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Anthony Blunt

grafica di copertina: tassinari/vetta


nella stessa collana

Architettura barocca
e rococò a Napoli Franco Borsi
Leon Battista Alberti
Giulio Carlo Argan, Bruno Contardi
Michelangelo architetto
Opera completa
Lionello Puppi, Donata Battilotti
Michael Kiene Andrea Palladio
Bartolomeo Ammannati

Anthony Blunt
Architettura barocca e rococò a Napoli
John Wilton-Ely
Franco Borsi Giovanni Battista Piranesi
Bernini architetto
Vittorio De Feo, Valentino
Paolo Portoghesi Martinelli
Francesco Borromini Andrea Pozzo

Franco Borsi Francesco Primaticcio


Bramante architetto
a cura di Sabine Frommel
Eugenio Battisti
Filippo Brunelleschi Christoph L. Frommel,
Stefano Ray, Manfredo Tafuri
Amelio Fara Raffaello architetto
Bernardo Buontalenti
Paul Davies, David Hemsoll
Loredana Olivato, Lionello Puppi Michele Sanmicheli

edizione italiana a cura di Fulvio Lenzo Mauro Codussi

Hans Sedlmayr
Manuela Morresi
Jacopo Sansovino
Johann Bernhard Fischer
von Erlach Sabine Frommel
a cura di Giovanna Curcio Sebastiano Serlio

Francesco di Giorgio Carlo Fontana


a cura di Francesco Paolo Fiore, Il Tempio Vaticano 1694
Manfredo Tafuri a cura di Giovanna Curcio

Autori vari Bruno Adorni


Giulio Romano Alessio Tramello

Harold Alan Meek Claudia Conforti


Guarino Guarini Giorgio Vasari

Katsura la villa imperiale Jacopo Barozzi da Vignola


a cura di Virginia Ponciroli a cura di Richard J. Tuttle,
Arata Isozaki, Yoshiharu Bruno Adorni, Christoph
Matsumura, Manfred Speidel, L. Frommel, Christof Thoenes
Bruno Taut, Walter Gropius,
Kenzo Tange, Francesco Dal Co William L. MacDonald,
John A. Pinto
Carlo Pedretti Villa Adriana
Leonardo architetto La costruzione e il mito
da Adriano a Louis I. Kahn
Howard Hibbard
Carlo Maderno
a cura di Aurora Scotti Tosini

Dale Kent
Il committente e le arti
Cosimo de’ Medici e il
Rinascimento fiorentino

immagine di copertina
Napoli, palazzo Serra di Cassano, scalone
(foto Tim Benton, Cambridge)

retro del cofanetto


Napoli, palazzo Bartolomeo di Maio alla Sanità, scala
(foto Tim Benton, Cambridge)
Anthony Blunt
Architettura barocca
e rococò a Napoli

edizione italiana a cura di Fulvio Lenzo

Electa
coordinamento editoriale
Giovanna CrespI

progetto e impaginazione
Tassinan/Vetta

redazione
Anna Della Va'le

ricerca iconografica
Stefania Colonna-Preti

traduzione
FulVIO Lenza

Edizione originale:
Anthony Blunt. Neapolifan Baroque
& Rococo Architecture
@1975byA.Zwemmer Ltd. London

www.electaweb.it

@2006 by Mondadori Eleeta spa. Milano


Tutti i diritti riservati
Sommario

7 Napoli e l'architettura italiana ed europea


negli studi di Anthony Blunt
Prefazione all'edizione italiana
Fulvio Lenza
17 Premessa
20 Introduzione

25 Capitolo I
Il rinascimento
51 Capitolo Il
La transizione al barocco
1570-1630
83 Capitolo III
Cosimo Fanzago
1591-1678
123 Capitolo IV
Il barocco minore
161 Capitolo V
Il rococò napoletano
e Domenico Antonio Vaccaro
1678-1745
189 Capitolo VI
Ferdinando Sanfelice
1675-1748
233 Capitolo VII
Dal barocco al classicismo

259 Appendici e aggiornamento

Apparati
332 Bibliografia
354 Indice dei nomi e dei luoghi
capitolo I
Il rinascimento

Alfonso I (1442-58) e Alfonso Il (1494-95) imitazioni nel corso dei rimanenti anni del regno angioino.
La storia dell'architettura rinascimentale a Napoli segue uno schema Tra i primi atti del re aragonese Alfonso I, detto il Magnanimo
analogo a quello di molte aree d'Italia e di altri Paesi europei. Prima, (1442-58), è l'avvio della ricostruzione di Castelnuovo, la cui fonda-
l'acquisizione di opere create nei grandi centri della Toscana e della zione risaliva al 1280 circa, al tempo di Carlo Il d'Angiò. Il castello,
Lombardia, quindi l'arrivo di artisti provenienti da quegli stessi luoghi così come rinnovato su progetto dell'architetto catalano Guglielmo
e, infine, la graduale assimilazione del nuovo linguaggio da parte di ar- Sagrera, mostra ancora una sensibilità medievale, sebbene una
tisti locali che, inizialmente, propongono una versione provinciale certa simmetria riveli già le nuove aspirazioni del committente. Que-
dello stile importato e poi, progressivamente, sviluppano una variante ste però si palesano appieno soltanto nel famoso arco trionfale (fig.
locale che assume carattere e parametri propri. A Napoli questo pro- l) che costituisce l'ingresso principale del castello e che viene eretto
cesso è meno lineare che altrove e, a dispetto del fatto che all'inizio a partire dal 1451'. La scelta di erigere un arco di trionfo si legava, ne-
del XV secolo in città prosperasse una florida scuola di architettura gli intenti di Alfonso, alla celebrazione della vittoria sugli angioini e
tardogotica, sembra che essa sia stata sopraffatta di colpo, senza en- del conseguente suo insediamento sul trono di Napoli. La prima idea
trare in conflitto con lo stile invasore. Ne risulta che difficilmente s'in- - risalente probabilmente al 1444 - era stata infatti di innalzare al
contrano a Napoli esempi di quegli strani edifici ibridi che si trovano centro della città un arco isolato. Nel 1451, però, questa idea aveva
in Sicilia. in Spagna o in Francia, con una struttura gotica ornata da lasciato il posto a quella di costruire un arco trionfale che fungesse
dettagli rinascimentali. La ragione di tutto ciò è in parte politica. Il go- da ingresso al castello.
tico veniva identificato con la dinastia angioina e il suo impiego, dopo Una prima versione del nuovo progetto è documentata da un di-
che i re aragonesi si erano dichiarati entusiasti per la nuova maniera, segno di artista norditaliano, probabilmente attivo nella cerchia di
correva il rischio di essere preso come una dichiarazione di apparte- Pisanello, a quel tempo presente a Napoli. Nel disegno appaiono già
nenza al partito filofrancese. Questo sentimento doveva diventare gli elementi fondamentali della struttura poi realizzata: l'arco prin-
sempre più forte dopo la breve invasione di Carlo VIII nel 1494 e i suc- cipale è inquadrato da colonne binate e sormontato da un arco a
cessivi attacchi francesi del 1503 e 1528. tutto sesto che accoglie una statua equestre del re - senza dubbio
Il primo monumento innalzato a Napoli nel nuovo stile è la tomba prevista anche nel progetto finale, sebbene non sia stata mai ese-
del cardinale Rinaldo Brancaccio in Sant'Angelo a Nilo, la cui strut- guita - e nel registro superiore compare una schiera di figure entro
tura architettonica, realizzata su progetto di Michelozzo, era stata nicchie. Rispetto all'opera compiuta le differenze sono comunque si-
spedita via mare da Pisa nel 1428 (fig. 2t gnificative: l'arco principale è acuto e la composizione non si con-
Sebbene nelle sue forme generali il monumento si conformi a clude con un frontone, ma con un fastigio tipico delle cimase gotiche
modelli medievali, i raffinati dettagli all'antica dell'ordine principale dell'Italia settentrionale. Queste ultime tracce di gusto ancora me-
composito e delle piccole paraste corinzie sul sarcofago devono es- dievale sono del tutto sparite nell'edificio costruitolo La paternità del
sere stati una rivelazione per un ambiente assuefatto al gotico an- progetto infine messo in opera è stata oggetto di molte speculazioni.
gioino. L'innovazione stilistica, tuttavia, era troppo grande per pro- sebbene non sia stato proposto alcun nome soddisfacente. Sembra
durre effetti degni di nota e il monumento non sembra avere avuto infatti improbabile che Sagrera - architetto principalmente militare

1 Napoli, arco trionfale


25 di Castelnuovo.
ed educato nella tradizione spagnola - potesse essere capace di
un 'invenzione tanto ardita e innovativa, ed è ancora più inverosimile
che essa possa essere ascritta a uno degli artisti dell'Italia setten -
trionale chiamati alla corte di Alfonso.
Tra gli obiettivi principali dell'architetto era certamente quello di
creare un'opera in grado di competere con i grandi archi dell'anti-
chità, tuttavia la posizione dell'arco, stretto fra due torri, gli ha impo -
sto di ricercare l'ispirazione non negli archi trionfali degli imperatori
romani. bensì nelle porte fortificate delle cinte murarie urbane. Se,
come pare probabile. egli era umbro, è anche presumibile che abbia
visto le porte urbiche di Perugia, una delle quali presenta una serie di
statue alte metà del naturale. collocate in una sorta di galleria sopra
la porta, e un'altra ha un secondo arco aperto nel registro superiore.
Un modello più a portata di mano era l'arco di Federico Il a Capua :
innalzato, come quello di Alfonso, per competere direttamente con
l'antichità e ornato da st at ue entro nicchie poste sopra il fo rnice
principale' . L'arco di Alfonso, però, è di concezione assai più audace
di questi possibili mode lli. La sua maggiore altezza lo rende più im-
pressionante degli archi romani e il suo splendido apparato sculto-
reo supera decisamente quello dell'arco di Federico II. Significativa è
anche l'evoluzione del progetto rispetto a quanto documentato nel
disegno citato. L'architetto ha semplificato il piano inferiore facendo
correre la trabeazione da un capo all'altro del fornice e, in questo
modo, ha ricavato lo spazio adeguato per inserire il rilievo con il cor-
teo trionfale. Eliminando gli alt i piedista ll i ha reso più monumentale
il registro superiore e ha potuto cosi meglio dimensionare le colonne
composite in proporzione all'ordine corinzio sottostante. Ha ridotto
da cinque a quattro le nicchie dell'ultimo livello e. pur incorrendo nel-
l'inconveniente di dover posizionare un pilastro sull'asse centrale, ha
potuto però concepire nicchie più alte e di maggior effetto. Infine. ha
sostituito il fastigio gotico con un frontone di un'inusuale forma mu -
tuata da antichi cippi e, al suo interno, ha collocato due divinità di-
stese recanti simbo li di abbondanza.
Per ben comprendere le vicende della stor ia architettonica di
Napoli è essenziale sottolineare come l'arco trionfale di Alfonso non
sia semplicemente un esempio di creatività locale, ma rappresenti
piuttosto una t ra le creazion i più original i della metà del Quattro-
cento, per la quale non può essere trovato alcun parallelo né in To-
scana né in Lombardia. Inoltre. la sua decorazione scultorea dimo-
stra una conoscenza matura del dettagl io all'anti ca e deve essere
attribuita a un gruppo di artisti da class ifi carsi t ra i m igliori a quel
tempo operanti in Italia s .
Non risulta che Alfonso I abbia commissionato altre rilevanti opere
nel linguaggio del primo rinascimento e suo figlio Ferdinando, o Fer-
rante I (1458-94), che alla sua morte nel 1458 gli succede al trono, è
stato continuamente impegnato in guerre e insurrezioni e non ha
avuto tempo da dedicare alle arti. E purtroppo dei numerosi e impor-
tanti edifici eretti negli ultimi anni del suo regno dal figlio Alfonso, duca
di Calabria, più tardi Alfonso Il (1494-95), oggi rimane ben poco' .
Nel 1485 Alfonso riesce ad attirare a Napoli l'architetto e scultore
fiorentino Giuliano da Maiano. Nato nel 1432, Giul iano si era affer-
mato come uno tra i più abili architetti della generazione successiva
a quella di Brunelleschi e la sua reputazione faceva sì che venisse
ch iamato a lavorare in molte parti d'Italia ' .
AI suo arrivo a Napoli il primo incarico ricevuto da Giuliano è la
costruzione di Porta Capuana (fig. 3)' , aperta nel tratto orienta le

2 Napoli. Sant'Angelo a Nilo,


monumento funebre del cardinale
Rinaldo Brancaeeio (1426-28).
3 Napoli. Porta Capuana (1484).
26
de lle mura da poco costruite per circondare un'area urba na di re -
cente ampliamento, Dopo la sua morte, nel 1490, l'arco viene com-
pletato da Luca Fancelli, cui si devono probabilmente i plutei di coro-
nament09 . 11contrasto con l'arco trionfale di Alfonso è sorprendente.
Laddove il monumento più antico è impressionante per dimensioni,
ricchezza e varietà, Porta Capuana è invece piccola, delicata e armo-
niosa. Non discende da un preciso prototipo, antico o medieva le: si
offre invece, semplicemente, come l'appl icazione alla costruzione e
decorazione di una porta urbica del più squ isito linguaggio fiorentino
de l tardo Quattrocento. Questione. questa, solo raramente affron-
tat a con pari impegno in altre parti d'ltalia 'o .
Nel 1487 Alfonso com missiona a Giu liano da Maiano il progetto di
due ville, im mediatamente celebrate da coloro che hanno modo di vi-
sitarle . Sfortunatamente, però , nel XV I secolo sono state entrambe
lasciate cadere in rovina e oggi no n ne rimangono t racce. Nel caso
dell a prima, la Duchesca , non abb iamo alcuna testimonianza ico no-
grafica che ne documenti l'aspetto, e le descrizioni note sono redatte
in term ini talmente vaghi da non aiutare a colmare le lacune l l Su ll'al-
tra e più fam osa villa, Poggioreale , siamo invece meglio informati" .
La villa (fig. 4) sorgeva a c irca un miglio di d istanza dalla città,
sul la strada che da Port a Capuana portava verso est. Era costituita
da un blocco rettangolare con pad iglioni angolari composto da quat-
tro al i disposte intorno a un co rtile scoperto. L'entra ta non era dalla
strada più import ante, ma da un tracciato minore che, correndo per-
pendicolare a questa, costeggiava il fianco occidenta le dell'edifi cio.
L'asse principale si svilu ppava dal l' ingresso attraverso un cortile por-
t icato fino a un gia rdino situato a est de ll a villa. L'area centrale de l
cort ile era pi ù bassa dei portici e sappiamo che era pavimentata a
matton i, non è ch iaro, tuttavia, se questi fossero lateriz i non smaltati
oppure le mattonel le di maiolica invetriat a, a quel tempo molto po-
polari a Napo li". Quest'area era circondata da gradinate , probabi l-
mente usate come sedi li per gli spett atori invitat i ad assistere agli
spettaco li allestit i nell'area più bassa, raggi ung ibi le t ramite una
rampa di sca le posta all'estrem ità nord. L'arena era usat a anche per
feste ed era predispost a in modo t ale da poter essere allagata in
qualsiasi mome nto, con irritazione dei convitati ma, a quanto risulta ,
con gra n divertimento del duca " .
All'intern o dei padiglioni gli ambienti erano affrescati da Pietro e
Ippolito Del Donzel li, per lo più con scene illustranti le vi ttorie del
duca e di suo padre . Vi erano anche tondi con gh irl and e e busti in
maiolica policroma, attribu iti da Celano a Luca Della Robbia . L'arti-
st a tuttavia era già morto nel 1482 e i tondi erano senza dubbio pro -
dotti della sua bottega.
Imm ediatamente a sud della vi ll a si estendeva un giardino qua-
drato, diviso in quattro settori e con una fontana al centro. Tra il giar-
dino e la villa correva un ampio via le, coperto originaria mente da una
pergola, che conduceva a una loggia con nove colo nne di marmo.
Questa loggia era parte di un corpo di fabbrica in cu i erano ospit at e
le cucine e altri ambient i di servizio e la cui facciata posteriore si af-
facc iava su l giard ino ori ent ale della villa. Dinanzi alla loggia era
un 'a mp ia scalinat a che scendeva a una piattaforma protesa su una
piccola vasca d'acqua , a sua vo lta circondata da una gra nde pe-
schiera con sei fontane.
Le font i iconografiche e le testimonianze scritte concordano nel
presentare Poggioreale come una delle più splendide vi lle d' Italia. Per
la rego larità del l'impianto e per lo splendore dei suoi giardini appa-

4 Alessandro Baratta,
veduta di Poggioreale, incisione 5 Giuliano da Sangallo,
(particolare da Fidelissimae urbis progetto di un palauo
neapolitanae cum omnibus vUs per il re di Napoli
27 accurata et nova delineatio.. ,, 1629), (BAV, Barb, lat. 4424),
riva molto più moderna delle ville fiorentine costruite fino a quel mo-
mento ed era paragonabile soltanto a Poggio a Caiano, iniziata più o
meno negli stessi anni. La sua originalità giustifica appieno l'entusia-
smo di Serli o che la ritiene una tra le più belle ville esistenti in Italia e
la descrive nel dettaglio "De i bellissimi giardini, con diversi compar-
timenti. de gli ortaggi. de i frutti , d'ogni sorte in grandissima copia. de
le pesch iere di acque vive. de i rivi, de i luoghi per diversi augelli
grossi e minuti, de le stalle ben fornite di ogni sorte di cavalli "" .
Alfonso ha costruito anche un'altra villa. della quale rimane ancora
una piccola porzione. È situata dietro l' altura su cui sorge il mona-
stero di San Potito, nel vico Luperano. tra via Francesco Saverio Cor-
rera e via En rico Pessina , a qualche centinaio di metri da piazza
Dante l ' . Aveva dimensioni ridotte ed era completamente diversa da
Poggiorea le. Il frammento superstite è una loggia a tre campate, con
un'apertura ad arco sulla sinistra che presumibil mente portava a un
corti le o alle stalle. La sua caratteristica distintiva è che le arcate non
poggiano su colonne ma su pi lastri a pianta quadrata, con imposte
scanalate: una soluzione usua le nell' Italia settentrionale sin dalla sua
adozione da parte di Alberti nel Tempio Malatestiano, preferita anche
da Giu liano da Sangallo. ma che al sud appare qui per la prima voltaI'.
Le ambizioni di Alfonso non si limitavano alla costruzione di ville,
egli intendeva anzi erigere anche un nuovo pa lazzo all' interno della
città. Come apprendiamo da un disegno del codice Vaticano di Giu -
liano da Sanga llo l ', questo architetto aveva ricevuto da Lorenzo de '
Medici l'incarico di fare un mode llo di palazzo ed egli stesso lo aveva
portato a Napoli nel 1488 (fig. 5)1'.
Le dimensioni e la complessità di questo progetto erano eccezio-
nali per l'epoca . Il palazzo era introdotto da un'ampia scalinata che
portava a una terrazza fiancheggiata da due padiglioni. L'ingresso
era formato da un portico esasti lo di colonne libere addossate a pi-
lastri che sostenevano archi : dietro era un atrio a tre navate separate
da colonne, attraversato il quale il visitatore passava al cortile. At-
torno al cortile correva un porticato impostato su pilastri quadri, col -
locati tutti alla stessa distanza ma con campate di due tipi alternati:
il primo con due pi lastri minori a pianta rettangolare addossati ai pi-
lastri maggiori e presumibilmente sormontati da un arco; il secondo
con tre strette aperture separate da colonne sostenenti probabil-
mente una trabeaz ione piana. Questo schema conferiva al cortile
un'articolazione ritm ica inusuale.
Lo spazio centrale del cort ile era formato da un'arena ribassata
circondata da file di sedi li. come a Poggioreale: in questo caso, però,
erano previste due rampe di scale su i lati lunghi e su quelli brevi
aperture poste al livello dell'arena che servivano forse da entrata per
coloro che prendevano parte alle rappresentazioni. Le dime nsion i
dell'arena sarebbero state di 135 braccia per 60, ovvero circa 78 me-
tri per 35.
Lungo l'asse principale del l'edificio, la corte si prolungava in un re-
cesso rettangolare con una fontana al centro, attorno al quale prose-
guivano i porticati. Da qu i si accedeva a un vasto salone, le cu i pareti
lunghe erano articolate da nicchie alternatamente rettangolari e se-
micircolari e inquadrat e da colonne binate. Su ciascuno dei lati brevi
erano due nicchie semicircolari che separavano tre finestre aperte
verso le terrazze laterali.
Oltrepassato il salone si giungeva in un ambiente ottagonale co-
perto da cupola e aggettante al l'esterno oltre le terrazze che fian -
cheggiavano la grande sala. Questo ambiente ottagona le doveva es-

6 7 Napoli, palazzo Carata


di Maddaloni, portale (1466)
e cortile.
8 NapOli. palazzo Del Balzo,
portale (ante 1486).
28
l
sere una copia esatta del cosiddetto Tempio della Sibilla Cu mana sul Il palazzo più significativo, e per secoli il più famoso, è quello co-
lago d 'Averno, come Sangallo mostra in un d isegno più piccolo del struito da Diomede Carafa, conte di Maddaloni e consigl iere di Fer-
pa lazzo al foglio 8v del codice, nel quale il tempio stesso è disegnato rante l'', Reca la data del 1466 incisa sopra il grand ioso portale d'in-
a grande sca la attorno alla sua versione ri dotta che doveva essere gresso, il quale, tut tavia, appare stilisticamente molto più moderno
incorporata nel palazzo, La funzione di questo ambiente non è indi- del resto del palazzo e sicuramente deve essere stato l'ultimo ele-
cata, ma tanto la forma quanto la posizione suggeriscono che po- mento posto in opera, Il cort ile è uno dei rari esempi di commistione
tesse essere una cappella: e per un umanista come Alfonso l'idea di fra elementi gotici e rinasciment ali che sia possib ile rintracciare a
modellare una cappella sul tempio di una sibilla doveva essere sem- Napoli" , L'arco interno del vestibolo ha il profilo depresso tipico del-
brata estremamente appropriata, l'architettu ra tardogotica cata lana e napo leta na e la scala è soste-
I prospetti laterali erano interrotti da terrazze, attorno alle quali il nuta da due piccoli archi del medesimo tipo, Questi ultimi, però, pog-
corpo di fabbrica si disponeva arretrando e crea ndo in questo modo giano su un 'a ntica colonna romana che si erge su un piedistallo de-
cinque settor i distinti che articolavano la grande estens ione delle corato con le armi dei Carafa, un trofeo all 'antica e un'iscrizione in
fiancate , pa ri a circa 200 metri, Il muro esterno non appare artico- caratteri epigrafici romani (fig, 6), L'impianto del palazzo rivela un ri-
lato da alcun tipo di ordine architettonico, nasc imenta le desiderio di simmetria, Le ali sono disposte intorno a
La planimetria non forn isce ind icazioni circa la presenza di ulte- una corte rettangolare con l'ingresso sull'asse centrale, La facciata è
riori piani oltre quello principale, ma c'è motivo di credere che il li- composta da blocchi d i pietra tagliati uniformemente a bugnato
vello mostrato ne ll a pianta si elevasse su un basso basamento posto genti le ed è forata da semplic i finestre rettango lari che, al piano no-
all'altezza dell'arena e destinato ai servizi e che fosse sormontato da bile, ricordano i modi umbr i, più che quelli fiorentin i, L'elemento d i
un piano attico per gli appartamenti minori. Nonostante numerose maggior interesse dell'intero palazzo è il portale (fig, 7), La sua strut -
sca le appa iano disseminate nell'edificio, queste sono strette e qual- tu ra è sostanzialmente trad izionale per il Quattrocento, con un ar-
che volta inaccessibili, mentre è improbabile che in un palazzo di tale chitrave semplice e mensole agli angoli superiori de ll 'apertura , Su
magnificenza non fosse stata prevista una scalinata monumentale che entrambi i lati dell'architrave, però, sono collocate altre due mensole
da lla loggia terrena conducesse al primo piano - come a Urbino - che sostengono una fascia di alloro pulvinata che si prolunga oltre le
qua lora il re e i suoi dignitari avessero voluto usare il piano superiore, mensole stesse, Sopra questa fascia corrono il fregio e la cornice,
Secondo Summonte, che scrive nel 152420 , il palazzo doveva es- Come è stato notato" , sebbene il portale discenda da prototipi anti-
sere cost ru ito vicino Castelnuovo, nella piazza d i fronte all'Incoro- ch i, esso assume come più immediato riferimento un modello alber-
nata, e Vasari riferisce che i lavori avrebbero avuto effettivamente t ia no, po iché il paragone più prossimo è da rintracciarsi in quello
inizio: non abbiamo però altre prove che supportino questa afferma - della ch iesa di San Sebastiano a Mant ova. Rispetto a quest'ultimo,
zione ed è difficile credere che Alfonso si sia sen tito ricco e sicuro tuttavia, la versione napoletana differisce per la maggiore lunghezza
abbastanza da imbarcarsi in una simile impresa, Il progetto era de- della fascia d'alloro che nel portale mantovano segue invece gli
stinato a restare irrea lizzato, ma la sua concezione era eccezionale e esempi antichi ed è trattenuta fra le due mensole,
molt i elementi della pianta straordinariamente precoci. Il triplice Questo particolare tipo di portale sembra aver goduto di un certo
atrio d'ingresso presagisce quello di palazzo Farnese, la disposizione successo a Napol i e un altro esempio, forse anche più elegante, può
rit mica dei portici intorno al cortile suggerisce Bramante, i muri sca- osservarsi in palazzo Del Balzo in piazza San Domenico Maggiore ,
vati da nicchie de lla grande sala hanno una plasticità da pieno Cin- eretto da Antonello Petrucci prima del 1486 (fig, 8)" , Altro esempio,
quecento e l' intera concezione è a una scala altrimenti sconosciuta a quanto pare oggi distrutto, è segnalato - e riprodotto in disegno -
nel Quattrocento e rara anche nei secoli successivi. da Colombo su un sito che può aver fa tto parte del complesso di
Sia gli edific i costruiti che quelli soltanto progettati dimostrano Poggioreale" , In questo caso, tuttavia, l'a rtista ha segu ito più stret-
che Alfonso era riuscito a richiamare a Napoli un'eccezionale squa- tamente il modello classico e ha serrato la fascia di alloro fra le due
dra di artisti, le cui opere, per qualità e per originalità, erano allivello mensole,
di quanto di megl io pot esse allora essere creato a Roma o in To- Palazzo Cuomo (fig, 9) costruito per il ricco mercante fiorentino
scana e che , dunque, egli aveva dato vita a un polo artistico tra i più Angelo Cuomo, anch'egli am ico d i Ferra nte, viene iniziato prima del
importa nti d'lta lia'I 1464 e terminato però soltanto nel 1490" ,11 nome dell'architetto non
I successori di Alfonso, Ferdinando Il - o Ferrandino - e Federico, è documentato e, benché siano stati proposti i nomi di Benedetto e
non costruiscono alcunché di importante e quando, nel 1503, la co- Giuliano da Maiano" , non abbiamo sufficienti riscontri stilistici per
rona di Napoli passa a Ferdinando il Cattolico, l' interesse della dina- confermare un 'attribuzione o l'altra, Il pa lazzo presenta tuttavia un
stia si è concentrato su ll'unificazione dell'Aragona e della Castig lia e carattere molt o più fiorentino di quello di Diomede Carafa, sia nella
sull'espulsione dei mori dalla Spagna, Fra le priorità della Casa struttura del portale che nell'adozione di un bugnat o differenziato
Reale, Napoli era ormai passata in secondo piano. t ra la parte inferiore e quella superiore de lla facciata ,
Immediatamente successivo è il palazzo dei Sansever ino, prin-
L'architettura residenziale del rinascimento (1460-1550 circa) cipi di Salerno, più tardi acquistato dai gesu iti che ne ri ut ilizzano i
Ne l corso degli ultimi decenni del XV secolo la committenza di materiali per la costruzione della facciata del Gesù Nuovo (fig,l1),
Alfonso rappresenta il fattore determinante dell'evoluzione architet- Un'iscrizione, ora incorporata nella facciata della chiesa, riporta il
tonica di Napoli, tut tavia durante il suo regno e quello dei suoi suc- 1470 come data di costruzione del palazzo e il nome dell'architetto
cessori anche la ricca nob iltà aveva promosso la costruzione di nu- Novello da Sanlucano , figura pe raltro tot almente ignota" , Non di-
merosi palazzi e di cappelle di famiglia, spo niamo di elementi per risal ire con esattezza alla conforma-

29
zione originaria dell'edificio che, comunque, apparteneva con cer-
tezza a quell'esiguo gruppo di palazzi con facciate composte da
bugne tagliate a punta di diamante, i cui ese m pi più antichi e fa -
mosi sono Ca' del Duca sul Canal Grande a Venezia - risalente agli
anni cinquanta del Quattrocento e rimasto incompiuto - e il pa-
lazzo dei Diamanti a Ferrara , iniziato da Biagio Rossetti nel 1492 ,
Altri due esempi sono palazzo dei Tufi a Lauro, pre ss o Nol a, co-
struito fra il 1513 e il 1529 30 e il palazzo Sicola a Napoli, ora di-
strutto, ma documentato da una litografia ottocentesca riprodotta
da Pane" , Altri palazzi simili si possono trovare a Roma " e a
Sciacca, in Sicilia" , Il portale origina le di palazzo Sanseverino, co-
struito in stile fiorentino , sopravv ive come porta principale del
Gesù Nuovo, inquadrato però da colonne e timpano e con una
targa datata 1597 sovrapposta all 'architrave.
Due importanti palazzi sono stati costruiti da Orso Orsini. al quale
nel 1461 Ferrante aveva restituito le terre e i titoli confiscati in pre-
cedenza agli zii. Del palazzo costruito a Napoli sopravvive unica-
mente il portale, incorporato nella facciata di Santa Maria del Rifugio
(fig, 10), È datato 1471 e inquadrato da semicolonne molto alte e
snelle, forse a imitazione di quelle della tomba del card inale Bran-
caccio in Sant'Angelo a Nilo di Michelozzo, Colonne simili sono pre-
sent i anche nella tomba di Andrea Carafa a San Domenico Mag-
giore, certamente ispirata al monumento Brancaccio, e paraste dalle
proporzioni allungate quasi uguali fiancheggiano la porta del mona-
stero di San Lorenzo Maggiore" ,
Il palazzo di Orso Orsini a Nola, a una trentina di ch ilometri a est
di Napoli, esiste ancora più o meno intatto, La sua estesa massa mu -
raria è composta da grandi blocchi di marmo sottratti alle rovine del
vicino teatro romano, L'elemento di maggior pregio è rappresentato
dall'iscrizione in raffinate lettere capitali romane che corre su due li-
nee da una parte al l'altra della facciata , L'epigrafe è stata incisa su
ordine del figlio di Orso e datata 1500, l'edificio tuttavia sembra es -
sere stato ultimato dallo stesso Orso prima della morte, avvenuta
nel 1489'S. Il portale principale del palazzo è sormontato da un fron -
tone curvo che termina in due patere, una soluzione forse suggerita
dal coronamento dell'arco t rionfale di Castelnuovo,
Le ville costruite da Alfonso Il erano molto ammirate dai nobili
napoletan i e uno di essi , Andrea Carafa della Spina conte di Santa
Severina , ha tentato di emular le, Scelto un sito magnifico sulla
punta di Pizzofalcone sovrastante Castel dell'Ovo, nel 1512 dà avvio
alla costruzione di un vasto edificio di impronta ancora pienamente
quattrocentesca e dall'aspet to più di caste ll o che di villa, È difficile
giudicare la fabbrica nelle sue condizioni odierne, molto compro-
messe, ma il cortile appare quasi schiacciato dai blocchi a quattro
piani che lo circondano, interrotti soltanto da larghi archi composti
da archivolti continui in piperno e privi di paraste o capitelli. Le de-
scrizioni più antiche tramandano che i giardini erano particolar-
mente splendidi e ricchi di alberi e fontane e la sua posizione la ren-
deva certamente più fresca delle ville di Alfonso, concepite come più
appartati ritiri umanistici 36 ,
Molto più tardi , nel 1588, un altro membro della famiglia Carafa ,
Fabrizio, principe di Butera e della Roccella, costrui sce per sé una
villa altrettanto straordinaria, per la quale aveva scelto un sito a Po-
sil li po leggermente a est della villa della Sirena, sulla quale sarebbe
poi sorto palazzo Donn'Anna, Il suo aspetto è documentato da un'in-
cisione contenuta nella H/storia genealogica della famiglia Carara di

9 Napoli, palazzo Cuomo (dal 1464),


IO Napoli, Santa Maria del Rifugio.
30 portale, già palazzo Orsini (1471),
11 Napoli. GeStI Nuovo. già palazzo
31 Sanseverino di Salerno (1470).
Biagio Aldimari. pubblicata nel 1691 (fig. 12)" : da un'incisione di Van-
gelisti su disegno di Chastelet per il Voyage Pittoresque .. . des Royau-
mes de Naples et de Sicile di Sa int -Non, pubblicato nel 1781-85 38 : e
da un d isegno redatto nel 1782 da John Robert Cozens" . Il piano
principale era aperto da una loggia trip la affaccia ta sul mare dalla 12 PROITE.TTIVA Oà L A VJ:lJVTA DI MA RE E DI
u· ,;t d,Il P:J.:r.-:.~ Jd! L"·rPrinpl~u:.,a.
qua le si passava in un grande salone a doppia altezza, illuminato da !1 R.,tU:1:a JI~ ou:lk ~1'"4 tiJ. "',.u,- .
finestre aperte nella parte alta delle paretI. Il grande spazio si conclu-
deva in quello che doveva apparire come un impressionante scalone.
con la sua dopp ia rampa ri sa len te dal primo pianerot tolo: un im -
pianto alquanto precoce per questa data . AI/'esterno della parte alta
del salone SI sviluppava una vasta terrazza che dominava la baia in
ogni direzione. La struttura della villa era molto inso lita. Manteneva
qualcosa del carattere di una fortezza con i suo i quattro bastioni,
due dei quali protesi sul mare. ma la presenza della grande terrazza
superiore fa pensare che il committente si fosse proposto di ricreare
una delle ville marine dell'antica Roma, su l tipo d i quelle che sono
note dagli affreschi e che presentano una configurazione simile. seb-
bene negli esempi antichi il blocco superiore sorgesse direttamente
dal la terrazza e non fosse costituito, come nel caso di villa Carafa ,
dalla parte alta del salone' o.
Esiste a Napoli ancora un altro palazzo in cui alme no alcune part i
sono databil i a prima del 1500: il palazzo De Scort latls in via dei Cin-
que Santi. di fronte al fianco destro di San Paolo Maggiore. Il palazzo
ha sofferto gravemente a causa dei bombardamenti, tuttavia Il suo
elemento piu rilevante, il por·tale, è stato ricostruito ( fig. 13). Le sue
proporzioni sono inconsuete po iché è di forma quasi quadrata. ma
esso è interessante soprattutto per i raffinat i trofei scolpiti a basso -
ril ievo sulle paraste esterne inquadrate da eleganti colonne corinzie.
Questo porta le appartiene sicuramente al la parte plU antica del pa-
lazzo costruito da Giulio de Scortlatis. un Insigne giurista e consi -
gliere di Ferrante" . Trofei simili si possono trovare ne lla Porta Napoli
a Capua e su un portale giil in pa lazzo Miroballo e ora montato all 'in-
gresso me rid ionale di San Pietro ad Aram. Un altro portale di ecce -
zionale raffinatezza. quello d i palazzo Sirignano in via Medina. è
stato distrutto nel corso dell'ultima guerra" .
I por tali costituivano il principa le ornamento dei pa lazz i napo le-
tani del XV secolo. alcuni di questi. tuttav ia, avevano anche raffin ati
balconi in marmo, i cui piu elegant i esempi appartengono a due pa-
lazz i di ignota dataz ione, uno in piazza San Domenic o, l'altro in via
Duomo n. 255" . Nei primi anni del XVI secolo si produce un cambia-
mento nella composizione dei prospetti dei palazzi: gli architetti non li
trat tano piu come sempl ici superfici murarie. lisce o bugnate. e ini -
ziano invece ad articolarli mediante l'applicazione degl i ord ini archi-
tettonici. Nel fare questo seguivano una pratica che si era affermata
gradualmente nell'Italia settentrionale e centrale sin dalla sua introdu -
zione negli ann i quaranta del Quattrocento da parte di Alberti in pa- ,'
lazzo Rucellai a Firenze. Gli architetti napoletani. tuttavia , non sono
stati molto sofisticati né molto coerenti ne l modo in cui hanno adot-
tato questa convenz ione.
In palazzo Grav ina (fIg. 14), fondat o appena prima del 1513 su
progetto di Gabriele D'Angelo", il piano terreno è bugnato, mentre Il
piano superiore ha un ordine di paraste composite. In palazzo Rug-
giero, ere tt o dopo il 1517 e distrutto d urante la guerra , il piano ter-
reno era ancora bugnato e il piano nobile artico lato da paraste , in
questo caso corinzie: fra I due livelli, tuttavia, era inserito un piano in-
termedio con finestre che si alternavano a pannelli scolpi ti a basso -

12 Posilli po, villa Ca rala di Bulera


(1588: da Aldimari 1691).
13 Napoli, palazzo De Scortialis.
32 particolare del portale.
33 14 Napoli, palazzo Gravina (dal 1513).
ri lievo" . Pa lazzo di Capua, o Marigliano, costrui t o nel 1512-13'·. ha
paraste su entrambi i pia ni, ma il piano t erreno è suddiviso in due
zone, una inferiore co n finestre qu adrate e una superiore con aper-
tu re centinate t ipicamente quattrocentesche" . Questo t ipo di fac-
ciata con paraste è rimasto in uso a Napoli fino a una da ta sorpren-
dentemente tarda. La costruzione di palazzo Carafa di Montorio può
essere circoscritta fra il 1557, quando il committente, Al fonso, viene
creato cardi nale - le arm i su lla facc iata mostrano il cappello cardi-
nalizio - e la sua morte nel 1565. Il palazzo è degno di nota per la
cornice molto aggettante e ri cca me nte sco lpit a, ma la facc iat a è
semp lice. con un piano terreno a specch iature e parast e doriche al
piano superi ore" . Un ese mpio di questo t ipo, dal disegno più accu -
rato, è il palazzo in piazza Sa n Giovann i Maggiore, ini ziato nel 1549
per Alfonso Sanchez marc hese di Grott ola e acqu istat o nel XVI I se-
co lo da Asca nio Filomarino, arcivescovo di Napo li (fig. 15). Origi na-
riamente aveva so ltanto due pia ni e l'ulti mo livello, aggiu nto nel XVIII
secolo. alte l-a le proporzioni del l'insieme. Se tuttavia si prova a im -
maginaria se nza di esso, la facciata è degna di sta re fra le più armo-
niose di Napoli" , nonostante la forma alt a e sne lla delle paraste del
p iano nobile sia scorretta secondo i parametri del l'Ita lia centrale.
Sim ili sne lle paraste si ritrovano anc he nella facc iata di pa lazzo
Covo ni a Nola, la cui parte inferiore ingloba fram men ti del teatro ro-
ma no, inclusa una grande porzione di trabeazione dorica. La sua da-
tazione non è nota, ma probabilmente è anteri ore a quella di palazzo
Sanc hez e, benché oggi in lame ntabile sta to di decadiment o, un
tempo il palazzo deve essere stato pa rticolarmente sontuoso. Nell'ala
sinistra del cortile si trova uno scalone aperto a pia nta quadrata, di un
tipo frequente nei palazzi napoleta ni più tardi, ma raro a questa data.
Qui fa parte di uno sc hema insoli tamente am bizioso, con una loggia
aperta composta da cinque ca m pate su ognuno dei due piani supe-
riori. Oggi però l'effett o è quasi com pl et amente perduto, poiché la
maggior parte degli arc hi è stat a tamponata, Sul fondo del cortile si
sviluppa un'altra ala in cui si apre un passaggio ad arco che pres umi-
bilmente conduceva al giardino. Gli unici elementi sopravvissuti della
facciata verso il giardino sono una finestra con modanature piuttosto
raffin at e e un arco, il cui intradosso è ricoperto da ril iev i rozzi ma ela-
borati, con trofei d'armi, scudi ed elementi simbolici.
Il progetto di questo palazzo sem bra essere stato particolarmente
raffinato, ma si può affer mare che solo a parti re da l XV I secolo la
struttura dei palazz i sia diventata in genere più sofi st icata. Palazzo
Gravi na e palazzo Bisignano (fig. 16). iniziato quest'ultimo nel 1512",
hanno entram bi logge ad archi che corrono intorno al cortile. In gene-
rale le plani met rie sono più co nsapevolmente simmetriche di quanto
accadeva nella prim a fase e presenta no l'ingresso sul l'asse princi-
pa le dell'edif icio. Un interessante ese mpio di palazzo di min ori di-
mens ioni con corte impost ata simmetricamente si può trovare a Ca-
pua, in via Pietro del la Vigna, appena dietro IAnnunziata. Ha una pic-
cola corte quadrata. in cu i ogni lat o è risolto con un singolo am pio
arco. La guida del Touring Cl ub data questo palazzo al 1513-23.
Numeros i palazz i napoletani del tardo Quattrocento hanno por-
ta li di dimension i eccezionali - soprattu tto i palazzi Del Balzo e De
Scortia ti s - ma è nel XVI secolo che gli ingressi si sv iluppa no in
enormi portes-cochères che si innalzano oltre il live llo del piano ter-
reno. invadendo anche il pr imo piano'I Quest i vast i portal i di in -
gresso dovevano essere una sorta di status symbof, dato che per
persone che andavano preva lentemente a cava llo porte di queste di-
15 Massimo Stanzione (1), ritratto
del cardinale Ascanio Filomarino
(Firenze. Galleria Corsini).
Sullo sfondo palazzo Filomarino
già Sanchez (dal 1549).
16 Napoli. palazzo Filomarino
34 già Bisignano. cortile (dal 1512).
mens ioni non erano necessarie e che, quando nel XV II secolo ven-
gono introdo tte le ca rrozze, le portes-cochères si dilata no a dimen-
sioni ancora più sproporzionate. L'uso di carrozze nelle strette
strade su cui sorgevano questi palazzi creava comunque problemi e,
per fac ili tare il loro passaggio, in mo lti portali dei pa lazzi minori, nel
tem po, sono stati smussati gli st ipiti .
I porta li con tinu ano ad avere forme elaborate. Un tipo particolar-
mente popolare è qu ello co n un arco moda nato piuttosto pesante-
mente e sosten uto da larghe paraste ion iclle, di cu i posso no trovarsi
molti esemp i in palazzetti di tutto il centro storico (fig. 17)" .
Non si può negare che, gi udicando secondo i parametri della To-
scana o di Roma, i palazz i erett i a Napoli pri m a della metà del XV I
secolo debbano essere considera ti piuttosto provincialI. I loro arc hi-
tett i aveva no mutuato con libertà ti pi dell 'Italia centra le e qualche
volta . come a palazzo Cuomo, li avevano anche imitat i pun tual-
mente, dimostra ndo spesso, pe rò. di non aver compreso piena-
mente i loro m ode ll i. Palazzo Sanseverino appa re precoce per il suo
tem po, almeno per il bugnato, e palazzo Gravina ha elementi di ve ra
origina lita, specialmen te nelle f inestre del piano nobile. In palazzo
Marigliano e palazzo Sanchez si fa ricorso in maniera efficace al pi-
perno locale crean do una gr-ig lia armoniosa di paraste scure contro
l'intonaco chiaro e in molti altn cas i i singoli dettagli, spec ialmente i
portali, mostrano una vera orig ina li tà , dovuta ancora spesso al l'uso
d i materiali local i, come ne l caso del ma r mo b ia nco di pa lazzo Del
Balzo. Tuttavi a, rispetto all'origina lità di Poggioreale e all'eleganza
dei dettagli di Porta Capuana, l'arch itettura residenziale napoletana
di questa fase non può accampare pretese di grande raffinatezza: ha
fascino, piuttosto che qualità o coe renza" .

L'architettura sacra del rinascimento (1460-1550 circa)


L'arc hitettura sacra sembra ave r giocato un ruo lo molto meno im-
portante di quella civi le nella Napoli del tardo Quattrocento. Non so -
pravvive alcuna chi esa importante di questo periodo e i nobili napo -
letan i hanno preferito impiegare le lo ro risorse per la costruzione di
poche nuove cappelle in chiese piLI antiche e per l'erezione di tombe
in quelle che già appartenevano alle loro famig li e" . Questo può es -
sere in parte spiegato dal falto che quasi tutte le grandi ch ie se del la
città erano st ate ricost ruite sotto gli angioi ni con dimensioni che si
dimost ravano ancora adeguate a soddisfare le necessità delle gene-
razioni successive.
Le pri me due cappel le rinascimenta li sono quell e costrui te dalle
famigl ie Piccolomi ni e Cu riale nella chiesa di Monteoliveto. dal XIX
seco lo chiamata anche Sant'Anna dei Lomba rdi. La data della cap -
pella Pi cco lom ini ( fig. 18) non è documentata. m a può essere de-
dotta approssimativamente da alcune vicende note in relazione al le
sculture in essa contenute . Tra queste sono due important i opere di
artist i fi ore nti ni: una pa la d'altare che rappresenta l'Adorazione dei
pastori, iniziata da Antonio Rossell ino, probab ilm ente fra il 1470 e il
1475" , e la to mba di Maria d'Aragona. del lo stesso Rossel lin o ma fi-
ni ta dopo la sua morte da Benedetto da Maiano che la consegna nel
1481" . La cappe lla doveva essere ultimata prima che le sculture fos-
sero pos te in opera. ma poic hé qu este - in modo particolare la
tomba - sono progettate per occupare una sede precisa. la parte ar-
chitettonica e la decorazione scultorea devono essere state conce-
pite nello stesso momento. È dunque co rretto datare la cap pella
stessa al 1470-75 circa .

17 Napoli. palazzo in via Pignatelli


n. 25, portale.
18 Napoli, Monteoliveto, cappella
35 Piccolomini (1470-75 circa),
La cappella Curiale , che nel XVI secolo è passata alla famigli a
Mastrogiudice, può essere datata in modo più preciso, La pala d'al-
tare di Benedetto da Maiano è stata spedita da Firenze nel 1489 e
l'iscrizione sulla tomba di Marino Mastrogiudice riporta per la cap-
pella la data del 1490, facendo probabi lm ente riferimento al suo
completamento" , Le due cappelle sono simili sotto molti aspetti.
Seguono un diffuso modello fiorentino che consiste di un quadrato
delimitato da quattro archi, uno sopra l'ingresso e gli altri tre al di so-
pra di campate leggermente arretrate, Gli arch i hanno l'intradosso
cassetto nato decorato con rosette e altri motivi e sono inquadrati da
paraste che sostengono una semplice trabeazione, AI di sopra di
questo livello sono quattro lunette forate da finestre cent inate, La
copertura è costituita da basse cupole,
Benché l'impianto sia simile, le differenze tra le due cappelle sono
molto marcate, I dettagli della decorazione della cappella Piccolo-
mini hanno una qualità pari a quella dei migliori prodotti fiorentini: le
paraste e i capitelli di marmo bianco sono squisitamente intagliati e
il pavimento è riccamente intarsiato in marmi policromi. così come
i pannelli che decorano il sed ile posto di fronte alla tomba 58 , Gli affre-
schi , oggi danneggiati ma evidentemente di ottima mano, includono
non solo l'Annunciazione sulla parete destra e gli Angeli sopra l'al-
tare, ma anche raffinati motivi a cande labri negli stretti spazi fra le
paraste e ai due lati del sedile, nonché, ai lati dell'altare, sapienti imi-
tazioni dei marmi policromi. Nella cappella Curiale, invece, i dettagli
sono grossolan i, le sculture - a parte la pala di Rossellino - sono me-
diocri e l'effetto complessivo è più povero per l'assenza di marmi co-
lorati, Nella cappella Piccolomini le paraste degli angoli sono accura-
t amente separate, mentre nella cappella Curiale esse si appoggiano
una sull'altra, così che i capitell i si sovrappongono goffamente, Ri-
sulta chiaro che Piccolomini si era rivolto ad abi li artisti toscani, con
i quali poteva facilmente aver preso contatti durante i suoi viaggi
d'affari a Firenze, mentre invece Curia le aveva fatto affi damento su
maestranze loca li che hanno prodotto una cornice architetton ica
piuttosto indegna dell'Annunciazione di Benedetto da Maiano" ,
La chiesa di Monteoliveto ospita una terza cappella, quella della
famiglia Tolosa, risalente probabilmente al primo decennio del Cin-
quecento60 , Il suo carattere è alquanto diverso poiché consiste di un
corpo quadrato coperto da una cupola costolonata, come la cap-
pella Pazzi di Brunelleschi e di una profonda scarsella rettangolare
coperta da una volta a botte decorata a piccoli cassetton i con ro-
sette colorate intagliate in pietra, La cappella ha subito varie mano-
missioni: nel XV III secolo gli sta Ili intarsiati (fig, 39) sono stati trasfe-
riti in sagrestia, nel XIX seco lo è stata malamente restaurata e nel
1943 bombardata , Rimane tuttavia di considerevole interesse grazie
ai suoi raffinati dettagli architettonici e agli affreschi illusionistici. che
sembrerebbero opera di artista milanese,
San Domenico Maggiore è ricca di cappelle costruite nel XV I se-
colo, La più interessante è quella di Andrea Carafa, o cappella di San
Martino (fig, 19), Nel fregio è scolpita la data del 1508 e i documenti
attestano Romolo Balsimelli di Settignano come arch itetto dell'o -
pera, alla quale avrebbe lavorato dal 1507 al 1511" , Poco è noto del-
l'artista , nato nel 1479: egli tuttavia potrebbe essere giunto a Napoli
a seguito del maestro, Andrea di Piero o Andrea Ferrucci da Fiesole,
che vi soggiorna nel 1487 e poi ancora nel 1505, La cappella rappre-
senta il più squisito pezzo di decorazione fiorentina messo in opera
a Napoli nel primo Cinquecento, Differisce dalle cappelle precede nti

19 Napoli, San Domenico Maggiore,


36 cappel/a di Andrea Cara fa (1507-15),
per il fatto che le pa raste non sono scanalate, ma decorate con rilievi
di grottes che e trofei mili t ar i finemente intagliati. La cappe lla del
Prese pe, o cappella di Ettore Carafa di Ruvo, anch'essa in San Dome-
nico Maggiore, è sta ta consacrata ne l 1511"': rispetto al la cappell a di
20
Andrea Carafa è pilJ goffa nel disegno generale e più grossolana nei
dettagl i, ma la ba laustra che la ch iude è di fattura eccez ionalmente
ra ffinata. Accanto a essa è un'altra cappel la. dedicata a Santa Rosa
da Lima e appa rtenente alla fam iglia Del Doce, che è già un'imita -
zio ne locale del lo sti le fiorentino.
L'ultima cappella di questo tipo ancora esistente a Napoli è quella
Teodoro. o di San Martino. nel la cattedra le. da fa r ri sal ire all a pr ima
met à del XVI secolo" e pro babilmente successiva alle due cappelle
di San Do menico, perché l'a rco che la separa dalla navata è impo -
stato su sem icolonne dai modi cinquecenteschi piuttosto maturi&'.
Deve essere ricordata anche un 'altra cappella, di un tipo piuttosto
differente : la cappe lla Pontano, costru ita dall'umanista Giovanni Gio -
via no Pontano nel 1492 come mausoleo per sé e la sua fa miglia (fig.
20)65. È addossa t a all a chiesa d i Santa Mar ia Maggiore, ma essen -
zialmente è posizionata come un'antica tomba romana a lato di una
strada, via dei Tribunali, fra le principal i arterie dell a citta sin dall'evo
antico. La cappella è un semplice blocco rettangolare di piperno con
porte su du e lati. Le paret i sono artico lat e da paraste composite. i
cui cap ite ll i ragg iungo no la qualila più raff inata perm essa dal la ru-
vida pietra (fig. 21). e sono sormontate da un alto at ti co. La serie di
epigrafi lati ne fa della cappella. prima ancora che un eccezionale og-
getto architett onico. un commove nte monumento all 'uman ista . Si
t ratta di un 'opera decisamente inso lita, priva di precisi para llel i in
Italia ce nt rale o settentrionale . Sono stat e ava nzate mo lte ipotesi
su ll 'ident ità del l'architetto, ma nessuna risulta convincente" . Sem-
bra tuttavia probabile che Pont ano abbia ot tenuto un progetto da
qualche arch itetto fiorentino - proba bi lmente attrave rso i suoi con-
tatti con l'amb iente degli eruditi - e che il disegno sia st ato succes-
21
siva mente messo in opera da maestranze loca lI.
Per tutto il XV secolo non vi è architetto, emergente come persona-
lità art istica, che possa essere consi derato in qualche modo napo le-
tano. Conosciamo infatti arch itetti stran ieri. come Giuliano da Maia no.
che aveva trascorso nella città soltanto pochi anni. oppure meri nom i
traman dati dai document i, ai qua li diffi cilmente può essere associata
una qualsiasi realizzaz ione. Intorno al 1500. però . quest o stato di cose
in izia a mutare e appaiono su lla scena alcune figure interessan ti. del
cu i operat o. tuttavia. è spesso difficile traccia re un quadro preciso. I
due mem bri della fam igl ia Malvito, Tommaso, il padre, e Giovanni Tom-
maso. il figl io, erano essenzia lmente scult ori, entrambi però sono stati
autori d i un 'opera di arch itettu ra". La famiglia proveniva da Como,
dove il padre era nato e dove probab ilmente si era compiuta la sua
formaz ione artist ica. Tommaso aveva lavorato con Francesco Laurana
alla cappella di Saint-Lazare (1476-81) nella cattedrale vecchia di Mar-
siglia 68 • ma subito dopo si era spostato a Napoli, dove è documentato
nel 1484. Il figl io non è documentato fi no al 1517, ed è d unque pro ba-
bile che sia nato e si sia formato artisticamente a Napoli. Il padre è at-
t estato come responsabil e del succorpo della cattedra le, cioè della
cappel la costru ita tra il 1497 e il 1508 da l cardi nale Oliviero Cara fa
sotto il presbiterio per accogliere le reliq uie di San Gennaro (figg. 22,
23)"'. Questa cappella è famosa per la dovizia e la delicatezza delle de-
corazioni scultoree. va le a dire proprio quanto ci si può aspettare da
un arti sta lombardo, ma è anche un' invenzione originale quale og-

2021 Napoli, cappella Pontano


(1492), veduta e particolare
37 del capitello.
gett o di architettura. Rappresenta Infatil un'Interessante combIna-
zione di elementi tradizionali e nnasc lmentall , poiché In pianta replica
quasi esattamente il modello delle cripte a tre navate presenti di fre-
quente al di sotto delle absidi delle cattedrali romaniche, special-
mente in Italia meridionale, e lo traduce però nel linguaggio del tardo
Quattrocento: un ordine di eleganti colonne lonlche che sostiene un
soffitto piano cassettonato e nicchie a conchiglia che SI susseguono
lungo le pareti. Onglnanamente le reliqu ie erano collocate nella nic -
chia dell'altare e la statua Inglnocchlata del cardinale era po st a di
fron te. Ques ta disposizione è stata Infelicemente alterata quando le
reliqu ie sono state trasfente nel coro e oggi la statua volge le spalle al-
l'altare e guarda verso lo spazIo della cappella - . 1documenti nferl -
scono che il Ma lvito più giovane nel 1517 era Impegnato nella costru -
zione di una cappella, quella De Cuncto In Santa Maria delle GraZie a
Caponapoli, che presenta anch 'essa . come Il succorpo della ca tte -
drale, una scultura decorativa di raffinata maniera tardoquattrocente-
sca; la sua architettura. tuttavia, è piUttosto convenZionale'!.
A Giovann i TOlllmaso Malvito è stato anche attnbu lto Il progetto di
quella che probabilmente è da considerars I la piÙ eccezionale archi-
tettura napoletana del primo Cinquecento: la cappella eretta da Ga -
leazzo Caracc lolo, marchese di VICO, In San Giova nni a Carbonara
(fIg. 31)" , e consacrata nel 1516, come attesta l'Iscrizione apposta In
loco" L'attribuzione a Malvito si basa però su un'interpretazione er-
rata del documento chiave, pubblicato da Fi langlen . Il documento è Il
contratto per la cappella De Cuncto, datato 13 agosto 1517. e In esso
Malvito si Impegna a realizzare una cappella "con opere de marmore
gentile fine e de quella bianchezza e bontà che sono Il archi de la cap-
pell a del signor Galeazzo Caraczolo constructa In la ven . ecclesla de
S. Joanne ad Carbonara" " . Dal documento SI eVince che la cappella
Caracciolo era già costrUita, almeno fino all'Imposta della cupola e. a
prima vista, sembra suggerire che il suo architetto sia stato Malvito.
Tutta via ciò non è necessariamente vero, pOiché la cappella Carac -
c lolo potrebbe essere stata citata unicamente In quanto modello da
eguagl iare o superare. La questione è compl icata dal fatto che Vasan
attrib uisce la cappella a Girolamo da Santacroce ", un napoletano
che era soprattutto scultore : come riferito dallo stesso Vasarl, Santa -
croce però era nato in torno al 1502 e di certo non può aver proget -
tato un edificio consacrato nel 1516" . L'attribuz io ne della cappella ,
dunque, rimane per Il momento un problema aperto. Dal punto di VI -
sta sti listico, comunque, non sembra pOSSibile ascnvel'e l'opera a un
archi tetto napoletano e Inol tre tutti gli Ind izI portano a ritenere che
essa sia stata costruita sulla base di un progetto fornito dall'Italia
ce ntrale. Galeazzo Caracclolo era nelle condizioni di ottenere un tale
progetto poiché era amico del duca di Calabria, aveva giocato un
ruolo importante come generale nella presa di Otranto al turchi nel
1480" e potrebbe anche aver accompagnato Alfonso durante le sue
campagne militari in Toscana nel 1478-79.
La cappella è a pianta Circolare con quattro nicchie poco
profonde che racch iudono l'ingresso, l' altare e due tombe . Le nic-
chie sono separate da coppie di semlcolonne dOriche su alti piedi -
stalli e la trabeaZione , riccamente ornata. aggetta in corrispon -
denza di ogni coppia. Allivello superiore corre un atti co con finestre
alternate a nicchie in CUI sono statue a figura Intera. La cupola è
cassettonata e le moda nature che separano I cassettoni sono de -
cora te con mot ivi ad arabeschi (fig. 25).
L'idea di una cappella circolare potrebbe derivare dal Ternpletto di

"" 23 Napoli, ca tt edrale, succorpo


di San Gennaro (1497-1506), pianI a
38 e Interno
39
Bramante" . tuttavia la pianta della cappella Caracclolo non ha nulla
di simile a questo modello. È piÙ probabile che SI debba ri salire Indie-
tro fin o agli antichi templi romani o a modelli di Giuliano da Sangallo.
Il quale, Sia detto per IncIso. aveva disegnato molti templl antichi di
questo tipO e pochi anni prima di arrivare a Napoli aveva costruito
una cappe lla rotonda nel convento cistercense di Cestello a FI-
renze''. La cappella di Cestello. come la cappella Caracclolo. aveva
un ordine Innalzato su alti piedistalli, era articolata però da paraste e
non da semicolonne. Per alcuni aspetti la cappella Caracclolo appare
più vicina alla Santa Casa di Loreto di Bramante. in CUI colonne bi-
nate inquadrano nicchie e le ghirlande ad alto nllevo sono molto SI-
milI. Tuttavia. l'effetto prodotto dalla cappella napoletana è di mag-
giore forza grazie alla possanza delle semlcolonne doriche e al mar-
ca ti risalti della trabeazlone. Sono questa audaCia e questa monu-
mentalità a rendere la cappella sorprendentemente precoce per la
sua dataZione, e non solo per Napoli ma per l'Intera Italia.
La stessa grandeur. associata però a una certa goffaggine nel
dettaglio, può essere osservata nell'arco monumentale che intro-
duce dalla chiesa alla cappella ( fig . 25). A pnma vista sembrerebbe
un 'opera della seconda metà del secolo. e tuttavia l'ordrne donco è
uguale a quel lo della cappella e la decoraZione. sebbene legger-
mente di fferente nel dettagliO. è di stile esattamente identico. Inoltre
l'i scrizione che Indica il 1516 come data di fondaZione della cappella
è posta nella parete fra l'a rco e l'ingresso che sembrerebbe costrui ta
allo stesso tempo dell'arco.
Anche l'opera to dei due Mormanno. suocero e genero. pone pro-
blemi complessi. benché di natura diversa. Entrambi erano costrut-
to ri di organi ol tre che architetti " Il piÙ anziano. Donadlo Mor-
manno. era nato probab ilmente Intorno al 1450 ne l villaggiO di Mor-
manno in Calabna. dal qua le la famiglia aveva preso il nome. È docu-
mentato a Napoli per la pnma volta nel 1483: nel 1513 VI aveva ot te-
nuto la cittadinanza: ancora menzionato nel 1526. probabilmente
però deve essere morto poco dopo. Possono essergli attribUiti con
sicurezza palazzo Marigliano. di cui SI è già diSCUSSo: pa lazzo di San-
gro. co mpletamente alterato In seguito": e la chiesetta di Santa Ma-
ria della Ste lla alle Paperelle. sulla CUI fa CCiata è IncIso il nome del -
l'a rchitetto. mentre sopra la porta della sagrestia è presente la data
del 1519. La faCCiata di palazzo Marigliano ha uno stile coerente con
quel lo della chiesa. Entrambe nvelano un archi tetto capace di tra-
durre gli elementi architettonici fiorentini nel piperno loca le e abile
nel giocare con tondi decorativI e finestre centina te. sebbene nel
caso della chiesa egli sembn aver perduto Il senso delle dimenSIOni
e il di segno della facciata appala piÙ appropnato per una chiesa mo-
numentale che per una minuscola cappella
Il genero. Il cui vero cognome era De Palma , ma che aveva as-
sunto anche que llo di Mormanno quando aveva sposato la figlia del-
l'architetto, è documentato come attivo negli anni 1506-70'. Era un
architetto più dotato e aggiornato. come SI può vedere dal cortile di
palazzo Bisignano (fig. 16) da lui progettato nel 1512". La sua reale
Importanza. tuttavia. sembra nSledere nella costruzione di chiese. SI
sa dal documenti che la cillesa di Regina Coeli è st ata costruita su
suo progetto, probabilmente negli anni sessanta del XVI secolo ', e
Cela no gli att nbuisce la ncostruzlone di quelle dei Santi Severino e
Sossio e di Sa nta Maria Don naromlta ".
Regina Coeli è stata Interamente ndecorata tra Il XVII e il XVIII se-
co lo. tan to che è diffiCile farSI un'Idea precisa sul suo aspetto ongl-

