietro ,
la dannazione di Giuda . Vede gli spasimi orrendi che soffre
Maria . Vede il cielo serrato e sente l'abbandono del Padre.
Vede ogni cosa e trema. Nessun malfattore , condannato
alle ruote od alle tenaglie, vide mai cosi distintamente i
174 -

suoi supplizi, come li vide Gesù. Eppure parecchi robusti


ladroni ed assassini furono per morire dallo spavento . Che
avrà dovuto essere di Gesù ? Quanto il suo terrore, il suo
raccapriccio a tale vivissimo spettacolo ?
E tu, o cuor mio, ti lasci vincere dal timore ? e che temi
tu ? Temi una beffa , uno scherno , una contumelia ! temi
una fatica, un incomodo, un mal di capo! Le mosche son
lioni per te ed i vermi son serpenti velenosi . O cuore co
dardo,> o cuore inerte ed imbecille. Violenza ci vuole e
sforzo grande per salire al cielo. – L'inerzia è la forza
più tremenda che sia nella natura bruta , e l'inerzia tira
sempre al basso. – Se quella cresta di monte si spacca ,
è l'inerzia che vince la forza di coesione; ma , spaccata ,
rovina al basso, menando sterminio dove passa. Il non vo
lersi incomodare in nulla strappò dalle cime i vertici dei
monti e li trascino dentro le vallate. Davidde , Salomone,
Giuda non vollero farsi violenza e come caddero ? Sei sol
dato di Gesù Cristo e temi? sei principe delle milizie di
Cristo e fuggi dalla pugna ?
Deh guardiamo a Gesù : Egli trema perchè è uomo ,
viene il terrore, perché ama . Fortis est ut mors dilectio.
Trema del nostro terrore, dice S. Leone M. (s. 3. de Pass .):
In nobis Deus nostro pavore trepidabat, et susceptionem
nostrae infirmitatis induerat, ut nostram inconstantiam ,
sude virtutis soliditate, vestiret. Da Lui rinvigoriti, facciamo
violenza ai nemici nostri, alla carne sopra tutto ed al mon
do, e vinciamo. La difficoltà ci accenda, come cavallo ge
neroso , al sentir lo squillo delle trombe ed il tuono delle
voci d'un esercito armato .
Gesù prova nel cuor suo la noia . Coepit tedere. Mentre
Egli spasima nell'orto , gli uomini e' suoi fidi stessi dor
mono spensierati! mentre Egli s'accigne a riscattare il
mondo, il mondo s'accigne a condannarlo a morte. Lavo
rar per gl'ingrati! versare l'ultima goccia del sangue per
glindolenti! abbracciare con un amore cocentissimo dei
cadaveri freddi, di ghiaccio . Oh qual fastidio ! Quae utilitas
in sanguine meo ? (Ps. 15) Verro sull'altare alla voce dei
miei ministri ed essi mi maneggeranno, come un troncon
cello di legno. Scenderò pieno di grazie nel cuore de'fe
deli, ed essi penseranno ai negozi, alla moglie, a ' campi,
175
a tutto meno che a me. Daro in bocca ai cristiani ed ai
sacerdoti le mie divine parole, nelle pubbliche e nelle pri
vate orazioni, ed essi reciteranno quelle, sbadigliando , nė
sapranno quel che si dicono, più di quel che lo sappia un
ragazzo smemorato . Oh qual noia per quel cuore divino !
Incipiam te evomere ex ore meo (Apoc . ) - che stento, che
svenimento in un cuore che è affannato dagli sforzi del
vomito ! E questa era la noia del cuore amoroso di Gesù .
Coepit tedere.
Deh, o Cuor divino, perdonate alla nostra freddezza, ed
accendeteci col vostro infinito amore . Quando sentiremo
anche noi nascere il fastidio per le cose divine, a Voi pen
seremo, a Voi ricorreremo. Quando saremo annoiati per la
rozzezza de' poveri, per l'impertinenza di certi peccatori ,
per la vivacità de' fanciulli, anche a Voi penseremo, o Cuore
divino, a Voi ricorreremo. Quando il poco frutto delle no
stre parole, la mancanza di uditori alle nostre prediche, la
continuazione della mala vita nei penitenti, la durezza d'in
tendere nei catechizzati ci abbatterà e tirerà allo scorag
giamento , anche a Voi penseremo, o Cuore divino, a Voi
ricorremo. O Cor roluptas coelitum , Cor fida spes mor
talium , ad Te renimus supplices. Nascondeteci nel vostro
Cuore, o Gesù . In corde, lesii, iugiter absconde nos.
La vostra mestizia , o Gesù , fu mortale . Tristis est ani
ma mea usque ad mortem . Egli vedea tanta parte del ge
nere umano condannata all'inferno, e, perchè uno di noi,
ed amantissimo oltre ogni credere di tutti noi, soffriva im
mensamente. Cosi una madre, vedendosi rapire i figli dalle
tigri e sbranarli sotto i suoi occhi, guaisce compassione
volissimamente, si strappa i crini e si strascina per terra ,
finchè le si schianta l'anima dal corpo per lo dolore. Ma
Gesů , capo della umana natura, e vita e cuore di essa, of
fertosi al Padre per rappresentarla tutta , raccogliendo in
sé le reità di tutti e la maledizione di tutti, senti sul cuor
suo il peso orrendo dell'abbandono e della maledizione.
Questo peso fu che gli strappo di bocca sulla croce quel
l'ineffabile lamento : Eli eli lamma zabactani ?
E quando Egli rifletteva alla sua Chiesa perseguita per
tutti i secoli e trabalzata , come schifo dalla procella
quando ripensava ai tormenti spaventevoli de' martiri suoi,
-
176 -

croci, flagelli, pettini di ferro, tenaglie roventi, eculei , man .


naie, fuochi, carceri; e milioni di suoi fidi morir cosi..... per
amor suo ..... ludibrio del mondo ..... e spargersene ai cani
le ossa e le ceneri al vento – e quando si rappresentava
gli stenti, la fame, la nudità , le persecuzioni, le tentazioni,
le contumelie, gli strazi interni ed esterni de'suoi cari santi
confessori, vergini, anacoreti e quando vedea con lo
-

spirito tanti buoni preti, parrochi, maestri, confessori mal


trattati, spogliati, derisi, annoiati, stanchi, bersaglio del dia
volo e del mondo ..... oh quale affanno per quel Cuore!
quale mortale angoscia !
Deh , o Gesù Santissimo, quanto amorosamente ci avete
compatito ! Non una goccia di fiele entrò nel nostro cuore,
senza passare pel vostro . Fu un miracolo se Voi non mo
riste per compassione dei poveri peccatori e dei poveri af
flitti! Che lezione per noi ! Anche noi siamo padri e pastori:
anche noi abbiamo figliuoli e pecorelle. Dilatiamo il cuor
nostro . In questo cuore cappiano i peccatori più sfidati, i
molesti più fastidiosi, gli afflitti più meschini, i poveri più
abbandonati. Sia il cuor del sacerdote uno spedale per ogni
infermità e per ogni piaga. Il cuor del sacerdote deve es
sere simile al cuor di Gesù .
Ma ecco la compassione di Gesù non è sterile nė par
di affetto né di parole. In mezzo ai dolori d’un'agonia inef
fabile, non dimentica i suoi fidi, oves pascuae suae , ma va
a confortarli amorevolmente , la prima volta , svegliandoli
dal sonno ; torna da loro la seconda volta , e non li sveglia
per compassione, erant enim oculi eorum gravati , e la
terza volta, avvicinandosi oramai la schiera degli sgherri,
li sveglia , e con voce di forza sovrumana li chiama alle
>

battaglie dello spirito. Surgite , rece appropinquat qui me


tradet ; nè bastando le parole, precede coll'esempio avan
zandosi Egli il primo, fra le paure di quella notte fatale,
incontro a'suoi nemici. Oh chi l'avesse veduto, quel dolce
e trambasciato Signore, diritto in pié dinanzi al gruppo de
gli addormentati , guardarli caramente e cogli occhi molli
di lagrime, poi ritirarsi tacitamente per non turbare il loro
sonno ! « Ah dormano i tapinelli, dormano sull'erba inaf
fiata dalla rugiada, mentre io mi stempero dal dolore. Verrà
purtroppo , verrà anche per loro il tempo della ambascia
177
e del tormento , quando io non sarò più visibile al loro
fianco. Allora piangeranno , spasimeranno , e mi chiame
ranno in soccorso . Poveri Apostoli miei , quanto soffrirete
per cagion mia ! Dormite ora e riposate, mentre io agonizzo
e sudo sangue! >>
O Gesú nio , che amore, che tenerezza materna ! Abbi
sognate di consolazione de' vostri discepoli , e rinunziate
alla consolazione che vi è tanto necessaria in si fiero ci
mento , per non turbare il sonno di que' meschinelli. Che
tenerezza d’amore! che gentilezza di modi ! Il vostro disce
polo, o Gesù , il vostro sacerdote , non quaerit quae sua
sunt: non cerca la consolazione, non il sollievo, non la di
visione della fatica . Vorrebbe portar egli tutto il peso, per
isgravarne tutti i suoi confratelli. Dimentica se stesso per
ricordarsi di loro. Sacrifica i suoi comodi per alleviare agli
altri il dovere. Fate, o Gesú, che io impari da Voi questa
bella dottrina .

II .

Sentite ora , o venerandi sacerdoti, come prega Gesú .


Una volta noi gli chiedemmo d'insegnarci ad orare, ed Egli
c'insegnò il Pater noster : ora c'insegna con la pratica.
Inginocchiato sulla terra — col volto raumiliato, pensando
chi rappresentava Egli dinanzi al Padre - colle mani sul
petto, cogli occhi a terra, Egli dice : Abba , pater omnia
tibi possibilia sunt, si possibile est transeat a me calir
iste, veruntamen non mea sed tua voluntas fiat. « Padre »
Tu sei infinitamente buono, e Tu mi ami d'infinito amore;
io confido in Te per la tua bontà ; * tutto ti è possibile »
Tu sei onnipossente ; io mi confido in Te per cagione della
tua potenza ; « se è possibile » se la salute dell'uman
genere non richiede altrimenti, se non vuole altro la gloria
tua. Prima di tutto io voglio, o Padre, la tua gloria e la sa
lute del mondo. Pera questa mia umanità, ma sii Tu glo
rificato, e salvinsi le anime de'peccatori; « passi da me
questo calice » oh qual calice amaro ! A' miei figli il calice
inebriante, il calice preclaro (Ps. 22), a me l'amarezza .....
« non la mia ma si faccia la tua volontà » Io venni al mondo
per obbedirti, o Padre , ed è scritto in capo al libro della
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 12
178

eternità : questo io voglio pria di tutto. Non una sillaba ,


non un accento se ne cancelli. – E durava cosi pregando
per un'ora .
Ecco l'umiltà, ecco la confidenza , ecco la rassegnazio
ne, ecco la perseveranza nella preghiera . Sembra che Gesù
orante mi dica : Cum difficile videtur quod iubeo , ad iu
bentem recurrite, ut unde datur praeceptum praestet au
xilium : non negabo opem qui tribui voluntatem (S. Leo M.).
Ti lamenti di esser debole e tentato e non preghi, o pre
ghi male ? « Chi non prega e non medita , dicea la B. Emilia
Bicchieri, è come un forestiere che portasi in città per com
prare alcune merci, ma non sa con chi ne tratti, né come
apprezzarle » . Il sacerdote è uomo di orazione e non sa
pregare ? Tocca a noi mostrar la preghiera'a 'fedeli, e pre
ghiamo senza umiltà, senza fiducia , senza rassegnazione,
senza costanza ? Deh insegnateci ancora , o buon Gesù, e
confortateci a ben pregare. Domine doce nos orare.
Pater, dice Gesù, si non potest calix hic transire nisi
bibam illum , fiat voluntas tua . () « Padre » buono ed on
nipotente in Voi mi confido. « Se non può questo calice
passare senza che io lo beva » . La prova è forte ed aspra,
ma la richiede la tua gloria , ed il mondo da redimere. Io
son cosa tua, e Tu mi facesti un vasello d'ira e di male
dizione, mettendomi in collo i peccati del mondo . O divina
vendetta quanto sei tu tremenda ! Terribil cosa è cader
nelle mani d’un Dio vendicatore! ma, o Dio , Fiat voluntas
tua in ogni mio senso, in ogni mio affetto , in ogni movi
mento , in tutti gli istanti di mia vita : nelle cose aspre e
dure, nell'amarezza e nell'abbandono, Fiat voluntas tua.
Questa è la parola della salute e della gloria. Fiat vo
luntas tua. Questa santifico Giobbe e Tobia, Davidde e Sa
muele, gli apostoli e i martiri, i vergini ei confessori. Fiat
voluntas tua . Questa è la voce del figlio obbediente e del
servo fedele. Fiat voluntas tua . Vivendo e patendo , ago
nizzando e morendo : Fiat coluntas tua. Dio solo ci ama,
e pensa a noi, e ci dà il nostro bisogno pel tempo e per
l'eternità . Fiat voluntas tua .
Et orarit tertio cumdem sermonem dicens : et apparuit
illi angelus de coelo confortans eum . Et factus in agonia
prolixius orabat. Et factus est sudor eius sicut guttae san
179
guinis decurrentis in terram . Gesù per tre ore fa sempre
la medesima preghiera, e sempre col medesimo affetto.
Non si annoia della ripetizione, non si offende per la pro
lissità , non s'inquieta perché non è esaudito quanto al
transeat a me calix iste . E noi? O santo breviario quanto
ci pesi! o divina Messa quanto sei strapazzata per la fretta !
Un angelo viene dal cielo a confortare il Creator degli
angeli: quale umiliazione per l'Uomo Dio ! Egli dicea for
se : Rammenta l'eterno decreto di redenzione. Il sangue
degli agnelli e de' giovenchi, e la cenere sparsa della vi
tella non giovano a santificare il peccatore : ma è neces
sario il sangue tuo o Agnello immacolato . Tu dunque
ló verserai testé da tutti i pori di questa divina carne , e
continuerai versandolo sotto i colpi de'flagelli, dalle pun
ture delle spine, per le trafitture dei chiodi, nell'ultimo colpo
di lancia che ti squarcerà il fianco fino al cuore. Cosi pia
cque a Dio ab eterno. Tuo è questo decreto . Fatti obbediente
fino alla morte, morte di croce . — E ciò detto svani. Ecco
la consolazione ed il conforto che Dio serba alle anime
grandi : mostrar loro vivamente l'orror della passione , e
spingerli con forza al martirio . Ai bambolini il latte e le
dolcezze, agli uomini formati con Dio l'amarezza e la croce.
Spesse volte è Dio stesso il tormento delle anime sue più
care, e le fa soffrire anni ed anni gli spasimi della morte.
Divino e sublime mistero d'amore ! affliggere per conso
lare, tormentare per sanare, uccidere per dare la vita !
Gesú agonizza e prega. Più è fiera l'ambascia , più è
lunga e fervorosa l'orazione: factus in agonia prolixius
orabat. Impara, o anima mia, la sapienza del Verbo. Tri
statur aliquis vestrum ? oret. Mostra a Dio le tue pia
ghe, come le mostra al pio cristiano un mendico ulceroso :
facilis una est, dice S. Cipriano, ubi plaga perspicua est ;
et cito ad sanitatem , medela interveniente perducitur vul
nus quod videtur (S. Cyprian. lib . de zelo ). E quand’anche
non abbi la guarigione vivendo, avrai la gloria pel merito .
Domine doce nos orare. Domine doce nos prolixius orare .
Gesú suda sangue. Dalla fronte cadon le stille sangui
gne sugli occhi e sulle guance, e riunitesi a quelle di tutto
il viso, scorrono sul collo e sul seno, e se ne fa un riga
gnoletto prezioso che scorre sul freddo terreno . Cosi, o Dio
- 180
mio, vi consola il Padre ? cosi mandovvi a confortarvi l'an
gelo ? () violenza di ineffabil dolore ! e per dolere faceste
quasi violenza a quell'ineffabil commercio che v'era fra le
nature divina ed umana . Fate miracoli, o Gesù, per soffrire,
mentre io chieggo miracoli per godere.
Ma sapeva ben Egli che meno ci avrebbe giovato go
dendo fra noi, dice S. Ambrogio (L. 10 in Luc. ) : minus con
tulerat mihi, nisi meum suscepisset affectum : ergo pro me
doluit, qui pro se nihil habuit quod doleret ; et sequestrata
delectatione divinitatis aeternae , taedio meae infirmitatis
efficitur. Oh grazie a Voi o buono ed appassionato Gesù
per tanto amore ! oh potessi anch'io soffrir per Voi qualche
dolore, poiché avete Voi sofferto per me ogni dolore! O
Gesù agonizzante , io mi getto a terra sulla polvere dac
canto a Voi e tingendo il dito nel vostro sangue divino che
scorre su quelle zolle ingrate, me ne segno e consacro la
fronte ed il cuore. La fronte per non temere il mondo coi
suoi rispetti umani: il cuore per vincere le mie passioni
sfrenate, e le suggestioni del demonio tentatore.

III .

Ma ecco spuntar dalla triste valle del Cedron alcune


fiaccole ed errare taciturne e serpeggiar paurosomente pei
sentieri tortuosi dell'Oliveto . Non s'odon voci, ma sentonsi
i passi de' ladroni e degli sgherri. Giuda sa il luogo e lo
mostra a quelle ciurme. E s’avanzano, e sono alla porta.
- Basta oramai, svegliatevi o cari, ecco il traditore , an
diamo. - Chi cercate voi ? – Gesů Nazareno. Ego sum :
et abierunt retrorsum et ceciderunt in terram . - Ed è
questa la voce dell'agonizzante Gesù ? Cosi ancora dopo il
sudore di sangue risponde e tuona ? Questa , o sacer
doti , è la voce di chi esce dalla lunga e fervente preghiera ;
la voce di chi ricevette poco prima il Corpo ed il Sangue
di Gesù . Tamquam leones ignem spirantes recedunt (Chrys .).
Chi cercate ? Gesů Nazareno . -- Già vi ho detto che
io son quel desso . Eccomi nelle mani vostre. Lasciate solo
in pace questi miei cari. Maestro , abbiamo noi da usar
la spada ? – dice Pietro, e cala un fendente e taglia l'orec
chio a Malco. Gesù risana lo sgraziato, e dice all’Apostolo :
181
Ringuaina la spada, ché di tali cose io non abbisogno.
Se lo volessi avrei a miei cenni le legioni degli angeli. Si
debbe compir quel che è scritto. — Ed i manigoldi legan
con le funi quelle mani divine ch’Ei loro porge e incomin
ciano a strascinarlo. E gli apostoli omnes, relicto Eo, fuge
runt. Omnes - anche l'ardito e presentuoso Pietro, anche
i due figli del tuono, Giacomo e Giovanni, anche Tommaso
che diceva eamus et moriamur cum Eo. Omnes , omnes.
Relicto Eo : lasciano il Maestro, il Padre, il Difensore, il Re,
il Cristo figliuolo di Davidde e di Dio : relicto Eo .
Fugerunt. Codardi ! mostran le terga e corrono sperpe
rati. Ma perchè ? Perchè dormirono : perché si curavano
più della sanità che della virtù : perché temevan la fatica
e le privazioni e i dileggi . Gesù, dopo l'agonia fino al san
gue, è pronto alla battaglia ed alla morte. Gli Apostoli, do
po il placido sonno e la quiete , fuggono vilmente. Multi
infirmi, et imbecilles, et dormiunt multi. Svegliati, o ani
ma , dal sonno del torpore: prega, medita, agonizare pro
anima tua. Ecco la tentazione, guai a te se non preghi.
Che vale d'aver un cuore ardito e sentimenti generosi, se
la carne é debole ed inchinata al male ab adolescentia sua !
Vigilate et orate ut non intretis in tentationem. Spiritus
quidem promptus est, caro autem infirma. Quod vobis dico
omnibus dico, vigilate.
IV .

Dunque Gesù è caduto in mano di Giuda traditore , in


mano degli scherani del Sinedrio, in mano de'suoi nemici?
No, o venerandi sacerdoti, non è caduto ma si die spon
taneo a loro . Nemo tollit animam meam a me : Egli voleva
l'ora della passione, e venne quell'ora ; voleva i tormenti
tutti della passione, e tutti i tormenti, al cenno di Lui, gli
rovesciarono indosso. Non prega il Padre di mandargli do
dici legioni di angeli per iscamparlo, non lascia morti sul
terreno i suoi persecutori, che Egli con un cenno avea stra
mazzati: ma sveglia costoro e porge loro le mani alle ri
torte. Quella divina Umanità prende le maniere d'un
Agnello che si lascia sgozzare, senza cercar nė resistenza
ne vendetta , e va con loro , e si lascia strascinar con le
182
funi, e si lascia schernire da quelle bocche infami, e si la
scia percotere da' bastoni e dai pugni. Ripassa il torrente,
risale l'erta di Sionne, entra nella casa d'Anna stato pon
tefice l'anno prima. Eppur conosceva l'orrore di que’ tor
menti che incontrava; eppur ne sentia tutta l'amarezza ;
ancor testé lo spavento e la tristezza l'aveano messo al
l'agonia, e gli avevano spremuto il sangue da tutto il corpo.
Eppur egli vuole i tormenti, i dileggi, la condanna, il bat
tesimo del sangue, la morte. Oh generosità divina ! oh in
comparabile amore di Gesù per noi!
V.

