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Alma Mater Studiorum-Università di Bologna

Dipartimento di Filosofia e Comunicazione


Laboratorio di Filosofia
Prof.essa Annarita Angelini

LE CITTA’ IDEALI
Un viaggio nell’architettura rinascimentale nel panorama spazio-temporale

Maria Caterina Arpinati

A.A. 2021/2022
In copertina: Bonaiuto Lorini, Delle fortificazioni, Venezia, 1589: disegno di città ideale a schema
radiocentrico
SOMMARIO
La città ideale: immaginazione o realtà? Concretezza o semplicemente un sogno ad
occhi aperti da parte di un architetto che fantastica sul poter ritornare agli antichi
modelli classici che suggeriscono canoni armonici, ricerche di volumi e di spazi
solenni? Ebbene, in questo saggio si tenterà di dare una risposta a questa domanda e
si cercherà di comprendere come questo voler ritornare indietro nel tempo sia andato
ad influenzare anche l’organizzazione politica delle città e allo stesso tempo sia
andato a creare un’umanità al di fuori del tempo e dello spazio.

INTRODUZIONE
Nel nucleo centrale dell’Umanesimo splende la ritrovata fiducia nella
ragione.
L’uomo rinascimentale si guarda intorno e scopre un mondo in cui la città rivela le
sue crepe più profonde: sopraffazioni oligarchiche, esseri umani che si fanno la
guerra l’un l’altro, crisi economiche e gelosie; l’impulso che ne trae è quello di
ricostruire il proprio universo secondo canoni di pura ragione all’interno di una
nostalgia profonda per una natura benigna e meno avversa.
Nel Rinascimento, l’idea della città medievale “cresciuta disordinatamente su se
stessa con edifici ammucchiati lungo strade strette e tortuose” muta per una nuova
“pianificata secondo un disegno razionale”1 : l’atteggiamento è profondamente
scientista e lo spazio è sottoposto al dominio dell’analisi sistematica e controllato
dalle leggi della geometria e della matematica. All’interno della città ideale, l’essere
umano viene visto non più come un soggetto all’interno della sua individualità
particolaristica, come un soggetto che vive come una monade separata da tutti gli altri
individui; ma si trasforma in cittadino, cioè un soggetto che ha recuperato la sua
natura di animale sociale e razionale.
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1
Cfr. Eugenio Garin, Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano, p. 34
Ritorna qui la domanda posta all’inizio: la città del Rinascimento può essere definita
come la matrice di un’umanità al di fuori dello spazio e del continuum storico?

I. LE CITTA’ IDEALI COME TENSIONE TRA L’IDEALE E


LA MORALE

La città si trasforma in un luogo a misura umana e l’uomo nel “gentile uomo”


mentre vive nell’armonia. La città diventa, per questo, ideale, e Leon Battista Alberti
lo conferma nel suo trattato De re aedificatoria.
[…] gli abitatori vi vivino in pace e quanto più si può senza
incomodi e liberi da ogni molestia. […] quinci loderei io
quello antico proverbio che dice in tutte le cose si debba
servare ordine e regola2

L’uomo e la natura si integrano necessariamente: la città ideale diventa il profilo della


città naturale e razionale; è la città che è costruita secondo ragione e risponde alla
natura del perfetto cittadino all’interno di un’umanità annullata dalle sue particolarità
e dalla storia. L’impianto razionale della città ha lo scopo di riorganizzare la
dimensione politica travagliata dall’urto di forze in contrasto dei gruppi dirigenti;
quindi la ricerca di equilibrio all’interno dell’architettura è allo stesso tempo una
ricerca di equilibrio che risponde ad una concezione di vita più libera e che riesce a
tenere sotto controllo le istanze passionali dei singoli individui che, altrimenti,
entrerebbero in contrasto tra di loro. Il profilo dello stato libero e giusto è il profilo
dello stato razionale, dove i poteri e i gruppi sono distinti e coordinanti e questo è
sottolineato nei Trattati di architettura, ingegneria, e arte militare di Francesco
Giorgio Martini.
Fu naturale e conveniente alli uomini in congregazione
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2
Cfr. Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, dal Libro IV, Capo II: Della regione, del luogo e del sito comodo e
scomodo per le città, secondo il parer delli antichi e secondo il parer dello autore
e società, e non ciascuno padre di famiglia separatamente
vivare, e più numero e moltitudini reducendo delli uomini
in uno, fossero una unione dove l’uno per l’altro più
comodamente passare potesse il breve corso di vita sua.
[…] e questa unione de abitazioni si chiama città3

II. URBINO, BALTIMORA E BERLINO: UN ESEMPIO DI


RAZIONALITA’ ALL’INTERNO DELL’IDEALITA’

Tre pannelli che raffigurano tre città diverse: Urbino, Baltimora e Berlino; ma
che allo stesso tempo mettono al centro lo stesso soggetto: la ragione.
Da una parte Urbino rappresenta una città che appare metafisica e risponde ad un
modello perfettamente ideale, e lo si vede per la chiarezza dei rapporti spaziali, la
precisione dei calcoli prospettici e lo spazio e i volumi che interagiscono tra di loro;
dall’altra parte Baltimora presenta una griglia prospettica e architettonica preparate
mediante una rete di verticali, orizzontali ed ortogonali e un’humanitas all’interno
dell’idealità, sottolineata dal fatto che le varie figure architettoniche sono
riconducibili a tempi storici diversi: c’è una neutralizzazione sia del tempo che dello
spazio. Come ultimo pannello, Berlino rappresenta l’orizzonte della progettualità e

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3
Francesco di Giorgio Martini, Trattati di architettura, ingegneria e arte militare, Terzo trattato. Castelli e città
della possibilità: è una città che viene vista attraverso un cassone e che, a differenza
delle altre due, non ha confini, non è circoscritta da monumenti o palazzi; continua
oltre il visibile, l’oggettualità e l’orizzonte rendendo possibile l’irrazionalità e
l’infinito all’interno della stessa ragione.

CONCLUSIONE
In conclusione di questo saggio, alla domanda posta inizialmente si può ora
dare una risposta: la città ideale può essere vista come un punto di incontro tra la
razionalità e un mondo eidetico che è capace di formare individui all’interno di una
collettività comune che fuoriesce dalla dimensione spazio-temporale a cui noi uomini
moderni siamo abituati.

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