40
na rio, anc he se la pi anta a navata unica con cappe ll e laterali poco
profo nd e pare confo rme alla prassi di Morm anno , Le altre due
chiese sono sta te al terate, ma è ancora possibi le, entro certi limiti ,
giudicare il loro carattere originario,
La cronaca di Santi Severino e Sossio, redatta nel XVIII secolo sulla
base di archivi oggi sco mparsi, tramanda che, dopo una falsa par -
tenza ne l 1494, la ricostruzione era stata nuovamente avviata ne l
1537 utilizzando un progetto di Mormanno, La cu pola era stata ch iusa
nel 1561 e nel 1571 la ch iesa era già pronta per l' uso" , Gravemente
danneggiata dal terremoto del 1688, è stata restaurata da Giovanni
De l Ga izo, che ha portato a term ine l'ope ra nel 1731. Sebbene questi
con ogn i probabilità abbia ri utilizzato le vecchie fondazioni e preser-
vato dunque l' impia nto originario, nulla dell'interno cinquecentesco è
stato lasciato in opera (cfr, fig, 265 ), così che att ualmente l'ope ra di
Morm ann o può essere giudicata unicamente dall'este rno della na-
vata sinistra (fig. 26), da lla part e bassa de ll a facciata e dal transetto
sini stro, dove possono riconoscers i mod i a quel l empo comuni nei
palazzi napoletani , con paraste corinzie di piperno poste ad articolare
una parete in pietrisco intonacata di bianco" ,
Più interessante è la chiesa inferiore che permane, più o meno in -
tatta, in un'area immed iatamente a est e più bassa della chiesa nuova
(fig, 27) In questo caso non abbiamo documenti o cronache che
diano indicaz ioni su lla data o sul nome dell'arc hitetto, tuttavia Celano
sosti ene piuttosto clmramente che essa era stata ricostru ita prima
della nuova ch iesa e, nonostante le sue aff ermazioni sulla datazion e
di quest'u ltima siano inaccu rate, ha probabilmente ragione su lla se-
quenza degl i even ti. Se così foss e, vorrebbe dire che la ch iesa infe-
riore sa rebbe da data rsi a ben prima del 1537, il che ne fare bbe una
tra le prime chiese erette a Napoli interamente in sti le rinascimentale,
Celano non fa menzione del progettista, tuttavia, dato che Mormanno
era l'arcll itetto dei monac i qu ando costoro hanno inizi ato a r ico-
struire la chiesa maggiore, sembra probabi le cile egl i possa essere
stato responsabile anche dell'edifi cio pi ù ant ico, La chiesa presen ta
quelle snelle para ste su al ti pied istalli che sembrano cara tterist iche
dello stile di Morma nno, anche se in questo caso esse sono binate. La
volta attua le ri sale al restauro del XVIII secolo, mentre la ch iesa prim i-
tiva era probabilm ente coperta con un soffitto ligneo,
Benché non vi sia alc una prova documentaria per l'attribuzione a
Morman no e la datazione al 1535 della chi esa di Donnaromita (fig.
28), proposte da Celano, entram be sembrano convincent i88 , La
chiesa è sta ta completa mente ridecorata nel XV III seco lo, recente-
mente t utt avia è stato ripr istina to con successo il suo aspe tto cin -
quecentesco" , In pianta è una navata unica con cinque cappelle
quadrate e coperte con cupole a scodella su ciascun lato, il presb ite-
rio è qua dra to e ha una cupo la su alto tam buro: un im pian to co -
mune a Napoli e di cui questo deve essere conside rato uno dei prim i
esemp i. Le al te paraste corinzie su piedistalli eleva ti sono di disegno
Sim ile a qu ell e pre se nti nella chiesa infer iore dei Santi Severi no e
Sossio, sono però singole invece che bi nate , Il so ffit to, dorato e
sp lendidame nte intagl iato con pannell i dipint i, risa le all a seconda
metà del XVI seco lo ed è probabilme nte opera di Teodoro il Fiam-
m ingo, autore del soffitto - molto sim il e a quest o - di Sa n Gregorio
Armeno, La chiesa, se la si im mag ina priva delle addizioni più tarde,
ra pprese nta, in sieme all a chiesa inferi ore dei Santi Severino e Sos-
sio, la più ch iara test imonianza di un interno chiesastico napoletano 2425 Napoli, San Giovanni a Carbonara,
de ll a prima metà del XV I secolo"', cappella Caracciolo di Vico (1516),
cupola e arco di ingresso.
26 Napoli. Santi Severino e Sossio.
chiesa superiore. esterno.
27 Napoli, Santa Maria Donnaromita
(1535 circa), interno,
28 Napoli. Santi Severino e Sossio.
41 chiesa inferiore. interno.
Come opera minore di Mormanno è documentato anche il por- 3!
tale di Santa Maria delle Grazie a Caponapoll. databile al 1570 . SI
tratta di una composIZIone singolare. con un timpano curvo inter-
rotto al centro da un pannello rettangolare . coronato a sua volta da
un timpano triangolare. e collegato all'architrave della porta da men-
sole. Non sembrano esserVI protot ipi per una Simile composIZione.
né nsulta che essa abbia avuto alcun seguito. Oltre a quelle del Sant i
Severino e SOSSIO e di Santa Maria Donnaromlta . le piÙ Importan I
chiese del pnmo Cinquecento ancora esistenti a Napoli sono Santa
Catenna a Formiello e Santa Maria delle Grazie a Caponapoll
Santa Catenna a Formlello è stata Iniziata pnma del 1519. come di-
mostrato da un documento firmato da Romolo Balslmelll da Identi fi -
carsI probabilmente con il medeSimo architetto della cappella Carafa
in San Domenico Maggiore. sebbene Santa Caterina presenti una ma -
q
niera molto differente , . La parte più mteressante della chiesa è la fa c-
ciata (fig. 29). che mtroduce una formula molto Imitata In Italia men-
dionale e in Sicilia" . Nelle sue linee fondamentali segue Il modello
base delle facciate romane del XVI secolo. con la campata centrale a
due ordini e raccordata tramite volute alle campate laterali piÙ basse
e corrispondenti alle navate mlnon: ne dlffensce però In quanto il fron-
tone. invariabilmente presente nella versione romana. e qUI SOStitUitO
da una terminazione piana sorm ontata da una balaustrata . L'lnterno
della chiesa è stato decorato successivamente e la volta odierna quasI
certamente sostituisce un soffitto Ilgneo. tuttavia le pareti della na-
vata. con paraste connzie su alti piedistalli - che ncordano il piÙ gio-
vane dei Mormanno - e gli archi che Introducono alle cappelle laterali
appartengono all'edifiCIO cinquecentesco. Onglnanamente le mem-
brature erano In semplice plperno ed è possibile ncostrulre mental -
mente. almeno fino a un certo punto.l ·aspetto primitiVO dell'Interno
perché alcune paraste sono state liberate dallo strato di stucco e di
pittura settecentesco e sono emerse nella loro forma pnmlgenla.
semplici e chiaramente scolpite. Le finestre delle pareti esterne della
navata. nel profi lo. sono molto vlcme a quelle della chiesa di Santa Ma -
ria delle GraZie a Cortona - comincia ta da Francesco di Giorgio nel
1485 - ed è possibile che esse siano state modellate su opere realiz -
zate da questi durante una delle sue Visite a Napoli e oggi perdute ".
La costruzIOne del la chiesa di Santa Mana de lle GraZie a Capona-
poli risale per la maggior parte agii anni fra il 1500 e il 1519 " La sua
componen t e più interessante è rappresentata dalla successione di
arcate ( fi g. 30) che separa la navata dalle cappelle laterali Queste ul -
time sono di un tipo usuale nella Firenze del Quattrocento. con cupole
nel cui tamburo si aprono fine stre rettangolari; le arcate della navata ,
invece. sono insolite sotto parecchi aspetti Nei pilastri delle arcate. I
fianchi che danno verso le cappelle sono suddiviSI ognuno In una cop-
pia di specchlature che proseguono anche nell'lntradosso. dove assu -
mono dimensioni minori. approSSimandosI a quelle di un cassetto-
nato. e sono ornate da una sene di emblemi, alcuni simbolicI, altn pu -
ramente decorativi. La decorazione è Inusuale per Napoli e non è di
ascendenza fiorentina quanto piuttOStO milanese. in particolare nel
trattamento delle semicolonne. la CUI parte infenore è ricoperta da
una decorazione ad arabeschI. CiÒ può trovare spiegaZione nel fatto
che l'abate responsabile della costruzione della chiesa. Fra Girolamo
da Brindi SI. aveva fatto venire una nuova comunità di monacI dalla
Lombardia". I quali potrebbero aver Importato le Idee della loro pro-
vmcia e forse anche qualche loro fratello pratico nelle cose di archi-
tettura . La decorazione è di qualità piuttosto grossolana. dato che la
19 Napoli. Santa Caterina a Formlello
(1519·48), laCCIata.
10 Napoli. Santa Maria delle Grazie
a Caponapoli (1500-19). Interno.
31 Napoli, San Giovanni a Carbonara.
cappella CaraCCIolo di Vico (1516),
42 mterno.
si era dovuta adattare al piperno utilizzato per la sua esecuzione, tut-
tavia l'effetto generale delle arcate è tra i più interessanti che possano
essere riscontrati nelle chiese napoletane del XVI secolo" .
L'ultima importante chiesa costruita in quella che può essere de-
finito lo stile rinascimentale napoletano è San Giacomo degli Spa-
gnoli. commissionata nel 1540 dal viceré Don Pedro de Toledo a Fer-
dinando Manlio, l'architetto cui si deve anche la costruzione della
chiesa dell'Annunziata , distrutta da un incendio nel 1757'''. Nel XIX
secolo l'interno di San Giacomo è stato completamente rivestito di
uno spesso strato di intonaco che confonde i profili delle modana-
ture, tanto che oggi è impossibile riconoscere che si tratta di una
chiesa del XVI secolo" . Nel 1970 è stato eseguito un saggio di rimo-
zione dello stucco e parte delle originarie paraste in piperno sono
state riportate alla luce, Purtroppo, l'esperimento non è stato prose-
guito e quasi tutta la chiesa è stata restituita al suo aspetto ottocen-
tesco, anche se leggermente più pulita, Tuttavia, una cappella in
fondo alla navata destra è stata lasciata senza il rivestimento e que-
sta - come a Santa Caterina a Formiello - permette di avere un 'idea
dell'aspetto or iginario della chiesa. In San Giacomo l'effetto del pi-
perno contro l'intonaco bianco doveva essere particolarmente mar-
cato, perché le cupole a scodella che coprono ogni campata delle
navatelle - così come la cappella restaurata - sono costolonate,
come nella cappella Tolosa a Monteoliveto, e i costoloni sono realiz-
zati in piperno, il cui colore scuro originariamente contrastava forte-
mente sull'intonaco bianco del fondo. Oggi le campate, eccettuata la
cappella restaurata, sono coperte da cupole prive di ogni articola-
zione apparente, ridipinte nelle tinte di un gelato alla va niglia.
San Giacomo è una chiesa tipicamente napoletana, un linguaggio
molto più cosmopolita fa invece la sua comparsa in due piccole cap-
pelle costruite intorno alla metà del secolo in San Domenico Mag-
giore: la cappella Spinelli. dedicata a Santo Stefano (fig. 32) , e la cap-
pella Pinelli, dedicata all'Annu nciazione (fig. 33). Il frontespizio della
cappella di Santo Stefano, datato 1544, è stato rimosso nel XIX secolo
e applicato all'esterno della cappella Muscettola, all'estremità occi-
dentale della chiesa. Deriva per molti versi dall'ingresso della cappella
Caracciolo in San Giovanni a Carbonara, ha però un frontone spez-
zato da una curiosa lapide inserita nel mezzo e dragoni usati come
mensole ai lati delle colonne. La cappella dell'Annunziata, datata 1557,
suggerisce contatti con il Veneto, dato che la pala d'altare è di Tiziano,
mentre la parte architettonica denuncia modi dell' Italia centra le lOo ,
È necessario ricordare un altro elemento caratteristi co delle
chiese napoletane del XVI secolo : un tipo di campa nile particolare e
massicc io. Molti di questi campanili sono stati abbattuti e altri sono
stati mozzati dai terremoti , alcuni tuttavia sopravvivono ancora. Il
più antico è quello di San Lorenzo Maggiore, iniziato nel 1487101 e ar-
ticolato da due ordini di paraste composite. Segue, nel 1524, il cam -
panile dell'Annunziata, oggi privo dei piani superiori abbattuti da un
terremoto lO2 • La torre particolarmente tozza accanto a Sant'Agostino
alla Zecca non è citata nei documenti, dovrebbe risalire però al tardo
XVI secolo. Il più impressionante di tutti è il campan ile di Santa
Chiara. il cui basamento, con l'iscrizione gotica, risale probabilmente
al XIV secolo, mentre i piani superiori sono stati impostati nel 1596
su progetto di Costantino Avellone ,ol . Il campanile del Carmine (fig.
34) è stato iniziato nel 1458 a seguito del crollo a causa di un terre-
moto di una torre più ant ica: risalgono a quella data, però, soltanto i
tre piani inferiori. mentre il quarto e quinto livello - l'ultimo è ottago-

44
naie - sono stati aggiunti nel 1620-22 su progetti di Giacomo
Conforto. Dall'uniformità del trattamento degli ordini risulta evi-
dente che anche i piani più bassi sono stati rinnovati nella medesima
occasione . Il coronamento curvilineo con le sue tegole colorate ri-
saie poi al 1631 ed è opera di Fra Nuvolo. così che il campanile ab-
braccia l'intero periodo dal primo rinascimento al barocco '04 .
Poco rimane degli arredi delle chiese napoletane del XV e XVI se-
colo, dato che la maggior parte di esse ha avuto una nuova decora-
zione in periodo barocco, i pochi esemplari superstiti testimoniano
però la loro alta qualità. I soffitti erano quasi tutti piani e in legno, in
molti casi intagliati e dorati, come negli esempi della chiesa di Don-
naregina Vecchia '05 e di Santa Maria di Costantinopoli (fig. 35). Raffi-
nati manufatti in legno intagliato erano anche i battenti dei portali di
molte chiese, in alcuni casi ancora esistenti, come per esempio al-
l'Annunziata, in Sant'Angelo a Nilo (fig. 38) e nella chiesa della cer-
tosa di San Martino lO' . Si attribuiva grande importanza anche agli
sta Ili dei cori e agli armadi delle sagrestie , in genere intarsiati o scol-
piti.ll più splendido esempio di intarsio è rappresentato dagli armadi
realizzati da Fra Giovanni da Verona per la cappella Tolosa a Monteo-
liveto, terminati nel 1510 e oggi collocati nella sagrestia della chiesa
(fig. 39)107. Altri se ne possono trovare anche nella chiesa della cer-
tosa di Padula , datati al 1507, e nella sagrestia di San Martino, per i
quali sono documentati pagamenti a Giovanni Battista Vigliante e
Lorenzo Ducha nel 1587-88108 . Il maestro indiscusso degli stalli scol-
piti è Benvenuto Tortel li, l'artefice di quelli in Santi Severino e Sossio
35
(1560-73: fig . 36) e di quelli. oggi distrutti, già nel coro di Montecas-
sino lo, . Altri begli esempi sono in Santa Caterina a Formiello (prima
del 1566)"0 e nella sagrestia dell 'Annunziata (1588t ' . Caratteristico
delle chiese napoletane del tardo XV e del XV I secolo è anche l'uso
per la pavimentazione di mattonelle policrome di maiolica invetriata.
Molti di questi pavimenti col tempo si sono consunti, alcu ni rari
esempi ne sopravvivono però ancora nelle cappelle, ad esempio in
quella Caracciolo del Sole in San Giovanni a Carbonara, in San Pietro
a Maiella (fig. 37) e in Santa Caterina a Formiell0 112 •
L'architettura sacra napoletana del XVI secolo non offre un qua-
dro coerente. Le opere migliori, per lo meno nella prima parte del se-
colo, sono state realizzate da stran ieri formatisi in una varietà di po-
sti diversi e che usavano linguaggi differenti. A partire dalla metà del
secolo si era venuto affermando, però, un tipo di chiesa che può es-
sere riconosciuto come specificamente napoletano. Molte di queste
chiese, tuttavia , sono state talmente t rasformate o ridecorate in pe-
riodi successivi che è difficile valutarne le reali qualità. Se provas-
simo a immaginarle spogliate della loro decorazione più tarda in
modo da far affiorare nuovamente le membrature originali in pi-
perno, anche la chiesa superiore dei Santi Severino e Sossio e quelle
di Santa Caterina a Formiello, di San Giacomo degli Spagnoli e di
San Pietro Martire - e probabilmente molte altre - si aggiungereb-
bero alla c hiesa inferiore dei Santi Severino e Sossio e a quella di
Santa Maria Donnaromita a formare un 'impressionante serie di fab-
briche in cui si manifesta una declinazione locale del linguaggio del
primo Cinquecento dell'Italia centrale. Da questo momento in avanti
l'autonomia dell'architettura napoletana diviene sempre più mar-
cata e gli architetti locali. ignorando le nuove tendenze dell'architet-
tura di Roma e Firenze - definite più o meno giustamente come ma-
nieriste - procedono lentamente, ma con sempre maggiore sicu- 3233 Napoli, San Domenico
rezza, verso la creazione di una loro propria variante del barocco 113 Maggiore, cappella Spinelli (1544),
arco di ingresso: cappella Pinelli
(1557), arco di ingresso.
34 Napoli, Santa Maria del Carmine,
campanile (1620-22: coronamento
1631).
35 Napoli, Santa Maria
45 di Costantinopoli, soffitto.
37

36 Napoli, Santi Severino e SoSSIO, 38 Napoli, Sant'Angelo a Nilo,


slalli del coro (1560-73). port ale.
37 Napoli. San Pietro a Maiella, 39 Napoli, Mon teoliveto, sagrestia,
pavimento in mationelle di ceramica pannelli intarsia ti, già nella cappella
invetriata . Tolosa (1510).
46
-----------------------------i

l Cfr. Janson 1957. pp. 88 sgg. Gli studiosi moderni concordano cosi come l'arco di Ingresso di Sinistra. Il portico, che adesso che sono molto piÙ regolan di quelli nella parte superiore della
nell"aUribulre a Donatello soltanto il rilievo con I"AssunZione. è nascosto da edifici più tardi. doveva continuare verso destra. facciata . Èutile sottolineare come tutti i palaLli COli bugnalo a
2 Per la complicata storia dell'arco, cfr Seymour 1966, dove CI sarebbe stata un'altra arcata che avrebbe reso punta di diamante, eccettoCa' dci Duca. siano probabilmente
pp. 134 sgg simmetrica la composizione. più ta rdi di palazzo Sansev€nno.
3 Recentemente Hersey (1969a) ha suggerito che questo 18 Cfr. BAV. Barb. lal. 4422: cfr. f1uelsen 1910, I. 39v, 30 Clr. Natella, Peduto 1969.
disegno possa essere inrealtà un progetto per l'arco eretto 19 L'iscrizione sul disegno dice che il palazzo era stato 31 Cfr. Pane 1937, p. 45. La litografra onglnale è pubbhcala
a Caslel Capuano nel 1446, ma questo non esclude che esso, progeltato per Ferrante, tultavia Vasa" (cir. Vasari:Milanesi in D'Ambra 1889·93, tav, XXIX.
almeno nelle sue forme generali. possa essere messo In 1878·81. voI. IV, p. 72) SCI ive che il modello era stato realizzato 32 Palazzo Santa Croce in via del Pianto.
relazione con ['arco di Caste[nuovo. 11disegno reca l'IscrIZione su "chiesta del duca di Calabria. Per una dettagliata
·'Bonomu de Ravena" che potrebbe riferirsi a Francesco Bonomo discussione della pianta e delle sue fonti nell'architettura 33 Palazzo Slenplnlo (nprodolto In S,ciila 1961. p.160, fig. 248).
al lavoro in Castelnuovo nel 1444 (cfr. Planiscig 1933, p, 22), antica e nei più recenti disegni contemporanei. cfr. Biermann 34 Cfr. Pane (1937. p. 206) dà l'anno 1482 per questa porta,
4 Cfr, WlIlemsen 1953. tav. 98 sgg. L'arco è stato riprodotto in 1970, pp, 154 sgg. Biermann nota che la pianta di Sangallo si ma senza speCifica re perc hé.
disegno numerose volte nel corso del XV e XVI secolo, quando basa sulla descrizione di Vitruvlo della casa antica romana. 35 Cfr. Remondlni 174r57. voI. III, pp. 185. 191.11 palazzo
era relativamente completo. L'architetto potrebbe anche avere Lo studioso illustra le altre due versioni della pianta è riprodotto in Pane 1937. pp. 119, 121.
conosciuto disegni dell·arco romano di Spello. di Sangallo, una sempre del Codice Barberinl, l'altra
del Taccuino Senese alla Biblioteca Comunale di Siena. 36 Cfr. Pane 1964·65. La data del 1512 era in un'iscrizione
5 La questione dell'assegnaZione delle diverse parti della sopra Il portale, Dia perduta ma ricordala da Celano (1692,
scultura alle singole mani degli artisti è di grande complesSlta, 20 Cfr. Nicolini 1925, p, 172. voI. IV, p. 543). L'edillcio è oggi usato per ospilare palte
fortunamente, però, non ci riguarda in questa sede. Si rimanda 21 Numerosi altri importanti arlisti dell'Italia centrale e dell'Archivio di Stalo di Napoli, Nulla sopravvIVe della Villa
dlettore al citato volume di Seymour (1966), settentrionale sono documentati al servizio di Alfonso e del costruila sulle pendicì di Posililpo dal poeta Sannazzaro, le sue
6 Per una discussione esaustivt"l della committenza di Alfonso suo successore, ma poiché nulla rimane delle [oro opere mi I"OWle sono però documentate da un disegno di J.R. Cozens
II. cfr, Hersey 1969, Le conclusioni dell'autore, comunque, limito ad elencarne i nomi. Francesco di Giorgio Martini e Fra del 1782·83 conservalo in uno dei taccuini di schizzi già nella
non sempre sono accettabili (cfr. Blunt 1971. p 406) Giocondo sono citati da Summonte (cfr. NlColrnr 1925, p.I72) colleZione del duca di Hamilton.
per aver lavorato a Poggiorea[e.ll primo è ricordato anche per 37 Cfr. Aldimari 1691. vol.I. p. 92, che mdlCa l'anno 1588
7 Per i documenti relatiVI al soggiorno a Napoli di Giuliano lavori alle fortif icazioni per un certo numero di anni fra il1491
da Maiano, cfr, Percopo 1893·95, XIX, pp, 575 sgg. per la costruzione della villa
e il 1497 (cfr. Weller 1943, pp, 29 sgg , Hersey 1969, p, 82).
8 Chiarini (1856,60, voL lI. p. 437) regIStra un'lscnzlone La presenza di Fra Giocondo a Napoli nel 1489·90 e dal 1492 38 Cfr, Saint·Non 1781·86. voI. V, p, 632,
che dala al 15 giugno 1484 la posa della prima pietra. al 1495 è confermata da documenti (clr. Percopo 1893·95. XIX. 39 Riprodollo In Blunt 1973, p. 570,
9La sovraslrultura aggiunta nel XVII secolo. VISibile in molle pp. 376 sgg.). Francesco e Luciano Laurana sono ricordati 40 Il dottor Friedench Rakob, dell'Istituto Archeologico
vecchie fotogra fie, è stata recentemente rimossa. per aver intagliato sculture per Castelnuovo (c fr. Filangieri Tedesco di Roma. mi ha gentilmente informato che
1928, p. 32), Nel 1494 Alfonso Il aveva scritto a un cerIo rappresentazioni di questo tipo di ville erano comuni negli
lO l'unrca altra porta di questo tipo è Porta San Pietro a "Baccio fiorentino': probabilmente Saccio d·Agnolo o Bilccio
Perugia, costruita da Agostino di Duccio nel 1475 elica. la sua affreschI romani e che alcune di esse elallO Ilule allllello
Pontelii. Invitandolo ad andare a Napoli. ma non VI è alcuna dal primo Cinquecen to. Un famoso esempio pompei ano
so[uzlone è però alquanto diversa poiché gli e[ementl [aterall
testimonianza che questi abbia accettato l'invito del re è raffigurato in Boethius, Ward·Perkins 1970, lav. 95.
sono composti da volumi rettangolari articolati all'an tica
(CecI 1900, p. 83)
invece che da torri circo[ari.La solUZione di Agostino è più 41 Celano 1692, voI. III, p. 208. Una lologralia del corlile pnma
coerente, ma almeno nel dettagho quella di Giulrano è 22 In Via San BiagiOdei librai n. 121. anche chiama to palazzo dei bombardarnenli è riprodotta in Russo 1966, tav. a fronte
allretianto raffinata. Santangelo (cfr. Celano 1692, voi, III. p, 679: Chiarini 1856·60, di p. 392. Aveva un portICo a due livelli, quello inlenore dorico.
voI. III, p. 684, e Ceci 1893a. pp. 168 sgg.) quel[o supel iOie iOilico
U l a Duchesca sorgeva tra Castel Capuano. POI ta Capuana
e il monastero di Santa Caterina a Formiello. Per la deSCrIZione 23 Un allro esempio è palazzo Penna del 1406, che ha 42 Riprodotta in Pane 1937, p, 180. Una porta simile era
più esaustIVa della villa, clr. Colombo 1884. e Colombo 1892. ornamenti d'inizio rinascimenlo sopra l'arco depresso presente nella chiesa di Santa Caterina dc· Costanzo,
dell'ingresso. Una siml[e mescolanza di motivi go tiCI e documentata 111 D'Ambra (1889·93. tav, LXXXVII) e Ru sso
12 Per la storia della villa, cfr. Colombo 1885 e Colombo 1892a, rinasc lmentali si può vedere nel portico di Sanl·Angelo. fuori
Per piùrecenti discussioni e ricostru zioni della villa, cfr. (1966, tavola a fronte di p. 392).
Nola, e uno ancora pill curioso nel portico di Santa Maria del
Frolllmel l961. pp, 61sgg .. Hersey 1969, pp. 60 sgg.: e la mia 43 Il balcone su piazza San Domenico, che oggi costituisce
Pozzo a Somma Vesuviana, composto da due colonne antiche
recensione a Hersey [cfr, Blunt 1971. N.dR ]. Quando ho scntto l'affaccio esterno della cappella Spinelli della chiesa,
di reimplego. due pilastri con insoliti capitelli ionici e archi
questa recensione non conoscevo ancora la deScrizione della leggermente depressi con modanalure gotiche. Eda tato originariamen te deve aver fa tto parte di un palazzo. Deve
Villa di Parrino (1700, voI. Il, pp, 172 sgg.) cile aggiunge alcuni essere ricordato anche un altro palazzo iniziato nel XV secoto,
a dopo il 1510 (cfr, Fiengo 1964·65, pp, 125 sgg,).
dettagli alla nostra conoscenza dell'aspetto dell'edifiCio. benché la sua storia sia oscura: palazzo Panormila In via Ni[o,
L'autore afferma che Il cortile aveva sette arcate sui lati lunghi e 24 Cfr. Fnzzoni 1891. p. 37: Pane 1937, p. 107. Questo portale fondalo da Antonio Beccadelll, detto Il Panormlta e amiCO
tre su quelli brevi.con una porta a[ centro di ogni Iato. Aggiunge è discusso insieme ad altri quattro - ma senza risultat i utili - di Allonso 1.11 palazzo, tuttavia, ha subito "' seguito tali
inoltre che [e quattro torri "SI comunicano per ampie gallerie sul da Valente 1966. alterazioni che è impossibile determinare a Quando risalga la
piano della volta con con [sic1colonne di marmo, che hanno [e 25 Le lasce laterali lerminantl In volute sono più tarde, facera la odierna. Chiarini (1856,60, voI. 111. p. 640) indica come
baSI nel cortile': La frase ··sul plano della volta" sembra indicare Petrucci era stato conSigliere di Ferrante, ma dopo essersi data il 1550 circa. da tazione che però sembra troppo Iarda.
il piano superiore, ma illattoche le colonne sorgessero dal nbellato al sovrano Viene giustiziato nel 1486 (cfr. Celano 1692, 44 Per la storia del palazzo, cf r. Ceci 1897 e Chierici 1938, Il
cortile ch iarisce che le gallerie dovevano essere a livello teneno, voI. II I. p. 437: Summonle 1601. val, III. p. 509).11 palazzo è sito è stat a acquistato nel 1513 e la costruzione avviata subi to
poiché un ordine gigante è impensabile a questa data. stato ristrutturato dai successivi proprietari, In particolare dopo. Il palazzo è stato però completato sollanto nel 1549,
13 Cfr, fig. 37. dopo Il terremoto del 1688, ma non vi è motIVo di dubitare dopo la morte di Gabnele d'Angelo, da Giovanni Francesco
che il portale sia stato eretto da Petrucci, de Palma, detio il Mormanno, Filangieri di Satriano (1883·91.
14 Queslo dettaglio è ricordato con esattezza da Serlro
(1619, I, 121v) e Celano aflerma di ricordare elle nella 26 Cfr. Colombo 1885, lav, a fronle di p, 342. voI. V, p. 238) pubblica documenti cile atl eslano pagamenti a
sua infanzia aveva visto usare la corte come peSChiera La porta non è più rintraccia bile. Mormanno per uno stemma nel 1548 e per lavori al letto nel
dal duca di Medina. cile allora possedeva la Villa. 27 Adesso Museo Filangleri (cfr, Catalogo 1888, p. XIV). 1549. Il palazzo ha gravemente sofferto a seguilo di Incendi
Nulla sopravvIVe dell'interno del palazzo, e di modifIChe apportale nellempo, la facciata però è stai a
15 Clr. Seri io 1619, p. CL: Colombo (1885: 1892a) riporta di recente riportata al suo aspello originario, se SI esclude il
molle altre descnzionl della Villa ugualmente entusiaste 28 Cfr, Fri zzonl (1891, p, 40) suggerisce Il nome di Benedelto portale, opera aggiuntavi fra il 1762 e il 1782 da Mano Gioflredo
16 In seguito è divenuta palazzo Luperano. Chianni (1856,60, da Malano e Venturi (1901,39. voI. VIII/2, p. XIV) quello di inSieme a[ piano attico e al corpo di fabbrica onentale.
val. V, p, 22) attribUisce la villa a Giuliano da Maiano. Giuliano da Maiano, Nonostante Chlenci sia di opinione contraria, il palazzo
17 Sangallo ha usato pllasl" quadrati al plano terra di Poggio a 29 Per la slona del palazzo, cfr. Ceci 1898 e Montinl1956, originariamente doveva essere aper10 da questo lato.
Calano e nel cortile del palazzetlo di Barlolomeo Scala a Borgo pp. 5 sgg. Qualche aulore ha ipotizzalo che i gesuiti abbiano 45 Cfr. Ca passo (1889, p, 696), che cita da De Lellis. ll palazzo
Pinti a Firenze. "Capitelli" scanalatl sono presenti nel chiostro incorporato la facciata del palazzo così come si trovava, ma ciò Ruggiero era spesso chiamato errone~rnente Vican3 V cchia
di Santa Maria Madda[ena dei Pazzi. In origine le due campate può difficilmente essere vero poiché non si riscontrano tracce dal nome della strada su cui sorgeva. Errprodotto da DAmbra
7
laterali della loggia di villa Luperano erano PiÙlarghe di quella delle finestre indispensabili in un palazzo. La base della 1889·93, tav. XXIV.
centrale, ma l'arca ta destra è sta ta parzialmente chiusa, facciata è invece chiaramen te quella origmale, e i successivi
sei corsi di pietre potrebbero essere sopravvissuti intatti, dalo

47
46 Cfr. Ceci 19OOa. p. 170. L'iscrizione sulla facciata del palazzo. l'ultimo piano del palazzo conserva però ancora le onglnall 62 Questo è quanto attestato nell'iscrizione sulla tomba
datata 1513. è attestata da Sigismondo (1788·89. voL li. p. 99). finestre centinate e anche le due paraste termlnah del (cfr. Chianni 1856-60, voI. III. p. 535).
47 Palazzo Marigliano ha un portale particolarmente raHinato mezzanino sottostante sembrano risa lire all'imzio del
63 Le testimonianze su questa cappella sono contraddittorie.
che dal cortile introduce al vano scale. con la parola "fAI",. il motto Cinquecento. Il resto della facciata è stato completamente
alterato nel XVII secolo.
l 'lSCrlZlone sopra l'entrata riporta che la cappella era stata
del committente, incisa sull'architrave. I due rilievi con trofei traslenta aU'.,terno della cattedrale nel 1242. probabilmente
alla base degli stipiti sono stali inseriti più tardi. probabilmente 54 l a scultura napole tana del nnascimento non è mal stata però SI tratta di un errore, e questo per ragioni diverse. Primo
al momento delle modifiche alle scale. Sono in un marmo studiata approfonditamente. benché le numerOSlSSlme tombe la cattedrale era stata fondata soltanto nel 1294 e inoltre
diverso e si tratta evidentemen te di frammenti di pannelli costituiscano una serie di alta Qualità e dJgrande Interesse Chianni (1856·60. voLlI. p. 277), sebbene trascriva
e paraste decorate. provenienti forse da una porta sul tipo di Il prolessor Shearman ha richiamato la mia attenzlOOe sulla correttamente l'IScriZione dando la data MCCXLII. nella
quella già di palazzo Orsini (oggi aWingressodi Santa Maria del descriZIone data nello Zibaldone dI Giovanni Rucella! (1960) dìscussooe scrtve che Questa attesterebbe la costruzione
Rifugio). o di quella di palazzo De Scortiatis.ll nucleo originario delle conseguenze a Napoli del terremoto dell'8 docembre 1456. dell'arco nel XVI secolo. Strazzullo (1965, p, 107) cita
di palazzo di Sangro, all'angolo di piazza San Domenico. risale Il suo informatore, Paolo Rucellai. elenca le seguenti chtese documentI che provano come la ca ppella sia stata restaurata
allo stesso periodo (cfr. Celano 1692, val. III. p. 441). ma è stato come danneggiate: Monteoltveto. San Martino. San Giovan", Ira 11 1570 e il 1573. sllhstlcamente però questa data è troppo
cosi alterato che quasi nulla sembra soprawivere dell'antica Maggiore, Santa Maria Maggiore, Sant'Agostino alla Zecca, tarda per l'arco. Un'iscrizione interna alla cappella afferma che
facciata. Soltanto le paraste e la trabeazione del p"no terreno San Domenico Maggiore. San Pietro MartIre. Santa Chiara. San l'altare VI era stato collocato nel 1560 e l'attuale pala d'altare,
sono originali e. a differenza di quelle superiori in stucco. sono Domenico ancora soprawive nella sua forma medievale. arche dipinta da Marco Pino, è datata 1573. La soluzione più
realizzate in piperno. L'ultimo piano è successivo al 1700, dato se pesantemente restaurata nel XIX secolo; Santa Ch"ra, San probabile è che la data MCCXLlI Sld un errore per MDXLlI. cosa
che il palazzo é rappresentato con soli due piani in un'incisione Martino e San Giovanni Maggiore doveNero essere restaurate che sarebbe congruente con lo stile dell'arco.
pubblicata in quella stesso anno in Parrino (1700, p.I86). e in seguito decorate in stile barocco tra il XVII e" XVIII secolo. 64 Due piccole cappelle nel modi del primo Cinquecento sono
481 capilelli dorici sono quasi esattamente identici a quelli San Pietro Martire è stata probabilmente ncostruita In San Lorenzo Maggiore. una nella sala del Capi tolo, l'altra, la
del piano terra di palazzo Sangro (cfr. supra, nota 17) e si rela tivamente presto dopo il terremoto, poiché due archi cappella Russo, nella sagrestia. Un'indicazione interessante
ritrovano anche nel cortile di palazzo De Scortiatis. Palauo della navata. scoperti al tempo della guerra, mostrano uno stile sulla lunga durata di questa tradIZione è data dal fallo che la
Pignatelli. di fronte a Sant'Angelo a Nilo. ha una lacciata che suggerisce una data vicina al 1500. Monteoliveto è stata cappella Russo era stata costrui ta in parte nel 1561 da
in qualche modo simile. con un singolo ordine posto al piano ricostruita Ira il tardo XVI e il XVII secolo. Santa Mar" MaggJ()J'eè Vincenzo della Monica (cfr. Strazzullo 1969, p. 98). Di stile
superiore. Il piano inferiore è stato completamente trasformato. stata nlatta da Fanzago alla metà del XVII secolo e Sant'Agostino abbastanza dlHerente da tutte le cappelle lin qui menzionate
nei secolt XVII e XVII I. In effetti la reazione al terremoto sembra eII plCcrno mausoleo aggIunto sulla destra della chiesetta
49 Cfr. Celano 1692, val. IV, p. 73. L'inCISione di Petrini dell7l3 essere stata stranamente lenta e. a parte San Pietro Martire,
mostra Il palauo con soli due piani ed esso appare in questa di Santa Mana del Pignatelli, di lronte a Sant'Angelo a Nilo.
nessuna delle chiese in questIone è stata ncostrurta o In pianta è poco pIÙ che semicircolare e coperta da una bassa
forma anche sullo sfondo del ritratto di Ascanio Filomarino seriamente rimaneggiata nel corso del mezzo .secolo s.ucCessMl cupola frnemente scolpIta. le pareti sono articola te da
in palazzo Corsini a Firenze. Lo stemma con le insegne sopra
la porta è stato intagliato nel 1647 da Giovanni Mozzetti 55 Clr. Pope Hennessy 1958. p. 299. Sefmcolonne corinzie che inquadrano tre nicchie. contenenti
56 La tomba è una copia quasi esatta di quella del card inale rispettIVamente una tomba. l'altare e un sedile: una
(cfr. D'Addosio 1912-21. Xli. p. 540).
di Portogallo in San Mlnrato a Firenze, completata nel 1466. disposIZione che può essere latta risalire alla cappella
50 Clr. Croce 1921. p. 173. Sol tanto il piano terra e il primo PlCcolomlni a Monteoliveto. anche se qui è applicata a una
piano della corte appartengono alla costruzione originaria.
La tomba napoletana è stata commissionata probabilmente
subito dopo, anche se consegnata soltanto nel 1481 pWJnta cIrcolare. l 'entrata della cappella è inquadrata da
molto alterata nel XVII secolo quando l'ingresso è stato colonne libere binate, simili alle semi colonne dell'interno,
(cfr. Seymour 1966. p. I68).
rimodellato (cfr. Chiarini 1856·60, val. III. p. 435). SOpr<J le quali sono quattro canatidi molto rozze. Il resto della
57 Per la data della spedizione, cfr. Vasari:MilanesI 1878·81. chIesa è stato completamente trasformato durante i restauri
51 Gli esempi più antichi di questo tipo sono nel Monte di
vol. III. p. 338. nota. Eve Borsook ha recentemente pubblicato del 1736 (clr. Sigismondo 1788,89, vol. II. p. 48). In Campania
Pietà, nel palazzo Carala di Belvedere (vico San Geronimo 29).
documenti che dimostrano come la decorazione di entrambe le SI trovano molti raNinatl porta h nello stile del primo XVI secolo.
nel palazzo del Panormita e in due palazzi anonimi in via
cappelle losseancora in corso nel 1491 (cfr. Borsook 1970, p. 743). Secondo le gUide, l'mgresso dell'Annunziata ad Aversa (Cfr.
San Biagio dei librai n.14 e via Oronzio Costa n. 5.
58 Questo sedile è una ,ari ante delIrano della cappella di San CampanliJ 1962, lig. 19) è stato scolpito da Giacomo Mormile
52 Per esempio in vico Cinque Santi n. 20, via dei Tribunali
Miniato ma. sorprendentemente. edi disegno asimmetnco nel 1518. Altn portali sono: Porta Napoli a Capua (clr.
n. 23, via San Giovanni in Porta n. 34, via San Giovanni Maggiore
59 Un'altra piCCOla differenza fra le due cappelle è nelle Campama 1962, lig. 29), uno nella Badia di Cava dei Tirreni
Pignatelli n. 29 e n. 34 e vico Foglie a Santa Chiara n. 20.
cupole: nella cappella Piccolomini la cupola poggia (cfr. Pane 1937, p. 211), uno nel pnmo chiostro della certosa
Piuttosto sorprendentemente Sanlelice lo usa nella porta
direttamente su pennacchi. mentre nella cappella Curtale di Padula e. nella stessa Napoli, a Santi Marcellino e Festa, a
di palazzo Capuano. Ricorre anche in palazzo Covoni a Nola.
è separata da una cornice orizzontale circolare. Sant'Agrippina (clr. Pane 1937. p. 201). all'ingresso del sagrato
53 Un numero considerevo le di palazzi minori a Napoli di Santa Maria a Cappella Vecchia (datata t506) e all'ingresso
Sorprendentemente la cupola della cappella Curiale ha
contengono frammenti tardoquattrocenteschi o del primo della cappella de' Grassi ai piedi della scalinata che conduce a
un oculo ci rcolare all'apice. potrebbe trattarsi però dI
Cinquecento: essi tuttavia non aggiungono elementi utili per Sanll Marcellino e Festa (c fr. Pane 1937, p. 209). 11 portale sotto
un inserimento più tardo. risalente forse addirittura alla
la nostra conoscenza dell'architettura del periodo. Molti, anche la torre dI San lorenzo Maggiore è probabilmente uno dei
ricostruzione successiva al bombardamento del 1943.
se non tutti, sono citati in Pane 1937, può essere comunque pnmi del gruppo, dato che presenta paraste molto alte che
utile fornirne qui un elenco completo: via San Paolo n. 34 60 E ignota la data esatta, ma doveva essere già completa ricordano la tomba Brancacelo.
e n. 44; via dei Tribunali n. 390: piazza Sedilcapuano n. 243: nel 1511. quando è attestato che Fra Giovan", lavorava agir stalll
del coro (c fr. Percopo 1893·95. XIX. p. 379). La pala d 'a~are 65 Per la stona della cappella, clr. Filangieri 1926,
via Oronzio Costa n. 5 e n. 9 (il primo riprodotto in Pane 1971.
dI Pinturicchio e assistenti. oggi al Museo dì Capodimonte. è e Ahsio 1963-64.
val. II. p.199); via Medina n. 5 (palazzo Carala di Nocera: clr.
Chiarini 1856·60, '01. IV, p. 341): via Santi Filippo e Giacomo datata nel catalogo agli anni 1508·10. 11 cassettonato della vo~a 66 Clr. Al isio 1963,64, p. 32. Hersey (1969, p. 74) segue
n. 26; vico Cinque Santi n.17: via San Gregorio Armeno n. 28; via del coro è dovuto al restauro postbelliCO, il quale, però, era stato Pane nell'attnbuZione a Fra Giocondo.
San Biagio dei librai n. 28 (palazzo Pinelli); via Purgator io n. 13 basato presumibilmente su quanto si era rinvenuto sotto fj'fI documenti SUI due MallJito sono stati pubblicati da
e n. 28; via Fico del Purgatorio n.15: via Santa Maria d'Agnone gli allreschi barocchi ancora visibili in vecchie lotogralie Filanglen di Satriano 1883·91. val. III. pp. 82-100.
n. 40; via Sant'Arcangelo a Baiano n. 44 (riprodotto in Pane (cfr. Pane 1937, p.193). Pane (1937. p. 192) attnbuisce tutte e tre
1971. val. Il, p. 416); via Panettieri n. 27 (ivi, p. 257)', via San le ca ppelle di Monteoliveto a Giuliano da Maiano. tuttavia esse 68 Riprodotta In Blunt 1953, tav. 2a [ed. lranc.1982, p.ll,
non possono essere della stessa mano e non sussiste alcuna lig l, N.d.R.).
Giovanni Maggiore Pignatelli n.12 e piazza Santi Apostoli
(palazzo Somma). Pane lornisce anche i disegni di numerosi prova valida per ascrivere anche una sola di loro a Giuliano. 69 Cfr. M,ola 1897: Slrazzullo 1966.
palazzi ora distrutti, e altri due sono documentati da Avena 61 Clr. Filangieri di Satriano 1883·91. val. III. p. 35. 11 contratto 70 L'unica al tra opera di Tommaso Malvito che possa essere
(1900). Castel Capuano deve essere stato uno dei più per il terzo arco della cappella è stato lirmato nel 1512. Secondo conSiderata In qualche modo architettonica è il portale
importanti edilici aragonesi, ma è stato così completamente Valle. Minichini (1854. p. 90) l'opera è stata portata a termine dell'AnnunZiata, per il quale sono attestati pagamenti nel 1500
alterato che non sopravvive quasi nulla del suo carattere da Ferdinando Carala nel 1569. rilerendosi però probabilmente (clr. Filangieri di Satriano 1883-91. val. III. p. 88).
originale (cfr. Nunziante 1893; De Filippis 1956). Anche palazzo soltanto alla costruzione della volta. Nell'impianto generale 71 La cappella è nprodotta in Solimene 1934, p.163.
Firrao o di Sanl'Agata in via di Costantinopoli una volta deve è più moderna delle cappelle di Monteoliveto. poiché ha archi
essere stato un esempio notevole dell'architettura napoletana pienamente articolati fra paraste, nella maniera usata da n Clr. Pane 1937. p. 264.
del primo Cinquecento. Èignota l'esalla data della sua Giuliano da Sangallo, ad esempio nella cappella della SagrestIa 73 Trascntta da Ch"nnl 1856,60, vol. II. p. 512.
costruzione, ma Chianni (1856-60, val. III. pp. 48 sgg.) afferma di Santo Spirito a Firenze. 74 Clr. Filangieri di Satnano 1883-91. val. III. p. 99.
che i piani superiori sono stati affrescati da Polidoro da
Caravaggio nel 1532. Di questi affreschi non rimane alcunché. 75 Clr. Vasari:Milanesi 1878·81, vol. V. p. 94.

48
76 La dalazione è confermata dal fatto che la pala d'altare per ma deve essere un errore, !X)iché Della Cava era morto 100 Secondo Valie. Minichini (1854. p. 363) la cappella
la cappella è stata progettata e in massima parte eseguita da nel 1514 (Ceci 1900-01. IX. p. 69). Pietro De Stefano (1560. era stata acquista ta dalla famiglia nel 1546. Anche la chiesa
Bartolomeo Ordonez. ritornato in Spagna al più tardi nel 1519. p.121v). che scrive nel 1560. afferma che la chiesa era stata dell'lmmacolatelia a Pizzolalcone fondamentalmente risalealla
dove era morto l'anno successivo (cfr. Vasari:Milanesi 1878-81. "Magnificala et ampliata in mio tempo". metà del XVI secolo. sebbene essa sia stata tanto restaurata
val. IV. p. 554. noia). Gran parte della decorazione è più Iarda 93 Per esempio in Santa Caterina e San Giorgio dei Genovesi nel XIX secolo che oggi è impossibile determinare quali parti
e la data del 1557. iscritta su una targa sopra I·ingresso. si a Palermo. appartengano al periodo precedente. La chiesa di San Pietro
riferisce probabilmente al completamento della cappella Martire. danneggiata da un terremoto nel XV secolo. è stata
(cfr. Chiarini 1856-60. val. III. p. 513). 94 Pane (1937. pp. 241 sgg.) ascrive direttamente le finestre rioostruita a partire dal 1519 (cfr. Cantone 1966) in uno stileche
allo stesso Francesco di Giorgio. ma è improbabile che un suo rioorda la chiesa inferiore dei Santi Severino e Sossio. La chiesa
n Cfr. Summonte 1601. lib. III. p. 500 e Troyli 1751. voI. IV. disegno potesse essere usato tanti anni dopo il suo soggiorno è stata completamente rimodellata nel XVIII secolo. tuttavia nel
pp. 357 sgg. a Napoli. corso dei restauri condotti a seguito del bombardamento che
78 11 committente potrebbe anche aver voluto imitare o 95 Cfr. Filangieri di Satriano 1883-91. vol. IV. pp. 21 sgg. l'aveva danneggiata. sono state scoperte due arcate onginali
superare la cappella dei Caracciolo del Sole. del primo XV L'oratorlo cui Celano (1692. voLlI. p. 718) si riferisce come ad grazie alle quali è possibile avere una chiara idea dell'aspetto
secolo. posta all'estremità orientale della chiesa. "una piccola cappella" è stato probabilmente abballuto nel delia chiesa nel XVI seoolo. La successione delle arcate ha
79 Sanpaolesi 1943. 1500. quando il nuovo abate, Fra Girolamo da Brindisi. aveva in comune con quella dei Santi Severino e Sossio le paraste
80 Per la famiglia Mormanno - anche scritto Mormando-. iniziato la costruzione della ch iesa attuale. anche se Solimene corinzie su un basamento eccezionalmente alto. i pilastri a
cfr. Filangieri di Sa triano 1884: Ceci 1900a. (1934. p.15) afferma che esso è sta to incorporato nella navata specchiature piuttosto pesantLla cornice nitida dell'arco e
oggi esistente. Le cappelie della navata sono assegnate la mensola squamata in chiave d·arco. La trabeazione di San
81 Cfr. supra. p. 34. a differenti famiglie e corporazioni dal150! in avanti (cfr. Pietro Martire è più audace e le paraste erano presumibilmente
82 Cfr. Strazzullo 1969. p. 227.11 suo portaledi Santa Maria Filangieri di Satriano 1883-91. voI. IV. pp. 50-133) e il transetto singole. ma sotto tutti gli altri aspetti le due travate sono molto
delle Grazie a Caponapoli è databile al 1570 (cfr. Filangieri doveva essere già completo nel 1517. quando il giovane Malvito simili. Sarebbe affrettato ipotizzare un'attri buzione della chiesa
di Satriano 1883 -91. voI. V. p.169). firma il contratto per la cappella Oe Cuncto. che vi si affaccia a Mormanno: chiunque l'abbia disegnata aveva però
83 Cfr. supra. p. 34. (cfr. supra. p. 38). Sembra che la struttura della chiesa fosse certamente familiarità con la ch iesa inferiore dei Santi Severino
orma i finita nel 1519. anno della morte di Fra Girolamo. e Sossio. I documenti riportano nomi di costruttori Quali
84 Su Regina Coeli sorge un problema di date. perché Bulifon L'abside è stata affrescata da Andrea Salerno (t 1530) e Cristoforo della Torre e Benedetto de Falco. ma non vi è alcuna
(1932. p. 62) afferma che la prima pietra era stala posta nel l'altare ospitava un dipinto di Poli doro da Caravaggio, presente evidenza che permetta di stabilire se uno o l'altro dei due Sia
maggio del 1590. data in cui però Mormanno. documentato a Napoli negli anni 1522-24 e 1527-28 (Marabottini 1969. stato il progettista dell'edificio. t forse necessario citare anche
in vita l'ultima volta nel 1570. era quasi certamente morto. Si pp. 149. 153). Nel tardo XVII secolo la parte superiore della l'articolo. in qualche modo fantasioso. di Georg Weise (1952).
tratta probabilmente di un errore. perché OAloe (1883. p.117) navata è stata decorata con stucchi e pitture, principalmente in cui l'autore tenta di fare risalire la maggior parte delle chiese
afferma che la chiesa era stata aperta in quell'anno. cosa di B. Benaschi (tl 688). al quale si deve anche la decorazione discusse in questo capitolo a modelli tardogotici spagnoli.
che è molto più plausibile. dato che O'Aloe riporta anche che pittorica del catino dell'abside. Il presbiterio potrebbe essere l a sua lesi è slola confutata da Zander (1953). Pane (1971.
la vecchia chiesa era andata distrutta a causa di un terremoto stato ricostruito nello stesso momento. dato che l'arco voI. Il. p. 337. tav.195) riproduce la facciata di una chiesa
nel 1561 e che le monache si era no trasferite sul sito di ingresso ha dimensioni maggiori di ogni altra parte identifica ta nella didascalia come Santa Ca terina Spina Corona
dell'attuale chiesa nel 1562. Un documento del 1545 dimostra della chiesa e invade la cornice che sostiene il soffitto ligneo. e aggiunge che l'interno ha raffinate paraste corinzie risalenti
che Mormanno stava già lavorando per il convento in al rinascimento. ln realtà la chiesa raffigura ta è San Pietro in
quell'anno. probabilmente nel vecchio sito (cfr. Filangieri di 96 Cfr. Celano 1692. voL lI. p. 718.
Vinculis. come si può vedere dall'iscrizione sulla facciata visibile
Satriano 1883-91. voI. VI. p. 8). Mormanno era stato impiegato 97 C'è motivo di credere elle la decorazione abbia avuto inizio nella riproduzione, e il suo interno - di difficile accesso - risale
anche dal convento di Donnaregina, ma non sono noti dettagli dalle cappelle all'estremi tà occidentale e fosse poi continuata alla metj del XVii i secolo. L'ln terno di Santa Caterina Spina
circa questo lavoro (cfr. Strazzullo 1969. p. 228) t anche proseguendo verso est. Le prime due cappelle hanno sul Corona ha paraste corinzie. ma sono di stucco e risalgono
documentato che nel 1544-45 stava costruendo un palazzo basamento delle semicolonne stemmi di un tipo che è ancora ai restauri del tardo XIX secolo. t forse utile segnalare anche
per Cosimo Pinelli a piazza Pignatelli (cfr. Filangieri di Sa triano quattrocentesco, mentre quelle delle successive quattro che la chiesa cui Pane (1971) fa riferimento a p. 338 non
1883-91. voI. VI. pp. 237. 513). Non è chiaro se fosse lui o suo cappelle su entrambi i lati sono molto più moderni. Gli stemmi è Santa Maria dell'Anima - O Santa Maria dei Teceschi-
suocero l'architetto che nel 1514 lavorava nel palazzo di Malleo sull'ultima cappella a destra includono motivi a nastro abbattuta nel XIX secolo. ma Sant'Onofrio dei Vecchi e che
Acquaviva. duca di Atri. presso Porta Oonnorso (cfr. Filangieri caratteristici della scuola di Fontainebleau e sulla tomba la casa religiosa di fronte alla vecchia porta di San Gaudioso
di Satriano 1883 -91. voI. V. p. 231). di un membro delia famiglia Oe Riso. fondatore della cappella. (ivi. p. 59) è Santa Maria Regina Coeli e non il Oivino Amore.
85 Cfr. Celano 1692. voI. III. pp. 614. 713. si legge che è morto nel 1590. La cappella, fra l'altro. non
ha la stessa cupo la quattrocentesca delle altre. Non è ancora IO! Cfr. Chiarini (1856-60. voI. III. p. 203) registra l'iscrizione
86 Cfr. D'Engenio 1623. p. 322. stato avanzato alcun nome soddisfacente per l'architetto che fornisce questa data.
87 Cfr. Faraglia 1878. della chiesa. 102 Ivi. p. 870.
88 Galante (1872. p. 225) afferma specificamente che 98 Per l'Annunziata. cfr. Celano 1692. voI. III. p.843. Per San 103 Cfr. Strazzullo 1967. pp. 27 sgg.
la facciata non è di Mormanno. cosa che appare congruente Giacomo. cfr. Celano 1692. voI. IV. p. 378: Sarnelli 1685. p. 297: 104 Cfr. Strazzullo 1969. p. 92 e Oi Giacomo 1892. p. 97.
con le evidenze stilistiche che suggerirebbero una datazione 80rre1l11903. La chiesa è stata molto danneggiata quando gli
alla seconda metj del XVI secolo. Ho trovato indicazioni edifici fra j quali era inglobata sono stati trasforma ti in sede 105 Quest'ultimo in realtà deve risali re a parecchio avanti
dell'esistenza di una monogra fia sulla chiesa (cfr. Molinara del Municipio nel XIXsecolo: sono andate allora perdute le nel secolo. ma è ancora nello stile del primo Cinquecento.
1928), ma non sono riuscito a visionarne una copia. cappelle sulla testata sinistra del transetto e la facciata. 106 Per una discussione esaustiva di questi portali.
89 Delle opere del XVii i secolo sopravvivono soltanto l'altare La faccia ta originale si può intravedere in un disegno del 1673 cfr. Maresca di Serracapriola 1900-01.
maggiore. gli affreschi delia cupola sopra il presbiterio e le di Lieven Cruyl (riprodotto in Storia di Napoli. 1967-78. voI. VI. 107 Cfr. Bernich 1904. p. I29.
pitture fra le finestre della navata, La chiesa è riprodotta nello tomo 2. p. 967). Milizia (1785. voL I. p. 246) attribuisce San
Giacomo a Juan Bautista de Toledo. ma ciò non sembra essere 108 Cfr. O'Addosio 1912·2l,XXXIX. p. 555 e XLIII. p.159.
stato dopo il restauro in Pane 1971. voi Il. p. 320. fig. 210.
corretto. 109 Cfr. Strazzullo 1969. p. 306.
90 Eventuali restauri polrebbero forse rivelare numerose
chiese di questo ti po, nascoste dagli stucchi barocchi. 99 Numerose chiese napoletane del XVI secolo hanno UO Cfr. Ceci 1900-01. X. p.l02.
probabilmente subito la medesima sorte. Èdocumentato. ad UJ Un pagamento a Leonardo Turbolo per quesii stalli
91 Cfr. Filangieri di Satriano 1883-91. voI. V. p.169. esempio. che la piccola chiesa dei Santi Crispino e Crispiniano. è documentato nel 1588 (cfr. D'Addosio 1912-21. XLIII.
92 Filangieri di Satriano (1883-91. 111. p. 35) pubblica costruita nel 1533. è stata stuccata nel 1686 (cfr. O'Engenio p. 152).
questo documento. che è un contratto datato 1519 per la 1623. p. 417: O'Aloe 1883. p.147: Celano 1692. voI. III, p. 897:
fornitura del piperno da usare nei pilastri e negli archi della 112 Cfr. Mosca 1908: Piscicelii Taeggi 1901. p. 77: Tesorone
Chiarini 1856-60. voI. III. p. 894) e che la chiesa di Santa Maria
tri buna. Il nome di Balsimelli non è più menzionato nei pochi Regina Coeli. inizialmente costruita in piperno. è stata 1901. pp. 115 sgg.Tesorone elenca altre cappelle che
documenti superstiti. La chiesa è stata terminata nel 1548. successivamente stuccata e alla fine rivestita di marmo nel contengono mattonelle e ne illustra un buon numero.
quando è stata messa in opera la finestra circol are della tardo XViii secolo (cfr. Celano 1792. vol. II. p. 44). La chiesa U3 Sono già stati citati numerosi esempi di opere realizzate
facciata (cfr. Ceci 1900-01. IX. p. 70). Celano (1692. voLlI. dei Santi Crispino e Crispiniano è interessante anche perché a Napoli nei modi del primo Cinquecento a una data molto
p. 446) afferma che la prima pietra era stata posta nel 1523. rappresenta uno dei primi esempi di impianto a navata unica avanzata. quando cioè in Italia centrale e settentrionale
ma Chiarini (1856-60. vol. II. p. 450) nelle sue note è molto longi tudinale con una cupola su) pre sbiterio, più tardi molto essi erano ormai sorpassati, a questi va però aggiunta
più cauto. e scrive solamente "circa l'anno 1523". Celano usato nelle chiese napol etane. ancora la fontana fuori Castel Capuanc. datata 1583.
nomina Antonio Fiorentino della Cava come architetto,

49
93
capitolo III
Cosimo Fanzago
1591-1678

Cosimo Fanzago, nato nel 1591 a Clusone, vicino Bergamo', giunge lavori entro i temp i pattuiti e, quando finalmente li consegnava, era
a Napoli co n la mad re nel 1608, forse a seguito della mort e del pa- frequente che l'esecuzione non corr ispond esse ai term in i stabi liti
dre , citato in un docum en to come "oppe llaro", probab ilmente per da l contratto. Capitava anche che mettesse i suoi client i uno con-
"orpell aro ", vale a dire doratore, La fa miglia va ntava numerosi fondi- tro l'alt ro, per esempio utilizzando per una ca ppella in San Lorenzo
tori di bronzo e costruttori di orologi astronom ici . A Napoli , Cos imo le sc ultu re appronta t e per San Martino, o prend endo marm i che
si sta bili sce presso uno zio, Pompeo Fanzago, esattore dell e impo- appartenevano a San Martino pe r metterli in ope ra nella decora-
ste, e si trasferisce poi. intorno al 1612, in casa dello scultore Gero- zione della Trin ità del le Mon ach e, e via dicen do. Si riscon trano la -
ni mo D'Auri a, figlio di Giovann i Domenico D'Auria , il più importante mentele di questo tenore per quasi tutte le comm issioni di cui sus-
scultore napoletano del t ardo Ci nquecento'. Nello st esso anno entra siste ancora la docu mentazione. Per mol to tempo il suo t alento e
in soci età con lo scultore e ma rm oraro fiorentino Angelo Land i, co l la sua grande rep utazione gli vengono in soccorso, all a fine, però,
quale co llabora fino all a di lui mort e, avvenuta probab ilmente nel la paz ienza dei su oi client i si esau ri sce, le com miss ioni diminui-
1620, e di cui sposa la figli a] scono prog res sivamente ed egli m uore abband ona to e in uno
A parte un lu ngo soggio rn o a Roma, intorn o al 1650, e brev i vi- stato di se mi povertà.
sit e a Montecassino e Venezia, Fa nzago rimane a Napoli per tu tt a Nella dichiarazione resa al tempo del suo matrimon io, Fa nzago si
la du rata della sua carriera e vi muore nel 1678. Acquista gran de definisce scultore di marmo e le sue prime opere documentate sono
reputazione sia come scu ltore e decoratore che come architetto, e infatti di questo genere: due stem mi per il pa lazzo degli Stud i (1615,
ri ceve nu merosi incarichi da part e di ch iese, monasteri e co mmit- eseguiti in coll aborazione con Bartolomeo Argent i)' : lavori per il mo-
tenti privat i: il suo modo di lavorare, però, è così singol are che fini- num ento fu nebre di Mario Ca rafa nel la chi esa dell 'Annunzia ta
sce col metterlo in difficoltà sempre maggiori. che culminano in un (1615)'; rivestimenti in marmo nel coro della cattedrale (1615-18, con
procedi mento giudizi ario intentato contro di lui dai mona ci di San Landi); un lavam ano per la sagrestia di Santa Maria del Ri fug io
Ma rti no. Qu esto processo incupisce gli ultimi anni dell a sua vita e (1616)3; un epitaffio di marmo per il cardinale Acquaviva nella cap-
proseg ue a ca ri co deg li ered i per molti anni dopo la sua morte". pel la del Monte di Pietà (1617-18)' : una statu a per la cappel la Bor -
Dai documenti relativi all a sua attività a San Mart in o, emerge chia- rello nel Gesù Nuovo (1618)'°; l' al tare magg iore e la cappell a dell a fa-
ramente che Fa nzago era un perso naggio d iffic ile e violento: nel migl ia Gent ile nel la cattedrale d i Bar letta (1619-21, co n Landi) " ; e
1628 aveva aggred ito uno dei suo i m uratori. Nicola Botti, e due una custod ia per Sant a Patrizia (1619-20)" .
anni più tardi , seco ndo una cronaca, sarebbe arr ivato ad assassi- La maggior parte di quest e opere è andata perduta, ma anche la
narlo' . Nonosta nte ciò , i monaci avevano contin uato a servirsene, so la testimonian za del la loro es iste nza è important e, pe rc hé co n-
fino a che, pe rò, le sue ne gl igenze di architetto avevano oltrepas- sente di stabilire che Fanzago, di fatto, ini zia la su a ca rriera esc lu si-
sato i lim iti della loro sopportaz ione ed erano stati costrett i a pren- vamente da sc ultore e che ben di fficilmente può essere stat o coi n-
dere provved imenti con t ro di lui. Non è faci le leggere fra le righe volto in progetti di archit ettura prima degli anni trenta". Inoltre,I'as -
dei documenti e capire esattamen te cosa sia accaduto, sembra sociazione con Lan di e Geronimo D'Auria sugge ri sce una sua fo rma -
però che Fanzago fosse cost antemente in ritardo nel consegna re i zione nel solco dell a tradizione scul torea consolidatasi a Napo li nel