E non volle Egli più mostrar la divina sua possanza ,


in suo scampo nè sollievo. L'umanità fu lasciata sola nella
lotta . La Divinità rimase spettatrice dietro alla cortina della
carne. Ben diede un cenno di Se stessa la Divinità , per toc
care il cuor di Giuda e de' malandrini, slanciandoli a terra ;
ma non fu che un lampo : nė fu per risparmiar la natura
umana cercata a morte. Anzi Iddio s'era compiaciuto di
lasciar libero il campo al demonio , perchè scorrazzando
fra le turbe le aizzasse, e frugando nei cuori dei seniori,
de’ farisei, degli scribi li irritasse a maggior rabbia contro
l'innocente e santissimo Redentore. Haec est hora vestra
et potestas tenebrarum . Quale orrendo e schifoso spetta
colo a vedere quei sacerdoti, quei leviti, que’ seniori, quei
maestri d'Israele posseduti dal diavolo e da lui trabalzati
come una canna dal vento ! Eppur cosi avviene sempre ,
quando si dà luogo nel cuore al peccato, e dal peccato si
viene all'abito , e dall'abito si rovina nella ostinazione. Deh
allontanateci, o Dio, dall'orlo di questo abisso di morte.
VI .

Noi abbiamo conosciuto alla prova la gran necessità, e


la somma efficacia della preghiera. Gesù , quanto ha sete
di nostra salvezza , tanto brama che noi la desideriamo.
Sitit sitiri, dice il Nazianzeno . Cum a Deo beneficium pe
titur beneficio affici se putat. Iucundius dat, quam alii ac
cipiunt (or. 17 in s. bapt.); S. Giovanni lo vide nella apo
183 -

calisse succinctum circa mamillas zona aurea , come una


madre che sentesi pesar sul petto l'alimento prezioso del
bambino, e cercalo e chiamalo, e carezzalo perché venga
a sgravarnela, suggendo in suo bene quel cibo sostanzioso .
Dunque noi dobbiamo pregare, come Gesù, cioè umilmen
te, con confidenza , con perseveranza , con rassegnazione ,
perchè venga sopra di noi la piova dei favori celesti , e
l'angelo che ci conforti.
Ma se lo spirito è fervente ed ardito , la carne è infer
ma e chinata al male; dunque è da vegliare e da combat
tere fino alla morte. Post concupiscentias tuas non eas
(Eccli. 18) ; Melius esset eas non habere, dice S. Agostino,
e qual fortuna per noi se potessimo ritornare alla inno
cenza di Adamo prima del peccato ! ma la cosa non è pos
sibile : abbiamo la concupiscenza e la trasciniamo. Appun
to, dice il Santo , trasciniamola dietro noi, non seguitiamola:
Sed quia sunt (tibi concupiscentiae), noli post eas ire. No
lunt post te ire ? noli post cas ire. Rebellant ? rebella. Pu
gnant? pugna. Expugnant? expugna. Perché tanto ci costa
ora la pugna ? perché abbiamo fatto forte il nostro nemico,
cogli abiti nostri cattivi. Laboras quia validum adversa
rium , mala consuetudine fecisti. Non ti costó a nutrire ed
allevarti in casa il nemico; or fatica per isterminarlo : Non
laborasti ut nutrires eum , labora ut vincas cum . In hoc
bello semper homo periclitatur quousque moriatur (Aug.
serm . 131 ) . Sonnecchiammo troppo fin ora, or è tempo di
vegghiare. Passammo nell'ozio e nella indolenza i più be
gli anni, or é tempo di lavorare. La carne, il demonio , il
mondo si afforzarono per la nostra insipienza, or è tempo
di raddoppiar lo studio e la fatica .
Gesù Cristo , per ogni goccia di miele che noi gustam
mo, bevette un sorso di fiele. Ogni grado di grazia gli co
stó una mare di tormenti: ogni grado di gloria , la morte
di croce. In faccia all'Agonizzante del Getsemani è impos
sibile la scusa . Saranno gravi le tentazioni Gesú le volle
più fiere. Sarà mortale l'affanno Gesù l'ebbe più cru
dele. Sarà orribile la paura Gesù la soffri più oppri.
mente. Sarà importabile la noia Gesů l'ebbe più sner
vante . V'abbandonano gli uomini? Gesù è abbandonato
da tutti – anche da noi omnes relicto Eo fugerunt.
184
Non sentiamo la consolazione del cielo ? Gesù sentissi
abbandonare dal divin Padre. Suderemo , intirizziremo ,
stenteremo ? – Gesù sudo sangue per tutto il corpo. Non
dum usque ad sanguinem restitistis adversus peccatum re
pugnantes.

COLLOQUIO.

O divino Agonizzante, o Redentore abbandonato, anche


noi vogliamo soffrire con Voi, ed agonizzar fino alla morte
per Voi, per l'anima nostra, e per le anime dei poveri pec
catori. Il vostro divino esempio e le vostre parole non si
allontaneranno mai dal nostro cuore. Vegghiare sempre :
pregare con umiltà, con perseveranza , con fiducia, con ras
segnazione, prolixius orare anche nell'agonia : e quando
verranno a noi le tentazioni e le prove, dire Fiat voluntas
tua . O Gesù, queste son le vostre lezioni, a queste confor
meremo la vita nostra, col vostro aiuto. O Gesù buono, Voi
che vedete la nostra debolezza, i nostri abiti cattivi, le no
stre paure, deh compatiteci, non condannateci, fortificateci
pel merito della vostra crudelissima passione nel Getsemani.
Anima Christi sanctifica me ;
Corpus Christi salva me ;
Sanguis Christi inebria me ;
o bone Iesu exaudi me ;
Intra tua vulnera absconde me ;
Ab hoste maligno defende me. Amen .
MORTE DI CRISTO

MEDITAZIONE DECIMAQUARTA

La meditazione che noi siamo per fare, o reverendi sa


cerdoti , richiede ogni nostra attenzione, e un raddoppia
mento di fervore. Noi contemplammo finora il Signor no
stro Gesù Cristo come nostro modello perfetto di virtù , na
scendo, vivendo , operando nel ministero del Vangelo
nella vita privata e nella vita pubblica nelle cose meno
difficili, e fra. gli orrori d'una ineffabile agonia, cioè fram
mezzo alle più ardue prove interne ed esterne -
e pro
mettemmo di seguirlo sempre e dovunque, sequar te quo
cumque ieris. Ora noi stiamo per contemplarlo giunto sul
Calvario , inchiodato alla sua croce, moribondo . La morte
è l'ultima delle nostre azioni, ed è la decisiva : momentum
a quo pendet aeternitas . Se noi morremo bene, come Ge
sů, e con Gesù, beati noi ! Se morremo male , cioè senza
Gesù , guai a noi per sempre ! Impariamo dunque a ben
morire, dopo aver imparato a ben vivere nella scuola di
Gesù .
Il Calvario dove è inchiodato Gesù , è un piccolissimo
colle, a brevissima distanza da Gerusalemme. Scendendo
pochi passi dalla via Dolorosa, ne incominci la salita e la
fai in pochi minuti. È una schiena trista e deserta . La via
tortuosa è scabra e piena di sassi. Dalla cima ti si para di
nanzi tutta la gran città di Davidde, la valle di Giosafatte,
o della Geenna , il monte degli ulivi , e qualche squarcio
di pianura verso Gerico . Ossa spolpate e cranii nudi sono
sparse per quelle rocce , per che è chiamato Golgota , o
luogo de' cranii.
Deh ! o Signor Gesù Cristo crocifisso sul Calvario, quan
do ancora noi saremo sul nostro Golgota , inchiodati alla
croce dei nostri dolori mortali , ricordatevi di noi e racco
186
glieteci sotto al manto della vostra misericordia. E fate che
ora meditando l'ultima vostra agonia , c'infervoriamo vie
più nel vostro santo amore e nella brama di seguirvi fin
sulla croce . Dateci compunzione al cuore e lagrime agli
occhi perché piangiamo non pure le vostre pene, ma i no
stri peccati che ne furono la vera cagione. E voi, o addo
lorata Madre Maria, Sancta Mater istud agas , Crucifixi
fige plagas, Cordi mco valide. Fac me tecum pie flere ,
Crucifixo condolere, Donec ego vixero.

I.

A pie' della croce di Gesù, sulla cima del Calvario , io


veggo un mezzo mondo di nemici. Fanciulli scioperati che
salirono scorrazzando e ridendo, e stanno ora pascendosi
gli sguardi allo spettacolo di tre crocifissi laceri e pieni di
sangue. Uomini e donne della plebe che tutto quel matti
no , avevan fatto romore e schiamazzi per la città, gridando :
tolle hunc et dimitte nobis Barabbam . Crucifige, crucifige
eum ; ed ora trionfano d'aver forzata la mano al Prefetto,
ed ottenuta la crocifissione del Nazareno .
Gentili d'ogni nazione quae sub coelo est convenuti a
Gerusalemme per le feste, i quali si affollano a veder la
scena nuova per essi della crocifissione di tre malfattori.
Scribi, farisei, seniori del popolo, leviti , sacerdoti, che pas
seggiano sotto alle croci con infinita arroganza, e si applau
dono della sanguinosa vittoria , e guardano con ischerno
diabolico il divin crocifisso , e gli dicono : - Ah tu volevi
distruggere il tempio di Dio e rifarlo in tre giorni? salva
te stesso, ora, se lo puoi, salvati dalle nostre mani. Tu hai
salvato gli altri, e non puoi adesso salvar te medesimo ?
E dove è quel Padre celeste che tu vantavi, o bestemmia
tore, perché non viene a liberarti ? - Ne contenti alle pa
role ed alle bestemmie, lo deridevano, lo schernivano, gli
facevan beffe e visacci, et deridebant eum . I dottori , gli an
ziani, i leviti, i sacerdoti erano i più arrabbiati contro Ge
sů . Nei gentili e nel popolo viveva ancor qualche fibra di
compassione, ma non cosi nei dottori, negli anziani, e nei
sacerdoti. Anzi, se la plebe e i due ladroni crocifissi spar
187
lavano anch'essi e maledicevano, aveanlo imparato dai sa
cerdoti e da ' farisei: idipsum et latrones dicebant (Mat. 27 ) .
Che scena orrenda e indiavolata ! Veramente , come il
diavolo entrò in Giuda post buccellam panis, cosi era en
trato in questi dottori ed in questi anziani del popolo quel
giorno istesso, e servivasi delle loro mani per iscagliarle
contro il moribondo, dei loro occhi per saettarlo, delle loro
teste per iscrollarle , delle loro lingue per maledire e be
stemmiare : figli e schiavi del demonio.
Benedette voi, o pie donne , benedetta o Veronica, be
nedette o Marie , benedetta o Maddalena che non abban
donaste il Perseguito ed il Morente; ma ora assistete coi
volti velati, e con le lagrime che vi grondan dagli occhi !
Benedetto , o Giovanni; tu solo dei discepoli, dopo la
paura e la fuga , ritornasti in senno , ed accompagnasti il
Maestro al Calvario , ed ora difendi col compianto la Madre
ed il Figliuolo. O possa io somigliare a te, o apostolo del
l'amore !
Benedetta fra tutte le donne , anzi fra tuttte le più no
bili creature Maria. In te sola vive e risplende la fede e
l'amor di tutta la Chiesa in questo giorno. Ah non vacillo
mai la luce di tua fede, nė sminui l'incendio del tuo amore .
O Maria, quali affanni , quai dolori, quali spasimi a quel tuo
dolcissimo ed amantissimo cuore! Vederlo sanguinoso ,
squarciato , afflitto , agonizzante , e non poterlo consolare
pur d'una goccia di acqua ! 0 Maria Tu sei la Reina dei
Martiri. Quos dolores in partes non habuisti, iuxta crucem
ex compassione in anima sustinuisti (S. Ioan . Damasc .).
Qui veramente Tu fosti madre dei figliuoli di Eva, perché
con dolore ci hai ingenerati. O benedetta Maria !
Deh non guardare o Madre, que' villani, che sotto alla
croce van giocando la veste di Gesù ; quella veste che Tu
gli avevi tessuta , e che Egli amava assai più delle altre
vesti , perchè fatta dalle tue mani. Deh non figgere i tuoi
sguardi, o Maria, su quel volto divino scolorato, deturpato,
sozzo, livido per la morte vicina . Vè quegli occhi appan
nati e sanguinosi. Vè quella fronte traforata dalle spine.
Nè quelle labbra violacee e quelle guance smorte. Nè quel
petto ansante e sollevato, tutto pieno di lividure e di strappi.
Nė quelle mani rattratte e traforate orribilmente dai chiodi.
188
Nè que' pie' cosi belli trapassati e inchiavati al legno san
guinoso. Nė quel sangue che ha coperta la croce e scorre
fin sopra i sassi del monte. Non tavvicinare, o madre, no ;
che quel sangue divino non ti piova sulla fronte e sul volto.
Quis non posset contristari, Piam matrem contemplari,
Dolentem cum filio ? Vidit suum dulcem natum , Morientem
desolatum, Dum emisit spiritum ! ( Gesů, o Maria !
II .

Verrà anche per noi, o venerabili sacerdoti, verrà l'ora


dell'agonia e della morte, l'ora che il Santo Giobbe chiama
ora della paga : donec optata veniat sicut mercenarii dies
eius. Non verrà certamente con gli affanni e gli spasimi
orrendi di Gesù crocifisso, ma verrà con le sue paure ed
i suoi dolori, chè amara è pur sempre la morte, e difficile
alla natura . Ma comunque ella sia per essere noi abbiamo
da accettarla con rassegnazione dalle mani di Dio, perché
Egli cosi vuole e comanda : statutum est hominibus semel
mori. Noi dobbiamo accettarla per obbedienza.
Eppoi non è egli giusto far sacrifizio a Dio di quel corpo
che Egli ci diede per compagno dell'anima? Non è egli
giusto che si chiudano alla luce questi occhi i quali tanto
abusarono della luce ? si chiudano al suono questi orecchi
i quali tante parole ascoltarono contro Dio ? si paralizzi
questa lingua che eccedette nel gusto , e che tanto si agito
in indegne parole ? marciscano le mani e le altre membra
che furon ministre di tante colpe?
Dio sacrificò la sua vita per me ; anch'io voglio offrirgli
in sacrificio la mia ; piccolo è il sacrifizio perché ad ogni
modo è necessario , nè io me ne posso campare ; ma pure
Iddio lo accetta in odore di soavità. Eppoi, se morendo sa
remo lontani da ogni pericolo di offendere Dio e di dan
narci, non è ella desiderabile la morte ? E coll'esempio di
nanzi agli occhi del moribondo Gesù, non sarà ella anche
facile, anzi dolce la morte ?
Egli, il nostro dolcissimo Salvatore non pensa da pri
ma a'suoi tormenti ed al suo abbandono, ma pensa a'suoi
nemici ed a'suoi crocifissori. Egli vuole che sappia tutto
il mondo, e sappianlo tutti i secoli , che mori senza una
189

goccia di fiele nel cuore, amando tutti, perdonando a tutti,


beneficando tutti. Oh che voci divine!
Pater iguosce illis, non enim sciunt quid faciunt. Tu sei
mio Padre, e so ben io che Tu mi ami e sempre mi ascolti.
Padre perdona ad essi ; dimentica il peccato di Pietro , la
fuga dei discepoli, le bestemmie di Caifa, le maledizioni del
Sinedrio, la sentenza di Pilato, gli strapazzi di questa ple
be, le derisioni di questi maligni. Dimentica, o Padre, e per
dona. Essi, traviati da una furibonda passione e sedotti dal
demonio che li tenta non sanno quel che fanno : e se lo
sapessero, certo non metterebbono in croce il Figliuol tuo .
O Padre perdona.
E parmi che a quelle misericordiosissime parole ed a
quella scusa inaspettata , Disma il ladrone si sentisse ferito
nel cuore, e perciò disse : Domine memento mei cum ve
neris in regnum tuum . Or ti riconosco per mio Signore, e
ti chieggo perdono di averti maledetto. Perdonami, e quan
do sarai giunto al regno di gloria che è tuo, ricordati di
me, e salvami da morte eterna . - E Gesù gli diceva : Ho
die mecum eris in Paradiso. La tua penitenza è viva , è
solenne, è esemplare, o Disma: tutto ti è perdonato . Oggi
stesso, fra poco d'ora, io sarò nella gloria, e tu pure sarai
con me. Sta di buon animo, o pentito, e soffri ancor que
sto poco al mio fianco .
Anche noi avremo avuto nemici, emuli, traditori, dela
tori, maledici. Chi sa ? forse le male azioni altrui ci avranno
anche guasti gli umori ed abbreviata la vita . Oh quanti
parrochi andarono alla tomba pria di tempo a cagione delle
tribolazioni avute in parrocchia ! quanti confessori ammaz
zati dai penitenti, o per causa della confessione maltrattati !
quanti preti, quanti monaci derisi, spogliati , offesi in ogni
maniera e dai privati e dalle pubbliche autorità ! Facti su
mus omnium peripsema usque adhuc, spazzatura del mon
do . Abbiam de nemici, e beati noi che li abbiamo, perché
se non li avessimo, se ancor piacessimo agli uomini, non
saremmo servi di Gesù Cristo ; beati noi perseguitati ed
odiati, perché potremo aver la gloria ed il merito del per
dono, a somiglianza di Gesù Cristo.
Fatta la nostra ultima confessione generale , dinanzi ai
pochi parenti, ed a'coadiutori del nostro ministero, noi da
190
remo in pubblico la voce del perdono. E quando verrà
Gesú sagramentato nella nostra camera , accompagnato dal
popolo fedele compunto e devoto, noi rinnoveremo le pa
role del perdono. - Io amo tutti, non porto risentimento
a veruno, tutti tutti li considero siccome fratelli e figliuoli.
Se qualcuno ha pensato di farmi del male con le parole
o coi fatti , io gli perdono , io dimentico ogni cosa , e gli
chieggo da Dio ogni benedizione. Perdonatemi voi piutto
sto, o fedeli, per gli scandali che io vi ho dato colla mia
negligenza , colla mia impetuosità , per la mia ignoranza.
Perdono Gesù , perdono a me ed a tutti.
E si che col perdono in bocca sarà in noi più viva e
più ferma la speranza del perdono. Dimittite et dimitte
mini. Gesù pregò anche pei carnefici suoi, ma non diede
confidenza a quelli che mantengono in cuore la ruggine
ed il risentimento . O soave carità di Gesù Cristo accendi
il cuor nostro , ora e nel momento fatale di nostra morte.
Perdono ! perdono!
Stava la Madre dolorosa, oppressa dalla amarezza im
mensa , a pie’ della croce, mentre agonizzava Gesù ; ed Egli,
veggendola, si le disse : Mulier ecce filius tuus, deinde di
cit discipulo : ecce mater tua. Et ex illa hora acccpit eam
discipulus in sua . « Donna » tu sei la seconda Eva, la vera
Donna Madre di tutti i viventi: ecco dunque il tuo figlio in
questo Giovanni redento e ravvivato dalla mia grazia , e
con lui ecco tuoi figli essere tutti gli uomini per cui io
muoio . Prendi, o Giovanni, prendete o uomini peccatori e
giusti, prendete questa mia per vostra madre , e sia per
voi il più gran bene dopo quel della grazia. Mettetela nel
tesoro dei vostri beni spirituali. Accipite eam in vestra.
La madre non alzó lo sguardo al figlio divino, ma lo ab
basso al figliuolo novello con immenso affetto : e Giovanni
alzò lo sguardo a Gesù ringraziandolo, poi lo volse, oscu
rato dalle lagrime, alla Madre addolorata.
E noi pure avremo forse morendo, se non i genitori da
raccomandare, certamente de'parenti, degli amici, dei be
nefattori, e sopra tutto degli indigenti nell'anima e nel
corpo – vera famiglia del buon sacerdote – dei quali do
vremo lasciar la cura a qualche persona dabbene. Un pen
siero adunque per queste anime; ma un pensiero conso
1
191
lato dalla confidenza in Dio, ottimo e provvidentissimo Pa
dre qui nullius habet necessitatem , e meno ancora d'un
mezzo cosi disacconcio come siamo noi. Ne ci dia premura
od affanno il pensiero delle cose temporali in quell'ultimo
punto di nostra morte . Il buon sacerdote non aspetta a far
testamento allora . Sarebbe cosa indegna. Il buon sacerdo
te, o che non ha più nulla del suo, come gli apostoli, ov
vero, se ne ha, tutto ha regolato lungo tempo innanzi, con
un buono e cristiano testamento .
Allora piuttosto abbiamo noi da pensare alla Madre
buona ed amorosa che ci assisterà, e renderacci il cambio
dei nostri ossequii e delle nostre devozioni consolandoci e
confortandoci nell'ora dell'agonia. Che bella morte in brac
cio a Maria ! Le cento volte ogni giorno Le dicevamo: ora
pro nobis peccatoribus nunc et in hora mortis nostrae, ed
Ella ben se ne ricorda, nè manca di esaudirci: or le ora
zioni di Maria sono sempre ascoltate dal suo figlio Gesù .
O Maria monstra te esse matrem , poiché noi vogliamo ad
ogni modo mostrar d'esservi figliuoli. Maria mater gra
tiae, mater misericordiae, Tu nos ab hoste protege et mor
tis hora suscipe. O Maria quante volte vi abbiamo invocata
mater misericordiae , vita , dulcedo , spes nostra ! quante
volte abbiamo pianto e sospirato a ’ vostri pie', miseri fi
gliuoli d'Eva ! ora dunque, che siam sul finir dell'esiglio ,
mostrateci oramai Iesum benedictum fructum rentris tui.
Ed ella accorrerà pietosa alle nostre voci, comparendoci
anche manifestamente , siccome fece a molti suoi divoti,
per consolazione e per conforto . S. Alfonso insegnava anzi
a chiedere ad una Madre cotanto buona questa grazia cosi
bella , per l'ora della morte .
Sitio disse Gesù agonizzante, e que carnefici per tutto
conforto gli posero alla bocca una spugna piena di aceto
con fiele. Questa è la carità che si uso con Lui. Non ebbe
da veruno altro conforto .
Ed anche noi in quegli ultimi istanti potremo patire il
tormento della sete, e ci sarà proibito il bere : forse i me
dici, pel nostro bene, penseranno di doverci amministrar
pozioni calde, amare , ributtanti. Vorremo prendere aria
alle membra ardenti per la febbre, e ci saranno ricoperte ;
vorremo calarci dal letto, e ce lo impediranno; chie
192
deremo alcuni cibi, e ci saranno ricusati; ripugneremo
a certe operazioni dolorose, e ce le faranno contro ' voglia .
Verrà il tempo che non potremo più farci sentire, estintaci
la voce ; o nemmen più potremo parlare perchè gonfiata
la lingua. Oh quante cose spiacevoli avremo da tollerare !
quante cose utili o non potremo domandare, o domande
remo invano ! E se noi non siamo avvezzi ora alla morti
ficazione ed alla pazienza, deh quanti peccati allora ! qual
preparazione alla morte!
Gesù Signor nostro disse sitio , non pure perché soffria
materialmente il supplizio della sete , ma più perché bra
mava di più soffrire, per più salvare. Egli in laboribus a
iuventute sua, anzi crocifisso da Bambino, ben conosceva
ogni infermità, ogni spasimo , e soffriva volentieri moren
do : ma noi ? Oh impariamo a soffrir vivendo , per saper
soffrire alla morte . La croce non si porta solo al Calvario,
ma dappertutto e sempre tollat crucem suam quotidie.
L'ardore di Gesù Signor nostro pei patimenti, quella sua
sete inestinguibile di croce fu alla morte di Lui saziata .
Guardate quel volto divino come è pien d'affanno - que
-