93 Napoli, certosa di San Martino,


83 portali del chiostro (ante 1631) ,

--
tardo Cinquecento a opera di artisti fiorentini, o che operavano alla
maniera fiorentina.
Nel 1623 riceve il primo incarico importante, il completamento e
la decorazione del chiostro grande di San Martino (fig. 121), già ini-
ziato da Dosio e proseguito da Conforto. Questo primo contatto gli
permette di ottenere ulteriori incarichi per la certosa , in particolare
all'interno della chiesa, e contribuisce a consolidare la sua posizione
come artista di primo piano sulla scena napoletana.
Per il resto degli anni venti e per la maggior parte dei successivi
anni trenta del Seicento, le opere che possono essergli attribuite con
certezza rientrano quasi tutte nel campo della scultura decorativa:
due figure di angeli e dettagli decorativi per la chiesa della Santis-
sima Trinità delle Monache (1625-28)" : un altare in Santa Chiara
(1626)15; l'a ltare maggiore della chiesa di San Nicola al Lido di Vene-
zia (1628-29: fig . 136)" : l'apparato per una festa a piazza Nilo
(1630) " : la fontana del Sebeto (1635)18: l'altare maggiore dei Santi
Severino e Sossio (1635-41: fig. 142)19: la cappe lla di Santa Teresa
nella chiesa di Santa Teresa degli Studi (1637)"': la cappella di Sant'I-
gnazio nel Gesù Nuovo (1637-50)'1: e la cappella di Sant'Antonio in
San Lorenzo Maggiore (1638-49)"'.
Durante gli anni quaranta e cinquanta del secolo, pur conti-
nuando a operare come scultore e decoratore, Fanzago intraprende
anche la costruzione di un certo numero di chiese che gli va le, in ter-
mini generali, la fama di architetto. È comunque piuttosto difficile va-
lutare la sua effettiva abilità in questo campo, in quanto quasi nes -
suna chiesa, così come la vediamo oggi, è interamente di sua mano.
Spesso l'edificio è stato in iziato da un altro architetto, e non è facile
discernere quanto sia dovuto a Fanzago: talvolta la chiesa è rimasta
incompiuta alla sua morte, e non è sicuro che sia stata portata a ter-
mine in base ai suoi progetti: in altri casi ancora, l'edificio è stato ri-
maneggiato, o ha avuto una nuova decorazione in epoca molto più
tarda. Ogni tentativo di decifrare uno sviluppo stilistico interno al
suo operato è ostacolato, inoltre, dalla grande incertezza circa la da -
tazione della maggior parte degli edifici.
Se si dà credito alla testimonianza degli scrittori più antichi, Fan-
zago avrebbe progettato una chiesa, Santa Maria delle Anime del
Purgatorio, già nel 1620": le prove, però , non sono conclusive e,
qua lora il progetto fosse realmente suo, si tratterebbe di un caso
del tutto isolato. In pianta, la chiesa segue uno schema a quel
tempo ben consolidato a Napoli. con una navata unica, cappe lle la-
terali poco profonde e presbiterio cupolato. Unici elementi di rilievo
sono le sculture della facciata (fig. 96) e l'apparato decorativo del-
l'interno (fig. 95).
Immediatamente successiva in ordine cronologico potrebbe es-
sere la chiesa di San Giuseppe dei Vecchi, iniziata nel 1634 e dalle vi-
cende costruttive lunghe e complicate. Celano ricorda la fondazione
di una più piccola ch iesa nel 1617 e afferma che, a una data succes-
siva e non speCificata, l'arti sta aveva dato avvio alla costruzione
della chiesa oggi esistente" . Stando ai documenti recentemente
pubblicati da Gaetana Cantone, la chiesa risulta iniziata nel 1634 ed
effettivamente su progetto di Fanzago", anche se poi i I procedere
dei lavori è stato lento. Da una perizia del 1657 si desume che, a tale
data, erano stati realizzati solta nto il muro di ingresso e le parti con-
tigue della navata'" Celano nel 1692 scrive che so lo un terzo dell a
chiesa era stato costruito, probabilmente la navata , e da una perizia
redatta nel 1722 si ricava che gran parte del rimanente della chiesa è
94 Cosimo Fanzago, autoritratto
(Napoli, Museo Nazionale
di San Martino, già alla base
della guglia di San Gennaro),
9596 Napoli, chiesa delle Anime
del Purgatorio ad Arco,lnterno
84 e particotare della tacclata.
97
stato costruito fra il 1717 e il 1722 da Mau ro Manni" . Si potrebbe sup-
porre che Manni, sempl ice capomastro, abbia seguito il progetto di
Fanzago, cosa però non del t utto probabile dopo un intervallo di ses-
sa nt'anni; inoltre, lo stile del presbiterio e del transetto esistenti sug-
gerisce l'intervento di un architetto di epoca success iva . Il problema
è ulteriormente complicato dalla testimonianza di Chiarini; al tempo
in cui questi scrive (1856-60), infatti, si stavano r icost ruendo la cu-
pola e i suoi pi loni di sostegno poiché la chi esa era pericolante. Seb-
bene l'interno sia ancora oggi imponente, il suo valore di documento
per l'arch itettura di Fanzago è quasi nullo.
Secondo Celano - che l'attribuisce a Fanzago - Santa Maria degli
Angeli alle Croci è stata iniziata nel 1639 (figg. 97, 98)" . Ha una lunga
navata con cappelle latera li poste dietro archi bassi e piuttosto mas-
sicci. Sia il transetto che il poco profondo presbiterio sono a te rmi -
nazione piatta e l'intera chi esa ha un soffitto piano. AI di sopra del -
l' ingresso si trova una galleria schermata da una serliana dalle pro-
po rzion i insol ite poi ché le apertu re latera li so no eccezionalmente
ampie. L'interno non sembra ave r subito sostanziali modifiche dopo
il XV II seco lo.
San Giorgio Maggiore dovrebbe risa lire al 1640 : era però ancora
incom pleta al mom ento dell'edizione del 1792 di Celano, seb ben e
l'altare maggiore fo sse stato messo in opera già nel 1786'9 L'ape r-
tura di via Du omo, all a metà dell'Ottoce nto, ne ha tagliato via le tre
cappelle a destra della navat a e parte della facc iata. La chiesa sorge
sul sito di una preesistente basilica paleocristiana di cui Fanzago in-
corpora le colonne dell 'a bside primitiva - già a loro vol ta di re im -
piego da un tempio paga no - nell 'ingresso della chiesa odierna; nel-
l'abside nuova. inoltre. riecheggia le anti che colonne tramite due co-
lonne libere che si stagliano contro l'oscurit à del retrocoro. La suc-
cessione di tre basse cupole a copertura della navata fa di questa
chiesa un edificio sin go lare: è improbabile. tuttavia. che una simile
soluzione possa risa lire al progetto di Fanzago.
98
San Giuseppe a Pontecorvo può essere datata con esattezza gra-
zie a un disegno all egato al contratto del 1643 (fig. 113) e all'iscri-
zione sopra il portale atte stante il completamento dei lavori nel
16603°. L'impianto è costituito da un rettangolo coperto da volta a
padiglione al qu ale sono aggiunti . sull 'asse trasversal e. i bracci di
uno schiacciato transetto a terminazi one piatta e. su quello longitu -
dina le. un profondo coro e una campat a di ingresso con angoli arro-
tondat i'l L'effetto dell'interno è stato distrutto dalla decorazione ot-
tocentesca.
Celano r iferisce che Santa Teresa a Chiaia è stata costruita da
Fanzago fra il 1650 e il 1662 (figg. 99,100,101)32. In pianta, la chiesa
è una croce greca con quattro cappelle inserite fra i bracc i e una cu-
pol a molto alta. Le ca ppelle ai lat i dell'ingresso - un a del le quali
ospita il battistero - sono più piccole di quelle vicine all'a ltare, che
sono cappelle pri vate. Queste ultime sono coll egate al corpo princi-
pale della chiesa da strette aperture rettango lari che arrivano sino
all'altezza della trabeazio ne, una co nfigurazione che difficilmente
può essere stata progettata da Fanzago. La chiesa è stata completa-
mente ridecorata nel XIX secolo.
Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta è stata fondata nel 1653
e interam ente cost ruita seguendo i progetti di Fanzago (figg . 103.
104)33. Purtroppo è stata m olto danneggiata dai bom bardamenti e
non si sa se sarà mai resta urat a. Anche nelle sue deplorevo li condi -
zioni attuali. tuttavia. tra smett e un'impress ione di g randiosità

9798 Napoli, Santa Maria degli


85 Angeli alle Croci. navata e pianta.
Il

99100 101 Napoli. Santa Teresa


a Chiaia. facciata (1650·62). pianta
e facciata prima delle modifiche
settecentesche (da Petrini 1718).
86
i04

102103104 Napoli. Santa Maria


Maggiore alla Pietrasanta (dal 1653),
87 interno. facciata e assonometria.
maggiore di quella riscontra bile in qualsiasi altra chiesa di Fanzago.
La pianta è una croce greca inscritta in un rettangolo, con la navata
e il presbiterio leggermente più lunghi del transetto. La più singo-
lare peculiarità dell ' interno è rappresentata dall'eccezionale al -
tezza, che ricorda le proporzioni del San Sebastiano di Fra Nuvolo.
Gli archi della crociera sono anch'essi alti e stretti e il loro effetto è
accresciuto dalla cupola, in cui sia il tamburo che la vera e propria
calotta sono straordinariamente slanciati. L'intenzione di Fanzago
doveva essere quella di elevare la cupola ben al di sopra delle co-
struzioni adiacenti, tanto che, persino nel suo stato attuale, monca
e priva di lanterna, gode ancora di una posizione dominante sugli
edifici circostanti.
Le testimonianze su Santa Maria dei Monti e l'Ascensione a
Chiaia sono meno puntuali. La prima è stata costruit a per una co-
munità religiosa fondata nel 1607, l'altra a seguito di una miracolosa
apparizione del 1617", ma in nessuno dei due casi vi è modo di sa-
pere quando sia stato effettivamente eretto l'edificio. Con buona
probabil it à l'Ascensione (figg. 105,106) era già terminata nel 1657,
quando Luca Giordano vi dipinge due pale d 'altare". Ambedue le
chiese hanno un impianto a croce greca: Santa Maria dei Monti è in-
scritta in un quadrato da cui sporge leggermente l'abside poligonale
introdotta da un arco depresso, mentre l'Ascensione si estende con
un prolungamento per il coro dei monaci. Santa Maria dei Monti è
estremamente semplice, mentre l'Ascensione ha paraste di un ricco
ordine corinzio e proporzioni molto slancia te, come Santa Maria
I~'-----------------------------------'
Maggiore e Santa Teresa a Chiaia.
Se lasciamo da parte Santa Maria Egiziaca a Pizzolalcone - che a
mio giudizio non è costruita su disegno di Fanzago - rimangono al-
tre due chiese associabili al suo nome e per le quali , però, è difficile
determinare le sue responsabilità" : San Domenico Soriano e San Ni-
co la alla Carità . Il coro e il transetto di San Domenico Soriano de-
vono essere stati terminati per la maggior parte entro il 1649, poiché
in qu ell'anno Bernardino Landini è pagato per lavori nella cappella
Coscia, a destra dell'altare maggiore", tuttavia , secondo l'edizione di
Celano del 1792, i lavori sarebbero proseguiti fino al 1698" . Secondo
Chiarin i, la navata è stata progettata da Giovanni Mozzetti. il quale,
insieme a Matteo Pelliccia. è anche responsabile dell'altare mag-
giore; l'autore aggiunge però. enigmaticamente. che "a dire il vero ...
tutta l'architettura del tempio" deve essere ritenuta opera di Fan-
zago" . L'interno è stato completamente ridecorato nel XIX secolo.
quando le volte delle navate laterali sono state ricostruite perpendi-
colari all'asse principale della chiesa e in prosecuzione di quelle delle
cappelle lateral i, con la conseguenza che, oggi, risulta illogica la di -
sposizione delle paraste"'.
San Nicola della Carità è una chiesa a croce latina con navate la-
terali e cappell e dalle arcate basse e grevi. Era stata iniziata da Ono-
trio Ghisolfi (t 1656). tuttavia Celano scrive che è stata "in molte
cose terminata" da Fanzago e Chiarini sostiene che il progetto di
Ghisolfi è stato "corretto" dal più giovane architetto. Ancora un a
volta , tuttavia, è difficile determinare il contributo di Fanzago alla co-
struzione" .
Se, dall 'esame di questi manufatti - e sempre tenendo conto del -
l'imprecisione delle fonti - si può trarre qualche conclusione, questa
è che Fanzago è un artista con poco senso per i valori strettamente
architettonici. Con la sola possibile eccezione di Santa Maria Mag-
giore, le piante delle sue chiese so no prive di originalità . il tratta -

105106 Napoli, Ascensione a Chiaia,


88 Intemo, sezione e pianta.
mento degl i spazi è convenzionale e l'articolazione architettonica
sommaria, Fanzago si dimostra insensi bi le alle sperimentazioni dei
suo i grandi contempora nei roman i e non sembra aver appreso al-
cunché neanche da Grimaldi e dal suo magistrale trattamento degli
spazi all'interno di formule tradizionali. AI massimo, è poss ibile so-
stenere che Fanzago fa mostra di una certa autonomia di pensiero
nella predilezione per la croce greca, un impianto ormai del tutto
fuori moda nella Roma del tempo, come del resto in qualsiasi altra
parte d'Italia. Nell'adottare questo tipo di impianto, egli si ispira
senza dubbio agli esempi che ha a disposizione a Napoli, il Gesù
Nuovo di Va leria no, la Santissima Trinità delle Monache e la cappella
del Tesoro di Grimaldi.
Be nché non dimostri grande inventiva nel trattamento degli
spazi interni delle sue chiese , Fanzago è pe rò altamente origina le
nei progetti pe r le facciate. Anche quando usa il tradiz iona le
schema di facciata romana , lo ravviva con alcuni dei suoi motivi ti-
pici. come in Santa Maria Maggiore (fig. 103), dove posiziona la
porta, con un'insolita forma di timpano spezzato, all'interno di un
arco cieco inquadrato da gruppi di paraste con capitelli ionici piut-
tosto fantasiosi.
La facciata dell a chiesa delle Anime del Purgatorio ad Arco e
quella di San Francesco Saverio, adesso San Ferdinando - due tra
le ch iese più importanti di Fanzago - sono realizzate so ltanto per la
metà inferiore su suo progett o, mentre i li ve ll i superiori risalgono
al XVIII secolo, Quella delle Anime del Purgatorio segue uno schema
109
convenzionale e l'effetto d'insieme è dovuto soprattutto all'esube-
ranza dei dettagli decorativi (fig. 96)4'. Fanzago ha scelto come
punto di partenza il "tema" della chiesa - l'infelice stato delle anime
dopo la morte nel purgatorio - e questo è vividamente espresso nei
teschi alati fra i capitell i, che sembrano quasi panneggi ricadenti,
nell e croci di ossa collocate alla stessa altezza nel le campate più
esterne e nei teschi di bronzo ai lati della scalinata sottostante. Tut-
tavia , in un dettaglio della decorazione appare un raggio di spe-
ranza: tra le nicchie e il timpano che le sovrasta sono inseriti due te-
schi che volgono lo sguardo verso l'interno e fra di essi è una ghir-
landa di melograni, tradizionale simbolo di resurrezione e vita
eterna.
La facciata di San Ferdinando (fig. 108) è stata costruita da Fan-
zago probab ilmente intorno al 1660 43 , il registro super iore è stato
però completame nte ricostruito fra il 1738 e il 1759. Il suo aspetto
originario è ricordato da un'incisione di Petrini del 1718 e da un di -
pinto di Gaspar van Wittel risalente all' incirca allo stesso periodo
(fig. 42) . Al livello inferiore, nella composizione generale e nella
forma del portale, Fanzago segue il progetto lasciato da Conforto,
semplificandone però il disegno e riducendo le aperture a una sola
fila di nicchie, alle quali aggiunge le sue t ipiche decorazioni. Nel
piano superiore agisce in completa autonom ia e, lasciando da
parte le forme romane di Conforto, ritorna alla tradizion e napole -
tana concludendo la facc iata con una linea orizzontale marcata da
una balaustra, che qui egli interrompe al centro con un piccolo
pa nn ello a rilievo.
La facciata di Santa Teresa a Chiaia (fig. 99) è stata gravemente
co mpromessa dai restaur i successivi , come risulta evidente dal
confronto con le incisioni d i primo Settecento di Petrini (fig. 101)" .
Originariamente la campata centrale aveva un timpano curvo inter-
rotto sopra la finestra e vo lute di una forma più comp lessa , ma in

107 Napoli, Santissima Trinità


delle Monache, scalinata e portale.
108 Napoli, San Ferdinando,
già San Francesco Saverio, facciata.
109 Napoli, Santissima Trinità
89 delle Monache, pianta.
seguito questi elementi sono stati sostituiti dall'attuale coro na - 110

mento che , sorprendentemente, deriva da Fran çois Mansart. Le


modifiche più disastrose , comunque, sono quelle alla scalinata, ri-
cost ruita nell'Ottocento quando la piazza antistante la chiesa è
stata sop pressa per fare spazio a via dei Mille. L'incisione mostra
che , in origine, vi era una balaustra aperta , che le rampe inferiori
erano dritte e che il corrimano era ornato da curiosi motivi. Celano,
con una disapprovazione che stupisce in uno scrittore napoletano
del tardo Seicento, la definisce una "bizzarra chiesa " preceduta da
una "bizza rra scala"" .
Altra facciata di Fanzago concepita in stretta relazione con la sca-
linata esterna è quella della Trinità delle Monache (figg. 107, 109)"'.
All 'inizio dell'Ottocento il convento, uno dei più ricchi di Napoli, è
stato trasformato in ospedale militare e, appena prima della fine del
secolo, è crollata la cupola dell a chiesa; sono rimast i comunque in-
tegri il vest ibolo, la facciata e le sca le. La facciata stessa , probabil-
mente incompleta, ha una strana composizione ed è formata da una
sola campata co n una porta inquadrata da paraste doriche e un alto
attico con una finestra al suo interno. Il porta le è una variazione di
quello di Santa Maria Maggiore, ma qui Fanzago ha spostato il tim-
pano curvo ancora più in alto, di modo che esso appare compresso
dentro l'arco che lo contiene. La caratteristica più anomala del por-
tale, però , è che esso si co nclude con un profilo poligonale invece
che curvo - un motivo mutuato dalla Porta Pia di Michelangelo - e
dagli angoli enfatizzati da bugne sporgenti, simili a "grappe " infisse
nel muro alle quali il portale sembra quasi appeso. Sopra di esso è
collocata una targa sorre tta da guttae che si sovrappone alle sue
modanature e che presenta al centro uno strano motivo formato da
un triglifo su una mensola triangolare" .
La scala è più semplice, nell'impianto, di quella di Santa Teresa a
Chiaia, ma è fantasiosa nei dettagli. I balaustri nel settore superiore
sono uniti da una so rta di arco bilobato, mentre nella parte inferiore
spariscono e il corrimano è sostenuto da due archetti bilobati impo-
stati su una sorta di vo luta . La sca linata termina in due figure di
schiavi che fungono da contrafforti e che appaiono visibilmente affa-
ticati dal lo sforzo, come gli Atlanti di Pietro da Cortona sul soffitto
di palazzo 8arberini 48 .
Le altre facciate di Fanzago so no tutte basate sul tipo di portico
introdotto a Napoli nel tardo Cinquecento da Cavagna e da altri e di
cui egli si serve in maniera veramente originale. Nell'Ascensione a
Chiaia è stato costruito soltanto il piano inferiore con il portico vero
e proprio e non vi è alcunché di notevole, a parte le finestre con t este
alate di cherubini nel timpano, motivo che Fanzago usa anche a
Santa Maria delle Anime del Purgatorio e destinato a divenire un ele-
mento ricorrente nei suoi progetti. Le altre chiese - Santa Maria de-
gli Angeli alle Croci. San Giuseppe a Pontecorvo e Santa Maria della
Sapienza - sorgono tutte in siti posti in pendio e l'architetto ha sa-
puto approfittare di questa condizione per sperimentare svariate
combinazioni di portico e sca le.
La facciata di Santa Maria degli Angeli all e Croci , così come si
presenta oggi. è incompleta (figg. 110, lll, 112). Il settore ce ntrale
ha un portico al piano inferiore e, al piano superiore, una ga lleria
aperta, verso l'interno, direttamente sul la navata . Questo settore
centrale aggetta da una struttura più ampia, di cui però è stata co-
st ruita so ltanto la metà si ni stra, che avrebbe dovuto contenere i
due ingressi principali del convento. Un'incisione di Petrini mostra

90
come, al di sopra delle ali laterali e del corpo centrale, fosse previsto
un ulteriore piano che, a quanto sembra, doveva essere formato da
una loggia aperta composta da serlia ne, come già nel portico e
nella galleria int erna effettivamente realizzati, Questa singolare so-
luzi one ricorda il tipo di belvedere che s'incontra talvolta nelle
ch iese sici liane" , La chiesa è preceduta da una scalinata rettili nea a
doppia rampa che conduce a una terrazza e, ai suoi lati, erano pre-
viste altre rampe simmetriche che salivano alle porte del convento.
L'atri o (figg. 98, 115), le cui aperture laterali sono oggi tamponate, è
formato da t re na va te divise da colonne doriche di granito. Le te-
state laterali del portico si aprono verso la terrazza in modo da con-
sentire l'accesso diretto alle porte del convento, Alcuni dettagli
della facc iata (fig. 112) discendono da Michelangelo tramite i suoi
epigoni fiorentini, il disegno generale è però dominato dalle nitide li-
nee rette dell'ordi ne gigante di parast e composite, dalla tra bea-
zione quasi ininterrotta, dalle ba laustre dritte della scala e del coro-
namento superiore. Fanzago si se rve in maniera brill ante del con-
trasto fra il pipern o scuro e l'i ntonaco bianco, anche se, contraria -
mente al la consueta prassi napole tana, è il bianco a predominare:
le paraste sono intonacate e il piperno è usato unicamente per le
sott ili cornici di fine st re e archi e per gli elementi di dettaglio, quali
ad esempio i capitelli.
La chi esa di San Giuseppe a Pontecorvo (figg. 113, 114, 116, 117),
come quella di Santa Maria degli Angeli al le Croci , è posta a un li-
ve llo molto più alto rispetto a quello della strada e, dunque, la sca -
linata era anche qui inevitabile. Fanzago avre bbe potuto far arre-
tra re il prospetto della chiesa e posizionare la scalinata di fronte a
essa, ma preferisce adottare una soluzione diversa, probabilmente
perch é la ch iesa , in castrata tra due alt i edifici e affacciata su una
strada angusta, sa rebbe risultata quasi completamente invisibile
se arretrata dal filo stradale. Egli crea, invece, uno spazioso atrio
dietro la faccia ta (fig . 116) e in esso colloca le rampe che , addos-
sate alle mura perimetral i, ascendono fino alla vera e propria porta
della chiesa ,
La facciata è stata mod ifica ta dopo l'epoca di Fanzago, Chiarin i
sosti ene che la decorazi one vo luta dall'architetto sop ravvive sol-
tanto nelle sue linee generali e che "gl' intonachi e gli stucchi han fal-
sificato la verità delle materie"so. Questo implica che, nel suo stato
originario, vi doveva essere molto più piperno a vista, come del resto
ci si aspetterebbe da Fanzago. È t uttavia difficile stabilire cosa sia
stato aggi unto, a meno di un'analisi approfondita dei materiali che
compongono le singole parti. Gli elementi che più chiaramente sem-
brano risa lire al Settecento sono le figure nei medaglioni sopra gli ar-
ch i laterali e i putti nei pennacchi dell 'a rco centrale, Se ce la figu-
riamo senza questi elementi e immaginiamo inoltre paraste, capitelli
e proba bi lmente anche qualche moda natura in piperno scuro, la fac-
ciata risulta assa i più congruente con l'opera di Fanzago quale cono-
sciamo dagli esemp i meglio conserva ti. Fo rse dovremmo eli minare
mentalmente anc he le fin estre superiori delle campate laterali. dato
che non vi so no altri casi in cui Fanzago interrompe la trabeazione in
questo modo.
Nell a m agg ior parte delle facci ate prese in esame finora si av-
verte un contrasto, anche se non propriamente un conflitto, tra la
fantasiosità dell a decorazione e la severità dell'architettura . Nella
facc iata di Santa Maria della Sapienza (figg, 118 , 119) gli elementi
classi ci dom inano del tutto e Fanzago realizza un progetto che non 110 111112 Napoli, Santa Maria degli
Angeli alle Croci, incisione della facciata
(da Petrini 1718), facciala e finestra.
113 Cosimo Fanzago, progetto
per San Giuseppe a Pontecorvo
(ASN, Mon, Sopp" val. 5672),
114 Napoli, San Giuseppe a Ponlecorvo
91 (1643-60), atrio,
115 Napoli, Santa Maria degli Angeli
alle Croci, atrio.
92
117 119

116117 Napoli, San Giuseppe 118 119 Napoli, Santa Maria


a Ponlecorvo (1643-60), facciala della Sapienza, facciala (1638·41)
93 e spaccalo assonometrico. e spaccato assonometrico.
ha paralleli nell'opera di altri architetti italiani del periodo. Il suo I
compito era di aggiungere una facciata e un atrio alla chiesa già
costruita da Grimaldi. Non si sa esattamente quando i lavori della
facciata siano iniziati. sono comunque documentati pagamenti
alle maestranze negli anni 1638-41 51 • In Santa Maria degli Angeli
alle Croci, Fanzago ha collocato le scale di fronte alla chiesa, ta-
gliandole completamente fuori dall'atrio. A San Giuseppe a Pon-
I
tecorvo ha spostato le scale all'interno dell'atrio, ma non ha defi-
nito con chiarezza la relazione tra lo spazio interno e quello
esterno: le tre aperture ad arco con statue, pur dando luce alJ'a-
trio, non lo legano veramente con il mondo esterno. Alla Sapienza
la fusione di scalinata e atrio è invece completa e la relazione fra
interno ed esterno è del tutto chiara. L'atrio è formato da uno spa-
zio rettangolare che racchiude le rampe principali. parallele alla
facciata e accessibili da rampe più brevi che fuoriescono perpen-
dicolari dal filo della fabbrica. Tre arcate identiche, affiancate dalle
due alte aperture rettangolari attraverso le quali passano le piÙ
basse rampe minori, pongono l'atrio in relazione col mondo
esterno. In prospetto, la facciata è costituita da una tripla arcata
impostata su colonne ioniche binate ed è racchiusa tra coppie di
paraste corinzie che inquadra no le rampe inferiori della scala. L'ar-
ticolazione della parete esprime esattamente quello che ha luogo
dietro la facciata: la tripla arcata corrisponde alle rampe centrali
e le coppie di paraste delimitano quelle laterali. Colonne e paraste
poggiano su un alto piedistallo che corrisponde all'altezza totale
121
della scal inata, di modo che archi e paraste, letti in alzato, sepa -
rano con chiarezza l'atrio dalle scalinate. Eccetto i tre archi e i me-
daglioni sopra le campate esterne, l' impaginato è completamente
rettilineo e l'ornato è ridotto al minimo, anche se Fanzago vi intro-
duce un nuovo elemento decorando i pennacchi degli archi e la fa-
scia soprastante con un motivo a intarsio di marmi bianchi e grigi.
Come in Santa Maria degli Angeli alle Croci, la facciata della Sa -
pienza sostiene un tetto piano riparato da una pergola in ferro bat-
tuto. Attualmente la terrazza superiore termina con il muro inarti-
colato che chiude la navata della chiesa , ma Celano" ricorda che la
facciata non è stata completata nella parte superiore, ed è proba -
bile che Fanzago avesse pensato di concluderla in una forma più
elaborata , forse con una loggia aperta".
La chiesa e il convento di San Gaudioso sono stati quasi comple-
tamente distrutti dal fuoco durante i moti del 1799, ma la parte più
importante dell'intervento fanzaghiano, la scala di accesso esterna
(figg. 120, 121), sopravvive ancora, sebbene, senza l'ambientazione
per la quale era stata progettata, il suo effetto risulti fortemente sm i-
nuito" . L'ingresso principale del convento era da vicolo San Gau-
dioso, di fronte a Regina Coeli. Il portale, che ancora sopravvive, era
inserito in un muro dietro il quale un piccolo spazio scoperto - diffi-
cilmente lo si potrebbe definire un cortile - si apriva a un livello con-
siderevolmente più basso di quello dei principali edifici conventuali.
Fanzago mette a punto una soluzione brillante per co llegare le due (
parti. Attorno allo spazio aperto costruisce una doppia sca la, quasi
esattamente uguale a quella di San Giuseppe a Pontecorvo, ma a
cielo aperto5S • Sul ripiano centrale, alla sommità della scala, innalza
un arco, totalmente iso lato, come punto focale di una balaustrata
che separa la scala da un cortile superiore che dava accesso agli ed i-
I
fici conventuali. Questo cortile, in cui senza dubbio erano alberi e
probabilmente anche una fontana , era leggermente più alto del ri-

94
piano dinanzi all'arco e Fanzago supera il disl ivello inserendo una
breve rampa di gradini semiovali. simil i a quell i dell'atrio di San Gre-
gorio Armeno, che riecheggi a poi in un 'altra rampa simile addossata
agli edifici conventuali.
Persino nelle sue condizioni attuali , sem inascosto dalla vegeta-
zione spontanea e con , sullo sfondo, i tetri fabbricati dell a cl inica
ospedal iera presso cui si trova , l'arco è ancora di grande impatto
visivo e doveva certo esserlo maggiormente quando fungeva da in-
gresso a uno dei conventi più ricchi di Napoli , L'arco è accurata -
mente studiato per la sua posizione isolata , Il suo profilo marcato,
con l'elemento centra le semicircolare, lo rende scenograficamente
suggestivo se visto dal basso, come sarebbe apparso ai visitatori
che ascendevano al convento e doveva essere ugualmente impres-
sionante vederlo dal cort ile superiore stagliarsi contro il muro della
clausura" , L'arco è impostato su colonne doriche libere alquanto
severe, ma l'aspetto comp lessivo doveva essere di grande traspa -
re nza , oggi immaginabile so ltanto provando a rimuovere mental-
mente il tamponamento in blocchetti di tufo che occlude metà del-
l'apertura e che è sta to aggiunto di recente per motivi statici. Il
portale è collegato alla balaustra da volute dalla forma stravagante
perfino per Fanzago e che aggiungono varieta al profilo d'insieme.
Con il suo impianto origina le. questo complesso di scale, arco e
cortile doveva essere una tra le più ga ie creazioni dell'architetto e,
in certa m isura, esso preannuncia il chiostro delle maioliche realiz-
zato da Vaccaro a Santa Chiara.
Fanzago raggiunge il li vell o più alto della sua creatività artistica
come decoratore, o più precisamente come scultore decorativo. Con
l'aiuto di un'abile squadra di artigiani egli porta l'arte del commesso
marmoreo a una raffinatezza e a una complessità fino ad allora sco-
nosciute e che anche in seguito saranno difficilmente eguagliate, ec-
cetto che in Sicilia. La più ampia gamma di sue invenzioni in questo
campo è ancora oggi visi bile nella certosa di San Martino" .
I lavori nella certosa erano stati avviati da Dosio, che aveva pro-
gettato il grande chiostro, sovrainteso alla costruzione della sagre-
stia e degli altri ambienti annessi alla chiesa e avviato la trasforma -
zione della chiesa gotica in un edificio adeguato al gusto moderno.
Dopo la morte di Dosio, avvenuta probabilmente intorno al 1609, la
responsa bilità del cantiere è affidata a Conforto e questi mantiene la
carica per svariati anni anche dopo l'assunzione di Fanzago nel 1623.
Il primo incarico di Fanzago consiste nel completamento della
costruzione e della decorazione del chiostro grande (fig. 121). Dai
documenti ri sulta chiaro che la struttura del chiostro e la forma
delle arcate erano già stabilite prima dell'entrata in scena di Fan-
zago: la deco raz ione, invece, è certamente di sua invenzione, come
attestato da una perizia del 1631 che lo menziona come artefice. Gli
elementi che la compongono sono relativamente sempl ici : marmo
bianco di Carrara per le mensole, con sott ili lingue di marmo che
fungono da conci di chiave per gli archi. e per le lesene strigilate po-
ste in asse con le co lonn e: marmo grigio per il fregio e le decora-
zioni al di sopra dei capitelli e delle mensole. Nel contratto del 1623
Fan zago si impegna a completare l'opera entro tre ann i e, nono-
stante i lavori non siano ancora ultimati nel 1631, non vi è dubbio
che il progetto sia da far risalire all o stesso 1623. È dunque lecito
assumere l'intervento per il chiostro maggiore della certosa di San
Martino come t estimonianza esemplare della prima maniera di
Fanzago nella decorazione in marmo.

120121 Napoli, San Gaudioso,


scala e portale (da D'Ambra 1889-93,
tav. ex Il) e pianta della scala.
122 Napoli, certosa di San Martino,
95 chiostro (1591-1631).
Nel 1631 le sette porte agli angoli del chiostro erano ormai com-
pletate, anch e se i busti nelle nicchie sono stati eseguiti soltanto
negli ann i quaranta (fig. 93). Qui le forme sono molto complesse .
Le mensole triangolari. che interrompono gli pseudotimpani sopra
le porte e sostengono i busti, appaiono strizzate fra le volute e la
stessa soluzione è replicata al di sopra delle nicchie, ma con le vo-
lute inverse. Gli archi che sostengono la volta poggiano su mensole
collegate agli stipiti della porta da drappi in marmo da cui pendono
fiori, foglie e frutti. AI di sopra della porta l'architrave esplode,
quasi assumesse una sua vita propria. e proietta verso l'a lto un ric-
ciolo di marmo e verso il basso due volute c he, come nella porta
della Trinità delle Monache, sembrano agire come grappe sopra la
stessa porta. L'insieme è così simile a una maschera grottesca -
spire al posto degli occhi, un ricciolo d i marmo per il naso, volute
per le labbra, lobi scavati per le guance - che diffic ilmente l'allu-
sione può essere cas uale.
Lo stile di queste porte ha origini fiorentine. Deriva dalle soluzioni
decorative di Buontalenti e della sua scuola presenti in molti pa lazzi
e chiese di Firenze, scolpite in m armo o pietra serena. La decora -
zione fiorentina non soltanto usa le form e curve e ritorte impiegate
da Fanzago in quasi tutte le opere di decorazione, ma anche gli ele-
menti quasi antropomorfici che appaiono sopra le porte del chio-
stro. Già prima del 1620 questo gusto era stato introd otto a Napoli
da artisti fiorentini , come Michelangelo Naccherino, che sul volgere
del seco lo ne avevano diffuso la moda applicandolo su monumenti
funerari, fontane e altri elementi decorativi58 .
La balaustra del cimitero dei monaci nel chiostro (fig. 124) è de -
scritta dettagliatamente nella relazione del 1631 e doveva essere so -
stanzialmente comp leta a questa data" . Realizzata in m armo
bianco e grigio. è composta dall'alternanza di balaust ri a forma di
urne e di elementi la cui parte inferiore è a forma di lira e quella su-
periore ha le volute di un capitello ionico. I pilastrini angolari sono
traforati e decorati, come le porte agli angoli del ch iostro, con nastri
e foglie, ma qui i drappi si allacciano attraverso i trafori del marmo. In
cima ai pi lastrini si trovano teschi , di cui uno coronato d'alloro'".
Nei lavori dell'esterno di San Martino, Fa nzago si limita all'uso di
marmo bianco e grigio, ma al l'interno della chiesa (figg.123, 125) di -
spiega l'intera gamma dei marmi colorati e dei diaspri siciliani in
un'ampia varietà di motivi a intarsio. L' interno di San Martino è uno
dei pochi casi in cui a una struttura gotica sia stata data una veste
barocca soddisfacente. Non sappiamo esattamente in che misura
Fanzago abbia trasformato l'edificio originario po iché non r iman-
gono disegni , sostanzialmente, però, egli deve aver mantenuto la
struttura della vecch ia navata, perché la volta attuale è ancora per-
corsa dalle nervature gotiche originali. La decisione di preservare la
volta antica risa le certamente al tempo di Dosio, che era stato il re-
sponsabile della decorazione di quella del coro, poi con tinuata da
Giuseppe Cesari. Cava lier d'Arpino, negli anni 1589-91. Pi ù tardi i cer-
tosini si sarebbero lamentati con Fanzago - ingiustamente, dato che
la colpa era di Dosio - pe r il fatto che egli aveva dato loro "la lamia
(tetto) antica et li pilastri moderni" [cfr. De Cunzo 1967, p.107, N.d.R.]
e bisogna ammettere che, in effetti. si tratta di un nodo irrisolto del
progetto. Tuttavia è notevole il fatto che le proporzioni della navata-
che certamente doveva essere eccezionalmente ampia per una
chiesa trecentesca - sembrano quasi essere state pensate sin dal-
l'origine per accogl iere la decorazione barocca: non vi è traccia del

123 Napoli, San Martino. presbiterio.


96
124 Napoli. certosa di San Martino.
particolare della balauslra
97 del cimilero dei monaci (ante 1631).
125 Napoli. San Martino. navata.
98
co nfli tto, cosi comune nelle chiese gotiche rivestite da decorazioni
barocche, fra le proporzioni svelte e slanciate della struttura e gli
opu lenti apparati decorativi nati per spazi più ampi.
A parte le rosette in marmo grigio scuro dei pilastri scolpite con
grande plasticità , l'intaglio tridimensionale gioca un ruolo seconda-
rio nella decorazione dell'interno della chiesa, il cui aspetto dipende
126
essenzialmente da motivi policromi bidimensionali. La chiesa è il più
ri usci to ese mpio della formula napoletana di combinare la decora-
zione in mar mi mi schi ag li affresc hi in modo che i due elementi si
fondano uno con l'altro a formare uno schema decorativo di straor-
dinaria ricchezza e, al contempo, anche perfettamente unitario.
L'i nterno della chiesa si deve essenzialmente a Fanzago, ma al-
cu ne parti della decorazione del coro, sia dipinte che in stucco, sono
state eseguite prima che egli assumesse l'incarico" . La volta, affre-
scata da Arpino, è stata già menzionata, ma anche l'impianto deco-
rati vo delle pareti deve essere precedente, perché una delle grandi
te le sulle pareti latera li, Cristo che lava i piedi ai discepoli. è stata
eseguita da Battistello Caracciolo nel 1622" . Lo schema della deco-
razione con grandi tele rettangolari è inconsueto a Napoli e sarebbe
difficile trova re pa ralleli persino a Roma. Si tratta invece di una solu-
zione molto più venez iana e che, in questo caso, potrebbe in effetti
derivare dall a cit tà lagu nare poiché su una delle tele, l' Eucaristia, si
trova la sc ritta Heredes Pauli Caliarii Veronensis faciebant , la firma
utilizzata da lla bottega di Paolo Veronese dopo la morte del mae-
stro. È possibi le che, per il coro, fosse stata prevista originariamente
un a serie di dipinti veneziani e, qualora ciò fosse vero, saremmo di
fronte a un caso pa radigmatico del crescente spirito di indipen-
denza - finanche campanilismo - dei pittori napoletani, pOiché gli
artisti forestieri co involti - veneziani per l'Eucaristia, Giovanni Lan-
fra nco, un romano, per la Crocifissione (1638) e Guido Reni , un bo -
lognese, per la tela sott ostante con la Natività (1642) - sono stati
po i grad ualmente rimpiazzati da artisti locali: Battistello Caracciolo,
prima, poi Massimo Stanzione nell'Ultima Cena (1639) e Jusepe de
Ribera nella Comunione degli Apostoli, cominciato nel 1638, ma non
termin ato fino al 165163 .
La decorazione della vo lta della navata è condizionata dalla pre-
senza dei costo loni gotici, Lanfranco tuttavia, che l'affresca nel
1637, elabora un ingegnoso schema illusionistico, tramite il quale
sfo nda idealmente la volta verso il cielo e lega insieme le due cam-
pate dipingendo in una un Coro di angeli adoranti, nell 'altra Cristo
in gloria 64 .
AI di sotto del le volte ogni sensazione di conflitto svanisce. Le
membrature architettoniche sono semplici - ampi archi che immet-
tono nel le cappelle laterali, separati da paraste - e gli effetti del co-
lore attentamente ponderati. I Patriarchi di Lanfranco nelle lunette e
i Profeti di Ribera nei pennacchi degli archi della navata si fondono
col paramento marmoreo del l'architettura. Il fronte verso la navata
dei pil astri che reggono gli archi è rivestito con marmo rosso profi-
lato di bi anco e nei fia nchi che danno verso le cappelle sono collo-
cat e dodici enormi rosette sco lpit e in marmo grigio scuro, tra i più
st upefacent i esempi di virtuosismo nell' intaglio del marmo". I capi-
telli delle pa raste sono in bianco e nero e le foglie e i racemi dell'a-
canto hanno le forme curvate e contratte che Fanzago aveva usato
nella decorazione del chiostro. Le stesse paraste, come i piloni che
sostengono gli archi. hanno specchiature in marmo rosso, ma sono
decorate con elaborati intarsi a motivi floreali di svariati colori - fra

126127128 Napoli, San Martino,


cappella di San Martino
(completata nel 1757-62), particolari
99 dei pavimenti del coro e della navata.
i quali dominano il nero, il verde e il bianco - che risaltano forte-
mente contro lo sfondo rosso cupo. La controfacciata è trattata allo
stesso modo, salvo che le paraste sono separate da nicchie con sta-
tue a grandezza naturale, sopra le quali sono altri dipinti di Ribera
entro cornici composte nelle forme tipiche di Fanzago.
Il pavimento del coro, disegnato da Fanzago (fig. 127). è relativa-
mente semplice, mentre quello della navata, eseguito da Bonaven -
tura Presti (fig. 128)66, forse seguendo il disegno di Fanzago, è un fan-
tastico intarsio a motivi floreali e geometrici policrom i. t stato restau-
rato recentemente e ora contribuisce a completare l'aspetto splen-
dido della chiesa , prima non apprezzabile a causa di quel brutto tavo-
lato di legno che ne ricopriva gran parte. Pavimenti a intarsio di una
tale complessità non si erano mai veduti prima e Celano ha senza
dubbio ragione nell'attribuirne l'invenzione a Fanzago·'.
La decorazione delle cappelle laterali era a uno stadio abba -
stanza avanzato quando Fanzago assume la responsabilità del
cantiere. Le due cappelle più vicine al coro e le due adiacenti all'in-
gresso, di fatto, erano ultimate e Fanzago deve preoccuparsi sol -
tanto delle due mediane. Le volte di queste cappelle sono affre-
scate da Stanzione e la decorazione inferiore è accentrata attorno
a tre dipinti, uno sopra l'al tare , gli altri sulle pareti laterali. Lo spa-
zio restante è interamente occupato da decorazioni marmoree, in
parte a rilievo, come quelle al di sopra delle porte, in parte a riqua-
dri e in parte a intarsi floreali. I lavori si interrompono però al mo-
mento della lite tra Fanzago e i monaci nel 1656 e sono ripresi
dopo una lungo intervallo, per poi essere portati a term ine nel XV III
oo ~---- ________ --~~----~~-- ________
secolo. Nella cappella di San Giovanni Batti sta, la seconda a de-
stra, la pa la d'altare è di Carlo Maratta (1710), i dipinti laterali di
Paolo de Matteis e le due statue di Lorenzo Vaccaro , pagato nel
1705 per i putti sotto i dipinti delle pareti laterali. I lavori alla
chiesa. però, non si fermano qui. Intorno al 1700 viene rinnovata la
decorazione delle due cappelle occidentali della navata, principal-
ment e a opera di Lorenzo Vaccaro e di suo figlio Dom enico Anto-
nio; contemporaneamente vengono aggiunte due nuove cappelle
ai lati del portico d'ingresso e con accesso dalle cappelle appena
menzionate. Nel 1761 anche le due cappelle più vicine all'altare
ve ngono completamen te ridecorate, questa volta a opera di Giu-
seppe Sammartino sotto la direzione di Nicola Tagliacozzi Canale
(fig. 126)68. A chiusura di queste cappelle si trovano ancora le raffi-
nate balaustre di marmo e le griglie di bronzo dorato disegnate da
Fanzago 69 •
L'altare maggiore e la sua balaustra sono stati inspiegabilmente
lasciati per ultimi. La re lazione del 1631 attesta che Fanzago aveva
già eseguito i gradini su cui poggia la balaustra , e tuttavia la recin-
zione attuale risa le alla metà del Settecento. Lo stesso progetto
dell'a ltare maggiore è da ricondurre a Sol imena (fig. 345). Era
stato pensato per essere realizzato in pietre dure, alcune delle
quali erano anche state procurate e sono tuttora conservate nel
Tesoro della chiesa, l'altare oggi esistente, però, è in legno dorato
e interrompe bruscamente la progress ione crescente prodotta dai
ma t eriali preziosi che compongono la bala ustra e la decorazione
della navat a'".
La facciata della chiesa è stata progettata nel 1616 da Tommaso
Gaudioso, che sembra averne completato le parti strutturali prima
che, nel 1636, a Fanzago venisse dato l'incarico di decorarla con la-
stre di marmo (fig. 129)" . Il saldo finale per i lavori della facciata è del
129 Napoli, San Martino, particolare
della !acc;"!•.
130 Giovanni Battista Manni.
copia (1681) da originale di Cosimo
Fanzago, progetto per la facciata
di San Martino (ASN, Man. Sapp.,
vol. 2160, fase. 26, n.39).
100
1649, ma Fanzago. con la sua caratteristica disinvoltura, immediata-
mente dopo mette a punto un grandioso progetto per modificarla e
ingrandirla.11 progetto. noto da una copia del disegno autografo (fig.
130). avrebbe coinvolto . trasformandola , la campata centrale della
facciata e l'atrio re trostante per inserirvi quattro co lonne di verde
antico che g iacevano inutil izzate nel monastero. Inoltre. Fanzago
aveva pensato di estendere lo schema i ncludendovi anche la rico-
struzione dell'ingresso al primo chiostro. Ovviamente i monaci rifiù-
tano il nuovo progetto.
Se San Martino offre a Fanzago l'opportunità di esibire su grande
scala il suo talento. esistono però molte altre opere minori nelle quali
egli può far mostra di una capacità invent iva e di un'abilità nel tratta-
mento dei dettagli fo rse ancora maggiori .
Sono num erosi g li in ca richi per la decorazione di cappelle nell e
chiese napoletane che danno modo a Fanzago di dispiegare una no-
tevo le varietà di so luzioni. Nella cappel la di Sant'Ignazio nel Gesù
Nuovo (fig. 132)" egli è costretto a seguire lo schema generale impo-
stato dai suoi predecessori nelle cappelle già decorate. al quale ag-
giunge però alcuni elementi caratteristici del suo linguaggio, quali le
decorazioni a vo luta e i motivi florea li sopra le nicchie e nelle cornici
dei quadri. Anche l'a ltare di San Francesco Saverio. nella testata de-
stra del t ransetto del Gesù Vecchio. segue un modello più antico, ma
ha dettagli decorativi sp lendid i e due fra le più belle statue scolpite
da Fanzago" .
La cappe lla di Sant'Antonio. nel tra nsetto sinistro di San Lorenzo
Maggiore (1638-49: fi g. 133)" , è molto più ambiziosa e più perso-
nale. La parete di fondo del transetto è chiusa da un frontespizio con
tre arc hi , uno sem icircolare e due con profilo misti li neo piutt osto
schiacciato e volute angolari sormontati da oculi; questo schema è
una variante quasi esatta della facciata di San Martino, solo che le
proporzioni della cappel la sono più slanciate e gli oculi, che a San
Martino sono circo lari. sono diventati ovali per assecondare le pro -
porz ioni. Gli inta rsi delle paraste seguono un modello quasi identico
a qu el lo della certosa. L'altare, progettato per ospitare la pa la quat-
trocentesca a fondo oro di Sant'Antonio da Padova, è così elaborato
nelle sue curve e di aspetto così opulento a causa della moltiplica-
zione di tabernaco li uno dentro l'altro, che si sarebbe tentati di pen-
sa re che la parte interna risalga al XVIII seco lo: di fatto. invece, deve
trattarsi di un progetto di Fanzago. poiché nella chiesa di Santa Te-
resa degli Studi es iste un altro altare con esattamente il medesimo
timpano spezzato e conc lu so da vo lute - a parte il disastroso qua-
dro moderno che sost ituisce la statua originale - e che non sembra
aver sub ito modifiche dal tempo della sua rea lizzazione a opera di
Fanzago, poco dopo il 163775 .
Fanzago ha realizzato anche un'altra piccola cappe lla in San Lo-
renzo, la cappella Cacace, dedicat a alla Madonna del Rosario (1643-
55: figg.131.134) . Gli intarsi, straordinariamente elaborati, ricoprono
le pareti. lo zoccolo delle colonne. il fronte dell 'altare, i gradini e il pa-
vimen to. Si tratta probabilmente del risultato più ricco conseguito
dall 'artista con questa tecnica'·.
A Fanzago si deve la decorazione in marmi commessi anche di
numerose altre cappelle. La cappella d'Aquino, all 'interno del cappel-
lone di San Giacomo della Marca in Santa Maria la Nova. gli viene at-
tribu ita da Celano e Sarnelli77 • non si conoscono però documenti che
attestino la sua presenza nel ca ntiere. In essa sono degne di nota. in
particolare, le statue inginocchiate di due membri della famiglia , che

131 Napoli, San Lorenzo Maggiore,


cappella Cacace, allare e pavimenlo
101 in marmi commessi (1643-55).
133

132 Napoli, Gesù Nuovo, cappella


di Sant'Ignazio (1637-50).
133 Napoli, San Lorenzo Maggiore,
cappella di SanI' Anlonio (1638-49).
102
all'apparenza possono essere di mano di Fanzago. Il presb iterio di
Sant a Maria delle Anime del Purgatorio (figg. 95,135) funge da cap-
pella per la famiglia Mastrilli , committente della costruzione della
chiesa stessa. L'altare è una variante leggermente più elaborata del
tipo visto nella cappella di Santa Teresa e il monumento funerario di
Giulio Mastrilli, a sinistra dell'altare, ha intagli raffinati e contorti ti-
pici dello stile di Fanzago. La recinzione dell'altare non è sostenuta
da balaustri, ma da pannelli traforati in marmo bruno-violaceo, ma -
cu lato di bianco, e incorpora nei pilastri le armi della famiglia Ma-
strilli. Un elemento insolito è rappresentato dai due coretti del pre-
sbiterio, dove vie ne replicato il modello del la balaustra dell'altare
maggiore, sormontato però da una graziosa gelosia in legno dorato.
Tra le principa li pecu liarità delle chiese napoletane del Sei e Set-
tecento è un tipo particolare di altare isolato, di norma posto a sepa-
rare il santuario dal coro dei monaci. Secondo Celano - e le sue af-
fermazioni sembrano giustificate - l'ideazione di questa forma di al-
tare si deve a Fanzago78 .
Piuttosto sorprendentemente il primo esempio databile di questo
tipo di altare si trova nella chiesa di San Nicola al Lido (fig. 136). È
ignoto per quali vie Fanzago sia riuscito a ottenere una commissione
da un a comunità benedettina insediata su un' isola della laguna di
Venezia, però il contratto, datato al 9 giugno 1629, lo identifica con
sufficiente chiarezza come architetto dell'opera e indica anche i
nomi dei suoi collaboratori cui spettava il compito di trasportare e
mettere in opera l'altare, Giovanni Andrea Lazzari e Giovanni Batti-
sta Galli" . Il nuovo altare era stato commissionato per dare una de-
gna collocazione alle reliquie di San Nicola di Mira e queste sono
oggi custodite in un sarcofago di marmo bianco e verde, sostenuto
da un arco dalla forma tipicamente complessa.
A Napoli gli altari di questo genere sono leggermente diversi e so-
litamente inquadrati da due porte che conducono al coro dei mo -
naci, come a Santa Maria degli Angeli alle Croci. Santa Maria di Co-
stantinopoli (fig. 137) e Santa Maria la Nova (1645-47; fig. 140)80. Il
più antico dei tre è probabilmente quello di Santa Maria degli Angeli
alle Croci (fig. 138), poiché le forme architettoniche sono semplici e
l'intarsio presenta estese superf ici di marmo grigio e bianco, con
enorm i rosette grigio scuro, come a San Martino. Questo particolare
schema è insolito in quanto la decorazione prosegue anche sulle pa-
reti del santuario e anche perché ha un altorilievo con la figura di Cri-
sto morto sotto la mensa 8l . Sul piano stilistico l'altare vero e proprio
di Santa Maria di Costantinopoli deve risalire al XV II I secolo, ma le
due porte laterali e il tabernacolo che accoglie un'icona molto vene-
rata della Vergine, sono certamente di Fanzago (fig. 137). In entrambi
i casi la recinzione dell 'altare è composta da semplici ba laustri, ma a
Santa Maria di Costantinopoli presenta un corrimano con intarsi
particolarmente raffinati in pietre dure (fig. 139). L'altare di Santa
Maria la Nova (fig. 140) è il più elaborato dei tre. Il pa liotto ha begli in-
tarsi a motivi floreali e sopra la mensa corre una fascia con motivi si-
mili, sormontata da un'altra fascia con una serie di volute ornamen -
tali. L'elemento più singo lare della composizione è rappresentato,
tuttavia, dall'arco aperto, e di sagoma alquanto complessa, che in-
globa l'icona su fondo oro della Vergine con Bambino, la quale in
parte è sostenuta dalle membrature del livello inferiore e in parte è
appesa all'arco superiore. Raramente Fanzago è stato così ardito nel
trattare le membrature arch itettoniche in funzione di base per le
forme decorative. 134 Napoli, San Lorenzo Maggiore,
cappella Cacace, parete laterale
(1643-55).
135 Napoli, chiesa delle Anime
di Purgatorio, monumento di Giulio
Mastrilli (1664).
136 Venezia, San Nicola al Lido,
105 altare maggiore (1629).
137 Napoli. Santa Maria di Costantinopoli.
attare maggiore.
138 Napoli. Santa Maria degli Angeli
alle Croci. presbiterio_
139 Napoli. Santa Maria di Costantinopoli.
particolare del corrimano della balaustra
dell'altare maggio r._
140 Napoli. Santa Maria la Nova.
107 altare maggiore (1645-47).
Il magnifico altare eretto all'ingresso del coro gotico di San Do-
menico Maggiore (figg. 141. 143) è stato realizzato su disegni di Fan-
zago fra la fine degli anni quaranta e l'inizio degli anni cinquanta del
Seicento" . ma è stato profondamente rimaneggiato nel XVIII se-
colo. Dalla seconda edizione d i Celano, pubblicata nel 17248 ' , ap-
prendiamo che, sotto la direzione dell'architetto Giovanni Battista
Nauclerio. sono state smontate, e poi rimontate a ridosso dei pila-
stri della crociera, le porte che in origine si aprivano ai due lati del -
l'altare e lo collegavano alla pareti del santuario. È probabile che
nella medesima occasione i vani delle porte siano stati chiusi con
pannelli in marmi commessi e che gli elementi presi dall'altare di
Fanzago siano stati estesi fino a rivestire i fianchi dei pilastri verso il
santuario e decorati con pannelli simili. I gradini che conducono al-
l'altare sono stati prolungati ed è stata aggiunta un'altra fascia sup-
plementare al settore immediatamente al di sopra della mensa, con
una successione di vo lute ornamentali e di putti realizzati da Lo-
renzo Vaccaro. Non vi sono testimonianze che permettano di preci-
sare gli anni in cui sono state intraprese queste modifiche, che tut-
tavia devono risalire a prima del 1706, anno della morte di Lorenzo
Vaccaro. L'attua le mensa neogotica è stata aggiunta all'epoca del
restauro del 1850-53.
Anche l'altare maggiore dei Santi Severino e Sossio (fig. 142),
risalente agli anni 1635-41, è stato modificato, presumibilmente a
causa dei danni subiti nel terremoto del 1731" . In questo caso non
disponiamo di alcuna descrizione delle modifiche apportate, tutta-
via il sarcofago e i putti sotto la mensa risalgon o chiaramente al
XVIII secolo e anche la fascia del coronamento superiore è proba-
bilmente un 'aggiunta. La balaustra dell'altare è invece sicuramente
fanzaghiana .
Sappiamo inoltre di altri tre altari maggiori. non più esistenti. ri-
conducibili a Fanzago grazie a fonti d'archivio o a lui attribuiti da Ce-
lano. L'altare documentato è quello di Montecassino, distrutto dai
bombardamenti del 1943 e noto però da fotografie e da un dise-
gno" . Del secondo, nella chiesa di Santa Fortunata dentro il mona-
stero di San Gaudioso" , distrutto da un incendio nel 1799, non sap-
piamo quasi nulla; del terzo, infine, quello dell'Annunziata, eretto nel
1641 e distrutto da un incendio nel 1757, sappiamo invece che aveva
uno schema diverso dalle altre opere dell'artista : dalla descrizione di
Celano e da un'incisione pubblicata da Sarnelli apprendiamo infatti
che era addossato alla testata del coro ed era composto da un'edi-
cola inquadrata da due colonne di marmo, con basi e capitelli di
bronzo dorato, e racchiudente una custodia" ; al di sopra di tutto era
sospeso un canopo. anch 'esso di bronzo dorato, sorretto da putti e
sormontato da una corona.
Fanzago è anche l'autore di molte altre opere decorative minori
che adornano le chiese di Napoli. Celano dice che ha progettato il
pulpito di Santa Maria degli Angeli alle Croci, del quale avrebbe per-
sonalmente sco lpito l'aquila (fig. 144), cosa che sembra pienamente
credibile, poiché le ali mostrano le medesime turgide rotondità che
caratterizzano molte sue decorazioni marmoree a motivi astratti" . A
Fanzago si deve probabilmente anche il disegno delle acquasantiere
e delle nicchie poste presso l'entrata (fig. 146). Le nicchie - adesso
rese quasi ridicole dalle minuscole statue collocate alloro interno -
hanno volute ornamentali nel primo stile di Fanzago, ma le acqua-
santiere sono sorprendentemente mature. Il marmo si arriccia nei
modi tipici dell'artista, i sostegni però presentano un elemento di

!4! Napoli, San Domenico Maggiore.


j
altare maggiore (1635,41; la mensa
è del XIX secolo).
142 Napoli, Santi Severino e Sossio.
altare maggiore (1635·41; le statue
108 sono più tarde).
143 Napoli, San Domenico Maggiore,
pilastro del coro (modificato
da Giovanni Battis!a Nauclerio
109 ante 1724),
asimmetria raro a questa data e che preannuncia forme rococò. Tut-
tavia, non si tratta di un caso isolato nell'opera di Fanzago e lo ritro-
viamo anzi in forma ancora più manifesta nei cartocci alla base della
guglia di San Genna ro (1638-40; fig. 148)89.
I monumenti funerari progettati da Fanzago sono alquanto con-
venziona li . Que ll i in Santa Maria la Nova e in Santa Maria delle
Anime del Purgatorio ad Arco sono già stati citati in quanto parte
delle cappelle decorate da Fanzago, gli altri sono invece opere iso-
late. I monumenti più antichi sono quelli di Michele Gentile nella
cattedrale di Barletta, risa lente al 1619-21"', e di Girolamo Flerio (t
1620; fig. 147) in Santa Maria di Costantinopoli" , di fronte al quale
sorge il monumento a Giuseppe Bartirono, anch'egli famoso dot-
tore, oggi mancante del busto e documentato da pagamenti del
1642-449' ,
L'ulti ma opera di questo tipo riferibile a Fanzago è il sepolcro di
Fab io Galeot a (t 1668) nel duomo, il quale, secondo Chiarin i, sa-
rebbe stato realizzato quando Fanzago aveva ottantadue anni, cosa
che lo daterebbe al 1673 9'. Il monumento è composto da una cop-
pia di co lonne dori che che sostengono una trabeazione curva e
spezzata; alla base è un sarcofago, di forma aggressivamente rett i-
linea, che sostiene un obelisco decorato con un medaglione ovale
con ritratto. Dalla cima dell'obelisco pendono due rami molto rigidi
co n foglie di quercia che terminano in grappoli di frutta. In tutta la
co mpos izione non vi è una sola curva tridimensionale e anche le
curve svolte su un piano unico sono ridotte al minimo. L'opera in -
duce a supporre c he Fanzago nei suoi ultimi anni si stesse orien-
tando verso uno stile più severo e più classico di quello da lui adot-
tato in precedenza" .
La guglia di San Gennaro (figg.148, 149), già menzionata a pro-
posito dei cartocci del piedistallo, è una struttura singolare consi-
stente in una colonna circondata da quattro volute, con un capitello
ionico festonato e una t rabeazione quasi dorica. Sopra la struttura
si erge la statu a del santo , col locata su una base circondata da
putti. Il basamento è stato realizzato fra il 1637 e il 1645 e la colonna
vera e propria innalzata tra il 1657 e il 1660, anno in cui il monu-
mento viene inaugurato" . Guglie di questo tipo, basate sulla forma
della colonna , si possono vedere in molte piccole cittadine della
Campania e della Pugli a, ma a Napoli sono relativamente rare e i
due esempi più tardi, le guglie di San Domenico e dell' Immacolata,
seguono mode lli diversi 96 ,
È difficile va lutare la produzione di Fanzago nel campo dell'archi-
tettura residenziale, in quanto neanche uno dei suoi edifici ci è per-
venuto nelle forme pensate dall'architetto. Il palazzo Donn'Anna è ri -
masto incompiuto; il pa lazzo St igliano è stato comp letamente ri-
st rutturat o nell'Ottocento; il palazzo Caivano è stato trasformato nel
Settecento e oggi è quasi abbandonato; di palazzo Maddaloni, pro-
babilmente, Fanzago ha realizzato soltanto il portale, la loggia e la
scala e, inoltre, l'intera struttura è stata danneggiata dai bombarda-

l
menti. Se a queste opere aggiungiamo il portale del Collegio Gesui-
tico, abbiamo la li sta completa delle superstiti opere di Fanzago in
qu esto ca mpo.
Il palazzo di Donn 'A nn a (figg. 150, 151. 152, 153,154) sorge su
un sito della costa di Posillipo in origine occupato dalla vill a chi a-
mata La Sirena, costruita da Luigi Carafa tra il 1571 e il 1586 e de-
ca ntata com e una t ra le più splendide ville napoletane dell'epoca.
Era passata per discendenza ereditaria a Donn'Anna Carata, en-

144 Napoli, Santa Maria degli Angeli


alle Croci, pulpito.
145 Roma, San Lorenzo in Lucina, pulpito.
r
-- r
146 Napoli. Santa Maria degli Angeli 148 Napoli. guglia di San Gennaro.
alle Croci. acquasantiera basamento (1637-45).
(la statua è moderna).
149 Cosimo Fanzago. progetto
147 Napoli. Santa Maria per la guglia di San Gennaro
di Costantinopoli. monumento (Napoli. Archivio della Congregazione
1ll di Girolamo Flerio (t 1620). del Tesoro di San Gennaro. fascIo 59).
150 151 Napoli. palauo Donn'
t Anna
112 (1642-44). esterno e pian a.
r=

152 Louis Germain, François


Oesquauvillers, su disegno di Hubert
Robert. veduta di palauo Donn'Anna,
incisione (da Saint-Non 1781-86. voI. I,
tav.60).
153 Napoli. palazzo Donn'Anna
(1642-44). facciata occidentale.
trata in possesso delle colossali fortune della famiglia Carafa nel
1630, alla morte del nonno. Nel 1638 costei aveva sposato il viceré
spagnolo, il du ca di Medina, ed è per loro che è stato costruito il
nuovo palazzo. Le operazioni edilizie hanno inizio probabilmente
nel 1642 97 e si interro mpono però appena due anni più tardi,
quando il viceré è richiamato in Spagna . Sua moglie, allora, si era
ritirata a Portici, dove l'anno seguente era morta, lasciando il pa-
lazzo non finito.
Persino nel suo stato attuale, squallido e non finito, con le logge
tamponate e la biancheria stesa alle finestre, il palazzo è ancora di
grande impatto" . Visto dal mare, da dove normalmente sarebbero
giunti i proprietari, si presenta come un amp io blocco quasi qua-
drato, ma questa apparenza è ingannevole, perché in realtà consi-
ste di due blocchi principa li, collegat i da una loggia a tre piani
aperta sul fronte maggiore, e da due corpi più stretti, ortogona li ai
primi, dalla parte verso la strada per Napoli e il retrostante declivio
roccioso. Non è chiaro come l'architetto avesse pen sato di risolvere
l'ultimo piano, anche se è abbastanza probabile che volesse esten-
derlo soltanto sul corpo principale, in modo da lasciare le ali laterali
più basse e manifestare anche all'esterno il vero impianto del pa-
lazzo. Tutti i prospetti hanno al centro una serie di logge sovrappo-
ste - tre su l fronte mare, probabilmente soltanto due sugli altri lati
- che ricordano la facciata verso il fiume di palazzo Farnese prima
che la loggia venisse tamponata. Nei due piani inferiori file di fine -
stre - quattro su ogni lato della loggia verso il mare, tre sugli altri -
si distendono fino a raggiungere i cantoni dell'edificio. Questi sono
abilmente risolti con arcate poco profonde che fiancheggiano una
campata tagliata in diagonale. AI piano terra questa campata è
chiusa da un arco a tutto sesto, al primo si apre in una nicchia semi-
circolare, mentre al secondo diventa una terrazza triangolare. Il se -
condo piano della facciata verso il mare è reso ancora più vario gra-
zie al fatto che arretra per altre due campate ai lati della loggia cen-
trale e termina con le terrazze triangolari appena m enzionate . Il
.~ ~ ~....... '\it
prospetto orientale ha una campata aggiuntiva da l lato a monte, - -< • ' ._ _ , •

.~~....... ...,.~_ •• • ~_"' - ,_"'_ -I. ..


con un arco che lo congiunge alla strada che corre leggermente
obliqua rispetto all 'asse del palazzo. r;e .;~ •.~ - ': : -.::;~~- ~
L'arrivo da terra è meno impressionante, ma ciò è dovuto prin-
cipalmente al fatto che la facciata, il lato interno delle ali e le logge
sono tutti rimasti incompiuti. Oggi il vis itatore percorre in linea
retta il co rti le piuttosto stretto - che a causa del sito in pendio si
trova alli ve llo del primo piano - e, traguardando o ltre la loggia ,
scorge sul fondo il magnifico panorama che spazia sul golfo fino al
Vesuvio. Quasi certamente la corte doveva essere chiusa dal lato
verso terra, forse anche solo con una serie di arcate aperte su un
unico livello. Dell'interno non rimane pressoché nulla, tranne qual-
che traccia di decorazione in stucco lungo le paret i del teatro che
si sviluppa al di sotto del cort ile. Poco è stato realizzato dei detta-
gli dell'esterno, ma il portico inferiore del prospetto meridionale e
le campate terminali del fronte occidentale hanno bugnature alla
maniera solita di Fanzago e le finestre del lato ovest sono coronate
dai suoi tipici frontoni lanceolati.
Questo edificio stupefacente è senza paralleli nell'architettura ita-
liana del tempo per via della sua posizione scenografica, dell'inge-
gnosità dell'impianto, dell'audace trattamento delle facciate, quasi
sco lpite nel masso di roccia su cui posa l'e dificio, e della modula-
zione degli effetti chiaroscurali. Più che altre opere di architettura

154 Napoli, palazzo Donn'Anna


(1642-44), facciata meridionale.
155156 Napoli, palazzo Carata
di Maddaloni, incisione del portale
e del cortile (da Rogissart 1707)
e vestibolo.
l14
costru ita, esso ricorda i palazzi dei dipinti di Claude Lorrain, eretti ai
bordi del mare o di un porto e modell ati dalla lu ce, Non è del t utto
improbabile che Fanzago avesse in mente model li di questo genere
dal momento che Lorrain ha avuto relazioni con Napoli, visitata du-
rante la sua gioventù, e che palazzi di questo tipo iniziano ad appa-
rire nei suoi quadri a partire dal 163799 ,
Non esistono imitazioni dirette di palazzo Donn'Anna, ma Ber -
nini potrebbe averlo avuto in mente quando ha progettato di co-
struire Montecitorio e il Lou vre su un basamento di roccia artifi-
cia le, Senza dubbio le sue intenzioni erano in parte allegoriche,
tuttav ia il palazzo Donn'Anna potrebbe aver fornito il modello vi-
sivo e, se così fosse, la vicenda comporrebbe un cerchio ch iuso
155
nuovamente su Lorrain , in quanto il suo Castello incantato del
1664 è sicuramente basato sul primo progetto di Bernini per il
Louvre redatto in quello stesso anno,
L'unico altro palazzo pe r cui Fanzago sembra essere stato re-
sponsabi le del progetto complessivo è quello del duca di Caivano,
in via Riv iera di Ch iaia n, 66, Celano lo cita espressamente quale
architetto lOO e una lettera del genovese Giovanni Vincenzo Impe -
riali, scritta nel 1632, attesta che a quella data la cost ruzione era
iniziata e che i giardini apparivano già magnifici'Ol. Il progetto origi-
nale di Fanz ago è difficilmente riconoscibile perché il palazzo è
stato modificato in seguito da Sanfelice e ha patito molto nel XIX e
XX seco lo. Delle facciate, soltanto il piano terreno sembra apparte-
nere alla prima fase di costruz ione. Consiste di undici campate
con una porta cent rale, inquadrata da due colonne in granito con
capitelli dorici di marmo bianco, affiancata su ogni lato da cinque
arcate su paraste ioniche con capitelli in marmo bianco. Ogni arco
ha maschere fanzaghiane come concio di chiave e la composi-
zione si concl ude co n cantonali compost i da fasce alternate di
marmo bianco e grigio. Il portale im mette in un vest ibolo basso e
largo che, a sua vo lta, si apre su un cort iletto quadrato ci rcondato
da loggiati a due piani. Peculiarità di questo impianto è il fatto che
ciascu n lato del corti le è occupato da una sola arcata , una solu-
zione che si può riscontrare in alcuni palazzi del primo Cinque-
cento - di cui uno a Cap ua lO' - ma, per quanto noto, mai usata al-
trove nel Seicento.
Gran parte di palazzo Maddaloni era già costruita prima che Fan-
zago fosse chiamato a perfezionarlo dal duca di Maddaloni, uno de-
gli uomini più ricchi della famiglia Carafa, che lo aveva acquistato dal
marchese del Vasto. Il portale è grande, massiccio e monumentale
(fig. 155). Si eleva su un pesante basamento dal profilo curvilineo,
con una parasta e mezza a ogni lato, composta da blocchi prismatici
di piperno che risultano particolarmente adeguati alla visione scor-
ciata , resa obbligata dalla stretta via su cui si affaccia il pa lazzo. Il
portale è alto, ma dà accesso a un vestibolo di dimensioni anco ra
maggiori, uno dei più grandi fra questi stravaganti ambienti costruiti
a Napoli (fig. 156). All'interno la porta è incorniciata da un 'elegante
decorazione che co nsiste in un timpano curvo lungo il quale corre
una fascia di alloro sostenuta da mensole di foggia particolarmente
fan tas iosa. Il vestibolo conduce a un cortile intern o al cui fondo si
trova una terrazza , allivello del primo piano, con un a loggia in te -
stata che immette dalla terrazza al sa lone principale. Le fonti non
precisano se la loggia sia di Fanzago, m a essa si accorda perfetta-
mente con il suo stile lO ' .
Pa lazzo Stigliano è stato trasformato in maniera così intelli-

115
gente nel tardo Ottocento, quando è stato convertito in una banca ,
che adesso risulta difficile distinguere il vecchio dal nuovo!04. Il cor-
tile è stato coperto da un tetto in vetro, nei pilastri sono state pra-
ticate piccole aperture e nel coronamento è stato aggiunto un fre -
gio. tuttavia le arcate e parte del portico che circondava il cortile
sembrano essere sopravvissute inalterate. La soluzione più inte-
ressante è rappresentata dal porta le (fig. 157) che , rispetto a
quello di palazzo Maddaloni. è di dimensioni più ridotte ma di dise-
gno più originale. Le bugne sono composte da blocchi rettangola ri
ad angoli smussati con al centro un elemento sporgente a punta di
diamante, e sono di due tipi alternati : in uno vi sono grandi di a-
manti semplici. nell'altro piccoli diamanti montati su lastre ottago-
nali. L'effetto finale è impreziosito ulteriormente dall'abile uso dei
materiali. Il profilo dell'arco e la decorazione sopra la porta sono in
marmo bianco, le bugne sono in piperno ma la decorazione a esse
sovrapposta è di marmo: le punte di diamante più grandi sono
gialle. le più piccole bianche incastonate su uno sfondo giallo. Que-
sta combinazione di marmo e piperno sa rà molto usata dagli ar-
chitetti successivi, specialmente da Sanfelice.
Anche il portale del Collegio Gesuitico (1653) , oggi parte dell'u-
niversità (fig. 160), è realizzato in piperno e marmo, tuttavia i mate-
rial i sono utilizzati in maniera più sem plice: il piperno per la strut-
tura principale, il marmo bianco per l'epitaffio e le sculture decora-
tive. Era stato pensato per essere osservato a distanza, purtroppo
però la piazza progettata di fronte al collegio non è stata mai realiz-
za t a ed esso attualmente si apre su uno spazio costretto tra una
stretta stradina e un vicolo in asse. Questo è l'unico tra i porta li fan-
zaghiani a mostrare il contrasto fra le linee severe dell 'architettura
e le cu rve complicate della decorazione in marmo!O' che è invece
comune nelle altre opere dell'architetto. Una targa con inscrizione
in qualche modo si m ile a quella sopra il portale del Collegio Gesui-
tico è stata disegnata da Fanzago per la torre dell'Annunziata (fig.
159) nel 1667-68!06, dove però fa la sua comparsa anche un inaspet-
tato elemento naturalistico, rappresentato dai gigli profondamente
incavati che occupano gli spazi tra la conchigli a centrale e le ali di
dragone poste agli angoli.
Il portale della sagrestia del Gesù Nuovo, datato 1659 (fig. 158).
ha un carattere così simile a quello del Collegio Gesuitico, che sem-
bra giustificabile attribuirlo a Fa nzago, soprattutto in considera-
zione del coinvolgimento dell'architetto nella decorazione della
chiesa e del fatto che a questi si deve anche il progetto degli armadi
della sagrestia!07.
Celano attribuisce a Fanzago anche lo scalone del Collegio Gesui-
tico !08. Senza dubbio si riferisce alla scala posizionata nell'angolo
sud -occidenta le del corti le principale, la quale, sebbene sia alquanto
bana le nei det tagli, presenta però un impianto molto precoce per
quest'epoca poiché è impostata su una pianta quadrata che si svi-
luppa intorno a una tromba centrale aperta. Questa forma era molto
usata in Francia da François Mansart e i suoi contemporanei, mentre
in Italia l'unico altro esempio risalente all'inizio del Seicento sembra
essere lo scalone di palazzo Barberini a Roma . generalmente attri-
buito a Bernini, anche se probabilmente basato su un progetto di
Maderno!09.
La questione delle opere di Fanzago fuori Napoli è complica ta .
Sono documentate sue visite a Montecassino nel 1626-27 e nel
1638"0 e a Venezia neI1628-291l1 • Nel 1638, da Montecassino prose-

157 Napoli, palazzo Stigliano,


portale (ante 1647).
158 Napoli, Gesù Nuovo,
portale della sagrestia (1659).
116
gue per Roma, dove ritorna nel 1650 circa per trascorrervi, a
quanto sembra, alcuni anni, benché sia incerta l'esatta durata del
suo soggiorno. Un documento dell'archivio di San Martino pubbli-
cato recentemente da Gaetana Cantone registra la presenza di
Fanzago a Roma per "l'intervallo di quattro o cinque anni ... al
tempo della Rivoluzione e dopo"ll2. 11 suo trasferimento nella città
papale è stato interpretato come una fuga dovuta a un suo coinvol-
gimento nella rivolta di Masaniello li3 , ed è noto, del resto, che il ca-
popopolo nel lugl io 1647 aveva incaricato Fanzago di incidere al-
cune iscrizioni"'. Non sembra verosimile, però, che l'artista sia
stato costretto ad abbandonare Napoli in seguito alla repressione
della rivolta , poiché la sua presenza vi è documentata ancora nel-
l'agosto e nel settembre di quello stesso anno li5 e poi, nuovamente,
nel maggio 1649 per un pagamento dei lavori alla cappella di
Sant'Antonio in San Lorenzo Maggiore"' . È comunque con certezza
a Roma prima della Pasqua del 1650, dato che il suo nome figura
nei registri dello Stato delle Anime di quel tempo , e ancora nella
Pasqua dell'anno seguente l " .
Due commissioni romane possono essere riferite attendibilmente
a questo periodo. quella per una delle statue a sostegno delle acqua-
santiere in Sant'Agostino e quella per una porta nel refettorio dell 'o-
spedale della Santissima Trinità dei Pellegrini, la prima databile al
1649-5011' , la seconda al 1650 119 • Con ogni probab ilità è però in que-
sto stesso periodo che Fanzago intraprende anche la decorazione di
San Lorenzo in Lucina (fig. 145)120 e la facciata di Santo Spirito dei
Napoletani '2l . Non è nota la data del suo definitivo rientro a Napoli ,
dove però è nuovamente documentato nel 1652 per i lavori al l'altare
di San Domenico Maggiore.
Quasi tutte le comm issioni romane di Fanzago sono in qualche
modo connesse con Napoli . Santo Spirito dei Napoletani, come in-
dica il nome stesso, era la chiesa naziona le dei napol etani. San Lo-
renzo in Lucina era stata ceduta da Paolo V ai padri chierici rego-
lari minori. un ordine napoletano detto anche dei caracciolini dal
nome del fondatore , il napoletano Francesco Caracciolo Ct 1608).
Per questi padri Fanzago aveva già lavorato in San Giuseppe dei
Vecchi e avrebbe po i lavorato ancora in Santa Maria Maggiore m
Se il restauro di Santa Maria in via Lata è da datarsi al 1658, come
generalmente si ritiene, anch'esso probabilmente è da associare
con Napoli, poiché cardinale diacono della chiesa era Virginio Or-
sini, appartenente forse al ramo napoletano della famiglia, e vica-
rio ne era Carlo Vincenzo de Totis , il cui cognome sembra napole-
tano m Inoltre, la Trinità dei Pellegrini era stata fondata su un sito
donato da Paolo IV, della famiglia Carafa, e gli angeli in Sant'Ago-
stino risentono di un gusto quanto meno meridionale, poiché sono
stati commissionati da padre Baldassarre Fenech , un agostiniano
maltese, anche se non si ha la certezza che questi abbia effettiva-
mente sostato in Napoli durante il suo trasferimento a Roma dal
convento della Notabile di Malta.
Le opere romane di Fanzago non sono di particolare pregio e non
aggiungono molto al ritratto che abbiamo di lui come artista . I due
angeli in Sant'Agostino non interessano direttamente il nostro di-
scorso in quanto sono opere di pura scultura, anche se le conchiglie
di marmo nero che essi sostengono sono tipiche di Fanzago nelle
loro forme nitidamente intagliate. Il portale della Trinità dei Pelle-
grini è simile a molti suoi progetti napoletani per l'impiego di marmi
di diverso colore - in questo caso nero, rosso e bianco - , per le te-

159 Napoli, Santissima Annunziata,


iscrizione sulla torre (1667-68).
160 Napoli, Gesù Vecchio, portale
117 (1653).
ste alate di cherubini. per la curvatura delle volute che incorniciano I Fogaccia (1945, p.l3) cita il certificato di battesimo, datato
13 ottobre J59L Il bambino è chiamato Cosimo Orazio.
la nicchia e per le corolle di fiori capovolte appese sotto i triglifi. Il
2 Geronimo D'Auria era un mediocre imitatore di Giovanni
pulpito di San Lorenzo in Lucina appartiene a una maniera pros- Domenico, del quale sopravvivono poche opere (cfr. Colonna
sima al più antico pulpito di Santa Maria degli Angeli alle Croc i a di Stigliano 1897. p. 147: Filangieri di Candida 1898, p. 78: Ceci
Napoli, ma è privo di energia nelle forme, quasi come se Fanzago si 1904a. p.I65).
fosse imposto una maggiore moderazione per soddisfare i gusti più 3 le più antiche biografie di Fanzago sono di De Dominici
(1742·45, vol. III. pp.176-189) e Tassi (1793. voLli, pp. l sgg.).
classici di Roma . La facciata di Santo Spirito dei Napoletani , pe r
Una roonografia è stata dedicataa Fanzago dal suo concittadino
quanto si può giudicare da una sua piccola incisione, corrisponde Piero Fogaccia (1945). che ripubblica i documenti già pubblicati
alla consu eta tipologia fanzaghian a: il profilo della copertura oriz- da DMdosio e ne aggiunge unoo due inediti, ma il libro
zontale, gli elementi di coronamento a voluta e il portale michelan- è oompIetamente acritico e l'autore non fa alcun tenta tivo
per distinguere le opere documentate da quelle attribuite
giolesco appartengono in tutto al suo repertorio linguistico. all'architetto per tradizione, valida o infondata. Le vicende
Sono testimoniate numerose altre opere intraprese da Fanzago in relative al primo periodo della vita di Fanzago si possono
Italia meridionale. Per la cattedrale di Barletta, nel 1619-21. progetta ricavare dalle dichiarazioni rese in occasione del suo
matrimonio nel 1612,che sono state pubblicate da Ceci (192Ib).
l'altare maggiore e una cappella per la famiglia Gentile. Nel 1631 rea - In questo articolo l'autore precisa che quasi tutti i dettagli
lizza una custodia per la certosa di Santo Stefano del Bosco, vicino indicati da De Dominici sulla giO'.'entù e sulla formazione
Serra San Bruno, in Calabria, di cui attualmente rimangono soltanto di Fanzago sono falsi. Anche Ceci. tuttavia. incorre in errore
ricusando l'informazione di De Dominici secondo il quale
alcuni frammenti. L'altare maggiore della chiesa di Gesù e Maria a Fanzago era nato nel 1591: Ceci è stato tratto in inganno dalla
Pescocostanzo, vicino Sulmona, è ascritto a Fanzago da cronache dichiarazione di Fanzago che. al momento del suo matrimonio,
settecentesche e l'attribuzione è convinc ente sul piano st ili stico. nel 1612. aveva dichiarato di avere diciannove anni. Una nota
manoscritta fonnita a Baldinucci da una fonte anonima, a
Verso la fine della sua vita, nel 1667, egli esegue anche la custodia e i quanto sembra nel 1675-80 circa, riporta che Fanzago era stato
gradini dell'altare maggiore della cattedrale di Avellino e lavora per i "allievo del Padre Pietro Prasavedi, Giesuita Sanese': riguardo
monaci di San Martino a una cappella nella loro "grancia ", vale a dire al quale, purtroppo, non si hanno informazioni (cfr. Ceci 1899a,
p. I64). Un'altra importante fonte per l'opera di Fanzago è
la residenza estiva, vicino ad Aversa "·.
il necrologio scritto da Bulifon (1932, p. 217) in occasione
Gli ultimi anni della vita di Fanzago sono di tristezza e malattia, della morte dell'artista nel 1678. Elenca molte opere: la guglia
alla fine anche di decadimento senile. Si era ridotto quasi in mise- di San Gennaro. la chiesa della Trinità delle Monache(ma cfr.
supra. p.BO, nota 39), la chiesa di San Martino, la cappella di
ria a causa della vertenza con i monaci di San Martino e dell e di-
Palazzo Reale. la guglia incompleta di San Domenico, l'altare
spute con altri comm ittenti. De Dominici scrive di lui: "Pervenuto in maggiore di Santa Maria la Nova. Santa Teresa a Chiaia, San
fine il Cavaliere ad una gran vecchiezza era solamente adoperato in Giuseppe a Pontecorvo. il palazzo Medina (o Donn'Anna) e la
fontana Fonseca (o del Sebeto). Il necrologio è stato pubblicato
far disegni, modelli, ed assistere col cons iglio nelle imprese più dif-
per la prima volta da Don Ferrante (1900,02. XI, p.142).
ficoltose, facendo bensl con sua assistenza al cune fabbric he di pa -
4 Per un resoconto sui viaggi di Fanzago, cfr. supra, PP.1l7-118.
lazzi ': Un documento del 1664 relativo alla ca usa con San Martino Per I suoi rapporti con i certosini e le sue eccentricità.
lo dice · vecchio dec repito e per conseguenza non di perfetta sa - cfr. De Cunzo 1967 e Cantone 1969a.
lute "l". In effetti , ben pochi incarichi di rilievo risalgono agli anni SCfr. Cantone 1969a. pp. 166 e 173 n. 6. Fred Brauen mi ha
successivi al 1656, data di inizio del processo. Tutte le chiese più precisato che il documento citato da Cantone.lungi dall'essere
conclusivo. riporta informazioni che di fatto potrebbero essere
importanti di Fanzago, a quanto risulta, sono state progettate o al- state inventate dai monaci.
meno iniziate fra il 1639 e il 1653, anche se egli potrebbe essersi 6 Cfr. Ceci I904a, p. I63.Adesso sono nel Museo Nazionale
occupato della facciata di San Ferdinando ancora verso il 1661 e se, di San Martino (n. 2577 en. 2578) posizionati contro il muro
forse, intorno a questa data stava anche mettendo a punto progetti della sala Vche congiunge il chiostro dei Procuratori alla
terrazza lungo il fianco meridionale della certosa. Mostrano
per Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, poi non realizzat j1". Anche qualche elemento del tipo di decorazione fiorentina di fine
l'elenco delle opere di scultura e d i decorazione compiute dopo il Cinquecento che sarà un segno distintivo del linguaggio
1653 è breve: un progetto per l'altare maggiore di San Martino di Fanzago. ma le figure degli angeli che sostengono volute
sopra gli stemmi sono stranamente goffe e mediocri.
(1656, non realizzato), la già citata custodia per la cattedrale di
7 Cfr. D'Addosio 1912-21,XXXIX, p. 558 e XL. p. 356 e Mormone
Avellino, lavori alla fontana del Sebeto (1658) , la targa con inscri- 1940-41, X, p. 457.
zione all'Annunziata (1667-68) e il monumento Galeota nella catte-
8 Cfr. DAddosio 1912-21, XXXIX, p. 558 e XLVI, p. 390.
drale (1673). La qual ità di queste opere , se si esclude la targa del- lliavamano esiste ancora, ma è di scarso interesse.
l'Annunziata, conferma tuttavia il parere di De Dominici, secondo il 9 Cfr. Mormone 1940-41. loc. ciI L'epitaffio esiste ancora, pur
quale a Fanzago anche in questi casi sarebbe da attribuirsi ben essendo stato a~erato nel tardo XVIII secolo, quando la cappella
poco al di là del progetto di massima . è stata nuovamente decorata. Aquell'epoca vengono aggiunte
alla lap;deoriginaria figure inginocchiate e un grande
Fanzago conclude la sua carriera abbandonato a se stesso e alle basamento.
sue preoccupazioni. Intanto, già prima della sua morte, nel 1678, nel- IO Cfr. D'Addosio 1912-21. XLVI. pp.390-391.
l'architettura napoletana iniziavano a farsi sentire nuove tendenze. U Cfr. D'Addosio 1912-21. XL. pp. 356-357.
Rimane tuttavia indubbio che nella Napoli del Seicento egli rappre- 12 Cfr. DAddosio 1912-21,XXXVIII, p. 591: Filangieri di Satriano
senti l'artista più creativo che si sia cimentato con l'architettura e 1883·91, vol. III. p. 47: Mormone 1940-41, X. p. 458.
che il suo stile di scultura decorativa abbia influenzato gli artisti suc- Marmone pubblica anche documenti che si riferiscono
a lavori in marmo nella cappella di Giovanni de Guevara, duca
cessivi fino alla metà del Settecento e alla reazione contro di esso al- di Bovino. in San Domenico Maggiore (1626). De Dominici
lora indotta dagli esponenti del nuovo orientamento classicista. (1742-45. vol. III, p. 43) attribuisce a Fanzago il chiostro

118
di marmo di Santi Severino e Sossio, ma egli non può aver avuto 23 Bulifon (1932, pp. 82, 121) fornisce la data del 1620 per dei lavori dopo l'interruzione causata dalla peste del 1656
nulla a che fare con il progetto, dato che fu cominciato nel 1598, l'inizio della chiesa e D'Aloe (1883, p.137) sostiene che sia stata e il finanziamento erogato dal duca d·Aponte. La chiesa di fatto
Ècomunque del tutto possibileche vi abbia lavorato come aperta nel 1638. Nessun cronista menziona il nome di Fanzago viene aperta solo nel 1678 (cfr. Bulifon 1932. p. 218. Fuidoro
marmoraro, poiché il chiostro non viene completato fino al 1623 e l'attribuzione della chiesa si deve a Sarnelli (1688, p.1l5), 1932-43, vol. IV, p. 203 e i Diari dei Cerimonieri 1961. p. 38).
(cfr. supra, p. 72 e p.81, nota 83). Parrino (1751. p. 287) e De Oominici (1742-45, val. III. p.182), La pianta acroce greca potrebbe essere basata sulla chiesa
13 L'unica eccezione sembra essere la chiesa delle Anime ma è possibile - e a mio parere molto probabile - che essi di Santa Lucia a Venezia di Palladlo, che Fanzago potrebbe
del Purgatorio, che si dice essere stata iniziata su suo progetto si riferiscano soltanto alla decorazione, proseguita per lungo aver visto nella sua visita a quella città nel 1629. La pianta
nel 1620 (cfr. supra, p. 84). tempo. Per esempio, la pala d'altare di Sant'Alessio, di Giordano, è riprodotta da Wiltkower 1974, p, 20 [ed. il. 1984. p.19, fig. l?
è datata 1661 e la tomba di Giulio Mastrilli, a sinistra del coro, N.dR.].
14 Cfr. D'Addosio 1912-21. XXXIX, p. 558; Mormone 1940-41. X, è stata eretta nel 1664.
p, 458. Bulifon afferma che nel 1626 erano state aperte questa 34 Cfr. Parrino 1700. p. 321 eChiarini. 1856-60, val. V,
chiesa e quella di Donnaregina, entrambe "ridotte a periezione" 24 Cfr. Celano 1692. voI. V, p. 238. Questa data è confermata da pp. 525-526. La chiesa si trova fuori città, fra Capodimonte
da Fanzago (cfr. supra, p. 80, n. 39).11 vestibolo progettato Bulifon (1932, p.llO). Chiarini (1856-60, val. V, p. 238) confonde eCapodichino. Sigismondo (1788·89. val. III, p.128) scriveva
ed eseguito da Fanzago esiste ancora, dietro le scale e la porta la questione mettendo in relazione la data 1617 con l'inizio che era stata "ultimamente rifatta': ma deve riferirsi soltanto
(cfr. supra, pp. 89-90) nell'ospedale militare in cima a via dei laVOri di Fanzago. Pane (1939, p. 96) attribuisce a Fanzago la alla decorazione.
Francesco Girardi. Due fotografie dell'interno della chiesa, vicina chiesa di San Giuseppe dei Nudi. ma ciò è probabilmente 35 Cfr. nscrizione apposta nel 1672 etrascritta da Celano
scattate appena dopo il crollo della cupola e riprodotte dovuto aun equivoco, dato che la chiesa risale alla metà (1692, val. V, pp. 571-572). Per i dipinti di Giordano, cfr. Strazzullo
da Fiordelisi (1899, pp. 182, 186), danno un'idea della ricchezza del XVIII secolo ed è di Giuseppe del Sarto (cfr. Chiarini 1856·60, 1962, p. 9. Chiarini (1856·60, val. V, p. 572) dice che la chiesa
della decorazione della chiesa. val. V. p 245). è stata iniziata nel 1602, con Fanzago come architetto, ma non
15 Si tratta dell'altare della Madonna delle Grazie, che prima 25 Cfr. Cantone 1970. è chiaro se si tratti di una informazione errata o di un refuso
era addossato al quarto pilone sinistro della chiesa ma che 26 ASN, Mon. SoPP.. val. 3332, f.1: "Misure della fabbrica delle di stampa per un'altra data. Catalani (1845-53, val. Il, p. 28)
è stato distrutto dai bombardamenti. Èaltribuito a Fanzago pedam.te, archi e lamie fatt i nel li due lati del intrare della nuova attribuisce l'altare maggiore a Fanzago datandolo al 1639.
da De Dominici (1742-45, val. III, p.179) e Chiarini (1856-60, chiese di S. Giuseppe 1651': La perizia risulta redatta da mastro 36 Cfr. infra, pp. 260-261, Appendice A.
val. III, p. 388) e un documento dà il suo nome e la data 1626 Giovanni Domenico de Privo enntera relazione è firmata 37 Cfr. D'Addosio 1912-21. XLI. p. 538.
(Spila 1901, p.151). da Onofrio Longa "architetto", Non ci sono altre testimonianze
di un architetto con questo nome attivo a quell'epoca, anche 38 Cfr. Celano 1792, val. Il, p. 20.
16 Tassi (1769, val. II. p.16) attribuisce l'altare aFanzago e cita
Giovanni Andrea Lazzari eGiovanni Battista Galli come i suoi se è possibile che possa essere stato un membro della famiglia 39 Cfr. Chiarini 1856·60, val. V, p, 9. La facciata di
assistenti che portarono avanti l'opera. Ceci (1905, p.185) romana di architetii chiamata Longhi. uno dei quali si chiamava San Domenico Soriano ha elementi in comune con l'opera
pubblica un documento che attesta l'affidamento dell'incarico Dnofrio (t 1619) di Fanzago: la tripartizione sotto una cornice superiore
nel 1628 e la firma del contratto effettivo nel 1529 e che 27 ASN, Mon. SoPP.. voI. 3332, ff.17 sgg. La perizia si riferisce balaustrata, l'alto basamento e certi dettagli michelangioleschi,
conferma i nomi degli assistenti. Secondo il contratto l'opera a un contratto del 1717. L'edizione del 1724di Celano (1724, VII, ma i raggruppamenti di colonne sono estranei al suo stile e la
doveva essere completata per il maggio 1630, ma l'altare porta p, 17) afferma che "in breve si vedrà terminata': I documenti citati disposizione di livelli, con la porta che interrompe il basamento
la data 1634, senza dubbio quella di completamento dell'opera. da Gaetana Cantone (1970, p. 50, n. 6) indicano uno sviluppo ma si ferma al di sotto delle finestre nei settori laterali, è
Questa è anche la data riportata da Tassi. leggermente più rapido di quanto menzionato nell'ultima nota. troppo disordinata per essere sua. t probabilmente opera
Pare che le murature esterne della chiesa fossero innalzate fino di un architetto della generazione successiva, che forse
17 Per la festa di san Gennaro, cfr, D'Addosio 1912-21, XXXIX, si è basato su progetti di Fanzago modificandoli.
p.55a. a una certa altezza entro il 1660, anche se certamente prive
della volta. L'autrice, tuttavia, non tiene in considerazione 40 Cfr. Nicolini 1907. pp. 106 sgg.
18Anche chiamata fontana Fonseca, adesso su via la perizia del 1722, che altribuisce grande importanza all'opera
di Posillipo, sulla strada per palazzo Donn'Anna, è datata 1635 41 Cfr. Celano 1692, val. III. p.17 e Chiarini 1856-60, val. III,
di Manni. né fa alcun riferimento alle affermazioni della guida p.ll. Strazzullo (1968, p.197) afferma che la chiesa è stata
nell'iscrizione. Èattribuita a Fanzago da Bulifon (1932, p. 217)
di Celano del 1692 edel 1724, o alle informazioni di Chiarini iniziata nel 1646. ma senza fornirne alcuna prava. Èstata
e da De Dominici (1742-45, val. III. p.181), ma Chiarini (1856-60,
circa la ricostruzione della metà del XIX secolo. benedetta il 5 luglio 1682 (cfr. Diari dei Cerimonieril961, p. 74),
val. IV. p. 513) dice che è del figlio Carlo.
28 Cfr. Celano 1692, vol. V. p. 421. Sarnelli (1688. p. 369) ma consacrata solo iliO maggio 1716 (ivi, pp, 63, 74), forse
19 Cfr. Faraglia 1878, p. 249. Le due colonne che si trovavano e Sigismondo (1788-89, vol. III, p. 32) attribuiscono entrambi in concomitanza con la costruzione della parte inferiore della
accanto all'altare sono state trasferite in San Francesco la chiesa a Fanzago, ma De Dominici (1742-45, vol. III, p.182) facciata. Èstata pesantemente restaurata nel 1843 (cfr. Catalani
di Paola, dove si trovano ai lati dell'altare maggiore adattate gli ascrive soltanto la facciata ed è seguito in questo da Tufari 1845-53, val. Il, p. 43). L'illustrazione contrassegnata come
a candelabri (cfr. Chiarini 1856-60, val. III. p. 737 e voI.IV,p. 497). (1854, p.17). San Nicola della Carità in Pane 1939, p.1l4, in realtà raffigura
La data 1635 viene da una lettera all'abate di Montecassino, san Ferdinando e quella a p. 98 rappresenta san Nicola e non
ristampata da Fogaccia (1945, p. 232), in cui si chiede 29 Celano (1692. val. III. p. 795) indica la data del 1640 e il nome
di Fanzago: Bulifon (1932. p.175), Sarnelli (1688. p. 95), i Diari san Ferdinando.
l'autorizzazione a costruire l'altare. Èconfermata dai pagamenti
a Simone Tacca e Francesco Valentini fra il 1635 e il 1641 per dei Cerimonieri(1961. p. 26) eChiarini (1856-60. val. III, p. 798) 42 La porta, con i suoi stipiti leggermente smussati
la realizzazione della recinzione dell'altare. De Dominici forniscono tutti come data esatta per la posa della prima pietra e il coronamento liberamente disegnato, è probabilmente
(1742-45, vol. III, p.177)eCelano (1692. val. III, p. 714) il 19 marzo 1640. Per l'altare maggiore. cfr. Celano 1792. val. III. della stessa data dell'epigrafe,vale adire del 1717. ma Catalani
attribuiscono entrambi l'altare a Fanzago, p.219. (1845-53, vol. I, p.122) sostiene che il rilievo della Vergine
30 Cfr. Cantone 1967. pp. 144-145. Sono documentati pagamenti col Bambino è di Fanzago e certi dettagli, come le mensole
20 La cappella è attribuita a Fanzago da Celano (1692, val. V, con le ossa incrociate e i triglifi sostenuti da triangoli possono
p. 262). Ceci (1896, p. 71) scrive che la cappella era stata per i piperni nel 1645. La chiesa è menzionata da Bulifon (1932,
p, 175) fra le opere di Fanzago. L:iscrizione con la data 1660 benissimo risalire al suo progetto.
finanziata con il legato testamentario di Giovanni Vincenzo
Cosso, morto nel 1637. si riferisce probabilmente al completamento della struttura, 43 Tutte le guide pubblicate prima che la facciata fosse
poiché Fuidoro (1932-43, val, I, p. 213) registra che la chiesa modificata, incluso Parrino (1700, p. 76), l'attribuiscono
2111 contratto viene firmato il 9 lugliO 1637 (cfr. Strazzullo 1961. è stata aperta nel 1664. interamente a Fanzago, ma abbastanza curiosamente Chiarini
p. 78). I pagamenti continuano fino al 1650. Fra i suoi assistenti (1856-60, vol.V, pp. 489-493) non menziona il fatto che la parte
erano Costantino Maras;, Andrea Lazzari,Vitale Finelli ealtri 31 Nel disegno originale anche gli angoli della navata sono
arrotondati. superiore è stata modificata. Celano (1692, val. IV, p. 617) lascia
tre membri della famiglia Finelli (cfr. D'Addosio 1912-21, XXXIX. intendere che sia stata costruita appenadopo il 1660.
pp. 559 sgg. e p. 847:XLlII, p.157 e XLVI. p. 391). 32 Cfr. Celano 1692, voI. V. p. 569. Sarnelli (1688, p. 430) scrive
che la chiesa fu iniziata nel 1633, cosa che è estremamente 44Anche questa incisione raffigura la chiesa dopo
22 Il contratto, datato maggio 1638, è pubblicato da Fogaccia
improbabile, eaperta nel 1664. t menzionata da Bulifon la riparazione dei danni causati dal terremoto del 1688.
(1945, pp. 227 sgg.), ed è documentato un pagamento nel 1649
(cfr. O'Addosio 1912-21, XXXIX, p. 557; Cantone 1969a, pp. 228 (1932, p. 217) fra le opere di Fanzago. t stata danneggiata 45 Cfr. Celano 1692, voI. V, p. 569.
sgg.). De Dominici (1742-45, val. III, p. 48) dice che la cappella dal terremoto del1688e riaperta nel 1691 (ivi, p. 250). 46 Per la paternità della chiesa, cfr. supra, p. 80, nota 39.
era stata "rinnovata con architettura di Massimo (Stanzione)", 33 La data del 1653 è fornita da un cronista contemporaneo 47 Un'incisi one di Petrini - che tra l'altro è capovolta - mostra
che nel 1639 aveva ricevuto la commissione per affrescare (cfr. Alisio 1964-65) eda Sarnelli (1688, p.IOO), che nomina che originariamente conduceva alla porta destra di accesso
sulla volta la Vita di sant 'Antonio da Padova. Ciò sembrerebbe anche Fanzago come l'architetto. Una documentazione al convento, una rampa curva di gradini.
dovuto a una confusione, ma è ripetuto da Ceci (1937a) dettagliata della chiesa, con piante e sezioni quotate, è fornita
nella voce su Massimo Stanzione in Thieme-Becker. da Guida (1968-69). Celano (1692, vol. III. p. 263) cita 48 Secondo Strazzullo (1959a, p. 27, n. 4) Prata Giurleo avrebbe
scoperto un documento comprovante che la facciata di Santa
un'epigrafe datata 1657 che attesta una nuova partenza
Teresa agli Studi è di Fanzago. La facciata è cosi totalmente

119
r

estranea al suo stileche, in altesa della pubblicazione che appare in forme ancora più evolute nel monumento 76 Cfr. Cantone 1969a, pp. 231sgg. e 234, n. 15. Per quest'opera
del documento. è lecito sospendere il giudizio (cfr. supra. funerario di Domenico Fontana nel porticodi Monteoliveto Fanzago viene pagato quasi 8000 ducati nel 1648 (cfr. De la Ville
p. BO, nota 53, per la testimonianza di Caylus, secondo il quale (datato 1627; fig. 91), del quale si ignora l'autore, sur-Vllon 1895a, p. 70). La lastra tomba le di Giovanni Camillo
la chiesa era ancora priva di facciata al tempo del suo soggiorno 59 Cfr. De Cunzo 1967. pp. 105 sgg. Cacace nel pavimento è datata 1655. La cappella è lodata
a Napoli nel 1715). da Bulifon (1932, p.I68) come quella che ha "il primato di tutte
60 Intorno al teschio, intrecciato con l'alloro, corre una sorta
49 Per esempio in Sant'Agata e San Giuliano a Catania le altre (cappelle) di Napoli per la delicatezza degli intagli che
di nastro con i resti di un'iscrizione. di cui sono leggibili
(cfr, Blunt 1968, figg, 27, 38), Sanfelice ne ha costruito uno paiono pIuttosto dipinture che sculture':
i seguenti frammenti: "SCEP... flN E/ RE(G?) ... IBUS AEQUAT~ Questi
a Napoli sopra la facciata della chiesa di Donnaregina Nuova sembrano essere parte di due esametri di un distico elegiaco, n Cfr. Celano 1692,vel. IV, p. 7 e Sarnelli 1697, p, 269.
(cfr, in!ra, p, 266), in cui non è facile capire Quale sia il primoverso. SCEP è senza 78 Celano ne rivendica la paternità fanzaghiana in riferimento
50 Cfr, Chiarini 1856·60, vel.lV, p, 782, dubbio una parte della parola seep/rum e REe di Rexe l'intera all'altare della chiesa benedettina di Santi Severino e Sossio,
51 Cfr. Bonazzi 1888, Nel 1956·57 Ulisse Prota Giurleo ha messo iscrizione si riferisce evidentemente all 'idea della morte. la che di fatto è probabilmente il più antico, Parrino (1700, p. 101),
in dubbio l'altribuzione a Fanzago di molte opere. inclusa la grande livellatrice. Sono in debito con Andrew Gow per questo scrivendo dell'altare di Monteoliveto, che è della stessa forma,
facciata della Sapienza (cfr. Prata Giurleo 1956). Pane (l956a) chiarimento, anche se parziale. del testo. Non è rintracciabile lo descrive come ~fatto alla benedetti na ~ (orse perché il primo
gli si è opposto violentemente, ma successivamente Prota alcuna fonte antica di cui il passo possa essere una citazione, è stato usato in una chiesa benedettina ed è stato copiato quasi
Giurleo (1957) ha pubblicato i documenti a sostegno della sua [Andrew Sydenham Farrar Gow (1886·1979), insigne subito nella Casa Madre di Montecassino.
tesi. La polemica è stata riaccesa - senza la partecipazione studioso della lingua greca, è stato Brereton Reader in
79 Cfr. Ceci 1905.11 contratto fornisce particolari tecnici
dei protagonisti - su "II Mondo" nel luglio 1957, senza tuttavia Classics all'Università di Cambridge: tra i suoi tanti contributi
interessanti sui marmi che dovevano essere impiegati e sul
rapporto di nuovi elementi significativi, Il documento pubblicato allo studio del greco antico, si segnalano la monumentale
modo in cui sarebbero dovuti essere tagliati, L'altare avrebbe
da Prata Giurleo è un contratto stipulato tra Giacinto e Dioniso traduzione commentata di Teocrito (Cambridge 1950)
dovuto poggiare su gradini in marmo di Verona. ma questi non
Lazzari, gli eredi di Giacomo Lazzari e j due marmorari Francesco e i suoi commentari sull'antologia greca con Sir Denys Page
sono stati mai eseguiti oppure sono stati rimossi in seguito.
Valentini e Simone Tacca, per la liquidazione della società di cui (Cambridge 1965), N.d.R,] .
Il paliotto dell'altare è espressamente citato come una parte
avevano fatto parte per molti anni. incui si elencano le opere 61 La decorazione delle cappelle eragià stata in parte dell'opera che doveva essere eseguita personalmente dallo
cui avevano lavorato. La lista comprende "la facciata e chiesa awiata nella fase precedente, perché nel 1591e 1592 stesso Fanzago.
del Monasterio della Sapienza': Da questo dato Prota Giurleo sono documentati pagamenti per i marmi delle cappelle
80 Tutti e tre gli altari sono attribuiti a Fanzago da Celano
deduce che non c'è alcuna ragionedi attribuire la facciata a a destra della navata (cfr, Filangieri di Satriano 1883·91,
(1692, vel. V, p. 422; vel.lI, p. 817: voI. IV, p. 7). Nel caso di Santa
Fanzago e che essa deve essere stata progettata dall'architetto val. V, p, 66).
Maria la Nova l'attribuzione è confermata da Bulifon (1932,
della chiesa, Grimaldi, che non può aver fornito i progetti per 62 Cfr. Faraglia 1892, p. 660. p. 168) e Sarnelli (1685, p. 269), mentre pagamenti per l'altare
la chiesa senza pensare anche alla facciata: tuttavia ciò non è
63 Le date di questi dipinti e degli altri delle cappelle laterali di Santa Maria di Costantinopoli sono attestati nel 1645
cosi owio e, in attesa del ritrovamento di nuovi documenti.
sono fissate dai pagamenti pubblicati da Faraglia (1892, e nel 1647 (cfr. D'Addosio 1912-21, XXXIX, p, 561 e XL. p, 594),
è più saggio accettare l'attribuzione di Celano, che è confermata
da Parrino (1700, p, 202). 11 documento, tuttavia, indica il 1653 pp, 657 sgg.). L'unico altro esempio a me noto di questo tipo 81 Secondo Celano (1692, voI. V, p. 422) il rilievo sarebbe stato
come term ine antequem per la facciata e j Lazzari. Tacca di decorazione a Napoli è nel coro di Santa Maria degli Angeli realizzato dal figlio di Fanzago, Carlo.
e Valentini sembrano essere stati impiegati soltanto come di Grimaldi. I dipinli sono attribuiti da Celano al teatino
82 1n questi anni sono documentati pagamenti al marmoraro
costruttori e marmorari. Francesco Maria Caselli. che proveniva da Verona e che
Andrea Malasomma (cfr. D'Addosio 1912-21. XL. p,367). Chiarini
dunque doveva avere familiarità con questi modelli dell'Italia (1856-60, vel.lIl. p. 577) indica la data 1652 per l'altare,
52 Cfr. Celano 1692,voI. III, p. 55. settentrionale. Le date non sono documentate, ma su base
prObabilmente citando Perrotta (1830, p.ll) che aveva letto
53 Fanzago ha costruito una facciata di chiesa fuori Napoli, stilistica è evidente che il suo ciclo decorativo è successivo
la data sull'altare. Celano (1692, vel.lIl, pp. 456-457) attribuisce
quella dello Spirito Santo dei Napoletani a Roma (cfr. supra, a quello di San Martino. il progetto a Fanzago.
p,1I7). 64 Riprodotta in Voss 1924, p. 229, I pagamenti sono trascritti 83 Cfr. Celano 1724, voi, III, p.93.
54 Cfr. Celano 1692, val. III, p. 60 e De Dominici 1742-45, in Faraglia 1892, p. 663.
vol. III. p. In D:tImbra (1889·93. tav. 112) mostra lo stato 84 Celano (1692, vel.lII, p. 714) attribuisce sia l'altare, sia la
65 Un pagamento per il rosone del pilastro adiacente balaustra, a Fanzago e dice che questo è stato il primo altare
della scalinata nel XIX secolo (fig, 120). alla cappella di San Giovanni Battista è documentato nel 1658 isolato costruito a Napoli. Sono documentati pagamenti
55 La pianta è chiaramente leggibile nella mappa del duca di (cfr. Filangieri di Satriano 1883-91, vel. V, p. 273), a Simone Tacca e Francesco Valentini dal 1635 al 1641
Noia. La porta su vico San Gaudioso è riprodotta in Pane 1971, 66 Pagamenti a lui sono ricordati negli anni 1664-65 (cfr. Faraglia 1878. p. 249),
val. Il, p. 59, tav, 6. Adesso è chiusa permanentemente e si può (ASN, Mon. Sapp., voI. 2143, doc, F. 22, N. 22), ma il progetto
arrivare alla scalinata soltan to da un cancello appena più a nord 85 Pubblicato da Fagaccia 1945, p. 73.
potrebbe essere stato redatto prima,
del policlinico pediatrico in vico Luigi de Crecchio. 86 Cfr. Celano 1692, voI. III. p. 60.
67 Egli fa il punto della questione trattando del pavimento della
56 L'effetto dalla strada sarebbe stato ancora più scenagrafico Santissima Trinità delle Monache di Fanzago (cfr. Celano 1692, 87 L'altribuzione a Fanzago risale a Celano (1692, val. III.
se il muro esterno di recinzione fosse stato basso ecompletato val. IV, p. 663), che è stato distrutto quando è crollata la cupola pp. 845-847). Per la datazione, cfr, Bulifon (1932, p.178)
da una inferriata, ma il portale esistente è stato chiaramente negli ultimi anni del XIX secolo. e D'Aloe (1883, p. 507). che indicano entrambi la data 16 aprile
progettato per stare in un muro pieno e potrebbe anche essere 1641 per la consacrazione defl'altare. Una custodia superstite
sta to il portale di una chiesa di poco precedente; inoltre tutti 68 Cfr. in!ra, p. 176. dell'Annunziata e stata esposta alla mostra "Opere d'arte della
i monasteri napoletani sono circondati da solide mura. non da 69 Quelle delle due cappelle più vicine all'altare sono leggermente Real Casa Santa dell:tlnnunziata" a Palazzo Reale nel dicembre
cancellate, che avrebbero incoraggiato i contatti con il mondo differenti e potrebbero essere state realizzate più tardi. 197J. con una ipotetica attribuzione a Fanzago, ma non
esterno. 70 Cfr. in!ra, p, 229. corrisponde all'incisionee sembrerebbe risalire al precedente
57 La letteratura su San Martino è molto vasta. A parte la lunga altare maggiore realizzato da Cristoforo Monterosso e Nicola
71 Cfr. Cantone 1969a, pp, 170, 174, n. 20. L'autrice riproduce Carletti e pagato nel 1621(cfr, Rogadeo 1901. p. 92),
descrizione di Celano (1692, vel.IV, pp, 682-690) e Chiarini il disegno, di cui esiste un'altra versione riprodolta da Fogaccia
(1856,60, vel. IV, pp. 690-735), le monografie più importanti (1945, p. 54), Il portale attuale fra l'atrio e la chiesa è anch'esso 88 Celano 1692, voi, V, p. 422. Un altro pulpito di forma molto
sono quelle di RaffaeleTufari (1854) e Gino Doria (1964). di Gaudioso. Ulteriori documenti sulla facciata sono in ASN. simile è quello di Santa Maria della Verità (Sant'Agostino degli
Faraglia (1885; 1892) e Spinazzola (1902) hanno pubblicato Mon. Sopp.. vel. 2143, doc, F. 22, N. 2. Scalzi) che però è in legno di noce. Celano (1692, vel. V, pp. 273·
documenti importanti sulla costruzione della certosa e più 274) li attribuisce a Giovanni Conti oConte, chiamato "il Nano':
72 Cominciata nel 1637 (cfr. supra, p, 84 e p. 119, nota 21),
recentemente Borrelli (1967, pp. 145 sgg,), De Cunzo (1967) un allievo di Fanzago, che potrebbe benissimo aver fornito
e Cantone (1969a) hanno reso noti ulteriori documenti che 73 Cfr. Celano 1692, voI. III, pp. 654-655. Antonia Nava Cellini il progetto. Il pulpito di San Lorenzo in Lucina a Roma (fig, 145)
consentono di definire precisamente if ruolo di Fanzago in (1971) data le opere nel Gesù Vecchio fra il 1622 e il 1630. è di forma simile, ma senza l'aquila (cfr. supra, p. 118).
quest'opera. I documenti più importanti sono una dettagliata 74 L'unico pagamento noto è del 1649 (cfr, D'Addosio 1912-21. 89 Cfr. Celano 1692, voL lI. p. 310,
perizia stesa nel 1631 sui lavori che erano completati o ancora XXXIX, p, 557), ma dal documento si deduce che i lavori 90 Riprodotta in Fogaccia 1945, p. J37. fig. 72.
in corso a quella data egli atti processuali della lunga controversia andavano avanti già da qualche tempo (cfr. supra, p, 119,
tra Fanzago e i monaci, continuata per molto tempo dopo nota 22), 91 Altribuita in maniera convincente a Fanzago da Bologna
la morte dell'architetto contro i suoi eredi. Per il restauro (1954. cal. 27).
75 Ceci (1896, p. 71) scrive che la cappella è stata costruita
del pavimento della chiesa, cfr. Causa 1967. con i proventi del lascito testamentario di Giovanni Vincenzo 92 Cfr. D'Addosio 1912-2I.XXXIX, p, 560. La tomba di Giovanni
58 La fontana dell'lmmacolatelia di Naccherino (fig. 90) Cosso nel 1637. Domenico Coscia in San Domenico Soriano, per la quale sono
nella decorazione della parte superiore mostra questo stile, documentati pagamenti a Bernardino Landini nel 1649 (cfr.

120
D'Addosio 1912-21, XLI, p. 538), è cosi simile allio stile di Fanzago argomentazione non è molto convincente. L'ipotesi di Prota ll9 Giovanni Simone Ruggieri (1651, p. 76, aila data 21aprile)
che una ipotetica attribuzione a lui sembra ragionevole. Giurleo è respinta da Pane (1956a). La testimonianza di Celano registra la visita di InnocenzoX all'ospedale e si riferisce
93 Cfr. Chiarini 1856·60, voL LI. pp. 173-174. La tomba del fratello deve essere considerata decisiva, poiché racconta di avere al monumento come "un bellissimo disegno d'un tal Cavalier
più giovane, Giacomo, nella stessa cappella, secondo Chiarini studiato la documentazione del cantiere che era conservata Cosimo Napolitano': Non esistono altri documenti al proposito
è dell'allievo di Fanzago Lorenzo Vaccaro (ivi, p.175). presso il banchiere olandese Vandeneynden. L'incisione nell'archivio dell'ospedale. adesso all'Archivio di Stato
contenuta nel Voyage pictoresque du Royaume de Naples di Roma, ma ciò si spiega col fatto che esso è stato donato
94 Ci sono molti arredi sacri delle chiese napoletane che si
di Saint-Non (1781-86: fig. 152) dà una buona idea di come da 'una persona devota della Sant.ma Trinità non meno, che
ispirano direttamente a Fanzago, tuttavia sarebbe arrischiato
apparisse il palazzo nel Settecento, ma è inesatta in alcuni di S. Filippo Neri " (cfr. il manoscritto Diario delle cose occorse
attribuirgliene molti. Si può fare un'eccezione per
dettagli. L'incisore ha aumentato il numero delle finestre l'Anno Santo 1650,Archivio di Stato di Roma, Santissima Trinità
l'acquasantiera della Sapienza. poiché avendo costruito il sulla facciata occidentale e ha fatto proseguire il basamento
portico della chiesa potrebbe aver contribuito all 'interno. Gli dei Pellegrini, voI. 372, cap. 48). Sono profondamente grato
fortificato intorno a tutto il palazzo,laddove in realtà aJenniler Montagu per avermi fornito questa informazione
armadi nella sagrestia del Gesù Nuovo sono altribuili a Fanzago si trova soltanto nello spigolo sud-orientale. Lo sfondo e avermi consentitodi pubblicarla.
da Celano (1692, voI. III, pp. 356-357): sono buoni anche se non
ècompletamente di fantasia.
eccellenti esempi dell'ebanisteria napoletana del XVII secolo. l a 120 Il fatto che Fanzago abbia lavorato a San Lorenzo in Lucina
cancellata che chiude la cappella del Tesoro al duomo sembra 98 Ègradualmente in corso di recupero, ma molto ancora è attestato da Titi (1674. p. 339). Rossi (1750, voLI. p.165)
essere stata progettata da Fanzago.ll progetto di Conforto, rimane da fare. specifica che egli ha eseguito gli stucchi e i coretti, ma quesli
approvato nel 1623, è stato abbandonato (cfr. supra. p. 80, 99 Cfr. Liber Veritatis, cat.14, 28 e 43 del 1637·39 sono scomparsi. presumibilmente durante il restauro intrapreso
nota 56) e nel 1639 Fanzago è pagato per un nuovo disegno, (cfr. Roethlisberger 1961, figg. 51. 75. 93, 106). sotto Pio IX (cfr. Huetter, Lavagnino 1930, pp. 23, 37). Secondo
dal quale è stato tratto un modello ligneo nel 1632. Nel 1628 Buchowiecki (1970·74, voI. Il, p. 272) il restauro sarebbe stato
100 Cfr. Celano 1692, voI. V, pp. 585 sgg. Ledizione del 1724
e 1630 ~ acquista il metallo e l'anno seguente viene firmalo di Celano (1724, vol. IX, p. 37) riporta che il palazzo è stato
awiato per l'Anno Santo 1650. Titi afferma che è stato voluto
un contratto per la fusione.Tuttavia. vi sono stati ritardi a causa da padre Raffaello Aversa, generale dell'ordine dei padri chierici
cominciato ma non terminato da Fanzago.
della carenza di londi. e i lavori sono andali avanli fino al 1681 regolari minori dal 1644 al 1651e poi di nuovo dal 1654 al 1657.
(cfr. Bellucci 1915, pp. 55 sgg.). 101 Citata da Fogaccia 1945. pp. 234 sgg. Fogaccia (1945, pp. 120 sgg.) attribuisce a Fanzago l'altare
95 Fuidoro (1932-43, voL I, p.34) registra il posizionamento 102 Cfr supra, p.34. maggiore e la decorazione delle volte della maggior parte
della statua il 2 luglio 1660.1documenti sono stati pubblicati delle cappelle laterali. L'altare è in realtà di Carlo Rainaldi
103 Sia De Oominici (1742-45, voI. III, p. 182) che Chiarini
da Strazzullo (1953-54). La statua è attribuita da alcuni aulori (cfr. Titi 1674, p. 401) e le cappelle illustrate da Fogaccia non
(1856-60, voI. III, p. 37) gli attribuiscono soltanto il portale
a Giuliano Finelli. ma da altri aTommaso Montanoe ai fratelli hanno nulla a che vedere con Fanzago e per la maggior parte
e la scala, che non ha nulla di particolare. I lavori di Fanzago
Cristoforo e Giandomenico Monterosso. Alla base del sembrano successive al XVIII secolo.
vengono intrapresi probabilmente subilo dopo il 1652, quando
monumento è un medaglione circolare con un autoritratto il palazzo è acquistato da Carafa (Reumont 1851. p. 287). 121 La facciata è attribuila a Fanzago da Titi nell'edizione del
a grandezza naturale dell'artista (fig. 94), apparentemente 1686 della sua guida (cfr. Titi 1686, p, 89). De Dominici (1742-45,
104 11 palazzo. costruito per Giovanni Zevalos, duca di Ostuni.
in rosso antico su fondo di marmo bianco. con !"i scrizione vol. III, p. 382) in uno dei suoi passaggi più magnificamente
è in seguito acquistato dal ricco mercante olandese
"EQUES CosMUS FANZAGUSfECIT" (riprodotto da Fogaccia 1945, confusi. scrive che l'archi tetto l'ha costruita durante il suo
Vandeneynden e passa quindi a sua figlia. che sposa un Colonna
e
p. 25). Un rilievo quasi identico. privo di iscrizioni , collocato
di Stigliano. Non è nota la data di costruzione del palazzo, ma
soggiorno a Roma dopo aver lasciato Bergamo e prima di
alla base del monumento a Carlo Il ad Avellino. eretto nel 1668 giungere a Napoli. Poiché quando arriva a Napoli ha diciassette
è sicuramen te anteriore al 1647, perché è citato incronache
su progetto di Fanzago, ma rimontato dopo il terremoto del 1732 anni, la storia non è convincente. L'assurditàdell'affermazione
della rivolta di Masaniello (cfr. Fogaccia 1945, p.174).
(cfr. Fogaccia 1945, pp. 25. 202). La sua forma deve essere stata di De Dominici è sta ta notata già molto tempo fa da Ceci
Il prospetto originale, cosi come lo mostra l'incisione di Petrini
alterata materialmente, perché quale si presenta adesso la (192Ib). La facciata esistente risale al XIXsecolo, ma l'aspetto
[1718, N.d.R.] è stato sopraelevato nel XIX secolo. Il palazzo
relazione tra il basamento della statua e il rilievo risulta ridicola. della struttura precedente è documentato in una piccola
è attribuito a Fanzago da Celano (1692, voI. IV, p.633).
96 Le testimonianze sulla paternità della guglia di incisione dell' Itinerario figurato di Giovanni Battista Cipriani
105 L'iscrizione è datata 1653 e risale allo stesso anno un (1835), che è stata gentilmente portata alla mia altenzione
San Domenico sono complicate. Bulifon (1932. p. 217), Celano pagamento a Fanzago (cfr. D'Addosio 1912-21. XXXIX, p. 562). da Hellmut Hager.
(1692, voI. III, p. 453), Sarnelli (1688, p. 93) e Fuidoro (1932-43,
Un altro pagamento è documentato nel 1654 per le figure
voLI, pp. 34, 66) - che scrivono quando la guglia era ancora 12211fatto che Fanzago sia stato l'autore della decorazione
di Cristo e di due putti da posizionare al di sopra dello stemma,
incompleta - l'attribuiscono a Fanzago e De Dominici (1742·45, interna di Santa Maria in via Lata è citato in un manoscritto
ma non è chiaro se queste siano mai state messe in opera.
voI. III, p. 185) aggiunge che è stata completata da Domenico di Giovan Battista Mola del 1663 (cfr. Mola 1966, p.122) e
Antonio Vaccaro. D'altra parte. un documento pubblicato 106 Cfr. D'Addosio 1912-21, XXXIX. pp 557 sgg. confermato da Titi (1674. p.150). Secondo Luigi Cavazzi (1908,
da Fogaccia (1945. pp. 200 sgg.) chiarisce che nel 1658 il priore 107 Come mi ha precisato Fred Bra uen, Fanzago deve anche pp.l30-!3!) l'opera sarebbe stata avviata nel 1658, cioè nello
di San Domenico aveva commissionato a Francesco Antonio essere l'autore dell'acquasantiera a sinistra della porta. stesso periodo in cui Pietro da Cortona stava costruendo l'atrio
Picchiatti la costruzione del monumento dallo spiccato 108 Cfr. Celano 1692, voI. III, p. 656. della facciata e rimodellando la chiesa inferiore (cfr. Bertelli.
di fondaz ione in su. Fogaccia nota giustamente che le Galassi Paluzzi 1971. pp. 37 sgg.), ma egli non cila alcun
espressioni usate nel documento suggeriscono che Fanzago 109 Cfr. Blunt 1958. documento a sostegno della sua datazione. Èabbastanza
abbia originariamente ricevuto l'incarico, per poi abbandonare llO Cfr. Caravita 1869-70, voI. III, pp. 273, 291e Fogaccia 1945, probabile che in realtà i lavori siano cominciati prima, quando
i lavori dopo lo scavo delle fondazioni. Ciò è confermato da p.221. Fanzago era sicuramente a Roma, perché l'altare maggiore
un documento relativo alla vertenza fra Fanzago e i monaci ili Cfr. supra, p.105. e la decorazione dell'abside sono stati realizzati nel 1639-43
di San Martino, anch'esso pubblicato da Fogaccia. Nel 1640 (cfr. Cavazzi 1908, pp. 122 sgg.) e la decorazione della navata
Fanzago è stato incaricato di ingrandire la fontana Medina, ll2 Cfr. Cantone 1969a, p.I73, n.8. potrebbe benissimo essere stata eseguita subito dopo,
che adesso si trova al centro di piazza Giovanni BO'Iio, ma 113 DaAntonia Nava Cellini (1971, p. 57) e Gaetana Cantone prima che si desse awio alla costruzione della facciata.
si tratta essenzialmente di un 'opera di scultura (cfr. Chiarini (l969a. p 165). Le trasformazioni settecentesche sembrano aver spazzato via
1856-60, voI. IV, pp.372,399: per i pagamenti, cfr. O'Addosio ll4 Cfr. Fogaccia 1945, p.191. n.l. Le fonti sono: Capecelatro gran parte dell'intervento di Fanzago, ma le quattro porte delle
1912-21.XlIlI, pp,157. 385). La Porta Medina, adesso distrutta, 1850-54, vol. I. pp.ll7 sgg.: Ceci 1922: Schipa 1916-17 e Schipa navate laterali - due delle quali tamponate - sono certamente
era stala anch'essa realizzata su suo disegno (1640: Celano 1925, pp. 86, 95. sue, anche se le cimase sono state rimosse nel XVIII secolo
1692, voI. IV, p. 800). La porta è riprodotta in D'Ambra (1889·93, per permettere di inserire dipinti ovali entro cornici sostenute
tav. LXXIII), poi ripubblicata in Sirazzullo (1968, tav. a fronte llS Cfr. D'Addosio 1912-21, XXXIX, pp. 561-562. da cherubini. Il marmo siciliano che adesso ricopre le colon ne
di p. 78), ll6 Cfr. supra. p.lO!. della navala risale probabilmenle al restauro settecentesco,
97 Parrino (1700, p.154) scrive che era stato cominciato ll7 Cfr. Brunetti 1956. p. 67. Secondo Fogaccia (1945, p. 19), poiché è molto simile al rivestimento marmoreo della vicina
nel 1642 e Celano (1692, voI. V. p. 632) aggiunge che i lavori Fanzago sarebbe stato coinvollo nel contenzioso con i monaci chiesa di San Marco, realizzalo da Filippo Barigioni fra il 1743
erano continuati per due anni. Per la storia complela del di San Bartolomeo a Trisulti. presso Roma, nel 1652. Fogaccia e il 1749 (cfr. Buchowiecki 1970,74, voLli. p.368).
palazzo, cfr. Schipa 1892. L'attribuzione a Fanzago, che risale non fornisce alcuna prova a sostegno di questa affermazione 123 Cfr. Cavazzi 1908, pp. 408, 414.
a Bulifon (1932, p. 217), Celano (1692, vol. V, p. 632) e Parrino e in ogni caso la disputa può benissimo essere stata portata 124 Per una discussione di queste opere, cfr. Appendice A.
(1700, p.I54),è stata recentemente respinta da Prota Giurleo avanli a distanza e non implica necessariamente la presenza
(1956, p.12I) che lo attribuisce a Bartolomeo Picchiatti, con di Fanzago a Roma. 125 Cfr. Cantone 1969a, p.16S.
la possibile assistenza di Onofrio Antonio Ghisolfi. sulla base ll8 Cfr. Nava Cellini 1958. 11 secondo angelo è stato eseguito 126 Cfr. Appendice A.
del fatto che essi ricoprivano lacarica di architetti vicereali, nel 1660 e probabilmente inviato da Napoli.
tuttavia, poiché in questocaso si tratta di una commissione
privata, pagata da Donn'Anna invece che da suo marito, questa