gli occhi come si volgono al cielo compassionevolmente


quella fronte come si oscura vie più . E chi vede in quel
Cuore amante la piena dell'ambascia e dell'amarezza ?
Magna est velut mare contritio tua ( Thren .). Imperocchè
sente in quegli estremi l'abbandono del Padre. Dolori
di morte – tormenti d'inferno. Nessun'anima al purgato
rio soffre quel che soffri Gesù a quell'abbandono. Le ani
me sante, che bevvero qualche volta a questo calice, non
seppero chiamar questo dolore altro che dolore d'inferno.
Eli eli lamma tzabactani? Tu sei pure il mio Dio che
hai creato quest'anima e questo corpo. Tu sei pure il mio
Dio che mi hai chiamato al mondo per la tua gloria . Ed
ho io meritato che Tu chiuda le tue orecchie alle mie pre
ghiere e gli occhi aʼmiei tormenti ? Perché, o Dio, abban
donare l'opra delle tue mani ?
O sacerdoti venerandi, il diavolo verrà da noi in quel
l'ora della morte habens iram magnam , sciens quia mo
dicum tempus habet; e ci metterà nell'anima pensieri di
bestemmia , e dubbi atroci contro la fede ; ovvero ci mar
tirizzerà il cuore con la disperazione e lo spavento della
193 -
dannazion vicina. Qual nube procellosa e scura di peccati
ci apparirà dinanzi ! quanti scandali da riparare, quanti
torti da raddrizzare , quante confessioni mal fatte ! E non
basta ; Iddio medesimo alcune volte metterà nel crogiuolo
della paura e della sconfidenza le anime sue anche più
care, e quando un solo passo le separa dal paradiso, sem
brerà ad esse che già sien nell'inferno . Deus meus, Deus
meus ut quid dereliquisti me ? – Voi dunque mi abban
donate o mio Dio ? Voi manderete fra'demonii per sempre
il vostro sacerdote ? Ah, mio Dio, finiremo per dirgli col
desolato Francesco di Sales : sia quello che volete Voi,
ma almeno anche nell'inferno io vi amero. Diligam te Do
mine virtus mea . Dominus firmamentum meum et refu
gium meum , et sperabo in Eum (Ps. 17) . Il dolce lamento
che imparammo dalla bocca di Gesù agonizzante , richia
merà al nostro cuore i pensieri d'amore e di speranza. Il
sacerdote nostro confessore ci verrà suggerendo pensieri
e parole d'amore e di speranza. Il nostro buon angelo ci
moverà egli pure all’amore ed alla speranza, e rinascerà
la calma nell'afflitto spirito e potremo dir con Gesù spi
rante : Consummatum est. Io ho compito , o Padre , quel
l'opera alla quale tu m'hai mandato : ho serbato i tuoi co
mandamenti: non un apice od un iota vi manco : ed ora
aspetto la mia gloria ed il mio trionfo.
Si noi beati quando potremo dire con Gesù consumma
tum est, non « tutto spari, tutto sfumo » evanuerunt tam
quam umbra - aut velut somnum surgentium . Non « tutto
è finito pel tempo » : venit finis, finis venit. Perüt memo
ria nostra cum sonitu. Ma consummatum est, TETÉEGTalk ,
tutto è compiuto , tutto è perfetto. Oh ben lo potea dire
S. Paolo , quell'anima ardente e divina : Cursum consum
mavi, fidem servavi , in reliquo reposita est mihi corona
iustitiae. Gridavaci il mondo descendat nunc de cruce : la
scia o prete quelle tue massime severe , quel tuo vivere
penitente e laborioso , cala dalle regioni del cielo e vieni
con noi e fruamur bonis. Ma noi non ascoltammo quelle
voci , le disprezzammo. Ci diceva all'orecchio S. Bernardo :
Neminem audiamus, non carnem et sanguinem , non spi
ritum quemlibet descensum a cruce suadentem . Persista
mus in cruce , moriamur in cruce . Deponamur aliorum
Considerazioni al Clero 13
BERCAIALLA
-
194 -

manibus, non nostra levitate. Virtus in pace acquiritur ,


in pressura probatur, approbatur in victoria (serm . 1 in
Parasceve ).
Quando avremo nelle mani quel crocifisso , ultimo ed
unico conforto del moribondo , oh allora conosceremo il
vantaggio della mortificazione, il valore delle fatiche, il te
soro della pazienza. Come Lui fui maledetto e dileggiato
e tacqui. Come Lui ho sparso sudori e durai fatiche e stenti
nel ministero . Come Lui non ho mai cercato a pascere
smodatamente il corpo , nè a stemperarlo col sonno. Come
Lui mi feci tutto a tutti per salvare tutti. Opus consum
mavi ad quod misisti me. Deh o crocifisso mio Dio, dammi
ora il riposo della fatica , e la gloria dopo l'infamia , e la
consolazione dopo le pene, e la vita beata dopo la vita de
gli stenti: amodo requiescam a laboribus meis. Consum
matum est.
In manus tuas commendo spiritum meum . Eccoti, o Pa
dre, esclamò Gesù con una grande e solennissima voce ,
eccoti quell'anima che Tu hai creata , arricchita immensa
mente di tuoi doni, riunitala a questo corpo , strettala in
dissolubilmente alla Persona del Verbo. Quest'anima mia,
è cosa tua, tutta tua, perfettamente tua . Nulla vi è in lei
che ti abbia mai dispiaciuto : anzi in lei Tu facesti le tue
divine compiacenze. Quest'anima io te la rendo, o Padre,
nel dividersi che ella fa dal suo corpo . Prendila, o Dio, nelle
tue mani e carezza la desolata ! - E Dio Padre raccolse
quell'anima adorata nelle sue mani divine..... Oh anima
beata di Gesù Cristo io mi prostro innanzi a Te. Anima
beata , io mi rallegro con Te . Anima beata , io mi racco
mando a Te.
Dirò anch'io un giorno, e forse presto assai : in manus
tuas commendo spiritum meum ; ma come dirollo io allora ?
Quale sarà allora l'anima mia per poterla raccomandare
al Padre ? sarà ella pura e monda , non habens maculam
neque rugam ? sarà ella limpida e chiara come stella ! sarà
essa ricca di nobili vesti, habens vestem nuptialem ? O sa
cerdoti venerandi, la Chiesa santa ci mette in bocca ogni
giorno a Compieta – la Compieta lucis ante terminum , ė
la imagine dell'agonia. – La Chiesa ci mette in bocca ogni
giorno quelle parole : In manus tuas Domine commendo
-
195 -
spiritum meum , e ce le fa ripetere quattro volte ; e per ren
derle più facili e soavi ci fa interporre le altre redemisti
nos Domine Deus veritatis. Oh quanto bene potremo allora
ridir queste voci, se ben vi facemmo attenzione ogni giorno !
La Chiesa ci richiama a mente l'agonia ogni giorno, per
chè ogni giorno ci prepariamo a morire. Nessuno sa me
glio fare una cosa di colui che si avvezza a ben farla ogni
giorno . - S. Vincenzo de' Paoli potè dire confidentemente
ad un suo religioso che da quarant'anni ogni giorno si
disponeva a morire , e mori da Santo . Facciamolo anche
noi . Quotidie morior.

III .

Et inclinato capite tradidit spiritum . Gesù chinò il capo


e poi spiró, mentre l'uomo per ordinario spira e poi china
il capo ; osserva S. Gio . Cris . (hom . 84 in 19 Io.) . Or per
ché un siffatto mistero ? La morte fu la più grande e su
blime azione di Gesù : più grande e sublime che la stessa
Incarnazione. V'è dunque in ogni sua circostanza un in
segnamento divino .
Gesù era tutto conficcato alla croce, nè poteva per altro
suo membro dar più verun segno : dunque pel capo, quod
affixum non erat , ci parlò l'ultima volta . Quell'inchino
estremo era dunque l'ultimo segno di adorazione che dava
all'eterno suo Padre; l' ultimo atto di obbedienza , obbe
dienza fino alla morte; l'ultima risposta affermativa del no
stro perdono e della nostra salute eterna ; l'ultimo saluto
che dava a noi , come dicendo : a rivederci oramai in
Paradiso ; era l'ultimo segno d'amore, e l'ultima chia
mata che ci faceva al suo santissimo Cuore. Ed il buon
sacerdote risponde a questa chiamata chinando anch'egli il
capo ed accettando con tutto il cuore la morte : ecce venio
Domine lesu (Apoc.).
Un valente uomo e franco cattolico de' nostri tempi fu
Carlo di Riancey uno de' più valorosi scrittori in difesa
della religione e del diritto , in Francia. Egli chiamava la
morte « ultimo dei doveri dell'uomo » ; la sua agonia fu di
quattordici ore, ma l'avresti detta l'agonia d'un fanciullo
innocente, tanto ella era calma e serena. Un suo amico per
196
confortarlo gli disse : « ecco che voi andate oramai a goder
Dio » ; ed il morente rispose : « da lungo tempo io lo pos- .
seggo . Voi sapete, o mio Dio, diceva altresi, che io non ho
mai fatto conti con Voi , e spero che Voi non farete mai
conti meco » . Oh grande e nobilissima sentenza degna di
stare non pur nella bocca d'un fervoroso cattolico, ma, e
più, nella bocca d’un buon sacerdote. Chi non fa i conti
a Dio vivendo , è certo che Dio non lo giudicherà con ri
gore alla morte. Chi teme di far troppo per Dio e per la
Chiesa , chi vuol tenersi al puro e schietto necessario per
non peccar gravemente si mette a rischio di provare scar
sezza di grazie e di aiuti morendo. Iddio sparse in noi a
profusione senza misura le sue benedizioni ; ma vuole che
ancora noi gli diamo tutto il cuore, tutta l'anima, tutta la
mente , tutte le forze , tutto l'uomo. Ed ha infinitamente
ragione.
Padre mio , diceva una zitella di sedici anni, al confes
sore che l'assisteva moribonda, padre mio, vorrei dormire
un poco, ma anche non vorrei che la morte mi arrivasse
mentre io dormo . Ditemi, o padre, sono in grazia di Dio ?
Certo lo siete, rispose il confessore, che conosceva
in lei un cuore immacolato e tutto , senza divisione , tutto
di Dio . Allora , disse la fanciulla , io dormiró contenta . -
Chiamò il padre e la madre, prese la benedizione da loro,
chinse gli occhi, s'addormentò placidamente, nė si sveglio
mai più . O bella e cara morte di chi è tutto quanto di Gesù
e non conteggia con Lui !

IV .

Gesú, morendo , appena volle far conoscere un lampo


della sua divinità , con quella sua voce cosi robusta e to
nante , che scosse le fibre più dure dei soldati e degli
sgherri, senza toccar punto il cuor degli scribi e de' farisei.
Ma Egli non fe' nulla per camparsi da morte. Era stabilito
ab eterno che morisse anche l'Autor della vita , per ren
dere a noi la morte men dura. Perchè stancar di preghiere
e di sospiri il cielo per allungarei di alcuni mesi la vita ?
la potremo noi evitare ? E non è egli assai più utile per
197

noi a morir tosto , per liberarci dal pericolo di peccare,


che di stentar vivendo , con l'affanno in cuore di perdere
Dio ?
V.

Ecco il cadavere di Gesù esangue. L'anima è scesa in


inferiores partes terrae ; la vita non è più. Rimangono in
croce quelle ossa spolpate e sanguinose che uno ad uno
si possono contare : vi rimangono inchiodate quelle mani
contratte e squarciate, e que' laceri piedi . Quel volto divino
non ha bellezza nė decoro ; ha invetrati gli occhi, livide le
labbra, aperta la bocca. Eppure ancor non basta alla cru
deltà umana . Quel fianco, e quel cuore hanno ancora da
essere percossi da una lancia , e ne uscirà l'ultima stilla
d'umor che rimanga in quel corpo. Allora soltanto, e non
prima , sarà schiodato, calato dalla croce, e posto su quel
grembo materno, donde era uscito. Maria ce lo avea dato
vivo, e noi glielo rendemmo morto, e come morto !
A veramente, o Gesù, voi solo usque ad sanguinem re
stitisti , effondendolo tutto per la remissione dei peccati !
Quando io ripeto ogni giorno la consecrazione del calice ,
parmi di mirarvi in grembo di Maria cosi straziato trafitto
esangue. O Dio mio qual bontà, quanta misericordia, quanta
speranza di salute per me !

VI.

Ben è giusto che alla terra si raccomandi anche questo


mio corpo che è di terra. Debbo io accettare d'esser cibo
dei vermi, per non provare il verme che rode e che non
muore . - Sia di questo nostro cadavere , cosi lo solea
chiamare, anche vivo, il Santo Parroco Vianney , sia di
questo nostro cadavere quel che si vuole. Ponganlo in
chiesa o nel cimitero, lo gettino alle sabbie o lo diano agli
avoltoi ed a' cani, lo prendano per istudiarlo i cerusici o lo
facciano in brani, che monta ? se l'anima é salva, lasciamo
andare a male il corpo. Pensino que’ del mondo a disporre
-
198 .

una splendida funzione funebre, canti solenni e squisiti ,


suoni prolungati di campane, luogo eletto da marcirvi, mau
soleo sontuoso da alloggiarvi la putredine ed i vermi
a noi che importa tutto ciò ? Morire con Gesù, morire per
Gesù , morire colla certezza di salire a godere di Gesù ,
questo è tutto per noi. Santifichiamo l'anima nostra , vi
vendo , colle fatiche del ministero , colla vigilanza , colla
mortificazione, colle privazioni, col buon esempio ; e non
aspettiamo a santificarla con le eseguie , con le messe fu
nebri, con gli anniversarii. Anche queste son cose buone,
ma la santa vita, ed il fiat voluntas tua è meglio di tutto
questo .
Uno sguardo al nostro cadavere : ecce homo ! ecco quel
superbo, quel presuntuoso, quel comodo e delicato ! Ecco
quella carne che io tanto diligentemente pascei e feci ri
posar sulle piume! ecco quel corpo al quale tanto rispar
miai con detrimento dell'anima! Qual vantaggio ne ho io
adesso ! qual bene per l'anima ? qual lucro per la eternità ?
Iam foetet, già lo cacciano di casa , già lo sotterrano per
chè non ammorbi. Che mi serve la bella casa, i ricchi mo
bili, le preziose vestimenta , le ampie possessioni, i sudati
risparmi ? Tutto è fumo. Tutto finisce in due metri di terra.
Moriamo bene e cari a Dio, e pera tutto il mondo. O Gesù
insegnateci a ben morire con Voi e per Voi.

COLLOQUIO.

Adoramus te Christe et benedicimus tibi quia per san


ctam crucem et mortem tuam redemisti mundum . Adoria
mo l'anima vostra scesa al limbo a consolare i padri. Ado
riamo ogni stilla del vostro sangue nel Getsemani, nel Si
nedrio, nel pretorio , per la via del Golgota , sul Calvario, !

nel sepolcro. Adoriamo questo vostro cadavere esangue


unito ipostaticamente al Verbo. Adoriamo Voi , o Dio, no
stro Creatore e Redentore, Gesù benedetto , Maestro della
vita e della morte. Deh, o Gesù, per le angustie e pei do
lori della vostra agonia e della vostra morte , imprimete
ben nel cuor nostro le lezioni del ben morire. Fate che
--
199
impariamo da Voi il perdonare aʼnostri nemici , la rasse
gnazione e la confidenza nella divina misericordia . Fate che
possiamo dire anche noi morendo : cursum consummaui
fidem servavi. In manus tuas commendo spiritum meum .
E che spiriamo chinando il capo in segno di obbedienza
facti obedientes usque ad mortem crucis. Cosi sia.
RISURREZIONE

MEDITAZIONE DECIMAQUINTA

Dolcissimo Signor mio Gesù Cristo voi risorgeste al fine,


e dall'orror del sepolcro nasceste allo splendore della
gloria trionfale. Ah non dovea quella purissima e santissi
ma carne vostra , uscita dall'utero della Vergine immaco
lata, veder mai la corruzione ! A Voi, Signore, son note le
vie della vita , a Voi sono aperte le mansioni del gaudio
(Ps. 15). Voi morto per nostra salute dovevate risorgere
per nostra consolazione e per confermarci nella fede. Che
sarebbe il cristianesimo senza la risurrezione ? Vana spe
ranza, sciocca presunzione. Siate benedetto o Gesù risorto,
come benedetto eravate nel sepolcro, benedetto sulla croce,
benedetto sotto ai flagelli, benedetto nelle condanne, bene
detto nelle maledizioni.
O venerandi miei sacerdoti, cessiamo il pianto e rive
stianci di gaudio : Gesù è risorto. Pietro e Giovanni, la Mad
dalena e le pie donne corrono al sepolcro per veder le
traccie della risurrezione, e ritrovano Gesù o per via, o nel
l'orto, o nel cenacolo . E noi accompagniamoci piuttosto a
Gesù, non abbandoniamolo d'un passo , guardiamo le sue
bellezze, ammiriamo la sua gloria, contempliamo l'anima
sua ed il cuor suo , ascoltiamo le sue parole e godiamo per
Lui e con Lui. S. Luca ci chiama a considerarlo sopra
tutto nella via che da Gerusalemme conduce ad Emmaus,
e cola nel povero casolare di Cleofe. Andiamo.
Da mezzodi la via che mena ad Emmaus corre un ses
santa stadii, che è un due ore e mezzo di cammino . A qua
lunque passo tu rivolga lo sguardo indietro, Gerusalemme
ancor si presenta con le sue torri del Sionne, l'immensa
mole del Moria, il Golgota e l'Oliveto. La strada é deserta
e sassosa . Emmaus è nel dosso del monte, piccol villaggio
201
campereccio , con case di villani , e pochissime abitazioni
signorili . Qui è la casa di Cleofe, cioè un quadrato di fab
brica ad un sol piano col terrazzo , da godervi il fresco
delle notti estive.
Trahe nos post te , Domine lesu, curremus in odorem
unguentorum tuorum : sequemur te quocumque ieris. Oh
si spargete, o Gesù, le stille del vostro prezioso unguento
per la via , affinché dalla soavità e letizia di quell'odore
noi siamo allontanati dai gusti delle cose immonde e vane
di questa terra . Dilatate il nostro cuore colla speranza e
coll'allegrezza, e noi saremo tutta cosa vostra in eterno.
Inclinavi cor meum ad faciendas iustificationes tuas in ae
ternum : cum dilatasti cor meum (Ps. 118) .