121
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È pertanto certo che Fanzago non ha potuto da una lapide affissa nel portico e trascritta da
ap pendice A vedere la chiesa costruita , anche se alcune Chiarin i (1856-60, voI. V, p. 587) . Su un punto
Opere di attribuzione parti, presumibilmente qualche settore delle l'autore della guida è in errore, perché dal 1695
errata o controversa fond azioni , sono state ed ificate nel 1665. in poi l'architetto incaricato della costruzione,
a Fanzago Il riferimento all" 'atrio avanti la chiesa" nel do- come attestato dai documenti, era Arcangelo e
cumento del 1665 è per certi versi ambiguo. A non Marcello Guglielmelli. ma è abbastanza
Pan e (1939, p. 107) e Fogaccia (1945, p.126) at - prima vista si potrebbe pensare che ind ichi il comprensibile che si sia fa tta con fus ione fra i
tribuiscono la chiesa di Santa Maria Egiziaca a cortile porticato tra la chiesa e la strada , che due arch itetti, che probabilmente erano padre
Pizzofalcon e interamente a Fanzago e aggiun- però sa reb be stato di norma descritto come e figlio e che sembrano aver lavorato spesso in-
gono che essa è stata ini ziata nel 1651. Questa chiostro o cortile: un atrio indica più verosim il- sieme (cfr. supra. p.141). Inoltre, nell'agosto del
datazione è quasi certamente copiata da Ceci, m ente uno spazio coperto, probabilmente un 1698 Guglielmelli è stato ricompensato per un
di solito molto acc urat o, che in un suo articolo portico di ingresso alla chiesa . Ed è proprio "Modello della nuova n.ra ch iesa et edifici che la
sul lo svi luppo di Pizzofalcone (cfr. Ceci 1892a, questa l'accezione più probabile del termi ne in circondano" e gli artigiani so no pagati per lavori
p.131) indica il 2 aprile 1651 come data d'inizio relazione alla ch iesa di Santa Maria Egiziaca, in "giusta la forma del disegno e modello fatto dal
della costruzione, laddove invece, sull'epigrafe quanto ci sono buoni motivi per ipotizzare che m.CO Arc. Gugliemel li n.ro Ing." (cfr. Cantone
nel portico della chiesa. si legge che è stata ini- la corte porticata, insieme al vestibolo che pre- 1969, p. 105, n. 26) Sembra che Marcello abbia
ziata in 2 apri le 1661 (trascritta da Chiarini cede la chiesa, sia stata costrui ta in un a data preso il posto di Arcangelo - probabilmente
1856-60, voI. IV. p. 586). Pane non dà alcuna m olto più tarda. Se questa interpretazione del dopo la morte di questi - perché è ricordato
spiegazione per l'attribuzione del la chiesa a documento è corret ta, l' atrio ind icato nel do - per il progetto di un orologio per il convento nel
Fanzago, ma Fogaccia (1945, p. 223) pubblica il c umento sembrerebbe essere scomparso 1728 (cfr. Mormone 1963-64, p. 121).
documento seguente, la cui datazione al 1665 quando è stata edificata la ch iesa attuale. Tuttavia vi è motivo di ritenere che Guglielmelli
è precisata da Gaetana Cant one, la quale ri- Non si registrano al tri paga menti relativi alla si sia basato su un proge tto precedente, che
porta anche altri importanti documenti inediti costruzion e l ino alla morte di Fanzago nel sarebbe ragionevo le attribuire a Picchiatti.
sulla chiesa (cfr. Cantone 1969; la data del do- 1678, ma dal 1686 in avanti sono stat i r ipresi i Cantone (1969, p. 95, fig. 45) pubblica un dise-
cumento è a p. 95): "fu posto in opera il meravi- la vori nei dormitori, anche se semb ra si sia gno che attribuisce senza motivazioni a Fan-
glioso disegno della chiesa, Monasterio, parla- trattato essen zialmente di serramenti e opere zago e che potrebbe invec e rappresentare il
torio con atrio ava nti la chiesa fatto da ll 'Eccel- di carpenteria (clr. Cantone 1969, p. 104. n. 21). progetto di Picchiatti (fig. 383). Vi sono raffi-
len tissimo Architetto Cavaliere Cosmo Fan - Questi pagamenti sono tuttavia estremamente gurat i la chiesa , il cortile antist ante e gli edifici
seca, e s'a mmira ogg i l'atrio e parlatori i ed un importanti. perché dimostrano che l'archite tto conventuali , parte dei quali già rea lizzati. Que-
braccio de dormitori i perfezionato e principio in carica a quel tempo era Francesco Antonio sti ultim i sono tracciati con contorni rinforzati
della chiesa con gran meraviglia, per essere de Picchiatti. Nel 1691 è stata presa la decisione di e tratteggio più fitto, mentre la chiesa e il cor-
migli ori che fussero fatti per l'adiet ro''. completare la chiesa, m a non si hanno r iscon- t ile sono disegnati con profili più del icati. La
Post o che Fanseca stia per Fanzago, cosa che tri di una effettiva ripresa dei lavori fino al 1698 differenza permette di distinguere chiara-
è verosimi le, dal mom ento che spesso i docu- (cfr. Cantone 1969, pp. 104 sgg. , nn. 24, 26). mente le parti già costruite da quelle soltanto
menti si riferiscono a lui con questo nome, Gaetana Can tone ipotizza che per la cost ru- progettate, di modo che si può ass umere per
poss iamo dedurre che Fanzago abbia redatto zione della chiesa attua le (figg. 382, 383, 384) certo che il disegno risa lga a una data succes-
un progetto per tu tt o il convento, del quale, al sia stato seguito. almeno nelle sue linee princi- siva al la decisione di riprendere la costruzione
m oment o in cu i è sta t a scr itta questa re la- pal i, il progetto di Fanzago, tuttavia ciò è im- della ch iesa, nel 1691. e precedente all' inizio
zione, erano stati costruiti i parlatori , parte dei probabile per diversi motivi . Prima di tutto sa- delle operaz ioni di cantiere, nel 1698. Il dise -
dormitori e l'atrio antistante la chiesa, mentre rebbe di per sé strano che le monache ab- gno potrebbe rappresentare il progetto di Gu -
la chiesa era stata soltanto inizi ata . I docu- biano usa to un progetto redatto più di glielmelli, ma differisce notevolmente dall'edi -
menti pubblicati da Cantone (1969, p. 95) pro- trent'anni pr ima . da consi derarsi orm ai vec- ficio realizzato. Il cortile doveva avere un porti -
vano che nello stesso anno, il 1665. i lavori alla chio e fuori m oda . In secondo luogo, nessuna cato continuo su tutti i quattro lat i. composto
chiesa si erano ferma ti a causa della morte di delle guide st or iche cita il nome di Fanzago in da ventiquattro arcate, oltre a quella lormata
Filipp o IV, che aveva offerto alle m ona che i rela zione alla chi esa. L'ediz ione del 1724 della dal la facciata della chiesa. Il portico esistente
fondi necessari. e poco oltre è annotato che la guida di Celano (1724, voI. V, pp. 91 sgg.) so- occupa invece so ltanto tre lati del cortile, la -
m essa ve niva ancora celebrata "nella prima stiene che la chiesa "fu principiata col modello sc iando libero quello verso la strada , ed è
ch iesiola" (ivi) . Inoltre, una pianta dell'area re- del Picchiatt i; è stat a terminata sotto la dire- composto da dieci arcate - esattamente il nu -
datta nel 1689, mostra chiaramente che la zione di Marcello Gugli el melli" e questa affer- mero per il quale viene pagato Guglielmelli nel
vecc hia chie sa era ancora in pied i in un'area mazione è ripetuta nell e successive edizion i 1699 (cfr. Cantone 1969, p.105). Un 'a ltra diffe-
molto più a sud della chiesa odierna , che in- del libro (cfr. Chiarini 1856-60. voI. V, p. 585). renza è che nel disegno il portico davanti l'in-
vece non figura per nulla. Celano, nell'edizione Bisogna dare il giusto peso a questa afferma- gresso dell a chiesa è di tre ca mpate quas i
del 1692, non la alcuna m enzione dell e nuova zione, perché è stata scritta soltanto sette anni uguali poggianti su pilastri rett angolari, men-
chiesa (cfr. Celano 1692 . val. V, p. 585) e Par- dopo il termine della costruzione della chiesa: i t re quello realizzato ha un arco centrale soste-
rin o nel 1700 dice che "si stà ivi fabricando una pagamenti continuano infatti lino al 1717, anno in nuto da colonne libere accosta te a pilastri e a
ch iesa" (cfr. Parrino 1700, voI. I. p. 82). cui la chiesa è stata consacrata, come ricordato due strette aperture trabeate.

260
Anche la pianta della chiesa è sostanzia lmente metà del XV III secolo è stata modificata da tocento, la facciata però fondamentalmente
d iversa dall'edificio realizzato. Nel disegno,la Giuseppe Astarita, che ne ha restaurato la cu - corrisponde in tutto all'incisione di Petrini (ri-
campata di ingresso è semicircolare. quelle del pola e ha progettato la nuova decorazione a prodotta da De la Ville sur-Yllon 1895, p'lO)' Il
coro e dei due bracci del transetto hanno an - stucchi. Cantone (1969, p. 101) sostiene che il nucleo dell'edificio è del Cinquecento e alcune
goli arrotondanti che introducono a rientranze restauro sia durato dal 1752 fino al 1770, ma i parti del la facciata - come l'ultimo piano e le
rettangolari per gli altari e le cappelle sugli assi documenti che cita riguardano soltanto il pe- paraste del piano nobile - sembrano databili a
diagonali sono formate da profondi rettangoli. riodo dal 1765 al 1770. quel periodo, ma la parte infe riore è stata de -
Nella chiesa realizzata tutte le campate sono I molti cambiamenti che erano intervenuti fra corata nuovamente nel Seicento. I docu menti
semicircolari, anche se questo effetto risulta la redazione del primo progetto per Santa Ma- pubblicati da Prota Giurleo (1956 e 1957) di -
falsato in pianta a causa delle rientranze in ria Egiziaca a Pizzofalcone e la sua rea lizza- mostrano che il restauro del palazzo viene
corrispondenza del presbiterio e dei bracci del zione finale spiegano perch é sia un edificio portato avanti fra il 1640 e il 1653, ma le date
transetto, che di fatto giungono però soltanto stranamente irrisolto e conducono anche alla possono essere definite in maniera più pre-
fino a metà dell 'altezza delle pareti e non inter- conclus ione che la ch iesa, quale è oggi, non cisa, perché il pal azzo è citato da una crona ca
feriscono con lo spazio pri ncipale della chiesa . possa in alcun modo essere assunta come te- della rivolta del 1649 in modo tale da rendere
È chiaro. dunque, che il disegno rappresenta stimonianza delle capacità arch itettoniche di chia ro che i bust i degli imperatori erano già in
una fase precedente della progettazione della Fanzago. sito (cfr. De la Vill e sur-Y llon 1895, p. 10). I do-
chiesa e del portico di ingresso - come con- Pane (1939, pp. 109 sgg.) attribuisce a Fan - cumenti dimostrano che i costruttori real-
fermato dalla presenza di pentimenti da parte zago la facciata di Santa Maria in Portico su lla mente coinvolti sono Giacinto e Dionisio Laz-
del disegnatore - e potrebbe be niss imo es- base della similitudine con quell a di Santa Ma- zari e gli scalpellini Simone Tacca e Francesco
sere stato redatto nel 1691. o poco dopo, da ria Egiziaca. Nessuna delle guide antiche fa ri- Valentini. Non è però menzionato alcun archi-
Picchiatti. che, per quanto ne sappiamo, è ri- ferimento al nome di Fanzago, e neppure Chia- tetto. Stil isticamente, tuttavia, l' attribuzione a
masto l'architetto in carica fino all a sua rini o Galante. D'a ltra parte, le due facciate Fanzago non è convincente. Bulifon (1932, p.
morte, avvenuta nel 1694 (cfr. Strazzullo s.d . sono indubbiamente simil i nello stile, special- 176) scrive che i lavori al palazzo erano comin-
[ ma 1969]. p. 278) , dopo di che il suo nome è mente per l'uso di paraste bugnate e una rela- ciati nel 1640, una datazione confermata dai
sostituito nelle perizie da quello di Gugliel - zione f ra le due non pare improbabile. Questa documenti .
me ll i. Picchiatt i aveva adottato un impianto rel azione è confermata da un disegno per la Alcune delle opere spa rse per il sud dell'Italia e
ottagonale nell a cappella del Monte della Mi- fa cciata di Santa Maria in Portico conservato associate al nome di Fanzago, possono esser-
sericordia, benché di forma più semplice, ma agli Uffizi. trad izional m ente altribuito a Ju- gli attribuite con un buon grado di sicurezza.
è possibi le che abbia tratto ispirazione dai più varra , e pubblicato da Pane (1939, p. nO), Per la cappe ll a Gentile a Barletta, sono regi -
aggiornati esempi roman i, come i progetti per Pane tuttavia non fa menzione del fatto che sul strati pagamenti a Fanzago e a Landi nel 1619 e
Sant'Agnese a piazza Navo na o il proge tto verso del disegno sia scritto un nome che può nel 1621 (cfr. D'Addosio 1912 -21, XL, pp. 356
non realizzato di Giovanni Antonio De Rossi essere letto come Archange/o e che potrebbe sgg.). L'altare adesso si trova nella chiesa della
per San Panta leo del 1680 -81 (cfr. Spagnesi benissimo riferirsi ad Arcangelo Guglielmelli. Sacra Famiglia a Borgovilla. L'attribuzione a
1964, pp. 193 sgg .. fig . 101). La pianta di De Il prob lema è ulter iormente complicato dal Fanzago del palazzo della famiglia Gentile nella
Rossi presenta la stessa alternanza di cam - fatto che Consortini (1929, p. 110) afferma che stessa città, avanzata da Fogaccia (1945, pp.
pate semicirco lari schiacciate e di altre ret- la facciata è stata costruita nel 1862 - data ri- 171-172, fig . 89) appare priva di fondamento ,
ta ngolari più profonde, m a la di sposiz ione è portata anche dall'ultima edizione della guida Sembra che il portale, che mostra qualche ele-
diversa perché nell a pianta di De Rossi il coro Touring (cfr. Napoli 1961). Deve trattarsi di un ment o fanzaghiano, sia molto più ta rdo.
e il transetto sono rettangolari e le cappelle errore, poiché l'abolizione del coll egio viene Per l'altare della certosa di Santo Stefano del
angolari semicircolari. annunciata nel 1861 e la chiesa non è divenuta Bosco, cfr. Frangipane 1920. Le trascrizion i dei
Ci sono ragioni per ritenere che il progetto sede parrocchiale sino al 1866. Inoltre Sarnelli pagamenti sono state pubblicate da D'Addosio
della chiesa sia stato mod if icato nel co rso (1688, p. 429) scrive che la chiesa "si è di (1912 -2 1, XXX IX, pp. 559, 561: XLI, p. 366), Il
della costruzione, perché quattro delle otto nuovo ornata con bel frontespicio" e una even- monumento è stato gravemente danneggiato
colonne massicce che adesso si trovano in - tuale ricostruzione non è menzionata né da dal terremoto del 1783. Alcuni frammenti sono
torno allo spaz io centrale, non sostengono Galante (1872), né da Manni (1938). La spiega- stat i trasferiti nella chiesa dell'Addolorata a
nulla. La soluzione più verosimile di questo zione più probabile è che 1862 sia un refuso Serra San Bruno e nel duomo di Vibo Va lentia
problema è che in origine siano state proget- per 1682. La chiesa non è stata consacrata fino (cfr, Fogaccia, 1945, p. 167). Dal le fotografie
tate per sostenere una seconda serie di archi al 1709 (cfr. Diari dei Cerimonieri 1961, p. 54), pubblicate da Fogaccia (1945, p,103, figg . 57,
posti davanti a quelli che introducono al coro e L'attribuzione a Fanzago sembra essere priva 58) la struttura attualmente esistente a Serra
ai bracci del transetto, Questi archi secondari di fondamento e il suo nome non compare San Bruno sembra aver poco a che fare co n
potrebbero essere stati eliminati per rendere nemmeno in quello che è il primo resoconto Fanzago. I frammenti di Vibo Va lentia sono
lo spazio centrale più ampio e più luminoso: di dettagliato sul collegio (cfr. Erra 1759 -60). principalmente statue,
fatto, però, la conformazione attua le è illogica Pane (1939, p. 116) e Fogaccia (1945, p.186) at- Per l'a ltare del la chiesa di Gesù e Maria a Pe-
e sgraziata. tribuiscono a Fanzago anche palazzo Firrao, scocostanzo, cfr. Fogaccia 1945, pp. 156, 231 e
La chiesa è stata consacrata nel 1717 (cfr. Diari che apparteneva al principe di Sant'Agata. Il pa- Ben evo lo 1954. Il nome dell'artigiano esecu-
dei Cerimonieri 1961. p. 66), ma nella seconda lazzo è stato pesantemente restaurato nell'Ot- tore dell 'ope ra è Pietro Barbiero, forse lo

261
stesso Pietro Barberiis che ha decorato il coro zione a Fanzago, da parte di due autori tardo Anche se San Salvatore non è opera di Fanzago,
della Santa Croce di Lucca su progetto di settecenteschi. del ci mitero nel ch iostro l'influenza di questi è riconoscibile in altre due
Francesco Antonio Picchiatti nel 1684 (cfr. su- grande della certosa di Padula (ivi, p. 77), ma le ch iese di Piedimonte d'Alife. L'Addolorata Perpe-
pra, p. 98). Se è così, allora l'altare di Pescoco- loro opinioni non sono supportate dalle evi - tua . sulla strada che cond uce all'Ann unziata, è
stanzo co n buona probabilità è un'opera tarda denze stilistiche o da altre testimonianze. L'at- una replica quasi esatta dell'Ascensione a
di Fanzago. Un'antica tradizione (cfr. Fogaccia. tribuzione a Fanzago dell'intero chiostro, pro - Chia ia . con impianto a croce greca inscritta in
pp. 74 sgg .. 121 sgg.) riporta che Fanzago ha posta da Foga ccia, è totalmente inattendibile. un quadrato e con proporzioni molto slanciate
lavora to anche per i benedettini della stessa Secondo Fogaccia (1945, p.129). Pane attribui- che contraddistinguono le chiese a pianta cen-
città, ma nulla di ciò che vi resta suggerisce il rebbe all'architetto la chiesa di San Salvatore a trale di Fanzago. Differisce dal prototipo soltanto
suo stile. Piedimonte d'Alife. Dante Masocco (1961) rife- perché ha una cupola bassa, senza tam bu ro.
I document i pe r lavori ad Avellino sono stati risce di un documento attestante che la chiesa Come nelle chiese di Fanzago.l'interno è artico-
pubblicat i da D'Addosio (1912-21. XXXIX , p. è stata iniziata nel 1654: fa anche il nome di lato con un ord ine architettonico molto sem -
563) e da Fogaccia (1945 , pp. 163. 234). Se- Fanzago come architetto, ma non è chiaro se il plice, in questo caso privo di capitelli . Una deri-
condo Fogacc ia (1945, p. 163) sarebbe di Fan- nome ri sulti dal documento o meno. La chiesa vazione da Fanzago è di nuovo evidente nella
zago l'altare che adesso si trova nella chiesa di è interessante e strana, ma non sembra avere chiesa del Carmine. lungo la medesima strada ,
Sorbo Serpico. vicino Avellino, ma non viene alcun elemento che sia tipico dello stile di Fan - la cui pianta è identica eccetto che per gli am-
fornita alcuna prova a sostegno di questa af - zago. È uno spazio rettangolare, con l'asse bienti ai lati del presbiterio, uno dei quali eviden-
fermazione. L'altare attuale di Sorbo Serpico maggiore in direzione dell 'altare, coperto da un temente è la sagrestia, al posto delle cappelle.
reca una data inscritta con elementi in bronzo profondo soffitto a padiglione di un tipo usuale A Napoli. Fogaccia attribuisce a Fanzago, senza
affissi sul m armo, "17 .. .1", la cui terza cifra è ca- per sagrestie, refettori o biblioteche, ma inso- alcuna buona ragione, l'altare maggiore dell'e-
duta. Stilisticamente il tabernacolo è più vicino lito nelle ch iese. Su tutti i quattro lati dello spa- remo dei Cama ld oli (cfr. Fogaccia 1945. p.164).
a Fanzago e l'ipotesi che possa essere parte di zio centrale vi sono campate curve che agget- parte della deco razione della chiesa del Car-
un altare realizzato pe r Avellino è in qualche tano all'esterno: quelle corrispondenti all'altare mine (ivi, p. 154) e il monumento a Carlo Il
modo confe rmata dalle dimensioni. che sono maggiore e all'atrio di ingresso sono quasi se- presso Monteoliveto (ivi, p. 196), che invece è
inaspettatamente gra ndi per la ch iesa in cui micircolari. mentre quell e latera li sono più lar- del suo allievo Domenico Antonio Cafaro (cfr.
adesso si trova. È possibile che questa por- ghe e schiacciate. Questa pianta potrebbe es - Celano 1692, voI. III, p. 314). L'attribuzione a Fan-
zione dell'intera struttura sia stata trasportata sere vista co me una versione se mplificata del zago della fontana della Sellaria (cfr. Fogaccia
a Sorbo Serpico quando è stato rea lizzato l'al- San Carlino di Borromini, con cappel le lateral i 1945, p. 194) è stil isticamente convincente, ma
tare vero e proprio per completarlo. La tradi- collegate al presbiterio e all 'atrio da coppie di il fatto, reso noto da Brauen, che risalga al 1654,
zione che qualche parte dell'altare provenga setti murari brevi e ortogonali fra loro al posto dà motivo di es itare perché Fanzago si t rovava
da Avellino è risolutamente negata dal par - delle complesse figure diagonali usate da Bor- sicuramente a Roma fino alla pasqua di quel-
roco, il quale rit iene che la parte inferiore sia romini. Le pareti sono articolate con un ordine l'anno (cfr. supra , p. H7). Infine, alle pagine 205
stata realizzata da Fanzago appositame nte di paraste ioniche, con cap itelli festonati. di- e 206, Fogaccia aggiunge un elenco di opere
pe r questa chiesa e che la parte superiore sia sposte in modo strano e irregolare. Le cam - (nn. 1-6. 18), che ricondu ce a Fanzago senza
stata aggiunta in seguito. Il settore superiore è pate più profonde hanno due paraste alle darne alcuna prova. Gli attribuisce anche nume-
stato modificato per inserirvi i nomi dei caduti estremità del profilo curvo e altre due ai lati rose chiese di Bergamo e della sua città natale,
nella seconda guerra mondiale. La questione è dell'apertura centrale (porta o arco dell'altare Clusone. Sebbene una di esse - Santa Maria
compl icata dal fatto che il documento tra - maggiore nelle due campate laterali, invece le della Neve - sia citata come opera autografa da
scritto da Fogaccia (19 45, p. 234) parla so l- paraste più esterne sono addossate alla parete Tassi (1793, voLli , p. 19), questo autore scr ive
ta nto della custodia e dei gradini e non dell'in - esterna della nicchia curva. Il presbiterio è troppo tempo dopo perché la sua testimo-
tero altare. stato evidentemente modificato in una data nianza possa assumere maggior peso dell'evi-
Fogaccia (1945, pp. 186, 197. f ig. 103) riconduce più tarda, quando l'abside è stata sfondata per denza stilistica, che invece è decisamente con-
a Fanzago anche la dogana e la fontana di Belle- collocarv i un coro per le monache. La chiesa è tro questa attribuzione. Per le altre chiese non ci
rofonte ad Avellino (datata 1669), e qualche molto più amb iziosa di qualsiasi altra di Fan- sono indizi e la teoria che siano di Fanzago può
guida moderna aggiunge la torre dell'Orologio zago, il quale. come si è visto, adotta tipi molto essere respinta senza es itazione.
(riprodotta in Campania 1962, figg. 116, 120, semplici. Inoltre la decorazione, a stucchi piut- Gaetana Cantone (1969a, p.166) sostiene senza
121), ma in queste opere, benché certamente si- tosto rozzi, con pochi ss imi commessi marmo- prove che Fanzago ha decorato il braccio destro
mili al suo stile, la rassomiglianza non è suffi- rei e m olto co nvenz ionali , negli altari laterali, del transetto di San Pietro Martire: tuttavia, am-
cientemente forte da conva lidare un'attribu- non ha nulla in comune con lo stile decorativo messo che l'architetto abbia effettivamente rea-
zione. Per la grancia, cfr. Fogaccia 1945, p. 64. di Fanzago. In breve, è improbabi le che la lizzato qualcosa. la nuova decorazione ottocente-
Fogaccia attr ibuisce a Fanzago l'altare mag- chi esa sia stata progettata da Fanzago. Nes- sca della chiesa ha spazzato via tutto. Fogaccia
giore di San Domenico a Soriano Calabro (cfr. sun altro nome alternativo pare convincente e (1945, p. 152) afferma che per la medesima
Fogacc ia 1945, p. 165) e quello della c hiesa la ch iesa deve trovare posto fra le più originali chiesa Fanzago ha progettato però l'altare per la
della Trasfigurazione a Badolato in Ca labria opere anonime napoletane del tardo Seicento, cappella del Crocifisso, l'ultima a sinistra nella na-
(ivi, p. 166), ma non sono riuscito a verificare la interessante in quanto mostra una certa deri- vata: neanche lui fornisce prove e aggiunge, inol-
validità di queste ipotesi. Egli r iporta l'attribu - vazione da Roma. tre, che è stata distrutta dai bombardamenti.

262
---~. ---------------

382 Napoli, Santa Maria Egiziaca


263 a Pizzofalcone, interno.
383 Cosimo Fanzago (?). pianl a
di Sanl a Maria Egiziaea a Pizzofaleone
(ASN. Piante e disegni. carI. XII. n. 17).
384 Napoli, Santa Maria Egiziaea
a Pizzofaleone, pianta.
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385 Anonimo. studio per una chiesa


a pianta centra le (ASN. Piante e disegni.
265 cart. XIX, n. 27).
È forse il caso di segnalare ancora alcune altre dei Cappuccini di Pozzuoli, intrapresa nel 1701 L'Annunziata - o Nunziatella - a Pizzofalcone
opere che, anche ammettendo che non siano (cfr. De Dominici 1742-45, val. III. p. 642), è (figg. 274, 284) viene costruita per il Noviziato
di Fanzago, certamente ri flettono però il suo stata rimossa nel XIX secolo, La cappella delle dei gesuiti (cfr. De Domin ici 1742-45, val. III, p.
stile, Il portale nel cortile di palazzo Cellamare è Periclitanti a Pontecorvo, costruita nel 1702 646). La prima pietra è posata il25 marzo 1713
una derivazione diretta dal disegno messo in (cfr. Chiarini 1856-60, va l. IV, p. 778 e Sigi- (cf r. Diari dei Cerimonieri 1961, p. 58), Sigi-
opera nella Santissima Trinità delle Monache. smo ndo 1788-89, val. Il, p.120), esiste ancora smondo (1788-89, voI. III. p. 302) e l'anonima
Le due porte hanno in comune l'insolito arco ma in condizioni molto precarie. La chiesa è Breve descrizione di Napoli (1792, p. 35) indi -
poligonale e l'uso di elementi a "grappe" sopra discussa e illustrata da Roberto Di Stefano ca no la data come 1730 circa, mentre Chiarini
l'architrave. In palazzo Cellamare le "grappe" (1962-64). Alla Redenzione dei Cattivi, Sanfe- (1856-60, voI. IV, p. 556) scrive 1736. Sono atte-
sono più numerose e più elaborate, ma l'idea di li ce realizza una nuova facciata e decora l'in- stati pagamenti per gli stuccatori nel 1730 (cfr,
base è la medesima. Le vicende del palazzo terno. L'attribuzione si deve a De Dom inici Gambardella s.d. [ma 1968]. p. 22) e gli affre -
sono oscure, tuttavia dal 1630 al 1645 esso è (1742-45 , val. II I. p. 646) e la data 1706 è indi- schi di Fra ncesco De Mura possono essere da-
appartenuto alla medesima Donn'Anna per la cata da una lapide all'interno della chiesa. Sigi- tati fra il 1732 e il 1751 (cfr. Enggass 1964). La
quale Fanzago ha costruito il palazzo di Posi l- smondo (1788-89, val. I. p. 233), scrive 1716, chiesa di Villanova a Posillipo viene costruita nel
lipo, ed è possibile che ella abbia fatto ricorso ma è evidente che si tratta di un refuso. Il con- 1737 per gli agostiniani (cfr, De Dominici 1742-
allo stesso architetto per apportare alcune m i- tributo di Sanfe lice in Santa Maria Donnare- 45, voI. III. p. 648: per la data, cfr. Casiello 1967).
nori trasformazioni nel suo palazzo di città gina è difficile da isolare. De Dom inici (1742- Chiar ini (1856-60, val. III, p,159) e Sigismondo
prima di imbarcarsi nell 'impresa più grande 45, val. III. p. 647) sostiene che ha rimodernato (1788-89, p, 209) forniscono entrambi l'ind ica-
(per palazzo Cellamare, cfr, Croce 1901). la facciata, ma essa non mostra traccia di un zione del 1743 quale data del restauro della fac-
La seconda opera è un altro portale, quello po- suo intervento e porta la data della sua costru- ciata di San Lorenzo Maggiore, ma Gambar-
sto alla base della scalinata che dal quarto zione (1669). Egli vi ha costruito al di sopra un della (s.d. [ma 1968], p. 29) precisa che De Do-
chiostro di Monteol iveto conduce verso est. belvedere, la cui finestra è ancora visibile nel minici (1742-45, val. III, p. 653), la cui biografia
Presumibilmente faceva parte, insieme alla timpano, anche se sembra che il belvedere di Sanfe li ce appare nel 1742 [1745 , N.d,R.], ne
loggia di fronte, degli edifici conventuali affac- vero e proprio sia stato distrutto, De Dom inici scrive dicendola terrninata e assoc ia l'incarico
ciati su l giardino. aggiunge che Sanfelice ha ricostruito gran al progetto dell'architetto di un apparato per
Ugualmente affine a Fanzago, è il chiostro di parte del convento e cita in particolare il cam- l'arrivo di Carlo III nel 1734. Una data immedia-
Sant'Agostino alla Zecca (attualmente acces- panile e un altro belvedere, ancora esistente tamente successiva è pertanto verosimile,
sibi le da corso Umberto " n,174) , che ha gra- all'angolo fra vico Donnaregina e via Sette m- In San Giovanni a Carbonara, Sanfelice ha di-
vemente sofferto, e che però oggi è in corso di brini. Pane (1939, p.181) pubblica una fotogra- segnato la scalinata (fig . 307) che porta alla
restauro (1971), Le nicchie ovali nei pennacchi fia del chiostro, che attribuisce a Sanfelice, se- chiesa superiore lasciandola però incompleta:
degli archi e la decorazione intorno a esse, gnalando c he altri lo hanno attribuito a Vac- De Domin ici (1742-45, voI. III, p. 647) scrive
benché un po' troppo libere nel disegno, sono caro. Il suo aspetto attuale suggerisce una da- "Ha principiata" e gli attribuisce anche il por-
certamente in sintonia col suo stile. L'aspetto tazione successiva alla metà del secolo a tale a metà della scala che conduce alla chiesa
del chiostro prima che venisse coperto con un causa del tipo di rivestimento marmoreo, che inferiore, nella quale, secondo lo stesso autore,
tetto è documentato da una litografia in D'Am - tuttavia può essere stato aggiunto dopo: è co- Sanfelice sarebbe l'autore degl i stucchi , Que-
bra (1889-93 , tav. XX I), munque impossibile identificare l'autore del - sta chiesa è chiamata Consolazione degli Af-
Infine, le due porte nel passaggio che conduce l'intelaiatura architettonica , Gambardella (s.d, flitti e personalmente credo che sia di Vaccaro
all'ingresso settentriona le di San Lorenzo [ma 1968], p. 18) associa la costruzione del piuttosto che di Sanfelice (cfr. supra , p, 176).
Maggiore hanno dettagli così simili alla ba lau- chiostro a un acquisto di terreno fatto dal con- L' intera questione è complicata dal fatto che
strata del cimitero dei monaci a San Martino, vento nel 1722, ma non sembrano esserci ra- De Dominici la chiama Pietà, che in rea ltà è il
da poter essere plausibilmente attribuite allo gioni per mettere in relazione le due cose. nome di una piccola cappella ai piedi della sca-
stesso Fanzago, La chiesa di Santa Maria Succurre Miseris (fig. linata, che apparentemente risale al XV secolo
288) è stata progettata da Sanfelice (cfr. De (cfr. Chiarini 1856-60, voI. III , p. 600).
Dominici 1742-45, val. III, p. 646). Sigismondo Nel caso di Santa Maria della Redenzione dei
appendice B (1788-89, voI. III, p, 41) indica l'anno 1729, ma i Cattivi (1706) , Sanfelice si è occ upato soltanto
documenti attestano che è stata iniziata nel della decorazione di una chiesa esistente. A
L'identificazione 1719 (cfr. Gambardella s,d, [ma 1968]). Capodimonte sono conservati disegn i dell'ar-
delle fabbriche di Sanfelice Gambardella (1968a) pubblica il disegno di chitetto per altre chiese a sviluppo longitudi-
Esiste una certa confusione sull'identifica- una pianta centralizzata, simile a quella di naie (n. 121736, n, 121752, n. 121753). Un altro
zione di alcuni fra i più importanti edifici di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone (fig, 385: disegno (n . 121733) rappresenta l'i nterno di
Sanfelice e De Dominici e le guide storiche ci- cfr. supra , p, 265), che considera come il primo una parete d'i ngresso di una chiesa di questo
tano numerose opere minori che non sono progetto di Sanfe lice per Santa Maria Suc- tipo, con un portale imparentato con quello
state discusse nel capitolo VI. Potrà dunque ri- curre Miseris, ma non fornisce alcuna motiva - della facciata della Nunziatella a Pizzofalcone.
su ltare utile esaminare più dettagliatamente zione per questa sua ipotesi. La somiglianza Nel parco di Capodimonte, accanto all a fab -
l'identificazione delle sue opere, tra le due chiese è molto lieve e il disegno non brica di porcellana, sorge una piccola cappella ,
Iniziando dalle chiese, la decorazione di quella sembra nello stile di Sanfelice, datata 1743 in una lapide sopra la porta, che è

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totalmente nello stile di Sa nfelice, di cui è nota biografia di Sanfel ice (cfr, De Dom inici 1742- settecenteschi e aver decorato le tre cappelle
l'attività per Carlo III a Capodimonte negli ul- 45, voI. III, p, 648) lo riferisce a Sanfelice, La si- per le fam iglie Lembo, Pezzo e Ma zza (cfr. De
timi anni della sua vita, Il fatto che non sia ci- tuazione è confusa ulteriormente dall'esi- Dominici 1742-45, voI. III, p, 656), Nell a cappella
tata da De Domi ni ci è spiega bil e con la dat a, stenza di un disegno, co nservato a CapOdi- Lembo - la quart a a sinistra - sono co ll ocate
dal momento che le Vi te sono apparse l'an no monte (n, 121640) fra quelli attribuiti a Sanfe- tombe con busti entro medaglioni ovali e una la-
precedente a qu ello indicato dall'iscrizione [in lice, ma che corrisponde alla descrizione for - pide che ricorda la consac raz ione della cap-
realtà 1745, N.d,R, ]. La cappell a è a pianta ret - nita da De Dom inici del monumento così come pella. datata 1729. La cappella Pezzo - la quinta
tangolare con angoli arrotondati , una fi gura progettato da Vaccaro, Per l'origine del monu - a destra - ha due monument i funebri con figure
cara a Sanfelice: le finestre seguono il ti po a lui mento, cfr, Ludovico De la Ville sur-Yllon 1707: ad altorilievo a grandezza metà del natu rale. da-
consueto e l'altare non è dissimile da quelli do- l' autore non discute la questione dell'attribu- t ati rispettivamente 1733 e 1759, La cappell a
cumentati nei suoi disegni. zione, ma precisa che il monumento è stato ri- Mazza - la prima a destra - ha un alta re dedi-
Le altre opere minori compre nd ono l'altare maneggiato due vo lte, nel 1755 e nel 1793. cato a san Gennaro per il quale esiste un dise-
maggiore della Visitazi on e (di strutto : cfr, De Gambardella (s d, [ma 1968], figg, 95-97) pub- gno con servato a Capodimonte (n, 121694). Se-
Dominici 1742- 45, val. II I, p, 642 e Celano 1792, bl ica - presumibilmente come opera riferita a condo De Dominici il dipinto sull'altare sarebbe
voI. VI, p, 54): l'altare Pignate ll i ai Santi Apo - Sanfeli ce - fotografie della facciat a della di Sanfelice, In un altro disegno (n. 121784 [ora
stoli, ident ico all'altare Filomarino costruito da chiesa delle Crocelle in via Ch iata mone, che GDS 844. N.d.R.]) per la facciata di una chiesa
Borromini nel braccio opposto del transetto non ha alcuna rela zione con l'architetto. Fa an- ricompare lo stemma della famiglia Mazza ed è
(1723: cfr, De Dom inici 1742-45, voI. II I, p, 647 e che riferimento alla facciata della Croce di presumibilmente re lativo a una commissione
Pane 1939, p, 195, nota 12) e l'altare maggiore Lu cca come se fosse di Sanfelice (cfr. Gam- da parte della stessa fami glia,
di San Gau dioso (1733 , distrutto nel 1799: cfr, bardella s,d. [ma 1968]. p, 72), ma presumibil- A Salerno Sanfel ice ha costr uito anche il cam-
Filangieri di Satriano 1883-91. vo I. IV, p, 425). mente si tratta di una sv ista, dato che la fac- panile dell'Annunziata (cfr. De Domini ci 1742-
Nel 1724 Sanfelice costru isce parte del co n- ciata è so ltanto un muro liscio con un portale 45, voI. III. p. 656). che esiste ancora. e il mona -
vento di Santa Patrizia , inclu so il belvedere, il seicentesco, Il soffitto dell a c hi esa, di cui è stero di Sa n Giorgio, dove ha realizzato un be l
campanile e l'altare maggiore della chiesa pubblicata una fot ografia - presumibilmente refettor io a tre navate. ancora esistente. e una
esterna , ancora esistente (cfr, De Dominici anch'esso come opera di Sanfelice - risale in- scala a pianta ottagonale, Ha progettato anche
1742-45, val. III. p, 657 e Mormone 1963-64, p, vece al XVI secolo. una chiesa per il conve nto della Trinità (cfr, De
123), L'altare maggiore di Santa Monica (cfr, È attestato che Sanfelice ha realizzato anche Dominici 1742-45, val. III. p, 657), che però non è
De Dominici 1742-45, voI. III , p, 648) è stato di - numerose chiese fuori Napoli. Nel 1708 comi n- mai stata costru ita. Pane (1939. p, 197) parla di
strutto dai bombardamenti del 1943, cia a costruire una chiesa dedicata a San Gen- queste due case religiose come se si trovassero
Nel 1739 Sanfelice viene in ca rica to di realiz- naro vicino Ottaviano - ch iamata Ottajano da in una città chiamata San Giorgio, tuttavia è evi-
za re un alta re per la chiesa della Santa Croce De Dom inici (1742-45, voI. III, p. 642) - in adem- dente che De Dominici intende che erano a Sa-
di Lucca e di rinnovare il pavim ento del presbi- pimento a un voto espresso durante l'eruzione lerno. L'errore è ripetuto nel volume dello stesso
terio (cfr, Ceci 1903, p, 148), L'alta re è stato r i- del Vesuvio del 170? È stata consacrata nel 1716 autore sulle ville vesuviane (Pane et al. 1959, p,
m osso o distrutto, ma è visibile in una riprodu - e i suoi resti possono essere identificati in un 17. n. 3). dove la città è identificata con San Gior-
zione nell 'arti colo di Miola (1903, p, 101), È at- gruppu scolo di case ai margini della strada fra gio a Crernano. In un contesto abbastanza diffe-
tribuito a Sanfelice da De Dominici (1742-45, Terzigno e Boscoreale ancora denominato San- rente, De Dominici (1742 -45. voI. III. p. 644)
voI. III, p, 648) e Chia rini (1856-60, voI. III , p, felice, Lo stemma con gli emblemi dei Sanfelice menziona una "terra di S. Giorgio': dove Sanfe-
278), benché qu est'ultimo lasci intendere che e dei Ravaschieri che di recente è stato ritrovato lice avrebbe costruito un palazzo barona le per i
l'altare fosse parte del restauro del 1684, sul posto, conferma quanto scritto da De Domi- Ravaschie ri, per i quali aveva progettato anche
epoca in cui Sanfelice aveva so lo nove anni. La nici. secondo il quale anche la moglie dell'archi- la chiesa di Roccap iemonte. ma sembra che
relaz ione fra l'altare maggiore che adesso si tetto era coi nvolta nell'iniziativa, La facciata questo paese si trovi nella stessa zona di Rocca-
trova in Santa Teresa degli Studi e Sanfelice è della chiesa è documentata da un disegno con- piemonte, ed è dunque probabi le che si t ratti di
complicata, Secondo Chiarini (1856-60, voI. V, servato a Capodimonte ( n, 121709) che raffi- Castel Sa n Giorgio, che di sta soltanto qualche
p, 267) e Galante (1872 , p, 401) questo altare è gura gli emblemi e con la didascalia "Prospetto chilometro e ha un palazzo in cui alcuni partico-
stato progettato da Sanfelice, ma deve essere della Chiesa di S, Gennaro nella terra di ,,:: la cui lari potrebbero essere di Sanfelice,
stato molto manomesso quando è stato collo- ultima parola, purtroppo, è stata t agliata. Secondo De Dom inici (1742-45. val. III. p, 651)
cato in Santa Teresa , Nel suo stato attuale l'a- Secondo De Dominici , Sanfelice ha progettato Sa nfelice ha progettato la chiesa del conve nto
spetto complessivo suggerisce un neoclassici- anche la chiesa parrocchiale di Ottaviano, dedi- d i Santa Chi ara a Nola , dove erano monache
smo di inizio Ottocento, ma alcune pa rti , come cata a san Giuseppe, La chiesa parrocchiale è ora due delle sue sorelle, La chiesa ha un impianto
i putti, l'urna e le mensole, potre bbero r isalire ded icata a sa n Lorenzo, ma il t itolo può essere a croce lat ina e appare molto più anti qu ata
all'altare originale di Sanfeli ce, stato modificato in epoca successiva. È priva di della Nunziatella in quanto ha un soffi tto piano
La paternità del monumento in onore di san interesse e non è nello stile di Sanfelice. Sopra il in legno dipinto diviso in ri qu adri , alcuni dei
Genna ro sull e scale di Santa Cater ina a For- portale è affisso lo stemma di un ramo della fa- quali contenenti co mposiz ioni di figure, altri
miello è oscura, Nella biografia di Vaccaro, De migl ia Medici che erano duchi di Ottaviano, con dettagl i decorat ivi. A prima vista ciò po-
Dominici (1742-45, voI. III, p, 489) attruibuisce Nella cattedrale di Salerno, Sanfelice potrebbe trebbe suggerire che Sanfelice stesse soltanto
il busto del santo a questo artista , ma nella essere stato l'autore di gran parte dei restauri restaurando un edificio preesistente. ma è im-

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probabile poiché la chiesa gotica, ancora esi- 121705 [ora GDS 1171, N.d.R.]). Viene consa - alla lettera): il sito per il pal azzo viene acqui-
ste nte, so rge su un sito diverso, più a ovest. crata nel 1724 (cfr. Taturi 1848. p. 531. citato da stato nel 1729 (cfr. Gambardella s.d. [ma
L'interno non è eccezionale, tranne che per al- Gambardella s.d. [ma 1968], p. 21). Altri due di- 1968]. p. 22). Qua lche leggero elem ento di
cuni raffinati dettagli decorat ivi, come gli al- segni a Capodim onte possono essere messi in dubbio sorge su palazzo Pa lm arice, perché
tari, l'acquasantiera e il pulpito. Non si co no - relaz ione con questa chiesa . Il primo (n. Mormone (1961-65 , I. p. 218) pubblica docu-
sce la datazione della chiesa, ma l'altare mag- 121685) rap presenta la facci ata di una chiesa menti che riferiscono di lavori di Vaccaro in pa-
giore è datato 1725. Un disegno conserva to a co n un agnello - simbolo della purezza - sopra lazzo Palmarice "a l largo di S. Maria della
Capodimonte (n. 121755) rappresenta un sof- la porta e l' Immacolata in una nicchia al di so - Nova ", ma il palazzo costr uito da Santelice, di
fitt o di simile composiz ione generale, ma vi pra. In aggiunta, sopra il fron tone sono i monti fatto. deve essere quello che sorge in piazzetta
sono teschi e clessidre, ed è dunque probabile coronati da una stella, emblema della diocesi di Teodoro Monticelli. che è ancora ch iamato
che sia per una chi esa dedicata a Santa Maria Nardò, e lo stesso ordine dorico della catte- cosi ed è abbastanza vici no a Santa Maria la
delle Anime del Purgatorio. drale, ma con l'uccello dello stemma Sa nfelice Nova da giustifica re la frase del documento. In
Sa nfelice costrui sce anche la ch iesa di Sant'A- nell e metope. Il secondo disegno (n. 121645), alternativa si potrebbe pensare a un secondo
gostino a Sessa Aurunca (cfr. De Dominici 1742- per un portale datat o 1715, presenta gl i stessi palazzo appartene nte alla st essa famigli a, in
45, voI. III. p. 656) che è stata restaurata di re - monti con la stella. l'uccello dei Sanfelice nei largo Santa Maria la Nova. ma nessuno dei pa-
cente e, a Capua, progetta l'a lt are per la cap- pennacchi e un ril ievo della Vergine con Ba m- lazzi di epoca barocca es istenti nella zona , si
pella del Santi ss imo Sacramento nel duomo, bino che è molto simile a quello del disegno per chiama Palmarice.
Secondo De Dominici (ivi) , il progetto di Sanfe- la facc iata della Purita. Santelice ha costru ito Pa lazzo dello Spagno lo (fig. 323) non è c itato
lice per la ch iesa di San Giovanni Battista delle anche una sca la per il co nvento di Santa da De Domin ici. ma è attribuito a Sanfelice da
Dame Religiose nella stessa città sarebbe stato Chiara, ma si trova all'interno della clausura e Catalani (1845, p. 73) e da Chiarini (1856-60,
dato alle stampe, sebbene la chiesa in rea ltà sia non sono riuscito a vederla. Sanfelice ha anche voI. V, p. 397), che lo descrive dicendolo in via
po i stata costru ita da Vaccaro. Non sono riu - aggiunto un appartamento al palazzo del ve- dei Vergin i. di fronte ai Padri della Mi ssione. In
scito a rintracc iare l'inci sione, ma il progetto è scovo e una sca la e una biblioteca per il semi - effe tti il palazzo in via dei Vergini n. 19 ha una
documentato in un disegno (fig, 278). De Domi- nario, ma tutto ciò sembra essere scomparso sca linata che è quasi identica a quella del cortile
nici (1742-45, voI. III , p. 657) scrive anche che con la ricostruz ione del XIX secolo. destro del palazzo Sanfelice in via Arena della
Santelice ha realizzato un altare in marmo per La maggior part e dei palaZZi di Sa nfeli ce può Sanità (fig 306). La questione dell'attribuzione
una chiesa " nella terra di Lauriano " per conto essere id entificata perc hé la denominazione tuttavia, è complicata dal fatto che i documenti
dello stesso nipote per il quale aveva restaurato antica è ancora in uso, oppure perché sono ci- relativi alla costruzione, risa lenti al 1738 e resi
un palazzo a Napoli. Presum ibilmente si tratta t ati dalle guide storiche, o ancora perché le de- noti da Gambardella (s.d. [ m a 1968]. pp. 71,
del piccolo villaggio così chiamato e che si trova scri zioni di De Dom inici (1742-45. vol . III , pp. 101), non menzionano Sa nfelice, ma il nome di
subito a sud di Marcianise, dove c'è un caste llo 646-652) sono sufficientemente dettag liate un Ingegnere e tavo/ario, Francesco Attanasio,
con una cappella, ma sia il castello che la cap- per indi viduarl i con precisione. Il palazzo di fa- del quale non si conoscono altre opere. Che egli
pella sono della fine del XIX secolo. miglia dell'architetto si trova in via Arena della svolgesse le funzioni di arch itetto, e non sol-
Sanfelice è stato pa rtico larmente attivo in Pu- Sanita nn. 2-6 (figg. 306,313,314,315,317). Il tanto di impresario è provato dal fatto che il
glia, dove suo fratell o ha ricoperto la carica di palazzo dei Ravaschieri di Satriano, che è contratto cita Felice Polito come capomastro
vescovo di Nardò dal17lO al 1718 ( Ugh elli 1712- stato ri mo dernato da Sanfelice, si trova in via muratore. Gambardella ipotizza che il si lenz io
21. voI. I. col. 1062, indica la data della sua no- Riviera di Ch iaia n, 285 (cfr. Chiarini 1856 -60, su Sanfelice sia dovuto al fatto che egli era stato
mina e quella della morte si legge su una lapide voI. V, pp. 55 sgg.): palazzo Teora, nel quale ha l'architetto favorito dal viceré austriaco, il conte
nella ch ie sa della Pu rità). De Dominici (1742- m od ificato la facc iata, è il palazzo Caivano, ini- di Daun, ed era stato quindi estromesso dai fa-
45, voI. III , p. 655) dice che l'architetto ha deco- ziato da Fanzago (cfr. supra, p.115) e si trova in vo ri del nuovo sovrano quando i Borbone si
rato la cattedrale nel 1715 e costruito il batti - via Riviera di Chiaia n. 66, all' angolo co n via erano insediati sul trono di Napoli. Difficilmente,
ste ro, l'altare maggiore e "tutte le cappell e". dell'Arco Mirelli. Vi so no due palazzi che por- però, ciò può aver avuto conseguenze sulle
Gran parte della decorazione della cattedrale tano il nome di Bartolomeo Di Maio, uno in via commissioni pri vate. De Dominici (1742-45. voI.
è stata rimossa nel restauro di fine Ottocento, Discesa della Sanità n. 68 (figg. 270, 311, 312, III , p. 651) sc ri ve che lo scalone del palazzo di
ma il battistero esiste ancora nella prima cap- 321), databile a prima del 1745 (Gambardella Sanfelice era stato molto imitato, ed è probabile
pe lla a sini stra e anche l'a ltare della cappella s.d. [ ma 1968]. pp. 30, 103), l'a ltro in piazza che questa sia una delle imitazion i. Le sagome
contigua è probabilmente suo. La facciata della della Vitto ria, accanto alla ch iesa di Santa Ma- delle aperture sono più rozze di quelle di palazzo
catted rale (figg. 283, 285), su cui è apposto lo ria della Vittoria (cfr. Chiarini 1856-60, voI. V, p. Sa nfelice e sono diverse dal suo solito stile.
stemma di Benedetto XIII (papa dal 1724 al 556). Palazzo Pignatelli di Monteleone è in ca- De Dominici (1742-45, vo I. III , p. 651) riferisce
1730), è certamente sua e ne esiste un di segno lata della Trinità Maggiore n. 53 (fig. 320), ad che Santelice aveva com inciato da poco a co-
a Capodimonte (n, 121962 [ora GDS 1526, angolo con piazza del Gesù Nuovo: palazzo struirsi un nuovo palazzo "fuori la porta di Co-
N.d.R.]) . Sanfelice cost ru isce anche una chiesa Della Rocca Filomarino, nel quale Sanfeli ce ha stantinopoli': Pane (1939, pp. 187-188) ipotizza
per il Conservatorio della Purità, datata 1722 in aggiunto il po rtale e progettat o lo scalone, è in una possib ile identificazione di questo palazzo
una lapide, che reca lo stemma dei Sanfelice al via Benedetto Croce n. 12 (fig. 318). Il palazzo con quello in via Foria n. 234, di cui fornisce una
vertice della facciata e per la quale esiste an- del duca di Girifalco è in via Salvator Rosa n. pianta e una prospettiva della sca la. Questa
che un disegno a Capo dim onte (fig. 291: n. 315 (la descrizione di De Dom inici corrisponde identificazione però non è convincente. La frase

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"fuori la porta di Costantinopoli " dovrebbe indi- palazzo in via Zurul i piuttosto che a quello in via lazzo senza nome in via Cisterna dell 'Olio, che
care un sito più vicino alla porta di quanto non San Pellegrino. che mostra uno stile particolar- ha uno splendido e ampio portale alla maniera
lo sia la casa in via Foria che, fra l'altro, sarebbe mente maturo (cfr. supra . p. 204). Una data- di Sanfeli ce : il palazzo ad angolo fra via Santa
stato più logico definire come "fuori la porta di zione precisa per il palazzo Capuano è sugge- Ch iara e via dei Banchi Nuovi appena citato (ivi,
San Gennaro". Inoltre De Dominici sostiene che rita da De Dominici , il Quale scrive che dopo il fig. 8) e un palazzo Tarascona (ivi, figg. 67, 68),
Sanfelice vi stava portando a termine il pro- suo completamento l'edilicio era stato visitato che e'iloentemente è la villa Tarascona a Re -
getto per uno scalone aperto otta'è,onale. dello da\ \I\ceré.. a\ C\ua\e \)e 'ùom\nk\ s\ r\'er\~c:e come sina. clìe l''ane (et al. 1959,pp.24X'l-247) asso-
stesso tipo di quello cne aveva disegnato per "D uca d'Asca\ona". Costui deve essere i\ mar- cia al nome di San\e'ilce,sem_a éI.\cl.lnél. e'Jidente
palazzo Maggiocco. ma che era stato rifiutato: chese di Villena, duca di Escalona , l' ultimo vi- motivaz.ione. Gambardella ipo\\21.a ancne c'ne
questa descrizione non corrisponde con lo sca- ceré spagnolo. in carica dal 1702 al 1707 (cfr. la scalinata aperta che conduce all a farmacia
Ione del palazzo in via Foria . Inoltre questo pa- Coniglio 1967, pp. 347 sgg.). dell 'ospedale degli Incurabili sia di Sante/ice
lazzo sembra la rea lizzazione di un architetto De Dominici (1742 -45, voI. III. p. 650) afferma ma il parapetto è piuttosto al la maniera dei
della generazione successiva a Sa nfelice. I do- anche che Sanfelice ha restaurato palazzo Ca- Nauclerio (cfr. supra, p.152: fig. 218). Il lavoro di
cumenti pubblicati da Gambardella (s.d . [ma samassima. Pane (1939, p. 196) lo identifica Sanfelice per Carlo III al Serraglio del ponte
1968], pp. 12 sgg .. 18, 30. 85) dimostrano che come "quello di fianco a Santa Maria Maggiore della Maddalena è cit ato da De Dominici (1742-
Sanfelice aveva acquistato una serie di lotti di del lato di via Atri", ma il sito è adesso occupato 45, voI. III , p. 658) e discusso da Aprato 1963-
terreno appena fuori le mu ra: nel 1709-11 fuori da due edifici entrambi risa lenti al XIX seco lo: 64. Schipa (1923, voI. I, p. 271) registra paga -
Porta Reale, vici no Santa Maria della Provvi- Celano (1692, voI. IV, p. 55) scrive abbastanza menti a Sa nfelice nel 1742 per lavori nel giar-
denza (che sorgeva sul sito dove ora si trova la chiaramente che il palazzo si trovava su un 'area dino del Dattile e nel giardino della Pigna a Ca-
chiesa di San Michele a Port'Alba), nel 1713 al del monastero di San Demetrio, fra la chiesa podimonte.
largo delle Pigne, nel 1714-16 fuori la Porta dello omonima e la piazza dei Banch i Nuovi e ciò è De Dominici (1742-45, '101. 111 , p. 655 sgg.) men-
Spirito Santo, nel 1722 fuori Porta di Costanti- confermato da Parrino (1700, p. 169). Di fatto ziona numerosi palazzi costruiti da Sanfelice in
nopoli e nel 1745 di nuovo fuori Porta Reale. Sol- deve dunque trattarsi del palazzo in via dei centri f uori Napoli, ma identificarne qualcuno è
tanto dopo lunghe trattative alla fine, nel 1737, Banchi Nuovi n. 8 (fig. 296), proprio di fronte a piuttosto difficile. Nessuna delle vill e di Portici
era riusc ito a ottenere l'a utorizzazione a co- palazzo Palmarice che, va le la pena di notare, può essere individuata, tranne villa d'Elbeuf.
struire nell'area fuori Porta Costantinopol i, ma De Dominici menziona nella stessa fra se in cui De Dominici sostiene che Sanfelice ha costruito
oggi il palazzo non è più identificabile e po- parla di palazzo Casamassima. Sarebbe all et- molte scale a Capua - una delle quali potrebbe
trebbe anche essere stato abbattuto. tante identificare questo ultimo con quello ad essere quella in via Seggio dei Cavalieri n. 50 -
Purtroppo c'è molta confusione su due impor- angolo fra via Banchi Nuovi e via Santa Chiara, e il palazzo episcopale di Sal erno. In quest a ul-
tanti pala zzi di Sanfe lice, quello costrui to per che ha un portale nello stile di Sanfelice, ma gli tima città potrebbe anche essere l'autore di pa -
suo nipote, il duca di Lauriano, e quello costruito stucchi sono alla maniera di Vaccaro e inoltre il lazzo Genovese in piazza Sedile di Campo, che
per suo cognato, Carlo Capua no, marchese monastero di San Demetrio si troverebbe dal- ha un raffinato portale e uno scalone (figg. 304,
della Petina. De Dominici (1742-45, val. III. p. l'altra parte della strada. cosa che porta ad 305) che è una replica quasi identica di quell o
657) descrive il primo come "vicino al Seggio di escludere questa ipotesi. del corti le destro di palazzo Sanfelice alla Sa -
Montagna" e precisa che Sanfelice vi aveva co- Fino adesso non è ancora stato possibile identi- nità. De Domini ci (1742-45, vo I. III. p. 651) scrive
struito uno scalone ottagonale per evitare di oc- ficare palazzo Maggiocco (ma cfr. supra, p. 211). che a Nola "costruì molti palazzi".
cludere le finestre delle ali adiacenti. Questa de- De Dominici (1742-45, voI. III, p. 650), dopo aver In un disegno conservato a Capodimonte (n .
scrizione corrisponde esattamente a un pa- descritto lo schema della scala ottagonale rifiu- 121798) figura una iscrizione che si riferisce a
lazzo in via San Pellegrino n. 24 (figg. 301. 302, tata dai committenti, scrive che in seguito San - giardini di Nardò: non è chia ro se vad a inter-
303), che ha uno scalone che combacia con la felice ha costruito due scale in parti diverse del- pretata alla lettera , o se la scritta si rifer isca al
descrizione ed è molto vicino al sito del Seggio l'edificio.ll palazzo non è citato da Catalani né casino che, secondo De Domin ici, Sanfeli ce
di Montagna (cfr. Chiari ni 1856-60, voI. III, p. da Chiarini. Pane ( 1939, p.196, n. 22) ipotizza aveva costruito vicino Nard ò per suo nipote
246), ma sopra il portale è affi sso lo stemma che possa essere uno dei due palazzi prospi - "Marchese di Martino". È stato plausibilmente
della famiglia Capuano, così come raffigurato cienti largo della Carità (cfr. supra , p. 218; figg . ipotizzato che si tratti di un errore per Matino,
da Mazzella (1601, p. 776). La desc rizione di De 325,326,331). ma questi hanno entrambi un'u- una picco la cittadina non lontana da Nardò,
Dominici potrebbe corrispondere anche con un nica sca la sul fondo del corti le. Nessuno di que- dove il palazzo marche sa le ha parecchi ele -
palazzo in via Zuruli (o Zuroli) n. 24, vicino al sti due palazzi è citato dagli autori antichi come menti nello sti le di Sanfelice. Al asta ir Ward mi
Monte della Misericordia , chiaramente nell o opera di Sanfelice, benché entrambi siano ha comunicato che un membro della famiglia
stile di Sanfelice, che Chiarini (1856-60, voI. II. p. molto v icini al suo stile. Quello a sinistra, pa- Del Tufo, alla quale apparteneva il palazzo,
370) identifica come il palazzo di Car lo Ca - lazzo Mastellone (figg. 326, 331), è attestato in aveva sposato una Ravaschieri.
puano, ma che non ha alcuno stemma . Pane costruzione nel 1733 (Mormone 1961-62a , p. A Francavilla Fontana, fra Taranto e Brindisi,
(1939, p. 188) riconosce in questo palazzo 199), ma purtroppo il contratto indica soltanto Sanfelice progetta uno scalone per il pa lazzo
quello del duca di Lauriano. De Dominici (1742- il nome del capomastro, Nicola Ghetti e non degli Imperiali del marchese d'Oria del qual e,
45, val. III, p. 646) sostiene inoltre che il palazzo quello dell 'arc hitetto . Gambardella (s.d. [ma secondo De Dominici, aveva realizzato anche
Capuano è stata la prima opera di Sanfelice e 1968], figg. 140,141) illustra altri tre edifici, pre- un modello ligneo, di modo che l'opera po-
questa affermazione si adatterebbe meglio al sumibi lmente come opere di Sanfelice: un pa- tesse essere esegu ita dagli artigiani locali.

269
386

aggiornamento

Ognuno dei paragrafi di aggiornamento va


considerato come integrazione del brano 91f1f~
corrispondente nel testo di base, che ne costituisce "w""'a>~j.IO. tJili~'-"tt.d&L.? ..""iJ,.J
il costante e necessario riferimento. ..../ .t)1t1l1l...")d~/~~"....,--'_')...

L'aggiornamento è suddiviso in capi toli secondo ~"8'f.\."",k1


la sequenza del testo angina le. Gli edifici trattati ~j,.. ..'.t. ... ~_m·'J!'_ I..I/"."u
nelle due appendici su Fanzago e Santelice sono .. '1tdJ/C.J JJ,
di seguito a quelli dei corrisponden ti
diSC USSI ;/:Jiu,':-"~-;'''''r''·'''''IOI'- ./.u.·~ 1
~tf .. ttl . 6 1C;"....r~~tj '"
capitoli (capitolo III e capi tolo VI). All'interno di ogni
capitolo il l esto è diV ISO in paragrafi cOrrispondenti
a quelli del testo originale (nel caso del primo
capitolo) o al singoli architetti. All'inizIo di ogni
paragrafo sono segnalati i nuovi contributi relativi
a quell'architetto, mentre gli aggiornamenti sugli
edi fici trattati nel testo originale sono suddivisi
in sottoparagrafl. Anche in questo caso è stata
(lspettata la sequenza del testo: ave però nel testo
gli impianti, le facciate e gli interni sono discussi
separata mente si è scelto di inserire in una sola
nota l'aggiornamento relat ivo a tutto l'edificio.
Nell'aggiornamento si sono pnvilegiati i contnbuti
che forniscono nuovI dati documentari o nuove
interpretazioni che confermano D smentiscono
quanto a suo tempo affermato da Blun!. Tuttavia
sono stati aggiunti anche nuovi edifici - in
sottoparagrafi Introdotti da un asterisco'" -
la cui conoscenza è stata resa possibile grazie
a recenti ri trovamenti o la cui attribuzione è stata
proposta dopo if 1975.

386 Pierre-Adrien Pàris (da rilievo croit, par la Reine Jeanne Il, Rapporté
di Luigi e Stefano Gasso?), Pian des d'un maniere peu exacte par Serlio,
restes d'un edifice en ètat de fuine Page 122_Editi in 4' de 1566
a 1' 12 mille de Naples. connue sous le (Besançon, Bib fiothèque Municipafe,
270 nom de Poggio Reale, Bàti, a ce qu 'on fonds Pàris, 479, n.100),
19, cit. in Di Battista 1998, p. 149, nota 17). 1990: Vecce 1997, pp. 1848-1852) . Per i giar-
cap ito lo I La decisione di cost ruire un arco di trionfo da- dini dell a vi ll a, cfr. Giannetti 1994, pp. 24-26.
Il rinascimento vanti alla porta di Castel nu ovo risa le al 1455,
come risulta dalle test imonianze di Bartolo- Poggioreale Cettina Lenza (2004) ha ritro-
Quasi con t empo ranea al libro di Bl unt è la meo Facio e dell 'ambasc iatore sforzesco a Na- vato e reso noto un ril ievo ottocentesco che
pubbl icazione di due volumi di Roberto Pane poli (cfr. Di Battista 1998 e 1998-99). L' arco co- rapp resenta la villa di Poggio reale (fig. 386)
(1975 e 1977) sul rinascimento in Ital ia m eri - struito da Alfo nso era a un solo piano, mo lto poco prim a del la sua compl eta distruzione: il
dionale, risultato di uno studio plurid ece nnale: più sim ile agli arc hi tr ionfal i dell'antichità di corpo centra le della villa appare a pian ta ret -
le attrib uzioni e le r icostruzioni più contro- quanto non appaia oggi: i piani superiori sono tangolare con tre arcate su l lato breve e se tte
verse ivi contenut e sono segnalate da Hanno stati costruiti sotto suo f igl io Ferrante ( 1458- su quell o lu ngo, tu tte della stessa amp iezza.
Walter Kruft (1979) e Cha rlotte Nichols (1981), 94). I restauri condotti da Adolfo Arena nel Prima di questa scoperta la ricostru zione del -
che conco rd ano nel rite nere lo studio di Pane 1903 hanno messo in evidenza l'impiego di una l'a lzato della vi lla - sulla base delle vedute più
uno stimola nte punto di pa rtenza per nuove differente tecnica costruttiva nella parte supe- tarde e dei disegni d i Ba ld assa r re Pe r uzzi -
ricerche, ma ne criticano la narrazione discon- riore (cfr. Avena 1908, ciI. in Di Battista 1998), dopo esse re stato oggett o di una accesa di -
tinua e l'assenza di sistem aticità. Pane (1975. corrispondente a una seconda campagna di la- sput a fra Blunt e Hersey, ha impegnato diversi
pp. 63-71) ripubblica anche la lettera di Pietro vor i e forse a una modifi ca del progett o, L'in - stud iosi, principa lmente Fri tz Euge n Keller
Su m monte a Marc 'An tonio Michiel, datata gresso al caste ll o è rapp resen tato con un arco (1973), Roberto Pane (1977. pp. 35-57) e da ul-
1524, fonda m entale documento sull'a rte na- a un solo piano, inquadrato da co lonne binate, ti mo Chr istoph Frommel (1994), mentre Da -
pole tana che in seguito è stato nuovamente nel ril ievo sovraporta scolpito da Domenico Ga- vid Marshall (1986) ha analizzato il quadro di
analizzato da Ferdinando Bologna (1995). gini all' interno degli appartament i di Caste l- Viviano Codazzi (1604 ci rca -1670) e Dom e-
nuovo (cfr. Filangeri [ 1934). ed. 1964, pp. 132- nico Ga rg iul o (1609-1675 circa) già ricon o-
l38: Kruft 1972, pp. 21, 62 -63, 246). L'arco do- sciu to come veduta della loggia su lla pe-
Monumento Brancaccio
veva essere completato da un monu men to sch iera (cfr, Civiltà del '6001984, voI. I. p. 226,
Il ca rattere innovativo del monumento fu nera- equestre in bronzo commissionato a Donatello cat. 2.39). Giul io Pane (2004) seg nala alcuni
rio del ca rdinale Brancaccio in Sant'Angelo a (cfr, Caglioti 2003).11 primo arco era stato co- framm enti superstiti della vill a e pubblica due
Ni lo (fig. 2), di Donatello (1386-1466) e Miche - struito da Alfonso per celebrare le sue vittorie, foto grafie degli ambie nt i sott erranei ancora
lozzo (1396-1472) , deriva dalla re interpreta- quello soprastante viene innalzato dal figli o es istenti in loco. Per una sintes i delle que -
zione della tradizione dei sepolcri angioini (cfr. Ferrante per tra sformare il monumento in un stioni stor iografiche, cfr. Quinterio (1996, pp.
Lightbown 1980, val. I, pp. 52-127). Non dipende cenotafio in onore del padre: al suo interno do- 438-469) e Maffei (1996). Una interessante
dalla volontà del cardina le che anz i, nel suo te- veva infa tti esse re sospeso il cuore di Alfonso descrizione della vil la e di alcune sue im ita-
stam ento, cita quali modelli di riferimento il se- ch iu so in un rel iquiario di argento : l'immagine zion i in Italia settentrionale è offerta da Lean -
po lcro Penna in Sa nta Chiara e il portale della finale si avvic inava così ai mausolei della dina- dI'O Alberti (ISSO, f. 167v). Per i giardini della
cappe lla Pappacoda , due opere di Baboccio da stia precedente, in pa rticolare quell i di Roberto villa, cfr, Giannetti 1994, pp. 20-24.
Pipe r no (1351-1435) dal linguaggio decisa- d'Angiò e di Ladi slao di Durazzo, Per la pre-
mente gotico (ivi, p. 78: Bock 2001 e 2001a). senza a Napoli di Leon Battista Alberti in con- Progetto di Giuliano da Sangallo per un pa -
com itanza con la modifica dell 'arco, cfr. in fra, lazzo Basandosi sull a testimonianza di Sum-
Palazzo di Diomede Cara fa. Per i monumenti monte, Roberto Pane (1975, pp. 84-87) ha cre-
Alfonso I (1442-58) e Alfonso Il (1494-95)
angioini. cfr. Enderlein 1997: Michalsky 2000. duto di poter interpret are il disegno di Giu -
Arco di Castelnuovo Il cantiere dell'arco di liano da Sangallo (fig. 5) come progetto per il
Castel nuovo (fig. 1) è stato ricostr'ui to sull a Duchesca Un a descrizione di Pao lo Grovio palazzo dei Tribunali, ma l' ipotesi è oggi rite-
base di nuove rice rche d'arch iv io da Rosanna (cfr. Maffei 1996), f inora trasc urata dall a sto- nuta poco probab ile: la descrizione di Va sa ri
Di Battista (1998 e 1998-99). Grazie a una at- riografia, aggiunge nuovi dati alla conosce nza e l'anal isi del disegno conva lidano infatti l'i -
te nta lettura dei documenti è riuscita a postici- della villa. Il complesso della Duchesca era co- dentificazione con un Pa lazzo Reale (cfr. Borsi
pare l'avv io dei lavori pe r la costru zio ne del- stituito da un insieme di ed ifici - le fonti par- 1985, pp, 395-404). 11progetto è stato redatto
l'arco, distinguendo fra l'arco vero e proprio e la lano di una "Duc hesca grande" e di una " Du- nel 1488, ma il fogl io dell'album vatica no rap-
porta retrosta nte: il disegno Boijmans (Rotter- chesca picco la" - inseriti in un ampio g iar- presenta una revisio ne degli an ni successivi,
dam, Museum Boijmans van Beun ingen, 1.527) dino. La descrizione dell a villa fornita da Gio- for se in torno al 1513 (ivi , p. 399) . Rusciano
_ attribuit o all a cerch ia di Pisanello - non sa- vio si sofferma sui giard ini e sui gioc hi d'ac- (2002, pp. 28 -29 ) ipotizza cile le tracce d i
rebbe un progetto per l'arco, ma lo schema d i qua, ma accenna anch e a una caenatio in murazioni recentemente venute all a lu ce nei
un affresco dipinto nel 1449-50 sulla parete re- ipsum depressa cavedium che ricorda il cortile pressi di Castelnuovo possano essere le fon-
trosta nte. Il castel lo viene ristruttura to fra il di Pogg ioreale (cfr, Maffei 1996, pp. 162, 167). dazioni del palazzo. Per Giuliano da Sangal lo,
1450 e il 1453, in occasione delle nozze fra Le sa le interne erano affresca te co n scene cfr. ora Pag liara (2000). Un nuovo progetto di
Eleonora d'Aragona e il futuro imperatore Fede- del le battaglie di Alfonso Il contro i tu rc hi a Pa lazzo Reale per Napoli viene redatto nel
rico III e, secondo quanto riportano le fonti, per Otranto (ivi, p. 163). Potrebbe essere ispirata 1536 ci rca da Antonio da Sangallo il Giovane,
la sua costruzione il sov rano av rebbe consul- dalla Duchesca l'elegia di Sannazzaro Diis ne- fo rse per conto di Ca rl o V (cfr. Bentivoglio
tato il testo di Vit ru vio (cfr. Panormita 1535, p. morum in extruenda domo (cfr. Biermann 1986: Tafuri 1992, p. 281)

271
L'architettura residenziale del rinascimento sco lpita da Donatello nel 1456 circa come fotografico (ivi. figg. 439-464,1299-1331).
(1460-1550 circa) parte di un mai ulti mato monumento eque- A propos ito dello smontaggio e rimontaggio
stre di Alfonso I da collocare nel l'arco di Ca - delle bugne. Cone lli (1992, pp. 50 -51) ha di-
Villa Carata di Butera Spinosa (1987. p. 394. stelnuovo e donata a Diomede Carafa da Lo- mostrato - contro l'ipotesi sostenuta da Blunt
fig. 405) pubbli ca una veduta della costa di renzo de' Med ici nel 1471 (cfr. Cag lioti 2003: - che in realtà la facc iata dell a chiesa corri-
Posillipo in cui è rappresentata la villa Carafa Minasi 2005). Sul pa lazzo di Di omede Carafa, sponde al prospetto originale del pa lazzo, in
di Butera. cfr. ora Bianca de Divitiis (2006), che ha por- cui sarebbe stata allargata la finestra centra le
tato a termine una tesi di dottorato sulla com- e inserite le porte e le finestrelle laterali: le uni-
Palazzo di Diomede Carata Il palazzo di Dio- mittenza architettonica della famiglia Carafa a che parti demolite sarebbero quelle corri-
mede Carafa (figg. 6. 7) è stato studiato da Napoli nel XV secolo, analizzando il suo inse- spondenti all e due finestre laterali del pia no
Beyer (2000, pp. 63-135) e poi da Clarke dia me nto nel seggio di Nido attraverso i pa- nobi le. Anche le murature laterali. decorate
(2003), che hanno sottolineato !'importanza lazzi e le cappelle nella chiesa di San Dome- col medesimo bugnato. sono state incorpo-
della sce lta del paramento bugnato esterno. nico Maggiore. rate nella chiesa e mantenute integralmente
Secondo Beyer si alluderebbe in tal modo al sino all'altezza del cornicione (cfr. Napoli Sa-
passo vitruviano su ll'opus isodomum, in cui Palazzo Petrucci Palazzo Petrucci Del Balzo cra 1993-97. IV, pp. 216-217, figg.111. 112. 114:
tale apparecchio viene identificato come tec- (fig. 8) viene acqu istato da Antonello Petrucci De Frede 2000. p. 60, fig. 17). Nella veduta di
nica tipicamente greca: il suo uso da parte di nel 1463, ma i lavori vanno avanti per molto Napoli di Sti nemolen (1582: cfr. De Seta 1981,
Diomede rientrerebbe in una politica culturale tempo, almeno fino al 1470 (cfr. Filangieri di Sa- p. 103, fig. 66) si riconoscono il palazzo e i
aragonese tesa a rivendicare le origini greche, triano 1883-91, voI. V. p.127): per il palazzo, cfr. giardini, mentre la facciata del pa lazzo prima
piuttosto che romane. della città di Napoli. In adesso Rotolo 2003. con documenti e rilievi. della t rasformazione in ch iesa è raffigurata
rea ltà il medesimo tipo di paramento è adot- nella veduta di Napoli affrescata nel palazzo
tato negli stessi anni anche in molti altri pa - Palazzo Sanseverino Il palazzo costruito per baronale di Anguillara Sabazia (1535-39; in
lazzi fuori Napoli. dal palazzo della Cancelleria Roberto Sanseverino principe di Sa lerno nel Rusciano 2002. p. 20, fig. D: per l'affresco, cfr.
a Roma (cfr. Daly Davies 1989), a palazzo Or- 1470 (fig. 11) era organizzato intorno a un cor- luliano 2001).
sini a Nola e Palazzo Du ca le a Urb ino, e so - tile centrale circondato da logge su due livelli
prattutto era già stato usato nella stessa Na - con colonne in marmo (cfr. Conelli 1992. p. Nola : palazzo Orsini I cont ributi più recenti
poli. ancora sotto la dinastia durazzesca, nel 37). Gli studi recenti si sono soffermati so- sul palazzo di Orso Orsini a Nola sono di Geor-
pa lazzo di Antonio Penna (1406: cfr. Bock prattutto sul para mento lapideo esterno. Co- gia Clarke (1996 e 2003 , p. 24) che si sof -
2001: per il palazzo cfr. anche Borrelli 2000). nelli (1992 . p. 38) distingue. fra i palazzi più ferma soprattutto sulla lunga epigrafe che se- -II
È da notare, invece, come in tutti questi antichi con bugnato a punta di d iamante. gli para il basamento dal primo pia no, commis-
esempi, l'opera isodom a, o pseudo isodoma. esempi in Italia settentrionale (castello di Mi- sionata dal figlio di Orso nel 1500. La facciata
si accompagni sempre con l'inserimento in lano, 1455: Ca' del Duca a Venez ia. 1460-64: del palazzo era probab ilmente già in piedi nel
facciata di epigrafi in caratteri lapidari al l'an- palazzo Bevi lacqua a Bologna), in cui le bugne 1470, data incisa nella piccola nicchia sopra il
tica. Per questo aspetto e per il portale (fig. 6), sono prismatiche. non a punta d i diamant e. po rtale principale.
il palazzo di Diomede Carafa, è riconducibile a dai casi presenti in area meridionale - palazzo
una sensibilità albertiana. Da recenti acquis i- Sicola a Napoli e pa lazzo Steripinto a Sciacca Palazzi Orsini a Napoli Orso Orsini posse-
zioni documentarie (cfr. Boschetto 2001) si sa - nei quali identifica il modello originario di deva anche due palazzi a Napoli . entrambi
che Alberti si trovava a Napoli nell 'estate del pa lazzo Sanseverino. Questi esempi - ai quali scomparsi e di cui sussistono i porta li. Quello
1465, in concomitanza con la ripresa dei lavori Cone ll i aggiunge anche la facciata della discusso da Blunt si trovava in via dei Tribuna li
all'arco di Castelnuovo, e dei lavori per il pa- chiesa sici li ana di Aidone (1419) e la facciata (fig. 10). l'a ltro era ubicato nel sed ile di Porto,
lazzo di Diomede Carafa, il cui portale è da- del palazzo dei Diamanti di Segovia - indiche- accanto alle "grade" di San Giovanni Maggiore:
tato 1466. Non sono note test imonianze che rebbero che il prototipo non è ita liano ma ca- il duca lo aveva acquistato nel 1471 dai fratelli
mettano in relazione la presenza in città del- talano. Se qu esti sono i modelli formal i più Antonaccio e Francesco Pappacoda, per la
l'architetto co n questi due cantieri, ma Bo- pert inenti quello più vicino è probabilmente considerevole somma di 4000 ducati: nel 1476
schetto (2001, p. 188) fa notare che a Napoli da ri ntracciare nelle murature a scarpa di Ca- vi fa eseguire lavori e paga il marmoraro Ber-
Alberti era ospite di Filippo Strozzi e che fosse ste lnuovo a Napoli, che Conelli pone anche nardino d'Ascoli per quattro finestre di marmo
proprio il banchiere fiorentino a rifornire Dio- come prototipo per la ricostruzione dell'arco (cfr. Patron i Griffi 1984): dopo il Risanamento
mede Carafa di opere d'arte per l'arredo del di Fano disegnato da Giuliano da Sangallo. Fra il portale è stato rimontato in via Mezzocan -
pa lazzo e a inviargli. nel 1468. il disegno dello i palazzi success ivi al palazzo Sanseverino none n. 8 come ingresso dell·università.
studiolo di Piero de' Medici a Firenze (cfr. Del vanno ricordat i il pa lazzo dei Diamanti di Ma-
Treppo 1994). Per il riuso di frammen ti antichi cerata e la Giudecca di Trapani e, in area Cam- Palazzo De Scortiatis L'aspe tto di palazzo
nel portale, cfr. Murature napoletane 1999, pp. pana. il palazzo dei Tufi di Lauro (cfr. Natella, De Scortiatis (fig. 13) prima della t ras forma-
24,401-402, nota 75, fig. 20. Nel cortile del Peduto 1969). molti altri in Puglia sono citati zione è illustrato da rili ev i e fotografie in Fer-
pa lazzo, fino all'età napoleonica, era esposta da Gelao (1988). In genera le. sui bugnati raro 2002. pp. 232-233: il corti le era circon-
la monumentale testa di cavallo in bronzo (ora quattrocenteschi. cfr. Gargiani (2003, pp. 184- dato da un loggiato ad archi su pi lastri inqua-
al Museo Archeologico Nazionale. inv. 4887) . 188,340-347,484-489). con ampio catalogo drati da paraste doriche; a destra, entrando,

272
era la sca la che si affacciava sul cortile con ivi, pp. 119-120: Cag li ati 2002, pp. 990 ·1006, rattere di edificio scritto, in cui le epigrafi ap-
una loggia superiore arch itravata su colonne 1026, doc. 2·3). Per la funzione e il significato poste all'esterno assumono un ruolo primario,
ioni che. Il portale ha subit o un rifacimento in- dei sedi li nelle cappelle e nei monumenti fune- sembra indicare, almeno per la composizione
to rno alla metà del Cinquecento con l'ag- rari napoletani, cfr. Michalsky 2004. di questi elementi, la consulenza di Giocondo,
giunta di semico lonne scana late (cfr. Pane anche se non si può escludere un progetto for-
1975, pp. 212-213). San Domenico Maggiore, cappella Del Doce temente guidato dal committente , l'umanista
Naldi (1998, pp. 84,90, 174) pubblica fotogra- Gioviano Pontano, che dedica un 'opera ai se-
Palazzo Orsini di Gravina e altri palazzi Pa- fie e rilievi della cappe lla Del Doce in San Do- polcri - il De Tumulis - ritornando altre volte
la zzo Orsini di Gravina (fig. 14), che ora ospita menico Maggiore (1525 circa) - da Blunt rite- su l tema nella sua produzione letteraria (cfr.
la facoltà di architettura dell'Università Fede- nuta una imitazione locale del linguaggio fio- Migliaccio 1994. pp. 25-26: Ascher 2000. p.
rico Il, è stato analizzato da Di Resta (1989), rentino - attribuendola a Girolamo Santa - 193, n. 12), e che era anche un noto collezioni-
Loggia (1997) e infine da Divenuto (2003): croce. L'arcone di ingresso ricorda la cappella sta di epigrafi (cfr. Mommsen in CIL 1883, pp.
quest'ultimo ha pubblicato i rilievi otlocente- Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma, 184-185: Germano 1997). Le iscrizioni mo-
schi relativi ai restauri dopo il disastroso in- mentre il pavimento rich iama la cappella Ca - derne della cappella Pontan o so no ricopi ate
cendio del 1848. Va ltieri (2002) nota la ripro- racciolo di Vico in San Giovanni a Carbonara . dall'antiquario e arc hitetto francese Guil-
posizione dei busti entro clipei ghirlandati al di Sui pilastri sono decorazioni con trofei di laume Philandrier durante il suo soggiorno a
sopra dell e finestre tra beate anche nel pa- armi. mentre negli angoli interni della cappella Napoli nel 1550 (cfr. Cooper 1993. pp. 106-
lazzo di Galeazzo di Tarsia a Cosenza. Va ricor- sono incastrati quarti di colonne corinzie sca- 107) e, come comunicatomi da Bianca de Divi-
dato che lo stesso elemento si ritrova anche a nalate: le membrature dell'ordine, a differenza tiis, anche dall'umani sta inglese Thomas Hoby
Palermo nel la loggia in via Argenteria. attuale dell'uso napoletano, poggiano direttamente a (1530-1566).
prospetto di Sant'Eulalia dei Catalani (cfr. De terra senza piedistalli: questo impaginato po- La personalità arch itettonica di Fra Giocondo
Marco 2002, pp. 251-252). trebbe derivare dalla scarse ll a del succorpo rimane ancora oscura, nonostante gli accurati
Palazzo Corigliano e palazzo Marigliano sono della cattedrale (cfr. in fra). studi condotti da Fontan a (1988) e Pagliara
stati oggetto di specifiche trattazioni mono- (2001) . Fra Giocondo è attestato a Napoli a
grafiche (cfr. Palazzo Corigliano 1985: Palazzo San Domenico Maggiore, cappella Spinelli partire dal 1489 e si suppone che vi sia rima-
di Capua 1995): su palazzo del Panormita. cfr. Yoni Ascher (2002) ha ricostruito le vicende sto fino al 1495. quando al seguito delle
Catello 1993, con piante dei vari piani e rilievo della cappella di Diomede Carafa vescovo di truppe di Carlo VI II si sarebbe trasferito in
delle facciate, e su palazzo Carafa di Montorio, Ariano in San Domenico Maggiore, poi pas· Francia . Pietro Summonte (cfr. Pane 1975, p.
cfr. Cundari 1976. sata alla famiglia Spinelli . È per questa ca p- 70) cita Fra Giocondo a proposito di Poggio-
pella che nel 1546 viene realizzato il bal cone reale, dove probabilm ente ha lavorato all'im-
con balaustri in marmo affacciato su piazza pianto idraulico che alimentava le fontane e le
L'architettura sacra del rinascimento
San Domenico - ancora esistente, anche se vasche del giardino. Ancora incerta è la sua
(1460-1550 circa)
ridimens ionato - che Blunt interpreta come eventuale parteCipazione al progetto di riorga-
Monteoliveto: cappelle Piccolomini, Cor- residuo di palazzo scomparso. Sempre per la nizzazione urbana di Napoli. che prevedeva la
reale (o Curiale) Mastrogiudice e Tolosa Le stessa cappella è stato realizzato il grande in - rettifica dei tracciati viari e la dotazione di ac-
tre cappelle di Monteoliveto sono discusse da gresso in marmo (fig. 32), poi spostato, negli quedotti: Hamberg (1965) ha messo in rela-
Quinterio (1996, pp. 510-526), che riassume anni cinquanta del XIX seco lo. nella prima zione con questo incarico il disegno Uffizi A
quanto già noto, ma crea confusione tirando cappella a sinistra entrando in chiesa, dinanzi 4124: l'ipotesi è seguita da De Seta (1994) e
in ballo il fantomatico "Andrea Ciccione", per- alla cappella di San Giuseppe dei Muscettola. respinta invece da Guidoni (1987), Fontana
sonaggio inventato da De Dominici, la cui ine- (1988, pp. 27-28) e Pagliara (2 001, p. 329). I
sistenza è un fatto ormai acquisito dalla sto- Cappella Pontano Il problema principale primi documenti descrivono Fra Giocondo
riografia napoletana. Ril ievi delle tre cappelle della cappella Pontano (figg. 20, 21) è l'attribu- come studioso di antichità e soltanto dal
sono pubbl icati in Pepe (1998) e Monteoliveto zio ne. Sono stati avanzati i nomi di Fra Gio· 1492, in concomitanza con la presenza in città
1999. Pane (1975, p. 238) è contrario all'attri - condo, Francesco di Giorgio e Baccio Pontelli. di Francesco di Giorgio, è citato in relazione a
buzione delle cappelle a Giuliano e Benedetto Alisio (1963-64, pp. 29·33), e in un primo mo· opere di architettura (cfr. Percopo 1893-95,
da Maiano e le ritiene soltanto opera di alto mento anche Pane (1939, p. 252), l'hanno at- XIX, pp. 380-381, doc. 1-6).
artigianato. A proposito della cappella Cor- tribuita al veronese ma, ritornando successi- Francesco di Giorgio si è recato a Napoli di-
reale Mastrogiudice, Cagliati (2000) segnala vamente su ll'argomento, Pane (1975, pp. 14-15 verse volte : sono documentati i soggiorni del
fonti trascurate dalla letteratura e precisa che e 1977. pp. 199-202) ha proposto l'attribuzione 1491, per pochi mesi. del 1492, più lungo. e del
il 1490 è la data di fondazione della cappella e a Francesco di Giorgio per le sim ilitudini dei 1495: altri soggiorni potrebbero essere avve-
non della morte di Marino Correale (t 1499): cap itell i con quelli dell'ordine superiore nuti nel 1485 e 1497 (cfr. Adams 1994, pp. 127-
lo stesso committente, contemporaneamente esterno della Madonna del Calci naio a Cor- 138). Il suo ruolo risulta essere essenzial-
alla cappe lla napoletana, commissionava a tona . Questa attribuzione è stata accettata da mente quello di consulente per le fortificazioni
Benedetto da Maiano la decorazione di un'a l- Burns (1994. p.162), mentre Frommel (1989, della città di Napoli e del regno, soprattutto in
tra cappe lla nella chiesa d i Santa Caterina pp. 496-498) ha ipotizzato la presenza di un Puglia e in Calabr ia, territor i più esposti alla
d'Alessandria a Terranova (distrutta nel 1783: progetto di Baccio Pontelli. Va notato che il ca- minaccia tu rca (ivi: Adams 1994a).

273
Succorpo dell a cattedrale (cappella Carafa) dell'ord ine della cappella napoletana con al- consu ltare (ci!. in Sabatino 2002 , p. 147),
Pane (1977. pp. 103-116) ha ipotizzato che il tre opere dell'architetto; questa ipotesi attri- Howard Burns (conferenza, Napoli 17 novem -
progetto della cappe lla del Succorpo al butiva è poi segu ita , cautamente, da From- bre 2005) nota che l'ingresso diagonale alla
duomo (figg. 22. 23) possa essere ricondotto mel (1995, p. 27) e Tafuri (1992, p. 276 e cappella è ripreso nella rotonda della catte-
a Bramante. Si tratterebbe di una consu lenza 1995, p. 229), In ogni caso l'autore doveva co- drale di Granada, realizzata da Diego de Siloe,
per risolvere gli aspetti più difficili de ll a co- munque essere una persona lità che cono- già attivo come scultore nella cappella napole-
struzione, scavata sotto le murat ure dell'ab - sceva molto bene le variazioni dell'architet- tana (cfr. Tafuri 1992, p. 276), È stato più volt e
side duecentesca e coperta da un soffitto tura antica e l'impaginato architettonico della notato il parallelo fra la cappella Caracciolo e la
piano a cassettoni in marmo (cfr. Di Stefano cappe ll a (figg, 24, 31) è infatti una summa di cappella Pellegrini di Sanmicheli, mentre un'al-
1972). La discussione più esaustiva su lla cap- erudizione antiq uaria: il capitello a ovoli e lan - tra possibi le derivazione, questa volta a Napo li.
pella è quella di Diana Norman (1986) che ne cette viene dalla Basilica Aemi lia, la sostitu- è la cappella in Santa Maria dei Pignatelli a Nilo,
ripercorre la storia e ne analizza i dettagli ar- zione della rudentatura nel terzo inferiore del a pianta quasi circolare ma con sedile, altare e
chitettonici; cfr. anche Del Pesco 2001a, ma si fusto con una sfaccettatura ha il suo esem- sepolcro simili alle cappelle di Monteolivet o
veda la recensione fortemente critica di Ce - pio antico nel tempio di Ercole a Cori, l'inseri- (pianta in Di Stefano, Santoro 1962; fotografia
riana 2002 ; da ultimo. cfr. Dreszen 2004. Le mento di mensole embricate in chiave d'arco del portale in Speranza 1996, p. 141).
scale sono state modificate nel Settecento da deriva dall'arco di Tito mentre la trabeazione
Paolo Posi (cfr. infra, Aggiornamento, capitolo con sottocornice decorata a mut ui i e rombi Francesco Donadio Mormanno L'attività ar-
V) : la situazione originaria è registrata in un dal teatro di Marcello. L'ingresso in diagonale chitettonica di Francesco Donadio Mormanno
disegno di Carlo Fontana (1691-96; riprodotto (fig, 25) della cappe lla, invece, sembra avere è stata nuovamente presa in esame da Di Re-
in Braham, Hager 1977, pp. 65-66, fig. 70, cat . una fonte moderna ed è probabi lmente una sta (1991) e Valtieri (2002), e i rilievi delle fab-
101; cfr. anche disegni 71-74, cal. 103-105), citazione delle finestre strombate asimmetri- briche a lui attribuite sono stati pubblicati da
Credo che la statua del committente, inginoc- camente del succorpo della catted rale. Le in- Ros i (1987 e 1998). Va ltieri (2002) nota la
chiato a pregare, richiam i da vicino l'incisione certezze nel mont aggio dei blocchi, osserva- possibile derivazione del tipico mort ale mor-
Prevedari (1481; cfr. Bruschi 1969, pp. 150- bili soprattutto nella sottocornice, sembrano mandeo , composto da due paraste ion iche
170), ma potrebbe anche essere memore ind icare che la costruzione non sia st ata se - co n sovrapposto segmento di tra beazione e
della Duchesca , in cu i "era uno oratorio guita sul posto dal progettista. Luciano Mi- archivolto della stessa ampiezza del le impo-
dov'era il Duca di Calavria, zoè Don Alphonso, gliaccio (1994) ipotizza che l' ideatore del ste, dal portale di ingresso della cappella Ca-
fatto naturalmente, che stava in zenochioni programma iconografico della cappe ll a Ca - rafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma e ri-
che pareva vivo " (cfr. Sa nu do 1873, p. 240). racciolo sia stato Jacopo Sannazzaro, autore corda la presenza di Mormanno nella città pa-
Per la derivazione iberica di questo tipo di rap- dell' iscrizione dedicatoria apposta all' in - pa le nel 1506-07. In quegli anni , infatti , Mor-
presentazione, cfr. Norman 1986, p. 346. gresso della cappella (cfr. Nichols 1988, pp. manno costruisce l'organo di Santa Maria
La scarsella dell'altare presenta un impagi- 36,58, n. 19), e nota anche come, nel 1517 in- della Pace a Roma, su commissione di Oliviero
nato totalmente diverso: agli angoli si trovano sieme a Giovanni Mormando, proprio San- Ca rafa , per il quale Bramante aveva rico-
quarti di colonne con cap itello corinzio e base nazzaro fig uri quale arbitro della buona qua- struito il chiostro (cfr, Riccardi 1981), Due
che prosegue lungo le pareti perimetrali (cfr, lità dei marm i della cappel la De Cuncto in nuovi documenti sull'attività di costruttore di
Norman 1986, p. 326, fig. 3) , a differenza di Santa Mar ia delle Grazie a Caponapo li, che orga ni sono pubblicati da Speranza (2000).
quanto avviene nell' invaso principale, dove le dovevano essere "lavorati nello stesso modo
paraste e lo zocco lo della pareti hanno basi di- eccellente, con cu i sono quelli, che formano Santi Severino e Sossio Pessolano (1977. p.
verse (ivi, p. 329, fig . 6). Le evidenti disconti - gli arch i de ll a cappella di Messer Galeazzo 206) pubblica un disegno di archivio che r i-
nuità della trabeazione e dei capitelli nell'at- Caracciolo, cost rui t a nella chiesa di S. Gio- produce la facciata di Santi Severino e Sossio
tacco con l'arcone di ingresso sembrano indi- vanni a Carbonara" (cfr, Filangieri di Satriano prima della trasformazione settecentesca: era
care un cambiamento di progetto. 1883-91, voI. IV, pp. 150-151). Questa ipotesi è su due ordini , quello inferiore a cinque cam-
La cappella ipogea del duomo di Napoli è ripresa e approfondit a da Naldi (1997, pp. 11- pate, quello superiore a tre, con il porta le in-
stata imitata e riproposta nel 1524, in una ver- 17), che sotto linea come Sannazzaro - che quadrato da un segmento di trabeazione ag-
sione molto più grossolana, nella cr ipta del dissertava dei monumenti sepo lcrali romani gettante sorretto da semico lonne, Sulla
duomo di Acerenza, patrocinio della fam iglia (ivi, p. 12) ed era amico personale di Fra Gio- chiesa, cfr. anche Di Resta (1991, pp,11-13).
Ferrillo (cfr. Barbone Pugliese 1982). condo (cfr. Percopo 1893-95, XIX, p. 380,
doc. 1; Vecce 1988, pp. 49-50 e passim; cfr. Santa Maria Donnaromita La fondazione
Cappella Caracciolo di Vico in San Giovanni anche Fi langieri di Satriano 1883-91, vo I. I. p, della chiesa di Santa Maria di Donnaromita (fig.
a Carbonara Poco dopo la pubblicazione del 283) - conoscesse non solo l'opera di Vitru- 27) nel 1535 non può essere confermata né
libro di Blunt. Pane (1977. pp. 103-116) ha pro- vi o, ma anche il De re aedificatoria di Alberti, smentita a causa delle lacune nella documen-
posto anche per quest'opera l'attribuzione a del quale, nel 1510, stava redigendo un indice tazione del monastero, ma è tuttavia da rite-
Bramante. Alcuni dei suggerimenti di Blunt. (cfr. Vecce 1997). Per ulteriore bibliografia nere non molto lontana dalla verità , po iché il
invece, sono racco lti da Charlotte N ichols sulla cappella, cfr. Naldi 1997, p, 46, n, 21. portale prinCipa le è stato eretto nel 1550 (cfr.
(1988) che avanza il nome di Giuliano da Sempre sulla cappella esiste una tesi di dot- Pessolano 1975a; cfr, anche Blunt 1979b, p,
Sangallo e confronta l' impianto e i dettagli torato d i Rosa Sabatino che non ho potuto 254), Nel 1581 viene costruito un tramezzo in

274
387
piperno "de meczo de la chiesa", forse ad opera cessivo si occupa della ristrutlurazione del
di Vincenzo della Monica, e nel 1587-90 è posto monastero di San Domenico Maggiore e dal
in opera il soffitto ligneo (cfr. Pessolano 1975a). 1665 dirige i lavori del molo Grande del porto
di Napoli (cfr. Giorgi 1990): nel 1566 si trasfe-
Santa Caterina a Formiello Ce lano (1692. risce a Siviglia, ma nel 1571 fa ritorno a Napoli ,
voI. Il, p. 446) scrive che l'a rchitetto di Santa dove muore nel 1594 (cfr.lIéo Canal 1984).
Caterina a Formiello (fig. 29) sarebbe stato :;
Antonio Fiorentino della Cava. personaggio in
realtà mai esistito: sull a sua autorità l'attribu- capitolo Il
zione è poi seguita da De Dominici e da tutti i La transizione al barocco
successivi scrittori di storia dell 'arte napole-
tana. Strazzullo (1956a) chiarisce la co nfu-
1570-1630
sione fra Antonio Marchesi da Settignano, La so la trattazione monografica sull'architet-
noto a Napoli come Antonio Fiorentino. e Fio- tura del secondo Cinquecento a Napoli è la
rentino della Cava, modesto maestro di muro si ntesi di Dan iela Del Pesco (2001) : cfr. an -
originari o, come molti suoi co lleghi operanti a che Cantone (1992b). che discute le princi-
Napoli, da Cava dei Tirren i: Antonio Marchesi pali fabbriche sacre il lustrando gl i schemi
era stato l'artefice della prima ·'cava". cioè proporzio nali e le costruzioni geometriche
della mina, fatta scoppiare a Napoli nel 1495, e degli impianti.
questo gli merita il soprannome "de lla cava ".
Incongruenze cronologiche rendono comun -
Influssi michelangioleschi
que imposs ibile la partecipazione di entrambi
i personaggi. morti nel 15l4, alla costruzione Monumento Macedonio Il monumento fune-
della chiesa, cominciata nel 1519. Rusciano rario della famiglia Macedonio nel primo chio-
(2002. p. 32, n. 39) ritiene che il progetto per stro di Santa Maria la Nova proviene da una
la chiesa possa effettivamente essere di Anto- cap pella al l'interno della ch iesa per la quale
nio Marchesi. ma non tiene conto della data di sono registrati lavori in marmo nel 1606 (cfr.
morte dell'artista. Finestre simili a quelle del Novelli Radice 1982-83 , doc. 15).
fianco esterno di Santa Caterina a Formi ello si
ritrovano anche in Monteoliveto (cfr. Napoli * Giovanni Angelo Montorsoli, Vincenzo Ca-
Sacra 1993-97, IV. p. 234. fig. 200). sale e Giovanni Colonna da Tivoli A propo-
sito degli influssi michelangioleschi. va ricor-

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Arredi sacri in legno Sulle t ars ie lignee g ià data la presenza a Napoli di Giovanni Angelo :::"'-:"'C
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nella cappella To losa (fig. 39) - e attualmente Montorsoli. che alla fine degli anni trenta sco l- ......

nella sagrestia del la ch iesa di Monteoliveto - pisce il monumento funebre di Sannazzaro


opera di Fra Giovanni da Verona del 1506-10. nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergel-
cfr. Navarro (1994). che ne analizza soggett i e lina (cfr. Laschke 1993. pp. 45-58. 156). e più
tematiche . Fittipald i (1978. p. 119) dà come tardi del suo confratello servita Vincenzo Ca-
autore degli intagli lignei della sagrest ia del- sale. L'influenza di Montorsoli si avverte anche
l'Annunziata (1579) Nunzio Ferraro. che figura. nel progetto della chiesa (fig. 387), donata ai
insieme al collega Giovanni Battista Vigl iante. Servi di Maria nel 1529 e ampliata a partire dal
quale autore degli arredi della sagrestia di San 1530 (cfr. Croce 1892: Deramaix, Laschke
Martino (completati nel 1588) e poi del coro 1992): la struttura architett on ica è interes-
della abbazia di San Martino alle Scale a Pa - sante per la co ncatenaz ione di spazi voltati
lermo (1589-92). Nuovi documenti sul coro li- che rimandano direttamente alle terme anti-
gneo di Santi Severino e Sossio (fig. 36) sono che . per l'assenza di membrature vertical i -
pubblicati da Fittipaldi (1978). che ridiscute eccetto le quattro paraste dell'abside e le ag-
l'intera questione: Benvenuto Tortelli si impe - giunte seicentesche - e per le finestre della
gna a realizzare gli intagli del coro nel 1560 e navata. con strombature cassetto nate che ri-
lo consegna nel 1573. chiamano quelle dell 'attico di San Pietro nel
primo progetto di Michelangelo (cfr. Millon ,
Smyth 1994, ma cfr. Hirst 1974), e che ritor-
Benvenuto Tortelli nano in successivi progetti di Montorsoli (cfr.
Oltre che intagliatore (cfr. supra), Torte lli è Bustamante, Marias 1991. pp. 269-270, cal.
stato anche architetto: nel 1561 progetta la C.63).11 progetto di base della chiesa potrebbe
ch iesa di Santo Spirito di Palazzo. l'anno suc- però rimontare a una idea di base dello stesso

387 Napoli. Santa Maria


275 del Parto, pianta.
Sannazzaro, antiquario esperto e intendente del 19 agosto 1593 la sua nomina a ingegnere piante, sezione e vedute del palazzo cinque-
di architettura (cfr. Vecce 1997, p. 1836). reale (ivi, già in Strazzullo 1957, p. 89, n. 9). La centesco sono pubblicate da M. Pisani (1998,
Casale soggiorna a Napoli dal 1577 al 1586 trasformazione della Cavallerizza. costruita da p. 63, fig. 7) e Castanò (2004, p. 499). Per gli
(cfr. Lanzarini 1998-99): costruisce l'arsenale Vincenzo Casale (cfr. supra) in palazzo degli interventi settecenteschi, cfr. in fra , Aggiorna-
di Santa Lucia, la chiesa di Santo Spirito di Pa- Studi (figg. 44. 45) risale al viceregno di Pietro mento, capitolo IV.
lazzo (cfr. Strazzullo 1975a, doc. 10), la Caval- Fernandez de Castro conte di Lemos (1610-16;
lerizza, poi trasformata in Regi Studi (cfr. Bu- Nappi 1983, p. 43). Per i progetti del porto, for -
Gerolomini
stamante, Marras 1991, p. 300, cat. 137) e la temente osteggiati dagli architetti napoletani
cappella del palazzo vicereale vecchio (ivi, p. e principalmente da Colantonio Stigliola, cfr. L'esatta individuazione delle responsabilità di
277. cat. 82): lavora anche nelle ville di Garzra Colletta (1988), che pubblica integralmente la Dosio nella progettazione della chiesa dei Ge-
de Toledo a Pozzuoli (ivi, passim) e di Ferrante documentazione relati va alla polemica, e Pes- ro lomi ni (figg. 46,47) rimane controversa: per
Loffredo di Trevico a Pizzofalcone (ivi, p. 229, salano (1993). Numerosi altri documenti, tra una sintesi della questione attributiva, cfr. Del
cat. 6-7; cfr, Hernando Sanchez 1998). cui l'inventario post mortem di Domenico Fon- Pesco 1992. Il progetto risale al 1590, l'esecu -
Fra i collaboratori di Casale va segnalato Fran- tana, sono pubblicati da loannou 2002. zione del modello ligneo da parte di Dionisio
cesco Colonna da Tivoli, autore di un taccuino di Bartolomeo è del 1591 e la posa della prima
con disegni di monumenti antichi e moderni Palazzo Reale Per il Palazzo Reale (figg. 42, pietra del 1592: la navata era terminata nel
di Roma (1554: cfr, Micheli 1982; Bustamante, 43), cfr. Di Resta (1992), Fiadino (1995) e De 1619, ma la consacrazione è del 1658, dopo
Marfas 1991; Lanzarini 1998-99), che trasferi- Cavi (2003): per le modifiche seicentesche, che erano state completate anche le cappelle
tosi a Napoli (cfr. Caluisi 2004, p. 424) lavora cfr. in fra , Aggiornamento, capitolo IV. Vedute (cfr. Borrelli 1967: Del Pesco 1992). La storio-
in San Domenico Maggiore (1564-67: cfr. della facciata del palazzo anteriori alle trasfor- grafia ha enfatizzato il carattere "fiorentino"
Strazzullo s.d. [ma 1969), p. 103: Del Ferraro mazioni settecentesche sono riprodotte in Al- dell'impianto a tre navate con archi su co-
2004) e fornisce i disegni per i capitelli del l'ombra del Vesuvio 1990, pp. 192-196. lonne. facendolo risalire a un recupero brunel-
coro di San Paolo Maggiore (1584; ASN, Mon. leschiano dipendente dalla comune origine
Sopp., voI. 1131. f. 108v; cfr. Lenzo 2004). Santa Maria della Stella La costruzione di dell 'o rdine e dell 'architetto (sia Dosio che
Santa Maria della Stella viene avviata nel 1577 Nencioni erano infatti f iorentini) . Più recente-
e la chiesa risulta già compiuta nel 1582 (cfr. mente De l Pesco (1992) ha ricondotto il pro-
Giovanni Antonio Dosio
Borrelli 1983). Nella fase di costruzione non è getto a una precisa indicazione della commit-
Le ricerche di Carolyn Valone (1972, pp. 243, documentato al cun architetto e i pagamenti tenza: nel 1690 padre Talpa esprimeva infatti
258-259, n.174) e Dan iela Del Pesco (1992, p. alle maestranze sono firmati direttamente dai l'in tenzione di "fare una chiesa consimile à
20) hanno apportato nuovi dati sulla perma- Padri Minim i che officiavano la chiesa occu- quella di S. Gio. dei Fiorentini. variando solo li
nenza di Giovanni Antonio Dosio (1533-1610 pando l'annesso convento: Gennaro Borrelli pilastri quadri in tondi. acciò non impedi sca
circa) a Napoli: l'architetto fiorentino vi giunge (1983) ne deduce che il progetto deve essere tanto la veduta" (ivi, p. 23 e cfr. p. 22). La
la prima volta nel giugno 1590: nel 1607 è do- stato fornito da intendenti di architettura in- scelta delle colonne, condizionata da conside-
c umentato a Roma: nel 1609 a Firenze e nel tern i all'ordine. La facciata a portico risulta in- razioni funzionali, denuncia t uttavia la fam ilia-
1610 fa ritorno a Napoli, dove muore poco vece costruita da Bartolomeo Picchiatti dal rità con le soluzioni dell'architettura paleocri-
dopo in data imprecisata. Per i disegni dall'an- 1637 al 1642 con l'assistenza di Pietro di Ma- stiana, tanto che lo stesso Talpa, a costru-
tico, cfr. Dosio 1976, e per una bibliografia più rino e poi conclusa nel 1643 dal figlio France- zione ultimata, descrive la chiesa come "fatta
aggiornata, cfr. Acidini Luchinat 1992. Del Pe- sco Antonio (Borrelli 1983, pp. 28-30: fotogra- a la forma antica con tre navi con co lonn e di
sco (1992) tratta anche dei progetti di Dosio fia in Del Pesco 2003, p. 524). palmi [ ... ) d'un pezzo cavato col favo r di Ferdi -
per la cappella delle reliquie all'Annunziata nando Gran Duca di Toscana ne l'Isola del Gi-
(1598), della cappella Branca ccio al duomo Chiesa di Gesù e Maria La chiesa di Gesù e glio, condotto a Napoli con ammirazione uni-
(1598), della tomba del cardinale Reske in Maria è stata espunta dal catalogo delle opere versa le, per essere impresa intentata dopo gli
Santa Maria delle Grazie a Caponapoli (1603) dei Fontana. Nel 1602 risulta presente, per antichi romani" (ivi, p. 34). Va inoltre notato
e di una possibile partecipazione alla proget- opere minori. Giovan Battista Cavagna (cfr. che l'assenza del dado di trabeazione fra il ca-
tazione di Santa Maria dell'Arco (cfr. infra) . Per Nappi 1990, doc. 26); nel 1612 il direttore dei la- pitello e l'arco allontana l'impaginato della
il chiostro di San Martino, cfr. infra, Aggiorna- vori era Dionisio Nencioni (ivi, doc. 32), mentre chiesa dei Gerolomini dalle basiliche fioren-
mento, capitolo III. la facciata è realizzata da Bartolomeo Mori nel tine di Brunelleschi (cfr. Bruschi 1998, in parti-
1668 (cfr. Rizzo 1984c, pp. 392-393, doc. l). colare p. 67); il segmento di trabeazione sopra
le colonne è rappresentato correttamente da
Domenico Fontana Palazzo Carata della Spina Palazzo Carafa Dosio in una veduta interna della chiesa d i
Per le opere napoletane di Domenico Fontana della Spina è acquistato nel 1595 da Fabrizio Santo Spirito (cfr. Bruschi 1972, p. 98, fig. 10).
(1543-1607), cfr. quanto ne scrive lo stesso ar- Carafa, che l'anno successivo ne intraprende il Per I"analogo recupero di impianti trinavati a
chitetto nel suo trattato (cfr. Fontana 1604), completo rifacimento, poi cancellato dalle tra - colonne in Sicilia, cfr. Paolino 1995: Nobile
ora disponibile in edizione anastatica . Il suo sformazioni settecentesche (cfr. Pisani 1991: 2002. Nuovi documenti sull'attività di Dionisio
trasferimento a Napoli andrebbe anticipato al Gavinelli. Laganà 2004). Le incisioni di Aldi- di Bartolomeo Nencioni sono in Nappi (1990,
1592 (cfr. De Cavi 2003, p. 202, n.l). mentre è mari (1691. libro I. tav. 306) che riproducono doc. 30-34).

276
Fabbriche gesuitiche anche in Sant'Andrea delle Dame (cfr. infra) e La prima pietra della ch iesa è posta molto
in Santa Maria degli Angeli (cfr. Strazzullo tempo dopo, in occasione dell'Anno Santo
Per i progetti di Valeriano e in generale per le 1984a): per i dettagli più impegnativi, come il 1600, e subito si cominciano a scavare le fon-
fabbriche gesuitiche (figg. 48-51) ci si può disegno dei capitelli del coro - non più esi- dazioni per i piloni della cupola (ivi, p. 92). Il
adesso rifare a Bose11985. Per il Gesù Nuovo. stenti - i teatini si rivolgono invece a Giovanni progetto di Grimaldi (fig. 390) è approvato da
cfr. anche Canelli (1992). che vede nell'im - Colonna da Tivoli (cfr. supra). La rinunc ia alla Domenico Fontana, Giovanni Andrea Magliolo,
pianto della chiesa un'imitazione dalla basilica cupo la in favore di un alto transetto a ca- Colantonio Stigliola e Scipione Zucca retto ,
di San Lorenzo all'Escorial da mettere in rela- priate, la soluzione dell'abside a pianta poli go- che appongono la loro firma sul disegno (cfr.
zione alla politica filospagnola dell'ordine. Bo- naie e delle cappelle binate nelle testate del Sava rese 1986, pp. 109-110). La chiesa è inau -
sei (2004. p. 46, fig. 23) pubblica un' inedita transetto, rimandano direttamente alle grandi gurata dieci anni dopo (15 agosto 1610). La
pianta del Gesù Nuovo, in collezione privata a chiese angioine di Napoli . Il secondo cantiere , facciata viene realizzata solo nel 1684, ma è ri-
New York, mentre altri disegni di archivio rela- per l'erezione della navata (fig. 52) e della fac- maneggiata fra 1705 e 1707 e poi di nuovo nel
tivi alle fabbriche gesuitiche, fra cui alcuni ine- ciata retrostante il portico dell 'antico tempio, 1775 (cfr. Savarese 1986, pp. 114-115). La fab -
diti, sono in Divenuto 1990. è ideato e condotto da Giovan Battista Cava- brica del monastero, che Celano riferisce a
gna fra 1589 e 1591. L'intervento di Cavagna Giovanni Guarini. da fonti teatine è invece at-
corrisponde a una revisione e a un ridimensio- tribuita a Grimaldi (cfr. Strazzullo 1984a, p.
Francesco Grimaldi namento del progetto: i teatini infatti rinun- 526, n. 64) .
La produzione architettonica di Francesco cia no alla grande navata prevista nel 1583,
Grimaldi (1543-1613) è stata analizzata nel realizzandone una più stretta che occupi sol- Santi Apostoli La chiesa dei Santi Apostoli
suo complesso da Savarese (1986): ricerche tanto il suolo già in loro possesso. La terza (figg. 57, 59, 390) era. alla metà del Cinque-
successive hanno tuttavia ridimensionato ul- cam pagna di lavori, per la costruzione delle cento, patrocinio dei Caracciolo di Vico; i tea-
teriormente il catalogo delle opere dell 'archi- navate laterali (fig. 54) fra il 1625 e il 1639, co- tini riescono a ottener la nel 1575, battendo
tetto teatino, sottraendogli la paternità di San mincia dal succorpo di San Gaetano e dalla anche in questo caso i gesuiti. interessati alla
Paolo Maggiore, Santa Maria della Sapienza e navata destra con progetto e direzione di Gio- chiesa (cfr. Savarese 1986, pp. 126-137). Nel
della Trinità delle Monache. Nappi (1990, doc. van Giaco mo Conforto per passare poi, dopo 1581 vengono effettuati i pr imi resta uri e in-
61) registra un pagamento del 1602 al fiam- la morte di questi, a Pietro di Marino che nel fine, nel 1610, si decide la ricostruzione su
mingo Pietro de Scampo per le "fatiche che 1635 costruisce le due cappelle ai lati dell'ab- progetto di Francesco Grimaldi. I lavori sono
farà lo disegno della nova ecclesia fac ienda di si de e completa la navata sinistra. Il presunto interrotti poco dopo la posa della prima pie-
questa santa casa di s. eligio ordinata dal pa- inglobamento dei colonnati laterali del tempio tra e ancora nel 1624 si discute a proposito
dre Francesco, architetto di Santo Aposto lo dei Dioscuri nelle murature della chiesa di San del sito su cui sarebbe dovuta so rgere la
de padri clerici regulari". Grimaldi forn isce an- Paolo Maggiore ri sale a una informazione er- nuova chiesa. Devono essere stati presentati
che i progetti per un ospedale a Casamicciola, rata fornita da Celano (1692. voI. III, p. 219): diversi progetti, se il capitolo del 1627 risolve
costruito fra 1604 e 1607 - abbattuto nel del tempio antico (fig. 388) sopravvivevano "che il disegno fatto dal Rev. Padre Don Fran -
1883 - (cfr. Savarese 1986, p. 116). Per nel XV secolo. le sei colonne frontali del pro- cesco Grimald i essere il meglio " e conclude
Sant'Andrea della Valle cfr. Hi bba rd 1971 (ed. nao, le due immediatamente laterali, il fron - che non si fac esse "altro disegno, ma s'ese-
it" pp. 192-206). tone, completo di sc ulture, e la grande scali- guisca puntualmente questo disegno" (cfr.
nata in marmo antistante la facciata ; la scala Sava rese 1986, p. 130). Grimaldi era morto da
San Paolo Maggiore L'attribuzione della è stata rifatta in forma diversa nel 1576-78 uti- più di dieci anni e il cantiere viene affidato a
chiesa di San Paolo Maggiore (figg. 52-54. lizzando i marmi di quella precedente (cfr. Giovan Giacomo Conforto, in favore del quale
388) a Grimaldi risale a Celano (1692, voLli!. Lenzo 2004) e poi ricostruita in piperno da sono registrat i pagamenti "per li disegni fatti
p. 219). L'attribuzione è accettata da Pane Soli mena nel 1715 (cfr. infra, Aggiornamento, nella nuova chiesa e l'altre sue fatiche " (1627-
(1939, pp. 57-62 ) e Sava rese (1986), mentre ca pitolo VI) . Per gli interventi di Lazzari, Vac- 30; cfr. Sava rese 1986, p. 131). Rispetto al
Correra (1905), basandosi su un sondaggio caro. Soli mena e Fuga, cfr. infra, Aggiorna- progetto autografo di Grimaldi (fig. 390) -
fra i documenti del monastero, assegna la mento, capitoli IV-VII. che non prevedeva. a differenza di quanto ri-
chiesa a Giovan Battista Cavagna. Dalle rice r- tenuto da Blunt, l'adozione di una travata rit-
che d'archivio condotte dallo scrivente è Santa Maria degli Angeli La ch iesa di Santa mica -l'edificio attuale mostra alcune signifi-
emersa invece la presenza di tre campagne di Maria degli Angeli (figg. 54, 55, 56, 391) sorge cat ive differenze sicuramente dovute a
lavoro successive, corrispondenti a tre pro- grazie a Costanza del Carretto, che nel 1583 Conforto: in particolare la riduzione delle cap-
getti diversi , in nessuna delle quali risulta aveva acquistato un palazzo a Pizzofalcone: in pelle da quadrate con cupole circolari a ret -
coinvolto Grimaldi (cfr. Lenzo 2004).11 primo un primo momento i teatini resp ingono l'of- tangolari con cupole ellittiche e la modifica
progetto per San Paolo Maggiore (1583-84), fe rta e decidono di accettarla solo quando sta della zona della crociera, che nel progetto gri-
interrotto dopo la costruzione dell 'abside e per essere proposta ai gesuiti, che nel frat- maldiano prevedeva due ingressi laterali sca-
del transetto, ha co me responsabili della pro- tempo hanno acquistato un giardino confi- vati nei piloni e che hanno invece lasciato il
gettazione alcuni d il ettanti interni all'ordine: nante. Costanza del Carretto compra anche il posto, nella fabbrica, ad ambienti chiusi con
probabilmente Valerlo Pagano e I fra telli giardino dei gesuiti e nel 1587 lo cede col pa- coretti allivello superiore. È probabilmente
Marco e Innocenzo Palescandolo, impegnati lazzo ai teatini (cfr. Strazzullo 1984a, p. 90) . da riferire a questo incarico il disegno firmato

277
388

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I 4Il- ,

388 Anonimo. vedut a della facciata


di San Paolo Maggiore con il pronao
del tempio dei Dioscuri (Parigi. Musée
du louvre. cabinet des Estampes.
Topographie d'lIalie. P.64623).
278
389