PUNTO PRIMO.

Dal gelido sepolcro , inciso nel masso vivo , suggellato


dal Sinedrio, guardato dalle milizie nazionali, come raggio
di luce brillante e serena che attraversa quetamente un
gran lastrone di cristallo , usci Gesù Cristo e riconquisto
l'aere aperto , e i campi feraci. Anzi conquistò la libertà
dell'aquila reale che vola per gli spazi cerulei del firma
mento , e per volar non si stanca : assumpsit pennas ut
aquilae, volavit et non requiescet. Testè avvolto nella sin
done, nei sudarii, nelle fasce, nelle bende : ora sciolto , li
bero, veloce al corso , come il pensiero. Testé freddo ca
davere unto e linito coll'aloé , la mirra e gli altri aromi:
ora caldo, vivo, rigoglioso, col crisma beante del gaudio e
della letizia : unxit te Deus, Deus tuus, oleo laetitiae prae
consortibus tuis (Ps. 44) . Testé nell'oscurità della notte ,
della tomba , della morte : ora nello splendor della vita, del
trionfo, della gloria infinita , immortale. Deh come è bello
quel corpo divino ! quanto ne raggia la fronte! quanto ne
ride il sembiante ! come ne fioriscon le guance ! come son
di porpora le labbra ! come rilucon quasi stella gli occhi !
Ah meraviglia di Dio ! o fattura divina della Donna nuova !
factum ex muliere! Tale il pianeta del mattino esce a far
onta alle altre fiaccole del firmamento , e richiamare il ri
posato villano alla fatica dei campi. Tale il re dello splen
dore, il sole, circondato di smagliantissima luce, nasce dal
202
seno del mare e inonda la terra di suoi raggi e di suo
fuoco : nec est qui se abscondat ( calore eius (Ps. 18) .
Ed in questa sua bellezza inesplicabile perchè divina,
Gesù appari, innanzi a tutti, alla beatissima sua Madre,
circondato dalla corona dei Santi tratti oramai dall'esiglio
del limbo e del purgatorio. O viscere beate di Maria che
effondeste al mondo cosi grande splendore! o mammelle
beate di Maria che allattaste Cristo Gesù ! o occhi beati che
in men di tre giorni lo miraste crocifisso, sepolto, risorto !
o estasi divina di quel dolcissimo cuore! Regina coeli lae
tare alleluia . Quia quem meruisti portare alleluia , resur
rexit sicut dixit alleluia. Grazie o Gesù per aver conso
lata Maria la nostra Madre ! Grazie o Maria per aver pri
ma di tutti cosi degnamente adorato Gesù risorto .
Ma non in eguale splendor di bellezza manifestossi a
Pietro, nè a Giacomo; non alle pie donne nè alla fervente
Maddalena. Niuno era degno di vederlo come Maria : niuno
atto a contemplarlo come Maria : niuno meritava egual
consolazione come Maria . Benchè, osservaste ? alla sua e
nostra Madre Santissima dimostratosi il primo, subito si
fa palese alla peccatrice Maria a qua eiecerat septem dae
monia , e un istante dopo , in quel mattino stesso al pec
catore Pietro , che tre giorni prima l'avea negato e s'era
spergiurato di non conoscerlo pure. Perché non si mostra
all’amoroso Giovanni? perché si rifiuta ancora all'ardente
Tommaso ? perchè tarda a consolare il buon Filippo, il sa
vio Andrea , e gli altri suoi fidi? — Ah poveri peccatori
miei, dice Gesů, voi abbisognate di medico e di medicina :
a voi mi debbo. Stian le pecorelle sole, senza pastore, nel
deserto, io me n'andrò alle sbandate, alle ferite , alle ca
dute e le condurró . Oh care anime ! oh poveri peccatori.
A voi mi debbo, a voi mi debbo.
E Pietro, e Maddalena , e Giacomo, e le pie donne vi
dero in quel mattino stesso un bello e robusto giovane di
carissimo aspetto, di voce maschia e soave, di sguardo pe .
netrante fino al cuore. Oh cara voce ! Maria ! dice
Egli ; ed a quel suono tutte le fibre di quella fervorosa di
scepola tremolano soavissimamente , come le corde di
un'arpa scosse dal vento : e si volge e grida: Rabboni! mae
stro mio; e gli cade ginocchione a' piedi , e vorria di
203 -
nuovo tutti lavarli colle sue lagrime e tergerli con le sue
trecce . Ma no, dice Egli, non toccarmi: avrai tempo al
tra volta pria ch'io salga al cielo : or vanne a consolare i
miei fedeli atterriti e Pietro , povero Pietro ! E con un
dito le toccò la fronte, e vi lasció eterna traccia . - Anche
oggi il teschio nudo di Maddalena conserva in quel luogo
la pelle tocca e consecrata da quel tatto divino : o caro
Gesu ! qual cuore ! qual cuore è il vostro !
Ma che son queste piaghe nelle vostre mani e ne' piedi?
Queste piaghe ? Ah sono il trofeo della vittoria ! sono
l'ornamento del trionfo ! Ei le serbo , e mostrolle , risusci
tato , a'suoi: ut in perpetuum gloriae suae circumferat
triumphum (dice Beda ). Gli apostoli in carne Christi vul
nera micare tamquam sidera mirantur, et quidquid vident
testes fideles praedicant. L'avean veduto vivo, lo veggon
redivivo ; ma non crederianlo redivivo se non vedessero
in Lui le piaghe del crocifisso. Le piaghe del risorto sono
gli autentici documenti della sua risurrezione.
Conscidisti saccum meum , circumdedisti me laetitia ,
dice il profeta. In questo sacco di preziosissimo broccato ,
O dice S. Agostino, è tutio il prezzo della nostra redenzione :
che varrebbe a noi se fosse intiero sempre, nè parte mai
se ne strappasse ? Ma da quegli strappi crudeli delle mani,
de' piè, del cuore usciron le monete divine, e raccolsele la
giustizia, e le computò a nostro pagamento. Perciò, anche
risorto, conserva le ferite, perché sempre n'esca il prezzo
della salute. Il bossolo degli unguenti preziosi, medicina
de’mali nostri, si ruppe, e da quella rottura stillò la me
dicina. Cosi feriscono il balsamo perché trasudi la sua goc
cia , cosi lo storace , cosi l'incenso . E finchè rimane la fe
rita scende il licor d'inestimabile prezzo.
Il sangue d'Abele gridava vendetta, e le ammaccature
di quel corpo innocente chiamavan la maledizion di Caino :
ma le piaghe di Gesù gridan misericordia e chiamano la
benedizione degli stessi crocifissori. Ogni piaga è una lin
gua, ogni ferita è un memoriale per noi . - Eschilo poeta
condannato a morte per un suo dramma, fu salvato da
Aminta suo fratello con niente più che mostrare a ' giudici
le sue ferite onorate al petto ed al capo. Noi siamo salvati
da Gesù col mostrare ch’Ei fa per noi in eterno al Padre
204 -
latus et vulnera : potrebbe la giustizia divina, a tal dimo
strazione non placarsi?
Ma quel cuore ferito , ah quel cuore dell'amantissimo
Gesù , parla più forte e più dolce d'ogni altra piaga . Per
ciò esso fu aperto affinché a noi fosse mostrata la via del
cielo, ed il rifugio contro ogni assalto : e per ciò , anche
dopo la risurrezione, resta aperto, nè mai si chiude, per
chè sempre ne sgorghi sanguis et aqua : acqua nel batte
simo, sangue nella Eucaristia . L'acqua salutar delle lagri
me, il sangue vivo della penitenza : l'acqua a lavar le col
pe, il sangue a scontarne la pena .
O cuore soavissimo del mio Gesù ! o piaghe splenden
tissime e gloriosissime del mio Salvatore ! Opportunum qui
dem petra refugium herinaciis, dice Guerrino abate , sed
habitatio grata columbis , cuius foramina tot vulneribus ,
toto fere corpore potentia, et veniam offerunt reis et gra
tiam conferunt iustis, imo vero tota habitatio, turrisque
fortitudinis Christi Domini vulneribus immorari. Si che
sicura e salda requie agli infermi è in vulneribus Salvato
ris , dice S. Agostino, securus illic șabito : patent mihi vi
scera per oulnera. Quidquid ex me mihi deest usurpo
mihi ex visceribus Domini mei , quoniam misericordiae
affluunt, nec desunt foramina per quae affluant. Per fo
ramina corporis patent mihi arcana cordis, patet magnum
pietatis sacramentum , patent viscera misericordiae in qui
bus visitavit nos Oriens ex alto.
Dunque in omnibus adversitatibus meis non inveni tam
efficax remedium quam vulnera Christi. In his dormio se
curus et requiesco intrepidus (id .) . Che temiamo , o sacer
doti ? Le colpe passate ? Ma noi le abbiam detestate e lava
tele nel sagramento di penitenza e dealbate le vesti nel
sangue dell'Agnello, che immolato da principio del mondo
anche oggi è immolato per noi. La nostra infermità ? Ma
dalle piaghe di Cristo cola sempre il balsamo della fortezza .
Le nostre passioni ? Ma Gesù prega sempre per noi e sem
pre ottiene con quelle sue mani trafitte e que' piedi trafo
rati, vive suppliche di salvamento. Il demonio , il mondo,
ogni nemico visibile od invisibile ? Ma la fortezza della sa
lute è aperta, la città del rifugio è pronta a raccoglierci, il
cuor di Gesù è la pietra refugium herinaciis. Poveri ricci
205
spinosi e paurosi, aggomitoliamoci in quel nascondiglio, e
nessuno ardirà di stendere la sua mano per istrapparcene:
povere colombelle in foraminibus petrae, rimanete colà si
cure e tranquille, il nibbio non vi ghermirå . O Gesù buono
e santissimo a Te ricorriamo, in Te speriamo, in Te ci
gloriamo, in Te avremo la nostra beatitudine eterna .
Dopo il mezzodi uscian di Gerusalemme, guardinghi e
peritosi, due uomini, e s'avviavano ad Emmaus ragionando
fra loro della orribile scena del precedente venerdi. Cleofa
l'uno , e l'altro Ammaone, o Simone si chiamava . Stati im
prigionati dalla paura , dentro la città, tutto il sabato, e quel
tanto di domenica, avean sentito dalle pie donne, ite al se
polcro , che il cadavere di Gesù non v'era , e che angeli
loro apparsi con grande splendore avean loro detto esser
risorto , secondo la sua parola , e il vedrebbero fra poco .
Aspettarono affannosi tutto quel mattino, ma nulla videro
nė seppero di più ; per la qual cosa , sfiduciati oramai, e
pieni d’una amarissima paura , uscian dalla città per an
dare a godersi un po ' d'aria libera alla aperta campagna.
Deh quai visi macilenti! quali sguardi atterriti! quai
fronti umiliate ! quai movimenti di terrore ! Chi li avesse os
servati, avrebbeli presi per due rei fuggiti testé dalle zanne
della giustizia, e traccheggiati dai bargelli. Che brutta cosa
è la paura ! qual bruttissimo ceffo è quello della sfiducia
e della disperazione! Non sono ancora quarantotto ore che
è morto Gesù e voi disperate ch’Ei risorga, conciossiachè
Egli abbia detto che il terzo di risorgerebbe ? Già le pie
donne vi accertano che nel sepolcro Egli non è più, aver
loro detto gli angeli che Egli è risorto, e voi pur disperate ?
Pietro e Giovanni già vi confermarono la deposizion delle
donne, e voi ancora non credete ? Eppur questi due ama
rono Gesù, e gli credevano , ed avean veduti i suoi mira
coli ! O cuor dell'uomo quanto sei duro e tardo nel credere
alla tua salute !
Fede, fede, fede ci vuole, ò miei venerandi sacerdoti,
sia pur tremenda la procella, orribil l'uragano, spavente
vole il terremoto , prossima è la liberazione: Dominus a
dextris est ne commovear . Il pianto si scioglierà in riso ,
le lagrime diventeranno diamanti di gloria. I nemici saran
no scornati. Le passioni saran dome. Non in perpetuum
206
irascetur Dominus, neque in aeternum comminabitur. Verrà
la risurrezione anche per noi. Scio quia Redemptor meus
vivit et in novissimo die de terra surrecturus sum , et in
carne mea videbo Salvatorem meum , quem visurus sum
ego ipse et non alius et oculi mei conspecturi sunt (Iob .).
Via dunque da voi le sembianze degli scribi e farisei che,
erterminant facies suas ut videantur hominibus ieiunantes :
tu cum ieiunaveris unge caput tuum et faciem tuam lara ;
via su alla fatica allegramente su alle visite dei mori
bondi allegramente - su ai digiuni allegramente - su ai
catechismi dei fanciulli allegramente --- su alle privazioni,
alle umiliazioni, alle correzioni, agli improperii allegramen
te, allegramente. Seroite Domino in laetitia. La letizia è il
fiore della santità. Un grappol d'uva senza fiore , un pa
nierin di pesche o di prugne rimaneggiate e floscie vi di
spiace; cosi nè agli uomini nè a Dio piace la santità senza
la letizia . Ma la letizia vien dalla fede viva, dalla fede di Dio
presente, di Dio buono, di Dio amabilissimo e consolatore.
0 Gesù mio , ostende faciem tuam et saloi erimus.
PUNTO SECONDO .

Usciti di città i due discepoli, e sicuri oggimai di non


essere tenuti d’occhio da' principi del popolo e dalla corte
di Pilato, incominciarono a ragionar insieme dell'accaduto
ne'due giorni innanzi ed a questionar su varie cose , fa
bulabantur et secum quaerebant; ed ecco un cotal fora
stiero aggiugnersi loro, e camminar con essi, il quale non
conobbero , nè pensavano d'aver veduto mai. Era Gesù
comparso loro in alia effigie, secondo S. Marco (cap. ult.);
era Gesù medesimo che ibat cum illis , oculi autem eorum
tenebantur ne eum agnoscerent. Essi non lo conoscevano
ancor nel cuore per quel Dio onnipotente che Egli era, ed
Ei permise che i loro occhi non lo riconoscessero nemmen
nelle fattezze del corpo. Eğit Dominus foris in oculis cor
poris, dice S. Gregorio M., quod agebatur intus in oculis
cordis. Ipsi namque intus amabant et dubitabant; eis Do
minus foris et praesens aderat , et quis esset non osten
debat. La misura dunque del vedere, del conoscere , del
sentir Gesù presente è nell'amor nostro e nella nostra fede.
.
207
O Santissimo Pan della vita , non sei tu Gesù medesimo
in corpo ed in persona , solo in alia effigie, sotto velami
diversi ? Or perché non ti sento io, perché non ti provo al
gusto interiore ed alla ineffabil soavità dell'anima ? Dio ci
tratta come noi lo trattiamo : noi smemorati, noi tiepidi,
noi poco reverenti, ed Egli non si lascia sentir nè provare:
oculi nostri tenentur ne Eum videant.
Ma questo non conoscerlo i due discepoli d'Emmaus
donde venia ? Dall'aver Egli mutato sembiante ? dall'aver
Egli impedito lo sguardo loro ? dall'aver Egli permesso al
demonio di offuscar loro la vista ? Ben io nol so ; nè sem
bra che il sappia lo stesso Dottor S. Agostino, che or l’una,
or l'altra di queste spiegazioni adopra (V. Iansen . com
ment. hic) ; tuttavia certamente per gran motivo Egli fece
con loro cosi : cioè, dice Teofilatto 1º affinché, non cono
scendolo bene per quello che Egli era prendessero corag
gio di parlar francamente a Lui, e manifestargli le piaghe
più occulte : come savio confessore che riman nella sera
chiuso dietro le cortine del suo confessionale, invisibile allo
sguardo de'penitenti, e per ciò stesso loro accessibile;
2º affinché cominciassero a capire che il suo corpo ri
suscitato è assai diverso nelle qualità dal corpo mortale :
ut cognoscerent quod corpus suum ultra non sit tale, quale
solet ab hominibus videri ;
3º perché non si stupissero d'ora in là se Egli non più
rimaneva come prima con essi , nempe quod conversatio
post 'resurrectionem , longe alia sit et non comunis sed di
vinior. E per tal modo insegnava ad un tempo nel senso
letterale e nel senso tropologico. Come il corpo risorto non
muore più ; cosi il risorto alla grazia debbe esser risorto
per sempre. O sacerdoti miei cari, iam non morimur , iam
non morimur. Vivo ego , iam non ego , vioit vero in me
Christus. Il risorto non abbisogna delle cose e de' gusti
della terra, ma tutto è cosa di cielo e di Dio . Si consurre
xistis cum Christo quae sursum sunt sapite, quae sursum
sunt quaerite , non quae super terram . Per noi scorre il
fiume, il torrente delle grazie e della vita , rigettiamo il ca
lice feculento della terra . Poculum respuamus, dice S. Ago
stino, quia flumen sitimus (serm . 50). Il risorto conversa
-
208
con gli angeli e coi Santi : conversatio post resurrectionem
LONGE ALIA EST, NON COMMUNIS, SED DIVINIOR.
Et ait ad illos: qui sunt hi sermones quos confertis od
invicem ambulantes et estis tristes ? – E rispose Cleofa :
tu sei il solo forestiero venuto a Gerusalemme che non
sappi ciò che avvenne questi giorni ? Quibus ille di rit :
quae ? E risposero : non sai tu dunque di Gesù Vaza
reno, che fu uomo profeta , possente in opere ed in ser
mone davanti a Dio ed a tutto il popolo ?
Ecco Gesù accostarsi a que' che parlano di Lui ed ac
compagnarsi con loro . Egli ama tanto, il dolce Redentore ,
che si pensi, e si parli sempre di Lui e delle cose sue, che
non può tenersi dal non ricompensar si bell'opera con la sua
presenza . Il linguaggio d’un cristiano, d’un sacerdote sopra
tutto , ha da essere tutto celeste e divino. I secolari non si
stupiscono mai se noi parliamo ad essi di Gesù , di Para
diso, di Fede ; ma si stupiscono assai che noi parliamo di
denari, di giuochi, di mondo. Ex abundantia cordis os lo
quitur : il fiasco pieno di generoso liquore ne manda, ap
pena aperto, il caro profumo: di che ha da esser pieno il
cuor nostro ? Di fango ? di brutture ? Oh cuor grande e no
bile del sacerdote ! o cuor modello dei fedeli! 0 beati miun
do corde, quoniam ipsi Deum videbunt. Beviamo alle can
nelle del paradiso il vino inebriante e preclaro, e non sap
piamo eruttare verbum bonum ? Il prete che parla volen
tieri di Dio è ascoltato volentieri dai moribondi: il prete
che parla sempre d'affari o di brighe, appena aprirà la
bocca a parlar di Dio, pronunzierà contro l'infermo la sen
tenza di morte .
Ma vedete voi come i due discepoli parlan bene di Gesù ?
Era un gran profeta, ei dicono, e molto potea nelle parole
e nelle opere innanzi a Dio ed a tutta la gente : ben sape
vano, a cosi alta scuola ammaestrati, che i profeti non sono
pure per parlare (potens in sermone, come Balaam ), ma ,
e più per operare; e valer meglio un fatto aperto che cento
parole eloquenti: Nullus sermo doctoris firmus est, dice
Teofilatto, dietro il Crisostomo, nisi prius docens se facto
rem declaret, Deo prius danda opera , post hominibus ;
e veramente chi parla e non fa , ovvero chi fa soltanto per
esser veduto, non dà nulla a Dio, ma tutto al demonio ed
209

al mondo : nė ė possente innanzi a Dio, nè può molto gio


vare alle anime, salvo che Dio non se ne serva, come fece
della cavalcatura di Balaamo.
Anche de' tristi Ebrei parlarono con dolcezza e con pru
denza i due discepoli : Eum tradiderunt summi sacerdotes
et principes nostri in damnationem mortis et crucifixe
runt Eum : nos autem sperabamus quia ipse esset redem
pturus Israel. Le violente in vettive , le parole vituperose
contro le persone empie o maligne sono assai raramente
dal buono spirito ; ma quando si parla di superiori, vuoi
civili od ecclesiastici, è quasi impossibile che tali invettive
non sian colpevoli e scandalose. S. Paolo, quando conobbe
d'aver detto villania al sommo sacerdote e si che em
pio, ipocrita , crudele era colui - ne chiese perdono , di
cendo ignorare lui essere il sommo sacerdote, nè doversi
far villania ai cristi di Dio . Combattiamo il vizio e l'empietà,
combattiamo il libertinaggio aperto o mascherato, ma rispet
tiamo le persone . Diciamo ad Erode : non licet tibi; ma ba
diamo di non aggiugnere epiteti vituperosi, nè dicerie di col
lera . Gli improperii e le villanie ci tolgono la ragione, perchè
la ragione non ha bisogno degli improperii ne delle villanie..
V'era dunque nelle parole e ne' fatti dei due discepoli
molto di bene , con non poco di male : ma pazienza ! essi
non erano ancor risuscitati , e Gesů stava loro d'attorno
oggimai, come presso la bara di Naim, dicendo : adolescens
tibi dico surge. Quel poco di bene che era in essi , sovra
tutto la mansuetudine e la carità, attirava loro un immenso
bene. La carità verso il prossimo, carità nelle parole, negli
atti, ne' pensieri, nell'affetto è una miniera inesauribile di
ogni benedizione , presso Dio e presso gli uomini. Presso
Dio non fa stupire perchè Deus caritas est, ma presso il
mondo, che è tanto maligno e tristo, totus in maligno, non
par vero e pur lo ė ; la carità è stimata , la carità è amata,
la carità è predicata ; ai caritatevoli si perdona perfin la
devozione e la virtù , perfino l'apparenza di mancato at
taccamento sincero al Papa : e se questi , che sono virtù ,
fossero delitti, come dice il mondo, sarebbe pur vero che
caritas operit multitudinem peccatorum .
Gesù dunque disse a' due discepoli : 0 stulti et tardi
corde ad credendum in omnibus quae locuti sunt prophe
BERCHIALLA Considerazioni al Clero 14
210 -

tae ! Nonne haec oportuit pati Christum et ita intrare in


gloriam suam ? w avón tot o smemorati ! o senza senno ! 0
difficili a credere , intendendolo quanto dissero i profeti !
Come ? non era egli predetto , e non doveva egli appunto
verificarsi che sol dopo cotali patimenti il Cristo entrerebbe
nella sua gloria ? -
Gesù fece come un prudentissimo me
dico, il quale dopo usata la mansuetudine e la soavità col
suo infermo cancheroso , e fattasi mostrar la piaga tutta
quanta , e consideratala con grande compassione, e tratta
tala dapprima con somma dolcezza, trasse fuori, prima che
il malato se ne potesse accorgere, lo scalpello, o il nitrato
d'argento , e scarnata ogni parte marciosa la cauterizzó.
Prima la soavità , poi la fortezza coi malati dell'anima ;
suaviter et fortiter è il motto de' confessori, de' parrochi,
dei direttori. La soavità guadagna la confidenza, e fa
versar nel nostro cuore i secreti velenosi dei malati ; la for
tezza taglia, scarna, cauterizza, rammargina durevolmente
le ferite. Non cominciamo giammai col fortiter : tigniamo
di sciloppo l'orlo della tazza amara , suaviter et fortiter.
Ed hanno da imparare da noi i cristiani, e noi i primi
dobbiamo sapere per esperienza che haec oportet pati et
ita intrare in gloriam . Sei cara o risurrezione del corpo :
sei bello o paradiso di gaudii: ma haec oportet pati et ita.
intrare in gloriam . Il fromento si getta in terra e marci
sce, poi risorge e dà il sessanta per uno : il corpo e la na
tura inferiore si domano, si castigano, si soggiogano e cosi
danno frutto prezioso all'anima, frutto eterno. Io vorrei la
vendemmia senza la nudità ed i geli del verno, senza la
potatura e la legatura della primavera, senza il caldo ed i
venti della state : ah sciocco sono io e tardo a credere !
Haec oportet pati et ita intrare in gloriam.
• La gloria non è mia, ma posso farla mia : posso com
prare il paradiso: come? Quo emitur ? dice S. Agostino :
Paupertate regnum , dolore gaudium , labore requies, vili
tate gloria, morte vita (in Ps. 93). Haec oportet pati et ita
intrare in gloriam suam . Ma pure con tutto questo penu
riare, e dolorare, e faticarsi, ed umiliarsi, e morire ogni di,
avro io pagato tutto il valsente della gloria ? Ah che la dif
ferenza è sempre infinita fra il prezzo ed il premio : e se
non fosse del sangue di Gesù Cristo a noi dato, per usar
211
cene come di nostro contante, non mai sarebbe fatta nostra
la gloria eterna. Non sunt condignae passiones huius tem
poris ad futuram gloriam . Pognamo, se possibile fosse,
una stadera con un'asta lunga, non un metro, quanto suole,
ma la distanza del diametro della terra cioè un (12,000,000 );
or sopra un cotale stilo fate correre un marco o romano
di un mezzo Kilogrammo, ditemi voi a qual peso enorme
si potrà ragguagliar, correndo alla fine dell'asta, il legge
rissimo marco ? Tutto il peso della terra si potrebbe ad
esso ragguagliare allungando l'asta quanto è di ragione.
Tale è, o venerandi miei sacerdoti, la proporzione che è
fra le opere nostre e la gloria, cioè proporzione presso che
infinitesimale : e se non fosse della lunghissima asta della
croce che sostiene questo leggerissimo peso , mai non si
verrebbe a fare un'equazione fra le opere nostre e la glo
ria. In momentaneo latet aeternitas, dicea S. Bernardo, ma
questo momentaneo è fatto divino dalla grazia .
0 Gesù mio ! quanto siete infinitamente buono per aver
preso sopra le vostre spalle il giogo della mia condanna,
e meritatomi colle vostre azioni divine la benedizione eter
na ! Io vo’goder con Voi in eterno, ma vo ' pure con Voi
patire nel tempo . Non andrete solo al Calvario , non sali
rete solo dal sepolcro, sequar te quocumque ieris.

PUNTO TERZO .

Ragionando insieme Gesù co'due discepoli, e spiegando


Egli lor le scritture, scendea nel cuor loro una cotal dol
cezza insolita , ed un calor cosi nuovo , che non sapeano
spiegarlo a se stessi. Era la parola di Gesù, che ha la gra
zia e la dolcezza sparsa sulle labbra : quando Gesù ci parla
tutto il mondo si trasmuta, l'amaro diventa dolce, il dolce
amaro, la povertà comincia a piacere, la fatica diventa de
siderabile, i dolori son diletti, la morte è vita. Oh parli a noi
Gesù e ci muti le idee e gli affetti! Loquere Domine, quia
audit servus tuus.
Vennero intanto al castello e Gesù sembrava che vo
lesse andar più lontano : cioè, vicino a loro pel corpo, era
ancor lontano da essi per lo spirito e l'affetto ; finse di vo
ler continuare sua via , perché lo costringessero a restar
212 -
con loro, e forzandolo amorosamente a Lui si stringessero
con la carità. Et coegerunt illum dicentes : mane nobiscum
Domine quoniam advesperascit et inclinata est iam dies :
et intravit cum illis. Ecco la carità esterna , la misericor
dia, l'ospitalità. Quando comincia il cuore ad essere ardens
in nobis, per aver sentite le parole di Gesù , allora si ac
cende pure di gran carità verso il prossimo: la carità di
venta una necessità del cuore ardente. E si costringe il po
vero con la carità, e il pellegrino, ed il prigioniaro, e l'in
fermo: et coegerunt illum. Il tetto del sacerdote é un tetto
ospitale, la mensa del sacerdote e mensa de' poverelli : et
coegerunt eum : dare pregati è bene ; offrire, non pregati ,
e far accettare, e stimarci beneficati dalla accettazione al
trui , è meglio. Beatius est magis dare quam accipere.
I due discepoli, dice S. Agostino, qui hospitalitatem se
ctati sunt, Eum , quem in ipsa expositione scripturarum
non cognoverant, in panis fractione cognoscunt. Non enim
auditores legis iusti sunt apud Deum , sed factores legis
iustificabuntur. Essi avean recato con loro alcuna piccola
provvigioncella di pane e di non so quale companatico
rozzo e frugale ; per ciò non ebbero gran fatto a penare
per acconciarsi a mensa , e incominciar la loro refezione.
Gesù nel mezzo, come ospite, e qual maestro venerato di
S. Scrittura, Cleofa dall'un lato e l'altro discepolo dall'al
tro . A Gesù , come ad ospite , si apparteneva rompere il
pane e distribuirlo ai commensali. Egli dunque prese tutto
d'un tratto quel suo fare cosi amabile e paterno che avea
sempre co’suoi, dissipò dai loro occhi quella spessa nube
che li offuscava perché nol conoscessero, franse in tre parti
il pane e loro ne die' per ciascuno la sua . Et cognoverunt
eum in fractione panis. Era questo un pan cotidiano ? era
questo un pan sovrasostanziale e venuto dal cielo ? Ben nol
sappiamo, e i dottori antichi e nuovi si partono in diverse
opinioni. Ad ogni modo però, se era pan comune, i disce
poli riconoscono Gesù in quell'opera di misericordia che
fanno : e se era pan divino , il riconoscono per la sostan
ziale virtù della Santissima Eucaristia .
Ma riconoscer questi Gesù , e svanir Gesù da' loro sguardi
fu un punto solo, restando però della sua divina presenza
nel cuor loro un senso vivissimo d'amore, di fede, di com
213
punzione , di zelo fervente per annunziarlo. Ond'è che in
quell'ora stessa, comunque fosse sera, ed il viaggio di due
ore incirca, senza paura, nè indugio, tornano a Gerusalem
me, vanno dai discepoli, raccontano loro l'avvenuto , e si
consolano a vicenda con le mutue novelle dell'intervenuto
agli altri. Cosi veramente chi ha conversato con Gesù nelle
lettere, negli studi religiosi, nelle meditazioni - chi ha ri
cevuto Gesù ad ospizio sotto il suo povero tetto , e divise
con Lui il pane - non soffre indugi , non vede ostacoli ,
nescit tarda molimina . L'apostolato ed il zelo proprio de
gli apostoli nasce, fiorisce, e fruttifica a' piè di Gesù, e dac
canto agli altari. L'Eucaristia è il pan dei forti.
PUNTO QUARTO.

E questa forza , questo ardire apostolico è un dono di


Dio, è un'opera della grazia onnipossente di Gesù. Ben
Egli mostró questa sua divina virtù pochi istanti dopo, che,
« mentre que d'Emmaus e gli apostoli favellavano insieme
di queste cose, essendo serrate le porte del cenacolo, dove
eran raunati i discepoli pel timore de'Giudei, venne Gesù
e stette in mezzo a loro, e disse: Pax vobis. Ego sum. No
• lite timere: e come quelli guardavanlo come trasognati,
come se vedessero un fantasma, disse loro : Quid turbati
estis et cogitationes ascendunt in corda vestra ? Videte ma
nus meas et pedes , quia ego ipse sum . Palpate et videte
quia spiritus carnem et ossa non habent sicut me videtis
habere ; e mostró loro le mani trafitte e 'l fianco aperto.
Ma com'essi non ancora credevano, o per troppo gaudio
stavano fuori di sé, disse loro : - avete voi nulla da man
giare ? - e prese del pesce e del miele , e ne die' loro il
resto . Poi continuò istruendoli, ed istituendo il sagramento
della Penitenza » .
O Dio ! qual virtù , qual possanza divina ! Entrar come
spirito , e manifestarsi come corpo : cibarsi del pan degli
apostoli, e dare agli apostoli l'infinito potere di perdonar
le colpe e d’aprire il paradiso ! 0 Gesù mio quanto siete
grande ! Veramente Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus,
Tu solus altissimus, Iesu Christe. A Voi solo la gloria e
l'onore .
-
- 214 -

Ma osservaste voi come Gesù risorto dia le prove di


sua risurrezione ? la vera carne e le ossa, le piaghe nelle
mani e ne' piedi, l'apertura del fianco, il cibarsi come uo
mo vivo ?' I discepoli e gli apostoli non credean tuttavia ,
adhuc illis non credentibus, S. Tommaso non v'era , ma
volea toccar le mani e mettere il dito nelle piaghe aperte.
E Gesù li consoló e die’ loro ogni prova che bramassero .
I cristiani sono anche spesso increduli , come que' primi
fedeli; anzi sovente sono fra i cristiani i Tommasi. Crede
ranno alla nostra risurrezione, alla nostra conversione, alla
nostra santità, alle nostre dottrine," se lor daremo le prove.
Le mani aperte per lasciare scorrer l'elemosina ; i pie' tra
fitti per la fatica delle apostoliche corse ; il cuore aperto
per la mansuetudine, per la dolcezza, per la carità smisu
rata . Il corpo e lo spirito immacolato e verginale : occhi
mondi, cuor mondo, mani monde, vita irreprensibile. Opor
tet irreprehensibilem esse. Un morto risuscitato che non
può dar le prove di sua risurrezione, è un fantasma, uno
spettro, un vampiro.
PUNTO QUINTO .

Ma oh quanto è dolce questo nostro Gesù e quanto ben .


sa consolare e compatire i suoi fidi: quante carezze a Ma
ria Santissima ! quanta soavità con la peccatrice Maddalena
e con Pietro ! quanta bontà con Giacomo , coi due di Em
maus, e con gli altri del cenacolo ! Pax vobis avete
- nolite timere Ego ipse sum. Bando ai pensieri
tristi! bando alle dubbiezze! bando agli affanni! Non tur
batur cor vestrum , nec formidet. Su via allegramente ; ė
passato il verno con la sua nudità e co'suoi geli : or viene
la primavera e l'estate. Levate oculos vestros.
Ah veramente dulcis erat , (dice S. Bernardo) dulcis
erat Iesus in voce , dulcis in facie, dulcis in nomine , dul
cis in opere (serm. de coena Domini) . Egli era nazareo ,
cioè tutto fiorito : fuit autem Iesus totus floridus, quia cir
cumdatus rosis idest guttis sanguinis, ornatus violis idest
livore vulneris, vallatus lilüs idest splendoribus glorificati
corporis (S. Thom . Aquin .). O bellissimo nazareno, o divin
fiore Gesù Cristo che non fiorisci solo ne' giardini della
215 -
Chiesa, e rallegri lo sguardo co’tuoi bei colori e co' dolci
profumi, ma tiripeti e rinnovi in cento altri fiori bellissimi
nati da Te ! Rubet in martyribus, candet in virginibus, vi
ret in confessoribus, pallet in poenitentibus, rutilat in prae
dicatoribus! ( Hugo Card. in Cant.) O bellissimo nazareno,
o divin fiore Gesù Cristo, o soave consolator delle anime!

COLLOQUIO .

A Voi, o Santissimo e dolcissimo Gesù, il nostro amore


e la nostra devozione. Voi l'anima nostra , il cuor no
stro, la nostra vita. Voi risorgete per risuscitarci; Voi vi
vete per darci la vita ; e noi risorti vogliamo dimostrarci
tali con le opere, e ravvivati ritrarre in noi il vostro esem
pio. Le vostre consolazioni, o Gesù , hanno dilatato il no
stro cuore. D'ora in poi , come vapor leggieri, monterà
verso il cielo, dietro ai vostri passi, passi di gigante. E ri
schiarato da Voi che siete il sole si rivestirà di gran luce
candida e possente per illuminar le tenebre del mondo ,
senza pericolo di esserne bruttato. Ma deh, o Gesù, man
tenete in noi quel calore nascoso che ci tenga cosi spiri
tualizzati e sollevati dalla terra fangosa : mantenete in noi
il vostro santo amore. O Dio carità! dateci la carità. Amo
rem tui solum cum gratia tua mihi dones , et dives sum
satis, nec aliud quidquam ultra posco.
ASCENSIONE AL CIELO

MEDITAZIONE DECIMASESTA

D'un nobil barone provenzale racconta S. Bernardino,


esser partito dalla terra sua coll’intendimento di visitare
la Palestina, e sparger calde lagrime su tutti i luoghi me
morandi in cui s'erano operati i divini misteri della Reden
zione. Sali su alla collinetta di Nazaret e venerò la terra
in cui Gesù era stato concepito, ed in cui tanti anni avea
corso della sua giovinezza nel segreto e nell'oblio. Venne
alla pingue città di Davidde e s'addentro peritoso nelle
grotte poste sotto le mura della città , dove Gesù era nato,
e dove S. Girolamo, co'suoi discepoli menarono un'ange
lica vita . Sulle rive del Giordano vide il Santuario del Bat
tesimo, a Cesarea il luogo della esaltazione di Pietro ; sul
lago di Genezaret ammiró Naim e Betsaida, e Cafarnao e
Corozaim con le dolcissime memorie che vi si appiccano;
pose la fronte sulla cima del Tabor , che sorge solitario
nella pianura di Galilea, e meditó la divina trasfigurazione
di Cristo ; vide Sichem, e Tiro, e Sidone, ed Ebron e Dal
manata, e Genesar. Passò in Gerusalemme giorni di com
punzione profonda presso alle case d'Anna , di Caifa, di
Pilato , di Erode, vicino al tempio ed alla probatica , sulla
via dolorosa , sul Golgota , nella veneranda Chiesa del se
polcro, nelle oscurità malinconiche del Cedron , fra i tristi
ulivi del Getsemani, sul colle delle beatitudini , sul monte
dello scandalo . Ma quando sali sulla vetta dell’Oliveto e
vide impresse nel macigno le orme santissime di Gesù ,
ritoltosi a ' mortali con la virtù sua divina, sentissi nel cuore
tale un senso profondo di compunzione e d'amore , che
chiese ed ottenne di lasciar , su quell'alma vetta , la sua
spoglia, e prendere coll'anima il volo al paradiso colà, dove
Gesù aveva spiccato un volo divino coll'anima e col corpo.
217 -
E si racconta che sul cuore del felice barone trovaronsi
scritte le parole Amor meus Iesus (S. Bernardin . serm . de
Ascens. I).
O venerandi sacerdoti, che facemmo noi altro in questi
esercizi che scorrere con la meditazione que' luoghi stessi
benedetti da Gesù con pure passarvi e rimanervi un tratto ?
Non abbiamo anche noi il cuor pieno d'amore e di com
punzione ? Nonne cor nostrum ardens erat in nobis , dum
loqueretur in via ? Non é Gesù ogni nostro amore ? Amor
meus Iesus! oh si ! Amor meus Iesus ! Sagliamo dunque
noi pure sulla cima dell’Oliveto a venerare quelle sacre
vestige e chiedere a Gesù quando restitues regnum Israel.
O sacro e venerabil monte ! Io veggo alle tue falde a le
vante la ridente Betania casa di Lazaro e di Maddalena ;
qui Egli maledisse la ficaia infruttuosa ; costassů Egli in
segnò a chiamare Dio : Pater noster qui es in coelis , e
conto delle cinque vergini savie e delle prudenti. Qui, dap
presso al tempio della Ascensione, visse nascosa, anzi mu
rata, per lunghi anni, S. Pelagia penitente, la perla di An
tiochia. Ecco, in fondo alla valle , il sepolcro di Maria , e,
nel ridosso che guarda la città il Getsemani, la grotta della
Orazione e del sudor di sangue. Non è questa la valle di
Tofet, la Geenna, la val di Giosafat, corsa tutta verso Ge
rico dal triste Cedron ? non è quello il Moria ed il Sion, ed
a mezzodi il nudo Calvario ? O ammiranda scena e sor
gente inesausta di affannosi pensieri !
Deh Gesů, amor nostro e consolazion nostra , fate che
alla considerazione della vostra Ascensione , s'allarghi il
cuor nostro per la salutare allegrezza, e si confermi nel
vostro servigio. Voi , o Gesù , che tanto fiele beveste nel
Getsemani, in Gerusalemme, sul Calvario ; deh versate nel
nostro nappo , dalla cima dell’Oliveto , alcune goccie del
vostro soavissimo miele. Sancta Maria et omnes Sancti ,
intercedite pro nobis.
I.