389 Giovan Giacomo Conforto.


progetto per una chiesa.
probabilmente Santi Apostoli (Napoli.
Museo Nazionale di San Martino.
stipo IO. n. 2. 1418 bi s).
390 Francesco Grimaldi. progetto
per Santa Maria degli Angeli
(ASN. Piante e disegni. carI. XIV. n.17).
391 Francesco Grimaldi. progetto
per Sa nti Apostoli (BNN. fondo
San Martino. ms. 572. f. 109).
Con fortus (fig. 389) già id entificato da Pane Ghisolfi (1633 -34: cfr. Nappi 1989a, p, 114). turgici in bronzo, argento e piet re preziose (cfr.
(1939, p. 115) come progetto per San France- Nel 1634 i pipern ieri cominciano a lavora re Catello, Catello 1977: Strazzullo 1978 e 1994, e
sco Saverio: Rich ard Bosel (1979) ha smen - alle scale e alla facciata diretti da Ghisolfi: i la - cfr. infra, Aggiornamento, capitoli III, IV, VI).
tito que sta ipotesi dim ostrando che la deci - vori si prot raggo no pe r du e anni (ivi, p. 115).
sio ne di costr uire questa chiesa (1633 -34) è Dal 1631 al 1633 Giacomo Lazzari (1574 circa - Sant'Andrea delle Dame Silva na Savarese
successiva alla morte di Conforto (t 1630), È 1640) decora un fianco della navata in marmo (1986, pp. 29-48) ha chiarito la tot ale estra -
da ritenere che il disegno possa invece essere bi anco (ivi, doc. 47-48), mentre sul lato oppo- neità di Grimaldi al cantiere di Sant'Andrea
l'anello di congiunzione fra il progetto di Gri - sto opera Costantino Marasi (ivi, doc. 49): dal delle Dame, avviato nel 1584 su disegni di
maldi per Santi Apostol i e la chiesa costruita, 1634 al 1636 Giacomo Lazzari esegue una Marco Palescando lo, con l'assistenza di Inno-
con la quale risu lta congruente per dimen- fonte per la cla usura , ci nque basi di marmo cenza Palescandolo e Va lerio Pagano (ivi, pas-
sioni e co nformazione, in parti co lare per le bianco per i pil astri e tre basi tond e per le co - sim), mentre Dionisio Nencioni è incaricato
cappe lle molto allungate ai lati dell'abside, lonne della fa cciata . Dopo un rallentamento i della realizza zione del modello li gneo (cfr,
per la soluzione dell e cappelle della navata , lavori rip rendon o nel 1640, quando Dioni sio Borrelli 1967, pp. 33 -39). La porta dell'atrio del
coperte da cupo le ovali impostat e su pilastri Lazzari , Francesco Va lentino, Gi ovann i Moz- monastero è d isegnata da Giovan Battista Ca-
a L - invece che circolari su piloni smussati in zetti e Matteo Pelliccia decorano con marmi vagna nel 1594 (cfr. Savarese 1986, p, 83, n.
diagonale, come previ sto da Grimaldi - e so- bianchi e bardigli la facci ata , e lavorano ai ca - l31): nel monastero è poi attivo Pi etro di Ma-
prattutto per l'insolita posiZione del campa- pitell i delle colonne della facc iata e al pav i- rino (1634-36: cfr. Sava rese 1986, p. 37).
nil e. Il campa nile viene ricostru ito nel 1638 da mento della chiesa (ivi, doc, 58-61: cfr, in fra ,
Bartol omeo Picchiatti (cfr, Savarese 1986, p, Aggiornamento, capitoli III. IV) . Trinità delle Monache L'attribuzi one a Gri-
135). Per i progetti di Fanzago, cfr. infra, Ag- maldi della chiesa (cf r. Cela no 1692, voI. IV, p.
giornamento, capitolo III. Cappella del Tesoro di San Gennaro La cap- 662) e del monastero (cf r. Parrino 1700, p,
pella del Tesoro di San Gennaro (figg. 40, 59) è 100) della Trinit à delle Monache (fig. 109) è
Santa Maria della Sapienza La tradizionale stata oggetto di tre diverse monografie, tutte smentita dai documenti. Le monache si tra-
attribuzione della chiesa di Santa Maria della con ampio corredo di documenti (cfr. Catello, sferiscono nell'area nel 1608 (cfr, Bu li fon
Sapienza (figg. 60, 118, 119) a Grimaldi è stata Catello 1977; Strazzullo 1978: Strazzullo 1994). 1932, p. 88) e già dal 1610 si ha testimonianza
messa in dubbio da Sava rese (1986, pp, 181- I lavori per la sua costruzione hanno compor- che l'architetto del monastero era Giovan Gia-
191) e poi più deci sa mente respinta da Nappi tato la demolizione di tre cappelle private: le como Conforto, che ne dirige i lavori fino al
(1989a) , L'acquisizione delle case che occu - mi suraz ioni e i lavori pre liminari sono seguiti 1625 (cfr. Nappi 1988, pp.l35-141) , qua ndo la
pavan o l'area su cui sarebbe sorta la ch iesa nel 1607 da Ceccardo Bernucci e Gi ovan Gia- costruzione doveva essere ormai ultimata,
viene completat a nel 1620, quando Grimald i como Conforto (cfr. Catello, Catello 1977: dato che l'apertura ufficiale del tempio risale
era morto da sette anni. Nella decisione ratifi - Straz zullo 1978: Savarese 1986, pp. 116-126). all'anno successivo (cfr. Bulifon 1932, p.134),
cat a dal capitolo l'anno su ccessivo si fa in ef- Per il progetto del nuovo edificio erano stati Sotto la supervisione di Conforto, Fanzago
fetti riferimento alla volontà di costru ire la prese ntati disegni da vari architetti: Ceccardo rea lizza la facciata e la decoraz ione dell'in-
nuova chiesa "conforme al disegno del p.d. Bernucci, Giovanni Battista Cavagna, Bartolo- terno (cfr. infra, Aggiornamento, capitolo III ),
Fran.co vecchio b.m, su la strada di Costanti- meo Cartaro, Giulio Cesa re Fontana, Alessan- Alt ri interventi d i decorazione si hanno ne l
nopoli" (Savarese 1986, p. 184), ma è proba- dro Cimmine lli, Giovanni Col a di Franco, Gio- Settecento, a opera di Domenico Antonio Vac-
bile che Conforto, che di fatto avvia il cantie re vanni d'Apruzzo, Giosuè d'Angelo, Michelangelo ca ro (cfr. infra , Aggiornamento, capitO lo V) e
e lo dirige fino al 1628, quando la costruzione Naccherino, Dioni sio di Bartolomeo e Giovan Nicola Tagliacozzi Cana le, che re staura la
risulta quasi ultimata , abbia modificato il vec- Giacomo Conforto (cfr, Savarese 1986, p, 117), chiesa dopo il terrem oto del 1732 (cfr, infra ,
chio progetto (Nappi 1989a, doc . 23-25: cf r, Scelto il progetto di Grimaldi e posata la prima Aggiornamento, capitolo IV). La cupOla è crol -
infra). Dai documenti pubblicat i da Nappi pietra 1'8 giugno 1608, si dà inizio ai lavori (cfr. lata nel 1897 (cfr. Fiordeli si 1899), ma le parti
(1989a) emerge che la gestion e economica Strazzullo 1978, doc. 634): la fabbrica rustica basse dell'interno sopravvivono riparate da
del cantiere era in mano ai teatini di San Paolo è ultimata nel 1615 (cfr. Savarese 1986, p.145, una tettoia (C f r. fotografie in Sava rese 1986,
Maggi ore - c he del resto erano i padri spiri- n. lll): il modello e i disegni per la cupola sono f igg. 103-107).
tua li del monastero - che i disegni sono st ati approntati prima della morte di Grimaldi, ma la
redatti da Conforto e la direzione del cantiere sua costruzione è completata solo nel 1621
Santa Maria Donnaregina Nuova
delegata a Onofrio Tango. L'adozione della tra- (cfr. Strazzullo 1978, doc. 642, 644: Strazzullo
vata ritmica non ha riscontri nell'opera di Gri- 1994, pp. 61, 67-68). La cupola ha subito nume- Le ri cerche d 'arch ivio hanno smentito l'attri-
maldi , mentre ricorre altre volte in qu ella di rose modifiche ed è stata sottoposta a nume- buzione di Santa Maria Donnaregina Nuova a
Conforto (Santa Maria della Verità, Santa Te - rosi interventi di consolidamento già pochi anni Giovanni Guarini e la chiesa ri su lta costruita
resa agli Studi, San Nicola da Tolentino e Santi dopo il suo comp letamento (cfr. Strazzull o su progetto di Conforto: i primi pagamenti
Marcellin o e Festo: cfr, Sava rese 1986, p.186), 1978, doc, 303, 304,646-659: Divenuto 1984, noti in suo favore sono del 1626 (cfr. Nappi
che potrebbe averla desunta dalla navat a di pp,109-112: Savarese 1986, p. 121, Strazzullo 1988, pp. 142-143: Delfino 1990, doc. 11): nel
San Paolo Maggiore costruita da Cavagna (cfr, 1994, pp. 190-191: Nappi 2001. doc, 12, 37). Il 1627 gli vengono co rri sposti altri 70 ducati
supra). Dopo la morte di Conforto i lavori per cantiere va avanti per secoli con la decorazione "per il servi t io della sua arc hitettura che ha
la cupola e il campanile sono diretti da Onofrio dell 'interno, i marmi, g li affreschi, gli arredi li- servi t o per la nova chiesa del monastero de

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Donnaregina de Napoli finito detto servitio ad il Ban co di Santa Maria del Popolo (cfr. Nappi Giovan Giacomo Conforto
ultimo de agosto de 1626" (cfr. Nappi 1988, p. 1985, p.l77; Savarese 1987); è presente anche
142) e si dà avvio su suo d isegno alla stucca- nel cantiere di Sant'Andrea delle Dame (cfr, Giovan Giacomo Conforto è uno degli archi-
tura della volta (ivi) ; l'ultimo pagamento, in qua- supra). Nel 1602 lavora alle scale del Tribunale tetti più attivi a Napoli nel primo trentennio
lità di ingegnere della nuova costruzione, è del degli El etti in San Lorenzo (cfr. Nappi 1990, del Seicento; nato intorno al 1596 (cfr. Leone
1630 (cfr. Delfino 1990, doc, 12). Soprastante doc. 25) e disegna opere in bronzo per la cap- 1983; S. Pisani 1998) muore nel 1630 (cfr.
alla fabbrica, forse con il semplice ruolo di ca- pella d'Aponte all'Annunziata (ivi, doc, 24); tre Nappi 2001. doc. 12). Il primo incarico docu-
pocantiere, era Giovanni Cola di Franco (cfr. anni dopo abbandona Napoli alla volta di Lo- mentato è per la chiesa e il monastero di San
Delfino 1983, pp, 90, 109), La facciata viene co- reto, dove sostitu isce Muzio Oddi come archi- Gaudioso, dove lavora dal 1593 al 1620 in -
struita fra gli ultimi mesi del 1625 e la prim a tetto della Santa Casa, ma nel 1607 viene invi - sieme a Cesare Quaranta ; nei primi docu-
metà del 1626, ma il portale marmoreo è realiz- tato dalla Deputazione della cappe lla di San menti entrambi sono definiti fabbricatori, e
zato da Bernardino La ndini soltanto nel 1647 Gennaro a fo rnire un progetto per il Tesoro solo successivamente Conforto viene identifi -
(cfr. Delfino 1990, doc, 13-19). Sulla chiesa , cfr. nuovo (cfr. supra) , I due soli disegni autografi cato con la qualifica di architetto (cfr. Nappi
anche Delfino 1984, Delfino 1996-97. noti sono la pianta della chiesa di San Pietro in 1988, pp. 129-130). Contemporaneamente i
Vallo a Fano (cfr. Mariano 1996, p. 17) e una due lavoravano in Santa Maria dell e Grazie a
pianta dell'area tra i monasteri di Sant'Andrea Caponapoli. dove avevano deciso di costruire
Giovan Battista Cavagna
delle Dam e, Sant'Anielio e San Gaudioso re- un sepolcro che sarebbe dovuto servi re a en-
Giovan Battista Cavagna risulta attivo a Na- datta nel 1602 (ASN, Mon, Sopp., val. 6010, I). trambe le famiglie (cfr. Filangieri di Satriano
poli a partire dagli anni settanta . Per un riepi - 1883-91, val. IV, p, 224); anche qui all'Inizio
lògo delle vicende biografiche, cfr. Venditti Monte di Pietà Nuovi documenti sul Monte (1595) figurano come imprenditori, poi dal
1979, da integra re con i documenti successi- di Piet à (figg, 61. 62) sono pubblicati da Nappi 1612 vengono chiamati architetti (cfr. Nappi
vamente pubblicati da Pressouyre 1984, Sava - (1985, doc. 47-80); sul co mplesso esiste an - 1988, pp, 130-131).
rese 1987, Nappi 1989 e Nappi 1990. La data che una monografia cu rata da Giancarlo Ali- Sin dall'inizio della fabbrica Conforto è tra i
di nascita è ignota e le prime testimonianze ri- sia, co n sagg i di vari autori, appendice docu- fabbricatori ne l cantiere del Monte di Pietà
salgono al 1569, qu ando doveva avere rag- mentaria e rilievi (cfr. Monte di Pietà 1987). La sotto la direzione di Cavagna (cfr. Nappi 1985,
giunto l'età adulta dato che il suo nome figura successione di spaz i del Monte di Pietà , atrio doc, 47, 48, 51; Savarese 1987, p, 22). Nel 1619
in una querela (cfr. Venditti 1979, p. 560). La tetrastilo, cortile e cappella, mostra a mio av- dirige i lavori per la costruzione del campa nile
sua attività a Roma sembra essere stata viso una riflessione vitruviana, autonoma da- del Carmine (cfr, Nappi 1988, p.149), nel 1620
esclusiva mente quella di pittore e i primi rife- gli esperimenti di Pallad io e forse più legata costru isce la cisterna del convento dei Cap-
rimenti al Cavagna come architetto si trovano alla ricostruzione della casa degli antichi di puccini a Pozzuoli (cfr. Nappi 1986, doc, 101-
a Napo li , dove non doveva essers i trasferito Fra Giocondo. La collocazione di due scale 109) e nel 1621 si occupa della trasformazione
stabilmente dato che nel 1590 risulta abitante simmetriche ai lati dell'ingresso, oltre che nel della cappella Severino in Santa Maria la Nova
a Roma in via Ferratina (cfr. Pressouyre 1984, Collegio Romano , era presente a Roma ne l (cfr. Nappi 1988, pp, 150-151).
val. I, pp. 104-105 e nota 67, 299 -302 e doc, comp lesso della Sapienza, È architetto del monastero di San Martino
206,345-349 e doc. 321: val. Il , fig. 222). Pro- (1621-30) e di quello dei Santi Marcell ino e Fe-
prio in questo periodo lavora a Sa n Paolo San Gregorio Armeno Ancora poco chiara sta (1626-30), dove costruisce la chiesa e di -
Maggiore affiancando all'attività di architetto l'individuazione delle diverse responsabilità di rige i lavori del chiostro (Nappi 1988), Per le
quella di pittore (cfr, Lenza 2004). Lui stesso, Giovan Battista Cavagna e Vincenzo della Mo- chiese della Trin ità delle Monache (1610-25),
in calce a una pala d'altare commiss ionatagli nica nella ricostruzione della chiesa e del mo- San Paolo Maggiore (1626-30) e Santi Apo-
nel 1591 dal viceré di Napoli si firma Jo[ann]es nastero di San Gregorio Armeno (1572-80; stoli (1626-30), cfr. supra; per Santa Maria di
Baptista Cavagna romanus pictor architectus figg. 63-67). Interpellato nel 1586 come testi- Montevergine, cfr. infra; per la chiesa del Pur-
(cfr. Venditti 1979). A partire dagli anni no - mone in un processo a carico del monastero, gatorio ad Arco (1625-30), cfr. infra, Aggiorna-
vanta la sua presenza a Napol i deve essere Vin cenzo della Mon ica, afferma di essere mento, capitolo III.
stata continuativa, almeno a giudicare dalle stato " prattico et Architetto che ho servito il
numerose commiss ioni che riceve in questi Iaea et il pensiero è stato il mio de la fabrica, Santa Teresa agli Studi Dal 1604 architetto
anni anche per pi cco le opere; nel 1590 rea- ancor che sia cosa notoria et apparente" (cfr. della fabbrica della chi esa e monastero di
lizza la cappella della "cona" dei Muscettola in Strazzullo 1975a, doc. 21 bis) . L'elemento si- Santa Teresa agli Studi è Giacomo Conforto
Santa Maria della Stella, oggi non più esi - gnificativo della chiesa è la facciata con il por- (cfr, Nappi 1988, pp, 132-135). Nel 1610 Cri-
stente, e nello stesso anno, insieme con Do- tico che si sviluppa in profondità e che so- stoforo e Domenico Monterosso vi edificano la
menico Fontana approva il progetto di Fra Nu- stiene il coro delle monache, aperto verso la cappella Ravaschieri, poi decorata nel 1613 da
volo per Santa Maria della Sanità (cfr. Sava- navata ; quest'originale soluzione deriva pro- Belisario Corenzio e nel 1616, su disegno di
rese 1986, p. 193); nel giugno 1596 esegue babi lmente dal tipo romano di facciata a por- Conforto, viene posto in opera il "cornicione "
due disegni della pianta del Lagno sito a Casal tico, ma risente anche del precedente an- della chiesa (ivi, p. 134), De Lelli s (BNN, ms.
di Prin cipe (cfr, Nappi 1989. p. 137) ; dal 1597 gioino di Santa Maria Donnaregina Vecchia. X.B.24, f. 32) scrive che la chiesa è stata aperta
disegna e dirige la fabbrica del Monte di Pietà Per la decorazione dell' interno. cfr. in fra , Ag- nel 1622, Per la facciata e gli interventi di Fan-
(cfr. infra) e dall'anno successivo ricostruisce giornamento, capitoli III. IV e V. zago, cfr. infra, Aggiornamento, capitolo III.

281
Santa Maria della Verità (Sant'Agostino de- probabile che Fra Nuvolo sia intervenuto so l- Santa Maria del la Ste lla (ivi). Cantone (1984,
gli Scalzi) Conforto costruisce la chiesa e il tanto in occasione dell'ampliamento de11602- pp. 124-130 e 1990) attribuisce l'impianto
monastero di Santa Maria dell a Verità (figg. 08 (cfr. Ambrasi 1976, pp. 32-33: Pane 1989. ova le di San Sebastiano a Fanzago, basandosi
67. 68) dirigend one i la vo ri sin dall'acquisto p. 310: Mormone 1993, p. 170). Si deve cert a- sulla sua documentata presenza nel ca ntiere
dei suol i. nel giugn o 1612, fino all a sua morte mente a un suo progetto la terminazione abs i- nel 1630-32. ma ta le attribuzione è contestata
(cfr. Nappi 1988, pp. 148-149); la facc iata viene data del transetto con nicch ie su ll e diagonali. da Giulio Pane (1989) Un documento noto già
real izzata nel 1626 (cfr. Strazzull o s.d. [ma che ritorna anche nel progetto di ri faci mento da tempo . rel at ivo alla lite fra l'architetto e il
1969], pp. 93-94; Pi etr ini 1972. p. 40; Nappi di San Pietro Martire (1607; cfr. Cantone 1966. monastero di San Sebastiano (cfr. Bose1 1979,
1988, pp. 148-149) e la chiesa consacrata sol- p. 223, fig. 44; Del Pesco 1998. p. 234). La fac - doc. 57. po i in Cant one 1990. n. 51 ), prec isa
tanto nel 1653 (cfr Diari dei Cerimonieri 1961. ciata è real izzata sotto la direzione di Onofrio che Fanzago aveva approntato un progetto di
p. 30). Amirante (1981) pubblica documenti Ghisolfi fra il 1633 e il 1652 (cfr. Nappi 1990, cui si costruisce il coro, e che viene poi sosti -
relati vi a un ampio restauro intrapreso da Ar- doc. 54, 60), responsabile anche dell'amplia- tu ito da Fra Nuvolo "quale fe novo modello et
ca ngelo Guglielmelli dopo il 1694. m ento del co nven to fra il 1633 e il 1658 (cfr. disegno della chiesa per lo quale pig lia del
Nappi 2000. p. 90. doc. 12-16), in car ico suc- coro fatto palm i 22" (cfr. Bose11979, doc. 57).
Monte dei Poveri Dal 1616 Conforto fornisce cessivamente passato a Paolo Papa (ivi. doc. Gl i scarni dati a proposito del progetto di Fan-
i disegni e segue la costruzione del pa lazzo e 17-19). Per gli interventi del XVII I seco lo, cfr. in- zago parlano di una chie sa con doppio coro -
della cappella del Monte dei Poveri (cfr. Nappi fra, Aggiornamento, capitolo V. uno dietro l'a ltare, l'altro sopra l'ingresso - di
1985, doc. 87; Nappi 1986, doc. 88-94). otto colonn e in marmo di Verona alte ve nti-
Santa Maria della Sanità Fra Nuvolo è l'ar- quattro palmi (circa sei met ri ) e dell a pre -
San Francesco Saverio Il progetto e le vi- ch itetto della chiesa di Santa Maria della Sa - senza di quattro piloni , due già costruiti. due
cende del ca ntiere di San Francesco Saverio nità (figg. 73-75) e di alcu ne parti del mona- solo progettati. e fanno pensare a un impianto
sono discuss i da BOse l (1979) sulla base di stero. cioè la sagrestia (1605; cfr. Nappi 1999. differente da quello poi costru ito, che mostra
nuove ricerche d'a rchivio. La chiesa è iniziata doc. 36). il chiostro ovale (16 11; ivi, doc . 46. però sign ificativi punt i di contatto con il pro-
dopo la morte di Conforto su progetto di Co- 47) e il refe ttorio (1622; ivi, doc. 44. 45); l'im - getto di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone
simo Fanzago (cfr. in fra , Aggiornamento. capi- pianto prim it ivo dei dormitori. post i su t erraz- (cfr. Pane 1989, p. 546: cfr. in fra , Aggiorna-
t olo III) e il presunto progetto di Confo rto (fig. zamenti . e la grande scalinata che li co llega mento. cap itolo III).
389) è in rea ltà relativo a un 'a ltra chiesa. for se sono stati realizzati a partire dal 1590 dal "ca-
Santi Apostol i (cfr. supra). pomastro fabbricatore" Fabio de Bruna. con
Giovanni Cola di Franco: Santa Maria
modello dell 'architetto olandese Orlando Rys.
dell'Arco e altre opere
Cancello del Tesoro di San Gennaro Nel1623 che nei documenti è indicato anche col topo-
Conforto viene interpellato per il cancell o della nimo di " Frisone" (ivi, doc. 1-9). Nel settembre Giovanni Cola di Franco è attivo soprattutto
cappella del Tesoro e viene scelto il suo disegno del 1602 è posta la prima pietra de ll a chi esa co me capomastro, ma è anche progettista.
(cfr. Strazzullo 1978, doc. 660; Strazzullo 1994. (cfr. D'Andrea 1984, p. 95): nel 1609-10 si co- Dal 1593 al 1595 dirige la costruz ione di Santa
p. 78), poi sostituito nel 1628 da quello di Fan- struiscono le vo lte (cfr. Ghisetti Giavarina Maria dell'Arco a Sant'Anastasia, forse se-
zago (ivi, doc. 171. 661; cfr. infra, Aggiorna - 1989, p. 324; Nappi 1999, do c. 38), nel 1613 è guendo un progetto di Dosi o (cfr. Strazzull o
mento, capitolo III): nel 1630, tuttavia, i deputati co mpletata la costruzione della cupo la (cfr. s.d. [m a 1969]. p. 264: De l Pesco 1992, pp. 34-
emettono un pagamento in favore degli eredi Ceci 1920, p. 94; Ghisetti Giavarin a 1984. p. 35: una ved uta della ch iesa dipint a da Micca
per il modello fatto da Conforto (cfr. Nappi 324) e l'an no successivo viene ult imato il Spadaro è riprodotta in Civiltà del '600 1984
2001. doc. 12). Sempre nel 1628 Conforto forni- campa nil e (cfr. Sp in osa, Ciavolino 1981, p. vo l. I. p. 290. cat. 2.101: per gli int erventi di
sce il disegno per il prospetto dell a ca ppella 45). La fa cc iata realizzata da Fra Nuvolo è Bartolomeo Picchiatti e Giovan Battista Nau-
verso la navata (cfr. Strazzu ll o 1978. doc. 159). stata modifi cata nel 1677 da Dionisio Lazzari clerio nella chiesa. cfr. infra, Aggiornamento,
(cfr. Rizzo 1987, doc. 72), quindi nel 1711 da capito lo IV) . Dal 1597 lavora con Cavagna al
Arcange lo Guglielmelli (cfr. Nappi 1999. doc. Monte di Pietà. e avrebbe poi dirett o la costru-
Fra Nuvolo
62) e infin e nel 1774 da Francesco Sca rola zione di Sa nta Maria la Nova (cfr. infra). Nel
Le vicende biografiche di Fra Giuseppe Nuvolo (ivi, doc. 63). 1607 presenta un progetto per la cappe ll a del
sono sta te ricostru ite da Miele (1986): ch ia- Tesoro di San Gennaro e po i ne segue la co-
rit o l'equivoco del vero cognome - che non è San Sebastiano Dopo il 1632 Fra Nuvolo su- struzi one seco ndo il progetto di Grimaldi
Donzelli, ma Nuvolo - ne ha precisato l'a nn o bentra a Fanzago nella costruzione della (1607: cfr. Savarese 1986, pp. 117-118). A par-
di morte nel 1637. Nel 1630 Fra Nuvolo dà i di - chiesa di San Sebastiano e ne modifica il pro- tire dal 1616 segue il cantiere di San Carlo all e
segni per il portale della chiesa di Santa Maria getto - presumibilmente ottagonale o a croce Mortelle (cfr. infra, Aggiornamento, capitoli IV
del Ca rmine a Capodichino (cfr. Nappi 2000, greca - trasformandolo in un impianto ovale e V) e da l 1616 al 1619 dirige la fabbri ca del
p. 82, doc. 203). (fi gg. 76, 77). L'altare maggiore, opera di Do - Purgatorio ad Arco (cfr. infra, Aggiornamento,
men ico Salvatore (1643 -47; cfr. Borrelli 1983, capitolo III): nel 1620 risulta arch itetto dell a
Santa Maria di Costantinopoli La costru- p. 33) e le sedici paraste in marmi mischi rea - Casa Santa di Sant' Eligio (Cfr. Nappi 1689, p.
zione di San ta Maria di Costantinopoli (fi gg. lizzate nel 1666 dal marmoraro Pietro Antonio 313) e dal 1626 segue, per Conforto, la costru-
71. 72,137. 254, 255) co m incia nel 1575, ma è Va lentino (ivi, pp. 31-32), si trovano adesso in zione della chiesa di Donnaregina (cfr. supra) .

282
Santa Maria la Nova Le ricerche di Novelli e non alla chiesa . La costruzione della chiesa Cappella Muscettola
Radice (1982-83) hanno precisato la data- attuale risale con molta probabilità ai lavori in-
zione, confermando il 1596-99 per la costru- trapresi nel 1527 per l'ampliamento del mona- Un documento pubblicato da Nappi (1984,
zione della navata (ivi, doc,I-l b), senza tutta- stero - già documentato nella prima metà del doc. 59) consente di anti cipare al 1610 la con-
via trovare alcuna traccia del presunto pro- XVI seco lo - come sem brerebbe confermare venzione per la cappella Muscettola nel Gesù
getto di Giovanni Cola di Franco, Nel 1599 Gio- la presenza, all'interno della chiesa, di due la - Nuovo.
vanni Bernardino Azzolino viene pagato "in stre tombali datate rispettivamente 1553 e
conto de la pittura de li quadri de la intempia- 1579 (cfr. Amirante 1976).
tura" (ivi, p,160) e altri pagamenti per i dipinti capitolo III e appendice A
del soffitto sono corrisposti nel 1602 a Fabri- Cosimo Fanzago
Chiostri ad archi su colonne in marmo
zio Santafede e Francesco Curia (ivi , pp. 161-
162). Per il monumento Macedonio. cfr. supra. Il sistema costruttivo ad archi su colonne di
1591-1678
marmo viene adottato in alcuni chiostri co- Manca a tutt'oggi una monografia aggiornata
struiti a Napoli fra la seconda metà del Cin- su Cosimo Fanzago (1591-1678). La più re-
Santa Maria della Vittoria quecento e l'inizio del Seicento. Il più famoso cente è quella di Gaetana Cantone (1984), co-
La ch iesa di Santa Maria della Vittoria a Chia ia è quello di San Martino (fig. 122), ma i chiostri stru ita intorno a ricerche in gran parte pubbli-
viene donata ai teatini da Giovanna d'Austria piccoli dei Gerolomini, di San Paolo Maggiore cate sotto forma di articoli negli anni sessa nta
nel 1628 (ASN , Mon. Sopp ., val. 1144, f. 310: (fig. 82) e dei Santi Severino e Sossio atte- e settanta. Sono da segna lare anche gli studi
D'Aloe 1883, p. 674). Nel 1632 vengono acqui- stano che si tratta di un fenomeno che ha go- di Fred Brauen (1973, 1976, 1978 e 1979) e di
state le quattro grandi colonne di marmo che duto di una certa fortuna. Più che la continua - Richard Bbsel (1975, 1978, 1978a e 1979),
reggono la cupola, e la chiesa risulta ultimata zione di una t radizione quattrocentesca, si nonché le loro rispettive recensioni al vol ume
nel 1646 (cfr. Bianchini 1997). Silvana Sava- tratta del recupero consapevole di forme pale- di Bl unt (cfr_ Brauen 1976a: BoseI1977: cfr.
rese (1986, p. 57) l'attribuisce a Pietro Carac- semente desuete. La lettera di Summonte a anche Blunt 1979b, p. 254, n. 1). Una sintesi
ciolo, ma nelle font i d'archivio cui rimanda Michiel attesta infatti che già nel 1524 a Na- crit ica dei problemi storiografici è offerta da
(ASN , Mon. Sopp. , val. 1147, ff. 29-32) non ho poli l'uso di archi su colonne era considerato Mariaserena Mormone in Civiltà del '600
trovato il nome di alcun arch itetto. Una foto "un'eresia grande nell 'architettura, conciosia- 1984, vo I. II. pp. 180-183, e una bibliografia più
dell'interno della chiesa, in Del Pesco 2003. p. ché sempre in antiquo si trovano posti su pila- aggiornata in Del Pesco, Spinosa 1994. Altri
527; rilievo della pianta e utile regesto crono- stri" (cfr. Pane 1975, p. 69). La sua adozione è co ntributi hanno co nsentito di attribuirgli la
logico, in Bianchini 1997. probabilmente legata a modelli pa leocristian i: paternità di altre ope re prima ignorate, che
l'attenzione verso la chiesa delle origini era nel presente aggiornamento sono segnalate
molto forte nei nuovi ordini controriformati. in con un asterisco.
Montevergine (o Monteverginella) particolare teatini e oratoria ni, ed è plaUSibi le
Nel 1614 Conforto rifà la tribuna della chiesa di che lo stesso interesse sia stato rivolto anche Opere giovanili Le testimonianze sulla prima
Montevergine e fornisce i disegni per le cap- all'architettura e all e testimonianze materiali produzione artistica di Fanzago sono fram -
pelle Salvo, Scotto e Fulli (cfr. Nappi 1988, pp. di quell 'epoca (per la chiesa dei Gerolomini, mentarie. Le ricerche degli ultimi anni confer-
143-145); secondo una lapide in loco, la chiesa cfr. supra). mano che Fanzago ha iniziato la sua attività
era stata ricostruita dai monaci virginiani nel Una parallela diffusione si osserva negli stessi professionale come scultore in marmo e che
1588, ma i lavori più importanti - "per abboc- anni in Sicilia (cfr.. per le sole case gesuitiche, solo in seguito è passato all'architettura, pro-
ca re le mura della chiesa vecchia" - risalgono Lima 2001. passim): in entrambe le aree geo- babilmente sotto la guida di Giacomo Con -
al 1594 (cfr. Pessolano 1975) ; nel 1614 viene grafiche la presenza di un chiostro su colonne forto. Re lativamente ai rapporti di discepolato
chiusa la cupo la e nel 1629 si avvia la costru - - spesso in corrispondenza dell'ingresso al con Pietro Proved i.le uniche notizie di contatti
zione del chiostro ad arcate su pilastri di pi- monastero - è sempre abbinata a uno più tra- fra i due risalgono al 1621, quando Provedi va-
perno (ivi); la cupo la è stata ricostruita da dizionale a pi lastri. luta e apprezza i lavori in marmo eseguiti da
Francesco Antonio Picchiatti, che cura anche Fanzago nell a cappella Borrello nel Gesù
l'esecuzione degli arredi e degli stucchi (1656- Nuovo (cfr. infra).
Cappella Fornaro
60; cfr. infra, Aggiornamento, capitolo IV), poi Brauen (1973, p. 241) nota che un pagamento
rifatti da Vaccaro nel 1728 (cfr. infra , Aggiorna- Donald Garstang (1984, p. 388) ha notato che del 1613 ad Andrea Pulce e Ange lo Landi per
mento, capitolo V) . mensole embricate simil i a quelle della cap- una "lapide de marmo et commessa di mi-
pella Fornaro (fig. 89) ritornano anc he nell a schio" attesta la familiarità di Landi con questa
cappella di San Filippo Neri (1622) nella tecnica già prima che entrasse in società con
Gesù delle Monache ch iesa di Sant'Ignazio a Palermo, e ne ha ipo- Fanzago e cita un docum ento che anticipa al
La lapid e apposta sopra il portale del Gesù tizzato la com une derivazione da un reperto- 1615 la rea li zzazione della st atua di sant'igna-
delle Monache attribuisce la costruzione della rio decorativo desunto da modelli d'importa - zio (all'epoca ancora beato) a Catanzaro (ivi,
chiesa alla munificenza dell a famigli a Mon- zione: il motivo risulta in realtà già presente a pp. 244-246). Nappi (1980, p. 225) pubblica un
talto e riporta la data 1582. In realtà questa Napoli all' interno della cappella Caracciolo di pagamento del 1615 a Fanzago per un monu-
data si riferisce soltanto alla facciata (fig. 80) Vico (cfr. supra, Aggiornamento, capitolo I). mento funebre nella chiesa degli Incurabili.

283
Fra i suo i primi lavori è la fontana dello Spirito due busti di Sant'Asp reno e Sant 'Aniell o, an - Agliani , per le part i in marmo (dal 1635; ivi,
Santo - distrutta - il cui contratto risale al cora in Iaea (cfr. Napp i 1984, p. 322): sempre doc. 33, 35, 36, 38, 48, 49; Rizzo 1984c, p.
1618 (cfr. D'Addosio 1912-21, XLVI, pp, 390 - di Fanzago i due angeli sopra il fron t one del - 385). Nel 1656, sempre su progetto e dire-
391; Brauen 1973, p, 223; Nappi 1980, doc. 31. l'altare e quelli sulle portelle latera li, va lutati zione di Tango, vie ne costruita la balaustra
32, 34; Cantone 1984, p. 411). Nello stesso da Pietro Proved i (ivi, doc. 17-20). Per la cap- della sca linata esterna , mentre. come ipotiz-
anno, insieme ad Angelo Landi, Fanzago è pa- pella, cfr. anche Bra uen 1973, pp. 188-189. zato da Blunt, il portale è più tardo ed è stat o
gato "per l'opera di marmo ch'esso fa d'ordine real izzato fra il 1716 e il 1720 da l marmoraro
del Cardinal Carafa arcivescovo di Napoli in - Cattedrale di Barletta: altare maggiore e Giuseppe de Mari no (c fr. E. Nappi 1996-97,
torno al coro grande della Chiesa Cattedra le" cappella Gentile Ai doc um ent i relativi ai la- doc. 85-89: Rizzo 2001, doc. 260, 264 ). La de-
(cfr. Strazzu llo 1995, p. 213): il coro, che si tro- vori di La ndi e Fanzago nell a cattedra le di Bar- corazione interna del presb iterio, finanziata
vava nell a navata cen t ra le chiuso da una re- letta (1619-22) già pu bblicati da D'Addos io, si dalla fam iglia Mastril li (fig. 135), viene affidat a
cinzione marmorea, è stato spostato nell'ab- sono aggi unt i quelli ritrovati da Rizzo (1984a, a Dionisio Lazzari, che real izza l'a ltare mag -
side dal card inale Giuseppe Spinell i nel 1744. doc, 57) e Pascull i Fer rara (1983, pp. 160, giore. la balaustra e tutte le decorazioni della
Secondo Cantone (1984, p. 42 e cfr. fotografia 308), che consentono di attribu irg li anche la tribuna (1651-61: cf r. Rizzo 1987, doc. 65 ; E.
p. 30), sa rebbe databile al 1623 la costruzione balaustra e il pavimento della cappel la Gentil e Nappi 1996-97, doc. 60-63, 70, 75-79) ; le sta -
di una piccola cappella a edicola, addossata al e fanno riferimento a un contratto stipulato il tue sono sco lpite da Andrea Falcone (1630-
pilone fra la quint a e la sest a cappella sin istra 21 luglio 1620. Un nuovo atto notari le è stipu - 75) nel 1671 (cfr. Rizzo 1984c, p. 374, doc. 8).
della chiesa di Santa Chiara (ma cfr. Spila lato il 21 dicembre 1623 per risolvere la lite fra Gl i altari delle cappelle laterali sono costru iti
1901. p. 151). Risalgono certamente al 1626 le le parti e pe r stab ilire che Fanzago ponesse in da Pietro Ghetti nel 1722 (cfr. E. Nappi 1996-
porte in marmo della cappe lla Guevara di Bo- opera i manufa tti personalmente "et non pe r 97, doc. 91) e le balaustre da Nicola Ta mmaro
vino in San Domenico (cfr. Mormone 1940-41. mezzo d i suoi creati" (cfr. Pasc ull i Fe rrara nell'anno seguente (ivi , doc. 92); nel 1734
X, p. 458, poi in Cantone 1984, p. 380, n. 26). 1995, pp. 38 -39). L'a ltare magg iore de ll a viene realizzato un organo (cfr. Rizzo 1979,
Per la custod ia di San ta Patrizi a, cfr. Spinosa chiesa è stat o modificat o nel 184 4 e po i t ra - doc. 179) e nel 1737 l'alta re maggiore di Laz-
1974: Civiltà del '6001984, val. Il , pp. 397-398, sferito nell a chiesa della Sacra Famiglia, ma za ri è sostit uito da uno "al la romana" d i Pla -
ca!. 5.118), Altre opere realizzate negli stessi da l 1968 se ne sono perse le tracce , Anche cido de Filippo (E. Nappi 1996-97, doc. 96-99).
anni sono citate in Cantone 1984, p. 39 e l'a ltare e la ba laust ra della cappe ll a Genti le Tra il 1759 e il 1760 vengono intrapresi rest auri
Strazzullo 1995, p. 213. so no stati ri mossi. rispett ivamente nel 1917 e con la direzione degli ingegneri Gennaro Zizza
1953 (cfr. Testini 1986). e Bartolomeo Vecc hione e disegno di Giova nni
Monumento Acquaviva nella sagrestia del Medrano (ivi, doc. lOO) .
Monte di Pietà Aurora Spinosa (1976, p. 25, Fontana del Sebeto La fontana Fonseca, poi
n. 35) e Fred Brauen (1976a, p. 421) hann o del Sebeto, è stata costrui ta per ord ine del vi- San Giuseppe dei Vecchi La ricostruzione di
precisato che i due facchini che reggono la la- ceré Manuel Zunica y Fonseca cont e di Mon - Sa n Giuseppe dei Vecchi è avviata nel 1634
pide commemorativa del cardinale Acquaviva terey (1631-37) nel 1635 e affi dat a a Fa nzago, co n progetto di Fa nzago, che ne dir ige il ca n-
ne ll a sagrestia del Monte di Pi età non pos- che si avvale della collaborazione di Sa lomone tiere fi no al 1638. ma i lavori vengono interrotti
sono essere settecentesc hi - co me sostenuto Rapi (cf r. Nappi 1980, doc, 4 2-46; cfr. anche varie volte , tanto ch e nel 1657 ancora si sca-
da Blunt - perc hé g ià in loco al te mpo di Ce- Spi nosa 1984, p. 56 ); per Ca rlo Fa nzago, fi- va no alcune fondazioni (cfr. Cantone 1984, pp.
lano e li ritengono opera di Fa nzago (cfr. an- gura assolutamente margina le cui Celano at - 130-138). La chiesa viene portata a term ine in
che Blunt 1979b, p. 254, n .1: Spinosa 1984, tribu isce la fontana, cfr. Ghiraldi 1984 e Ghi- una lunga campagna di lavori dal 1720 al 1750
pp. 53-56; Nappi 1987, doc, 30, 34). Un inter- rald i in Civiltà del '600 1984, val. II. p. 178. durante la quale intervengono var i arch itetti :
vento al " piedista ll o del card inale Acquaviva " dal 1707 al 1712 Onofrio Parasca nd olo (sotto
ad opera del marmoraro Carlo Tucci è però at- Purgatorio ad Arco Le ricerche di Edoa rdo la cui direzione lavora il capomastro Mauro
testat o nel 1730 (Nappi 1987. doc, 54, 55). Nappi (1996-97) sul la ch iesa delle Anime del Manna), dal 1712 al 1724 Giovan ni Batt ist a
Purgato ri o ad Arco (f igg. 95, 96) hann o con- Manni e dopo il 1732 Nicolò Tagliacozzi Canale
Statue della cappella Borrello nel Gesù sentito di veri ficare la totale estraneità di Fan- (cfr. Cantone 1984, pp. 130-138). Contem po-
Nuovo La datazione al 1618 e l'attribuzione zago al cantiere (ava nzata invece da Celano ra neamente si registra la prese nza di France-
a Fanzago delle statue della cappella Borrello, 1692: cfr. Braue n 1976a, p. 421): la costru- sco Sol imena (1727, per il porta le: cfr. in fra ,
dedicat a a San Carlo Borrom eo, già note da zione risa le agl i anni 1616-19 e le cedole dei Aggiornamento, capitolo VI) e di Giovanni Bat -
D'Addosio (1912-21, XLVI, p. 390) sono ricon- banchi specificano che la fabbrica veniva con- tista Nauclerio.
fermat e da Cantone (1984, p. 298. n. 26). Il dotta seco nd o il disegno d i Giovan ni Co la di
sa ldo di pagament o per le opere in marmo Franco (E. Napp i 1996-97, doc. 15-20, 22-26); Santa Maria degli Angeli alle Croci Secondo
della cappella è corrispost o a Cost antino Ma - nel 1619 i lavori rallent ano per riprendere poi Cantone (1984, pp. 219 -229) Fa nzago ha co-
ras i (1580 circa - 1656) nel 1620 (cfr. Nappi nel 1625 sotto la direzione di Conforto. Il pro - struito ex novo il col legio di Santa Maria degli
1984, doc. 14 ); dell'anno successivo altri paga- getto dell a facciata è di Onofrio Tango e l'ese- Angeli alle Croci, limitandosi nella chi esa a in-
ment i a Fa nzago per le stat ue di Sant'Ambro- cuzione d i Tom maso Gaudioso e Geronimo t erventi di ammodernamento dell e struttu re
gio e Sant'Agosti no - ora nella cappell a di San Ferruccio, per la parte in piperno (dal 1632; ivi, più ant iche, consistenti nella costr uzione del-
Francesco Saveri o (nel tra nsetto destro) - e doc. 31. 32), e di Donato Van nelli e Domenico l'atrio e della facciata (figg. 110 -112, 115), nel

284
rivestimento delle pareti e negli arredi liturgici
(figg. 97. 98). La chiesa separa il convento dei
francescani, a sinistra, dal collegio, a destra: la
decisione di costruire il collegio , secondo le
fonti , si dovrebbe a Fra Giovanni Mazzara e ri-
salirebbe al 1639. Cantone (1984, p. 220) de-
duce che l'intervento di Fanzago è da collo-
care fra il 1639 e il 1648, anno della morte di
Fra Mazzara, e scrive - senza citare la sua
fonte - che le colonne di granito dell 'atrio pro-
vengono dalla demolizione della vecchia basi-
lica paleocristiana di San Giorgio Maggiore.
De Lellis (BNN, ms. X.B.24 , ff. 144r-v) con-
ferma che il restauro era stato voluto da "P. F.
Giovanni di Nap. Ministro generale de frati
pred. Dell'osservanza" e scrive che "in uno de
Pe lastri vedesi uno pulpito medesimamente
di grande architettura, il tutto opera del Cava-
lier Cosimo, col cu i disegno si è riformata . et
abbellita tutta la Chiesa ". Il paliotto dell'altare
maggiore, con un bassorilevo di Cristo morto,
è stato scolpito da Carlo Fanzago, figlio di Co-
simo, fra il 1639 e il 1644 (cfr. Civiltà del '600
1984, voI. Il , pp. 178-179). La scalinata esterna
è moderna (cfr. BOseI1977; Blunt 1979b; Can- m.r-------------------------------------------------
tone 1984, p. 211. fig. 169).

San Giorgio Maggiore L'attribuzione a Fan-


zago della chiesa di San Giorgio Maggiore
(fig. 393) si basa su testimonianze più tarde e
su fonti a stampa (oltre a quelle citate da
Blunì. cfr. anche D'Aloe 1883, pp. 304-305; De
Lellis 1977, pp. 153-177: cfr. anche Ca ntone
1984, pp. 142-149). La chiesa precedente era
stata danneggiata da un incendio nel 1640 e
l'arcivescovo Buoncompagni convince i padri
pii operai che la officiavano a ricostruirla
completamente. Un 'epigrafe collocata a lato
dell'altare maggiore e datata 1650 attesta
che a quella data almeno il presbiterio doveva
essere ultimato. Nel 1694 si decide di "segui-
tare la fabrica della [ ... ] chiesa di S. Giorgio
giusta la forma del disegno che se ne ritrova
fatto dal quondam cavalier Cosimo hoggi po-
sto in opera dal nostro Architetto Arcangelo
Guglielmello" (cfr. Amirante 1990, doc. 58) .
Altri docum enti successivi (1699) precisano
che Guglielmelli ha fornito i disegni per la
"lanterna, cupola e cupulino" e per la decora-
zione in stucco (ivi, doc. 59-62 ). Richard Bo-
sei (1979, pp. 142-148), analizzando la chiesa ,
sottolinea le similitudini della concezione
spaziale con il "terzo disegno" per San Fran -
cesco Saverio (cfr. infra: fig. 392). che com -
bina impianto longitudinal e a tre cupo le in
successione - forse remini scenza di chiese

392 Agazio Stoia (?) da Cosimo Fanzago,


pianta del "terzo progetto" per San
Francesco Saverio, ora San Ferdinando
(Parigi, Bibliothèque Nationale, Cabinet
des Estampes, Hd-4,94).
285 393 Napoli, San Giorgio Maggiore, pianta.
viste durante il viaggio a Venezia - e gerarchia rato in San Giuseppe dei Vecchi (cfr. supra) e Il) e individuando nella chiesa attuale una ri-
centralizzante data dalla maggiore illumina- poi a Roma in San Lorenzo in Lucina (cfr. duzione - in origine destinata a essere provvi-
zione della cupo la centra le - su tamburo e infra) . De Lellis (1654, p. 110), che scrive solo soria - del cosiddetto "terzo disegno" (fig.
con lanterna - e dalla corrispondenza fra le un anno dopo, rifer isce che la posa della 392), che prevedeva una successione di tre
terminazion i absidate del transetto e quelle prima pietra risale al 1653. ma Cantone (1984, cupole lungo la navata e che era stato appro-
del presbiterio e dell'atrio. pp. 138-142) ritiene che esista una prima fase vato nel dicembre 1635 (ivi. doc. lO). La posa
- non documentata però da fonti o docu- della prima pietra è del 2 febbraio 1636 (ivi,
San Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo Il menti - contemporanea al cantiere di San doc. 12). Secondo Celano (1692, vo I. V, pp.
disegno di progetto per San Giuseppe delle Giuseppe dei Vecchi e risalente al 1634. Quasi 585 -588). Sigismondo (1788-89, voI. II. p.
Scalze a Pontecorvo (figg. 113, 114, 116, 117) è tutte le fonti concordano sull'attribuzione a 335) e Minichini (1887, p. 9), architetto della
datato al3 marzo 1643 e la conclusione dei la- Fanzago e sull'interruzione del cantiere a fabbrica era in quegli anni Fanzago e il padre
vori è del 1660: in quell'anno si provvede alla causa della peste nel 1656, mentre alla ripresa gesuita Saverio Santagata, nella sua Istoria
messa in opera dei marmi mischi degli altari, dei lavori nell'anno seguente si riferisce l'iscri- della Compagnia di Gesù (ms. 1756-57, cit. in
degl i stucchi e dei quadri (cfr. Nappi 2000, p. zione su l portale (cfr. Cantone 1984, p.180. n. 80se11985, va l. I, p. 437, n. 11) gli attribuisce
9l. doc. 24-27) e viene aperto il largo anti- 120): un 'altra importante tappa, nel 1667, è esplicitamente il progetto della chiesa.
stante la facciata (cfr. Cantone 1984, pp. 149- segnalata da un'altra iscrizione (ivi). Il portale La facciata (figg. 42 , 108) risale al 1661 (cfr.
155). Nel 1779 Michelangelo Giustiniani cura il è eseguito nel 1675 dal marmoraro Pietro 86se11979, doc. 50, 52) ed è attribuita a Fan -
consolidamento di alcune strutture e realizza , Sanbarberio (ivi, p. 180, n. 127): dopo il terre- zago da Parrino (1700, p. 77), mentre Mormile
forse, le porte ai lati dell'altare maggiore (ivi, moto del 1688 si demolisce la lanterna, ven- (1670, cit. in BOse11979, p. 141. n. 71) la riferi-
p.182 , n.174): potrebbero risalire alla stessa gono rinforzati i piloni della cupola e rifatta la sce a Fran cesco Antonio Picchiatti. I docu-
fase costruttiva anche le modifiche della fac - cappella dei Santi Pietro e Paolo: Cantone menti parlano di "Architetto Regio" (cfr. BOsel
ciata ipotizzate da Blunt. (1984, p.137, fig. 98) pubblica un disegno di 1979, doc. 45), ma la questione è difficilmente
Giovanni Battista Manni per i nuovi stucchi risolvi bile dal momento che entrambi erano in
Santa Teresa a Chiaia De Lellis (BNN, ms. realizzati nel 1701. La ch iesa è stata restaurata quegli anni architetti regi (cfr. Brauen 1976:
X.B.24, ff.184r-v) scrive che la chiesa di Santa a parti re dal 1977. Fiadino 1999). BOsel (1979, pp. 137-141) ne in-
Teresa a Chiaia (figg. 99-101) è stata iniziata dividua il prototipo nell a facciata di Santa Ca-
nel 1650 e terminata il 9 marzo 1664 e loda la Santa Maria dei Monti Incerta appare la pre- ter ina a Formiello. La facc iata progettata da
statua della santa titolare posta sull'a ltare senza di Fanzago in Santa Maria dei Monti, Fanzago è visibile anche in un dipinto di Anto-
maggiore "opera del Cavalier Cosimo Fansago ipotizzata da Fogaccia (1945, pp. 108-109) e nio Joli (cfr. All'ombra del Vesuvio 1990, p.
[ .. .] di cui anco è il disegno della Chiesa, fon - accettata da Cantone (1984. pp. 120-124). Bo- 190). Numerosi documenti relativi alla storia
data sopra quattro colonne altissime di fa - sei (1977. p. 84) precisa che la posa dell a costruttiva e alla decorazione sono pubblicati
brica quadrangolare di moderna, e vistosis- prima pietra è del 22 febbraio 1628 e la consa- in Nappi 2002.
si ma architettura ". L'attribuzione del progetto crazione della chiesa del 21 ottobre 1721.
a Fanzago trova conferma nei pagamenti agli Trinità delle Monache Nel 1623 Fanzago dà
stuccatori, che erano all'opera nel 1661-62 - Ascensione a Chiaia La decisione di rico- avvio alla decorazione in marmo della chiesa
epoca in cu i, dunque, la struttura doveva es- struire la chiesa dell'Ascensione a Chi aia (figg. della Trinità delle Monache (figg.107, 108: cfr.
sere già ultimata - e che dovevano attenersi 106, 107) risale al 1622 (cfr. BOse11977. p. 84: Cantone 1984. pp. 191-200), costruita da
ai "patti e condittion i agiustati dal cava liero De Lell is in BNN, ms. X.B.24. f.193v), ma la co- Conforto a partire dal 1610 (Nappi 1988, pp.
Cosimo" (cfr. Nappi 2000, p. 91. doc. 28-29) . struzione della chiesa, di fatto avviata nel 135-141; cfr. supra). Brauen (1973, p. 225) ipo-
Una nuova lettu ra dell'edificio si deve a Bosel 1626 e conclusa nel 1645 (cfr. Cantone 1984, tizza che sia stato proprio l'anziano architetto,
(1977) che, in disaccordo con Blunt sulla pa - pp. 117-120), potrebbe aver visto l'intervento che dirigeva Fa nzago anche in San Martino, a
ternità delle aperture architravate degli spazi di Fanzago - peraltro ancora non documen- introdurlo nel cantiere della Trinità delle Mo -
sate lliti, le ritiene progettate da Fanzago e le tato - anche in una fase più tarda del cantiere. nache. L'ultima perizia recante la firma di
interpreta come il r isu lt ato dell'incrocio di La decorazione in marmo dell'interno era in Conforto è del 1625 (cfr. Cantone 1984, pp.
quattro serliane ortogonali fra loro, in cui gli esecuzione nel 1626-33 (cfr. Brauen 1973, p. 191-200), mentre è del 1628 il saldo di paga-
archi centrali definiscono l'invaso principale e 182: Brauen 1979, pp. 45 -46). La cupola era mento finale a Fanzago (cfr. Mormone 1940-
sorreggono la cupola, mentre le aperture ar- costruita al rustico nel 1662, ma è stata poi ri- 41. X, p. 458, ci!. in Brauen 1973, p. 226) , ac-
chitravate laterali danno luogo agl i spazi sa- fatta nel 1767, mentre l'atrio della facciata è compagnato dalla nota della badessa con il
te lliti. Per le scale davanti alla facciata, cfr. Bo- stato comp letato soltanto nel 1710 (cfr. Can- resoconto delle opere da lui realizzate: il pul-
sei 1978a. tone 1984, p. 118). pito, il pavimento, il portale esterno e quello
interno, la scalinata e varie opere di arredo.
Santa Maria Maggiore Il progetto di Santa San Francesco Saverio (poi San Ferdinando) Questa lista corrisponde con quanto gli viene
Maria Maggiore (figg.102-104) - detta anche Richard BOsel (1979) ha indagato le vicende att ribuito da De Dominici (1742-45, vo I. III, p.
alla Pietrasanta - è dei primi anni cinqua nta progettuali e costruttive di San Francesco Sa- 185). Per gli interventi di Vaccaro e Tagliacozzi
del Seicento. I committenti erano i padri ca- verio (fig. 70), dimostrando l'estraneità de l Canale nel Settecento, cfr. in fra , Aggiorna-
raccio lini, per i quali Fanzago aveva già lavo- Conforto (cfr. supra, Aggiornamento, capitolo mento, capitolo V.

286
Facciata di Santa Teresa agli Studi L'attri - Chiostro di San Martino L'individuazione zione della chiesa e del monastero, valutan-
buzione a Fanzago della facciata di Santa Te- delle precise responsabil ità di Fanzago nel done pregi e difetti, e distinguendo le opere
resa agli Studi rimane probl ematica. Ruotolo cantiere di San Martino. è ancora argomento scolpite direttamente da Fanzago dalle realiz-
(1983, doc. 7) ha pubblicato la convenzi one controverso, soprattutto per quanto riguarda zazioni di bottega. Fanzago non era rimasto
notarile - già rinvenuta da Prota Giurleo ma il ch iostro (figg. 93. 122. 124). Una sintesi delle soddisfatto della somma ricevuta . che non
non pubblicata - in cui Silvestro Fa iella si im- vicende attributive è in Del Pesco 1992. contemplava l'assistenza prestata in qualità
pegnava, nel 1652, a eseguirne gli stucchi se- Come sottolineato da Cantone (1984, pp. 56- di architetto e si limitava a pagare la manifat-
condo i disegni di Fanzago. La fa cciata at- 59). il primo contratto (1623) fra Fanzago e i tura e parte dei materiali. Dall'altra parte. in-
tuale. tuttavia , è decisamente lontana dai certosini non sembra essere così definitivo. vece, i certosini lamentavano di non posse-
modi di Fanzago, a eccezione dei capitelli del Dalla punt igliosa descrizione delle colonne e dere alcun disegno finale del progetto com-
portale. Inoltre nel 1715 Caylus (1914, p. degli arch i da realizzare e dall'obbligo di ese- plessivo di Fanzago. cosa che attribuivano al
204), parlando dei carmelitani di Santa Te - guire l'opera "conforme al disegno stabilito "capriccio" del cavaliere: in realtà l'architetto
resa agli Studi , scrive che "Leur église n'a , per esse part i" si desume che fino a quel mo- aveva redatto numerosi d isegni - alcuni dei
pour ainsi dire, point de façade ". È dunque mento non era stata eretta nemmeno un'ar- quali erano stat i cancellati dai certosini con
probabile che il progetto di Fanzago sia rima- cata: sarebbe altrimenti stato più semplice calce bianca - ma alla verifica dei periti i dise-
sto incompleto, se non del tutto inattuato. e stabilire di segu ire l'ord ine cominciato. come gni non si erano dimostrati congruenti fra
che la facciata attuale sia stata realizzata po i si farà nel secondo contratto (1626). D'al- loro né compatibili con i pezzi già scolpiti e
dopo il 1715. tra parte è significativo che nel contratto Fan- ancora non posti in opera. Ciò era dovuto alla
zago venga defin ito "scultore " e non "archi- pratica di cant iere di Fanzago, che iniziava
Facciata di Santa Maria della Sapienza La tetto". È poss ibile, tuttavia. che il progetto di con un progetto su carta, ma poi interveniva
tradizionale attribuzione della facciata di massima redatto da Dosio. rimasto sulla carta variando l'esecuzione in corso d'opera o
Santa Maria della Sapienza (figg. 118. 119) a per più di vent'anni, sia stato poi trasformato adattando pezzi già scolpiti per altre destina-
Fanzago è stata messa in dubbio da Prota da Conforto e da Fanzago. Come dimostrato zioni e poi scartati. A volte, pezzi che avreb-
Giurleo (1956, 1956a. 1957 e 1986). Cantone da Connors (1980) per il caso di Borromini al- be ro dovuto essere seria Ii. come le grandi ro-
(1984. pp. 200-219) ritiene ch e la precedente l'oratorio romano. non era infrequente che gli sette in bardiglio collocate sui pilastri delle
presenza nel cantiere di Conforto contribui - architetti subentrassero in un cantiere per cappelle, risultano molto diversi fra loro per-
sca a rafforzare l'attribuzione a Fanzago, che conti nuare l'opera dei predecessori e ne stra- ché affidati a esecutori diversi.
di fatto gli subentra in molti cantieri rimast i volgessero poi i progetti in corso d'opera tra- Nicholas Napoli (2003. pp. 115-116, nn. 248-
interrotti (San Martino, Trinità delle Mona - mite correzioni successive. E una prassi simile 249) pubblica due cedole di pagamento a
che, San Gaudioso. Santa Teresa agli Studi). I è d 'altra parte documentata da parte di Fan- Fanzago del 1631. dalle quali si deduce che a
lavori dei pipernieri alle scale risalgono al zago sui suoi stessi progetti per la chiesa (Na- quella data Fanzago aveva già iniziato a lavo-
1634; nel 1640 Dionisio Lazzari lavora ai pol i 2003a: cf r. infra). Per il presunto omicid io rare a quattro cappel le, le due mediane (di
marmi della facciata e al pavimento de lla commesso da Fanzago nel 1628 ai danni di Ni- San Giovanni Battista. a destra. e di San
chiesa insieme a Francesco Valentino . Gio- col a Botti. cfr. Brauen 1973. pp. 208-211. Rap- Bruno, a sinistra ) e le due più vicine all'altare
vanni Mozzetti e Matteo Pelli cci a (cfr. Napp i presenta probabilmente l'aspetto del chiostro (di San Martino. a destra, e dell'Assunzione, a
1989a, doc. 58-61: cfr. supra. Aggiornam ento. prima dell'i ntervento di Dosio e Fanzago. una sinistra); aveva completato anche una serie di
capitolo Il). tars ia lignea che decora gli stalli dell 'antico sedici portali - quattro per cappella - e per le
coro del la chiesa di San Martino. poi trasferiti pareti laterali delle cappelle aveva eseguito
San Gaudioso La più antica attestazione di nel coro dei conversi (cfr. Causa 1961. p. 132; pannelli intarsiati che nel documento sono de-
Fanzago architetto è nel cantiere di San Gau- fotografia anche in D'Ovidio 2004. p. 48, fig. 1). scritti come "quadri di mischio ", alcuni dei
dioso (figg. 120. 121), in cui aveva già lavorato quali erano già stati installati, mentre altri
Conforto (cfr. supra. Aggiornamento. capitolo Chiesa di San Martino Per i lavori al la erano in attesa di essere posti in opera. Sono
Il). È infatti su disegno di Fanzago che. nel ch iesa (f igg . 123. 125-130) siamo molto me- contemplati nel pagamento anche "cartelloni
1629. il mastro fabbricatore si impegna a co - glio inform ati grazie alla documentazione con le croci" e "quattro vasi con loro vasi posti
struire le sei cappelle della chiesa (cfr. Prot a della lunga controvers ia fra Fanzago e la cer- sopra li frontispitij delle due cappelle vicino
Giurleo 1986. pp. 14-15). Dello stesso anno è tosa di San Ma rtino . che di re cente è stata l'altare maggiore" (cfr. Napoli 2003, p. 116, n.
il contratto firmato da Fanzago per "l 'apra nuova ment e studiata da Nicholas Napoli 250). Dall'apprezzo redatto nello stesso anno
della porta Maggiore di marmi , che viene nel (20 03 e 2003a: cfr. anc he Strazzullo 1976a; da Cristoforo Monterossi e Giacomo Lazzari
cortiglio. avanti la Chiesa " (ivi. p. 14). Nel Cant one 1984, pp. 55-101; Prota Giurleo 1986. (cfr. De Cunzo 1967, app. l; Napoli 2003, app.
1630 Fanzago si impegna a real izzare il pul ~ pp. 23 -25) . La causa. iniziata nel 1656 su 2) si deduce tuttavia che le cappelle erano an-
pito (ivi, p. 16), per il quale riceve pagamen t i ista nza di Fanzago (e non dei certosini. come cora incomplete : si fa riferimento ai singoli
nel 1633 (cfr. Nappi 2000, p. 90, doc. l) e nel sostenu to da Blunt ; cfr. Brauen 1976a , p. pezzi realizzati ma non alla loro messa in
1636 (cfr. Nappi 1988. p. 130). Per i su cces - 421). si conclude nel 1700 con un pagamento opera e la valutazione è "per scandaglio". Il se -
sivi interventi di Dionisio Lazzari e Domenico agl i eredi d i ben minore entità rispetto a condo apprezzo, redatto nel 1656, indica le
Antonio Vaccaro , cfr. infra , Aggiorn amento. quan to ri ch iesto. I documenti si sofferma no opere eseguite da Fanzago nell'arco di quasi
sui vari elementi che compongono la decora- ventiCinque anni senza precisarne la data
cap itoli IV e V.