Siede Gesù, co'suoi discepoli, a mensa, nel cenacolo di


Gerusalemme , recumbentibus illis , convescens : era una
mensa oltremodo frugale, poichè S. Luca l'esprime colla
218
parola curadeEÓLevos , che è quanto mescolare il sale col
pane o co ' legumi lessati in acqua , povero e legger com
panatico è vero , ma acconcio assai a quelli che doveano
essere il sale del mondo.
E dicea loro di non uscir punto di Gerusalemme per
tutto il tempo che correrebbe dalla sua partenza all'avve
nimento dello spirito divino : aver Giovanni battezzato col
l'acqua in remissione de' peccati, ma essi , i discepoli , sa
rieno battezzati di Spirito Santo fra pochi di. — L'apostolo
debbe rimanere in Gerusalemme, cioè nel luogo della pace
e del ritiramento, non già in Babilonia , o fra il tumulto del
secolo ed assorto nelle cure temporali: nel ritiro e nella
pace viene lo Spirito Santo a battezzarci di fuoco , e ren
derci atti ai sublimi offici cui siamo destinati. Bello e sa
lutare è questo brevissimo tempo di spirituali esercizi, in
cui l'anima si rinnova e riaccende : ma bello ed utile é an
che il ritiro d’un giorno al mese per prepararci alla morte :
più bello ancora e più salutare è il ritiro continuo dal mon
do, il silenzio dalle cose mondane, la conversazione conti
nua dell'anima nostra con Dio : vita celeste, vita di angeli.
E noi siamo celesti, noi siamo angeli. Vestra conversatio
in coelis est .
Signore, gli dissero que semplici discepoli, ignari tutta
via delle altissime cose, Signore, è egli il tempo adesso che
Tu rimetterai il trono d' Israele, e la gloria de' nostri anti
chi re ? – Poveri apostoli! lo Spirito Santo non aveali per
anco investiti : sapevano ancor di terra e di fango : il cuor
loro non erasi ancora fatto spirituale : non avevano ancora
fatto gli esercizi di dieci giorni in Gerusalemme, nel segreto
del cenacolo , con Maria Santissima, la sede della sapienza :
Gesù benedetto li compatisce, nè li sgrida . Cosi non isgri
diamo un bambolo innocente , che , in luogo di applicarsi
allo studio del catechismo , chiede se non è tempo ancor
di giuocare o di far pranzo. Si farà uomo, diciamo , imet
terá senno , e studierà .
Non è da voi, disse Gesù, il conoscere i tempi ed i mo
menti che Dio solo ha in poter suo. – Gran sentenza ! I
tempi ed i momenti stanno in mano a Dio. Chi ti promette
un mese, una settimana, un giorno , un momento di più,
t'inganna. Noi non sappiamo nulla dell'avvenire , nè pos
219
siamo disporre d'altro che del presente, che passa mentre
parliamo. Tempora et momenta Pater posuit in sua pote
state . E meno ancora occupar ci dobbiamo dei tempi
e dei momenti, in risguardo altrui. Le promozioni ed i mu
tamenti d'impiego. Le vicende amministrative o politiche.
Gli affari delle republiche o dei regni. La riuscita delle trat
tative diplomatiche o delle guerre. La carestia o l'abbon
danza future. L'altalena delle borse . Non est vestrum nosse
tempora vel momenta . Fare il dovere nostro come citta
dini, come possidenti , come amministratori, se lo siamo ,
ė dovere stretto ; empircene lo spirito, affannarcene il cuo
re, pensarvi quasi esclusivamente, parlare non d'altro mai,
fuorché sul pulpito ed al confessionale, ciò disdice al nostro
ministero. Non est vestrum nosse tempora vel momenta .
Nostra autem conversatio in coelis est.
Sed accipietis virtutem supervenientis Spiritus Sancti in
vos et eritis mihi testes in Ierusalem et Iudaea et Samaria
usque ad extremum terrae. Nostra ricchezza , nostra
nobiltà , nostra virtù è lo spirito divino che ricevemmo per
l'imposizione delle mani, il quale ci segregò in opus mini
sterii. Nostro pensiero , nostra occupazione, nostra vita è
la testimonianza ' resa a Dio ed alla verità . Ogni prete è un
apostolo , un martire : apostolo , perchè mandato da Dio ;
martire, perchè testimonio citato da Dio. E ben so dirvi che
Pietro, Giovanni, Andrea, Giacomo, Paolo e gli altri, quando
furono ordinati sacerdoti e Vescovi, in quella forma cotanto
strepitosa e nuova, dimenticarono le cose del mondo e loro
stessi, nė ricordarono più altro che l'apostolato ed il testi
monio. Poco loro caleva di Claudio o di Nerone, di Pilato
o di Erode, dei trionfi e degli anfiteatri, de'grandi oratori
e de’sommi poeti. Vivit ego iam non ego : vivit in me Chri
stus dummodo praedicetur Christus. - Omnibus omnia
factus sum ut omnes facerem salvos.
II .

Esce ora dal cenacolo del Sionne quella degnissima co


mitiva, e cominciano a scendere, per la via della cattività,
fin dentro la valle di Giosafatte, cui lambe il triste Cedron :
poi salgono su per le coste dell’Oliveto, tenendo la via che
220 -

mena a Betania, e quietamente, con bell'ordine, giungono


sulla vetta del mezzo. Quanto bella e preziosa agli occhi
di Dio volle essere quella processione, la prima che si fa
cesse dalla nascente Chiesa ! Ed oh quanto ardente era il
cuor di Maria , che fra gli apostoli e i discepoli stava regina
--- regina dell'umiltà, la serva dei servi di Dio ! Oh quale
aspettazione, festiva e dolorosa insieme, frugava dentro le
anime buone di que' santi! quanto amore, quanto rispetto !
Non un guardo vano e scioperato, non un camminare di
sordinato e scomposto, non una parola frivola o mondana .
Era una processione di Santi , con Maria la Regina dei
Santi. Era una processione, come dovrien essere le nostre,
quando gli emblemi più venerati della religione son recati
in trionfo, e più, quando Gesù stesso in Sagramento, s'ap
poggia sulle nostre mani consacrate.
Come un campo di biade mature e piene , quando vi
• alita dentro un zeffiro soave , s'incurva gentilmente; cosi
curvò la fronte tutta quella diversa moltitudine d'uomini
e di donne, quando fra loro comparve Gesù. – 0 Pietro
come lo guardasti amorosamente ! Domine tu scis quia
amo te ! - O Giovanni come ti accostasti con ardore a quel
petto divino . O Maddalena come ti geitasti affannosa a
que' pie' beati. - 0 Maria ! .... O Maria , con quale affetto
di gaudio inenarrabile riceveste l'ultima carezza del vostro
Gesù ! Mille occhi s'affisano in quel viso divino, e le anime
de'discepoli son colà, su quegli occhi,quasi strali che vor
rieno scoccarsene per andare a congiugnersi col re dei
Cuori .
Ma Gesù non toccava già più la terra, su quella vetta
di monte. Di Lui eran rimase non altro che le vestigie sul
sasso vivo. Egli era già levato in aria sopra i loro capi, ed
alzava le braccia e le mani , e li benediceva , e saliva in
tanto, con la benedizione che spargeva in terra , verso il
cielo : e, salendo, risplendeva mirabilmente, finché una nu
vola splendentissima gli fece sgabello a ' piedi, e lo nascose
all'avido sguardo degli apostoli .
Cosi Egli sali trionfante , cosi Egli benedisse , cosi Egli
s'ascose da noi. Gesù c'insegnava anche salendo e nascon
dendosi . Moriendo , dice S. Gregorio , docuit mortem non
metui ; conciossiaché Ei le fracassó la mascella asciutta e
221 -

le ossa spolpate, e le ritolse di mano la falce paurosa. Ubi


est mors victoria tua ? -

resurgendo docuit de vita con


fidi ; perchè la risurrezione di Cristo è il modello della no
stra risurrezione, e tanto è certo che noi riavremo le mem .
bra nostre, quanto è certo che Egli ricovrò le sue : ma co
m'egli mortificò se stesso , qual fromento sotterrato , che
dee rinascere, cosi mortificati estis et vita vestra abscon
dita est cum Christo in Deo : cum ergo Christus manife
stabitur vita vestra tunc et vos manifestabimini cum Ipso
in gloria (Col. III) ; finalmente Gesù ascese al cielo per
insegnarci che patria nostra è il Paradiso : ascendendo do
cuit de coelestis Patriae haereditate gloriari, ut quo caput
praeisse conspiciunt, illuc se subsequi et membra glorientur.
Dio ci diede un corpo di terra affinchè noi lo portiamo in
cielo, dice S. Giovanni Crisostomo : Corpus de terra Deus
nobis contulit ut illud in coelum revehamus. Terrenum est,
sed si velimus efficitur coeleste (Chrys. hom . 55 ad pop .).
Quindi le magnifiche e consolanti antitesi di S. Paolo
nella sua prima a' Corinti (15) : Sic et resurrectio mortuo
rum : seminatur in corruptione , surget in incorruptione :
seminatur in ignobilitate , surget in gloria : seminatur in
infirmitate, surget in virtute : seminatur corpus animale,
surget corpus spiritale. Qui in terra un corpo da mortifi
care con la penitenza, lassú in cielo un corpo da glorificare
col gaudio , anzi col torrente della voluttà più pura : tor
rente voluptatis tuae.
Nė saria stato a stupir che gli Apostoli cosi a lungo e
fisamente fossero restati a guardare in su quello spettacolo
di trionfo meraviglioso, nè gli angeli avriangli sgridati, se
per non altro l'avessero fatto che per avvivarsi e rinfor
zarsi l'anima con quella beatissima speranza . È duro e do
loroso privare di tante cose bramate questo natural com
pagno dell'anima, disseccarlo con lo studio e con le vigilie,
stemperarlo coi sudori e con le fatiche, macerarlo col di
giuno e con le penitenze, farlo invecchiare innanzi tempo,
menarlo prematuramente alla tomba : ma oh quanto è
bello a pensare che risorgerà tanto più bello , più ricco ,
più “possente, più radiante con tutto che può appagare al
di là di ogni aspettazione i sensi e gli appetiti . Paga la vi
sta con quelle sempiterne beltà del paradiso . Pago l'udito
.
222
con quelle ammirabili musiche dei celesti . Pago l'odorato
con que’deliziosi profumi del cielo. Pago il gusto con quella
manna od ambrosia che non conosciamo , ma sappiamo
più gradevole d'ogni cibo : omne delectamentum in se ha
bentem .
Iam hyems transiit, imber abiit et recessit, veni amica
mea , formosa mea . – Che malinconica stagione è questa
della vita ! Oh Dio buono! Bufere, tramontane, ghiacci, bri
ne, nevi, nebbie folte e spesse, geli, oscurità , morte della
natura . Il sole manda qualche suo raggio, ma, quasi pen
tito del poco benefizio, tosto nascondesi fra le nubi, e na
sce tardi , e tramonta pria che abbia potuto squagliar le
nevi ed i ghiacci, ed attiepidir l'aere mesto che respiria
mo. La vita è l'inverno del corpo e dell'anima. Soffri que
sta vita, se vuoi la primavera. Lascia che scorra tutto il
tempo di questo verno , perché si rinforzi la natura sotto
• il mantello della neve, e sien più belli i frutti, e più soavi
i zeffiri del bel tempo. Ecco ii mandorlo fiorisce , fiorisce
il pesco , fiorisce il pomo: ecco spuntano le fronde all'ol
mo, alla quercia : ecco la natura è vestita a nozze . Oh bella
primavera ! o buon verno che ce la preparasti !
Che gioia a pensare che passarono per sempre le ma
lattie ! avremo eternamente una fioritissima sanità . Passa
rono i dolori per sempre : avremo eternamente il dono della
impassibilità: nė le spine pungerci, nè morder le serpi, nė
dilaniar le fiere, nė spossare i caldi, nè intormentire i geli
ci potranno. Passó la fame e la sete. Passò il tormento della
sonnolenza e della insonnia . Non più stemperarsi la bile, ne
affaticarsi lo stomaco, nè perdersi la voce , nè aggravarsi
il capo . Sempre, eternamente, nel corpo vi sarà vigore, or
dine, giustissimo temperamento .
Io mi affiso qualche volta collo sguardo sopra una pa
lude , a cui vanno ad abbeverarsi gli animali : torbida e
spessa è quell'acqua, un grave tanfo n'esala, appena i rai
del sole ne possono qualche volta illuminare quel fondo di
mota. Questa è l'imagine della vita nel mondo. Imperocchè
io veggo brulicar colà dentro molte generazioni di animali
ghiotti gli uni degli altri, e ricercarsi, e muoversi guerra
e divorarsi appunto come accade fra noi . Ma veggo in
quell'acqua nera e sozza sovra tutto certi vermicciattoli
223

vestiti di scagliette e di sterpicelli da farli somigliare tron


chi di piante più che animali viventi. Diresti l'uomo rive
stito della pelliccia , che Iddio gli fe', per coprirne la nudità
vergognosa. Che vita è quella mai ? Seminatur in ignobili
tate, seminatur in infirmitate. Ma ecco aprirsi un varco,
fra quelle scheggette cosi meravigliosamente conglutinate ;
ecco uscirne un insetto lungo lungo ed affilato, che scosse
un tratto le umide ali s’alza a volo placido e tranquillo, e
fa pompa de'suoi bellissimi colori verde , giallo , turchino
a varii sprizzi e ondeggiamenti di luce , e si posa dolce
mente o sulle tenerissime cime delle piante, o sui fiori aperti,
o su checchè spunti sulla faccia delle onde , senza paura
di affogarsi, né d'esser preda de'suoi primi nemici. Questa
libellula viva , piena di luce e di bellezza , lanciata a cosi
nobile volo, è il corpo nostro con la dote della agilità e
dello splendore. Deh che gran voli spiccheremo ! deh con
quanta sicurezza cammineremo su le stelle ! deh come vin
ceremo al corso quanto v'ha di più veloce, la folgore e la
luce, questa che in un minuto secondo può girar tre volte
la rotondità di questa terra, quella quasi due volte più ve
loce che in un secondo percorre 115 mila leghe, 450 mila
kilometri. Veramente disse l’Apostolo che avremo un corpo
spirituale, surget corpus spirituale, perchè oltre all'essere
investito dallo spirito , ragguaglierà nel corso lo spirito
stesso .
Ubicumque fuerit corpus illuc congregabuntur et aqui
lae , disse Gesù Signor nostro nel Santo Vangelo , e pel
corpo, intende S. Giovan Crisostomo, l'Umanità adorabile
di Cristo, per l'aquila, intende le anime ed i cuori de' fedeli;
ma ben può dirsi che aquile saranno anche i corpi risu
scitati secondo quel che dice Isaia al capo XL : Qui dat
lasso virtutem , et his qui non sunt fortitudinem et robur
multiplicat; Dio solo può rinforzar le stanche membra e
dar la possa ai corpi infraciditi: Deficient pueri et labora
bunt, et iuvenes in infirmitate cadent: qui autem sperant
in Domino mutabunt fortitudinem , assument pennas ut
aquilae, volabunt et non deficient. Cadranno i possenti del
secolo, perderanno ogni possa i giganti, a saeculo viri fa
mosi, ma noi qui speramus in Domino – qui vivimus
qui residui sumus in adventum Domini , come aquile re
224
gali, che spandon larghissimi vanni per l'aria sottile, vole
remo veloci, voleremo senza fatica, voleremo nė cesseremo
più dal volare in seno a Dio.
Queste grandi ali d'aquila ci spunteranno alle spalle ,
secondo il valore del testo greco, appena cantato dagli an
geli il surgite mortui, e noi le alzercmo al volo , secondo
il valore del testo ebreo, all'apparir nelle nubi il figliuolo
dell'uomo . O aquile generose, sacerdoti di Dio, levianci su
a volo, memori di nostra dignità regale . L'aquila ha acu
tissimo sguardo e può affisarsi nel sole : noi guardiamo ora
il sole per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad
faciem . Siamo di Dio, siamo da Dio, siamo per Dio, siamo
con Dio , siamo in Dio : Dii estis et filii excelsi. L'aquila
non è tocca dal fulmine, secondo che dicevan gli antichi,
noi non paventeremo più mai il fulmine delle divine ven
dette temporali od eterne.
Aquilae, dice S. Dionigi, significant regiam dignitatem
angelorum , motumque ad superna tendentem , celeremque
volatum , et cursum ac facilitatem summam , ac propterea
vim illam singularem speculandi, atque intendendi libere,
directe, in nullam partem inclinando, aciem luminum , in
radium illum uberrimum et lucidissimum Deitatis (coel .
Hier. 15) ; e noi saremo angeli in cielo , assai meglio che
nol siamo già sulla terra ; cioè in terra per l'annunziar che
facciamo le divine cose, in cielo per lo splendore, l'agilità ,
la vita , la gloria . L'aquila vola come una saetta , e noi vo
leremo come la luce. L'aquila sta ne'luoghi eccelsi , noi
staremo nel cielo. L'aquila si rinnova e ringiovenisce, noi
godremo d'una eterna e fioritissima gioventú .
0 uomini fatti per morire e scendere nell'avello, ultima
nostra casa, non temiamo la morte , da cui nasce la vita .
Vade populus meus , dice Dio , intra in cubicula tua
nella camera dei morti claude ostia tua super te
lasciamo che la terra ci ricopra e ci assorba abscondere
modicum ad momentum -- gli anni della mortalità sono
un istante in faccia alla eternità che viene - vivent mor
tui tui, interfecti mei resurgent : su via è tempo. Suona la
tromba a ' quattro cardini della terra, escono gli angeli colle
falci per la separazione. Expergiscimini et laudate qui ha
bitatis in puluere quia ros lucis , ros tuus (cap. 26 Isa .).
225
Oh soave e deliziosissima rugiada , rugiada di splendore!
Come un fiore abbruciato dal calore veemente del sole e
disseccato nello stelo , china il capo e chiude quella sua co
rona odorosa al sonno della morte ; ma al soffiar la brezza
della sera ed al cadervi sopra le stille della notte si rifà é
riapre a nuovo vigore, cosi al caderci sopra alle ossa aride
quella rugiada celeste di luce smagliante, ci rivestiremo di
carni e di polpe, ci rialzeremo sulle piante, e scoppieremo
anima e corpo in un cantico di laude, di giubilo , di esul
tanza: αινησουσι , αλαλαζουσι, ευφρανθήσονται.
O Gesů Signor nostro, adveniat regnum tuum , il regno
dello splendore, della esultazione, della gloria : quando noi
saremo fatti simili a Voi nel trionfo , dopo avervi imitato
nelle pene .

III .

Ma dov'è ito il divin Redentore, il solo conforto delle


anime nostre ? Egli sali a prepararci il luogo in Paradiso .
Cinto da una corona ricchissima di santi , i cui corpi nel
sepolcro e le anime giacevano nel limbo; adorato dalle ge
rarchie degli angeli venuti giů a velocissimo volo , come
sciami d’api d'oro intorno alla loro regina ; battè alle porte
di diamante della Gerusalemme celeste, mentre i cori suoi
cantavano a quelli che stavano dentro a que’lucidissimi
recessi : Attollite portas principes vestras et elevamini por
tae aeternales, et introibit rex gloriae. E le porte si apri
rono, state chiuse dal peccato un quaranta secoli prima, e
torrenti di luce, di gaudio , di gloria ne traboccarono. Al
lora Gesù, tenendo levato nella destra il santo vessillo della
Croce, procedette fino al Trono del Padre, e presentogli il
bottino di sue battaglie , e andò a sedersi a destra del
l'Eterno. Sede a dextris meis, donec ponam inimicos tuos
scabellum pedum tuorum .
Questa gloria , questo regno , questa beatitudine è tua
ab eterno perché in principio ante luciferum genui Te ;
ma Tu l'hai meritata di più , nella umanità assunta ; e la
meritasti tante volte quanti sospiri hai dato, quante lagri
me hai versato, quante gocce di sangue spargesti. Ingre
dere, dunque, ingredere in requiem tuam ; e di quinci con
Considerazioni al Clero 15
BERCHIALLA
226 .

templa il combattere lungo e faticoso della Chiesa da Te


fondata, e dei Santi da Te riscattati; vedi l'arrabbiarsi inu
tile e disperato de' tuoi nemici; mira le virtù meravigliose
e sovrumane de' tuoi martiri, de' tuoi vergini, de' tuoi con
fessori, de' tuoi apostoli, de' tuoi sacerdoti. E godi per que
ste adorazioni, per questi sacrifizi, per questo indomabile
amor de’tuoi figliuoli. Oh quale incenso odoroso è questo
che manda al nostro trono la nuvola del suo fumo latreu
tico ed Eucaristico. Specie tua et pulcritudine tua intende,
prospere procede, et regna .
E Gesù benedetto abbassa il suo sguardo mansueto e
raggiante sopra noi suoi sacerdoti e figliuoli e ci consola
dicendo : Non v'affannate nė si turbi il vostro cuore ,
chè io son qua salito per allestirvi la stanza ed ammanirvi
la mensa . Nė vi lascio soli ed orfanelli, ma vi posi nel
cuore lo Spirito mio Santo e consolatore, ed io stesso , nel
Sagramento , resto con voi, sino alla consumazione dei
secoli .
Date un guardo a queste lucide stelle che smaltano il
firmamento : contatele se vi dà l'animo ; calcolate le loro
prodigiose distanze; misurate i loro sformatissimi corpi;
pensate ai loro movimenti, alla loro luce, al loro cocentis
simo fuoco. Oh notte serena quanto sei vaga con quel tuo
manto stellato ! Or questa volta del firmamento è degna
appena d'essere lo spazzo della regia preparata a ' miei fi
gliuoli, a ' miei sacerdoti.
Io feci da principio la terra e ' l mare : popolai l'una e
l'altro di tante generazioni d’animali ; e rivestii de' loro
manti verdi e fioriti, la valle , il campo , il prato , i dossi
della montagna. Quante meraviglie su questa terra ! Tante,
che dalla loro bellezza e dall'ordine che vi regna si può
visibilmente contemplare l'infinito Fattor d'ogni cosa, con
la sua bontà , colla sapienza, colla inenarrabil bellezza. Ep
pure questa terra non è fatta che per gli animali senza
ragione, e pei figliuoli degli uomini qualunque sieno, atei,
empi, ribelli, sordidi, traditori. Che vorrà essere, o figliuoli
miei o sacerdoti miei santi, il Paradiso che io ho fatto per
mia Madre, la mia Santissima Madre , e per quelli che io
amo con ardentissimo ed eterno amore ? Pensate quai bel
lezze, quai meraviglie, quale letizia !
227

Io che seppi far le meraviglie del firmamento, della terra


e del mare : io che sono la Sapienza eterna : io mi sono
fabbricato una casa per me e per miei amici, " da vivervi
eternamente beati in compagnia. Mancavami il potere ? ma
il mio cenno è creare; mancavami il sapere ? ma io sono
la sapienza ; mancavami il valere ? ma anzi io volli mani
festarmi in tutto il mio splendore. Salomone abbisogno di
architetti e di operai pel suo tempio e pel suo palagio.
Sessantacinque mila operai lavorarono a suo conto per tre
dici anni ; tremila e trecento fra architetti e sovrintendenti
diressero l'operazione. Di denaro suo padre solo aveagli
lasciato nelle casse del governo cento mila talenti d'oro ,
ed un milione di talenti d'argento, cioè assai più di cento
dodici mila milioni di franchi in moneta : e con questo te
soro poté fare una meraviglia del mondo . Ma ecce plus
quam Salomon hic : meum est aurum meum est argentum
- mea est potestas et sapientia mea est fortitudo. -

Immense legioni di angeli al mio servizio , tutta la natura


al mio cenno, e voco ea quae non sunt tamquam ea quae
sunt ; e voglio dar saggio di tutta la mia sapienza, di tutta
la mia potenza, di tutta la mia liberalità da par mio, verso
de' miei amici. O sacerdoti miei , pensate quel che io posso
e che voglio fare per voi !
O cari miei sacerdoti, miei occhi, mia lingua, mio pie',
mie mani, ben io so quanto voi fate per me e per le anime
mie . Vi accompagno nelle penose visite degli infermi e dei
carcerati, nei catechismi laboriosi a' fanciulli ed agli idioti,
nella predicazione continua , nella amministrazione cotidiana
del sagramento di Penitenza, nelle limosine tanto generose,
nelle privazioni, nelle veglie , nelle orazioni , nelle medita
zioni, nelle penitenze : oh poveri sacerdoti miei, ben veggo
quanto voi soffrite pel disprezzo e lo scherno dei mondani,
per la rasticità e l'ignoranza dei bifolchi, per la imperti
nenza o le villanie di quelli che voi avvertite. Non ho io
provato tutte queste cose ? non le ho io provato appunto
per sapervene compatire , e per estimarle al loro valore ?
Ed io ve ne voglio rimeritare, o sacerdoti, e rimeritare
da pari mio : merceg tua magna nimis – mensuram bo
nam et confertam et coagitatam . Nė occhio vide mai , nė
orecchio mai senti, né in cuor d'uomo entro giammai quel
-
228 -

che io vi preparo di gaudio, o sacerdoti miei amanti. Ve


nite, venite intra in gaudium Domini tui. Non il gaudio ,
nė la gioia, nè la gloria entreranno dentro di voi, chè troppo
scarsa fora la misura nè degna di me : ma io manderò un
torrente di piacere divino ad inghiottirvi : ma voi v'entre
rete beati nell'oceano delle delizie , nè toccherete mai di
esso il fondo, nè la spiaggia .
E pensieri ed affetti, cioè quanto v'è in voi di più vivo
saranno beatificati, oltre ogni misura. Il pensiero. Oh beata
penitenza che tanta gloria mi merito ! Non potrò mai più
peccare nė dannarmi. Dio è contento di me e mi ama
per tutta l'eternità . - È giudicata la mia causa e son vinti
i miei nemici, i nemici del sacerdozio, i nemici di Dio.
Gli affetti. Finalmente inveni quem diligit anima mea , te
nui eum nec dimittam . Sempre con Gesù, sempre d’accanto
a Gesù, sempre somiglianti a Gesù. Sic semper cum Do
mino erimus – similes ei erimus quoniam videbimus Eum
sicuti est. Si, o cari, mi vedrete Dio ed uomo qual mi so
no, non coperto dal velo del pane, nė dalla caligine della
mortalità , mi vedrete nell'anima, mi vedrete nel cuore ;
leggerete in questo santuario inaccesso tutta la mia miseri
cordia, tutta la mia bontà , tutto il mio amore.
Itaque consolamini invicem in verbis istis.

IV .

Et sic semper semper - cum Domino erimus. Voci


più armoniose e più soavi nė di maggior conforto , come
al vivere, cosi al morire, non so che sieno uscite di bocca
a quel gran Maestro del mondo ; e ben giustamente sog
giugne dopo di esse : itaque consolamini invicem in verbis
istis (1 Thess. 4). Egli le portò da quel terzo cielo dove fu
rapito , dove vide e comprese quale e quanto gran bene
sia l'essere e 'l sempre dover essere con Cristo. Et sic sem
per cum Domino erimus. Quanto più le ridico tanto mi
riescono più dolci, nè altre ne ho che più mi spengano, nė
che più ini accendano la sete di loro stesse . Questa è la
canzone della mia allegrezza , questo è l'incanto de' miei
travagli. Et sic semper cum Domino erimus.
229 C

Oh . come è sterile a goder questo deserto della terra !


oh come è lungo al penar quest'esilio della vita ! Non si
rendono sofferibili nè l'un nè l'altro se non colla speranza
che ogni di si può uscir dal deserto , ogni di può termi
narsi l'esilio . Et sic semper cum Domino erimus.
Altri unguenti più odorosi, altri baci più amorosi, che
non già i vostri , o amantissima ed amatissima penitente ,
daremo a quei beati piedi di Cristo , che ora calcano le
stelle ed onorano le teste dei maggior serafini, con posar
visi lor sopra . Intanto , se abbiamo qui giù stilla di miele
in bocca, o scintilla d'allegrezza in cuore ; se abbiamo in
conto di nulla quanto può darci, quanto può torci il mon
do, il tempo, gli uomini, e quella lor buona o ria fortuna,
tutto ci viene da questa gran promessa : Et sic semper cum
Domino erimus. Itaque consolamini invicem in verbis istis
( Bartol. Grand. di Cristo).
Sempre con Gesù beatificandoci a'suoi sguardi, alle sue
parole, alle sue carezze. Sempre con Maria, la dolcissima
nostra Madre, ammirandone le bellezze e comprendendone
lo sterminato amore . Sempre cogli angeli, conversando con
loro, fatti altrettanti loro. Sempre coi nostri santi protettori,
coi venerandi apostoli, coi martiri incoronati, colle vergini
di soavissima bellezza, coi patriarchi e coi profeti. Sempre
coi nostri cari che ci precedettero e ci seguiranno, parenti,
amici, penitenti, anime riscattate dalla colpa e rifatte alla
grazia pei nostri sacerdotali sudori : nostro gaudium et co
rona in Domino. O lieta speranza, o parola d'ineffabil con
solazione ! Consolamini, consolamini invicem in verbis istis.
V.

Su dunque al cielo gli occhi e 'l cuore. Sursum corda.


Quid facis o homo ? non promisisti sacerdoti qui dixit sur
sum corda , et dizisti habemus ad Dominum ? non erube
scis ea hora mendax inueniri? (Chrysost. hom. de Euch .)
Su dunque al cielo gli occhi e 'l cuore, che Gesù ci guarda.
Operemur placituri eius oculis, qui nos in congressione no
minis sui desuper spectans, volentes comprobat, adiuvat
dimicantes, vincentes coronat (S. Cypr. ad Nemes.). Su al
cielo gli occhi e 'l cuore, che mentre Prona eum spectent
-
230
animantia cetera terras - Os homini sublime dedit coelum
que tueri – Iussit, et erectos ad sidera vultus (Ovid .).
S. Ignazio salia di notte su ' terrazzi delle case e contem
plando quel nulla delle magnificenze celesti che trasparia,
per lo stellato firmamento, nauseava la terra : oh quam sor
det tellus cum coelum aspicio. S. Martino di Tours , quel
l'illustre e meraviglioso esempio del sacerdozio , nemmen
moribondo volle mutare la posizione di supino in cui gia
cea stanco oramai : -— lasciate, lasciate, o fratelli che io veg.
ga il cielo : cosi più breve è la strada che farò per arrivarvi.
Sursum corda , su gli affetti, su i pensieri, i movimenti,
la vita : se noi avessimo il nostro frumento in luogo umi
do, e potesse germogliare o fermentare, subito lo faremmo
portare più alto : Frumentum tuum si haberes in inferiori
bus, ne putresceret , levares ad superiora . Frumento tuo
quaeris mutare locum , et cor permittis in terra putrescere ?
(S. Aug. in Ps. 85) Un'anima che sta nel fango oh che di
sgrazia ! un cuore che è sotterrato come un cadavere, che
sventura ! Sursum corda : quae sursum sunt sapite, quae
sursum sunt quaerite, non quae super terram . Facite vo
bis thesauros qui non veterascunt: thesauros in coelo ubi
neque aerugo nec tinea demolitur, ubi fures non effodiunt
nec furantur. Non vi è nulla che non marcisca e vada in
malora in questo mondo, salvo il tesoro della santità . Opera
illorum sequuntur illos. Amodo iam dicit spiritus, ut re
quiescant a laboribus suis.

COLLOQUIO.

O celeste ed eterno consolator delle anime Gesù Cristo


Signor nostro , siate benedetto per la ineffabil contentezza
che ci mettete in cuore salendo al cielo a prepararci il
luogo del gaudio, ed a conservarcelo con la vostra mise
ricordia . O Gesù buono e vittorioso, io mi appoggio a Voi ,
certo che Voi mi sosterrete nè mi lascierete mai cadere :
Securus incumbo, quia tu non succumbis. Voi mediteró vi
vente sulla terra, Voi paziente e morente in Gerusalemme
e sul Calvario, Voi risorto, Voi salito al cielo , Voi seduto
a destra del Padre. In Voi sempre il mio pensiero ed il
mio affetto, perché possa venire ad essere beato con Voi,
231
e simile a Voi per tutta l'eternità. O Dio buono ! o Dio pa
drone ed artefice del Paradiso ! o Dio vita dell'anima mia !
o amor degli amori, datemi l'amor vostro . Amore vi chieg
go e null'altro. Viver desolato e faticato, morire deserto e
spregiato non importa ; ma amore io domando , amore io
voglio : amore vivendo, amore morendo , amore in eterno
quando saremo insieme. Et sic semper cum Domino erimus.
LA VIGNA MISTICA

CONCLUSIONE

Vinea mea facta est dilecto meo


in cornu , filio olei (Isaia cap. 5).

Volarono taciti, con ali di feltro , questi giorni di bene


dizione e andarono a congiugnersi a’secoli della storia.
L'anima nostra sotto l'influsso dei benefici raggi del sole
di giustizia e col favor della mistica piova della grazia ,
quasi vigna di Dio, gettò le gemme, i fiori, le foglie, i grap
poli biondi e vermigli. Vinea mea facta est dilecto in cor
nu , filio olei – vinea nostra floruit – vineae florentes
dederunt odorem suum . Or dunque è tempo di cantar giu
bilando la gioconda canzone del principe di Giuda, del pro
feta Isaia : e cantandola giubilando, concepirne la profonda
sentenza , e conceputone il senso applicarloci e trarne le
ultime conseguenze in nostro pro. — Canti io dunque in fac
cia al mio Diletto, il canto del mio amore alla vigna di Lui.
Egli ebbe una vigna in Cheren - Ben - Scemen , e la circondò
di siepe, e vi fe'un muricciolo di riparo, e fondovvi in mezzo
una torre di difesa, e stette aspettando che facesse le uve.
Et sepivit eam et lapides elegit ex illa , et plantavit eam
electam , et aedificavit turrim in medio eius , et torcular
extruxit in ea , et expectavit ut faceret uvas. E disse:
potei far io di più alla mia vigna ? Quid est quod debui
ultra facere vineae meae et non feci?
Qual è questa vigna ? chi il padrone? chi il procurator
del padrone? chi il colono ? quale il giorno del lavoro ? quale
l'ora della paga ? quale la mercede ?
233
Vinea domini exercituum domus Israel est, et vir Iuda
germen eius delectabile (c. 5) ; e, nell'allegoria d'Israello e
di Giuda , tutta la Chiesa di Gesù Cristo , anzi ogni anima
redenta è la vigna eletta piantata , assiepata , cinta, difesa
dal Dio redentore. E l'uva di questa vigna che il Diletto va
aspettando, ahi ! quanto spesso indarno , è il giudizio e la
giustizia : Expectavi ut faceret iudicium et iustitiam (Isa . ib.).
Il padrone della vigna è Dio : Pater meus agricola est.
Il procurator del padrone è Gesù Cristo, che reddet uni
cuique secundum opera sua.
Il colono è ciascuno di noi : anzi ciascuno di noi è al
tempo stesso e vigna di Cristo, e tralcio della gran vite ,
che è Cristo , e grappolo prodotto da questa feracissima
vite, e operaio che lavora e che raccoglie, e padrone del
l’anima sua, che è la vigna di Dio , e mercennaio che la
vora a conto altrui, e signore che prende i frutti della sua
vigna e delle sue fatiche.
Sul far del mattino, all'ora sesta, alla nona, alla unde
cima il padrone della vigna chiama al lavoro gli operai
affollati sulla piazza : perché tutta la vita , la fanciullezza ,
la gioventù, la età virile, la vecchiezza matura è tempo da
la vorar nell'anima al servigio di Dio. L'ora duodecima ė
la morte : Venit nox quando nemo potest operari : opera
mini dum lucem habetis. Cessa il lavoro , si ragguagliano
le partite, si dà la mercede. E la mercede non fia che di
una sola moneta per ciascuno degli operai, perchè siccome
è un solo Dominus, una fides, unum baptisma, cosi è una
sola la gloria essenziale del paradiso , quando videbimus
eum sicuti est senza velame o nube , senza figura nė
enimma .
Ma deh qual differenza fra vigna e vigna ! ahi ! che non
è sempre la vigna del Diletto colle siepi, e 'l muricciolo, e
la torre, e i fiori e i frutti ! Per agrum hominis pigri transivi
et per vineam viri stulti; e disgraziatamente pigrorum et
stultorum infinitus est numerus. E che cosa vi trovo Sa
lomone ? Et ecce totum répleverant urticae, et operuerant
superficiem eius spinae, et maceria lapidum destructa erat ;
ortiche d'imperfezioni e di peccati veniali , spine di avari
zia, di sollecitudini mondane , di brame secolaresche : di
strutto il muricciuolo del raccoglimento e della ritiratezza :
234
onde il savio ricavo per sè l'ammaestramento , ed il pro
verbio salutare contro la pigrizia e la dappochezza : Pau
lulum dormies, modicum dormitabis, paululum manus con
seres ut quiescas; et veniet tibi quasi viator egestas et pau
pertas quasi vir armatus. E questa povertà vergognosa ė
nel tempo stesso un effetto natural della pigrizia , ed un
castigo fierissimo della giustizia del Padrone della vigna ,
il quale, non trovando che agresto , dove si aspettava i
grappoli soavi. Et nunc ostendam vobis, dice, quid ego fa
ciam vineae meae : auferam sepem eius et erit in direptio
nem , diruam maceriem eius et erit in conculcationem : et
ponam eam desertam : non putabitur et non fodietur et
ascendent vepres et spinae, et nubibus mandabo ne pluant
super eam imbrem (Isa . 5).
Or di tali vigne dell'uomo pigro e stolto , di tali vigne
maledette da Dio ve n'ha purtroppo assai . Parrochie, dove
smesso il predicar continuo , facile e piano, e fatto mala
mente e con nausea il catechismo ai pargoletti ; dove non
inculcata ed aiutata possentemente la frequenza dei Sagra
menti ; dove non inaffiata la pianticella delle buone volontà
cristiane coll'acqua salutare dell'esempio sacerdotale, tutto
inselvatichisce, e mette le spine . Oh povere vigne abban
donate ! oh povere anime derelitte ! Ma sovrattutto vigne di
pigro e di stolto sono le anime de sacerdoti che non vo
gliono incomodarsi per nulla , e che temono ogni buffo
d'aria - che hanno maggior cura della sanità che delle
anime ; – che pensano più a divertirsi , a passeggiare, a
conversare , che non a predicare ed amministrare Sagra
menti ; che studiano meglio l'addizione e la moltiplica
che non la sottrazione e la divisione. Oh povere anime sa
cerdotali! oh vigne selvagge e spinose ! Siete voi vinea di
lecto meo, o non anzi de vinea Sodomorum vinea eorum
et de suburbanis Gamorrhae ? uva eorum uva fellis et bo
tri amarissimi? fel draconum vinum eorum et venenum
aspidum insanabile ? ( Deuteronom . 32)
Non cosi la vigna eletta, la vigna del Pacifico, la vigna
di Baal Amon : Vinea fuit pacifico in Baal Amon : dedit
eam custodibus ; tanto ella è ferace che rende al suo si
gnore mille monete d'argento, e rimangono ancor duecento
pei lavoratori, vir afferet in fructum eius mille argenteos ;
235
i mille sono pel Pacifico Salomone, e i duecento sono pei
custodi: mille tui Pacifico , et ducenti his qui custodiunt
fructus eius. Quindi l'amar che la fanno tanto il Diletto e
la Diletta . Vinea mea coram me est (Cant. cap . 8) .

Floruit innumero Salomonis vinea foetu ;


Custodum vigili tradidit ille fide.
Vinitor argenti pondus pro fructibus affert,
Hosque sibi placitum mille parare minis .
Est mihi eritque ferax mea semper vinea cordi
Ipsa illam assidua sedulitate colam .
Rex, tibi iure minae reddentur mille, ducentae
Custodum vigili praemia digna fide ( Vers. Lachi).