287
esatta (cfr. De Cunzo 1967, app. 2; Napoli p. 115). seguito da Causa Picone (1974) e Can - 1654 decora , insieme a Costantino Marasi. la
2003, app. 3): la "cappe lla di mezzo dell a tone (1984, p. 263), ha riconosciuto come fan - cappella dell'Angelo Custode (cfr. Nappi 1984,
ch ie sa" (San Bruno) è definita "posta in zaghiano un disegno ora alla Società Napole - doc. 69; Prota Giurleo 1986).
opera': e si citano poi, fra le altre realizzazioni, tana di Storia Patria ri ferendo lo, in un primo
il pavimento del coro, quello della cappe ll a di momento, alla cappella di Sant'Ignazio al Gesù Cappella di Sant 'Antonio in San Lorenzo
San Martino, i pilastri della navata, il rivesti - Nuovo, poi all'a ltare di San Francesco Saverio Maggiore La decisione di costruire la cap-
mento in marmo "nelle cappe ll e vecchie" e nel Gesù Vecchio (cfr. Pane 1984, pp. 124-125); pella di Sant'Antonio (fig. 133) nella chiesa di
numerosi altri pezzi già scolpiti e in attesa di Blunt (1977) rifiuta invece l'attribuzione e ipo - San Lorenzo Maggiore risa le al 1637 (cfr. Mar-
essere posti in opera. tizza che si tratti di un disegno ottocentesco. tinelli Marin 1996, doc. 1: cfr. Ricciardi 1998,
Blunt scrive che alcune cappelle di destra Sulla cappella di Sant' Ignazio, cfr. anche lap- doc. 3). È sfuggita a Blunt la document az ione
erano già state decorate nel 1591-92 e ri- pel li 1998. sulla cappella pubblicata da Filangieri di Sa-
manda a Filangieri: in rea ltà i documenti pub- Risale al 1633-34 la decisione di rivest ire in triano (1883-91 , val. II. pp. 214-219) che, prima
blicati da Filangieri di Satriano (1883-91. voI. V, marm i mi sc hi i piloni dell a crociera con un di Fogaccia (1945, pp. 227 sgg.), aveva tra -
p. 66) parlano della "fabbrica" dell e cappel le, progetto di Fanzago sotto posto all 'a pprova- scritto il contratto (1638) nel quale si fa espli-
non della loro decorazione. La cappella di San zione d i Orazio Grass i (cf r. B6se11985, vo I. I. cito riferimento ai lavori in marmo della cer-
Giovanni Battista, rimasta incompleta , è stata p. 417, doc. 10: B6sel 2004, pp. 82 -85, che tosa di San Martino, assu nti come modello. Fi-
completata da Lorenzo Vaccaro nel 1704 (cfr. pubbl ica i disegn i re lativi, probabilmente au- langieri di Satriano (1883-91. vol. Il , pp. 219-
Rizzo 1984c, p. 406, doc. 23, 24). Cantone tografi). 222) trascrive anche il comp romesso di Mas-
(1998. p. 143) pubblica un disegno per altare Nel 1660 Fanzago subentra ad Antonio Solaro simo Stanzione per i dipi nti della cappella
identificandolo come copia dell 'originale pro- e Donato Vanne lli nell'esecuzione della cap- (1639) e una istanza dei frati contro il pitto re
getto di Fanzago per l'altare maggiore di San pella Merlino, dedicata alla Visitazione (cfr. (1644) perché non aveva rispettato i termini
Martino. Nappi 1984, doc. 26; Delfino 2002, doc. 7-8) , stabiliti . La convenz ione per la stuccatura
Il nuovo progetto di Fanzago per la facciata per la quale nel 1666 riceve 8000 ducati (cfr. della cupola, da eseguire con formemente al
della chiesa (fig. 130), successivo al 1649, na - Rizzo 1984c, p. 378, doc. 7, 8). Per la cappella disegno di Fanzago, è del 1639 (cfr. Martinelli
sceva dall'intento di incorporare quattro co- Borrello, cfr. supra. Marin 1996, doc. 2) . La cancel lata a chiusura
lonne di verde antico: non è for se est ranea a della balaustra è stata posta in opera nel 1676
questa vo lontà la vice nda parallela del re - Cappella di San Francesco Saverio e altri (cfr. Rizzo 1984d, doc. 17). Cantone (1984, pp.
stauro di San Giovanni in Laterano a Roma, in interventi nel Gesù Vecchio La convenzione 265-269) associa l'incarico a Fanzago per la
cui era stato dismesso un grande numero di per la rea li zzazione della cappella di San cappella di Sant'Antonio con la perizia da lui
co lonne di verde ant ico (cfr. Guthlein 1979; Francesco Saverio . nel transetto destro del fornita sulle condizioni statiche della cappell a
Roca De Amicis 1995); dagli stessi documenti Gesù Vecchio. risale al1 5 genna io 1630 (cfr. Bonaiuto nella stessa ch iesa (seco nda cap-
emerge anche la vicinanza di Fanzago, in que - B6se l 1979, p. 150, n. 92; Spinosa 1984, p. pella a sinistra); per la cappella Bonaiuto
gli anni a Roma (cfr. B6se11978; cfr. in fra) , al 58); nel documento si fa ri ferim ento a un di- (1628-36), cfr. Pacell i 1983, Ricciardi 1998, pp.
cantiere di Borromini per il tramite di Virgil io segno per la cappella, al quale Fanzago deve 95,97-98.
Spada (cfr. Guthlein 1979, pp. 242-246). attenersi, e si parla di ca pitelli provvisori in
stucco che dovevano servire da modello per Cappella di Santa Teresa in Santa Teresa
Cappella di Sant'Ignazio e altri interventi nel quelli definitivi in marmo: i lavori, dunque, do- agli Studi La convenzione per la cappella di
Gesù Nuovo Nuovi documenti su lla cappel la vevano già essere stati in iziati e il disegno cu i Santa Te resa nella chiesa di Santa Teresa agli
di Sant'Ignazio (fig. 132) nel transetto sinistro si fa r iferimento potrebbe essere lo stesso ci - Studi conferma l'attribuzione a Fa nzago e
del Gesù Nuovo consentono di precisare che tato in un documento del 1628 (cfr. B6s el consente di datare l'inizio dei lavori al gennaio
la convenzione per la realizzazione del registro 1985, vo I. I, p. 432, doc. 13). Il term in e stabi - 1640 (cfr. Brauen 1973, p. 224; Cantone 1984,
inferiore, firm ata da Fanzago in società con lito per il completamento della ca ppella è il p. 300, nn. 61-62). Fanzago aveva real izza t o
Costantino Marasi e Andrea Lazzari. è del 1637 1632, ma i lavori si protraggono fin o al 1634 un modello ligneo della cappe lla al quale do-
(cfr. Strazzullo 1987, doc. 18). La società si (cfr. Cantone 1984, p. 297, n. 13). La realizza- veva attenersi, mentre era no ancora da rea liz-
deve essere sciolta presto, poiché nel 1642 zione delle statue di Isaia e Geremia risa le al zare i modelli in creta delle statue. I lavori pro-
Marasi e Lazzari lavoravano da soli alle scana- 1654 (cfr. Spinosa 1984, p. 62; Civiltà del '600 cedono a rilento: nel 1647 ancora si acqu i-
lature delle colonne (cfr. Nappi 1984, doc. 43) 1984, va l. Il , pp. 185-186, ca!. 4.20; Prata Giur- stano materiali (Ca nton e 1984, p. 301. n. 64)
e l'a nno successivo Fanzago - senza i due soci leo 1986, pp. 17-18); la cappella è stata com- ed è del 1653 un pagamento a Sa lomone Rap i
- è incaricato della "nova agiuntione che ha da pletata da Gian Domenico Vin accia (cfr. Bor- a conto dell'opera di "marmi mischi" (cfr. Pane
fare sopra li due lati de la Cappella di S.to Igna- relli 1990). 1984, p. lll, doc. 15). La decorazione in stucco
t io" (cfr. Cantone 1984, p. 298, n. 30: Nappi Di fronte alla cappella di San Francesco Save- e le dorature della cupola della cappella, sem-
1984, doc. 44) . Le statue sono state scolpite rio. a partire dal 1652, Fanzago realizza la ca p- pre su disegno di Fanzago, risalgono al 1655-
più tardi , dal 1644 al 1654 (cfr. Cantone, 1984, pella di Sant'Ignazio, nel braccio sinistro del 56 (cfr. Nappi 2000, doc. 20-21). La statua ar-
pp. 298-299, nn. 32-34: Nappi 1984, doc. 45- transetto (cfr. Rizzo 1984c, p. 377, doc. 3, 4): le gentea della santa, d ist rutta nel 1799, era
47: cfr. anche Rizzo 1984, doc. 4 e Civiltà del statue erano ancora in lavorazione nel 1672 stata rea lizzata da Domenico Marinelli nel
'6001984, vo I. II. p. 186, ca!. 4.21). Pane (1939, (ivi, p. 381. doc. 14: Nappi 1984, doc 72) . Nel 1669-70 (cfr. Rizzo 1984c, pp. 389-390, doc. 1-

288
3), mentre la cancel lata d'ottone che chiude la saccordi con i governatori della chiesa. In 1645 Fanzago stipula un altro contratto per la
cappe ll a, forse su disegno di Fanzago, è del precedenza esisteva un altro alta re per il costruzione di un nuovo altare maggiore in
1672 (cfr. Brauen 1973, p. 224; Civiltà del '600 qua le Fanzago aveva comprato marmi mi- "marmi intagliati e stra forat i, con fog liami
1984, voI. Il, pp. 330-331, cat. 5.23). schi a Roma ne l 1621 (cfr. Cantone 1984, p. com messi di diversi mischi " (cfr. Caravita
381. n. 43). probabilmente in concomitanza 1869-70, voI. II I. p. 292, poi in Fogaccia 1945.
Cappella Cacace in San Lorenzo Maggiore con i lavori alla tomba di Geronimo Flerio. app. 8). Il progetto di questo altare è pubbli-
L'in izio dei lavori della cappella Cacace in San datata 1620 (cfr. Civiltà del '6001984, vol. Il , cato da Fogaccia (1945. p. 43).
Lorenzo (figg.131, 134) va ant icipato al 1642, cat. 4.19).
data del primo pagamento corrisposto a Fan - Altare maggiore dell 'Annunziata e altri altari
zago (cfr. D'Addosio 1912-21. XLVI . pp. 390- Altare maggiore di Santa Maria La Nova L'i- maggiori progettati da Fanzago Nel 1638
391: Cantone 1984. pp. 270-274). Nel settem- nizio dei lavori per l'altare di Santa Maria La l'argenti ere Giovanni Matteo di Sarno si impe-
bre del 16461'artista stipula una convenzione Nova (fig. 140) va anticipato al 1633 (cfr. No - gna a realizzare entro un anno la custodia del-
impegnandosi a consegnare la cappella entro velli Radice 1982-83, doc. 40-51: Nappi 2000, l'a ltare maggiore dell 'Annunziata previa esecu-
l'anno successivo (cfr. Rizzo 1984c, p. 377. doc. p. 90. doc. 2), ma un pagamento del 1642 at- zione di un modello ligneo conforme al dise-
2); un riassunto dei rapporti tra Fanzago e il t esta che Fanzago ancora vi lavorava (cfr. gno di Fa nzago (cfr. Cantone 1984, p. 382, n.
suo committente è nel testamento di quest'ul- Cantone 1984, p. 381, n. 36). 49). Probabi lmente sopravviene qualche im-
timo (1649; cfr. Filangieri di Satriano 1883-91. prev isto. poiché nel 1640 viene stipulata una
vol. Il, pp. 225-231) rogato quando la cappella Altare maggiore di San Domenico Maggiore nuova convenzione, con Raffaele Meintener -
non era ancora ultimata. Nel 1652 si ultimano i L'altare di San Domenico Maggiore (figg. 141, o Meittener - per realizzare la custodia in
lavori di stuccatura, pittura e "Iustratura" dei 143) è stato modificato da Lorenzo Vaccaro e rame dorato "secondo il disegno fatto per il
marmi, ma si continua a lavorare fino alla fine Ferdinando de Ferdinando nel 1695 su dise- Sig. Cav. Cosmo Fanzago" (cfr. Prota Giurleo
del 1654 (cfr. Pane 1984, pp. 110-111, doc. 1-14, gno di Giovan Battista Nauclerio (cfr. infra, 1986, pp. 21-23). Sempre al 1640 risale il con-
16-18): le statue sono commissionate ad An- Aggiornamento, capito lo IV) e poi nuova - tratto con un altro fond itore, Onofrio De Luca.
drea Bolgi (1606-56). che si firma e appone la mente ma nom esso nel XIX secolo, quando è per la real izzazione del baldacch ino, anch'esso
data del 1653 (cfr. Civiltà del '600 1984, voI. Il , stata aggiunta una mensa neogotica; fino ad su disegno di Fanzago (ivi). Oltre alla direzione
pp. 160-162, cat. 4.4; Pacell i 1986): il comple- allora era ancora leggibile la data 1652 (cfr. dell 'opera. è affidata direttamente al Fanzago
tamento della cappella nel 1655 è attestato Perrotta 1830. ciI. in Brauen 1973, pp. 183- la realizzazione delle parti in marmo, per le
dalla data incisa sul pavimento. Brauen (1973. 184), probabile anno di completamento della quali viene pagato nel 1642 (cfr. Cantone 1984,
p. 194) segnala il cattivo stato di conserva- struttura fanzaghiana. L'a ltare precedente era p. 382, n. 50). Una incisione raffigurante l'a l-
zione dei documenti originali. stato smantellato nel 1641 (cfr. De l Ferraro tare prima della sua distruzione (1757) è in
2004, p 429). Cantone 1984, p. 31. Per i dubbi di Blunt circa
Venezia : altare maggiore di San Nicola al la paternità di un ciborio proveniente dai depo-
Lido Il contratto per la real izzaZione dell'al- Altare maggiore di Santi Severino e Sossio siti dell'Annunziata. esposto come fanza-
tare maggiore della chiesa di San Nicola al La realizzazione dell'altare maggiore di Santi ghiano in una mostra a Palazzo Reale nel 1972.
Lido di Venezia (fig. 136) è stipulato nel 1628 Severino e Sossio (fig. 142) va circoscritta fra cfr. Brauen 1973. p.181; una fotografia del ci-
(cfr. Ceci 1905). L'affidamento dell'incarico il 1635 - data in cui viene richiesta l'autorizza - borio in Cantone 1984. p. 114, fig. 73.
avviene probabilmente in concomitanza del zione per la costruzione (cfr. Caravita 1869- Sono rea lizzati su progetto di Fanzago anche
viagg io in Veneto di Fanzago, che è documen- 70, voI. III, p. 275. poi in Fogaccia 1945, p. 232. gli altar i maggiori di San Francesco di Paola
tato in partenza per Clusone nell'ottobre 1627 doc 17) - e il 1641. quando il suo completa- (1650, forse in collaborazione col figlio Ascen -
(cfr. Prata Giurleo 1986, pp. 14-15); tuttavia mento è confermato da una perizia di Simone zio; cfr. Cantone 1984, p. 379) e di Santa Ma-
non è chiaro se que sto viaggio abbia avuto Tacca e Francesco Valenti ni per la stima della ria della Speranzella ai Quartieri Spagnoli
luogo, perché già il 10 novembre era a Monte- balaustra (cfr. Brauen 1973, p. 219; Pessolano (1638-40: cfr. Strazzullo 1979a. pp. 327-332).
cassi no (ivi). 1977, p. 98, n. 92) e non per la sua costru- Per l'a ltare maggiore di San Pietro a Maiella.
zione, come sostenuto da Blunt (cfr. Brauen cfr. in fra , Aggiornamento, capitolo IV.
Altare maggiore di Santa Maria in Costan- 1976a, p. 421). Il pagamento finale a Fanzago
tinopoli Nel 1639 Cosimo Fa nzago riceve un per la balaustra è del 1643 (cfr. Cantone 1984, Cancellata della cappella del Tesoro di San
acconto per le statue di San Rocco e San Se- p. 380. n. 20). Gennaro Le vicende della cance llata del Te -
bastiano collocate sopra le portelle dell'al- soro di San Gennaro chiariscono che l'attività
tare maggiore di Santa Maria in Costantino- Montecassino: altare maggiore Ne11626-28 di Fanzago come scultore e decoratore non si
pol i (fig. 139) e per gli ornamenti in marmo Fanzago si occupa dell'altare maggiore di limita all'uso del marmo e convalidano, anche
della tomba Bartirono (cfr. Strazzullo 1979a, Montecassino, smontandolo per traslarlo in in questo caso, l' ipotesi di un suo discepolato
p. 327). I documenti pubbl icati da Cantone posizione arretrata in asse con il lanternino presso Giacomo Conforto. Il progetto di
(1984, p. 381. n. 45) e Nappi (2000. p. 90, della nuova cupola (cfr. Ca ravita 1869-70, voI. Conforto per la cancellata è stato sostituito da
doc. 9-11) attestano che l'alta re è posto in II I. p. 273. poi in Fogaccia 1945, app. 6); i lavori quello di Fanzago nel 1628 (cfr. supra, Aggior-
opera nel 1644, ma Fanzago ottiene il saldo rendono necessaria la risistemazione di tutta namento, capitolo Il), con approvazione di Bar-
fina le nel 1656, probabi lmente a causa di di- la zona presbiteriale (cfr. Floccia 1973). Nel to lomeo Picchiatti (cfr. Nappi 1988, pp. 141-

289
142). I pagamenti alle maest ranze che lavora - Strazzullo 1953-54, pp. 171-172, n.1). Il meda- Celano (1692, vol. V, p. 632) dichiara di aver
vano al ca nce ll o com inciano nel 1639 (cfr. glione con l'au toritratto di Fanzago (fig. 94) è consultato presso Vandenejnden e dai quali
Rizzo 1984d, doc. l , 2; Nappi 2001. doc. 36), discusso da Brauen (1973, pp. 239-240) e ha derivato l'attn buzione del palazzo a Fan-
con tinuano ancora nel 1660 (cfr. Rizzo 1984d, Mormone (in Civiltà del '600, 1984, voI. Il, pp. zago. Dai documenti a noi noti. però. ri su lta
doc. lO) e poi fino al 1665, quando Gennaro 187-188, ca!. 4.23) che Fanzago è stato pagato soltanto pe r la
Monte realizza i due busti di Sa n Genn aro (ivi . fornitura di elementi in marmo - balaustre e
doc. 12; cfr. Strazzul lo 1994, pp. 15-16; Mor- Guglia di San Domenico L'inizio dei lavori colonne - e non si accenna mai a lui co me
mone in Civiltà del '600 1984. voL li, p.187, ca !. per la gugli a di San Domenico (fig. 263) progettista, direttore o estimatore dei lavori
4.22). Strazz ullo (1978, p. 160) ritiene sia rela- "conforme al disegno del Signor Francesco (cfr. Brauen 1976. p. 70. n. 23: Cantone 1984,
t ivo a questo proge tto un disegno già in colle- Antonio Picchetti Regio Ingegnero" viene rati- p. 351: Nappi 2000. p 88. doc. 320-321). Nel
zione Blunt (fig. 394): l'au tografia del disegno fica to nel 1658 (cf r. Don Fastidio 1893): du- 16261avon alla Villa preeslstente, detta La Si-
non è mai stata messa in discuss ione, ma rante lo scavo delle fondazioni. Picch latti rin- rena , erano stati condott i da Giacomo
Gonzàlez-Palacios (cfr. Catalano in Civiltà del viene e rileva un tratto dell'antica murazione Conforto (cfr Nappi 2000, doc. 307). Gaet ana
'6001984. voI. Il, p. 328, ca!. 5.20), viste le no- greca della città (cfr. Carletti 1776, p.108, n. Cantone (1984, pp. 349 -3 53 e 1992a) rifiuta
tevoli di fferenze rispetto all'opera rea lizzata - LXXIX). I pagamenti alle maestranze atte- l'ipotesi di un progetto di Bartolomeo Pic -
in pa r ticolare la presenza di due santi diffe- st ano che fino al 1662 si lavora soltanto alle chiatti . avanzata da Prota Giurleo (1956. 1957
ren ti . un vescovo e un frate, e del grande st rutt ure murarie in piper no (cfr. Salvatori, e 1986. pp. 28-30) e ribadisce l'attribuzione a
stemma coronato - ha suggerito che possa in- Menzione 1985, pp. 102-103). Il primo docu- Fanzago. La sua ipotesi, pur se non con fer -
vece rife rirsi al ca ncel lo realizza to nel 1635 damen to in cui si fa il no me di Fanzago è del mata, acquista forza dalla scoperta di un do-
Fanzago pe r la cappella del viceré con te di 1665 (ivi). data in cu i probabilmente si era cumento del 1642 col quale Fanzago commis-
Monterrey a Salamanca e oggi perd uto (cfr. passati al rivest imento in marmi . Cantone sionava a Viviano Codazzi due vedute in pro-
Prota Giurleo 1957b). (1984. pp. 395- 404 e 1992b, pp. 221-224) ri- spettiva "del palazzo de sua Eccellenza di Po -
tie ne che il progetto del la guglia sia di Fan- sillipo" (cfr. Cantone 1984, p. 351): il co involgi-
Gug lia di San Gennaro Il voto di erigere un zago, men tre Li tt a (1992, pp. 169 -170. n. 5) mento di un pittore e la pOSSibile circo lazione
obel isco dedica to a San Genn aro (figg. 148, nota che la forma attuale del monumento. che di vedute del palazzo già nei prim i anni dell a
150) come ringraz iamento pe r aver sa lvato la riecheggia gli obe llschi romani, appare in sua costruzione risultano particolarmente in-
città da ll'eruzione del Vesuvio ri sa le al 1631. rea ltà mol to più vicina all a sensibi lità di un ar- teressanti alla luce delle consideraz ion i di
ma sol tan to nel 1637 viene stipula ta la con- chitetto da l raffinato gusto antiquar io quale Blunt su Claude Lorrain e il progetto berni-
venzione con Giu liano Fin el li (1601 circa - era Picchiatti. È proba bile, tuttavia, che la co- niano per il Lou vre : le vedute erano probab il -
1653), per la fu sione in bronzo della statua . e struzione della struttu ra e la sua decorazione mente finalizzate a presentare l'aspetto del
Cosimo Fanzago pe r la real izzazione del la fossero stat e affidate a professionist i diversi e palazzo quale sarebbe apparso dopo la sua
strutt ura in marmo (cfr. Strazzu llo 1953-54 e che Fanzago. pur opera ndo su un progetto di costruzione. un'operazione sim il e a quella
1978, doc. 672-684). La decisione è forse in- Picch iatti. disponesse una certa autonomia. realizzata da Juvarra e Pannini per il caste llo
fluenzata dal ritrova mento di una co lonna an- Nel 1678 Lo renzo Vaccaro è incaricato di scol- di Rivoli (cfr. Passanti 1992). Per altre vedu te
tica di marmo cipo ll ino duran te scavi effet- pire i medaglioni che dovevano decorare il fu- sette e ottocentesche di palazzo Donn 'Anna,
tuati negl i anni precedenti nell'area del duomo sto "sotto la direzione del Magnifico Dionisio cfr. Spinosa 1987, pp. 393, 396 e All'ombra de l
(cfr. Strazzullo 1978, p. 162: Nappi 2001. doc. Lazzari" (cfr. Catel lo 1990. p. 73). Domenico Vesuvio 1990, pp. 211-214.
54): da l 1637 e fino al 1645 Fanzago costrui- Antonio Vacca ro interviene nel 1736-37. realiz-
sce il basamento pe nsando di util izzare la co- za ndo alcuni ri lievi e la st atua term inale (cfr. Palazzo Ca ivano (già Barile, Mirelli di Teora)
lon na antica (cfr. Nappi 2001. doc. 55-60). in fra , Aggiornamento, capitolo V). L'originar ia presenza dei portici in pa lazzo
Dopo lI na lunga interruzione, prima a causa Caivano alla Riviera di Chiaia, è attesta t a da
della rivolta di Masanie llo - e del conseguen te Fontana Medina Fanzago si occupa dell'am- Vincenzo Imperiali (cfr. Cantone 1984, pp.
all ontanamento di Fanzago da Napoli - e poi modernamento de lla fonta na del Nettuno, 348-349). Non sono finora emersi documenti
dell a peste. i lavori riprendono nel 1658, per detta anche Med ina, nel 163 4 e poi di nuovo che ne attestino la paternità fanzagh iana, co-
concludersi nel 1660 (cfr. Salva tori. Menzione nel 1639 (cfr Nappi 1980: Ca ntone 1984, pp. munque ritenuta valida dalla storiog rafia.
1985, doc. a p 101: Nappi 2001. doc. 61-75). In 413-418). Cfr. anche Brauen 1973, p. 234. Cantone propone una datazione Intorno al
questa seconda fase interviene un ca mbio di 1630 e pubblica fotografie del cortile. del log-
progetto e al posto del la colonna si opta per Palazzo Donn 'Anna L'attribuzione di palazzo giato del primo piano e della faccia ta (ivi, pp.
una str uttura più robusta, che nei documenti Donn'An na (figg .150-154) a Fa nzago non ha 325-326)
è chiamata "pira mide". Sa lvatori e Menzione ancora trovato con ferma da lle ricerche d'ar-
(1985. pp. 43-58, 101-102) pubblicano il dise- chi vio. Nappi (2000, pp. 86-89, doc. 284-328) Pa lazzo Maddalon i Palazzo Carafa di Mad-
gno del pri mo progetto di Fanzago. con diffe- pubbl ica po lizze di pagamen to per la costru- daloni (figg.153.156) allo Spirito Santo è stato
ren te coronamen to, e ritengo no che la statua zione di pa lazzo Donn'An na, emesse da Ga- acquistato da Diomede Carafa dopo la rivo lta
effett ivamente posta in opera sia que ll a di spar Roome r. soc io del banchiere fiamm ingo di Masaniello, ma non è ancora accertato se
Tommaso Montani, Cristoforo e Giandome - Vandenej nden: si t ratta del lo stesso tipo di ciò avvenisse nel 1648 o, più probabi lmen te,
nico Mon t erossi (ivi, pp. 53-55: cfr. anche documenti - forse addirittura gli stessi - che nel 1656 (cfr. Cantone 1979 e 1984. pp. 337-

290
339), quando vie ne emesso il pagamento a
Mattia Preti (1613-99) per un affresco "da fare
so tto lo porta le dello suo palazzo del signor
duca di Maddaluni" (cfr. Pane 1984, p. 120).
L' intervento di Fanzago è attestato nel 1661
per il po rt ale (ivi, p. 118: cfr. Cantone 1984, pp.
357-3 58, n, 81), ma Celano (1692, val. III. p.
36) e De Domin ici (1742-45, val. III, p.182) gli
att ri buiscono anche lo scalo ne, per il quale
sono documentati pagamenti al le maestranze
nel 1665 (cfr. Cantone 1984, p. 358, n. 82).

Palazzo Colonna di Stigliano (già Zevallos )


Non sono ancora emersi documenti d'archivio
a conferma dell'attribuz ione a Fanzago del pa-
lazzo di Giovanni Zevallos (fig. 157) duca di
Ostuni, poi passato ai Colonna di Stigliano, ma
Gaetana Ca ntone (1979 e 1984, pp. 305-336)
ha trovat o le tracce di una attività speculativa
di Fanzago e dei fi gli Ascenzio e Carlo nell'edi-
fi cazione dei palazzi lungo via Toledo. Se-
co nd o la ricostruzione di Cantone, i proventi
erano ricavati da ll e pigioni delle case date in
affitto, ma so prattutto dalle operaz ion i di
compravend ita: i Fanzago comprano più case
adi acenti. le ricostruiscono in fo rma di pa-
lazzo e le rivendono poi a prezzo maggiorato.
A vo lt e i ruoli si sovrappongono e i rapporti
sono più articolati. Nel 1653, ad esempio, Fa n-
zago vende a Carlo Pa ndone una casa sit uata
di fronte a palazzo Zevallos e in seguito il
nuovo proprietario lo incarica di dirigere i la -
vori di fabbrica, documentati fino al 1661 (cfr.
Ca ntone 1984, p. 356, nn. 49-54).

Sagrestia del Gesù Nuovo Il portale della sa -


grestia del Gesù Nuovo (fig. 158), datato 1659
e attrib uito a Fanzago da Blunt, è invece opera
di Di on isio Lazzari (1617-89), che viene pagato
dal 1658 al 1660 anche per l'altare e l'acqua-
santi era (cfr. Nappi 1984, doc. 62-64).

Collegio gesuitico: portale e scale Nel1654


Fanzago porta a termine lo stemma e i puttini
per il portale (fig. 160) del collegio annesso al
Gesù Vecchio (cfr. Nappi 1984, doc. 68, 71;
Cantone 1984, pp. 297-298, n. B), poi trasfe-
riti al l' interno della ch iesa. Cantone (1984, p.
255) conco rda sull'attribuzione a Fanzago
dell o sca lone del coll egio, ipotizzando una da-
taz ione intorno al 1650.

Fanzago a Roma L'attività di Fanzago a


Roma è stata indagata da Bbsel (1978) : tutte
le opere risultano realizzate negli an ni 1647-52
e soprattutto in relazione all'Anno Santo 1650.

394 Cosimo Fanzago, progetto


per la cancellata di una cappella
(Londra, Courl auld Inslilule,
291 D,1984.AB.!09, già collezione Blunt).
La trascr izione dal lo Stato delle An ime della Roma: Santa Maria in via Lata Anche gli in- mana di Fanzago. la cappe lla di Sant'Antonio
parrocchia di Santa Maria del Popolo registra terventi in Santa Maria in Via Lata sono colle- nella chiesa di Sant' lsid oro, su commissione
la presenza a Roma di Fanzago dal 1647 al gati all'Anno Santo 1650. Su commissione di di Gaetano Gaetani: rimasta incompleta viene
1651. insi eme ai figli Ascenzio e Vittoria e a tre Francesco d'Aste, Fanzago ricostruisce l'al tare poi portata a termin e negl i anni ottanta (cfr.
servitori (cfr. Wiedman 1986). Un precedente maggiore, il soffitto ligneo e l'organo. ridecora 80se11978: Blunt 1982. p. 65) : dell'intervento
viaggio sa rebbe attestato da un pagamento a le pareti della navata, ne rifà i ca pitelli delle co- fanzaghiano rimangono il paliotto dell 'altare e
"Cosemo Fonzago marmoraro jn conto del le lonne e vi apre nuove finestre. Bo se l (1978) il pavimento . Quest'ultima opera di Fanzago
pietre misco che have comprate in Roma" per nota che la finta cupola dipinta in prospettiva viene citata da Virgilio Spada come modello
la chiesa di Santa Maria in Costantinopoli nel sul soffit to alla fine della navata, allude al la ti - per la cappella di famiglia In San Gi rolamo
1621 (cfr. Cantone 1984, p. 381. n. 43: cfr. an- pologia di chiesa napoletana a navata unica. della Carità (1654-56) , poi realizzata diversa -
che supra) , mentre un altro, attestato dalla copertura piana e cupola sopra il presbiterio. mente (cfr, HeimbOrger Ravalli 1977, p. 93: 80-
documentazione conservata a Montecassino, Chiara Baglione (2004, pp. 124-127 e note re- se i 1978, p. 36: Blunt 1979d, pp. 196-198:
risa le al 1638, quando, nel "mese d 'April e lative) ha trovato conferma al la tradiziona le Blunt 1982, p. 59): è co munqu e degno di nota
venne da Roma in Montecassino il S.r Fanzago attribuzione dei restauri in un documento del - ch e il rivestimento in marmi co mmessi delle
Architetto a pigliar il disegno della balaustra l' archivio capitolare della chiesa, da l quale ri- pareti della cappella Spada sia stato impo-
d 'ottone da sostener le lampade avanti il Se- su ltano pagamenti a Fanzago fra il 1650 e il stato da un marmora ro napoletano. Batt ista
polcro del P.S. Benedetto e nell'ultimo di Giu- 1652. Baglione nota la leggera sfasatura tem - Scala, che ri trov iam o qualche anno dopo a
gno dell'istess'anno vennero li Mastri da porale fra la real izzazione del soffitto di San Napol i nei cantieri di San Sebastiano (1670:
Roma a metter detta Balau stra" (cfr. Fogacc ia, Lorenzo in Luc ina e quello di Santa Maria in cfr. Cantone 1990, p. 53 ), del Gesù Nuovo
1945, p. 221. app. 9). Il riferimento di Fogaccia via Lata, di poco successivo, e ipotizza che sia (1679: cfr. Nappi 1984, doc . lO) e in San Giu -
(1945, p. 19) a un presu nto viaggio a Roma di stata la prima realizzaz ione a convincere i ca- seppe dei Ruffi , dove si impegna a realizzare
Fanzago nel 1652 per la realizzaz ione di una nonici di Santa Maria in via Lata ad affidare la ca ppella di Fabrizio Ruffo e a farla "similis-
custodia per il monastero di San Bartolomeo l'incarico a Fanzago. Sebbene non su ffragata sima alla cappella della 55. Annunziata [ ... ]
in Trisulti, in Ciociaria, deriva dalle cronache da prove documentarie dirette, l'attribuzione dentro la chiesa dei SS. Apostoli ", vale a dire
del processo con i certosini di San Martino a Fanzago dell'organo in controfacciata ap- l'al ta re Filomarino di Borro mini (1684: cfr.
(cfr. Cantone 1984, p. 17). Contatti indirett i di pare verosim ile per datazione. mentre la de- Borrelli 1996-97, doc. 20, 20a: cfr, anche infra,
Fanzago con Bern ini potrebbero essere dovuti corazione in marmo delle porte dell e na va te Aggiornamento, capitolo IV) .
anche ad Andrea Bolgi, Giuliano Finelli ed Er- laterali - già assegnata all 'architetto da Blunt
cole Ferrata , co ll aborator i di entrambi gli ar- e Bose l (1978, pp. 33-34) - sem bra essere Opere tarde di Fanzago Già molto avanti ne-
chitetti (cfr. Napol i 2003, pp. 193-213). Per la stata realizzata in una data successiva al 1661 gli ann i, nel 1675, Fan zago presta la sua ass i-
fa cc iata di Santo Spirito dei Napoleta ni, cfr. (cfr. Bag lione 2004, p. 160, not a 32). La t ri- stenza per la ricostruzi one dell'a ltare mag-
Tit i [1674-1763]. ed. 1987, vo I. I. pp. 63, 246: buna dell'organo è raffig urat a in un disegno giore del Gesù Nuovo, ma l'esiguità dei paga-
Bose11978, p. 29, che pubblica anche un ac- anonimo g ià in possesso di Virgilio Spada menti suggerisce che il suo ruolo sia stato
querello e un'incisione precedenti al rifac i- (BAV, Vat. Lat.11257, f. 66, riprodotto in Bosel margi nale (cfr. Nappi 1984, doc. 9: 80sel1985,
mento ottocentesco: Blunt 1982, p. 146. 1978). Per l'intervento di Fanzago, cfr. anche vo I. I, pp. 418-419, doc. 21-26), Fra i lavori tard i
Titi [1674-1763], ed. 1987, vol . I, p, 170: Blunt di Fanzago sono da ri co rdare anche il disegno
Roma: San Lorenzo in Lucina I restauri di 1982, pp. 120-122. della statua di Ca rlo Il a Monteoliveto (cfr. in-
San Lo renzo in Lucina vengono avviati nel fra) e il monum ento fun ebre di Giovanni Ca-
1650 e conclusi non pr ima del 1652: commit- Roma: Trinità dei Pellegrini, San Giovanni in pece Ga leota nel duomo, per il quale Rizzo
tente era padre Raffael e Aversa, generale del- Laterano, cappella di Sant'Antonio in Sant'l- (1984c, p. 378, doc. 9-12) pubblica pagamenti
l'ordin e dei Chierici Regolari Minori : le ag- sidoro È per Virgi li o Spada (1596-1662) che che vann o dal 1667 al 1669 e smentiscono la
giunte di Fanzago sono state rimosse nel Fanzago nel 1650 costru isce la porta nel re- datazione al 1673 proposta da Chiarini (cfr. an-
corso del rifacim ento effettuato sotto Pio X, fettori o dell 'ospeda le della Trinità dei Pelle - che Brauen 1973, p. 187).
ma rimane ancora in opera il pu lpito (fig . grini (cfr. 80sel1978, n. 48: Blunt 1982, p. 151)
145), installato nel febbraio 1651 (cfr. Bose l ed è da lu i che viene chiamato come interme - Santa Maria Egiziaca L'architettura sacra di
1978, nn . 21-23). Bosel (1978) pubblica un di - diario nella lite fra Borromini e lo stuccatore attribuzione più controversa rimane la chiesa
segno inedito che mette in relazione a questi Bernardino Quadri (cfr. GOthlein 1979, pp. di Santa Maria Egiziaca a Pizzofal co ne (figg.
lavori e identifica come fanzaghiano anche il 243 -245): Fanzago aveva promesso di portare 382-384). Cantone (1984, pp. 163 -174) riba-
pavimento del presbiterio e le due men so le Quadri con sé a Napoli. ma si lamenta con Vir- di sce l'a ttribu zio ne de ll 'impianto a Cosimo
sorrette da cherubini ai lati dell'altare mag- gilio Spada perché Quadri si era dimo strato Fan zago e la datazione al 1651. e pensa addi-
giore. L'a ltare è stato realizzato da Rainaldi inaffidabile ed era sparito: qualche anno più rittura a un possibile influsso fanzaghiano
nel 1675 insiem e alla attua le bala ustra mar- t ardi, infatti, ritroviamo Quadri a Torin o, dove, nella progettazi one di San t'Agnese in Agone
morea che ha sostituito quella precedente in con la qu alifica di architetto, getta le fon da- a Roma basandosi su un'ipotesi di Eimer
legno progettata da Fanzago (ivi). Cfr. anche zioni per la cappell a della Sindone (1657: cf r. (1970 -71 , vo I. Il, pp. 770-773), il qua le a sua
Titi [1674-1763]. ed . 1987, val. I. p. 194; Blunt Darda nello 1999, cat. 113T). Dalle ca rte del - volta fa ceva r iferim ento al precedent e art i-
1982. pp. 68-69. l'archivio Spada emerge un 'altra opera ro- colo di Cantone (1969). In rea ltà ciò è impos-

292
sibile. poiché la decisione di fondare il mona- (ASN, Piante e disegni, XIX.27: fig. 385) è pro- Palazzo Firrao Cantone (1984, pp. 344-346)
stero di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone, babilmente uno stud io per Santa Maria Egi- e Pane (1984, p.136) rip ropongono l'attribu-
da parte di alc une monache proven ient i dal - ziaca, perché mostra la met à di una pianta ot - zione dell a facciata di pa lazzo Fi rrao a Fan-
l'o monimo e più antico convento a Forcella, tagona le quasi identica a quella disegnata in zago, assegnando a Dionisio Lazzar i il ruolo di
r isale al 9 ottobre 1659 (cfr. De Lell is in BNN , AS N, Piante e disegni, XI 1.17 (fig . 383); in en- semp li ce esecutore . Il pa lazzo viene acqui-
ms. X. B,23, f, 141r), trambe la differenza fondamenta le con l'edifi- stato dai Firrao nel 1610 (cfr. Di Resta 1987) e
Il portico e la facciata della chiesa sono rea liz- cio rea lizzato è nell a forma delle cappelle dia- sapp iamo che nel 1637 Jacopo Lazzari lavo-
zati nel 1699 sotto la direzi one di Arca ngelo gonal i - previste a fondo piatto e costruite rava al portale (cfr. Cantone 1984, p. 345), ma
Guglielmelli (cfr. Rizzo 1984, doc. 17) e poi in - come nicchie semici rcolari - e nel ruolo delle l' apparato decorativo dell a facciata è eseguito
tonacati e dipi nti nel 1713 (cfr. Rizzo 2005, colonne, disegnate come co lon ne libe re - nel 1644-45: Michele Saggese si occupa delle
doc. 15, 16) . Sempre sotto Guglielmel li, nel forse da realizzare in marmo, come in Sant'A- parti in piperno (cfr. Rizzo 1987, doc. 107, 117),
1717 si termi na l'e dificio con la stuccatu ra gnese a piazza Navo na e nel progetto fanza- Dioni sio Lazzar i, Simone Tacca e Francesco
dell a cu pol a (cf r, Rizzo 1984a, doc . 55). Nel ghiano per San Sebastiano (cfr. supra , Aggior- Valentini realizza no le sei paraste in marmo
1752 il monastero ric hiede un parere agli in- namen to, ca pit olo Il) - e costruite invece poste fra le finestre del piano nobile (ivi , doc.
gegneri Casimiro Vetrom ile, Ignazi o Attana - come sem ico lonn e in muratura stuccata, so- 106, 112, 113, 114, 120; cfr. Di Resta 1987, p.
sio, Tagli acozzi Canale, Francesco Scoppa e luzione, quest' ultima, che si rit rova di f re- 117), mentre i busti dei sovrani spagnoli sono
Ignazio Bla sio per gli interventi necessa ri al quente nelle ch iese di Guglielmelli (Sant'An- scol piti da Giulio Mencaglia (1615 circa -1649)
conso lidament o delle fonda zioni della chi esa gelo a Nilo, Santa Maria delle Grazie a piaz- e Bernardino Land ini (cfr. Di Resta 1987, n .
e dei cappe lloni. A partire dal 1753 Astarita zetta Mondragone, Rosar iell o all e Pign e; cfr. 50). Di Resta (1987), pubbl ica piante d'archi-
sostitui sce Ignazio Attanasio quale ingegnere in fra , Agg iorna mento, cap itol o IV). Tuttavia, vio del palazzo, forse ottocentesche.
del m ona stero e d iri ge i lavori dell a chiesa mentre nei progetti pre liminari le colonne
fino agli anni settanta, intervenendo per con- sono collocate su un piano parallelo al fronte Serra San Bruno: ciborio della certosa . In-
solidamenti strutturali e fornendo il disegno del le cappell e diagonali e appaiono co ll egate nocenza Mangani e Andrea Gallo Il ciborio
del pavimento (cfr, De Fa lco 1999, pp. 77-81. da una trabeazione, le semicolonne realizzate della certosa di Serra San Bruno, in Ca labria,
doc, 67-72). sono addossate a segmenti di muro ortogo- viene commi ssionato a Fanzago nel 1631 (cfr,
Per la chiesa abbiamo traccia di tre succes- nali fra loro, non hanno più alcuna re lazione La Corte Cailler 1900), Negli anni seguenti
sive fas i progettu ali: il disegno ASN , Piante e con la cappella e risultano incongruenti con le (1635 -47) so no regis t rati vari pagamenti ai
disegni , XI 1.17 (fig. 383), che mostra co lonne memb rature delle vo lte. fonditori, ai quali si aggi unge so lo in un se-
libere davanti all e cappelle diagonali e che Anche l'autografia del disegno ASN, Piante e condo momento Innocenzo Mangan i, alli evo
Cantone attribuisce a Fanzago mentre Blunt a disegni , XI 1.17 è stata nuovamente ripropost a di Duquesnoy, fuggito da Roma per l'accusa
picchiatti; il li ve llo terreno della chiesa co- da Cantone (1984) , ma non ci so no al mo- di omicidio e poi co invo lto nella rivolta di Ma-
struita (figg. 382, 384), con semicolonne in- mento prove inconfutabili che permettano di sani elio. Secondo Susin no (1960, p. 181) sa-
corporate nella muratura e orientate rispetto ascriverl o a Fanzago o a Pi cchiatti; Amirante rebbe stato proprio per evit argli problemi con
agl i assi ortogonali , e infine la cupola, che ap- (1979, pp. 92-93) vi riconosce la scrittura di la giust izia che Fanzago invia Mangani a Serra
pare in palese contraddizione con le membra- Guglielmelli. Basel (1977. p. 83) nota che la pa- San Bruno per segu ire i lavori. che si bloc-
ture sottostanti. ternità del disegno non necessariamente cor- cano ne l 1647 - forse per sopravvenute in -
Amirante (1990) riconduce la chiesa attuale a risponde con quella del progett o e prec isa an- comp rens ioni con la committe nza - e sono
Gugli elm elli. in base al confronto con altri di- che che non si può escludere - co me rite nuto port ati a termine solo nel 1650 da Andrea
segni anonimi di chiese a pianta ottagona le da Blunt - che la defini zione atrio si riferi sca Gallo (cfr. Frangipan i 1920, p, 136: Spinosa
con cappelle sulle diagonali inquadrate da co- al portico esterno, rico rdando come Celano 1974 ; Civiltà del '6001984, voI. Il , pp, 329-
lonn e. Uno dei tre disegni (X IX. 5; in Amirante util izzi la stessa parol a per San Gaudioso, Il fo- 330, ca!. 5,21; D'Agostino 2003, p, 86, n. 4) .
1990, f ig. 90; Pisani 2005a, p. 170, f ig. 8), che glio ha subito un grave degrado negli ult imi Qualche anno dopo Mangani e Gallo si trasfe-
sembra il più antico, raffigura una chiesa con decenni (fig. 383; cfr. Cantone 1969, p, 95, fig . riscono a Messina dove affianca no al l'attività
aula centrale circo ndata da otto co lonne ol t re 41. poi in Cantone 1984, p.164, fig. 130), di argentieri quella di arc hitetti (cfr. Susinno
le quali si svi lu ppa un deambulatorio di cap- 1960, pp. 67, 180-184, 215, 222; Accascina
pelle continue, a pianta esagonale, sul le diago- Santa Maria in Portico La facciata di Sa nta 1964, pp. 53-66; Nato li 1992, pp, 282-283;
nali ; il disegno mostra notevoli affinità con la Maria in Portico viene costruita negli anni Lima 2001, pp, 32 -33),
chiesa di San Francesco Saverio a Palerm o 1682-84 (cfr, Amirante 1979, doc. 21-23; Rizzo
(1684; Boscarino [1981J, ed. 1997, pp, 121-125) 1984a, doc. 19); il disegno siglato "Archan- Pescocostanzo: altare maggiore della chiesa
del gesuita Ange lo Italia (1628-1700) e co n I gelo" (Firenze, Uffizi. Gabinetto Di segni e di Gesù e Maria e convento di Santa Scola-
progetti presentati al co ncorso dell'Accade - Stampe, n. 7656), che ne permette l'attribu- stica Per l'a lt are maggiore dell a ch iesa di
mia di Fra ncia nel 1677 (cfr, Pi sani 2005a, pp, zione ad Arcangelo Guglielmelli , è st ato ripub- Gesù e Maria a Pescocostanzo, cfr. da ult imi
169-170), Un secondo disegno (XIX.6; cfr. blicato da Amirante (1979, p. 95 e 1990, fig, 5). Bartol ini Salimbeni (2003, pp. 543-544) e
Amirante 1990, fi g. 91; Pis ani 2005a, p, 170, La chi esa era invece st at a cost ru ita a partire Ghisetti Giavarina (2005), che ne pubblicano
fig . 9) semb ra un a va riante, appena abboz - dal 1632 e risulta già ultimata nel 1647 (cfr. De il progetto originale. Si tratta di un disegno per
zat a, del precedente, mentre il terzo disegno Lellis, in BNN. ms. X.B.24, ff. 188-189). l'a lzato dell'a ltare che pre senta soluzion i di -

293
verse nelle due metà simmetriche: è molto Grande Archivio nel 1903 (cfr. Cantone 1984, sa bono nella chiesa di San Lui gi di Palazzo
accurato, vi so no segnate le ombreggiature e pp. 421-422). (cfr. Rizzo 1987, doc. 50).
indicati a colori i diversi tipi di marmi da im -
piega rs i. Incaricato del montaggio dei pezz i, Sant'Agostino alla Zecca: scala e chiostro È * Guglia di San Gaetano Nel 1656 si dec ide
sco lpiti a Napoli, era Pietro Sanbarberio, o improbabile la pa rtecipaz ione di Fanzago alla di erigere un monumento a San Gaetano
Barberi, noto co llaboratore di Fanzago, docu - costruzione del chio st ro e del campanile di come ringraz iamento per aver liberato la città
mentato dal 1630 al 1689 (cfr. Capobianco in Sant'Agostin o alla Zecca, che risulta no già ul- dalla peste. Nel 1663 Cosi mo Fanzago dà i di-
Civiltà del '6001984, voI. Il, p. 153). Il progetto t imati a istanza dei padri Pietro Paolo Caserta segni per il piedistallo (cfr. Cec i 1921; cfr. ASN ,
dell'alta re dovrebbe risalire agli anni fra il 1626 e Matteo Lettiero nel 1625, probabi lmente su Mon. Sopp. , voI. 1142, f. 67) e l'anno succes-
e il 1636 (cfr. Cantone 1980 e 1984, pp. 375- progetto di Bartolom eo Picchiatti (cfr. De sivo scolpisce i quattro puttini ogg i alla base
378: Ghisetti Giava rina 2005). Ghisetti Gi ava- Falco 1999, p. 98. n. 49: Del Pesco 2003). È in- della sta tua del santo (cfr. Rizzo 1984c, p. 377,
rina (2005) ripropone l'attribuzione dell a fac- vece suo il progetto della scala che si trovava doc. 6). Scartata l'ipotes i di utilizzare l'antica
ciata del monastero di Santa Scolastica , spo- davanti alla chiesa (pianta d'archivio in Miner- colonna in ci poll ino per la gugli a di San Gen-
standone la dataz ione al 1642 -45, ma i docu- vini 1993, p. 30, fig. 12): nella li cenza per la ri- naro (cfr. supra) , nel 1668 i deputati del Tesoro
menti da lui citati sono molto più tardi e non costruzione . del 1737, si dice infatti che la la donano ai teatini per il monumento a San
fann o alcun riferimento a Fanzago. scala preesiste nte, a due rampe simmetriche Gaetano: tuttavia una precedente delibera del
leggermente curve, era stata costruita da Fan- viceré aveva sta bilito che ve nisse impiegata
Fanzago ad Avellino Oltre al monumento di zago (cfr. Minervini 1993, doc. 18). per innalzarvi una statua dell'Immacolata (cfr.
Carlo Il - di sicura paternità fanzaghiana - nu- Ru otolo 1989). La soluzione escogitata per
merose sono le opere attribuite a Fanzago ad San Lorenzo Maggiore: vestibolo del mona- aggirare l'ostacolo è testimon iata da un di se-
Avell ino. Non è docum entata la partec ipa - stero e vera da pozzo È estraneo all 'i nter- gno (ivi. p. 230), che prevedeva la statua di
zione di Fanzago alla fontana dei Tre Cannu oli vento di Fanzago lo sca lone nel vestibolo del San Gaetano. colloca ta in cima alla colonna,
- anche detta Caracciolo o di Bellerofon te - convento di San Lorenzo Maggiore, costruito con in man o un cartiglio su cui era l' effigie
datat a 1669 (cfr. Cantone 1984, p. 424; De nel 1690, probabilm ente su progetto di Dioni- della Verg ine. Il progetto è stato forse redatto
Cunzo 1988) né tantomeno alla loggia della sio Lazzari (cfr. Ricci ard i 1999); documentata, da Dionisio Lazzari. in quegli anni architetto di
Dogana. Vega De Martini (1988) attribui sce invece, la pat ernità fanzaghiana della vera da San Paolo Maggiore (cfr. in fra , Aggi orna-
sti listicamen te a Fan zago anche la statua di pozzo sormontata dalla statua del santo e col- men t o, capito lo IV), e responsabile del t ra-
Santa Teresa nella chiesa del Carmine. Si pu ò locata nel ch iostro del monastero (cfr. Rizzo sporto dell a co lonna (ASN, Mon. Sopp., voI.
in vece sic uram ente esc ludere con sic urezza 1984c, p. 381. doc. 16) probabilmente risa- 1156, f. 328v). Nel 1737 il basamento fanza-
l'attribuzione della torre dell'orologio. Le ricer- lente al 1638, data della convenzione con il no- ghiano viene abbattuto per costruire la nuova
che condotte da Luigi Guerri ero (1990), in - taio Aniello Sannito. guglia. ma i lavori sono bloccati dalle proteste
fatti, confermano le intuizioni di Blunt e co n- dei vicini per timore del crollo della struttura e
sentono di datare co n precision e la torre al * Opere minori come decoratore Nono- oggi la statua poggia direttamente sul piedi-
1697 e di restituirne la paternità a Giovan Bat- stante l' inizio della nuova attività di archi- stallo settecentesco (cfr. Ruotolo 1989).
tista Nauclerio: soltanto il livell o inferiore della tetto, Fanzago co ntinuava a essere richi esto
torre è or iginale, quello superiore risale al per la realizzazione di scu lture e la decora - Santi Apostoli : facciata In occas ione della
1782, e l'ultimo è sta to ricostruito integral - zione di cappelle. Nappi (2000, p. 90, doc. 3) canonizzazione di Gaetano Thiene (1671),
mente fra il 1981 e il 1988 (ivi) . pubbl ica un pagament o del 1635 a Fanzago Fanzago realizza gl i apparati per la facci ata
per una cappella " in pietre marmi mischi " da della chiesa dei Santi Apostoli (cfr. Delfino
Monumento a Carlo Il (fontana di Monteoli- erigere in Santa Maria la Nova per Tiberio Ca - 1984a, p. 154). forn endo in seguito un pro-
veto) I lavori alla fontana di Monteoliveto co- rafa princ ipe di Bisignano. Un document o ri- getto per il completamento della facciata ,
minciano nel 1669 con la direzione di Donato cord ato da Cantone (1984, p. 297, n. 2) atte - che t uttavia rim ane inattuato (cfr. Sava rese
Antonio Cafaro e misure e stime di Dionisio sta che nel 1637 Fanzago acquistava marmi 1986, p. 133).
Lazzari: dopo vari contrattempi, la statua del "per se rv it io della Cappella d i S. Ligorio " in
sovrano è infine co mmi ss ionata a Francesco San Gregorio Armeno, e altri pagamenti in * Pozzuoli: cattedrale Nel 1636 Fanzago in-
D'Angelo. che la rea lizza nel 1673 su disegno e conto dell'opera da fare nella medesima cap - tervi ene nella cattedrale di Pozzuoli, già tra-
assistenza di Fanzago (cfr. Nappi 1980, doc. pella sono pubbl ic ati da Rizzo (1984a, doc. sformata pochi anni prima da Bartolomeo
68: Rizzo 1984c, p. 381. doc. 15). 59) e Nappi (2000, p. 90, doc. 5). Nel 1635 Picchiatti (cfr. infra , Aggiornamento, capitolo
Fanzago dà i disegni per gli stucc hi della fac- IV), rifacendo la cappella maggiore e l'a lta re e
Fontana della Sellaria Nappi (1980, pp. 219- ciata e dell'altare maggiore della chiesa di aggiungendo nuovi co rp i edilizi per la cano-
220) ha dimostrato l'estraneità di Fanzago Santa Maria dei Ve rgi ni (cfr. Nappi 2000, p. nica e la sala ca pitola re (cfr. D'Ambrosio,
alla realizzazione della fontana della Sella ria, 90, doc. 4) e nel 1664 quelli per la chiesa e la Giamminel li 2000, p. 23). Dalla documenta-
costrui ta nel 1650 nei pressi di Sant'Agostino congregazione dell'arciconfraternita dei Bian- zione relativa a questo incarico (ivi , p. 30, n.
all a Zecca: l'i ngegnere direttore d ei lavori è ch i allo Spirito Santo (ivi, p. 92, doc. 31) . È del 43) si apprende che l'architetto si è servito di
Onofrio Ghisolfi e lo scultore Onofrio Ca ivano; 1644 la convenzione per il monumento fune- marmi di spoglio provenienti da Baia. Cuma e
la fontana è stata t rasferita in piazzetta rario di Pompeo Campitelli marchese di Ca- Pozzuoli.

294
* Palermo: cattedrale, restauro e ciborio Nel o di San Marco. sede del rappresentante della trattato di architettura militare (cfr. Di Resta
1651 l' arcivescovo di Palermo. Martino de Serenissima a Napoli (cfr. Pagano de Divitiis 1991a) e fra il 1675 e il 1680 elabora diversi
Le6n . già committente di Fanzago a Pozzuoli 1980). Nel 1643-45 dirige i restauri del pa- progetti per il monastero di San Domenico
(cfr. supra).lo incarica di ammodernare la cat- lazzo (ivi. pp. 64-76) dopo aver stilato un pre- Soriano (cfr. Colletta 1978). Contemporanea -
tedrale siciliana (cfr. D'Arpa 1998).1 1progetto ventivo (ivi . tavv. 17a-17b) e rea lizzato disegni mente riveste la ca rica di architetto di San
prevedeva la ricostruzione dei piloni con il ma- di progetto (riprodotti ivi. pp. 53. 69). Il pa - Domenico Maggiore. dove dirige l'amplia -
scheramento dei sostegni tetrastili es istenti. lazzo è stato nuovamente restau rato nel 1706 mento dei dormitori (1678-83: cfr. Picone
ma viene bloccato e si realizzano soltanto i pi- sotto la supervisione di Antonio Guidetti (ivi . 1993. doc. 1-5: Miele 2003. pp. 170-171). Nel
loni del santuario e il grande ciborio dell 'altare pp. 88-108. 115-122). 1675 si occupa dell 'ammodernamento della
maggiore. oggi trasferito nell a cappe lla del navata centra le del duomo di Napol i (cfr.
Santissimo Sacramento (ivi; cfr. Garstang Ruotolo 1989a. doc. 15) e più ta rdi forn isce i
1984). Il modello in grande del ciborio era cu- capitolo IV disegni per il monumento funebre del cardi-
stodito. fino al XVI II seco lo. nella chiesa di nale Innico Caracciolo (1689: cfr. Rizzo 2001.
Sant'Elisabetta Regina a Pa lermo (ivi . pp.
Il barocco minore doc. 12). Il disegno di Cozens raffigurante la
390-391). È probabilmente al progetto di re - La febbrile crescita edilizia di Napoli in età vi- vi ll a Bel vedere al Vomero è pubblicato in De
stauro della catterale palermitana che allude cereale è stat a discussa da De Seta (1981) Seta 1981. p. 192, fig. 134: un'altra veduta
Fanzago quando riferisce a Virgilio Spada di nell 'ambito generale della storia della città e, della vi lla. anonima e datata 1710. è in Hersey
"un'occasione d i lavoro molto grande" in Sici- più in dettaglio. da Labrot (1979) e Hills 1973a. p. 20: nel 1673 si acquistavano mat -
lia (cfr. Gllthlein 1979. p. 243). (2004) rel ativamente ai palazzi nobiliari e ai toni per la villa (cfr. Attanasio 1985. p. 87. cit.
monasteri femminili. La migliore conoscenza in Murature napoletane 1999. p. 314. nota
* Milano: ciborio per la certosa di Carignano degli architetti minori sei e settecenteschi si 106): la villa doveva essere orma i ulti mata nel
Cantone (1975, p. 617. n. 12) ha segnalato l'in- deve soprattutto alle numerose ricerche con- 1676. quando si lavorava ag li stucchi dell 'in-
carico a Fanzago per la realizzazione di "un ci- dotte presso l'Archivio Storico del Banco di terno (cfr. Rizzo 1984a. doc. 27) . Cfr. anche
borio per la Ca rtu sia di Caregnana a Milano". Napoli . dove sono custod ite le polizze degli Giannetti 1994, pp. 84-91.
ma tem pi e modi di questa commissione non antichi ban chi napoletani: in esse sono speci -
sono mai stati verificati e approfonditi. ficati i mandanti dei pagamenti. i destinatari, e
Bartolomeo Picchiatti
l'oggetto delle transazioni (cfr. Demarco.
* Palazzo della Nunziatura Paola Zampa Nappi 1987). Bartolomeo Picchiatli (1571 circa - 1643) inizia
(1999) ha ritrovato alcuni disegni per la rico- la sua carriera come aiutante di Domenico
struzione del palazzo della Nunziatura di Na - Fontana e di suo figlio Giulio Cesare: Brauen
Bonaventura Presti
poli. sede del rappresentante pontifi cio. Ha (1976a . p. 421) prec isa che Fontana era già
identificato due progetti e diverse varianti: l'au- Dell 'attività di Bonaventura Presti (attivo dal stato nominato ingegnere reale nel 1593 (cfr.
tore dei progetti - forse anche dei disegni - è 1643 - t 1685). architetto certosino che sosti - supra) e che comunque Strazzullo (s.d. [ma
Fanzago, mentre la direzione del cantiere è affi- tuisce Fanzago nei cantieri di San Martino 1969]. p. 234) indica che Picchiatti è diventato
data a Bonaventura Presti. In base alla docu- (fi g. 128) e del palazzo della Nunziatura. si assistente di Fontana a partire dal 1598. e non
mentazione romana da lei studiata. Zampa (ivi. hanno sca rse notizie, ma svariati disegni au - dal 1593 come riportato da Blunt. Bartolomeo
p. 128) data la ricostruzione al 1664-70; un pa- tografi (cfr. Colletta 1978: Di Resta 1991a: Pi - Picchiatti è soprastante alla fabbrica del Pa -
gamento ai pipernieri Mariano Figliolino e Tom ~ eo ne 1993: Siadeck 1993). L'incarico più pre- lazzo Reale dal 1602 al 1605 (cfr. Nappi 1990.
maso Pinto conferma che nel 1670 SI lavorava al stigioso affidatogli è la cost ruzione di un doc. 65) e dal 1613 dirige i lavori di fabbrica
balconi (etr. Rizzo 1984a. doc. 2). Nel 1660 era nuovo arsenale nel porto di Napoli. vo luto dal alla Regia Dogana di Napoli (cfr. Nappi 1992 .
stata vagliata la possi bilità di stabilire il Tribu- viceré Pedro de Aragona nel 1666 (cfr. Pesso- p. 18). Nel 1621 fornisce i disegni per gli stuc -
nale nei locali del convento di Santa Maria delle la no 1993. pp. 88-101. figg. 11-12): Siadeck ch i nella chiesa di Donnalbina (cfr. Nappi
Grazie a Caponapoli e di insediarvi segreta- (1993) vi legge l'ambizione di competere di- 1990, doc. 70) . I rilievi delle principali fabbri-
mente anche gli uffici dell'Inquisizione: di que- rettamente con I·antichità. grazie anche alla che sacre di Bartolomeo Picchiatti sono pub-
sto fallito progetto resta traccia in alcuni disegni contemporanea erezione della statua di blicati da Minervini (1993). Per la facciata di
di Bonaventura Presti (cfr. Di Resta 1991a). Va Giove. nota col nome di Gigante di Palazzo. Santa Maria della Stella. cfr. supra. Aggiorna-
ricordato che era proprio il Tribunale della Nun- Nel 1679. e poi di nuovo nel 1683. Presti la mento. capitolo II.
ziatura a dirimere la lunga causa fra Fanzago e i parte di una commissione. insieme a France-
certosini di San Martino (1656-1702; cfr. De sco Antonio Picchiatti. Luigi Nauclerio e Carlo San Giorgio dei Genovesi Nel 1620 Bartolo-
Cunzo 1967; Cantone 1969a; Strazzullo 1976a: Grunenmberg. chiamata ad esprimersi sulle meo Picc hialti progetta la chiesa di San Gior-
Napoli 2003). Per il palazzo della Nunziatura a migliorie da apportare al porto (cfr. Pesso- gio dei Genovesi (figg. 162, 163; cfr. Strazzullo
via Toledo. cfr. anche Zampa 2002. lano 1993. pp. 94-101). Tra il 1649 e il 1665 ri- s.d. [ma 1969]. p. 240) - per la quale Ric-
costru isce la fac ciata del Carmine Maggiore ciardi (2002) segnala l'esistenza di un dis e-
* Palazzo Venezia Fanzago viene interpellato (cfr. Filangieri di Satriano 1883-91. voI. II I. p. gno inedito. conservato nell 'Archivio Storico
anche per la ri strutlurazione di un'altra im- 298) . poi rifatta da Giovanni del Gaizo (ivi. p. dei barnab iti a Milano (B. XIV. mazzo II. fase.
portante sede diplomatica, palazzo Venezia. 304: cfr. Di Resta 1991a). Nel 1669 scrive un unico. n. 3).

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