Quanto è bella una vigna di Cristo diligentemente col


tivata ! Non triboli, nė spine : non seccume o tronchi vetu
sti : non tralci troppo copiosi nė pampini vani: ma tutto
pien di vita, di gioventù , di freschezza , d'ordine perfetto .
Una parrocchia diligentemente governata , dopo qualche an
no, diventa un piccolo paradiso: un’anima , che studia di
perfezionarsi, è un orto di delizie. Ma, per questo, coltura
assidua ci vuole alle spirituali, com'è necessaria alle vigne
terrene: e come quattro colture bisognano alle terrene, cosi
quattro alle spirituali son necessarie, secondo che lo spiega
con eloquente chiarezza S. Tommaso di Villanova (domin.
Septuagesimae ad moniales).
1a coltura : aperiuntur ut suscipiant imbrem ; si fa alla
terra la prima aratura, e si rimovon le zolle perché il sole
e la piova le fertilizzino. Cosi l'anima os suum aperit et
attrahit spiritum ; e l'aprir la bocca per aspirar l'ossigene
necessario è formar ferventi desiderii della santità e della
perfezione: concupivi desiderare iustificationes tuas ; e la
sciar che Dio lavori dentro di noi colle sue ispirazioni e
coi movimenti salutari, nè opporvi resistenza cogli affetti
disordinati alle cose . Il sacerdote ha da essere , come Da
niele, vir desideriorum .
2a coltura : fodere , arare , mollire ; a tempo debito si
zappa od ara la seconda volta , e le zolle pertinaci e ca
parbie si fiaccano e spolverano . Cosi nell'anima si fa il se
condo lavorio delle esortazioni, degli incitamenti al bene ,
delle riprensioni contro il male, della compunzione, e della
236 -

contrizione salutare. Adhortamini vosmetipsos per singulos


dies, dice S. Paolo (Heb. 3), ut non obduretur quis er vo
bis fallacia peccati ; ed insieme a queste esortazioni di noi
a noi stessi, preghiamo un amico, e sopra tutto il direttore
di ammonirci d'ogni nostro difetto , e di non risparmiarci
mai in nulla. Nemo iudex in causa propria. Quattro occhi
ci veggono meglio di due.
3a coltura : amputare palmites. E' vi sono tralci secchi,
tralci inutili, tralci poco utili da potare. Perciò nella vigna
mistica taglieremo, dice S. Tommaso di Villanova, palmites
putridos oitiorum , appetituum , carnalium cupiditatum ,
ambitionum, malorum desideriorum – nec solum putridos
et inutiles , sed etiam virides multos et utiles negotiorum
multorum piorum, ne virtus vitis exeat in palmites et mi
nus fructificet (ib.). Tu sei parroco : age quod agis , non
perdi la tua forza vitale nell'occuparti di ciò che è proprio
del maestro o del sindaco. Tu hai da insegnar la gram
matica : age quod agis, non ispanderti in istudii di filosofia
o di speculativa che ti possano impedir qualche poco l'at
tenzione al tuo dovere ed il più copioso frutto. Age quod
agis.
4a coltura è rinnovar la vigna, con propaggini, e marze
e magliuoli e quant'altro occorra per esterminare il vec
chiume e far tutto nuovo e ferace. Cosi per la vigna del
l'anima ci raccomanda l'Apostolo : renovamini spiritu men
tis vestrae , ed aggiugne che licet is qui foris est noster
homo corrumpatur , tamen is qui intus est renovatur de
die in diem . La qual rinnovazione si fa e colla lezione spi
rituale, e colla meditazione, e coi frequenti propositi, e co
gli esercizi spirituali, e per la grazia del sagramento della
Penitenza frequentato colle dovute disposizioni. Sit ante
oculos divina lectio , dice S. Cipriano, in manibus bona ope
ratio, in sensibus divina cogitatio. Oratio non cesset, spi
ritualibus semper actibus occupemur , ut quotiescumque
inimicus accesserit et clausum adversus se pectus inveniat
et armatum (de zelo et livore). E degno è ricordare si
gran Santo che , convertitosi da mala vita e messosi alla
soda virtù del cristianesimo ebbe la difficoltà fortissima
dell'amor proprio da superare. Prima professor d'eloquen
za, in auge per tutta l'Africa, rispettato come oracolo ; Ce
237
cilio Cipriano era il dio del giorno. Dopo schernito, abban
donato, e chiamato per vituperio Cecilio Copriano ovvero
Stercorario. Ma egli tagliati i rami secchi e gli inutili, rin
novavasi ogni giorno in virtù colle meditazioni e le pie let
ture, ascensiones in corde suo disposuit ; e continuò a sa
lire, finchè mozzatogli il capo dal carnefice, al quale in ri
compensa di quel servigio avea legato il suo pallio , volo
al cielo come aquila rinnovata nella gioventù sempiterna .
Udiste da S. Cipriano esser necessario tener chiuso ed
armato il nostro petto . contro il nemico che vorrebbe en
trarvi, quotiescumque inimicus accesserit et clausum adver
sum se pectus inveniat et armatum ; egli è per questo che
alla mistica vigna sempre è fatta una siepe ed un muric
ciuolo sepes et maceria : la siepe contro i nemici meno
forti, il muro contro i più violenti ed audaci. Pianto Iddio
una vigna, cavandone le marze e le calmelle d'Egitto : ma
guastatane la siepe e 'l muro, entrarono a saccheggiarla i
viandanti, e a distruggerla ogni ragion d'animali selvatichi.
Vineam de Aegypto transtulisti..... et plantasti eam .... Ut
quid destruxisti maceriam eius et vindemiant cam omnes
qui praetergrediuntur viam ; et exterminavit cam aper de
sylua et singularis ferus depastus ' est eam ? (Ps. 79) Or
quale sia cotesta siepe e questo muricciuolo cel dice S. Tom
maso di Villanova . La siepe è la custodia de' sensi , il mu
ricciuolo è il raccoglimento ed il silenzio con Dio. Aggiu
gne S. Pier Damiani per macerie doversi intendere la cu
stodia vigilante degli angeli: Quid per maceriam nisi prae
sidias et excubias intelligimus angelorum ?
Noi adunque abbiamo da guardare con solertissima cura
i nostri sensi, ma sopra tutto la vista che è il più lubrico,
poi la lingua ed il gusto, quindi il tatto : queste sono le porte
maestre per cui entra il diavolo nel nostro cuore. Sacer
dote immodesto, ciarlone, maledico, buongustaio , famigliare
negli atti con le persone , non sarà mai buona vigna di
Gesù Cristo , nė darà mai gli egregi grappoli di Engaddi.
Ed egualmente abbiamo da tener cura della ritiratezza
e del raccoglimento con Dio , per mezzo della divina pre
senza e delle frequenti giaculatorie ; ed invocar molto spesso
in nostro aiuto l'angelo nostro custode, i custodi dei no
stri penitenti, delle parrocchie, dei paesi, dei templi, dei regni :
238 -

custodi, rege, guberna . La sacra sposa sul bel principio


del divin cantico prega i suoi fratelli a non meravigliarsi
ch'ella è fosca , imperocché, dice, è il sole che mi abbron
zò, avendomi i figli di mia madre, per dispetto , mandata
al sole a guardar le vigne, onde avvenne che non potei ser
bare la mia . Nolite me considerare quod fusca sum quia
decoloravit me sol: filii matris meae pugnaverunt contra
me; posuerunt me custodem in vineis ; vineam meam non
custodivi. Qui S. Gregorio Papa va spiegando esser vigne
nostre le azioni che con fatiche d'ogni giorno andiam col
tivando; ma posti a custodir le vigne altrui non custodir
noi la nostra quia dum extraneis actionibus implicamur
ministerium actionis nostrae negligimus (hom . 17 in evang.).
Quindi piagnea S. Bernardo : Ego huius loci occasione me
ipsum reprehendere soleo quod animarum susceperim cu
ram qui meam non sufficerem custodire (serm. 30 in cant.).
E piangeva anche più lamentosamente S. Tommaso di Vil
lanova dicendo : heu ! heu ! vineam meam non custodioi;
e non si lagna giustamente chi, atto appena a salvar se
stesso, è obbligato suo malgrado a custodir le anime altrui
delle quali debbe poi render conto al padrone ? Grave iu
gum , difficilis obedientia : bene ait pugnaverunt contra me,
quia invitus et obluctans et timens periculum promotus est.
Vae misero qui ambit ! (serm . Septuages, ad moniales).
Non è dunque meraviglia , poiché tremavano si gran
Santi, che anche noi tremiamo pensando alle molteplici ed
ardue cure del pastorale o del sacerdotale ministerio , per
le quali siamo tanto facilmente distratti dal raccoglimento
e dalla presenza di Dio . Ma appunto perchè la cosa è tanto
piena di pericoli, nè possiamo, come un S. Giusto Vescovo
od un S. Pietro Celestino Papa, rinunziare al ministero e
nasconderci in un eremo, appunto per questo sono da rad
doppiar le diligenze per mantenere sempre viva la siepe
della custodia dei sensi, ed il muro sempre in pie' del rac
coglimento spirituale - ne cum aliis praedicavero ipse re
probus efficiar!
Ma deh quanti sono i nemici della mistica vigna di Cri
sto, i quali spesso nemmen dalla siepe e dal 'muricciuolo
possono essere tenuti lontani! Ş . Tommaso di Villanova a
quattro classi li riduce : 1a ustio a vento vel gelu ; 2a vul
239 -

peculue ; 3a bruchus ; 4a grando. Veggiamo brevemente di


ciascuna .
1a Il gelo, quando spuntarono già le gemme, ovvero il
nebuloso e caldo sirocco bastano spesso ad abbruciare e
sterminare una vigna : cosi nell'uomo la memoria delle
cose mondane, e la fantasia riscaldata dal ricordare i be
stiali diletti fanno gran rovina dell'anima ; il combatter gli
uomini contro il gelo, la brina, il vento è cosa da più che
uomini ; ma il combattere noi contro la memoria e la fan
tasia del passato è cosa tutto affatto da noi, con l'aiuto ef
ficace di Dio , che non manca. Sogliono alcuni contro la
nebbia apportatrice di brine e di morte accendere a' varii
angoli del campo de' gran mucchi di pula e di sarmenti,
che col loro fumo neutralizzino l'effetto malefico : accen
diamo noi intorno all'anima nostra la memoria de sarmenti
e della pula maledetti da Dio e mandati all'inferno per lo
amore dei beni della terra e 'l soddisfacimento delle brutte
passioni : Non sic impii non sic sed tamquam pulvis quem
proücit ventus a facie terrae - Non stabunt impii in con
cilio iustorum Odisti omnes qui declinant a mandatis
tuis . Pensi all'inferno chi non vuol cader nell'inferno con
Simon mago, e Marcione ed Ario, e l'altra peste di eretici
impuri .
2a Le volpicelle che guastano le vigne sono gli eretici
ostinati, dice S. Bernardo : cum proditur dolus, cum fraus
aperitur , cum convincitur falsitas rationum dicitur capta
vulpes; e volpi sono pure, come gli eretici, tutti gli impo
stori, gli ipocriti, i seduttori, i falsi profeti di Israello, che
levan la testa contro Dio e contro il Papa Vicario di Gesù
Cristo. Quasi vulpes in deserto, dice Ezechiello, prophetae
tui Israel erunt (cap. 13) . Ed è proprio dover nostro di stu
diare diligentissimamente per convincere i primi e i miscre
denti colle ragioni , e småscherare prudentemente e con
fortezza i secondi. Scoperta la frode, è presa la volpe e non
può più far male.
Ma altre volpicine dannosissime sono pure nelle anime
nostre : ista sunt fraudulenta quaedam vitia et occulta quae
se simulant esse virtutes, et sub specie sanctitatis et pie
tatis perfectas animas decipiunt (dice S. Tommaso di Vil
lanova) : si crede zelo ciò che è collera o vendetta : si chia
240
ma previdenza ciò che è interesse ed avarizia : si dice cura
pastorale di conoscere e ridurre le anime a Dio , ciò che
è sensualità di visitar persone geniali , di fare inutili cica
lecci, di godere pranzi e regali. Oh quot animae sanctae
et bonae perierunt deceptae ab istis vulpeculis le vol
pette del confessionale, le volpette della casa , le volpette
del cuore . Quantam stragem faciunt in vinea Domini!
Eppure , appunto perché son volpette , difficilmente si
prendono: e perché è difficile il prenderle è da badare di
non fidarci mai di noi stessi, nè della nostra sperienza, nė
dei nostri lumi, né del lungo studio : ne innitaris pruden
tiae tuae - consule seniores et indicabunt tibi. Nessuno è
più facile a cader nella coscienza vincibilmente erronea ,
e quinci nella lassa, e perfin nella cauteriata, di colui che
vuol fare da sè, nè mostrare l'anima sua nuda e brulla
com'è ad un buon confessore. Dunque capite nobis vulpes
paroulas quae demoliuntur vineas (Cant. 2).
za Il bruco s'introduce nelle gemme delle viti e le va
rodendo ; ed in questi ultimi tempi un insetto prodigiosa
mente fecondo ne invase le radici, il tronco, i tralci, le fo
glie : questa è la filossera contro la quale finora gli studi
del mondo agricola fallirono. Un simil nemico per l'anima
è la libidine, e con essa tutte le rie inclinazioni che hanno
stanza e radice nell'uomo animale. La grazia santificante
può calmarle un poco , ma non le distrugge. La concupi
scenza ci è lasciata per agguerrirci, ad agonem . Combat
tiamo finché abbiamo vita , che la vita è un luogo di ten
tazione e di pugna : militia est vita hominis , e come dice
il greco essa è un tentatorio THELPOGAnpsov. Non lasciamo ro
derci dai bruchi, non lasciamo propagarsi la filossera .
L'uomo vecchio debb'essere morto e seppellito , e vivere
in noi la vite che è Gesù Cristo . Vivit vero in me Christus
Ego sum vitis.
4a Finalmente a sterminar le vigne della terra suol man
dare Iddio assai sovente la grandine impetuosa , la quale
dovunque batta, sul tronco, sui tralci, su’grappoli fa piaga ,
rompe , sterpa , ammacca, ed in brev'ora lascia la vigna
somigliante ad un campo d'ossa ignude. Occidit in gran
dine vineas eorum (Ps. 77). Or S. Tommaso l'arcivescovo
di Valenza ci dice qual sia il nemico dell'anima, capace
-
241 .

di fare in lei una rovina eguale. Questo è la grave e vio


lenta tentazione sia che ella ci venga dagli incentivi fiera
mente irritati della concupiscenza , o dal mondo co' suoi
rispetti umani, o dal demonio co'suoi inganni e colle sue
fantasme. E noi contro quest'ultimo nemico abbiamo da
tenerci costantemente armati, come cittadella che teme gior
no e notte le sorprese d'un valente ed agguerrito nemico.
Fili accedens ad servitutem Dei praepara animam tuam
ad tentationem : sobrii estote et vigilate quia adversarius
vester diabolus tamquam leo rugiens circuit quaerens quem
devoret, cui resistite fortes in fide. Il diavolo viene a noi
habens iram magnam e vuole crivellarci come si crivella
il grano sull’aia. Le cittadelle han gli spaldi , i ballatoi, le
torri, e su quelli le scolte per gridare all'armi e chiamar
alle mura i combattenti ; ma la vigna ha nel bel mezzo la
sua torre per le vegghie notturne e per luogo di munizione.
Aedificavit turrim in medio eius. Qual è questa torre ?
O cari miei sacerdoti, non abbiamo noi la turris davi
dica , la turris eburnea dalla quale pendono scudi, targhe,
lance , spade , quadrelli omnis armatura fortium ? Non è
Maria consolatrix afflictorum se ci assale la orrenda ten
tazione dello scoramento e della disperazione ? Spes despe
ratorum la chiama S. Epifanio. Non è Maria salus infir
morum se per lo stemperamento delle forze corporali ci
troviamo affiacchiti nello spirito ed inetti al bene ? Non è
Maria refugium peccatorum se la grave soma dei nostri
peccati ci aggrava e ci volge il capo ed il dorso a terra ?
gravabit eam iniquitas et corruet et non adiiciet ut resur
gat ? Non è Maria terribilis ut castrorum acies ordinata
e possente a vincere demonio, mondo, carne, e quanto ci
può far danno ? Non è Maria auxilium Christianorum , vi
ta, dulcedo, spes nostra , sola ratio spei nostrae, dopo Ge
sù Cristo , come la invoca S. Bernardo ? Dunque a Maria
ricorriamo , Maria ripensiamo , in Maria confidiamo : Ma
riam cogita , Mariam invoca ; ipsa tenente non corruis.
La devozione figliale a Maria, l'amore sviscerato a Maria,
la confidenza illimitata in Maria hanno da essere le armi
possenti quibus possitis omnia tela nequissimi superare.
O felice il sacerdote che è pieno di devozione e di confi
denza in Maria ! Non é Essa la buona giardiniera e l'amo
BERCHIALLA – Considerazioni al Clero 16
-
242
revolissima Pastora ? E se le anime nostre saranno la greg
gia di Lei , ed il cuor nostro sarà il suo giardino , la sua
vigna, avremo noi ancor da temere il gelo o le nebbie, le
volpicine e le altre belve, il bruco o la filossera , il vento
o la gragnuola ?
O cara Madre, io son tutto cosa vostra, ed a Voi sem
pre mi consacro e mi dono: custoditemi, proteggetemi, di
fendetemi Voi : deh volgete a noi que' vostri occhi miseri
cordiosi: respice de coelo et vide et visita vineam istam ,
et perfice cam quam plantavit dextera tua et super fi
lium hominis quem confirmasti tibi (Ps. 79).
La nostra vigna, coltivata da Maria, darà il suo frutto :
se per la vite s'intende la virtù della fede, dice S. Bernar
do, pei tralci le altre virtù, pei grappoli le opere di esse ,
pel vino ha da intendersi la devozione che è come la più
preziosa essenza della carità . Dicamus fidem vitem , virtu
tes palmites , botrum opus , devotionem vinum (in cant.).
E questo vin generoso è quello che il Diletto cerca dalla
sua vite : Vinum optimum , dignum dilecto meo ad potan
dum (cant. 7) . Questo è il vino che fa rampollare i vergini :
vinum germinans virgines (Zacch. 9 ). Ed è questo vino ap
punto che noi cercammo di far colle uve della nostra vi
gna in questi benedetti giorni degli esercizi. Oh si noi non
cercammo altro che di accendere in noi lo spirito della de
vozione : procurammo di levarne gli ostacoli che sono i
peccati mortali e veniali deliberati, con le meditazioni della
prima e della seconda settimana : ne considerammo i mo
tivi, ne imparammo gli esempi nelle contemplazioni della
terza e della quarta. Ci riformammo, ci conformammo, ci
trasformammo. La nostra conversazione non è più in terra
ma nel cielo : vestra conversatio in coelis est ; non voglia
mo più il gusto de'frutti terreni. Quae sursum sunt sapite,
quae sursum sunt quaerite. E che ? Gesù è venuto a spar
gere il fuoco nel mondo, e non ne sarà caduta una vampa
in questi cuori di sacerdoti ? 0 Spirito divino accordateci
Voi questa fiamma ! noi ve lo dimandiamo tutti i giorni :
Ignem sui amoris accendat Deus in cordibus nostris .......
accende lumen sensibus, infunde amorem cordibus. Respice
de coelo et vide, et visita vineam istam et perfice eam
quam plantavit dextera tua !
243

BENEDIZIONE .

Deh si ! Riveritissimi ecclesiastici, dal cielo ci guardi


propizio il nostro Signore e Redentor Gesù Cristo, e visiti
con le sue copiosissime grazie questa vigna dell'anima no
stra piantata dalla sua destra, ed irrigata col suo sangue
prezioso . Ricolmi Gesù Santissimo di benedizioni elette
questo savio e zelante Pastore che vi ama con affetto più
che paterno e vi precede col nobilissimo esempio delle pa
storali virtů. Benedica Gesù il venerando capitolo cosi ricco
d'uomini dotti, prudenti, esemplari di spirito sacerdotale.
Benedica Gesù voi tutti in particolar modo i quali con tanta
pazienza e con si generosa indulgenza ascoltaste le nostre
parole, nè infastiditi della mia inettezza, faceste tesoro delle
divine verità a voi ripetute, conferentes in corde vestro.
Vi benedica tutti quanti il soavissimo Redentore nostra spe
ranza, nostra gioia, nostra esultazione, nostro trionfo, e con
fermi in voi i santi propositi concepiti, e dia forza a’questi
suoi tralci di produrre il grappolo d'Engaddi, e 'l vino ot
timo della devozione e dell'amore. Egli fu che ci introdusse
in questa cella vinaria , e ci disse: beete su del mio ot
timo licore, beete della mia amabile carità ed inebriatevi:
introduxit me in cellam vinariam ...... bibite et inebriamini,
charissimi. Deh se carissimi già ci appella prima di quella
beata ebbrezza dell'amore, che fa dimenticare il mondo e
la carne, quanto più gli saremo carissimi quando non ope
reremo, nė parleremo che sotto l'influsso d'una ebrietà si
divina d'amore ? Benedica Gesù il cor nostro perché non
ami che Lui – la nostra lingua perchè non dica fuor che
le parole di Lui – la nostra mano perché sia larga nel
dare lo spirituale ed il temporale: gratis accepistis, gratis
date — i nostri occhi perché non si aprano mai alla va
nità – le nostre orecchie perché si chiudano ai rumori
del mondo ed ai sibili del serpente — tutto il nostro cor
po, affinché si mantenga puro ed illibato come un mem
bro di Gesù Cristo, ed affinchè pieno di vigore e di robu
stezza possa durarla a lungo nelle evangeliche fatiche.
244
E voi, o venerandi ecclesiastici, benedetti da Dio, invo
cate anche la benedizione e la misericordia di Dio sopra
di noi , affinché l'amore e l'unione fraterna fra noi tutti,
incominciata in terra con tanta intimezza e famigliarità, si
perenni in cielo eternamente. Amen.
INDICE

MEDITAZIONE I. Fine. pag . 3


II. Mezzi al fine. 18
III. Dei tre peccati 33
IV . Dei peccati proprii. 45
V. Dell inferno. 59
VI. Della Morte. >> 72
VII. Del Giudizio . 85
VIII. Del figliuol prodigo . >> 99
IX. Del regno di Cristo. 113
X. Nascita di Gesù Cristo . >> 127
XI. Due stendardi. 140
XII. La Samaritana . . 154
XIII. Del dolor di Cristo nell' Orto . > 170
XIV. Morte di Cristo . 185
XV. Risurrezione 200
XVI. Ascensione al Cielo . . 216
CONCLUSIONE. La vigna mistica . 232
IMPRIMATUR

Fr. Raphael Pierotti Ord . Praed . S. P. A. Magister

IMPRIMATUR
Iulius Lenti Patriar. Constantinop. Vicesgerens.

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